Moments of life

di sweetlove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Confessioni ***
Capitolo 2: *** Non più l'unico ***
Capitolo 3: *** Colpi bassi ***
Capitolo 4: *** Ricordi ***
Capitolo 5: *** Eventi ***
Capitolo 6: *** Attraverso il vetro ***
Capitolo 7: *** In volo ***
Capitolo 8: *** Pensieri notturni ***
Capitolo 9: *** Principessa ***
Capitolo 10: *** Voglia ***
Capitolo 11: *** Lingerie ***
Capitolo 12: *** Principino ***
Capitolo 13: *** Alcol ***
Capitolo 14: *** Paura ***
Capitolo 15: *** Crisi di coppia ***
Capitolo 16: *** Genitori e figlio ***
Capitolo 17: *** Ricominciare ***
Capitolo 18: *** Sorpresa ***
Capitolo 19: *** Brividi ***
Capitolo 20: *** Cielo e mare ***



Capitolo 1
*** Confessioni ***




Nota dell'autrice (che solo per questa volta la mette all'inizio!):


E rieccomi qui. Ci credevate che me ne sarei andata così, mettendo la parola fine a 'Hope' e rimandando a data da destinarsi la pubblicazione di qualche altra fanfiction?
Io no, per questo, a un giorno dalla conclusione dell'altra long ne inizio una nuova. Questa però sarà una raccolta e racchiuderà piccoli e grandi momenti della 'nuova' famiglia Brief, tappando anche qualche buco lasciato (volutamente?) aperto in 'Hope'.
Anzi, se a qualcuno dovesse interessare invito a leggerla, ma le one shot che pubblicherò qui possono essere ben capite anche senza aver letto i venticinque capitoli dell'altra fanfiction.
E quindi, che dire... aspetto gli insulti (scherzo eh! Anche se qualcuno vorrà mandarmene per davvero... eheh!) nelle recensioni!
A voi...

Sweetlove


 

Moments of life



Confessioni







Una foglia cadde giù dal piccolo acero sotto il quale era ancora sistemata una sdraio.

Volteggiò piano nell'aria, già fresca nonostante l'autunno fosse appena entrato, e andò a cadere sul suo ventre.

Una mano delicata andò ad afferrarla, non senza una punta di tristezza. Le piaceva l'estate e dirle addio per altri lunghi mesi le metteva malinconia. Quando sarebbero trascorse tutte quelle giornate, senza nulla da fare?

La foglia era secca, rossiccia. Senza vita.

Fece un lungo sospiro. Si sentiva inquieta, quel pomeriggio. Forse sarebbe stato meglio non sentire certi discorsi, restare chiusa in camera, a letto, come le era stato consigliato già da un mese abbondante. Ma gli ultimi raggi di sole la invitavano troppo. In fondo, che fosse un letto o una sdraio, l'importante era starci sù.

Guardò l'orologio, erano quasi le sei. Aveva anche freddo ma la voglia di rientrare era davvero poca. Si annoiava da morire, voleva aspettare lì.

Affettò indifferenza vedendo rientrare le due ragazze, che la salutarono a pochi metri di distanza con un cenno della mano. Troppo impegnate a 'confessarsi'… o a fantasticare su qualche ragazzo. O uomo.

Ricambiò il gesto con il sorriso più finto che potesse offrire. 

Non sapeva dire perché, ma sentire, senza volerlo, quelle confessioni tra amiche l'aveva fatta innervosire non poco. Ma non aveva un valido motivo per farlo.

Abbassò lo sguardo, tornò a fissare la foglia, rimuginando.

Qualcosa la fece poi sussultare e voltò il capo, convinta fosse la donna, tornata a chiederle se avesse bisogno di qualcosa. Invece vide lui e sorrise, stavolta per davvero.

Le giornate erano troppo lunghe senza la sua compagnia. Non vedeva l'ora che arrivasse la sera per rivederlo.

"Non fa un po' freddo?" Si sentì chiedere.

Marron scosse il capo, mentendo. Aveva la pelle d'oca ma non gliene importava.

"Vieni qui…" Gli fece spazio, ma lui preferì accomodarsi alle sue spalle, abbracciandola da dietro non prima di averla baciata.

"Come ti senti?" Le chiese, potendo finalmente rilassare la schiena dopo un'altra lunga e stressante giornata chiuso in quell'ufficio.

"Bene…" 

La bionda abbassò di nuovo lo sguardo, facendo spallucce. Stava sempre ferma, come avrebbe dovuto sentirsi? 

Trunks si accorse dell'improvviso sbalzo d'umore della compagna. Gli faceva pena, a volte. Doveva starsene tutto il giorno a letto e non era piacevole. Con sua madre che la controllava, poi… non era il massimo.

"Passerà presto, vedrai…" Le baciò la nuca, respirando il suo profumo. Possibile riuscisse a drogarlo così tanto?

"E' passato solo un mese e a me è sembrato un anno…"

"Posso capirti. Davvero!"

Marron voltò appena lo sguardo per incontrare il suo. Come sempre rimase incantata dai suoi occhi profondi e azzurri come il mare. Quel mare che non vedeva da così tanto tempo, abituata com'era a salutarlo tutte le mattine, appena sveglia.

"Oggi tua madre non c'era e sono riuscita a stare un po' in salotto…" Gli disse.

"Bene. Cambiare aria ti aiuta a passare il tempo."

"C'erano Bra e Pan a pranzo…"

La vide leggermente turbata. Che cosa potevano aver combinato quelle due?

"E' successo qualcosa?"

"No, nulla. Solo che hanno fatto dei discorsi un po' fuori dalla loro portata…"

Il Brief corrugò la fronte. Strano che Marron, riservata com'era, s'interessasse ai discorsi di due ragazzine.

"Non ti seguo… di cosa parlavate?"

La ragazza tornò a fissare la foglia, esitante.

"Loro parlavano. Io ho ascoltato per sbaglio. Erano in cucina e non si erano accorte che sul divano c'ero io…"

"E quindi…?"

Trunks era sempre stato un fratello attento. Aveva paura forse quanto suo padre che Bra si cacciasse nei guai e al primo segnale non avrebbe esitato a mettersi avanti e proteggerla. Doveva esser successo qualcosa preoccupante, vista la faccia di Marron.

"Bra ha combinato qualcosa che devo sapere?"

La bionda ridacchiò, scuotendo il capo.

"No… lei si limitava a parlare del suo compagno di classe… deve piacerle moltissimo!"

"Non sarà che…?"

"Ma che ti salta in mente?!" Marron preferì tagliar corto. Non era delle confidenze di Bra che si preoccupava, e soprattutto non voleva fare la spia. Quanto l'attizzasse e l'attirasse quel Noah l'aveva sentito bene, ma non voleva scendere in dettagli con il fratello. Era pur sempre sua cognata e non voleva tradirla.

"E allora?"

"Senti… posso farti una domanda?"

Trunks annuì, non riuscendo più a comprendere più il filo del discorso.

"Tu sei stato due volte nello spazio per cercare le sfere, vero?" 

"Sì, con Goku e Pan…"

"E quanto sono durati quei viaggi?"

Il giovane si portò due dita al mento, pensieroso.

"Beh, il primo quasi un anno. Il secondo qualche mese… ma adesso cosa c'entra?"

Marron prese a disegnare piccoli cerchi sul dorso della sua mano, adagiata appena sotto il proprio seno.

"C'entra, eccome…" Sospirò, cercando le parole giuste per fargli quella domanda.

"Ecco… è un bel po' di tempo, non pochi giorni… quando stavi lì non hai mai avuto il… bisogno… di stare con una donna?"

Il lillà sollevò un sopracciglio. Che razza di discorso era?

"Marron, sicura di sentirti bene?"

"Andiamo, parliamo di cose normalissime, Trunks! Rispondimi!"

Lo sentì sospirare.

"Tesoro, sono stato più o meno un anno e mezzo su un' astronave, immerso tra aliene e robot… semmai avessi avuto voglia di sfogarmi con chi credi l'avrei fatto?"

"Con Pan!" Rispose lei con naturalezza, tenendo lo sguardo basso.

Lo sentì esitare.

"Stai scherzando vero?"

"No… hai parlato di aliene… lei non è un' aliena!"

"Ma non l'ho considerata neppure, Marron… sai quanti anni ha?! Anzi, all'epoca era anche più piccola!"

La bionda strinse le labbra con disappunto.

"A lei non sembra importare dell'età…"

"Che vuol dire?"

"Non ha fatto altro che sbavarti dietro per tutto quel tempo!"

Trunks si bloccò. Che Pan gli stesse sempre attaccata, durante quei mesi, era palese. Ma lui l'aveva sempre considerata al pari di sua sorella Bra. Come poteva pensare, Marron, che a lui potesse interessare una ragazzina?

"Lo so che a quell'età gli ormoni fanno brutti scherzi…"

"E alla tua no? Un anno e mezzo di astinenza son duri da reggere…"

"Ma l'ho fatto. Non ho mai neanche pensato di sfogarmi con Pan. Anzi, mi meraviglio tu l'abbia anche solo pensato… mi prendi per un maniaco?"

Marron si sollevò appena e tornò a guardarlo.

"Ma da come diceva quanto fossi bello senza la maglia… chiunque potrebbe pensare altro, no?"

"Io piaccio a tutte, ma non è detto che me le porti a letto!"

Si guadagnò una gomitata nello stomaco. Entrambi risero, riuscendo a sdrammatizzare la questione.

"Era questo quello che ti turbava?"

"Tu che dici…? Sapere che una ragazzina che si aggira spesso per casa non fa che pensare a te nudo… non dovrebbe darmi fastidio?"

Lui rise ancora, scuotendo il capo.

"E' la prima volta che fai la gelosa, sai?"

"Io gelosa? Figurati…"

"Di Pan, soprattutto!"

"Ti ho detto che non lo sono…!"

Gli afferrò la cravatta, minacciosa. Era pericolosa quanto sua madre, quando si arrabbiava, ma pungolarla gli piaceva da morire. 

"E va bene. Allora non è un problema per te se mi tolgo la camicia mentre entro in casa? Sai, mi da proprio fastidio!"

Prese a sbottonare i polsini ma uno strattone più forte lo costrinse a fermarsi, non senza un' altra risata.

"Non pensarci proprio…" Gli disse Marron, sorridendo sorniona, prima di impossessarsi delle sue labbra, in un bacio dolce ma al tempo stesso passionale, quanto bastava per far capire alla ragazzina che li osservava dalla finestra che lui era ormai proprietà privata. 

"Certo che tu parli di ormoni… ma i tuoi fanno davvero brutti scherzi, piccola…" Le disse, poi, staccandosi e guardandola divertito.

"E' colpa tua…" Marron tornò ad abbassare lo sguardo, stavolta posandolo sulla piccola rotondità ormai evidente sotto la maglietta blu "…è colpa tua se devo starmene a poltrire ventiquattr'ore al giorno… e poi mi vengono i brutti pensieri!"

"E va bene… sarà colpa mia ma spero una cosa…" Il giovane allungò una mano per accarezzare quel rigonfiamento tanto fragile quanto prezioso "…spero che tu sia un maschio perché le donne e i loro ormoni sono troppo per me!"

 




 

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Capitolo 2
*** Non più l'unico ***


Moments of life


Non più l'unico





 

"Sei sicura di voler andare da sola?"

Erano arrivati e lui non aveva neanche spento l'air car. Sembrava nervoso quanto lei ma si ostinava a sorriderle, rassicurante.

"Sì. Devo parlarci da sola… Non è un problema per te, vero?"

Lui fece spallucce.

"E' tuo padre… io con i miei ci ho già parlato. Ora tocca a te…" Le carezzò la guancia che finalmente aveva ripreso colore dopo il malore, l'ultimo, di quel mattino.

"Allora vado. Ti chiamo io." 

La bionda si sporse appena per baciarlo. Un bacio veloce prima di scendere e trovarsi con i piedi nella sabbia. La sua sabbia.

Quanti castelli aveva costruito, proprio in quel punto? Quante le buche che avevano fatto cadere il nonno Muten? Quante conchiglie raccolte e attaccate al muro della sua stanzetta?

I ricordi… che cosa bella, quanto atroce.

'Non sei più una bimba, Marron' le diceva il mare, in quel preciso istante.

Fece qualche passo, sentendo il motore dell'air car spegnersi. Nel voltarsi lo vide richiuderla nella capsula, infilarsela in tasca e, dopo un gesto di saluto, volar via da lì.

'Non te ne andare…' Pensava. Avrebbe tanto voluto averlo accanto, ma era una donna, ormai. Doveva finalmente chiarire le cose con suo padre senza nessun intralcio.

Sospirò. Riprese a camminare verso la porta. Era proprio lì davanti, pronta al nuovo match, quando questa si aprì ancor prima di aver bussato.

"Marron…"

Un Crillin sorpreso le si parò davanti, con in mano un sacco nero della pattumiera.

"Papà…"

Qualche istante di confusione. Un lieve giramento di testa per lei. Poi lo vide sorriderle e quasi dimenticò il motivo per cui era arrivata.

"Sei tornata… non credevo che…"

"Sono venuta per parlare, l'ultima volta non era il momento adatto…"

Non avrebbe mai scordato, pochi giorni prima, il disastro che si era consumato alla Capsule Corp.

Quello che Crillin le aveva detto non l'avrebbe mai dimenticato, ma sapeva che erano parole generate dalla rabbia. La rabbia di un padre che si sentiva tradito, privato di una figlia che per troppo tempo aveva tenuto sotto la sua ala protettrice.

"Entra pure, siediti!"

Si spostò dall'uscio, in modo da farla passare. 

La giovane fece qualche altro passo, entrando in casa, e subito vide sua madre.

"Marron, che ci fai qui?" Diciotto sembrava sorpresa quanto il marito. 

"Mamma…" Marron adorava sua madre, seppur non fosse la tipica mamma chioccia e assillante, e rivederla dopo quei giorni di lontananza la fece sentire di nuovo piccola e indifesa. Ma si ricompose immediatamente. 

"Sedetevi, forza…" La voce di suo padre la riscosse da quei pensieri e finalmente si decise ad accomodarsi sul divano angolare al centro della stanza.

"Il nonno non c'è?" Chiese la giovane, guardandosi intorno.

"E' sul retro con uno di quei giornalacci…" Diciotto fece un cenno col capo alla finestra che dava sulla parte posteriore dell'isola. Si vedeva sbucare una pelata luccicante dallo schienale della sedia sdraio.

A Marron scappò un sorriso. Quel vecchio non sarebbe mai cambiato, ma gli voleva bene comunque. 

"Allora… come mai sei venuta da sola?"

Crillin si azzardò a chiedere riguardo l'assenza del giovane Brief. Era sorpreso nel non vederlo. 

"Papà, non c'era bisogno che venissi accompagnata."

"E' ancora arrabbiato, per caso?"

L'ometto si accomodò di fronte alla figlia, con uno sguardo poco promettente.

"No… Non ha motivo di esserlo. Anzi, gli dispiace molto di…"

"Tesoro, quel pugno me lo sono meritato. E' a me che dispiace…"

Marron scosse la testa, rattristata.

Quel pomeriggio era stato senz'altro il peggiore della sua vita.

Aveva litigato con suo padre, si erano detti cose orribili. Lui le aveva dato addirittura della poco di buono e l'aveva afferrata per un braccio, senza riguardo. Non l'aveva mai visto tanto arrabbiato.

Aveva già la vista annebbiata quando Trunks l'aveva colpito con un pugno, scaraventandolo a metri di distanza.

Ora importava poco chi avesse torto e chi ragione. L'essenziale era tornare in armonia, per il bene di tutti.

"Come stai?" Si sentì chiedere, mentre ancora ripensava a quella scena. Tornò a guardare suo padre.

"Bene… a parte…"

Crillin sollevò un sopracciglio.

"A parte cosa?" La vide perdere colorito all'improvviso.

"Scusate un attimo…"

Marron si alzò velocemente dal divano e corse in bagno. Raggiunse per un pelo la toilette e rigettò la colazione consumata appena un' ora prima.

Quanto poteva esser terribile quella nausea continua? L'aveva solo da tre giorni e credeva di morire ogni volta. Resistere qualche altro mese? Come avrebbe fatto? 

Era qualcosa di devastante e debilitante. Vomitare era la parte migliore, visto che dopo iniziava a girarle la testa violentemente e per riprendersi ci impiegava almeno mezz'ora. Due minuti di tregua e ricominciava a far capricci lo stomaco.

Si chiedeva se tutte le donne soffrivano in quel modo oppure era il sangue sayan di quel feto a fare brutti scherzi…

Ancora piegata allungò la mano, afferrando un pezzo di carta igienica e passandoselo sulla fronte. 

"Tutto bene…?"

La voce di Diciotto alle sue spalle le diede la spinta per rimettersi dritta, non senza barcollare per qualche secondo.

"Insomma…"

"Ti succede spesso?"

"Di continuo…"

La ciborg si avvicinò alla figlia, che a stento si reggeva in piedi. Anche per lei vederla così era alquanto strano. Fino a tre giorni prima abitava lì e non si era accorta di nulla. Aveva notato l'aumento di appetito, il pallore, ma mai si sarebbe immaginata che potesse essere gravida. E che potesse tenerlo segreto per tutto quel tempo.

"Da quanto sei incinta?" Le chiese schietta, com'era abituata a fare.

Marron sospirò, riaprendo gli occhi e muovendo qualche passo verso il lavandino, per gettarsi dell'acqua fredda sul volto.

"Da quasi due mesi, mamma."

La donna fece un rapido calcolo mentale.

"E' successo quella volta che siamo rimasti alla Capsule Corp. per caso?"

Marron si tamponò il viso con l'asciugamano.

"Non credi di essere un tantino imbarazzante con queste domande?" Chiese di rimando. Aveva parlato di sesso con sua madre, qualche anno prima, ma mai in modo così diretto. 

"Imbarazzante? Quello più imbarazzato è tuo padre, nel sentire certi discorsi!"

"Appunto, gradirei un minimo di privacy riguardo questa questione…"

L'acqua l'aveva ricaricata. Nonostante fosse ancora pallida trovò la forza di appuntare i gomiti. Tipico gesto materno.

Crillin, che aveva ascoltato attentamente pur restando in attesa in salotto, non poté fare a meno di ridere sotto quel volto paonazzo.

"Va bene, ti lascio in pace. Volevo solo sapere come hai fatto a tenerlo nascosto tutto questo tempo!"

La ciborg fece per tornare in soggiorno e lei la seguì, sospirando di nuovo.

"A dire il vero non lo sapevo nemmeno io… o meglio, l'ho immaginato… ma l'ho saputo solo l'altra mattina…"

"Cosa?!" Crillin tornò serio e balzò in piedi.

"Che… che c'è? Che ho detto?" Marron indietreggiò di un passo. Era strano suo padre, in vita sua era stato sempre calmo ma lo scatto avuto tre giorni prima l'aveva fatta ricredere.

"Non sapevi di essere incinta?!"

"E come potevo saperlo? Non ho più visto Trunks da allora, mi stavi sempre appiccicato! Cosa dovevo dirti? Papà, vai a comprarmi un test di gravidanza, per caso?"

Lo disse con calma e tutto d'un fiato, mal celando tuttavia la rabbia per esser stata privata di tutti quei giorni insieme a lui. Maledette incertezze e maledetta indipendenza che non era riuscita ad avere.

"Allora io… mi sono sbagliato. Credevo che tu… che tu e Trunks vi vedeste qui… mi sono sentito ingannato anche per questo!"

La giovane spalancò i grandi occhi azzurri.

"Cosa?! Papà come potevo fare una cosa simile?! Io e Trunks ci siamo rivisti la sera del tuo compleanno…" Abbassò lo sguardo, rattristata "…e non volevo nemmeno dirlo a lui… ero arrabbiata perché non si era fatto sentire, ma io avevo fatto lo stesso, quindi…"

L'ometto prese dalla tasca il fazzoletto e si asciugò la fronte. Faceva caldo ma le goccioline erano fredde. Si stava agitando ancora, stavolta per un motivo ben diverso. Il senso di colpa.

Marron, la sua bambina, aveva ceduto quella notte. Errore umano, senza dubbi. Era incinta, nulla di irrisolvibile. Ma era anche preoccupato. Era stato tutto troppo… veloce. 

"Tesoro, siediti…" Le disse, vedendola ancora bianca come un cadavere e versandole un bicchiere d'acqua. La vide accomodarsi di nuovo e tornò a tamponare la tempia.

"Senti… mi dispiace, sul serio. Non avrei dovuto dire e fare quelle cose… ero scioccato. Voglio dire… tu e Trunks vi conoscete da sempre e a malapena vi ho visti scambiare due parole in tutti questi anni…"

"Papà, non fa niente…" Lo interruppe. Le dispiaceva vederlo così mortificato. La sua reazione era stata forte ma comprensibile. Voleva finirla lì, e basta.

"Sei sicura di… di quello che fai, Marron?" Si azzardò a chiedere lui. Doveva saperlo. Doveva sapere se sua figlia aveva qualche dubbio. L'avrebbe aiutata in qualsiasi modo.

"In che senso?"

Diciotto rispose per lui.

"Proprio per il fatto che tu e il mezzo-scimmia non vi calcolavate nemmeno, fino a quando… beh, finché non ti ha messa incinta!"

"Diciotto, non essere così truce…" Crillin non era ancora abituato a sentir parlare del suo angioletto in quel modo.

Marron, inizialmente imbarazzata, riflette sulle parole di sua madre.

'Mezzo-scimmia?'

"Mamma, non chiamarlo così. So che non ti stanno simpatici i sayan, ma ormai lui è tuo genero e avrai un nipote col suo sangue!"

"Guarda, questa è l'unica parte di questa faccenda che non mi piace…" La ciborg si alzò di nuovo, andando a prendere in frigo un'altra bottiglia d'acqua "…però è ricco e bello. Non posso di certo dire che te lo sei scelto male…"

Mentre Crillin si asciugava la fronte per l'ennesima volta, la giovane sollevò un sopracciglio.

"Scelto? Io non l'ho scelto per quello mamma… anzi, non l'ho nemmeno scelto a dire il vero!"

"Oh no! Non mi dire che stai con lui solo perché sei incinta!" L'uomo balzò di nuovo in piedi. Avrebbe avuto un attacco di cuore entro pochi minuti se non si decideva a calmarsi.

"No, papà… non è così. Lui è… è…"

"E' il figlio di Vegeta. Dovrebbe bastare a far morire tuo padre…" Diciotto si accomodò di nuovo accanto al marito, trascinandolo giù e facendo sedere anche lui.

"Sarà figlio di Vegeta, ma è perfetto. Questo stavo per dire…"

Crillin trangugiò il suo bicchiere d'acqua.

'Perfetto'.

Trunks era il neonato paffuto che quel giorno, quasi trent'anni prima, aveva visto su quell'isola in braccio a Bulma. Era il bambino pestifero e coraggioso che disubbidiva a sua madre per buttarsi in mezzo a qualche combattimento. Era il ragazzo gentile che, l'aveva scordato, anni prima aveva provato ad immaginare come genero. Una fantasia durata meno di un minuto, ma che doveva rivalutare visto che era diventata la realtà.

In sostanza, era perfetto, come diceva la sua Marron. Per lei, senz'altro. 

"Potrà essere perfetto… ma c'è una cosa importante che non devi prendere sotto gamba…"

La bionda osservò seria suo padre. 

"Tu… cioè lui… voi due, vi amate? O state solo giocando?"

Marron non capì subito il senso di quella frase. Se all'inizio era pronta a scattare, a ribadire a suo padre il fatto che non era più una bambina, che sapeva badare a sé stessa, dovette bloccarsi e analizzare quella domanda.

Giocando. Stava giocando con lui? Lo amava?

Erano usciti una sera per caso, erano rimasti soli quando Goten era scappato dalla sua Valese, avevano trascorso una serata tranquilla, per 'gioco' si erano baciati. Erano finiti a letto quella stessa notte. Per tanto tempo non si erano più visti né sentiti.

Capì che suo padre aveva fatto una domanda davvero legittima.

Eppure sentiva qualcosa nel petto. Qualcosa che le aveva dato la forza di sorridere, di non crollare alla scoperta di quella gravidanza.

L'amore. Lo amava, nonostante fosse stato tutto così precipitoso. E anche lui le aveva detto di amarla, si era compromesso quanto lei anziché darsela a gambe. O forse più di lei.

"Non stiamo giocando. Non devi preoccuparti, papà."

Crillin la vide cambiare espressione. Era la sua bellissima e preziosa bambina, ma negli occhi aveva una luce diversa. Nuova. Una luce che l'amore di un papà non può far accendere.

Era una donna, non più una bimbetta. Ed era di un uomo, ormai.

"Sei felice…" Disse, quasi commosso, alzandosi, stavolta con calma. La vide sorridere ed ebbe la conferma. 

"Sì, papà, lo sono e non poco…" Lo disse a testa alta, Marron. In quel momento si sentiva più donna che mai. 

"Non era una domanda. Ti si legge in faccia…" Crillin abbracciò sua figlia come non faceva da tempo. La sua farfalla aveva spiccato il volo, doveva succedere prima o poi "…e se tu sei felice, lo sono anche io…"



Nota dell'autrice:

Eccoci qui... 
Non sapete quanto sia stato difficile per me scrivere (soprattutto) questo episodio. Confrontarsi con i genitori in una situazione simile non è il massimo che possa capitare... povera Marron (o Crillin, anzi forse più lui!).
Comunque sia grazie a chi ha recensito il precedente capitolo e anche chi l'ha solo letto... spero di ricevere altre opinioni molto presto!

PS. Per chi ha letto Hope e mi aveva chiesto di approfondire il chiarimento di Crillin e Marron... eccolo qui, spero vi soddisfi!


Sweetlove

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Capitolo 3
*** Colpi bassi ***


Moments of life


Colpi bassi




 

 

 

Giornata che si accorcia, colonnina di mercurio che inizia a scendere, maglietta messa sulle spalle alla sera.

Quali altri segnali se non questi ad annunciare che l'estate, come ogni anno, sta andando via?

Qualcuno si rattrista, altri gioiscono. Qualcuno ama il caldo, i comodi abiti di lino, i tuffi in piscina o nell'oceano. Altri la neve, le giacche, le serate davanti al camino.

Marron amava l'estate, Trunks l'inverno.

Non era l'unica cosa per cui non andavano d'accordo, ma, come ben si sa, gli opposti si attraggono. Eccome se si attraggono.

Alla bionda non era sfuggito il brivido di freddo che le aveva attraversato la schiena uscendo sul terrazzo della cucina nel tardo pomeriggio. Si era soffermata a guardare le foglie degli alberi muoversi in modo più frenetico, grazie al vento fresco che dopo giorni di calura era finalmente arrivato a dare sollievo ai meno amanti di canotte e calzoncini.

Un sospiro, prima di rientrare in casa per iniziare a raccogliere di nuovo i vari giocattoli che, volutamente, la bambina aveva buttato giù dal seggiolone. Il suo nuovo passatempo.

Aveva più volte pregato Trunks di non riempirla di cianfrusaglie, visto che a sei mesi la sua attività principale era riempirle di saliva e poi buttarle giù, divertendosi per i vari tonfi, alcuni davvero fastidiosi, che il contatto tra plastica e linoneum generava. Ma sembrava più forte di lui. Viziare quella peste era la cosa che gli riusciva meglio… tanto poi toccava a lei mettere in ordine.

"Brutta cattiva…" Le disse, mentre si chinava per la terza volta nel giro di un ora ai piedi di sua maestà, la principessa, che pareva anche abbastanza compiaciuta nel vederla esasperarsi.

Un gridolino più acuto degli altri fece intuire alla giovane che doveva esser successo qualcosa di davvero entusiasmante, alle sue spalle. Qualcosa come la messa in onda dello spot con i cagnolini, che Hope sembrava apprezzare moltissimo. Le si illuminavano gli occhi ogni volta che lo vedeva e per quei trenta secondi non esisteva più per nessuno. Tanto valeva non aver fretta nel raccattare sonagli, chiavi colorate e cubi di legno.

Indugiò più del dovuto sotto al tavolo, incuriosita da una macchia formatasi su una sedia. Arancione come la pappa che aveva proposto a quella monella ma che era finita ovunque fuorché nel suo stomaco. Sbuffò, seccata più dal fatto di essersela fatta scappare che dal dover riprendere sgrassatore e pezza per ripulirla.

Stava giusto camminando carponi all'indietro per uscire da quella trappola quando si ritrovò a sobbalzare per lo spavento nel sentire una risatina alle sue spalle. E non era certo di sua figlia.

"Ma sei fuori?! Vuoi farmi morire d'infarto?!" Esclamò, col cuore tamburellante, ancora a quattro zampe sul pavimento.

"Assolutamente no… ma che stai facendo la sotto?"

Una mano si protese per aiutarla e lei l'afferrò, tornando a mettersi in piedi con l'ennesimo sbuffo.

"Esaminavo i resti del disastro nucleare che la tua adorata bambina ha combinato a pranzo…" Si diresse in cucina, aprì l'anta sotto il lavabo ed estrasse, per la seconda volta in quella giornata, il flacone di detersivo e uno degli stracci "…e tu cosa ci facevi dietro di me?"

"Ah, beh…" Trunks la seguì ed afferrò la bottiglia d'acqua poggiata sul ripiano "…mi godevo uno spettacolo interessante!"

Marron ci mise poco a capire a cosa si riferisse.

"Sei un pervertito!"

"Potevi anche evitare di metterti in certe posizioni con la gonna così corta, se non volevi essere guardata!"

La bionda lo oltrepassò di nuovo, andando a spruzzare la sedia ormai incrostata di pappa.

"Non è colpa mia se tua figlia continua a buttare in terra di tutto…"

Il giovane carezzò la testolina bionda della piccola, tutta presa ad osservare la catenella porta ciuccio. Forse Marron non aveva tutti i torti quando gli diceva di non riempirla di giocattoli… quell'aggeggio era sempre migliore di ogni suo regalino. Guardò di nuovo la compagna e non poté fare a meno di sorridere nel vederla di nuovo china e con la biancheria abbastanza in vista.

Si guardò alle spalle. Per fortuna non c'era nessuno in casa. Suo padre trascinato a far la spesa dalla moglie e sua sorella in giro a far chissà cosa.

"E' proprio un vizio, il tuo!" Portò una mano sulla stoffa, afferrandola e tirandola giù, non lasciandosi scappare l'occasione per una rapida e fugace palpatina.

"Anche il tuo, direi…" Ancora una volta tornò dritta e non perse tempo. Scostò la sua mano dalla coscia e tornò in cucina per rimettere a posto quello che ormai era diventato uno dei suoi migliori amici. Lo sgrassatore.

"E io torno a ripeterti che gradirei indossassi qualcosa di più… lungo, ecco…"

"Gradiresti? A me sembra non ti dispiaccia, dal modo in cui allunghi il collo…"

Si ostinava a fare l'offesa. Era ormai al terzo giorno di lotta continua. Quella dimenticanza gli era costata cara…

Era così preso da quella partita di basket, quel giorno, che si era totalmente dimenticato di guardare il telefono. E soprattutto di avvertirla che sarebbe tornato tardi. Molto tardi. Cosa che di rado era accaduta da quando stavano insieme e che lei, almeno senza avviso, non gradiva affatto.

Al suo ritorno a casa, all'una passata, aveva trovato la porta della camera da letto chiusa a chiave. In un primo momento aveva pensato stesse scherzando, ma, dopo cinque minuti buoni di discussione attraverso il buco della serratura, aveva desistito e se n'era andato a dormire in una delle stanze per gli ospiti, convinto che il mattino dopo le sarebbe passato tutto. Ma così non era stato, anzi, si era beccato una bella ramanzina e poi mutismo totale. Nemmeno l'acqua a tavola gli aveva passato, guadagnandosi un' occhiataccia persino da sua madre e sua sorella. Poco mancava che anche Hope s'inserisse in quel trio di 'femmine solidali' come spesso le chiamava. Erano un' alleanza pericolosa, molto pericolosa.

"Fai ancora l'offesa?" Le chiese, inclinando leggermente il capo. 

"Sì…"

"Posso farmi perdonare in qualche modo?"

"No!"

La vide tornare nuovamente in salotto, dove Hope aveva già iniziato ad abbandonare il capo sullo schienale del seggiolone.

"Eh dai! E' da tre giorni che non mi rivolgi nemmeno la parola… che avrò fatto di così brutto?"

"Come? E io come faccio a sapere che se non rispondi al telefono a mezzanotte non è perché sei in dolce compagnia?"

Trunks si grattò la nuca.

"Di Goten…?"

"Cretino!"

Si guadagnò un broncio che gli parse a dir poco adorabile. Doveva ammettere una cosa… arrabbiata gli piaceva da morire. Era qualcosa di unico e, nonostante la tensione che si generasse, estremamente intrigante.

Sentiva qualcosa nella testa, qualcosa che gli diceva 'brutto stupido, solo ora ti accorgi di quanto è simile a sua madre?'.

Altro che piccola Marron, dolce, timida e indifesa… lei? Che era capace addirittura di sbatterlo fuori dalla camera da letto per due ore di ritardo in una sera di svago?

Non riuscì a trattenere una risatina mentre scuoteva la testa. 

"Cosa ci trovi di tanto divertente?" Lei lo guardò con la coda dell'occhio, continuando a fissare attraverso la finestra le macchine che passavano di fronte all'abitazione.

"Niente… niente…" Sentì le sue mani poggiarsi sui sinuosi fianchi "…penso solo che mi sbagliavo!"

Incuriosita, si voltò appena per guardare la sua espressione divertita.

"Cioè?"

"Non sei affatto 'dolce e timida' come spesso e volentieri amano definirti!"

Sollevò un sopracciglio. A dire il vero nemmeno lei si considerava in quella maniera. O almeno non più. Vita di coppia e maternità avevano fatto emergere una grinta tale da renderla quasi un' altra persona.

"Ti stupisce il fatto che, ora e per sempre, non te ne farò passare liscia neanche mezza?" Gli domandò, fingendosi ancora arrabbiata.

"Hai deciso di stringere il cappio, eh?"

Lo odiava quando faceva quella faccia. Era così… così simile a suo padre, quando si prendeva gioco del suo interlocutore e le faceva saltare i nervi solo a guardarlo. Anche il tono, tante volte, era così simile a quello del glaciale e cinico suocero, e la cosa la mandava in bestia, pur sapendo che nelle intenzioni di Trunks non c'era alcuna voglia di offendere o ferire. Eppure la voglia di prenderlo a pugni era tanta!

"Il cappio, tesoro mio, sarà sempre stretto. Ricordatelo!" Con un misto di serietà e sensualità lo afferrò per il bavero, costringendolo, per così dire, ad avvicinarsi al suo volto.

"Pace?" Si azzardò a chiedere lui, pregustando già il sapore della sua bocca, a cui non faceva visita da ben tre giorni.

Marron sorrise sagace.

"Certo… pace…" Lo tirò ancor di più, facendo finalmente incontrare le loro labbra in un bacio che di casto aveva ben poco.

Era già pronto a sollevarla dal pavimento per portarla in camera, approfittando del colpo di sonno che ormai faceva ciondolare la testolina di sua figlia, quando lei si staccò.

"Ah… una cosa…" Gli disse, con i grandi occhi azzurri calamitati nei suoi.

Trunks non ebbe il tempo nemmeno di prender fiato, la vista gli si annebbiò per il dolore accecante che quella ginocchiata gli causò nel punto in cui nemmeno un sayan, in questo caso mezzosangue, può considerare invulnerabile.

Lei, come già più volte aveva fatto in quel pomeriggio, lo oltrepassò senza esitare, stavolta con un sorrisetto vittorioso stampato in viso.

"Tu… sei… pazza!" Le disse lui soltanto, mentre cercava di riprendere il controllo del suo corpo.

"Sì. Sarò pazza… ma ora sono tranquilla perché so che, anche se ti intratterrai con qualche bella ragazza, non potrai di certo portartela a letto, amore mio!"

Indisturbata prese a camminare verso la zona notte. Quanto si sentiva realizzata. Quella sera gli avrebbe permesso di tornare a dormire nel suo letto, visto che si era sfogata a dovere.

Il Brief stava ancora annaspando, ma gli scappò una risatina.

'Forse me lo sono meritato…' Pensò, mentre gli tornava in mente lei, così timida e riservata, che un paio di anni prima a malapena riusciva a dirgli 'ciao'.

Quanto inganna l'apparenza.




Nota dell'autrice

Un capitolo al giorno, toglie il medico di torno... o almeno sarà così finchè riuscirò ad aggiornare quotidianamente!
Una cosa... spero non sia grave il non aver detto nelle note iniziali che questa raccolta non seguirà un ordine cronologico... non ci avevo proprio pensato!
Comunque sia, spero, come sempre, di avervi soddisfatti... un pò sadica Marron oggi, vero?
Un abbraccio a tutti!


Sweetlove

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Capitolo 4
*** Ricordi ***


Moments of life


Ricordi



 

 

 

Incredibile come potesse passare tanto lentamente la giornata durante le feste natalizie.

C'era una tradizione, in casa Brief. Chiudere a chiave i laboratori dalla vigilia per i successivi dieci giorni. E Bulma nessuno, nemmeno suo marito, il principe dei sayan, riusciva a contraddirla. Era tassativamente proibito lavorare in quei giorni, punto e basta.

Per la turchina era importante stare tutti insieme, in famiglia, senza altre distrazioni che non fossero l'acquisto dei regali o il banchetto che organizzava ogni anno, proprio lì, in quel salotto. Era diventata un' altra tradizione, nonostante i commensali non fossero veri parenti. Ma amici tanto stretti da farle sembrare fossero uniti da litri di sangue comune.

Eppure qualche legame si era venuto a creare… un intreccio bello e buono, visto che, per il secondo anno, Crillin e Diciotto sedevano lì come consuoceri e non più come semplici amici. E quell'anno, anche Chichi sarebbe stata in veste 'speciale', anche se non sapeva ancora che tra Bra e il suo adorato figlio c'era qualcosa che andava oltre la semplice amicizia fraterna.

La turchina sorrise. Aveva appreso di quella relazione da appena un mese, per sbaglio, sentendo casualmente una discussione tra figlio e nuora in merito a Goten e Bra. Ne era rimasta sconvolta, anzi, di più, ma più che chiedere spiegazioni a quella testa calda di figlia non aveva potuto fare.

E non aveva negato, solo l'aveva scongiurata di non dire nulla a Vegeta. Bulma aveva promesso, ma non sapeva fino a quanto avrebbe potuto 'ingannare' suo marito in quel modo.

Sospirò rumorosamente, aprendo il grande volume che si teneva sulle ginocchia. Era da cinque anni circa che non se lo rigirava tra le mani. Il dolore per la perdita degli amati genitori era ancora vivo, nonostante fosse stata una morte naturale e non inaspettata.

Lei stessa aveva più di sessant'anni, ma avrebbe voluto tanto riaverli a quel tavolo, almeno la sera della Vigilia.

Si decise ad aprire il pesante libro. Dovette esser lesta nell'afferrare la dozzina di foto messe lì, a casaccio, che scivolarono via dalla carta. Lei stessa ce le aveva messe, l'ultima volta, non avendo tempo di incollarle. Ne prese una e d'istinto sorrise. Quanto tempo era passato? Troppo. Quel batuffolo che tentava di reggersi sulle gambette incerte non poteva essere la sua Bra, la stessa ragazza che era innamorata di un uomo con quasi il doppio dei suoi anni. Un'altra foto ritraeva Trunks, il suo bambino, anche se non l'avrebbe mai ammesso che lo considerava ancora tale, il giorno del torneo Tenkaichi, di fianco all'amico di sempre. Aveva vinto nel girone dei piccoli e aveva lo sguardo fiero, tanto simile a suo padre. La foto seguente ritraeva tutti e due i suoi figli, sul prato della grande casa. Avevano quindici e due anni e la più piccola rincorreva la sua inseparabile palla rosa.

"Cosa fai?"

Sobbalzò, immersa com'era nei ricordi non si era accorta dei passi che si erano fermati a un paio di metri dal divano.

"Oh, sei tu…" Sollevò appena lo sguardo e lo vide, tornando poi a fissare quei preziosi momenti catturati dalle varie macchine fotografiche "…guardo le fotografie. Non lo facevo da tantissimo tempo…"

C'era un velo di malinconia nella sua voce.

Trunks avanzò incuriosito verso di lei. Nemmeno ricordava avessero degli album, in casa. L'ultima volta che sua madre gli aveva proposto di guardarli avrà avuto sì e no vent'anni ed era troppo impegnato a ripassare il capitolo sulla biodinamica per starla a sentire.

Osservò dall'alto una polaroid, che era scivolata in grembo alla donna. Impossibile.

"Posso?" Chiese, allungando la mano e afferrandola. Gli scappò un sorriso osservando l'immagine di un piccoletto che strappava i fiori nell'aiuola della nonna.

"Oh, quella è fantastica!" Bulma allungò il collo per guardare meglio. Ricordava perfettamente quel pomeriggio. Il piccolo aveva appena imparato a camminare e adorava distruggere ogni fiore e pianta gli capitasse a tiro.

"Quanti anni avevo?" Domandò il giovane inclinando appena il capo.

"Neanche uno… undici mesi, se non erro…" La turchina tornò a concentrarsi sul mucchio che aveva da risistemare. Lì accanto c'erano altri tre album enormi, pronti per essere sfogliati.

"Come lei…" Trunks sorrise ancora, con un sospiro "…mi somiglia…" Disse, compiaciuto. Vedendosi alla stessa età di sua figlia si rese conto di quanto, in realtà, si somigliassero.

"Eh sì… ha i colori di sua madre ma per il resto sei tu!" Bulma gli passò un'altra foto. Di questa c'era da andar meno fieri, in quanto era ritratto nudo sul fasciatoio, ma riuscì a strappargli un altro sorriso.

"Hei, che succede qui?" Vennero interrotti dalla voce che giunse alle loro spalle.

Marron, biberon vuoto in una mano e pannolino sporco nell'altra, rimase a fissare quel caos di volumi e foto sparse ovunque.

"Vieni qui…" Il compagno, sorridente, la invitò ad avvicinarsi. Le passò l'oggetto che aveva tra le dita e la vide corrugare la fronte.

"Non dirmi che sei tu!"

"In persona…" La vide sorridere intenerita. Doveva ammetterlo, da piccolo era adorabile "…hai visto quanto somiglio a Hope?"

Ne stava facendo un vanto, si sentiva quasi vittorioso nel constatare che la sua bimba era così simile a lui, a loro, visto che lui stesso era la copia sputata di suo padre.

"Pisellino a parte direi di sì!" Marron riuscì a farlo arrossire e gli restituì la foto, andando poi a metter via poppatoio e pannolino. Tornò da loro e trovò il compagno seduto sul divano di fronte a sua madre. Non aveva ancora sonno, nonostante fosse l'una, e decise di unirsi. Non aveva mai visto i loro album e aveva una certa curiosità.

Si accomodò accanto a lui, che le fece spazio, e si accorse di quanto fosse concentrato a guardare una fotografia in particolare. Si allungò quanto bastava per mettere a fuoco le immagini.

"Lì ci sono anche io…" Disse, incredula, riconoscendosi nella bimba di otto anni che sedeva sulla grande tovaglia a quadri. Sullo sfondo, dietro tutta quella gente, c'erano tanti alberi di ciliegio in fiore.

"Era l'Hanami di… quanti anni fa?"

"Oh, moltissimi. Guarda quanto eravamo piccoli!" La bionda sorrise cercando di ricordare quella giornata. Era stata bella, soleggiata. Forse il primo ricordo nitido di quella festa a cui partecipava assieme ai suoi ogni anno.

Quel giorno erano arrivati per primi. Aveva giocato con suo padre, in attesa degli altri. Ma credeva che anche dopo avrebbe continuato a bearsi della compagnia di quello che allora era l'unico uomo della sua vita.

Eppure, dopo pranzo, stranamente Goten l'aveva invitata ad unirsi a quello che tutti definivano 'l'inseparabile duo'. 

"Non ti annoi a stare con i grandi?" Le aveva domandato l'allora undicenne ragazzino, grattandosi il capo. Lei aveva scosso la testa, facendo spallucce.

"Sembri l'ombra di tuo padre!" Quel commento non le era piaciuto molto, soprattutto perché era arrivato da lui, il ragazzino più odioso che avesse mai visto. Trunks Brief, maschilista quanto mai e antipatico come il suo, di padre. Non avrebbe scambiato i loro genitori per niente al mondo.

"A me piace stare con mio padre!" Aveva risposto, sollevando il mento e imbronciandosi.

"Che noia!" Lui si era portato le mani dietro la nuca, guardando altrove con aria seccata "Goten, lascia perdere, andiamo a farci un giro!"

"Vieni con noi, Marron?" Il moretto aveva insistito, ma lei aveva scosso la testa. Tutto tranne che stare con quel teppista!

A quel ricordo, la giovane scoppiò a ridere di gusto. Otto anni, otto anni! Che poteva saperne che quel ragazzino di dodici anni, antipatico e con una certa avversione nei confronti delle femmine, sarebbe diventato il suo primo, grande e unico amore?!

"Cosa c'è?" Le domandò l'oggetto dei suoi pensieri, incuriosito.

"No, nulla… pensavo a una cosa…"

"Cioè?"

"Che sei cambiato tantissimo! Eri odioso, da piccolo!" Non smetteva di fissare quella fotografia. C'erano davvero tutti, compreso Goku. Anche due pancioni si notavano tra quell'ammasso di gente. Videl e Bulma avevano praticamente partorito con poche settimane di differenza.

"Io odioso?! Eri tu l'asociale!"

"Trunks… lasciatelo dire, eri davvero antipatico!" Bulma s'intromise. Odiava quando lui e suo padre negavano l'evidenza.

"Non mettertici anche tu! Ero vivace!"

"Non solo… eri davvero insopportabile. Saccente, disubbidiente… mi stupisco di come sei oggi!" La donna lo disse seria ma con un certo divertimento. Meglio, un ragazzino così lo si poteva anche tollerare, ma un uomo no.

"Ecco, due a zero per noi!"

Trunks sospirò. Le donne l'avevano sempre vinta.

Quel giorno, però, l'aveva trattata proprio male. Gli era tornato tutto alla mente, all'improvviso. Era bruttina, Marron, da piccola. La vedeva di rado, ma non gli era mai interessata. Mai finché un giorno, dopo tre anni di lontananza, l'aveva rivista. Aveva ventun'anni, lei diciassette. Niente era rimasto di quel corpicino sgraziato e grassoccio. Aveva tutte le forme al loro posto e, sì, un viso perfetto. Tanto che l'aveva riconosciuta solo dopo un bel po' di tempo.

"Io sarò stato odioso… tu eri inguadrabile, invece!" Le disse, di rimando, pungolandola. Non avrebbe mai avuto l'ultima parola, ma desistere subito no, non l'accettava.

"Sei sempre gentile, a quanto pare…" Marron storse la bocca, fingendo stizza. Ma aveva ragione. Aveva iniziato a rivalutarsi solo dopo quella sera, la prima sera trascorsa con lui. Dopo quel che era successo si era resa conto che, forse, non era poi brutta come pensava. Ma da piccola lo era, eccome!

Bulma sbadigliò rumorosamente. Avrebbe continuato volentieri, ma il letto la chiamava già da un pezzo.

"Vi lascio soli. A domani, piccioncini!" Strizzò un occhio ai due ragazzi e sparì in corridoio prima ancora che questi potessero ricambiare la buonanotte.

Tornarono a fissare la foto, pensando ancora a quanto tempo fosse passato. Lui ruppe il silenzio per primo.

"Comunque… da piccola non eri il massimo…"

"L'hai già detto! Uffa!" Marron incrociò le braccia al petto, esasperata.

"Però adesso sei stupenda…" Lui la guardò negli occhi, i suoi meravigliosi occhi azzurri. Era bella, tremendamente bella. Forse anche troppo, per lui.

"Oh… beh, grazie… anche tu non sei più così odioso…" Gli sorrise dolcemente e si perse nel suo sguardo.

'Non sempre' pensò Marron. Si stava creando una situazione piacevole e non le andava di puntualizzare. Non dopo il complimento che le aveva fatto… 

"Dici che se fossimo rimasti come allora staremmo insieme, adesso?"

La sorprese con quella domanda. 

"Mmm… non saprei. All'epoca ti odiavo!"

"Io non ti odiavo ma mi eri indifferente…"

Marron sospirò. Com'era possibile amare così tanto qualcuno che, un tempo, aveva odiato con tutta sé stessa? E com'era possibile si fosse accorto di lei così tardi, quando avrebbe potuto averla molto prima del previsto? Quest'ultima cosa la pensarono entrambi, mentre ancora si guardavano negli occhi e il loro visi si avvicinavano.

Trunks allungò la mano e spense il lume. Anche per loro si stava facendo tardi, avrebbero continuato a vedere le foto il giorno dopo. Per quel che doveva fare, il chiarore del fuoco nel camino era già troppo.

 


Nota dell'autrice

Bene, anche oggi ce l'ho fatta ad aggiornare... vi è piaciuta questa? Diciamo che Marron è più calma che in quella precedente... mica può stare sempre incavolata, no?
Grazie, come sempre, a tutti i lettori e i recensitori! Vi adoro e vi aspetto!

Sweetlove

 

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Capitolo 5
*** Eventi ***


Moments of life


Eventi



 

 

 

Con un altro sbuffo, la giovane sedette rassegnata sul bordo del letto. 

Era nei guai, nei guai fino al collo.

Non aveva nulla di adatto da mettere, nulla che non la facesse sembrare una poco di buono, visto che i pochi vestiti eleganti che aveva le erano stati regalati da Bra. Non che la cognata fosse quel tipo, ma avevano due caratteri diversi. Alla turchina piaceva indossare minigonne, abiti succinti, appariscenti. Marron era decisamente più sobria. E poi, in tutta la sua vita, erano state poche le volte in cui aveva dovuto agghindarsi. Il matrimonio di Gohan e Videl, per esempio. Aveva appena otto anni… 

"Che scandalo!" Esclamò, rendendosi conto di quanto fosse stata sbrigativa, nel vestire, per tutto quel tempo. Suo padre le diceva che era bella anche con addosso il pigiama, ma l'opinione di un papà non è mai disinteressata.

"Che ti prende?" 

Sobbalzò, ricordandosi di non essere sola. Trunks uscì dal bagno con solo l'asciugamano in vita e ancora il petto solcato dalle piccole goccioline d'acqua. Era stato veloce, stranamente, nel farsi la doccia.

"Scusa, mi ero dimenticata di te…" Gli disse, imbronciata.

"Ah, fantastico. Incoraggiante direi…" Si finse offeso, rientrando in bagno per rimettere a posto schiuma da barba e rasoio. 

"Amore… non intendevo in quel senso!" Marron si alzò. Offenderlo, almeno quel pomeriggio, non era nelle sue intenzioni. Lo raggiunse in bagno e rimase per un momento a contemplare quello spettacolo, perché per lei era e sarebbe sempre rimasto uno spettacolo. Ma quanto era bello, il suo Trunks? Dopo tanto tempo, o meglio poco più di un anno, era ancora in grado di paralizzarsi e trattenere il fiato davanti a quel corpo così perfetto. 

"Ti perdono, tranquilla…" Sorrise, mentre richiudeva l'anta del mobile sotto il lavandino.

"E' che sono in crisi…" La bionda abbassò lo sguardo "…non so cosa mettermi stasera!"

Trunks la guardò, sollevando un sopracciglio.

"Ma come? Non avevi quella montagna di vestiti che ti ha regalato mia sorella?"

"E' quello il problema! Lo sai che non mi piace dare nell'occhio…"

"Amore, darai nell'occhio comunque. Sarai al fianco dell'ex presidente della Capsule Corporation e dell'attuale presidente e proprietaria, Bulma Brief. Credi davvero che nessuno ti noterà?"

Con quelle parole, che avrebbero dovuto essere rassicuranti, riuscì a farla sprofondare ancor di più.

"Sei incoraggiante, sai?"

"Beh, dovresti essere meno timida, secondo me. Pare che qui, in casa, tiri fuori gli artigli per la minima cosa… dovrebbe essere lo stesso anche fuori!"

"Cosa c'entra questo col fatto che non voglio sembrare una poco di buono?!"

Il Brief strinse le labbra. Non era di certo la ragazza a cui piaceva mostrare cosce e decolletè. Tuttavia gli venne in mente che, colmo dei colmi, da quando stavano insieme non aveva avuto mai l'occasione di vederla in ghingheri. Un futuro marito alquanto snaturato, nemmeno l'aveva portata a cena fuori. Non che lei lo desiderasse, o almeno non lo dava a vedere, ma erano stati tanto sommersi dai problemi che nessuno dei due ci aveva mai pensato. Era già tanto riuscire a scambiarsi qualche coccola, alla sera. O, quando andava bene, scatenarsi sotto le lenzuola.

"Mi sento un pesce fuor d'acqua, Trunks…" Continuò lei, sospirando "…Che ci faccio io in mezzo a tutti quei ricconi snob?"

"E' questo quello che pensi di noi?"

"Dal di fuori, sì!"

Trunks inclinò il capo. In effetti, la prima impressione che davano, come famiglia, era proprio quella. 

"E dall'interno?" Le chiese, stavolta curioso.

"Beh… che siete una famiglia normale… o meglio, code e muscoli a parte, sembrate una famiglia normale…"

Non gli era piaciuta molto quella frase.

"Che vuol dire 'siete'?" Le prese le mani "Siamo, Marron. Oramai tu fai parte di questa famiglia. Non siamo ancora sposati, è vero… ma io ti considero già mia moglie…"

A quelle parole, Marron riuscì a sciogliersi quel che bastava per abbracciarlo e farsi stringere.

Era vero, faceva ancora difficoltà a rendersene conto. A volte le veniva in mente di essere un 'di più' in quella casa, visto che ci era entrata per 'dovere' quando era rimasta incinta. Ma non aveva mai avuto motivo di pensare che qualcuno, lì, non gradisse la sua presenza. Bra la trattava, ormai, come una sorella, Bulma era felice di averla come nuora, trattandola spesso come una figlia. Vegeta… beh, lui era Vegeta, ma era già una grande cosa che non sbuffasse, come di solito faceva quando c'erano ospiti, nel sedersi a tavola con quella 'marmaglia di inutili idioti'. Cosa che le aveva fatto capire che, anche per lui, era ormai un membro della famiglia.

"Allora? Non inizi a prepararti? Inizia ad essere tardi, sai?"

"Quindi non ho scampo?" Gli chiese, staccandosi, e guardandolo negli occhi con aria supplichevole.

"Senti, io non voglio costringerti. Purtroppo io devo esserci… sai che ultimamente le cose non vanno alla grande e non mi va di mollare mia madre…" Le carezzò la guancia, parlando con tono calmo e sincero.

"Lo so, non ti direi mai di non andarci, Trunks…"

"Però…" Lo vide bloccarsi un attimo e guardarla negli occhi "…Se tu fossi al mio fianco sarebbe tutto molto meno noioso."

"Ma non è tutto, vero?"

'Questa ragazza ha i super poteri…' Pensò il giovane, serrando le labbra e sospirando. Come faceva a leggergli nella mente? Eppure era rimasto calmo e tranquillo fino all'ultimo…

"No, non è tutto…"

Due occhi interrogativi s'incollarono nei suoi.

"Parla allora…" Gli cingeva ancora il collo con le braccia e aveva le dita tra i suoi capelli ancora umidi.

"Beh, ecco… mia madre prima mi ha chiamata dall'ufficio e mi ha detto una cosa…" 

"Non molto bella, dalla faccia che fai…"

Annuì. 

Davvero difficile immaginare la sua reazione. 

"Alla cena di stasera ci saranno tutti i soci e gli azionisti dell'azienda. Con le famiglie ovviamente…"

"E quindi?" 

Silenzio.

"Trunks?"

"Ci sarà anche Seila…" Fu lui a sospirare, stavolta "…Ed è il motivo principale per cui ti vorrei con me…"

A cambiare espressione, in quel momento, fu lei. 

Ancora quel nome. Ma non avevano deciso di archiviarlo? Anzi, di cancellarlo? Si era lavato le mani della sua carica da presidente soprattutto per quello…

"E perché me lo dici solo ora?"

"Sono rientrato un quarto d'ora fa, tesoro. E già eri abbastanza nervosa mentre cercavi un vestito nell'armadio…"

"Certo, e me l'avresti detto una volta arrivati? Oppure mi avresti fatto la sorpresa…!"

Si staccò incredula e furiosa. Anche se non aveva buoni motivi per essere arrabbiata con lui. 

Quando l'aveva perdonato si era ripromessa di dimenticare quella brutta storia. Di dimenticare quel nome, di essere più donna con lui, di vincere la stanchezza, alla sera, per concederglisi con regolarità, in modo tale che non sentisse il bisogno di trovarsi un'amante al di fuori.

Gli credeva, credeva a quello che le aveva raccontato. Che quella vipera l'aveva baciato con l'inganno, quel giorno, in ufficio. Ma quella visione era tornata in un attimo, prepotente e aggressiva, a farle contorcere lo stomaco come allora.

"Ti prego, Marron. Non farmi andare da solo… io voglio che tu stia con me, come stiamo insieme qui."

L'aveva raggiunta in camera e l'aveva abbracciata da dietro.

Non era colpa sua se per il bene della società doveva sopportare la sua presenza.

Avrebbe dovuto ucciderla quel giorno, era pentito di non averlo fatto.

"Non andrai da solo nemmeno se fosse l'ultima opzione!"

Si voltò, aveva gli occhi infuocati dalla rabbia ma il viso sereno. 

"Vieni per controllarmi o perché ti è venuta davvero la voglia di venirci?"

Lei lo oltrepassò, tornando in bagno e chiudendo la porta.

"Tutt'e due!" Gridò dall'interno, mentre già apriva l'acqua della doccia.

 

 

"Bra… mi raccomando! Questo è per cena…" Sollevò il biberon con il latte, mostrandoglielo "…e questo per quando la metti a letto."

Le porse un'altro poppatoio pieno di camomilla, raccomandandosi per l'ennesima volta e riuscendo a far innervosire anche lei.

"Trunks, dimmelo ancora una volta e ti pianto in asso, lo giuro!" Bra sbattè sul ripiano della cucina il biberon, esasperata.

"Mi fai paura!"

"Non sono cretina, so badare a una bambina!" Si diresse nuovamente in soggiorno, dove aveva lasciato il libro aperto.

"Ecco, e vorrei ti concentrassi su di lei, anziché studiare. Cosa che evidentemente dovevi fare oggi ma per qualche ottima ragione ti ritrovi a fare ora!"

"Mi fai anche la paternale adesso?" La turchina chiuse il libro con uno scatto, lanciandolo poi nell'angolo della stanza e avvicinandosi al box dove Hope giocava tranquilla con i suoi pupazzi.

"Sono nervoso… la mamma è pronta da mezz'ora e inizia a rompere, Marron invece si è chiusa in camera da troppo tempo…"

"Devi rilassarti, rovinerai la serata a tutti e tre facendo così!" 

"Come se non fosse già rovinata di suo!"

"Io starei attenta. Seila stasera avrà un buon motivo per tremare di terrore…" Bra sorrise, godendo al solo pensiero di sapere quell'oca con il naso rotto dalla 'timida' cognatina.

"Cioè?" Bulma fece il suo ingresso in soggiorno, sistemandosi un orecchino.

"Nulla, mamma…"

"Gradirei non ci fossero scenate, stasera. Rischiamo di perdere un'affare importante…"

Trunks lanciò un'occhiataccia alla sorella.

"Sta tranquilla mamma, Marron e io siamo persone mature, non ci abbassiamo a certi livelli…"

"Lo spero. Anche io vorrei strozzarla tesoro ma non è il caso, non stasera!"

La donna guardò l'orologio. La limousine li attendeva già da quindici minuti. Il figlio le lesse nel pensiero.

"Ecco perché preferisco spostarmi autonomamente…"

"Sì. Come no… arrivare in quella villa alla guida della tua air car sportiva con dentro seggiolino e passeggino… ma piantala!"

Il giovane guardò il soffitto. Ma che ci sarebbe stato di male? Certo, una volta la sua macchina era più spaziosa, ma per Hope questo e altro.

"Vado a vedere se è pronta…" S'incamminò verso la camera da letto, dal quale non proveniva più nessun rumore. Che avesse finito sul serio?

"Amore, sei pronta?" Bussò, credendo fosse ancora chiusa a chiava. Ma l'uscio si aprì sotto il suo tocco e spinse piano la porta.

'Oh mio Dio…' Pensò soltanto, vedendola mentre, davanti allo specchio, si metteva il lucida labbra.

"Sì, ecco. Ho finito…" Rispose, senza voltarsi e concludendo l'operazione.

Non si era accorta dell'espressione beota del compagno, che era rimasto a fissarla come un ebete.

Trunks dovette mandar giù la saliva un paio di volte. Ma era davvero la sua Marron? 

Temette di avere un infarto a trent'anni. Perché non le aveva dato prima l'occasione di vestirsi così?!

Capelli mossi, tubino nero, scarpe alte.

Era bella da far paura. Tanto da fargli venir voglia di chiudersi la porta alle spalle, buttarla sul letto e dimenticarsi della cena, farla sua in modo selvaggio e fregandosene di ogni contegno.

Ma era tutto troppo importante per sua madre e dovette togliere quei pensieri dalla mente visto che iniziava a sentirsi i pantaloni del completo troppo stretti.

"Allora? Andiamo?" Marron gli si avvicinò, quasi impaziente.

"Scusa, ma tu non eri quella che non voleva venire?" Le chiese, ancora su di giri.

"Ero, infatti. Adesso non vedo l'ora di esserci, amore…"

Lo superò e imboccò il corridoio, sicura di sè.

"Aspetta!" La chiamò, prima che raggiungesse il salotto.

"Cosa c'è?" Con l'aria un po' seccata, Marron tornò indietro, credendo di aver dimenticato qualcosa.

"Niente. Sei bellissima…" La baciò, sperando di sentire lo squillo del telefono e sua madre che gli diceva che qualcuno era morto e la cena era annullata. Ma non accadde. Dovette staccarsi, a malincuore, e prenderla per mano per poter finalmente uscire.

Quella sera Seila sarebbe morta, sì, ma d'invidia.

 

 

Nota dell'autrice

 

Popolo, eccomi qui.

Come avrete notato ho alzato il rating. Dopo questo capitolo mi è sembrato opportuno… e non ho descritto il post-serata perché altrimenti avrei dovuto mettere direttamente il rating rosso! Qualcuno mi odierà per questo ;-)

Ringrazio come sempre (ormai sembra un copia-incolla) lettori e recensitori! Siete mitici!

 

Sweetlove

 

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Capitolo 6
*** Attraverso il vetro ***


Moments of life


Attraverso il vetro



 

 

 

 

 

Aveva gli occhi chiusi, finalmente rilassato dopo un'intera settimana di strazio, in ufficio. Non ne poteva proprio più. Non era in carica da un mese ma quando sua madre si era beccata l'influenza non aveva potuto fare a meno di sostituirla. E aveva capito quanto non gli fosse mancato quell'ambiente.

Era più stressato che in un intero anno!

Per fortuna, Marron l'aveva convinto ad andare alla Kame House. Non ci andavano mai, non avevano mai trascorso con Crillin e Diciotto un fine settimana. E un po' di mare, visto che l'estate stava per finire, non le sarebbe dispiaciuto.

Erano lì, sulla sabbia, uno accanto all'altra e godersi il calore di quei raggi, mentre un'anima pia si occupava, dentro casa, della piccola. Era ancora convalescente e stare sotto quel sole cocente non le avrebbe fatto granché bene.

Una mano andò a sfiorarle il ventre, risalendo dall'ombelico fino a sotto il seno, in una lieve carezza che le provocò un brivido dietro la schiena.

"Credevo dormissi…" Sussurrò, sorpresa per quel contatto.

"Infatti…" Le rispose, con ancora la voce impastata dal sonno "…siccome quando mi sono svegliato non mi sembrava reale tutta questa pace volevo capire se c'eri ancora…"

Trunks aprì gli occhi e si sporse per baciarla. Di sicuro dietro la finestra Crillin li stava spiando, neanche avessero dodici anni, ma ormai la situazione lo divertiva e basta. 

"Sì, ci sono come vedi…" La bionda si mise a sedere, stiracchiandosi. Da quanto non si appisolava sulla sabbia? Troppo, per una che lì c'era nata e cresciuta.

"Scommetto che tuo padre è alla finestra!" Le disse, sottovoce.

"Puoi scommetterci…" Il tono rassegnato e al contempo divertito di Marron gli fece a sua volta scappare una risata, mentre la imitava mettendosi a sedere.

"Non si è ancora rassegnato, eh?"

"Credo che non si rassegnerà nemmeno quando mi accompagnerà all'altare, Trunks…" 

Fu lei stavolta a baciarlo. Un bacio profondo e lungo. Era diventato un gioco, ormai: contare quante volte Crillin si affacciava alla finestra, maldestramente nascosto dietro le tendine, a controllarli. 

"Inizio a capirlo… se qualcuno oserà portarmi via Hope me la pagherà cara!"

Marron non sapeva se ridere o piangere. Non sapeva nemmeno se stesse parlando sul serio. Preferì baciarlo ancora, come il cuore le suggeriva di fare. E quell'atmosfera tranquilla contribuiva ad accenderla di passione.

 

 

"Crillin, mi spieghi che stai facendo?"

L'uomo sobbalzò, lasciando ricadere la tendina celeste. Era stato appena colto in flagrante a spiare quei due.

"Oh, niente… controllavo se… se… se il sole era ancora troppo caldo per la bambina!"

"Sì, come no… cosa c'è li fuori?!"

Bulma si avvicinò all'amico e tornò a scostare le tende. Le bastò un attimo per capire le reali intenzioni dell'ometto.

"Li spiavi?" Chiese, divertita e sconvolta allo stesso tempo.

"Io?! Assolutamente!"

Divenne paonazzo e nascose malamente l'imbarazzo per essere stato beccato sul fatto.

"No, assolutamente…" Diciotto si avvicinò, piuttosto seccata "…non fa altro ogni volta che stiamo tutti insieme! Neanche fossero due ragazzini!"

"Ma che sciocchezze dici?!" Crillin incrociò le braccia al petto. Non gli sembrava poi una tragedia "Magari potrebbero… aver bisogno di qualcosa…"

"Sì, l'uno dell'altro, Crillin. Lascia in pace quei poveretti e va a cambiare la bambina!" La bionda fece per passargli la nipotina, che aveva tenuto in braccio appena cinque minuti ed erano già stati sufficienti a seccarla con i suoi lamenti. Lui però tornò a guardare fuori, e Bulma afferrò la piccola, scambiandosi uno sguardo rassegnato con la ciborg, che tornò al piano di sopra.

"Tua moglie ha ragione. Non sta bene spiare. Mi seccherebbe molto, sai?"

"Non dirmi che a te non interessa ciò che fa tuo figlio, Bulma!"

"Certo che no!"

"Lo dici perché ci sei abituata, abitano con te, hai modo di vederli… così… sempre!" Indicò con un dito tremante i due che si stavano scambiando un bacio che di innocente non aveva proprio nulla.

"Dovresti esserci abituato anche tu! Da dove pensi sia uscita Hope?!" 

"Ma cosa c'entra… lo sappiamo tutti che la piccola è stato un incidente!" Non smise di fissarli. L'avrebbero sicuramente scambiato per il guardone Oolong "Guardali… questi esagerano però! Si stanno baciando ma proprio baciando!"

Bulma sospirò. In effetti nemmeno lei li aveva mai visti così. Non erano i tipi da esibirsi mentre si sbaciucchiavano in pubblico. Qualche bacetto, qualche effusione sì… ma in quel modo no. Ad ogni modo erano soli, sulla spiaggia. Quelli che dovevano farsi gli affari propri erano proprio lei e Crillin.

"Dai, finiscila di fare il guardone… non sta bene!" Cercò di tirarlo via, ma sembrava proprio concentrato.

"Non sono due mocciosi, hanno anche una figlia! Perché ti sconvolgi tanto?" Crillin sembrava averla dimenticata "Non accetti ancora che tua figlia sia una donna, eh?" Gli fece l'occhiolino quando riuscì di nuovo a catturare la sua attenzione.

"Che vuoi dire?"

"Cosa voglio dire, secondo te?! Che è adulta, responsabile…"

"E che dal casino che si sente ogni sera in camera loro si direbbe che sono abbastanza grandi da fare quel che vogliono, no?!" Con un ruggito, Vegeta, finalmente, aveva detto la sua. E stavolta arrossì anche Bulma, grazie a quell'affermazione. Avrebbe voluto far capire a Crillin che nonostante gli alti e i bassi Trunks e Marron come coppia andavano alla grande, ma essere così diretti… 

"Grazie per la tua sensibilità, Vegeta!" Sbottò, irritata e imbarazzata.

"Visto che non lo vuole capire con le buone…"

"Abbiamo capito, grazie! Ora torna a farti gli affaracci tuoi!" Che erano, ovviamente, starsene col muso lungo appoggiato al muro.

Bulma guardò Crillin che aveva perso almeno due tonalità di colore.

"Dai, anche tu! Davvero credevi che dormissero in camere separate?! Sei esagerato!"

"Lo so ma…"

"Adesso ti siedi…" Riuscì a staccarlo da quel vetro e a trascinarlo sul divano "…e stai un po' con Hope! Ti farà sentire meglio…"

Gli mise la piccola sulle ginocchia e sperò che Vegeta non l'avesse traumatizzato. 

 

 

Da quanto non ridevano così di gusto?

Evidentemente troppo tempo. Avevano le lacrime agli occhi e il mal di pancia. 

Davvero li credevano così stupidi da non accorgersi di essere sotto osservazione? 

"Secondo me abbiamo esagerato…" Trunks si riprese per primo e tornò a sdraiarsi con le mani dietro la nuca.

"Assolutamente no. E poi è così divertente. Voglio proprio vedere la sua faccia, quando rientreremo!"

"Stanotte piantonerà la porta della camera da letto!"

Marron si accoccolò sul suo petto. Una luce maliziosa le si accese nei grandi occhi azzurri.

"E tu lascialo fare…" Gli baciò la guancia, sorridendo "…Sono finiti i tempi in cui dovevamo nasconderci…"

Anche Trunks sorrise, divertito, al ricordo delle loro prime notti, alla Capsule Corp. e a pochi metri dalla stanza di Crillin. Era tanta la paura di essere sentiti ma avevano fatto comunque il loro dovere. 

Ma una cosa era certa: poteva essere trascorso più di un anno, poteva esser nata una bambina, poteva essere quasi arrivato all'altare ma… agli occhi del suocero, sarebbe rimasto sempre colui che gli aveva portato via la figlia.




Nota dell'autrice

Oggi capitolo breve ma direi comico... non mi chiedete come sia venuto fuori!
Non dico altro!

Sweetlove

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Capitolo 7
*** In volo ***


Moments of life



In volo


 
Il sabato era un giorno sacro, da qualche tempo. Non si chiudeva nei laboratori, dormiva quanto voleva… l'orologio nemmeno lo guardava.
Quanto gli piaceva crogiolarsi sotto le lenzuola, col cuscino sulla testa, isolandosi dal mondo e rendersi poi conto, tornando alla realtà, di aver dormito più di otto ore filate. Era quasi una soddisfazione, ogni volta un record da battere!
"Buongiorno…" 
E poi la sua voce, la migliore musica ad accompagnare quei dolci risvegli.
Era abituato a vederla già vestita. Non s'intratteneva mai a lungo a letto. Questione di abitudine, diceva, ma anche se avesse voluto la piccola peste che aveva per figlia gliel'avrebbe impedito. 
"Che ci fai ancora qui?" Chiese, sorpreso, sfregandosi gli occhi.
"Oh… scusa… non credevo ti desse tanto fastidio la mia presenza…" 
Trunks sorrise e si voltò verso di lei, abbracciandola.
"Vipera…" La baciò "Te l'ho chiesto perché alle sette di solito sei già in piedi. Sono le…" Guardò la sveglia sul comodino e spalancò gli occhi.
"Sì… le dieci!" Marron annuì e l'attirò di nuovo a sé per far incontrare di nuovo le loro labbra "Non ricordi? Il piccolo impiastro è sull'isola con i miei…"
Il lilla si era coricato stanco. Lei gli aveva detto mentre già scivolava tra le braccia di Morfeo che, dopo la cena consumata insieme, la piccola non si era voluta staccare dal nonno e aveva acconsentito a mandarla da loro, per la notte. Aveva un anno e mezzo, Hope, ma era già parecchio autonoma. E testarda. Tremendamente testarda.
"Ah… l'avevo rimosso!"
"Secondo me nemmeno mi ascoltavi ieri sera. Non l'avresti mai fatta andar via, altrimenti. Geloso come sei!" Lo pungolò, sapendo di toccare un tasto parecchio dolente.
"Geloso io? Ma figurati!" Si mise seduto sul letto, pronto ad alzarsi e a terminare quella conversazione.
"Tu, amore. Sei ossessivo con lei… dovresti darle tregua."
"Non sono ossessivo, Marron."
"Non so chi è peggio… se tuo padre con Bra oppure tu con tua figlia!"
Il giovane sospirò, poggiando i piedi sul pavimento. Doveva svegliarsi con una doccia.
"Preparati…" Le disse, grattandosi la nuca e dirigendosi in bagno "…tra poco andiamo a prenderla!"
La bionda storse la bocca.
"Io credevo ne avremmo approfittato per stare un po' da soli…" Gli disse, senza mezzi termini.
Era un lungo periodo di prova, quello che gli aveva concesso.
Entrambi amavano la figlia ma ultimamente Marron si sentiva molto trascurata. Da quando Hope aveva mostrato di avere una netta preferenza nei confronti del genitore maschio, Trunks si era rimbecillito. Era diventato una colla. Se la portava addirittura dietro quando andava in laboratorio.
E lei, che da un lato era felice perché aveva più tempo per sé stessa, dall'altro iniziava a sentirsi alquanto frustrata.
"Andiamo a prenderla e facciamo qualcosa insieme, no?"
"Non è la stessa cosa, Trunks…"
Le sarebbero bastate anche solo due ore. Due ore da sola con lui. Anche solo pranzare in due, senza doversi preoccupare di urla isteriche, capricci, seggioloni sporchi e vestiti da cambiare. Da diciotto mesi non faceva altro. Era una mamma, era normale, ma staccare la spina, di tanto in tanto, era necessario per ogni essere umano.
"Come non detto… chiamo mio padre." Scese rassegnata dal letto. Insistere non serviva. Si sarebbe ritrovata con lui, certo, ma ansioso e nervoso. Doveva essere sua la voglia di star solo con lei, non doveva essere una costrizione.
"Perché hai cambiato idea?"
"Perché non ti vedo entusiasta della cosa… se non hai voglia di stare con me è inutile…"
Trunks la vide uscire dalla stanza, rassegnata.
Sospirò di nuovo, mentre entrava nella doccia e apriva l'acqua. Il primo getto, gelido, lo fece tornare lucido e sveglio, per poi rilassarlo mano a mano che l'acqua diventava calda.
Ripensò alle sue parole.
Come poteva pensare una cosa simile? Lui l'adorava, amava stare con lei, non pensava ad altro tutto il giorno. Ma anche sua figlia aveva bisogno di lui.
Ripensò agli ultimi giorni. Era stato abbastanza con entrambe… Si era alzato presto, aveva coccolato la piccola prima di doversi chiudere in laboratorio. Era risalito per il pranzo, trovando Hope ad aspettarlo dietro la porta. Aveva mangiato con lei accanto. L'aveva messa nella culla per il pisolino, era tornato giù a lavorare e poi, alla sera, si era ripetuta la routine del pranzo. Dopo cena aveva giocato con sua figlia, le aveva dato il bacio della buonanotte, aveva guardato la tv in salotto con sua sorella e suo padre mentre Marron faceva il bagno e addormentava la bambina. Poi, alle dieci passate, era riuscito ad andare a letto, trovandole già addormentate, il più delle volte.
Scosse la testa. Marron aveva ragione. Era già tanto se ultimamente le dava il bacio del buongiorno e della buonanotte. Riuscivano a scambiarsi due parole solo durante i pasti, ma mai da soli. Oltre che Hope, anche i suoi e sua sorella erano seduti a tavola. In una settimana, solo una volta l'aveva trovata sveglia, alla sera, e l'aveva fatta sua. 
Scosse la testa, mentre ancora l'acqua gli scivolava lungo il corpo.
Aveva ragione lei… l'aveva messa in secondo piano continuamente. 
Forse il fatto che sua figlia stesse fuori un giorno non era poi così male. Doveva rimediare.

 
Era arrivata in cucina e non aveva trovato nessuno. Bra dormiva ancora e Bulma aveva lasciato un biglietto con su scritto un messaggio per tutti: torno alle 15.00.

'Poco male…' Aveva pensato Marron.
Ora, mentre preparava il caffè con la macchinetta elettrica, ripensava alla conversazione appena avuta col compagno.
Possibile fosse tanto sbadato da non accorgersi di quanto lo cercasse? 
Si sentiva sola… troppo sola, ultimamente. E invisibile. Amava alla follia la bambina, ma iniziava ad esserne gelosa. E la colpa era di Trunks, che le stava sempre appiccicato. 
Afferrò la tazza piena di caffè fumante e l'appoggiò sul pianale con stizza, pronta a trascorrere un'altra giornata monotona e umiliante, visto che fare il fantasma non era poi il massimo. Era arrivata a chiedersi se per lui fosse solo un obbligo nei confronti della figlia tenerla con sé. Si era subito pentita di quel pensiero, ma ogni tanto riaffiorava prepotente. Lei lo amava, voleva stare sempre con lui, impegni a parte, ma non si sentiva ricambiata.
Sospirò, mentre versava due cucchiaini di zucchero nella bevanda. Con la mano libera afferrò il telefono a parete e compose il numero dei suoi. 
"Pronto?"
La voce allegra di Crillin le fece subito capire quanto fosse felice di poter stare così tanto tempo con l'amata nipotina.
"Papà…?"
"Buongiorno tesoro! Hope dorme ancora, sai?"
Spalancò gli occhi, incredula.
"Stai scherzando?! A casa si sveglia all'alba!"
"Posso giurartelo! Volevi venire a prenderla…?" Percepì nell'ultima frase un velo di tristezza e delusione.
"Beh, sì… Trunks vorrebbe stare con lei…"
Il telefono le sfuggì di mano e credette di averlo fatto cadere, ma non udì nessun tonfo. Corrugò la fronte e si guardò alle spalle. Sobbalzò, vedendo Trunks dietro di lei, col telefono già all'orecchio.
"Contrordine… tieniti Hope, ok? Ci sentiamo più tardi!" Lo sentì dire, e per un momento credette di aver capito male.
"Ma… cosa…?" Scosse la testa quando lo vide riagganciare e rimettere a posto l'apparecchio.
"Non dire niente. Vai a vestirti e basta…"
"Scusa, non avevi detto che…"
"Ho cambiato idea, ok? Oggi stiamo insieme, io e te."
Lo vide sorridere e continuò a squadrarlo.
"E a cosa devo questo cambiamento?"
Fece spallucce.
"Dev'esserci un motivo?"
"Direi di sì… hai la febbre per caso?"
Gli mise una mano sulla fronte. Doveva esser veramente andato per lasciare la figlia ai nonni, così lontana da casa.
"Sto benissimo. Solo che… mi dispiace… hai ragione tu, ti ho trascurata ultimamente." Le mise le mani sui fianchi, con una faccia abbastanza mortificata.
Marron abbassò lo sguardo. Se n'era accorto, finalmente. 
"Non lo fai solo perché te l'ho detto io, vero?"
"Assolutamente no…" Le baciò la guancia e la strinse "…puoi perdonarmi?" Le chiese nell'orecchio.
Lei si aggrappò al suo collo. Come poteva non perdonarlo?
"Stupido!" Gli disse soltanto, respirando il suo profumo. Nemmeno ad abbracciarlo era riuscita, negli ultimi giorni. 
"Allora… pensa a qualcosa che vorresti fare mentre ti prepari, va bene?" Si staccarono. Trunks le sorrise e lei ricambiò, finalmente. 
"Beh. Tempo fa… anzi, parecchio tempo fa mi facesti una promessa…"
Ecco. Era in difficoltà. Tante cose le aveva promesso, la maggior parte l'aveva esaudita… 
"Cioè…?"


Era un posto bellissimo. Non l'aveva mai visto. L'avesse saputo prima.
Era riuscita a concentrarsi perfettamente. Ci sarebbe di sicuro tornata con i suoi libri, ora che era tutto più facile.
C'era solo una grande distesa di erba e i pochi fiori rimasti, visto che era ormai finita l'estate.
"Bravissima! Sei un portento!" 
Trunks la guardava contento ma allo stesso tempo sorpreso.
Gohan gli aveva raccontato, anni prima, che quando aveva insegnato a Videl l'arte del volare ci aveva impiegato diversi giorni. 
Quindi, o l'amico era un pessimo insegnante, o Marron era davvero in gamba. 
Era già ad un metro da terra e sembrava non avesse fatto altro tutta la vita.
"Sì, però…"
"Però cosa…?"
"Come faccio a scendere?!" 
Le afferrò il polso e la tirò giù, facendola atterrare pesantemente sul prato.
"Mamma mia, potresti essere più delicato!" 
"S-scusa…" ridacchiò. A volte dimenticava di essere un mezzo sayan e di avere tanta forza da controllare. 
"Allora… riproviamo?" Le chiese. Era sicuro che entro sera sarebbe stata in grado di volare con lui. 
"Certo! Non ho intenzione di smettere finché non avrò imparato!"
Era orgoglioso di lei. Per tutto.




Nota dell'autrice

Perdonate il ritardo. Sono stata in crisi tutta la settimana. Mia figlia in ospedale e io con lei. Ora, tutto risolto, torno con quest'altra piccola 'perla' dei nostri Trunks e Marron. Sperando vi sia piaciuta, ovviamente...
Ringrazio per le recensioni e, ovviamente, per aver letto, messo tra seguite, ricordate e preferite!
A presto


Sweetlove

 

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Capitolo 8
*** Pensieri notturni ***


Moments of life



Pensieri notturni

 


Il rumore delle onde che s'infrangevano e veloci raggiungevano la riva, in una notte più ventilata.
Con un po' d'aria doveva essere più semplice prendere sonno, vista la calda estate che stava trascorrendo. 
Eppure era ancora sveglia. La sveglia sul comodino segnava l'una e cinque. Tardi, molto tardi. Non che il giorno dopo avrebbe avuto da fare, ma di solito crollava almeno due ore prima… da un po' di tempo, invece, faceva fatica a rilassarsi e lasciarsi andare al sonno.
Si rigirò nel letto ancora una volta, tirando di nuovo il lenzuolo, già caduto in terra un paio di volte.
'Che cosa mi hai fatto…' Si ripeteva a mente, sospirando e combattendo con la voglia tremenda di piangere. Non poteva farlo. Era forte e lui non significava nulla. Nulla. Solo un trastullo, un giocattolo usato allo scopo di conoscere nuove frontiere.
Cos'era in fondo il primo bacio? E perdere la verginità era davvero così importante e indimenticabile?
Sciocchezze… quanti uomini c'erano su quella terra? Forse troppi. Più volte, in quei giorni, aveva maledetto la loro esistenza. Potevano annientarti solo ripensando al loro sguardo, al sapore delle loro labbra, al brivido causato da una loro carezza. 
Al piacere provato su quel letto.
Scosse la testa. 
A chi voleva darla a bere? 
Si alzò, sbuffando. Avrebbe fatto l'alba, come la notte prima, a furia di starsene a pensare a lui.
Si avvicinò piano alla finestra e scostò le tende rosa. Il cielo trapunto di stelle si rifletteva sul mare leggermente agitato e l'aria le arrivava dritta sul viso, come a volerla consolare con una carezza. Ma niente e nessuno sarebbe riuscito in quell'intento.
O forse no… qualcuno c'era. Ma si era già illusa una volta… 
'Trunks…'
Quel nome le rimbombava nella testa da tanto tempo, ormai. Tre settimane erano trascorse da quella sera. 
Un'uscita inaspettata in tre, uno di loro che si dileguava per un impegno imprevisto e loro due che restavano soli.
Qualche chiacchiera, dopo una birra, una passeggiata. Qualche risata, come se si conoscessero da sempre. E in fondo era così, si conoscevano da sempre ma mai si erano avvicinati. Fino ad allora, quando quasi per gioco lui l'aveva baciata. Un bacio che mai, fino all'ultimo respiro della sua esistenza, avrebbe dimenticato. Il primo, dolce e inatteso bacio…
'Perché?' 
Un altro bacio, l'imbarazzo. I passi verso quell'edificio immenso, casa sua, e la paura di una ramanzina paterna visto che era davvero tardissimo.
'Non posso credere che tu mi abbia mentito…'
Quel bacio troppo lungo da far accendere il desiderio in entrambi. La serratura che girava, il rumore delle molle mentre l'adagiava sul letto, le sue mani che la spogliavano.
Il dolore atroce provato nell'incontro più intimo. Il primo, come il bacio di quella sera. E forse l'ultimo.
'Mi fidavo di te…'
Quel risveglio, tra le sue braccia. Fare l'amore di nuovo, con la paura di essere sentiti. La sua promessa. Quel 'fidati di me' che l'aveva portata in paradiso.
Si era illusa potessero uscire allo scoperto, prima o poi. Non volevano esporsi. Lei con un padre tanto geloso, lui presidente dell'azienda più importante del mondo. Era meglio aspettare, vedere come le cose si sarebbero evolute.
Ma nulla si era evoluto.
Non l'aveva chiamata, non l'aveva cercata. 
Tre settimane di attesa e la speranza era ormai morta, lasciando spazio al dolore. Quel dolore che arrivava ogni volta che pensava a lui. Ovvero sempre. Un chiodo nella sua testa e in mezzo al petto.
Stupida, ecco cos'era. Semplicemente una stupida.
Chissà quante donne aveva sedotto e abbandonato?
La mente le suggeriva questo. Il cuore le diceva che, forse, anche lui la stava pensando.
'Mi hai solo usata?' 
Gli occhi ormai umidi. Lacrime pesanti, una speranza ormai morta.
Cos'era quel sentimento che le impediva di detestarlo?
Gli aveva dato tutta sé stessa, quella notte, ma non era servito a niente. L'aveva abbandonata e se era lì, a piangere per un uomo che probabilmente nemmeno si ricordava più di ciò che era accaduto, era tutta colpa sua. Era stata lei la sciocca ad illudersi…
Lo stomaco le si contorse come negli ultimi giorni. Troppi pensieri. Meglio tornare alla vecchia vita.
Ma era possibile?
No. Sapeva che niente sarebbe stato uguale. Prima o poi l'avrebbe rivisto. Le loro famiglie erano troppo vicine, non sarebbe trascorso molto tempo.
Avrebbe retto alla vista di quello sguardo? Sarebbe riuscita a guardarlo in quegli occhi azzurri e tanto profondi? 
Davvero le aveva mentito?
La mente diceva di sì. Tutti gli uomini sono meschini, l'aveva sentito alla tv o letto in qualche libro.
Il cuore le diceva di no. Le aveva detto quelle parole guardandola negli occhi. 
'Mi manchi troppo…'
Eccola la triste verità.
Avrebbe dato tutto pur di riaverlo accanto, pur di riabbracciarlo. Per un ultimo bacio. 
Fissò le stelle, mentre con il dito asciugava una lacrima.
Sorrise, nonostante la tristezza.
Forse non sarebbe mai tornato da lei, non l'avrebbe mai portata via da quella gabbia d'oro, non l'avrebbe mai fatta sua regina.
Ma lo ringraziò comunque per quei dolci ricordi e pregò che quel pensiero arrivasse a lui, che forse già era tra le braccia di un'altra.


Spalancò gli occhi nella penombra della sua stanza, balzando a sedere sul letto. Il cuore aveva un ritmo frenetico. Strano, era parecchio che non aveva un incubo. A cena non aveva nemmeno mangiato pesante… 
Guardò l'orologio, facendo un respiro profondo. L'una e venti. Si era coricato da appena due ore e già era stato svegliato così bruscamente.
Si passò una mano sul volto, allungando la mano per prendere il bicchiere d'acqua che di solito aveva sul comodino. Ma la sua mano afferrò solo una manciata d'aria.
Sbuffò rumorosamente. Aveva bisogno di bere ma di alzarsi non aveva proprio voglia. Non con quella strana inquietudine in corpo. 
Mise i piedi giù dal letto, rabbrividendo al contatto col freddo pavimento. Sua madre aveva esagerato con i condizionatori, quella sera. Aveva addirittura freddo.
Si ravviò i capelli e fece per raggiungere la porta, ma una strana luce catturò la sua attenzione. Non aveva chiuso le tende, prima di mettersi a letto, e il chiarore delle stelle era così intenso da illuminare la stanza.
Si avvicinò alla finestra e guardò il cielo. Era davvero bello, doveva riconoscerlo… Aprì il vetro e si stupì nell'essere investito da una fresca brezza. Strano, per essere una notte di mezza estate, per di più caldissima.
Fece un respiro profondo ma quell'incubo, seppur confuso e sbiadito, non gli andava via dalla testa. E poi ad un tratto gli era parso di vederci lei…
Scosse la testa. Doveva smettere di pensarla, adesso se la ritrovava anche nel sonno. Non bastava dover dormire tutte le notti nello stesso letto in cui si era consumata quella passione, ora sembrava quasi un fantasma pronto a tormentarla.
'Che schifo d'uomo che sei…' Si disse, ammettendolo forse per la prima volta.
Chiamarla. Ci aveva pensato più di una volta, ma al pensiero di doversi giustificare con Crillin aveva desistito. Neanche avesse dodici anni. Ma sapeva che era un padre molto possessivo e che lei non voleva metterlo al corrente di ciò che era accaduto quella notte. Non subito, almeno.
Andare da lei… peggio che telefonarle.
Si era sentito impotente per giorni. Ripensava continuamente a lei, a quelle labbra inesperte, al suo respiro tremante, al suo corpo delicato. 
E prepotentemente, anche in quel momento, gli tornò alla mente ciò che avevano fatto proprio nella sua stanza. Quella stanza.
Non riusciva a togliersi dalla mente quel trasporto, quella passione, i suoi gemiti, i baci roventi.
Non gli era mai successo. Mai. Nemmeno al liceo, bramato da tutte le ragazzine, aveva subito lo stesso tormento dopo una scappatella. Era andato avanti ad 'una botta e via' fino ad allora. Le cose non si erano mai evolute tanto da farlo restare inchiodato ad una finestra, con un unico pensiero in testa. Lei.
'Chissà che stai facendo, ora…'
Dormiva, sicuramente. O forse no. Forse ripensava anche lei a loro, a ciò che era successo.
Forse aveva già scordato tutto, oppure soffriva per ciò che aveva detto e non mantenuto.
'Bel lavoro!' Si disse, mortificato. Era tardi, ormai. Tre settimane erano troppe.
Eppure, prima o poi, l'avrebbe rivista. E lì di certo non avrebbe esitato a chiederle scusa, cosa che mai aveva fatto nella sua vita. Certo, mai aveva offeso tanto una donna. Tutte erano consapevoli del fatto che il figlio del Principe dei sayan non fosse incline alle relazioni a lungo termine. Lei no. Con lei, dopo quella notte, sarebbe stato capace di scappare dal pianeta. Ma aveva stupidamente pensato fosse stata la passione a parlare. Non poteva provare qualcosa di tanto forte dopo soltanto poche ore…
O forse sì.
Non conosceva l'amore, non l'aveva mai provato davvero.
Desiderava che lei fosse felice, anche senza di lui visto che difficilmente l'avrebbe rivoluto accanto, dopo che l'aveva letteralmente abbandonata.
'Mi manchi…' Pensò, guardando le stelle.
Forse quel pensiero le sarebbe arrivato. 



Nota dell'autrice

Eccoci qui... questa è fortemente depressiva, lo so. Ma qualcosa riguardo loro due in versione 'innamoramento a distanza' ci voleva... credo!
Sono belli anche cosi, per me!
Spero di non avervi delusi e ci ribecchiamo qui, stesso posto stessa ora (spero!).
Un abbraccio

Sweetlove




 

 

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Capitolo 9
*** Principessa ***


Moments of life


Principessa

 


Guardava l'orologio di tanto in tanto, nonostante la posizione delle lancette fosse per lei qualcosa di sconosciuto. Aveva imparato che, quando qualcuno era in ritardo, si doveva guardare l'ora per poi sottolineare a tale tizio il tempo atteso prima del suo arrivo.
L'aveva appreso, maggiormente, da sua nonna Bulma. Era lei il capo, in quella casa. Dall'alto dei suoi tre anni, Hope aveva già imparato a distinguere i ruoli, lì alla Capsule Corporation.
Lei era la piccola di casa, l'unica bambina, ed era, dopo Bulma, il capo indiscusso della famiglia. 
Veniva poi l'adorata nonna. Lei cucinava, quando non era la mamma a farlo, si occupava di tutto, o meglio, programmava i suoi macchinari affinché facessero tutto. E controllava tutti. Il primo era il nonno.
Vegeta era una figura ambigua… Hope era una bambina e la spontaneità, a quell'età, è prassi. Non capiva ancora come mai i suoi nonni fossero tanto diversi, ma a lei piacevano ugualmente. Anzi. Il nonno paterno suscitava in lei una strana curiosità, proprio grazie a quel carattere chiuso, scontroso e a tratti timido.
Non si faceva scrupoli la zia Bra, invece. Era un altro capo, certo non come la nonna ma anche lei non era tipo da farla passare liscia, dopo uno sgarro. E la sentiva urlare spesso, soprattutto con lo zio Goten, altra persona che adorava ma che non viveva lì con loro. Tuttavia lo vedeva gironzolare per casa molto spesso. Aveva da poco capito il perché, visto che l'aveva sorpreso, una sera, a sbaciucchiarsi con la zietta. Alla sua richiesta innocente di spiegazioni, avevano ridacchiato e risposto che erano 'fidanzati' e che i fidanzati facevano quelle cose. Lì era rimasta alquanto confusa. Non le pareva che mamma e papà si definissero… fidanzati! Quando la mamma si riferiva a Trunks, lo chiamava 'marito'. E lo stesso Trunks, parlando di Marron, la definiva 'moglie'.
Quindi, fidanzati, mariti e moglie… era la stessa cosa? Non le era ancora molto chiaro, visto che sia Goten e Bra, sia mamma e papà si scambiavano baci e coccole, quasi allo stesso modo.
Aveva quindi chiesto alla mamma, un pomeriggio, mentre giocavano con le bambole. Perché anche a Marron, nonostante fosse la mamma, piaceva giocare con le bambole.
"Mamma… che vuol dire fidanzati?" 
La bionda l'aveva guardata, perplessa.
"Dove hai sentito questa parola…?"
"Zia Bra e zio Goten si baciavano, l'altra sera, e hanno detto che lo fanno i fidanzati…" La spontaneità di sua figlia la colpì ancora una volta quando la sentì aggiungere "…anche tu e papà vi baciate…"
"Tesoro… esser fidanzati vuol dire che… ci si vuole molto, molto bene. E che presto ci si sposerà, ecco perché ogni tanto ci si scambia qualche bacio. Hai capito adesso?" Le aveva sorriso, sperando di essersi spiegata bene. La fronte corrugata di Hope, però, la mise in allarme.
"No. Non ho capito…"
"Cosa non ti è chiaro, piccola?"
"Tu e papà fate le stesse cose, ma non siete fidanzati!"
Marron aveva sgranato gli occhi. Il fatidico momento era arrivato prima del previsto. Forse Trunks non aveva tutti i torti, quando insisteva riguardo le nozze.
"Sì, tesoro. Anche io e papà siamo fidanzati!"
"Ma come, se avete già avuto me! E tra poco anche il fratellino! Solo le persone sposate fanno i bambini, mamma…"
Uno sguardo quasi di rimprovero si era posato su di lei.
"Ecco… non funziona sempre così, amore. Ora però dobbiamo andare, la nonna ci sta chiamando per la cena!"
E la discussione era finita così. I dubbi non si erano sciolti, ma aveva intuito, Hope, che la questione non era ancora alla sua portata. Come tante altre cose che nessuno voleva spiegarle decentemente.
"Nonna…"
Alzò la testa distogliendo l'attenzione dal foglio bianco sul quale stava disegnando un gattino.
"Sì, tesoro?" Bulma sembrava molto concentrata a leggere la sua rivista.
"Quando torna papà?"
"Tra poco…"
"Posso aspettarlo in giardino?"
La turchina guardò un momento fuori dalla finestra. La neve scendeva lenta e il cielo era già scuro. Non era proprio il caso.
"E' già tardi, Hope. Per oggi non credo potrai andare a giocare con la neve…"
Il visetto si deformò in una espressione che le ricordò terribilmente quella di suo marito quando si arrabbiava.
"Lui ha detto che l'avremmo fatto oggi pomeriggio!"
"Tesoro, papà e mamma sono un po' in ritardo perché il dottore che deve vedere come sta il tuo fratellino ha avuto un'emergenza… non è un dramma se il pupazzo lo fate domani…"
"Ma lui me l'ha promesso…" 
Lo sguardo deluso della nipotina le fece stringere il cuore.
"Sono sicura che vi divertirete di più, domani, con la luce del giorno. Ora non si vede niente, guarda fuori…"
Non fece in tempo a concludere la discussione, che la porta d'ingresso si aprì dopo una breve scampanellata.
"Permesso?" La chioma ingrigita di Crillin fece capolino nell'ingresso.
"Oh, ciao ragazzi!" Bulma si alzò in piedi, sorridendo "Entrate!"
I coniugi si fecero avanti.
Hope era abituata ad essere la prima a ricevere il saluto e il bacio di nonno Crillin. Ma stavolta sembrava non l'avesse nemmeno vista.
"Sono già tornati?! Non vedo l'ora di sapere se è maschio o femmina!"
"No… non ancora. Saranno qui a momenti!"
La piccola s'imbronciò ancora e tornò al suo disegno. Di certo non sarebbe stata lei a salutare i nonni. 
Che cosa aveva di speciale quel marmocchio che aveva sua madre nella pancia? Da quella mattina non si parlava d'altro… la visita, l'ecografia… suo padre le aveva addirittura dato buca e la cosa non era mai successa. 
Scarabocchiò nervosamente quell'abbozzo arancione. Non sembrava più un gattino. Voleva regalarlo alla nonna ma improvvisamente aveva cambiato idea. 
Lei stessa, un paio di mesi prima, le aveva detto che avere un fratellino sarebbe stato molto bello. Beh, non ci credeva più. 
"I bambini piccoli sporcano i pannolini, piangono, rompono le cose… tu sarai una bambina grande che insegnerà al piccolo a non far più tutte queste cose!" Le aveva detto. Le era piaciuta questa prospettiva… ma nessuno le aveva detto che le sarebbe stato tolto un sacco di spazio…
"Eccoci!" 
Finalmente sentì la voce di suo padre subito dopo che la chiave girò nella toppa.
"Siete arrivati, finalmente!" Crillin andò loro incontro, con aria agitata.
"Non iniziare, fagli togliere almeno il cappotto!" Diciotto lo tirò via. Ma anche lei aveva una certa curiosità di sapere qualcosa.
Marron e Trunks entrarono sorridenti e sollevati. Era tanta l'apprensione per quella gravidanza che, stranamente, stava andando alla perfezione. Era arrivata al sesto mese senza malori, perdite o minacce. Nemmeno le era stato raccomandato il riposo… sembrava surreale, dopo i mesi trascorsi immobile durante la gravidanza di Hope.
"Allora?" Bulma era ansiosa quanto il consuocero.
"E' tutto a posto! Cresce tantissimo!" Marron poggiò sul tavolo la cartella con l'ecografia, e tempo un secondo i due l'avevano già agguantata.
"Oh, ma quanto è carino!" La turchina guardò la prima immagine. Si distingueva chiaramente un profilo umano, ma di certo non se ne potevano distinguere le caratteristiche.
"Mamma, è un'ecografia, come fai a vedere che è carino?!"
"Beh, il naso e il mento sono proprio come i tuoi, tesoro!"
Il lilla si scambiò un occhiata divertita con la compagna.
'Sono rimbecilliti di nuovo…' Si dissero con lo sguardo.
"Ma allora? E' maschio o femmina?!" Fù Diciotto, stavolta, a fare la fatidica domanda.
Marron fece spallucce.
"Ho vinto io la scommessa…" Rispose soltanto, mentre un sorriso si allargava sul volto dei tre e, alle loro spalle, anche su quello di Vegeta, rimasto con la schiena appoggiata al muro del corridoio.
"E' maschio! Che bello!" Bulma batte le mani, entusiasta. Adorava la nipotina, ma c'erano troppe femmine in quella casa. Iniziavano ad essere troppo in competizione!
"Un bel maschietto ci voleva, eh?" Crillin diede una pacca amichevole alla donna, già intenzionata a prendere la bottiglia di champagne. 
D'un tratto, un rumore sordo li fece voltare verso il divano.
"Hope…! Ma che hai combinato?"
Il bicchiere di succo di frutta era in frantumi ai suoi piedi. E il visetto sembrava tutto fuorché mortificato. Anzi. Aveva un broncio da metter paura.
"Guarda che disastro…" Marron si avvicinò per tirarla via. Non voleva si tagliasse con i cocci.
"Devi stare attenta, col vetro puoi tagliarti, sai?"
L'aveva spostata un paio di metri più in là, accanto alla porta della cucina e vicino a suo padre, che le mise una mano in testa.
"Non è successo niente, non essere arrabbiata…" Le disse. Ma Hope non lo guardava neanche in faccia.
Trunks andò in cucina a prenderle un altro bicchiere, lo riempì e glielo porse. 
"Tieni…" 
Le manine si mossero per prendere la bibita. Ma quando l'ebbe in pugno, Hope si fermò. Diede un occhiata ai nonni, ancora presi a guardare quella robaccia riguardante quel bambino. Guardò sua madre, seccata mentre ripuliva succo e vetri. E poi suo padre.
Era arrabbiata con tutti, ma con lui… ancor di più. E nemmeno se n'era accorto. Era troppo impegnato a dire a sua madre di non piegarsi, perché poteva far male al piccolo.
Un sospiro lunghissimo e uno strano tremore in corpo fecero traboccare il bicchiere. Due gocce arancioni caddero sul pavimento, ma nulla era in confronto a quello che sarebbe successo di lì a poco.
"Cosa c'è tesoro?" Crillin solo adesso sembrava essersi ricordato di lei "Bevi il tuo succo, dai!" Il sorriso che le fece si spense nel momento in cui la vide rovesciare tutto a terra.
"Hope! Ma che stai facendo?!"
La voce di sua madre era alterata. Non l'aveva mai fatta arrabbiare così, volutamente.
"Perché l'hai fatto?!" La vide avvicinarsi pericolosamente, ma non arretrò, ne abbassò lo sguardo.
"Se non lo volevi potevi dirlo…" Sua nonna aggiunse la sua, mentre si alzava per prendere uno straccio. Anche lei era sorpresa per il comportamento della bambina.
"Sei stata davvero cattiva!" La bionda appuntò i gomiti. Non l'aveva mai sgridata a quel modo. "Vai di corsa in camera tua!"
Hope l'aveva sfidata troppo. Anzi, li aveva sfidati. Ma l'unica a reagire era stata lei, sua madre. Rimase immobile qualche secondo, con ancora le labbra serrate e la fronte corrugata. Spostò lo sguardo ora su lei, ora su Trunks. Lui nemmeno la guardava.
Se era arrivato a non guardarla significava solo una cosa.
C'era qualcuno che stava diventando più interessante di lei, tanto da fargli dimenticare anche le promesse.
La rabbià crebbe così tanto da ritirare la mano nel momento stesso in cui Marron fece per portarle via il bicchiere. Nessuno ebbe il tempo di dire 'a' che questo venne gettato con forza a terra. Proprio ai piedi di Trunks.
"Siete voi quelli cattivi!"
Hope, con un urlo, scomparve in corridoio. Passò davanti a suo nonno talmente arrabbiata da non guardarlo nemmeno.
Se l'avesse fatto, avrebbe trovato di sicuro un appoggio nella sua protesta.


"Qualcuno mi spiega cosa è successo?"
Marron era ancora incredula. Sua figlia non si era mai comportata in quel modo. Aveva solo tre anni, vero, ma era molto intelligente, sapeva ragionare, mai aveva avuto scatti come quelli.
Guardò Bulma, scioccata quanto gli altri.
"Non lo so proprio. E' stata bravissima oggi pomeriggio…"
La turchina recuperò la scopa. C'erano schegge di vetro ovunque, oltre che liquido arancione appiccicoso dal forte odore di arancia.
"Lascia stare…" Trunks afferrò per primo l'arnese prima che la compagna si facesse avanti "…penso io a pulire!"
"Trunks! Ora ricordo… poco prima che arrivaste Hope ha detto una cosa…" Bulma si riscosse e si portò una mano al mento.
"Cioè?"
"Le avevi promesso che l'avresti portata a giocare fuori, oggi pomeriggio, vero?"
Il giovane annuì e subito dopo spalancò gli occhi.
L'aveva dimenticato!
"Oh no… credi sia per quello?" Domandò, preoccupato.
"Beh, non c'è altra spiegazione…" 
Marron si portò una mano al ventre. Aveva fame e puntualmente il bambino aveva iniziato a scalciare per protesta.
"Mi sembra comunque una reazione eccessiva, tesoro… non è giustificabile…"
"Marron, considera che Trunks non ha mantenuto una promessa a causa del bambino. Lei sapeva che doveva accompagnarti a fare l'ecografia…"
Crillin avrebbe difeso la nipotina a spada tratta anche se fosse stata una serial killer. Ma in quel momento sembrava abbastanza serio e lucido.
"Dici che…"
"Inizia ad essere gelosa… ed è normale…"
La bionda, figlia unica, non riusciva proprio ad immaginare cosa fosse la gelosia tra fratelli. Anzi, ne aveva sempre desiderato uno, ma non era mai arrivato.
Stessa cosa per Trunks, che si era visto arrivare il tanto atteso fratellino quando ogni interesse per i giochi e le monellate era ormai svanito. E, per di più, era nata una capricciosa bimbetta dai capelli turchini.
Il Brief rimase con un pezzo di bicchiere in mano, mentre ancora era in ginocchio.
Si sentiva in colpa. Aveva sempre cercato di mantenere le promesse fatte, nella sua vita. Se si trattava di Hope, poi, tutto passava in secondo piano. Esisteva solo lei, la sua principessa. 
"Vado a parlarci…" Disse, gettando gli ultimi frammenti di vetro nella paletta e rimettendosi in piedi.
"No. Credo sia meglio farla calmare. Sta tranquillo, le passerà…"
Marron gli sorrise. 
Sapeva quanto fossero legati Trunks e Hope e immaginava quanto lui si sentisse mortificato. Anche lei, non avrebbe dovuto sgridarla così tanto… 


Era nel suo letto, raggomitolata sotto le coperte.
Arrivata in camera, si era tolta le scarpe e aveva deciso di andare a dormire senza cena. Non voleva vedere nessuno.
Ormai nessuno le voleva bene. Non dopo quello che aveva fatto, ma non riusciva a pentirsene. Sua nonna le aveva detto che i bambini piccoli rompono le cose, per cui lei voleva essere ancora una bambina piccola, se esser grande significava venir dimenticata.
Si era addormentata dopo poco, quel giorno aveva scorrazzato parecchio al centro commerciale con Bulma ed era molto stanca.
Tuttavia un rumore la fece destare. 
Qualcuno aveva calpestato il suo canarino di gomma e questo aveva suonato.
Non si mosse e fece finta di dormire.
"Piccola… sei sveglia?"
L'inconfondibile voce di suo padre le fece venir voglia di mettersi seduta e abbracciarlo. Gli voleva troppo bene, ma lui era stato cattivo. Non aveva mantenuto la promessa e voleva tenerlo sulle spine ancora per un pò.
"No!" Rispose, con la faccia sotto il cuscino.
Trunks sorrise.
"Incredibile… sai parlare anche mentre dormi?"
"Vai via!"
Sospirò… era proprio arrabbiata. Non gli aveva mai tenuto il broncio così tanto e in modo così ostinato. In fondo gliele dava tutte vinte.
"Dai Hope… cosa ho fatto di male?" Allungò una mano per accarezzare le poche ciocche bionde che emergevano dal suo piccolo nascondiglio.
"Sei cattivo…"
Se qualcuno gli avesse detto, anni prima, che una mocciosetta di tre anni sarebbe stata capace di spezzargli il cuore, si sarebbe messo a ridere. Eppure, quando aggiunse "Non ti voglio più bene!" fù proprio quello che provò.
"Non mi vuoi più bene per davvero?" Le chiese, senza smettere di giocare con quei capelli dorati.
Non rispose. Aveva detto una bugia. 
"Mi dispiace cucciola. Lo so che sei arrabbiata con me perché mi ero dimenticato di averti fatto una promessa…"
Si fece più piccolo che poté e si sdraiò accanto a lei, come di solito accadeva ogni sera. Si addormentava così, Hope, spesso ancor prima di ascoltare l'inizio del suo libro preferito, quello che voleva a tutti costi che le leggesse prima della nanna. 
Ma solitamente lei non gli dava le spalle, anzi, si accoccolava a lui come se avesse paura potesse alzarsi e andarsene.
Più volte Marron aveva provato a sostituirlo, ma Hope, nonostante fosse ugualmente tranquilla, impiegava almeno un'ora e tre interi libri illustrati per crollare. Era sua madre, la amava, ma il rapporto che aveva con Trunks era speciale e unico.
Quello che lui stesso non era riuscito ad avere con Vegeta ma aveva sempre bramato.
"Mi perdoni?" Le chiese, carezzandole la piccola schiena.
Attese qualche secondo. Era stanco, iniziava ad avere sonno. 
"Se domani ce ne andassimo al parco solo noi due? Lì c'è tantissima neve, possiamo fare tutti i pupazzi che vuoi…"
La sentì muoversi, iniziava a cedere. Era un osso duro quella bimbetta.
"E la mamma?"
Pian piano riemerse dal suo covo, con qualche ciuffo scompigliato. Puntò gli occhi azzurri dritti nei suoi, con una faccia tanto seria da sembrargli, per un momento, la sua Marron.
"Beh… se vuoi, possiamo portarla…"
"E' ancora arrabbiata?"
"Certo che no, piccola…"
La vide sorridere.
"Allora la portiamo!" E sorrise anche lui. Fece per abbracciare la sua bambina ma una strana sensazione lo fece bloccare. Con la mano stava toccando qualcosa di… umido.
"Ma che…?" Scostò le coperte e vide una macchia scura sul lenzuolo rosa.
"Hope ma… hai fatto la pipì a letto?" Le chiese, stupito.
Lei tornò a rabbuiarsi.
Crillin aveva ragione… era proprio gelosia. Da un anno non utilizzava più il pannolino e da subito era stata in grado di svegliarsi e andare in bagno anche in piena notte.
Non poteva essere una coincidenza.
"Sei arrabbiato?" 
Hope, con il capo chino e il pollice in bocca, guardò suo padre. L'aveva fatta di proposito nel letto… non voleva essere una bambina grande.
"Ma come faccio ad arrabbiarmi con te?" Gli toccava cambiare lei e il letto, nonostante fosse tardi, ma non voleva farle pesare la cosa.
"Papino?"
"Sì?"
"Sono ancora la tua principessa?"
Gli venne quasi da piangere per la tenerezza che provò in quel momento.
"E perché non dovresti, piccola?"
"E non ti scorderai di me quando sarà nato il fratellino…?"
L'attirò a sé e la strinse forte. Anche a trent'anni sarebbe stata la sua principessa. Non doveva nemmeno pensare di poter esser rimpiazzata. 
"Ti voglio bene piccola…" Le disse soltanto, abbracciandola.


Marron abbassò le luci del corridoio. Si era svegliata per andare in bagno ma non aveva trovato Trunks lì accanto. Erano le tre passate.
Scalza, per non far rumore, era andata in soggiorno sperando di trovarlo sul divano, ma lo scoprì vuoto. Poi le tornò in mente che era con Hope, quando si era messa a letto, e andò a controllare.
Scostò la porta e lo trovò lì, insieme a lei, in quel piccolo letto dalle lenzuola a fiori.
Di lato vide un groviglio di stoffe e i vestiti di Hope, sul cavallo del pantalone c'era una chiazza e capì subito ciò che era accaduto.
Era quasi mattina, svegliarlo sarebbe stato un sacrilegio visto il sonno profondo in cui era piombato, nonostante avesse la bambina praticamente sdraiata su di lui.
Scostò un ciuffo biondo dal visetto e si chinò a baciare la piccola fronte. Poi baciò lui.
Spense il lume e uscì dalla stanza sorridendo.
Non avrebbe mai potuto competere con Hope, nonostante Trunks le dicesse sempre che, se lei era la sua principessa, doveva pur esserci una regina.
"Spero che almeno tu sia mammone, tesorino…" Mormorò, accarezzandosi la pancia, mentre tornava nella sua stanza e, per quella notte, si coricava da sola.


Nota dell'autrice

Capitolo lunghetto, questo, e con una prospettiva abbastanza diversa... beh, sarà una raccolta Trunks/Marron, ma Hope non è in fondo entrambi?
Continuo a ringraziare chi legge e chi recensisce (anche se, noto, siete in calo... non vi vedo molto entusiasti della raccolta!).
Va beh, vedrò come vanno le cose...
Un abbraccio a tutti!

Sweetlove

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Capitolo 10
*** Voglia ***


Moments of life


Voglia



 

"Trunks!"
L'ora di svegliarsi. Atroce, puntuale come sempre. 
"Trunks!"
Di solito la sveglia non usava chiamarlo per nome, ma trillare insistente finché non allungava la mano per spegnerla.
"Trunks! Svegliati!" 
Aprì gli occhi di scatto e sollevò il capo. Era buio, ancora, e a destarlo era stata proprio lei!
"Oh Dio… che c'è? Stai male?!"
Magari fosse riuscito a destarsi tanto prontamente ogni mattina. 
"Ssssshhh! Sei matto? Non urlare così…" 
Marron gli tappò la bocca col palmo della mano, prima che svegliasse anche tutto il resto della casa.
"S-scusa… ma… che succede?"
Il giovane si mise a sedere sul materasso, sfregandosi il volto.
"Ho un problema…"
La guardò spaventato.
"Non mi dirai che…"
"Amore, mancano quattro mesi!"
"Dal modo in cui mi hai svegliato temevo stessi per partorire…" 
Sollevato, le poggiò una mano sul grembo tondeggiante ma ancora piccolo.
"No, non è per quello…"
"Ti senti poco bene?"
"No! Solo che…"
Marron esitò. 
"Solo…?"
"Ho una terribile voglia di gelato!"
Per poco il lilla non cascò all'indietro.
"C-cosa?! Gelato?! A quest'ora?!"
La vide annuire mortificata. Era già successo, ma mai a quell'ora della notte. 
"Avremo sicuramente del gelato in freezer… vado a prendertelo!"
"Uhm… Trunks…"
Stava già scendendo dal letto quando lo bloccò.
"Cosa?"
"Non credo ci sia…"
"Non mi dire che l'hai già mangiato tutto! Sai che non fa bene!"
La bionda scosse la testa.
"No, non l'ho mangiato… solo che ho voglia di gelato alla menta!"
Di nuovo, a Trunks cascarono le braccia.
'Perché le donne in attesa devono essere così complicate?!' Pensò.
"Tesoro, non credo ci sia. Domani manderò mia madre a comprarlo, te lo prometto!" 
Si stava già rimettendo sotto le coperte ma uno sguardo di ghiaccio lo costrinse a fermarsi.
"Io… io…" 
"Tu cosa? Sicura di star bene?"
"Ho bisogno di quel gelato. Adesso!"
Era un tono che non ammetteva repliche e riuscì ad intimorirlo neanche fosse stata suo padre.
"Non vorrai farmi uscire adesso?!"
"C'è altra soluzione?"
Sbuffò rumorosamente.
Maledetto il momento in cui aveva perso il controllo. Fosse stato più attento a quell'ora starebbero dormendo sonni tranquilli. 
"Dai Marron… dove lo trovo il gelato alla menta alle tre del mattino?!"
"Non ne ho idea, ma io, anzi, tuo figlio lo reclama! E sono sicura che non sopravviverò senza avere quella roba, hai capito?!"
Il tono alterato e allo stesso tempo disperato della ragazza lo convinsero ad alzarsi, a malincuore, e infilarsi il pantalone e la maglia che la sera precedente aveva gettato sulla poltrona ai piedi del letto.
"Considerala una prova d'amore questa…" Le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza, mentre ancora si allacciava le scarpe.
 
 
Era fuori casa da un'ora abbondante, faceva freddissimo ed era dall'altro lato della città. 
Ringraziava la capacità di volare, che suo padre gli aveva tramandato e insegnato all'età di cinque anni. Di sicuro l'avrebbe fatto lui stesso con suo figlio. Gli sarebbe servito, un domani, quando la moglie l'avrebbe costretto ad uscire di notte per una voglia stramba.
Sempre che quel bambino fosse maschio… altrimenti, aiuto! Marron era capace di ribaltare la casa intera, quando si arrabbiava. Una figlia come lei gli avrebbe accorciato la vita di vent'anni.
"Eccolo qui!" 
Il commesso del supermarket notturno uscì vittorioso dalla cella frigorifera con un barattolo in mano.
Trunks fece un gran sospiro di sollievo.
"Grazie al cielo…"
"Lei ha una faccia conosciuta…" Gli disse l'uomo di mezza età, dopo qualche colpo di tosse.
"Oh, ben… non saprei…" 
A Trunks non piaceva esser ricordato come presidente dell'azienda più importante del mondo.
"Certo! Lei non è… Brief! Il presidente della Capsule Corporation?" Una signora poco più anziana dell'addetto si fece avanti.
Iniziò a sentirsi a disagio. Aveva sonno, era stanco di correre da un negozio all'altro e voleva tornare a letto.
"S-sì… sono io. Potrei pagare adesso?"
"Oh, ma che onore! Ma come mai qui, a quest'ora di notte?"
Il commesso gli prese la carta di credito dalle mani e la strisciò in cassa.
"Ma che domande!" La donna non sembrava intenzionata a farsi gli affari propri "Quando un uomo esce di casa per comprare qualche cibo strano, sotto sotto c'è una moglie incinta… vero?"
Era ormai rosso e decisamente infastidito.
"S-sì, è così ma…"
"Oh, bello sapere che anche voi ricchi vi trovate in queste situazioni!"
Con tutto il rispetto che aveva per gli anziani, Trunks avrebbe voluto strozzare quella gallina tinta. A quell'ora, almeno lei, avrebbe dovuto essere a letto. Ma capì dalla bottiglia di gin che poggiò sul bancone il motivo della sua stravaganza. 
"Ecco a lei… e congratulazioni! Strano che i giornali non ne abbiano parlato…" L'uomo abbassò la voce "…almeno fino a oggi…"
'Splendido…' Pensò il Brief, guardando il soffitto e allontanandosi poi velocemente da quel posto dove sperava di non mettere più piede.
 
 
Marron si era placata dopo il primo cucchiaino. L'aveva ringraziato con un sorriso a trentadue denti ma lui già era crollato. 
Neanche un'ora dopo era suonata la sveglia ed era andato in ufficio, come tutti i giorni ma con le occhiaie ben visibili.
Aveva quasi dimenticato di esser stato in quel locale, ma un'occhiata al principale quotidiano gli fece sputare il caffè che, in pausa, stava sorseggiando.
"Ma che…?"
Lesse di nuovo il titolo dell'articolo.
'Il presidente della Capsule Corp. in attesa di un figlio illegittimo.'
"Oh, no…" Aveva detto soltanto, portandosi una mano in fronte.
L'articolo riportava la testimonianza di una signora perbene che, recatasi in un supermercato notturno per comprare delle aspirine al povero marito, l'aveva visto comprare del gelato. Ai suoi 'perché' aveva giustificato la cosa con una voglia della fidanzata incinta.
"Non ho parole…"
Era scettico soprattutto su quella 'signora perbene' e le sue 'aspirine'. Maledetta la sua incapacità di dire alla gente di farsi gli affari propri.
"Trunks!" 
Sobbalzò al rumore della porta che si spalancava e alla voce stridula di sua madre che entrava come una furia.
'Ha letto l'articolo…' Pensò, rassegnato.
"Mamma, non parlare per favore…"
"E invece io parlo! Che diavolo ci facevi in quel postaccio in piena notte?! E perché racconti gli affari tuoi agli estranei?!"
La donna appoggiò le mani sulla scrivania, sporgendosi con aria minacciosa.
"Guarda che non ho detto proprio niente! Quella vecchiaccia ha fatto tutto da sola…"
"Ma non mi hai risposto! Cosa sei andato a fare lì?!"
Il giovane sospirò.
"A comprare del maledettissimo gelato alla menta a tua nuora. Aveva una voglia e mi ha letteralmente buttato giù dal letto. Quel posto è l'unico dei tre aperti, a quell'ora di notte!"
Solo allora la donna parve calmarsi.
"Oh… ben…"
"Mamma, avranno gonfiato un po' le cose… ma in fondo, non è la verità?"
"Certo che lo è, ma avrei preferito non dare scandalo con questa cosa. E poi…"
"Poi…?" La esortò a continuare.
"Non è l'unico giornale. Ci sono tante versioni…" Il sorrisetto nervoso della donna gli fece intuire di essere in qualche situazione spiacevole.
"Ovvero…?"
"Beh, il giornale che ha letto Marron l'ha definita… una… come dire… prostituta?"
Spalancò gli occhi.
"Che stai dicendo?!"
"C'è scritto che hai messo incinta una prostituta e che adesso questa vive con te!"
"Ma non è vero!"
"Lo so che non è vero, Trunks!"
Il lilla si ravviò i capelli, sospirando.
"Non devono permettersi di dire certe cose. Non saremo sposati ma Marron è comunque la mia compagna e aspetta mio figlio!"
"Sono d'accordo. Farò causa personalmente a quella gentaglia… ma ti conviene andare a casa. Gli ormoni di Marron non hanno preso bene la cosa…"
Bulma prese il suo posto alla scrivania.
"Cosa devo aspettarmi?" Il figlio ebbe quasi voglia di pernottare in ufficio.
"Oh… nulla che tu non possa risolvere con un frappé agli spinaci…"
 
 
 
Nota dell'autrice
 
Diciamo che è lievemente autobiografica, questa! Mi ricorda qualcosa…
Comunque, spero che un po' di comicità vi abbia allietato la giornata (sempre che fosse storta… la mia lo era ma sono riuscita a farmi passare il nervoso scrivendo quest'altra os…).
E spero vi sia piaciuta!
Grazie ancora a tutti, e alla prossima.
 
Sweetlove
 

 

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Capitolo 11
*** Lingerie ***


Moments of life


Lingerie



 

Primo giorno di saldi. Grandi magazzini pieni di gente che si accalcava alle casse e frugava tra gli scaffali. 
Erano increduli, tutti impegnati ad assaltare il reparto abbigliamento lasciando il supermercato semi vuoto. Buon per loro. Avevano da attendere poco in coda, per pagare la spesa.
Non ci andavano spesso, Bulma faceva per dieci, voleva avere tutto sotto controllo, alimenti compresi, ma tra ufficio e impegni, ultimamente, si vedeva costretta a delegare quel compito al figlio.
Trunks, sin da bambino, era stato sempre felice di accompagnare mamma o nonna al centro commerciale. Fare la spesa lo rilassava, per cui, quando Marron gli chiedeva di accompagnarlo, accettava volentieri. 
Quel pomeriggio erano soli. La bambina era andata alla Kame House per il week end, cosa che da tre mesi si ripeteva a settimane alterne. Avevano tutto il tempo a disposizione, senza capricci tipici di una bambina di neanche due anni, che sicuramente avrebbe già scalpitato per avere le caramelle.
"Ci abbiamo messo pochissimo…"
Marron sembrava quasi dispiaciuta. Anche per lei fare la spesa non era un peso e soprattutto aveva un po' di tempo da trascorrere fuori casa con lui.
"Senza folla e senza Hope è tutto facilissimo!"
Il giovane le fece l'occhiolino. Sembrava contento.
"Andiamo a farci un giro?"
"A dire il vero dovrei andare a controllare la posta. Ci sono delle e-mail urgenti riguardo alcune riparazioni…"
La bionda storse la bocca. Come non detto… il suo turno non arrivava mai, se non lo prenotava con largo anticipo.
"Ok. Allora fai tu la fila. Vado al negozio di intimo a prendermi un reggiseno…"
Trunks la guardò.
"Un reggiseno? E per cosa?"
Si guadagnò un pizzico al braccio ma scoppiò lo stesso a ridere. Non poteva fare a meno di prenderla in giro.
"Sei proprio uno stronzo, sai?"
"E dai… sei tu che mi provochi!"
Incrociò le braccia al petto, indispettita.
"Per tua informazione non mi rifarò mai come le sgualdrinelle che ti giravano intorno in ufficio, tesoro!"
Lui si grattò la nuca, ancora ridacchiando.
"Non te lo chiederei mai…" La vide allontanarsi e fece un passo avanti. Ancora una persona e sarebbe toccato a lui.
"Ah… Marron!" La chiamò, ricordandosi qualcosa.
La vide voltarsi, a pochi passi da lui.
"Mi raccomando! Prendilo con i fiorellini!"
La vide avvampare e girare i tacchi furiosa. 
Non poteva farci niente… era troppo bella quando si arrabbiava.


"Stronzo…" Ripetè tra sé, ancora stizzita, mentre entrava nel negozio. C'era parecchia gente, colpa dei saldi, ma aveva proprio bisogno di sostituire parte dell'intimo. Non era fissata come Bra, infatti aveva ancora i reggiseni di quando viveva con i genitori. Ma forse erano un po' troppo consumati. E infantili… doveva ammetterlo. Avevano fantasie a fiori o con i cuoricini. Forse era il caso passasse a qualcosa di più… maturo, insomma. 
Si diresse verso lo scaffale dei modelli base. Ne prese in mano uno a caso, della sua taglia… aveva una seconda. Storse il labbro… eppure quel gran bastardo non sembrava disdegnare, nei momenti più intimi. E poi aveva sentito dire che la seconda è la taglia perfetta. 
Un semplice bianco sarebbe andato più che bene. Fece per andarsene e mettersi in coda, quando la sua attenzione fu catturata da un'altro espositore, quello dei completi intimi.
Si avvicinò, giusto per dare un'occhiata da vicino. Non si era mai soffermata più di tanto a pensare a come le sarebbe stato quello esposto. Solo l'idea, fino a un paio d'anni prima, la faceva arrossire. Non era proprio il tipo. Ma in quel momento aveva addosso solo una grande curiosità… e una gran voglia di vederlo strisciare ai suoi piedi, anziché prenderla in giro perché aveva il seno poco prosperoso.
Rimase in riflessione un paio di minuti… magari ne avrebbe preso uno meno appariscente. Ma quello di pizzo nero la stuzzicava non poco… 
Era troppo? Forse. L'avrebbe scoperto quella sera. Certo, dubitava di vederlo tanto scandalizzato da pregarla di andarsi a cambiare, anzi… sperava di dimostrargli una volta per tutte che di reggiseni a fiorellini non ne aveva più bisogno.
"Wow bellezza. Scommetto che ti starebbe da Dio…"
Quel commento giunse alle sue orecchie provocandole un brivido di paura. Era così assorta da non accorgersi che, dietro di lei, un ragazzo, forse poco più grande di lei, se la stava mangiando con gli occhi.
"Se sei indecisa potresti provarlo… poi io ti dico come ti sta!"
Aveva l'aria sfacciata e la lingua sciolta, il giovane. Marron arrossì per un momento. Era la prima volta che qualcuno ci provava spudoratamente con lei, ma la cosa non le diede troppo fastidio.
'Qualcuno non mi trova poi così acerba, Trunks…' Pensò, sorridendo.
"Ho già chi giudicherà… grazie lo stesso!" Rispose, senza neanche voltarsi. Prese la scatolina dallo scaffale e si diresse in cassa.


Aveva trascorso le ultime tre ore, salvo che il quarto d'ora dedicato alla cena, davanti al notebook. Non faceva che leggere e scrivere e-mail e ne aveva ancora altre venti da controllare. 
Una in particolare aveva catturato la sua attenzione e l'aveva letteralmente entusiasmato. Gli era stato chiesto da un importante socio di avviare, finalmente, la produzione della nuova air car, dato che avrebbe avuto bisogno del prototipo entro la fine del mese. Era letteralmente balzato sul materasso sul quale da poco si era spostato per terminare il controllo della casella di posta, visto che suo padre l'aveva sfrattato dal divano.
"Marron, indovina?!" Le chiese con entusiasmo, alzando la voce per farsi sentire, visto che era chiusa in bagno a farsi la doccia da più di venti minuti.
"Cosa?"
"Posso finalmente iniziare a lavorare sul nuovo progetto! Non è fantastico?"
Se avesse visto la faccia schifata e rassegnata della compagna sarebbe passata l'euforia anche a lui. 
"Certo… stupendo…" Rispose, con poco entusiasmo, mentre si spazzolava i capelli.
"Domani mi metto all'opera!"
"Domani è domenica! Non lavori!"
"Ma lo sai che per me è anche un hobby!" 
Sentì la porta del bagno aprirsi ma non alzò lo sguardo dallo schermo. Quasi gli bruciavano gli occhi.
"Come vuoi… vai pure a lavorare… anche adesso!"
La bionda si mise di fronte al letto, in attesa. Aveva indossato il completo appena acquistato e attendeva l'esito di quel primo, folle, tentativo.
Ma sembrava così preso da quella mail, tanto da non aver neanche guardato la sua donna con la coda dell'occhio.
"Ora ho da fare… te l'ho detto, inizierò domattina…"
Iniziò a spazientirsi. Possibile fosse trasparente, per lui? Anche così, con quel leggero strato di pizzo addosso?
"Che sei molto impegnato lo vedo…!" Fece qualche passo verso il suo posto, lentamente "Peccato. A quel ragazzo sarebbe piaciuto vedermi con questo addosso…".
Solo allora Trunks si riscosse.
"Quale ragazzo, scusa?!" Alzò la testa e per poco non gli venne un colpo. Dovette strizzare le palpebre per capire di non avere le traveggole.
"Beh, tesoro… ho semplicemente ricevuto dei complimenti. Non sono mica tutti come te…"
Era combattuto tra la voglia di saltarle addosso e quella di indagare su questo playboy da strapazzo.
"Me? E cosa ho fatto, scusa?" 
Aveva una faccia che Marron avrebbe voluto fotografare. Un ebete, o pesce lesso. L'aveva in pugno, nonostante si ostinasse a controbattere.
"Come? Non sei tu quello che mi prende in giro per le tette piccole e i reggiseni con i fiorellini?"
Trunks si mosse, scostando dalle gambe il computer e facendolo quasi cadere a terra.
"Sai che scherzo…" Le disse, avvicinandosi, inebriato da tanta bellezza.
"Oh, certo… solo quando ti conviene…" Lei indietreggiò fino al comò sul quale appoggiò la schiena "…anche adesso scherzi?"
Non le rispose. Continuò ad osservarla e dovette mandar giù un grumo di saliva. Il sangue gli ribolliva già nelle vene. 
"Ti vedo in difficoltà, amore…"
"Non credevo di vederti così… così…"
"Donna? Beh, dietro fiorellini e taglie piccole può comunque esserci una donna… o mi sbaglio?"
Che spettacolo aveva davanti. Forse avrebbe dovuto prenderla in giro molto, molto prima. Era la sorpresa più grande ricevuta da lei. 
"Non dovevi leggere le tue preziosissime e-mail, Trunks?" Gli chiese poi, sorridendo maliziosa, mentre continuava ad avvicinarsi.
"Per stasera ho finito…"
Agguantò la sua spalla.
"E domani?"
"Anche…"
'Però…' Pensò Marron, mentre le loro bocche si incontravano '…devo tornare in quel negozio. Se è l'unico modo per distrarlo!'.


Nota dell'autrice

Un po' di pepe non guasta. Marron ne ha da vendere…
Ancora grazie e grazie e grazie, lettori e recensitori!
Vi aspetto, come sempre, al prossimo aggiornamento!

Sweetlove

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Capitolo 12
*** Principino ***


Moments of life


Principino



 

Asciugò la fronte con il dorso della mano guantata, sospirando mentre contemplava la sua opera. 
Aveva assemblato quella air bike in meno di un'ora. Un record personale, da registrare negli annali della Capsule Corp.
Però, nonostante la soddisfazione, era esausto e bisognoso di una lunga e rigenerante doccia, anche perché Marron, in quelle condizioni, non l'avrebbe nemmeno fatto entrare in camera da letto.
Menomale che in laboratorio sua madre aveva fatto installare già da parecchi anni una spaziosa doccia, quindi non gli restò che togliersi la tuta da lavoro e i boxer e infilarsi sotto il getto caldo, senza nemmeno curarsi di gettare gli abiti sporchi dentro il cesto con altri camici e vesti unte d'olio.
Non vedeva l'ora di salire in casa e sedersi a tavola, aveva una fame da lupi. E poi rilassarsi sotto le lenzuola insieme alla sua Marron. Voleva trascorrere una serata tranquilla, finalmente, dato che Hope era in gita con l'asilo e sarebbe rincasata il giorno dopo, a quarantott'ore dalla partenza. Lo zoo della città del Sud era davvero meraviglioso e nonostante fosse un padre molto apprensivo non aveva saputo dir di no a quegli occhioni speranzosi. E poi le insegnanti erano tutte molto brave, sicuramente sarebbero riuscite a star dietro a dei ragazzini di neanche quattro anni.
Tolse ogni residuo di sapone e chiuse il rubinetto, afferrando l'asciugamano lì accanto. Si asciugò velocemente e, con ancora i capelli umidi, s'infilò gli abiti puliti che, quel pomeriggio, aveva sfilato per far posto alla tuta arancione. Era finalmente pronto e spense le luci, dirigendosi verso la scalinata di metallo.
Fischiettò qualcosa mentre saliva ed apriva la porta di casa. Si sorprese nel trovare lì solo sua sorella e il suo amico.
"Oh… ciao!" Disse soltanto, accorgendosi di averli interrotti. Doveva essere un bacio da guinness, quello in cui erano impegnati.
"Trunks… già a casa?" Bra lo guardò, senza sconvolgersi più di tanto. Non era la prima volta che suo fratello li beccava. Stavano insieme da tre anni, lei e Goten, e doveva averci fatto l'abitudine.
"Ho finito prima. Marron?"
Goten sorrise.
"Sinceramente non è uscita per niente, oggi. Volevo salutarla!"
Il lilla corrugò la fronte, ricontrollando l'orologio.
"Ma sono le sette e mezza… a quest'ora, se non c'è la mamma, è già ai fornelli!"
Bulma era partita tre giorni prima per lavoro e sarebbe rincasata solo il giorno dopo. Miracolosamente, era riuscita a portarsi dietro il marito. Una casa intera solo per i giovani Brief e compagni.
"Non so che dirti!" 
Bra lo liquidò così prima di fiondarsi nuovamente sulle labbra dell'innamorato. A Trunks faceva ancora un certo effetto vedere la sorellina baciare quel soggetto del suo amico… ma meglio lui che qualche insulso terrestre, come, sorprendentemente, aveva detto suo padre dopo lo shock iniziale.
Girò i tacchi, percorrendo lentamente il corridoio. Era sicuro che l'avrebbe trovata addormentata, come già era accaduto un paio di volte.
Quella gravidanza, giunta ormai agli sgoccioli, la stancava parecchio. 
Quando era incinta di Hope, al contrario, aveva energia da vendere, dato che trascorreva tutto il tempo a letto. Adesso avrebbe dato un rene pur di riposarsi qualche ora, visto che la piccola, spesso gelosa, reclamava l'attenzione di sua madre come mai nella sua breve vita, e la bionda cercava di accontentarla.
Aprì la porta della camera lentamente, per non fare troppo rumore, ma la scoprì vuota.
"Marron…?" La chiamò, sorpreso. Si accorse della porta del bagno chiusa e si avvicinò.
"Sono qui…" Difatti, la risposta non tardò ad arrivare.
"Ah, credevo fossi scappata!" Sorrise, recuperando dal comodino il cellulare, dimenticato quella mattina. Ci stava poco dietro, tutto quel che aveva era sotto quel tetto, poco gli interessava il resto.
C'era un messaggio di sua madre che gli ricordava di spegnere le luci dei laboratori. Cosa che aveva già fatto.
"Va tutto bene?" Chiese poi, poggiando di nuovo l'apparecchio. Da quanto era lì dentro?
"S-sì…"
Non andava tutto bene. 
Aprì la porta, incurante di come l'avrebbe trovata. Rimase sorpreso nel vederla seduta sul bordo della vasca, con una faccia poco felice.
"Sicura?" Le chiese, inginocchiandosi per guardarla in faccia e baciarle la guancia.
Annuì poco convinta.
"Marron, ti conosco… so quando menti… cosa c'è?" Le prese la mano, accorgendosi del suo enorme sforzo nel respirare profondamente.
"Trunks… credo… credo di avere un attacco di panico!" 
Il Brief inclinò leggermente la testa. Che cosa strana!
"E perché mai? E' successo qualcosa, oggi?"
La vide sollevare lo sguardo e cercare i suoi occhi. 
"Mi… mi si sono rotte le acque…"
Dovette mandar giù più volte la saliva che gli si formò nel giro di tre secondi.
"C-cosa?"
"Mezz'ora fa…"
"E perché non hai avvertito?!" 
Trunks aveva una faccia sconvolta e anche leggermente alterata.
"Ho avuto paura… ho paura! E' successo nello stesso punto in cui ruppi le acque l'altra volta! Sembra quasi un presagio… un…"
"Basta! Smettila!" La interruppe, prima che quello sfogo si trasformasse in una reale crisi di panico, che sicuramente avrebbe contagiato anche lui "Ora ti calmi, ok? E andiamo…"
"Andiamo dove?" 
"In clinica! Ovvio! Oppure vuoi farlo nascere qui, questo bambino?!"
Il Brief si alzò, si accorse che gli tremavano le mani per l'agitazione. Ma qualcuno doveva pur rimanere lucido visto che era solo, non c'era neanche Bulma, la roccia della famiglia, e Marron sembrava poco collaborativa.
Dietro la porta della stanza c'era la valigia, già pronta da due settimane. Ne mancavano altre due, ma anche Hope era nata in anticipo di dieci giorni.
Si accorse di aver pensato una cosa terribilmente sbagliata, in quel momento. Si era ripromesso di non fare paragoni tra i due parti, ma sembrava tutto troppo simile!
Si accorse dei due asciugamani buttati a metà strada tra il letto e la finestra e si riscosse. Doveva sbrigarsi a portarla in ospedale.
"Sei pronta?" Le chiese, tornando in bagno e trovandola in piedi, di fronte al lavandino.
"No… non sono pronta!"
"Mi dispiace, tesoro, devi per forza esserlo. Non hai scelta!"
"E se dovessi…" 
Le mise una mano sulla bocca, prima che dicesse qualcosa di veramente terrificante.
"Non succederà. Lo sai… sei stata tu, mesi fa, a rassicurarmi. Andrà tutto bene, stavolta…"
Si sforzò di sorridere, più per convincere sé stesso che lei, e l'abbracciò. 


Trunks respirò profondamente. Aveva avuto un attacco di panico ed era stato costretto ad uscire per riprendersi.
Quella sala d'attesa era inquietante, quella sera. Non c'era un'anima, se non il suo amico di sempre, che l'aveva obbligato a sedersi e a bere un po' d'acqua.
"Come va? Ti sei ripreso?" Gli domandò, guardandolo mentre, ad occhi chiusi, tornava a respirare normalmente.
"Più o meno…" Il Brief si passò le mani sul volto. Sollevò poi le palpebre e guardò il grande orologio proprio di fronte a lui. Le ventidue e quaranta. Erano lì da più di due ore e tutto stava procedendo in maniera regolare e rapida.
"Come procede lì dentro?" Il moro fece cenno alla porta che conduceva alla sala parto.
"Mi ha già detto che mi odia un paio di volte. Per cui credo non manchi molto…" Riuscì a sorridere, ricordando l'espressione assatanata di Marron mentre si contorceva letteralmente a causa delle contrazioni, sempre più vicine e dolorose, e l'afferrava per la collottola.
Anche Goten si fece una risata, immaginando già la scena. 
"Poverina…" Aggiunse, guardandosi le scarpe.
Trunks sospirò ancora.
"Torno dentro. Non sia mai che quella peste sgusci fuori proprio ora…" Si alzò in piedi e prese a camminare verso la porta.
"Trunks!" La voce di sua sorella lo fece bloccare.
"Bra… ma dov'eri?" Quasi aveva dimenticato della sua presenza. La vide porgergli un caffè.
"Giù al bar. Credo tu ne abbia bisogno. Sarà una lunga notte…" Aveva l'espressione preoccupata ma allo stesso tempo eccitata. 
"Oh, grazie…" Mandò giù la bevanda in un unico sorso "…Ma spero vivamente che finisca al più presto!"
La turchina gli sorrise. Immaginava quanto fosse preoccupato.
"Va da lei. Ho già avvertito mamma e Crillin. Credo che tra poco saranno qui…"
Trunks le rispose con un sorriso, prima di entrare nuovamente in quell'ala che tanto odiava.
Nonostante fosse un'altro ospedale, privato questa volta, avrebbe avuto per sempre un odio profondo nei confronti delle sale parto. Proprio in una di quelle, neanche quattro anni prima, si era spenta la sua Marron. Solo un generoso drago namecciano aveva posto rimedio a quel dramma. Si era ripromesso di non metterla mai più incinta, per non rischiare, ma quel bambino era un fuori programma dovuto a un goccetto in più durante una festa alla Kame House.
Un urlo straziante gli fece accapponare la pelle. Riconobbe in quel lamento la sua donna e si fiondò nella stanza senza indugi.
"Marron…" Mormorò, sperando di non sentirsi di nuovo male. 
Era sdraiata sul letto e sembrava stremata.
"Voglio subito qualcosa per il dolore! Trunks, dammi qualcosa!" La sentì gridare e quasi non la riconobbe. 
Aveva partorito Hope senza quasi un lamento. Ora sembrava volesse strangolare ostetriche e infermieri.
"Adesso chiediamo di nuovo, sta tranquilla…" Le disse, accarezzandole i capelli.
"Non sto tranquilla! Fa un male boia! Ed è tutta colpa tua!"
Trunks lottò violentemente con la voglia di ridere. Sembrava un film, credeva che nelle pellicole le scene di parto fossero gonfiate. Si sbagliava… eccome!
L'ostetrica si avvicinò nuovamente. Una breve ma intensa visita e sorrise.
"Niente medicine… non c'è tempo!"
"Come…? Come niente medicine?! Io non resisto, per favore!"
La bionda aveva spalancato gli occhi ormai lucidi e si era quasi seduta sul letto. 
Tutta la paura che aveva aveva lasciato il posto alla rabbia nei confronti degli uomini. Possibile loro non dovessero patire quell'inferno? Era un dolore bestiale, forse tre volte più intenso di quello provato durante la nascita della prima figlia.
Lì non l'avevano inchiodata in un letto, poteva gestire il dolore nella posizione in cui era più comoda, ma era davvero ingestibile, rilassarsi era impossibile e restare calma un'utopia.
"Voglio un cesareo!"
"Non si può… il bambino sta già uscendo!"
"Allora l'eutanasia! Basta che finisca!"
Trunks era al limite. Doveva essere forte, ma si sentiva peggio di prima. Non poteva abbandonarla nel momento più importante, ma solo sapere che quel dolore era così forte da farle desiderare la morte, dopo i trascorsi, lo uccideva.
Guardò di nuovo l'ostetrica e la vide sorridere ancora. 


"Bra! Goten!"
Il silenzio che era calato in quel reparto era stato bruscamente interrotto da quattro individui trafelati e sudati. Dovevano aver fatto i sette piani di scale a piedi. L'unico non affaticato era Vegeta, e sembrava anche abbastanza nervoso. Evidentemente non aveva gradito esser buttato giù dal letto solo dopo mezz'ora di sonno.
"Mamma… parla piano!" La ragazza si alzò in piedi, assieme al fidanzato. 
"Dov'è? Sta andando tutto bene?"
"Mia figlia sta bene?"
"Ti hanno detto qualcosa?"
"Ci vorrà ancora molto?"
Spalancò gli occhi a quella valanga di domande. Crillin e Bulma sembravano fuori controllo.
"Hei, calma!" Goten arrivò in suo soccorso "Sedetevi, per favore! Sembrate due pazzi!"
"Goten, siamo preoccupati! Parlate, cosa sapete? Sta soffrendo molto Marron?"
L'ometto sembrava prossimo all'infarto. Era l'una di notte e avevano cercato di arrivare prima possibile.
"E Trunks? E' agitato? Sta bene?"
Bulma era impaziente quanto il consuocero. E preoccupata, sia per la nuora che per il figlio.
"Mamma, va tutto bene…"
Bra sorrise, disorientandoli.
"Il nostro ometto è nato già da un'ora!"


Marron non riusciva a credere di averlo fatto un'altra volta. 
Aveva tra le braccia quel cucciolo addormentato e le sembrava ancora surreale. 
Aveva sofferto come un cane, nonostante il travaglio fosse durato solo tre ore. Terribile quella sensazione, che già la volta precedente l'aveva traumatizzata. La carne che si lacera e il senso di impotenza durante quelle spinte che sembrano la tua unica ancora di salvezza.
Eppure, nonostante tutto, era lì e aveva con sé il suo trofeo. Il suo bellissimo trofeo. E avrebbe rifatto tutto altre mille volte.
"Tutto bene?" 
Trunks era seduto accanto al letto, e come lei non smetteva di fissare quel piccolo sayan così simile a lui.
"Tutto benissimo amore…" Marron voltò appena il capo e lo baciò di nuovo. Era felice, raggiante. Proprio come una neo mamma.
Le sacche di sangue che erano state appositamente riservate per lei non erano servite. Conferma del fatto che la tragedia consumatasi nell'altro ospedale era stata solo frutto del caso.
"Trunks…" Lo chiamò, come ricordandosi qualcosa di molto importante "…scusa…"
"E per cosa?" Il giovane corrugò la fronte.
"Per averti insultato e per averti detto che ti odio…"
Sembrava imbarazzata e divertita allo stesso tempo.
"Oh, figurati!" Le baciò la tempia "Me lo sono meritato…"
"Faceva davvero malissimo…"
"Me ne sono accorto!"
La bionda posò di nuovo lo sguardo su quel fagottino, che aveva aperto gli occhi e agitava le manine.
"Ti somiglia tantissimo…" Disse, rapita da quel visetto dall'espressione corrucciata ma allo stesso tempo adorabile.
"E' vero. Non serve il test del DNA quindi…" Le fece l'occhiolino e la baciò ancora, sorridendo, ma uno strano rumoreggiare li fece bloccare e allungare il collo verso la porta.
"Oh, no… sono già qui!" Marron era imbarazzata, avevano sicuro corrotto qualche infermiera pur di riuscire ad entrare nel reparto a quell'ora di notte. Ma anche felice, non vedeva l'ora di mostrare ai nonni quell'angioletto.
"Si può?" La zazzera bruna di Goten fece capolino per prima. Aveva già visto il bambino, quando l'avevano portato in camera, ma ci teneva comunque a salutare Marron. 
"Entrate…" Li esortò il lilla, con una faccia tra il divertito e il rassegnato.
La stanza singola si riempì in un istante.
"Papà! Non l'hai neanche visto e già piangi?" Marron vide suo padre tentare di nascondere i lacrimoni.
"No… avevo solo un moscerino nell'occhio!" L'ometto finse indifferenza ma vedere sua figlia viva e vegeta con quell'altra creatura tra le braccia l'aveva letteralmente messo ko.
"Come stai tesoro?" Bulma si avvicinò per prima.
"Beh… bene, credo…" La giovane fece spallucce. In effetti lì in basso era messa maluccio, ma si sentiva discretamente.
"Mamma mia, sembri uscita da una spa!" Doveva essere un complimento. Anche se ciò che aveva provato in sala parto era tutto fuorché rilassante e rigenerante. 
"Grazie… comunque, nonni, questo è vostro nipote!"
Marron scostò appena il lenzuolino in cui era avvolto il suo cucciolo e lo mostrò a tutti, sorridendo intenerita da quello sguardo e dalle facce di suocera e padre. Anche Diciotto e Vegeta lo guardarono, ma tentarono di nascondere la loro emozione.
"Oh mio Dio!" Bulma dovette distogliere lo sguardo. Era davvero identico al suo Trunks appena nato. Le venne letteralmente da piangere… e dire che non si lasciava andare mai.
"Una è andata…" Commentò divertito il Brief, aspettando la reazione di Crillin. Questo fissò il nipotino senza piangere ma con un gran sorriso. Finalmente un maschio, dopo Marron e Hope!
"E' bellissimo…" Disse soltanto, cercando di non commuoversi di nuovo. 
"Sei stata bravissima Marron…" Goten le fece l'occhiolino e lei ricambiò. Era bello avere accanto anche un amico.
"E come si chiama questo marmocchio?" Diciotto sorrise a sua figlia. Non era una madre molto espansiva, ma bastò a farle capire quanto era orgogliosa di lei. E soprattutto felice di vederla sana e salva.
Marron rimase un momento disorientata, e guardando Trunks si accorse che anche lui pareva alquanto smarrito.
Non avevano ancora scelto il nome di quella creatura!
"Marron, direi che stavolta tocca a te…" 
Il lilla allungò la mano e sfiorò un piedino di suo figlio. Lui aveva scelto il nome della primogenita, era giusto che anche lei scegliesse un nome per la progenie.
"Sicuro?"
Annuì e le sorrise. Avevano discusso più volte riguardo papabili nomi e avevano deciso che l'avrebbero trovato al momento giusto. Ora non gliene importava più. Gli sarebbe piaciuto qualsiasi nome avesse scelto. Suo figlio era nato sano e bello e solo questo era importante.
Marron abbassò lo sguardo sul suo bambino, dopo aver guardato uno ad uno i presenti.
"Trunks…" Disse, sorridendo.
"Trunks?" Ripetè lui, incredulo.
"Sì. Trunks…" Marron sospirò. Era perfetto. Ma non aveva finito.
"Trunks… Vegeta… Crillin…"
Il suo bambino era bello come il padre, aveva la coda grazie a suo nonno ed era tranquillo come Crillin. 
Non aveva saputo trovare nome più giusto.
"Trunks Vegeta Crillin Brief…" Trunks ripeté il nome di suo figlio, compiaciuto. Funzionava.
"M-Ma sei sicura?" 
Di nuovo, gli occhi di Crillin si riempirono di lucciconi. Quelli di Vegeta, invece, brillavano di stupore e gioia.
"Sì. Siete i tre uomini che gli trasmetteranno qualcosa…"
Marron guardò di nuovo l'amore della sua vita, stringendo più forte a sé quel nuovo dono.
"Per tutti Junior…" Aggiunse, e lo baciò.
Una nuova vita li attendeva.
E non vedevano l'ora di viverla.


Nota dell'autrice

Fluff a volontà. Ma anche humour, spero. Non sono così bastarda con Marron, credevate la facessi morire di nuovo? Assolutamente no!
Che dite? Il nome dell'erede maschio vi piace? Sinceramente non avevo uno straccio di idea… con Hope è stato molto più semplice (anche grazie a Mirai Trunks e alla sua macchina del tempo…) ma con questo… beh. Un Trunks in miniatura come si può chiamare? E un po' di soddisfazione per i nonni… ci sta!
Spero di non avervi delusi!
Alla prossima e… recensite!

Sweetlove

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Capitolo 13
*** Alcol ***


Moments of life


Alcol




Pioveva a catinelle e alcuni tuoni avevano illuminato a giorno la stanza. L'ora di cena era quasi arrivata e quella sera, come succedeva periodicamente, le due famiglie si sarebbero riunite. Anzi, Bulma aveva proposto di andare a mangiare fuori e aveva prenotato in un ristorante costosissimo a base di piatti fusion. 
Ma loro due erano ancora seduti a parlare. Non erano ancora riusciti a trovare un accordo. 
"Allora?"
La bionda iniziava a spazientirsi. In più un giramento di testa l'aveva costretta a stendersi per qualche minuto sul letto.
"Io dico che dovremmo aspettare!"
Il lilla fece spallucce, rimanendo della sua idea.
"Tesoro… quanto ancora vuoi aspettare?"
"Almeno un altro mese!"
Marron sgranò gli occhi.
"Ma… ma… se si vede già ora! Tra un mese sarò enorme!"
Indicò il rigonfiamento sotto la maglietta. 
Era entrata nella tredicesima settimana, settimana di transizione tra il terzo e il quarto mese. L'aveva detto a Trunks solo due settimane prima, quando era stata certa di essere incinta e questa volta senza poter correr rischi.
L'aveva presa bene, nonostante lo shock iniziale e la preoccupazione, ma quando aveva appreso che la gravidanza procedeva a gonfie vele e che Marron avrebbe potuto addirittura continuare a lavorare si era rilassato. Non voleva farle vivere un'altra volta l'attesa sotto una campana di vetro.
Il giovane fissò quel ventre ormai visibilmente gonfio. La corporatura esile della sua donna non aiutava di certo a mascherare il suo stato.
"Beh… su questo hai ragione…"
"Non sono stupidi, capiranno che sono incinta. E di certo non metterò quei camicioni enormi per nasconderlo!"
"Nessuno ti ha chiesto di farlo, Marron!"
Trunks si era reso conto da pochi giorni che avrebbe avuto a che fare con ormoni impazziti per altri sei mesi, ancora una volta. 
"Allora? Glielo diciamo stasera?" Insistette Marron, tirandosi leggermente su per riprendersi.
"Beh… ecco…"
"Perché hai paura?! Cosa c'è di tanto sbagliato?!" 
La bionda iniziava davvero a perdere la pazienza e a sentirsi mortificata. Non era stato programmato neanche quel figlio, ma c'era e l'avrebbe amato con tutta sé stessa. In fondo, erano praticamente marito e moglie, nonostante non si fossero ancora ufficialmente sposati.
"No amore, non è sbagliato ma… ecco… tuo padre…"
Lo vide pasticciare nervosamente con le mani. Chiaro segno: doveva esser successo qualcosa tra quei due. 
"…Mio padre?"


"Bella serata eh?" 
Crillin l'aveva colto in un momento d'assenza, perso tra i pensieri.
"Ah… già, si sta davvero bene…"
Era uscito sulla veranda della Kame House con la scusa di far addormentare la bambina, che ronfava ora beatamente nel suo passeggino, ma aveva indugiato lì, rapito dal suono delle onde e dal cielo stellato. Una tiepida serata estiva.
"Sei fuori da parecchio. Va tutto bene?"
L'ometto sorseggiava l'ennesima birra e sembrava abbastanza brillo.
"Sì, tutto bene. Tu piuttosto, non hai alzato un pochino il gomito?"
"Ragazzo, andiamo! Non sarà una cassa di birra a farmi ubriacare!" 
Le gote già arrossate tradivano quell'affermazione.
"Ok… se lo dici tu…"
Trunks lo trovava abbastanza buffo.
"Mia figlia deve aver preso da me! Regge l'alcol molto bene!" Aveva singhiozzato, Crillin, ancor prima di finire la frase.
'Speriamo di no!' Era stato il pensiero del giovane Brief, mentre scrutava attraverso la finestra la sua donna, che con in mano il cocktail sembrava molto presa e divertita dal discorso che stava facendo con Bra e Goten.
"Tieni! Bevine una anche tu!" L'ometto gli stappò una bottiglia che schiumò appena oltre il bordo.
"A dire il vero io…"
"Coraggio! Tanto passerete qui la notte! Non devi mica guidare!"
In effetti, Trunks non si lasciava andare un po' da parecchio tempo. L'ultima volta che aveva bevuto un birra in più risaliva ad almeno quattro anni prima, quando il venerdì sera si concedeva libera uscita con l'amico.
Eppure sarebbe stata la quinta birra. Reggeva bene l'alcol ma non avendo bevuto da parecchio…
'Al diavolo…' Aveva pensato, afferrando la bottiglia e portandosela alla bocca.
"E tanti auguri a Muten!" 
Avevano brindato e avevano scolato la bevanda quasi in una sorsata. Faceva davvero caldo.
"Sai Trunks, ogni tanto mi torna la paura…"
Doveva essere andato, Crillin, visto che quella frase non aveva alcun collegamento con i discorsi precedentemente affrontati.
"Paura?"
"Sì… di perdere Marron. Se tu non fossi andato su Namek…"
A Trunks ricordare quel periodo faceva male, ma erano felici, finalmente, e nulla avrebbe potuto minare quella serenità.
"E' acqua passata!"
"Non se resterà di nuovo incinta… cosa che tu eviterai, vero?"
'Che razza di discorso…'
Eppure anche la sua mente iniziava ad annebbiarsi.
Non aveva mai parlato di un probabile secondogenito a Marron, e nemmeno si sarebbe immaginato di doverne parlare con suo suocero. Eppure stava accadendo.
"Certo. Niente figli!" Aveva detto, sorridendo, senza darci troppo peso.
"Bravo. Hope fa per tre, comunque…" Crillin aveva carezzato la guancia rosea della nipote, prima di rientrare in casa e stappare l'ennesima birra. Aveva incrociato proprio Marron, diretta verso il compagno.
"Amore!" Aveva esclamato, saltandogli al collo "Dov'eri? Ti ho cercato dappertutto!"
"Qui, proprio qui piccola…" L'aveva baciata, mentre già sentiva uno strano calore pervaderlo.
"Credo di aver bevuto un po' troppo…" Marron aveva ridacchiato, mentre apriva la mano mostrando le cinque dita.
"Cinque? Wow… che cattiva ragazza!" Era sceso a baciarle il collo, inebriato dal suo profumo.
"E tu?"
"Cinque anche io…" A quelle parole, l'aveva afferrata per la vita e si era librato in volo fino alla finestra del primo piano. Era aperta e vi entrarono senza far rumore.
"E poi sarei io la cattiva ragazza…" La bionda l'aveva guardato con malizia, mentre la depositava sul letto e si stendeva accanto a lei.


"Anzi… ripensandoci… è successo proprio la sera in cui ti ho messa incinta!"
Marron sgranò gli occhi. L'aveva intuito. Solo quella volta si era ubriacata, in vita sua.
"Tu hai detto a mio padre che non avremmo avuto altri figli?!"
"Era ubriaco, io mezzo brillo! A malapena mi ricordo di quel discorso!"
La bionda lo guardò sconvolta. Poi scoppiò a ridere.
'Ormoni…' Pensò Trunks, rassegnato.
"Scusa se rido, amore, ma immagino la tua faccia quando papà ti ha chiesto di non mettermi più incinta!"
"La immagino anche io… per fortuna ci ha pensato la birra a rendermi meno ridicolo!"
"E a mettermi incinta meno di un ora dopo!"
Risero insieme, stavolta. Se Crillin avesse saputo che, in parte, ridevano anche di lui…
"Comunque… è successo. Di certo non posso tenere segreta la gravidanza a lungo. Diciamolo e basta. Mio padre capirà…"
"Ok. Ma se fa scenate me ne vado!"
"Ci penserò io, Trunks! Ora muoviti, tra mezz'ora dobbiamo uscire!"


Erano ancora seduti a tavola, nonostante la cena fosse finita da un pezzo. Il giorno seguente nessuno si sarebbe dovuto alzare presto, per cui avevano pensato bene di concludere la serata con un'altra bottiglia di vino rosso.
Hope dormiva già, con il corpo sulla sedia e la testolina appoggiata sulle gambe di suo padre, che sembrava più silenzioso del solito.
"Trunks, tesoro, qualche problema? Ti vedo strano…"
Bulma, trangugiato un altro bicchiere di vino, diede una gomitata al figlio, che quasi sobbalzò.
"N-no… va tutto bene, perché?"
"Sembri una mummia stasera! Non hai toccato neanche un po' d'alcol!"
"Non è obbligatorio bere, mamma!"
Marron, seduta accanto a Hope, si portò le mani alla bocca per nascondere un sorriso divertito. Era arrivato il momento giusto per parlare…
"Ehm… siete ancora abbastanza lucidi? Avrei una cosina da dirvi!"
Si tolse il tovagliolo dalle gambe e prese a giocare con l'orlo.
"Certo, cara. Ma sbrigati… questo vino non è leggero…"
Crillin si riempì di nuovo il bicchiere e riprese a centellinare la bevanda.
"Beh… papà, innanzitutto vorrei chiederti di bere un po' meno. Fai dei discorsi alquanto strani, da ubriaco!"
"Ma che discorsi fai, Marron? Io non mi ubriaco mica! E poi cos' avrei detto di tanto sconvolgente?"
Marron guardò Trunks per un momento, che la supplicava con gli occhi di arrivare al sodo e lasciar perdere quello che era successo quella sera.
"La sera del compleanno del nonno, quando ti stavi scolando una birra dopo l'altra e hai parlato con Trunks… ricordi cosa gli hai detto?"
L'ometto corrugò la fronte e tentò di ricordare.
"Al compleanno di Muten… ho parlato con te, Trunks? Non mi sembra!"
Il lilla sollevò un sopracciglio.
"Ok… era ubriaco…" Disse soltanto alla compagna, sempre più divertita.
"No, no, aspettate… magari quella sera ho alzato un po' il gomito ma ora voglio sapere cosa ti ho detto… non ti avrò mica offeso Trunks?"
Il giovane scosse la testa e fece spallucce.
"Lascia perdere, Crillin… Marron, ti prego…"
"Gli hai chiesto di non mettermi incinta, papà!"
Diciotto voltò la testa verso la figlia e Bulma fece lo stesso, facendole cenno di abbassare la voce. Ormai erano abituati a parlare piano, quando si toccavano alcuni argomenti. Hope aveva le orecchie molto lunghe…
"Dorme." La rassicurò Trunks, carezzando i capelli biondi di sua figlia e sorridendo mentre la vedeva succhiarsi il pollice. Vizio che non sarebbe stato facile togliere.
"Crillin, hai davvero detto una cosa simile?!" Il ciborg lo guardò sconvolta.
"I-io?! Mai!"
"In vino veritas…" Marron gli sorrise con una punta di acidità "…ma non è questo ciò che avevo da dire!"
"E no tesoro, ora voglio sapere!"
"Papà, tu, sbronzo, hai detto a Trunks che non avremmo dovuto avere altri figli… nient'altro! Magari dicci cosa ne pensi a riguardo, ora che sei lucido… ancora per poco!"
La ragazza poggiò il tovagliolo sul tavolo e fissò suo padre. Voleva proprio sapere se quel detto, in vino veritas, era fondato oppure no.
"C-cosa dovrei pensare? Ciò che pensiamo tutti, credo… che visti i trascorsi… non sarebbe un' idea geniale avere altri figli…"
Marron sollevò un sopracciglio.
"Quindi dovrò portarmi dietro questa cosa per il resto della mia vita, vero?"
Trunks la vide cambiare espressione. Ne avevano parlato, entrambi volevano buttarsi quella brutta storia alle spalle, ma per qualcuno la cosa risultava troppo difficile da capire.
"Non è come dici tu, Marron… ma poi cosa vuol dire tutto questo, ora? Perché parlare di questo adesso?"
Crillin si sentiva parecchio a disagio, nonostante Bulma fosse sicuramente dalla sua parte. Diciotto e Vegeta non facevano testo, visto che entrambi sarebbero stati molto più a loro agio a casa, da soli.
"C'è sempre la buona occasione, papà. Altrimenti di cosa ti piacerebbe parlare? Del tempo? Fuori piove e fa freddo…"
"Marron…" Trunks desiderava più di ogni altra cosa concludere quel discorso. Gli sembrava di esser tornato indietro nel tempo. Possibile dovessero annunciare l'arrivo di un figlio sempre durante qualche lite?
"Cosa?"
"Crillin…" 
"Cosa…?"
"Dateci un taglio!" Sbottò, nervoso, tanto da far sobbalzare la bambina.
L'ometto e la figlia lo guardarono, poi si fissarono e sospirarono.
"Ha ragione lui… finiamola qui…" Disse il primo, sorridendo, sperando di poter continuare in allegria quella serata.
"Va bene. Finiamola qui. Solo…" Marron si schiarì la voce, più per prendere tempo che per reale bisogno.
"Solo?" La incitò Bulma, mentre si versava un' altro bicchiere.
"Solo che sono… siamo… insomma, aspettiamo un' altro figlio…" Si fermò solo per vedere i loro occhi puntarsi tutti su di lei, compresi quelli del sayan più anziano.
Un lungo istante di silenzio seguì quella preziosa confessione.
Trunks credeva che Crillin l'avrebbe rincorso per l'intero ristorante con una bottiglia rotta in mano.
"C-c-che?" 
L'uomo fissò sua figlia, rendendosi conto di aver perso la capacità di parlare.
"S-sei incinta?"
La turchina, rovesciate due dita di vino sulla tovaglia ecrù, si decise a poggiare il bicchiere.
"Sì. Ho praticamente finito il terzo mese e… era giunto il momento di dirvelo, ecco…" Tornò a giocherellare con il tovagliolo, ma i loro sguardi pesavano troppo sulla sua testa.
"Terzo mese?! E lo dici solo ora?" Diciotto intervenne, scioccata più per quel' ultima rivelazione che per il fatto di diventar nuovamente nonna. 
"Mamma… volevo evitare che diventaste, anzi, che papà e Bulma diventassero fonte di stress, almeno i primi mesi. Anche Trunks l'ha saputo da sole due settimane…"
La turchina e l'amico si guardarono. Avrebbero contestato se un moto di buon senso e consapevolezza riguardo la loro pesantezza non li avesse bloccati e fatti sospirare.
"Avresti dovuto dircelo comunque, Marron…" Bulma scosse debolmente la testa, ancora incredula "…ti avrei aiutata di più con Hope e…"
"Il lavoro! Come fai col lavoro? Non ci vai più, spero…" 
Erano già partiti alla carica, constatò Marron, e guardò Trunks supplichevole.
"Credo fosse questo ciò che intendeva, ragazzi…" Disse il Brief, sforzandosi di sorridere.
Bulma e Crillin si guardarono di nuovo. Altro sospiro. Altro giro di auto-pentimento.
"Scusa… scusa, non sarò opprimente. E nemmeno tuo padre lo sarà, vero?"
L'uomo annuì, concordando con ciò che l'amica aveva appena detto. O almeno sperava di riuscire a non esserlo…
"Menomale. Io sto benissimo, il bambino sta ancora meglio. Posso continuare a lavorare e Hope… beh, lei per ora non sembra capire perfettamente cosa sta succedendo…"
"Davvero stai bene? Nausea, vertigini…?"
Bulma la scrutò meglio. Sembrava davvero più bella. E poi, quasi al quarto mese… possibile che pur avendola in casa non se ne fosse accorta?
"Poche. Per fortuna…"
"Comunque, cara… o sono cieca io, oppure sei tu a non essere ingrassata!"
Trunks corrugò la fronte.
"Mamma, davvero non ti sei accorta di niente?!" 
"Certo che no! Potrei essere così sorpresa, altrimenti?"
Marron ridacchiò e nel guardare suo padre, ancora profondamente sconvolto, scosse la testa. Non sarebbe mai cambiato.
"Beh… credo sia ora di andare. Inizia ad essere tardi…" Disse, guardando l'orologio e poi sua figlia, ancora profondamente addormentata.
Trunks sollevò la bambina, mettendosela sulla spalla, e si alzò in piedi così come gli altri.
"Stasera offro io!" Disse, tirando fuori la carta di credito. Era pur sempre un festeggiamento, quello.
"Certo che siamo ciechi!" 
Solo allora Crillin tornò a parlare e tutti si voltarono a guardarlo.
"Che vuoi dire?" Diciotto lo squadrò, credendo fosse impazzito tutto d'un tratto.
"Guarda lì!" Indicò il grembo tondeggiante di Marron, ora in piedi.
"Beh… ora che lo sappiamo… devo dire che si nota!" Bulma ridacchiò nervosamente.
"Nota? E' evidente, mamma!" Trunks rimise a posto la carta, appena restituita dal cameriere, ma si guadagnò un'occhiataccia dalla compagna.
"Stai forse dicendo che sono grassa?!"
'Avevo scordato gli ormoni…' Pensò. 


Nota dell'autrice

Eccomi qui, ho tardato anche stavolta nell'aggiornare ma sono super sommersa!
Altra perla che spero vi sia piaciuta quanto le altre. Ringrazio i lettori e i recensitori per gli apprezzamenti al capitolo scorso… siete adorabili!
Che altro dire? Alla prossima!

Sweetlove


 

 

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Capitolo 14
*** Paura ***


Moments of life


Paura

 


Se ne stava ancora sdraiato sulla sabbia in quella calda notte d'agosto. Le mani giunte dietro la nuca e lo sguardo fisso sul cielo. Mai aveva visto le stelle così splendenti, da quando era nato.
In città, le luci artificiali quasi oscuravano quello splendore, ma lì dov'era c'erano solo loro, in quella piccola casa, su quell'altrettanto piccola isola. Tutta per loro per qualche giorno. 
Se lo meritavano, dopo tanto stress. E dovevano stare un po' soli, visto che non era stato loro permesso per troppo tempo.
A breve le loro vite sarebbero state stravolte e in modo permanente… stare soli sarebbe stata un'utopia e a malapena si conoscevano, nonostante condividessero già qualcosa di tanto grande.
Un paio di notti di libertà, come le aveva definite non volendo chiamarlo ancora 'amore', si erano rivelate fatali. Era incinta. Nessuno sapeva ciò che era accaduto in quel fine settimana di 'riunione', una comitiva che periodicamente organizzava rimpatriate, ora alla Kame House, ora sui monti Paoz, ora alla Capsule Corporation. Di solito era Bulma, sua madre, a preparare tutto, avendo a disposizione tanto spazio e, sì, tanti soldi per riuscire a sfamare umani e sayan e a far avanzare anche molto cibo.
Se quella sera Goten non li avesse lasciati soli nulla sarebbe successo. Ma sarebbe stata davvero la giusta strada? Sempre tutto uguale, sempre solo con il suo lavoro, il suo amico e la sua famiglia?
Gli era sempre mancato qualcosa… qualcuno. E quel qualcuno, incredibilmente, si era rivelato lei. La piccola Marron, diventata improvvisamente donna e bella.
Non era ancora riuscito a capire come gli fosse passato per la mente, quella sera al parco, di baciarla. Forse per gioco, ma se avesse tenuto la lingua a posto, nel vero senso della parola, ora sarebbero ognuno a casa propria.
Ma di nuovo quella domanda. Lo voleva davvero?
Mai si era sentito tanto bene… averla al proprio fianco gli dava come un senso di completezza. Lo faceva sentire libero e… uomo. Nemmeno l'importante carica di Presidente dell'azienda più rilevante al mondo gli aveva mai dato una simile sensazione… anzi. Si sentiva parecchio a disagio con quel completo, seduto dietro quella scrivania, sommerso di carte, impegni, interviste. 
Eppure non riusciva a capacitarsi di ciò che era accaduto negli ultimi due mesi. Non riusciva a credere che fosse successo con lei, che non aveva mai considerato come una papabile compagna. A dire il vero non aveva mai pensato di accasarsi… era fuori dai suoi programmi, al momento. Invece…
"A cosa pensi?"
Non si era accorto di averla lì, a pochi passi, in avvicinamento. 
Voltò appena il capo, continuando a porsi quella domanda. 
'Davvero sarebbe stato meglio se quella sera fossimo rimasti nelle nostre stanze?'.
"A niente. Guardavo le stelle…"
"Da casa mia si vedono bene, quasi quanto qui…" La vide sorridere e sedersi lì accanto, raccogliendo le ginocchia al petto e alzando lo sguardo come lui.
"Dalla mia no. Peccato."
"Sono soltanto stelle, comunque. Che le vediamo o meno, restano lì…"
Marron sollevò le spalle e sospirò. Lui la fissò senza farsi vedere. Che stesse pensando anche lei la stessa cosa?
Quell'interrogativo gli martellava nella mente da quella mattina. Quando, destatosi dopo un incubo, non l'aveva trovata al suo fianco, nel letto. Si era prima assicurato, ancora ansante, che nella stanza non ci fossero ben tre bambini urlanti. Poi si era messo in piedi e l'aveva cercata… quel sogno l'aveva inquietato non poco. Era solo con tre figli, senza essere in grado di calmarne neanche uno. E, soprattutto, con la voglia di scappare e abbandonarli sulla riva del mare, sapendo che questo li avrebbe inghiottiti senza pietà. In sogno, non aveva avuto nemmeno un attimo di esitazione. Tornato alla realtà aveva provato una sensazione di… smarrimento. Smarrimento e dolore, per aver solo vissuto nel sonno quella brutta esperienza. Lui, che sentendo di padri killer ai notiziari aveva disgusto.
"Marron…"
La chiamò, con un pizzico d'esitazione.
Lei si voltò, guardandolo con quegli occhi azzurri, grandi e meravigliosi. 
"Cosa c'è?" 
Non capiva come fosse possibile, ma sentiva che quella notte di 'libertà' era diventato in poche ore qualcosa di molto più grande.
No. Non era pentito. Sentiva nel cuore una strana sensazione, mai provata prima, che gli chiudeva lo stomaco e allo stesso tempo lo rendeva forte come un Dio.
Che fosse davvero l'amore?
Le aveva detto 'ti amo' quel giorno, forse per darle coraggio e affrontare quella vita nuova che le si prospettava. Ma non era sicuro al cento per cento.
Ora sì. Era sua, la sua donna, e l'amava. 
"Tu sei… pentita di quello che hai fatto?"
Glielo chiese, direttamente e senza girarci attorno.
La vide cambiare espressione, quasi intristirsi.
"Pentita…? A dire il vero…" Marron abbassò lo sguardo. Non le piaceva mentire.
"Puoi dirlo. Sai più di me che sono state bruciate parecchie tappe… è legittimo."
"Tu lo sei, allora?" Chiese di rimando.
"Dipende…"
"Idem per me. Per alcune cose no, per altre sento di aver fatto qualche errore…"
Trunks si mise a sedere, avvicinandosi a lei. Doveva capire ciò che pensava di loro, prima di aprirsi e confessare la sua più grande paura.
"Non avresti voluto stare con me?"
La bionda alzò di nuovo lo sguardo, puntando di nuovo gli occhi nei suoi. La vide scuotere la testa, abbozzando un piccolo sorriso.
"No… quello no, anzi. Sono troppo felice con te…"
Nessuno gli aveva mai detto una cosa simile, in tutta la sua vita. Sentì quel nodo allo stomaco sciogliersi e la voglia irrefrenabile di stringerla e baciarla, ma si trattenne, regalandole solo un sorriso e facendole capire che anche per lui era così.
"Però… avrei preferito aspettare… sono felice di avere un bambino, ma non credo fosse il momento."
Era arrivata al punto.
Entrambi amavano quella creatura, senza dubbio. Ma averla tra le braccia dopo soli nove mesi di fidanzamento… beh, molto, molto precoce. Anzi, si poteva benissimo dire che quel bambino era stato concepito ancor prima del loro amore.
"Era questo che intendevo." Disse, sospirando, Trunks, tornando serio e abbassando lo sguardo sulla sabbia bianca.
"Ma lo voglio comunque questo figlio, Trunks!" Marron mise subito le mani avanti, credendo di essere fraintesa. Nel momento stesso in cui quel test era diventato positivo aveva iniziato ad amare quell'esserino, sentimento che era cresciuto a dismisura quando, giorni prima, aveva fatto la prima ecografia. Aveva sentito quel cuoricino battere e il suo, per un momento, si era fermato.
"Anche io…" Nemmeno lui voleva che capisse qualcosa di sbagliato. La attirò a sé, lasciandole poggiare il capo sulla sua spalla. 
"Ti senti pronto, tu, Trunks?" Gli chiese a bruciapelo, dopo un lungo minuto di silenzio.
No. Non si sentiva pronto. E sapeva bene che mai si sarebbe sentito all'altezza, neanche se l'avesse messa incinta dopo dieci anni di matrimonio.
"Devo risponderti subito?" Le baciò la fronte, mentre un brivido gli percorreva la schiena.
"Perché no…?" 
"Perché non lo so nemmeno io…"
Lei ridacchiò, una risatina dal retrogusto amaro.
"Se non lo sai, significa che non sei pronto."
"Perché, tu lo sei?"
"Devo esserlo per forza."
"Lo stesso vale per me…"
Il lilla fece spallucce, sperando di averle detto abbastanza.
"Per gli uomini non è lo stesso. Voi potete prendere e andarvene. E i figli rimangono alle madri…"
"Davvero mi credi capace di questo?" Le chiese, non sapendo se offendersi o spaventarsi.
"No, non ho detto che lo farai. Solo che non saresti il primo, ecco."
Trunks, per un momento, fece finta di nulla. Ma all'improvviso un altro brivido gli percorse la schiena.
Eccola, la sua paura, riemergere prepotente.
Qualcuno, ciò che Marron aveva appena detto, l'aveva fatto.
Un sayan egoista ed egocentrico era andato via, lasciando una terrestre dai capelli turchini e bella come una dea sola, incinta e disperata.
Non poteva ricordarlo, era troppo piccolo, praticamente un embrione, ma aveva percepito quella sofferenza per i primi otto anni della sua vita. Nonostante quell'uomo fosse tornato, nonostante un Trunks di un'altra epoca l'avesse cambiato, nonostante all'età di cinque anni l'avesse avvicinato per allenarlo… non avrebbe mai voluto essere come lui, con suo figlio. 
Tutti sapevano cos'era accaduto tra Bulma e Vegeta, tutti avevano sempre visto Trunks come un piccolo 'errore', come se la sua nascita fosse qualcosa di proibito e terribilmente sbagliato.
Sua madre stessa, con le poche e brevi attenzioni che gli riservava, gli aveva sempre fatto capire di esser stato un errore. Tentava di essere materna, a volte, ma non ci riusciva. Non era capace di impressionarsi quando, alla fine di ogni allenamento, usciva da quella stanza con lividi, graffi e, spesso, ferite anche gravi. Non sapeva come consolarlo quando, triste, vedeva la figura di suo padre allontanarsi. Perché a quel padre, nonostante tutto, aveva sempre voluto bene.
L'aveva sempre ammirato. Vegeta, con la sua forza e il suo carisma, suscitava in lui un'attrazione magnetica. Ne era orgoglioso. Ma lottava per ricacciare indietro le lacrime, alla sera, nel suo letto, ripensando al pomeriggio che, come premio per essere stato bravo durante la sessione di allenamento, suo padre gli aveva concesso al parco.
Non bastava stare su un'altalena. Vedeva gli altri padri spingere i loro figli, giocare con loro, abbracciarli, consolarli e medicare un ginocchio sbucciato.
Perché lui non poteva avere un padre normale? E perché sua madre non diceva nulla, ne faceva qualcosa per compensare quelle mancanze?
Era un bambino fin troppo intelligente, Trunks. E aveva capito subito, quel brutto giorno in cui un mostro rosa minacciava di sterminare l'intera popolazione, che l'abbraccio tanto atteso che suo padre gli stava regalando doveva significare qualcosa di ancora più brutto.
Quando si era svegliato, dopo la botta inflittagli da chi avrebbe dovuto accarezzarlo, aveva saputo che era morto.
Aveva pianto, rivoleva suo padre, ma poco era cambiato quando un drago magnanimo l'aveva riportato in vita. Erano passati gli anni, non gli ringhiava più contro come una bestia feroce. Ma era rimasto sempre il figlio non voluto e messo da parte. Sensazione che era cresciuta a dismisura quando era arrivata la tanto attesa e cercata sorellina, Bra, che amava tanto ma che invidiava terribilmente.
A lei nessuno aveva tirato pugni e calci.
Lei veniva spinta sull'altalena da suo padre.
A lei era concesso tutto ciò che gli era stato negato.
Ma era felice lo stesso, le voleva bene e desiderava con tutto il cuore che non soffrisse.
"Trunks… ci sei?"
La voce di Marron lo riscosse. 
Era immerso in quei pensieri, tanto da aver chiuso gli occhi mentre respirava profondamente.
Gli era sembrato di esser di nuovo un bambino, che va a letto da solo, senza un bacio della buonanotte e senza nessuno che gli rimboccasse le coperte.
"Sì… ci sono…"
"Guarda che non intendevo offenderti, prima… lo so che non mi lasceresti mai in questa situazione."
Il giovane trovò la forza di sorriderle.
Come poteva farlo? Come poteva infliggere al suo stesso sangue la stessa punizione?
"Lo so. Pensavo ad una cosa…"
La strinse di nuovo a sé e si rese conto di quanto fosse bello poter abbracciare qualcuno in libertà, e al tempo stesso sentirsi meno solo. 
Se poi quel qualcuno lo si amava, ancor meglio.
"Cosa?"
"Che questo bambino è come me. Nato per caso… ma voglio essere per lui un padre migliore di quello che ho avuto io…"
Marron sollevò la testa per guardarlo. Non voleva toccare quel tasto. Era scritto sui muri che Vegeta fosse un tipo abbastanza strano e con un passato nero alle spalle, ma Trunks, sin da bambino, ne aveva sempre parlato come di un eroe.
"Credevo tu ne fossi felice…" Si azzardò a dirgli, scrutando quelle iridi azzurre e coperte da un velo di tristezza.
"Io li amo, sono i miei genitori. Ma il modo in cui mi hanno cresciuto… lascia a desiderare…"
"Non ti è mancato nulla." Constatò lei. Aveva una montagna di soldi, un buon posto di lavoro, un ottimo nome.
"Mi è mancato l'amore, Marron. Non che non mi vogliano bene… ma non l'hanno mai dimostrato, specialmente mio padre."
Non l'avrebbe mai detto, Trunks Brief, che avrebbe confidato qualcosa di tanto segreto e intimo a qualcuno. Doveva essere una persona davvero speciale… unica. 
Altra conferma, quella. L'amava, ed era libero di aprirsi completamente a lei. 
Non l'avrebbe mai additato, lo sapeva, né deriso. 
"Hai una buona occasione per fare di meglio, allora…" 
Marron si strinse più forte a lui. Provava un immenso dispiacere. 
"Ho paura di non riuscirci…"
L'estrema verità era venuta a galla, finalmente.
Neanche il migliore psichiatra sarebbe stato in grado di tirarla fuori.
La giovane sollevò per l'ennesima volta il capo e gli prese il volto tra le mani.
"Ci stai già riuscendo. Sei qui con me… non ti sei tirato indietro. E ti preoccupi già per lui. Credo possa bastare…" 
Si fissarono qualche istante. Trunks poi le sorrise, ancora, e si sporse per baciarla.
Aveva ragione… sarebbe stato un buon padre. Avrebbe abbracciato suo figlio ogni giorno, l'avrebbe spinto sull'altalena, gli avrebbe rimboccato le coperte ogni sera e asciugato ogni lacrima.
Sperava solo che quella creatura riuscisse ad amarlo tanto quanto lui amava suo padre Vegeta.


Nota dell'autrice

Oggi è molto malinconica e a tratti depressiva.
Però mi sono accorta di non aver mai scritto su Trunks e i suoi dubbi nel diventare padre. Specialmente con un padre come Vegeta (che io adoro, ma non si può negare che uno sforzino in più nei confronti del figlio poteva farlo, ogni tanto!).
Spero non mi lapidiate!
Vi abbraccio!

Sweetlove

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Capitolo 15
*** Crisi di coppia ***


Moments of life


Crisi di coppia


 


Si sistemò la maglietta per la terza volta in quel pomeriggio. Ormai le sembrava di non fare altro. Da quando quella peste, alla tenera età di tre mesi, aveva iniziato a lamentarsi per il primo, precoce, dentino, non faceva che chiederle di poppare. E come se non bastasse aveva smesso di bere l'unico biberon della giornata, quello che era stata costretta a dargli come aggiunta al mattino visto che quel quarto di sangue sayan era stato sufficiente a fargli ereditare tutto l'appetito del nonno paterno. Lei era una 'povera terrestre', come l'adorato suocero l'aveva definita, non in grado di soddisfare quel monello. 
E così si ritrovava quel marmocchio urlante attaccato al petto quasi ogni ora, facendole tornare alla mente i primi giorni a casa, quando, appena nato, già mostrava di essere un piccolo tiranno, quasi alla pari di sua sorella.
"Chi me lo ha fatto fare…" Mormorò, dolcemente, carezzando i sottili capelli violacei e osservando quel visetto ormai rilassato. Si alzò piano, sperando di non svegliarlo ora che, finalmente, aveva ceduto al sonno. Lo mise nella culla e rimase un attimo lì, assorta. Era stanca, molto stanca. Dormiva poco e niente, a breve sarebbe tornata a lavorare e forse questo, paradossalmente, l'avrebbe aiutata a rilassarsi. Aveva scoperto dal primo giorno a casa con entrambi i bambini che averne due poteva essere davvero molto stressante. Hope, come qualsiasi bambina di quattro anni, aveva ancora bisogno di lei. E ovviamente, da quando l'aveva vista con Junior in braccio per la prima volta, le si era attaccata come una piccola cozza. Non che le dispiacesse, anzi, dopo quattro anni di coccole richieste a gran voce a suo padre, vedere sua figlia finalmente bisognosa delle sue attenzioni era quasi una soddisfazione. Ma ne aveva due da gestire, e la cosa era terribilmente destabilizzante.
Tre mesi erano trascorsi lentamente, tra un capriccio e un pianto, tra una nottata in bianco e le influenze che entrambi i piccoli si erano beccati.
Per lei e Trunks c'era stato davvero poco, pochissimo tempo. E la cosa iniziava a pesarle.
Sembrava che importasse solo a lei… quasi non si vedevano più, nonostante vivessero insieme. Aveva avuto l'impressione che il compagno si chiudesse sempre più a lungo nei laboratori quasi di proposito. Non era tanto il gestire da sola i bambini quanto la sua assenza che la faceva stare male. E quando alla sera si ritrovavano a letto era già tardi, molto tardi. 
Sospirò, affranta. Era felice, certo, ma iniziava a mancare qualcosa di fondamentale. Il rapporto con Trunks. Sembrava stesse andando a rotoli tutto quanto, nonostante non litigassero poi così spesso e per motivi seri. Erano più bisticci dovuti allo stress e alla stanchezza, che il giorno dopo entrambi dimenticavano. 
Ma vivere così era pesante.
E quella mattina aveva avuto un'altra delusione. Non ricordava più neanche le date importanti… era altrove, disinteressato. Un altro.
Erano trascorsi esattamente cinque anni dal loro primo bacio. E, assurdamente, dal concepimento della loro Hope. Era comunque il loro anniversario, nonostante non avessero ancora pronunciato quel tanto atteso 'sì', l'avevano festeggiato ogni anno, ma quella mattina lui nemmeno l'aveva salutata. Si era alzato all'alba per correre a fare chissà quale riparazione in laboratorio e non l'aveva svegliata.
Dire che c'era rimasta male era poco.
Aveva chiesto a Bulma cosa avesse, ma l'aveva vista rispondere con un'alzata di spalle.
La delusione si era trasformata in rabbia nel giro di poche ore. Soprattutto quando, riuscendo finalmente a sentire la sua voce attraverso l'altoparlante, aveva appreso che non sarebbe risalito nemmeno per il pranzo.
E aveva finito per non mangiare nemmeno lei, a causa dei nervi.
Marron ripensò a quella giornata, partita proprio col piede sbagliato. Ma doveva almeno cercare di aggiustarla. Essere nervosa non l'avrebbe aiutata, ne lei ne i suoi figli.
"Mamma…"
La voce di sua figlia la riportò alla realtà proprio mentre, come un'automa, usciva dalla camera da letto e si chiudeva la porta alle spalle.
"Hei, piccola!" Le sorrise. Quanto era bella la sua bambina. Bella e dannata, l'aveva spesso definita, con una mente che a tratti pareva malvagia quanto quella di Diciotto e Vegeta.
"Quando andiamo al parco?"
La donna corrugò la fronte. 
'Accidenti… me n'ero dimenticata!' Pensò. Aveva promesso alla figlia che quel pomeriggio l'avrebbe portata ai giardini.
"Oh… ben, tesoro… Junior si è appena addormentato. Che ne dici di giocare un po' qui in casa?"
L'espressione di Hope le fece letteralmente contorcere le budella. Era pericolosa, quella bambina.
"Tu avevi detto che saremmo andati al parco!"
"Lo so, tesoro, ma…" S'inginocchiò, cercando di mettersi alla sua altezza "…tuo fratello si è addormentato solo ora…"
Il solito broncio adorabile.
"E' sempre colpa sua! Vorrei che sparisse!"
La vide voltarsi e correre nella sua cameretta, sbattendo la porta. Sentì persino la serratura scattare.
Sembrava avesse quindici anni anziché quattro.
La bionda sbuffò e si alzò rassegnata sentendo già i primi vagiti di suo figlio, destato dal trambusto appena causato dalla primogenita.
'Che giornata da schifo…'. 


C'era voluta mezz'ora per calmare Junior e un'altra mezz'ora per convincere Hope ad uscire dalla sua stanza. Doveva ricordarsi di toglierle la possibilità di chiudersi dentro, era ancora troppo piccola.
Alla fine erano usciti, in direzione del parco, come aveva promesso alla sua bambina, che ancora le teneva il broncio.
"Hope, dobbiamo tenere questo musetto per tutto il pomeriggio?" Le chiese, ormai giunti all'ingresso dell'immenso parco centrale.
"Lo terrò finché non riporti Junior in ospedale!" Era stata la pronta risposta della piccola, che non esitò a mollarla lì per correre verso i giochi.
Marron scosse la testa, con una faccia divertita e al tempo stesso rassegnata. 
Non fosse arrivato per caso, sicuramente avrebbe aspettato altri dieci anni prima di dare un fratellino a Hope.
Guardò gli occhioni blu di suo figlio, tutto preso ad osservare gli alberi e gli uccellini dalla sua carrozzina, e sorrise. Poteva essere difficile e sfibrante, ma essere mamma le piaceva. Quei due piccoli impiastri erano tutto ciò che di bello la vita le avesse dato. E che le sarebbe rimasto se le cose avessero continuato ad andare così…
A quel pensiero gli occhi le si inumidirono. Sedette su una panchina, meravigliandosi di ciò che la sua mente maledetta le aveva appena suggerito.
Lei e Trunks non si sarebbero mai lasciati. Per niente al mondo.
Ma era giusto stare insieme solo per i bambini? Vivendo quella vita, da cui ormai lui sembrava volesse scappare?
Sospirò, allungando la mano per farsi afferrare il dito dal piccolo.
Gli somigliava davvero tanto. 
"Tu non puoi ancora andare sulle giostre, cucciolo…" Gli disse, sforzandosi di sorridere, ma ci riuscì solo per poco. Si sentiva molto ma molto giù di morale. E nonostante quei due bambini, molto sola. 
Era troppo abituata ad averlo accanto… quelle assenze così prolungate la facevano sentire persa.
Dove aveva sbagliato? 
L'aveva trascurato solo perché non aveva un attimo per respirare. Farsi la doccia era una corsa contro il tempo, così come cercare di dormire tre ore di fila.
Aveva partorito da soli tre mesi e iniziava solo ora a riprendersi. Junior era nato grande e, col senno di poi, avrebbe preferito i punti di un cesareo piuttosto che quelli che le avevano dato per rimetterla a posto.
Erano riusciti ad avere un solo, squallido, rapporto. Cinque minuti d'orologio, chiusi a chiave nel bagno, sul lavandino. E aveva anche pianto per il dolore.
Che aveva da rimproverarsi? Cosa gli aveva fatto mancare?
Scosse la testa e gettò un'occhiata a Hope, in fila per scivolare. Almeno a lei era tornato il sorriso.
Possibile fossero passati già cinque anni? Ma la crisi di coppia non doveva essere del settimo anno?
Tutte stronzate.


"Merda!"
Goten sobbalzò. Si era appisolato sul tavolo mentre ancora l'amico smanettava su una strana macchina. Gli aveva spiegato tutto: utilizzo, caratteristiche, danni. Ma quella notte se l'era spassata troppo tempo con la sorella del suo insegnante e il sonno, a quell'ora, si faceva sentire.
"Che ti prende?!" Il moro sollevò un sopracciglio, col batticuore.
Il rumore di una chiave inglese che cadeva sulle piastrelle gli fece passare del tutto la stanchezza.
"Ho fatto una grande carognata!" Il lilla sembrava sconvolto. Guardava fisso avanti a sé, trafelato. Goten si accorse che fissava il calendario.
"Ma… stai bene?"
"Se non mi ucciderà lei non appena mi vedrà…" Trunks si sfilò i guanti da lavoro, riprendendo colorito.
"Ma si può sapere che le hai fatto?" Il giovane Son, che per amore di Bra e Chichi si era deciso a imparare un mestiere, sembrò ben lieto di interrompere quel noioso pomeriggio da assistente di laboratorio.
"Ti spiego dopo!" Lo vide recuperare il telefono dal tavolo di lavoro e dirigersi verso la scalinata interna.
"M-ma… mi lasci qui?!"
"Io oggi ho finito! Chiudi tutto!"
Trunks sparì ben presto dal seminterrato. Corse lungo le scale. Doveva assolutamente porre rimedio al gran casino che aveva fatto. Non aveva scuse, dimenticare il loro anniversario era assolutamente imperdonabile.
"Marron!" Aprì la porta d'ingresso, travolgendo quasi suo padre, appena uscito dalla camera gravitazionale.
"Hei! Vuoi stare attento?!" Fù il suo ringhio rabbioso.
"S-scusa papà! Devo correre da Marron!"
"Inutile che ti affanni. E' andata via circa un'ora fa con i mocciosi…" Il Principe gli diede le spalle e riprese il suo cammino in direzione della cucina.
'E' andata via…? E ora dove la trovo!'
Si portò una mano sul mento e rallentò, dirigendosi verso la camera da letto. Di solito quando usciva gli lasciava sempre un biglietto sul comodino. Ma non trovò nulla, se non un pannolino sporco lasciato distrattamente accanto al lume.
Inutile chiamarla sul cellulare. L'aveva già individuato sull'altro tavolino. Si chiedeva cosa gliel'avesse regalato a fare, il Natale scorso.
"Pensa Trunks!" Si ravviò i capelli con la mano e guardò fuori.
Poi l'illuminazione. Era uscita portandosi dietro anche Hope. E giusto pochi giorni prima si era reso conto di riuscire a percepirne l'aura, nonostante non fosse ancora sviluppata. 
Chiuse gli occhi, sforzandosi e cercando la presenza di sua figlia.


Marron guardò l'orologio. Iniziava ad essere tardi, Junior era già inquieto e il parco andava via via svuotandosi.
"Hope!" Chiamò, sollevando lo sguardo. Rimase sorpresa nel non vederla più sull'altalena.
"Hope…" Si alzò in piedi, facendo qualche passo verso le giostre, non prima di aver preso in braccio il piccolo.
Nessuna risposta. 
Il cuore prese a batterle più forte nel petto. Era così immersa nei suoi pensieri che aveva perso di vista la bambina già da un pezzo.
Ne sentiva di cotte e di crude dai notiziari. Che fosse o meno una sayan, Hope era una bambina di quattro anni, non sapeva combattere. Poteva essere ovunque, magari in pericolo.
"Hope! Dove sei?" La chiamò più forte, guardando sotto lo scivolo, dietro l'aiuola, tra i cespugli.
Niente.
Si passò la mano libera tra i capelli, mentre Junior iniziava a piangere. Si maledì per non aver portato il cellulare. Doveva chiamare qualcuno. Trunks, o direttamente la polizia.
Aveva perso sua figlia al parco, mentre già il sole tramontava. Non c'era più un'anima, lì.
"Hope… ti prego non scherzare!" Provò a chiamarla un'ultima volta.
Silenzio.


Trunks aveva percepito l'aura di sua figlia sempre più vicina. Aveva sorvolato un breve tratto della Città dell'Ovest, nascondendosi tra i vari tetti visto che si era tenuto a bassa quota.
Si stupì nel dover oltrepassare il parco, dato che era sicurissimo di trovarli lì.
Si guardò intorno, credendo di vedere non solo la testolina bionda della sua bambina, ma anche Marron, che magari la teneva per mano mentre spingeva la carrozzina.
Eppure, atterrando nel punto in cui sentiva l'aura della piccola in maniera palpabile, non vide niente di niente.
Era la zona retrostante al parco. La zona morta, dove di solito si accampavano per la notte barboni e delinquenti d'ogni tipo.
"Ma che…" Mormorò, confuso. Era sicuro di saper percepire le auree perfettamente, ormai. Quella di Hope proveniva da lì.
"Hope…? Marron?" Provò a chiamare, guardandosi intorno.
Un rumore lo fece sobbalzare. Le foglie di un cespuglio si mossero in un violento fruscio e vi si avvicinò.
"Hope?!" Scorse a terra il corpicino di sua figlia. Terrorizzato allungò le braccia per sollevarla. Che fosse ferita?
"Papà?!" Gli occhioni azzurri della piccola si spalancarono e lo osservarono.
"Tesoro ma che ci fai lì in mezzo?!"
Trunks la tirò fuori e la osservò meglio. 
"Stavo giocando e mi sono nascosta…"
"Ma dov'è la mamma?!"
"Nel parco!"
Il Brief sgranò gli occhi.
"C-come nel parco…?"
"Scusa papà… non sapevo più tornare indietro…" Un'espressione mortificata si dipinse sul visetto di Hope.
Lui la strinse forte. Doveva essersi anche spaventata, nel non ritrovare più la strada.
"Sta tranquilla tesoro…" La sollevò tra le braccia e si guardò alle spalle. A pochi metri c'era l'ingresso posteriore del parco. Doveva trovare Marron, prima che morisse d'infarto.
"Voglio la mamma…" Gli disse Hope, ancora stretta al suo collo. 
"Andiamo da lei, allora!"
Si sollevò in aria per arrivare più velocemente. Gli bastarono pochi secondi per individuarla, dato che Junior gridava a pieni polmoni.
Era ancora intenta a cercare la bambina dietro tutti i cespugli.
"Marron!" La chiamò, atterrando a pochi passi da lei.
La vide voltarsi e cambiare colore, passare dal bianco, al rosso e poi di nuovo al bianco a causa dello stupore e del sollievo, nel vedere Hope tra le sue braccia.
"Oh Dio…" Disse soltanto, respirando profondamente.
"Tranquilla. Sta bene!" Trunks si avvicinò, mettendo la bambina a terra. Hope corse ad abbracciare sua madre, che ricambiò nonostante avesse voglia di prenderla a sculacciate a causa dello spavento che le aveva fatto prendere.
"Hope… ma dov'eri?!" Le chiese, guardandola negli occhi "Perché ti sei allontanata senza dirmi niente?"
La piccola s'intristì di nuovo.
"Non l'ho fatto apposta…" Si guardò i piedi, visibilmente mortificata.
"Non devi farlo mai più! Mai, hai capito?!" 
Marron non aveva mai avuto tanta paura come in quel pomeriggio. Solo il pensiero di aver perso sua figlia l'aveva fatta invecchiare di vent'anni e una bella strigliata le sembrava d'obbligo. Qualsiasi mamma, dopo un bell'abbraccio, avrebbe rimproverato una bravata simile, anche se fatta per sbaglio.
"Non l'ha fatto apposta. Non esagerare…"
Trunks fece un'altro passo verso di loro ma si guadagnò subito un'occhiata assassina.
"Tu sta zitto!"
Rimase sorpreso per quel tono. Erano sempre stati d'accordo nel non discutere davanti a Hope. Mai gli si era rivolta così. Forse se lo meritava, quel giorno specialmente, ma non era il caso di iniziare una questione in quel momento.
"M-ma…"
"Voglio andare a casa. Ora. Se hai qualcosa da dire me lo dirai lì!"
La vide prendere per mano la bambina e dirigersi velocemente verso la carrozzina rimasta ormai abbandonata parecchi metri più in là.
'Dire che è arrabbiata è poco…'.


Hope sembrava aver dimenticato ciò che era successo quel pomeriggio. Dopo cena, in pigiama, guardava tranquilla i suoi cartoni, con accanto la zia Bra, che lanciava di tanto in tanto qualche occhiata alla tavola. Trunks non aveva quasi toccato cibo e Marron non si era nemmeno seduta a tavola. Con la scusa di allattare il bambino se n'era andata da una buona mezz'ora in camera.
La turchina più anziana aveva capito che doveva esser successo qualcosa di grave quel pomeriggio, e fissava con insistenza suo figlio, mentre continuava a giocare con un oliva rimasta intatta nel suo piatto.
"Che succede?" Chiese all'improvviso, stufa di quel mutismo. Non ricordava una tensione simile a cena da un pezzo.
"Come?"
"Ho chiesto che succede… Marron non ha mangiato ne a pranzo ne a cena, tu non hai toccato cibo e hai una faccia da zombie!"
Bulma fece per togliergli il piatto, stufa di vederlo torturare quel povero frutto rimasto immangiato.
"Un piccolo incidente oggi pomeriggio al parco…" Abbassò la voce "Hope si era persa ma l'ho ritrovata sana e salva…"
La donna spalancò gli occhi.
"Non sai quante volte ho perso te e tua sorella, ma di certo non tenevo quella faccia da funerale per un giorno intero!"
Trunks rimase allibito.
"C-cosa?"
"Che le hai fatto? Devi sicuramente aver combinato qualcosa!"
Il giovane la guardò di traverso. Ma sua madre aveva ragione a dargli contro, questa volta. 
"Ho dimenticato il nostro anniversario…" Fece spallucce, rassegnato, e si alzò da tavola "…se volete scusarmi io andrei a parlarci."
Si lasciò alle spalle gli sguardi sorpresi e delusi di madre e sorella e imboccò il corridoio. Come se non si sentisse già in colpa. Era intenzionato a farsi perdonare ma le cose avevano preso una brutta piega.
Sospirò, cercando nella mente le parole giuste da dirle. Ma ogni parola dei discorsi che aveva programmato nell'arco di quei cinque anni non era mai uscita da quella bocca. Era sempre lei a leggergli nella testa, ad anticiparlo o interromperlo.
Arrivò davanti alla porta della sua stanza e la scoprì socchiusa. La luce era già spenta, l'unica illuminazione era quella giallastra dell'abat jour. La vide ancor prima di entrare, seduta sul bordo del letto, mentre piegava la tutina di Junior, che probabilmente, dato il silenzio, era già nel mondo dei sogni.
Entrò in silenzio, chiudendosi la porta alle spalle e annunciandosi solo grazie a quel 'clic' che la fece quasi sobbalzare e voltare.
Marron affettò indifferenza e tornò ad abbassare lo sguardo sui vestiti da sistemare, come se fosse stato aria. Voleva fargli capire come si era sentita negli ultimi tempi grazie a quell'atteggiamento sufficiente e, sì, anche scostante.
"Mia madre ha detto che non hai mangiato neanche a pranzo. Non hai fame?" 
Trunks, con le mani in tasca e facendo qualche passo lento tra letto e armadio, pensò bene di attaccar bottone in quel modo. 
"No."
'E' proprio logorroica oggi…' Pensò, già abbattuto.
"Dovresti mandar giù qualcosa. Ti sentirai debole, altrimenti."
"Ho detto di no…"
Non lo degnava neanche di uno sguardo.
"D'accordo…" Il lilla sospirò, sollevando le spalle. Di certo non poteva obbligarla.
"Puoi tornartene da dove sei venuto, quindi."
"Sei davvero antipatica stasera…" Le disse, non riuscendo a tenersi quell'affermazione sulla punta della lingua.
"Sono come mi pare, Trunks. E per tua informazione credo che starò così per un bel pezzo…"
Solo allora alzò lo sguardo, solo per un istante, per fargli capire quanto non fosse incline allo spirito quella sera.
Il giovane strinse le labbra. Non andava per niente bene… doveva agire.
"Senti…" Nonostante lo sguardo e l'atteggiamento scostante della compagna, si avvicinò "…credo che dovremmo parlare."
Sedette accanto a lei sul letto.
"Non ne ho voglia."
"E no! Te la fai venire la voglia, adesso…" La vide alzarsi, dirigersi verso il bagno, ma la bloccò per il polso e la trascinò letteralmente indietro.
"Lasciami Trunks. Dico sul serio. Non voglio parlarti stasera!"
"E si può sapere perché? Ok, ho dimenticato che giorno è oggi e ti chiedo scusa ma… mi sembra una reazione eccessiva, questa!"
La vide d'un tratto cambiare espressione. Il suo sguardo stanco e distaccato mutò in una maschera di pura rabbia.
"Io… io sto avendo una reazione eccessiva…?"
"Sì, amore e…"
"Non chiamarmi amore!" Marron con uno strattone si liberò dalla sua presa e riprese il suo cammino verso il bagno, ma ancora una volta venne intercettata.
"Che cosa vuoi allora? Posso farmi perdonare in qualche modo?" Le si parò davanti, mettendole le mani sulle spalle, cercando di rabbonirla. Ma ottenne il risultato contrario.
"Tu davvero credi sia solo per oggi?" Gli domandò la bionda, scuotendo la testa con espressione incredula.
"Beh… sì… perché, ho fatto qualcos'altro…?" Trunks tentò di ricordare velocemente qualche altro pasticcio, ma non gli venne in mente nulla.
Marron fece un respiro profondo chiudendo gli occhi. Stava per esplodere e non era piacevole quella sensazione.
Davvero non si rendeva conto di quanto si fossero allontanati nell'ultimo periodo? Davvero non percepiva quel muro, nonostante fossero finalmente l'uno di fronte all'altra dopo un'infinità di giorni?
"Marron… rispondimi, per favore! Se ho fatto qualcosa dimmelo…"
"Semmai il contrario, Trunks! Non hai fatto niente! Proprio niente, da quando è nato il bambino!"
Il Brief corrugò la fronte, cercando di capire il significato di quella frase.
"Non ti seguo… che avrei dovuto fare?! E' appena nato, è di te che ha bisogno!"
La bionda guardò in direzione della culla. Stava alzando la voce ma Junior sembrava tranquillo. 
"Certo… certo… ha bisogno di me. Hope ha bisogno di me…"
"E anche io ho bisogno di te, Marron!"
Se avesse potuto colorare la sua rabbia, infilarla in un barattolo, chiuderlo con un tappo di sughero e vederla moltiplicarsi, avrebbe sicuramente visto, in quel preciso istante, quel tappo saltare a causa della troppa ira ormai accumulata.
Eccola, la goccia che fa traboccare il vaso.
"Tu?! Tu hai bisogno di me?!" Aveva gli occhi luccicanti per la collera "E io?! Io non ho… non avevo bisogno di te, brutto stupido?!"
Trunks tentò di farle abbassare la voce, invano.
"Eri… sei sempre in quei maledetti laboratori! E non dire che è il tuo lavoro, perché nessuno lavora dall'alba a mezzanotte!"
"Ho avuto molto da fare, ci sono i nuovi prot…"
"Non me ne frega niente di cosa c'è! Sei arrivato a non salutarmi neanche più la mattina, Trunks! Cosa c'entra questo con le tue dannatissime macchine?!"
Il lilla ripercorse a mente quelle ultime settimane. Anzi, gli ultimi tre mesi. 
Aveva ragione, ne aveva approfittato. Per isolarsi dal pianto di Junior e dai capricci di Hope si era rintanato sempre più spesso nei sotterranei. Non aveva minimamente pensato a lei, al fatto che fosse sola ad accudire i bambini, finché non arrivava sera e qualcuno riusciva almeno a intrattenere la bambina.
Ci aveva preso gusto a rientrare sempre più tardi, magari per godersi da subito il silenzio che solo il sonno profondo dei piccoli poteva donargli. Ma spesso trovava a dormire anche lei.
Non parlavano faccia a faccia da tanto. Ora lo stavano facendo, ma per una litigata che superava tutti i bisticci dell'ultimo anno messi insieme.
"Marron… mi dispiace. Hai… hai ragione. Me la sono presa comoda, rimanendo là sotto tutto quel tempo…" La guardò negli occhi, cercando di essere diretto e sincero. Era davvero dispiaciuto e voleva che lo sapesse.
"Scusa…" Aggiunse, senza smettere di fissarla. 
Non ottenne però l'effetto sperato, ovvero non la vide calmarsi, anzi.
"Scusa…? E' tutto quello che hai da dire, vero?" Marron abbassò i toni, ma quello che aveva appena assunto gli fece venire i brividi per quanto era saturo di delusione e dolore.
"Trunks, oggi Hope si era persa. E' stata colpa mia, è vero, ma lo sai perché l'ho persa di vista?"
"Non dire così… sono cose che succedono…" Provò ad accarezzarle la guancia, per rassicurarla, ma la vide scansarsi.
"Perché non ho fatto altro che pensare a noi, al fatto che siamo lontani… che probabilmente non mi ami più e che stasera forse non sarei dovuta restare qui, ma prendere i bambini e andarmene…"
Trunks si ripetè nella mente un paio di volte quella frase, sperando di aver capito male.
"Non mi ami più…? Andarmene…?" Col volto serio come mai, le prese, stavolta senza cercare il suo consenso, il volto tra le mani e la costrinse a guardarlo "Che stai dicendo?!"
"La verità. O almeno quello che mi hai dimostrato…"
Non seppe dire perché, se per quegli occhi tanto amati ormai pieni di lacrime o per quei pensieri assurdi che aveva fatto, ma si sentì uno schifo. 
"Non è vero. Non devi nemmeno pensarci…" 
"Tu al posto mio cosa penseresti?"
Silenzio. Per lunghi istanti non riuscì a dire nulla. Provò a mettersi nei suoi panni, provò a immaginare la stanchezza, mentale e fisica, e tutti quei dubbi. Non avrebbe resistito così a lungo.
"Non lo so… però posso dirti cosa penso ora…" Le mise di nuovo le mani sulle spalle, attirandola a sé dolcemente "Che ti amo forse più di prima… anzi, senza forse. Ti amo più di prima e se davvero tu dovessi andartene morirei. Ti basta questo?"
La sentì aggrapparsi alla sua maglietta.
"Non lo so… non so se mi basta…" Marron appoggiò la testa sulla sua spalla, come desiderava fare da settimane, ormai. Le era bastato quel 'ti amo più di prima' a farle battere di nuovo il cuore, ma non poteva permettersi di soffrire ancora.
"Allora ti dico un'altra cosa… domani mattina non vado giù a lavorare. Usciamo io e te e andiamo a fare una cosa molto ma molto importante…"
La bionda sollevò il capo tanto quanto bastava per far incontrare i loro sguardi azzurri.
"…E cosa?"
"A fare i documenti per il matrimonio che rimandiamo da cinque anni, ormai. O preferisci che ti sposi domani stesso?"
Spalancò gli occhi per un secondo, chiedendosi se stesse sognando o cosa. Ma Marron era sveglia, felicemente sveglia, e riuscì finalmente a sorridergli, gettandosi alle spalle quel brutto periodo.
"Non ti ho chiesto di sposarmi perché sarebbe la… beh, ho perso il conto ormai. Sarebbe comunque ridicolo…" Anche lui sorrise, divertito, ripensando a tutti gli imprevisti che avevano loro impedito di convolare a nozze.
"Concordo…" Disse soltanto lei, prima di permettergli, finalmente, di baciarla e stringerla forte, in un caldo abbraccio, che tanto le era mancato.
"Ah…" Trunks si staccò "…e dammi un paio di settimane. Ce ne andiamo tutti e quattro da qui."
'Ce ne andiamo…?' Pensò la biondina, confusa.
"Non ho capito…"
"Stavolta sei tu ad aver scordato la promessa che ti avevo fatto…" Trunks le sorrise di nuovo, ripensando a quel giorno in cui lei stessa gli aveva chiesto di andare a vivere per conto loro "…Questo lotto è immenso. Vuoi che non trovi un angolino dove piazzare una porta d'ingresso solo nostra? Senza mio padre e mia madre che litigano o Bra che si lamenta per buona parte della giornata?"
Marron tornò a sorridere.
"Sempre se vuoi…" Concluse il lilla, sorridendo, conoscendo già la risposta.
"Te l'ho già detto che sei uno stupido?" Lo baciò sulla guancia, non volendo dargli ancora soddisfazione.
"Circa un centinaio di volte… e io te l'ho già detto che ti amo?"
"Non abbastanza!" 
Stavolta, il baciò fù sulle labbra.
Forse quell'anniversario non era poi del tutto da buttare.



Nota dell'autrice

No. Non sono sparita. Semplicemente ero a corto di ispirazione e di tempo. 
Spero perdoniate il ritardo con questa che si può considerare una one-shot vista la lunghezza.
Ebbene, la vita di coppia non è sempre tutta rose e fiori. Ci sono gli alti ma anche i bassi, e in questa ci sono appunto questi ultimi. Che noia, altrimenti!
Spero di non avervi delusi! Aspetto tanti commenti e intanto ringrazio chi, come sempre, ha recensito il capitolo scorso e chi ha semplicemente letto!
Un abbraccio a tutti!

Sweetlove


 

 

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Capitolo 16
*** Genitori e figlio ***


Moments of life



Genitori e figlio







Aveva aperto gli occhi nella sua stanza ormai scura.
'No…' Aveva pensato, passandosi una mano sugli occhi. Si era pietosamente addormentato. E menomate che aveva insistito per essere l'unico a vegliare su di lei, quella notte.
Era svenuta in soggiorno, dopo la violenta lite con il padre. Si era spaventato da morire, come tutti gli altri del resto, nel non vederla riprendere conoscenza.
Sua madre aveva mandato via i due amici, rassicurandoli e promettendo di far avere notizie della figlia prima possibile, mentre lui la portava nella sua stanza e la stendeva sul letto.
Aveva provato a svegliarla un paio di volte, ma era riuscito a farle emettere un mugolio soltanto spruzzandole dell'acqua in faccia. Eppure non si era destata, ma gli era bastato per tranquillizzarsi un pochino.
E man mano che i minuti passavano la testa aveva preso a ciondolargli. Il colpo di grazia era arrivato quando aveva deciso di stendersi accanto a lei. Era letteralmente crollato e da allora erano trascorse sei ore.
L'orologio segnava l'una e zero sette.
Si tirò su, delicatamente, per non svegliare Marron, che aveva ripreso colorito e, mentre anche lui ronfava, si era anche girata dall'altro lato.
La osservò un minuto e sorrise.
Era la loro prima notte insieme finalmente allo scoperto, liberi di fare ciò che volevano. Non se l'era immaginata così. Nella sua mente aveva ben altri piani, dopo quel faticoso pomeriggio trascorso a litigare con Crillin a causa della loro relazione. E non solo. Ma se dopo la tempesta c'è sempre il sereno, per loro doveva esserci una serata tranquilla, spensierata, a lume di candela e, infine, sotto le lenzuola.
Evidentemente il destino aveva deciso diversamente, visto che erano lì, ancora vestiti e a stomaco vuoto.
Un gorgoglio allo stomaco gli ricordò del pasto saltato e lo costrinse a scendere dal materasso. Si accorse di avere ancora le scarpe ai piedi e si stropicciò gli occhi un'altra volta. Aveva dormito pesantemente…
Sua madre aveva sicuramente messo da parte qualcosa per lui, dopo cena, e decise di andare in cucina, a vedere cosa prevedeva il menù. Il suo stomaco da mezzo sayan comandava a bacchetta.
Aprì piano la porta, riuscendo a guardar meglio Marron grazie allo spiraglio di luce che entrò nella stanza, e la richiuse con altrettanta delicatezza, prendendo poi a camminare lentamente verso la zona giorno della grande casa.
'Però… mamma e papà l'hanno presa piuttosto bene…' Pensò, avendo trovato un attimo di tregua per riflettere sulle reazioni a quella notizia. Anzi, a quelle notizie che avevano dato ai genitori, poche ore prima.
Trunks sapeva che Bulma aveva una mentalità piuttosto aperta, non avrebbe fatto problemi se le avesse confessato che si vedeva con Marron. Ma tutto era cambiato quando quest'ultima gli aveva rivelato i suoi sospetti. Sospetti divenuti realtà solo quella mattina, grazie a un test di gravidanza fatto in un bagno pubblico del parco.
In un attimo, le notizie erano diventate due. E che notizie…
Ma non si era preoccupato più di tanto per i suoi. A Vegeta poco sarebbe importato di diventare nonno e Bulma… beh, farsi chiamare nonna sarebbe stato un bel cambiamento, ma non l'avrebbe presa male. E aveva avuto ragione. Aveva letto nei loro occhi solo tanto stupore, ma non delusione. 
Crillin invece era impazzito, erano praticamente arrivati alle mani e se non fosse stato fermato da suo padre e il suo amico probabilmente, per la rabbia, l'avrebbe mandato all'ospedale.
Erano adulti e responsabili. Era stato un caso, certo, ma da lì a esser trattati da bambini incoscienti ce ne voleva!
E poi, proprio sul più bello, quando le acque parevano essersi calmate, ecco quel tonfo e il corpo esanime di Marron sul pavimento.
Sospirò, a pochi passi dal soggiorno che, stranamente, vide illuminato.
Che fosse Bra intenta a guardare la televisione? Come al solito toccava a lui ricordarle che la mattina dopo avrebbe avuto la sveglia per la scuola. Scosse la testa, sospirando ancora e preparandosi al terzo grado che la sorellina gli avrebbe fatto riguardo al trambusto di quel pomeriggio. Chissà se le avevano detto già tutto…
Era già pronto a pronunciare quel "Bra va a dormire!" quando un oggetto ancora non identificato andò a colpirlo ripetutamente.
"Eccoti! Brutto stupido!"
Trunks, con nuca e braccio dolorante, sollevò lo sguardo sconvolto e incontrò quello furente di sua madre. Aveva la scopa in mano e una faccia da serial killer.
"Che cavolo ti passa in quella testa, eh?!"
Urlava. Di ramanzine ben assestate gliene aveva fatte a bizzeffe… ma quello sguardo da omicida no.
"M-mamma! Sei impazzita?! Mi hai fatto male!"
"E' poco! Dovrei scuoiarti! Idiota!" La donna sollevò ancora la sua arma con fare minaccioso.
"Basta! Smettila adesso… sei ridicola con quella scopa!" 
Trunks ricontrollò l'orologio. Che si fosse sbagliato? Eppure segnava ancora l'una passata, che ci facevano tutti e due ancora in piedi?
"P-papà… ma che fate ancora in piedi?!"
"Ah! Certo! Possiamo fare certamente dei sogni tranquilli, vero?!" Bulma appuntò i gomiti, suo marito, da dietro, aveva già provveduto a toglierle dalle mani quell'arnese.
"Io li farei se tu me lo permettessi!" Il Principe sembrava alquanto stizzito.
"Oh, insomma! Tu da che parte stai?!"
Si guadagnò un'occhiata torva dalla turchina, che non aveva intenzione di far muovere un altro passo al figlio, ancora sconvolto all'ingresso del soggiorno.
"Mamma… posso sapere che ti prende?" Aveva quasi paura di parlare, Trunks, ma un'aggressione così, in piena notte, non l'aveva mai ricevuta. 
"Cosa mi prende?! Dì, hai anche il coraggio di chiedermelo?!"
La donna afferrò un ombrello dal vaso posto accanto alla porta d'ingresso e glielo puntò contro.
"S-sì, non mi sembri proprio in te, se devo essere sincero…" Il giovane cercò appoggio nello sguardo di suo padre, che pareva più rassegnato che preoccupato.
"Beh certo! Quindi sono esagerata, io?! Tua madre che si permette di essere furiosa perché in mezza giornata hai scombussolato non una, ma ben due famiglie?!"
Vegeta le tolse bruscamente di mano anche quell'arma. 
"Non potete parlarne domani?! Non sopporto più il tuo starnazzare!"
"No! Ne parliamo ora! E tu non ti muovi da qui! E' anche tuo figlio o sbaglio?!" 
Entrambi sapevano che quando Bulma partiva alla carica, e a quel modo, era meglio non contraddirla e lasciarla sfogare.
"Mamma, va bene! Possiamo discuterne civilmente? Non credo che picchiarmi possa cambiare le cose!"
Il lillà si grattò la nuca, preoccupato, mentre sperava di vedere la donna riprendere possesso dei suoi nervi.
"Ti do tre secondi per sederti su quel divano!" Gli disse soltanto, sospirando e guardandolo con aria minacciosa "E per tua informazione picchiarti in questo momento è l'unica cosa che mi fa sentire meglio!"
Trunks, dato un ultimo sguardo al padre, decise di non obiettare e fare come gli aveva ordinato sua madre. Si accomodò, sentendo ancora i morsi della fame. Una strigliata a quell'ora non la reggeva, ma era d'obbligo. Si era anche illuso, pochi attimi prima, di avere dei genitori dalla mente aperta!
"Dunque…" Farfugliò, non sapendo esattamente cosa dire. Da dove iniziare.
"Dunque un corno, Trunks!" La donna tornò a pararsi dinnanzi a lui "Io adesso voglio che mi spieghi cosa diavolo ti è venuto in mente di fare!"
"In che senso mamma?! Non credo siano cose che si decidono…"
"Invece sì! Trunks, ti rendi conto?! Con Marron, accidenti!" Gli occhi sgranati di sua madre fecero trapelare quanto ancora fosse sconvolta per quello che era accaduto.
"Sì, con Marron, e allora? E' così sbagliato?!" 
Trunks non capiva quale fosse davvero il problema. Perché era tanto arrabbiata? Forse non gradiva Marron come nuora?
"E' tutto sbagliato! Diciotto e Crillin non mi guarderanno più in faccia, ti rendi conto?!"
"E perché mai?! Non l'ho rapita, ne costretta!" Il giovane sollevò un sopracciglio. Possibile dovesse aggrapparsi alle stupidaggini e non alle cose serie?!
"Ma dovevi almeno parlarcene! Chiedere il permesso a Crillin… e…"
"Ma ti rendi conto delle stupidaggini che stai dicendo?" Gli veniva davvero da ridere. Permesso? Non era un'oggetto da prendere in prestito! E nemmeno erano ai tempi antichi, quando si doveva ottenere il consenso del padre della sposa…
"Sì, ok… mi sono espressa male… ma… oh, santo cielo… com'è che non vi consideravate nemmeno e ora…?"
"Mamma, rilassati. Non è successo niente di grave!" Trunks sospirò. Aveva mal d'orecchie a causa di tutte quelle urla. E la voce di sua madre era più che squillante.
"Ma come faccio a rilassarmi… guarda che pasticcio…" La donna si passò una mano tra i capelli, guardando il soffitto "…che cosa ho fatto di male per avere un figlio tanto stupido?!"
"Sarò stupido ma davvero non capisco quale sia il problema!"
"Certo, il fatto che sia incinta dopo nemmeno… beh, non so da quanto tempo state insieme!" Sbottò di nuovo, dando una rapida occhiata al sayan che se ne stava con la schiena appoggiata al muro, desideroso di andare definitivamente a dormire e concludere quella giornata.
"Beh… in effetti non stavamo proprio insieme…"
Quella confessione fece spalancare di nuovo i grandi occhi azzurri materni.
"C-come? N-non…?"
"No! E' successo quando si sono fermati qui, non molto tempo fa…"
Bulma dovette prendere un respiro profondo. Davvero iniziava a non capirci più niente.
"Quindi non state insieme…?"
"Sì!"
"Ma se hai appena detto…"
"Mamma, perché tante domande?! Cosa cambia?!"
Trunks iniziava davvero a perdere la pazienza. Era affamato, stanco, sommerso da quella situazione da cui non avrebbe di certo potuto venir fuori.
"Cambia che adesso c'è un bambino di mezzo! Non è un gioco!"
'Un gioco…? Davvero crede che io stia giocando…?'
"Dovresti sapere quel che si prova, no?" Quella domanda gli uscì dalla bocca da sola, spontanea quanto tagliente. Non voleva ferirla, ma voleva farle capire che nessuno stava giocando. 
Per qualche istante ci fu solo silenzio. Bulma guardava Trunks, Trunks il pavimento e Vegeta fissava, ora, entrambi. Quelle parole gli erano piaciute poco, molto poco.
"Trunks…" La voce, ora calma, di Bulma ruppe quella tensione "…proprio per questo speravo che almeno tu facessi qualcosa di… diverso…"
Rivangare il passato, in quella famiglia che dopo tanto si godeva una convivenza in armonia, era stato un errore.
"Mi dispiace. E' andata così. Non posso farci nulla."
Non aveva altro da dire. Era adulto, si era giustificato abbastanza con dei genitori che l'avevano messo al mondo per sbaglio. Proprio come stava facendo lui con quel figlio, che tuttavia già desiderava nonostante sapesse del suo arrivo da neanche un giorno.
Si alzò in piedi. Di mangiare non era il caso, ormai. Gli si era chiuso lo stomaco.
"Torno a letto. Buonanotte." Disse soltanto, riprendendo la direzione del corridoio.
"Trunks!" La voce di sua madre lo bloccò di nuovo.
"Sì?" 
"Sei sicuro di quello che stai facendo?"
Il giovane Brief non si volse nemmeno a guardarla. Gli era bastato sentirla abbassare i toni per capire che la rabbia era ormai sbollita. 
"Sì. Sta tranquilla…" Disse soltanto, volendo concludere quella conversazione il prima possibile.
Non era vero. Non era affatto sicuro di ciò che faceva, non a quell'ora, non così.
Aveva sempre pensato che sarebbe finito con qualche donna imparentata a uno qualsiasi dei tanti soci della Capsule Corporation.
Aveva sempre immaginato la sua vita dentro quell'ufficio, sempre tutto uguale, senza scosse.
Aveva sempre creduto di non avere dei figli, non sentendosi pienamente in grado di crescerli nel modo giusto. Aveva avuto dei genitori che… meglio lasciar perdere!
Se qualcuno gli avesse detto che si sarebbe ritrovato in piena notte a discutere proprio con lei, con loro, perché il silenzio di Vegeta valeva più di un intero copione, non gli avrebbe mai creduto.
'Diventerai padre, Trunks… te ne rendi conto?' Si chiese, all'improvviso.
Sì, amava suo figlio. Probabilmente amava già anche sua madre, nonostante avessero fatto quell'errore per caso.
Ma era pronto? Era sicuro di ciò che faceva?
Era giusto mentire a sua madre?
Era giusto fuggire dallo sguardo di suo padre?
"No. Non è vero. Non sono sicuro…" Mormorò, continuando a dar loro le spalle "…ma comunque state tranquilli. E' così che deve andare…"
Trunks non avrebbe retto altre domande. Voleva solo voltare pagina, evitare di far pesare su sua madre quella situazione. Se ne andò via, senza darle il tempo di fermarlo. Era la cosa giusta.


Bulma era rimasta immobile per qualche istante, mentre guardava suo figlio allontanarsi.
Si riscosse soltanto vedendo Vegeta muoversi, imitando Trunks e imboccando il corridoio.
"Vegeta… dove vai?" Domandò, pur conoscendo la risposta.
"A letto. Non ne posso più."
"Va bene…" La donna abbassò lo sguardo, era esausta ma non avrebbe chiuso occhio. Erano successe troppe cose in così poco tempo.
"Vegeta…" Lo fermò di nuovo, sentendo il bisogno di conoscere i suoi pensieri. 
"Cosa?"
"Se la caverà…?" 
Il sayan sapeva che sua moglie era preoccupata. Lo aveva capito dal tono di voce pacato e dai modi gentili. La vera Bulma era molto diversa.
"Se ce l'ho fatta io, per lui sarà una passeggiata."
E così sparì, come suo figlio.
Bulma rimase lì, a fissare il corridoio ormai vuoto e con l'ombrello in mano, ancora da riporre.
Era la prima volta che si riferiva a ciò che era successo ben trent'anni prima, quando, dopo averla abbandonata incinta, era tornato per crescere Trunks insieme a lei. E aveva imparato ad amarli, con tutto se stesso, pur sbagliando qualche volta. Ma c'era sempre stato.
Sospirò.
Trunks era la loro parte migliore.
Avrebbe avuto un figlio felice, ne era sicura.



Nota dell'autrice

Non commento, stavolta. Solo vi ringrazio per le belle recensioni ricevute... mi commuovete ogni volta!
Detto questo, alla prossima!

Sweetlove

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Capitolo 17
*** Ricominciare ***


Moments of life
 
 
Ricominciare




Niente di più bello: starsene seduti sul tappeto con i propri figli, in un tiepido pomeriggio di fine settembre, in attesa della propria moglie.
Era così da tre mesi, ormai: si era preso l'impegno di passare tre pomeriggi a settimana a casa con i bambini, per permetterle di tornare al suo amato lavoro.
Non era fatta per restare casalinga, Marron. Si era adattata a lungo, tra gravidanze, studio, laurea e problemi vari. Quando finalmente era riuscita a trovare quel posto nell'agenzia immobiliare, una delle più prestigiose tra l'altro, le si era aperto un mondo, e soprattutto la voglia di diventare, finalmente, autonoma. E lui, di questo, non poteva che essere felice, visto che quando tornava, alla sera, la sua mogliettina era stanca ma serena e, messi a letto i piccoli, era tutta per lui. 
"Papà, ti piace il mio cavallo?"
Hope, poggiato il pennarello sul pavimento, sollevò il foglio per mostrare l'ennesimo capolavoro al suo papà, che si era un momento distratto nel guardare il notiziario.
"Meraviglioso cucciola…"
Il sorriso soddisfatto della sua bambina era qualcosa di speciale, che valeva davvero molto di più della tv, ancora accesa.
"Posso avere un cavallo a Natale?"
E di nuovo, come spesso accadeva negli ultimi tre mesi, Hope tornava a fare la stessa domanda.
Trunks storse la bocca, mentre spegneva l'apparecchio e prendeva tempo, controllando l'orologio da parete che segnava le diciotto e quaranta.
"A Natale? Credo sia presto… i cavalli hanno freddo a Natale…"
Uno sguardo perplesso e imbronciato andò a posarsi su di lui, che a stento trattenne una risata.
"Non ci casco. Lo so che non è vero. La mamma ha detto che non possiamo avere un cavallo perché è troppo im… impe…"
Stavolta la risata uscì spontanea.
"Impegnativo, Hope. Si dice così…" Le fece l'occhiolino e una carezza sui capelli biondi, mentre la vedeva riprendere a colorare tranquilla e serena.
"La mia amica Jen ha un cane. Perché io non posso avere un cavallo?"
"Un cavallo è diverso da un cane. Quello si può benissimo tenere in un giardino. Un cavallo ha bisogno di una stalla, va pulito, curato…"
"Perché non teniamo Junior in giardino?"
Trunks restava spiazzato, molte volte, dal modo di passare da un discorso all'altro di sua figlia. E dalla fantasia che riusciva ad avere, nonostante la giovane età.
"C-cosa?"
"Hai capito. Junior va a quattro zampe come un cane. Perché non teniamo lui in giardino?"
Rise, inevitabilmente, un'altra volta, dando una rapida occhiata al figlioletto che, taciturno, era ancora seduto lì accanto con in mano il suo sonaglio. Carezzò anche lui, sui radi capelli lilla, uguali ai suoi, e se lo immaginò a vagare per il gigantesco cortile. 
"Junior è un bambino. Un cane è un animale, Hope. Non si può lasciare un bimbo piccolo in giardino."
"E perché cammina in quel modo?"
I mille perché. Anzi, diecimila. Quelli di Hope erano forse infiniti. Non si accontentava mai di una risposta, voleva sempre andare fino in fondo. Proprio come lui, alla sua età. Quante volte aveva visto sua madre esasperata e suo padre ignorare le sue domande. Si era ripromesso di non fare gli stessi errori con i suoi figli ma riuscirci, magari quando a tarda sera la piccola continuava a fare domande, era arduo.
"Anche tu gattonavi. E anche molto bene!"
"Meglio di lui?"
"Certamente. Ora chiamiamo la mamma, ok? E' tardi, dovrebbe già essere qui…" Trunks si alzò dal tappeto, andando a recuperare il telefono dal tavolino in corridoio e sbirciando dalla finestra, sperando di vederla già di ritorno. Invano, avviò la chiamata e attese.
Due squilli.
Tre.
Quattro.
Troppi.
Marron, quando lui era solo con i bambini, era sempre reperibile. Al secondo squillo rispondeva. Lasciare i figli era l'unica parte del lavoro che non le piaceva, era costantemente preoccupata. Quale madre non avrebbe fatto lo stesso?
"Non risponde?"
Hope, ancora con la testa china sul prezioso disegno, non si era lasciata scappare nessun movimento di suo padre. 
"Mmm… no. Forse non ha sentito. Riprovo…"
Di nuovo, Trunks compose il numero. Stavolta la risposta fu immediata.
"Trunks…"
"Dove sei? E' tardi!"
"Risparmiami la paternale, non è il caso. Ho dovuto fare un colloquio col direttore. Sto tornando."
Nemmeno gli diede il tempo di rispondere che la comunicazione venne interrotta.
'Ma che le prende?'.
La prima cosa che fece fu un rapido calcolo mentale. Non poteva avere il ciclo, l'aveva avuto appena dieci giorni prima, quindi il nervosismo dovuto a quello era da escludere. 
'Sarà successo qualcosa a lavoro…'.
I lamenti di un annoiato e decisamente affamato Junior lo costrinsero a pensare ad altro, cioè alla pappa che avrebbe dovuto preparare.
"Papà, io e Junior abbiamo fame."
"Un momento… non sono efficiente come la mamma!" 
Aprì il ripostiglio e comprese, con un moto d'ansia, di non ricordare assolutamente come Marron preparasse da mangiare al piccolo. Per Hope non c'era problema, ma… Junior? 
Alla sera, quando rincasava, la giovane si dedicava ai bambini, preparando loro da mangiare, mentre a lui spettava la doccia. Si sentiva quasi snaturato come padre nell'ignorare cosa effettivamente il piccolo mangiasse per cena.
"Hope…?" 
La piccola sollevò lo sguardo, guardando dal soggiorno verso la cucina.
"Sì?"
"Tu sai cosa mangia Junior?"
Hope si alzò e camminò verso il frigo, scuotendo la testa.
"Sei proprio imbranato. Lì dentro c'è il latte. Devi dargli quello."
Il lilla si grattò la nuca. Era identica a sua madre. Quel "sei proprio imbranato" e quel fare da sapientona erano ereditati senza dubbio dalla biondina.
"Grazie…" Disse, aprendo il frigo, recuperando il biberon diligentemente preparato da Marron e infilandolo in microonde.


Poco importava la distanza. Era una nonna, per quanto ancora faticasse a rendersene conto e a prendere confidenza con quell'appellativo. Per Hope era sempre stata, più che la classica nonna, un'amica, confidente, compagna di giochi. E le mancava, le mancava terribilmente, così come le mancava il piccolo Junior. E come le mancava Trunks. Non vederli più girare per casa come sempre le aveva messo, soprattutto i primi giorni, un magone incredibile. Vegeta, nonostante la sua aria apparentemente indifferente, eccezionalmente non aveva avuto da ridire, ne l'aveva rimbrottata quando si era lamentata per la loro mancanza. 
Cinque anni, cinque anni passati con loro, con quella nuova figlia, come considerava ormai Marron, con quei due meravigliosi nipotini. Non si era lamentata solo una volta per non riuscire più a dormire la notte, ma pur di riaverli lì sarebbe passata sopra a tantissime cose.
Ora che si erano trasferiti, appena dopo il tanto atteso matrimonio, era tornato tutto così… silenzioso. 
Bra, col suo Goten e i suoi studi.
Vegeta con i suoi allenamenti.
E lei. Stanca come mai nella sua vita. 
Doveva ammetterlo: stava invecchiando. E anche velocemente. Non era la prima volta che dimenticava qualcosa, che sbagliava nel visionare progetti, che saltava appuntamenti.
Riprendere le redini della Capsule Corp. per salvare il matrimonio di suo figlio, quattro anni prima, era stato semplice, ma ora stava andando tutto a rotoli e doveva trovare una soluzione… che non fosse Bra, perché, in prova, aveva combinato talmente tanti disastri che superavano quelli causati dal figlio maggiore, in anni di presidenza.
Ed era anche per quello che Bulma, quella sera, ancor prima di rincasare dall'ufficio, aveva deciso di attraversare il giardino e di suonare il campanello della casa appena dietro l'edificio principale. 
Le luci erano accese e non si sorprese nel vedere, una volta aperta la porta, la piccola Hope, già in pigiama, accoglierla con un grande abbraccio.
"Nonna!"
Bulma si chinò e ricambiò la stretta della piccola. Non la vedeva da tre giorni e già le sembrava diversa.
"Tesoro! Ma che bell'abbraccio! Come stai?"
Hope si staccò e la tirò dentro, lasciando che la porta si richiudesse alle loro spalle.
"Bene. Perché non sei più venuta a trovarmi?"
"La nonna è tanto impegnata tesoro. Ma… dove sono mamma e papà?"
La piccola rispose con un'alzata di spalle.
"La mamma non lo so… papà è in bagno con Junior…"
La turchina si sfilò la giacca e l'adagiò sul divano.
"Trunks!" Lo chiamò, sentendo i lamenti del piccolo provenire dal corridoio.
"Sto arrivando…"
'I suoi sbuffi non mi mancano, però…' Pensò Bulma, appoggiandosi al bracciolo e tornando a guardare la bambina, che si sfregava gli occhi con aria stanca. D'istinto guardò l'orologio che aveva al polso.
"Oh, ma è tardi! Cosa ci fai ancora in piedi tu?"
"Mi porti tu a dormire?"
Nonostante avesse sulle spalle una stanchezza micidiale, la donna non riuscì a negare alla sua adorata nipote quella richiesta. Si alzò, prendendola per mano, e si avviò verso la cameretta.
"Mamma…" Trunks andò quasi a sbatterle contro, uscendo dal bagno.
"Che fretta! Che stavi facendo a quel povero bambino?" 
"Lo stavo cambiando. Come mai sei qui?"
Sembrava piuttosto agitato e non aiutava di certo Junior a rilassarsi. Era lamentoso e visibilmente assonnato, anche più di sua sorella.
"Dovevo parlarti di una cosa… ma vedo che non è il momento adatto." Fece spallucce, riprendendo il suo cammino verso la stanzetta di Hope e lasciandole la mano per farla salire sul suo letto dalle lenzuola rosa.
Trunks sospirò, cercando di riprendere un briciolo di calma per dare la buonanotte, come sempre, alla sua principessa, che si infilò sotto le coperte, stranamente senza protestare e chiudendo gli occhi dopo nemmeno due minuti.
Fece lo stesso con Junior, che però continuava a urlare.
Era abituato ad addormentarsi al seno dalla mamma e la sua assenza stava complicando le cose in una maniera eccessiva.
"Tesoro ma… come mai sei solo?"
Bulma era rimasta in silenzio per molto tempo, ma sentendo le grida disperate del piccolo la domanda le uscì spontaneamente dalla bocca.
"Non lo so! L'ho chiamata due ore fa, mi ha risposto, incavolata tra l'altro, che stava tornando… fino a ora non l'ho vista!"
"E non hai provato a richiamare?!"
"Ha staccato il telefono..."
Il bambino, sentendo il tono alterato di suo padre, prese a piangere ancor più forte.
"Dammelo. Tu riprova a chiamarla. Vedrai, avrà avuto un contrattempo…"
'Glielo do io il contrattempo quando torna!' Si ritrovò a pensare Trunks, uscendo dalla stanza e tornando in salotto.
Si era trattenuto per via dei bambini, soprattutto per Hope, per non farle notare quell'assenza tanto insolita e il suo nervosismo.
Era furioso. Come le veniva in mente di tardare così tanto? Senza neanche avvertire, poi! 
Gli venivano alla mente dei pensieri a dir poco assurdi ma che a poco a poco si materializzavano, come fossero realtà.
Sapeva, l'aveva saputo per sbaglio ad un pranzo di lavoro tra colleghi a cui si era unito in quanto, allora, futuro marito di Marron. Tutti lo sapevano, e ci avevano anche riso su, lei compresa.
Il capo non vedeva l'ora di sbattersi la bella biondina.
Il boccone che aveva ingoiato gli si era quasi fermato in gola. Aveva finto di sorridere, di non darci peso, ma una volta a casa aveva chiesto ben più di una spiegazione. 
Non c'era nulla, ovviamente, tra Marron e quell'uomo. Erano solo avance che lei prontamente schivava e sulle quali riusciva anche a scherzare. Ma lui no, anzi, non gli era mai andata giù quella storia. 
Certo, mai aveva avuto motivo di preoccuparsi. Marron era sempre rincasata in orario, non gli erano mai mancate attenzioni da parte sua. Tutto perfetto. Fino ad allora.
Prese tra le mani il cellulare e compose di nuovo il suo numero.
Nell'udire la segreteria per poco non lo scagliò a terra. Non lo fece solo perché, dalla stanza da letto, il pianto di Junior iniziava a quietarsi e di certo non voleva spaventarlo.
"Merda…" Imprecò, sibilando.
Gli tornò alla mente il brutto periodo di separazione che avevano vissuto quattro anni prima. Quando Marron l'aveva sorpreso in atteggiamenti intimi con la sua segretaria. Poco era servito spiegarle che era tutto un malinteso.
Allora era così che ci si sentiva?
Quanto aveva provato a capirla, all'epoca. A capire quel gesto impulsivo, nel prendere la valigia e la bambina e sparire dalla circolazione. Come aveva fatto a non averlo ammazzato a mani nude? Era stata fin troppo signora.
Lui però ne sarebbe stato capace. Anzi, non avrebbe mai potuto torcere nemmeno un capello a Marron, ma a quel porco sì. Eccome.
Guardò l'orologio. Era tardissimo, dove poteva essere finita?
Eppure gli aveva detto che era di ritorno. Traffico permettendo avrebbe dovuto essere lì in mezz'ora al massimo. Invece erano passate due ore.
Sospirò, cercando di rilassarsi. Riusciva quasi a sentire i battiti del proprio cuore.
Il silenzio, finalmente. Junior, forse grazie alle braccia tranquille di sua nonna, era crollato. Si sentiva solo il ticchettio delle lancette, come per ricordargli che i minuti trascorrevano e di Marron non c'era traccia.
D'un tratto sobbalzò. Il telefono di casa prese a squillare e si fiondò letteralmente sull'apparecchio.
Gli bastarono poche parole dall'altro capo del telefono per capire e sentirsi uno schifo.


Erano passate due ore da quando l'avevano portata lì. Ricordava poco e niente. Solo una grande confusione e delle luci. Poi il buio e quando aveva riaperto gli occhi era già in quella stanza. Era in un ospedale, l'aveva capito già dall'odore.
Si era mossa ma era semi bloccata a causa di un ago infilato nel braccio.
"Come si sente?" Le aveva chiesto una donna rossa dalla divisa bianca "Ha avuto un incidente, ricorda?".
"Sì… sto bene, credo…" Aveva risposto, mentre le tornava alla mente tutto. 
La chiamata di suo marito, il discorso veloce, il nervoso, il cellulare che per sbaglio le cadeva sotto il freno e poi la botta. E poi nulla.
"Ha male da qualche parte?"
Una domanda da oscar. Aveva male un po' dappertutto, ma riusciva a muoversi, evidentemente non c'era nulla di rotto. Non aveva gessi ne bende, solo un cerotto al braccio sinistro.
"E' solo un graffio…" Le aveva detto sempre la stessa "…una fortuna incredibile."
Solo allora si era resa conto di una cosa.
"Trunks!" Aveva esclamato, agitandosi.
"Cosa?"
"Devo chiamare mio marito… il mio telefono…"
"Già fatto. Starà arrivando…"
E così era passato un altro bel quarto d'ora. La testa aveva smesso di girarle e la ferita al braccio bruciava sempre di più.
Si era fatta togliere la flebo, non la sopportava, non ne aveva bisogno. Voleva solo andare dai suoi figli e da lui.
'Sono incredibile. Muoio di parto ma se mi schianto con la macchina mi faccio solo un graffio…' Pensò, non sapendo se ridere o piangere.
Poi, finalmente, la porta della stanza si aprì ed entrò un uomo in camice bianco.
"Bene bene… signora Brief..."
Doveva ancora farci l'abitudine. Era sposata e aveva il suo cognome, ormai.
"Vorremmo trattenerla per scrupolo…"
"Assolutamente no! Io devo andare a casa, ho due bambini. Mi dica dove devo firmare."
Aveva lo sguardo serio di sua madre e un tono deciso, che aveva lasciato il medico con la mano a mezz'aria.
"Ne è sicura? Ha avuto un brutto incidente e nonostante stia…"
"Mi faccia firmare quel foglio!"
Marron voleva solo riabbracciare Trunks e i suoi bambini. Junior, poi, era così piccolo. Chissà se aveva mangiato e se era riuscito ad addormentarsi senza di lei.
"Come vuole…".


Stupido. Imbecille. Cretino.
Si sentiva così, in quella sala d'aspetto stranamente vuota. L'uomo con cui la sua Marron aveva avuto l'incidente era stato ricoverato, anche se in buone condizioni, ma di lei non aveva notizie. Aveva chiesto ad un paio di infermieri ma nessuno gli aveva detto nulla, liquidandolo con un "abbiamo molti ingressi, non l'abbiamo vista…".
Era grave? Al solo pensiero si sentiva mancare il fiato. Aveva pensato ad altro e solo per quello avrebbe voluto prendersi a pugni.
Era oramai quasi mezzanotte e in quella stanza non si respirava. Oppure era lui ad aver bisogno di prendere una boccata d'aria.
Si alzò, gettando un'occhiata alla porta di accesso del reparto di pronto soccorso, ma la vide ancora chiusa. Si decise ad uscire, doveva respirare un po' d'aria fresca per calmarsi. 
'E se sta male…?'
"Trunks!"
Sentì la sua voce, all'improvviso, proprio mentre faceva quel tremendo pensiero, e si voltò. 
Era lì, in piedi, tutta intera, nonostante il volto ancora pallido e stanco.
"Marron…"
Non disse nulla ma si buttò su di lei, abbracciandola forte. Non ci credeva: era sana e salva! Quante cose terribili aveva pensato. Fortunatamente sarebbero rimasti solo pensieri.
"Ahia…" Si ricordò solo grazie al suo lamento del brutto incidente che aveva avuto.
"S-scusa…" Si staccò, prendendole le mani e guardandola "…stai bene?!".
La vide sorridere, anche se debolmente.
"Diciamo…" 
"Non sai che spavento mi hai fatto prendere!"
Con un tono che tutto era tranne che di rimprovero tornò ad attirarla a sé, stavolta con delicatezza.
"Mi dispiace. Davvero. La macchina è a pezzi…"
"La macchina, Marron?! L'importante è che tu stia bene!"
"I bambini!" La giovane si staccò da quell'abbraccio e lo guardò "Dove sono?"
"Con mia madre. Non potevo mica lasciarli soli a casa, no?"
"Stanno bene?"
"Stanno benone, sei tu che non stai bene… andiamo a casa ora…"
Le carezzò la guancia e si accorse che era scossa da un leggero tremore. Non disse nulla, era probabilmente lo spavento e l'agitazione. La prese per mano e la condusse nel parcheggio.


Erano le due del mattino. Bulma si era appena richiusa la porta alle spalle, riuscendo, finalmente, ad andare a dormire.
Mentre Marron allattava il piccolo, svegliato dal citofono, era riuscita a spiegare a Trunks ciò che aveva in mente. Il lilla le aveva chiesto di riparlarne meglio il giorno dopo, con calma, quando Marron si sarebbe ripresa.
E ora era lì, in bagno, accanto alla vasca in cui la bionda si era immersa, desiderosa di togliersi quell'odore di olio e di ospedale da dosso. E per rilassarsi, soprattutto, visto che si era presa una bella paura.
"Come va il braccio?" Le chiese, carezzandole i capelli bagnati.
"Brucia un pò. Ma nulla di che…" Lo sollevò appena, per riguardarlo. Era solo un graffio, un po' d'acqua e sapone non avrebbero fatto danno.
"Il resto?"
"Quale resto?" Marron finse di non capire.
Aveva sperato non le domandasse nient'altro. Che potesse archiviare quella giornata senza domande.
"Lo sai. Sei strana… e se ti conosco bene scommetto non per l'incidente…" Trunks le sorrise, baciandole la fronte. La sentì sospirare e indugiare.
"Effettivamente sono giù di morale. Oggi ero molto nervosa…" Si riferiva alla telefonata e ancora si malediceva per aver risposto. Se non l'avesse fatto sarebbe a letto senza esser finita in ospedale.
"E come mai?" 
Marron fece per alzarsi e lui l'aiutò, passandole poi l'asciugamano che avvolse intorno al corpo, prendendo altro tempo per trovare le giuste parole.
"Trunks… io credo di non andare più a lavorare…" Gli disse poi, senza guardarlo, mentre si pettinava i lunghi capelli biondi e ancora gocciolanti.
"Per quello che è successo? Tesoro, poteva capitarti anche andando a fare la spesa, lo sai…"
"No. Non è per l'incidente. E' per altro…" Uscì dal bagno seguita da lui, che la vide gettare sul letto il telo e infilarsi la biancheria e la corta camicia da notte.
"Altro? Marron, che altro è successo?" Attese con pazienza una risposta e non doveva essere delle più rassicuranti, vista l'aria scura di sua moglie.
"Ecco… non mi sento più a mio agio… tutto qui…"
"Menti. Eri entusiasta del tuo lavoro. E sei anche in gamba. Mollare tutto per una cosa così stupida non è da te. Dimmi la verità…" Le si avvicinò da dietro, poggiandole le mani sui fianchi.
"Non ti farà molto piacere."
"Ma voglio sapere ugualmente."
Trunks trasalì. Forse aveva capito. Si era fatto tutte quelle fantasie, quella sera, su di lei e quel maledetto di un direttore. 
E se l'avesse sedotta?
"Quel… quel bastardo? C'entra quello lì Marron?!" Le chiese, cercando di mantenere l'autocontrollo. Il solo pensiero gli aveva fatto salire il sangue al cervello.
"Sì. C'entra lui… se ti riferisci al capo…"
"E quindi?!"
"Sta calmo, per favore. Ho mal di testa, non ce la faccio a urlare!"
"Tu dimmi che è successo, allora!"
La fece voltare e la guardò negli occhi. Vi lesse, oltre alla stanchezza, un gran senso di disagio.
"Ricordi che avevo un colloquio con lui oggi, prima di staccare?"
"Sì. Va avanti…"
"Credevo volesse assegnarmi qualche altra residenza della zona nuova…" Sospirò "…ma invece mi ha parlato di una promozione."
Trunks corrugò la fronte. Che si fosse sbagliato? Che stesse correndo, come al solito, con la fantasia?
"…E?"
"Beh, voleva darmi la promozione in cambio di qualcos'altro…" 
Bingo. Non si era sbagliato. Non era tanto stupido da fare gli stessi, assurdi, pensieri due volte.
"C-cosa?"
"Te l'ho detto, ok?"
"Tu non hai accettato, vero?!" La prese per le spalle e la scrutò in volto. Vide i suoi occhi, fino a quel momento cupi, accendersi.
"Come?!" Gli chiese, facendosi seria "Trunks, se davvero pensi che io…"
"No. No scusa…" Il Brief tornò in sé appena in tempo per non far degenerare quella situazione spiacevole. Marron non aveva colpe. Voleva anche smettere di andare a lavorare. Anzi, l'aveva già deciso e forse era meglio così.
"E' che sono…"
"Geloso? Me ne sono accorta…" Gli sorrise, sorniona. Ora la riconosceva.
"E per questo eri nervosa?"
Annuì, prima di abbracciarlo e farsi abbracciare. Era bello essere a casa, con lui. L'unico uomo dal quale si sarebbe fatta toccare e possedere, per il resto della sua vita.
"Mi dispiace. Vorrei dargli una lezione che…"
"No. Lascia perdere. Anzi, ora voglio andare a dormire. Sono esausta…"
Trunks la guardò un momento. 
Non smetteva, giorno dopo giorno, di accorgersi di quanto fosse bella sua moglie. Finalmente, sua moglie.


"Mammina, ti fa ancora male?"
La piccola Hope non era andata all'asilo, quella mattina. Si era svegliata tardi a causa dei genitori, che avevano indugiato sotto le coperte un paio d'ore in più del solito. Ma la cosa non le era dispiaciuta troppo, anzi.
Si era accorta subito che c'era qualcosa di strano. La mamma non era uscita, e poi era strana. Ogni tanto si lamentava per il dolore. Anche suo padre, fino ad una certa ora, era rimasto a casa e l'aveva visto aiutarla a medicare un grande graffio. Si era un po' spaventata vedendo il braccio della madre ridotto in quel modo, ma le avevano spiegato cosa era successo e le avevano giurato che sarebbe passato tutto molto presto. 
Per il resto della mattinata era stata buona, senza fare i capricci. Aveva anche insistito affinché lasciassero Junior in cameretta con lei, così ci avrebbe giocato e la mamma si sarebbe potuta riposare. Ma Marron aveva preferito sedere lì con i suoi figli, dopo un giorno intero di assenza.
"Non molto, cucciola. Non devi preoccuparti."
"Ieri pensavo che se non tornavi era perché ti avevo fatta arrabbiare. Perché chiedo sempre un cavallo…" 
Quella frase di sua figlia ebbe il potere di spiazzarla e spezzarle il cuore. Come poteva, Hope, pensare che la sua mamma l'avrebbe abbandonata?
"Non mi hai fatta arrabbiare piccola… e anche se fosse non me ne andrei di casa, capito?" Le sistemò una ciocca bionda dietro l'orecchio, sorridendo. Era un gioiello, la sua bambina, nonostante avesse un carattere, a tratti, abbastanza difficile.
"Va bene. E' tornato papà!" La vide alzarsi e si rese conto di non aver udito la porta di casa aprirsi.
Con lieve fatica, tornò in piedi e prese con sé Junior. Era un bambino abbastanza robusto e ci voleva poco per ritrovarsi con un tremendo mal di schiena.
Raggiunse in salotto sua figlia, già aggrappata al collo di suo padre come se non lo vedesse da giorni, mentre erano passate a malapena due ore.
"Hai fatto presto…"
Trunks le si avvicinò e la baciò. Sembrava tranquillo e il suo sguardo aveva qualcosa di strano.
"Beh, sì. Mia madre è stata piuttosto diretta…"
"Cosa voleva dirti?"
Il Brief mise giù sua figlia e la invitò ad andare a giocare. 
"Ecco… un paio di cose. Vorrei parlarne con te."
Marron mise il piccolo nel suo seggiolone e sedette sul divano, di fronte a lui.
"Parla. Ti ascolto…"
"Beh, il discorso è semplice. Mia madre comincia ad avere una certa età e la prova da dirigente di Bra non è andata a buon fine. Le ha combinato parecchi guai…"
"Fammi indovinare: vuole che tu torni a occuparti dell'azienda?"
Trunks sospirò.
"Ecco… sì. Non che ne sia contento, sai quanto detestavo quel ruolo ma…"
"Ma ti tocca, lo so. Non c'è molto da fare!"
Marron fece spallucce. Si aspettava qualcosa di più spettacolare. Invece era qualcosa che prima o poi, sapeva, sarebbe successa. 
"E ti dispiace?" Trunks sperava di non ferirla parlandole di lavoro. Era a casa da solo un giorno e già la vedeva insofferente.
"Mmm… non troppo. Perché? C'è altro?"
"Sì. Ecco, la segretaria ha deciso di non rientrare dopo il congedo. Quindi il suo posto resta vacante…"
Alla bionda la parola 'segretaria', dopo quello che era accaduto anni prima, non ancora andava giù a dovere. Ma ce n'era bisogno, inutile negarlo. 
"Oh. Beh, quindi? Fammi indovinare… tua madre ha riassunto Seila?"
Il tono sagace che aveva usato bastò per fargli capire quanto amasse parlare di quell'argomento.
"Quanto sei simpatica, amore mio…" Trunks ricambiò il sorriso saccente di sua moglie e poi guardò il soffitto "…a dire il vero questa volta me la sono scelta bene la segretaria…"
Se Marron ne avesse avuto il potere, gli avrebbe di certo scagliato addosso una enorme sfera di energia, dopo quella battuta.
"Prego?"
"Ho detto che ho scelto una segretaria pazzesca…"
Allora non aveva capito male. L'aveva proprio detto. E con quale faccia tosta! 
"Ah sì? E sentiamo… come sarebbe?"
"Innanzitutto bellissima…" Iniziò lui, sedendosi lì accanto, per provocarla a dovere.
"Buon per te."
Non voleva dargliela vinta e fargli vedere quanto le stesse già sulle scatole di prima mattina. Decise di farlo parlare.
"A volte antipatica… ma è un dettaglio…" 
"Ah, solo quando sono antipatica io non è mai un dettaglio?!" Gli chiese, stizzita.
Lo vide scoppiare a ridere di gusto e abbracciarla.
"Stupida!"
"Sei proprio stronzo sai? Adesso fai il serio…"
"Ma sono serio. Ripeto, ho scelto la donna più bella del mondo, con gli occhi azzurri, bionda… una bomba. Peccato che è già sposata…"
Marron, che stava per assestargli un pugno in bocca, si fermò. 
"Aspetta… non ho capito… parli di me?" Inclinò il capo, guardandolo negli occhi e lottando con quella voglia matta di prenderlo a sberle, data l'ironia del suo sguardo.
"E di chi altra dovrei parlare?" Trunks fece spallucce, attirandola a sé e facendola sedere sulle proprie gambe "Potrei mai fare tutti questi complimenti a un'altra e uscirne vivo?".
Le baciò la guancia, sperando di aver placato le sue nascenti ire.
"Hai ragione, stavo per ammazzarti. E comunque… davvero vuoi che prenda il posto della tua segretaria?" Gli chiese, seria e anche un po' incredula. Si era appena resa conto di essere nuovamente a spasso e già le si presentava un'occasione pazzesca.
"Beh… sempre che tu lo voglia. Altrimenti il numero di Seila ce l'ho ancora…"
Stavolta, il pugno lo ricevette e anche ben assestato. E non in bocca. Se l'era cercata, e anche se faticava a riprendere fiato a causa del dolore lancinante che la dolce e spietata mogliettina gli aveva provocato tra le gambe si ritrovò a ridere senza controllo.
"E ridi anche, stronzo?!" Nemmeno Marron, stavolta, riuscì a restare a lungo seria.
"La tua faccia è pazzesca…"
"Anche la tua!"
"Pace?" Trunks smise di ridere e la guardò negli occhi.
"Non abbiamo litigato…" La risposta della biondina precedette un fugace bacio a fior di labbra.
"La tua risposta?" Il Brief iniziava a pensare non volesse accettare. 
"Ovvio che lo voglio…" Un'altro bacio, stavolta più lungo, mentre entrambi sorridevano a quel nuovo inizio. 
"Perfetto. Lo dico a mia madre, così potrai iniziare non appena ti sarai rimessa…"
"E potrò stringerti il cappio al collo, signor Presidente."
"Ah, quello era scontato. E io potrò essere l'unico 'capo' di questo pianeta a farti proposte indecenti."
Marron si alzò in piedi e si avviò ancheggiando verso la cucina, non prima di avergli fatto l'occhiolino.
"Certo… ma ricorda che il 'capo' sono io…"


Nota dell'autrice

Manco da un po', e mi scuso con tutti coloro che leggono e recensiscono.
Ho avuto un periodaccio tra famiglia e co. In più un trasloco in vista e tante altre cose che non sono ancora ufficiali ma a breve lo saranno.
Che dirvi… spero vi sia piaciuto, anche se era piuttosto lunghetto! Mi farà perdonare per l'attesa!
Un bacio a tutti voi!

Sweetlove


 

 

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Capitolo 18
*** Sorpresa ***


Moments of life


Sorpresa



Aveva piovuto per un'ora, non di più, ma chiusi dentro un ufficio non c'era molto da rattristarsene, anzi. Vedere il sole splendere era motivo di depressione, visto che, cento piani più in basso, le strade brulicavano di passanti, alcuni con carrozzine, altri a braccetto, altri ancora con un cellulare all'orecchio.
Almeno, con la pioggia, anche gli altri erano costretti a starsene chiusi in casa, al lavoro o in una macchina.
Marron sospirò, guardando fuori e riallacciando l'ultimo bottone della camicetta. Di sicuro, l'ultima mezz'ora era stata parecchio costruttiva, per lei e suo marito. Quando andava via la luce, in effetti, c'era poco da fare in quell'ufficio, se non chiudere a chiave la porta e approfittarne per socializzare, in un modo per loro molto, molto piacevole.
"Che palle…" Mormorò, constatando che quel black out stava durando più del solito. Il lavoro da segretaria, che svolgeva egregiamente da un anno, spesso si rivelava noioso. Quando era agente immobiliare correva tutto il giorno, vedeva facce nuove, si spostava. Lì era sempre chiusa in quell'ufficio, o alla sua scrivania appena lì fuori quando Trunks riceveva qualche socio o cliente. Certo, stava con lui ed era bellissimo, quando erano soli facevano il loro comodo e con piacere, non dovevano preoccuparsi di eventuali ammiratori visto che si controllavano molto, molto bene da mattina a sera. 
"Cosa c'è?" 
Il Presidente si alzò dalla sua poltrona, passandosi una mano tra i capelli appena scompigliati e guardando lo schermo del cellulare.
"Non posso fare neanche una telefonata se non torna la corrente…"
"E ti dispiace?" 
Conosceva quel tono malizioso. Eppure di un bis non ne aveva tutta quella voglia. 
"Abbastanza. Volevo chiamare mio padre per sapere di Junior."
Trunks storse la bocca, pensando bene di rimettersi la camicia nei pantaloni visto che non se ne parlava di farle cambiare idea, quando non ne aveva voglia. Ogni tanto pensava a cosa avrebbero pensato i dipendenti se l'avessero visto mentre possedeva la sua segretaria su quella stessa scrivania dove firmava i migliaia di assegni. Anzi, era sicuro che lo sapessero o almeno lo immaginassero. Non aveva mai nascosto a nessuno che nelle vesti di quella nuova 'dipendente' c'era niente meno che la signora Marron Brief. 
"Il mio telefono è scarico. Se tu imparassi a non scordare il tuo probabilmente non avresti problemi…"
"Ti ho già detto che Junior me l'ha nascosto da qualche parte a casa questa mattina. Preferivi che arrivassi in ritardo oppure che portassi dietro quell'aggeggio quando qui ci saranno almeno venti linee telefoniche?"
"Va bene… non ti scaldare!" 
Marron si allontanò dal vetro e andò a farsi un giro della stanza, con le braccia incrociate al petto e aria annoiata.
"Spero gli sia scesa la febbre."
"In caso contrario domani ti concedo un giorno di ferie…" Trunks le fece l'occhiolino mentre si risistemava la cravatta.
"Grazie, signor Presidente…!" La bionda lo guardò sorniona e si avvicinò di qualche passo.
"Prego. Sono sempre gentile con le mie segretarie, sai?"
"Fin troppo… vedi di esserlo solo con me!"
Proprio mentre le loro labbra si avvicinavano tornò la corrente e la stanza si illuminò.
"Oh… perfetto… vai pure a fare quelle chiamate…"
Il lilla la baciò velocemente e la lasciò andare alla sua postazione fuori dalla stanza. Tornò dietro la scrivania e si sedette, sospirando e prendendo in mano la pila di fogli consegnatagli appena due ore prima e non ancora firmati. Gli piaceva avere Marron sempre con sé, quel lavoro che aveva sempre odiato era diventato d'un tratto parecchio interessante. Tuttavia sapeva che si stavano perdendo parecchie cose dei loro bambini e gli dispiaceva per lei, era pur sempre la madre e anche se non lo ammetteva le pesava star lontana da loro per dodici ore al giorno.
Ma erano bambini felici, super viziati dai nonni, che facevano quasi a botte per contenderseli. Eppure era sempre Hope a scegliere dove stare. Ultimamente preferiva passare i pomeriggi alla Capsule Corporation, mentre il piccolo veniva curato dal nonno materno. Le piaceva guardare Bulma al lavoro sui suoi macchinari, faceva molte domande e a tutti ricordava un Trunks di neanche sei anni, super curioso e intraprendente.
"Trunks!"
La voce di Marron lo riscosse da quel pensiero, che gli aveva fatto spuntare un sorriso sul volto.
"Sì?"
"Puoi venire un attimo?"
Scosse la testa divertito. Ecco cosa voleva dire avere la moglie come segretaria. Non capiva più chi fosse al servizio di chi.
Si avviò verso la porta, l'aprì e si trovò davanti la bionda, con in mano la cornetta del telefono e l'aria piuttosto preoccupata.
"Successo qualcosa?"
"Direi di sì…"
"Junior?"
Trunks era sicuro si trattasse del secondogenito. Era piuttosto tranquillo, Marron si preoccupava eccessivamente anche per un bernoccolo, sicuro gli avrebbe detto che aveva ancora la febbre.
"Hope…"
"Hope?"
Ma quando si trattava di Hope diventava vulnerabile. Odiava ammetterlo, ma la netta preferenza per la figlia maggiore lo rendeva colpevole verso i suoi stessi genitori, che aveva sempre accusato quando era adolescente nel vedere la viziata sorellina ricoperta di attenzioni, mentre lui se l'era sempre cavata da solo. Certo, non era la stessa cosa: amava Junior, era il suo ometto, ma con Hope era diverso. Era la prima figlia, la cocca di papà, quella che sapeva lavorarselo a dovere per farlo squagliare davanti ad un broncio. 
"Mio padre ha trovato il mio telefono. C'erano quattro chiamate perse dalla scuola materna."
"E…?"
"Pare sia successo un putiferio tra lei e un bambino di terza elementare!"
Il lilla sgranò gli occhi.
"Ma sta bene?"
"Non lo so… ma uno di noi dovrebbe andare lì…"
Vide la moglie rimettere a posto l'apparecchio.
"Vado io…"
"Sei sicuro? E i tuoi appuntamenti? Iniziano tra mezz'ora…"
"Chiama tutti e spostali!"
Marron lo guardò rientrare nell'ufficio di corsa per prendere la giacca e il telefono. Era sicura che ci sarebbe andato lui. Hope era praticamente 'roba sua'.
Scosse la testa, vedendolo uscire a passo veloce e imboccare il corridoio, e riprendendo il telefono per fare la prima telefonata.


Era l'orario d'uscita quando era arrivato come una furia davanti alla scuola. C'erano centinaia di bambini dai sei ai dieci anni con i relativi genitori e farsi strada per entrare nell'edificio era stato arduo.
Eppure era finalmente lì e, non appena l'aveva visto, la collaboratrice aveva sorriso e gli si era avvicinata.
"Ah, eccovi qui signore… vi aspettavano."
"Abbiamo avuto problemi col telefono. Mi dispiace."
La donna, robusta e bassa, sulla cinquantina, sorrise comprensiva.
"La bambina è ancora in classe, lo sa i bambini dell'asilo non li facciamo uscire senza i genitori."
"Grazie, vado allora…"
Trunks si sforzò di sorridere. Essere guardato a quel modo gli metteva soggezione. Era quasi un personaggio di riguardo, in quella scuola pubblica. E chi avrebbe pensato che un'erede della famiglia Brief avrebbe frequentato un comune asilo e non una struttura privata? Marron aveva insistito affinché Hope avesse una vita normale. Doveva già convivere con quella cicatrice dietro la schiena, figuriamoci se l'avrebbero fatta crescere come una piccola snob. E poi, all'epoca dell'iscrizione, Trunks si era dimesso da Presidente e, nonostante fosse comunque riconosciuto, non era poi una persona tanto importante quanto Bulma, sua madre.
Arrivò davanti alla porta lasciata aperta della sezione. C'erano altri quattro bambini oltre alla sua, che non avendolo visto continuava a giocare con un'amichetta.
"Ah…" L'educatrice, impegnata nel riordinare l'aula, alzò lo sguardo e lo vide. Gli fece cenno di aspettare e infine uscì dalla porta.
"Mi scusi… fanno talmente tanta confusione che riordinare con loro è impossibile!"
Era giovane, probabilmente aveva tre o quattro anni più di lui.
"Non c'è problema. Cos'è successo? Avete chiamato mia moglie…"
"Abbiamo anche provato al suo, signore, ma era irraggiungibile. Comunque nulla di grave, Hope sta bene ma…"
"Ma?"
"Non si può dire lo stesso del bambino che ha picchiato…"
La donna gesticolava e si torturava le mani, come in imbarazzo.
"C-come? Chi ha picchiato chi, scusi?"
"Ecco, i bambini erano in cortile per l'intervallo. Non li separiamo, di solito. E all'improvviso abbiamo visto quel ragazzino a terra e sua figlia…"
"Siete sicuri sia stata lei? Voglio dire… Non era mai successo e poi ha solo cinque anni e mezzo! Come può aver messo a terra un ragazzino di terza?"
La signorina fece spallucce, con aria perplessa e a tratti mortificata.
"L'ho pensato anche io ma… la piccola ha detto di esser stata lei. Non l'ha negato…"
Trunks non riusciva a credere alle proprie orecchie. Hope aveva picchiato un bambino? Non era credibile: la sua bambina era sveglia, intelligente e sia lui che Marron si erano sempre impegnati affinché imparasse a risolvere i problemi parlando, senza alzare le mani.
"Non ci posso credere…" Disse, mormorando mentre guardava il suo angioletto giocare tranquillamente con l'altra bambina.
"La capisco. Se posso chiedere… a casa va tutto bene? Sa, a volte i bambini somatizzano…"
"A casa va splendidamente, inizia anche ad andare d'accordo con suo fratello. Non le manca nulla."
"Allora vedrà che sarà stato solo un incidente. Parlateci voi, non l'abbiamo punita, sa qui cerchiamo di evitare."
"Sì, sì lo so. Parleremo noi con lei. Grazie."
Il lilla si sforzò di esser gentile, nonostante fosse ancora immerso nei suoi pensieri. Continuava a chiedersi cosa fosse accaduto a sua figlia da farla diventare aggressiva.
"Ah…" Ricordò solo in quel momento un piccolo particolare "…l'altro bambino come sta?"
Spesso dimenticava quel quarto di sangue sayan che le scorreva nelle vene.
"Beh, ha un ginocchio sbucciato e ha perso sangue dal naso. Ma nulla di grave, la madre lo ha portato via dopo l'accaduto e domani vorrebbe parlarvi."
"Vorrà delle scuse, immagino…"
Vide la maestra annuire e decise di non dire altro. Era giusto, non voleva che Hope fosse additata come una teppistella.
La donna chiamò la piccola, che nel voltarsi e nel vedere suo padre s'illuminò di gioia. Era parecchio che né lui né Marron riuscivano ad andare a prenderla all'asilo, per colpa degli orari d'ufficio.
"Papà!" Gli saltò letteralmente al collo e lui nemmeno si fece passare per la mente l'idea di non abbracciarla o di sgridarla. Doveva esserci una spiegazione e l'avrebbe trovata.
"Come stai tesoro?" 
"Perché non è venuta la nonna?" Gli occhi azzurri della bambina si fecero curiosi.
"Perché ci sono io, non sei contenta?"
"Tantissimo!" Trunks si guadagnò un altro abbraccio e poi mise giù la sua principessa, per permetterle di tornare in classe a prendere la giacca e lo zainetto.


"Tua figlia ha pestato un ragazzino…"
Aveva trovato un telefono pubblico al parco e si era ricordato di dover dare notizie a sua moglie, che sicuramente era in trepidante attesa.
"Cosa?"
"Dico che Hope ha aggredito un altro bambino durante l'intervallo."
Dall'altro lato del telefono ci fu una pausa.
"Stai scherzando?"
"Assolutamente no…"
"E sei così tranquillo?!"
"Cosa dovrei fare? Punirla? Non ci penso minimamente…"
Sentì Marron sospirare e gli parve di vederla scuotere la testa rassegnata.
"Va bene. Ne parliamo a cena."
"Ti amo…"
"Anche io, Presidente!"
La chiamata terminò mentre entrambi sorridevano e Hope tirava briciole alle anatre, poco distante da lì.
Doveva assolutamente sapere cosa era accaduto quella mattina.
"Hope tesoro…" La chiamò, invitandola ad avvicinarsi e a sedersi con lui sulla panchina.
"Cosa c'è?"
"Senti… la maestra mi ha raccontato quello che è successo oggi. Dimmi un po'…" La guardò notando che dal suo sguardo non traspariva alcuna espressione mortificata o pentita "…è vero?"
Hope annuì decisa, guardandolo dritto negli occhi.
"Ah… beh… vuoi raccontarmi tu quello che è successo?"
La piccola fece spallucce e prese a dondolare i piedi.
"Mi prendeva in giro…"
"Tesoro, non puoi picchiare un bambino solo perché ti prende in giro."
Gli occhioni di cielo si posarono di nuovo su di lui.
"Perché no?"
"Perché non si fa. Non si risolvono così i problemi…"
"A me è piaciuto picchiarlo!"
Trunks non capì se il sangue gli si stava gelando nelle vene per quell'ultima frase o per il tono angelico usato dalla figlia.
"C-cosa?"
"Quando l'ho picchiato mi sono sentita meglio…"
"No! No, non devi sentirti bene dopo aver alzato le mani! E' sbagliato, dimostri di essere poco intelligente…"
"Allora ha ragione il nonno!"
Il lilla corrugò la fronte. Il nonno? Crillin?
"Cosa dice il nonno Crillin?"
"Non lui. Il nonno Vegeta…" Hope guardò verso il laghetto quando sentì lo starnazzare di un'anatra.
"Cioè?"
"Che tu sei molto intelligente ma per questo sei un debole…"
Trunks iniziava davvero a meravigliarsi di quella conversazione. Quando e soprattutto perché suo padre avrebbe detto una cosa simile a Hope?
"Debole?"
"Sì… perché non ti alleni più e quindi non potrai mai essere forte come lui…"
In quel momento la piccola fece per scendere dalla panchina ma la bloccò.
"Davvero il nonno ti ha detto questo?" 
Da tanto aveva smesso di pensare a cosa suo padre pensasse di lui, ma sapere che lo sminuiva davanti a sua figlia lo mandava in bestia.
"Sì…"
"E tu ci credi davvero? Davvero credi che io sia un debole?"
A quel punto Hope alzò di nuovo lo sguardo. No, non ci aveva creduto ma il nonno non poteva averle detto una bugia.
"Non lo so. Io voglio essere forte però…" Strano quel modo che aveva di fissarlo negli occhi quando doveva confessargli qualcosa di importante. Era a dir poco identica a lui.
"Essere forti non significa picchiare gli altri."
"Ma significa saper combattere. Io voglio imparare…" Fece di nuovo spallucce e sorrise "…il nonno dice che sono bravissima a combattere!"
Detto questo, Hope corse di nuovo dalle anatre lasciandolo di sasso, su quella panchina.
'Combattere? Vuole combattere? E da dove salta fuori questa novità?'
Non smetteva di fissare la sua piccola e le sue parole gli rimbombavano nella mente. Non le avrebbe mai permesso di considerarlo un debole. Non voleva apparire come qualcosa di negativo ai suoi occhi.
Forse avrebbe dovuto fare un bel discorso con Vegeta.


Bulma era rientrata da appena un'ora e già avrebbe voluto tornare in laboratorio.
Aveva trovato la casa in condizioni pietose.
Suo marito era chiuso nella gravity room da chissà quanto e Bra si era defilata, mollandole non solo tutto quel casino da sistemare, ma anche suo figlio urlante e affamato.
Alla fine si era ritrovata anche il piccolo Junior, dato che Crillin doveva tornare alla Kame House per chissà quale urgenza. E anche lui, stanco dopo una giornata di febbre e senza pisolino pomeridiano, non faceva che piagnucolare cercando la mamma.
'Impazzirò…' Si ritrovò a pensare Bulma prima di scoppiare, mandare tutto e tutti al diavolo e fuggire per un mese su un'isola deserta.
"E' permesso?"
La voce della salvezza: Trunks.
"Trunks! Entra!" Non si era nemmeno resa conto dell'ora tanto era stanca "Come mai qui?"
"Cos'è questo casino?" Il lilla, con la bambina per mano, era rimasto sulla porta, sconvolto.
"Per favore, dammi una mano. Dammi una mano prima che faccia fuori tua sorella!"
Non ebbe il tempo di dire 'a' che si ritrovò il nipotino neonato tra le braccia. Maleodorante e in lacrime, tra l'altro.
"Ehi… aspetta! Io devo solo…"
"Aiutarmi e riprenderti tuo figlio! Ti prego! Guarda in che condizioni è questa casa!" La turchina sembrava prossima alle lacrime.
"Lo so mamma ma Bra dov'è?"
"Ha detto che andava in biblioteca a studiare, che tra due giorni ha un esame e che non riesce a studiare col bambino accanto…"
"E Goten?!"
Che domande faceva. Goten, ovviamente, era in giro a cercare un altro lavoro, visto che quello precedente l'aveva perso già da una settimana. O almeno sperava stesse facendo quello.
"Senti, mamma… devo parlare con papà. Urgentemente…"
"Puoi occuparti di Junior, almeno? Lui è tuo figlio se non sbaglio…"
Il piccolo gli si era avvicinato piagnucolante e caldo di febbre.
"Sì, va bene… però fra cinque minuti! Anzi, tieni anche Hope, ti darà una mano con questi marmocchi!"
Il Brief fece l'occhiolino e prima che sua madre gli urlasse contro scappò in corridoio, diretto verso la GR.
L'aprì senza indugiare, dopo aver azzerato la gravità, e si trovò di fronte suo padre, piuttosto contrariato per quell'interruzione.
"Che diavolo ci fai qui?"
Il suo tipico saluto. 
"Ah, dimmelo tu papà. Mia figlia oggi ha aggredito un bambino grazie ai tuoi discorsi!"
Il tono di suo figlio, evidentemente, non era dei migliori. Gli gettò uno sguardo omicida, tanto per ricordargli chi, lì dentro, fosse il genitore. 
"Cambia tono, ragazzino…"
"Non se si tratta di Hope. Perché le hai detto che sono un debole?!"
"Ho detto che se non ti alleni sei un debole. Non che lo sei a prescindere."
"E perché l'avresti detto? Ti secca, forse, che io non abbia il tempo per gli allenamenti? Scusa tanto se metto avanti la mia famiglia a queste stronzate, papà…"
Trunks con quella frase gli aveva buttato in faccia tutto il rancore e il dispiacere provato da quando era nato. Per Vegeta c'erano sempre stati gli esercizi prima di una passeggiata al parco con lui. Non era giusto, anche se sua madre cercava di giustificarlo in ogni modo. 
Avere una famiglia, dei figli, gli aveva fatto capire quanto fosse importante stare con loro piuttosto che coltivare qualsiasi altra passione.
"Tua figlia non le considera stronzate. Se tu la conoscessi così bene sapresti anche quanto è realmente forte quella mocciosa. Ma se ci tieni tanto, la prossima volta che verrà a chiedermi di allenarla la manderò a giocare con le bambole. E ora sparisci."
Detto quello, il sayan si girò di spalle e raccolse la bottiglia d'acqua dal pavimento, liquidandolo.
"Hope… Hope ti ha chiesto di allenarla?"
"Te l'ho già detto. Combatte contro di me molto meglio di suo padre."
Trunks si sentì morire. 
Sua figlia, la sua piccola, si allenava con Vegeta?
Ricordava con un misto d'orgoglio e di dolore i primi allenamenti con lui. I lividi, i graffi, il dolore di ogni pugno.
"T-tu…"
"Non le ho fatto neanche un graffio se è quello che stai per chiedermi. Non ho allenato tua sorella proprio per questo, dovresti saperlo."
Il cuore riprese a battergli dopo aver sentito quelle parole. Era stato stupido a pensare che suo padre, nonostante la sua natura, potesse far del male alla sua nipotina. Sapeva che, in fondo, le voleva bene e anche Hope adorava lui. 
"Va bene. Allenala pure se lei vuole. Ma non voglio che tu le dica nulla contro di me, intesi?"
Non aveva mai dettato condizioni, con lui. Ma adesso, padre di due figli, sposato, orgoglioso… sentiva di doverlo fare.
Vegeta non rispose, il che significava 'ok'.
Trunks uscì dalla gravity room e si ritrovò a sorridere, ancora incredulo.
Era vero. Amava alla follia sua figlia, ma evidentemente non la conosceva abbastanza.
Avrebbe rimediato, doveva farlo. Non avrebbe permesso a nessuno di portargli via la sua principessa… o la sua fiducia.



Note dell'autrice

Siete sempre così dolciiiii!
Ad ogni capitolo non mancate mai. E ringrazio anche chi non si fa sentire ma comunque c'è!
Penso che questa raccolta finirà al capitolo venti. Penso, eh...
Spero ci sarete fino all'ultimo!

Sweetlove

 

 

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Capitolo 19
*** Brividi ***


Moments of life


Brividi



Marron non era un tipo di donna dalla lacrima facile.
Tutti la ricordavano piccola, spesso frignona e attaccata alle gambe dei genitori ma, chi non aveva avuto l'onore di vederla sbocciare in una splendida ragazza e poi ancora in una donna bella e forte, non poteva sapere che roccia era diventata.
Nel corso degli ultimi anni aveva pianto poche volte: di gioia quando era venuta al mondo la sua creatura, di dolore, quello vero, quando aveva temuto di perderla, per non contare il male subito durante la breve ma intensa separazione dal compagno a causa di uno spiacevole equivoco.
Eppure, quella sera, la roccia sembrava stesse per sgretolarsi.
Un fiume di lacrime scendeva inarrestabile lungo le guance arrossate per andare a cadere sul cuscino e sul lenzuolo azzurro, quella sera troppo freddo.
Era sola, ormai da un'ora, e se conosceva bene Trunks sapeva che non l'avrebbe rivisto riaprire quella porta e infilarsi a letto.
Nonostante fosse la prima volta che lo vedeva in quelle condizioni, sapeva che ciò che aleggiava nell'aria era ben più di una scaramuccia. 
Probabilmente, a causa del tono di voce piuttosto alto, il giorno seguente avrebbe subito un interrogatorio da parte dei parenti, che erano arrivati puntuali ben due giorni prima della data cerchiata di rosso sul calendario. 
Tutto quello che voleva evitare…
Cosa era successo? Perché si erano urlati contro in quel modo, quando la serata sembrava esser tranquilla, dopo una cena serena e qualche chiacchiera?
Era partito tutto da una stupidaggine: il colore dei palloncini scelto da Bra per la festa.
Aveva visto la sua espressione mutare.
"Quale festa?" Aveva domandato, con aria cupa.
"Quella di nostra figlia…" Marron aveva alzato le spalle, era ovvio che avrebbero festeggiato il primo compleanno di Hope "…si stanno impegnando tutti moltissimo per renderla perfetta."
Trunks aveva sospirato.
"Perfetta? Cosa c'è di perfetto in quella ricorrenza…?"
L'aveva fissato come se avesse bestemmiato. 
"E' il primo anno di tua figlia, come puoi dire una cosa simile?"
Gli occhi si erano posati sul codino biondo che spuntava dalle sponde del lettino, in fondo alla stanza. Era ancora sveglia, Hope, e giocava tranquilla col suo coniglio di pezza.
"Non voglio festeggiare, punto e basta!"
Il lilla, dallo sguardo disgustato e infastidito, aveva voltato il capo dall'altra parte.
"In questa casa si festeggia persino il compleanno del gatto! Come potremmo non festeggiare la bambina?! Sei forse uscito di testa?!" Era sbottata, sconvolta e incredula.
"Allora facciamo così, voi festeggiate, io tornerò quando tutto sarà finito!"
L'aveva visto alzarsi dal letto e dirigersi verso la finestra. Lo faceva sempre quando era nervoso, stanco o arrabbiato, ma non era mai successo che lo fosse con lei, con loro.
"Ma perché Trunks?" Anche lei si era alzata e l'aveva raggiunto. 
"Perché sì… non mi va e basta, Marron. Adesso non parliamone più!"
"E invece ne parliamo, Trunks! Non è da te comportarti così…"
"Ti ho detto che non ne voglio parlare!"
Quel tono, con lei, non l'aveva mai usato.
"Sei un bambino! Ti metti a fare il duro per una festa!" Iniziava ad averne abbastanza, la bionda, di quell'insolito comportamento.
"Un bambino, eh? Sarei un bambino semplicemente perché voglio far sparire dal calendario quella giornata?!" Trunks aveva preso i vestiti appoggiati poco prima sulla sedia lì accanto, furioso, e aveva aperto la finestra con uno scatto.
"Spiegami almeno perché!"
"Perché non mi piace festeggiare l'anniversario della morte di qualcuno! Voi fatelo pure, io non ci sarò!"
Era sparito così, con un balzo e quell'ultima frase, urlata contro di lei quasi con disprezzo.
Marron era rimasta con la bocca socchiusa a fissare l'orizzonte, mentre l'aria gelida di quella sera d'inverno la investiva causandole mille brividi.
Hope aveva pianto per un pezzo prima di calmarsi e addormentarsi.
Poi aveva pianto lei, e non riusciva a smettere.
Trunks aveva posto riparo a quel triste avvenimento dopo appena due settimane. Perché continuare a ricordare? 
Si trattava pur sempre della nascita della loro bambina, un momento meraviglioso, quello in cui ne aveva sentito per la prima volta i vagiti. Prima di rivedere l'aldilà. Ma l'aveva fatto col cuore pieno di gioia e d'amore, nonostante non fosse programmato quel passaggio a miglior vita. 
Trecentosessantaquattro giorni erano trascorsi ma evidentemente a dimenticare erano stati tutti tranne lui.
E quella sera, quell'aggressione, ne era la dimostrazione. E faceva male… troppo male. Perché la colpa di ciò che era accaduto non era sua, né di sua figlia…


Aveva vagato per ore nel buio della notte, dapprima volando, poi era atterrato tra gli alberi del parco e aveva iniziato a camminare, con lo sguardo basso, semplicemente fissandosi i piedi.
Aveva rischiato di calpestare un barbone, che riposava sul suo giaciglio fatto di cartoni, accanto a un fuoco di fortuna, fatto con un mucchietto di foglie secche e carte racimolate dal cestino dell'immondizia poco distante. Non si era fermato, aveva tirato dritto, anche quando aveva assistito ad una performance di un noto banchiere e una prostituta, sul ciglio della strada, nella macchina di lusso con il quale la mattina dopo avrebbe accompagnato moglie e figli. Nemmeno ribrezzo aveva provato. 
Semplicemente il vuoto, vuoto era quello che sentiva nello stomaco, nel petto. 
Non ce la faceva a tornare sui suoi passi, a tornare a casa da lei, da loro. Non dopo quella crisi e quelle urla, poche ore prima.
Che se ne facevano di lui? Di un uomo che nemmeno riusciva a buttarsi alle spalle quella brutta storia, nonostante tutto fosse ormai risolto.
Che vita avrebbe dato a sua figlia, se non era nemmeno capace di sorriderle e augurarle buon compleanno. Quello era il primo, la mezzanotte era trascorsa da ore, ma quando avrebbe avuto sei, sette, dieci anni… cosa avrebbe pensato di un padre che spariva per non festeggiare e spegnere le candeline con lei?
Solo allora si era fermato e aveva stretto i pugni.
Un'ondata di dolore tornò a risalirgli dall'interno delle viscere fino al petto, al cuore. Credeva di averlo fatto sparire col ritorno della sua Marron ma eccolo di nuovo, vivo, pungente, tremendo. Proprio come quel giorno, come in quell'ospedale, davanti a quel vetro. 
Aveva disprezzato la sua bambina, le aveva dato la colpa di ciò che era accaduto.
Poi, quando aveva capito di aver sbagliato, la colpa l'aveva gettata su se stesso. Se non l'avesse messa incinta, nulla sarebbe accaduto.
E si era ripetuto quella frase almeno venti volte nell'arco della giornata. Mentre camminava avanti e indietro, di notte, nella sua stanza con quell'esserino tra le braccia. Mentre si rigirava un biberon vuoto tra le mani. Mentre si coricava e non la trovava accanto. Mentre la immaginava sotto terra.
Un altro brivido lo riscosse da quel terrificante pensiero.
'Sotto terra…'.
Non era mai stato al cimitero, nemmeno il giorno del suo funerale. Per non vedere la sua lapide non era nemmeno andato a far visita ai nonni, gli amati nonni.
Aveva sentito, una sera, suo suocero scherzare con una punta d'amarezza su questa cosa.
"Chissà se qualcuno sapesse che la tomba di Marron è vuota…"
Quella frase gli aveva fatto accapponare la pelle. Era rimasto immobile, con Hope in braccio, e aveva finto indifferenza tenendo lo sguardo puntato sul televisore.
Si era reso conto di non riuscire a capacitarsi, non ancora, di quello che era successo.
Erano insieme, dormivano assieme ogni notte, poteva stringerla, accarezzarla… ma era comunque successo. Un Drago di un pianeta lontano aveva posto rimedio, ma non aveva fatto sparire dalla faccia della terra quel giorno, che tutti, in fermento, si stavano apprestando a cerchiare di rosso. Una festa… 
Non sarebbe riuscito a fingersi felice.
Hope non aveva colpe, lo sapeva. Ma lui sì… e pensare il contrario, per i trecentosessantacinque giorni appena trascorsi, era stato impossibile, perché non aveva fatto che tentare di rimuovere, di cancellare dalla memoria quella giornata, nonostante fosse la stessa in cui aveva per la prima volta incontrato lo sguardo di quella figlia che gli riempiva il petto di gioia e d'amore.
Scosse la testa violentemente, tentando di combattere quell'altra ondata di dolore. Senza rendersene conto si alzò in volo ancora una volta, senza una direzione, senza controllo.
Ancora tre ore e sarebbe sorto il sole. Per la prima volta dopo tanto tempo lei si sarebbe svegliata da sola.


"Buongiorno!" 
Tre sguardi azzurri e due bruni si erano posati su una Hope sorridente e gioiosa, che batteva le mani tra le braccia materne.
"Buon compleanno principessa!" Il nonno l'aveva subito afferrata, aprendo il corteo di baci e abbracci.
Nessuno, per fortuna, si era accorto degli occhi ancora arrossati e lucidi della bionda, che si era appartata in cucina per ingoiare due pasticche contro il mal di testa e un caffè amaro e forte.
Nessuno tranne la figura che, schioccato un bacio sui capelli dorati della piccola, aveva seguito la genitrice senza farsi notare.
"Marron… è tutto a posto?" 
Goten fissò le sue spalle. Era appoggiata al lavandino e sembrava assorta.
"Alla grande…"
"Cos'è successo? Dov'è Trunks?"
Nel sentire pronunciare quel nome, Marron si sentì mancare il fiato. Già… dov'era? Perché non era lì a coccolare la loro bambina come tutti gli altri?
"Non lo so. Se n'è andato ieri sera e non si è fatto vivo."
"Avete litigato?"
Il moro inclinò la testa di lato, osservando il profilo delicato dell'amica, che si era appena voltata con un sospiro.
"Credo di sì, non l'ho ancora capito. Sembrava un pazzo… non voleva che festeggiassimo il compleanno di Hope…"
Entrambi parlavano quasi sussurrando, non volevano far sentire quei discorsi agli altri, anche se erano troppo concentrati a far ridere la nipotina.
"Senti… se ne parlassimo fuori? Qui sembrano avere le orecchie anche i muri!"
Goten le fece un sorriso incoraggiante. Non ne ottenne uno indietro ma quell'alzata di spalle e quei passi incerti verso la porta d'ingresso gli fecero capire che era ben disposta a quel dialogo.


"E quindi avete discusso perché non vuole che si faccia questa festa per la piccola…" Goten girò la sua cioccolata col cucchiaino. Ci aveva aggiunto due bustine di zucchero come al solito e gli venne in mente la solita faccia dell'amico, rassegnata. Se fosse stato lì l'avrebbe di sicuro preso in giro.
"Già. Non mi ha mai parlato in quel modo. Sembrava un altro, te lo giuro…"
Le si fecero di nuovo gli occhi lucidi ma tentò di trattenersi. 
"E' strano. Ma non così tanto. Sai… oggi è un anno che è successo quel…"
"Sì, lo so che sono morta esattamente un anno fa, Goten. Ma che posso farci? E' comunque storia vecchia, no?"
"Certo, lo è… ma evidentemente lui non è ancora capace di dimenticare."
La bionda lo fissò mentre portava alla bocca quel liquido denso e scuro. La sua tazza invece non era nemmeno stata toccata.
"Cosa intendi? Non ne abbiamo mai parlato da quando sono resuscitata. Credevo che anche per lui fosse un capitolo chiuso. Una parentesi, ecco…"
"Chiamala parentesi!" Scottatosi con la cioccolata, il moro tornò ad appoggiare la tazza sul tavolo di legno e la guardò quasi sbalordito "Marron, nessuno ti ha raccontato di quei diciotto giorni?"
La giovane non ricordava di aver mai visto Goten così serio, sembrava un altro.
"No. Per tutti sembrava un argomento tabù da non toccare. E neanche io ho mai indagato. Sai… non volevo dare importanza al tempo in cui sono stata lontana da loro… capisci?"
"Certo, ti capisco. Non te ne do una colpa, infatti. Ma in quella casa, quel periodo, c'era l'inferno."
Quelle parole bastarono per farla rabbrividire.
"C-come?"
"Te lo giuro… Trunks è il mio migliore amico, anzi, un fratello e nemmeno a me piace ricordare le condizioni in cui era. Un morto che cammina, per non dire di peggio."
Marron cercò di capire se stesse scherzando.
"Spiegati meglio…"
"Cosa vuoi che ti dica? Non mangiava, non usciva dalla sua stanza se non per occuparsi di Hope. E non permetteva a nessuno di toccarla. Era un altro, a ripensarci quasi mi vengono i brividi. L'avevamo dato per perso…"
Sentire Goten, l'eterno bambino, parlare in modo tanto profondo e serio le fece solo immaginare ciò che doveva aver visto, mentre lei era nell'aldilà.
"Non mi prendi in giro, vero?" Non si era accorta che gli occhi le si erano di nuovo riempiti di lacrime.
"Non posso scherzare su queste cose, Marron…" Lo vide sospirare e fare un sorriso amaro "…per questo non mi sento di giudicare Trunks per ciò che ha fatto ieri sera. Cerca di capirlo, non dargli contro…"
"Sai dirmi dove si trova?" 
Il moro sollevò un sopracciglio.
"Come?"
"La sua aura! Riesci a percepirla, a localizzarla? Devo trovarlo!" 
Solo allora Goten capì le intenzioni di quella che ormai considerava un'amica.
"Ah… beh, dammi un momento…" Le fece l'occhiolino e prese a concentrarsi, non senza pensare con una punta di sorpresa che quella era la prima uscita da solo con lei e il primo dialogo così profondo e sincero. Sperava almeno di essere stato d'aiuto, voleva solo che lei e Trunks fossero felici e da buon amico qual era avrebbe cercato fino all'ultimo di portare pace tra loro. E di essere lo zio migliore del mondo per quella piccola peste dal codino biondo.


Aveva aperto gli occhi e subito si era trovato a strizzarli, i raggi di sole, nonostante fosse pieno inverno, quella mattina erano arrabbiati e battevano proprio su quell'ala del cimitero, nel quale, poche ore prima, si era ritrovato a vagare.
Stropicciò le palpebre ancora assonnate e lottò contro un brivido di freddo. Non aveva portato con sé la giacca, quando era uscito come una furia dalla finestra, e l'umidità, durante il sonno, gli era entrata fin dentro le ossa.
Gli ci volle un minuto per capire e ricordare cosa ci facesse in quel posto a quell'ora deserto. Poi, come un flash, gli era tornato alla mente l'attimo in cui aveva fracassato qualcosa, causandosi una ferita profonda alla mano destra, che si era lacerata ancor di più quando, a mani nude, aveva preso a scavare nella terra ghiacciata.
D'istinto si guardò gli arti superiori. Era pieno di terra, le mani erano tutte un graffio, lo squarcio aveva smesso di sanguinare ma era dannatamente profondo. 
Che aveva fatto? Doveva essere impazzito. Il ricordo di quei momenti, di quei giorni… doveva averlo fatto ammattire.
Aveva volato ed era atterrato davanti alla tomba dei suoi amati nonni, coloro che l'avevano praticamente cresciuto. Aveva accarezzato il marmo bianco e poi aveva preso a camminare nel buio in mezzo a quei sentieri, illuminati solo dalle piccole torce elettriche delle varie lapidi. Aveva letto qualche nome inciso nella pietra, qualcuno talmente vecchio da essere quasi illeggibile. Aveva visto qualche numero, tra cui l'età di un ultracentenario e di un bambino di appena tre mesi. La mente era volata a Hope e aveva pregato che non accadesse mai nulla del genere.
E poi si era trovato davanti ciò che, inconsciamente, stava cercando.
Eccolo lì, il suo dolore più grande. Una lastra di marmo, una dannatissima lastra di marmo con scritto un nome, qualche numero. E neanche un fiore. 
Nessuno di loro le aveva portato un omaggio, nell'ultimo anno. Anzi, c'era ancora in un vaso qualche resto dei mazzi depositati il giorno del funerale. Lo dedusse dal grigio sbiadito della carta e del nastro, visto che non aveva presenziato al rito. In quei momenti era in ospedale, a litigare con un uomo in camice per farsi consegnare la sua bambina al più presto. Ma nemmeno avere quel fagotto tra le braccia aveva dato pace a quel cuore ormai spezzato. Finchè, grazie ad una navicella, era riuscito a riavere Marron con sè.
Ma nonostante tutto aveva ancora un conto in sospeso con quella fossa.
La mano si era mossa da sola, mentre il resto del corpo tremava convulsamente. Un pugno guidato dal dolore e dalla rabbia si era scagliato su quell'oggetto, che si era frantumato all'istante.
Aveva il fiatone ma la rabbia non era scemata. Così, accecato, aveva preso a scavare come un cane, tirando fuori quella forza aliena che gli aveva permesso, nel giro di cinque minuti, di arrivare a due metri di profondità e di sfiorare qualcosa di liscio.
Un altro pugno, il legno che si sfondava, le schegge che cadevano silenziose sull'imbottitura. Non c'era nulla in quella bara maledetta, la sua mano tastava solo il raso liscio.
Solo allora era tornato in sé, aveva ritratto l'arto e si era passato le mani sul volto, scoprendovi delle lacrime, le stesse, forse, versate un anno prima.
Aveva ricoperto quella fossa così come l'aveva scavata, a mani nude. 
Si era seduto lì accanto con le mani tra i capelli, riflettendo sulla stupidaggine appena commessa. Un pazzo, un povero pazzo era diventato, un folle che per rendersi conto di esserlo si ritrovava a profanare tombe.
Ma la sua era solo voglia di certezza, di capire una volta per tutte che quel sarcofago era vuoto, che la sua preziosa Marron era viva, che lui stesso aveva richiamato in vita quell'esistenza preziosa.
Aveva pianto come un bambino, pensando di tornare subito da lei, di chiederle perdono per quel colpo di testa, di chiedere perdono a Hope per aver solo pensato di non volerla vedere mai più spegnere quelle candeline. Ma non appena si era rimesso in piedi era crollato su sé stesso, sfinito, e si era addormentato lì, ancora sporco di fango e sangue.
E così si trovava in quel momento, riuscendo a rendersi conto di quanto facesse schifo ora che il sole illuminava lo scempio commesso.
Guardò l'orologio del piccolo campanile poco lontano, segnava le sette e trenta, forse aveva meno di mezz'ora per sparire da lì, ma prima di presentarsi davanti a lei doveva ricomporsi. 
Si guardò intorno, cercando qualcosa per pulirsi, e vide una fontana, con tanti secchi appesi. Servivano a riempire i vasi di acqua pulita, ma potevano benissimo essere usati come doccia improvvisata.
Ne riempì uno e se lo rovesciò addosso, non senza un momento d'esitazione. Quell'acqua sembrava pronta a diventare ghiaccio tanto era fredda, ma strinse i denti e ripeté l'operazione. 
A casa si sarebbe infilato nella vasca, con del sapone, ma almeno ci sarebbe arrivato senza tutta quella terra addosso.
Si accorse che, ai suoi piedi, l'acqua era rosata. La ferita aveva ripreso a sanguinare ma non era poi tanto dolorosa. Rabbrividì, pronto a spiccare il volo, quando un rumore lo fece bloccare. Erano dei passi.
'Merda…' Pensò, guardandosi intorno per cercare un riparo. Se il custode l'avesse beccato lì, in quelle condizioni e accanto a una tomba distrutta e con la terra rivoltata, sarebbe scoppiato uno scandalo. Già vedeva il titolo di copertina: l'ex Presidente della Capsule Corporation Trunks Brief beccato a profanare tombe.
Ma non ebbe il tempo di far volare oltre la fantasia, poiché, con una punta d'incredulità, vide comparire niente meno che la sua Marron, che si guardava intorno alla ricerca di qualcosa, o meglio, qualcuno, e anche abbastanza spaesata.
Come faceva a sapere che era lì non gliene importava granché, anche se un'idea ce l'aveva, ma al momento gli interessava solo riabbracciarla e cercare di farsi perdonare in qualche modo.
"Marron…" Disse, con voce incerta a causa dei brividi di freddo, ma riuscì lo stesso a farsi sentire.
Gli occhi blu della giovane incrociarono quelli del lilla e rimasero così per degli interminabili secondi. Poi lo sguardo di Marron si fece via via più dubbioso e, sì, anche sconvolto.
"Che… che ti è successo?" Gli chiese, con un filo di voce, osservando le condizioni in cui versava. Bagnato fradicio e con un aspetto orribile.
Trunks non rispose… non aveva una scusa pronta da darle. Dirle la verità sarebbe stato troppo dispendioso, dato che aveva l'urgenza di abbracciarla.
"Non importa…" Disse soltanto, avvicinandosi e guardandola. Che stupido. Un matto senza cervello, se l'era presa con lei. Lei, la sua vita, il suo amore. Colei per la cui morte si era annullato. 
"Trunks… sei ferito…"
Una mano si mosse verso la sua, prendendola e Marron osservò quello squarcio grondante, non senza spavento.
"Sto bene, tranquilla."
"Ma perdi sangue! Come te lo sei fatto?" 
I loro occhi si incontrarono di nuovo. Trunks si accorse delle occhiaie e del gonfiore di quelle palpebre. Aveva pianto probabilmente per una notte intera, e la colpa era solo sua.
D'istinto portò la mano sana sul suo volto, carezzandolo come fosse stato di vetro, con una delicatezza tale da farla rabbrividire, che non aveva mai usato. Sembrava avesse paura di romperla o di vederla sparire, magari inghiottita dalla terra sotto i loro piedi.
"Trunks…" Disse ancora, in un sussurro, prima che lui l'attirasse a sé, contro il suo petto gelido e madido, e la stringesse forte, tanto da farle mancare il respiro per un attimo.
"Mi dispiace. Scusami…" Le disse, chiudendo gli occhi e sperando con tutto sé stesso nel suo perdono.
Marron se ne fregò di quella maglia bagnata e dell'odore di terra che emanava. Era il suo Trunks, il suo amore, e aveva desiderato stringerlo più di ogni cosa in quella lunga notte.
"Sono un idiota. Puoi perdonarmi? Non accadrà più…" 
Il giovane pensava che non esistessero sufficienti parole per farle capire quanto stesse soffrendo per come si era comportato. Continuava a stringerla, mentre lei gli teneva ancora la mano, sporcandosi le dita sottili con quel sangue che continuava a gocciolare sull'erba umida.
"Non c'è nulla di cui tu debba scusarti…" Marron si strinse più forte al suo collo, quasi per paura di vederlo volare via come la sera precedente.
"Invece sì, sono stato…"
"No, va bene così. Davvero, amore… va bene così. Voglio solo che torni a casa e che non scappi più via in quel modo."
Sollevò lo sguardo, fissandolo intensamente per qualche istante. 
"Non potrei. Non sai quanto mi sei mancata, stanotte…"
"E perché non sei tornato?"
"Ecco… mi sono addormentato qui. Lo so, è assurdo, non so nemmeno io…"
Un dito andò a posarsi sulle sue labbra. Segno inequivocabile che lei non voleva altre spiegazioni. Desiderava solo andare a casa e chiudere definitivamente quel capitolo.
"Andiamo?" Gli chiese, sorridendo.
Trunks ricambiò quel sorriso. Ma quanto l'amava? Era davvero sua? Era davvero viva?
Gli tornò alla mente l'istante in cui aveva infilato la mano in quella cassa di legno. In quella cassa vuota.
Il contenuto lo stringeva e non avrebbe mai smesso di esser grato a quel Drago.
Non rispose, solo l'attirò di nuovo a sé e la baciò dolcemente, cancellando definitivamente ogni ombra e ogni paura.


Hope battè le manine paffute imitando la folla radunatasi attorno al tavolo.
Quella torta bianca e rosa era talmente bella che tagliarla era quasi un peccato.
La candelina era ancora fumante, l'avevano spenta insieme i suoi genitori, lei era ancora troppo piccola per riuscirci.
E tutti battevano le mani insieme a lei, che rideva gioiosa e schizzava la panna con la quale si era inzaccherata le dita.
"Buon compleanno piccolina! A quest'ora venivi al mondo!" 
Bulma portò via il dolce per poterlo finalmente servire, lasciando che gli invitati tornassero a diradarsi nella grande sala.
Trunks e Marron rimasero lì, dietro a quel tavolo, assieme alla loro bambina.
Il lilla non aveva dato grandi spiegazioni su quella ferita, ora accuratamente bendata, né sulla sua assenza la notte precedente. Tantomeno sul suo rientro in condizioni pietose. 
Ma aveva l'aria serena nonostante fosse, come lei, molto stanco.
"E' una bella festa non trovi?"
La bionda, pulite le mani di Hope, si volse a guardarlo mentre si toglieva uno schizzo bianco dalla guancia.
"Sì, e lei sembra contenta… Ha ricevuto una marea di giocattoli."
"Io credo sia più contenta di avere noi due qui, insieme a lei…"
Trunks sorrise alle sue due donne. Era vero, dannatamente vero.
Decise di riaprire per l'ultima volta quella parentesi, immaginando per un attimo di essere da solo a spegnere quella candelina con Hope. 
La chiuse immediatamente, tornando a pensare a quanto fosse fortunato ad aver di nuovo Marron con sé, a quanto fosse stato bello il regalo fatto a Hope, quasi un anno prima, nel riportarle a casa sua madre affinché potesse allevarla con lui.
"Però… anche da solo saresti stato un bravo padre…"
E come sempre Marron riusciva a leggergli nella mente, riusciva a decifrare i suoi pensieri meglio di un mago, meglio di Kaioshin in persona. Perché? Se lo sarebbe chiesto per l'intera esistenza, ma sarebbe stato sempre un interrogativo irrisolto.
"Non credo…"
"Hope ti adora, è pazza di te, io potrei anche non esistere e non se ne accorgerebbe!" 
La bionda pronunciò quelle parole senza smettere di sorridere. Erano vere, erano note a tutti le scintille che Hope aveva negli occhi azzurri ogni volta che vedeva suo padre.
"Non esagerare!" Trunks si grattò la nuca, imbarazzato.
"E' vero. Ah, ha deciso di farti un regalo sai?"
"Un regalo? Lei a me? Non credevo ne fosse capace!" Strizzò un occhio, divertito, aspettando di ricevere qualcosa, magari un pacchetto. Invece vide Marron sussurrare qualcosa nell'orecchio della piccola, che smise di giocare con una ciocca bionda di sua madre e lo fissò intensamente.
"…Allora?" Trunks, impaziente, guardò prima Hope e poi di nuovo Marron.
"Papà!"
E in quel momento, mentre il cuore gli esplodeva nel petto, si ritrovò a pensare una cosa sola: avrebbe rifatto tutto, pur sapendo a cosa sarebbe andato incontro, pur di sentire quella prima parola un'altra volta.


Nota dell'autrice

Non so se definirla macabra, con un tantino di angst e un finale fluff. Ditemi voi… io l'ho scritta e i miei dubbi, come su ogni capitolo steso, ce lì ho. Aspetto i vostri commenti per questo penultimo capitolo.
Vi ringrazio ancora per le recensioni! Siete davvero fantastici… GRAZIE!

Sweetlove

 

 

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Capitolo 20
*** Cielo e mare ***


Moments of life
 
 
Cielo e mare
 
 
 
Ancora una volta occhi negli occhi. Cielo che si riflette sul mare. Perché proprio come cielo e mare erano: se uno era scuro lo era anche l'altro. Non poteva essere altrimenti, visto che erano una cosa sola, una sola anima. E anche se bisticciavano, anche se le porte sbattute in faccia erano ormai parecchie, anche se la vita li aveva messi alla prova più di una volta... Si amavano. Con tutto il cuore, con tutto lo spirito, con ogni cellula del loro corpo. 
E nessuno poteva negare che quel sentimento, ormai, nonostante fosse nato per sbaglio come la loro creatura, era più grande dello stesso cielo che li sovrastava, o dell'oceano che si stagliava immenso, a pochi passi da li.


Trunks l'aveva attesa sorridendo, nonostante dentro avesse un turbine di emozioni da farlo restare rigido come una scopa. Poche le parole che aveva detto, un paio le battute del suo amico di sempre che l'avevano reso capace di ridere.
"Cosa c'è?" Il moro gli aveva dato una gomitata, sotto gli occhi della turchina, seduta già al suo posto "Hai forse paura che la tua bella biondina ti pianti in asso?".
"Non sei divertente, Goten..." Aveva risposto, cercando di essere meno acido possibile.
Il chiacchiericcio eccitato che si era diffuso tra quella gente, la stessa di sempre, lo rendeva ancora più nervoso. Ma lo sapeva, sapeva di non aver motivo di esserlo. Sapeva che presto il suo più grande amore sarebbe apparso, che sarebbero stati ancora più uniti d'ora in avanti, dopo quell'ennesimo ma non meno importante passo.
Quante volte le aveva chiesto di sposarla? Aveva perso il conto... Tanti i problemi che avevano impedito quel matrimonio, ma era ormai arrivato il momento di pronunciare quel "sí" e formare la loro, preziosissima famiglia. O meglio, di ufficializzare il tutto, visto che erano una famiglia da ormai parecchio tempo, grazie all'angelica creatura bionda che sedeva accanto a sua nonna tra i primi posti e all'altrettanto amabile neonato, in braccio all'altra nonna, che aveva già pianto un paio di volte nonostante la cerimonia non fosse ancora iniziata.
Trunks era autonomo e indipendente dalla nascita, ma la mamma è sempre la mamma e per lei vedere il primogenito prender moglie doveva essere devastante a livello emotivo, sebbene la turchina fosse sempre stata restia alla commozione facile, proprio per non sembrare come l'amica mora, che alle nozze del figlio maggiore aveva singhiozzato come se fosse stata al sul funerale.
"Stanno arrivando..." Bra si era alzata in piedi, vedendo in lontananza la cognata, tenuta a braccetto da suo padre e sentendo gli occhi farsi lucidi.
Ma Trunks, che non aveva smesso di fissare l'ingresso nemmeno un istante, se n'era già accorto.


"Sei dimagrita..."
Diciotto aveva corrucciato lo sguardo, notando che, dall'ultima volta che l'aveva provato, la settimana prima, l'abito non le tirava più sul ventre, ma avanzava almeno un centimetro di stoffa.
"E ora?" Lo sguardo ansioso della figlia la indusse a uscire dalla stanza, prima che a Marron venisse una crisi di nervi.
"Aspetta qui, non ti muovere!" Le aveva detto, chiudendo la porta alle spalle. Quella tradizione prevedeva che lo sposo e la sposa non si vedessero il giorno delle nozze, fino all'altare, e sebbene fosse restia a mantenere certe usanze non voleva, almeno quel giorno, discutere con gli altri. 
Aveva fatto cenno alla consuocera, già in ghingheri e pronta ad accompagnare il figlio al suo posto sotto l'arco nuziale, ed era subito stata raggiunta. Due parole, un altro cenno all'esperta della situazione e tutto si era risolto in dieci minuti, grazie alle mani d'oro di Chichi, che poteva essere, a detta di Diciotto, una palla al piede ma, doveva ammetterlo, in qualità di sarta non aveva rivali.
Ed eccola lí, Marron, pronta per incontrare il suo amore e per coronare quella bella quanto travagliata storia. 
Non aveva voluto un abito bianco. Non le era mai piaciuto quel colore e anche se fosse stata vergine non si sarebbe fatta convincere. Aveva scelto un elegante avorio, poco sfarzoso, e aveva raccolto i capelli in uno chignon. Allo specchio si vedeva come distante anni luce da ciò che era davvero, la ragazza acqua e sapone poco avvezza allo shopping e mai alla ricerca di abiti e scarpe all'ultima moda. Non che detestasse curarsi, anzi, per lui spesso faceva un salto al negozio di intimo o dal parrucchiere, ma di abiti nella sua vita ne aveva indossati ben pochi. Eppure non era a disagio. Si sentiva proprio... Una sposa. Una bellissima sposa...
E se non gli fosse piaciuta?
E se ci avesse ripensato?
"Posso far entrare tuo padre?" La voce di sua madre la distolse da quegli assurdi pensieri. Ma come aveva fatto anche solo a immaginare di non piacere a quello che si era rivelato l'uomo più importante della sua esistenza?
"Sí... Però digli di non piangere!" 
"Troppo tardi... Io vado. Ti accompagnerà lui all'altare..."
"Lo so, spero non in lacrime. È ancora presto..."
Crillin era entrato nella stanza trattenendo i lucciconi, come richiesto dalla figlia e anche per mantenere un minimo d'immagine. 
Era fuori casa da cinque anni ormai e si era rassegnato, anche se, diamine, un matrimonio era sempre un momento unico e di distacco. D'altronde, era l'unica figlia che aveva...
"Sei bellissima, tesoro!" Le aveva detto, cercando di non pensare che tanta bellezza, quella notte come in futuro e negli anni già trascorsi, se la sarebbe goduta un'uomo. Ma in fondo aveva accettato anche questo. Due bambini erano nati da quell'amore, splendidi e sani, e di questo era entusiasta. Perché l'aveva capito... Sua figlia e Trunks erano la coppia, al momento, più innamorata del mondo e meritavano tanta gioia.
"Grazie papà..."
"Sei pronta?"
Marron aveva annuito e si era lasciata guidare dal suo papà, che fingeva di essere forte e tutto d'un pezzo ma che in realtà, lo sapeva, si sarebbe messo a singhiozzare come un moccioso.


Trunks aveva provato una sensazione, anzi, un turbinio di sensazioni uniche. Come se l'avesse vista per la prima volta, pur sapendo di amarla come nient'altro al mondo.
Aveva sentito gli occhi lucidi ma si era sforzato di non piangere, non piangere da tanta bellezza e tanto amore.
Era lí, la sua sposa, e suo suocero gliel'aveva affidata per poter, finalmente, andare al suo posto e piangere, mentre loro due si scambiavano le promesse e diventavano, finalmente, marito e moglie. 
Uno sguardo era bastato, ancor prima di dirsi "sí" davanti a quell'ufficiale, per ricordarsi a vicenda l'amore che avevano nel cuore.
E, finalmente, quella sillaba tanto banale quanto importante.
Trunks guardó sua moglie per la prima volta. Perché, in fondo, era sua moglie da pochi secondi. Voleva imprimersi nella mente quel momento tanto atteso, ricordarlo fino all'ultimo istante della sua vita, fino all'ultimo respiro. Ricordare lei, bella come mai l'aveva vista, viva, raggiante e dagli occhi azzurri come il mare. Perché, in quel momento, era pura acqua di mare, liquida e cristallina, dove si rispecchiava un cielo sereno. E un sole immenso, i loro bambini, la loro opera più bella.
Come per Trunks, anche per Marron, da quel momento, sparí tutto ció che li circondava. 
Si fece infilare la fede al dito, anche se con un piccolo momento di malinconia quando le sfiló il compagno dei suoi ultimi anni, l'anello di fidanzamento, arrivato la notte di Natale quando ancora aspettava Hope. A lei l'avrebbe regalato, un giorno, quando avrebbe capito realmente il significato di quel piccolo oggetto. E poi, a sua volta, infiló l'anello a quello che era appena diventato suo marito.
L'ufficiale sorrise, disse loro che erano ormai uniti in matrimonio e subito si levarono gli applausi. Ma a loro, di quella frase, non importava granché, poiché erano altrove da un pezzo, persi nei loro sguardi più intensi e amorevoli.
Non c'era più rumore.
Non c'erano più le lacrime dei genitori.
Non c'era l'ufficiale.
Solo Trunks e Marron e la loro nuova vita, nella loro casa, dove sarebbero andati quella sera stessa come fosse stata una luna di miele. Perché di lasciare i bambini per giorni lei non ne aveva voluto sapere.
E poi, tanto atteso, il primo bacio di quella nuova esistenza. Forse, dopo il primo, anni prima, il più bello.
"Ti amo..." 
Un sussurro, appena percettibile.
"Anche io! Troppo..."
Le nivee braccia che gli si stringevano al collo.
E poi la festa ebbe inizio.


Il conto dei brindisi era ormai stato perso. Tanta gioia, quella sera, in quella villa in riva al mare che avevano scelto per sposarsi e festeggiare. Tanta emozione, tanta allegria. Tanto amore, e con lui tanti annunci, come quello di Pan, che aveva finalmente trovato un ragazzo dalle intenzioni serie, e poi... quello di Goten, che aveva letteralmente urlato ai quattro venti che presto, anche prima della fine dell'anno, ci sarebbe stato un altro matrimonio: il suo, con Bra. Aveva evitato di dire anche il vero motivo per evitare di rovinare la festa nuziale del migliore amico, al quale aveva appena fatto da testimone. Ma Trunks lo sapeva e aveva riso sotto i baffi, mentre si portava alla bocca la coppa di champagne e guardava torvo sua sorella, che a sua volta stava per consumare l'ennesimo bicchiere alcolico, non troppo indicato per una donna in stato interessante.
Marron sorrise, tornando a sedersi al tavolo con i tre e tenendo fra le braccia il suo bambino, ormai sazio e prossimo al sonno.
"La festa è stata proprio bella..." Disse, notando le risate di amici e parenti, anche loro a pancia piena e soddisfatti. 
"Eh sí. Si sta facendo tardi..."
"Non dirmi che sei stanco, Trunks!" Lo guardó con la sua solita aria di sfida.
"Per cosa?"
Le fece l'occhiolino e la bació ancora.
"Beh, sarebbe il colmo. Hai insistito perché lasciassimo Hope e Junior dai tuoi, stanotte…"
"E anche domani…"
"Ecco, quello è ancora in forse!"
Trunks sospirò, fingendosi affranto ma pregustando già la loro prima notte in quella che sarebbe stata la loro casa.
"Ti farò cambiare idea…"
Marron centellinò altro champagne, lanciandogli uno sguardo carico di curiosità e desiderio.
"Ma è scritto da qualche parte che gli sposi debbano attendere la fine della festa per andarsene?"
Il Brief fece spallucce.
"Non credo… anzi…" Non le diede il tempo di dire altro. Prese il piccolo dalle sue braccia e lo passò a sua sorella.
"Ma… Trunks! Me l'hai quasi lanciato!" Protestò la turchina, sconvolta e disturbata nel suo momento di trance.
"Allenati, Bra! Hai solo otto mesi di tempo. E con uno come Goten potresti davvero trovarti ad afferrare un bambino al volo!"
Il moro lo guardò curioso.
"Che intendi dire?!"
"Te lo spiego domani. Se qualcuno te lo chiede, noi siamo a casa 'nostra'…"
Trunks strizzò l'occhio ai testimoni, che si guardarono e capirono al volo. Ma non ebbero nemmeno il tempo di chiedere cosa avrebbero dovuto fare col bambino che già i novelli sposi si erano dileguati.


Aveva sentito l'alcol risalirle al cervello non appena si erano alzati in volo, fuori dalla villa, sulla spiaggia.
Marron si era stretta a lui, nonostante sapesse volare già da un pezzo. Semplicemente perché le andava, desiderava stargli accanto il più possibile, anche se avevano ancora una vita intera davanti. Ma l'esistenza stessa aveva loro insegnato che bisognava godere di ogni minimo respiro, ogni minimo attimo, ogni singola emozione. Perché tutto può finire da un momento all'altro.
Ma entrambi speravano che, per loro, ci fosse solo un futuro felice e sereno.
"Sei felice?"
Trunks volava velocemente verso la loro dimora, tenendola saldamente per la vita e sorridendo come mai nella sua vita.
"Io tanto… tu?"
Marron gli rispose nell'orecchio, provocandogli un brivido intenso e dannatamente piacevole.
"Non ti rispondo nemmeno…" 
La baciò dolcemente mentre già, poco distante, il cupolone giallo della Capsule Corporation dominava la Città Dell'Ovest.


Bra e Goten si erano lasciati andare quando la musica aveva rallentato ed erano iniziati i lenti. E non erano gli unici.
Al tavolo erano rimasti gli avi, per così dire. Bulma e Vegeta non ballavano, e nemmeno Crillin e Diciotto. Non che ai due terrestri non sarebbe piaciuto, ma un certo Principe dei sayan e un'algida ciborg non erano certo i compagni di lento ideali, a causa della loro natura scontrosa e, in fondo, a causa della dannata timidezza dovuta al loro orgoglio.
"E così presto vi toccherà organizzare un altro matrimonio…" Crillin sorrideva beota fissando i due giovani, imitato da Bulma.
"Eh già. E anche in fretta. Chissà perché, poi… Bra è ancora giovanissima!"
"Marron e Trunks invece ci hanno fatto penare per farci assistere a queste nozze!" L'ometto sospirò, ancora emozionato per quel bellissimo e commuovente evento. Probabilmente ci avrebbe pianto sù ancora a lungo.
"Ne è valsa la pena… poverini, ne hanno passate tante. Però…" La turchina guardò verso l'angolo della sala dove avevano sistemato i bambini, ormai addormentati "…ci ritroviamo due piccole pesti, nonostante tutto!"
Guardò suo marito, che si fingeva disinteressato.
Bulma sapeva quanto Vegeta tenesse ai suoi nipoti, nonostante l'apparente freddezza. L'aveva visto più di una volta nascondere un sorriso, di quelli spontanei, che solo i bambini sanno donare.
Hope, poi… aveva la capacità di far sciogliere entrambi i glaciali nonni con la sua spontanea purezza.
"Un momento ma…" Crillin si grattò la nuca, voltando il capo da un lato all'altro.
"Cosa c'è?" Diciotto lo fissò incuriosita.
"Dove sono Marron e Trunks?"
Le due donne si guardarono e scoppiarono a ridere.
"Stanno festeggiando, brutto imbecille! Non mi dire che non ti eri accorto della loro assenza?!" La bionda troppe volte rimaneva spiazzata e sinceramente divertita dal modo di essere così semplice di suo marito.
"C-cosa? Se ne sono andati?!"
Bulma fece spallucce.
"Anche io l'avrei fatto. Qui le danze andranno avanti per molto… loro staranno già ballando a casa!"
Con un occhiolino e uno sguardo complice con la consuocera, la donna ebbe il potere di far sprofondare l'ometto, come al solito, nell'imbarazzo più totale.
"Siete sempre inopportune!"
Un ringhio di Vegeta fece scoppiare una risata fragorosa.
Sì, erano inopportune ma viva la sincerità.


Tutto era stato sistemato a dovere.
Doveva ammetterlo: sua sorella e il suo ragazzo avevano avuto davvero un ruolo fondamentale nella riuscita di quella che si stava rivelando la miglior luna di miele che avessero potuto vivere.
Alla fine… cosa serve a due sposi oltre ai loro corpi? Forse un letto, ma poteva anche non essere indispensabile. Nonostante tutto loro l'avevano inaugurato ancor prima della toilette.
I due avevano fatto il loro ingresso nella loro dimora, un ingresso classico, tipico da novelli sposi. L'aveva portata dentro in braccio, ma quasi barcollando, visto che le bollicine dello champagne e del vino avevano raggiunto il cervello di entrambi, facendogli scambiare effusioni ma anche scoppiare in qualche risatina alcolica.
Poi, quando nella penombra avevano raggiunto la camera da letto, avevano smesso di ridere. Si erano guardati un istante prima di gettarsi sul materasso e ripartire da lì, in due, senza bambini da svegliare né coinquilini da cui nascondersi. Esistevano solo loro, i loro sospiri, i gemiti, le carezze e i baci.
E dopo due ore erano ancora lì, ancora ansanti ma felici come mai erano stati in quegli anni di convivenza.
Trunks carezzò i capelli biondi e ormai sciolti di sua moglie, che si era accoccolata al suo petto con aria esausta.
"Chi era stanco, Marron?" Chiese, sorridendo e sentendo ancora la testa leggera e vagante.
"Ok… ti avevo sottovalutato…" La voce soave col quale gli rispose gli fece emettere una risatina carica d'orgoglio.
"Mai sottovalutare Trunks Brief. Non per i prossimi vent'anni, almeno…"
"Ah, perché a neanche cinquantacinque anni diventerai impotente?! Potevi dirmelo ieri… ci avrei riflettuto qualche ora, almeno…"
La bionda scoppiò a ridere, immaginandosi lei e Trunks, vent'anni dopo, e non riuscendo a far materializzare quel pensiero. Chissà come sarebbero stati.
"Se te l'avessi detto non mi avresti sposato, no?"
Le baciò la fronte e la strinse più forte, tirando il lenzuolo per coprir meglio entrambi.
"Razza di imbroglione!"
"Vipera!"
"Stronzo!"
Marron alzò lo sguardo ma non riuscì a mantenerlo corrucciato a lungo. Era stata la giornata più bella della sua vita e anche quella nottata si stava rivelando interessante.
Si baciarono ancora, scambiandosi un sorriso, e chiusero gli occhi.
Tuttavia, nonostante la stanchezza, nessuno dei due riuscì a prendere sonno.
Avevano ancora tanta emozione in corpo, tanta voglia di stare insieme, da soli finalmente, dopo anni e davvero poco tempo da dedicarsi esclusivamente a vicenda.
Marron sospirò, muovendosi appena sotto quella leggera stoffa di lino. Era inizio estate ma di notte faceva ancora fresco.
"Che c'è?" Le chiese lui, facendo scorrere la mano sulla sua schiena.
"Non lo so…"
"Pensi a qualcosa?"
Sospirò ancora. Non lo sapeva. Forse per l'alcol, forse per le emozioni accumulate, aveva la testa piena.
"Non in particolare… perché non dormi? Tu pensi a qualcosa?" Alzò gli occhi per guardarlo e vide che, nonostante avesse gli occhi che brillavano, aveva lo sguardo serio.
"Un po' a tutto…"
"Ovvero?" 
Trunks la accarezzò di nuovo, facendola rabbrividire a quel contatto delicato e lento. Non rispose subito, semplicemente con un movimento fluido si girò sul fianco per averla di fronte e la baciò con dolcezza, venendo subito ricambiato.
Marron gli portò le mani sul viso, meravigliandosi ancora una volta nel poter stare così, in libertà, nudi in un letto e senza dover controllare gli orologi, chiudere le porte a chiave e aver paura di essere interrotti. Sarebbe durato poco, ma intanto voleva godersi ogni secondo di quella notte.
"Amore… non rispondi?" Gli chiese, staccandosi e facendo un respiro profondo mentre lo guardava negli occhi. Incredibile come, dopo anni, quello sguardo la facesse vacillare come una ragazzina innamorata alle prime armi.
"No… non ce n'è bisogno…" 
Trunks si mosse ancora, portandosi su di lei e riprendendo a baciarla con calma e delicatezza.
"E perché no?" Riuscì a chiedergli, tra un bacio e l'altro, ma con poca convinzione.
"Perché che ti amo ormai lo sanno anche i sassi… non mi piace ripetermi…"
"E se ti chiedessi di ripetermelo?" La bionda gli regalò un altro dei suoi sguardi carichi di sfida e amore.
"Allora te lo direi all'infinito…"
Il lilla le tappò definitivamente la bocca, tornando ad amarla come se fosse l'ultima volta.
Ancora un'ora e sarebbe sorto il sole. Tanto valeva approfittare di quell'ultima fetta di notte.



Nota dell'autrice


Ebbene, eccomi qui, a completare anche questa raccolta. E, spero, nel migliore dei modi, ma dalle vostre richieste pare di sì. Avete (abbiamo) spasimato per vedere questi due sposarsi… tutti contenti?
Che dire. Vorrei abbracciarvi uno ad uno per aver seguito questi capitoli, per averli recensiti, preferiti, ricordati.
Per tutto insomma.
Che fine farò? Chissà… di certo le mie dita non smetteranno di scrivere ;-)
GRAZIE a tutti!


Sweetlove

 

 

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