La perla della Regina

di virgily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La perla della Regina ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** capitolo 26 ***



Capitolo 1
*** La perla della Regina ***


La perla della Regina

 


Londra, 21 Aprile 1887
 
Caro bimbo nostro,
Mi duole sottoporvi anche questa volta a un lavoro indegno e sconveniente per la vostra posizione, tuttavia è ancor maggiore il dolore che mi viene recato da  questa serie di brutali omicidi che si stanno svolgendo ultimamente nella nostra gloriosa Londra. Purtroppo, temiamo che la mafia cinese e quella italiana stiano espandendo i propri confini per quanto riguarda il mercato degli organi, e sapere che sono proprio i cittadini della nostra amata Inghilterra la loro merce di scambio ci rattrista molto. Ci vediamo dunque costretti a sguinzagliare le tre ombre della Regina: il fedele Cane; l’abile Ragno e la nobile Perla. Speriamo che la collaborazione di questi grandi enti della sicurezza inglese possano rendere sua Altezza fiera di voi, come sempre è stato.
Cordiali saluti.
Sua maestà, la Regina.
 
Un ampio sorriso si dipinse sul volto del giovane conte, divertito, non dal compito, ma da quelli che si mostravano come i suoi compagni. Purtroppo, o per fortuna,  era già a conoscenza della personalità bizzarra e follemente audace del conte Trancy; tuttavia era il terzo nominato a tenerlo piacevolmente sulle spine: “la Perla”. Ne aveva già sentito parlare, e da quel poco che sapeva era un personaggio che sua Maestà soleva poco immischiare negli affari scabrosi di Londra, come una sorta di “protezione”. Tuttavia, se la Regina era stata costretta a far intervenire perfino questa ignota figura, ciò poteva soltanto significare che non sarebbe stato un lavoretto facile come le scorse volte. “Collaborare”, Ciel non amava molto quel verbo. Perché mai doveva collaborare con qualcuno, se lui e il suo maggiordomo oscuro erano in grado di risolvere qualsiasi faccenda da soli?
-C’è qualcosa che vi turba signorino?- la domanda che era uscita da quella labbra pallide e succulente aveva accarezzato l’udito del giovane come un soffice velluto. Tornando con i piedi per terra il piccolo Phantomhive alzò lo sguardo, perdendosi nel magnetismo seducente e ipnotico del suo maggiordomo
-No, soltanto mi chiedo come faremo a collaborare. Alois e il suo maggiordomo sono imprevedibili. Questa Perla invece...-
-Se lo desiderate posso fare delle ricerche al suo riguardo- propose l’uomo il cui sorriso si distese teneramente, inspirato probabilmente dall’ espressione persa nel vuoto del suo piccolo padroncino
-Si, perfetto. Più tardi invece, quando avrai finito, andremo sulla scena del delitto che è stato compiuto questa notte- rispose sorseggiando infine dalla tazzina in porcellana finemente decorata a mano. Lasciò che il tè sgorgasse caldo e dolce nella sua gola, rilassandogli le corde vocali e l’esofago.
-Volete cominciare immediatamente le ricerche?-
-No, ma sono sicuro che sarà il luogo perfetto per incontrare di persona colui, o colei, che manca all’appello...-
-Ottima idea signorino-
-Su Sebastian! Non restare lì impalato e fai come ti ho ordinato. E sii celere!- sbuffò il giovane conte Ciel Phantomhive mentre con sguardo truce e severo osservava con fiera austerità l’uomo che s’inchinava dinnanzi a lui, e che  con un’occhiata altrettanto maestosa e superba rispondeva:
-yes, my Lord-.

 

*Angolino di Virgy*

Questa è la mia prima fan fiction su Kuroshitsuji e sebbene il primo capitolo sia breve, spero che vi sia piaciuto.

Gradirei ricevere qualche commento di ogni genere, cosi' posso farmi un'idea di come scrivo e in cosa posso migliorare.

Un bacio

-V-

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***



Quel pomeriggio c’era una sottile aria umida, preludio di pioggia, che aleggiava per tutta Londra. La sentiva invadere il comparto passeggeri della sua carrozza sino a solleticargli il naso. La fanciulla che vi risiedeva amava quel profumo malinconico e nostalgico, tanto da assaporarne la fragranza a pieni polmoni, arricciando il naso, socchiudendo gli occhi. Sul suo grembo, quasi nascosta dal soprabito azzurro, una lettera sostava ordinatamente piegata su se stessa. Da molti anni non ne riceveva una, e a stento rammentava l’espressione estasiata del suo volto quando riconobbe lo stemma impresso nella cera lacca rossa. Era passato tanto di quel tempo... Eppure la sua memoria riviveva ancora in ogni singolo e pericoloso istante quel tempo in cui non soleva restare segregata in casa, a svolgere le abituali mansioni da giovane Lady. Era elettrizzata, finalmente tornava all’azione, finalmente riprendeva a lavorare nell’ombra con il sorriso sulla faccia. Poi, d’un tratto, un pensiero trapassò la sua mente, portandola a disegnare un ghigno divertito sul suo visetto candido: il “cane della regina”; il “ragno della regina”. Per la prima volta veniva affiancata a qualcuno. Stavolta non aveva il libero arbitrio sulla sua strategia, ma doveva fare affidamento ai due “segugi” di sua Maestà. Sbuffando appena riuscì a togliere lo sguardo dalla lettera, volgendosi al finestrino dell’abitacolo, che nel frattempo era stato picchiettato da goccioline di pioggia gelida. Le era mancato il panorama di Londra: le case a schiera, i viali affollati a caotici, il tempo miserabile. Non era cambiata affatto. Al contrario osservò ingenuamente stupita quanto lei, invece, fosse cambiata esteriormente, sebbene all’interno di quella corazza di “ingenua lady in età da marito” si celava la stessa ragazzina di quindici anni che amava passeggiare da sola di notte. Si passò una mano sul collo, sfiorandosi con la punta delle dita una lunga catenella in argento. Nascosta nel merletto della ricamata scollatura risiedeva una perla, la stessa che l’accompagnava da moltissimi anni ormai; la stessa per cui era famosa in tutto il regno. Candida e lucente sostava proprio nel mezzo del suo petto, protetta dall’abito affinché’ nessuno potesse vederla; per quanto fosse un gioiello di prestigiosa valuta, pericolosa era l’essenza di cui la sua luce brillava. Un nitrito improvviso e stridulo fece tornare la giovane donna sulla terra, e volgendo appena il capo osservò con sua sorpresa l’insegna della bottega su cui la sua vettura aveva sostato.
-Signorina siamo arrivati...- affermò il cocchiere sceso dal suo posto per aprirle cortesemente lo sportello
-Molte grazie buon uomo. Potete andare- rispose con gentilezza mentre lentamente scendeva i due gradini in ferro battuto scuro. L’uomo al suo fianco le porse una mano per aiutarla mentre quest’ultima afferrava un lembo della gonna finemente trattata.
-Ma ne siete certa? Tra poche ora farà buio e non è bene che una ragazza come voi vaghi da sola per Londra- l’ammonì il cocchiere guadagnandosi un dolce e candido sorriso, come se quella legittima preoccupazione, più che spaventarla, avesse portato tenerezza e compassione nel cuore della giovane
-Siete gentile, ma saprò cavarmela...- affermò porgendogli delle monete sul palmo delle mani tozze e grandi.
-Dio la benedica, my lady!-
A quella affermazione la fanciulla non seppe resistere nel trattenere una flebile e gustosa risata che si fermò nel bel mezzo della sua gola non appena alzò lo sguardo sulla sua destinazione: “Undertaker”, il punto di partenza delle sue ricerche.
L’interno truce e tappezzato di bare della bottega faceva trapelare la personalità curiosa e tetra del bizzarro personaggio che l’abitava, lo stesso a cui da anni non andava a fargli visita. E c’era poco da stupirsi se il suo habitat fosse costituito da splendide casse in legno scuro con rivestimenti in seta di ottima qualità... Infondo lui era pur sempre un becchino.
-Ihihih, devo ammettere che per un secondino non vi avevo riconosciuta, Duchessa Killarney- era inconfondibile quella risatina fredda e maligna da far rabbrividire chiunque. Proprio sul fondo della parete, una mano pallida e artigliata fece capolino dal coperchio che sigillava l’ennesima bara, e con essa anche un paio di occhi si fecero avanti, brillando sotto una folta coltre di capelli grigi.
-Invece voi non siete cambiato affatto, mio caro...- con eleganza la fanciulla distese il braccio destro non appena vide la figura dalla lunga tunica scura avvicinarsi a lei. Accogliendo la mano piccola e affusolata della fanciulla nelle sue, l’uomo fece un enfatizzato inchino che lo porto a sfiorarne il dorso con le labbra. La nobildonna ebbe un brivido ma neanche il più esperto osservatore sarebbe riuscito a notarlo; infatti la sua espressione serena mascherava alla perfezione quell'inquietudine che provava ogni qual volta che quella persona la baciava
-Siete cresciuta parecchio dall’ultima volta che vi ho vista, tre anni fa, hihihi- affermò sollevando lo sguardo, incrociando quello mite e calmo della fanciulla. Occhi verdi come la malinconica campagna inglese, velati da un sottile strato di malizia
-Il tempo scorre anche per me, Undertaker- rispose sollevando gli angoli delle labbra quando il suo amico lasciò andare la sua mano
-E vi sta portando ad una florida bellezza. Ma sedetevi! Sedetevi pure. Porto del tè, hihihi- senza farselo ripetere un’ennesima volta la donna prese posizione sul coperchio di una cassa poco distante, e con lo sguardo docilmente perso nel vuoto attese del buon tè fumante.

-Bellezza?... E cosa posso farmene io di un concetto così fragile?-
-Beh, molte donne sono passate alla storia per il loro fascino e lo charme. Sono due armi molto utili per conquistare gli uomini potenti. Non trovate?- domandò il becchino porgendole uno dei suoi contenitori in vetro tarato mezzo pieno di caldo infuso. Era riluttante il pensiero che in altre occasioni quel recipiente poteva contenere piccoli organi o centilitri di sangue, tuttavia doveva ammetterlo, bere il tè in quella maniera lugubre le era parecchio mancato.
-Sicuramente io non sarò una di quelle gatte morte che agitano le loro belle membra pur di arrivare al loro scopo. Se devo essere ricordata, lo sarò per altri meriti- il suo amico sgranocchiava rumorosamente dei singolari biscotti a forma di ossa, osservandola posare le sue labbra sul piccolo cilindro di vetro, bevendo con grazia il contenuto. Non ne era rimasto colpito dalla sua affermazione, Undertaker conosceva bene la sua piccola Killarney: dalla lingua affilata, dallo sguardo penetrante, dalle giovani mani esperte e abili; pronte a macchiarsi di rosso cremisi se necessario
-Hihihi, ma certo! la Perla della regina non può brillare sotto la luce mondana. E’ nella notte fonda che ama farsi guardare, è nell'oscurità che sfoggia il suo chiarore. E sono certo che è proprio per questo che voi oggi siete venuta da me, giusto duchessa?- l’ennesima risatina stridula fece scolpire sul suo bell’ovale un riso eloquente, e uno sguardo tutt’altro che timido brillò per qualche istante
-E sono certa che la mia visita non risulterà scarna...-
-Hihihi, mia cara gli anni passano, ma il mio prezzo da informatore è rimasto sempre lo stesso, hihihi- ridacchiò passandosi agilmente la punta della lingua sulle labbra, certo che avrebbe assaporato qualcosa di succulento e prelibato.
-Bene...- cominciò soffocando un risolino dietro l’elegante mano rivestita di pizzo candido. Riacquistando la sua scaltra serietà, la giovane duchessa allora accavallò le gambe sotto la lunga gonna merlettata; e posando ambo i palmi sulle sue ginocchia, quasi si mise in posa
-In questo caso preparatevi per la risata più gustosa della vostra permanenza qui, mio caro...- 

 

*Angolino di Virgy*

Voilà! Il nuovo capitolo. Sono contenta che vi sia piaciuto il primo, e spero di non deludere le vostre aspettative mano a mano che aggiornerò' la fic. I commenti sono ben accetti sempre e comunque! 

Un bacio

-V- 


 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***



Londra non era poi così distante dalla residenza Phantomhive nella campagna appena fuori la capitale. Il cocchiere percorreva ad andazzo moderato tutto il tragitto che avrebbe condotto il giovane Ciel e il suo maggiordomo presso la loro tenuta londinese. Grandi nuvole nere e pesanti preannunciavano un forte acquazzone. Con occhi curiosi Sebastian osservò il suo padroncino intento nel guardare il paesaggio fitto e verdeggiante che s’intrecciava al di fuori di quella carrozza. Non riuscì a trattenere un sorriso a quella vista: il mento poggiato pesantemente sul palmo chiuso della mano, lo sguardo sperso nel vuoto , il sopracciglio inarcato verso l’alto e le labbra socchiuse per accogliere meglio i suoi continui sbuffi. Ciel sembrava essere più scocciato del solito
-E’ tutto a posto signorino?- domandò attendendo di ricevere la sua attenzione. Senza minimamente scomporsi da quella che era diventata la sua posa ideale, il conte fece roteare la sua iride chiara, puntandola contro il fedele maggiordomo seduto difronte a lui. Non pronunciò neanche una parola, si limitò a osservare compiaciuto l’uomo che aveva innanzi, e i suoi occhi spaventosamente loquaci. Già da tempo il giovane sapeva che con quel rosso cremisi i suoi occhi lo penetravano nel profondo, raggiungendo perfino quella parte remota del suo essere che non mostrava neanche a se stesso. Doveva ammetterlo, ogni volta che si tuffava in quelle iridi si sentiva studiato e allo stesso tempo adorato come il più succulento dei pasti
-Qualcosa vi preoccupa?- come un antidoto la sua voce lo fece tornare cosciente, e sollevandosi appena dal pugno chiuso il ragazzo scosse la testa, allontanando ogni pensiero che lo distraesse dalla sua missione
-No. Stavo solamente pensando. A proposito, hai fatto quello che ti avevo ordinato vero?- domandò riacquistando velocemente il tono austero e serio che mal si prestava a un bambino di soli tredici anni. Tuttavia questo era Ciel Phantomhive: un giovane uomo nei panni di un bambino
-Ovviamente. Tuttavia mi duole informarla che le notizie riguardanti “la Perla” sono assai scarse- rispose estraendo da una busta in cartoncino marrone due o tre fogli stampati in piccolo.
-Non importa. Allora? Che cosa sappiamo?- il tono con cui le sue domande erano sgusciate via dalla sua gola pareva sereno, perfettamente tranquillo. Ma la realtà era ben diversa. Ciel ardeva dal desiderio di sapere. No, non si stava struggendo per timore che spuntasse fuori un’ennesima losca figura, semplicemente era curioso della persona con cui, a breve, avrebbe avuto a che fare per portare la gioia nel cuore di sua Maestà 
-Si tratta della duchessa Viola Killarney. Ha diciannove anni ed è nata nella residenza che appartiene al suo casato da generazioni, nella campagna appena al di fuori di Londra. Sembra che quando aveva dodici anni suo padre sia misteriosamente sparito, si dice che probabilmente sia stato rapito e ucciso dalla mafia cinese. Tre anni più tardi, con la morte di sua madre, non solo ha ereditato il titolo con tutti i possedimenti di famiglia, ma ha cominciato ad avere contatti diretti con sua Maestà e a lavorare per quest’ultima con il nome della “Perla”. Tuttavia non si conosce la motivazione per cui le è stato donato questo appellativo. Riguardo ai suoi precedenti incarichi si dice che ha guadagnato l’ammirazione della Regina e la sua più devota protezione inseguito all’aver smascherato un gruppo di Lord corrotti che complottavano contro sua Maestà. Non dice altro.- rispose l’uomo scorrendo un’ultima volta quelle poche righe, accertandosi che non avesse omesso qualche altro dettaglio fondamentale. 
-Si, mi ricordo bene di quello che si racconta riguardo quell’avvenimento:  la notte in cui i dodici grandi uomini dell’Inghilterra sono stati ritrovati massacrati nel salone del palazzo reale. Il che è impossibile, una bambina di quindici anni non può uccidere tutte quelle persone da sola... a meno che...- con lo sguardo fisso puntato sui suoi piedi il giovane conte si passò lentamente un dito sulle labbra, accarezzandosi appena mentre pensava assorto
-Credete possa avere anche lei un maggiordomo?-
-A dire il vero, è l’unica spiegazione che riesco a darmi- rispose volgendo scocciato lo sguardo all’ambientazione urbana e caotica della città. Odiava correre a conclusioni affrettate, ma non riusciva a trovare altra soluzione. Sospirò appena osservando i volti spensierati dei passanti, le facciate illuminate delle case. Inoltrandosi nel fitto intreccio di strade la sua carrozza si avvicinava sempre più alla prima tappa del suo breve viaggio:  La bottega del becchino, il quale avrebbe favorito le sue indagini. “Concentriamoci su un problema alla volta. E il commercio d’organi al momento ha la priorità sulla Perla” pensò mentre lentamente il suo mezzo s’appostava proprio dinnanzi l’ingresso del macabro negozio. Sebastian scese agilmente per primo, così da mantenere lo sportello aperto durante la discesa del suo padroncino, che a passo sostenuto cominciò ad avviarsi verso la porta in legno e vetro dalla quale penzolava una targhetta con su scritto: “open”.
 
-BWAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAAH!-
 
Persino in strada era arrivata quella risata stridula e gustosa. Molti passanti si fermarono, impietriti e quasi storditi da quel suono molesto e glaciale. Ciel al contrario rimase confuso. Conosceva bene Undertaker, e sapeva che quel riso così potente e penetrante era la sua ricompensa come informatore. Arrestandosi di colpo volse lo sguardo in direzione dell’uomo al suo fianco, e Sebastian annuì come se immediatamente avesse capito: qualcuno era arrivato prima di loro. Quasi con violenza il portone si aprì andando a sbattere contro lo spigolo della credenza posta accanto all’ingresso, e irrompendo nella stanza gli occhi bluastri del conte vagarono alla ricerca del  suo bizzarro conoscente. Senza scomporsi minimamente la figura che stava elegantemente seduta sul coperchio di una delle bare del becchino si voltò appena: purtroppo la pesante penombra che regnava sovrana nella stanza fece sì che di quella persona Ciel riuscì a vederne soltanto gli occhi: vispi, dal taglio fine, ammalianti, verdi... Presuntuosamente seducenti. Il corpicino del giovane s’irrigidì di colpo mentre il respiro gli venne a mancare, come se ne fosse rimasto folgorato. Non era la prima volta che provava quella sensazione di assenza d’aria, la stessa che provava quando rimaneva per troppo tempo perso nelle iridi profonde del suo diabolico Sebastian. Quest’ultimo osservò a sua volta quegli occhi grandi che facevano capolino nell’ombra e distese un sorriso.
-Perdonate la maniera brusca con cui il mio padrone è entrato.- portandosi una mano al petto fece un piccolo inchino mentre il rumore dei passi scandiva il lasso di tempo che separava il piccolo Ciel da quella persona.
-Non devo perdonarvi di nulla. Anzi, vi stavo attendendo con ansia... Conte Phantomhive- giungendo alla luce la donna si mostrò al ragazzo come una giovanissima nobile. Sebbene fossero coperti da una veletta azzurra le sue iridi erano messe in risalto dalla carnagione chiara. Le labbra fine erano distese in un soffice riso mentre si chinava a sua volta in segno di rispetto. Scosse per un attimo la testa, sbattendo più e più volte le palpebre, finalmente quello sguardo si era abbassato, e riacquistando il suo decoroso contegno Ciel le porse una mano, così che una volta intrecciata a quella morbida della donna potesse baciarne appena il guanto
-Ho sentito molto parlare di voi, Lady Killarney, ma confesso che non pesavo che sarei riuscito a trovarvi qui...-
-Undertaker e io ci conosciamo da molto tempo. Ed è il miglior informatore di tutta Londra. Non mi stupisce che anche il “Cane della Regina” ricorra alle sue ottime informazioni- quasi isolandosi dal discorso, gli occhi di Sebastian studiarono ogni singolo particolare di quella docile figura che gli era apparsa: altezza media, costituzione appena formosa, compostezza fiera ed elegante; una vera lady inglese. Eppure c’era qualcosa che non tornava al fido maggiordomo. C’era un velo di mistero che circondava la giovane donna, e vedeva nella profondità del suo sguardo sereno l’oscura presenza di un segreto. Poi improvvisamente, il pallido bagliore colse l’attenzione delle iridi purpuree del demone: proveniva dalla collana appesa al collo della giovane duchessa. Purtroppo non riusciva a vederne il ciondolo, era nascosto proprio nella scollatura della donna e ostinarsi a guardare sarebbe stato scortese oltre che volgare. Tuttavia quella fioca luce che provenne dal suo petto lo fece convincere che qualcosa di losco si nascondeva in lei.
-Hihihi vedo che siamo in compagnia hihihi- riemergendo dalla bara in cui era caduto nella foga del ridere, il tenebroso becchino resuscitò con il sorriso tirato e la bava alla bocca.
-Oh bene! Sei di nuovo fra noi! Credo che possiamo cominciare non trovate Undertaker?- cinguettò appena la ragazza, tornando a sedere sul coperchio in legno scuro, avvolta nuovamente nell’oscurità. Phantomhive e il suo maggiordomo si limitarono nell’imitarla, attendendo che dopo essersi asciugato le labbra il becchino cominciasse a parlare.
-Ho ricevuto parecchie clienti ultimamente. E a ognuno di loro mancava qualcosa... Hihihi- affermò sedendosi a sua volta, tornando a mangiucchiare biscotti a forma d’osso
-Un organo?- azzardò il giovane conte
-Oh, non solo. Chi un organo, chi un braccio, una gamba. Perfino la testa-
-E cosa se ne fanno i commercianti d’ organi con gli arti e la testa?- domandò la duchessa sorseggiandosi quel poco di tè che le era rimasto
-Questo non lo so. Ma di sicuro si tratta di un macellaio esperto hihihi- rispose sorridendole sadicamente
-Macellaio?- la domanda di Ciel uscì come un sussurro flebile e docile, quella parola gli faceva venire in mente tanti schizzi di sangue e grida straziate
-Tagli netti, asportazioni precise, mano ferma hihihi-
-Probabilmente un medico... Bene credo che questo ci può bastare. Non è vero conte?- affermò la ragazza sollevandosi dal suo poggio, volgendo il suo sguardo al più piccolo che annuì.
-Siete stato efficiente come al solito mio caro. Spero di rivedervi presto...- la duchessa sorrise avviandosi verso l’uscita. Assieme a lei anche Sebastian e Ciel uscirono. Si stava avviando da sola per le strade di Londra mentre la sera cominciava a calare, tingendo il cielo di blu scuro
-Lady Killarney?- si sentì chiamare e arrestandosi di colpo la donna osservo’ il ragazzo dinnanzi a lei osservarla in modo ardente sebbene le sue iridi fossero gelide
-non è bene che una donna vaghi da sola per Londra di sera. Mi piacerebbe invitarla come mia ospite. Sempre che voi non prendiate il mio invito come un’offesa...- In realtà Ciel aveva un piano ben preciso in mente: più tempo la duchessa fosse rimasta a contatto con lui, più sarebbe riuscito a scoprire qualcosa sul suo conto. In contemporanea avrebbero avuto tutto il tempo per discutere delle indagini; era convinto che così facendo avrebbe preso due piccioni con una fava. Sebbene si era mostrato astuto e ardito il conte non riuscì a non impetrare quando quello sguardo spavaldo lo penetrò, di nuovo, come quando era solo con Sebastian
-Beh, tutto sommato sta per piovere...- rispose la giovane sollevando appena un palmo della mano, osservando malinconica una goccia d’acqua inumidirle il guanto candido.
-Dunque?- domandò non riuscendo a nascondere la sua impazienza
-Dunque accetto volentieri la vostra ospitalità. Ma dovremmo sostarci al mio albergo così che possa prendere le mie cose.- affermò avviandosi al fianco del piccolo Ciel verso la carrozza dove Sebastian li attendeva. La scrutava camminare e sorridere al suo padroncino con una tranquillità dolcissima. Eppure sapeva bene che in realtà nascondeva qualcosa. Indagare su di lei, questi erano gli ordini del suo piccolo Lord, e come un perfetto maggiordomo lui li avrebbe eseguiti.
Quasi per dispetto un venticello gelido e giocoso andò a solleticare i due nobili che lentamente si avvicinavano a lui, e facendo svolazzare i merletti del sontuoso abito della dama, finalmente gli occhi scarlatti del demone la videro: piccola, tonda, lucente. Una perla nascosta nel petto della duchessa. Sembrava surreale ma Sebastian Michaelis s’irrigidì di colpo a quella visione, basito... Stupito e incredulo allo stesso tempo. Semplicemente senza parole. Quasi con pudica timidezza Viola si portò le mani al petto, coprendosi come se si stesse proteggendo dagli sguardi studiati del maggiordomo. E quando sollevò lo sguardo rimase incuriosita dallo strano accento che quegli occhi avevano assunto. Da indagatori maliziosi a storditi e quasi docili. La piccola duchessa si fece invadere allora da una scossa elettrica che le percorse la schiena, sino a farle venire i brividi, e una strana idea le balenò per la mente. Ormai giunti a destinazione il maggiordomo aprì cortesemente lo sportello della vettura per lasciare che la giovane donna potesse entrare. E proprio in quel momento, il quel medesimo istante, i due per la prima volta si guardarono negli occhi. Si teneva ancora una mano al petto ma sapeva che l’uomo dinnanzi a lei aveva visto ciò che lei tanto nascondeva. Si erano illuminati di colpo quelle iridi che così all’improvviso avevano cominciato a fissarlo, quasi provocandolo con un tono di sfida. E fu strano quando il diavolo, sopito dietro quella maschera da perfetto maggiordomo, si sentì tentato da un misero sguardo di una donna umana. 

 

*Angolino di Virgy*

Scusatemi se ci ho messo cosi' tanto ma ultimamente ho avuto degli impegni che mi hanno impedito di scrivere! spero che vi piaccia!

Un bacio

-V-    

    

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


La giovane duchessa viaggiava con due bauli, una custodia allungata e robusta e una cameriera dallo sguardo perennemente basso e timido. A differenza delle altre lady con cui il conte Phantomhive aveva avuto a che fare, lady Killarney sembrava non trovare posto per la vanità nel suo comportamento. Il giovane Ciel lasciò che la ragazza potesse alloggiare nelle camere più grandi per il suo soggiorno nella sua “Town House”, così che potesse usufruire della più degna ospitalità in perfetto stile Phantomhive. Lentamente la sera era calata e dalle finestre delle stanze del piccolo conte non si trapelava neanche il più misero spiraglio del tramonto; le miserabili nuvole londinesi coprivano quel panorama nella loro maestosità scura. Se ne stava seduto davanti alla scrivania finemente cesellata a mano, a picchiettare le dita sulla liscia superficie lignea mentre attendeva, annoiato, un qualsiasi avviso da parte del suo Sebastian. Preciso come un orologio svizzero il mero maggiordomo si presentò alla sua porta con un pacato sorriso mentre annunciava che avrebbe servito il tè nel soggiorno assieme alla giovane duchessa e alla sua cameriera
-Bene. Ah Sebastian? Tieni sott’occhio quella dipendente. Sai cosa penso delle persone troppo tranquille...- affermò sollevandosi dalla seggiola, pronto per raggiungere il salotto dove avrebbe conversato con la sua ospite fino all’ ora di cena
-Sarà fatto- furono le uniche parole che uscirono dalla sua bocca diabolica. Quando Ciel entrò nella sala trovò la giovane elegantemente seduta su una sedia dall’imbottitura dello schienale e della seduta blu scura, il collo leggermente chino, il viso rivolto contro la finestra, lo sguardo perso nella pioggia. Proprio dietro di lei, la sua cameriera poco loquace stava seduta su una seconda seggiola, intenta nel ricamare un centrino in merletto
-Qualcosa vi turba duchessa?- domandò cortesemente chiudendosi la porta alle spalle
-Viola, chiamatemi Viola conte. Ho sempre odiato tutti questi convenevoli...- rispose senza distogliere minimamente lo sguardo da quelle piccole gemme che lentamente colavano sul vetro della finestra. L’angolo destro delle labbra di Ciel si sollevò appena mentre a passo lento e sostenuto giungeva al fianco della dama, prendendo posto all’altro capo del piccolo tavolo che li divideva
-Vi manca la campagna, Viola?- domandò successivamente osservando deliziato la sottile linea che si era venuta a tracciare sul collo teso della giovane al suo fianco. Era una ragazza molto bella, doveva ammetterlo. Tuttavia persisteva nel non spiegarsi il motivo per cui, una donna cosi giovane, piuttosto che adempiere i suoi doveri di Lady si metteva al servizio della regina per svolgere compiti a volte indecorosi. Ed era proprio quello che avrebbe svelato con il passare del tempo in sua presenza
-Niente affatto. Anzi morivo dalla voglia di tornare a Londra- affermò finalmente concedendogli uno sguardo, strappandolo dai suoi pensieri in modo bruscamente dolce. In quel preciso instante, trasportando un carrello di acciaio, Sebastian entrò bussando educatamente alla porta, annunciando l’arrivo del tè. Sia Ciel che Viola rimasero incantati dalla grazia con cui l’infuso color topazio si riversava nelle tazzine finemente decorate a mano. L’odore si diffuse per l’intera sala mentre il tepore della bevanda cominciava a scaldargli le labbra
-Hmm rosa canina. Ottima scelta Sebastian- affermò la giovane duchessa dopo averne degustato un sorso.
-Sono contento che vi piaccia Lady Killarney. Ora perdonatemi ma vado a cominciare i preparativi per la cena- inchinandosi appena il moro si lanciò uno sguardo di fuoco con il suo padrone, che annuendo lo congedò volentieri
-Sebastian? Vi prego lasciate che Cecily vi dia una mano- affermò la donna facendolo arrestare a pochi passi dalla porta. A quella affermazione la ragazza alle sue spalle sollevò lo sguardo, mostrando due occhi grandi e scuri come due pozzi. La frangia lunga e corvina che portava sul viso aveva reso praticamente impossibile alcun contatto visivo con lei, ma adesso che si sentiva chiamata in causa, sia il giovane conte che il suo maggiordomo riuscirono finalmente a scorgerne il volto delicato e infantile.
-Come desiderate- rispose il moro con un sottile inchino. Lasciando il suo lavoro incompleto allora la cameriera si sollevò dalla sua seggiola e con passo incerto e timido si avvicinò all’uomo che sostava innanzi a lei
-Cecily?-
-Si, signorina?- domandò con voce sottile
-Rendimi fiera di te, porgi tutto l’aiuto possibile. Sono stata chiara?- domandò la duchessa sorridendogli dolcemente sebbene il suo tono di voce apparisse freddo e austero
-Sarà fatto mia Lady- e con un elegante inchino, sia la cameriera che il maggiordomo del casato Phantomhive si allontanarono chiudendosi la porta alle spalle, lasciandoli soli. Un silenzio morboso e straziante calò pesantemente sui due nobili, che osservandosi quasi maniacalmente sembrava si stessero studiando a vicenda. E in parte era proprio così: appariva semplicemente silenziosa, ma Ciel sapeva bene che nel cupo pallore del suo sguardo si nascondeva qualcosa... se lo sentiva.
-Bene, come pensate di procedere con le indagini?- domandò il piccolo conte spezzando improvvisamente quell’infausto silenzio
-Beh, da quel poco che so su questi omicidi sembra che le vittime siano donne sulle quaranta. Appartengono tutte alla media borghesia e svolgono mestieri differenti. Questo, purtroppo è tutto quello che so-
-Esclusivamente donne. Perché’ dei commercianti di organi dovrebbero depredare esclusivamente i corpi di donne? Che si tratti di un altro killer seriale?- si domandò il più giovane poggiandosi il pollice sulle labbra, a pensare; lasciando che la pietra azzurra del suo anello di famiglia illuminasse il blu oceano dell'occhio che non era coperto da una spessa benda scura
-No, ne dubito. Sono dei personaggi troppo eccentrici, quei serial killer: sempre attenti a fare bella figura nel modo di presentare una vittima, troppo impegnati nel fare scena piuttosto che nel fare un buon lavoro. Invece, come ha detto Undertaker “si tratta di un macellaio esperto”- rispose portandosi una mano al viso, scostandoli delicatamente una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Fu proprio in quel piccolo frangente che Ciel notò un insignificante dettaglio che tuttavia lo fece insospettire: Viola portava ancora i guanti. Dovevano essere passate oramai più di due ore da quando la giovane lady si era trasferita in casa sua, eppure portava ancora i candidi guanti che le fasciavano le mani dal freddo abbraccio di Londra.
-Sentite freddo?- domandò alludendo alle sue mani. A quella domanda il collo della ragazza s’irrigidì appena, non si aspettava una domanda del genere, non si aspettava che notasse quel piccolo accessorio
-Oh, no assolutamente. Tuttavia ho delle piccole macchie sulle mani e il medico mi ha pregato di tenerle sempre coperte. La temperatura della vostra casa è semplicemente gradevole- affermò esponendo un ampio sorriso prima di spegnersi lentamente. Le era preso un bello spavento, a tal punto che il cuore aveva cominciato a batterle forte nel petto, quasi a farle perdere l’autocontrollo. Rilassando la schiena e le spalle la nobile dama si lasciò completamente andare sullo schienale sospirando appena, tornando a guardare, vagamente, il panorama sbiadito di una Londra ormai tormentata. Con generalità il conte Phantomhive scrutò la giovane dinnanzi a lui: dalla veste azzurra e merlettata, i capelli castani raccolti in una morbida acconciatura, le labbra semi dischiuse, le goti pallide e le palpebre socchiuse
-Non vi sentite bene?- chiese preoccupato per quella brutta cera, ma non appena riuscì a guadagnarsi uno sguardo da quella curiosa donna, ebbe un sussulto: un brivido per l’esattezza, come se dal nulla fosse riuscita comunque ad inchiodarlo
-Oh no, sono solo un po’ stanca. Credo che andrò a riposare nelle mie stanze. Spero non vi dispiaccia- annunciò sollevandosi dal suo poggio
-Assolutamente- rispose osservandola mentre con una camminata dolce e aggraziata giungeva fino alla porta. Ne afferrò la maniglia ottonata, e dopo averla aperta di un poco Viola si voltò appena, sorridendo al giovane conte che la stava mirando di soppiatto
-Non vedo l’ora di rivederla a cena, conte Ciel Phantomhive- affermò lasciandolo letteralmente di stucco quando se ne andò chiudendo la porta.
Nel frattempo, al piano inferiore sia Sebastian che la giovane Cecily si davano da fare per preparare una cena degna per i loro rispettivi padroncini. Dopo essersi occupata dell’allestimento della tavola, la ragazza si era offerta di tagliare le verdure che sarebbero state aggiunte successivamente al contorno e alla guarnizione dei piatti che il maggiordomo stava preparando. Da quello che poteva notare, Cecily sembra solamente una cameriera che viveva esclusivamente per rendere felice la sua duchessa. Eppure cosa rendeva sia lei che la sua serva così misteriosamente particolari? Odiava ammetterlo, ma Sebastian sapeva che quando aveva a che fare con una donna, Aimè, doveva ricorrere ai metodi drasticamente subdoli. Lasciando per un breve istante la carne a cuocere sul fuoco, cominciò ad osservare la sua collega con occhi morbosi e malevoli. Nel sedurre una donna Sebastian era spietato, soprattutto se si trattava di un docile agnellino come quella ragazza. E non avrebbe resistito alle sue peccaminose e prepotenti avance, non ci sarebbe riuscita. Effettivamente era pesante lo sguardo che quelle iridi cremisi le stavano rivolgendo, a tal punto da farle mancare l’aria e soprattutto la concentrazione. Eppure Cecily non riusciva a farne a meno: sciogliersi e perdersi in quegli occhi profondi e magnetici, dimenticandosi del fatto che stesse maneggiando un coltello.
-Ahi! Oh che sbadata...- sobbalzò dal dolore quando si rese conto di aver passato la lama sulla sua sottile pelle, ed era fastidioso il bruciore che quella gocciolina purpurea provocava colandole sulla mano
-Lasciami vedere...- affermò il prode maggiordomo giungendo al suo fianco in pochi secondi, tenendo delicatamente la sua manina piccola e candida tra le sue più grandi. I due piccoli pozzi di Cecily s’illuminarono al solo contatto con lo sguardo di Sebastian che sorridendole portò il dito ferito alle sue labbra
-Fortunatamente non è nulla di grave. E’ la tua pelle rimarrà candida e intatta come il petalo di una rosa...- sussurrò leccandogli dispettosamente la ferita, ripulendola di ogni macchia. A quel contatto ruvido e bagnato la cameriera ebbe un fremito, e sentì un fuoco struggere i suoi sensi
-Piuttosto che importunare la mia cameriera perché’ non badate alla carne? Il fuoco è troppo alto e rischiate di bruciarla- affilata e pungente quella voce di donna parve una frecciatina divertita che proveniva dall’ingresso alla cucina. Poggiata sullo stipite con le braccia conserte al petto, la duchessa osservava quella scena con occhi tutt’altro che casti. Immediatamente allora i due si allontanarono e goffamente la piccola serva si strinse un fazzoletto alla mano
-Cecily, mia cara, andiamo. Una volta tornate in camera vi medicherò quel piccolo taglio- affermò avvicinandosi alla sua cameriera poggiandole una mano sulla spalla, il suo sorriso e lo sguardo sereno non lasciavano intravedere alcun cenno di rabbia, e ciò rasserenò la piccola Cecily. Nel frattempo, concedendosi un minuto per sistemare la carne che aveva lasciato in sospeso, Sebastian era tornato ad osservare le due donne, ma con sua sorpresa dovette constatare che ne era rimasta solamente una che adesso sostava dinnanzi all’ingresso con un paio di grandissimi occhi verdi che parevano quasi ardere. Né lui né la duchessa parlarono, ma si limitarono a concedere un silenzio truce e peccaminoso ai loro sguardi. Nuovamente quella sensazione di qualche ora prima pervase il petto del maggiordomo. Di nuovo quelle iridi verdi tentavano spregiudicatamente il suo animo demoniaco. Pochi secondi che parvero un eternità e soltanto quando la fanciulla decise di andarsene, per Sebastian fu di nuovo la libertà.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Il ticchettio dell’orologio a pendolo addossato alla parete della camera da letto era l’unico sottofondo che si poteva udire in quel momento. Due donne stavano sedute sul maestoso giaciglio in legno massello. La più giovane stava abilmente fasciando l’indice ferito della ragazza al suo fianco, incantata da quella figura così teneramente concentrata nel medicarla. Per Cecily quello era un grande onore: quale altra nobil donna si sarebbe abbassata a prestare cure personalmente alla propria serva? L’aveva vista crescere, e mai aveva smesso di stupirsi di fronte a quella bizzarra lady.
-Et Voilà!- esultò sorridendole, mostrandole il minuscolo fiocchetto graziosamente grezzo che decorava il dito della giovane
-Vi ringrazio signorina. Volete che intanto vi prepari una veste per la cena?- domandò sollevandosi dal materasso per porgerle un servile inchino di riconoscenza
-Si, gradirei indossare quella lilla con i ricami sulle maniche...- rispose la giovane sciogliendo alla buona i capelli prima di lasciarsi andare sul suo letto. le mani e le braccia morbide sul tessuto trapuntato con fili preziosi, i capelli disposti disordinatamente sul giaciglio e lo sguardo sperso nel vuoto. Silenziosa Cecily stava in ginocchio a scostare con cura i vari abiti che la duchessa aveva portato con sé, e sorridendo appena quando i suoi polpastrelli sfiorarono la soffice seta dell’abito che stava cercando: lungo sino alle caviglie di un colorito viola molto tenue; lo afferrò dalle spalline facendolo sgusciare lentamente dal grande baule foderato di porpora. Gli occhi scuri della donna rimasero intenti nel fissare quel piccolo capolavoro di sartoria tra le sue mani, mentre la ragazza distesa nel baldacchino il legno lo osservava di sottecchi. Le maniche corte e bombate mostravano appena dei piccoli dettagli floreali che la sua sarta aveva abilmente cucito. Era semplice rispetto agli altri che il suo tutore le aveva comprato: non era troppo vistoso, ma neanche umile. Era semplicemente bello, ma non tanto da aiutarla a trovare marito. “Marito” quella parola misera e insignificante solleticò il suo pensiero, facendola sorridere. Molte volte si era immaginata in una grande casa con un uomo modestamente bello che le baciasse la fronte ogni volta che tornava da lavoro, che le coccolasse i capelli quando giacevano nel loro letto, che fosse intrepido e dolce ogni volta che facevano l’amore. Amore... Anni e anni spesi a leggere poesie romantiche quando lei, invece, non ci credeva più; non voleva crederci, non da quando suo padre se ne andò lasciandole la perla come scintillante e maledetto regalo.  Sbuffando appena si sollevò e a passo lento si diresse dietro il separé’ in legno foderato e ferro battuto laccato d’oro.  Cecily la raggiunse cominciando a sbottonarle lentamente l’allacciatura sulla schiena dell’abito merlettato. Lentamente, quasi accarezzandosi la pelle con le mani fasciate dai guanti, Viola si fece calare le maniche dalle spalle, per poi infine sfilarne le braccia. I lunghi capelli adesso le contornavano le spalle e ricoprivano quasi per intero la schiena e il fitto intreccio del corsetto color carne. Con insolita grazia il vestito cadde ai piedi della duchessa, che con sguardo spento e vuoto osservava il gioco di luce che il ferro rifletteva sulla fodera del suo paravento. Sollevò improvvisamente una mano, portandosela al petto, pronta per afferrare il ciondolo che teneva nascosto da tutto e da tutti. Spesso e volentieri la cameriera si era chiesta il motivo per cui un oggetto così bello e prezioso venisse costantemente nascosto. Tutto quello che sapeva era che quella perla era un dono del duca Killarney per il dodicesimo compleanno della sua unica figlia, e dopo la scomparsa di quest’ultimo, e la morte di sua madre, Viola aveva cominciato ad indossarla con austera formalità... Con triste eleganza. La duchessa scosse appena la testa, quasi tornando in se e ricominciò a vestirsi, infilando le piccole maniche a palloncino prima di sollevarsi i capelli in aria, cosi’ che Cecily potesse chiuderle l’abito con più facilità e senza il rischio di annodarle le ciocche brune
-Sai che ti stava usando vero?- quella domanda spezzò bruscamente quel tranquillo e armonico silenzio che fino a poco fa le avvolgeva. La donna non capì immediatamente il senso della sua domanda, probabilmente Cecily in quel momento era intenta nel finire di sistemarle a dovere la veste per pensare a ciò che in realtà la piccola Viola voleva intendere
-P-Potreste essere più chiara signorina?- domandò facendosi da parte, affinché’ fosse la duchessa a uscire per prima da dietro il separé’. Tuttavia quello che la giovane Killarney fece fu soltanto voltarsi lentamente, e fissare con dolcezza la sua ingenua dipendente
-Mia dolce Cecily... Sai bene a cosa mi riferisco- affermò la fanciulla afferrando con tenerezza le mani tiepide e lisce della sua cameriera, la quale non appena scontrò il suo sguardo con quello della sua padroncina abbassò di colpo il capo, arrossendo. Sapeva che spesso e volentieri molti uomini avevano tentato di sedurla, ed era perfettamente a conoscenza del fatto che questo interesse, in realtà, celava un tentativo di strapparle informazioni preziose sulla duchessa. Sapeva bene che innamorarsi era inutile se si lavorava per “La Perla della Regina”. Era solo una dura realtà alla quale, purtroppo, ancora faticava ad abituarsi.
-Sono spiacente per quello che avete visto prima nella cucina mia Lady- sussurrò con voce flebile e colpevole. Non doveva mostrarsi così fragile dinnanzi a Sebastian, ma era stato più forte di lei: quelle grandi iridi cremisi erano tentatrici e meschine, e stava per perdere il controllo delle sue emozioni che la giovane Lady non fosse venuta a “salvarla”
-Oh no, non devi esserne dispiaciuta. E’ stata solamente una debolezza- affermò sfiorandole appena la guancia. Le due si fissarono per qualche istante prima che la più giovane, sussultando per l’ora che l’orologio aveva appena scandito, cominciò a dirigersi dinnanzi lo specchio addossato alla parete blu scura. Una nobile donna dalle graziose membra e un visetto di porcellana incorniciato da soffici onde scure: questa era la visione che in quel momento aveva di sé. Proprio nel mezzo del suo petto un lieve bagliore illuminò il suo sguardo, che d’un tratto divenne schivo, vuoto. Come se fosse caduta in trance Viola tornò ad un passato recente: quando i suoi occhi sfidarono con arrogante audacia quelli magnetici e proibiti del maggiordomo. Un brivido gelido le percorse la spina dorsale e tremando, contraddittoriamente intimorita al solo ricordo di quel colore porpora, racchiuse nuovamente la perla tra le sue mani, abbassando lo sguardo di colpo, rimanendo senza fiato
-Signorina vi sentite bene?-
-Si, si non preoccupatevi. Pensiamo ai miei capelli piuttosto- affermò sollevando gli angoli delle labbra, esponendo un falso e docile sorriso. Viola sapeva che c’era qualcosa che non andava presso i Phantomhive, e questa volta sentiva che doveva essere più cauta del solito.
 
Passeggiando con nonchalance il giovane conte percorreva lentamente il corridoio che avrebbe portato alla scalinata per la sala dove avrebbe consumando la cena con la sua giovane e curiosa ospite.
“Sono spiacente ma la duchessa è riuscita a impedirmi di interrogare la sua dipendente” quella frase che tanto amaramente era uscita dalla bocca del suo maggiordomo rimbombò nella mente del giovane Ciel centinaia di volte. Era la prima volta che qualcuno metteva i bastoni tra le ruote al suo Sebastian, e sicuramente quel qualcuno che mette in difficoltà un demone certo non era una persona normale
“non PUO’ esserlo” pensò prendendosi per pazzo, stupendosi da solo delle conclusioni puerili e sciocche che la sua giovane mente traeva
-Conte! Noto con piacere che siamo giunti insieme!- quella voce melodiosamente arzilla e allegra lo fece arrestare di colpo. Una figura sinuosa e leggiadra si avvicinava nella penombra, e brillavano quelle grandi iridi verdognole, che ancora una volta, lo guardavano penetrandolo da parte a parte
-Già. Oh...- sussultò appena il ragazzo quando la vide al suo fianco, finalmente sotto la luce. L’abito che indossava questa volta delineava con finezza la silhouette della donna. Nessun pezzo di bigiotteria o pietre preziose la adornavano, se non per una sottile catenina in argento che s’inoltrava dispettosa nel decolté della giovane, nascondendogli, forse, un prezioso pendente. Probabilmente Ciel era arrossito, sentiva un tenero tepore sulle sue guance, e notato il riso beffardo sulle labbra della duchessa, il conte immediatamente riacquistò la  sicurezza e la freddezza di cui solo Ciel Phantomhive ne era dotato.
-Lasciatemi dire che siete molto bella questa sera-  con sguardo intenso il giovane gli porse il braccio
-Ma che adulatore affabile che è il giovane Ciel Phantomhive- affermò la donna  stringendosi a lui, così che scesero la scalinata insieme, paradossalmente proprio come due sposi, che per la prima volta dopo la cerimonia percorrono i loro primi passi da marito e moglie; due che con i sentimenti come l'amore avevano deciso di chiudere tutti i battenti. 

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


La tavola era imbandita di pietanze succulente e squisitamente cucinate dal fido maggiordomo che all’angolo della sala osservava i due cenare silenziosamente, sebbene era certo che in verità gli spunti per discutere fossero molti.
-So che non è un argomento molto consono da trattare a cena. Ma volevo avvertirla che Sebastian ha svolto una ricerca al riguardo delle vittime che sono state ritrovate recentemente a Londra...- Ciel spezzò quella breve quiete e osservò gli angoli delle labbra fine e rosee della fanciulla sollevarsi divertiti, e i suoi occhi puntarsi contro il maggiordomo, che nel frattempo non aveva detto una parola
-Cucinare e svolgere ricerche. Non so come tu abbia fatto ma tutto ciò è notevole Sebastian- affermò sorseggiando dal calice del vino rosso
-La ringrazio lady Killarney- si limitò a rispondere senza scomporsi, sebbene oramai era più che consapevole degli effetti delle sue occhiate
-Dunque? Che cosa hanno ricavato queste ricerche?- domandò la ragazza bevendo ancora del vino dal calice che teneva tra le mani
-Le vittime avevano frequentato durane la loro infanzia un orfanotrofio che si trova non troppo distante dal centro urbano. Questo ha preso fuoco circa due settimane fa, durante una festa data per i settantanni dalla sua apertura. Sembra che siano rimaste vittime dell’incendio Mary Angie Wotton e Juliet, sua figlia.- affermò il giovane conte prima di cominciare a consumare il suo pasto
-Ma certo!- esclamò la lady sollevando di scatto il capo, fissando il più piccolo con sorriso beffardo. Tutti i muscoli di Ciel s’irrigidirono di colpo quando quelle iridi lo sfiorarono penetranti ed euforiche
-C-Cosa?- domandò portandosi una mano al viso, nascondendosi le labbra che lasciavano sgusciare impertinenti e fastidiosi colpi di tosse
- Cerchiamo la lista degli invitati a quel ricevimento. Sicuramente vi troveremo i nomi delle vittime e quelli delle “possibili” vittime-
-Beh, si... Potrebbe essere un’idea- si limitò a rispondere il giovane Phantomhive abbassando lo sguardo, concentrandosi al cibo piuttosto che a quella sensazione di vuoto che provava alla testa, come se quel dolce visetto lo incatenasse in una sorta di claustrofobia momentanea, strappandogli il fiato
-Bene, domani mattina allora ci recheremo lì-
Calò un fastidioso silenzio nella sala da pranzo. Cupo e molesto che durò più di dieci minuti, il tempo di terminare le prime portate. Neanche si erano degnati uno sguardo in quel lasso di tempo. Viola non lo disprezzava, infondo amava avvolgersi nel casto rumore del “nulla”. Tuttavia non doveva essere lo stesso per il giovane conte, che fingendosi disinvolto mangiava e beveva come se, intimidito, stentasse a far uscire la voce dalle sue labbra. E appariva così tenero ai suoi occhi
-Voi, Ciel, amate la scherma?- spezzando la nervosa quiete, la voce squillante e quasi maliziosa della duchessa fece tornare Ciel con i piedi sulla terra, il quale sollevando appena un angolo delle labbra si accomodò sullo schienale della seggiola imbottita, e osservando il suo maggiordomo, che nel frattempo portava via i piatti vuoti, rispose:
-Non particolarmente, tuttavia me la cavo bene- affermò scrutando il volto della donna che sorridendo beffarda afferrò nuovamente il suo calice, bevendo elegantemente il nettare purpureo e amarognolo al suo interno
-Mi piacerebbe molto verificarlo-
-Beh, tra i programmi previsti per il pomeriggio del mio signorino, c’è una lezione di scherma, potete sempre assistervi se vi fa piacere- affermò Sebastian sbucando proprio alle spalle della giovane duchessa. Chinandosi al suo fianco le porse, proprio innanzi agli occhi, un piccolo piatto di porcellana contenente un trancio di cheese cake ai frutti di bosco guarnita con soffici riccioli di panna montata. Le iridi verdognole della fanciulla si posarono inizialmente sul dessert, e poi sull’uomo il cui viso era non molto distante dal suo. Viola lo fissò come se non riuscisse a farne a meno, come se dipendesse da quello sguardo, come se il mistero velato dietro quelle macchie rosso sangue la invitasse a qualcosa di pericoloso e proibito. Odiava ammetterlo ma sentiva i brividi sotto pelle, soprattutto perché’ sapeva che da quel Sebastian doveva stare lontana. Tuttavia il suo visetto candido non trapelò’ neanche il minimo segno di debolezza davanti a quel maggiordomo, anzi, da quel che Michaelis poteva fastidiosamente notare, la nobile donna lo sfidava con arguta presunzione, inchiodandolo per pochi miserabili secondi che bastarono a fargli sentire il calore dell’inferno ribollirgli nelle vene
-Se sarete voi il maestro allora sono sicura che sarà molto interessante ammirarvi duellare...- ridacchiò coprendosi le labbra con il palmo, che anche in quell’occasione la lady portava fasciato da un paio di guanti. Sollevandosi di scatto, libero finalmente da quella morsa quasi letale, il maggiordomo raggiunse l’altro capo del lungo tavolo in legno scuro e porgendo il dolce anche al suo giovane padroncino Sebastian si sentì penetrare dallo sguardo freddo e indagatore di Ciel che ammiccandogli un’occhiata di complicità lo lasciò andare a svolgere le sue mansioni. Sembrava più complicato del previsto indagare su di una persona, e quella donna era più enigmatica di quanto pensasse. Era affascinante il modo in cui il giovane conte la scrutasse di sottecchi, cercando di scoprire qualcosa in più sul suo conto.
-Volete chiedermi qualcosa Ciel?- domandò riponendo il cucchiaino al suo posto, prima si ripulirsi elegantemente gli angoli delle labbra con il tovagliolo candido. Spiazzato da quella domanda il piccolo Phantomhive non poté’ far altro che fingersi “tonto”
-Come prego?- domandò a sua volta schiarendomi appena la voce, com’era possibile che con un solo sguardo fugace quella ragazza riuscisse immediatamente a toccare i suoi pensieri
-Suvvia conte, lo vedo nei vostri occhi che morite dalla voglia di farmi delle domande. Ebbene domandate pure- finalmente, l’occasione della sua vita, ed era stata proprio LEI a servirgliela su un piatto d’argento. Abbassò appena lo sguardo, fissando le striature rosate che aveva lasciato sul piatto mentre consumava il suo dessert. Chinando appena il capo sollevò un angolo delle labbra, mostrando in tutto e per tutto una bellezza oscura e truce che lady Killarney mai aveva visto prima: occhi gelidi e forti, una bocca beffarda e seducente che gli conferivano un’aria semplicemente spietata
-Non posso nascondervi nulla non è vero? In effetti ci sarebbero delle domande a cui non riesco a darmi risposta- affermò sicuro di se, puntando il gomito sul bracciolo della seggiola e il mento sul suo pugno chiuso. Un breve intervallo silenzioso gli concesse un brevissimo scambio di sguardi, occhiate fugaci che portarono ad altrettanti sorrisi
-Come mai una donna come voi bada agli affari della Regina piuttosto che alla ricerca di un marito? Eppure sono sicuro che molti uomini illustri sarebbero disposti a tutto pur di accedere alla vostra mano...- affermò con voce tagliente e parole affilate. Ma sebbene fossero una bella arma d’attacco non erano forti abbastanza per scalfire la difensiva d’acciaio della giovane duchessa. Quest’ultima sorrise, e accavallando le gambe sotto il tavolo si sistemò più comodamente sulla sua sedia
-Avete ragione. Molti uomini si sono presentati, anche solo affascinati dal mio nome, per  richiedere la mia mano. Tuttavia io non voglio prendere marito. Ed ‘è per questo che svolgo con diligenza i compiti che sua Maestà mi affida. Li trovo molto più interessanti di rimanere in casa ad aspettare il proprio uomo- alla sua affermazione il sopracciglio sinistro del giovane Phantomhive si sollevò in aria non riuscendo a nascondere la sua espressione divertita e stupita allo stesso tempo
-Ho sentito dire invece che la vostra fidanzata, Elizabeth Midlleford, è una fanciulla molto gioiosa-
-Oh si, direi anche troppo...- confessò il più giovane abbassando appena lo sguardo, cominciando a fissarsi i piedi. Elizabeth, o come voleva sentirsi chiamare lei: Lizzy. Semplicemente la bambina più fastidiosa che potesse incontrare sulla faccia della terra. Tutta quell’allegria, quel vedere sempre e comunque il bello delle cose... No quella visione tutta “rose e fiori” del mondo non era affatto per lui. 
-Povero Ciel, il Cane da guardia che chiunque vorrebbe avere. Piccolo Ciel, strappato alla sua giovinezza per placare le acque scure con il sangue- un sussurro leggero, caldo e avvolgente che gli sfiorò appena le goti. Stentava a crederci ma lei era li: inginocchiata al suo fianco, con le braccia poggiate sul suo bracciolo, il collo e la schiena inarcati contro di lui, il suo viso pallido e delicato ad una distanza pericolosamente seducente. Gli mancò il fiato quando si gettò nel verde cupo e tentatore dei suoi occhi, stupendosi dello strano calore che cominciava a sentire sulle sue guance candide. Era stata veloce, a tal punto che Ciel neanche si era accorto dei suoi passi. Si, la duchessa era stata anche “troppo” agile per i suoi gusti
-C-Come avete fatto?- domandò facendo scivolare lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, che sottili si erano allungate fino a disegnare un dolce sorriso. Viola non gli rispose, bensì avvicinò ancora il suo viso a quello del giovane conte, accorciando sempre più le loro distanze. Morbide, vellutate e tiepide, così erano quelle labbra a contatto con la sua guancia. Così la duchessa aveva risposto a quella domanda, con un casto bacio sulla sua gote
-Buona notte Ciel- sussurrò accarezzandogli il viso con la punta delle dita, facendolo fremere. Leggiadra e silenziosa Viola Killarney si allontanò da lui, svanendo nell'ombra della casa proprio così com'era apparsa.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


 
“ Freddo, terribilmente freddo. E buio. Silenzioso, ma caotico. Eppure Viola non aveva paura, no... Non temeva più l’oscurità da quando ritrovò sua madre su un letto di sangue. In piedi, circondata dalle tenebre la giovane duchessa osservava con occhi glaciali e severi il nulla più totale. Il cuore le batteva forte nel suo petto, scandendo ritmicamente il tempo che scorreva lento. Mescolandosi alle sue pulsazioni, un suono di passi la fece voltare di scatto verso la sua sinistra. Sicuri di se e fieri due grandi occhi cominciarono a brillare, come unico faro nella notte più profonda. Rossi, ardenti, spietati la scrutavano con intensità mentre la giovane si limitava a guardarlo accigliata, mentre sempre’ più veloce si avvicinava a lei. Non riusciva a vederne i lineamenti del viso, ma sapeva che proprio sotto quelle iridi focose si nascondeva un ghigno malvagio
-Ti trovo bene, piccola Viola- una voce roca e carezzevole tentò di addolcirle il viso marcato dai lineamenti duri e contratti che le avevano scolpito un’espressione severissima e priva di alcun sentimento
-Sapete che non voglio che mi veniate a disturbare durante il mio riposo. Io non sono come le altre, perciò i giochetti subdoli del controllo dei sogni usateli con qualcun’altra- rispose incrociando le braccia al petto, penetrando quei grandi occhi con uno sguardo famelico
-Bella e austera come una chiesa la mia Viola. Eppure...- l’uomo che inizialmente si trovava dinnanzi a lei sparì, se ne accorse quando il rosso vivo delle sue iridi perì nell’ombra, lasciando la frase sospesa a metà. Ma la duchessa Killarney sapeva bene che non era scomparso del tutto, si era solo nascosto, prendendola in giro come aveva sempre fatto
-Sono certo che sareste ancora più affascinante con una bella pancia tonda...- spudoratamente audace il suo petto aderì contro la schiena della ragazza, e approfittandone della vicinanza, una mano fredda e corrotta accarezzò avida la stoffa della camicia da notte che fasciava la sua pancia asciutta
-E magari, un’essenza puramente dannata nel vostro sangue rinforzerebbe questa misera esistenza terrena- sussurrò poggiando il mento sulla sua spalla, avvolgendola appena in un forte e intenso abbraccio
-La luna piena verrà tra pochi giorni, e io rimarrò intatta come nelle lune passate.  Mentre le vostre speranze svaniranno sempre più-
-Sembrate molto sicura di voi. Eppure non esitate a “tentare” il primo diavolo che vi capita davanti...- rise, e anche di gusto. Quasi metallica e stridula quella voce le fece ribollire il sangue. Viola strinse i denti, irrigidendosi di colpo. Avrebbe potuto ucciderlo, ma non lo fece. E fu proprio questa esitazione a far accrescere ancora di più il disprezzo nel suo cuore: lui, purtroppo, aveva ragione
-Non potete farne a meno. E’ la vostra natura, il vostro destino. E non puoi farci nulla Viola. Tu sei questo-”


Con uno scatto frenetico e impulsivo la donna si sollevò seduta sul suo giaciglio, osservando la penombra della sua stanza con occhi spalancati e quasi fuori dalle loro orbite. Aveva il respiro mozzato e la sua cassa toracica si sollevava in continuazione. Sentiva il sudore freddo percorrerle una sinuosa linea sulla spina dorsale. Passarono pochi secondi nei quali Viola riuscì a calmarsi, come se non bastasse sentiva le lacrime agli occhi e questo era quello che maggiormente la infastidiva: piangere
-Che maledetto bastardo...- imprecò stendendosi nuovamente sotto le lenzuola, asciugandosi di tutta fretta quelle misere gemme umidicce che colavano dai suoi occhi.
“La sua natura”... Tentare il tentatore. No, lui si sbagliava. Lei non era così... Non VOLEVA essere così. E poi di cosa diavolo stava parlando? A cosa stava alludendo con :
“Eppure non esitate a tentare il primo diavolo che vi capita davanti”?
Le quattro del mattino, stentava a crederci ma era ancora così presto: nuvole nere aleggiavano su tutta Londra; l’umidita bagnava le strade vuote e spente... Rendendole tetre, morte. Avrebbe potuto dormire ancora, di certo le avrebbe fatto bene; ma c’era qualcosa che le impediva di riposare. Pensieri... Troppi subdoli e insidiosi pensieri che affollavano la sua giovane mente e le vietavano categoricamente un piacevole sonno. Sentì un forte calore lacerarle la gola, forse un bel bicchiere di latte avrebbe portato un fresco benessere, e non soltanto alla sua gola.  Certo, Viola avrebbe potuto tranquillamente chiamare Cecily, ma sapeva bene che mai si sarebbe permessa di svegliare la sua povera cameriera, nel cuore della notte, per un bicchiere di latte che avrebbe potuto prendere da sola. Lentamente fece sgusciare i piedini al suolo. Questi, erano fasciati da lunghe parigine nere che coprivano quello che la sua camicetta da notte non copriva. Non era propriamente nell’estetica della lady indossare abiti così succinti per andare a letto, ma Viola, sin da bambina, aveva sempre detestato rispettare le regole. La veste le arrivava sino alle cosce ed era bordata di merletti corvini. Le ampie maniche velavano appena le braccia pallide e le mani coperte della giovane, che lentamente, camminava verso l’uscio. Era parecchio buio, ma non fu difficile per lei trovare le scale che portavano al piano inferiore; dopotutto poteva vantare di una bella vista notturna. Scese in punta di piedi, come una ladruncola da quattro soldi, timorosa di svegliare qualcuno, che a differenza sua, magari stava facendo dei dolci sogni.
Viola tuttavia non sospettava minimamente degli “spuntini notturni” a cui il giovane Ciel era solito, e il tutto all’insaputa del suo mero maggiordomo. Proprio a quell’ora infatti, colpito dai morsi della fame, o più semplicemente dalla avida voglia di dolci, il piccolo conte già si trovava nella cucina a mangiare silenziosamente dei biscotti, probabilmente quelli che Sebastian avrebbe dovuto servire assieme alla colazione.
Era di spalle e non pensava minimamente che qualcuno lo stesse osservando. Proprio allo stipite della porta, infatti, la duchessa si fermò di colpo, ammirando il più piccolo che voracemente mangiava indisturbato. Un sorriso tenero si disegnò dolcemente sulle sue labbra, e sospirando appena decise di entrare in scena
-Vedo che non sono l’unica che non riesce a dormire...- quella voce tremendamente familiare lo fece sobbalzare appena. Voltandosi di scatto, con le guance ancora piene, Ciel arrossì di colpo: gambe lunghissime si celavano sotto quelle lunghe gonne con cui l’aveva vista ore prima, e delle curve di cui, stentava a crederci, ma non gli dispiaceva la vista. Prendendo un respiro profondo mandò giù il boccone di biscotti e schiarendosi la gola rispose
-Hem, beh onestamente speravo di essere il solo...-
-Tranquillo mio piccolo Ciel, Sebastian non scoprirà nulla- sorrise giungendogli al fianco. Osservò silenziosamente ogni suo movimento aggraziato mentre, dopo essersi versata del latte, sorseggiava elegantemente dalla tazza. Doveva ammettere che ancora non riusciva a spiegarsi il modo in cui si era avvicinata così audacemente a lui durante la cena, e probabilmente la risposta era proprio in quelle belle gambe, che all’apparenza dovevano essere molto agili
-E’ curioso il modo in cui vi muovete. Silenziosa e leggiadra come un felino- fece notare il ragazzo cogliendola alla sprovvista. Di nuovo quella sensazione, le mancava il fiato, ed era ansiosa. Lentamente lasciò il bicchiere sul tavolo in legno accanto a lei, e respirando profondamente si voltò a fissare il giovane Phantomhive: con la camicia candida che gli arrivava sino alle caviglie; i capelli scompigliati appena, con la frangia che copriva per intero quell’occhio che, stranamente, non portava bendato. Sorrise
-Lo prendo come un complimento- ridacchiò vagamente, coprendosi appena le labbra con la mano. Inizialmente non diede peso a quel lieve chiarore violaceo che provenne dallo sguardo del conte. Tuttavia doveva ammetterlo, era un colore piuttosto singolare. Ricordava bene il blu intenso dell’iride di Ciel, ma allora cos’era che provocava quello splendido riflesso viola? Cosa si celava dietro la frangia del piccolo lord?
Più quel misterioso silenzio si propagava nella cucina, più una voglia contorta bramava di vedere, di scoprire cosa essa fosse. In realtà neanche lei sapeva se lo volesse realmente, ma mentre perdeva tempo prezioso a domandarselo, i suoi piedi avevano già cominciato ad agire. Graziosa, come se stesse danzando, Ciel ammirò la duchessa avvicinarsi a lui, perdendosi per un attimo nel chiarore del suo sguardo assente, rapito da qualcosa, e per un attimo sperò che quel qualcosa non fosse il suo occhio:
-Ciel...- pacata e vellutata quella voce gli accarezzò l’udito, deliziandolo con le sue dolci note. Phantomhive sentì le sue mani afferrargli con tenerezza il viso; sentiva la morbida stoffa dei suoi guanti scuri coccolargli teneramente il viso. Probabilmente in altre situazioni del genere si sarebbe dimenato, allontanato come una furia pur di non svelare la sua iride ad occhi indiscreti. Ma lady Killarney lo teneva in pugno, facendolo sentire debole, docile come un agnellino sacrificale
-Ciel...- Viola lo chiamò con voce flebile, tremante... Eccitata per ciò che stava per fare. Seguì con  lo sguardo tutto il percorso delle sue dita sul suo visetto: dalle labbra al naso piccolo, svoltando finalmente nell’incavo del suo occhio, proprio sotto la sua frangia.
“Tu-tum. Tu-tum”
Quel suono accelerato e roco fece ritornare il conte dal mondo dei sogni. Era un cuore che pulsava così forte quasi da esplodere... Ma non era il suo.
Sudore freddo, labbra dischiuse e in cerca di aria, di quel fiato che di colpo le era venuto a mancare. Stava morendo, se lo sentiva. Enigmatico, oscuro... Demoniaco era quel sigillo che stava impresso nell’iride del ragazzo. Viola si maledisse cento volte, e impacciata lo lasciò andare, allontanandosi di fretta e furia dal suo gracile corpo
-Vi sentite male? Viola? Viola è tutto a posto?- domandò sconvolto e incuriosito scrutando la donna che ad ogni passo si allontanava da lui, timorosa
-N-No è che...- ma non terminò la frase. Le bastò soltanto guardare di sfuggita nuovamente quel volto dinnanzi a lei per ferire profondamente il suo auto-controllo di pietra. Corse via, senza dare spiegazioni usci’ velocissima dalla cucina, lasciando Ciel nello stupore piu’ totale. Sapeva che quella donna era strana, ma adesso stava superando il limite.
Correva, ma non veloce come avrebbe voluto. Le faceva male il petto, o meglio, il cuore. Batteva fortissimo, e non c'era verso di farlo smettere. Non sapeva se piangere, gridare o più semplicemente correre nelle sue stanze prima di esplodere. Sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime, e la vista annebbiarsi di colpo. Si fermò giusto il tempo di asciugarsi il viso brutalmente con le mani, ma un dolore atroce le mozzò il fiato, facendole perdere l’equilibrio. In ginocchio nel mezzo del corridoio con le mani strette al petto che proteggevano al loro interno la sua perla. Gli occhi serrati si sforzavano di trattenere i singhiozzi e le lacrime, mentre delle parole amare e velenose s’insinuavano pericolosamente nella sua testa:
“  Eppure non esitate a “tentare” il primo diavolo che vi capita davanti...”
... Ora aveva capito.
-My lady non vi sentite bene?- al solo suono di quella voce il suo cuore si calmò e sentì il veleno scorrerle negli occhi. Approfittando del buio e dei suoi capelli sciolti, Viola nascose il suo volto quel poco che bastava per far fluire via quella robaccia che aveva nel sangue fin dalla nascita, quella “essenza” che la rendeva irresistibile per tutti gli abitanti degli inferi
-Non preoccuparti, è solo un capogiro- affermò sbattendo più volte le palpebre, sospirando di sollievo quando non sentì più il bruciore pervaderle le orbite. Tuttavia quella fu l’ultima boccata d’aria serena che riuscì a prendere, poiché’ non appena sollevò lo sguardo, Viola si dovette scontrare contro quello del maggiordomo, che inginocchiato dinnanzi a lei, le scrutava il viso arrossato e umido.
Contornati dalle lacrime le sue iridi verdi sembravano “dannatamente sensuali”; anche più di quanto non lo fossero già quando si erano fissati nelle situazioni precedenti, scambiandosi ammalianti fulmini e saette. Il mero maggiordomo sollevò gli angoli delle labbra, portando le mani al viso della ragazza, raccogliendole una lacrima. La duchessa sentì un fremito a quel brevissimo contatto, ma successivamente la sua mano si ritrovò tesa sul viso dell’uomo, che nel frattempo si era avvicinato anche troppo. Mai avrebbe permesso che quelle mani immonde la sfiorassero
-Non toccatemi- fu quasi un ringhio quello che uscì dalle sue labbra fine e rosee, un ordine che pronunciato in quella maniera non faceva altro che stimolare il suo animo dannato. Tuttavia obbedire era il suo compito, e chinando appena il viso porse le sue più umili scuse
-Lasciate almeno che vi scorti nella vostra camera...- affermò l’uomo sollevandosi da terra, attendendo che la giovane lo imitasse. Ma una volta in piedi l’espressione impressa sul volto della duchessa non cambiò di una virgola: freddo, spietato e tuttavia affaticato, debole.
-No. Posso camminare anche da sola, grazie- rispose a testa alta. Ovviamente Viola Killarney stava mentendo spudoratamente; a stento riusciva a tenersi in piedi, e ancora le girava la testa, ma orgogliosa com'era non lo avrebbe mai ammesso di sua spontanea volontà. Un sorrisetto beffardo e divertito sostituì quello teneramente disteso sul viso del giovane. Sapeva benissimo che la duchessa stava bluffando, tuttavia la lasciò fare. Era curioso di vedere fino a che punto sarebbe arrivata con quella commedia teneramente patetica. Si fissarono, sfidandosi come loro solito, e dopo quel breve scambio di sguardi la castana cominciò la sua faticosa passeggiata fino alla sua stanza. Sentiva gli occhi di Michaelis stargli addosso, e proprio per questo cercava di non barcollare, sebbene la sua voglia era proprio quella di accasciarsi al suolo e non rialzarsi più. Eppure non mancava molto, riusciva benissimo a vedere la porta delle sue stanze, e ne fu felice a tal punto che una vana speranza di raggiungerla con le proprie gambe cominciò ad allettarla. Come aveva immaginato però, le sue gambine cedettero molto prima del traguardo, e i suoi occhi stanchi si socchiusero appena. Era sicura di aver fatto un bel volo, ma allora perché’ non aveva sentito il rumore del suo corpo che era caduto a peso morto al suolo? Aprì gli occhi incredula quando rimase disgustosamente affascinata da quel rosso cremisi, da quel viso che era solo a un passo dal suo. Di primo impatto avrebbe voluto allontanarsi da lui, ma sentiva la terra mancarle sotto i piedi. Ci vollero pochi secondi prima che capisse che si trovava proprio tra le braccia del maggiordomo, senza alcuna via di fuga
-Mettimi giù Sebastian!- affermò fissandolo in cagnesco
-Spiacente, ma non lo farò- rispose sorridendole. La ragazza sbuffò arrendendosi, purtroppo in quella situazione avrebbe potuto fare ben poco. Così ne approfittò almeno per posare il capo sul suo petto. Sentiva i conati di vomito al solo pensiero... Ma le piaceva il suo odore, e le piaceva il formicolio sulla pelle provocato dal suo calore. Ma sapeva che la pace sarebbe durata solo per poco. Non si fidava... specialmente di “uno come lui”. Sollevò appena lo sguardo, e Viola impetrò quando si accorse che Sebastian la stesse ancora guardando: curiosità, forza, desiderio; la duchessa riusciva a leggervi tantissime emozioni diverse in quel rosso vivo.
“Ma quali emozioni? Lui NON HA emozioni” pensò sbuffando nuovamente
-Potresti almeno smetterla di guardarmi?-
-Sono desolato. Ma non ho intenzione di smettere- rispose godendo all’espressione scocciata della giovane, che sollevò uno sguardo esasperato al cielo. Rise, lentamente e a tonalità molto pacata, ma rise, ed era certo che non appena avesse abbassato lo sguardo lei lo avrebbe penetrato con una delle sue occhiatacce gelide e sensuali. Quello che Sebastian Michaelis vide invece lo appagò molto più di un misero sguardo: lei appoggiata al suo petto in dormiveglia, e non si era minimamente accorta della perla, che  in bella mostra lo fece trasalire appena. Ebbe un sussulto, mentre un’aura nera e tenebrosa aumentava a dismisura alle sue spalle, generandosi dalla sua stessa ombra. Un ghigno macchiò il suo bel viso e i suoi occhi cremisi bruciarono, mostrando quella luce che in pochi erano riusciti a vedere, e molti di quei pochi erano morti. Giunto innanzi alla camera da letto però le iridi del mero maggiordomo tornarono del loro rosso vivo, e sospirando appena entrò con la giovane tra le braccia. La porta si chiuse alle loro spalle, ma Viola se lo sentiva: la sua notte non era finita lì.  

 

*Angolino di Virgy*

Oh mamma per questo capitolo ho sudato e sputato sangue! No okay non e' vero pero' diciamo che ci ho messo parecchio per scriverlo.

Speriamo che vi piaccia! Altrimenti... Beh e' anche vero che ho molto da imparare.

Lasciatemi un commentino e fatemi sapere se vi piace l'andazzo che la storia sta prendendo.

Un Bacio

-V-

Ps: ringrazio di cuore coloro che hanno recensito i capitoli precedenti, il parere del lettore per me e' di vitale importanza.

 


 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


L’orologio stava per scandire le quattro del mattino e il cigolio della porta che si stava chiudendo lentamente alle loro spalle fece trasalire la donna tra le braccia del maggiordomo. Stretta al suo petto Viola era caduta in un dormiveglia quasi letale, poiché’ sentiva tutti i muscoli del suo corpo rilassarsi a contatto con il suo calore, e le palpebre chiudersi pesantemente sebbene gli bruciassero gli occhi a seguito della crisi di pianto che aveva avuto nel corridoio. Il letto era rimasto proprio come la giovane duchessa lo aveva lasciato, con le lenzuola piegate sul lato destro del materasso, pronte per essere rimboccate. Elegantemente l’uomo la fece calare nel mezzo del sontuoso giaciglio sistemandole a dovere le coperte sopra il suo grazioso corpicino. La duchessa socchiuse appena gli occhi quando sentì le dita di Sebastian sfiorarle il viso, acconciandole una ciocca ribelle che aveva osato posarsi sul suo viso. Aveva un delizioso sorriso soddisfatto sulle labbra, così perfettamente tirato che quasi stomacava l’animo della giovane a letto
-Bene, mi avete messa a dormire. Adesso potete anche andarvene. Oh e per l’amor del cielo toglietevi quel ghigno divertito dalla bocca...- sussurrò sbuffando stancamente mentre si stropicciava gli occhi con il velluto dei suoi guanti scuri
-La mia presenza vi innervosisce a tal punto my lady?-
-evidentemente si. E adesso sparite. E’ un ordine- rispose con voce ferma e quasi spietata mentre finalmente chiudeva gli occhi e si preparava a dormire. Le labbra dell’uomo si sollevarono appena. Era divertito dal suo atteggiamento rude e severo, simile a quello del suo padroncino ma nel caso di Viola c’era qualcosa di diverso, qualcosa a cui nemmeno Sebastian Michaelis  non riusciva a dare un nome. Sommise, e sollevando lo sguardo notò con disgustato piacere un riflesso provenire proprio da dietro la finestra, la quale non era stata mascherata con le tende per evitare di compromettere il riposo della sua preziosa ospite. Sebastian doveva ammetterlo, era stato bravo perché’ fino a quel momento non si era minimamente accorto della sua oscura presenza. Il maggiordomo lanciò uno sguardo fugace alla giovane che già era crollata in un sonno profondo, e con silenziose falcate raggiunse la vetrata dalla quale si affacciava quella figura sinuosa e scura con una macchina fotografica tra le mani. Il suo paio di occhiali poggiati sul naso brillavano appena sotto una flebile e oramai stanca luna, e un riso divertito e beffardo scolpiva le sue labbra di marmo
-Vedo che non hai perso tempo... Claude- sussurrò con tono di sfida. Sapeva che il demone dall’altro lato avrebbe sentito e ne ebbe conferma quando questo s’inchinò quasi in segno di rispetto dinnanzi a lui, pronto per congedarsi, agile e silenzioso come un ragno. Sospirando il maggiordomo serrò le tende e tornò a guardare la ragazza sotto le lenzuola, che nel frattempo si era rannicchiata in posizione fetale con i capelli frastagliati sul cuscino e le labbra dischiuse. Non osò avvicinarsi nuovamente a lei, no non si sarebbe mai permesso di disturbarla durante il suo sonno sebbene la sua aura demoniaca già aleggiava sopra di lei, e bramava di saggiare ciò che con tanta foga lady Killarney stava tentando di preservare. Non appena la lancetta del grande orologio toccò le quattro e un quarto però un ennesimo sorriso baciò le labbra del demone, e l’oscura presenza che sfiorava la candida pelle della giovane si ritrasse di colpo alle sue spalle, e nel silenzio della primissima mattina Sebastian si dileguò.
 
Erano le sette del mattino quando il sole aveva cominciato a fare capolino da dietro le nuvole scure che avevano avvolto la notte in un umido abbraccio. I primi raggi dell’alba cominciavano a ghermire la stoffa pensante delle tende che pendevano da sopra le finestre socchiuse.  Due occhi dello stesso colore di un esotico cielo estivo si erano spalancati molto prima del solito, e indagavano impazientemente nei meandri della sua raffinata e pacchiana camera da letto, fremente di vedere quella losca figura che amava ammirare nella sua austera compostezza e inflessibilità. I biondi capelli  ricadevano sul viso disordinatamente mentre si girava più e più volte sotto le calde lenzuola. Non aveva dormito molto, i suoi pensieri erano rivolti a tutt’altro che al riposo: a qualcuno di cui non conosceva neanche il nome, ma soltanto l’appellativo; ad una persona che tuttavia stuzzicava e eccitava la sua giovane mente. Sul comodino posto al lato destro del letto una lettera, e il cuore di Alois ardeva. “Il cane da guardia” il suo Ciel, l’oggetto delle sue notti in bianco. “La Perla”, un punto interrogativo. Una figura di cui soltanto il pensiero annebbiava qualsiasi altro desiderio, anche il più impuro... anche il più succulente e depravato. Sentì bussare alla porta e un sorriso a trentadue denti si dipinse sul suo volto mentre si sollevava di scatto dal suo giaciglio
-Oh, non pensavo di vedervi già sveglio Donna-sama- affermò arrestandosi di colpo dinnanzi alla porta semi aperta. Tra le mani un vassoio con l’occorrente per il thè del mattino e un rettangolo di cartoncino bianco molto simile a una fotografia capovolta. Sollevandosi di scatto dal cuscino il giovane fece vorticare i capelli per aria mentre le sue iridi chiare si puntavano birichine su quella figura di spietata superbia ed eleganza
-Mi hai portato quello che desideravo?- domandò a sua volta senza neanche degnarsi di rispondere all’affermazione che il suo maggiordomo nero aveva pronunciato pochi istanti prima. Annuendo Claude poggiò il pesante vassoio sul comodino e si mise a preparare il thè soltanto dopo aver mostrato la preziosa fotografia al suo padroncino. Con mani avide le sue piccole dita affusolate finalmente sfiorarono quel prezioso cartoncino con impressa un’immagine in bianco e nero di quella che, per gli occhi di un estraneo, potrebbe sembrare una copia di novelli sposi che entra per la prima volta nella loro casa: con schiena dritta e portamento fiero quel maggiordomo, che da tempo Alois voleva fuori dai piedi, portava tra le braccia una fanciulla piuttosto audace sebbene sembrasse dormiente. Intravedeva la coscia della ragazza dallo spazietto che si era venuto a creare tra la cortissima camicia da notte e la parigina che le fasciava la gamba, e per il biondino fu difficile trattenere un fremito, Claude aveva ragione quando il giorno prima aveva menzionato ad una “giovane dalle belle membra”
-Dunque è veramente lei “la Perla”...- affermò con un ghigno divertito sulle labbra mentre gli veniva offerta una tazza di thè nero
-Esattamente. Al momento Lady Viola Killarney risiede presso la casa del conte Phantomhive...-
-Ecco svelato il mistero per cui una gemma del genere si trova tra quelle braccia immonde...- ridacchiò sfiorando con la punta delle dita la fotografia come se potesse sentirne la consistenza e il calore di quella pelle pallida
-Sembra che questo mattino lady Killarney e il conte Phantomhive si sarebbero recati presso l’orfanotrofio di Santa Clara per delle ricerche a proposito dell’indagine-
-Perfetto! Manda a chiamare la carrozza. Si entra in scena mio caro Claude- sogghignò lanciando il prezioso foglio per aria, lasciandolo dondolare nel cielo prima di adagiarsi al suolo mentre si lasciava spogliare dalle mani esperte e abili del suo maggiordomo. Ciel Phantomhive e Viola Killarney... Alois già fremeva al pensiero: due succulenti e prelibati oggetti del suo personale desiderio intrappolati nella sottile e raffinata rete del suo “gioco proibito”.   
 

*Angolino di Virgy*

Chiedo umilmente perdono, lo ammetto ci ho messo un bel po'!

Finalmente ho fatto entrare in scena Alois, aspettavo da tempo questo momento!

Spero che vi piaccia! E lasciate un commentino se vi va, mi farebbe piacere sapere se la storia vi sta piacendo o no.

Un bacio

-V-

     

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


In quelle poche ore in cui i suoi occhi e i suoi sensi erano riusciti a riposare, Viola non aveva fatto altro che sognare due occhi rossi e profondi e un riso stampato su quella bocca pallida e tentatrice. Quasi per dispetto un raggio di sole aveva cominciato a solleticarle la pelle, inducendola a mugugnare rumorosamente. Sentiva i passetti delicati della sua cameriera andare qua e là per la stanza mentre le sue palpebre si schiudevano pesantemente, svelando il verde intenso delle sue iridi ancora assonnate
-Hmm Cecily... Ma che ore sono?- domandò sollevandosi appena stropicciandosi sgraziatamente gli occhi prima di coprirsi le labbra che avevano lasciato scappare un lieve sbadiglio
-Sono le dieci e mezzo signorina. Avete dormito più del solito oggi...- constatò la donna al suo fianco mentre le porgeva una tazzina di thè
-Già... Sono particolarmente stanca- rispose osservando il riflesso del suo viso sulla superfice liscia della bevanda che teneva tra le mani. Soffice e vellutato l’aroma caldo del thè raggiunse la sua pelle, coccolandola con il suo dolce tepore. Sorseggiò lentamente e quando quel liquido cremisi le penetrò le labbra ebbe quasi un sussulto, un fremito
-Non vi sentite bene signorina?- domandò la piccola Cecily mentre riprendeva tra le mani la tazzina ancora mezza piena
-Sto bene non preoccuparti-
-Come volete. Il signor Ciel vi attende in soggiorno per la colazione. Desiderate indossare un abito in particolare per oggi? Sembra esserci una bella giornata...-
-Credo che il completo bianco e nero andrà più che bene- rispose grattandosi appena la testa mentre osservava di sottecchi la moretta che inchinandosi graziosamente si dirigeva verso il grande baule posto accanto al separé’ antico. Dopo qualche minuto Cecily tirò fuori una camicia merlettata color bianco guscio d’uovo; una gonna del medesimo colore con dettagli in pizzo nero e un corpetto dall’allacciatura in fili di raso color nero pece. Viola scese finalmente dal giaciglio e nascondendosi dietro il paravento si lasciò spogliare dalla sua fedele servitrice. Facendogliela calare dalle spalle Cecily fece ben attenzione a non sgualcirgli la camicia mentre delicatamente la sfilava da sotto le sue gambe snelle e atletiche. Poi, concentrandosi su un punto fisso e indefinito della stanza Cecily fece calare anche le parigine nere ricamate, la piccola Viola odiava tremendamente che qualcuno le guardasse i piedi o le mani quando questi erano sprovvisti di una copertura; la cameriera ne ignorava il motivo, ricordava bene che non aveva neanche un misero segno sgraziato o una qualsiasi macchia indecente. Ricordava bene anche che nessun medico le aveva esplicitamente chiesto di coprirsi; ma come ogni domestica che si rispetti, per tutti quegli anni che era stata con lei aveva preferito non fare domande. Pochi istanti e Viola si ritrovò a specchiarsi dinnanzi al suo specchio mentre con premura la sua cameriera piegava la sua veste da notte così che neanche il piu’ piccolo fronzolo si sgualcisse, o peggio ancora, si strappasse. Un grande fiocco bianco le fasciava il collo; il corpetto nero sosteneva il seno creando una deliziosa silhouette e la lunga gonna delineava i fianchi prima di tuffarsi rigida al suolo, nascondendole le gambe. La giovane duchessa notò con curiosità che di tanto in tanto Cecily annusava qualche brandello del suo pigiama; dunque voltandosi appena cominciò a guardarla con un sopracciglio sollevato verso l’alto e un’espressione facciale che faceva ben intendere la sua domanda
-Stamani la vostra camicia da notte ha un odore insolito...- sussurrò sorridendo ingenuamente mentre prendeva un respiro profondo con le narici a contatto con la stoffa color pece
-Insolito?- domandò la ragazza avvicinandosi appena, sedendosi sul suo giaciglio non curante del fatto che fosse ancora disfatto
-Si, sentite voi stessa my lady. E’ un profumo così accattivante...- e con delicatezza dalle mani della serva la camicetta passò a quelle fasciate e intimidite della giovane duchessa che senza neanche pensarci si portò della stoffa sul viso e cominciò ad assaporarne l’odore dolce e seducente che era vi era rimasto impresso. Un fremito birichino percorse la schiena della giovane donna, che stringendo la stoffa scura tra le mani aveva lasciato scappare un impercettibile gemito mentre quell’odore forte annebbiava il suo cervello con visioni “altamente sconvenienti”: Lei tra le braccia di quel mostro, stretta al suo petto di marmo in balia del calore che emanava il suo corpo. Occhi rossi e profondi come due pozze di sangue, iridi tentatrici e sadiche; spietate e allo stesso tempo ammalianti.  Chiuse appena gli occhi e cominciò a tremare. Si strinse il petto e respirò profondamente, sentiva qualcosa di strano, qualcosa di pesante che pressava la sua cassa toracica, facendole esplodere cuore e polmoni. Notando il suo improvviso pallore la moretta al suo fianco si avvicinò appena assicurandosi che la sua padroncina non si stesse sentendo male, ma proprio quando temeva che sarebbe svenuta la duchessa smise di barcollare, e i suoi occhi cominciarono a brillare. Cecily non aveva mai visto quell’espressione sul volto della sua piccola Viola: i denti stretti, i lineamenti marcati e duri ma soprattutto quello strano ardore cremisi che cominciava a fare breccia nelle iridi della ragazza, e il che era al quanto inquietante. Eppure si disse che era tutto apposto, perché’ proprio quando la cameriera si era andata a stropicciare gli occhi prima di aguzzare la vista, la giovane Viola Killarney sembrava aver ripreso possesso di se stessa e delle sue “emozioni” riguardo a quel ricordo proibito
-Cecily? Bruciala...- senza neanche lasciar trapelare una minima espressione la lady lasciò la sua camicia da notte tra le mani della sua serva mentre a passo svelto si dirigeva verso l’uscita
-C-Come?- domandò l’altra rimanendo letteralmente sconvolta a quello strano ordine: tra le mani aveva un costosissimo gioiello di sartoria, non che il pigiama preferito della sua padrona;  perché’ proprio adesso doveva bruciarla? Perché’ proprio ora che aveva un odore a dir poco affascinante e provocatorio?
-Hai sentito bene, falla a pezzi e buttala nel caminetto- rispose freddamente fermandosi proprio davanti la porta
-Perdonatemi my lady ma avete solo questa per dormire...-
-Beh, vorrà dire che faremo compere non appena avremo finito con le indagini all’orfanotrofio. E adesso niente storie: falla sparire dalla mia vista- probabilmente Viola era stata un po’ dura nell’esporsi con la sua Cecily; non era sua intenzione, ma da quando Michaelis si era spudoratamente addentrato nei suoi ricordi sentiva che se il buon giorno si vede dal mattino, allora quel bel mattino, in realtà,  non era altro che l’inizio dolce di un giorno truce.
 
Erano già dieci minuti buoni che la carrozza viaggiava e si districava tra le viuzze strette e umidicce di Londra. All’interno dell’abitacolo vi era un Ciel Phantomhive che ammutolito osservava di sottecchi la giovane duchessa, la quale, senza rendersi conto di essere osservata, guardava fuori dal finestrino, o meglio, si sforzava di guardare. Anche Sebastian era presente all’interno della carrozza, e per quanto si sforzasse di non guardarla, ecco ahimè che il suo sguardo si posava su di lei, ed era proprio questo a far mancare il fiato alla piccola Viola.
“Non respiro. Mi sta guardando. Odio quando mi guarda così: con quel sorrisetto da perfetto damerino; con i suoi occhi diabolici con cui sembra che voglia penetrarmi perfino tra le vesti. Sa qualcosa. Me lo sento. Deve aver visto la perla, si certo... L’ha vista non ci sono dubbi. Respira Viola. Mantieni la calma. No una bestia come lui non ti avrà mai... Mai” durava già da qualche minuto il soliloquio mentale della duchessa che agli occhi dei due uomini sembrava sentirsi perfettamente a suo agio.
“La Perla... Che sia solo una coincidenza? No, ne dubito fortemente. Eppure sembra una donna così innocente. No, non lo è affatto... Nasconde qualcosa dietro quel bel paio di occhi verdi. Ho soltanto bisogno della conferma. E’ la prima volta che mi trovo in una situazione del genere, e devo ammettere che   questa donna sta cominciando ad affascinarmi: sento un certo desiderio quando i nostri occhi s’incrociano; certo è una ragazza dalla bellezza straordinaria, ma non è questo il centro del suo vero fascino. La sua eloquenza autoritaria e spavalda, la sua curiosa forza e l’impulsività... Non abbassa mai la guardia. E’ questa la sua vera bellezza” notò il mero maggiordomo passandosi una mano sulla guancia dove, la sera prima, aveva ricevuto un poderoso schiaffo. Aveva sentito un lieve bruciore sulla pelle, e questo non era mai capitato prima. Eppure non riusciva a pensare ad altro che non fosse il viso di Viola subito dopo averlo colpito: con le labbra dischiuse in cerca di aria, con le lacrime a ornarle le ciglia scure e lo sguardo più bello che avesse mai visto prima. Erano spaventate ma non trapelavano la minima resa, le sue iridi. E già Sebastian non l’aveva dimenticata quell’occhiata. Per tutta la notte gli era rimasta impressa nella sua diabolica mente, e nel silenzio di quel breve viaggio, il demone la guardava con l’assurda speranza di scorgerlo ancora.
“Ma per quale ragione se ne stanno tutti in silenzio? Dio odio il silenzio. E’ così frustrante. Devo fare qualcosa altrimenti sento che potrei impazzire...” guardandosi intorno Ciel osservò incuriosito il suo maggiordomo osservare la bella dama che cominciava a stancarsi di guardare il paesaggio e per cambiare scenario aveva cominciato ad osservarsi i guanti che le fasciavano, anche quella mattina, le mani
“Chissà cosa diavolo nasconde questa Viola... Ma soprattutto: come fa a dare del filo da torcere a Sebastian? Come riesce a rendere il velo del mistero attorno a lei così intatto?”
Il nitrito dei cavalli e la frenata improvvisa della carrozza fece intendere che dovevano essere arrivati, e come se si fossero svegliati da un sogno profondo, tutti e tre i passeggeri drizzarono il capo cominciando a guardare l’edificio che li sovrastava. Sorgeva in una pianura poco fuori la citta l’orfanotrofio di Santa Clara: sebbene si notava perfettamente la differenza fra l’ala “nuova”, ovvero ricostruita dopo l’incendio e quella rimasta intatta, nel complesso sembrava mostrarsi come un  luogo accogliente e piacevole alla vista, con un bel tetto azzurro e un grande guardino per far giocare i bambini. Scendendo per primo Sebastian aiutò a scendere prima il giovane conte e successivamente la duchessa, che dopo aver osservato la mano tesa dell’uomo la rifiutò dicendo
-Posso farcela anche da sola!- e sollevando la gonna lasciando intravedere le scarpe lucide cominciò a scendere
-Fate attenzione, la scaletta è umida my lady, potrebbe... oopla’- Viola trattenne improvvisamente il fiato serrando gli occhi. Aveva sentito la pianta del suo piede destro sgusciare via, e aveva perso l’equilibrio. Poi improvvisamente un soffice tepore coccolò i suoi fianchi mentre quel profumo che detestava tanto aveva cominciato a farsi forte e asfissiante. Spalancò quasi spaventata gli occhi e osservò sconcertata la terra mancarle sotto i piedi, e due iridi impertinenti penetrarle perfino l’anima. Si fissarono per qualche secondo, lasciando il giovane Phantomhive interdetto: non riusciva a crederci, cos’era quello strano sguardo? Come se tra Sebastian e lady Killarney ci fosse una sorta di intesa. Eppure in tutto ciò Ciel riusciva a leggerci una sorta di sfida all’ultimo sangue, come se il disprezzo li portasse al desiderio. Probabilmente era così: effettivamente c’era qualcosa che legava Viola a Sebastian, ma ambedue ignoravano cosa potesse essere.
Non troppo distante dalla zona una seconda carrozza sostava a fianco del grande orfanotrofio, e i passeggeri ancora stentavano a scendere. Due occhi gelidi e irritati osservavano malevolmente quella brevissima scenetta di “scambio di sguardi roventi” e dopo aver digrignato rumorosamente i denti, il giovane passeggero e il suo quieto servitore decisero che era finalmente arrivata l’ora di uscire allo scoperto
-Oh ma cosa vedono i miei occhi!? E’ il mio carissimo Ciel quello laggiù?- quella voce zuccherosa, squillante e smielata trapanò i timpani del conte, che pur pregando un dio a cui non credeva molto, sperava invocando le sfere celesti che quella voce non fosse la “Sua” voce. Voltandosi lentamente invece posò gli occhi sull’ultima persona che Ciel Phantomhive avrebbe mai voluto vedere: correva con la stessa grazia di una prima ballerina, facendo risuonare i tacchi dei suoi stivali al suolo; il cappotto viola lasciava intravedere le sue cosce pallide rivestite da un misero pantaloncino; e con un sorriso a trentadue denti il biondino spalancò le braccia accogliendo il “cane da guardia” in un caloroso abbraccio quasi fraterno
-Mi sei mancato tanto sai?- ridacchiò divertito allo sguardo spietatamente gelido che ricevette da Ciel alla sua affermazione
-Tu neanche un po’- sussurrò a denti stretti quando finalmente si sentì libero da quella morsa fin troppo amichevole: Ciel conosceva bene com’era fatto Alois Trancy, e sicuramente non si sarebbe stupito se dietro quell’espressione falsamente angelica si nascondesse un ghigno malato. Lord Trancy, dopo essersi deliziato della “presenza” del suo Ciel, posò i suoi occhi chiari sulla figura che sostava proprio dietro il suo amabile cagnolino della regina: Alois ebbe un fremito lungo la schiena quando la guardò in viso, perdendosi appena dentro il suo sguardo prorompente e audace. Quale piacevole sensazione provava il piccolo Trancy in quel breve istante in cui si sentiva in balia di quel verde limpido, come l’erba bagnata di primo mattino; quale perversa visione elaborava la sua mente precoce mentre scivolava languido sulle labbra rosee e sul corpo delineato e formoso
-Oh duchessa... Siete molto più bella di quanto pensassi- sussultò riemergendo dai suoi mille e folli pensieri avvicinandosi agilmente alla donna, che sollevando appena gli angoli delle labbra emise un lieve riso divertito dal tono malizioso con cui il biondino l’aveva adulata
-E io non sospettavo minimamente che il “ragno” fosse tanto audace. Tuttavia sono lieta di conoscervi, conte Trancy- affermò porgendogli la mano. questa venne immediatamente afferrata tra le mani affusolate e morbide del piccolo Lord, che dopo averle sorriso con un ghigno beffardo e affabile, posò le sue labbra birichine sull’orlo del guanto, baciandole il polso scoperto dalla camicetta. Quando quelle due piccole labbra fine e gelide sfiorarono la sua pelle Viola immediatamente percepì che c’era qualcosa di oscuro in lui, qualcosa per cui doveva star alla guardia
-Temo che il Piacere sia tutto mio...- sussurrò sulla sua pelle prima di fissarla strafottentemente. Tuttavia Alois dovette nascondere a stento un ghigno innervosito, poiché’ quando sollevò lo sguardo, già pregustandosi l’occhiata esterrefatta e stordita della giovane, il biondo dovette forzatamente accontentarsi di un semplice sorriso. Un sorriso piuttosto sereno che disgustò e allettò allo stesso tempo il suo animo agguerrito e sadico
-Bene. Vogliamo cominciare? Ho degli impegno per oggi e vorrei sbrigarmi...- spezzò il ghiaccio Phantomhive
-Certo. La madre superiora ci aspetta nei suoi uffici- rispose Viola cominciando a camminare verso l’entrata, passando per la prima volta tra Sebastian e il maggiordomo del giovane Trancy: alto, vestito di nero; non sembrava poi tanto diverso da Michaelis. Eppure qualcosa incuriosì la giovane duchessa quando fissò per la prima volta gli occhi di quel maggiordomo: le sue iridi erano dello stesso colore dell’oro, oro grezzo... impuro. In quel medesimo istante Claude sentì per la prima volta una sensazione mai provata prima: attratto da quello sguardo, catturato senza alcuna via di fuga. Immediatamente Sebastian percepì lo sconforto nel profondo del suo collega, sebbene questo riuscisse a nasconderlo perfettamente dietro una maschera inflessibile e austera. Fu così che la giovane si sentì per la prima volta spaesata: inchiodata dal fuoco incrociato dei loro sguardi. Cominciava a sentirsi intimorita e non poteva farne a meno, poiché’ era certa, ormai, di essere entrata in un gioco forse più grande di lei.
 
Madre Catherine, la madre superiora, rimaneva in silenzio mentre sfogliava le pesanti pagine bruciacchiate del suo vecchio registro. Erano passati già due anni, eppure era certa di aver lasciato la lista proprio li dentro. Giusto ogni tanto sollevava il suo sguardo per osservare le cinque figure che sostavano dinnanzi a lei, e di quelle cinque soltanto di una riusciva a provare un briciolo di fiducia: La Perla. Chissà forse perché’ era una donna, forse perché’ era l’unica in cui non scorgeva la minima traccia di oscurità. E Viola lo sapeva, percepiva a pelle che quella donna anziana e ricurva la vedeva priva di macchia; non era la prima volta. Ma la giovane Killarney non riusciva a far altro che compatire quelle persone ingenue che credevano veramente nella sua purezza d’animo; e anche quel giorno lo sguardo di Viola si posava dolce e compassionevole su quella donna, che sorridendole le mostrò finalmente un vecchio foglio stropicciato e ingiallito.
-Oh eccolo qui. Spero vivamente che vi sia di aiuto- affermò la donna porgendo alla duchessa il foglietto macchiato ma dalla grafia ben visibile
-Grazie mille madre- la ringraziò la giovane prendendo il documento fra le mani
-Bene, credo che possiamo anche andare...- affermò Lord Trancy voglioso di uscire da quel luogo; più che alle indagini il suo pensiero mirava a ben altro
-Andiamo Sebastian- disse il piccolo Phantomhive sollevandosi da suo seggio, cominciando ad avviarsi verso l’uscio
-Fate molta attenzione my lady. Io pregherò molto per voi. Temo che delle forze oscure possano abbattersi su di voi- affermò improvvisamente la vecchia donna facendoli impetrare tutti. Tuttavia le labbra della ragazza si sollevarono esponendo un sorriso sereno lady Killarney rassicurò la donna con un
–Non temiate madre. Sono pronta anche a questa futile eventualità-
Tutti, dai maggiordomi ai loro padroni rimasero interdetti e affascinanti dall’affermazione spavaldamente autoritaria e sicura della giovane, ma dopo qualche secondo, sul volto di Sebastian Michaelis, un sorriso beffardamente divertito si disegnò sulle sue labbra non appena i suoi occhi cremisi s’incrociarono con quelli della bella duchessa. Che fosse un caso? Può darsi... Fatto sta che quello, per il demone, fu un più che esplicito guanto di sfida; sfida che accolse volentieri.

 

*Angolino di Virgy*

Uff. Ci ho messo un bel po, perdonatemi! Comunque vi rigrazio a tutte per aver letto e recensito i precedenti capitoli!

Spero di leggere qualche commento anche a proposito di questo nuovo capitolo, onestamente ero un po a corto d'inventiva... Ma spero comunque che vi piaccia!

Un bacio

-V- 


 

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Si ritrovarono tutti e cinque al di fuori della struttura davanti le proprie carrozze. Per tutto il tempo del tragitto dall’ufficio di madre Catherine all’uscita non era volata neanche una minima parola. Silenzio, era lui ad accompagnarli
-Dunque, io credo che sia più saggio controllare la lista e vedere se sono presenti i nomi delle vittime...- bofonchiò’ Phantomhive annullando finalmente quella quiete funesta
-Bene. Credo di potermene occupare personalmente non appena saremo tornati alla Town house- rispose la giovane Duchessa sorridendo appena. Quel breve riso per un istante rassicurò Ciel, che per tutto il tragitto non aveva fatto altro che ripensare alla sua frase di poco prima:
“Non temiate sono pronta anche a questa futile eventualità”
In verità non era stata proprio la frase in se a turbarlo, più il tono con cui quella frase era uscita dalla sua bocca: beffarda, temeraria e, per certi versi, spietata
-Non dovete preoccuparvi my lady. A questo posso pensarci io- ribatte’ il maggiordomo nero guadagnandosi un’occhiata gelida da parte di quella che cominciava ad allettare il suo spirito diabolico
-Assolutamente. Insisto. E poi dovrò pur tenermi occupata mentre attenderò di assistere alla vostra lezione di scherma-
-Uh, una lezione di scherma a porte aperte. Sarei molto curioso di vedere come se la cava il mio Ciel- ridacchiò beffardo lord Trancy, che nel frattempo, aveva già elaborato qualcosa. A quell’affermazione Ciel s’irrigidì di colpo: Alois in casa sua. Era certo che ci fosse un motivo se il ragno aveva deciso di autoinvitarsi, e sebbene il suo istinto lo stesse implorando di toglierlo dai piedi una volta per tutte; il suo lato razionale e cortese sapeva bene che non accettare la sua presenza non sarebbe stato altro che un atto di pura villania nei suoi confronti, e questo non era nell’estetica del lord Phantomhive
-Se proprio lo desideri...- si limitò a rispondere dipingendo un sorriso storpio e del tutto finto. Tuttavia ad Alois non importava, lui mirava a ben altro e proprio grazie alla “generosità’” di Ciel si stava avvicinando sempre più al suo primo obbiettivo.
 
Elegantemente seduta allo scrittoio di cui la sua stanza era fornita, lady Killarney maneggiava con cura svariati fogli di carta che non esitava a leggere con fervore. Ben quattro nomi di donna passarono sotto i suoi occhi, ma quella che attirò maggiormente la sua attenzione fu proprio Mary Angie Wotton.
“Mary Angie Sunset fu moglie di un modesto medico, il signor Gregory Wotton, e madre di Juliet Wotton, futura moglie di un ricco commerciante di seta. Venne ritrovata carbonizzata assieme al corpo della figlia dopo l’incendio avvenuto all’orfanotrofio di Santa Clara nel 1859. Questa aveva passato la sua infanzia presso l’orfanotrofio dividendo la stanza con Angelica Winter; Tamara Lovejoy; Claire Wellbeloved e la sua gemella Daisy Sunset.”
Un sorriso amaro si disegnò tra le labbra della giovane lady, che afferrando un secondo foglio, scritto a mano da lei stessa ricopiando i punti chiave degli articoli dei giornali, lesse con disgustata curiosità le seguenti notizie:
Angelica Winter: 35 anni, ritrovata in un vicolo di Londra priva degli arti superiori e del fegato.
Tamara Lovejoy: 38 anni, scovata nella piazza del mercato priva degli arti inferiori, dei reni  e del cuore.
Claire Wellbeloved: 36 anni. Ritrovati solamente gli arti e la testa sigillati all’interno di una pattumiera a Piccadilly.
-Che sia solo una coincidenza?- pensò ad alta voce tra se e se mentre distrattamente sorseggiava del thè, ormai freddo. Corrucciò’ le labbra e ingerendo alla svelta quel poco della bevanda congelata, il suo viso assunse un’aria del tutto stizzita e nauseata. Rimise la tazzina al suo posto e sollevandosi dalla seggiola si diresse ad ampie falcate verso il tavolo dei liquori, proprio accanto alla porta che portava ai bagni. Lentamente sollevò il globo di cristallo che fungeva da tappo alla sontuosa bottiglia lavorata e versò il suo contenuto ambrato all’interno di un piccolo bicchiere di vetro trasparente. Dopo aver riposto il tappo sulla sommità del collo del pregiato contenitore, Viola afferrò velocemente il suo bicchiere e ne saggiò un sorso. Amarognolo e forte il liquido cominciò a scendere liscio nella sua gola, infiammandole in un attimo l’esofago. A quella sensazione di piacevole tepore al petto, non seppe resistere e sorrise
-Quello è Brandy invecchiato di dodici anni...- la voce schietta e malevola del giovane conte, che fissandola divertito sostava con le spalle allo stipite della porta sorrideva a sua volta alla sua espressione compiaciuta
-Non lo sapete, mio caro Ciel, che è consuetudine farsi annunciare, o come minimo bussare, prima di entrare nelle stanze di una donna?- domandò sollevando un sopracciglio mentre osservava come, con passo deciso e fiero, il giovane lord Phantomhive si avvicinava a lei con impresso un sorriso beffardo sul volto
-E voi, Viola, lo sapete che non è bene che una donna beva prima dei pasti?- si fissarono per qualche istante, sfidandosi e studiandosi, proprio come la prima volta. Tuttavia, dopo pochi attimi, ambedue scoppiarono a ridere e lasciando andare il bicchierino sul vassoio argentato la giovane rispose
-Rilassatevi conte. Mi stavo solamente rifacendo la bocca. Il sapore acre del thè gelido mi ha turbata- e quando si voltò per guardarlo in viso, ecco che quel bambino già si era accomodato alla sua scrivania, studiando le sue scartoffie. Gli occhi grandi della donna rotearono fissando esasperati il cielo, ma subito dopo rise sotto i baffi, dopotutto la sua curiosità poteva considerarla “tenera”
-Siete riuscita a fare questo in due ore?-  domandò stupito leggendo attentamente il contenuto di ognuno di quei fogli, rimanendo incantato dalla calligrafia elegante e sofisticata che la sua ospite aveva adoperato
-Beh, dovevo fare qualcosa mentre eravate alle prese con i vostri impegni. E noto con molto piacere che il mio tempo è stato speso bene...- delicata e silenziosa la duchessa giunse sino alle spalle del giovane conte, e chinandosi appena lasciò scivolare le mani sulle sue clavicole, incorniciandogli il collo in un abbraccio che lo turbò. Stupore, calore... Un tepore che non sentiva da troppo tempo aveva improvvisamente cominciato a bruciargli il petto
-Siete molto teso conte- sussurrò nello stesso modo dolce e sensuale con cui la sera precedente lo aveva catturato, imprigionandolo in una gabbia da cui nessuno, neanche il suo maggiordomo, sarebbe riuscito a trarlo in salvo. Come se il suo fiato morbido e suadente lo “tentasse” mediante la tenerezza della sua voce. Il suo corpo era rigido, e il cuore intrepidamente pulsante nel suo petto... Come se quel gesto amorevole fosse riuscito a sciogliere il gelo che intorpidiva sempre più quella parte di lui che aveva mostrato a due persone soltanto in tutta la sua vita: sua madre e suo padre. E tutto ciò, per quanto potesse sembrargli assurdo, gli piaceva. Tuttavia lui era Ciel Phantomhive, e nella sua nuova vita non c’era più posto per le sdolcinatezze
-Semplicemente non amo questo genere di smancerie- rispose seriamente senza minimamente scomporsi, lasciando la donna piacevolmente interdetta. Viola sorrise, ci vedeva un po’ di se dentro quella corazza apparentemente inattaccabile. Forse era proprio questo a renderla così spensieratamente materna nei suoi confronti
-Peccato. Gli abbracci portano sempre del bene. Soprattutto ai bambini...- rispose sollevandosi dalla schiena piccola del giovane conte, trascinandosi fino alla grande finestra che dava all’imponente balcone in marmo bianco. Osservava tristemente le grandi nuvole che lentamente si espandevano sul cielo azzurro di cui avevano goduto qualche ora prima. Dal canto suo Ciel rimase immobile per svariati attimi, senza fiatare. Quella frase, in un certo senso, lo aveva “ferito”. Non nell’animo e tanto meno nel corpo...  Ma nell’orgoglio, ed era questo a fargli male.
Un tuono forte ed impavido ruppe quel fastidioso silenzio straziante, precedendo una frase che giunse amara all’orecchio della giovane duchessa
-Rimangiatelo- e non appena Viola si voltò, rimase inchiodata con le spalle contro la finestra, messa alle strette dalla vicinanza e dallo sguardo spietato del piccolo Ciel
-Prego?- domandò con una punta di stizza e superbia
-Rimangiatevi ciò che avete appena detto- ribadì scandendo parola per parola la sua richiesta
-Cosa dovrei rimangiarmi? Il potere benefico di due coccole? O il fatto che voi siete un bambino?- nella seconda domanda Ciel riuscì a vedere il tono malevolo e di sfida che trasudava dalle sue labbra, e ciò fu imperdonabile
-IO sono Ciel Phantomhine, e non sono un bambino-
-Dimostratelo allora...- eccola li, nuovamente ad assalirlo quella fastidiosa sensazione che provava ogni qual volta che con quelle iridi  la duchessa lo guardava “in quel modo”: con un sopracciglio elegantemente sollevato verso l’alto; le labbra distese sopra un ghigno insolente. Strinse i pugni per mantenere la calma, digrignando silenziosamente i denti tra le labbra.
“Dimostrare di essere un uomo” ma come? Cosa doveva fare? Ci pensò a lungo, e più passava il tempo più sentiva il peso di quello sguardo sopra di lui. E ciò cominciava a diventare pericoloso
-Ma come, il gatto vi ha morso la lingua?- ridacchiò avanzando appena, accorciando quella breve distanza che permetteva a Ciel di respirare regolarmente sebbene si sentisse smarrito. Eppure Viola non riusciva a farne a meno, provocarlo e ammirare come il giovane conte si mostrasse sereno, semplicemente intatto. Più si avvicinava e più sentiva che c’era qualcosa ad unirli, un legame... Un passato simile, una perenne tristezza che aleggiava e risiedeva nel profondo dei loro occhi, ed ogni volta che questi s’incrociavano non potevano far altro che lasciarsi andare e capirsi. Fermandosi proprio innanzi il giovane, la piccola lady s’inginocchiò ai suoi piedi, così che guardarlo in viso fosse notevolmente più facile. E allungando la mano piccola e guantata gli carezzò il viso, soffermandosi sulla guancia e la curva dell’occhio scoperto, rapita dal blu intenso della sua iride e da ciò che essa celava al suo interno
-Dov’è quella forza che irradia il tuo viso? Dov’è quella splendida luce?- ridacchiò spavaldamente prima di sentire una stretta al polso. E quando mise bene a fuoco vide le dita affusolate e tiepide del ragazzo stringerle la pelle, sebbene non le procurasse il minimo dolore o fastidio, in fondo nessuno ci riusciva. Tuttavia Viola si ritrovò servita di ciò che da tempo cercava: un riso sadico, i lineamenti rigidi e duri, e occhi che non ammettevano alcuna pietà
-Duellate con me, lady Killarney. Sono certo che non ve ne pentirete-
-Duellare dite? E sia- rispose finalmente strappandogli un sorriso, che pur essendo lieve, era sempre un sorriso. Lentamente lasciò che le sue dita scivolassero sul polso della donna, giungendo alla sua mano. Con eleganza Ciel aiutò Viola a tornare in piedi, e quando questa riuscì a sollevarsi del tutto, in quel preciso istante Sebastian bussò alla porta, facendoli sobbalzare
-Perdonatemi. Ma i preparativi per la lezione sono terminati- affermò inchinandosi appena portando una mano al petto
-Bene. Spero, mia cara Viola,  che la mia proposta non vi rechi disagio- affermò beffardo il più basso facendola ridere di gusto
-Oh Ciel, voi neanche vi immaginate quanto mi divertirò a disarmarvi-
-Sembrate molto sicura di voi stessa my lady-
-Ho i miei buoni motivi per esserlo- rispose mettendo fine a quel breve testa a testa che incuriosiva e divertiva il giovane demone che, nel frattempo, osservava con cura il volto del suo padrone: non lo aveva mai visto così “preso” dalla voglia di duellare
-Chiedo venia. Quindi Lady Killarney parteciperà alla lezione?- domandò guadagnandosi gli sguardi dei due giovani nobili
-Certamente. Consideralo un “giochino” tra me e il tuo padrone- ridacchiò facendolo fremere. Nel suo tono, Sebastian riusciva a leggervi una sottile aria malevola che caratterizzava la sua voce come “seducentemente diabolica”. Inarcando compiaciuta le labbra la donna ebbe il privilegio di gustare lo sguardo cremisi del maggiordomo che si tuffava nel suo; esso tuttavia non era come quello folgorante e proibito di qualche ora prima, o come quello intenso della sera prima. Notò infatti con un certo disappunto che questo era notevolmente sminuito, tenue... Come se fosse distratto da altri pensieri piuttosto che a lei, e fu questo a convincerla a cambiare traiettoria
-Bene. Credo che sia ora di prepararci. Sarebbe scortese far attendere ulteriormente lord Trancy- affermò fissando il pavimento. Era sconcertata, o peggio ancora, delusa... Come se quel scambio continuo di sguardi fugaci ed intensi gli fossero da sempre piaciuti, e questo improvviso “cambiamento” da parte del giovane maggiordomo l’avesse “ferita”.
-Non sia mai!- aggiunse il conte con sarcasmo, dirigendosi velocemente verso il suo servitore, il quale ancora guardava la giovane donna che aveva davanti, impietrito. C’era qualcosa che non andava in lui... E ciò cominciava a turbarlo parecchio. Aveva bisogno di risposte, perché’ sicuramente c’era un motivo se quella donna esercitava un certo impulso nei suoi confronti, e avrebbe fatto di tutto per scoprirlo
-Su andiamo Sebastian, suppongo che la nostra ospite debba cambiarsi d’abito- disse freddamente Ciel stupendosi del fatto che il suo demone si fosse distratto per un attimo, lui che era sempre attento e in guardia
-Si signorino- rispose fissando per qualche decimo di secondo un’ ennesima volta la ragazza, che tuttavia non volle ricambiare.
Quando i due uscirono finalmente dalla sua camera, Viola non aspettò neanche un secondo e chiamò la sua amata Cecily affinché’ l’aiutasse a prepararsi per l’imminente battaglia
-La tenuta da scherma? Volete davvero duellare contro il signorino Ciel?- domandò stupita. Lady Killarney infatti non amava mostrare le sue abilità ad estranei, e questo improvviso cambiamento la lasciò fortemente provata
-E’ una sfida a cui non posso tirarmi indietro. E poi chissà... Potrei anche battere il suo maggiordomo- ridacchiò beffarda fantasticando su di un loro ipotetico duello: lei contro un demone, una sfida a colpi di spade e sguardi
-Il signor Sebastian sembra possedere un’innata abilità in tutto. E’ un uomo dalle mille sorprese- ridacchiò sotto i baffi la moretta facendosi colorare le guance di un soffice color porpora, cogliendo immediatamente l’attenzione della sua padrona
-Dovete fare molta attenzione con quel maggiordomo mia cara Cecily- rispose seriosa mentre s’infilava la calza maglia candida
-C-Certo signorina- rispose abbassando lo sguardo, sebbene sapeva che le era particolarmente difficile resistere ad un certo desiderio che provava nei confronti di quell’uomo. Eppure era una sensazione priva di un qualsiasi sentimento, Cecily lo riconosceva, però era quasi più forte di lei... Come se Sebastian Michaelis tentasse di indurla alla lussuria
-Con “dovete fare molta attenzione” intendo che gradirei che quell’uomo mantenesse una distanza di sicurezza da voi- affermò voltandosi di scatto, fissando intensamente le iridi scure della sua cameriera. Questa, quando vide le iridi profonde e ardenti della sua padrona arrossì ulteriormente, intuendo che Viola avesse capito la sua difficoltà
-Cecily, dopo tutti questi anni per me sei un’amica carissima. E se devo vederti con un uomo, gradirei che questo sia almeno uno che tu ami davvero- “ uno che provi anche una briciola di sentimenti umani. Uno che non macchi la tua purezza con la sua essenza infernale” pensò stringendo appena le mani della donna tra le sue. Di questo Viola era veramente preoccupata: che la purezza della sua migliore amica venisse deturpata da un demone sadico e senza scrupoli.
 
Nell’altra ala della casa, invece, proprio nelle stanze di lord Ciel, uno stranamente silenzioso Sebastian preparava il suo giovane padrone al duello che avrebbe dovuto affrontare con l’unica donna che era stata un grado di farlo distrarre, ma infondo era certo che tutto ciò non fosse soltanto uno scherzo del fato, ne era pienamente convinto
-Sei troppo silenzioso per i miei gusti- sussurrò con stizza mentre l’uomo gli annodava il fiocco al colletto della casacca azzurra. Ciel non era stupido, e aveva ben capito che c’era qualcosa che turbava l’animo del suo demone, e tutto ciò lo trovava sadicamente divertente
-Stavo solamente pensando signorino- rispose tranquillamente sorridendo in quel modo sfacciatamente sereno che distruggeva continuamente i perfidi sogni del piccolo Ciel
-Ebbene? A cosa ti hanno portato i tuoi pensieri?- domandò lasciandosi andare sul letto, sedendosi comodamente sul suo giaciglio, osservando curioso il suo mero maggiordomo
-E’ soltanto una supposizione, ma credo che Lady Killarney non sia del tutto umana...-
-Me ne sono accorto. E’ anche per questo che ho deciso di sfidarla... per vedere fino a che punto il suo corpo può spingersi. Ma dubito di riuscirci da solo. Perciò Sebastian: nel caso dovessi perdere, dovrai duellare con lei. E’ un ordine- e con quell’ardore negli occhi, Ciel fissò il suo diabolico servitore, che d’impulso fece brillare le sue iridi cremisi di una luce violacea e rovente, proprio come i suoi pensieri: lui, faccia a faccia con lei, finalmente.
-Yes, my lord- rispose eseguendo un inchino pieno d’enfasi, come se fosse onorato di svolgere quel “delicato” incarico tant’è che sul visetto di Ciel un ghigno gustosamente maligno e spietato si dipinse sulle sue labbra
-Di un po’, razza di demone: non ti sarai per caso infatuato della mia ospite?- fastidiosa e pungente, affilata come una lama quella domanda colpì in pieno il diavolo, disarcionandolo. 
E se fosse vero? Se davvero un angolo remoto del suo cuore carbonizzato e privo vita fosse stato colpito da uno spiffero di calore? Di amore?!
Ci pensò pochi istanti, poi scosse il capo divertito dall’assurdità che era uscita dalla bocca del suo padrone
-Sono un demone Bocchan. Questo genere di sentimenti non mi sfiora neanche- rispose con tono sereno e pacato, fastidiosamente tranquillo. Lord Phantomhive non riuscì a trattenere un sottile ghigno scettico, sollevandosi dal suo giaciglio con aria superba e inattaccabile, mascherando il più possibile la sua delusione
-E’ un vero peccato. Sarebbe stato divertente vederti alle prese con una donna di cui non ti interessi l’anima o la purezza- ammise voltandosi appena, inchiodandolo con lo sguardo più spaventosamente sincero che Sebastian Michaelis vide in tutta la sua lunga vita.

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Ritmico e fastidiosamente scandito era il ticchettio dell’orologio a cucù che andava perfettamente a tempo con il battito frenetico e impaziente del piede di Lord Trancy. Era passato un bel po’ di tempo oramai, e la sua pazienza cominciava ad arrivare al limite della sopportazione: dov’erano le sue piccole prede? Dove diavolo si erano nascoste? Poi, improvvisamente a cogliere la sua attenzione, giunse lui: con una casacca azzurrina che tralasciava qualche accenno dei suoi tratti fisici; una calza maglia bianca che delineava la sottigliezza e l’eleganza delle sue gambe. Uno sguardo fiero ed impaziente, quasi più del suo. Alois rimase per svariati secondi imbambolato, sperso in quella visione
-Finalmente siete arrivato! Cominciavo a pensare che non sareste più venuto- ridacchiò accavallando graziosamente le gambe, sorridendogli beffardo
-Ho avuto questioni urgenti a cui badare- rispose spietatamente mentre osservava il suo maggiordomo, che nel frattempo aveva cominciato a deporre sopra un lungo tavolo in massello le tre tipologie di arma che erano previste per il suo allenamento: dei fioretti, delle sciabole e delle spade. Conoscendo bene il suo giovane padroncino, Sebastian era del tutto certo che avrebbe scelto il fioretto: elegante e raffinato, adatto a una pratica prettamente accademica. Come aveva previsto, Ciel afferrò il fioretto dalla lavorata impugnatura, e facendo qualche passo in avanti, si posizionò proprio al centro della sala, sotto gli occhi curiosi e birichini del conte Trancy, che intanto aveva allungato le braccia su tutto il perimetro dello schienale del divanetto su cui era seduto
-E il tuo maggiordomo non si mette in posizione? Non vorrai dirmi che duellerai da solo?- ridacchiò il biondino inarcando il collo, ridendo di gusto; effettivamente Alois amava stuzzicare il piccolo Phantomhive, che digrignando i denti, non ebbe il tempo di controbattere
-A questa domanda posso rispondervi io, Conte Trancy...- vivace e sprezzante quella voce catturò tutti presenti nella stanza, i quali voltarono il proprio capo verso una singola direzione: l’ingresso.
I capelli sciolti le incorniciavano il viso e le spalle con sinuosi boccoli castani dai riflessi dorati. Le labbra rossastre si distendevano in un soffice riso compiaciuto, le braccia abbandonate lungo i fianchi, rivestiti da una lunga casacca di tessuto nero apparentemente leggero, in quanto svolazzava graziosamente ad ogni suo passo
-Sarò io l’avversaria di Lord Ciel...- ammirandola per la prima volta in quelle vesti, sia Alois che Ciel, rimasero semplicemente sbalorditi... E nel petto di Trancy un fuoco cominciava a rodergli le membra. Sospirò appena, passandosi la punta della lingua sulle labbra, dopo tutto quello che la sua piccola mente depravata aveva immaginato in pochi attimi, la sua bocca si era seccata in un secondo. Riemergendo dal suo breve sogno, fece scivolare il suo sguardo dalle iridi grandi e raggianti della donna finno al suo collo, tuffandosi alla scollatura nel petto. Riusciva a intravederne il candore latticino della sua pelle, e la prosperosità delle sue forme. Una catenina argentata faceva capolino, brillando tra le luci della stanza. Sentì un brivido, scendendo molto lentamente sui suoi fianchi, delineati da una cintura, e sulle sue gambe leggermente divaricate e rivestite da uno stivale di velluto scuro
-Oh, questo si che è eccitante...- affermò schietto non curandosi degli sguardi malevoli che attirò su di se. Viola al contrario scoppiò a ridere, coprendosi le labbra con la mano, il cui guanto quel pomeriggio era ricamato da dettagli in pizzo
-Parlate con un tono molto audace per la vostra età- rispose deliziando con il suo tono spavaldamente sostenuto il biondino sul divano
-Cosa posso farci? Sono fatto così. Ma prego, cominciate... Sono molto curioso- ridacchiò sotto i baffi mettendosi comodo. Questa si che non se l’aspettava: Il Cane, la Perla... l’uno contro l’altra in un tango di puro piacere per i suoi occhi tutt’altro che casti. Distogliendo l’attenzione dal giovane conte dalla lingua arguta e velenosa, Viola finalmente posò il suo sguardo sul suo avversario, che dallo sguardo forte e rigido stava ricambiando la sua premura
-Sono lieto di vedere che non vi siete ritirata all’ultimo minuto- affermò beffardo sollevando l’angolo sinistro delle labbra
-Avrei dovuto?- domandò ancheggiando lentamente al suo fianco, poggiandogli una mano sulla spalla, e le labbra su una guancia. Ben tre persone rimasero impressionate da quel brevissimo contatto: Ciel in primis, che per la seconda volta sentì un forte calore infiammargli dolcemente la pelle; Sebastian, che inarcò la schiena come se fosse stato trafitto da una lama scintillante e acuminata, come se ne fosse ferito. E infine Alois, che impallidendo dinnanzi a quella scena sublime, strinse i pugni tentando di tenere a freno quella maledetta voglia depravatamente folle di impossessarsi di entrambi. Claude, al contrario, rimaneva ben impettito al suo posto, in piedi accanto al suo padroncino che si struggeva dalla bramosia. Osservava serioso la giovane donna che si era chinata appena sul viso di Phantomhive, e senza proferire alcuna parola si aggiustò gli occhiali... Indifferente
-Un fioretto. Confesso che me lo aspettavo... Tuttavia...- continuò sollevandosi dal suo viso, proseguendo il suo breve cammino sino al tavolo delle armi, dove Sebastian rimaneva in silenzio a guardare la duchessa che, senza lasciarsi cogliere dall’esitazione, affondava la mano nel manico di una sciabola. Con eleganza sollevò l’arma, fendendo l’aria testandone l’efficacia. Un soffio, un sussurro leggero... quel suono si propagò per l’intero ambiente
-Rendiamo la nostra piccola sfida più accattivante. Che ne dite?- domandò sollevando infine lo sguardo dalla lama fina e dal prezioso manico. Era parecchio tempo che non ne maneggiava una, e quello era l’esemplare più raffinato con cui avesse mai duellato
-My Lady, mi sento in dovere di avvertirla che la lama di una sciabola è nettamente inferiore a quella di una comune arma da scherma- affermò il maggiordomo inchinandosi appena, osservando fugacemente le labbra di quella che lo ricambiò con un sorriso appena accennato
-Ne sono pienamente consapevole. Ma è anche vero che la sciabola è l’arma d’attacco per eccellenza...- rispose con un ghigno piacevolmente irato prima di dargli volontariamente le spalle con un accenno di superbia, congedandolo perfidamente
-Dunque, mio caro Ciel... Fioretto oppure sciabola?- il giovane rampollo del casato Phantomhive lasciò la sua giovane ospite sulle spine per qualche attimo. Non amava la sciabola, ma dopo tutto lui era un gentiluomo, e non poteva rinunciare all’offerta della donna. Così sorridendo divertito si avvicinò lentamente al tavolo, e poggiando il suo amato fioretto, afferrò la sciabola che era rimasta inusata. In quel preciso istante Michaelis si sentì penetrare dallo sguardo del suo giovane protetto, e bastò soltanto quel breve scambio di sguardi a far trasalire il demone; un sospiro follemente ansioso che non venne notato da nessuno dei presenti
-Sapete, mi avete convinto mia cara. Rendiamo il nostro piccolo “gioco” piu’ entusiasmante- Alois apprezzò particolarmente l’appellativo che Ciel aveva dato a quella piacevole situazione: “gioco”. E dentro le sue membra, il giovane lord Trancy fremeva dal desiderio di parteciparvi, sebbene ciò avrebbe mandato in fumo il suo piano. Già... il suo piano; troppo perfetto per essere rovinato dal proprio istinto “provocatorio”. Viola, dal canto suo, sorrise divertita e compiaciuta allo stesso tempo della decisione presa dal giovane conte, che lentamente, si avvicinava al centro della sala, fermandosi a proci metri da lei: il riso maligno, le pupille irradiate da una grande luce bluastra, la sua strabiliante forza di volontà.
Si misero in posizione e Sebastian s’ interpose tra i due, svolgendo il temporaneo incarico di arbitro
-Lasciate che vi rammenti le regole che riguardano la disciplina della sciabola: La testa, gli arti superiori e il busto sono tutti bersagli validi. Vince chi totalizza il maggior numero di punti. Se il mio padrone e la sua gentile ospite sono pronti...- lasciò la frase in sospeso attendendo un cenno d’assenso da parte dei due contendenti
-Bene... Cominciate!- affermò serio facendosi velocemente da parte, lasciandogli spazio a sufficienza per poter duellare. I due giovani sfidanti si guardarono un’ultima volta, lasciando che l’adrenalina fluisse per bene nelle loro vene. Poi, velocissimo uno schiocco poderoso ruppe quel brevissimo e fastidioso silenzio. Due lame luccicavano l’una sull’altra; Ciel con il braccio teso nel tentativo di un affondo, tentativo andato fallito poiché’ con un semplice colpo che le consentì di deviare l’attacco. Immediatamente Ciel sollevò il capo, osservando con ghigno rabbioso il sopracciglio della donna che si sollevava verso l’alto, proprio come il sorrisetto fastidiosamente provocatorio che si dipinse sul suo viso. Indietreggiando agilmente allora il conte tornò alla sua posizione iniziale assicurandosi così di tenere i suoi bersagli coperti dalla prossima mossa. Agile e veloce come un ghepardo la donna passò all’attacco cominciando a colpire il più giovane. Proprio come aveva supposto Viola si destreggiava anche troppo bene, e Ciel era costretto ad indietreggiare mentre a stento riusciva a parare i suoi colpi ben studiati
-E dire che la sciabola è una disciplina praticata prevalentemente da uomini- sogghignò riuscendo a respingere un ennesimo affondo
-Molti uomini tendono a sottovalutare il valore di una donna, mio caro- rispose volteggiando elegante, quasi a passo di danza, terminando la piroette che neanche il più acuto degli atleti avrebbe potuto prevedere. In quel preciso istante tutto quello che gli occhi increduli di Ciel videro furono soltanto le iridi chiare e ardenti della donna, e una fioca luce biancastra provenire dallo scollo del suo indumento. Qualcosa, nel frattempo, premeva prepotentemente contro la sua spalla sinistra, e gli ci vollero almeno una decina di secondi per rendersi conto di essere stato colpito
-E tu non dovresti distrarti...- aggiunse spavaldamente gustandosi il ringhio roco e adirato che fuoriuscì dalle labbra del giovane conte che, facendola indietreggiare, sbilanciò il busto in avanti quasi perdendo l’equilibrio, slanciandosi in avanti nel tentativo di colpire la donna proprio al cuore. I riflessi bluastri dei suoi capelli brillarono proprio come l’ardore dei suoi occhi. Quel carisma, quella tenacia... per la Duchessa fu difficile non rimanerne affascinata. Tuttavia per Viola non fu difficile schivare il colpo, inarcando il busto verso destra mentre con un poderoso fendente deviava la lama del ragazzo, che non riuscendo a mettere a segno la sua “frecciata” si ritrovò con le ginocchia a terra
-Il tuo “Flèche”, per quanto sia stato spettacolare, è un movimento proibito nella sciabola- affermò in fine colpendogli il braccio con la lama. I respiri di Ciel si propagavano rumorosamente per l’intero ambiente; sebbene il duello fosse cominciato era già stanco... E come se non bastasse era anche in svantaggio. Tuttavia c’era un qualcosa di positivo in quella squallida situazione: la duchessa Viola Killarney stava cominciando man mano a mostrare quello di cui era veramente capace, e per il momento era questo che contava. Passandosi una mano sulla fronte madida, il rampollo della famiglia Phantomhive tornò in piedi, brandendo l’arma, tornando in posizione. Facendo calare un inquietante silenzio tombale i due si guardarono fissi negli occhi: un euforico verde birichino, un misterioso e tenace blu; due colori che fecero ribollire il sangue nelle vene del maggiordomo del casato Phantomhive; due tonalità che erano in grado di tentare un diavolo. Persino Alois, che pur non prendendo parte alla lotta, teneva il fiato corto, rotto da una sensazione gradevole che gli solleticava ogni parete del suo essere. Scattando agile come una gazzella, la donna tentò una “botta dritta”, mirando accuratamente contro il petto del giovane
-Devo confessare che trovo affascinante il vostro carattere in battaglia, mio caro- ridacchiò prolungando il braccio, avvicinandosi pericolosamente al suo bersaglio. Poi, d’un tratto, con una formidabile “presa di ferro” improvvisa, il giovane conte, deviando il colpo, trovò uno spazio scoperto su cui attaccare, complendola al petto
-Voi, my Lady, chiacchierate anche troppo-
Doveva ammetterlo, era rimasta stupita. Sorrise, indietreggiando appena, sistemandosi una ciocca castana dietro l’orecchio
-Finalmente! Ci è voluto un bel po’ per farvi passare alle maniere pesanti mio caro!- ridacchio tornando all’attacco, trovando anche questa volta un Ciel assai attento. Il suono freddo e acuto delle loro lame che s’incrociavano, si scontravano l’una contro l’altra fece da colonna sonora a quel breve attimo prima della fine. Quasi in sincronia ambedue affondarono un colpo deciso, ma Ciel non aveva previsto le vere intenzioni della donna. Proprio quando pensava di essere giunta a destinazione, la sciabola di Ciel, infatti, si ritrovò prigioniera della lama della contessa. In pochissimi istanti Viola era riuscita a far girare la punta della sua lama su quella di Ciel, le bastò sollevare con forza il braccio per cavargli l’arma di mano, mettendo ufficialmente fine al loro piccolo “gioco”.
E mentre gli occhi dei due conti si spalancavano in due grandi “O”; la sciabola che Viola aveva detratto dal suo avversario cominciò a volteggiare in aria. Gli occhi della donna seguirono per filo e per segno la traiettoria di essa che, come aveva previsto, si andò ad inoltrare tra le mani di quello che VOLEVA fosse il suo avversario fin dall’inizio. Fendendo l’aria con estrema eleganza e maestria, Sebastian si avvicinò al suo protetto, che senza distogliere lo sguardo dal viso spietatamente divertito della donna affermo’ con freddezza
-Sebastian, ti ordino di vincere...-
In quel breve lasso di secondi che precedevano la palese risposta, il demone penetrò quei diabolici occhi umani. Un brivido freddo pervase la colonna vertebrale della donna che inarcò appena la schiena, come se il solo pensiero che tra pochi minuti avrebbe fronteggiato quell’essere abominevole, più che recargli disgusto, cominciasse ad allettarla nel corpo e nei sensi. Dal canto suo Michaelis s’inchinò elegantemente, sorridendo malevolo. Era arrivata, finalmente, la resa dei conti.

 

*Angolo di Virgi*

Perdonatemi per lo spaventoso ritardo e per la brevita' del capitolo! Spero di farmi perdonare al piu' presto!

Un Bacio

-V-



 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Era arrivata, finalmente, la resa dei conti.
-Sebastian, ti ordino di vincere!-
-Yes, my lord-
E i loro occhi bruciarono nello stesso momento in cui, l’uomo, aveva sferrato il primo attacco. Era veloce, agile, scaltro... Ma Viola conosceva anche fin troppo bene quella razza. Così, mentre quella splendida figura giungeva sempre più rapida verso di lei, la ragazza si mise lentamente in posizione di difesa; mantenere il sangue freddo era di vitale importanza, se lo ripeteva sempre. Attese soltanto qualche altro istante... aspettando che giungesse il momento giusto. E proprio quando Sebastian si ritrovò alla distanza adatta per un affondo, Viola deviò prontamente il colpo, indietreggiando appena facendo risuonare la sua lama contro quella del maggiordomo. Colpi secchi, ripetitivi... Ciel ne aveva perso il conto.
Il giovane conte si era seduto al fianco del ragno, il quale senza neanche degnarlo di uno sguardo, atteggiamento piuttosto insolito da parte sua, sembrava essere stato catturato dalla situazione; rapito da quel duello che si mostrava piuttosto allettante. E Ciel lo sapeva bene, dopo tutto era lui ad averlo voluto per primo; chi meglio di un Sebastian poteva testare le capacità di quella donna?
Sebbene il loro scontro si stava mostrando più arduo del previsto, nessuno dei due combattenti sembrava mostrare i segni della fatica, neanche il minimo accenno affannato dei loro respiri. Le onde sinuose e soffici dei suoi lunghi capelli sembravano danzare al vento, mentre volteggiava per i meandri del grande salone, schivando e deviando attacchi concepiti dalla mente lucida del demone, che non aveva alcuna intenzione di disobbedire al suo padroncino
-Mi complimento. Siete particolarmente portata. Tuttavia...- il maggiordomo oscuro non terminò la frase che con un affondo poderoso e improvviso toccò con impertinenza il petto della donna, puntandogli la punta della lama proprio sulla scollatura
-La vostra difesa è al quanto scadente- A quel gelido colpo, Viola s’irrigidì appena, inchiodata dallo sguardo malevolmente ambiguo di quell’essere; ma piuttosto che perdere la pazienza la castana preferì fare quello che le riusciva meglio: sollevò gli angoli delle labbra, guardando con sguardo di sfida e stizza il demone, che innanzi a lei mostrava un ghigno diabolicamente soddisfatto
-Staremo a vedere...- rispose immediatamente partendo con il contrattacco. E brillavano gli occhi dei due conti che avevano il privilegio di assistere a quella succulenta e prelibata vicenda: da una parte Ciel, con la schiena ben poggiata sullo schienale e il mento sulla mano, con un sorrisetto beffardo e ardente di curiosità. Dall’altra invece, Alois Trancy stringeva nel suo pugno l’estremità del bracciolo del sontuoso divano, tenendo i denti stretti. Il suo petto e la sua bocca bruciavano di un fuoco scaturito dal brillare della perla che finalmente era sgusciata fuori dalla casacca. Nessuno se ne era accorto, neanche Viola; ma Alois si. E un sorrisetto realizzato si posò sulle sue labbra tormentate dai suoi candidi canini.
Bastò un’umile presa di ferro per portare alla parità la giovane duchessa, che dopo aver colpito il maggiordomo al braccio, ridacchiò divertita. Dal canto suo Sebastian era rimasto impietrito per qualche istante. Quasi a passo di danza Viola lo aveva raggirato; lo aveva distratto seducendolo con passi svelti e graziosi, con occhi magnetici e profondi... E spietata lo aveva colpito. Eppure piuttosto che deluso dal fatto di essere stato colpito per la prima volta durante un duello, il demone sentì un piacevole brivido caldo allettargli l’ego demoniaco: dondolando sul suo petto, il moto pendolare della perla lo aveva quasi ipnotizzato, e un ghigno si dipinse sulle sue labbra fine. Agile, forte, spietata, seducente... o forse più semplicemente diabolica. Era pienamente soddisfatto, finalmente le risposte alle sue domande erano venute fuori
-Bene. Credo dunque che possiamo smetterla di perdere tempo giusto my lady?-
-Non aspettavo altro- rispose strafottente mettendosi in posizione. E fu proprio in quell’istante che lo sguardo di Ciel s’illuminò: conosceva bene il suo Sebastian, e quando sul suo viso faceva capolino quel sorrisetto impertinente, allora stava a significare che era giunto finalmente al termine delle sue lunghe e travagliate ricerche. Scattarono in avanti uno in contemporanea all’altra, e tornarono a far toccare le loro lame, facendole schioccare in scintillanti attimi di concentrazione dove il silenzio regnava sovrano, e assieme alle sciabole anche i loro occhi s’incrociavano sfidandosi all’ultimo sangue. Il primo a sferrare il suo ultimo attacco fu proprio il mero maggiordomo, ma con una velocità quasi sovraumana la castana schivò il fendente stirando completamente il suo sorriso, degenerandolo in un ghigno sadico, dolce perché’ già pregustava il sapore di una squisita vittoria. Doveva soltanto allungare il braccio in avanti per colpirlo in pieno petto. Solo pochi centimetri e la vittoria sarebbe stata sua. Eppure qualcosa balenò per la testa della piccola Viola Killarney. Come se il tempo si fosse fermato intorno a lei, la fanciulla si guardò intorno: Alois la stava fissando, e Ciel scrutava il suo movimento con un riso noto. Fu questo a bloccarla nel bel mezzo dell’attacco, il viso di ciel e un pensiero che arrancava nei meandri della sua mente assieme a dei forti e bruschi brividi:
“Era tutta una lurida messa in scena. Quello che volevano era soltanto...” ma neanche riuscì a finire di pensare che un colpetto, secco e deciso, si era andato a scontrare proprio sulla sua fronte. Grazie al contrattacco di Michaelis, Viola tornò con i piedi per terra, ma soltanto in senso metaforico. Distraendosi la duchessa aveva concesso al maggiordomo di reagire, e quel colpo alla testa fece sbilanciare completamente tutto il suo equilibrio
“... Studiarmi” e socchiudendo gli occhi riuscì a terminare il suo pensiero soltanto nel momento in cui il suo corpo aveva smesso di reagire, e lentamente si lasciava andare al suolo. Schiantandosi al suolo il manico della sciabola diete tre suoni acuti e sgradevoli, mentre la sua schiena veniva accolta dalle braccia possenti del demone, proprio pochi centimetri prima dell’impatto con il suolo. Con le gambe allungate sul pavimento, Viola si ritrovò con il busto stretto al petto dello stesso uomo che l’aveva battuta, e che con i suoi grandi occhi cremisi osservava il pallore delle sue goti, e il verde opaco delle sue iridi stordite
-My lady? My lady si sente bene?- domandò con un lieve accenno di preoccupazione nel suo tono pacato di parlarle. Doveva ammetterlo, non solo quell’attacco non se lo era aspettato, ma era stato anche fin troppo ben riuscito; le girava appena la testa, e l’aroma che proveniva dall’uomo in nero era maledettamente piacevole
-Stupido di un maggiordomo chiama un dottore!- affermò scocciato il giovane padroncino, avvicinandosi a braccia conserte. Viola posò il suo sguardo da Sebastian a Ciel, e senza pensarci due volte scosse la testa e sorrise
-Non è nulla. Sto bene, non c’è bisogno di alcun medico grazie- rispose cercando di sollevarsi, ma ritrovandosi impedita da un’affasciante ostacolo dagli occhi rossi, la piccola dovette farsi aiutare da quest’ultimo, che elegantemente, la sollevò senza il minimo sforzo
-Ne sei sicura?- domandò il giovane Phantomhive sollevando un sopracciglio; Ciel non ignorava la forza del suo demone, e dopo un colpo del genere un’altra persona si sarebbe ritrovata priva di sensi con tanto di trauma cranico
-Ci vuole ben altro per stendermi- rispose mascherando il suo risolino con la mano. Poi, mescolandosi al suo riso, l’applauso del giovane Ragno fece zittire di colpo la giovane duchessa, attirando l’attenzione anche del Cane e del suo maggiordomo
-Complimenti a tutti voi. E’ stato un pomeriggio meraviglioso. Purtroppo per me è arrivata l’ora di tornare a casa... Ma spero di rivedervi presto!- affermò con un sorrisetto beffardo e fastidiosamente tirato che immediatamente fece venire il voltastomaco al piccolo Ciel
-Io spero di no- sussurrò in cagnesco mentre quella “piccola sanguisuga dai capelli d’oro” si stringeva a lui in un “intimo” abbraccio di saluto
-Oh come sei rude mio caro- ridacchiò saltellando dinnanzi alla ragazza, che inchinandosi appena salutò cortesemente Lord Trancy. Quest’ultimo però afferrò prontamente la mano della donna, baciandone il dorso
-E’ stato un vero Piacere conoscervi my lady...- sussurrò sul suo guanto ricamato prima di lasciarvi un secondo bacio. Di nuovo quella parola marcata con malizia e spudoratezza; di nuovo quella strana sensazione dentro il petto. No, non gli piaceva, per niente!
-Arrivederci Lord Trancy- rispose sorridendogli appena, restando di stucco quando quest’ultimo, piuttosto che lasciarla andare, la strattonò’ a se costringendola a piegarsi contro il suo viso. Con le labbra premute contro il suo orecchio, Alois cominciò a sussurrare qualcosa di impercettibile all’udito del piccolo Ciel, che imbarazzato e rabbioso, strinse i pugni
-Dimenticavo. Fossi in voi la nasconderei questa perla. Un gioiello del genere deve essere protetto come si deve non trovate?- domandò passandole languido e provocatore una mano sul petto, sfiorandole il seno appena sopra la morbida stoffa scura, prendendo il pendente tra le mani prima di immergerlo all’interno della scollatura. Come se si fosse tramutato in pietra, il corpo di Viola non si mosse più finche’ quel “mostro” non fu ufficialmente uscito dalla porta. E quando fu convinta che Alois se ne fosse andato la ragazza si strinse il petto, sentendo il cuore esploderle nel petto per quanto pulsasse vigoroso
-Viola, quel bastardo ti ha turbata?- domandò schietto il più piccolo avvicinandosi a lei, poggiandole una mano sul polso attirando la sua attenzione. Le iridi profonde di Ciel si scontrarono con quelle di intimidite di Viola, che con grazia si staccò da lui
-Non importa. Ho conosciuto uomini anche più viscidi di lui. Ora perdonatemi ma credo che andrò a farmi un bagno caldo...- affermò avviandosi verso l’uscio, passando davanti al maggiordomo che per tutto il tempo non aveva fatto altro che fissarla. E ne intravide una tenebrosa inquietudine dentro quel superbo verde smeraldo, ma non ne ebbe il tempo di studiarle più affondo, perché’ abbassando di colpo lo sguardo, la bella ninfa era già scappata via.
 
La luce soffusa delle lampade ad olio illuminava appena quelle quattro mura candide rivestite da una sottile nebbiolina, evaporata dalla vasca che era posta nel mezzo della sala. Immersa al suo interno, Viola teneva i gomiti sui bordi lisci e biancastri, mentre tra le mani sorreggeva un libro. Cecily sapeva che era del tutto imprudente leggere mentre ci si faceva il bagno, il rischio di rovinare il libro era elevato; ma dopo tutto Viola oramai era abituata a leggere immersa in litri di acqua bollente addolcita con petali di rose. Come di consuetudine la cameriera sostava fuori la porta che faceva comunicare la sua camera con i bagni, attendendo che la sua signorina avesse finito
-Cecily, questa devi sentirla!- ridacchiò divertita schiarendosi la gola, preparandosi alla lettura di un testo che avrebbe condiviso con la sua migliore amica:
-“Mi ha gelato tutta più della neve, poi dalla fronte ho stillato gocce come brina. E non potevo parlare, e neppure riuscivo nel sonno a balbettare chiamando come una bambina la cara mamma; sono rimasta invece immobile simile in tutto a un simulacro di cera”. Ma secondo te la passione di un uomo può davvero far sentire una donna così inerme?- domandò subito dopo rivolgendosi alla moretta che si era affacciata appena dalla porta
-Beh non saprei my lady. Tuttavia credo che sia in parte vero. Un vero uomo sa cosa vuole una donna...-
-Figuriamoci un demone allora- pensò ad alta voce tra se e se sbuffando rumorosamente, incuriosendo la povera Cecily che purtroppo, e per fortuna, non aveva ben inteso cosa avesse detto
-Come dite prego?-
-No, nulla. Piuttosto puoi andare a prendermi un altro libro nella biblioteca al piano inferiore? Questo mi ha stufata!- sbadigliò lasciandolo andare semichiuso al pavimento. Con un cortese inchino la cameriera uscì dalla camera, lasciandola sola, con il capo poggiato all’indietro, il mento sollevato verso l’alto e gli occhi chiusi; sola con i suoi pensieri... sola contro i suoi ricordi.
 
Avanzavano lentamente nell’ombra il giovane rampollo e il suo maggiordomo, avvicinandosi sempre più verso la porta in legno scuro che li separava dalla giovane Duchessa:
“Suppongo che abbiate notato la sua straordinaria forza e agilità. Ebbene, bocchan, sono quasi certo che la nostra duchessa abbia a che fare con la mia razza dannata, ma per scoprirlo dobbiamo vederle le mani e i piedi che tanto ostinatamente ci nasconde. E per fare ciò, signorino, dobbiamo coglierla quando è priva di ogni veste, e il momento del bagno è quello perfetto”
Il discorso di Sebastian non faceva una piega, tuttavia c’era un piccolo, insignificante, dettaglio che quasi lo faceva fremere ad ogni passo verso la sua camera: penetrare nei suoi bagni, mentre si sta facendo il bagno... Nuda. Qui la sua timidezza tipicamente infantile cominciava a fare breccia nel suo petto. Ma non poteva farsi sfuggire questa occasione, oramai mancava così poco... Non poteva tirarsi indietro proprio adesso. Eccoli li, il corridoio era finito, e a loro mancavano pochi passi prima di poter sfiorare il pomello ottonato dell’ingresso. Ma si fermarono impietriti quando videro questa spalancarsi di colpo; che fossero giunti troppo tardi?
Poi invece, i due riconobbero le rifiniture del grembiule bianco che Cecily indossava sopra la sua veste scura, e sospirando di sollievo, il cuore di Ciel tornò a battere regolarmente. Una mano si poggiò sulla sua spalla, ma quel tocco rude e raffinato allo stesso tempo oramai era del tutto inconfondibile
-Lasciate che a lei ci pensi io. Voi, bocchan, occupatevi di Lady Killarney- deglutì’ rumorosamente celandosi nell’ombra della porta stessa, sentendo lo guance vampare, attendendo il momento giusto per entrare di nascosto. Ancora una volta invece, il povero Sebastian era costretto a sguinzagliare “l’animale malevolo e lussurioso” che rimaneva sopito dentro di lui, e che usciva fuori soltanto nei casi di estrema emergenza. Così avvicinando la timida cameriera, ne approfittò dell’ombra per realizzare un perfetto “effetto sorpresa”
-Cecily!- la chiamò fintamente allegro trattenendo un riso quando vide la moretta sobbalzare per lo spavento
-S-Signor Sebastian! Mi avete messo paura...- affermò reggendosi il cuore mentre il fiato aveva cominciato a mancarle. E dopo tutto come poteva non mancargli alla visione di un simile spettacolo? Con le vesti scure e gli occhi magnetici e focosi che la scrutavano nell’ombra della sera?
-Mia cara, chiamami Sebastian...- rispose abbassando di qualche tono la voce, rendendola più suadente e soffice, a tal punto da farle mancare qualche battito
-S-Stavate cercando la duchessa?- domandò fingendosi tranquilla, sebbene sentisse il suo piccolo cuoricino scalpitare mentre l’uomo si cucciava lentamente verso di lei, a tal punto da sfiorarle il viso con il solo respiro, facendola fremere
-A dire il vero...- cominciò aggiustandole una ciocca corvina dietro l’orecchio, penetrandola con lo sguardo, facendole vampare le guance
-io voglio te- sussurrò sfiorandole le labbra piccole e screpolate con le sue, facendola sussultare mentre brividi sotto pelle la facevano letteralmente contorcere al di sotto delle vesti pesanti. Quel verbo così marcato, quella voce decisa, roca e bramosa... Cecily cominciava a sentire i giramenti di testa
-D-Devo prendere un libro alla mia p-padrona...- balbettò mentre audaci e provocanti le labbra del maggiordomo andavano a solleticarle il collo, facendola sentire tutta un bollore, come un fuoco che cominciava a corrodergli sempre più le membra
-Non si accorgerà nemmeno della tua assenza. Vieni, vieni con me Cecily...- la implorò con uno sguardo disgustosamente dolce e sublime, un’occhiata a cui la povera servetta non seppe resistere.
 
Guardandoli mentre si allontanavano silenziosamente verso il piano inferiore, il conte nascosto ancora dietro l’ombra della porta decise di passare all’azione. Entrò così di soppiatto all’interno della camera di Viola, chiudendosi la porta alle spalle. Ben ordinata e ripulita Ciel non intravide alcun movimento sospetto all’interno di essa, se non per l’ingresso semi aperto che portava ai bagni. Lentamente, cercando di fare il meno rumore possibile, il giovane si avviò verso di essa, sentendo il cuore in gola. Prese un respiro profondo, e chinandosi appena sbirciò all’interno del bagno: il vapore si propagava in ogni dove stendendo un sottile velo tinto d’ocra a causa della luce; un libro giaceva ai piedi della grande vasca piena d’acqua e petali di rose scarlatte... Ma della donna pareva non esserci alcuna traccia. Incuriosito da questo imprevisto assai strano, Ciel decise di entrare all’interno dell’ambiente, facendosi strada tra la nebbiolina leggera, avvicinandosi sempre più alla vasca da cui, improvvisamente, intravide un movimento. Impietrito allora rimase impalato, immobile sul posto mentre facendo vorticare la folta chioma fradicia, Viola riemergeva quasi come una dea dal fondo della vasca: con la pelle candida come il latte, i capelli morbidi adagiati sulle clavicole andandole a coprire appena il seno, con le goccioline limpide e tiepide che le rigavano il viso, quasi creando sottili e sinuosi disegni sulle sue guance
-Ciel?- osservò incuriosita e divertita allo stesso tempo le guance paonazze del giovane conte, che impacciatamente abbassava lo sguardo, sentendo le gambe tremare e la gola secca, agitato dinnanzi a una scena simile
-Non è molto educato entrare mentre una ragazza si sta facendo il bagno lo sai?- ridacchiò stendendosi nuovamente all’interno della vasca, allungandogli elegantemente una mano con un riso del tutto sereno e tranquillo
-Vieni qui...- sussurrò tentatrice catturandolo con due semplici parole, con il solo schioccare della lingua sul palato. Così a passo lento e incerto il giovane si fece sempre più vicino, fin quando la mano della donna non afferrò la sua, stringendola  con tutti e due i palmi, portandola con delicatezza alle labbra, baciandola con la tessa passione di un’amante, ma con la stessa dolcezza di una madre
-Siete un po’ troppo curioso per i miei gusti, Lord Phantomhive- ridacchiò sulla sua pelle dopo un ultimo bacio. E Ciel rimaneva del tutto incantato dal suo fascino proibito, e quasi involontariamente il suo sguardo cadde proprio su quelle mani morbide e lisce che tenevano la sua: dalle dita affusolate, dai polpastrelli soffici... Ma le unghie erano nere, come il carbone, come la pece... Come quelle di Sebastian si toglieva i guanti. Si spalancarono in una gigantesca “O” i suoi occhi mentre svelava piano piano la risposta a tutte le sue domande lasciate in sospeso
-Voi, siete un demone- per qualche istante ci fu un sottilissimo e inquietante silenzio che rendeva altamente pericolosa la situazione. Il respiro della ragazza si fece pesante e agitato, mentre le sue splendide iridi verdi si tingevano man mano di un violetto ardente, e il suo riso beffardo si storpiava in un ringhio
-IO NON SONO UNA BESTIA ABOMINEVOLE COME IL VOSTRO MAGGIORDOMO, CONTE!- affermò in cagnesco digrignando i denti, facendolo tremare appena mentre, dando un forte scossone alla testa, la piccola Viola aveva cominciato a sbattere velocemente le palpebre, facendo tornare le sue iridi del loro colore originario e pacifico. In quel breve istante in cui sembrava aver perso l’autocontrollo, la duchessa gli aveva stretto forte la mano, ma adesso che sembrava essersi tranquillizzata, e aveva snodato le dita da quelle del ragazzo.
Silenzio. Nuovamente calò su di loro mentre lady Killarney quasi non aveva il coraggio di guardarlo in viso
-Allora, Viola, che cosa sei?- domandò quasi con un sussurro, guadagnandosi uno sguardo sofferente, uno sguardo totalmente differente da quelli a cui si era abituato a subire. La castana sospirò sommessa; poi, sorridendogli piano lo fissò con rassegnata forza
-Passatemi un asciugamano e poi attendetemi in camera. Quando sarò pronta vi racconterò, finalmente, tutta la mia storia-

 

*Angolino di Virgy*

Alla fine eccomi qui! Perdonatemi se ci ho messo tanto!

Spero che vi piaccia! e ringrazio tutte voi che avete letto e commentato fino a questo punto! E' un onore per me!

Un bacio!

-V-


 

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


Il tonfo dei libri, che si sfilavano dai loro scaffali e si riversavano al pavimento, ben mascheravano i gemiti soffocati della cameriera tra le labbra avide e amare del demone che con ardore infondeva la sua essenza nel corpo della giovane Cecily. Teneva gli occhi spietatamente aperti, osservando con stizza le goti arrossate della ragazza, e le gocce di sudore colarle dalla fronte. Sebastian non aveva mai amato “sprecare” il suo tempo, ma dopotutto l’aver sedotto la cameriera dava tempo al suo piccolo bocchan di terminare la loro ricerca. Rapido, come un lampo, una visione trapassò da parte a parte la mente del giovane demone, che nel frattempo, aveva affondato le dita nella carne spoglia della donna facendola sussultare:
“Le sue mani, strette ai fianchi della creatura dalle membra tentatrici; i suoi occhi serrati per la prima volta, la sua bocca su quella diabolica della duchessa, lasciandone sgusciare appena qualche verso intriso di peccato, impregnato dalla lussuria.”
 E mentre la mente di Michaelis si lasciava soggiogare da quella fantasia anche fin troppo realistica; Cecily giungeva al culmine delle sue forze con un gridolino sordo che a stento trattenne dalle labbra fine e deteriorate dai suoi stessi denti. Sul suo viso il pallore regnava sovrano. Aveva il fiato ancora corto, e dentro di se un fuoco che le lacerava il petto. Adesso che tutto era finito cominciava a provare vergogna: sebbene la sua padrona le avesse ordinato di stare lontana da quel maggiordomo, lei non aveva obbedito... Non ci era riuscita. Effettivamente era stato più forte di lei, come se quegli occhi cremisi l’avessero stregata inducendola dritta tra le sue braccia. Con quale coraggio sarebbe tornata in camera della duchessa? Con quali occhi avrebbe osato guardarla in viso? Di certo non con quelli languidi e lucidi di una donna che aveva appena consumato il suo corpo con un uomo. Eppure il suo cuore batteva dalla rabbia, dal rimorso. Dal canto suo, Sebastian lasciò scendere la giovinetta dai suoi fianchi e si risistemò’ l’abito appena sgualcito. Non un segno della fatica solcava il suo viso, né un ghigno soddisfatto contornava la sua bocca... Ma un pensiero contaminava la sua mente; s’inoltrava andando a torturarlo nel più infimo e remoto angolo della sua testa. Questo, aveva il nome di Viola Killarney.
 
Sostava con i piedi a ciondoloni sul giaciglio della giovane duchessa, le mani ai lati e lo sguardo basso, intento nel fissarsi i piedi. Sebbene le sue guance continuassero ad ardere dall’imbarazzo provato in bagno, la sua mente pensava a tutt’altro: a quella misteriosa verità che finalmente Viola gli avrebbe svelato. Cigolò lentamente la porta dei bagni, e da essa non ne uscì più il velo opaco di condensa che aveva carezzato il suo viso, ma bensì la ragazza con addosso una sontuosa vestaglia di manifattura orientale con un nodo stretto alla vita: rose rosse su sfondo nero, questa era stampa impressa sulla stoffa che delineava sinuosamente il fisico della duchessa, che a passo lento si avvicinava al giovane Phantomhive. Ciel ne intravide i piedi piccoli muoversi quasi in punta, le unghie nere proprio come quelle delle mani, poggiate elegantemente sui fianchi. Lo scollo mise ulteriormente in evidenza il prezioso pendente che portava, come di consueto, al collo.  Dalla finestra ormai oscurata dall’oscurità della sera, gocce di pioggia graffiarono la vetrata di fronte al letto, e un lampo illuminò per qualche breve istante l’intera zona. Sedeva al suo fianco, con lo sguardo puntato proprio su quella finestra, osservandone il suo lieve riflesso. Sembrava tranquilla, a differenza del giovane che fremeva con lo scorrere dei secondi
-Mia madre, la Marchesa Gabrielle Marie Cabot, era promessa in sposa ad un altro uomo.  Tuttavia era sterile fin dalla nascita, e quando il suo promesso lo venne a sapere, non esitò a ripudiarla. Ma mia madre era debole, e non replicò alla sua decisione...-  fece una breve pausa, sospirando malinconicamente. Osservandola di sottecchi, Ciel intravide le lacrime sottolinearle il colore vivido delle sue iridi lucide. Eppure non brillavano come al solito. No, per quanto si sforzasse il giovane Phantomhive non riusciva a vedere la sfrontatezza e la forza di quel paio di occhi, e fu proprio questa triste quiete a inibirlo
-Tutto quello che desiderava era avere una famiglia. Un marito buono e gentile... Un bambino da tenere tra le braccia. Ma le erano state negate ambe due le possibilità- Viola fece una seconda pausa, e fissando intensamente la finestra ormai ricoperta da milioni di gemme umide e gelide, si portò con eleganza le ginocchia al petto, stringendosi in se stessa, quasi alla ricerca di una “protezione”. LEI, che non ne aveva mai avuto bisogno
-Poi, una sera come questa, quando il cielo veniva squarciato da lampi e fulmini, alla porta della magione Cabot si presentò lui: Il duca Killarney- ironia della sorta, quando la giovane duchessa pronunciò quel cognome, un tuono giunse spavaldo e spietato, rimbombando per l’intera stanza, annientando qualsiasi altro suono... Lasciandosi alle spalle un gravoso silenzio straziante
-Quando era ancora in vita le piaceva raccontarmi di quanto fosse bello: dagli occhi ardentemente verdi, dal linguaggio altolocato, sublime. E mentre io la ascoltavo mi accoccolavo tra le braccia di mio padre ignara di tutto. Mai aveva voluto dirmi la verità... Mai si era azzardata a svelarmi come fosse riuscita a concepirmi. Infatti, dietro quel bellissimo duca dai modi cortesi e raffinati, dietro quel padre tanto dolce  si nascondeva un lurido demonio affamato di anime pure. E mia madre, così ingenua stipulò un patto con lui... e con esso anche la mia condanna- non gli piaceva il tono freddo e austero con cui Viola narrava la sua storia, ma soprattutto lo sguardo cattivo con cui guardava il vuoto, avvelenata da un antico rancore che persisteva a corroderle il cuore
-Di cosa stai parlando?- domandò cercando il suo sguardo, ma tutto ciò che ottenne fu soltanto l’accenno amaro di un falso sorriso
-Un erede per la sua anima, questo era il patto. Ma nessuno dei due aveva previsto che nascessi io...- affermò portandosi una mano al petto, afferrando tra le mani la perla che come un punto luce splendeva di una lieve tonalità opaca e misteriosa. Già, misteriosa proprio come lei...
-Suppongo che Sebastian non vi abbia mai parlato delle perle del diavolo, non è così Ciel?- domandò riuscendo finalmente a guardarlo in viso, a prenderlo alla sprovvista, inchiodandolo con uno sguardo assurdamente sereno, consapevole e rassegnato. Senza rispondere il giovane conte scosse il capo, provocando una lieve risata che perì subito dopo tra le labbra della duchessa. Gattonando giunse lentamente al fianco del ragazzo, conquistandosi una vicinanza del tutto notevole. Nel mezzo dello scollo della sottile veste, la piccola perla dondolava  avanti e indietro prima di fermarsi tra le mani candide della donna, che sfilandosela per la prima volta in sette anni dal collo la porse sui palmi tremanti dalla curiosità del giovane lord
-Questa che tieni tra le mani, mio caro, è una perla del diavolo. E’ un gioiello che soltanto le figlie di un demone posso portare. Molte streghe hanno cercato di crearne dei falsi. Un dono del proprio padre alla loro bellissima figlia mezzo sangue-
-E perché’?-
-Perché’ le donne mezzosangue, se giacciono con un demone in una notte di luna piena, sono in grado di dare alla luce un demone completo. Sono in grado di generare un purosangue, creando una discendenza tra razze infernali...- pareva un sussulto quella straordinaria verità’ che cominciava a carezzare l’udito di Ciel, inoltrandosi nella sua mente, facendolo annegare nei ricordi
-Dunque è per questo motivo che voi non volete prendere marito? E’ per questo che celate sempre la vostra collana? Per difendervi?-
-Lui non amava mia madre. Si è nutrito della donna che aveva partorito sua figlia. Mostri come lui non sono capaci di provare sentimenti... E io non giacerò mai con una bestia- ora la riconosceva: con lo sguardo fiero sebbene fosse carico di lacrime amare, con le iridi raggianti di audacia e sfrontatezza. Forte nella sua debolezza.
I due si guardarono fissi negli occhi, e per Ciel fu difficile trattenere un sorriso. Era felice, compiaciuto del fatto che anche Viola, come lui, combatteva per ciò in cui credeva, che conviveva con l’odio sino a farlo diventare una parte di se, una parte spietatamente superba di se. Lo spalancarsi improvviso della porta tuttavia fece sobbalzare i due nobili, che voltando il capo di scatto, si concentrarono sulla figura esile e intimidita che era appena entrata
-Oh, perdonatemi signorina. Non c-credevo che...- ma la cameriera non ebbe il tempo di terminare di balbettare la frase che la duchessa la zittì cortesemente
-Non preoccuparti Cecily. Il conte Phantomhive stava giusto andando via...- rispose guardando un’ultima volta il ragazzo che ridacchiando a sua volta si chinò contro la donna
-E’ vero- si limitò a rispondere rimettendo al suo posto il prezioso pendente. Poi si sollevò dal suo giaciglio, e dopo aver raggiunto la cameriera che fiancheggiava l’ingresso, il conte si voltò di scatto
-A più tardi, Viola-
-A presto, mio caro- rispose ridendo divertita all’espressione beffarda e divertita del ragazzo, che chiudendosi la porta alle spalle, se ne andò. Rimasero in silenzio per qualche minuto. La duchessa, stesa sul suo letto a guardare il soffitto con la vestaglia che ancora le copriva il corpo asciutto e infreddolito
-My lady vi ammalerete...- l’ammonì l’amica incitandola a raggiungerla al di là del paravento. Così sbuffando appena, Viola la raggiunse con lo sguardo sperso nel vuoto. Pensante.
Era la prima vola che parlava con qualcuno di se, della sua vera storia. E si sentiva bene; leggera sebbene non fosse del tutto libera dal peso che portava sulle spalle. E mentre Cecily le infilava una veste candida, la giovane sospirò serenamente
-E’ stato bello- confessò timidamente
-Cosa? My lady- rispose la moretta sistemandole le maniche a palloncino del vestito
-Parlare con Ciel. Non saprei spiegartelo... Però è stato bello- rispose voltandosi di scatto, fissando dritta negli occhi la sua amica. Voleva condividere con lei, con la sua fedele Cecily, la sua insolita felicità... Ma qualcosa storpiò immediatamente il suo tenero sorriso. Per quanto si sforzasse, le guance dolci e tonde della ragazza erano pallide, e il suo sguardo non osava incrociare il suo. intimidita, piena di vergogna, proprio lei che non le aveva mai nascosto nulla; proprio lei che illuminava le su giornate con la sua ingenua esuberanza
-Cecily? C’è qualcosa che non va?- domandò prendendo le mani della donna tra le sue
-N-No signorina. Non vi preoccupate...- rispose allontanandosi appena, arrossendo violentemente alla sua domanda
-Ma mia cara si vede da oltre un miglio che voi...- ridacchiò beffarda stringendola tra le sue braccia, proprio come sorella. Ma la sua voce si era rotta d’un tratto tra le sue labbra, morta nella sua gola. Stringendola Viola aveva spontaneamente immerso il viso tra le onde corvine della sua amica, e ne aveva respirato un aroma insolito. Audace, suadente... penetrante e semplicemente tentatore. Quell’odore che tanto detestava, quel profumo che faceva venire persino a lei l’acquolina in bocca. Due occhi color cremisi e due labbra avide e maligne irruppero tra i pensieri della giovane duchessa, facendole salire un brivido caldo lungo tutta la colonna vertebrale
-Cecily, d-dove sei stata mentre Ciel era qui?- domandò afferrando la servitrice per le spalle, allontanandola appena da lei, fissandola in viso. Ma i suoi bellissimi occhi scuri erano troppo intimoriti per ricambiare l’occhiata
-I-In biblioteca signorina...- sussurrò lentamente
-E con chi eri?- domandò seriosa sentendo il cuore battere all’impazzata nel suo petto. La duchessa Killarney in verità conosceva già la risposta, ma una parte di se pregava un qualsiasi dio che la sua migliore amica smentisse la sua preoccupazione, che negasse quell’evidenza di cui, non ne sapeva il motivo, ma soffriva.
Silenzio
-Cecily ti prego...- un singhiozzò ruppe la quiete e dagli occhi di entrambe cominciarono a colare lacrime tristemente amare
-P-Perdonatemi lady Viola. N-non volevo disobbedire ma... ma- e strattonandola a se la duchessa abbracciò forte la sua amica, mentre una voragine cominciava ad aprirsi, lenta e dolorosa, nel mezzo del suo petto
-Non è colpa tua. Non e’ colpa tua- cominciò a ripetere consolando la sua cameriera più cara. Tutte le sue speranze di mantenere almeno l’anima della sua Cecily priva di ogni macchia si erano infrante, e tutto per colpa di quel demonio, di quel maggiordomo che tanto odiava. Eppure perché’ sentiva il vuoto cominciare a circondarla? Perché’ il pensiero di Cecily con Sebastian le faceva raggelare il sangue nelle vene?
-Asciugati il viso, poi vai dal conte Phantomhive e digli che non cenerò questa sera. Non mi sento molto bene e preferisco riposare e rimanere sola- sussurrò facendo drizzare il capo della moretta
-M-My lady...-
-Fa come ti ho detto per favore. Poi riposati. Mi verrai a svegliare domani mattina e mi aspetto di vedere il tuo bel sorriso...- ridacchiò asciugandosi velocemente due gemme che le erano sfuggite dal controllo. Cecily annuì e a passo svelto la cameriera uscì lasciandola sola contro quel vuoto di cui cominciava ad avere paura. Arrancò come se fosse sfinita sino al suo letto, e lasciando adagiare disordinatamente i capelli sul cuscino, Viola si stese sul materasso, guardando il soffitto. L’abito candido aveva creato delle sottili pieghe, mentre le sue braccia stavano stese lungo i lati della sua testa. Trattenne il fiato per qualche istante, ascoltando con angoscia il battito accelerato del suo cuore ormai impazzito. Una lacrima rigò il suo viso, e una parola, che a suo dire era priva di senso, aveva cominciato a martellarle le meningi: Gelosia.

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


-Non si sente bene?!- l’affermazione del giovane conte rimbombò come un tuono per l’intero ambiente
-E-Esattamente. Per questo la mia padrona preferisce rimanere nelle sue stanze a riposare...- rispose la giovane cameriera abbassando violentemente lo sguardo. Cecily si sentiva profondamente in colpa, come poteva non esserlo? E come se non bastasse lo sguardo del giovane Phantomhive non le piaceva per niente: pungente, stizzito e allo stesso tempo scocciato della notizia che gli aveva riferito
-E va bene. Grazie Cecily, puoi andare...- rispose congedandola sbuffando tristemente. Sperava tanto di cenare con lei, di terminare quel “piacevole discorso” che avevano terminato solo a metà. Ciel era diventato molto più curioso di “scoprire” l’intera vita di quella donna, ma dopotutto si rendeva conto del suo carattere spietatamente riservato, proprio come il suo.
Inchinandosi elegantemente la cameriera girò i tacchi e si diresse verso l’uscita, scontrandosi con Sebastian, quel maggiordomo per cui era arrivata a disubbidire alla sua amica. Guardandola dall’alto della sua statura l’uomo si limitò a sorriderle, mentre questa non ricambiò affatto. Anzi, abbassando lo sguardo Cecily lo aveva aggirato, e a passo svelto se ne era andata. Aveva intravisto una lacrima sul suo viso, ma non gli diede peso. Piuttosto il mero maggiordomo si lasciò cogliere dall’espressione pensierosa che era calata sull’ovale del suo padroncino, che sorreggendosi il viso sul palmo chiuso della mano, osservava il vuoto, giocando con uno dei coltelli posti sulla tavola
-Qualcosa vi turba bocchan?- domandò fiancheggiandolo
-La duchessa non si presenterà a cena...- si limitò a rispondere rimettendo disordinatamente a posto il coltello
-Sembrate esserne molto dispiaciuto-
-Volevo solamente terminare il nostro discorso. Tutto ciò è molto strano...- confessò sfiorandosi il mento e le labbra con il pollice prima di inchiodare violentemente il demone al suo fianco con un solo sguardo: forte e determinato, e Sebastian già pregustava l’ordine che stava per uscire dalle sue labbra fine
-Voglio che tu vada a tenerla d’occhio. Per tutta la notte sarai alle sue dipendenze-
-Si signorino- rispose accennando un inchino avviandosi verso l’uscio, e poiché’ gli dava le spalle, Ciel non fu in grado di vedere il sorriso beffardo e divertito che si era dipinto sulle sue labbra. Tuttavia, proprio quando Sebastian era giunto innanzi alla porta, la voce del piccolo Phantomhive lo fece arrestare di colpo
-Sebastian? Viola adesso si fida di me. So della sua perla. Pertanto non commettere azioni di cui potresti pentirti. Sono stato chiaro?- domandò spudoratamente malizioso sollevando l’angolo sinistro delle labbra verso l’alto, inducendo il demone nell’esporre un ghigno fastidiosamente loquente
-Yes, my lord- e dopo essersi inchinato una seconda volta al suo cospetto, il mero maggiordomo si dileguò nei meandri della villa.
 ***
Completamente immersa nell’oscurità,  il silenzio regnava sovrano... E Viola cominciava a sentirsi sola. Neanche la luna si era degnata di venire a farle visita con i suoi raggi candidi e pallidi. Rannicchiata in posizione fetale, con i piedi scalzi e l’abito ad incorniciarle le forme, la donna osservava la finestra stringendosi le braccia al petto. Cominciava a sentire freddo, ma non aveva la forza di infilarsi sotto le coperte. Si sentiva per la prima volta così debole, vulnerabile. Allo stesso tempo però, il veleno scorreva veloce nelle sue vene. E mentre questo le circolava senza sosta in corpo, l’odio per quel maggiordomo accresceva sempre di più. E batteva frenetico il suo cuore, sussultando ogni qual volta che la sua mente si concentrava su quel viso diafano, su quegli occhi scarlatti, sulla sua voce affilata come un rasoio. Strinse forte i denti, proprio come la sua mano che aveva cominciato a stritolare la stoffa della coperta scura su cui giaceva, infastidita del fatto che si stesse struggendo di domande per lui. Di questioni pericolose come:
“Perché’ sento questo fuoco nel petto?”
“Semplice, lo odio” si era risposta
“E perché’ lo odio?”
“Perché’ si è approfittato della mia migliore amica”
“Soltanto per questo?”

Ecco, questa era la domanda a cui non riusciva a darsi una risposta. E ciò la spaventava tremendamente. Mai le era capitata una situazione del genere, ed era proprio la sua inesperienza a turbare il suo animo. Duo tocchi leggeri alla porta, e la duchessa sobbalzò. Qualcuno aveva bussato alla sua camera, e il cuore aveva mancato un battito
-A-Avanti- disse voltandosi appena in direzione della porta. Con la luce del corridoio che gli illuminava le spalle, QUEL maggiordomo entrò trasportando un vassoio in argento dall’aria piuttosto pesante
-Perdonate la mia intrusione my lady- affermò fermandosi al fianco dell’ingresso, concedendosi qualche istante per osservare la donna: stesa come una dea greca su un triclinio di stoffe pregiate e legno intarsiato; con la veste bianca a contornarle una sinuosa linea che partiva dai piedi, allungandosi sino alle cosce, ai fianchi e salire sul braccio, la spalla e il collo, che appena inclinato, faceva ricadere i capelli come una impetuosa cascata. E i suoi occhi puntanti su di lui parevano turbati e affascinati allo stesso tempo della sua presenza
-Cosa ci fai tu qui?- domandò senza distogliere lo sguardo dal suo, non perché’  non lo volesse, ma come se non ci riuscisse... Come se quello sguardo fosse più magnetico di quanto pensasse
-Vi ho portato la cena- rispose ricambiando l’occhiata, chiudendosi la porta alle spalle
-Non ho fame, ma se lo desideri puoi lasciarlo sul tavolino- rispose fredda dandogli le spalle. E senza fiatare l’uomo si avviò a passo lento verso il suddetto tavolo e senza fare rumore lo lasciò andare. Aveva preparato appositamente per lei una cena a base di carne arrostita e speziata con patate di contorno, e come dessert una torta al cioccolato. Ma i suoi sforzi parevano non essere serviti proprio a nulla
-Posso fare qualcosa per voi my lady?-
-No, grazie- rispose immediatamente stringendosi un poco. Sebastian ammise che quella non era la risposta che si aspettava, ma annuendo si avviò silenziosamente verso l’uscita.
-Aspetta! Ora che ci penso c’è qualcosa che tu puoi fare per me...- aveva appena sfiorato la maniglia quando con audacia quella frase fuoriuscì dalle labbra della giovane. Allora il maggiordomo si voltò lentamente, e la vide che adesso sostava in piedi con le mani appoggiate al tavolo, sostenendosi. Guardava fisso il pavimento, non osava neanche cercare il suo sguardo. Viola sembrava non averne la forza
-Voglio che siate sincero. Perciò gradirei che rispondiate a tutte le mie domande-
-Si signorina- rispose inchinandosi appena
-Bene. Avete sedotto la mia cameriera, Cecily?- domandò senza perdere tempo, cercando di mantenere regolare il suo respiro, che come il suo cuore, cominciava ad andare fuori controllo
-Si- si limitò a rispondere senza lasciar trapelare alcuna emozione
-Ti è stato ordinato da Ciel?-
-No. E’ stata una mia idea. Se Cecily ci avesse visti non avrebbe permesso al bocchan di scoprire la verità su di voi my lady- questa volta il suo tono di voce era nettamente più spavaldo e ironico. Viola strinse i pugni
-Quindi l’hai usata...-
-Vi interessa?-
-Si, visto che si tratta della mia unica vera amica, caro Sebastian Michaelis- lo ammonì fissandolo dritto nei suoi grandi occhi cremisi. Penetrandolo in cagnesco. Sadico e malevolo il demone assunse un ghigno divertito, e sogghignando rispose:
-Se avete finito my lady, me ne torno alle mie mansioni...- mentì spudoratamente; non aveva altre mansioni che sottostare agli ordini della duchessa, ma amava stuzzicare il lato oscuro della giovane donna, e sentiva che con questa mossa avrebbe fatto centro. Si voltò dandogli scortesemente le spalle. E proprio quando la sua mano afferrò poderosamente la maniglia ottonata, qualcosa in pochi secondi gli passo accanto, sfiorandogli veloce i capelli. Un suono fastidioso e acuto si propagò per l’intero ambiente, e Sebastian ammirò la forchetta conficcata nella porta a distanza millimetrica dalla sua testa. Sorrise, voltandosi con sguardo accigliato mentre Viola brandiva tra le mani il coltello che avrebbe dovuto usare per tagliare la carne
-Non ho affatto finito mio caro. Questo è soltanto l’inizio!- ringhiò correndogli incontro, pronta per affondargli la lama nella carne. Gli angoli delle labbra di Sebastian si sollevarono verso l’alto, mentre facendo scivolare un coltello dalla manica della giacca scura, parava prontamente il colpo inflitto dalla donna, il cui sguardo diabolicamente ardente e sensuale si mescolava con il suo
-La pagherai per quello che hai fatto...- sussurrò a denti stretti allontanandosi appena per prendere lo slancio e attaccare nuovamente
-E perché’ mai? Non mi sembra di aver fatto nulla di male. Ho soltanto consumato del tempo con una bella donna my lady- ridacchiò malevolo evitando l’affondo
-Ma non fatemi ridere Michaelis. Voi vi siete approfittato dell’ingenuità della mia amica. Hai contaminato la sua essenza che con sacrificio ho cercato di mantenere intatta! Non vi perdonerò mai per questo!- e con un salto aggraziato la giovane duchessa riuscì a fare breccia nel petto del demone, penetrandogli le vesti con la lama, ma per sua sfortuna non la carne. Allontanandosi di scatto allora non riuscì ad evitare che la lama lacerasse il gilet e la camicia dell’uomo, lasciandolo con il torso parzialmente in vista. Il fisico statuario e la pelle marmorea del demone immediatamente colpirono lo sguardo della donna, che ne rimase interdetta e affascinata. E Sebastian rise alla sua espressione sensualmente impacciata
-P-Perché’ ti stai limitando a parare i miei colpi? Perché’ non ti difendi?- domandò stranita e indispettita mentre spavaldo e audace il demone si avvicinava sempre più verso di lei
-Semplicemente perché’ non ne ho il motivo my lady. E poi...- sussurrò carezzando dolcemente la guancia della ragazza, inchiodandola con lo sguardo, sfiorandole i capelli
-Potrei rischiare di deturpare il vostro bel viso- affermò scostandole una ciocca dietro l’orecchio mentre abilmente Viola gli puntava il coltello alla gola
-Attento a quello che dici demone. Io non sono una donna fragile e inesperta...- rispose ricambiando quel pericoloso scambio di sguardi che cominciava a fargli ribollire il sangue
-No, infatti sei molto di più- ridacchiò afferrandola per un fianco con la mano sinistra, portandola al petto. E mentre Viola premeva la lama contro la pelle chiara dell’uomo facendolo sanguinare appena, questo con la mano destra che brandiva il coltello, passò la lama sulla schiena della ragazza, strappandone violentemente i lacci che sorreggevano il suo abito. Impallidendo di colpo, e scostandosi violentemente dal demone, la duchessa si portò le mani al petto, lasciando andare il coltello al suolo, e afferrò la veste le cui maniche erano già calate dalle sue spalle ormai nude. Osservandola di sottecchi il diavolo tornò a farsi vicino, rimanendo estasiato dal lieve rossore che cominciava a colorare le sue goti
-Sembrate una Venere pudica...- affermò l’impavido maggiordomo afferrandole il viso per il mento, costringendola a guardarlo negli occhi
-Seducente non solo nel corpo ma anche nell’animo...- sussurrò sfiorandole una spalla, facendola dimenare tra le sue braccia
-Lurido cane, me la pagherai. Per questo e per Cecily- ringhiò scostandosi appena dal maggiordomo, che prontamente l’afferrò stretta per i fianchi. E bruciarono i suoi occhi, che dal pacifico verde mare si erano infiammati di una luce violacea e ardente
-Non sarà per caso, my lady, che voi siete gelosa?- domandò spavaldo portandola al suo petto, così che la poveretta non potesse ribellarsi più di tanto, se voleva rimanere vestita
-E di cosa dovrei essere gelosa? Sebastian tu ti sopravvaluti se pensi che io possa sostare in posizione orizzontale sotto di voi- ridacchiò audace penetrandolo con lo sguardo, sfidandolo con quegli occhi tanto belli e strafottenti per cui a stento riusciva a mantenere il controllo:
-Ah davvero? Verifichiamolo allora- domandò sfilandole abilmente il laccio del corsetto color carne, e con abilità innata riuscì a sfilarglielo dallo squarcio che le aveva fatto sulla schiena dell’abito.  Poi adagiando ambo i palmi sulle spalle nude della donna, la spinse contro il suo giaciglio, facendola atterrare nel mezzo del materasso, immobilizzandola sotto il suo stesso corpo, sebbene avesse cominciato a dimenarsi come una povera zebra tra le fauci di un leone
-Lasciami! Lasciami!- gridò complendogli il petto con i pugni. Snelle e pallide le sue gambe, volgarmente aperte sotto di lui, scalciavano timorose di essere violate, mentre Sebastian si portava le mani alle labbra, e con i denti si sfilava sensualmente i guanti che gli rivestivano le mani. Era molto più forte di quanto Viola avesse pensato. Rude, Sebastian afferrò per i polsi le braccia della duchessa, e li tenne ben saldamente premuti contro le coperte mentre si chinava pericolosamente contro il suo viso
-Sebastian! Seb...-
I suoi occhi si spalancarono di colpo mentre il suo cuore smetteva di battere. Premute contro di lei, le labbra del demone si scioglievano tra le sue. Calda, morbida e spietatamente dolce la bocca del demone prendeva possesso della sua. Impietrita, Viola rimaneva perfettamente immobile sotto di lui, fremendo all’impatto dei violenti brividi che le percorrevano tutto il corpo. Del tutto privo di malizia o lussuria quel bacio cominciava a farle girare la testa; cosa le stava succedendo? Cos’era quella piacevole sensazione che le scaldava il cuore, oramai del tutto autonomo? E mentre le mani del maggiordomo cominciavano ad allentare la presa sulla sua pelle, anche l’orgoglio della piccola Viola iniziava a sopirsi dentro di lei. Facendo scivolare le mani tra quelle della ragazza, Sebastian intrecciò le dita con quelle affusolate e gelide della castana, mentre quest’ultima aveva appena cominciato a far danzare le sue labbra con quelle del diavolo.  Per la prima volta Viola riuscì ad assaporare a pieno un sapore gustosamente amaro. E mentre il suo corpo non reagiva più al suo volere, la sua coscienza cominciò a farsi sentire più arguta e velenosa che mai. E quel dissidio interiore disintegrò in un batter d’occhio tutte le convinzioni, i dubbi e le speranze che la giovane duchessa teneva nascoste da tutto e da tutti nella sua testa
-N-No... B-Basta- sussurrò’ tenendo gli occhi serrati mentre i denti del maggiordomo in nero avevano cominciato a mordergli birichinamente il labbro inferiore
-La tua voce mi dice di “No”. Ma la tua bocca mi dice “Si”- ridacchiò divertito alla sua espressione totalmente succube dei suoi baci
-Ho detto BASTA!- ringhiò di colpo portandogli le mani al petto, spingendolo quel tanto che bastava per scostarlo da lei. Rimanendo a cavalcioni sopra il suo corpicino mezzo nudo e tremante, Sebastian rimase estasiato dallo sguardo vivido e bagnato della ragazza: le lacrime circondavano le sue palpebre lucidandogli le lunghe ciglia; il rossore a forma circolare sulle sue goti le conferiva il colorito di una splendida bambola di porcellana. Era così bella la sua Viola. Eppure era così triste, quell’ardore di cui aveva preso assuefazione sembrava essere annegato in quel fiume che annacquava i suoi occhi. Era spaventata la sua piccola Viola, intimorita da un sentimento più grande di lei, ma soprattutto lacerata dal terrore che quell’uomo si stesse soltanto prendendo gioco di quel poco d’umano che c’era in lei. La sua cassa toracica si sollevava frettolosamente, mentre la duchessa fissava gli occhi languidi e rossi di un Sebastian rapito e corrotto dalle sue gemme stillate dagli occhi
-C-Chiedo venia, my lady- fu tutto quello che il demone riuscì a dire, scendendo dal suo corpo, coprendosi il petto senza dare troppo peso agli strappi sulle sue vesti.
Sollevandosi appena la giovane Killarney si asciugò sgraziatamente le lacrime, riacquistando il pieno controllo della situazione, tornando ad indossare, finalmente, i panni della donna spietata e senza cuore con cui da anni aveva convissuto, quasi come una seconda pelle sopra di lei
-Questo bacio tra noi non c’è mai stato, e mai si ripeterà... Sono stata sufficientemente chiara?- domandò cercando lo sguardo di un Sebastian che annuiva a sguardo basso, degradato dall’orgoglio
-Esigo che mi si guardi in faccia quando parlo, demone- affermò spietatamente gelida pretendendo che quei bellissimi occhi cremisi la guardassero ancora una volta, penetrandola con il suo rosso vivo e intenso. Il maggiordomo strinse i pugni prima di sollevare lo sguardo, e tuffarsi nell’ardore sottile e maligno della mezzosangue per cui stava rischiando di deturpare la sua preziosa estetica di maggiordomo demoniaco
-Io non giacerò mai con uno della vostra lurida razza dannata. Quella di oggi è stata soltanto una futile debolezza che non ricapiterà una seconda volta. E adesso vattene. La tua presenza mi disgusta- era stata a dir poco brutale, ma per evitare che la sua testa e il suo cuore riprendessero a disobbedire al suo volere, per far si che non risentisse ancora quella magica sensazione di completezza che aveva provato tra le sue braccia focose e prestanti, Viola aveva preferito troncare il tutto sul nascere.
“Non commettere azioni di cui potresti pentirti” gli aveva ordinato Ciel. Ma Sebastian non si pentiva affatto di quello che aveva fatto. Ma nel profondo del suo animo dannato comprendeva bene la sua reazione; dopotutto lui per primo era stranito e toccato dalla marea di sensazioni positive che quel bacio, quel gesto folle e sconsiderato, era riuscito a scatenare dentro di lui.
Pertanto, senza dire nulla, Michaelis s’inchinò dinnanzi alla donna dal bellissimo sguardo impostatamene serio. E con lo scoccare delle tre del mattino Sebastian si dileguò

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


 Eppure aveva trovato il modo di dormire. Dopo tutta quella bislacca baraonda di emozioni contrastanti, Viola era riuscita a prendere sonno, aiutandosi con due bocconi della torta al cioccolato di Sebastian. Un battito, solo il suono di quel nome che si insidiava nella sua testa era riuscito a farle mancare un battito cardiaco, e il peperoncino contenuto nell’impasto le ricordava la “piccantezza” delle sue labbra premuto contro di lei
“Ti piace?” sussurrò quella voce sadica e smielata nel suo orecchio mentre tutto attorno si celava in un fitto buio
“Affatto. E smettetela di entrare nei miei sogni!” rispose sbuffando, incrociando le braccia nello stesso istante in cui le braccia del demone che l’aveva generata la stringeva a se, con una dolcezza frenata... Distaccata dai normali ruoli di un padre
“Se ti piace così tanto, bambina mia, cosa aspetti?” domandò lasciandola andare, mentre quest’ultima rimaneva basita e turbata dalla sua domanda
“Come?!”
“Sebastian Michaelis. Provi qualcosa per lui e come padre...”
“Come padre? Ditemi, quando mai siete stato un padre per me?!” domandò digrignando i denti, lasciando che il veleno demoniaco in circolo nel suo corpo le annebbiasse la vista, macchiandole le iridi
“E poi tra me e quell’animale non c’è nulla” concluse la frase incupendosi di colpo. “Sebastian Michaelis” di nuovo quel nome, di nuovo un passo leggiadro del suo cuore ballerino
“Curioso... Mi sembrava che quel bacio tanto passionale e focoso ti fosse piaciuto” rispose dandole un buffetto canzonatorio sulla fronte. Spalancando appena le labbra la giovane duchessa rimase letteralmente senza parole. Sapeva delle capacità sensoriali di suo padre... Ma come aveva fatto a vedere quello che era successo tra lei e quel maggiordomo?
“Buona notte piccola Viola” sussurrò rapido avvicinandola velocissimo. Baciandole una guancia con tenerezza beffarda, mentre tutta la struttura del suo sogno cominciava a sfumare via
“N-No aspettate! Padre! Padre!” gridò sentendo girare la testa, e la quiete oscurità che l’abbracciava crollava al disotto di spiragli dorati che le bruciavano gli occhi
-Padre! Padre!- scalpitava e si dimenava tra le lenzuola mentre Cecily al suo fianco tentava di tenerla ferma, chiamandola in continuazione
-Signorina!? Ma insomma si calmi!- e grazie alla sua ammonizione, la castana spalancò gli occhi, sollevandosi di scatto; lasciando calare le lenzuola e le vesti, ancora strappate, sul suo grembo. Lo sguardo stanco e sperso nel vuoto, il colorito pallido del suo viso e il sudore che grondava dalla sua fronte non preannunciavano niente di buono
-My lady tutto bene?- domandò la mora scostandole una ciocca ribelle dal suo viso, accostandola dietro l’orecchio
-Era solo un brutto sogno Cecily...- sospirò sommessa sorridendo appena
-Ma cosa vi è capitato? Avete le vesti sgualcite e rotte...- ma la cameriera non ebbe il tempo di terminare la frase che la duchessa la zittì con un flebile
-Non farmi domande per favore- al che’ la giovane non fiatò e si sollevò dal giaciglio della sua padroncina
-Passami il thè per cortesia- le faceva male la testa. Aveva così tante visioni in mente che non riusciva più a pensare: i suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo sopra il suo. inchinandosi appena Cecily le versò la bevanda calda in una bella tazza in porcellana, e bevendo voracemente Viola cercò di non ricordare più... affogando i suoi pensieri nel liquido ambrato tra le sue labbra
-Hmm gelsomino! Mi serviva proprio- ridacchiò rallegrando l’animo della cameriera al suo fianco
-Il signor Sebastian ha aggiunto un cucchiaino di miele alla miscela. Infatti anche l’odore è molto gradevole- rispose avviandosi verso il baule della duchessa, senza notare il pallore sbiancare nuovamente il suo viso. Mandando di traverso il thè che aveva in bocca, Viola tossì appena riponendo, con mani tremanti, la tazzina all’angolo del suo comodino
-Il conte Phantomhive è la piano inferiore che vi aspetta per fare colazione. Dice che vuole parlarvi di una questione a proposito delle indagini- affermò Cecily estraendo un sobrio abito beje a maniche lunghe con la gonna plissettata. Annuendo la castana si sollevò velocemente dal suo giaciglio, saltellando quasi a passo di danza dentro il paravento, lasciando scivolare al suolo le vesti oramai rovinate e buona parte delle lenzuola. Queste tuttavia riversarono sul pavimento un paio di guanti da uomo, e Cecily immediatamente li riconobbe come “i guanti morbidi e candidi del signor Sebastian”. Li ricordava molto bene, dopotutto quel maggiordomo non si era neanche preoccupato di toglierli durante il loro breve e intenso attimo di “intimità’” di cui, nel cuore di Cecily, non ne era rimasto nulla.  Sentiva passione, lussuria... Ma nient’altro
-Signorina Viola ma quelli non sono...?- cominciò la domanda indicandoglieli con lo sguardo. E quando i suoi occhi si posarono sul suddetto paio di guanti, le sue labbra ebbero un sussulto
-Niente domande Cecily, ti prego- rispose senza andare in cerca di scuse o giustificazioni varie, imperando e basta
-Come desiderate my lady- rispose infine la cameriera tornando, incuriosita più che mai al suo lavoro.
 
Con i capelli raccolti sulla spalla sinistra, la duchessa sorseggiava il suo thè seduta al tavolo con delle calde brioches sotto il naso, mentre Ciel, che aveva già finito di mangiare, leggeva il quotidiano che aveva ricevuto solo qualche ora prima, lo stesso su cui aveva trovato quell’interessante notizia di cui voleva discutere con la sua ospite:
-Ebbene? Di cosa volevate parlarmi?- domandò senza distogliere lo sguardo dal suo piatto, facendo sorridere il suo giovane compagno, che sollevandosi dalla seggiola imbottita, camminò verso di lei lasciandole, proprio sotto gli occhi, una pagina del giornale
-Guardate voi stessa my lady- affermò incitandola a leggere l’intestazione in grassetto:

“BENEFICENZA PER L’ORFANOTROFIO DI SANTA CLARA:
il visconte Druitt e’ lieto di annunciare il favoloso ballo in maschera che si terrà presso l’orfanotrofio il 24 Aprile dal calar del sole fino a notte fonda... La città freme dall’euforia”


-Sembra che a parteciparvi, assieme ad altri nobili, saranno presenti anche persone che avevano frequentato l’orfanotrofio. Sarebbe una buona occasione per fare qualche domanda a riguardo degli omicidi non trovate?- domandò il giovane Ciel restando impalato al suo fianco, intento nel fissare l’espressione compiaciuta, nostalgica e divertita allo stesso tempo della ragazza, che sorridendo sollevò lo sguardo, fissandolo dritto negli occhi, rispondendo con un secco:
-Si, lo sarebbe-
-Dovremmo trovare il modo per ottenere l’invito, anche se sarà difficile constatando che il ballo è domani- corrucciando la fronte il giovane conte si mise a pensare a braccia conserte
-A questo posso pensarci io, mio caro...- ridacchiò euforica sollevandosi dalla sedia, avviandosi verso l’uscio
-E come pensi di fare?- domandò facendola arrestare proprio innanzi alla porta. Facendo retro front, la duchessa scivolò leggera vicino al piccolo conte, stringendolo in un dolce abbraccio, uno di quelli a cui Ciel non era abituato, uno di quelli che con nostalgia rifiutava sempre
-Datemi qualche ora. Non vi deluderò...- sussurrò birichina uscendo a passo svelto dalla sala, lasciando il povero ragazzo basito e incuriosito più che mai.
Si sentiva stranamente euforica, forse per il fatto che già conosceva il visconte, o forse per il semplice fatto che così facendo non si sarebbe ritrovata il bel visetto del demone aggirarsi continuamente nei dintorni. Già fantasticava sull’essere libera da quel magnifico volto pallido; dalle labbra morbide e vogliose; dagli occhi languidi e magnetici; dalle sue mani forti. Di colpo, come appena risvegliata da un sogno, ed era proprio così, Viola si fermò nel mezzo del corridoio per due semplici motivi: 1. Stava pensando a lui, e quello che pensava non le piaceva affatto. 2. Sebastian Michaelis, il demonio da cui voleva a tutti i costi stare lontana, si era parato proprio davanti a lei, e il mondo in cui la guardava era sadicamente tenero da parte sua
-Buon giorno lady Killarney. Sono desolato di non essermi presentato a colazione, ma ho avuto delle faccende da...-
-Certo, certo- lo zittì con un cenno della mano, passandogli affianco per poi fermarsi proprio accanto a lui, fissandolo di sottecchi, mentre a sua volta il demone la guardava
-Avete lasciato i vostri guanti nella mia camera. Voglio che spariscano prima del mio ritorno. Capito?- inflessibile e austera Viola lo guardò con stizza, sebbene ci fosse una magnetica intesa tra i loro sguardi
-Sarà fatto- rispose sollevando l’angolo sinistro delle labbra in un riso tutt’altro che sincero
-Me lo auguro...- e proseguendo dritta per la sua strada, la duchessa non lo degnò più neanche del più misero sguardo.
 
Sola, come sua consuetudine “in missione”, Viola giungeva presso i cancelli della pacchianamente maestosa dimora di lord Chamber. Erano trascorsi parecchi anni da quando era entrata per la prima, e ultima volta dentro quella villa, e non aveva dimenticato il viso angelico del visconte. Un bell’uomo, affascinante e affabile... Ma decisamente troppo eccentrico per i suoi gusti. Scesa da carrozza la giovane sollevò lo sguardo nell’ammirare l’eleganza della facciata tinta di bianco, e il grande portone in legno massello che si apriva pesantemente, facendo uscire un servitore piuttosto anziano ma arzillo, che immediatamente l’accolse garbatamente
-My lady non eravamo al corrente della vostra piacevole visita...- cominciò inchinandosi elegantemente prima di incitarla a seguirlo all’intero. Sfarzoso e luminoso, quel luogo non era cambiato neanche di una virgola: mobili pregiati, tessuti importati dall’oriente e un gradevole odore nell’aria dovuto alla presenza di fiori freschissimi e esotici. Camminarono per un lungo corridoio dai mille quadri appesi raffiguranti nature morte, paesaggi e divinità pagane. Il visconte Druitt non aveva badato a spese pur di rendere la sua casa la “culla” della bellezza
-Perdonatemi ma lord Chamber al momento è impegnato in un colloqui privato...- affermò esortandola a prendere posto sul divanetto che fiancheggiava l’ingresso allo studio del visconte
-Buon uomo, ditegli che lady Killarney è venuta per lui. Sono sicura che sarà in grado di tralasciare il resto per qualche minuto...- con un tono soavemente angelico la duchessa narco appena il collo, osservando intensamente le iridi del vecchio, che arrossendo appena chinò il capo senza rispondere. Dopotutto questa era una delle sue armi letali: la dialettica, che mischiata ad una buona dose di seduzione era in grado di farle ottenere tutto quello che desiderava. Si dileguò in solo battere di ciglia, e dopo qualche istante sentì quella voce zuccherosa ed eccitata trapassare lo spessore della porta a trapanarle l’udito
-Cosa aspetti?! Non si deve mai fare attendere una donna!- e dopo un breve attimo di silenzio, l’uomo il cui rossore sembrava essersi dileguato, la invitò ad entrare.
Non appena Viola varcò l’ingresso, il giovane posto alla poderosa scrivania intarsiata, si sollevò in piedi, accogliendola con grande gioia, una vivacità che regalava al suo bel viso un sorriso divertito e euforico
-My lady! Venere rimarrebbe allibita da cotanta bellezza!- ridacchiò afferrandole ambo le mani per baciarne i dorsi rivestiti dal sottile guanto in stoffa marrone. Viola fissò per qualche istante le iridi limpide dell’uomo, incorniciate da una folta chioma dorata che ne metteva in risalto la lucentezza. Era bello, lo era sempre stato. Ma il suo cuore non si era segnato neanche del più miserabile degli impulsi. Rimaneva li, sopito nel suo petto; non batteva per chiunque
-Sono felice, Aleister, che voi vi ricordiate di me...- rispose abbassando di qualche tonalità la voce, rendendola lievemente bassa e terribilmente audace, a tal punto che il giovane visconte ebbe un fremito capace di fargli aggrinzire la pelle
-Come avrei potuto dimenticarvi mia cara? Voi che siete stata Il grande amore della mia vita...- spavaldo, come suo solito, il biondo trapassò la ragazza con uno sguardo che per altre ragazze sarebbe potuto risultare fatale. Circondò la vita stretta della piccola Viola con un braccio, portandola al suo petto. Un brivido congelato e viscido s’arrampicò sulla sua schiena, ma non lo fece notare. Ridendo fintamente lusingata dalle sue premure, posò un palmo sul petto del visconte, scostandolo da quella vicinanza fastidiosa
-Lo dite a tutte quante non è vero?- ridacchiò assumendo elegantemente una posa pudicamente irresistibile, sbattendo le sue lunghe ciglia che fecero sciogliere l’uomo in un fremito pieno di pathos. Scosse la chioma dorata portandosi una mano in fronte, socchiudendo i suoi grandi occhi blu dalle sfumature grigiastre
-Siete così crudele!- singhiozzò fintamente intristito prima di sporgersi nuovamente contro il visetto candido e falsamente ingenuo della fanciulla. Lord Chamber era così vicino che Viola poteva sentirne il fiato sulle guance
-Voi meritate più attenzione delle altre, duchessa...- sussurrò piano avvicinandosi sempre più. e proprio mentre Viola cominciava a sentire i conati di vomito al solo pensiero che quell’uomo stava per baciarla che un applauso, breve ma be calcolato, li interruppe proprio quando il visconte era a un passo dal rubarle quel bacio che da anni bramava.
Seduto su una poltrona di stoffa bordeaux imbottita, un giovane, a cui Viola non aveva fatto caso, era intervenuto proprio al momento giusto, salvandola dalle grinfie di lord Chamber. Inizialmente neanche lo aveva notato, ma adesso che aveva deciso di entrare in azione, per la duchessa fu particolarmente difficile non impallidire guardandolo: con le gambe pallide graziosamente accavallate, rivestite solamente da un misero pantaloncino; un sorrisetto sadicamente divertito e uno sguardo beffardo e birbante che sbucava da un caschetto dorato
-L’intesa tra di voi è quasi surreale- ridacchiò sfoderando un riso infantilmente tenero e dolciastro, mentre Viola s’irrigidiva dalla testa ai piedi
-Perdonami per la scortesia. Caro Alois lei è la mia amatissima Viola Killarney- affermò orgoglioso stringendo la ragazza per un fianco, mentre il giovane conte lanciava uno sguardo d’intesa alla piccola duchessa
-Ho già avuto il piacere d’incontrarla. E sono lieto di rivederla qui, oggi...- la sua frase tralasciava qualcosa. Era molesta, sebbene fosse sbucata dalle labbra di un ragazzo assai giovane. Celava qualcosa di depravato nel suo tono, e Viola lo sentiva come un brivido caldo penetrarle fin dentro le ossa
-Lord Trancy! E’ bello rivedervi così... presto- affermò riacquistando buona parte della sua elegante compostezza, allungando una mano contro il giovane, che nel frattempo, le era corso incontro. Con un sinuoso inchino il ragazzo le baciò la mano con sobrietà. Poi però, sollevando di scatto lo sguardo, i due si fissarono. Era fin troppo loquente quel silenzio, tanto da disorientare la ragazza per qualche istante, giusto il tempo, per Alois di stringerla tra le braccia, in un abbraccio sprezzante e infantile
-Come mi siete mancata!- ridacchiò posando una guancia sul suo petto, osservandola di sottecchi. Sperava in un qualche rossore sulle sue morbide goti levigate da uno spiraglio di luce soffusa, ma il piccolo Trancy dovette amaramente accontentarsi di un sorriso birichino, e di uno sguardo che ben accoglieva la nuova sfida che le se presentava davanti
-Oh bene! Mi rallegra la presenza di due persone eleganti e raffinate come voi! Ma prego my lady si accomodi. Suppongo che dovevate parlarmi di qualcosa...- cortesemente il visconte fece accomodare la giovane donna su una morbida seggiola, rivestita da stoffa verde bottiglia, che sostava proprio dall’altro lato della maestosa scrivania
-Avete immediatamente compreso le mie intenzioni. Ebbene sono venuta a sapere della vostra brillante idea del ballo in maschera solo stamani. Sapete bene che amo fare beneficenza. Pertanto...- lasciò la frase a metà, concentrandosi sull’interno della piccola pochette beje che teneva tra le mani. Afferrandolo delicatamente con le punta delle dita, Viola ne sfilò un foglietto rettangolare di carta piegato una volta su se stesso
-Questo è un piccolo contributo da parte mia e del conte Ciel Phantomhive...- terminò la frase lasciando l’omonimo foglietto tra le mani del giovane Chamber, che dopo averlo riconosciuto come un assegno rimase semplicemente sbalordito dalla tutt’altro che modesta somma sovraimpressa
-Oh, my lady... Voi avete un cuore così grande. Devono piacervi molto i bambini! Ah angeli del cielo quanta bontà nel vostro animo purissimo- esasperata sollevò gli occhi al cielo riuscendo abilmente nel non farsi notare dal visconte, che quasi giunto alla commozione disse
-Mi ritengo fiero della mia campagna, non mi aspettavo che suscitasse un così grande successo. Pensate, mia cara, che anche il giovane Trancy questa mattina è venuto per effettuare una donazione!- ebro dall’allegria osservò incantato il soffitto, quasi alludendo all’infinito cielo. Immediatamente la lady si voltò in direzione del giovane conte, che beffardo le sorrise nuovamente
-Ma non mi dire...- sussurrò a denti stretti imitandolo, esponendo il più finto dei suoi risi
-Desidero ringraziarvi per tutta questa generosità!- esclamò Druitt aprendo lentamente il cassetto destro, estraendone tre buste di carta color avorio, sigillata da uno stemma in ceralacca dorata
-Voglio vedervi al mio ballo domani! Anche il giovane Phantomhive e’ incluso ovviamente!-
-Non vedo l’ora! Ora perdonatemi ma impegni urgenti necessitano della mia attenzione...- rispose la giovane sollevandosi dalla sedia, venendo raggiunta immediatamente dall’euforico padrone di casa, che sfacciatamente le prese le mani tra le sue
-Già scappate via mia piccola dea?- con occhi languidi e ammalianti il visconte tentò più volte di convincerla di rimanere in sua compagnia. Tuttavia quello che Viola desiderava più di ogni altra cosa, in quel momento, era di tornare alla Town House e togliersi dai piedi sia lui che la presenza molesta di Alois Trancy
-E sia! Non posso certo costringervi. E poi fremo dalla curiosità di scoprire in cosa vi travestirete domani-
-Date tempo al tempo mio caro. A domani!- ridacchiò inchinandosi educatamente prima di congedarsi a passo moderato. Il suono dei suoi tacchi sul pavimento rimbombavano per tutto il corridoio, mentre la porta che si era lasciata già qualche metro alle spalle, si spalancò di colpo facendola fremere
-Viola! Viola!- non riuscì neanche a voltarsi che Trancy l’aveva già raggiunta grazie alla sua corsa graziosamente rapida
-Lasciate che vi riaccompagni presso la villa di Ciel. Claude è qui fuori con la carrozza che ci aspetta- rimasta un po’ sulle sue, Viola si domandò più e più volte se fosse saggio fidarsi di quel paio di occhietti impuramente limpidi
-Non preoccupatevi. Amo camminare...- svicolò tornando a camminare lungo il corridoio, sorpassando una decina di quadri e di colonne prima di sentire le dita gelide e affusolate del ragazzo stringersi lievemente attorno al suo polso
-Insisto...- e a giudicare dal tono che aveva assunto, non c’era niente da fare.
 
Claude conduceva la carrozza mentre all’interno dell’abitacolo un silenzio quasi tombale sovrastava i due giovani nobili: da una parte Viola, che malediceva se stessa di aver accettato il passaggio; dall’altra Alois, che a gambe accavallate e spalle rilassate, osservava a tutto tondo la donna che evitava il suo sguardo. Si soffermò nel fissare i due bottoncini che le coprivano il collo, e ciò lo infastidì notevolmente: amava il pallore della sua pelle, ma soprattutto quel collo slanciato e diafano su cui pendeva una perla assai affascinante
-Immagino che la donazione era soltanto un pretesto per ottenere gli inviti. Non è cosi?- incalzò il biondino cogliendola, in un primo momento, alla sprovvista
-Non è quello che avete fatto anche voi?- rispose intrepida con sguardo di sfida. Quel bambino non le piaceva per niente... C’era qualcosa che non le convinceva, e non vedeva l’ora di scoprire di cosa si trattasse, anche se questo avrebbe richiesto tempo e fatica per la sua affabile astuzia. Con ghigno beffardo Alois la guardò nuovamente nella sua totalità, mordendosi appena l’angolo delle labbra
-Non mi piace il modo in cui mi state guardando, lord Trancy- confessò tranquillamente senza minimamente scomporsi, atteggiamento che lo colpì e affascinò particolarmente
-Ah no?- ridacchiò divertito
-... Ve lo strapperei dal viso, se solo ne avessi l’opportunità-
-Possiamo sempre crearla non trovate?- dal tono maliziosamente ostinato, Alois si sollevò dal suo posto per scivolare leggero dinnanzi alla giovane, sedendosi, con fare audace, a cavalcioni sul grembo della donna che non mostrava neanche il minimo accenno di imbarazzo
-E’ impressionante il desiderio che scatenate in me, lady Killarney...- sussurrò sfiorandole la guancia con la punta del naso, portando le mani sul suo collo, carezzandolo dolcemente prima di sbottonare lentamente quei due fastidiosi bottoni che gli impedivano la visuale del suo formoso decolté’, e della sua splendida perla
-Tuttavia sono sicuro che per una come voi, attenzioni del genere fanno parte della solita routine...- scendendo con le labbra sul suo collo, Alois baciò la sua pelle con affamata avidità, mentre un brivido nauseato trapassava la carne della ragazza. Annoiata dalla sua presa di posizione, Viola abbassò lievemente lo sguardo, osservando con un sopracciglio sollevato, il giovane conte, che scivolato sul suo petto, si divertita a stuzzicarla leccandole dispettosamente il seno che contornava il suo prezioso pendente. Tuttavia un lieve particolare colse la sua attenzione: proprio su quella lingua, rosea e ruvida i suoi occhi avevano visto qualcosa. Un disegno che purtroppo non era in grado di codificare a causa della tempestosità del suo ardore. Approfittando della situazione allora, Viola decise di ricorrere alla seduzione come arma per indagare su quel curioso particolare che aveva cominciato a tormentarla
-Non crederai che ti lasci fare così spero...- ridacchiò posandogli una mano sul petto, applicandovi una piccola pressione, che fuori dalla portata di una comune donna umana, riuscì a far sollevare il giovane conte, e farlo sedere proprio sul sedile dove precedentemente sostava. Ribaltando la situazione, Viola si mise sulle ginocchia esili del giovane, che incredulo la lasciò fare. Chinandosi contro il suo viso la castana si sporse l’orecchio del conte, leccandogli sensualmente il lobo, gesto che inevitabilmente lo fece fremere
-Sono curiosa lord Trancy... Molto curiosa – e lavorandogli la cartilagine con il dolce giocare dei suoi denti, un lieve rossore comparve sulle guance, e un respiro gravoso e affannato dischiuse le sue labbra annunciando che era il momento di agire. Rapida e spietata con una sola mano Viola afferrò Alois per la gola, costringendolo con la mano libera di aprire la bocca. proprio come sospettava sulla sua lingua c’era impresso un simbolo... Un simbolo maledetto di cui si augurava l’inesistenza. Trattenendo il fiato la ragazza si scagliò contro l’altro lato dell’abitacolo, il più lontana possibile da lui. Questo ridendo beffardo e sadico, si massaggiò la gola prima di osservarla compiaciuto dal pallore del suo sguardo
-Oops! Mi avete scoperto mia cara- furono le sue ultime parole prima che la carrozza si fermò proprio davanti casa Phantomhive.

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


Un suono sottile e melodioso s’inoltrava in ogni angolo della casa, facendosi man mano più profondo e malinconico. Proveniva dal salotto il canto melanconico e raffinato del violino che Ciel teneva incastonato sulla sua spalla sinistra. Al suo fianco, il mero maggiordomo si limitava ad ascoltare. Più la musica proseguiva con il suo sinuoso corso, più la mente del malcapitato demone si annebbiava di visioni inusuali per la sua persona:
“Le lacrime circondavano le sue palpebre lucidandogli le lunghe ciglia; il rossore a forma circolare sulle sue goti le conferiva il colorito di una splendida bambola di porcellana. Era così bella...”
 Proprio in quel medesimo istante il portone d’ingresso alla villa si chiuse rumorosamente, interrompendo bruscamente sia il brano di Ciel che i ricordi del suo servitore. Il giovane conte andò in contro alla duchessa che si era appena barricata all’interno della villa, mentre lo sguardo di Sebastian veniva rapito dalla carrozza all’esterno dell’abitazione: profilo marmoreo, occhi d’orati e occhiali eleganti da vista adagiati sul naso; Claude si stava allontanando con il suo padroncino all’interno della vettura. Automaticamente un ghigno interrogativo si dipinse sul suo volto, prima di disintegrarsi con l’ingresso della piccola Viola all’interno del salotto. Sembrava che il pallore sul suo viso fosse più candido del solito, e con sguardo basso giungeva sino alla poltrona, accomodandosi elegantemente. Focalizzandole il viso, Sebastian fu del tutto certo che c’era qualcosa che non andava nell’animo della donna; doveva esserci lo zampino di Trancy di mezzo
-Avete uno sguardo smorto... Non siete riuscita nel vostro intento?- domandò il giovane Phantomhive cogliendo il velo incerto e macchiato che contaminava tutto il suo sguardo. A quella domanda Viola sollevò il viso, riacquistando in parte la sicurezza sprezzante e birbante che inondò di un piacevole sollievo i due uomini presenti
-Al contrario mio caro!- ridacchiò sfilando dalla pochette i due inviti al ballo in maschera, sventolandoglieli infantilmente sotto il naso
-Ottengo sempre quello che voglio. Tuttavia...- precisò adagiandosi comodamente sulla poltrona con fare esausto. Stanco ma allo stesso tempo assente, pensieroso
-Tuttavia?- ripete’ Ciel afferrando una delle due lettere. Divertito ne lesse il contenuto. Poi guardò di sottecchi la donna che ancora non aveva risposto
-Anche il giovane Trancy e’ stato invitato-
-ne siete certa?-
-Assolutamente. Era con me alla villa quest’oggi. E si e’ disturbato perfino di riportarmi qui...- affermò distogliendo lo sguardo da Ciel, fissando il pavimento mentre con una mano si accarezzava timidamente il collo, ancora scoperto. Viola trasalì silenziosamente inarcando la schiena, assumendo una posa involontariamente elegante. Il cuore le batteva forte nel petto al solo ricordo di quel sigillo maledetto. Aveva giocato con il fuoco e si era scottata, ma sapeva che quella lieve bruciatura era niente in confronto a quello che sarebbe potuto succedergli: dopotutto Alois era gestibile, ma sarebbe riuscita a sfuggire a Claude? O sarebbe successo come con Sebastian, Inerme tra le sue grinfie?
Riprendendosi dal suo breve attimo di smarrimento, la castana sollevò lo sguardo, fissando il blu profondo dell’occhio del conte
-Come ci siete riuscita?- domandò quest’ultimo giungendo al suo fianco
-Segreto professionale- si limitò a rispondere alzandosi dal seggio, sollevando gli angoli delle labbra fine in un riso strafottente e loquente
-Adesso perdonatemi ma vado nelle mie stanze. Sapete sono al quanto stanca...-
-Lo credo bene!- affermò sadicamente malizioso il giovane conte congedandola con un ghigno beffardo. Quasi istintivamente Viola rise di gusto, voltandosi lentamente verso l’uscita, scontrandosi nuovamente con lo sguardo pesantemente interrogativo e rovente del diavolo. Rimasero a guardarsi immersi nel più totale silenzio per una quindicina di secondi. Poi, con una smorfia simile ad un sorriso compiaciuto, la duchessa si avviò verso le scale. E Sebastian la guardò correre via, passargli sotto il naso con grazia. E Ciel, a sua volta studiò quello sguardo tagliente e penetrante che il suo maggiordomo regalava al vuoto. Osservò sterile, come uno scienziato, l’evolversi dell’insolito “sintomo” in quella che adesso sembrava una vera e propria “malattia”: l’amore. E rise sotto i baffi, lui... così piccolo ed inesperto che spiava quel sentimento attraverso il corpo del suo servitore. Attraverso lo sguardo incredulo e rapito di un diavolo.
 
-Un ballo in maschera?! Dite sul serio?! Oh signorina ma e’ fantastico! Provvedo subito a cercarle un costume adatto!- brillavano d’euforia gli occhi dolci, color cioccolato, della sua Cecily. Erano passati anni ormai da quando partecipava alle serate mondane della vita di corte. Ben quattro anni, durante i quali la giovane donna era costretta a guardare la sua padroncina appassire dentro un’enorme gabbia d’oro. Per qualche tempo Viola smise di pensare ad Alois Trancy, a Ciel Phantomhive e ai loro rispettivi demoni; al momento pensava soltanto a rallegrarsi con la freschezza e l’armonia che la sua amica sprizzava da tutti i pori, volteggiando per la camera da letto con sguardo sognante. Era bello vederla così... Felice. Lady Killarney infatti invidiava molto la sua amica: non era alla fuga della lussuria dei dannati; non era contaminata dal sangue demoniaco...
-A dire il vero ho già in mente il costume per domani. Devi soltanto andare a comprarlo- ridacchiò la giovane lady
-Davvero?-
-Esattamente. L’ho commissionato questa mattina da un sarto a Piccadilly. A quest’ora dovrebbe essere pronto...- rispose la duchessa sciogliendosi la mezza coda con cui costringeva le sue onde brune su una spalla. Successivamente, dopo averli districati, Viola afferrò la borsetta che aveva lasciato sullo scrittoio e ne estrasse un piccolo portafogli
-Ecco, fa chiamare una carrozza e vallo a ritirare. Mi raccomando Cecily che sia ben incartato...-
-Uhh si tratta di una sorpresa?- domandò la cameriera dopo aver infilato i soldi nella tasca della calda gonna di lana facendola scoppiare in una fragorosa risata
-Si, considerala una sorpresa mia cara-   
 
Era uscita da circa una mezzora, e senza Cecily Viola spendeva il suo tempo a crogiolarsi tra le lenzuola, guardando il soffitto, mentre lentamente la sera calava su tutta Londra, incupendo la sua camera da letto. la sua veste pesante beje giaceva disordinatamente al suolo, così proprio come le sue scarpe e le sue calze. Tutto quello che aveva addosso, che mascherava con la soffice trapunta bluastra, era soltanto un completo intimo di seta color avorio dalle bretelle e l’orlo dei calzoncini di merletto candido. Braccia e gambe rimanevano nude, ben protette dal calore delle coperte. Si passò la lingua sulle labbra screpolate dal freddo, mentre sentiva la gola bruciarle. Aveva una maledetta voglia di thè al gelsomino con un cucchiaino di miele, proprio come quello che il maggiordomo gli aveva preparato per colazione.  Assaporare il connubio tra il sapore deciso del thè nero e dell’aroma avvolgente del gelsomino era stato a dir poco sublime. E il miele addolciva il tutto in un soffice abbraccio. Sentendo il cuore mancare qualche battito, la duchessa spalancò di colpo gli occhi sollevandosi di scatto, facendo calare le coperte sul suo grembo. Si rese pericolosamente conto che non aveva soltanto descritto un semplice thè... ma aveva fatto un dettagliato ritratto di Sebastian Michaelis. Erano bastate pochissime parole per farle venire a galla i ricordi:
“Deciso”
“Avvolgente”
“NERO”... Come il colore dei suoi capelli, della sua veste, della sua anima.
Scivolando fuori dal comodo letto, Viola raggiunse ad ampie falcate il suo baule. Ne rovistò l’interno, e da esso ne fece venir fuori una pregiata vestaglia di seta in tinta con il suo completino. Annodandosi la cintura attorno alla vita, la duchessa raggiunse scalza l’uscio. Si affacciò quasi timorosa di essere avvistata da qualcuno, e dopo essersi accertata che il corridoio fosse vuoto, sgattaiolò fuori. Non sapeva di preciso cosa stesse facendo, tutto quello di cui era certa era che aveva una gran sete, e non avrebbe aspettato ne’ il ritorno della sua cameriera, ne’ il servizio in camera di quel maggiordomo. Proprio per evitarlo Viola aveva deciso di fare di testa sua. Con passo silente e leggiadro, flebile come un sussurro, la duchessa scese le scale facendo accarezzare il piccolo strascico di seta avorio con ogni gradino della piccola scalinata. Raggiunto finalmente il piano terra, l’olfatto della giovane lady venne immediatamente catturato da quell’aroma suadente ed inconfondibile del gelsomino provenire proprio dalla cucina. Quasi volteggiando la ragazza seguì come un esperto segugio quel profumo, pregustandosi una piacevole sensazione di benessere interiore. La porta che dava l’accesso alla cucina era semi aperta. Affacciandosi appena Viola constatò con grande piacere che essa era vuota, e proprio sul piano da lavoro, un’elegante teiera argentata da cui proveniva quell’accattivante profumo. Entrò quasi in punta di piedi, cercando di attirare l’attenzione il meno possibile. Sentiva dei brividi freddi partire dalle piante dei piedi, arrampicarsi sui polpacci e le cosce, intorpidirle la pelle e inarcarle la schiena. Sentiva così freddo che la sete lacerò ulteriormente la sua gola. Senza perdere tempo dunque afferrò’ una tazzina di porcellana a caso, posizionandola non troppo distante dalla teiera. Stoltamente però, la piccola Viola non aveva pensato a proteggersi le mani con un fazzoletto di stoffa grezza, così da scottarsi il palmo e le dita della mano destra, quella con cui l’aveva afferrata per il manico. Un gridolino stridulo si fece spazio tra le sue labbra mentre lasciava andare la teiera contro il suolo, portandosi la mano ferita al petto quando...
-Attenta!- con uno scatto slanciato e sinuoso il mero maggiordomo del casato Phantomhive aveva afferrato al volo il contenitore in argento, e senza spargere neanche una goccia del prezioso contenuto, lo ripose al suo posto. Viola, che era rimasta incantata a guardarlo mentre così agile rimediava al suo disastro, teneva la mano destra stretta nella sinistra e premuta contro il petto tremante. Una volta assicurato che tutto fosse apposto, gli occhi languidi e beffardi del demone scrutarono in viso la piccola lady, che abbassando lo sguardo mostrò per la prima volta i segni dell’imbarazzo
-Stavo giusto venendo da voi per portarvi il thè my lady. La cucina non è luogo per voi...- affermò sollevando l’angolo destro delle labbra avvicinandosi lentamente alla fanciulla che timidamente indietreggiò
-Non volevo aspettare... Ho sete e per di più fa freddo...- rispose scontrosamente distogliendo lo sguardo dalla sua figura. Una sottile risata assordò le orecchie della duchessa, che scocciata, aveva ripreso a fissarlo in cagnesco, mentre Sebastian, con un sorrisetto fastidiosamente divertito afferrava la mano lesa della ragazza nella sua. Di primo impatto Viola oppose resistenza quando il maggiordomo la inchiodò con lo sguardo
-Fatemi vedere. Vi prego...- sussurrò piano, accudendosi della sua mano con sovraumana dolcezza, a tal punto da stordire persino la duchessa, che di demoni ne aveva visti parecchi, e nessuno era mai stato “tenero” nei suoi confronti. Nessuno le aveva mai sorriso così genuinamente. Constatando che la bruciatura sulla sua pelle non fosse poi così tanto grave, l’uomo si allontanò alla ricerca di una panno bagnato con cui avvolgerci la scottatura
-Sebastian, fermati! Non devi! Mi stai ascoltando?! Sebastian!- ma senza rispondere l’uomo continuo la rua ricerca, passando sotto il getto d’acqua fredda, un tovagliolo candido. Subito dopo la raggiunse con ampie falcate, ma quando tornò a prendere la manina piccola e affusolata nella sua, questa non presentava più alcun segno della bruciatura: ne un rossore, ne un rigonfiamento. Presentava semplicemente il suo morbido e vellutato palmo biancastro
-Te lo avevo detto che non ce n’era bisogno...- rispose scostandosi dall’uomo, che con un riso amaro aggiunse
-Per un attimo avevo dimenticato che voi siete come me, my lady-
-Io non sono come te. Non lo sarò mai...- rispose acida dandogli le spalle, stringendosi la vestaglia sulle spalle. Non aveva avuto una bella idea: non solo aveva incontrato Sebastian, ma sentiva anche un certo freddo. Ci fu un breve silenzio scandito dal sottile suono del riversarsi del the’ nero all’interno di una tazza; e da alcuni passi che s’arrestarono proprio a qualche centimetro alle spalle della giovane duchessa
-Come vi spiegate allora l’auto guarigione della vostra mano, my lady?- domandò con tono strafottente mentre porgeva con eleganza la tazzina tra le mani della donna, che non riusciva a vederlo stando di spalle, se non il braccio con sui la serviva. Tuttavia Viola sentiva la presenza demoniaca dell’uomo sfiorarle la pelle, trapassando la veste. E il suo respiro, silenzioso e quiete carezzarle il collo
-Una disgrazia... Nient’altro- rispose afferrando il thè con cui immediatamente si riempì la bocca. Scese caldo nel suo esofago dissetandola e riscaldandola. Il retrogusto del miele alleviò quel fastidioso ardore alla gola, inebriando i suoi sensi. Un solleticante formicolio le cinse i fianchi, e per quanto Viola fosse rimasta incantata e frastornata dalla bevanda, non si era resa conto che non si trattava altro che delle braccia del demone a stringerla, ancora una volta, contro il suo petto. Il rumore della porcellana fece intuire al maggiordomo che le mani della ragazza avevano cominciato a tremare, mentre le sue mani grandi slacciavano abilmente il nodo che teneva serrata la sua vestaglia. Era particolarmente difficile per il demone evitare di “stuzzicare” la pazienza della donna, specialmente se la duchessa era messa in situazione da dover rimanere docile e mansueta
-Voi non vi rendete minimamente conto del “Potenziale” che avete, my lady. destrezza, forza, audacia... Una bellezza sovraumana...- affermò il maggiordomo aprendole appena la vestaglia, passando la destra delle sue mani sul merletto del completino che invano Viola aveva tentato di nascondergli
-Caratteristica inutile che porta solo guai...- rispose freddamente poggiando la tazzina sul bancone alla sua sinistra. Impassibile e impietrita Viola cercava di non scomporsi, di non cedere come aveva stupidamente fatto la notte prima
-Inutile? Non mi sembra...- ridacchiò il demone scostandole i capelli sulla clavicola destra, carezzandogli la morbida curva del collo con la punta del naso, facendole salire un velenoso brivido lungo la schiena
-Sento l’odore di Lord Chamber e Lord Trancy sulla vostra pelle. Dunque mi viene spontaneo dubitare che il vostro fascino sia del tutto “inutile”- morbide e delicate le labbra del diavolo si erano posate sulla sua spalla, dopo averle calato appena un angolo della leggerissima vestaglia. Immediatamente quella parte di lei, affine alla natura demoniaca, cominciò a disturbare l’autocontrollo della duchessa, che serrando lo sguardo, strinse forte i pugni. Era colpa sua, si era messa in quella situazione con le sue mani... E il brutto era che da una parte, quella dannata appunto, tutto questo le piaceva... E anche parecchio. Così il suo cervello aveva cominciato ad elaborare un qualche piano per sfuggire al peggio. Tuttavia, più Viola si sforzava di trovare una soluzione, più la sua mente non faceva altro che porsi una domanda:
-Siete geloso?- impetrando, il maggiordomo inizialmente non rispose. Colto alla sprovvista, la duchessa lo aveva disarmato; ed era proprio ciò a “stimolarlo” ulteriormente: la sua voce bassa e seducente; tagliente e affilata come una lama; era il tono con cui lo sfidava a provocarlo
-My lady, voi mi sottovalutate. E di grazia, di cosa dovrei essere geloso?- domandò divertito allentando la presa ai suoi fianchi, concedendo alla giovane donna di potersi voltare, così da riuscire finalmente a guardarlo in faccia: lei con i suoi occhi da un verde ormai degenerati in un lilla ardente
-Beh, forse perché’ “umani” come loro hanno il permesso a toccarmi...- cominciò rendendo la sfida ancora più interessante, sfiorandogli il petto al disopra del panciotto e del gilet, disegnando dei cerchi invisibili sui suoi pettorali, salendo molto lentamente verso il colletto della camicia. Lo sguardo limpido di Viola sembrava contaminato da desiderio, quello che la notte prima gli aveva negato. Addirittura si mordeva quella labbra succulenti che aveva assaggiato per pochi istanti di pura follia, di pura trasgressione della sua estetica. E dinnanzi a una tale visione per Sebastian rappresentò la sfida più ardua capire se stesse fingendo o no. Effettivamente anche per Viola stessa era difficile capire se quello che stava facendo lo voleva realmente, oppure faceva parte del piano che la sua mente continuava ad elaborare istante per istante, mentre i due si facevano sempre più vicini
-... Mentre le bestie come te devono ancora essere ammaestrate- concluse afferrando prontamente il cravattino dell’uomo, tirandolo con forza, stringendoglielo al collo. Sebbene esercitasse una forte pressione, Sebastian sembrava non presentare alcuna difficoltà respiratoria. Al contrario, la presa di posizione della ragazza quasi lo istigò a mostrare il peggio di se:
-In quanto a questo, my lady, non mi sembra di farmi troppo problemi. Altrimenti stanotte non avrei toccato la vostra candida schiena sotto le vesti...- e facendo strusciare le sue mani tra i suoi fianchi, le sue dita s’inoltrarono al disotto della canotta che rivestiva il busto della donna, portandola a se con veemenza. I loro petti si scontrarono, così come i loro visi. E mentre i loro sguardi si mescolavano assieme, le loro labbra erano ad un solo passo dal fondersi assieme, dal ripetere nuovamente lo stesso folle, impulsivo e magnifico sbaglio:
-Io so cosa stai cercando di fare, Sebastian Michaelis. Non illuderti animale, non diventerò mai tua...- sussurrò sulla bocca del maggiordomo, mentre le loro labbra si sfioravano avvelenate da una sfida che corrodeva entrambi, oltre che sgomentarli
-Chi lo sa?- domandò beffardo lasciando che il caldo cremisi delle sue iridi penetrasse con vigore lo sguardo altrettanto ardente e bramoso della donna. Sebastian la strinse ulteriormente a se, immergendo una mano dietro la nuca della giovane, sfiorandole i capelli con dolcezza mentre la distanza che li separava, lentamente si annullava accompagnata da un lungo sussulto d’estasi pre bacio quando
-SEBASTIAN- come un tuono che squarcia il cielo, la voce roca e severa del giovane Phantomhive chiamava il suo maggiordomo dal piano superiore, interrompendo bruscamente l’emozionante “incontro” tra i due. Una fragorosa risata scoppiò tra le labbra fine e rosee della duchessa, che con una giravolta riuscì’ a fuggire dalla presa del demone selvaggia ma elegante, proprio come la bellissima Dafne tra le braccia del divino Apollo
-Suppongo, caro Sebastian, che devi andare. Non vorrai far aspettare il tuo padrone...-
-Assolutamente- sebbene avesse incassato il colpo con maestria, il maggiordomo espose un sorriso amaro prima di inchinarsi cortesemente. Osservandolo con superbia e stizza il ghigno malevolo della donna infuocava l’ego del demone
-Eccellente...- ridacchiò infine la duchessa prendendo tra le mani la tazzina da thè che aveva lasciato sul tavolo. Ne sorseggiò un po’ leccandosi provocatoriamente le labbra con la punta rosea della lingua, sadicamente divertita prima di fuggire via dalla cucina, lasciando un Sebastian Michaelis con la mente divisa in due diverse fazioni: la sua estetica da “perfetto maggiordomo” e il patto con il suo padrone, da un lato e un puro sentimento mortale mescolato alla più perfetta perdizione dell’anima dall’altro. Come poteva da solo soddisfare due lati così simili e contrari del suo essere?
Tuttavia non si scompose. Perché’ nel mezzo della sua più totale confusione, la luce di un’unica certezza rischiariva ogni cosa attorno a lui:
“Se il maggiordomo del casato Phantomhive non riuscisse a fare una cosa del genere, allora non è degno di tale nome”.

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


Dopo aver bussato tre volte, Cecily entrò trasportando un grande pacco biancastro con tanto di fiocco in raso lilla. Per quanto profumatamente l’avesse pagato, il sarto si era degnato non solo di cucire a dovere l’abito commissionato, ma si era anche preoccupato di rendere elegante e fine anche la sua consegna. Seduta con le gambe accavallate sulla poltrona che dava alla finestra, Viola voltò appena il capo, sorridendole euforicamente. Si sollevò in piedi lasciando svolazzare con movimenti fluidi la vestaglia che le copriva le spalle
-Ti ha dato tutto!?- domandò prendendo lei stessa il prezioso contenitore per posarlo delicatamente sullo scrittoio. Non lo aprì. Era certa dell’ottimo lavoro del signor Berckley, perciò decise che se il suo costume doveva essere una sorpresa, lo sarebbe stato anche per lei. Così aveva deciso: “neanche uno sguardo fino a domani!”
-Certamente my lady. devo confessarvi che è piuttosto pesante. Deve aver usato parecchi strati di stoffa per modellare la gonna...-
-Oh no mia cara. Il peso è sicuramente dato dagli accessori. L’abito è leggerissimo te lo posso assicurare- e dopotutto era stata Viola stessa a disegnarlo. Annuendo in segno d’intesa la cameriera, ammutolendosi, cominciò a ricercare un abito che la duchessa avrebbe potuto indossare per la cena. affondò le mani nel baule, carezzando l stoffe pregiatissime del molteplici vestiti che si era portata con se, e molti dei quali ancora non erano mai stati messi. Conoscendola la sua padrona non aveva mai amato troppo lustrini e merletti. Preferiva le stoffe comode ma eleganti, in tinta unita piuttosto che in stampa. Tuttavia era nota da tutto il mondo maschile per la sua esuberante comparsa ad un ballo dove aveva sfoggiato un abito dalla gonna corta e pomposa di cui Cecily rammentava ancora i dettagli di diamanti sul corsetto. Viola Killarney aveva appena diciassette anni all’epoca, e la regina Vittoria stessa l’aveva definita una “bambola di porcellana”, ma d’altronde c’era poco d’aspettarsi dalla sua protettrice. Poi, d’un tratto, la giovane cameriera si lasciò trasportare da una domanda palesemente banale che tuttavia le ronzava in mente già da qualche ora:
-Non mi avete ancora detto chi ha organizzato questo ballo, my lady- e prendendola alla sprovvista la moretta si voltò appena guardando la sua padrona assumere un’espressione burlescamente incuriosita
-Ha importanza mia cara?- domandò successivamente tornando a sedere sull’ampia poltrona in stoffa blu, tornando a leggere il libro che aveva tenuto in sospeso con l’arrivo della sua serva
-No, assolutamente. Tuttavia considerando che è molto tempo che non partecipate ad un evento del genere... Ero solo curiosa tutto qui...- e le sembrava una cattiveria non raccontarle tutto. Dopotutto era con lei che Viola si sfogava da anni, era con lei che era cresciuta. Socchiudendo il volume, Viola chinò il viso in direzione dello sguardo della sua amica, fissandola intensamente prima che l’impulso del riso non le storpiasse l’espressione seria
-Aleister Chamber. E’ lui che ha organizzato il ballo...-
Ci fu un breve silenzio scandito dal ticchettio dell’orologio, prima che ambe due le fanciulle scoppiarono in una fragorosa risata. Travolgente e impetuosa che dovettero ripiegarsi per trattenere il forte impulso che le solleticava la pancia
-Perdonatemi, my lady, ma voi che vi presentate ad un ballo del visconte Druitt è... Come dire...-
-Buffo?- domandò la giovane lady terminando la frase per la sua cameriera.
***
Proprio in quell’istante, Sebastian che aveva appena terminato di soddisfare le pretese culinarie, per la merenda del pomeriggio, del piccolo bocchan, passò dinnanzi l’ingresso serrato della camera della giovane lady, e udendo le risa provenire dall’interno, si era fermato ad origliare. “Ascoltare” suonava decisamente meglio per la testa del giovane demone, che silenzioso si poggiava sulla parete lignea, sentendo un fremito con la voce suadente e calda della bella dama che sogghignava all’interno della stanza.
***
-Si, non fraintendetemi... Ma dopo quello che c’è stato tra voi...- volutamente la cameriera lasciò in sospeso la frase, provocando un sottile silenzio che straziò per secondi interminabili tanto la giovane donna che l’uomo al di la della porta
-Oramai è passato. E per fortuna direi! Se non fosse per le indagini non mi sarei diretta a casa sua...- rispose dando un leggero scossone alla testa, facendo sfumare gli opachi ricordi che sorvolavano della sua piccola testa facendola, per pochi attimi, smarrire all’interno di se stessa... di quello che era, di quello che poteva diventare
-Voi? In casa sua?! Oh my lady! non oso pensare alla sua accoglienza nei vostri riguardi- affermò la moretta rabbrividendo al solo ricordo del bel visconte dalle mani lunghe
-Dio Cecily dovevate vederlo! Allettato dalla mia sola presenza che mi stringeva così disgustosamente stretta a lui...- disse la duchessa passandosi le mani sulle braccia, riscaldandosi e allo stesso tempo abbracciandosi, lasciando andare il capo all’indietro, inarcando elegantemente il collo con lo sguardo socchiuso
-Vedo che gli anni non lo hanno cambiato affatto...- rispose con un mezzo sorriso la giovane cameriera, che estraendo un abito dalla gonna aderente in seta blu notte si nascose dietro il paravento, aspettando la sua padroncina. Calandosi la vestaglia, che soffice e leggera si adagiava al suolo, Viola aveva raggiunto la sua amica, che delicatamente l’aiutava a infilare i piedi nella gonna, per poi chiuderle l’allacciatura sulla schiena. Con le mani dietro la testa, la fanciulla si reggeva i capelli che colavano morbidi dalle sue dita, mentre abilmente Cecily stringeva i nastrini di organza che s’intrecciavano nella profonda scollatura sul retro dell’abito. E proprio in quel tranquillo silenzio in cui le due si erano addentrate, pensieri sussurravano all’orecchio della duchessa situazioni appetitosamente proibite che le facevano salire i brividi
-Sentite freddo my lady? Avete i brividi!- constato la moretta dietro di lei mentre legava un fiocco sul fondo dell’allacciatura
-No, tuttavia gradirei un po’ di thè. Potresti portarmene una tazza?- domandò frastornata lasciando andare capelli disordinatamente sulle spalle e sulla schiena
-Certamente. E quando sarò tornata l’aiuterò con le scarpe. Attendetemi pure sul letto- affermò con un sorriso rassicurato lasciandola andare verso il suo giaciglio. Senza fiatare Cecily sparì dietro la porta della sua stanza, lasciandola sola con quella piacevole sensazione di essere toccata dalle “sue” mani sulla pelle. In verità non aveva fatto altro per tutto il tempo: ricordare quel breve attimo in cui l’adrenalina scorreva nelle sue vene, e le sue labbra erano ad un passo da quelle del demone. Pericolosamente incantata Viola di si sentiva a suo agio tra le braccia del maggiordomo; si sentiva Protetta. Una contraddizione che sembrava costare cara al suo ego, disgustato dalla sua “debolezza”. Fissava le punte dei suoi piedini scalzi a ciondoloni sul letto, le sue dita pallide e le unghie nere, proprio come quelle delle sue mani, a ricordarle quello che era: una creatura destinata a rimanere legata all’inferno. Pochi istanti e il cigolio della porta le fece sollevare lo sguardo lucido, speranzoso del sollievo che la sua amata Cecily riusciva a donarle. Ma tutto quello che vide furono soltanto due fiamme roventi poste nelle cavità orbitali del maggiordomo dalle belle membra che si avvicinava silenzioso e deciso verso di lei
-Cosa sei venuto a fare Sebastian?- domandò fredda soffocando il sussulto del suo cuore. Questo non rispose immediatamente, ma una volta giunto innanzi alla fanciulla, il diavolo s’inginocchiò afferrando le scarpette abbandonate all’angolo del giaciglio, abbassando lo sguardo con un ghigno fastidiosamente eloquente
-Finisco quello che Cecily ha lasciato in sospeso my lady...- rispose tranquillamente prendendo, con elegante delicatezza, il piede candido della fanciulla, infilandolo all’interno della scarpetta lentamente, affinché’ aderisse correttamente con la pelle della donna, che dall’alto osservava accigliata quel viso curiosamente tranquillo. Così con uno scatto veloce della gamba, Viola fece aderire la suola della sua scarpa contro il petto del maggiordomo, che divertito sollevò finalmente lo sguardo per guardarla in quel meraviglioso verde bellico
-So che stai mentendo. Pertanto parla- ordinò ferma e austera mentre le dita dell’uomo si posavano sulla sua pelle, carezzandole la caviglia, salendo fino al polpaccio, alzandole appena l’orlo della gonna bluastra
-E’ possibile che abbia ascoltato una certa discussione a riguardo di lord Chamber...- sussurrò vago il mero maggiordomo percorrendo delle invisibili circonferenze sul ginocchio della fanciulla, che sogghignando inarcò un sopracciglio verso l’alto
-Dunque stavi origliando. Per caso il maggiordomo del nobile casato Phantomhive e’ geloso?- domandò dispettosa toccando un tasto piuttosto dolente per il diavolo. Questo, scattando in avanti si portò ad una distanza fin troppo ravvicinata: Viola teneva le mani premute contro il materasso pur di non cadere nuovamente sotto il suo corpo, sebbene proprio come la notte passata teneva le gambe sgraziatamente aperte che consentivano all’uomo di avvicinarsi come e quando voleva. La stoffa della gonna ormai sollevata circondava le sue cosce su cui i palmi delle mani di Sebastian stringevano la sua carne, lasciandone un vasto rossore. Il cremisi delle sue iridi era degenerato in un violaceo fulmineo e poco promettente mentre sentiva il suo fiato entrarle in bocca e il cuore smettere di battere
-Cosa c’era tra voi e il visconte Durless?- domandò stringendo appena più forte la presa sulle gambe della ragazza, che corrucciando le labbra per il fastidioso dolore rispose con un poderoso schiaffo sulla guancia. Distratto da questo gesto imprevisto, Sebastian si staccò finalmente dalle sue cosce, consentendole di scalciargli il petto con una forza che fece volare il demone a terra, sano ma frastornato. Coprendosi le gambe Viola si sollevò dal giaciglio, raggiungendo l’uomo steso al suolo e con uno sguardo degno della crudeltà fatta persona rispose
-E-Ero la sua promessa sposa- rotta dagli affanni quella frase lasciò impietrito e disarmato il maggiordomo. Si risollevò dal pavimento e lasciando che il rosso vivo tornasse a impossessarsi del suo sguardo, Sebastian chinò il capo non appena udì il breve e sofferto singhiozzo che si fece spazio tra le labbra fine della giovane duchessa, che nel frattempo tratteneva a stento delle lacrime che mai avrebbe voluto mostrargli ancora
-Adesso vattene, ti prego...- sussurrò lasciando che la coltre di capelli scuri mascherassero le purissime gemme stillate dai suoi occhi. Quasi colto da un colpo duro al cuore, il demone obbedì senza dire una parola. Sebastian non capiva cosa era successo, e non lo avrebbe mai capito. Si chiuse la porta alle spalle e tornò alle sue mansioni, lasciando la sua bella mezzosangue stesa agonizzante sul suo letto, in un mare di lacrime che avrebbe leccato pur di stapparle di dosso quella sgraziata aria triste e docile che mal si addiceva ad una donna della sua razza.
Confusa, Viola piangeva silenziosamente con la maledetta percezione del suo calore, del contatto del suo corpo contro la sua pelle. Era così strano... inusuale e nuovo, ma desiderava le sue cure, cercava tra quelle vesti e quelle lenzuola il suo odore avvolgente, la sua protezione. Ascoltava il silenzio con la speranza di udirne il battito del suo cuore demoniaco. Era folle, ma le sembrava che oramai fosse impazzita... Lui l’aveva fatta diventare matta

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


Scoccavano le nove quando il giovane conte si avviava a passo svelto per le scale della sua villa. Deciso, dallo sguardo freddo e i lineamenti irrigiditi, il piccolo Ciel era appena arrivato alla sommità della scalinata, pronto per districarsi lungo i corridoi che lo separavano dalla camera da letto di lady Killarney. Anche quella sera Viola non si era presentata a cena, e tutto ciò cominciava ad essere fastidiosamente curioso per il giovane lord.  Prese a camminare immerso in una profondissima quiete che lo avvolse lungo tutto il tragitto. Non sapeva bene cosa le avrebbe detto, tutto quello che al momento passava per la sua testa era soltanto l’ossessionato desiderio di conoscere ciò che ancora ignorava sul suo conto. Eccolo, finalmente giunto innanzi la grande entrata di legno scuro. Sollevò la mano destra stringendola in un pungo, respirò profondamente e bussò due volte attendendo un qualche cenno di risposta, fremendo. Era piacevole quella sensazione bizzarra sulla pelle
-Avanti!- il segnale che aspettava giunse pochi secondi dopo dalla voce squillante della donna al di là della porta. Afferrando prontamente la maniglia allora il ragazzo entrò velocemente, lasciandosi pervadere dal profumo della donna che oramai aveva invaso l’intero ambiente. Immersa in una sottile penombra, favorita dalla luce fioca di una lampada ad olio, Viola sostava completamente immersa sotto le coperte; le iridi verdi e raggianti sbucavano da quella coltre di lenzuola e capelli, e dopo qualche istante anche le sue labbra, distese in un rassicurante sorriso, ne fecero capolino
-Vi ho disturbato? Stavate riposando?- domandò il più piccolo chiedendosi la porta alle sue spalle
-Assolutamente- si limitò a rispondere sedendosi con la schiena poggiata sull’ampio schienale di legno lavorato e intarsiato a mano con motivi floreali. Inizialmente il conte non disse una parola, rimanendo impalato sul posto; guardandosi impacciatamente i piedi mentre la ragazza curava appena il capo, lasciando ricadere qualche ciocca di capelli lungo la spalla, e le coperte sul grembo, smascherandole una camicetta da notte verde smeraldo, con sottili dettagli sullo scollo e sulle spalle, le quali riversavano due leggerissimi strati di stoffa che ne andavano a comporre le maniche
-Volevate dirmi qualcosa?-
-Ero soltanto venuto a vedere se stavate bene. Non siete venuta a cena neanche questa sera. Non ditemi che già ne avete abbastanza di me?- domandò sarcastico incrociando le braccia al petto, facendo sbocciare una flebile risata tra le labbra rosee della donna, che dopo essersele accarezzate con la punta delle dita, posò quella stessa mano al suo fianco, sbattendola due o tre volte incitandolo a fiancheggiarla
-Oh venite! Venite mio caro. Amo la vostra compagnia...-
-E io ricambio con la medesima sincerità my lady...- rispose poggiandosi proprio dove gli era stato indicato, lasciando scorrere le gambe per l’intera lunghezza del materasso. Cominciava a sentirsi a suo agio in sua presenza, a quella breve distanza l’uno dall’altra. Forse il giovane Ciel cominciava a fidarsi di lei... Proprio come si fidava di Sebastian. Sfiorandola appena con lo sguardo, Ciel osservò il profilo della donna illuminato da un tiepido raggio di luna. Il suo sguardo sperso nel vuoto le conferiva una magica aria pensierosa, assorta in chissà quali pensieri
-Mi domandavo...- cominciò il giovane schiarendosi la voce, guadagnandosi l’attenzione dei suoi grandi occhioni che lo fissarono intensamente, con una spietata tenerezza che quasi si sentì sciogliere le viscere
-Se magari avevate voglia di continuare il discorso che ieri sera abbiamo lasciato in sospeso...- sorridendo Viola si lasciò intenerire dal blu dei suoi occhi, e lentamente fece scorrere un braccio dietro le spalle e la nuca del ragazzo, avvolgendolo dolcemente. Un timido rossore cominciava a trapelare sulla sua pelle bianchissima, e per qualche secondo Ciel aveva trattenuto il fiato, inebriato dal suo profumo... dal suo calore familiare
-E dimmi, mio piccolo Ciel, cosa vuoi sapere che ancora non sai di me?-
-Ma io non so nulla di voi Viola- precisò fissando un particolare indefinito nel vuoto, mentre lentamente scendeva col capo fino a giacere sul seno della giovane, circondato dalle sue braccia, cullato dalla sue carezze. Tutto questo era così nuovo per lui e ipnotizzato non riusciva a tiarsi indietro
-Sai anche troppo di me...- ribatte’ sfiorandogli i capelli, giocando con le sue ciocche scure tra le dita
-Voglio sapere ciò che mi manca da conoscere. Ad esempio come avete fatto a diventare ente segreto della regina?-
-I miei genitori sono sempre stati nelle grazie di sua maestà. E quando mia madre morì mio padre aveva già abbandonato la villa da due anni... e io avevo solo quindici anni. Pertanto spinta dall’affetto che provava nei miei confronti la regina mi ha presa con se, diventando mia tutrice. Fu proprio per questa ragione che molti nobili, spinti dalla gelosia volevano attentare alla vita di sua maestà. Ma io non potevo permettere che ciò accadesse, era l’unica persona che dimostrava di provare affetto per me dopo mia madre. Così ho sventato l’attentato, macchiandomi le mani del loro sangue...- sussurrò con freddezza, come se un sottile velo di rimorso accompagnasse le sue parole
-E avendo notato il mio “innato” potenziale mi ha fatto diventare quella che sono. Le devo molto...- confessò sospirando appena, adagiando a sua volta la guancia sulla testa del piccolo Ciel
-Tuo padre invece? Dove si trova?- domandò sollevando appena lo sguardo, restando letteralmente soggiogato dalla sua bellezza: dalle linee perfette e morbide del suo viso, la forma degli occhi e la curva dolce del naso. Viola ricambiò appena il suo sguardo, prima di tornare a fissare il vuoto in direzione della finestra: quella sera non c’era neanche una nuvola a macchiare il cielo stellato, e come in uno specchio Ciel rivide tutte le costellazioni nei suoi occhi.
-Quando avevo dodici anni ha lasciato la casa in cui vivevamo, mettendo in scena la sua morte. In verità voleva lasciare del tempo per me e mia madre di dirci addio. Due anni dopo, quando il tempo era scaduto, venne a prendersi la sua anima. Poi, dopo averla ammazzata è scomparso dandomi la perla e un bacio sulla fronte. Per anni ho cercato con tutta me stessa di auto convincermi che era morto, uscito definitivamente dalla mia vita. Ma lui è astuto, e scaltro. E’ capace di entrarmi nei sogni... Si diverte a spiarmi; mi tiene lontana dagli umani, come con Lord Chamber convincendo suo padre a disdire il nostro fidanzamento con uno dei suoi intrighi diabolici. Non che mi dispiaccia, dopo tutto Aleister non l’ho mai sopportato! Però... Magari era la mia unica opportunità di vivere come una persona normale- narrò con una strana luce negli occhi, messa in risalto ulteriormente da una piccola lacrima che era fuggita dal suo autocontrollo. Ingenuamente aveva stretto poco più a se il giovane conte, quasi alla ricerca di un conforto per quella ferita ancora aperta e pulsante. Dal canto suo, invece, Ciel ebbe un brivido. Cos’erano quei ricordi confusi e sfogati che gli annebbiava la mente? Calore, amore... Si amore, ma non quello travolgente di un amante. Quel tepore, infatti, pareva alle guance del piccolo lord come quell’incontrollabile e fiero sentimento che una madre prova per il proprio pargolo. Socchiuse gli occhi e si ammorbidì tra le sue braccia: stava comodo, e si sentiva così al sicuro... Protetto da quel calduccio che temeva di non sentire più. Proprio come un bimbo lei lo cullava, deliziandosi dei respiri lenti e sinuosi che le carezzavano il collo, mentre gli occhi di lui si chiudevano lentamente
-Non credo di avertelo mai detto, mio caro, ma è bello poter parlare con te. Mi sento così leggera, in un certo senso libera quando mi confido con voi...- confessò ridacchiando appena scostandogli una ciocca ribelle dal visetto di porcellana, ma ormai era troppo tardi: Ciel non aveva udito una parola di quell’ultima frase, il piccolo lord si era immerso nel dolce e sperduto mondo dei sogni, con le labbra dischiuse riposava beatamente sul suo petto. Un ampio sorriso di distese sulle labbra della duchessa, che delicatamente gli passò una mano sulla fronte, sfilandogli con la punta delle dita la benda che mascherava il suo contratto. Dopo essersene disfatta, passò a coccolargli le guance con soffici tocchi dei polpastrelli, sostenendolo proprio come un neonato tra le braccia della sua mamma. E non sembrava dispiacerle questa bizzarra idea. Un bimbo tutto suo da poter tenere in braccio tutto il giorno, da poter amare infinitamente. Tuttavia, sebbene questo pensiero allettasse la sua mente, una donna non poteva avere un figlio da sola... E lei non era una donna “normale” ma una mezzosangue, e pur desiderando un figlio mai avrebbe permesso ad un demone di prendersi il suo corpo. Proprio in quell’instante, dopo aver bussato un paio di volte alla porta, Sebastian Michaelis fece capolino dall’ingresso, lieto di aver ritrovato il suo padroncino. Tuttavia fu sorpreso del fatto che questo giaceva addormentato tra le braccia della duchessa, che per la prima volta lo guardava con uno sguardo diverso dal solito: non era freddo e spietato; tanto meno docile e intimorito: ma sereno, straordinariamente lieto. Ebbene proprio quando, come al suo solito, era giunta alla ormai palese convinzione sulla sua esistenza, il cuore di Viola ebbe un sussulto, uno di quelli che purtroppo non era più in grado di tenere a bada con il giogo imposto dal suo ego. Bella, ma non seducente come suo solito. Viola quella notte era semplicemente bella agli occhi del demone, e tra le sue braccia anche il suo bocchan pareva più succulento
-Non volevo disturbarla my lady. Sono venuto a prendere il mio signorino...- affermò inchinandosi appena
-Oh, certo- rispose garbatamente mentre il maggiordomo si chinava su di lei, portando le braccia sul corpicino del piccolo lord
-Fai attenzione. Non vorrei si svegliasse...- lo interruppe la donna sfiorando nuovamente la chioma del giovane Ciel
-E’ così carino mentre dorme- sussurrò sorridendogli appena prima di stampare un castissimo bacio sulla fronte del conte, lasciando perplessamente estasiato il mero maggiordomo
-Sarà fatto my lady...- rispose avviandosi verso l’uscio con il bocchan tra le braccia e l’intento di accudirlo proprio come lei gli aveva ordinato
-Ah Sebastian!- la sua voce, tranquilla e delicata lo fece arrestare di colpo proprio sulla soglia, lasciandolo perplesso: non lo aveva mai chiamato in un modo tanto dolce
-Si my lady?-
-... Buona notte- sussurrò sorridendogli lasciandolo disarmato difronte ad una tale purezza d’animo, che quasi accresceva in lui un desiderio superiore alla mera voluttà che aveva provato in passato. Qualcosa in quell’istante lo percosse... E per lui fu come vedere il suo paradiso
-Buona notte, Lady Viola- 

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


-Il conte Ciel Phantomhive!- dopo essere stato annunciato, il giovane entrò nell’enorme sala da ballo che era stata allestita nella mensa dell’orfanotrofio, in quanto era l’unico ambiente che certamente avrebbe accolto il gran numero di partecipanti. Grazie alle migliorie apportate dal generoso visconte, la sala presentava sfarzosi candelabri d’oro per ciascun tavolo, tovaglie di stoffa pregiata e tendaggi dai colori sgargianti e allegri. Sul fondo famosi artisti da camera, raccomandati da lord Chamber in persona, si esibivano in spettacolari assoli prima di dare inizio alle danze. Accompagnato dal suo fido maggiordomo, Ciel si guardava intorno, osservando disinteressato tutte quelle persone che incontrava puntualmente ogni qual volta che si degnava di partecipare ad una qualche serata mondana. Indossava un’elegante completo da corsaro: una giacca di lana trattata in nero pece con particolari in filo d’argento, indossata sopra un paio di pantaloni bianchi e stivali neri lucidi da cavallo. Sul capo indossava un ampio cappello con piuma corvina, e sul volto la sua immancabile benda. Dal suo fianco pendeva il fodero in pelle scura della sua spada il cuo manico risplendeva sotto le luci del salone. Sebastian, al contrario si era degnato solamente di indossare una misera maschera che gli celasse gli occhi, persi nella perenne ricerca di due iridi verdi e malinconiche che durante la lunga mattinata non era riuscito a trovare
-E’ in ritardo...- affermò a denti stretti il suo piccolo bocchan, mentre restava fermo e impalato in un angolo
-Non bisogna mai mettere fretta alla perfezione, mio caro Ciel- una voce maliziosamente smielata disgustò la quiete del giovane Phantomhive, che voltandosi appena, osservò il suo “collega” nelle vesti di “diavolo” con tanto di corna nere che sbucavano dalla coltre di capelli dorati. Un velo di trucco scuro incorniciava il suoi occhi, risaltando il colore angelico delle iridi
-Alois... che piacere rivederti!- affermò altezzoso con un tono profondamente marcato dal sarcasmo
-Immagino! Ma sono sicuro che infondo eri a conoscenza della mia partecipazione, o mi sbaglio conte?- domandò il biondino facendogli un disgustoso occhiolino ammiccante. Deglutendo lentamente Ciel prese un respiro profondo per non farsi cogliere dalla nausea che quella “presenza” gli provocava, e con nonchalance rispose
-Effettivamente lady Viola me lo aveva accenna...-
-CIIIIEEEELLLL!!!- una vocina zuccherosa e stridula, fastidiosamente allegra ed euforica pronunciò il suo nome. Non poteva crederci, non voleva crederci, ma quando Ciel si voltò non riuscì a terminare la frase che una fanciulla dai sinuosi boccoli dorati gli aveva legato le braccia al collo, così strette da fargli mancare il respiro
-E-Elizabeth...- sussurrò facendo roteare lo sguardo al cielo
-Oh mi sei mancato così tanto!!!- ridacchiò strusciando teneramente la punta del naso contro quella del giovane lord, che rimase impacciatamente impietrito: per un uomo che non amava le smancerie quella ragazzina era una vera e propria maledizione
-Allora Ciel? Ti piace il mio costume?- domandò con lo sguardo languido in totale adorazione mentre si metteva in posa, mostrando in tutto il suo pacchiano splendore l’abito di lustrini e merletti color avorio che le incorniciava il corpo, e le due piccole ali da farfalla che le sbucavano dalle spalle
-Se posso permettermi siete molto bella lady Elizabeth!- incalzò baciandole la mano, facendola arrossire appena... Troppo ingenua per accorgersi dello sguardo provocatorio che il biondino le aveva lanciato
-Mille grazie lord Trancy...-
Ci fu un brevissimo attimo di quiete in cui tutto sembrava perfetto, perfino Ciel non si sentiva poi tanto estraneo alla festa prima che...
-La duchessa lady Viola Killarney- un nome che immediatamente fece arrestare la musica, e tutti sembrava essersi calati in un tombale silenzio scandito dall’ansia e dall’eccitazione. Tutti gli occhi degli invitati, dai nobili alle suore dell’orfanotrofio, erano puntati sulla scalinata che dava accesso alla sala da ballo. Una figura sinuosa e affascinante s’intravedeva nel chiaro-scuro di luci che abbracciavano l’ingresso. Poi improvvisamente, simile ad una dea comparve sull’ingresso: semplice e privo di ogni qualsiasi abbellimento la sua tunica raggiungeva a malapena le ginocchia, mostrando le lunghe gambe atletiche. Annodata in vita una cintura, che si riversava al suolo come un lungo strascico color rosso porpora, proprio come le rifiniture dell’orlo della gonna e delle maniche. I capelli erano raccolti e incorniciati da foglie d’oro che componevano una sobria corona d’alloro. I calzari da caccia di manifattura greca si attorcigliavano attorno alle sue caviglie e i polpacci, sulla sua schiena una faretra con frecce d’argento. Una misera maschera candida proprio come il colore dominante del suo abito mascherava e risaltava il verde vivo dei suoi occhi
-Che bel costume!- esultò sottovoce la promessa del piccolo Phantomhive, che basito dalla sua entrata rimase in silenzio
-Quella, Bocchan, e’ Artemide: dea greca della caccia, della luna nuova. Secondo la leggenda è la sorella gemella di Apollo, vergine per l’eternità- affermò con un mezzo sorriso il demone al suo fianco. Dopo tutto se lo aspettava un costume così allegorico, ma non poteva minimamente immaginare che potesse donarle così
-E’ un onore per me accogliervi mia adorata!- affermò il visconte raggiungendola ad ampie falcate, cingendola per la vita. Quel contatto nuovamente le fece rigirare lo stomaco, mentre con un finto sorriso ricambiava quello di lord Chamber. Tuttavia Viola, per quanto brava fosse a mentire, aveva lo sguardo da tutt’altra parte. Sebastian... Un uomo che aveva cominciato a metterle dei profondi dubbi nella testa, lei che era così sicura di se... Così spavalda e sprezzante. I suoi occhi infatti cercavano proprio quel demone, e lo ritrovarono non molto distante da lei, che a sua volta la stava fissando.
“Buona notte Lady Viola” quella frase... Era stato così gentile con lei. E com’era bello mentre accudiva il suo bocchan addormentato. Tuttavia, nel profondo del suo cuore Viola aveva paura. Temeva di fidarsi di lui, di lasciarsi andare. Aveva paura di pensare a quel bacio profondo e intenso. Tremava al solo pensiero che lei potesse cominciare ad amare. No, lei non poteva amare
-Volete farmi il grandissimo piacere di aprire le danze my lady?- domandò il visconte baciandole elegantemente la mano, fissandola con uno sguardo bagnato e succube della sua bellezza, quella che lei stessa odiava tanto
-Volentieri... Tuttavia- lasciò la frase in sospeso sgusciando abilmente dalle grinfie del lord per poi cominciare a dirigersi lentamente, verso quel gruppo di persone che oramai cominciava a conoscere bene, accattivando e incuriosendo tutti gli altri invitati, che eccitati come un pubblico a teatro osservava silenzioso ogni suo singolo gesto o movimento aggraziato:
-C’è una persona in particolare con cui vorrei danzare stasera...- affermò successivamente allungando la mano contro quella persona di cui riusciva istintivamente a fidarsi. Contro colui che alla fine era riuscito a farle breccia nel cuore con una fredda e distaccata tenerezza
-Lord Ciel Phantomhive. Mi permettete l’onore di questo ballo?- immediatamente gli occhi di Alois si spalancarono, estasiati per ciò che avrebbe visto: dopo un eccitante e sensuale duello... Adesso avrebbe potuto assistere ad un loro ballo. Ebbe un fremito che lo percosse per tutta la colonna vertebrale, e sorrise trasgressivo. Al contrario Sebastian non si meravigliò della sua scelta, gli era bastato vederla mentre coccolava il suo padroncino sul suo grembo il giorno prima, per fargli capire ogni sfumatura della sua mezzosangue: impavida, spietata, orgogliosa; ma anche dolce, docile e passionale come una vera donna. Per quanto il suo autocontrollo fosse di ferro, Sebastian doveva ammettere che quella mezzosangue lo stava letteralmente facendo impazzire. D’altro canto, per Ciel fu veramente difficile non arrossire prima di accettare l’invito. E si lasciò trascinare, mano per mano con la sua nuova amica, e quel contatto lo fece fremere. Perché’ era delicato, sublime e familiare. Era a suo agio con lei, veramente a suo agio. E quel vuoto infantile che sentiva nel petto si quasi riempiva di una sostanza dolciastra. E quando la musica, lenta e ritmica comincio’ a farli volteggiare nel mezzo della sala, Ciel sorrise.
Ed Elizabeth aveva immediatamente riconosciuto quel riso sulle sue labbra. Per un frammento di secondo, Ciel Phantomhive sembrava essere tornato il SUO Ciel... Il bambino timido e gioioso di cui era profondamente innamorata. Tuttavia un sapore amaro avvelenava le piccole labbra della marchesa: dopo tutto, quel sorriso, non era per lei.

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Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


Eleganti come due farfalle i due nobili ballavano nel mezzo del salone. L’attenzione di tutti era rivolta ai due giovani che sembravano essersi rinchiusi in una sorta di mondo parallelo, ove esistevano soltanto loro. Ciel guidava abilmente la sua amica nella danza, senza rendersi conto del sorriso che persisteva a rimanere stampato sulle sue labbra. Questo dettaglio rallegrò il cuore della giovane lady; sebbene apprezzasse quell’accattivante aria da uomo maturo, austero e spietato, Viola era rimasta folgorata dalla fragilità che nel profondo allagava l’animo tormentato di Ciel. E a sua volta Phantomhive guardava la duchessa dritto negli occhi, affogato in quel verde cristallino. E furono proprio quei cristalli a mostrargli un lato di se stesso che credeva di aver perso già da parecchio tempo. Ciel infatti si specchiò all’interno di quelle iridi grandi e rivelatrici: le sue labbra distese in un riso veritiero... Il suo occhio raggiante e languido. Come risvegliatosi da un incubo, le sue goti impallidirono di colpo, e tutto il suo corpo s’irrigidì. Quello non era veramente lui, non lo era più. Doveva rimanere cauto, per quanto provasse piacere in sua compagnia, la duchessa era in grado di tirare fuori quel lato di lui che preferiva perisse anni fa, assieme ai suoi ricordi
-Siete appassito di colpo mio caro...- sussurrò la donna in una giravolta, prima di tornare tra le sue braccia gracili, inclinando appena il capo, tristemente incuriosita
-Tu riesumi un Ciel Phantomhive che è morto e sepolto, Viola- rispose freddo continuando a guidare il loro movimento lento e aggraziato, talmente suggestivo da invogliare anche gli altri partecipanti ad immergersi nel vivo delle danze. E mentre attorno a loro cominciava un ritmico affollamento di maschere e abiti preziosi, per la giovane duchessa non c’erano più altre parole che un amaro silenzio. Le parole del ragazzo l’avevano disarmata, e questa improvvisa debolezza turbava tutto il suo microcosmo. Viola socchiuse le labbra, ma le parole le morirono in gola, e per l’imbarazzo abbassò lo sguardo, maledicendosi mille volte, perché’ la consapevolezza di tornare ad essere quella che era stava man mano tornando a riemergere nel suo senno. Solo ora lo capiva veramente: lei era annebbiata da un sentimento materno assai precoce, da un’ umana tentazione che era riuscita a distrarla dal suo scopo principale. E c’era voluta l’ammonizione da parte del “cane da guardia” per farglielo ricordare. Adesso era Ciel quello ad essere rimasto turbato; ardevano quasi seducentemente le sue iridi, ma forse era proprio questo fervore e sconcertarlo... Oppure il timore di aver compromesso quella chimica che cominciava a formare un forte legame
-Viola...?-
-Pensiamo al lavoro che ne dite?- lo interruppe la donna, stringendosi ancora di più al ragazzo indicandogli con lo sguardo due persone che stavano conversando con madre Catherine, la direttrice dell’orfanotrofio: l’uomo, che a prima vista sembrava avere sui quarantacinque anni, indossava un completo elegante con una semplice maschera da cui sbucavano dei baffi grigiastri, proprio come il colore dei suoi capelli; al suo fianco invece una donna dai capelli fiammanti e ricci sorrideva timidamente, sfiorandosi il merletto del vestito violaceo che le fasciava il corpo; tra le mani una maschera decorata con ricami del medesimo colore della stoffa. Sembrava partecipare poco alla conversazione, al contrario osservava di sottecchi la giovane duchessa, che dal canto suo le sorrideva
-Quelli sono il dottor Gregory Wotton e Daisy Sunset...- sussurrò immergendo le labbra tra i capelli di Ciel. Aguzzando la vista, lo sguardo del piccolo lord colse di sorpresa quello della rossa, che arrossendo timidamente cominciò a guardarsi intorno... Impacciata come se l’avesse messa a disagio. Le sue labbra sibilarono silenziosamente, poi cominciò a ricordare. Viola già gli aveva parlato di quelle due persone... Si, lo stava leggendo nei suoi appunti personali prima di venire colto di sorpresa da quel magnetico abbraccio che lo aveva disorientato dal suo lavoro
-Il marito e la sorella gemella della donna morta nell’incendio...- affermò mentre la castana riemergeva dalla sua clavicola, sorridendogli birichinamente
-Quale occasione migliore di un ballo per fare “due chiacchere”?- domandò maliziosamente astuta destreggiandosi in una sinuosa piroette, lasciando il giovane conte deliziosamente senza parole. Sembrava aver intelligentemente organizzato la serata, ed era curioso di vedere quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Ciel infatti, riteneva interessante osservare il suo metodo di lavoro: preciso; studiato in ogni singolo particolare, dalla scelta delle parole adatte al linguaggio dei gesti. Sebbene la “Perla” lavorasse di rado, sapeva più che bene quali erano i suoi compiti.
Non appena la melodia del primo ballo sfumò in un tripudio di applausi, i due s’inchinarono l’uno davanti all’altra, sfiorandosi con un sottile sguardo d’intesa. Si fiancheggiarono e a passo deciso si avviarono insieme verso la madre superiora e i suoi ospiti. Madre Catherine osservò solo di sfuggita le due persone che lentamente si avvicinavano, ma quando riconobbe quelle grandi iridi verdi, ebbe quasi un fremito sotto pelle. Bella più che mai la giovane donna per cui pregava tanto era lì... A pochi passi da lei. Le era bastato un solo sguardo in quel malinconico candore per capire che quella fanciulla era più vicina all’oscurità del diavolo in persona.
 “Non temiate madre. Sono pronta anche a questa futile eventualità” quella frase aveva popolato costantemente le sue preghiere. Il tono, profondo e veemente con cui la duchessa aveva sottolineato quella frase, celava un qualcosa di estremamente proibito alla sua mente, ai suoi pensieri dediti a Dio. Eppure non riusciva a smettere di domandarsi di cosa si trattasse.
Sorrise mostrandosi tranquilla, non che non lo fosse... Ma la presenza dei suoi due collegi, il “Cane” e il “Ragno”, che tuttavia ancora non si era mostrato ai suoi occhi, metteva quasi in soggezione il cuore della povera suora. Forse era lo sguardo freddo perennemente impresso sul visetto del piccolo Phantomhive, forse era la presenza del damerino in nero che lo seguiva come un’ombra
-Madre Catherine! E’ un piacere per me rivederla- affermò cordialmente la ragazza afferrando due lembi del suo abito, sconvenientemente corto
-Duchessa! Che gioia! Signor Wotton, signorina Sunset, lasciate che vi presenti Lady Viola Killarney e Lord Ciel Phantomhive- affermò la donna facendo cortesemente gli onori di casa con i suoi due umili ospiti, e il primo dei due a farsi avanti fu proprio il dottore:
-Sono onorato di trovarmi faccia a faccia con il Cane da guardia della regina e la sua Perla...- l’uomo aveva la voce molto profonda e rauca, reduce di un passato segnato da lunghi e straziati pianti, e il pallore dei suoi occhi scuri velava con difficoltà quell’estremo dolore che dilaniava ancora tutto il suo volto. Eppure, con compostezza, degna di un uomo forte s’inchinò elegantemente davanti al giovane conte, per poi baciare la mano di Viola
-Piacere di conoscervi Lord Ciel...- sussurrò appena la donna, che al contrario di suo coniato sembrava essersi ripresa dall’infausta dipartita. E s’inchinò con sobria bellezza mentre il giovane Phantomhive le baciava la mano, impaziente di scoprire come la sua collega sarebbe riuscita a estorcergli qualche informazione
-Lady Viola...-
-Il piacere è tutto mio cara- e sorridendole dolcemente anche la duchessa fornì la medesima premura della donna, inchinandosi lentamente. Brillava più del solito la sua perla, assumendo un leggero chiarore rosato sulla sua superficie candida. E gli occhi della rossa brillarono a loro volta, soggiogati da quella luce. Quasi per un istante Viola ebbe il sospetto che le iridi chiare della donna avessero assunto un altro colore, più scuro del nocciola... Un colore molto tendente al nero pece
-Non vi sentite bene mia cara?- domandò la duchessa sfiorandole il viso, carezzandole la guancia dolcemente, riportando la timida Daisy con i piedi per terra, e le sue iridi del loro colorito naturale
-Perdonatemi, forse era un capogiro- rispose sbattendo più volte le lunghe ciglia che contornavano i suoi occhi, dipingendosi un lieve riso sulle labbra pallide
-Oh si, sicuramente-
-CIEL!- vivace e frizzante il cinguettio della piccola Elizabeth giunse sereno e melodico all’udito di tutto il gruppo di conversatori, facendo voltare di scatto il diretto interessato, che svogliatamente accolse le mani della giovane marchesa nelle sue
-Ma voi siete lady Elizabeth Middleford! Siete molto più carina di quanto avevo sentito parlare!- incalzò Viola distogliendo per un attimo lo sguardo dall’enigmatica rossa, andando a “salvare” il suo amico dalle premurose attenzioni della sua fidanzatina. Pronunciato da quelle labbra il suo nome pareva molto più bello, e per quanto si sforzasse, infine non riuscì a trattenerne un pudico rossore sulle guance
-L-La ringrazio, lady Killarney...- balbettò la fanciulla inchinandosi dolcemente, per la prima volta messa a disagio da una presenza femminile di tale fascino e audacia
-C-Ciel... Ti va di ballare?- domandò subito dopo concentrandosi sul suo conte, che sbuffò freddamente. Effettivamente si aspettava una reazione del genere, ma il suo cuore non aveva mai smesso di sperare che forse, un giorno, il suo amato Ciel sarebbe tornato a sorridere, e magari per mano sua questa volta
-Una dama così bella che vi invita a danzare non capita tutti i giorni mio caro...- ridacchiò beffarda la duchessa penetrando lo sguardo del giovane conte con un occhiolino tutt’altro che benevolo
“Ma da che parte sta?!” si domandò sospirando rassegnato. Loro erano in due, e lui era solo... E in certe situazioni doveva soltanto comportarsi da galantuomo e seguire l’impeccabile estetica degli ideali cortesi e raffinati della sua famiglia
-My lady...- sussurrò con un sorrisetto finto tra le labbra, mentre legava teneramente le dita della sua mano con quelle della marchesina, che percossa da una violenta scarica di gioia, ridacchiò rumorosamente, cantando come un gentile usignolo in un florido giorno di primavera.
E si avviarono assieme alle altre coppie che si destreggiavano nel mezzo del salone, lasciando la giovane Perla sola con le prime succulente portate delle sue indagini: da una parte un uomo tetro e rotto dal dolore, dall’altra una gemella pensierosa, una donna poco loquace ma dallo sguardo tutt’altro che silente, lo vedeva nel grigiore dei suoi occhi che qualcosa stava sul punto di venire a galla. Pertanto, come un abile pescatore, attese pazientemente che la sua piccola carpa abboccasse all’amo
-Ho sentito dire che state lavorando sugli omicidi che si sono svolti a Londra...- sussurrò la signorina Sunset timorosa di farsi udire da orecchie malevole e indiscrete. Compiacendosi del fatto che la sua preda si fosse gettata da sola tra le sue mani, tuttavia Viola assunse un’espressione garbatamente seria
-Si. A proposito non ho ancora trovato l’occasione per porgervi le mie condoglianze. Sapevo che eravate compagne di stanza quando eravate piccole...-
-Eravamo molto amiche effettivamente...- rispose la rossa con un mezzo sorriso, abbassando violentemente lo sguardo. Per un tratto quella donna pareva intrisa di tristezza... Ma i suoi occhi smentivano ogni segno di cedimento alle lacrime
-Non volevo turbarvi mia cara...- affermò la giovane lady prendendole la mano. Daisy sollevò lo sguardo di scatto, e penetrò la duchessa con i suoi grandi occhioni grigiastri. Un silenzio quasi tombale cadde sulle due donne, circondate da una cupola di chiacchiericci e musicalità soave. Sebbene portasse le mani rigorosamente fasciate dai guanti, Viola percepì una curiosa vibrazione a quel contatto, una scossa elettrica, che pur essendo lieve si era fastidiosamente propagata lungo il suo intero braccio, costringendola a scostarsi appena dalla donna
-Forse non è il momento più adatto- proseguì esponendo un debole accenno di un sorriso, scostandosi una ciocca, che si era liberata dall’elaborata acconciatura, dal viso
-P-Potremmo sempre ridiscuterne davanti una tazza di thè... Magari a casa mia, sempre se il mio modesto invito, my lady, non vi rechi offesa- incalzò astutamente la donna al suo fianco, inchinandosi in segno di rispetto. E più la osservava, più percepiva qualcosa di strano: velato da uno spesso strato di mistero color giaccio, proprio come gli occhi della signorina Sunset
-Assolutamente. Ne sarei più che lieta...- disarmata ma allo stesso tempo basita dalla presa di posizione della donna, Viola ricambiò con il medesimo trattamento. Poi, delicate come petali di un fiore ormai sull’orlo della morte, due mani si posarono sui suoi fianchi, cingendola contro un ampio petto. Lady Killarney quasi sobbalzò a quell’inaspettato contatto, lasciando che il suo battito cardiaco accelerasse per qualche istante. Il suo cuore, per un tormentato secondo ci aveva sperato, che quando si fosse voltata contro di lui, i suoi occhi si sarebbero persi all’interno di uno specchio cremisi dall’anima empia. Ma la realtà non coincideva affatto con il desiderio sconsiderato del suo cuore, e proprio per questo il suo ego ne gioì
-My lady!E’ tutta la sera che cerco di danzare con voi...- elegantemente impostata la voce del visconte Druitt le fece gelare il sangue, mentre le guance della donna al suo fianco si coloravano pudicamente di porpora
-Sarebbe scortese interrompere così bruscamente la nostra conversazione...- rispose educatamente la duchessa, osservando la reazione della rossa, che scuotendo la testa rispose
-Figuratevi! Ballate pure. Proseguiremo domani se non avete alcun impegno-
-Oh, perfetto!- rispose Viola imbastendo un amaro sorriso, inchinandosi appena prima di voltarsi verso Aleister, che folgorato da quello stesso sorriso le porse la mano.
“Questa non ci voleva proprio...” pensò la castana lasciandosi trascinare nel cuore delle danze. Scivolava sobriamente il suo strascico porpora sul pavimento, mentre le pieghe della sua gonna ondulavano come soffici onde di spuma marina. Si ritrovò svogliatamente stretta tra le braccia di lord Chamber, con un braccio posato sulla sua spalla e una mano intrecciata alle sue dita. Inarcò fastidiosamente disgustata la schiena contro il suo partner mentre la mano del visconte sfiorava ingenuamente la sua schiena, carezzandole la morbida stoffa del suo abito. Molto lentamente, quasi con passi adagiati morbidamente all’interno della nuova melodia che gli artisti avevano proposto, cominciarono a volteggiare con estrema eleganza. Sebbene lo sguardo vivido e rapito dell’uomo fosse costantemente puntato su di lei, Viola al contrario approfittava di ogni giravolta per guardare quella donna dai mille punti interrogativi che, dal canto suo, rimaneva perfettamente immobile nella sua posizione precedente, chiacchierando cortesemente con suo coniato e la madre superiora. Allo stesso tempo però Viola sentiva un forte senso di protezione nei suoi confronti: dopotutto era proprio Daisy  la prossima possibile vittima, e certamente tutto questo mistero non avrebbe contribuito alla riuscita della sua missione
-Sembrate spaesata mia cara...- domandò curioso cercando il suo luminoso sguardo verdastro in cui riusciva a perdersi, a naufragare in un sublime vortice incantatore. Concentrando per un breve attimo tutte le sue attenzioni sul visconte Druitt, la piccola Viola sorrise scuotendo appena il capo
-Posso stringervi più forte, se lo desiderate...- tuttavia il suo invito venne preceduto dai fatti, e portandola a se, la duchessa si ritrovò con il petto perfettamente compresso contro quello del biondo, il cui viso si trovava ad una distanza spaventosamente stomachevole. Astutamente allora Viola affondò il viso nell’incavo della sua clavicola
-Voi mi fate arrossire lord Chamber...- rispose simulando una pudica vocina da bambina fragile e ancora ingenua, suono che come miele dorato allettò l’animo del visconte, che sorridendo sotto i baffi si sentì profondamente realizzato della sua impresa: aveva fatto arrossire la donna più bella di tutta Londra, la dama più desiderata dagli uomini più ricchi e affabili del regno. Ovviamente la duchessa non era arrossita affatto, anzi le sue goti, come petali di una rosa bianca, rimanevano perfettamente immutate, celate nel loro nascondiglio. Attese qualche istante per sollevare lo sguardo, e osservare al di là delle spalle di Chamber: maestosamente immobile nella sua perfetta posizione da damerino provetto, il maggiordomo del casato Phantomhive osservava dall’angolo della sala lo svolgersi della festa, o almeno ci provava. Era assai difficile per Sebastian smettere di guardarla: volteggiava tra le mani di altri infimi mortali come la più deliziosa delle sue prede, e sfuggiva dal suo sguardo come la più spietata delle amanti.
Amante, chissà se realmente Viola fosse stata un’amante per lui... E nel frattempo il vivido ricordo del loro famelico bacio bruciava tutt’ora le sue membra. Ardeva anche il disprezzo nei confronti del visconte Druitt, che per tutta la durata del ballo non faceva altro che tentare di rubarle un bacio. Lui, un sudicio umano era immeritevole, a suo parere, di tenere tra le mani un bene così prezioso, una bellezza così diabolicamente raffinata. E finalmente, dopo due ore di combattuta; ricerca quei grandi occhi lo degnarono di uno sguardo intenso e allo stesso tempo timido. E bastò qualche secondo terreno per mandare in confusione il demone, il cui atteggiamento era ben poco coerente con la sua etichetta. Racchiuse da lunghe ciglia scure, e da una raffinata maschera color guscio d’uovo e porpora, gli occhi cremisi del diavolo macchiarono l’istinto spregiudicato e infernale della duchessa, che colta da un forte brivido di bollente e incoerente desiderio, quasi tremò tra le viscide mani di lord Chamber
-Lady Viola?- la chiamò abbassando appena lo sguardo, ma del suo nome Viola non ne udì neanche l’iniziale, ormai soggiogata da quella parte di se che contrastava il suo ego e il suo credo. Si sollevò sulle punte dei piedi, se scivolò’ con la punta del naso nella chioma dorata del visconte, sussurrandogli lentamente
-Fatemi volteggiare come una farfalla, voglio librarmi libera nella sala... Per voi- il canto soave e tentatore di una sirena, al confronto pareva il guaito di un animale in punto di morte. Così arricciando il suo braccio attorno al corpo esile e slanciato della fanciulla, servizievole come il suo più fedele servitore, Aleister Chamber obbedì. E facendola piroettare armoniosa, la lasciò andare. E se i suoi calcoli non erano errati, avrebbe penetrato in pochi istanti quella sottile breccia che aveva spaccato il cerchio di invitati che is era venuto a formare attorno alla loro romantica danza. Nel suo rapido e preciso volteggiare, il bianco e il cremisi delle sue vesti quasi si fusero, e dopo qualche altro passo ben assestato, Viola svanì tra il pubblico, accolta dalle braccia dell’oscuro demone che nell’ombra pareva attenderla. Attutendo il colpo con il suo petto, Sebastian aveva posato automaticamente le braccia sulle spalle della fanciulla, la quale sfiorava lo scollo della giacca elegante che rivestiva il suo corpo.
***
Si fece spazio tra tutta quella marmaglia di persone che gli bloccavano la visuale, e osservandoli di soppiatto Alois la vide, percepì con un brivido freddo l’intesa che trasudava dallo sguardo con cui il demone fissava spudoratamente gli occhi della duchessa, della “sua” piccola Perla. Disgustosi conati di vomito salirono proprio come le mani della fanciulla, che legava un braccio attorno al collo del maggiordomo, e la mano tra le sue dita. Il giovane Trancy strinse i denti e con i suoi gelidi occhi fissò il suo fedele Claude
-Dobbiamo agire Claude... E anche in fretta-
***
Sebbene indossassero ambedue i guanti, riuscivano ugualmente a sentire il calore delle loro pelli che si sfioravano sotto quel fino strato di stoffa. Con il braccio destro Viola afferrò il suo strascico, facendolo riversare da suo avanbraccio, sorreggendolo da terra prima di circondare il collo del maggiordomo. I violinisti in sala avevano scaldato le loro corde, il pianista si era posizionato sulla sua seggiola, e il chitarrista aveva fatto ingresso nella sala. La musica che cominciava divulgarsi da questi strumenti principali sembrava tutt’altro che pura e casta, proprio come quello sguardo che ancora non avevano smesso di scambiarsi, come se non riuscissero a fermarsi... Presi e fatti prigionieri di una forza superiore a quella di un diavolo e di una mezzo sangue. Non una parola volava tra loro, erano i loro occhi a parlare. Raccolti in un abbraccio frontale, Viola e Sebastian fecero il loro ingresso nella sala con passi eleganti e perlopiù improvvisati. Perché’ era proprio sull’improvvisazione che nasceva il loro struggente e passionale tango. Sebastian, abilmente guidava la donna in un gioco di sguardi e passi forti, dove la musica e gli assoli di violino incorniciavano il tutto. Le loro figure parevano raffigurare la fase più saliente, passionale e distruttiva di un amore impossibile e proibito. Dal sublime dei walzer lady Killarney stava audacemente mostrando anche la sensualità per cui era famosa nel pubblico maschile. Ma il suo compagno non era da meno, il quale conquistò’ dame delle più varie età senza neanche guardarle, perché’ i suoi occhi erano soltanto per lei. E lo sapeva, Viola era pienamente consapevole di ciò che stava facendo, e questa consapevolezza cominciava a marcirgli dentro. Odio e amore si sposavano nel connubio tra i loro occhi, fissi l’uno contro l’altra, e le loro mosse, le loro figure e i loro abbracci. E più si stringevano più la bella duchessa tentava di scappare; più si allontanava più il diavolo tentatore la riportava tra le sue braccia, muovendo i fili della più pregiata delle bambole. 

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


Elizabeth Middleford, fermatasi a guardare incantata i due che danzavano, aveva quasi dimenticato per un istante che Ciel era ancora al suo fianco. E questo, che aveva sollevato un sopracciglio, quasi a stento riuscì a trattenerne il ghigno beffardo che gli avrebbe storpiato il viso: quel ballo raccontava più delle mille risposte che Sebastian Michaelis avrebbe dovuto dargli.
-Sono così belli...- affermò la piccola marchesa mentre lasciava che i suoi occhi si spalancassero nelle dimensioni di una grande “O”, portandosi le mano giunte al petto. Ciel preferì tacere nel tentativo di non intervenire con qualche cinica obbiezione degna di lui.
Nel frattempo, manipolata come creta nelle sue calde mani, Viola si lasciava girare e rigirare in piroette dinamiche e impulsive, lasciando che fossero i loro occhi a parlare, che fosse la loro danza a svelare tutto ciò che fino ad ora non si erano ancora detti. Il tango è una tristezza interiore che non viene espressa a parole per essere capita, ma viene sublimata nel ballo... Enfatizzata da un abbraccio passionale e talvolta rude, molesto... Semplicemente diabolico. E tutti li guardavano, nessuno riusciva a togliergli gli occhi di dosso, imprigionati in quella “storia” fatta di giravolte e occhiate fugaci. Più di una volta le labbra di Sebastian avevano sfiorato la candida pelle della duchessa, facendola fremere da un desiderio struggente e corrotto. Tratteneva quasi delle lacrime di disperata confusione che le annebbiava la testa, sussultando ogni qual volta che il demone sfiorava la sua carne con le punta delle dita. Più di un’ opera di corteggiamento, Sebastian stava mostrando un’ambigua e bramosa volontà di possesso, stringendola forte per i polsi, per i fianchi... Torturandola nella via più lenta e dolorosa possibile. E sadico restava fermo a guardare le labbra tremanti della sua giovane compagna, che quasi si mordevano nel vano tentativo di placare quel fuoco che il demone le aveva provocatoriamente acceso dentro al petto. Ma repentina, Viola si risollevava l’animo gestendosi la situazione con continue intrusioni della sua gamba, seducentemente scoperta, tra le gambe del suo partner. S’incastrava intelligentemente cercando di bloccarlo, sebbene ogni tentativo era completamente inutile, poiché Sebastian sapeva bene come sciogliere quei interessanti intrecci. Si alternavano dunque nell’invadere lo spazio l’uno dell’altra, imponendo rispettivamente la loro supremazia. Ma la musica stava sfociando in un ballo indegno del loro grintoso desiderio, e senza volerlo i loro corpi cominciavano ad allentare la tensione. Quelli furono gli ultimi e decisivi passi che terminavano il loro piccolo momento di euforica trasgressione. Sebastian la strinse forte a se, facendo salire le mani sulla sua schiena, tentandola al disopra delle vesti, poi, con fare sobrio ed elegante, Viola si ritrovò con la sua stessa schiena inarcata all’indietro, sorretta da quelle stesse mani che con un morbido calore scioglieva i suoi muscoli. Per qualche istante vide il monto attorno a se sotto sopra, e non le pareva poi così malvagio... Così orribile come sempre lo aveva schedato. Forse più che il mondo, era proprio la sua testa che cominciava a ragionare all’inverso, a cambiare punto di vista. Questo era il punto, non voleva modificare la sua convinzione ma allo stesso tempo, qualcosa dentro di lei stava cambiando... E il tutto, chissà forse per un ironico scherzo del destino, per mano di quel diavolo che tanto detestava. Oh si, l’odiava... A tal punto da tenerlo continuamente inchiodato nei suoi pensieri. Statico e perfetto nella sua mente. Poi, con la stessa grazia e leggerezza l’uomo la sollevò dall’armonioso casquè, accogliendola nuovamente al suo petto. Era ufficialmente finito il loro attimo, e in quei pochi secondi in cui tutti applaudivano per la loro eccellente esibizione, i due abili ballerini si fissavano intensamente negli occhi: cremisi e immondi quelli dell’uomo, verdi e confusi quelli di lei mescolati in un insano battito cardiaco che racchiudeva entrambi i loro cuori
-My lady...- sussurrò il maggiordomo inchinandosi mentre si portava la mano della fanciulla alle labbra, baciandole con dolcezza la superficie liscia del candido guanto. Poi, dandogli le spalle Sebastian si allontanò, tornandosene al suo angolo silenzioso e mansueto, come il suo solito. Tuttavia un ghigno soddisfatto desiderava ardentemente di marchiare le sue labbra, ma se c’era una cosa in cui Sebastian Michaelis fosse veramente eccellente, beh quella era proprio la sua innata capacità di trattenere le sue emozioni, quelle che credeva di non aver mai avuto. Quelle che la sua bella dama aveva dissotterrato da una spessa corazza di velenosa oscurità.
Ora che le sue mani erano finalmente libere, Viola sentiva una spaventosa solitudine calarle addosso come gelida grandine. Si sfiorò ripetutamente le sue stesse mani, traendone conforto dall’inconsueta sensazione di vuoto che cominciava a svuotarle il petto. Osservava il resto della sala attorno a lei, e si sentiva persa in una giungla di bestie selvagge, o in una tribù indigena di cui non parlava la lingua. Il finestrone ampio, che portava ad un vasto balcone di marmo bianco, era stato lasciato aperto, e ciò risultò quasi un gentile invito ai suoi occhi. Così, svicolando e intrecciandosi nel fitto via vai di nobili donne e gentiluomini la giovane duchessa riuscì in un battito di ciglia a raggiungere la suddetta apertura, e attraversarla senza venir notata da nessuno, o quasi.
Neanche una nuvola copriva il cielo della sua amata Londra, il che, doveva ammetterlo, era assai raro. Una distesa di stelle lucenti e spensierate restavano ferme nell’alto della loro quiete a fissarla, mentre sola raggiungeva al cornicione umidiccio dell’ampia terrazza. Questo s’affacciava direttamente nelle fauci di una gola profonda e rocciosa. Sul fondo di questa apertura, un piccolo torrente, che se veniva superato portava all’ingresso di una palude da poco bonificata e trasformata in un bosco dalla fitta vegetazione. L’aria fresca della notte coccolava il suo viso, rinfrescandolo dai caldi rossori che si erano accesi sulle sue goti. Con uno schiocco improvviso però, Viola venne strappata dai suoi alti pensieri, e voltandosi osservò senza alcuna sorpresa il giovane conte, che ovviamente accompagnato dal suo losco maggiordomo, avevano serrato la porta finestra alle loro spalle, isolandoli dal ballo
-Siete tutta sola mia cara?- domandò il il piccolo lord sollevando un sopracciglio, beffardo e sprezzante
-Onestamente avrei gradito rimanerci, lord Trancy- rispose poggiandosi con i gomiti e la schiena contro il cornicione della balconata, assumendo una posa rilassata e seducente allo stesso tempo
-Che peccato, e io che morivo dalla voglia di rimanere solo con voi...- cominciò passandosi una mano tra i folti capelli dorati, prima che i suoi occhi angelicamente molesti si posarono sulla dolce figura
-E’ arrivata la resa dei conti...Mia cara- affermò serrando le braccia conserte. Un ghigno beffardo si sistemò su quella bocca che Viola ricordava ancora tiepida e precocemente esperta sul suo collo. Ebbe un brivido, ma intelligentemente lo seppe nascondere ai suoi occhi, e ghignando assunse un’espressione sfacciatamente eloquente
-Addirittura?- domandò imbronciando appena le labbra, facendo salire un frenetico impulso maniacale al povero conte, che stringendo i pugni quasi trattenne quell’irrefrenabile foga
-Sapete, genericamente non mi interesso alle donne. Siete tutte delle prostitute, indipendentemente dalla vostra classe sociale. Esistono quelle che si fanno pagare per sopravvivere al grande inverno, altre che annoiate delle loro dimore dorate si dilettano con i più bassi piaceri che un uomo può offrirle. Ma voi, voi non siete come loro. Voi avete qualcosa che io desidero...- confessò con un barlume nello sguardo che incuriosì la giovane duchessa, lasciandola contemporaneamente parecchio perplessa
-Non ho nulla da offrire a un umano... Dovreste saperlo...- rispose abbassando appena lo sguardo, attendendo cautamente la sua prossima mossa
-Ed è qui che vi sbagliate. So cosa siete in grado di generare voi mezzosangue, e io lo voglio. Bramo il vostro bambino demoniaco, e grazie a Claude e alla vostra collaborazione arriverò al mio scopo...-
-E quale? Quello di placare il vostro insano capriccio? E ditemi, Alois, cosa vi fa pensare che io possa concedermi al vostro lurido maggiordomo?- domandò sollevandosi appena dalla seducente posizione che aveva assunto in precedenza, poggiando ambo i palmi sul cornicione del terrazzo, sfidando il giovane rampollo del casato Trancy con occhi divertiti e beffardi. Ma il suo piccolo avversario non era poi da sottovalutare, non le piaceva l’ardore nei suoi occhi, e intuiva che quel sorrisetto angelico sulle sue labbra distese non era altro che il proemio di un piano sadico e diabolico
-Semplice, sarai mia che tu lo voglia o no...-
E rise sotto i bassi la piccola donna, che posandosi una mano sulle birichine labbra, si avvicinava a passo lento ed accattivante alle due figure. Nel frattempo il mansueto Claude osservava in ogni sua movenza la splendida donna che aveva difronte. Il suo fascino istigava fortemente il suo diabolico appetito carnale, doveva ammetterlo, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che riusciva a tenere a bada questo suo primordiale istinto; quel colore pallido e docile, quella lucentezza superba e beffarda. Aveva perso il conto delle mille contraddizioni che trovava in una sola figura
-Bene, bene, bene... In questo caso...- sussurrò piacevolmente lasciando scorrere le punta delle dita sulle guance di Alois, che prendendolo come un invito si lasciò coccolare da quelle dita fredde e morbide, rapito da quegli occhi, affamato di tutta la sua persona.
Poi, silenziosi e gagliardi le sue ridi spezzarono quella bizzarra quiete, e la verde campagna bruciò in un violaceo inferno. Assieme a quell’improvviso cambiamento di colore da parte dei suoi occhi, anche le sue mani sembravano molto più agili e sicure, tanto da stringergli il collo con una forza che il giovane conte non era stato in grado di prevedere
-Prova a prendermi moccioso!- ringhiò la castana sollevandolo a qualche centimetro di terra, lasciandolo senza fiato prima di scagliarlo contro il corpo del suo mero servitore. Claude, impegnato nel prendere al volo il suo esile padroncino non seppe fermare la donna mentre, prendendo la rincorsa balzava graziosamente poggiando le punte dei piedi lungo lo spesso cornicione marmoreo tenendosi perfettamente in equilibrio. Fu in quel medesimo istante, che con il cuore in gola, anche il giovane Phantomhive faceva il suo ingresso sulla scena, seguito a ruota dal suo diavolo di maggiordomo, il cui sguardo era fisso sulla fanciulla dalle candide vesti mosse dalla brezza della sera
-Viola!- e Ciel gridò il suo nome con occhi sbarrati quando questa, lanciandogli un dolce bacio, si lasciava cadere nel vuoto. Tutti e quattro allora si apprestarono ad affacciarsi alla profonda gola che sprofondava sotto di loro. Leggera come una piuma la duchessa veniva inghiottita sempre più all’interno del burrone, mentre voltandosi di scatto i due giovane lord si fissavano in cagnesco:
-Claude, prendila e falla tua... è un ordine!- affermò il primo con un ghigno divertito al solo pensiero del suo maggiordomo che insidiava il suo purissimo seme nel corpo della donna
-Sebastian, ti ordino di proteggere Viola con qualsiasi mezzo...- rispose a sua volta il piccolo Ciel, mosso dal tenero sentimento familiare che cominciava ad insidiare il suo piccolo cuore
-Yes, your Highness-
-Yes, my Lord...-
La caccia aveva ufficialmente inizio.

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Capitolo 22
*** capitolo 22 ***


 
Correva come una puledra selvaggia, lasciando che il suo fiato corto si tramutasse in soffice e pallida condensa. I capelli, ormai sciolti dalla loro architettata acconciatura, sembravano danzare nel vento, mentre il suono delle frecce d’argento, contenute all’interno della faretra che aveva sulle spalle, scandiva una ritmata colonna sonora. Gocce cristalline e gelide d’acqua scorrevano sulle sue gambe lisce, asciugandosi lentamente. Attraversare il torrente non era stato difficile; la caduta invece era stata molto piacevole: i brividi sulla pelle, le farfalle allo stomaco... Viola amava lanciarsi da altezze impossibili, volteggiare in aria coccolata dal vuoto, atterrando con grazia felina al suolo. Non vi era un sentiero preciso, ma ben sì una grande distesa di viuzze sterrate che s’intrecciavano l’una con l’altra attorno alla vasta quantità di alberi folti e scuri. Attraversando il bosco a passo svelto, la duchessa cominciava a guardarsi intorno senza abbassare mai la guardia, sapeva bene che Claude sarebbe arrivato presto, e non poteva lasciarsi cogliere impreparata. Cercò per una decina di minuti un albero che fosse abbastanza alto e robusto, e accontentandosi di una vecchia e possente quercia la giovane vi si arrampicò con destrezza. Atleticamente faceva passare le sue gambe e le sue braccia nella fitta rete di rami, confondendosi tra le foglie. Una volta raggiunta l’altezza desiderata, Viola si sfilò dalle spalle quello che doveva essere un sottilissimo arco. Da quel momento la duchessa cominciò a respirare pianissimo, osservando tra le verdi foglie il paesaggio circostante. Perfettamente immobile come una statua attendeva che il suo cacciatore venisse a cercarla, e prestando molta attenzione ascoltò il leggerissimo passo di piedi agili e scattanti provenire da nord-est, in direzione del torrente che aveva attraversato qualche minuto prima. Lentamente estrasse una freccia, e con maestria tese l’arco. I secondi sembravano aver fermato il loro scorrere,  mentre il suo cuore bussava ripetutamente sula sua cassa toracica. Si passò la punta della lingua sule labbra, umidendole appena mentre respirava profondamente, fissando un punto ben preciso tra le ampie foglie che incorniciavano il suo nascondiglio tattico. Da quella altezza aveva una perfetta visuale del suo bersaglio, così prese accuratamente la mira, e quando vide il maggiordomo del casato Trancy con il suo padroncino tra le braccia, Viola scoccò la freccia. Questa emise un sottile soffio acuto come lo squittio di un topo, fendendo ogni possibile intralcio con la sua punta acuminata.
Accorgendosi appena in tempo dell’improvviso spostamento d’aria che s’avvicinava sempre più, Claude, senza minimamente lasciarsi scomporre da alcuna ruga d’espressione, schivò atleticamente la pericolosa freccia che invano aveva attentato alla loro vita. Vedendosela passare velocissima e tagliente al fianco del suo viso, Alois per un breve istante sussultò, lasciando che il suo cuore perdesse qualche battito. Subito dopo sorrise, stringendosi appena più forte al corpo del suo prestante maggiordomo; quella donna era molto più abile del previsto, e tutto ciò rendeva la caccia estremamente eccitante.
-Tsk...- sibilò sulle sue labbra la giovane duchessa mentre estraeva velocemente un’altra freccia, prendendo la mira con concentrata precisione. Scoccò nuovamente cominciando a guardarsi frettolosamente intorno, alla ricerca di un nuovo nascondiglio da poter raggiungere alla svelta.  Con un movimento secco e deciso dell’avanbraccio il maggiordomo deviò la traiettoria della freccia, ghignando soddisfatto quando i suoi occhi dorati si posarono sulla folta chioma di una gigantesca quercia non molto distante dalla loro posizione
-Trovata...- affermò il moro lasciando scendere dalle sue braccia il giovane conte, che con un riso beffardo e divertito rispondeva:
-Valla a prendere allora...-
E nello stesso istante in cui Claude cominciava la sua rapida corsa contro il suo nascondiglio, Viola scattava tra i rami balzando leggera con le punte dei piedi. Lo strascico color porpora, oramai ridotto in brandelli, si sfilacciava ogni qual volta che si andava ad incastrare con le ruvide venature di legno che le impedivano movimenti fluidi e più veloci. E proprio ad uno di quei sottili lembi di stoffa cremisi, la mano guantata e grande del maggiordomo oscuro si aggrappò con tutta la forza che possedeva, ma astutamente Viola sciolse il grazioso fiocco che teneva lo strascico legato alla sua schiena, lasciandolo con nient’altro che un misero pezzo di stoffa tra le mani. Sbucò di sorpresa dalla massa incolta di foglie e legname, alle mani l’arco era già ben teso, e la punta della sua arma mirava il centro pieno della fronte di Alois Trancy. Era questione di secondi, doveva solamente lasciare la presa e la sua freccia questa volta non sarebbe stata fermata da niente e da nessuno. Con un fischio stridulo lasciò che la freccia partisse ad altissima velocità, ma i suoi occhi verdi si spalancarono di colpo quando, da dietro le sue spalle, quel drappeggio dal colore fiammante, che aveva ben riconosciuto come il suo strascico, si era proteso con la stessa elasticità di una frusta robusta, e aveva fermato la sua freccia argentea cambiandone la direzione. Rimasta senza parole lady Killarney non ebbe neanche il tempo di voltarsi che due grandi mani guantate si posarono sui suoi fianchi, stringendole le carne sotto la veste candida che cadeva morbidamente attorno al suo esile corpicino
-Confesso che siete in grado di darmi del filo da torcere, my lady... Tuttavia non siete forte abbastanza da fermarmi...- affermò quasi con aria cortese mentre la sollevava di peso, trasportandola senza alcuna fatica innanzi il suo euforico padroncino. Si agitava e si dimenava come una belva appena catturata e messa in gabbia. Come un leone faceva vorticare la sua folta criniera bruna, e quasi un ringhio di rabbia pareva la sua voce soffice e vellutata. Doveva ammettere che l’idea di possedere una donna selvaggia come lei non gli dispiaceva affatto
-Bene, Bene... Il moccioso è riuscito a prendervi, mia cara- cominciò il giovane conte avvicinandosi con passo lento e seducente alla donna, incatenata al corpo del suo diabolico servo
-A questo punto credo proprio che vi convenga collaborare...- sussurrò facendo scorrere una mano sulla sua guancia, lenta e sinuosa facendola scendere sulla rotondità del suo seno. Umido e fastidioso lo sputo della duchessa colpì in pieno l’iride sinistra del più piccolo, scatenando un piccolo attacco di rabbia che lo costrinse a colpirle il viso. L’impatto della sua mano tesa sul suo viso era risuonato per l’intera area, tuttavia la duchessa, con la pelle lievemente arrossata, scoppiò a ridere sotto gli occhi indispettiti e ardenti del piccolo Alois
-E’ questo tutto quello che sai fare?- domandò beffarda penetrandolo con due occhi che trasudavano una spudorata sfida. Se non fosse stato per un generoso attacco di buon senso, Alois l’avrebbe schiaffeggiata ancora. Invece sorrise, e rivolse lo sguardo al suo amato servo
-Pensaci tu Claude. Oh, non disturbarti di essere troppo cortese e delicato... Sembra che alla nostra ospite piaccia una lenta e violenta perversione- affermò ridacchiando all’improvviso pallore che cominciò a sbiancare il suo viso. Lord Trancy gli diede scortesemente le spalle, ghignando soddisfatto quando sentì il primo urlo straziato e terrorizzato della duchessa, che nel frattempo era stata scaraventata rudemente sul prato. Immobilizzata con i polsi bloccati a terra, Claude sostava a cavalcioni sopra la donna mantenendo uno sguardo freddo ed inespressivo, fissandola mentre questa era rimasta paralizzata dal modo in cui quel maggiordomo la stava guardando. Le lacrime cominciarono a bagnarle le ciglia, solcandole le guance; si sollevava freneticamente la sua cassa toracica, mentre il suo cuore batteva all’impazzata. Sentiva la testa girarle forte mentre i singhiozzi crescevano sulle sue labbra pallide e calde. Paura, per la prima volta Viola veniva sopraffatta dalla paura
-Non mi occupo di questo genere di mansioni my lady, spero che possiate perdonarmi per la mia mancanza di... Tatto...- affermò il maggiordomo chinandosi lentamente sul collo sfiorandoglielo appena con labbra vellutate e calde. Disgustata da quel lieve contatto Viola non riuscì a trattenere un piccolo sussulto, una preghiera che curiosa ed affascinante giuse all’orecchio del freddo demone
-Uccidimi...- Claude si sollevò appena scrutandole il viso: gli occhi lievemente socchiusi celavano due iridi tristi e velate da uno spesso strato di lacrime, eppure dentro quel verde bagnato vi scorgeva un fuoco ardente e vivo
-Perché dovrei?- domandò mantenendo la sua faccia totalmente inespressiva, intento a studiare quella curiosa persona che teneva sotto di se
-Preferisco morire piuttosto che farmi possedere da te...-con rabbia e furore, quelle parole fuoriuscirono da quelle labbra come miele dorato per gli occhi del diavolo che si spalancarono di colpo. Arguta e tagliente la sua voce trasudava un’anima purissima e succulente; deliziosa e prelibata... Motivo in più per adempiere il suo dovere e farla sua, sottraendole la verginità e saggiandole parte della sua anima castamente umana prima che fosse troppo tardi. Senza rispondere allora Claude tornò al suo lavoro di labbra sul suo collo, mordendole appena la succosa pelle candida, facendola fremere. Scivolando con le mani sulle sue spalle, le graffiò la carne nel tentativo di strapparle le spille che tenevano ferma la stoffa leggera della sua tunica. Viola cacciò un gridolino straziato alla vista delle due goccioline di sangue che cominciavano a colarle lungo le clavicole, disegnando una linea sottile che giungeva sino al suo decolté parzialmente scoperto. Ponendo rimedio a quella sgraziata scia purpurea sulla sua pelle, l’uomo le leccò via tutto il sangue, premendole una mano sul seno scoperto, mentre con quella libera sgusciava sulle sue gambe, sfiorandole le cosce. E con tutta la forza che le restava, Viola premeva ambo i palmi sulle spalle del maggiordomo del casato Trancy, che così spietatamente cominciava ad avere la meglio su di lei, stuzzicando il suo fragile corpo umano affinché cedesse. Non le piaceva il suo odore, troppo forte e secco, quei baci non erano accattivanti e morbidi... I suoi occhi non scaturivano alcuna reazione da parte del suo cuore. Odio, disprezzo, disgusto... Queste erano le sensazioni che s’arrampicavano amare come conati di vomito sulla sua gola. Serrò decisa gli occhi, così forte da farsi male, trattenendo una scarica impulsiva di singhiozzi e lacrime mentre sentiva quella mani luride giungere lentamente sul ricamo sottile del suo intimo. Nella mente ricordi fioccavano quasi come un ultimo tentativo di confortarla: occhi cremisi ed ardenti come le fiamme dell’ inferno; un corpo caldo e bianco come la neve; capelli corvini che carezzavano le sue guance, delle labbra gentili e assetate delle sue... Stentava a crederci, ma mentre stava per subire violenza tutto quello a cui riusciva a pensare era soltanto a lui...
-S-Sebastian...-
 
Seguito a ruota da un potente scoppio, che risuonò per l’intera area, l’odore acre della polvere da sparo giunse perfino alle narici di lord Trancy e del suo maggiordomo, che interrotto sul più bello, si sollevò di scatto per afferrare con due dita il proiettile che avrebbe potuto trapassargli da parte a parte la testa. Automaticamente gli occhi chiari e divertiti di Alois si puntarono su quelli scuri e magnetici del Cane da guardia, sollevando beffardo l’angolo sinistro delle labbra
-Oh Ciel, pensavi davvero di fermare Claude con un misero colpo di pistola? Mi deludi mio caro! Che fine ha fatto il tuo maggiordomo eh?- domandò reggendosi la pancia mentre un riso di gusto gli solleticava le budella. Amava il sapore dolce della vittoria, anche se prematura.
Ciel inizialmente non rispose, ma si limitò ad abbassare la sua arma mentre sorrideva all’espressione del biondino a pochi metri distante da lui, che notato il disegno sottile sulle sue labbra, smise immediatamente di ridere
-Cos’è quel sorriso?- perfino il maggiordomo di lord Trancy era rimasto colpito dalla sadica espressione sul suo visetto: sembrava genuina e serena. Ma perché?
-Sebastian, fatti avanti così che ti possano vedere bene...-
-Yes, my lord- bassa e suadente, la voce del demone corvino provenne da una zona d’ombra che i due non avevano minimamente considerato. Brillarono nel buio i suoi occhi cremisi, e quando venne alla luce il mero maggiordomo si mostrò nella sua più completa compostezza, mentre tra le braccia sorreggeva il corpo tremante e tiepido della preziosa fanciulla che avevano rincorso tanto. Essendosi distratto con la pallottola, Claude non si era reso minimamente conto che Michaelis gli avesse sfilato la mezzosangue da sotto il naso
-Maledetto...- ringhiò a denti stretti il giovane rampollo dei Trancy, richiamando a sé il suo maggiordomo
-Questo è stato solo un caso fortunato. La prossima volta Viola sarà mia te lo posso assicurare Ciel... Claude, andiamocene!-
-Yes, your Highness- rispose il mero maggiordomo afferrando il suo padroncino furioso, e lanciando un ultimo sguardo rovente al demone dagli occhi rossi, Claude ed Alois sparirono, battendosi in ritirata.
-Ottimo lavoro Sebastian...- affermò il conte raggiungendoli a passo moderato, riponendo l’arma della sua custodia nascosta dell’imbottitura della giacca scura
-Vi ringrazio, Bocchan...- lo ringraziò il diavolo prima di volgere gli occhi alla figura rannicchiata al suo petto. Con il capo immerso nei suoi pettorali, Viola si reggeva i brandelli della tunica nel tentativo di coprire le sue nudità in vista. Tremava come una foglia sotto il vento gelido dell’inverno, e le sue lacrime macchiavano la sua camicia chiara. Riusciva a percepire il battito accelerato del suo cuore, e i singhiozzi soffocati dalla stoffa delle sue vesti scure
-My lady...- sussurrò in un primo momento adagiando la fanciulla al suolo, lasciandola aggomitolata in se stessa, mentre agilmente si spogliava del frac di lana pesante che gli rivestiva il torso. Calda ed accogliente la giacca del maggiordomo si posò leggera sulle sue spalle. Sollevando di scatto lo sguardo, i suoi occhi fragili ed ingenui vennero penetrati dallo sguardo ammaliante e gentile di quel diavolo di maggiordomo che elegantemente la vestiva
-Dovete coprirvi o prenderete freddo...- rispose sorridendole dolcemente, rassicurandola per un istante che l’incubo fosse finalmente finito
-Andiamo a casa Sebastian. Non ha più senso restare qui...- affermò serio il giovane Cane, chinandosi appena per raccogliere l’ultima lacrima che si riversava lentamente sulla gote arrossata della sua amica
-State tranquilla mia cara, non c’è nulla da temere adesso...- affermò il piccolo Phantomhive prendendole la mano. Dal canto suo Viola accennò un piccolo sorriso, stringendo a sua volta la mano del piccolo conte tra le sue sussurrando un lievissimo –Grazie- mentre le braccia forti e prestanti di Sebastian tornavano a stringerla al suo corpo, portandola nell’unico posto dove Viola sarebbe rimasta sempre al sicuro: tra le sue braccia.
 
Il pallore giallognolo delle lampade ad olio illuminavano il maestoso orologio a pendolo, posto nella camera da letto del giovane conte, che segnava le due meno un quarto. Impalato al lato del suo giaciglio Ciel si lasciava spogliare delle vesti per indossare una morbida camicia da notte bianca. Il suo contratto, finalmente scoperto dalla benda scura, brillava di luce violacea in un sublime contrasto cromatico con il blu notte del suo occhio. Guardava un ponto indefinito della sua camera mentre Sebastian sollevava l’angolo delle lenzuola, invitandolo ad infilarsi sotto le coperte
-Bocchan?- lo chiamò facendolo scendere con i piedi per terra, disincantandolo dal suo piccolo attimo di smarrimento
-Oh, si...- affermò stendendosi sotto le lenzuola morbide e profumate, aggomitolandosi per procurarsi qualche dolce brivido di calore
-A cosa pensate bocchan?- domandò il mero maggiordomo passando a chiudere le pesanti tende scure, sistemandole adeguatamente affinché non presentassero grinze o pieghe sgraziate
-All’espressione di Viola. Non l’ho mai vista così... Non sembrava neanche più lei...- rispose cercando di non pensare a quel visetto triste e spaventato che sembrava aver cancellato l’aria frizzante e beffarda che caratterizzava il bel volto della sua amica. Un brivido s’aggrappò lungo la schiena del suo maggiordomo facendolo fremere sottopelle. Quegli occhi così spenti e vuoti avevano catturato la sua attenzione, quel verde smorto e impaurito aveva deliziato il suo animo dannato. Per la seconda volta Sebastian Michaelis si era intenerito. Fece un impercettibile respiro profondo mentre stritolava nelle sue mani la stoffa pensante delle tende. Poi, riacquistando compostezza equilibrata e convenevole, l’uomo tornò al fianco del suo padroncino, ascoltando i suoi ultimi desideri prima che se lo fosse preso la notte
-Vedi di badare a lei. La vostra affinità le gioverà senz’altro...- sussurrò sorridendogli quasi malevolo. La sua frecciatina stava punzecchiando dispettosamente l’orgoglio del demone, che per la prima volta non osò controbattere all’affermazione audace del suo bocchan. Per quanto persistesse a negarlo, Sebastian era piuttosto incline verso un atteggiamento inusuale nei confronti della duchessa; in parte per la loro natura demoniaca, i parte per un retrogusto disgustosamente dolce che gli avvelenava l’animo. Eppure era più forte di lui, la salvaguardia di Viola prendeva maniacalmente possesso delle virtù del diavolo, obbligandolo a piegare anche le più rigorose delle regole della sua etichetta
-Yes, my lord- si limitò a rispondere prima di svanire dietro la porta della sua camera. Rimasto solo nella penombra della notte, Ciel rimase immobile a fissare il vuoto per qualche istante
-I diavoli e l’amore... Che accoppiata affasciante- ridacchiò prima di lasciarsi trascinare in un sonno profondo.
 
Con le coperte che le coprivano il grembo, Viola rimaneva seduta nel suo letto ad osservare la luna che s’intravedeva dalla finestra. Non sarebbe riuscita a dormire quella notte, ne era certa. Sentiva ancora l’odore di Claude sulla sua pelle, sebbene si fosse lavata ben tre volte prima di indossare la camicia da notte. Se non fosse stato per quel demone, Claude le avrebbe portato via l’unica cosa che le rimaneva: l’integrità, l’orgoglio. Adagiato sulla seggiola del suo scrittoio, il frac di Sebastian restava immobile sotto il suo sguardo serio. Ancora sentiva lo sguardo cremisi del diavolo vegliare su di lei, come se fosse la cosa più preziosa del suo mondo come se fosse più di una “mezzo sangue” ma semplicemente Viola. Scivolando fuori dal suo comodo giaciglio, e a piedi scalzi si avviò lentamente alla sedia. Vi posò le mani, carezzando la morbida stoffa nera della sua giacca, soffermandosi con i polpastrelli sui dettagli incisi sui bottoni argentati. Delicatamente la portò al viso, e sfiorandola con le labbra e la punta del naso, Viola ne assaporò l’odore, quella fragranza pungente ed accattivante che le annebbiava i pensieri. Si chiuse di scatto la porta della sua camera, e sussultando la duchessa lasciò andare l’indumento nel suo posto originario, voltandosi di scatto. Non era poi così difficile indovinare chi fosse stato ad intrufolarsi nelle sue stanze: rimaneva immobile davanti la porta che aveva chiuso alle sue spalle, il suo torso era rivestito della camicia su cui aveva riversato le sue lacrime, incorniciata da un leggero gilet scuro e una cravatta del medesimo colore. Le braccia morbide lungo i fianchi parevano descriverlo in un atteggiamento rilassato, sebbene i suoi occhi la inchiodassero come spilli roventi
-Sono venuto a controllare se riuscivate a dormire, my lady- affermò il mero maggiordomo avvicinandosi lentamente alla fanciulla mentre questa, dandogli le spalle, rivolgeva il suo sguardo nuovamente alla finestra, a quel cielo stellato che l’aveva fatta sentire libera, che l’aveva fatta sentire parte di quel mondo spietato e crudele che le dava continuamente la caccia
-Prenderei ogni sorta di sonnifero se solo mi facesse effetto...- rispose secca senza minimamente scomporsi, nemmeno quando sentì la presenza del demone a pochi passi da lei. Sembrava passare un’eternità tra un passo e l’altro, che il tempo si fosse fermato per poi rallentare notevolmente il suo corso. Giuse alle sue spalle, la duchessa ne percepì il respiro soffice tra i capelli. Timide ma tutt’altro che inesperte le sue mani si legarono attorno ai suoi fianchi piatti, delineati dalla graziosa camicetta da notte verde. E il petto del diavolo si adagiò sulla sua schiena, stringendola in un caloroso abbraccio inusualmente spontaneo e desiderato. La castana socchiuse appena gli occhi, sollevando scetticamente l’angolo destro delle labbra
-Sei venuto a riscuotere la tua ricompensa per avermi salvata. Non è vero?- domandò con un tono sottile e amaro, mentre le sue manine candide e fredde lentamente raggiungevano le maniche, calandole appena dalle spalle. Sciogliendo l’abbraccio il maggiordomo fece scorrere le mani lungo i suoi capelli, raccogliendoli per poi adagiarli lungo la clavicola della duchessa, che sussultò appena quando le labbra del diavolo baciarono le sue scapole lievemente in vista. Il battito del cuore di Viola risuonava nel suo petto, accompagnato dal tremore della sua pelle. Eppure non piangeva, forse per la rassegnazione, forse perché se doveva scegliere un approfittatore aveva scelto proprio lui. O magari perché semplicemente non era triste, ma serena avvolta nelle sue bollenti premure
-No...- sussurrò piano il maggiordomo, sfiorandole con le labbra la pelle, mentre le sue mani ricoprivano le spalle che Viola stessa aveva scoperto. Interdetta e confusa Viola si voltò appena, fissando gli occhi grandi e languidi dell’uomo innanzi a lei
-No?- chiese con un filo di voce senza neanche rendersi conto del fatto che gli occhi avevano cominciato a gonfiarsi, rilasciando una scintillante scia di lacrime cristallina e pura
-Non vi costringerei mai a donarmi la vostra purezza. Non è nella mia etica- rispose beffardo, sorridendole divertito mentre con i pollici raccoglieva le sue preziosissime lacrime, portandole alle labbra per assaggiarle: fresche e molto salate. Una vergine è buona a condizione che le sue lacrime siano deliziose; Viola era succulente e prelibata
-Venite a letto. Dovete riposare...- sorrise prendendola tra le braccia, accompagnandola al suo letto come un marito trasporta la sua consorte nella loro casa, nel loro nido d’amore. Eppure sui loro volti non trapelava amore: curiosità, incanto... Paura? Che forse veramente la paura a rendere i due così maledettamente inermi l’uno con l’altra? Sebastian la fece adagiare sotto le lenzuola, senza lasciare che il loro scambio di sguardi s’interrompesse neanche per un istante. Le rimboccò le coperte e successivamente si sollevò, osservandola intensamente. Era ora per lui di dileguarsi, ma qualcosa lo tratteneva, come se quelle iridi verdastre lo incatenassero a lei, rendendolo schiavo
-Se non avete altre richieste, my lady...- cominciò inchinandosi compostamente. Il cuore di Viola in quel esatto momento le parve di imploso nel petto. Se ne stava andando, e qualcosa dentro di lei gli diceva di fare qualcosa, di impedire che il demone sparisse in quel modo dalla sua camera, che non la lasciasse sola proprio quella notte... Proprio in quel momento. Un singhiozzo improvviso giunse all’orecchio del demonio, che stranito si sollevò di scatto, accogliendo al suo petto la giovane duchessa che con un piccolo balzo in avanti, era sgusciata fuori dal letto legandogli le braccia al collo. Il viso inizialmente stranito del demone assunse all’improvviso una faccia serena, rilassata con tanto di un dolcissimo sorriso dipinto sulle sue sinuose labbra pallide e morbide
-Non piangete my lady...- sussurrò teneramente carezzandole il capo e i capelli. Si perse nelle iridi bagnate della fanciulla, che con la voce rotta dai singhiozzi implorò:
-Sebastian resta, ti prego, resta..-
***
Erano passate due ore, e alle quattro del mattino Sebastian Michaelis era lì, steso al fianco della duchessa. Si guardavano intensamente senza dire una parola. Ogni tanto gli occhi dolci della donna stillavano candide lacrime, ma il maggiordomo provvedeva a rassicurarla con teneri baci che asciugavano quelle gemme preziose. Con la punta delle dita Viola carezzava le guance del demone totalmente rapito dal suo sguardo. Sorrideva, e forse era quell’improvvisa felicità a farla ridere. Era così nuovo quello che le stava capitando, così surreale che quasi stentava a crederci. Non parlarono, ma Viola ebbe finalmente il coraggio di mettere da parte l’orgoglio, e lentamente accorciò quella breve distanza che separava le loro labbra. Un brivido percosse le loro membra, mentre scioglievano le loro labbra in una danza elegante e sublime. Fu grazie a quel bacio che lady Killarney ritrovò il sonno perduto. Fu con quel bacio che si convinse che, infondo, non tutti i demoni erano poi così uguali tra loro.

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Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


Dolci, profondi e vellutati i respiri delle duchessa sfioravano l’udito del demone, che al suo fianco, vegliava sulla bella addormentata affinché dormisse sogni tranquilli. I suoi candidi guanti sostavano poggiati sopra il comodino che fiancheggiava il letto, e con il contratto ben in vista il mero maggiordomo sfiorava la pelle della fanciulla facendo su e giù lungo il perimetro del suo avanbraccio scoperto. Sebastian era rimasto in quella posizione per ore, fissandola intensamente ogni qual volta che sussultava nel sonno, coprendole le spalle con le coperte quando la sentiva fremere dal freddo, scostando le ciocche ribelli che scivolavano sulle sue guance bloccandogli la splendida visuale. Nelle sue iridi cremisi si rispecchiava la docile figura di donna dalle labbra carnose e teneramente dischiuse, rannicchiata al suo fianco in posizione fetale, raccolta in una spessa e calda trapunta bluastra. Miseri raggi diurni s’insinuavano nella camera attraversando i tendaggi scuri, per poi scagliarsi sui dettagli in filo d’oro ricamati sulla spessa coperta, i quali successivamente rifrangevano il loro sinuoso disegno sul soffitto. Sulle labbra del diavolo si dipinse un famelico sorriso mentre la piccola perla, che sostava racchiusa nello scollo della camicia da notte, emanava la sua candida luce. Carezzò nuovamente il braccio della giovane lady, facendolo scorrere  sino alla spalla, arrampicandosi sul collo e infine al viso. Con la punta delle dita sfiorò la morbida rotondità della sua gote. A quel piacevole contatto, timido e caldo, gli occhi stanchi ed assonnati della giovane si aprirono piano, osservando lentamente ogni particolare di quel viso che aveva raggiunto il suo in un battito di ciglia: i capelli corvini si accostavano con il pallore del suo viso illuminato dall’inaspettato candore dei raggi del sole; i suoi occhi brillavano come due rubini mentre la fissavano con tono languido
-S-Sebastian...- sussurrò piano sbadigliando il suo nome, poggiandosi una mano sulle labbra  mentre con l’altra si stropicciava sgraziatamente l’occhio destro
-My lady...?- domandò a sua volta osservandola mentre, sollevandosi appena, poggiava la schiena contro la testiera del letto, lasciando che le lenzuola scivolassero sul suo grembo, scoprendo i pregiati ricami in pizzo sull’orlo del sottile scollo della camicetta
-Sei rimasto, alla fine...- bofonchiò quasi timidamente abbassando violentemente lo sguardo, cominciando a giocherellare con un nastrino che si era slegato dal piccolo fiocco che stava graziosamente annodato sul fianco della veste. Fulminee, le dita del maggiordomo, dopo averle accarezzato il viso, le fece insinuare tra i suoi morbidi capelli, sollevandole il viso. La fronte del diavolo combaciò con quella della giovane, mentre i loro occhi si guardavano l’un l’altra, e le loro labbra erano distanti un misero respiro
-Me lo avevate chiesto voi, my lady...- affermò in seguito strusciando dolcemente la punta tiepida del suo naso contro quella della duchessa, toccandole le labbra con un movimento impercettibile delle labbra che tuttavia la fece tremare come una foglia inerme nel gelido turbinio dell’inverno
-Credevo che non appena mi fossi addormentata te ne saresti andato...- confessò con occhi tanto dolci e docili che Sebastian quasi a stento riusciva a trattenere la foga e l’oscurità che gli ruggivano nel petto. Tuttavia sorrise, e penetrandola con lo sguardo domandò
-Avrei dovuto?-
-Dimmelo tu, diavolo di un maggiordomo...- sorrise la duchessa legandogli le braccia al collo. Quella domanda retorica aveva rassicurato il cuore della piccola Viola, e con tutto il suo stupore si rese conto che quel calore, quell’odore... Quella sensazione di protezione, in fondo, non era altro che tutto quello che aveva sempre desiderato ma che le era stato negato da sempre, e che aveva soffocato dietro cumuli e cumuli di orgoglio e odio contro il mondo e contro ciò che era
-My lady, detto da voi ha un suono decisamente più gradevole...- ridacchiò il moro posando le mani attorno ai fianchi e alla schiena della sua bella dama, portandola al petto mentre accorciava sempre più le distanze tra le loro labbra. Ma rapida e dispettosa la duchessa riuscì a posare l’indice della mano destra sulla bocca del maggiordomo prima che questo potesse saggiare il sapore delle sue labbra, lasciandolo basito e divertito al tempo stesso
-Viola...- sussurrò la ragazza sollevando gli angoli delle labbra
-Prego?-
-Non bacio uomini o demoni che mi chiamano “my lady”...- fece notare inarcando beffarda il sopracciglio destro, sfidandolo con quegli occhi che da timidi e quasi indifesi ora parevano bruciare dall’audacia e dalla sicurezza. Un ghigno birichino si disegnò sulla bocca di Sebastian, che prendendola per un attimo alla sprovvista, la baciò assaporando nel loro breve contatto tutto il sapore dolce di quella carne morbida e calda che si scioglieva nella sua. Poi, staccandosi appena un millimetro, soffiò sulle sue labbra il suo nome
-Viola... Viola...- e continuava pronunciare il suo nome mentre la sua bocca scendeva stampandole baci su tutta la guancia, sgusciando sino al collo, ove i sussurri, enfatici e sublimi, mescolati alla passione e all’ardore di quella bocca rovente sulla sua pelle, mandavano in estasi la povera duchessa, che inarcando la schiena contro il suo amante demoniaco, veniva rapita e torturata dalla marea di brividi che turbavano il suo debole corpo umano
-S-Se-Seba.... SEBASTIAN!- ridacchiò la donna alla sensazione solleticosa che la lingua del maggiordomo le procurava in quel punto ove la sua candida pelle, a causa dell’avida bocca del demone, presentava una piccola chiazza purpurea dovuta alla rottura dei capillari sotto pelle. Infilandogli la mano tra i capelli, Viola li tirò con forza riuscendo infine a staccare il volto dell’uomo dal suo collo
-Voi diavoli siete proprio delle bestie- per la prima volta, lady Killarney lo aveva detto con il sorriso sulle labbra, con quel tono giocoso e spiritoso con cui solitamente trattava tutto il resto. Un ennesimo bacio schioccò tra le loro labbra, e successivamente Sebastian si sollevò dal merlettato giaciglio e s’infilò elegantemente i guanti che, per quella notte, aveva abbandonato a loro stessi. Dal canto suo Viola si stese nuovamente sul suo letto, osservando l’uomo che si rivestiva del suo fidato frac nero, allacciandolo lentamente sotto il suo sguardo attento ed euforico
-Vado a cominciare i preparativi per la colazione. Desiderate qualcosa in particolare my lady?- domandò con compostezza raffinata e consona alla sua figura di maggiordomo. Come se avesse riacquistato di colpo tutte le doti mansuete e distaccate che qualche minuto prima erano state sbaragliate da sentimenti tutt’altro che miti
-Mhh... No. Ma sono sicura che sarai in grado di preparare ugualmente qualcosa di soddisfacente...- rispose sorridendogli prima di fare un lieve e tenero sbadiglio, che prontamente nascose non la mano destra
-Vi consiglio di riposare ancora qualche ora...- Cominciò il demone fiancheggiandola per rimboccarle le coperte mentre la giovane si apprestava a trovare una posizione comoda e vantaggiosa per la sua vista, rapita ormai da quegli occhi che quasi l’avevano manipolata come soffice creta
-E io credo che seguirò il tuo consiglio, Sebastian...- bisbigliò immergendo la testa nel cuscino. Non nascondeva il fatto che era al quanto stanca... E sebbene le sue palpebre si stavano pesantemente chiudendo, tutto quello che al momento voleva era guardarlo,  osservarlo soltanto in tutto il suo splendore dannato
-My lady...- affermò cortesemente inchinandosi appena con una mano al petto. Subito dopo si chinò sulla fanciulla, inoltrando il naso tra i suoi soffici capelli color nocciola, assaporandone appena il sottile odore di pioggia e lavanda che essi emanavano
-Dormi bene, Viola- e baciandole la tempia il mero maggiordomo del casato Phantomhive si diresse verso l’uscio, chiudendosi la porta alle spalle. Purtroppo la giovane duchessa non aveva fatto in tempo a rispondergli poiché era caduta molto presto in un sonno profondo.
***
Qualche ora più tardi, a colazione conclusa, si ritrovarono tutti nel salottino a bere tè allungato con qualche goccia di latte. Cecily, seduta all’angolo della sala era intenta a ricamare un centrino; La duchessa, elegantemente seduta sulla seggiola di stoffa imbottita blu, osservava in silenzio dalla finestra il cielo limpido e il sole che aveva deciso di deliziare l’umida Londra con i suoi caldi raggi vellutati. Ciel, seduto innanzi a lei la guardava con curioso incanto. Se non fosse stato per il bel tempo giurò di aver avuto un deja vu. I capelli raccolti su un lato, il collo inarcato che disegnava una linea e sottile sulla sua pelle; lo sguardo enigmatico e pensatore perso nel vuoto. Proprio come la prima volta che era entrata nella sua vita, Viola appariva per la splendida duchessa Killarney, un nome, un mistero ancora non svelato
-Vi siete ripresa... Vi trovo molto meglio oggi...- affermò il giovane annullando quel profondo silenzio in cui l’intero salottino era avvolto, acquistando l’attenzione della donna su di se. Questa sorrise dolcemente prima di rispondere
-Si. Colgo l’occasione per ringraziarvi, Ciel. Avete fatto molto per me... Non saprò mai come sdebitarmi- i due giovani nobili si sorrisero a vicenda con sguardi teneri e sereni mentre lo schiocco della mano del maggiordomo contro la porta di legno scuro annunciava il suo ingresso. Con un vassoio tra le mani, Sebastian trasportava con se una piccola lettera ben sigillata.
Alla duchessa Viola Killarney
Questo era scritto sulla curiosa busta
-My lady. È arrivata questa per voi...- affermò porgendogliela cortesemente . sollevando appena il capo lo sguardo di Viola si scontrò contro quello ammaliante e seducente del demone. La duchessa ricambiò volentieri afferrando prontamente la lettera, concedendosi qualche minuto per leggerla. Questa riportava un invito a prendere un tè, che si sarebbe certamente prolungato anche per la cena, presso una modesta dimora poco al difuori della capitale. Sul fondo, un nome curioso

“Cordiali saluti. Daisy Sunset”


Un ghigno beffardo si dipinse sulle labbra della giovane, facendo trasalire dalla curiosità anche il piccolo lord
-Buone notizie my lady?- domandò Ciel, poggiando il mento sul suo pugno chiuso
-Si, un invito. Dalla nostra possibile prossima vittima...- rispose richiudendola, sollevando appena l’angolo destro delle labbra. Quella donna aveva qualcosa di strano, e Viola avrebbe fatto luce su quella spessa aria di mistero
-La signorina Sunset? Quella donna è molto strana non trovate?-
-È proprio per questo che ho intenzione di andarci. A cercare di caprie cosa ci nasconde...- affermò la donna sollevandosi dal suo seggio, facendo alla sua cameriera cenno di seguirla, quando improvvisamente la voce seria e gelida del piccolo lord la inchiodò al proprio posto
-Verremo anche io e Sebastian. Non possiamo correre altri rischi my lady- il sopracciglio sinistro della donna s’ inarcò verso l’alto, divertita dalla sua presa di posizione. Era tenero da parte sua preoccuparsi per lei, ma lady Viola sapeva quello che faceva, e non voleva alcun aiuto... Non stavolta
-Siete molto gentile Ciel, ma l’ invito specifica che devo esserci io ed io soltanto...- cominciò avviandosi lentamente al fianco del piccolo conte, chinandosi, appena quanto bastava giusto per stampargli un tenero bacio sulla guancia, facendolo irrigidire dalla testa ai piedi
-Andrà bene Ciel. Fidati di me...- fu tutto quello che Ciel udì dalle sue labbra prima che la duchessa gli voltasse le spalle, avviandosi verso l’uscita del salotto con Cecily al fianco. Ambedue passarono accanto al mero maggiordomo, e quando Viola intravide lo sguardo truce ed enigmatico di Sebastian, immediatamente capì che non aveva affatto finito di dare spiegazioni.
A passo svelto e deciso Sebastian Michaelis si avviava a grandi falcate verso le stanze della giovane duchessa. Mancavano pochi metri e già riusciva a sentire le soffici risa delle due giovani che, probabilmente, stavano scegliendo l’abito più adatto per la serata. Scortesemente, quasi dimenticandosi delle buone maniere questo fece irruzione nella camera da letto. Proprio come immaginava, Cecily era piegata al suolo, cercando un abito all’interno del grande baule. Lady Killarney, al contrario, era seduta sulla sedia, e sul suo viso vi era un’espressione tutt’altro che sorpresa, anzi aveva già intuito che il diavolo di maggiordomo si sarebbe presentato presto
-È consuetudine bussare alla porta della di una lady prima di entrare sapete? O ve ne siete dimenticato, Sebastian?- domandò beffarda e altezzosa senza minimamente scomporsi, al contrario del povero diavolo, che dopo aver ripreso fiato, strinse i pugni
-Sono venuto a chiedervi perché vi siete rifiutata di farvi scortare da me e dal mio bocchan...-
-Perché?- domandò la ragazza trattenendo appena un risolino arrogante. Poi sollevandosi dal suo poggio, questa si avvicinò all’uomo, incrociando le braccia al petto sfidandolo con lo sguardo
-Da quando devo delle spiegazioni a voi? E ora per favore vai, per tua informazione stavo per prepararmi...- e quasi con stizza lo congedò dandogli le spalle. Ma il demone non era tipo da cedere facilmente, soprattutto se si trattava dell’incolumità del suo padroncino e dell’unica donna che avesse  stregato il suo animo dannato, dopo secoli in cui credeva di non avere emozioni
-Ascoltatemi, my lady...- affermò con un tono quasi spietato mentre afferrava il braccio della donna, facendola volteggiare contro il suo petto, tenendola stretta a se per le spalle
-Non ho la minima intenzione di permettere ad un altro demone, o umano che sia, di toccarti...- era forte, deciso e ardente lo sguardo con cui Sebastian la stava guardando, penetrandola quasi con cattiveria. Il fiato le si mozzò in gola mentre sentiva le labbra tremanti. Cos’era quel fuoco che sentiva divamparle nel petto?
-Demone?- Cecily, che con occhi sbarrati assisteva speventata e incuriosita allo stesso tempo alla scena, aveva posto una domanda al quanto pericolosa. Tuttavia, di una cosa la giovane cameriera era del tutto certa: lo sguardo con cui Sebastian stava guardando la sua padrona trasudava una passione che neanche nel loro unico momento d’ intimità non era mai riuscita a scorgere in lui
-Cecily lasciaci soli per un momento. Per favore...- chiese gentilmente la duchessa senza distogliere gli occhi da quelli furibondi del maggiordomo
-Si signorina-rispose la moretta filando al di là della porta, chiudendosela alle spalle. Un breve attimo di silenzio colse i due. E Viola si sentiva terrorizzata, braccata dalla marea di sensazioni che provava in quel medesimo istante, soffocata da quel sentimento così nuovo e sconosciuto che avidamente le toglieva l’aria e le negava quella libertà che aveva un tempo. Forse per puro orgoglio, o per il desiderio di non sentirsi le ali tarpate così bruscamente dall’uomo, la giovane lady si discostò da lui, e senza neanche pensarci disse:
-Il fatto che mi hai baciata non significa che io, adesso, ti appartenga. Sono stata chiara? Io non sono TUA- s’irrigidì tutto d’un tratto il corpo del mero maggiordomo. Lui, così abile nello schivare i colpi, era stato trapassato da parte a parte da un solo periodo. Viola a stento riusciva a respirare mentre sentiva il cuore che le batteva forte nel petto. Un sorriso, seppur amaro, si era disegnato sulle labbra del diavolo. Sebastian s’inchinò elegantemente, portandosi la mano destra sul cuore leso e giusto qualche istante prima di congedarsi le sue ultime parole furono:
-Si, my lady. Ma sappiate che mai vi avrei considerato mia se non per vostro volere-

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Capitolo 24
*** capitolo 24 ***


La carrozza si avviava lungo uno stretto viale alberato. Le due fanciulle all’interno stavano stranamente in silenzio. Cecily, seduta innanzi alla duchessa, osservava la sua padroncina di sottecchi. Questa, aveva lo sguardo fisso nel vuoto, osservando il paesaggio tetro e nuvolo al difuori della piccola finestra. I suoi occhi erano spenti, velati da un sottile strato di tristezza che la cameriera, conoscendola bene, era ormai in grado di toccare. E sebbene Viola non ne volesse parlare, Cecily era totalmente certa che il motivo di quel cupo broncio era lo stesso per cui, qualche ora prima, la donna aveva pianto tanto: Sebastian. Ebbene, era stata proprio la giovane serva ad asciugare le sue lacrime, quando finalmente le venne concesso di rientrare nella camera dove li aveva sentiti discutere con foga. Non approvava il comportamento orgoglioso della sua padrona nei confronti del mero maggiordomo, tuttavia riusciva, allo stesso tempo, a capirla. Viola sin dalla tenera età era sempre stata sola, combattendo le sue battaglie con un’armatura che impediva a qualsiasi sorta di sentimento di entrarle dentro e corroderle il cuore. Poi, con l’arrivo di Sebastian, questo improvviso sentimento che l’aveva finalmente avvolta era riuscito a terrorizzarla, facendo scattare in lei un meccanismo di auto difesa letale. Una domanda giunse alle labbra di Cecily, premendo con forza. Ma la piccola cameriera era incerta sul da farsi. Non voleva turbarla certo, ma non poteva neanche rassicurarla se non avesse compreso cosa maggiormente sconfortasse la sua bella lady
-Voi lo amate. Non è vero?- e lo aveva chiesto con tono sereno e pacato, andando dritta al punto della questione, prendendo la duchessa in contropiede. Gli occhi di Viola infatti si sbarrarono immediatamente prima di rivolgerle lo sguardo. Le aveva perfino fatto mancare un battito con quella domanda
-Non so di cosa stai parlando...- vagheggiò la donna tentando di non incrociare lo sguardo serio dell’amica
-Se posso permettermi, my lady, non siete mai stata abile a nascondermi certe cose... Sapete bene che mi riferisco a Sebastian- bastò soltanto udire quel nome per far salire un lungo e profondo brivido lungo la schiena della duchessa.  Cecily aveva perfettamente ragione; per quanto volesse nasconderlo, non sarebbe mai riuscita a negarle che c’era qualcosa che ribolliva nelle sue vene, al solo pensiero di quel demone maledetto che aveva soggiogato il suo piccolo cuore
-Credo di non essere tagliata per questo genere di sensazioni...- confessò la castana dipingendo un piccolo sorriso amaro sulle sue labbra, abbassando appena lo sguardo mentre poggiava la guancia sul suo pugno chiuso, carezzandosi appena il collo, che aveva diligentemente coperto per mascherare quella piccola macchia, il segno della passione che finalmente era nata tra lei e il diavolo di maggiordomo del casato Phantomhive
-Tutti sono stati creati per amare, my lady...-
-Ciò non toglie che ho detto una cosa orribile a l’unico uomo che mi ha fatto sentire, per la prima volta, realmente viva...- affermò di getto, forse neanche rendendosi conto della confessione che aveva appena fatto. Calò il silenzio all’interno della carrozza, e mentre Cecily sbatteva le ciglia per lo stupore, le guance della duchessa, per la prima volta, si tinsero di porpora, donandole un rossore e una timidezza degna di una raffinata bambola di porcellana. E mentre il grazioso rosa sulle sue goti tornava a farsi pallido come il marmo, la cameriera sorrise, e sporgendosi appena afferrò le mani della piccola lady nelle sue, parlandole con il cuore in mano
-Non dovete avere paura di quello che state provando my lady. Avete vinto guerre più sanguinose e pericolose di questa. E io sono sicura che lui vi ami- Viola sorrise a sua volta con un animo rallegrato. Si sentiva stranamente sollevata, forse parlare chiaramente con la sua amica non era stato affatto un errore; forse la sua cameriera non aveva tutti i torti... Magari Sebastian l’amava davvero. Non ne era certa... Ma doveva ammetterlo, ci sperava. Tornò a poggiare la schiena sullo schienale del sedile color bacca imbottito, fissando la modesta casa che cominciava a intravedere sul fondo della via
-Dobbiamo essere arrivate...- affermò cominciando ad osservare l’esterno della piccola abitazione. Si sviluppava in lunghezza tutta su un piano, anche se probabilmente era dotata di un seminterrato. Il piccolo portico all’entrata racchiudeva, al suo interno, una misera porticina di legno scuro laccata di nero, proprio come il tetto spiovente. Le finestre che circondavano l’intero ambiente mostravano delle lunghe e spesse tende dai colori freddi e verdognoli, le quali non lasciavano minimamente intravedere l’interno dell’abitazione.  I cavalli cominciarono a rallentare il passo, appostandosi non troppo distanti da un secondo grande carro che li aveva preceduti. Questo aveva portato un’enorme quantità di ghiaccio, sicuramente adibito per l’allestimento settimanale della ghiacciaia
-Non è strano che una sola persona abbia bisogno di tutto quel ghiaccio?- domandò improvvisamente la giovane cameriera con tono ingenuo, cogliendo alla sprovvista la duchessa che, effettivamente, non seppe darle torto. Così, quasi istintivamente, la ragazza cominciò a pensare ad una qualche plausibile spiegazione. Rimase qualche minuto spersa all’interno dei suoi mille pensieri. Un barlume di luce, poi, irradiò il suo sguardo facendole assumere una faccia stupita e sconcertata dalla sua stessa conclusione
-Il ghiaccio non è mai troppo quando cerchi di conservare brandelli di cadaveri...- sussurrò facendo rabbrividire la sua compagna
-M-My lady ma cosa state...- Cecily non riuscì nemmeno a terminare la frase che la sua padrona la interruppe bruscamente con un singolo e preciso ordine:
-Torna a casa Cecily e avvisa Ciel. Io intanto entro...-
-C-Cosa?! E io dovrei lasciarvi sola?- rispose la moretta sgranando gli occhi
-Non è ora di mettersi a discutere. Fai come ti ho detto...-
-M-Ma my lady!- Cecily ebbe soltanto il tempo di chiamarla un’ennesima volta prima che Viola si chiudesse lo sportello alle spalle, ordinando categoricamente al cocchiere di ritornare alla villa il più celere possibile. Si ritrovò dunque sola la bella duchessa, e già con una vaga idea di quello che le sarebbe potuto succedere. Sollevando appena un angolo della pesante gonna violastra, la giovane cominciò a salire la piccola gradinata antecedente all’ingresso, osservando che anche la seconda carrozza che se ne andava di tutta fretta. Le bastò bussare una sola volta prima che la padrona di casa, con addosso un sobrio abito dal colore ardente proprio come i suoi lunghi capelli rossi, le venne ad aprire con un sorriso leggiadro e candido
-Benvenuta nella mia modesta dimora, my lady. Vi stavo aspettando-
***
Il salottino, ove le due donne si apprestavano a bere il tè, aveva una grande finestra che si affacciava sulla maestosa e quiete prateria inglese. Le pareti, rivestite da una antica carta da parati con decorazioni floreali, si accostavano graziosamente con tutto il resto del mobilio color ciliegio chiaro. Sedevano proprio l’una innanzi all’altra, e mentre attendevano che la bevanda ancora fumante nelle loro tazze si raffreddasse, avevano già cominciato a parlare del più e del meno, come due vecchie amiche che non si vedevano da anni. Tuttavia la duchessa Killarney non aveva mai abbassato la guardia. C’erano troppe domande attorno a quella donna, e distrarsi certo non le avrebbe giovato
-Ieri sera siete improvvisamente sparita, durante il ballo, my lady...- affermò la rossa sollevandosi dalla sua seggiola, avvicinandosi alla teca di vetro e legno lucidato che conteneva svariati oggetti di vario valore: un vaso cinese dipinto a mano, diversi soprammobili, un portagioie di legno scuro intagliato
-Purtroppo ero molto stanca e ho preferito ritornare alla villa del conte Phantomhive dove sono ospite...- rispose educatamente mentre seguiva con lo sguardo ogni suo piccolo movimento, da quando aveva aperto le ante della fragile teca a quando le sue mani avevano afferrato quel delicato portagioielli. Intuendo lo sguardo curioso della duchessa su di se, Daisy sorrise avvicinandosi alla sua ospite con uno sguardo raggiante che quasi la fece rabbrividire
-Volevo mostravi una cosa my lady...- affermò la padrona di casa sollevando lo spesso coperchio, svelando il suo prezioso contenuto: un braccialetto in argento lavorato da mani esperte con rubini di un profondo rosso cremisi, lo stesso colore degli occhi ardenti e sensuali del suo diavolo di maggiordomo
-È molto bello...- fu tutto quello che riuscì a dire mentre la rossa lo estraeva con delicatezza dal suo piccolo scrigno
-Provatelo my lady... Deve starvi d’incanto- propose porgendoglielo, prendendola per qualche secondo alla sprovvista
-Oh ma non posso. Sarebbe scortese da parte mia...-
-Non fatevi pregare my lady. In fondo una prova non ha mai ucciso nessuno...- ridacchiò la giovane Daisy penetrandola con i suoi grandi occhi chiari. Eppure Viola trovava inquietante quella strana sensazione di vuoto che sentiva quando fissava i suoi occhi angelici ma profondi ed enigmatici allo stesso tempo. Tuttavia, forse spinta dal fatto che quel gioiello tanto le ricordava il suo bel demonio, la duchessa indossò il pregiato braccialetto, allacciandolo al polso destro. Automaticamente un sorriso a trentadue denti, che tanto pareva un ghigno, si scolpì sulla faccia della padrona di casa, che soddisfatta tornò a sedere al suo posto
-I rubini vi donano molto...- affermò accavallando le gambe sotto la gonna del suo vestito, senza togliergli gli occhi di dosso. La duchessa Killarney ringraziò  per il complimento, osservando ancora una volta il gioiello che fasciava perfettamente il suo candido polso
-È un vero peccato che dicano che sia maledetto...- sbuffò la rossa attirando immediatamente l’attenzione della nobil donna su di se
-Maledetto?- domandò cominciando a sentire il sudore freddo colarle lungo la schiena
-Dicono che sia in grado di annullare qualsiasi traccia del potere demoniaco di una mezzosangue finché è in suo possesso. Era un ingegnoso stratagemma che usavano i demoni per renderle docili e poterle possedere con più facilità. Ma queste sono soltanto vecchie storie... E dubito che una donna nobile e di alto rango come voi creda a queste leggende...-
Impietrita Viola rispose a quell’affermazione con un sorriso tirato e nervoso, mentre con la mano sinistra tentava segretamente di sfilare quel diabolico gioiello che, purtroppo, si era automaticamente stretto attorno al suo polso
-Vi vedo turbata...- cos’era quel tono divertito con cui la giovane Sunset le si rivolgeva? Immediatamente la duchessa frenò la sua mano, cercando di mantenere la calma, sebbene era assai difficile non perdere il controllo nella situazione in cui, scioccamente, si era cacciata
-A-Assolutamente- rispose pacatamente sollevando appena l’angolo sinistro della labbra. Sebbene Daisy non riuscisse a vederlo, le mani di Viola avevano cominciato a tremare
-Oh! Il tè si è raffreddato, finalmente!- ridacchiò la donna invitandola cortesemente a bere con lei la tiepida bevanda ambrata.
Con più naturalezza possibile la piccola lady afferrò la piccola tazzina di porcellana candida e priva di decori tra le mani, portandosela alle labbra. Voleva concedersi un minuto o due per riflettere sul da farsi in attesa che Cecily avesse avvisato Ciel della situazione. Ma puntualmente, soltanto dopo aver ingerito buona parte della bevanda, Viola si rese conto di aver commesso un altro errore fatale. Con uno scatto impulsivo gettò a terra la tazza, la quale si frantumò in mille scaglie biancastre proprio ai suoi piedi. Sgraziata e disgustata sputò quel poco del tè che le era rimasto in bocca, portandosi le mani alle labbra prima di cominciare a tossire con veemenza. Come i guaiti di un cane ferito, la sua voce roca rallegrava le orecchie della padrona di casa, che dal canto suo sorrise. Sentiva girarle la testa e il fiato mancarle sempre più, mentre il cuore cominciava a battere freneticamente. Impacciata e priva di agilità tentò di sollevarsi dalla seggiola, ma senza migliorare la situazione. Si udì un tonfo, e il corpo della duchessa giaceva a terra circondato da ciò che rimaneva della tazza ormai ridotta un cumolo di cocci appuntiti. Le sue palpebre pesanti cominciavano lentamente a chiudersi. Vedeva sfocato, ma riconobbe ugualmente l’orlo dell’abito rosso della donna che sinuosamente si avvicinava a lei
-Sogni d’oro, mia piccola perla- la sentì ridere di gusto, civettandosi come mai l’aveva sentita prima. Ma alla fine il sonno ebbe la meglio, e poi venne il buio.

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Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


Il nitrito del cavalli annunciò alla giovane cameriera che l’angoscioso ritorno era finalmente terminato. Si teneva stretta, tremando e torturando le sue povere labbra con i denti, corrosa dall’ansia che era sopraggiunta su di lei. la sua padroncina era rimasta sola con una possibile assassina, inutile dire che la poveretta non era riuscita mantenere i nervi saldi. Scendendo di tutta fretta, la donna lanciò all’uomo barbuto che l’aveva accompagnata, un sacchetto pieno di monete, ringraziandolo appena. Sollevò l’orlo della gonna scura, lasciando intravedere le calze, per agevolare la corsa lungo il vialetto che portava all’ingresso della town house dei Phantomhive. Aveva il fiato corto, un po’ per lo sforzo, e un po’ per il cuore in gola che ostruiva le sue vie respiratorie. Provocando un forte boato che udirono perfino il padrone di casa e il suo maggiordomo, Cecily si era letteralmente scagliata contro la porticina laccata di nero, battendo ambe due le mani con frenetica insistenza. Ciel, che nel frattempo si stava leggendo un libro seduto su una delle poltrone che riempivano l’imponente salotto di casa sua, interruppe bruscamente la sua lettura facendo cenno al suo mero maggiordomo di andare a vedere chi fosse così scortese da non pazientare neanche un attimo. Dopo essersi elegantemente inchinato, Sebastian si diresse verso l’ingresso, poggiando gentilmente la mano sulla maniglia ottonata del portone che pesantemente si aprì, mostrandogli una Cecily sconvolta e quasi giunta alle lacrime: con i capelli arruffati e le goti arrossate. Il maggiordomo dedusse che la cameriera doveva aver corso parecchio, ma ciò che lo sconfortò fu il fatto che con lei non ci fosse la sua padrona
-Cecily?-
-S-Sebastian!- aprendosi un varco fra le sue braccia la donna nascose il viso nel petto dell’uomo, cercando conforto. Questo la rassicurò giusto per qualche istante con un dolce carezza sul capo. Poi, prendendola per le spalle e fissandola intensamente, le fece quella domanda che tanto gli premeva sulle labbra
-Cosa è successo Viola?- Lo aveva domandato con una forza e un ardore negli occhi che la piccola cameriera quasi tremò per il terrore che quelle iridi rosso sangue le incutevano
-Sebastian ma che sta... Cecily!?- lo sguardo bagnato ed arrossato della donna immediatamente passò dal maggiordomo al suo padrone, sciogliendosi nuovamente in un pianto sgraziato e ansioso
-I-Io non volevo lasciarla sola my lord... Ma lei mi ha ordinato di venire da voi...- singhiozzò asciugandosi stropicciandosi gli occhi con le maniche della pesante divisa, mentre il piccolo bocchan si faceva più vicino
-Cecily cerca di calmarti e spiegami cosa è successo...- affermò il conte mantenendo la calma, al contrario della ragazza che dopo due respiri profondi ricominciò a parlare senza singhiozzare o piangere
-Quando siamo arrivate alla casa della signorina Sunset, abbiamo notato che le era stato portato un enorme quantità di ghiaccio. La mia padrona ha supposto che fosse proprio la signorina Sunset ad aver organizzato gli omicidi, e tutto quel ghiaccio serviva per mantenere i brandelli scomparsi dei cadaveri. My lord temo che possa esserle successo qualcosa... Ho un brutto presentimento- affermò mentre le lacrime che avevano rigato il suo viso si asciugavano piano sulle sue goti ancora arrossate. Durò soltanto un istante, bastato per riflettere, l’inquietante silenzio che era calato sui tre
-Facci strada Cecily. Sebastian, andiamo...- ordinò con tono serio e austero il piccolo lord, il cui viso era marcato dai duri segni della preoccupazione
-Yes, my lord- rispose inchinandosi il diavolo di maggiordomo mentre sentiva il veleno ardergli le iridi cremisi. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
***
Quando il suo corpo ricominciò a prendere la sensibilità di tutte le sue parti, Viola sentiva un gran freddo. Non capiva bene cosa fosse a recarle tutti quei brividi, e come se non bastasse, qualcosa le stringeva la caviglia sinistra con una pressione tale che quasi le fermò la circolazione sanguinea dell’intera gamba. I suoi occhi si riaprirono lentamente, prendendo mano a mano confidenza con la penombra che la circondava. Oltre che gelato, quel luogo era sudicio e umidiccio ; perfino l’odore, acre e rarefatto, non era dei migliori. Si sollevò appena, facendo leva con le mani che si erano posate a terra, macchiandosi di polvere mescolata a chissà quale altra sostanza viscosa e molliccia. Riconobbe con chiarezza dei passi distinti che si facevano sempre più vicini. La duchessa dunque, aguzzò bene la vista, e in un primo momento riconobbe quell’abito rosso che aveva ofuscato i suoi pensieri prima di addormentarsi. Con il sorriso sulle labbra, quasi come se fosse rallegrato del suo buon operato, Daisy Sunset riapparì portando tra le braccia una coperta di pesante lana calda, che con non curanza gettò sulle spalle della ragazza, sua prigioniera
-Devi riscaldarti... altrimenti ti ammalerai- affermò con un tono che quasi voleva sembrare dolce. Viola non rispose immediatamente, ma lasciò che la coperta l’avvolgesse completamente recandole un caldo sollievo, e fu proprio in quel momento che si rese conto del pesante catenaccio, probabilmente arrugginito, che costringeva la sua povera caviglia
-Ci sei tu dietro gli omicidi... Non è vero?- domandò improvvisamente prendendo la rossa alla sprovvista, che dopo aver sorriso divertita annuì
-Siete molto intelligente my lady...- ridacchiò inchinandosi appena alla duchessa, che stringendo i pugni digrignò i denti
-Erano le tue amiche...-
-Loro non erano mie amiche. E poi... Meritavano di morire- affermò secca lasciando che un barlume di luce infiammasse le sue iridi chiare. Quanta asprezza e quanto odio trasudavano dalle sue parole. Con un gesto schivo e frettoloso della mano, la donna si sistemò una ciocca ribelle dietro un orecchio
-Porre fine ad una vita non è un diritto...-
-No, infatti gli ho fatto un favore. Quelle oche senza neanche un briciolo di cervello avrebbero fatto di tutto per essere come mia sorella. Almeno adesso faranno parte di lei...- ridacchiò spensierata la rossa lasciando nella testa della giovane duchessa un enigmatico dubbio: “almeno adesso faranno parte di lei”. Cosa significava? Nuovamente il suo cervello era entrato in moto, alla ricerca di una qualche risposta... Cominciava già a sentire i brividi sotto pelle mentre, con passo lento e grazioso, la donna si avvicinava al grande blocco di ghiaccio ricoperto da quello che doveva essere un vecchio telo. Quel panno sporco di polvere e cenere nascondeva qualcosa, e Viola cominciava a sperare che quello che aveva davanti fosse soltanto un incubo. La sua mente aveva preceduto il gesto rapido della rossa, e soltanto quando i suo sospetti vennero finalmente confermati, gli occhi della piccola lady si spalancarono di colpo, e il suo viso assunse un espressione truce:
Proprio sotto i suoi piccoli occhi, giaceva un corpo, o meglio, un corpo fatto di altri corpi. Punti di sutura percorrevano tutte, o quasi, le giunture di quel cadavere quasi irriconoscibile. Macchie e piaghe marce spiccavano persino nell’ombra della ghiacciaia, e l’odore di morto adesso si propagava più in fretta rispetto a qualche istante prima. Viola si era portata una mano alle labbra, mentre una lacrima scendeva lenta e silenziosa sulla sua guancia. Non poteva crederci, non voleva...
-M-Ma che cosa hai fatto?...- domandò con un filo di voce, sconvolta per la prima volta dalla brutalità di una singola persona
-Ho ridato un corpo alla mia sorellina...- rispose con un dolce, per quanto fosse grottesco ammetterlo, sorriso. Le mani di Daisy carezzavano quei pochi capelli che sbucavano, lerci e umidi, da un angolo del blocco congelato
-La mia bellissima sorellina...- sospirò malinconicamente rivolgendo lo sguardo glaciale alla duchessa incatenata al pavimento. Bella, giovane... Utile
-Tu mi aiuterai a farla tornare da me- affermò sicura di se raggiungendola, guardandola beffarda e compiaciuta di come fosse riuscita a far cadere una mezzo sangue nella sua rete
-Non vedo come io possa aiutarti...-
-Oh non è nulla di così complicato! My lady. Ho studiato molto la vostra razza e tutto ciò che poteva aiutarmi nell’impresa. Ci voleva un corpo, e l’essenza demoniaca di un demone. Sarei stata disposta a dare la mia anima pur di far tornare la mia amata Mary Angie... Ma perché rischiare quando posso offrirgli qualcosa di molto più succulento come una mezzo sangue?- gli occhi di Viola di sbarrarono di colpo mentre il suo cuore mancava di qualche battito. A cosa poteva arrivare la mente umana pur di raggiungere il proprio scopo?
Tuttavia, pur trovandosi in una situazione precariamente pericolosa, la giovane lady espose un sorrisetto divertito. Spudorato a tal punto da far storpiare quell’espressione serenamente impostata che si era stampata sulla bocca della sua sequestratrice
-Vi diverte il fatto che vi venderò ad un demone?-
-Affatto, mi diletta il fatto che voi non abbiate capito niente...- rispose con strafottenza, spingendo l’altra a ghignare irata
-l’essenza demoniaca riempirà quella sottospecie di corpo che avete creato. Ma non gli darà mai la vita. L’anima di vostra sorella oramai non fa più parte di questo mondo... - ferita e beffeggiata dalla sua stessa prigionera. Gli occhi chiari della giovane Sunset parvero ardere mentre caricava un poderoso schiaffo contro la guancia vellutata e morbida della giovane duchessa
-Signore! Signore suvvia! non c’è bisogno di ricorrere alle mani- quella voce, divertita e altezzosa, era riuscita a fermare la padrona di casa proprio quando era a un passo da sferrarle il colpo. E per quanto Viola non volesse ammetterlo... Lei quella voce la conosceva fin troppo bene
-Non sembrate molto entusiasta di vedermi, Lady Killarney- ridacchiò il giovane lord che fece il suo improvviso ingresso all’interno del gelido covo. Con il sorriso sulla bocca rovente dal desiderio, e lo sguardo fisso sulla catena che costringeva la povera fanciulla a terra, conferendole uno spietato fascino animale
-Sarà che mi viene la nausea ogni volta che vi vedo, caro Alois...- rispose sollevando appena l’angolo delle labbra. La situazione si stava facendo sempre più critica, e doveva inventarsi qualcosa alla svelta se non voleva finire nelle mani del presuntuoso conte. E mentre cercava di elaborare una qualche strategia per temporeggiare, il biondino faceva risuonare i tacchi dei suoi alti stivali, avvicinandosi quasi ancheggiando suadentemente alla sua splendida preda. Incurante dello stato del pavimento, s’inginocchiò innanzi alla duchessa, fissandola intensamente
-Claude, sbrigati a fare quello che devi... Non voglio far aspettare la mia signora...- ridacchiò senza minimamente distogliere lo sguardo dalle iridi verdognole e confuse della giovane, mentre la rossa faceva strada al maggiordomo del casato Trancy, portandolo dritto da quell’abominio che aveva creato, macchiandosi le mani col sangue delle donne con cui era cresciuta. Prendendosi sfacciatamente gioco di lei, Alois cominciò a gattonare contro la piccola lady, che dal canto suo, indietreggiò finché un muro non le impedì di allontanarsi dalla depravazione che trasudava dallo sguardo ,sporco e voluttuoso, del piccolo lord
-È una vera fortuna che la signorina Sunset abbia conservato quel gioiello maledetto. Adesso nulla mi vieta di...- tralasciò la frase a metà lasciando intendere quello che con i gesti gli veniva più naturale. A forza di strisciare con le ginocchia era riuscito a sollevare appena la gonna dell’abito violaceo della duchessa, appostandosi a cavalcioni sul suo grembo. Immediatamente la fanciulla sferrò un poderoso schiaffo che sfortunatamente non andò mai a segno. Era debole, e per Alois non era stato difficile bloccarle la mano tenendola per il polso. Rapido e molesto afferrò la sua lunga chioma bruna, tirandogliela a tal punto da riuscire a sollevarle il viso, portandolo al suo
 -Dovreste sfoderare questa foga in camera da letto. Ma non temete, sono sicuro che io e Claude riusciremo a far emergere questa vostra passione anche sotto le lenzuola...- E mentre il volto del conte spudorato accorciava pericolosamente le distanze dalla sua bocca tremante e morbida, qualcosa di oscuro cominciava ad emergere dall’altro lato della ghiacciaia. Claude, che aveva cortesemente invitato la signorina Sunset a farsi da parte, cominciava ad emanare una forte aura scura dal suo corpo. Viscosa e quasi palpabile quell’ombra s’arrampicò lungo i margini del poderoso blocco di ghiaccio, penetrando quell’ammasso di carne morta e ricucita. In pochi istanti, questo aveva cominciato a muoversi convulso e scosso dall’interno, come se quell’essenza stesse intaccando ogni parete del suo nuovo contenitore. E brillavano gli occhi languidi di Daisy, che portandosi le mani alle labbra, osservava commossa come il frutto del suo faticoso operato stesse cominciando a maturare
-Non azzardarti a toccarmi...- sussurrò nel frattempo Viola Killarney digrignando i denti, chinando appena il capo nel tentativo di scivare quella bocca bramosa e ardente di possederla
-Altrimenti?- domandò beffardo strattonandola per i capelli, gioendo al gridolino che fuoriuscì timido dalle piccole labbra. Con la punta della lingua si inumidì il perimetro della bocca, preparandosi con impazienza a quel bacio che già da tempo avrebbe voluto rubarle solo per il gusto di poter finalmente lasciare il segno sulla sua nuova proprietà. Si chinò velocemente, azzerando quel breve distacco che lo separava dal suo succulento bottino. Ma quel bacio non arrivò mai sulle labbra fine e pallide della duchessa. Veloce come un lampo, luminoso come un fulmine un coltello da burro aveva fatto irruzione nella sala, dividendo miracolosamente lord Trancy dalla sua povera preda. Con il cuore in gola e il fiato mozzato per lo spavento, Alois si era fatto notevolmente indietro rispetto alla sua posizione precedente, e osservava con occhi sbarrati quella lama che, se solo fosse stata lanciata meglio, avrebbe potuto ucciderlo
-Tsk... Se avessi mirato più a destra gli avresti centrato la testa...- scocciata e austera la voce del giovane Phantomhive fece immediatamente voltare tutti i presenti verso l’ingresso al rifugio, lasciando la giovane padrona di casa totalmente di stucco
-Perdonatemi bocchan. Non sbaglierò una seconda volta- velate nel buio, le iridi purpuree del diavolo brillarono lasciando ardere quel fuoco che stava disintegrando ogni sorta di buon senso in lui; se non fosse arrivato in tempo quel bambino sporco e indegno avrebbe macchiato quelle labbra prelibate e dolci di cui ormai se ne era assuefatto. Un ghigno malevolo si dipinse sulle labbra del diavolo, che portandosi un secondo coltello alle labbra sfiorò ironico il bordo del filo con la punta arguta e sadica della lingua
-Claude! Toglili di mezzo. Subito!- ringhiò il giovane Trancy  sollevandosi immediatamente dal pavimento lurido e sporco su cui giaceva seduto, non poteva rischiare di rimetterci le penne una seconda volta
-Yes, your highness- affermò il demone lasciando i suoi occhi brillare di una luce tutt’altro che dorata e umana. Ardevano della stessa luce oscura e demoniaca che invadeva lo sguardo infervorato del mero maggiordomo dei Phatomhive. Così, lasciando la sua faccenda in sospeso, Claude si scagliò contro il fastidioso diavolo. E non appena il demone si fece lontano, il cadavere smise di tremare, tornando ad un angoscioso rigor mortis che fece spazientire la signorina Sunset. Era ad un passo dal coronare il suo scopo, e per colpa di un bambino e del suo stupido maggiordomo impiccione, sua sorella era ancora un pezzo di carne putrida e morta.
Come una furia Claude si era avventato su Sebastian, che prontamente schivò la potente ginocchiata che avrebbe potuto storpiargli il viso. E mentre atterrava aggraziato ed agile, il ragno fece scivolare un coltello dorato dalla manica del suo frac, pronto a colpire nuovamente. Ma Michaelis parò anche questo ennesimo attacco, lasciando che l’impatto delle loro posate  risuonasse quasi come una melodica colonna sonora per l’intera ghiacciaia. Dal canto suo, Ciel si era chinato sulla fanciulla, armeggiando con il pesante catenaccio che serrava la sua caviglia gonfia e lacerata
-Ciel...- sussurrò Viola sollevata. Cecily aveva fatto un buon lavoro, e senza di loro non osava pensare cosa le sarebbe successo
-Non potete fare sempre di testa vostra, my lady...- l’ammonì il ragazzo fissandola dritta negli occhi, lasciandole intendere un sottile e continuo velo di preoccupazione, forzando con maestria le catene servendosi della lama che Sebastian aveva lanciato pochi istanti prima
-Bene, ora possiamo...- ma Ciel non riuscì a finire la frase che la giovane, prendendogli la mano, catturò la sua attenzione con una frase che fece basire il nobile conte
-Dobbiamo fermarla Ciel...-affermò seria indicando con lo sguardo la creatura che giaceva sopra il grande blocco di ghiaccio. L’essenza demoniaca che Claude aveva cominciato a iniettargli sembrava  fare effetto solo ora. Come uno scoppio ritardato, il cadavere cominciava a fare dei piccoli scatti. Si muovevano lentamente le dita degli arti superiori, facendo risuonare lo scricchiolio delle sue ossa che vagamente ricordava quello delle foglie secche in autunno
-Dio mio...- sussurrò impietrito portandosi una mano nella tasca interiore della sontuosa giacca azzurra, afferrando prontamente la pistola che avrebbe potuto porre fine a quell’abominio. Con un scatto improvviso, Alois Trancy aveva finalmente preso iniziativa, lasciando basiti gli occhi del giovane Phantomhive e della nobile Killarney. Dopo aver afferrato sgraziatamente una sporca e vecchia pala, il biondo aveva colpito con la parte metallica la mano armata di Ciel, disarmandolo come mai aveva fatto prima
-Eh no mio caro, non rovinerai i miei piani ancora una volta!- fece per caricare il conte quando, agilmente, Viola aveva afferrato saldamente il manico di quella grossa arma impropria, temporeggiando quel tanto che bastava per impedirgli di colpire il suo collega
-Togliti di mezzo stupida!- ringhiò Trancy cercando di scuotersela di dosso violentemente. Il suo corpo debole non avrebbe resistito molto, quel bracciale stringeva il suo polso risucchiandole tutte le sue energie, ma la donna mostrava apertamente il suo desiderio di non cedere così facilmente. Dal canto suo, Ciel osservava minuziosamente il pavimento nel tentativo di trovare l’arma che gli era stata catapultata via dal fastidioso ragno. La pesante penombra e la viscosità inquietante del suolo non contribuirono affatto con le ricerche. Nel frattempo, Sebastian veniva scaraventato contro una parete, con il collo serrato tra le possenti mani di Claude. Un ghigno divertito si scolpì sulle labbra del demone munito di occhiali, ma non aveva previsto la sua prossima mossa. Liberatosi astutamente dalla presa, fu il mero maggiordomo, stavolta, ad avere la meglio. Petto contro petto i due diavoli quasi non si rendevano più conto di ciò che gli stava succedendo attorno. Sembravano essersi distaccati dal regno mortale, rinchiusi all’interno di un luogo dove solo il caos e la forza regnavano sovrane. Questa volta uno dei due sarebbe stato annientato, questa convinzione trasudava negli sguardi violacei dei demoni, che ringhiando s’avventarono nuovamente l’uno sull’altro. Un suono metallico fece ribollire il sangue di tutti i presenti, che quasi meccanicamente voltarono lo sguardo sul fondo del seminterrato: nelle mani pallide e tremanti, Daisy Sunset, che passivamente era rimasta a guardare, adesso brandiva una pistola, e quest’ultima era puntata verso il petto esile del giovane conte Phantomhive. Ciel rimase paralizzato da quella visione, perdendosi nello sguardo freddo e bagnato della donna che minacciava di ucciderlo con un colpo: aveva le goti arrossate per il pianto, le fremevano le labbra mentre caricava l’arma contro di lui. Deglutì lentamente.
Si sbarrarono di colpo le iridi del diavolo corvino, che preso dalla visione pericolosa non si rese conto del demone alle sue spalle. Preso alla sprovvista Sebastian venne immobilizzato da migliaia di fili sottili e taglienti che gli avvolsero in un battito di ciglia gambe, braccia, busto e collo. Bloccato dalla testa ai piedi Sebastian Michaelis cominciò a dimenarsi, mentre con passo incerto la rossa si avvicinava al suo prezioso bocchan
-A quest’ora mia sorella poteva essere viva... Tu, stupido bambino ficcanaso...-
Ciel trattenne il respiro
-Bocchan!- si strapparono le vesti del mero maggiordomo, e del sangue cominciò a colare sulla sua carne diafana
-No... no...- con il cuore in gola le mani di Viola lasciarono la presa, discostando violentemente lord Trancy dal suo corpo, approfittandone quasi per darsi uno slancio potente
-Ciel!!!- Gridò il suo nome quando la rossa fece fuoco. Ciel serrò gli occhi.
***
 Il rampollo dei Phantomhive teneva gli occhi chiusi, respirando profondamente. Sentiva il sudore freddo, la cassa toracica compressa tra il muro e qualcos’altro. Cos’era successo? Erano passati pochi frammenti di secondi e già non lo ricordava più. L’olezzo acre di morto e umido si mescolava alla puzza della polvere da sparo, e questo fece gelare l’animo del giovane conte. Non aveva provato dolore, per quanto assurdo fosse pensarlo... E sentiva ancora il suo cuore battergli nel petto. Ingoiò la saliva che gli si era formata in bocca, e lentamente aprì gli occhi. Le iridi del conte si annebbiarono alla vista della folta chioma castana che gli accarezzava il viso. Era stata una schiena sinuosa e rigida ad averlo immobilizzato contro il muro, impedendo alla pallottola di colpirlo. C’era un angoscioso silenzio che era piombato senza pietà. Ciel ebbe un tremore quando assaporò la fragranza dolciastra che quei boccoli emanavano
-V-Viola...?- il piccolo lord non poteva vederla, la ma fanciulla sostava contro di lui con una mano sul torace, lo sguardo sperso nel vuoto che tentava di fissare il pavimento. Scostò lentamente quella mano dal suo diaframma e osservò compiaciuta la vasta macchia purpurea che cominciava a tigere le sue dita e la sua veste. La duchessa sorrise, e socchiudendo appena le palpebre si accasciò a terra. Ma il suo corpo non sfiorò neanche quel lurido pavimento, poiché le mani del diavolo erano giunte proprio per impedirlo. Sebastian perdeva sangue dai polsi, dalle caviglie e dal collo, ma non sembravano fargli male; nessuna ferita sarebbe riuscita a provocargli dolore quanto la consapevolezza che la sua duchessa, la sua Viola, aveva fatto ciò che invece lui avrebbe dovuto fare. Stesa fra le sue braccia, lo sguardo dolce della lady carezzò il viso di Ciel, che lentamente s’inginocchiò al suo fianco. Aveva la faccia smorta, lo sguardo lucido e tetro, sembrava tremare come una foglia
-Non fare quella faccia Ciel...- sussurrò la donna sorridendo
-Non dovevi metterti in mezzo! Perché l’hai fatto stupida? Perché?- ringhiò il più piccolo, lasciandosi coinvolgere dalla marea di sentimenti confusi, che si nutrivano di quel curioso senso di disperazione che si propagava nella sua anima. Un singhiozzo mozzò il fiato del piccolo lord. Per la prima volta Sebastian ammirò una gemma rigargli le guance
-Te lo dovevo Ciel...- rispose portandogli una mano al viso, cogliendo quella lacrima preziosa che sdegnava la fama del cane della regina: freddo, distaccato... Senza cuore
-Dimmi che come mezzosangue sei in grado di autorigenerarti. Dimmi che non morirai...-
-Ciel...- sussultò cercando di spiegargli la situazione gravosa, ma il ragazzo non gli permise neanche di terminare la frase che immediatamente gridò
-Dimmelo!- la voce, rotta dal pianto, di Ciel immediatamente fece sussultare il suo mero maggiordomo, che quasi automaticamente abbassò lo sguardo, fissando quello incerto e timido della sua amata duchessa. Non nascondeva che anche lui voleva sentirselo dire, la quelle lacrime attorno alle sue dolci iridi verdi immediatamente gli fecero capire che non ci sarebbe stato alcun lieto fine stavolta
-I rubini che porto al polso mi hanno privata di tutte le mie capacità demoniache...- roca e profonda la tosse colpì la gola della donna, cominciando a farla penare tra le braccia del maggiordomo, che dal canto suo la strinse al petto
-Eppure deve esserci un modo...- sussurrò chinando il viso sulla sua testa, baciandole i capelli con dolcezza. Il suo tono tuttavia era appesantito da un amaro senso di impotenza. Era bravo a togliere la vita delle persone, piuttosto che salvarla. Tuttavia i suoi occhi cremisi non smisero mai di ardere, spersi nel vuoto di quel verde intenso incastonato nelle iridi della sua donna; alla continua ricerca di una soluzione
-S-Sebastian...- soffocata dal suo stesso respiro, la donna era riuscita a pronunciare quel nome con un lieve cenno di un sorriso. Tremante e gelida, la sua mano accarezzò la guancia di quell’uomo, sospirando languida. Le sue dita gli avevano macchiato la pelle col suo stesso sangue. Afferrandola nella sua, Sebastian Michaelis baciò quella mano piccola e affusolata nella sua più rude e grottesca perfezione, assaporando il gusto acidognolo e saporito di quel liquido porpora. Sentiva parte di quell’anima pura dissetargli le labbra, sciogliendosi sulle sue papille gustative. Preso da un nervoso attacco di mutismo, Ciel osservò i due amanti innanzi a lui, e un groppone si sistemò sulla sua gola
-Idiota! Se lei muore tutti i miei piani andranno in fumo!- si sentì di sottofondo lo sfogo del giovane Trancy, che con un ghigno maligno stringeva i pungi serrando i denti, digrignandoli quasi come se stesse ringhiando come una bestia priva di autocontrollo. La cassa toracica di Viola si sollevava lentamente, e il suo sguardo cominciava a velarsi dell’inquietante pallore della morte. Sbiancavano le sue guance vellutate, le labbra di rosa parevano perdere il loro soffice candore
-Viola...- pareva migliore il suo nome pronunciato da quelle labbra diaboliche. Sentiva il cuore batterle forte, ma non era il termine della vita a farlo accelerare, ma ben sì il pensiero che finalmente era di nuovo con lui, con quel diavolo di maggiordomo che oramai l’aveva rapita, soggiogando una volta per tutte il suo gigantesco ego.
L’Inghilterra non era mai stata famosa per un alto tasso di terremoti o frane. Ma quel giorno, a quell’ora precisa, quando una vita minacciava di spegnersi, la terra tremò sotto i loro piedi. Cumuli pesanti di polvere cominciarono a colare a picco dalle fessure del soffitto, gli attrezzi arrugginiti appesi alle pareti scivolarono al suolo, lasciando che delle profonde crepe squarciassero l’intera parete. Una fiamma, paragonabile alla lingua ardente del sole, scoppiò al centro dello scantinato, brillando di una luce scura. Sembrava pece che aveva raggiunto l’ebollizione, lasciando intravedere spoglie demoniache all’interno di quelle sinuose fiamme ballerine. Occhi che s’infiammavano del violaceo crepuscolo, mostrarono la loro brutale cattiveria. E mentre quei poveri superstiti cercavano di mettersi al riparo, le labbra di lady Killarney si spalancarono intimidite, sussultando tremanti
-Sebastian ma cosa sta...?- cercò di domandare l’ingenuo conte, non rendendosi conto che quello che avevano davanti era una presenza oscura di cui perfino l’inferno stesso poteva provarne timore. Ciel era stretto al corpo del suo maggiordomo, con i capo compresso nel suo petto, come se il volere del suo diavolo corvino fosse proprio quello di non permettergli di guardare la molesta figura che, con passi solenni e ben pronunciati, si faceva avanti. Il giovane Phantomhive ebbe un brivido quando riconobbe il grido sgraziato e stridulo della signorina Sunset sovrastare quel silenzio scoppiettante. Quasi per confortarlo dalla melodia di sangue che cominciava a suonare per l’intera villa, la mano di lady Viola era giunta nella sua, stringendogliela con quella poca forza che oramai le era rimasta
-Non avere p-paura Ciel- sentì la sua voce come un sibilo che trapassò la stoffa pesante delle vesti del suo maggiordomo
-Ma cosa diavolo è?!- chiese posandosi una mano sulle labbra, evitando che i conati di vomito, causati dall’odore deciso e aspro del sangue, che cominciavano a inacidirgli l’esofago, potessero fuoriuscire. Gli girava la testa, ostentando ogni tentativo di perdere i sensi
-Quello, è mio padre- furono le ultime parole che il piccolo Phantomhive sentì dalle labbra della duchessa. Poi il buio e il vuoto lo avvolsero in un forte abbraccio. 
       

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Capitolo 26
*** capitolo 26 ***


Tra gemiti soffocati e grida straziate il giovane conte riprese finalmente conoscenza. Con il capo immerso nel petto del suo maggiordomo, Ciel era totalmente impossibilitato a vedere ciò che nel frattempo stava succedendo attorno a lui. Stretto fra le sue braccia, per il giovane lord non fu difficile capire che c’era qualcosa che non andava, che qualcuno mancava all’appello
-Sebastian- lo chiamò con fredda sicurezza mentre sollevava lentamente lo sguardo, mescolando il suo gelido blu notte con il suo rosso fiamma ardente
-Si è ripreso, Bocchan...-
-D-Dov’è Viola?- chiese immediatamente disarmando il suo diabolico servitore, che spalancando gli occhi evitò di rispondergli
-Ti ordino di rispon...- ma la frase che stava bestialmente fuoriuscendo dalle sue labbra gli morì in gola nello stesso momento in cui sentì un gridolino dilaniato alle spalle del suo maggiordomo. Immediatamente un groppone in gola cominciò a soffocare il giovane conte, mentre con impacciata incertezza invitava il demonio, suo servitore, a spostarsi. Il suo cuore ebbe un sussulto, facendogli evitare qualche battito. Stesa su quel massiccio blocco di ghiaccio, che fino a qualche ora prima sorreggeva un cadavere abominevole in putrida decomposizione, adesso esponeva un corpo asciutto e sinuoso; candido e sanguinante. La sua cara Viola era ancora viva, ma dal sudore che stillava dalla fronte e dallo sguardo smorto e pallido Ciel deduceva perfettamente che stava patendo le peggiori pene dell’inferno. E c’era un uomo distinto al suo fianco. Probabilmente sulle quaranta, lunghi capelli scuri raccolti in una coda bassa, abiti di manifattura eccellente, privi anche della più piccola chiazza di sangue sebbene stesse armeggiando con un coltello all’interno della ferita che il proiettile aveva aperto sul petto della donna. Aveva lo sguardo fisso sul volto della giovane duchessa, e sebbene quelle grandi iridi verdi e familiari potessero sembrare del tutto prive di emozioni, queste trasudavano una profonda e angosciosa disperazione
-E lei chi diavolo...?- ma Ciel non ebbe neanche il tempo di finire di parlare che lo sconosciuto lo zittì prontamente.
-Perdonatemi conte Phantomhive per la mancanza di convenevoli. Ma in questo preciso istante sto cercando di estrarre una pallottola dal corpo di mia figlia- così, con un brivido che lo percosse dalla testa ai piedi, un lampo di genio illuminò i ricordi del piccolo rampollo
-Voi siete Lord Killarney?!- affermò il giovane socchiudendo appena le labbra per lo stupore. Ecco cosa celavano quelle fiamme scure e ardenti, un diavolo... Un padre. Immediatamente riconobbe quel verde intenso che illuminava le iridi di quell’uomo, lo stesso tono malinconico e forte della sua cara collega. Un sorriso si dipinse sulle labbra del duca che finalmente veniva smascherato. Tuttavia quell’inarcatura enigmatica sulla sua bocca celava un grande quesito nella mente di Ciel: sorrideva per la sua affermazione? Si, forse anche per quello. Ma il piccolo Phantomhive trovò la risposta quando vide la mano grande di lord Killarney afferrare quel maledetto proiettile che tanto lo stava facendo penare. Ricoperto da uno spesso strato di sangue ancora caldo, quell’arma misera pareva una scheggia, un sassolino dispettoso che tuttavia aveva torturato la sua amica fino a consumarle le forze
-Ecco bambina mia. Ora è tutto finito...- sussurrò con smielata dolcezza, mentre portava ambo i palmi al polso della fanciulla, afferrandole e strappandole da dosso quel maledetto gioiello che avrebbe potuto portargli via quell’unica cosa bella che un diavolo, a parte un pasto prelibato, potesse desiderare. Si udì con chiarezza l’impatto dei rubini contro il suolo, macchiandosi a loro volta di quel liquido cremisi che orami si espandeva a macchia d’olio per l’intera cantina. Un sussulto sgusciò fuori dalle labbra pallide e screpolate della nobile perla, la quale finalmente cominciava a sentire il lento attenuarsi di quel dolore che tanto la faceva gridare. Non aveva mai sofferto così profondamente, eppure un sapore dolce inteneriva il suo animo; dopo tutto era per salvare la vita di Ciel che sarebbe morta volentieri. Roteando appena lo sguardo poi, Viola guardò finalmente in viso quel padre che da anni era scomparso dalla sua vita. Certo, era abituata a vederlo apparire nei suoi sogni, ma ritrovarlo dal vivo, al suo fianco che le stringeva la mano le procurava un certo tepore malinconico. Lord Killarney aveva strappato un lembo di stoffa dalla veste della fanciulla, fasciandole il petto prima di ricoprire alla buona quel corpicino pallido e diafano. Infine, accogliendola al petto, l’uomo la sollevò di peso dirigendosi a passo lento e aggraziato verso il giovane maggiordomo, che per qualche secondo sentì qualcosa dentro di lui sussultare. Come se il suo cuore avesse cominciato a galoppare all’impazzata prima di arrestarsi di colpo. Sembrava essersi addormentata la sua bella duchessa, e non avrebbe osato disturbarla dal suo meritato riposo.
-Le dispiacerebbe, signor Sebastian, farmi strada fino alla residenza? Viola ha bisogno di dormire al caldo e soprattutto con delle vere bende...- affermò inarcando appena verso l’alto ambo gli angoli delle sue labbra. Quel diavolo, inginocchiato con un bambino ai suoi piedi, era l’unico essere che era riuscito a catturare il cuore di sua figlia, e ancora stentava a crederci.
-Certamente. La prego Bocchan si stringa a me- e il mero maggiordomo attese che le braccine esili del suo padroncino si legassero attorno al suo collo. Con passi leggeri e silenziosi giunsero fuori della mesta abitazione nel giro di pochissimi istanti. La contemplarono nella sua rurale semplicità, prima che con un gesto rapido della mano il duca lanciasse un cerino accesso. Come un mastodontico falò tutte le pareti presero fuoco, tramutando in cenere quella dura verità che finalmente era venuta a galla. Anche un altro caso era stato risolto... E sebbene lo sguardo vivo di Ciel sembrava esserci acceso assieme a quelle lingue infuocate che dilaniavano il portico e piegavano sgraziatamente le pareti, il piccolo lord non si sentiva ancora a suo agio. C’erano nuove questioni che annebbiavano la sua mente ora: che fine aveva fatto Alois? Cosa sarebbe successo ora che lord Killarney era tornato? Ma soprattutto: cosa avrebbe scritto nel rapporto alla regina?

***
-Mio signore?! Santo cielo! Padrone!- erano sbiancate di colpo le goti tonde e rosee della cameriera che di tutta fretta era andata ad aprire alla porta. Era rimasta da sola nella residenza cittadina dei Phantomhive, con il cuore in gola e il pensiero rivolto continuamente verso la sua padroncina, la sua migliore amica. E adesso, ora che finalmente l’agonia era cessata, gli occhi di Cecily si erano spalancati innanzi a quell’affasciante figura di cui aveva perso le tracce. L’uomo di verde vestito sorrise con estrema cordialità alla ragazza che sembrava aver visto un fantasma, e con fare delicato e garbato rispose
-Cara Cecily, aiutami a medicare per bene Viola e ti racconterò tutto...- solo in quel momento la serva dei Killarney si rese conto della sua amica dormiente e sporca di sangue tra le braccia del suo genitore
-Dio mio! É grave?-
-Non preoccuparti di questo, adesso. È preferibile fasciarla e metterla immediatamente a letto- affermò l’uomo lasciando che Cecily gli facesse strada sino alla camera da letto di sua figlia. Sebastian, dal canto suo, rimase assieme al suo Bocchan, sfrecciando in men che non si dica nelle sue stanze.
Dopo averlo spogliato, il giovane maggiordomo stava preparò degli abiti puliti per il suo padrone, che mezzo nudo sostava in piedi al lato del suo giaciglio
-Siete piuttosto silenzioso, signorino...- constatò il moro inginocchiandosi innanzi la gracile figura, aiutandolo ad infilarsi i pantaloni di velluto scuro
-Stavo solo pensando...- rispose senza scomporsi. Già lo aveva fatto abbastanza quella sera, e ora che era tornato nella sua dimora, il giovane rampollo era pronto a tornare Ciel Phantomhive: serio e austero, freddo e spietato
-Tu piuttosto. Dovresti stare con Viola. Ha bisogno di te...-
-Tutto quello che lady Killarney ha bisogno, adesso, sono le cure amorevoli di suo padre. Io sono un mero maggiordomo, e servo voi...- cominciò sistemandogli la camicia, allacciandogliela con cura bottone per bottone per poi passare ad annodargli un morbido fiocco attorno al collo
-E poi... Viola è una donna forte...- solo pronunciare il suo nome faceva nascere un dolce sorriso sulle labbra del diavolo, che senza rendersene conto aveva deliberatamente dimenticato di usare la consueta formula di cortesia. Tuttavia, Ciel non sembrava aver dato troppa importanza a quella mancanza, anzi, la ignorò del tutto. Si udirono dei rintocchi di nocche sottili che bussarono alla porta, ed entrando nella camera del giovane Bocchan, Cecily s’inchinò elegantemente
-Lady Viola sta per riprendere conoscenza. Lord Killarney ha espresso il desiderio di invitarvi nelle sue stanze- sembrava serena la cameriera, finalmente. Aveva la traccia di un sorriso genuino che le coccolava le labbra, e questo per gli occhi del demone parve come un buon segno
-Bene, andiamo Sebastian- e silenziosamente, i tre cominciarono a camminare lungo il corridoio che li separava da quella camera da letto. Sebbene non fosse molto distante, arrivare a destinazione sembrò un viaggio senza fine. C’era una quiete ovattata, quasi surreale, e mano a mano che si avvicinavano tutto pareva perdere senso. Ciel non si sarebbe mai aspettato che sarebbe andata a finire così: di affezionarsi ad una persona come Viola, di prendere parte ad una avventura che riuscisse a fare breccia nel cuore di Sebastian. La porta si aprì cigolando appena; la luce soffusa incorniciava quell’ambiente tranquillo e sereno. Seduto all’angolo del grande giaciglio, il duca Killarney sedeva con le gambe accavallate l’una sull’altra, la mano legata alle dita della sua bambina, lo sguardo rivolto sul suo viso candido. Viola dormiva con la bocca distesa in un vellutato sorriso. Nessuna ruga affilata graffiava il suo volto, nessuna lacrima di dolore corrodeva la sua pelle sottile. I capelli sembravano una cornice di legno, intarsiata a  dovere come per riprendere il movimento sinuoso delle sue onde brune. Ciel e il suo maggiordomo si avvicinarono piano, cogliendo l’attenzione del nobiluomo che immediatamente puntò il suo sguardo sul giovane rampollo e il suo diabolico servitore. Il verde, il blu e il rosso mi mescolarono e si sfidarono in occhiate serie, eppure complici. Un mugugno soffocato, uno sbadiglio leggero. Voltando il capo a destra e sinistra, la fanciulla spalancò le palpebre, sbattendole ripetutamente per mettere bene a fuoco. Era stordita, spaesata. Ancora non capiva bene quello che le stava accadendo intorno. Poi, i suoi occhi s’immersero nel color malinconico che la legava a quell’uomo seduto al suo fianco. Ora che rivedeva suo padre, la sua mente venne pervasa dai ricordi: Ciel, la pallottola, Sebastian... Le fiamme, e poi il buio
-Padre?- sussurrò piano, sollevandosi appena. La ferita sull’addome tirava, ma il formicolio dovuto all’autorigenerazione dei tessuti le faceva capire che si stava riprendendo in fretta
-Fa attenzione, mia cara. Hai perso molto sangue e la rigenerazione non è stabile. Movimenti troppo bruschi potrebbero riaprire la ferita- l’ammonì suo padre aiutandola a posare la schiena sul morbino guanciate deposto sullo schienale del possente letto. Ora riuscì a vedere anche gli altri due personaggi all’interno delle sue stanze: Ciel, ripulitosi delle luride vesti, avanzò verso di lei con quel portamento d’adulto precoce che calzava a pennello in quella figura esile e austera. I lineamenti affilati, rigidi, molto seri. Ma dentro quell’affasciante iride color oceano le fu trasparente intravedere un umano barlume di preoccupazione
-Sei viva…- constatò con tono distaccato. Immediatamente un ghigno divertito si allungò sulla bocca piccola e fine della fanciulla
-Così pare!- ridacchiò la duchessa, portando la mano verso la sua, stringendola con dolcezza. Non indossava più i suoi guanti, il suo scudo per non far vedere ad occhi indiscreti la sua diabolica sfumatura delle unghie. Un calore affettuoso andò immediatamente a coccolare le sue dita, riscaldandogli il cuore. Ciel era stato veramente preoccupato per lei, e vederla ancora sorridente e beffarda fu come se il peso che portava nel petto si fosse alleggerito
-L’importante è che tu stia bene, Ciel- afferrando la mano piccola e affusolata del conte con ambo le mani, la fanciulla la portò al viso, carezzandola con la superfice morbida e vellutata della sua guancia. Sorrise dolcemente, sospirando appena quando i suoi occhi volteggiarono verso la figura di nero vestita che attendeva dietro il suo padroncino. Le iridi malinconiche e cupe della fanciulla si folgorarono immediatamente, appena il suo sguardo cremisi la ricambiò della medesima premura. Eccolo lì, il diavolo che era riuscito a corromperla. Non sapeva se era un bene provare un affetto di tal misura nei confronti di quell’essere che da sempre aveva detestato, ma da quando aveva pensato che sarebbe morta in quel lugubre scantinato, avvolta dalle sue braccia, si convinse totalmente ed incondizionatamente che sarebbe sempre rimasta legata a lui. Si infilzarono per secondi interminabili, fissandosi con una consapevolezza maggiore che mai avevano mostrato prima. Non avevano bisogno di parlarsi, i loro occhi erano più loquenti e saggi delle comuni parole. Schiarendosi la gola, il duca fece come per riportare con i piedi per terra i due alienati, che immediatamente si voltarono nella sua direzione per prestargli ascolto:
-Se non vi dispiace…- Cominciò –Desidererei discutere in privato con voi, Lord Phantomhive, e il vostro maggiordomo a proposito di certe questioni…- affermò serio, donando al contempo una lunga ed estenuante occhiata di complicità alla sua unica figlia ancora stesa sul letto. Viola non aveva ben compreso le parole del padre, ma in men che in un istante trasalì silenziosamente.

***
I tre s’incontrarono nello studio privato del giovane conte, accompagnanti da un immancabile velo di silenzio che li avvolse come una fitta nebbia, che celava dietro il suo spessore quella marea di interrogativi a cui il piccolo lord e il suo diavolo non riuscivano a trovarvi risposta. Perché li aveva convocati così all’improvviso? Perché in privato?
-So bene che siete un uomo a cui non piacciono i giri di parole, per tanto vado dritto al punto della questione: mia figlia ha bisogno di protezione. Motivo per cui questa notte abbandoneremo questa casa.- Ciel non ebbe neanche il tempo di sedersi comodamente sulla maestosa sedia del suo studio, che sprofondando su di essa come un pesantissimo macigno rimase impietrito, e al contempo esterrefatto. Il duca non lasciava trapelare la benché minima emozione, eppure in quelle parole Ciel aveva intuito astio, gelo. Deglutendo silenziosamente, il giovane si ricompose, congiungendo le mani sulla superficie lignea dell’elegante scrivania intarsiata, assumendo egregiamente la gestualità del giovane ed affabile uomo d’affari qual era.
-Perdonatemi, lord Killarney, ma non vedo il motivo per cui dobbiate andarvene. Oltretutto, non sono convinto che lady Viola sia in grado di poter intraprendere un viaggio nelle sue condizioni…- rispose fermamente il conte, scrutando affondo l’espressione beffarda e canzonatoria dell’uomo che aveva innanzi
-Non dovete preoccuparvi…- rise quest’ultimo abbassando appena lo sguardo, mentre una sfumatura violacea e rovente prendeva possesso del caldo colore delle sue grandi iridi. Solo quando il verde intenso dei suoi occhi fu interamente inglobato da quella diabolica luce, lord Killarney sollevò di scatto lo sguardo:
-Dove ho intenzione di portarla, mia figlia non dovrà più patire alcun dolore o sofferenza…- silenzio. Un brivido freddo percosse l’intera colonna vertebrale del giovane Phantomhive. Non lo convinceva il tono viscido e spietato con cui aveva parlato. E proprio come se fosse riuscito a leggergli nel pensiero, Sebastian si era scagliato contro il duca con una velocità sovraumana. Un tonfo tuonò per l’intera camera, mentre con un ringhio roco e basso Ciel chiamava a gran voce quel maggiordomo che aveva letteralmente messo alle strette il suo diabolico ospite: petto contro petto, Sebastian Michaelis quasi mostrava i denti mentre teneva saldamente con le spalle premute contro il muro il corpo del duca, il quale al contrario sogghignava divertito.
-Sebastian! Ti ordino immediatamente di…- tuttavia, il giovane non ebbe neanche il tempo di terminare il suo comando che il suo mero servitore lo zittì immediatamente:
-Chiedo venia, Bocchan, ma non posso. Voi stesso mi avete ordinato di proteggere lady Killarney ad ogni costo. E se adesso ubbidissi contravverrei al vostro precedente comando- udite quelle parole, un riso sgusciò dalle labbra fine del duca
-Quanto ardore… E solo per una misera mezzosangue…- Sebastian strinse i denti, digrignandoli con forza mentre l’ombra scura della sua anima cominciava a prendere consistenza alle sue spalle. E fu un vero e proprio fuoco quello che brillò veemente dai suoi occhi, mentre con furia afferrava l’altro demone per la gola, sollevandolo con forza a quasi più di trenta centimetri dal suolo
-Lady Viola non è affatto misera. Ha patito tanto dolore per mantenere la sua integrità. Ha affrontato la morte per salvare la vita del mio padroncino. È la donna più coraggiosa che abbia mai conosciuto. Siete voi, mio signore, il miserabile-
Silenzio. Una quiete quasi mistica e rivelatrice si era posata con il suo sottile velo sui tre protagonisti di quella scena: Ciel, quasi come un narratore esterno, poteva soltanto osservare e descrivere ciò che gli stava succedendo proprio innanzi il suo limpido e profondo occhio blu: due demoni mostravano il veleno delle loro anime marce e dannate. Eppure, in quella rivalità ormai palese, il piccolo conte poteva leggervi quasi una sorta di affinità malsana.
Uno scricchiolio poi, sottile e gracchiante, aveva colto la sua attenzione. Posò allora il suo sguardo attento e studioso sulla porta che permetteva l’ingresso al suo studio: era semiaperta, e in quell’affilato spiraglio poteva osservare un’esile figura in camicia da notte; con gli occhi lucidi e le labbra tremanti
-Viola?- quello di Ciel fu appena un sussurro, un lieve respiro che quasi automaticamente fece voltare i due diavoli contro quella medesima porta che il conte stava fissando con curiosità. Che avesse ascoltato tutto?
La spessa parete di legno massicciò si spalancò, mostrando al suo interno la fanciulla di bianco vestita, con i capelli sciolti lungo le spalle, un pallore quasi mortale, le labbra rosee, distese in un soffice sorriso, e lacrime luminose che colavano sulle sue gote tonde. Teneva le mani strette al petto, le dita fine e affusolate intrecciate tra di loro, custodendo la sua preziosa perla. Guardava quel diavolo di un maggiordomo con una luce negli occhi che gli mostrava una sublime pace, un sollievo, ed una tenerezza spietata e disarmante. Dal canto suo, Michaelis ricambiò il suo sguardo attonito nel vederla in piedi, debole eppure con una forza d’animo tale che le aveva permesso di sgattaiolare dalle sue stanze e venirli ad origliare. Lord Killarney invece, ancora stretto alla gola dalle forti mani del demone, osservava i due con occhi compiaciuti, e l’angolo delle labbra sollevato verso l’alto. Sospirò, e ridacchiando appena disse:
-Arrivi giusto in tempo, figlia mia…- il duca posò le mani su quelle del maggiordomo, guadagnandosi un’occhiataccia ostile da parte sua,
-Lasciami pure, ragazzo. Il test è finito…-
-Test?!- domandò improvvisamente il conte Phantomhive, incalzando prima di tutti gli altri. Davvero li stava testando? Perché? Né il maggiordomo né tantomeno il suo padrone avrebbero potuto capire quali fossero i piani del duca.
-Padre…- Viola avanzò piano, arrancando con quelle poche forze che le erano rimaste. Lei aveva capito, e non poteva attendere sotto quelle calde lenzuola che suo padre prendesse una decisione definitiva. Ancora una volta la curiosità ebbe la meglio, e adesso fremeva soltanto al pensiero del verdetto finale.
-Perdonatemi, signore, ma non capisco…- rispose formalmente Sebastian, riassumendo in men che non si dica il suo portamento elegante e sobrio, perfettamente consono alla sua servizievole etichetta. Il duca non gli rispose subito. Amava  tenere tutte le sue pedine sulle spine, così si prese del tempo per sistemarsi le vesti, e prendere un bel respiro profondo, dando dei piccoli colpi di tosse, modulando la voce. Dopo tutto, anche se nessuno lo sapeva, quello era un momento di vitale importanza:
-Viola, per favore, puoi cedermi la tua perla?- la giovane annuì, e senza dire nulla si portò le mani al collo, sganciando con delicatezza quel gioiello che da sempre l’aveva contraddistinta, quel gioiello che era stata la causa di tutti i suoi problemi, ma anche la medesima che le aveva permesso di incontrare Sebastian e il suo padroncino. La affidò alle mani di colui che l’aveva creata, e successivamente, con passi brevi ma scanditi e imperiosi, il duca si avvicinò a quel diavolo che tanto lo aveva fatto divertire. I due si fissarono intensamente negli occhi: quelli cremisi e ardenti di Michaelis da un lato, quelli verdi e raggianti di lord Killarney dall’altro. La tensione poteva tagliarsi con un coltello, l’aria quasi si faceva più pesante e rarefatta. Viola sentiva il cuore batterle fortissimo nel petto, quasi come se si sentisse da svenire da un momento all’altro, mentre Ciel restava silente, immobile dietro quella grande scrivania, cercando di capire a quale strana procedura stesse facendo parte. Poi, a disincantare quell’immobile stasi, il duca lasciò tra le candide mani guantate del maggiordomo  la perla si sua figlia. Fu in quel esatto istante che il diavolo sgranò lo sguardo, incredulo. La sua quasi spietata inespressività era mutata tutta d’un tratto, e questo fece trasalire il suo piccolo Bocchan, che immediatamente intuì che con quel gesto, lord Killarney voleva dimostrare qualcosa di fondamentale importanza.
-Deduco che vi stiate domandando che cosa sia appena successo, lord Phantomhive- si rivolse direttamente a lui il duca –Ebbene, si tratta di un rituale molto antico con il quale ho appena concesso la mano della mia unica figlia mezzosangue al vostro maggiordomo- le labbra di Ciel si spalancarono appena
-Cosa?-
-Desidero che Viola appartenga a lui. Dunque confido in voi, in quanto possessore del contratto con il signor Sebastian, che concediate la vostra benedizione, oltre che il vostro permesso, sulla loro unione- per la prima volta, Ciel era stato chiamato a dare la sua benedizione. A causa della sua tenera età, mai gli sarebbe venuto in mente di dover concedere il suo consenso sulle imminenti nozze di qualcuno, tantomeno del suo maggiordomo, lo strumento della sua vendetta. Non pensava al futuro, se non in funzione di quella succulenta e prelibata rivincita che da tanto tempo ormai stava pregustando. Tuttavia, doveva ammettere che la sua vita aveva preso una strana piega, da quando aveva incontrato la perla della regina nel suo cammino. Quante cose aveva appreso, quanti sentimenti aveva riscoperto nella sua fanciullezza ormai sopita. Si avvicinò dunque ai due che da tempo osservava sornione, come due amanti sbagliati… corrosi da un amore proibito che tuttavia ebbe la meglio su di loro.
-Sebastian- disse fermamente, fissandolo intensamente negli occhi. Tutti in quella stanza allora seppero quello che il conte Phantomhive stava per dire. Tanto che infine non ci fu neanche il bisogno di parlare, poiché solo il suo sguardo era capace di comunicare l’immensa fiducia che il giovane conte stava lasciando nelle mani di Sebastian, il quale, d’ora in poi, si sarebbe ritrovato a salvaguardare ben due vite. Dunque, non vi fu più alcuna parola. Solo una lacrima della giovane duchessa, commossa, ed un inchino elegante e umilmente sottomesso dell’ormai celebre diavolo di un maggiordomo:
-Yes, my lord-
 
***
Solo una notte di luna piena, due demoni, un conte, una mezzosangue. Il silenzio e il buio erano i sovrani nella grande residenza dei Phantomhive, che in gran segreto, sotto quei pallidi spiragli di luce, accoglievano la nascita di un nuovo e prelibato nucleo: Sebastian Michaelis e Viola Killarney si promettevano l’uno all’altra alle sempiterne tenebre, con il duca e il giovane Ciel come unici testimoni. Con le mani, i due tenevano una vecchia coppa di cristallo macchiata di un caldo liquido purpureo. Al suo interno, infatti, i due  sposi avevano lasciato colare poche gocce del loro stesso sangue, lasciando che si mescolassero in un tutt’uno cremisi e denso, per poi berlo. Da quel poco che Ciel aveva potuto intuire, quel passaggio stava a simboleggiare formalmente la loro unione. Il sangue di Sebastian diventava parte di Viola. Il sangue di Viola diveniva parte di Sebastian. Questo, creava un legame che ormai era indissolubile.
-Io sono tuo, tu sei mia- affermò con solennità il diavolo, baciando la mano candida e vellutata della sua giovane sposa.
-Io sono tua, tu sei mio- rispose quest’ultima sorridendogli amorevolmente. Nessuno sarebbe riuscito a crederci, ma Ciel era emozionato. Pur nascondendolo a dovere, si sentiva tutto un tremito, e provava un forte calore nel petto. Un tepore che alleviava quel vuoto e quel profondo dolore che lo attanagliava giorno e notte. Sapeva, tra l’altro, che il pensiero che gli passò per la mente era a dir poco folle quanto inusuale. Eppure, si convinse che forse, quella che aveva davanti, era la sua nuova famiglia.
E nell’ombra di un piccolo sorriso, poche parole giunsero al suo orecchio:

“Che niente o nessuno osi  dividere ciò che nella notte il sangue ha unito. Perché è il sangue a darci la vita. E il sangue non perdona.”  


*Angolino di Virgy*

Era il 23/01/2012 l'ultima volta che avevo aggiornato questa fiction. Mancava un solo capitolo, e ammetto con mio grandissimo rammarico che mi sono fatta letteralmente soggiogare dall'ansia. Così ho cominciato a dilungarmi in una pausa che praticamente non ha avuto più fine. Ho cominciato a scrivere altre cose, a studiare come una matta per gli esami. Insomma, ogni scusa era buona per non pensare che avevo quasi finito questa storia e che mi mancava soltanto un misero capitolo. So che probabilmente mi starete tutti aspettando al varco, con tanto di mazze, torce e forconi. e onestamente me lo merito. Spero solo che il fantomatico "The End" possa quantomeno alleviare l'incazzatura post pausa di riflessione. Spero che raggiunga le vostre aspettative, e che sotto un certo verso vi incuriosisca, perchè (università permettendo) ho una mezza idea per un possibile sequel. Viola, Ciel e Sebastian mi hanno fatta crescere moltissimo come scrittrice... e abbandonarli mi fa un certo effetto. Grazie per aver letto fino a questo punto. grazie a tutti coloro che mi hanno seguita dall'inizio di questo piccolo viaggio, e grazie a chi comincerà solo oggi a leggere la mia piccola gioia. 
Un bacio.
V

Ps. sto modificando tutti i precedenti capitoli mano mano sia nel format che nella stesura. Non apporterò grandi modifiche, ma giusto nell'ventualità che qualcuno si sia scordato che cosa è successo nelle puntate precedenti, è il più che benvenuto a rileggere :) 

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