CatFish

di Simphosium
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Filippo Matuzzi abitava a Rimini, in via dell'Abetone 57.
Nonostante la sua età fosse di 27 anni appena fatti e il suo paese offrisse ai giovani una cospicua vita sociale, Filippo non pareva averne mai giovato. Era grasso, una palla, un essere abnorme che si concedeva come unico sforzo quello di passare dalla sua stanza – dove vegetava per la maggior parte della giornata – alla sua cucina, che in realtà era parte integrante della stanza stessa. I genitori, pur di scrollarselo di dosso gli avevano comprato quello sgabuzzino di proprietà, con ben dieci metri quadri calpestabili! Un vero affare considerando che si trovava a due passi dai principali centri di interazioni sociali, dette discoteche, e a quattro dalle palestre più imponenti che la Riviera Adriatica avesse mai concepito.
Peccato che, secondo Filippo Matuzzi, il vero affare sarebbe stato quel bellissimo loculo in via S. Angelo 12. Non vi avrebbe mai fatto entrare un tavolo e un letto – almeno non con lui dentro – ma era comunicante con la sua rosticceria del cuore.
Ecco, Filippo Matuzzi non aveva mai avuto un amico del cuore, ma ristoranti, gelaterie, paninoteche, fast food e qualsiasi altra fonte di grassi insaturi li considerava tali. La sera non usciva con l'Alfio, il Tony e la Betta. Ma con il Mac, il Chicken Fried o la Cioccolata e Brownies.
Ma a lui andava bene così. Era sempre andata bene così. Era dall'età di otto anni aveva cominciato a lievitare, secondo la madre, la quale non sapeva dare una spiegazione socialmente accettabile per quella palla di figlio, così secondo lei gli otto anni erano stati un età topica e drammatica per lui.
Bisogna prima però, per capire il vero dramma che quei genitori stavano vivendo, dire che la signora Agata e il signor Michele Matuzzi non erano delle semplici persone, bensì erano i proprietari della maxi palestra “Fat is a Rat”, in via delle Ciliege 5. Un mostro di cemento costruito di fronte ad una delle spiagge più famose e frequentate solo dai vip più in voga. Negli anni era addirittura diventato un rituale l'entrare in quella palestra, ammazzarsi di pesi, prima di uscire grondanti di sudore per poi prosciugare le ultime riserve di acqua lessandosi sdraiati su uno dei lettini del Coconut Beach, appunto la maxi spiaggia progettata per essere cool in ogni suo singolo granello di sabbia – che, per essere precisi, era composta da una quantità inimmaginabile di conchiglie bianchissime e pregiatissime tritate e pestate fino ad essere trasformate in granelli -.
Detto questo era quindi comprensibile che i due fondatori di questo stile di vita dovessero dare un'immagine di perfezione statuaria, alla pari di divinità greche, e Filippo sarebbe stato la punta di diamante di quell'attività, l'erede perfetto.
Agata fin da quando era in gestazione e lo sentiva scalciare non si emozionava tanto per la vita di quel figlio, ma per per lo più per il vigore con cui, secondo lei, si stava allenando all'interno del suo ventre. Aveva persino reso il video della sua ecografia il nuovo spot per la palestra – già allora monumentale – così che, se ti trovavi a passeggiare lungo la spiaggia in corrispondenza di via delle Ciliegie ePer il suo primo compleanno non gli avevano regalato un orsacchiotto, come in media si fa con tutti i bambini, ma un abbonamento a vita alla rivista “Muscle Man”, con relativo articolo dove lo si menzionava come l'abbonato più giovane a quella rivista. Avrebbe vinto anche un guinnes dei primati se non fosse stato per Jenna Dodges, una sfegatata fan della bambola Barbie, la quale aveva iscritto Kelly, il suo feto di sette mesi, alla rivista omonima non appena era entrata a conoscenza del sesso della sua futura bambina. Secondo Agata Matuzzi quell'infame biondina ossigenata avrebbe iscritto il futuro pargolo anche se fosse nato maschio. Diciamo che la signora Matuzzi non nutriva molta simpatia per quella donna oltreoceano, anche se non l'aveva mai conosciuta di persona. E sicuramente il fatto che suo figlio dopo gli otto fatidici anni non avesse adempito al suo destino non aiutava. Kelly, si era contesa negli anni addirittura il tanto contestato guinnes per la maggior somiglianza con la bambola, grazie a mille e più operazioni controverse sul suo corpo, iniziate ad età ignota. La signora Matuzzi sospettava persino che avesse iniziato da appena nata, con un taglio particolare al cordone ombelicale, trattando poi il futuro ombelico con criogenia e chissà quale altra diavoleria. Il suo programma di irrobustimento della massa muscolare per infanti invece, al quale aveva sottoposto da subito Filippo, era assolutamente naturale e necessario per la crescita in salute di un bambino. Ma al contrario di Kelly, Filippo non portò mai a termine questo progetto così ambizioso. Ad otto anni qualche cosa si ruppe nell'equilibrio ginnico e psicofisico del bambino.

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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


C'è da riconoscere a Filippo il fatto che fino agli otto anni perseguì l'ambizione di famiglia, cercando così di essere il migliore erede possibile per la fortuna della famiglia Matuzzi, composta da tapis roulant ultimo modello, macchine per i pesi e barili di pillole dimagranti. Dal primissimo anno della sua vita si era sottoposto senza opporre alcuna resistenza alle peggiori sofferenze ginniche. Era diventato il gattonatore più veloce e resistente del circondario, grazie alle mille ore di mini-tapis - costruito ad arte per lui da un designer dell'ikea bimbi -, il quale gli aveva reso le ginocchia come copertoni. Avete presente poi quei giochi per infanti, dove il bambino si stende a pancia all'aria cercando di afferrare dei pupazzetti dondolanti? Ebbene, il signor Matuzzi aveva personalmente rivoluzionato quel giocattolo così innocente, rendendolo una vera e propria macchina per gli addominali. Completamente in carbonio. Compresi i pupazzetti. Il signor Matuzzi pensava in grande, e aveva per il carbonio una devozione quasi religiosa, non pensando che se una di quelle apette svolazzanti si fosse staccata avrebbe fatto dei danni. Ecco perchè ora Filippo Matuzzi si ritrova con una piccola cicatrice sul sopracciglio sinistro. Il signor Matuzzi fu troppo orgoglioso e non volle farsi mettere dalla moglie alcun vincolo o limite all'uso di quel materiale, così si diede la colpa, disse di averlo fatto cadere dal seggiolone. I signori Matuzzi dormirono in camere separate per due settimane.
E così continuò per gli otto anni avvenire.
Filippo cresceva, ma non in altezza. I continui esercizi attui a sviluppare massa muscolare lo stavano trasformando in un arancino butteroso. E questo sicuramente non lo aiutava ne interazioni sociali. Nella sua classe elementare, la sezione B, c'era un tale Alfio Neri, un bidone di ciccia e brufoli. Ma nonostante questo era il primo ad inneggiare dei coretti maligni contro il povero Filippo o a tendergli i peggiori scherzi. Grazie a Filippo Matuzzi quell'infame del Neri se l'era cavata per tutti gli anni di scuola – stranamente aveva scelto lo stesso percorso di Filippo, persino l'università-. E si era persino trovato una fidanzata, una certa Cecilia Dal Bosco, che a Filippo piaceva un sacco. Ma la suddetta lo aveva rifiutato per ben due volte, dicendo che a lei i ciccioni facevano schifo.
Ma questi non erano stati certo i motivi scatenanti del cambiamento fisico di Filippo, anche perchè queste cose i suoi genitori non le seppero mai.
Per arrivare al fatidico giorno devo per forza narrarvi di un'altra abitudine particolare della famiglia Matuzzi. La madre aveva introdotto nella palestra, nel '94 circa, un pacchetto dimagrante molto particolare e molto costoso. Una rivoluzione nel campo del dimagrimento.
Consisteva in una serie di sedute di ipnosi con gita finale. La gita era sicuramente la cosa che attizzava di più la signora Matuzzi. Quando mancavano pochi giorni tutte le cellule magre le fremevano e iniziava a smaltire grassi anche solo guardandosi allo specchio.
La tanto attesa gita consisteva in una giornata di escursione in un fast food appena costruito nella periferia di Rimini.
L'itinerario era pressochè questo: partenza dalla palestra “Fat is a Rat” ore 06:00.
                                                (vi verrà consegnata la barretta dietetica e tre litri di acqua con
                                                 elettroliti).
                                                 
Partenza con andatura mista ore 06:30.
                                                 
Arrivo fast food ore 08:00.
                                                 
Rilassamento muscolare ore 08:15 fino ad apertura.
                                                 
Attesa obesi e osservazione.
Il titolo della gita era Fat-Watching e chi pagava la quota maggiore poteva persino disporre di binocolo e taccuino. E così, quindici palestrati se ne stavano spalmati sulla vetrina del fast food – meno quei tre o quattro uomini o donne d'affari col binocolo - osservando con fare clinico ogni persona che varcava quella soglia. La signora Matuzzi si premurava persino di informare i suoi clienti del livello di obesità di ognuno. Era il safari della ciccia.
Quando Filippo compì gli otto anni questo pacchetto di dimagrimento era già bello che perfezionato, e la signora Matuzzi decise che era oramai giunta l'ora di far vedere al figlio come si svolgeva il lavoro, nel caso avesse avuto bisogno di una sostituzione. Era deciso!
La sera prima della partenza vi fu una grande cena a base di pinzimonio asciutto e lassativi, che costarono una faticosissima mezz'ora di preparazione alla signora Matuzzi.
La mattina dopo si svegliarono alla quattro per mettere in moto il principio attivo delle pastiglie ingerite la sera prima, per essere nel piazzare della palestra con una mezz'ora di margine. Partirono tutti come sempre, puntualissimi e magrissimi e arrivarono come sempre al fast food puntualissimi e ancora più magri. Ma se parlerete mai con la signora Matuzzi, come ho fatto io, vi dirà che quella mattina c'era qualche cosa di strano che le scombussolava l'intestino tenue, quasi una brutta sensazione.
Fu infatti quella mattina di gita che a Filippo scattò qualche cosa.

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Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Come sempre tutta la combriccola di ultramagri, muovendosi massicciamente in branco con un andatura da ghepardo affamato, arrivò puntualissima di fronte alla vetrina principale del fast food.
Erano anni che ripetevano lo stesso percorso, perfezionandolo di giorno in giorno, smussando le andature di tutti, sino ad assomigliare ad un plotone d'esecuzione in perfetto sincrono. Il gestore e i dipendenti del ristorante avevano provato più e più volte, invano, di arrestare questa loro processione abituale. Ma ogni causa che avevano intentato contro la signora Matuzzi era stata persa miseramente. In parte perchè si avvaleva del fatto che quello fosse suolo pubblico, quindi a disposizione di tutti i cittadini. Ma la tattica principale di cui si avvaleva era far leva sui punti deboli del proprietario, e del suo scodazzo. Antonello Rainieri, noto imprenditore nel settore della ristorazione, e proprietario del suddetto fast food, era notoriamente grasso. E puntualmente la mamma di Filippo glielo faceva notare, suggerendo, gentilmente, di farsi un abbonamento alla loro palestra piuttosto che “scassare le scatole a lei e continuare ad ingozzarsi come una bulimica”. E, puntualmente, il signor Rainieri scoppiava in lacrime; si calmava solo ingollando quattro o cinque porzioni di alette fritte, condite con la speciale salsa barbecues confezionata in qualche sobborgo del terzo mondo appositamente per la sua catena di ristoranti. E quindi, dopo pochi altri tentativi, gettarono la spugna, permettendole di sostare vicino alla vetrina per praticare “risveglio muscolare” -come concesso dal giudice-.
Ma questa mattina il solito “risveglio muscolare” non bastava. Affatto! Era il giorno dell'iniziazione di Filippo, si doveva fare qualche cosa di molto significativo. Una prova di coraggio e lealtà! Filippo doveva entrare, comprare ciò che più di grasso e schifezzoso ci fosse sul menù -la madre di Filippo aveva più precisamente detto “su quel menù maledetto da Satana”, ma tralasciamo- e portare la prova dell'esistenza del male fuori, da loro, per poi sacrificarlo alla Dea Jill Cooper. Era il momento. Filippo doveva diventare un Uomo.
Non dovettero manco spintonarlo troppo a lungo, si offerse quasi volontario!
L'odore che lo colse appena varcata la soglia era qualche cosa di inaudito. L'aria di fritto che aleggiava nella stanza non ci mise molto a raggiungere le sue narici, invadendo i suoi sensi e insinuandosi, come uno spillino, nel suoi desideri più profondi e nascosti. Ci volle un attimo prima che Filippo si riprendesse. Mosse i primi passi in quello strano luogo fatto di cibo, ciccioni e colori. Si guardava attorno con fare circospetto, braccia sollevate, pronte ad aiutare un possibile scatto felino per allontanarsi da li -lo avevano provato per settimane alla palestra, lo avevano battezzato il “ciccia e fuggi”, per ricordargli da chi sarebbe dovuto scappare nel caso vi fosse stato un attacco-.
Ma nulla di quello che gli aveva tanto intimato la madre accadde. Nessuno pareva accorgersi di lui e, quando arrivò alla cassa, ricevette anche lo snobbo dalla stessa cassiera che, al contrario, avrebbe dovuto secondo la madre concupirlo e sedurlo, invogliandolo allo strano culto -”voluto da quel miserabile obeso di Satana!”-. E invece..
“Buongiorno e benvenuto nel nostro ristorante, posso consigliarle i nostri muffin al doppio cioccolato e i nostri milkshake maxi formato alla fragola? Sono in offerta speciale a 0.99 cent.”
Niente...La voce non era suadente, ne ipnotica, le parole che le uscivano dalla bocca erano sospinte da un tale tedio che a Filippo passò persino la voglia di mangiare!
“V...vorrei...ciò che di più grasso avete sulla lista!”
Emise, tentennando come mai non aveva fatto prima, manco quel giorno che si dichiarò a Cecilia dal Bosco.
“BOOOOOB! Un doppio hamburger alla campagnola, formato maxi di patate fritte e di crocchette. Da bere?”
A Filippo si erano strozzate le parole in gola a sentire tutte quelle calorie che gli sarebbero state servite, quindi rifiutò gentilmente la bibita. Non doveva certo berla, ma il solo pensiero di sorreggere così tante cose malsane lo metteva a disagio.
Uscì poco dopo, tra gli applausi e gli esulti collettivi. Ma la signora Matuzzi freddò gli entusiasmi in breve, allontanando tutti da suo figlio, come se in mano reggesse un ordigno bellico da far brillare. Filippo di conseguenza posò il vassoio a terra come se fosse stato effettivamente una bomba inesplosa. Quel che seguì fu un vero e proprio sacrificio culinario, con tanto di elevazione al cielo di una crocchetta, prima di gettarla in un bidone per sempre. In breve di quel vassoio rimase ben poco, se non la plastica di cui esso era costituito – la carta se l'erano mangiata, piena di fibre come era non si poteva mica lasciare li!-. A Filippo toccò quindi l'ultimo fatidico passo, quello di riportare vittorioso il vassoio al suo posto.
Sarebbe andato tutto per il verso giusto se, sulla strada del ritorno, non avesse rinvenuto una piccola patatina sopravvissuta alla carneficina. Da un film che una sera passavano in televisione Filippo aveva appreso che “per combattere il peccato, bisogna prima conoscerlo”. E quindi non ebbe troppi problemi a cacciarsela in bocca. Molti ragazzini evitano il fumo una volta che l'hanno provato e ne sono rimasti disgustati. Forse Filippo sperava questo. Ma il risultato fu proprio l'opposto. Fa da quel momento infatti che al delfino della famiglia Matuzzi scatto il desiderio incontrollato e disperto di abbuffarsi di schifezze. La signora Matuzzi ancora oggi non sa perdonarsi questo errore fatale, secondo i più fu troppo presto per il ragazzino, non era ancora troppo forte di spirito!
Più quindi Filippo ingrassava e più l'analista della madre infoltiva la sua agenda. Ecco quindi come Filippo Matuzzi si ridusse così. Ma qualche cosa era destinato a cambiare, a partire dalla mattina del 20 novembre 2013.

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