Addicted

di Invisible_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Addicted ***
Capitolo 2: *** Obsessed ***
Capitolo 3: *** Uncontrolled ***



Capitolo 1
*** Addicted ***


Dopo mesi e mesi di assenza, eccomi di nuovo qui! :)
Allora, allora. Innanzitutto MI DISPIACE TANTISSIMO non aver risposto a tutte le recensioni delle altre storie, giuro che appena trovo qualche secondo recupero! Intanto un GRAZIE gigantesco a tutti voi **

Riguardo questa storia, spero vi piaccia. Era da un po' che non scrivevo (e si vede!) quindi è stato difficile iniziare di nuovo, però dopo la prima frase è diventato tutto più semplice e anche più piacevole!
Beh, se ci sono errori o se non vi piace la 'trama' o com'è scritta, fatemelo sapere :)

(Grazie pwo_ **)

Enjoy ;)

ADDICTED
 
Le gocce di pioggia si scontravano sul finestrino del treno, senza fretta, creando una dolce danza, prima avvicinandosi e poi separandosi, unendosi e dividendosi fino ad arrivare al bordo e sparire, perdendosi nell'aria e rimescolandosi alle altre gocce di pioggia erranti.

Beh, non c'è poi tutta questa differenza constatò mentalmente Dominic. In fondo lui e Matthew non erano così diversi da quelle gocce: prima si ritrovavano, poi si allontanavano bruscamente, dando vita ad una lotta infinita.
L'unica differenza? La loro danza aveva poco di dolce e Il biondo lo sapeva fin troppo bene.
Instintivamente sfiorò il livido- ormai quasi scomparso- sul suo braccio, poco più in basso della spalla, dipingendo sul suo viso una leggera smorfia di dolore- no, quello non era ancora sparito.

Si sistemò meglio sullo scomodo sedile del treno, ignorando le fitte che partivano dal fianco. Probabilmente aveva qualche costola incrinata, questa volta Matt ci era andato giù pesante.
Trovata la posizione migliore, emise un sospiro di sollievo, richiamando l'attenzione di un signore che abbassò il giornale che stava leggendo per osservare quello strano ragazzo,tutto dolorante.
Solo quando l'uomo distolse lo sguardo, Dominic riuscì a rilassarsi completamente.
Se fosse stato in prima classe avrebbe ordinato un po' di vino, ma no, lui era dovuto scappare da casa Bellamy il prima possibile, non aveva avuto il tempo di prenotare un treno, quindi si era dovuto accontentare della seconda classe e dei suoi scomodi sedili.

Spostò lo sguardo nuovamente verso il cupo paesaggio fuori dal finestrino. La pioggia continuava imperterrita a picchiettare contro il vetro, come a richiamare insistentemente la sua attenzione. Raggiunse il suo scopo, facendolo
concentrare per qualche secondo sulla tristezza, malinconia e solitudine della stazione nella quale il treno si era fermato; quando questo ripartì, anche la mente di Dominic si accese, agitando in modo furioso e disordinato tutti i suoi pensieri e i suoi ricordi.

Chiuse gli occhi, frustrato, cercando di dare un ordine a quel casino che aveva in testa, ma senza riuscirci.
Quella mano candida, quasi femminile, adornata da lunghe e sottili dita, tipiche di un pianista, stretta a pugno, pronta a colpirlo ancora una volta, quell' immagine così vivida gli fece aprire di colpo gli occhi.

Lui aveva paura. Aveva paura di Matthew. Aveva paura di Matthew ma lo amava.

A Matthew non fregava assolutamente nulla dei lividi che aveva sulle braccia, sul ventre, sulla schiena. No, a lui non importava. Non gli importava dell'ematoma proprio sopra le costole, che ancora non gli era passato.
Non gli importava perché sapeva che sarebbe tornato da lui, in ogni caso.

Perchè sei tornato?

Quante volte glielo aveva chiesto? E quante volte lui gli aveva dato la stessa identica risposta?

Non c'è un motivo, sono qui e basta.

E quante volte avrebbe voluto dirgli la verità?
Dominic aveva paura di Matthew, aveva paura ma lo amava. Aveva paura ma ne aveva bisogno.
Aveva bisogno di lui.

Riaprì gli occhi e li strofinò.
Il signore lo stava guardando di nuovo, lo sguardo pieno di dubbi e perplessità; Dominic ci vide, però, solo tanta comprensione.
Scostò la manica della sua giacca, così da poter vedere l'orario sul quadrante del suo orologio. Le 21.54. Sarebbe arrivato a casa nel giro di qualche ora.
Si rilassò, cercando qualcosa con cui occupare il tempo. Il cellulare gli sembrò un'ottima soluzione. Ci ripensò quando si ritrovò a leggere il messaggio che gli era appena arrivato.

'Torna da me'

Quelle semplici tre parole riuscirono a ferirlo, a mandarlo in confusione e a renderlo incomprensibilmente felice.
Si maledisse, non poteva reagire così, non era giusto e ragionevole.

Matthew voleva che tornasse da lui per potersi sfogare, per poter rilasciare quella sua rabbia trattenuta per troppo tempo.
E Matt gli chiedeva scusa ogni volta che lo picchiava, che gli faceva del male. Gli chiedeva scusa piangendo, baciandogli i lividi o le ferite aperte.
Dom continuava a ripetersi che se gli fosse dispiaciuto davvero, non avrebbe continuato a  fargli del male, non lo avrebbe chiamato ogni fottuta volta, implorando di tornare da lui, ma soprattutto, non gli avrebbe permesso di
ripercorrere i propri passi, rientrando nel suo universo pericoloso e caotico.
Ma la colpa era anche e soprattutto del biondo e quest' ultimo ne era cosciente. Era Dom che acconsentiva ogni volta, era Dom che non cercava di fermarlo quando Matt cominciava ad alzare le mani.
Non diceva nulla, stava in silenzio, incassava i colpi, nessuna smorfia, nessuna lacrima di dolore, nulla di nulla.
Questo perché Dom si meritava tutto ciò. Lo sfogo di Matt rappresentava per il biondo una sorta di rito di purificazione, un modo per espiare i suoi peccati, per farsi perdonare.

Matt non ce l'aveva con lui, no. Stava male, la sua anima era lacerata, la sua testa era un pozzo buio, oscuro, senza fondo dal quale lui non riusciva a risalire, Restava intrappolato tra quelle pareti che erano il suo corpo.
Dominic si era silenziosamente offerto di alleviargli il dolore, trasferendolo tutto dentro di sè e sulla sua pelle.

Chiuse gli occhi. Cosa lo portava ogni volta a ritornare da Matt, a perdonarlo nonostante tutto?
Ci pensò su, forse era ciò che lo aspettava dopo le botte. Forse- probabilmente, anzi, sicuramente- i numerosi baci, il modo di Matthew di chiedere scusa.

Le sue labbra leggere e bagnate dalle lacrime ora sulle palpebre chiuse dal dolore del biondo, ora sulla sua bocca, resa più rossa dal sangue.

Le sue mani a sfiorare delicatamente -così in contrasto con i pugni precedenti- il suo petto, coperto di lividi.

Le sue dita sottili e sempre fredde lungo i lineamenti del volto di Dominic.

I suoi folti capelli scuri a solleticare prima le guance poi le spalle, l'addome del biondo.

Tutte le scuse che sussurrava stringendolo a sè.

E alla fine quel bacio. Quel bacio che lasciava sempre per ultimo. Quel bacio che faceva male più di tutti i pugni, i calci, gli schiaffi che gli concedeva. Quel dannato bacio che bruciava le sue labbra, così violento e contemporaneamente eccitante, così doloroso e appagante.

Ecco perché lo perdonava ogni fottutissimo giorno, ora, minuto, secondo ed ecco perché lo avrebbe fatto anche questa volta.

Sorrise, consapevole del circolo vizioso dal quale non poteva e non riusciva ad uscire. Sapeva che continuare in quel modo lo avrebbe solo fatto affondare inesorabilmente in quell'abisso dagli occhi indaco.
Lo sapeva, ma non aveva la minima intenzione di essere salvato.

Si riappropriò della sua piccola valigia e si avvicinò alle porte d'uscita.
Quando il treno si fermò in una stazione, Dominic scese di corsa, diretto all'ufficio informazioni per prenotare l'altro treno che lo avrebbe riportato a casa, da Matthew, dalla sua goccia.


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P.s. Come al solito, Dominic Howard e Matthew Bellamy non mi appartengono, ciò che scrivo è solo frutto della mia mente annoiata dalla realtà e dalla monotonia della mia vita e non mi paga nessuno!

Grazie per aver letto questa storia :)
 

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Capitolo 2
*** Obsessed ***


Buon sabato sera a tutti!

Allora, vi devo spiegare un po' di cose: inizialmente questa storia era partita come una one shot, poi, un giorno l'ispirazione è giunta a farmi visita e perciò ho scritto anche questo capitolo. L'argomento è lo stesso, solo che è dal punto di vista del caro e (poco) dolce Matt. Inoltre si svolge prima del precedente capitolo..spero di non avervi confuso! Per qualsiasi chiarimento chiedete pure :)

Ah! Un grazie particolare a AccioHazza, pwo_pah, LadyInRed (che ha inserito 'Addicted' tra le ricordate!) e GiuliaNishe, che hanno trovato cinque minuti per recensire questa storia e perdonatemi se non vi ho risposto, lo farò! Grazie, davvero **

Bene, ora che ho detto tutto, vi lascio liberi di leggere!
Ci vediamo giù!




OBSESSED

'Io me ne vado'
una mano di Dominic posata sulla maniglia della porta di casa Bellamy, l'altra stretta saldamente al manico della valigia.

'Vaffanculo, Dominic'

Si alzò dal divano sul quale era seduto fino a qualche secondo prima, tra le dita una sigaretta ancora da accendere.
Fumava raramente, solo quando sentiva che era l'occasione, il momento giusto.
E quello era il momento giusto, anzi perfetto.
Avanzò con l'intenzione di raggiungere l'accendino posato sul mobile nell'ingresso, al quale Dom era appoggiato.

Quest'ultimo posò la valigia e con uno scatto fulmineo quanto imprevedibile prese l'accendino prima di lui, lasciandolo con uno sguardo stupito, interdetto dipinto sul volto.
Impiegò pochi secondi a ricomporsi.

'Ridammelo'

'Dimmi che vuoi che resti. Dimmi che hai bisogno di me. Dimmelo'

Non era il tono della voce a destabilizzarlo, no. Quello poteva essere facilmente mascherato da finta sicurezza e Dom era fin troppo bravo.
Ciò che lo fece deglutire e distogliere totalmente l'attenzione dall'accendino nascosto tra le dita fu il suo sguardo. I suoi occhi erano un miscuglio di risolutezza, sicurezza amalgamata in modo impeccabile con la disperazione. Quella non poteva nasconderla, almeno non a lui.

E l'unica risposta che gli venne in mente guardando il livido violaceo sotto l'occhio del biondo fu un secondo 'vaffanculo'.

Dom tolse la mano dalla maniglia per poi chiuderla a pugno.
Sapeva cosa sarebbe successo ma non lo fermò, anzi si avvicinò impercettibilmente a lui.

Tuttavia il pugno che aspettava, meritava e desiderava non arrivò, lasciandolo meravigliato per la seconda volta in cinque minuti.
La mano di Dominic era ancora alzata, pronta a colpirlo in qualsiasi momento. La abbassò piano, lentamente, calibrandone ogni movimento.
Matthew lo guardò disorientato, inclinando leggermente la testa.
Il bacio che arrivò così inaspettato, di certo non lo aiutò a comprendere pienamente che cosa stava accadendo.

Quel contatto non durò a lungo, ma fu abbastanza intenso da compensare la brevità.

'Vai tu a 'fanculo, stronzo'
Non si girò, Dominic, non si voltò a mostrare con gli occhi, con il viso tutto il disprezzo che aveva nel tono di voce. Forse perché avrebbero potuto tradirlo, esponendo la verità, che Matt conosceva perfettamente.
Dominic se ne andò, senza chiudere la porta, con il suo accendino nella tasca della giacca di pelle. Dominic se ne andò lasciandolo solo, in piedi, ancora stordito dalla situazione e da quel bacio; lasciò scivolare la sigaretta dalle dita, la guardò cadere e poggiarsi sul pavimento lucido senza produrre alcun suono rilevante.

Matthew la osservò inerme per terra, poi dopo poco si piegò a raccoglierla. Se la rigirò tra le dita, per poi poggiarla sul mobile vicino all'ingresso, quel mobile, quel cazzo di mobile.
Non era decisamente la circostanza giusta per fumare, anzi. Volente o nolente era arrivato il pericoloso momento delle riflessioni.

Si sedette sulla poltrona vicino alla finestra, gli succedeva spesso di restare in silenzio a pensare su quella poltrona ogni volta che Dom si allontanava- o meglio cheveniva allontanato- da casa sua.
Ma questa volta c'era qualcosa che non andava. Dominic non lo aveva mai fatto di sua spontanea volontà, non se n'era mai andato via così, era sempre stato lui a chiedergli di lasciarlo solo.
E poi quel bacio. Non era come tutti gli altri, era diverso, aveva un retrogusto amaro, sapeva di rassegnazione.

Cos'era cambiato quella volta? Forse si era finalmente stufato di lui? E come biasimarlo.
Matthew era una vera merda con Dom, ne era cosciente.
Si guardò il palmo della mano chiuso a pugno, che aprì di scatto.
Sì, una vera merda.

Cominciò a respirare sempre più a fondo, percepiva distintamente l'ansia, mischiata a sensi di colpa pulsare in ogni parte del suo corpo.
Si guardò nuovamente le mani.
Quelle mani, quelle mani che accarezzavano dolcemente ogni giorno le sue amate chitarre, premevano delicatamente sui tasti del pianoforte producendo qualcosa di emozionante, di suo, erano le stesse che regolarmente provocavano decine di lividi, di tagli, di ematomi sul corpo perfetto di Dom.
Che cazzo di senso aveva? Perché trattava i suoi strumenti come qualcosa di estremamente sacro, fragile, qualcosa di importante? Perché non riusciva solo ad amare quel ragazzo che si ostinava a ripetere che stava bene, che andava tutto bene, che 'Matt, non devi scusarti, non mi hai fatto nulla'?
Non era forse importante anche lui?

Lo stava distruggendo, ecco cosa stava facendo. Lo stava distruggendo perché dentro di lui non c'era più nulla da distruggere. Tutto era irreparabilmente danneggiato. Ogni fibra del suo corpo magro e insignificante era stato fatto a pezzi.
Da cosa? Dal tempo. Da tutto. Da tutti. Da tutti tranne Dom.


~
'Ti prego fermami. Ti prego fallo.
Non ci riesco da solo'

'Tu non- non preoccuparti, ecco'

'No, cazzo. Non è giusto, tu- non voglio farti del male'

'Stai tranquillo, Matt'
~

Matt si ricordava bene la dolce carezza che Dom gli aveva lasciato sul viso, sulla guancia. E si ricordava anche meglio il pugno che era giunto subito dopo. Un pugno rabbioso dato con una forza che Matt non pensava di possedere prima di iniziare a sprofondare in quell'abisso da cui non riusciva ad emergere. Ora però era abituato a quel carico di odio improvviso che indirizzava agli arti, per non doverlo lasciare riposare troppo nella testa, infettando anche le parole, non solo i gesti.

Anche Dominic si era abituato e questo faceva incazzare Matthew ancora di più. Lui non reagiva, non faceva nulla, non si arrabbiava, non se la prendeva, non ricambiava le botte, nulla.

Si prese la testa tra le mani.
Ripensò a tutte le volte in cui lo abbracciava e Dom si tirava indietro con una smorfia di dolore, scusandosi subito dopo.
E poi per cosa doveva scusarsi se era stato lui la causa?

Matthew era un mostro. Un fottuto mostro che uccideva lentamente la preda di cui era innamorato, godendo appieno delle urla di dolore provenienti dalla vittima.
Perché sì, picchiare Dom, farlo soffrire gli causava scariche di adrenalina ovunque, lo faceva sentire appagato, lo faceva stare bene. Ma l'effetto di quella sorta di droga, durava poco, troppo poco. Il senso di pienezza dato dai calci, dai pugni, dal rumore della pelle al contatto violento delle dita della mano di Matthew, veniva soppresso dall'immancabile smarrimento, realizzazione delle sue azioni e di riconoscimento dell'identità del suo amato Dominic. Queste prendevano pieno possesso della mente e del corpo di Matthew con la stessa violenza con cui si era avventato su di lui precedentemente.

Si sfregò gli occhi rivivendo tutte le sere in cui lo vedeva davanti a sè, piegato su se stesso, un braccio proteso sul volto, almeno per proteggere qualche parte del corpo dalla furia di Matt.
Rivedeva quegli occhi liquidi dalla paura e dal dolore.
Risentiva la sua voce incrinata dalle fitte in tutto il corpo e dal pianto imminente, che però non arrivava mai. Dominic inspiegabilmente era un tipo orgoglioso, uno che non piangeva mai.
Infatti erano le guance del moro a rigarsi di lacrime al vederlo ridotto in quel modo, così vulnerabile come se fosse stato Matt la vittima.
E in fondo era così, lui era la vittima, succube dei suoi demoni interiori, che prendevano il controllo su di lui sempre più spesso.

E cazzo, lui ci provava. Cerava di non fargli più del male, ma non ci riusciva. Faceva promesse su promesse alle quali Dom continuava ingenuamente a credere.

Matthew non ce la fece più a sentire le accuse della sua testa, probabilmente perché fin troppo vere. Quindi prese il telefono e compose il suo numero.
Non voleva farlo tornare indietro, no questa volta no. Il dolore di Matthew era solo suo, non poteva permettersi di trasferirlo sugli altri, soprattutto su Dominic.
Quest'ultimo non rispose, lasciando suonare a vuoto il telefono.
Al quinto squillo Matt concluse la telefonata con rabbia.
Riprovò, e finalmente al terzo squillo Dom rispose.

'Matt'

'Sì, Dom, voglio che resti. Ho bisogno di te'

Non udì nessuna risposta dal suo interlocutore, allora continuò.

'Voglio. Voglio ma non posso permetterlo, nè a te, nè a me'

'Io non capisco'

'Tu non- io non voglio farti più del male'

'Mi farà stare peggio allontanarmi da te'

'Non dire stronzate, non sei un adolescente'

'Non sono stronzate, Matthew. È la verità'

'Vaffanculo Dominic. Continui a non capire.'

Fece una pausa, seguita da un breve sospiro, poi riprese.

'Sei a casa?'

'Sì'

'Ok, allora vai in camera e togliti maglia e pantaloni'

'Ma che caz- non mi sembra il caso di- cioè non al telef-'

'Smettila di fare il coglione e fai come ti ho detto'

Perché si ritrovava a trattarlo così male? Non riuscì a darsi una risposta o almeno a sentirsi in colpa che gli arrivò la voce di Dom che confermava di aver svolto i suoi ordini.

'Perfetto, ora guardati allo specchio e dimmi cosa vedi'

Se lo immaginò rimirare allo specchio quel corpo magro ma tonico, quel bel volto contornato da sottili capelli biondi, gli occhi grigi attenti a cogliere ogni più piccolo dettaglio.
Il naso perfetto, che Dom si curava di proteggere ogni volta dai colpi di Matt, e la bocca. La bocca era la parte che più preferiva insieme agli occhi. Le sue labbra lo facevano impazzire. La loro curva così dolce, che sapeva essere però terribilmente crudele, violenta -proprio come le mani di Matt- nei confronti delle labbra del moro lo faceva andare in estasi durante ogni bacio.
Il collo sottile, ma ben delineato, le spalle, sulle quali lasciava sempre più spesso morsi, seguiti da baci roventi, che marchiavano il segno della sua dentatura sulla pelle liscia.
Le braccia muscolose, tipiche dei batteristi; le mani morbide, gentili, che lo toccavano sempre e solo con tenerezza e rispetto.
Il petto glabro, seguito da un addome un tempo scolpito. E infine le sue gambe, magre ma perfette, così forti da riuscire a mantenerlo in piedi tutte le volte che il moro lo colpiva. Lo sostenevano fedelmente anche quando erano riempite di doloranti ferite.

'Io non capisco dove vuoi arrivare, ma va bene, giochiamo a questo gioco' la voce di Dom lo risvegliò.
'Allora, vedo me stesso, un uomo, anzi un ragazzo, troppo magro e con pochi muscoli, però con un bel faccino'
Lo sentì ridere leggermente e quel suono lo fece star bene. Sorrise anche lui, ritornando serio dopo poco.

'Che altro vedi?'

'Ehm la mia faccia, le mie braccia, le mie gambe..Matt non capisco'

'Per il momento non devi capire. Prima dimmi cos'altro vedi su tutto il corpo'

'Beh, vedo i miei lividi, ma ormai stanno sparendo'

Matt abbassò lo sguardo.

'Non mentire, non mi fai sentire meno in colpa, anzi'

'Ma tu non dev-'

'Non mi interessa ora, ok? Dimmi cosa cazzo c'è sul tuo corpo, nei dettagli'

Dall'altra parte del ricevitore giunse uno sospiro di arresa.

'O-ok. Allora, ho un graffio sotto l'occhio vicino allo zigomo destro; il labbro inferiore è spaccato verso sinistra. Poi ho un livido violaceo sulla spalla sinistra, grande quanto quello sul fianco, sempre sinistro. Poi sull'avambraccio destro ho una ferita che si è riaperta ieri..e direi basta, va bene così?'

Una lacrima solitaria cadde silenziosa sulla sua mano, posata sul ginocchio.
Si asciugò la guancia, eliminando ogni traccia della goccia precipitata dai suoi occhi.

'Sì- sì va bene'

Sapeva benissimo che in realtà c'era dell'altro, ma non gli chiese nulla, non voleva più gli altri dettagli, non voleva riaprire maggiormente la sua di ferita, molto meno visibile, ma non per questo meno dolorosa e lancinante.

'Ora puoi spiegarmi il motivo della tua richiesta?'

'Quello che ti ho fatto, tutto ciò che mi hai elencato è- è terribile. Io mi sento malissimo al solo pensiero del dolore che ti ho procurato. Io-mi dispiac-'
Fu scosso da un singhiozzo che non gli permise di terminare la frase.

'Matt, tu non-'

'Cazzo, Dom,  lo vedi quello che ti sto facendo? Sono un mostro, una fottuta bestia, lo capisci? Tu devi starmi lontano o io continuerò a farti male e a farmi male. Non ci riesco se tu s- sei qui con me'

Le lacrime ora non riuscirono a fermarsi ma corsero a rigargli il volto e a bagnargli la mano e le dita, seguendo la scia della loro gemella.

'Matthew, sto arrivando'

'Dom, no, che cazzo, no, non ven-'

'Cazzo, vaffanculo, sei uno stronzo!' Urlò al telefono, la conversazione appena terminata.

Raccolse le gambe al petto, appoggiando la fronte alle ginocchia e pianse; i suoi singhiozzi mischiati al ticchettio della pioggia sulla finestra vicino a lui facevano da colonna sonora a quel momento così raro. Il protagonista di quel film scadente era un ragazzo fragile e vulnerabile, pronto a cedere senza opporsi a tutte le sue inclinazioni, a tutti i suoi impulsi.

Dopo una decina di minuti sentì girare la chiave nella serratura. Non alzò la testa per controllare fosse il suo Dom, non ne aveva bisogno, i passi erano i suoi. Non lo guardò nemmeno quando sentì un lieve bacio posarsi delicatamente sulla sua testa.

'Perchè sei tornato?' Gli chiese. La domanda risuonò ovattata a causa del guscio che aveva creato.

'Non c'è un motivo, sono qui e basta'

Solo dopo aver sentito quella risposta, Matt alzò la testa, guardandolo finalmente negli occhi.





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E anche il secondo capitolo è terminato!
Spero vi sia piaciuto :)
Ah! La parte tra '~ ' è un brevissimo flashback e alla fine ho inserito uno scambio di battute ripreso dal primo capitolo!

Grazie per essere arrivati fin qui e ci rivediamo FORSE con il terzo e ultimo capitolo!

P.s. ovviamente i Muse, Dominic e Matthew, non mi appartengono; scrivo per puro e semplice divertimento (se così si può chiamare) e nessuno mi paga, ahimè!

Grazie ancora e tanti auguri Dominic **

Invisible.

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Capitolo 3
*** Uncontrolled ***


Buonasera!
Scuuuuuuuuusatemi tantissimo per il ritardo, ma è tutta colpa della scuola e altri vari impegni!
Allora, ci tengo a ringraziare GiuliaNishe, AccioHazza e LadyInRed, che hanno recensito lo scorso capitolo (vi risponderò, lo prometto!), GMuser_, che ha inserito questa storia tra le preferite e sempre GiuliaNishe, che invece ha scelto di seguirla. Grazie mille **

Un ringraziamento speciale alla mia adorata pwo_ (come farei senza di te?) e alla mie migliori amiche, che sopportano continuamente i miei deliri su Matt e Dom e molti altri!

Bene, siamo giunti alla fine di questa breve storia! Questo è l'ultimo e infinito capitolo e contiene scene violente (o almeno, io ho provato a descriverle come tali...spero non sia venuto fuori un qualcosa di terribile!)
Spero che questo capitolo vi piaccia e non esitate a lasciarmi un commento :)

Enjoy!


 
UNCONTROLLED

'Sono Dom'
Come risposta udì lo scatto della porta dell'appartamento londinese di Matthew Bellamy.

Matthew non fece gli onori di casa, non lo invitò ad entrare, non lo salutò nemmeno, bensì lo baciò intensamente.
Lo aspettava, lo desiderava da troppo tempo. Quel bacio sapeva di lontananza, di impazienza, di voglia, di aspettativa e di mancanza, con un leggero retrogusto alcolico.

'M-Matt' un morso sulle labbra.
'M-ferm-' un morso sul collo.
'Cazzo, Matthew, siamo sul pianerottolo! Almeno fammi entrare in casa!'
Matt si allontanò dal suo corpo, leggermente infastidito, per poi fissare i suoi occhi blu, resi liquidi dal desiderio, nei suoi, preoccupati per questi sbalzi d'umore e per l'irruenza e impulsività del suo amante.

Matt si arrese, spostandosi di lato per farlo entrare nell'appartamento.
'Si può sapere cosa ti è pres-' la paternale di Dominic fu prontamente interrotta dalle labbra di Matt ancora premute violentemente sulle sue.
Questo lo spinse contro il muro senza lasciargli via d'uscita. Non che a Dom dispiacesse troppo, ovviamente.
I baci si fecero immediatamente più esigenti e le mani fredde, anzi congelate, di Matthew si insinuarono sotto la sua maglietta.
Queste cominciarono a delineare con estrema precisione e delicatezza il petto e poco dopo il torace di Dominic, soffermandosi sulle costole.
Le dita le accarezzarono più e più volte, facendo trasparire tanta dolcezza, come se stessero maneggiando qualcosa di fragile.

Dominic appoggiò la testa contro il muro, inarcando la schiena. Chiuse gli occhi, ascoltando il rumore delle labbra del moro, la sua lingua sul suo collo. Lo assaggiava, lo mordeva, lo gustava, facendogli perdere pian piano lucidità. Poi, le sue dita fin troppo abili sul suo torace di certo non aiutavano.

Dominic lo attirò a sè, le sue mani strette a quei fianchi troppo magri.
L'aria era piena dei loro sospiri, del suono dello scontro delle loro labbra, dei loro profumi rimescolati e fusi totalmente.

Le mani di Dominic si allontanarono dai suoi fianchi per raggiungere il volto di Matthew, piegato sul suo collo. Lo presero delicatamente e lo fecero avvicinare al viso del biondo.
Questo cercò i suoi occhi e quando li trovò, tutto si fermò, i loro battiti, i sospiri, le loro mani, i loro pensieri, le loro paure, angosce, anche il loro desiderio, tutto.

'Matthew'

Di fronte a lui, a pochi millimetri di distanza, Matthew era fermo e immobile, non parlava. Solo i suoi occhi si muovevano, vagavano sui lineamenti del suo viso, tornando però sulla sua bocca troppo spesso.

'Matthew, dimmi qualcosa'

Questo sporse il viso verso di lui, cercando di baciarlo nuovamente, ma le mani di Dominic lo fermarono.

'C'è qualcosa che non va, tu non stai bene'

Matthew si divincolò dalla sua presa e si girò, dirigendosi velocemente in cucina.
Dominic lo seguì irritato e allo stesso tempo turbato e preoccupato, fino a quando l'altro si fermò e inaspettatamente si voltò a confrontarlo.
A quel punto Dom lo fissò sempre più confuso. C'era decisamente qualcosa che non andava.
Aspettò, sperò che fosse Matt a parlare per primo, ma questo non accadde.

'Allora? Posso sapere che ti prende?' Iniziò Dominic.

Matt lo fissava in silenzio, gli occhi di una tonalità più scura, più intensa del solito, le mani lungo i fianchi e la mascella serrata.

'Hai intenzione di fare l'offeso per non so quale assurdo motivo ancora per molto?' Dominic si stava alterando, non sopportava quando qualcuno non rispondeva alle sue domande, soprattutto se era Matthew a farlo.

Matthew si sedette sulla poltrona vicino alla finestra, quella che a sua detta lo aiutava a pensare e riflettere.

'Senti, questo gioco non mi piace, quindi se hai qualcosa da dirmi, fallo subito. Mi hai anche svegliato alle quattro, non mi merito forse qualche spiegazione?'

Matthew restò fermo, immobile, la mano destra era distesa sulla gamba, le dita della sinistra, invece, accarezzavano le labbra sottili , facendolo assomigliare a un adolescente. A Dominic tornarono in mente i loro pomeriggi nello sperduto paesino del Devon, ma evitò di addentrarsi in quel pericoloso ricordo.

Non ottenendo risposta, decise di lasciar perdere, si girò e si diresse verso la porta dell'appartamento.
La mano aveva già raggiunto la maniglia quando sentì un singhiozzo, seguito da altri due, tre, quattro, cento, mille. Era un pianto rumoroso, che stonava totalmente con il silenzio che fino a quel momento aveva riempito la stanza, pesando sugli oggetti e sui due amanti.

Dominic chiuse gli occhi. In fondo sapeva che prima o poi Matthew non avrebbe resistito, che sarebbe scoppiato. E ovviamente Dom non aveva intenzione di abbandonarlo proprio quando diventava più vulnerabile, insicuro e debole, fragile.

Si girò e raggiunse velocemente la poltrona, sulla quale era rannicchiato, le mani tremanti premute contro il viso, come a voler contenere tutte le lacrime.
Gli posò una mano sulla testa, accarezzandogli i capelli, proprio come piaceva a lui.

'Vai via, non-' un singhiozzo più forte degli altri. 'Non guardarmi, vatten-' un altro singhiozzo.
Lo scacciò con una mano, senza spostare l'altra dal viso. Naturalmente la forza con cui lo allontanò non era abbastanza da riuscire a mandarlo via da quella stanza.

'Matthew, non vado via, resto qui con te'  con movimenti circolari continuò ad accarezzargli i capelli, cercando di trasferirgli tutta la tranquillità che fingeva di avere.

'No-tu- Dom, vattene, per favore'
Tirò su con il naso e si spostò sulla poltrona in una posizione tutt'altro che comoda, dandogli le spalle.

A quel punto Dom gli circondò le spalle, avvolgendo in un abbraccio quella schiena magra e delicata, scossa dai singhiozzi. Matthew cercò di liberarsi, ma Dom lo strinse maggiormente, fino a quando l'altro si arrese e si abbandonò a un pianto carico di dolore e sofferenze.
Le lacrime cadevano inesorabili sulle mani di Dom strette al petto di Matthew, ognuna custodiva i demoni che occupavano il suo corpo. Non appena queste entravano in contatto con la sua pelle, la attraversavano e si riversavano nelle vene, rimescolandosi con il sangue di Dominic.

'Shh, Bells, andrà tutto bene'

'No- è tutto una m- una merda!' Urlò in preda a una angoscia che solo lui poteva motivare.
Appoggiò il volto alla sua spalla, baciandone delicatamente la parte scoperta.
Cosa ti è successo, Matthew?

'Lasciami, ti prego'
Erano rimasti fermi in quella posizione per una buona mezz'ora.
Una mezz'ora in cui Matthew aveva lacerato i tessuti, gli organi, le cellule, ogni singola fibra di Dominic, con i suoi pianti strazianti, carichi di disperazione.

E aveva pianto anche Dominic, ma in silenzio.

Dom lo accontentò, vedendo che si era calmato leggermente.
Matthew si alzò e si girò verso di lui.
Dominic finalmente poté vedere i suoi occhi.
E forse no, non avrebbe dovuto farlo. Non avrebbe dovuto farlo perché quegli occhi non appartenevano più al suo Bells, ma a qualcun altro, a qualcun altro devastato da qualcosa di terribile e indomabile.

'Lasciami solo'

'No'

'Va via'

'Perché?'

'Non ti voglio in casa mia'

'Cosa?' Le sopracciglia di Dominic si sollevarono automaticamente, mostrando tutta la sua incredulità.

'Non ti voglio in casa mia. Ti è chiaro?' Matthew era in piedi a pochi metri da lui, le braccia incrociate al petto. Lo sguardo era risoluto, così come la voce che non tradiva nessun rimpianto per quelle sei parole appena pronunciate.

'Non ti ho fatto nulla, perché dovresti mandarmi via?'

'Già, non mi hai fatto nulla. Vaffanculo, Dominic' Matthew si voltò, dandogli le spalle e dirigendosi in camera da letto. Dom si rese amaramente conto che il ragazzo in lacrime aveva lasciato posto in pochi minuti a un ragazzo scontroso e determinato.

'Io non ti capisco. Ora spiegami cosa ho fatto di sbagliato. Sono venuto qui non appena mi hai chiamato, anche se erano le quattro di mattina. Ti sei messo a piangere e ti ho consolato. Cosa avrei dovuto fare di più? Spiegamelo perché davvero non lo so!' Esasperato lo seguì in camera, fino a fermarsi a qualche metro da lui. Matthew lo fissava con uno sguardo spento, mentre le mani strette a pugno si aprivano e chiudevano a scatti irregolari.
C'era davvero qualcosa di diverso, di sbagliato in lui.

'T- tu non capisci. È solo colpa tua! Ti odio, sei uno stronzo, è solo colpa tua!' Le sopracciglia di Dominic si sollevarono maggiormente, segnalando tutto il suo sgomento. Adesso la colpa era sua? E i motivi quali erano? Era troppo buono, troppo gentile con lui?

Matthew gli si avvicinò velocemente. Dominic poté osservare distintamente la ruga sulla fronte pulsare, le labbra fin troppo tormentate dai suoi denti e i suoi occhi spalancati. Dio, quegli occhi lo terrorizzavano, mandando una serie di brividi lungo la spina dorsale.

'Ma si può sapere che ti prende? Ti sei fatto di nuovo di qualcosa?' Dominic non scherzava, era seriamente spaventato e preoccupato.

Matthew lo fissava con uno sguardo azzurro opaco, non brillante, luminoso come al solito. Gli occhi spalancati, poi, erano invasi da vene rosse che convergevano nell'iride. Le mani intanto continuavano a tremare e a chiudersi e aprirsi, chiudersi e aprirsi.

'Io sto- io sto bene, cazzo! E sai perché? Perché è solo colpa tua e non mia! Giusto, sì, non sono stato io' annuì, per dare più convinzione alle sue parole, assopendo momentaneamente quel breve attimo di ira.

'Matthew, tu hai un attacco di nervi, non stai bene. Vai a riposarti'
Cercò di tranquillizzarlo, sembrava davvero fuori di sè e Dominic era sempre più confuso. Non riusciva a capire perché ce l'avesse con lui e a cosa fossero dovuti tutti quei cambi di umore.
Appoggiò entrambe le mani sulle gracili braccia, nel tentativo di farlo stendere sul letto.

Matthew, però, indietreggiò sempre di più, lo sguardo sempre fisso nei suoi occhi, fino a quando la sua schiena toccò la fredda parete.

'Ti prego lasciami stare, vattene via, non è colpa mia, non è- colpa mia' queste frasi gli giunsero come un sussurro, un lamento nonostante fosse a pochi centimetri di distanza dal suo volto.

'Matthew, di cosa dovresti essere colpevole?' Provò ad addolcire il suo tono, non voleva turbare Matthew maggiormente.

'Io non sono colpevole di nulla! Sei tu, sì, sei tu la causa di tutto questo!' Si indicò la testa, gli occhi ancora spalancati.

'Ma io non ti ho fatto nulla!'

'È tutta colpa tua!'

Dominic non fece in tempo a rispondergli che no, io non ti ho fatto nulla! che il pugno di Matt lo colpì esattamente sulla mascella, facendogli voltare bruscamente il viso verso sinistra per la violenza del colpo.

Dominic rimase qualche secondo in quella posizione -girato di tre quarti verso il letto-, con un'espressione incredula sul volto.
Portò la mano sul punto dolorante del viso, aprendo e chiudendo lentamente la bocca. Il volto fu attraversato da una fitta di dolore. Non era il primo pugno che prendeva, ma, cazzo, faceva davvero male!

'Ma sei impazzito? Perché mi hai-'
Non terminò la frase perché la mano di Matthew raggiunse la parte sinistra del suo volto, facendolo voltare improvvisamente verso destra. Barcollò leggermente, ma ritrovò subito l'equilibrio. Si massaggiò la parte colpita con una smorfia di dolore.

'Ti ho detto di andare via'

Rivolse lo sguardo a Matthew che respirava rumorosamente di fronte a lui, vicinissimo.

'Ma che cazzo ti prende? Quanto Hai bevuto?'
Dubitava davvero che fosse ubriaco, ma non vedeva altra spiegazione. Di sicuro non aveva fatto uso di droghe, dopo le prime disastrose esperienze con i funghetti si era severamente  ripromesso che non avrebbe mai più avuto a che fare con la droga o simili. Però non rifiutava mai un bicchiere -o una bottiglia- di buon vino o anche di semplice birra.

'Tu devi stare solo zitto, hai capito?'
Dominic rabbrividì, la voce di Matthew si era alzata di un'ottava e il suo volto era rosso di rabbia. Gli occhi tristi erano fissi su di lui, ma non trasmettevano silenziose scuse, dispiacere o pentimento, nulla.
Dominic si ritrovò a pensare che sì, era bello anche così.

E quando Matthew lo colpì altre due, tre, quattro, dieci volte la sua opinione non cambiò.
Anzi, quando cadde a terra, sopraffatto dalla forza inaspettata dell'altro, ammise con se stesso di amarlo.

'È solo colpa tua! Tu sei- sei uno stronzo! Sì, ecco cosa sei!'
In poco tempo  i pugni furono sostituiti dai calci nello stomaco, accompagnati da accuse che Dom non riusciva a comprendere. Però  Dominic non provò odio nei suoi confronti. E non lo odiò nemmeno quando Matthew si avventò su di lui, che era rannicchiato a terra, con le braccia a coprire il volto, ormai pieno di lividi. Non sarebbero andati via tanto presto, ne era sicuro.
Le costole che prima Matthew aveva carezzato dolcemente, ora bruciavano, proprio come ogni singolo ematoma sul suo corpo.

'È colpa tua, cazzo, solo tua! Io non c'entro niente, è solo colpa tua!'
La testa gli faceva male e non gli permetteva di capire a cosa si stesse riferendo Matthew. La mano macchiata del sangue di Dominic soffocò -letteralmente- tutti gli altri dubbi. La sua fredda mano si strinse improvvisamente attorno alla sua gola e gli occhi di Dom, che fino a quel momento erano rimasti serrati, si spalancarono. Puro terrore si inserì nel suo sangue, raggiungendo ogni singola cellula del suo corpo.

'M- Matt, mi f-' la mano si strinse maggiormente, premendogli il collo sul freddo pavimento.

'Sei tu che mi hai ridotto così, è colpa tua!'
Il volto di Matthew era rosso, le vene pulsavano sul suo collo e sulla sua fronte. Gli occhi erano molto più spalancati di quelli di Dom.

Dominic aveva una fottuta paura di lui.

Allungò le braccia nel tentativo inutile di allontanare da sé l'altro. Tuttavia la forza cominciò a diminuire gradualmente proprio come l'aria che faticava a giungere ai polmoni.

Annaspava, Dom, lo sguardo fisso su quello che non era più il suo Matthew. Questo era concentrato sulla dita strette intorno alla sua gola; quando però i suoi occhi incrociarono quelli socchiusi di Dom le aprì di scatto.

Dom spalancò gli occhi, la bocca aperta per cogliere più aria possibile. Tossì, piegato in due su un fianco, con gli occhi chiusi, il busto che si sollevava e abbassava furiosamente.

Matthew, intanto, si allontanò correndo il più velocemente possibile. Inciampò in qualche mobile un paio di volte, per poi rialzarsi subito dopo e uscire di casa, sbattendo la porta.

Quando Dom si riprese, provò ad alzarsi, ancora stordito. Raggiunse il letto che per fortuna era a pochi centimetri di distanza da lui. Si sedette lentamente, per poi lasciarsi scivolare sulle lenzuola azzurre, senza tralasciare una smorfia accompagnata da un lamento di dolore.
Chiuse gli occhi distendendo tutti i muscoli doloranti. Respirò piano, i polmoni gli facevano terribilmente male, gli bruciavano. La testa pulsava, mandando scariche dolorose a ogni singola fibra del corpo.
Ma c'era un punto che gli doleva più degli altri. Era esattamente l'angolo destro del labbro e il dolore proseguiva fino allo zigomo. Sollevò piano la mano, avvicinandola al viso, ma si bloccò. Osservò meglio la mano: le dita erano sporche di sangue -il suo sangue- e su tutto il dorso c'era un alone tendente al blu e al viola.

Esattamente in quel momento cominciò a piangere. Le lacrime calde scivolavano lente lungo il viso, indugiando sui tagli e i lividi.
Pianse per il dolore causato da ogni singola ferita e soprattutto pianse per Matthew. Pianse per lui perché non riusciva a capire le cause del suo tormento. Cosa lo devastava così tanto? E per quale motivo aveva incolpato lui? In che modo poteva averlo reso così disperato e turbato? Cosa lo aveva portato quasi ad ucciderlo?
Un singhiozzo risuonò più forte degli altri in quella casa vuota. Il suo migliore amico aveva provato ad ucciderlo. Non era arrabbiato con lui - anche se sapeva che avrebbe dovuto esserlo-, era davvero preoccupato.
La sua testa, però, continuò a fargli male, rendendogli più difficile pensare e ragionare.
Chiuse gli occhi, abbandonandosi al silenzio che regnava in quella casa e arrendendosi al mal di testa, a tutti gli altri dolori che occupavano il suo corpo e dopo poco si addormentò.




Dominic Howard si svegliò. Non era nella sua stanza, ma in quella di Matthew. Non era nel suo letto, ma in quello di Matthew. Chiuse gli occhi e li riaprì. Sbadigliò, ma nello spalancare maleducatamente la bocca, una scarica di dolore partì dalle guance, raggiungendo ogni arto, ogni muscolo e facendo scendere una sola lacrima dai suoi occhi, tanto forte era il dolore. Perplesso si guardò intorno, notando che la sveglia di Matt segnava mezzogiorno e tredici. Anche questo semplice movimento gli causò una serie di fitte che però riuscì a sopportare. Fece leva sulle braccia per sollevarsi un po'. Ecco, questo dolore era di gran lunga meno sopportabile.

La sua attenzione fu catturata da alcune gocce e macchie di sangue per terra, sul tappeto poco lontano da dov'era lui.
A quel punto capì e si ricordò tutto.
Realizzò di aver dormito più di sei ore e che in quelle ore Matt non era tornato a casa, era rimasto fuori tutta la notte- o meglio, tutta la mattina.
Si alzò, nella testa malconcia un unico pensiero: Matthew era rimasto fuori di casa tantissime ore; era spaventato, turbato e arrabbiato. Chissà quante cose poteva aver combinato mentre lui dormiva.

Si prese qualche secondo per guardarsi allo specchio. Trattenne le lacrime a stento, era ridotto malissimo. Si toccò la guancia destra che era conciata davvero male. Alzò la maglia macchiata del suo sangue e con lo sguardo seguì la scia violacea lungo tutto il torace. Si tastò le costole il più delicatamente possibile per constatare con sollievo che non aveva nulla di rotto. Certo che quel ragazzo ne aveva di forza!

Si diresse in bagno, alla ricerca di qualche antidolorifico, ignorando l'immagine riflessa nello specchio e quando lo trovò, ne prese una pillola e uscì di casa, incurante del suo aspetto a dir poco spaventoso.

Il vento freddo colpì violentemente il suo viso, entrando nelle ossa e facendolo rabbrividire.
Cominciò a pensare ai possibili luoghi in cui potesse essersi rifugiato il suo amico.
I suoi pensieri furono interrotti da Matthew stesso che afferrò il suo braccio trascinandolo in direzione dell'entrata del parco lì vicino.

Dominic provò a sottrarsi, spaventato dall'idea che lui potesse fargli ancora del male, ma non ci riusciva, era troppo indolenzito per poter utilizzare tutta la sua poca -ma sufficiente contro Matthew- forza.
Inoltre non si aspettava di trovarlo così presto e nemmeno che sarebbe stato Matthew a trovare lui.

Si fermarono dopo un po', quando trovarono una panchina vuota; si sedettero e Dom si massaggiò il braccio. Il silenzio era quasi rilassante, non passava nessuno vista l'ora e il freddo.
Matthew si strinse nel maglione -nella foga di uscire da casa sua si era dimenticato la giacca-, sfregando le mani rosse dal freddo.

Quando la gamba di Matt sfiorò involontariamente quella di Dom, quest'ultimo sussultò, allontanandosi, anche se di poco, da lui, lo sguardo spaventato, terrorizzato.
Matthew lo guardò perplesso e confuso.

'Dommie, perdonami'
Matt abbassò gli occhi, osservando con estrema attenzione la ghiaia sotto i suoi piedi.

'Mi- mi puoi spiegare cosa ti è successo?'
Dom aveva paura di parlare, temeva di dire qualcosa di sbagliato, qualcosa che potesse scatenare la stessa belva che lo aveva aggredito il giorno prima.

'Dommie, mi dispiace, scusami'

'Perchè non vuoi rispondermi?' Dom non lo guardava, passava lo sguardo sulle sue mani, che si univano e separavano, per poi contorcersi e districarsi.

'Io non-' lo sentì deglutire.

'Tu non?'

'Dominic, perdonami' Matthew sollevò il volto per fissare i suoi occhi blu nei suoi verdi e grigi. Ora non erano più opachi, ma accesi, intensi, constatò Dom.

'Sì' gli sorrise, ignorando il dolore ai muscoli del viso. Lo aveva appena perdonato, nonostante lo avesse picchiato in modo insolitamente brutale e avesse quasi tentato di soffocarlo. Però non aveva indugiato a perdonarlo. Non aveva bisogno di cercare un motivo valido dentro di sé.

'Vedi? Tu lo fai sempre. Mi perdoni! Non- non puoi, cazzo!' Si alzò improvvisamente, facendo sobbalzare Dominic, che si rannicchiò sulla scomoda panchina, terrorizzato.

Matthew respirò piano, calmandosi e si risedette vicino a lui.

'Io non-' Io non capisco cosa vuoi da me. Prima mi chiedi di venire a casa tua e poi mi cacci via. Prima mi baci e poi quasi mi ammazzi. Prima mi chiedi di perdonarti e poi ti arrabbi se lo faccio. Cosa devo fare?
Ecco ciò che Dom avrebbe voluto dirgli, ma la paura che potesse alterarsi maggiormente lo fermò.

'Dommie, senti, mi dispiace, non sai quanto'

L'altro non rispose, gli occhi fissi davanti a sé.

'Io non so- non so cosa fare, mi - mi dispiace' volse lo sguardo verso Dominic, che ricambiò, guardandolo negli occhi.

Con uno slancio improvviso Matthew abbracciò Dominic, che spaventato e dolorante chiuse gli occhi. Li riaprì quando sentì dei singhiozzi provenire da Matthew. A quel punto gli avvolse le braccia intorno al corpo magro, appoggiando la guancia sulla sua testa. I capelli disordinati e umidi dal freddo gli accarezzavano il volto, dando un po' di sollievo alle ferite bollenti.

Gli baciò la testa con estrema dolcezza e tenerezza, gesto che gli infuse un senso inaspettato di benessere. Matthew intanto continuava a piangere sul suo petto, mormorando parole di scuse alternate a singhiozzi disperati.
Ripensò alla mattina precedente, in cui Matthew era scoppiato a piangere sulla poltrona. Ripensò a ciò che era accaduto in seguito. Automaticamente richiuse gli occhi, sforzandosi di trattenere le lacrime e lo strinse maggiormente a sé.

'Shh' mormorò 'andrà tutto bene'

'Mi-' un singhiozzo 'mi dispiac-'

'Shh, non preoccuparti, Matt, non è colpa tua'

A quel l'ultima frase il volto di Matthew si sollevò dal suo petto, per guardarlo. Gli occhi erano rossi e gonfi, sulla pelle delle guance erano perfettamente visibili le tracce lasciate dalle lacrime.

'Non dirlo' un singhiozzo 'ti prego' chiuse gli occhi. Una lacrima si fece strada lentamente sul suo volto, rimarcando i solchi lasciati precedentemente dalle sue gemelle.

'Matthew, ascoltami. Io sono qui, ok?  Io sono qui per te e non ho intenzione di andarmene. E non ce l'ho con te, non sono arrabbiato o deluso' ammise Dominic, stringendo maggiormente a sè il corpo infreddolito.
'Però ho bisogno di sapere cosa ti è successo e soprattutto, se la causa dei tuoi tormenti sono davvero io, devi dirmi cosa ho fatto di sbagliato. Solo così potrò aiutarti, potremo trovare una soluzione insieme, come abbiamo sempre fatto'
Matthew si spostò leggermente da lui, le braccia di Dom circondavano la sua schiena.
Poi si strofinò gli occhi, proprio come un bambino e si alzò.

'Dommie, torniamo a casa?' Gli porse una mano che Dom, però, non prese.
Matt lo interrogò con lo sguardo.

'Preferirei di no' ammise sottovoce, temendo che il rifiuto potesse irritare l'altro.

'Capisco. Va- va bene' Matthew tornò a sedersi al suo posto, al suo fianco, una tristezza infinita nei suoi occhi.
Restarono in silenzio per un po', ognuno immerso totalmente nei propri dubbi, pensieri, preoccupazioni.

'Sai una cosa?' La voce di Matt interruppe quel silenzio che gravava su di loro, aumentando la distanza tra i loro pensieri, ma anche tra i loro corpi.

Dom attese, non sapendo se volerlo lasciare continuare.
Matthew riprese, incurante del distacco di Dom.

'Io penso di non meritarti. E lo stesso vale per te. Tu non meriti uno come me. E no, non continuerò a dirti quanto mi dispiace, lo sai perfettamente. Però tu potresti e anzi, dovresti avere di meglio'

'Cosa c'è di sbagliato in te, Matthew?'

Quest'ultimo non si aspettava che Dom gli ponesse quella domanda.
Gli rivolse uno sguardo stranito.

'Non lo so' si passò una mano dietro la nuca.

Dom protese in avanti il busto, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sostenendo la fronte con le mani.
Il mal di testa era aumentato in modo vertiginoso, nonostante gli antidolorifici presi poco prima.

'Invece lo so' Dom alzò il volto, rivolgendo la sua attenzione al ragazzo vicino a lui, al suo Matthew.

'Sono arrabbiato, ecco. Anzi, sono davvero incazzato. Sono incazzato come non lo sono mai stato prima. Sono furioso. Sono esageratamente furioso. E sai perché?'

Dominic deglutì raddrizzando la schiena e allontanandosi lentamente da lui.

'Sono fottutamente incazzato perché ho paura’

'Non- non ti seguo' mormorò Dominic.

'Dom, ora che io e te siamo una- ' alzò gli occhi al cielo, infastidito dalla parola che stava per utilizzare 'una coppia'
Dom sorrise, notando la sua espressione e il tono pieno di disprezzo. Dominic sapeva che a Matthew non piaceva usare quella parola, sminuiva il rapporto che c'era tra loro. Lo faceva sembrare un adolescente e quello che provavano era molto più di una semplice cotta da teenager.

'Sì, insomma, ora che siamo una coppia stiamo molto più insieme, tu praticamente abiti da me e, passando tutto il giorno con te, io mi sono reso conto di come tu mi stia cambiando. Prima, non era così. Cioè, sapevo che stare vicino a te come migliore amico, quasi un fratello, mi faceva star meglio, mi rendeva diverso. E ne ero felice, oh non sai quanto. E volevo cambiare, volevo diventare come te.' Sorrise ripensando a qualche ricordo ormai troppo lontano.
Sorrise anche lui.

'Ora però è diverso. Ci siamo incasinati, addentrandoci in questa storia troppo complessa. Tuttavia la tua vicinanza, i tuoi baci, le tue carezze' Matthew arrossì, imbarazzato. Sbuffò, irritato da questa manifestazione involontaria.
'Tutto ciò mi ha fatto desiderare di resistere, di fregarmene del casino, delle difficoltà. Però ho sbagliato. Non me ne pento, ma so di aver sbagliato. E sai perché ho sbagliato?'

Non aspettò la risposta dell’altro, ma continuò, ignaro della quantità di dubbi e domande che affollavano la sua testa, contribuendo alle fitte che continuavano imperterrite a scavare nella sua mente.

'Perché mi hai fatto capire cosa sono e cos'ero prima di stare con te, prima di comprendere la natura dei miei sentimenti. La sera, quando mi stendo al tuo fianco, quando in sottofondo sento solo il tuo respiro, ripenso inesorabilmente a chi sono, a tutte le mie azioni, ai miei pensieri e mi disgusto. Io mi faccio schifo'

La sua voce si incrinò pericolosamente.

'Matt-' Dom provò a dire qualcosa, qualunque cosa, ma la mano di Matthew sul suo ginocchio lo fermò.

'Tu non capisci. Sei così puro, cazzo. Io vorrei essere come te, ma non posso, non ci riesco. Siamo diversi, estremamente diversi e io non- cazzo, io non posso continuare così'

Dom era stupito dalle sue parole, sì, ma il suo volto era tutta un'altra cosa. La bocca tremava e gli occhi erano rossi e spalancati come lo erano la notte precedente.
Chiedevano, imploravano, supplicavano aiuto e lui non riusciva a far altro se non guardarlo, senza muovere un singolo muscolo.

'Cazzo, tu non sai. Tu non sai quanto ti ho odiato. Tu non lo sai, cazzo. Tu mi hai fatto capire, quando io non volevo farlo. E ti odio per questo. Vorrei quasi ucciderti, cazzo! Ora capisci dove mi stai portando?'

Gesticolava troppo, si portava le mani al volto, toccandosi le guance, la fronte, il mento. Poi le lasciava vagare per aria e infine le riportava sul volto, gli occhi che lo scrutavano sconvolti.

'Io sto male, Dom. Sto molto male. Sto impazzendo, cazzo. E questo perché tu sei così- sei così! E io no, io non sarò mai come te. E tu con questa tua perfezione mi rinfacci continuamente la merda che sono e io non riesco più a sopportarlo. Facendo così poi peggioro solo la situazione'

Dom gli appoggiò le mani sulle spalle, cercando di tranquillizzarlo. Era diventato irrequieto e agitato. Dom si chiese se davvero stesse diventando pazzo.

'Io non so più cosa fare' Matthew si fermò improvvisamente, lo sguardo perso nella trama del maglione di Dominic. Questo attese senza dire nulla.
Dopo poco Matthew spostò lo sguardo su di lui, fissando gli occhi nei suoi e lo baciò.
Lo baciò con impeto, con disperazione. Disperazione che passò automaticamente a Dom con quel contatto. Questo assaporò quel sentimento, rabbrividendo. Percepì il dolore di Matthew attraverso le sue labbra e la sua rabbia attraverso le mani, che vagavano frenetiche tra i suoi capelli.

Dom non fece nulla. Dom restò seduto sulla panchina, assecondando solamente la sua lingua, anch'essa prepotente. Cedette al desiderio che stava pressando per manifestarsi, quando le mani esperte di Matt accarezzarono un tratto del ventre di Dominic. Questo sospirò, per le dita fredde dell'altro e per il piacere.
La bocca di Matthew scese lungo la mandibola, provocandogli delle fitte, alternate a scariche di piacere, raggiungendo il collo.
Qui però si fermò. Lo accarezzò piano, sfiorandolo delicatamente e osservandolo con estremo interesse.
Portò la stessa mano sul suo volto, disegnando il livido violaceo che gli occupava una guancia. Anche in quell'istante le scariche di dolore non si fecero attendere.
Dominic chiuse gli occhi, per riaprirli dopo poco. Sforzò un sorriso, ignorando il fastidio che causava quel semplice gesto.
Questo scomparì non appena vide altre lacrime nascere negli occhi azzurri, ora liquidi, di Matthew.
Lo abbracciò istintivamente, fregandosene del dolore che seguiva ogni minimo movimento.

Matthew però lo respinse, alzandosi di colpo.
'Lo vedi? Vedi quello che ti ho fatto?' gridò, la voce piena di rabbia.
 
Una donna passò in quel momento, in una mano una busta della spesa, nell'altra quella piccola di un bambino, imprigionato in una giacca di qualche taglia più grande di lui. Quando sentì Matthew urlare si fermò, attirando l'attenzione della madre. Questa lo tirò via, allontanandolo dai due ragazzi. Il bimbo però si riavvicinò a loro, dopo aver lasciato la mano della madre.
Il bambino raggiunse Matthew che stava in piedi davanti a Dom, le mani a coprirgli il volto, scosso dai singhiozzi.
Solo allora Dom si accorse del bambino. Questo lo guardò, gli occhi curiosi si spostavano da quelli di Dom verdi- grigi, alle sue mani violacee. Il bambino, che non doveva avere più di cinque anni, constatò Dominic, gli sorrise e gli si avvicinò piano, in silenzio, una manina protesa verso di lui.

Anche Matthew si accorse di lui, per poi spostare lo sguardo verso gli occhi sorpresi di Dom.
Prima di raggiungere e toccare la guancia di Dom, la madre del bambino afferrò la sua mano.

'Jimmy, non allontanarti più da me, è chiaro?' Lo guardò severamente, per poi rivolgersi a loro.
'Mi dispiace, non volevamo disturbare. Scusate ancora'

'Non si preoccupi, ciao Jimmy' salutò Dominic, sorridendo. La donna si soffermò qualche secondo sul suo volto ricoperto di lividi e trascinò via immediatamente suo figlio, che si girò più volte, salutandoli con la piccola manina.

Matthew era rimasto in silenzio, sempre in piedi, le mani però lungo il busto, lo sguardo vuoto.

'Matthew, vieni a sederti'

'Ok' concesse Matthew, la voce e la sua espressione tradivano tutta la sua stanchezza.

Quando Matt si accomodò al suo fianco, Dom appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi.
Inspirò profondamente, cogliendo sia il profumo di Matthew, della sua pelle, sia l'odore delle foglie cadute per terra, mischiato a quello troppo forte dell'erba appena tagliata.
Dominic, a nove anni, aveva felicemente scoperto che passare troppo vicino a un prato o un cespuglio appena potato, gli causava rossore e bruciore in entrambi gli occhi facendoli lacrimare copiosamente. Ahimè, da quel momento, questa allergia non lo aveva più abbandonato.
Tuttavia, con suo estremo stupore, nulla di tutto ciò accadde. Infatti riaprì gli occhi e sorrise. Nessun bruciore insopportabile agli occhi.
Non seppe spiegarsi il motivo e in realtà evitò di porsi qualunque domanda. Preferì concentrarsi sulla spalla spigolosa e sul collo scoperto del suo Matthew.

'Matthew, io non sono perfetto. Sono solo un essere umano, proprio come te. Faccio errori anche io e ne pago le conseguenze, come è giusto che sia. Tu non- non devi mai osare anche solo pensare di essere inferiore a me, ok?' Sollevò il volto dalla sua spalla così da poterlo guardare negli occhi.

'Io non sono come te e su questo ti do ragione, non sono come te, ma non sono nemmeno migliore di te. Tutti facciamo degli errori e tutti crediamo di farli anche e soprattutto quando stiamo andando nella direzione giusta'

'Come faccio a sapere qual è la direzione giusta?' Sussurrò Matthew.

'Non lo so' ammise Dom. 'Nessuno può saperlo, devi semplicemente buttarti, provare. E se ci pensi è esattamente quello che hai fatto tu: hai scelto di stare con me e nonostante tutte le tue ansie, i tuoi dubbi hai voluto continuare a stare con me, mostrando un ammirevole coraggio. E ti ringrazio, ti ringrazio infinitamente per aver preso questa decisione, per non avermi abbandonato, per non aver ascoltato le tue paure'

'Che però si sono rivelate esatte. Guarda dove siamo arrivati'

'A me non interessa se alzi le mani su di me, ok? Tu non sei mai stato un ragazzo manesco, lo so bene. Evidentemente questa volta stai soffrendo più del solito, così tanto da sentire questa necessità. E non te ne faccio una colpa, non ti odio o altro. Io voglio solo aiutarti. Se questo servirà a farti star meglio, io di certo non mi tirerò indietro'

'Non- non puoi dirmi una cosa del genere'

'Matthew non ricominciare. Ti ho già detto che a me sta bene'

'Tu non capisci, io potrei farti del male; e non intendo un semplice pugno'

'Matt, lo so, ok? Ho visto cosa mi hai fatto ieri sera. Ma non importa' gli sorrise. 'E insomma, i tuoi pugni non sono poi così forti. Dovresti andare in palestra, Bellamy' Matt gli rivolse un debole sorriso.

'Lo sai che ci sarò sempre, vero? Anche se vorrai usarmi come sacco da boxe' Dom gli baciò delicatamente la punta del naso e l'altro chiuse gli occhi, respirando piano.  

'Ho parlato con Kelly' la voce di Matt giunse a Dom come un sussurro.

'Quando?' Chiese Dominic sorridendo. Gli prese la mano e la strinse, incastrando le sue dita in quelle di Matthew in un gesto così semplice ma al tempo stesso così intimo.

'Questa notte o questa mattina, non ricordo' si voltò verso di lui, indugiando suii suoi occhi 'comunque dopo averti picchiato’

'Le hai raccontato quello che era successo?''

'Già' confermò Matthew.

'E lei?' Ora Dominic era incuriosito.

'Era molto stupita, non poteva crederci. Mi ha sgridato, era quasi tentata di lanciarmi addosso la bottiglia di vino che stavamo bevendo, ma poi ci ha ripensato e ha preferito continuare a farmi la ramanzina'

'E Chris? Lo sa anche lui? Lo hai detto anche a lui?'

'No, lui non era in casa, era fuori con Tom e Morgan' Matthew rivolse la sua attenzione alla ghiaia sotto ai suoi piedi, per poi guardare nuovamente Dom.
 
'Kelly mi ha consigliato, anzi obbligato, a tornare da te, a chiederti scusa, anche se so che questo non basterà'

'Matthew, lo sai che ti ho già perdonato'
Dominic piegò il volto, appoggiandolo sulla sua spalla e baciò delicatamente il collo scoperto.

Matthew chiuse gli occhi, per poi riaprirli e abbassarli sulle loro dita ancora unite. Le avvicinò al viso per poi poggiarci sopra le labbra dolcemente. Dominic si rilassò a quel contatto minimo, ma piacevole e notò con amarezza la differenza rilevante con l'uomo che lo aveva aggredito il giorno precedente.

'Andiamo a casa mia?' Chiese Matthew titubante.

Dominic annuì e si alzò trascinando con sè anche Matt, che lo affiancò senza dividere le loro mani.

Dom lo sapeva, oh sì. Anzi, non lo sapeva, ne era perfettamente certo. Era sicuro, sicurissimo che questa storia non sarebbe terminata così. Come faceva a saperlo? Bastava guardare Matthew. La sua postura, la sua camminata lenta e controllata, le dita che stringevano le sue convulsamente, gli occhi intensi e spaventati, che lo cercavano continuamente, le labbra troppo screpolate nonostante i baci e l'espressione stanca e confusa.
Dom conosceva Matthew troppo bene per non poter intuire i suoi pensieri semplicemente osservandolo.
Aveva compreso tutto il dispiacere di Matthew, ma era ben cosciente che quella non sarebbe stata l'ultima volta.

Dominic donò Matthew di un sorriso, dietro al quale era ben celata una sfumatura di amarezza e rassegnazione.

Dominic lo sapeva, quello era solo l'inizio.

Raggiunsero l'appartamento di Matthew in poco tempo, ognuno immerso nel proprio silenzio.



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P.s. ovviamente i Muse, Dominic e Matthew, non mi appartengono; scrivo per puro e semplice divertimento (se così si può chiamare) e nessuno mi paga, ahimè!

Ah! Ho in mente altre storie..e forse pubblicherò un nuovo capitolo di 'Cause A Heart That Hurts Is A Heart That Works..*e a chi interessa?*
Grazie mille per aver letto :)
Alla prossima storia!
Un bacio a tutti,
Invisible_

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