Amore al centro dell'Inferno

di Amens Ophelia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il giglio nero ***
Capitolo 2: *** Mano sul cuore ***
Capitolo 3: *** Segreto ***
Capitolo 4: *** La tempesta ***
Capitolo 5: *** Pressioni ***



Capitolo 1
*** Il giglio nero ***


1. Il giglio nero

 

Shisui stava occupando abusivamente il bagno dell’Accademia da più di mezz’ora, nel tentativo di sistemare quella massa di capelli che, senza il consueto coprifronte, sembrava ancora più disordinata.
Itachi l’osservava divertito, seduto sul davanzale interno della finestra, mentre si allacciava le stringhe delle scarpe.
«Li raderei a zero, se fossi in te», lo canzonò, rialzandosi e avvicinandoglisi.
«Stai zitto, prima che ti tagli quella coda. Che razza di Uchiha sei, con i capelli lisci?», si lagnò l’altro, con una punta d’invidia.
Tentò inutilmente di accordare le ciocche vicino alle orecchie alla legge di gravità, per poi rassegnarsi; sospirò sommessamente e si spinse fuori dalla toilette, trascinando con sé l’amico.
«Oh, avanti, sai che non mi va», protestò quello.
«Dobbiamo andarci, Itachi. Senza contare che saremo praticamente l’attrazione della serata!»
«Ecco, appunto», borbottò il giovane, per niente entusiasta. Avrebbe preferito mille volte aiutare Sasuke ad allenarsi, sottostando alle sue richieste più disparate, ma ormai era lì.
 
Il cortile del quartier generale ANBU era illuminato da sobrie lanterne rosse e nere, adornate da qualche semplice festone con la sigla della Squadra Speciale.
Itachi era rimasto impressionato nel vedere i suoi compagni tirati a lucido, in giacca e cravatta, con i capelli impomatati o, perlomeno, pettinati – eccezion fatta per il suo miglior amico, naturalmente.
Lo spazio aperto era gremito fino all’inverosimile. Conoscevano entrambi bene quell’area, dove si allenavano quotidianamente secondo i dettami più aspri e marziali, e avevano constatato quanto fosse enorme, eppure, quella sera, sembrava essersi ristretta. Forse, ingenuamente, ignoravano l’importanza che la celebrazione rivestiva e la conseguente ammirazione che gli agenti ANBU riscuotevano nel Villaggio. Konoha si era stretta attorno a quella nuova, coraggiosa generazione di eroi, che si apprestava a giurare ufficialmente fedeltà alla Foglia nel giorno della promozione a capitani.
 
«Hai visto quante ragazze?», lo riportò alla realtà Shisui, assestandogli una leggera gomitata nel petto.
Itachi osservò nella direzione in cui guardava l’amico, con aria sufficiente: a soli tredici anni, non aveva ancora maturato quel debole verso le fanciulle, pur avendo invece sviluppato una mentalità totalmente adulta, sotto tutti gli altri punti di vista. Per Shisui era diverso, probabilmente, andando ormai per il sedicesimo compleanno.
Questa era la sua convinzione, ma si sa quanto fatalmente crollino anche le certezze più inespugnabili.
 
Era la loro festa di promozione al rango di capitani ANBU, e lui la vide.
Era bellissima, un fiore nero e bianco, un etereo giglio screziato d’ebano, puro germoglio dell’oscuro lignaggio Uchiha. Un fiore del male, letteralmente, ma, senza dubbio, il più delicato e profumato di tutti.




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L'angolo dell'autrice

Quel capitolo 401 mi tormenta tutt'oggi: chi era l'amata di Itachi? Spero che Kishimoto si decida a inserire un nuovo accenno - magari più corposo - al riguardo, anche se temo di no. 
Mi ha sempre affascinata anche Shisui e il rapporto d'amicizia con Itachi. 
Ho preso due piccioni con una fava (?) e sto tentando di stendere questa raccolta di brevi istanti sul loro passato. Il progetto iniziale è di renderla una serie di flashfic, ma io sono dannatamente prolissa XD Spero di mantenere fede al mio intento! Ho quasi sempre scritto solo long o one-shot, quindi questo è un grande esperimento, per me! 
Fatemi sapere, se vi va, come vi sembra questo inizio :) Conoscere il vostro parere, qualunque esso sia, è molto importante, oltre che un piacere!
Grazie mille a tutti :D

Ophelia

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Capitolo 2
*** Mano sul cuore ***


2. Mano sul cuore

 
 
 
La fiumana acclamava i suoi eroi, ma più che un trionfo, quella confusione appariva agli occhi di Itachi come un girone infernale. Troppi sguardi puntati addosso, senza maschere a coprire le fisionomie dei volti; troppi visi conosciuti, troppi che non aveva mai visto e che difficilmente avrebbe rincrociato.
Sasuke si agitava in mezzo al folto gruppo degli Uchiha, urlando il nome del suo aniki, ma il trambusto era tale da sommergere il fanciullesco entusiasmo. Il ragazzo, però, sorrise nel notare l’otouto: il piccolo aveva presto abbandonato il broncio per non essere stato aiutato negli allenamenti, pur di vedere il fratellone alla cerimonia.
Poco distante, le pupille di Mikoto brillavano al pari di due candele nell’oscurità più nera delle iridi, mentre l’espressione sul volto di Fugaku assunse i tratti della fierezza più superba. Era profondamente orgoglioso del suo primogenito.
 
«Uchiha Itachi!», chiamò la voce calma di Kakashi Hatake, uno dei più stimati esponenti della Squadra Speciale.
Il ragazzo prese un respiro profondo e avanzò lentamente verso il centro del maestoso engawa rialzato, che troneggiava sul cortile – e la folla.
«Vedi di non fartela sotto!», lo schernì Shisui, ridacchiando come solo lui sapeva fare.
L’amico lasciò correre e inghiottì un nodo in gola. Odiava quella pomposità, come qualsiasi altra forma di cerimonia; era solo una perdita di tempo e soldi.
 
Raggiunto il centro, portò la mano destra al cuore e alzò la sinistra all’altezza della spalla; le cinque dita aperte, ben tese, seppur leggermente tremanti, erano un piccolo ventaglio di luce, nell’oscurità illuminata solo dal bagliore fioco delle lanterne.
Si schiarì la voce e cominciò ad esporre quel voto che aveva imparato a memoria con Shisui, la sera prima: «Giuro sulla mia vita e i miei affetti di proteggere il Villaggio da qualsiasi minaccia, velata o violenta, con ogni mezzo in mio potere. Il mio sangue, da questo momento, appartiene a Konoha. Sono un figlio della Foglia e giuro fedeltà all’Hokage e alle massime autorità, ai miei fratelli, ai cittadini e ai miei ideali più nobili».
La voce non aveva tremato nemmeno quando, con un rapido colpo di kunai, si era procurato un taglio sul palmo sinistro e aveva versato simbolicamente qualche goccia di sangue a terra.
Danzo Shimura e Hiruzen Sarutobi, regalmente accomodati alla destra del giovane, avevano supervisionato con occhi vigili, ma animi diametralmente opposti, il rito di passaggio. Grandi aspettative incombevano già sul capo del tredicenne, e una parte di lui era come se lo sapesse bene; quelle macchie vermiglie ai suoi piedi erano niente, se paragonate al proprio destino. 
 
Una volta fattosi da parte, accolto dal caloroso plauso della moltitudine, lei era giunta al suo fianco. Il suo passo era stato incantevolmente lieve, ma più rapido e raggelante di una folata di vento.
Il giglio nero stava medicando con cura la ferita, sorridendogli candidamente, e lui aveva lasciato cadere il pugnale a terra, riportandosi la destra al petto.
Desiderava conoscere il suo nome, anzi, no, voleva, voleva già poterlo pronunciare, ma una paura, tanto inspiegabile quanto ancestrale, gli aveva appena morso il cuore. 



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L'angolo dell'autrice


Ho spesso immaginato come dovesse essere stato il momento dell'investitura ufficiale al grado di capitano, per Itachi, e mi sarebbe piaciuto tanto vedere la scena nel manga: l'orgoglio dei genitori e la stima di Sasuke, il giuramento, gli sguardi di Shisui... 
Mi devo accontentare di questa roba XD 
Volevo ringraziarvi ancora per i commenti al primo capitolo, per l'affetto con cui state già seguendo la storia... grazie! :D
Sto prestando fede all'intento di mantenere la misura di flash fiction, mi sento (quasi) realizzata XD
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate :D Vi ringrazio ancora! 
A presto!!

Ophelia 

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Capitolo 3
*** Segreto ***


3. Segreto

 

Il dolore al braccio sinistro era trascurabile, se ripensava alla sera prima. Che il tatuatore si divertisse pure a infilargli quell’ago nella carne, a tutta velocità e con forza: lui non provava nulla.
«Faccio male, capitano?», si preoccupò quello, osservandolo sconcertato. Aveva la mascella serrata e lo sguardo perso nel vuoto.
Itachi scosse impercettibilmente la testa, esaminando l’inchiostro che strabordava dalla punta della penna meccanica: era nero. Che splendido colore!
 
«Sei davvero l’onore del tuo clan, Itachi Uchiha», sorrise quella ragazzina, incendiando il suo mondo nel giro di un nanosecondo. La ferita stava lentamente rimarginandosi, sotto le premurose cure che gli stava offrendo, ma quella dentro al petto si stava allargando inesorabilmente.
Rimase a fissarla per qualche istante senza riuscire a dire nulla, per poi accarezzarle una ciocca di capelli scuri e sorriderle di rimando.
«Anche del tuo, no? I tuoi tratti somatici sono gli stessi miei». Un brivido gli corse lungo la schiena: appartenevano alla stessa radice maledetta, con quella chioma scura e… liscia. Un’altra Uchiha dalla capigliatura non mossa. Il sorriso si ampliò sul suo viso: c’era qualcosa che già li legava.
«Vorrei poterlo dire, ma non provo troppa appartenenza alla famiglia. Non ancora, perlomeno, ma presto le cose potrebbero cambiare». Abbassò gli occhi e impresse le ultime scariche di chakra nelle mani, per cancellare il segno della cicatrizzazione sul palmo del ragazzo.
«Gli Uchiha sono uno dei più antichi ceppi di Konoha, rispettati e al servizio della gente…».
«Quante cose che ignori, dall’alto della tua intelligenza!», rise lei.
Per quanto quell’affermazione avesse dovuto turbarlo e porgli mille domande, non gliene arrivò nessuna alle labbra.
Il suono della sua voce era incantevole, soprattutto mentre rideva. Era come ascoltare l’argenteo tintinnio di mille campanelli appesi nel cielo di dicembre, quando una brezza gelata li faceva splendere al pari delle stelle, e si alzava il naso nell’oscurità, ad osservarli, come se la vista fosse stata in grado di far apprezzare ancor di più la melodia. Ricordi innocenti e lontani. 

«Come ti chiami?», le chiese, poco prima che Shisui giungesse al suo fianco, con la mano insanguinata.
«Hisoka». E scese velocemente dal palco, scomparendo fra la folla.
Hisoka. Il mistero continuava ad infittirsi e lui voleva fare chiarezza.

«Ecco fatto, capitano», esclamò il tatuatore, ripulendo la pelle arrossata e coprendo il disegno appena tracciato con una garza.
Il giovane si alzò di scatto e cedette il posto a Shisui. Il sedicenne si era irrigidito, accomodandosi meccanicamente in poltrona: aveva una fifa blu degli aghi e Itachi gli sorrise, nel tentativo di rassicurarlo. Ricordava ancora quando, appena entrati negli ANBU, avevano impresso il primo tatuaggio – rosso – sulla spalla sinistra, e il ragazzo aveva tremato come una foglia, a dispetto del più piccolo.
«Andrà tutto bene: si sopravvive benissimo, come puoi vedere!», lo rinfrancò.
«Dammi un consiglio per non sentire troppo dolore!», lo pregò l’altro, stringendo le dita sull’avambraccio del tredicenne.
Itachi gli accarezzò il dorso della mano, tornando a fissare l’ago, ormai a pochi millimetri dall’epidermide dell’amico. Avrebbe fatto un po’ male, era inevitabile, ma dalla sofferenza nasceva sempre un ricordo indelebile, proprio come un tatuaggio.
L’inchiostro corvino cominciò a insinuarsi sotto la pelle del ragazzo, provocando dei brividi anche nell’attento osservatore. Nella sua mente si stava dipanando nuovamente il ricordo di quella chioma morbida e setosa, di quegli occhi tanto simili ai suoi, quanto più acuti e misteriosi.
«Pensa al colore nero, Shisui».




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L'angolo dell'autrice

Eccomi qui, con il terzo capitoletto. Ho voluto giocare un po' con il nome della ragazza misteriosa: cercando su internet, ho scoperto che Hisoka significa qualcosa come "segreto", "riservato", e che è un nome unisex... quindi ho colto l'occasione per "battezzarla" così.
Oh, la storia dei tatuaggi mi ha incasinata un sacco XD guardando qualcosa come centoventi fanart, ho notato che gli ANBU vengono spesso rappresentati con tatuaggi rossi o neri... non sapendo bene quale colore potessero avere quelli di Shisui e Itachi, ma essendo al corrente che appena si metteva piede nella Squadra Speciale si veniva "marchiati", ho immaginato che per le reclute il tatuaggio fosse rosso, mentre ai capitani spettasse il nero.
Lo so, è una cosa idiota XD 
Spero comunque che vi sia piaciuto! :D Non esistate a comunicarmi il vostro punto di vista, ve ne prego ;)
Grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito, inserito nelle seguite/preferite/ricordate! :D
A presto!
Baci 


Ophelia


 

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Capitolo 4
*** La tempesta ***


4. La tempesta

 
Erano passati diversi mesi dalla promozione e, se escludeva certe missioni di livello più alto che lo avevano occupato, nulla gli sembrava essere cambiato poi tanto. Certo, Danzo Shimura si era minacciosamente avvicinato a lui più volte, durante quel lasso di tempo, e non gli era sicuramente sfuggita la misteriosa aria che tirava nel quartiere natio – che sembrava poter annunciare una tempesta –, ma Itachi riusciva a placare la tensione con qualche allenamento estemporaneo, nel cuore della notte.
Quella, in particolare, non l’avrebbe mai dimenticata.
 
«Non dormi?».
Ormai aveva imparato a riconoscere la sua voce, e accoglierla con un sorriso era diventato automatico.
«Nemmeno tu, a quanto vedo», rispose lui, riponendo la coppia di kunai che teneva fra le dita nell’astuccio legato alla coscia destra.
Hisoka si avvicinò, abbassando timidamente lo sguardo. «I tuoi passi mi hanno svegliata».
«Grave insulto per un capitano ANBU, questo», ghignò lievemente. Non se l’era presa, eppure non riusciva a guardarla, come avvertendo che l’elettricità vagante nell’aria, in quel momento, non fosse totalmente dovuta al tuonare sempre più distinguibile e incalzante.
Si girò lentamente verso il tronco, di nuovo, e sfilò con forza degli shuriken conficcati nella corteccia. Per poco non si tagliò con l’ultimo, quando lei appese due dita al lembo della manica rimboccata sul suo gomito.
«Sei un ninja eccezionale, Itachi», sussurrò appena.
Lui si voltò, con aria vagamente stupita, incapace di replicare a quel complimento che gli appariva quasi spropositato, per un semplice ragazzino qual era.
Hisoka affondò le sue iridi scure in quelle dell’altro Uchiha, riuscendo a scorgere il proprio riflesso, grazie alla rapidissima illuminazione di un fulmine, alle proprie spalle.
«Gli unici passi che mi hanno svegliata, infatti, sono quelli che stai compiendo nel mio cuore», si sentì in dovere di precisare.
Benedì la notte, più nera dei loro capelli, e il suo potere di saper occultare qualsiasi sfumatura di colore che non fosse il pallore etereo della sua carnagione. Si sentiva le guance in fiamme; sapeva benissimo che erano scarlatte, ma la rincuorò il fatto che Itachi non le avrebbe mai viste.
Ad accertarsi del rossore, però, furono i polpastrelli.
«Sei splendida», sussurrò a pochi centimetri dal suo viso, appena in tempo perché un tuono non sovrastasse la confessione.
Al timido contatto di labbra fece eco un bacio fra terra e cielo, sempre più insistente e fitto.
 
La pioggia scioglieva i nodi di numerosi pensieri, ma ne aggrovigliava di nuovi, fra i loro capelli d’ebano e i fremiti di cuori ancora troppo giovani, innocenti e puri per essere davvero centri di propulsione del sangue, di quel fluido che segna il sottile filo distintivo tra vita e morte.
Itachi non sapeva perché, ma la terra bagnata emanava proprio quell’odore ferreo e sinistro che, seppur ormai fosse un esponente di spicco degli ANBU, ancora lo turbava.
«Sta per abbattersi una tempesta», osservò la ragazza, staccandosi dalla sua bocca tremante.
 
Il giovane capitano, dall’alto del suo grado e nonostante il proprio intuito, non capiva il motivo per cui, sotto le coperte, con gli occhi fissi oltre il vetro della finestra – nel tentativo di contare i lampi solcanti il cielo -, le parole con cui Hisoka l’aveva abbandonato sotto la pioggia risuonassero oscure e cariche di significati ancora più profondi di una semplice constatazione metereologica.
L’inferno era vicino, molto più del paradiso appena assaporato. 



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L'angolo dell'autrice


Sono passati più di cinque mesi dall'ultimo aggiornamento e me ne scuso; tuttavia sono determinata a raccogliere più diapositive possibili per questa raccolta. Lo faccio per me, per voi e per l'amore di Itachi. 
Anche qui, l'istantanea è fosca, non ben delineata, eppure autentica: un ragazzo che ama, che teme, che lotta. 
Il primo bacio dell'Uchiha! Ho provato a immaginarlo intenso e carico di significato... ma confido di poter conoscere il vostro parere, per sapere se l'intento sia stato fausto o meno!
Vi ringrazio per aver letto. Spero sarete così gentili da non abbandonarmi, nonostante il ritardo nell'aggiornare. 
A presto, 

Ophelia


 

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Capitolo 5
*** Pressioni ***


5. Pressioni



Nessuno dei due aveva scelto la sua nascita o la precisa traiettoria della propria esistenza, ma entrambi convivevano ormai da mesi con l’idea che sarebbe stata una parabola discendente: dopo tanti sacrifici, allenamenti e infanzie sradicate da kunai, guerre e sangue, avevano toccato la gloria, entrando nel quartiere ANBU; tuttavia, presto ogni cosa sarebbe finita.
Il sogno di pace che condividevano sarebbe stato distrutto dal clan che aveva permesso loro di coltivarlo.

«Il bene del Villaggio è la priorità», affermò Itachi, cercando di convincersene ancor di più.
Shisui annuì appena, con un largo sorriso sulle labbra; era ciò in cui credeva da sempre, l’ideale con cui era cresciuto, mentre tentava di percorrere, a modo suo, la stessa onorevole strada battuta da Kagami Uchiha, suo padre.
«Anche se quell’uomo non mi piace», mormorò il tredicenne dal lungo codino, proseguendo la sua corsa verso casa al fianco dell’amico.
L’immagine cupa, severa e misteriosa di Danzo Shimura si depositò nella mente del sedicenne, senza alcun permesso; il braccio destro del Terzo Hokage non ispirava fiducia, soprattutto per quel modo torvo con cui, da qualche giorno, lo fissava, ma accettare il proprio fato, i compiti e le missioni di un agente comportava anche la buona predisposizione verso quel nome.
Toccarono terra all’unisono, una volta rientrati nel quartiere natio, ed entrambi calarono le proprie maschere.
«Ci vediamo domani», sorrise Shisui, scomparendo dietro il muretto di casa sua.
Itachi, per un secondo, invidiò la fortuna dell’amico: non aveva un padre o una madre da uccidere, né fratelli da proteggere. La sua solitudine, improvvisamente, gli parve la miglior benedizione.
Era un peso sproporzionato per le spalle di un semplice ragazzo, quello che gravava su di lui: tradire gli affetti, affogarli nel sangue, pur di proteggere Konoha.
 
*

Il sorriso con cui sua madre lo accolse, quella sera, non l’avrebbe facilmente dimenticato.
«Eccolo qui, il mio tesoro!», esclamò Mikoto, raggiungendolo all’ingresso.
Nemmeno l’espressione orgogliosa del padre, inginocchiato di fronte al tavolo, sarebbe stata facile da cancellare, una volta rapitagli la vita. Dopo avergli riferito tutti i dettagli sulle prossime mosse che Konoha aveva intenzione di mettere in atto – menzogne che gli avvelenavano la lingua e gli bruciavano gli occhi, mentre le pronunciava –, Fugaku gli posò una mano sulla spalla.
«Sono fiero di te, Itachi. Ora mangia e riposati», e se ne andò nell’altra stanza.

Quella cena fu una delle più amare della sua vita; nemmeno da influenzato il cibo gli aveva mai fatto tanto schifo. Gli sembrava di ingurgitare cucchiaiate di sassi e catrame, e ogni boccone che si depositava lentamente nello stomaco gli instillava un nuovo motivo per cui odiare se stesso.
«Nii-san! Oggi ci siamo allenati con gli shuriken, sai? Ho mancato solo un bersaglio. Non è che mi daresti una mano a migliorare?».
Le sue guance arrossate per l’orgoglio e la soddisfazione, le mani ricoperte da cerotti e bende, il ciuffo che gli cadeva spettinato, sulla fronte, gli occhi vispi e colmi di ammirazione… Pur di salvarlo avrebbe dato fuoco al mondo intero.
«Ora sono molto stanco, Sasuke», sussurrò, alzandosi lentamente e riponendo la ciotola nel lavello, «ma la prossima volta t’insegnerò una mossa sbalorditiva», gli sorrise, piazzandogli il consueto buffetto con cui procrastinava i loro allenamenti.
«Dici sempre così!», si lamentò l’ottenne, sbuffando. «Sei sempre con Shisui e a me non pensi proprio!».
Lo abbracciò, cogliendolo di sorpresa. Non si lasciava mai andare a certe dimostrazioni d’affetto, convinto che il fratellino non le gradisse particolarmente, ma capì che forse, di quel passo, non avrebbe avuto una seconda occasione per stringerlo a sé.

Nessuna prossima volta, mai più. 


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Questa raccolta comincia a non convincermi più, perciò scusate il ritardo nell'aggiornamento e il "dislivello qualitativo" tra un capitolo e l'altro. A distanza di quasi un anno non mi ritrovo più nella scelta di creare un OC, ad esempio (perdonami, Hisoka!), e nemmeno in grado di poter davvero approfondire quel legame misterioso che correva tra i miei amati Shisui e Itachi. Avete presente quando qualcosa di tanto prezioso e precario vi appare così perfetto da temere di poterlo sciupare anche solo guardandolo una volta di troppo? Ecco, è così che mi sento quando penso all'amicizia tra i due Uchiha. 
Avevo anche pensato di cancellare la raccolta, ma mi sono ripromessa di portare a termine ogni fiction intrapresa, perché alcuni di voi, forse, aspettavano un aggiornamento, e non mi sembrava giusto deludervi.  (Ammetto di continuare, in parte, anche per rispetto dell'Ophelia dello scorso dicembre XD)
Itachi non si è mai lasciato troppo andare a gesti di tenerezza verso il fratellino, però perché negargli un abbraccio, quando il loro "tempo felice" è agli sgoccioli?
Grazie per la pazienza, davvero, e scusatemi! Forse non passeranno altri quattro mesi e mezzo, la prossima volta ^///^


Ophelia

 

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