Come l'ultima volta.

di AskMeToBelieve
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nati nel posto sbagliato. ***
Capitolo 3: *** Bisogna aspettare la fine per rincominciare. ***
Capitolo 4: *** Urli soffocati. ***
Capitolo 5: *** Ma tu aspettami, che io arrivero'. ***
Capitolo 6: *** Da cosa stai scappando? ***
Capitolo 7: *** Con te non ho paura. ***
Capitolo 8: *** Se sai dov'è la tua felicità, vai lì e prenditela subito. ***
Capitolo 9: *** Ed io starò bene, anche se non sono felice. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                   



“Dove mi stai portando?” gli chiesi sorridendo.   
“Tra poco lo vedrai piccola” mi disse lui allo stesso modo, prendendomi per mano. “Fidati di me…” mi sussurrò, poi, vicino all’orecchio ed io non potetti impedire ai brividi di percorrermi l’intera spina dorsale.
                                        
Tutto ciò che riguardava lui, era così dannatamente meraviglioso, così dannatamente perfetto, e lo ero anche io, se al suo fianco. Aveva una voce roca così bella cavolo, ogni giorno che passava, me ne innamoravo sempre di più.       
Si, sarebbe stato quello il suono che mi avrebbe cullato per il resto della mia vita. Ne ero certa.  
Come avevo fatto ad innamorarmi così? In fondo quello era solo un viso, con un sorriso, un paio di occhi e delle labbra qualsiasi… eppure, mi avevano cambiato la vita. E adesso, davanti ai miei occhi, quelle non erano semplici lineamenti, erano il volto di chi custodiva gelosamente il mio amore, il volto di chi, in silenzio, amava incondizionatamente senza alcun motivo, dato che il “perché” più forte, lo costituivamo io e lui insieme.
Mi lasciai condurre nel posto misterioso, nella nostra destinazione segreta, che lui non aveva voluto rivelarmi in nessun modo, nonostante le mie continue insistenze.
Stringeva forte la mia mano, e la teneva ben salda alla sua ogni qualvolta ci fosse qualche dislivello sull’asfalto, per impedirmi di inciampare. Lo sentivo ridacchiare di tanto in tanto, mentre mi sussurrava parole dolci durante tutto il tragitto. Dovevo ammettere che era davvero difficile percorrere un tragitto senza poter vedere nulla, ma lui era vicino a me e sapevo che mi avrebbe condotto sulla strada giusta.
In qualsiasi parte del mondo sarei andata, se c’era lui al mio fianco, non mi importava più di nulla.
Non esistevano più città, strade e destinazioni, esistevamo soltanto noi due. Noi due contro un mondo sbagliato, ma che gli abbiamo impedito di rendere sbagliato anche il nostro amore.
Parigi era il posto ideale per chi voleva vivere un amore perfetto, per chi voleva scappare, buttare tutto all’aria, ricominciare tutto da capo e vivere quello che desiderava, senza regole. Quella città tanto proibita quanto affascinante, sembrava essere fatta apposta per questo, ed io ero qui, in questa terra promessa, con la persona che amavo e non sarei voluta esserci con nessun'altro.
                                                                                                                                                                                
"Ok, siamo quasi arrivati. Adesso stai bene attenta, dobbiamo salire alcuni scalini.” intervenne lui interrompendo i miei pensieri.    
“Ma io non vedo nulla!” dissi.   
“Stai tranquilla amore, ci sarò io a sorreggerti ” mi rassicurò apprensivo e con un tono così incredibilmente dolce.
Quelle parole avevano decisamente il suono di una promessa. 

 “Non mi preoccupo affatto. Mi fido di te tesoro, mi lascerò sorreggere ogni volta che vorrai “gli risposi amorevolmente.

Quella invece, adesso, era la mia di promessa, e lui lo sapeva benissimo, lo intuì dal grande bacio sulla guancia che mi diede non appena conclusi la mia frase.

Potevo sentire le ginocchia mancare ed il mio viso andare letteralmente a fuoco, nonostante fossi abituata a gesti inaspettati come quello. Lui era la mia certezza, ma nonostante ciò, riusciva sempre a sorprendermi.
Percorremmo quel lungo ed interminabile sentiero, avvinghiati l’uno all’altra - come se fossimo gli unici al mondo -  per altri dieci minuti, dopodiché potevo già sentire l’aria fredda parigina soffiare sul mio naso. Era tutto così rilassante. 
 
 “Eccoci arrivati!” affermò lui levandomi la benda da gli occhi, e non appena li aprì, vidi un mondo nuovo davanti a me.

Un piccolo ammasso indistinto di luci, suoni, stradine e paesaggi, mi si proiettarono contro, lasciandomi a bocca aperta. Potevo notare benissimo Parigi in miniatura, che da quassù sembrava così piccola e minuscola. Mentre noi, in cima alla Tour Eiffel, eravamo così grandi ed imponenti, tanto da confermare come avevo sempre affermato: io e lui insieme, eravamo più grandi di tutto.
Era bello sentirsi realmente così, come se nulla avrebbe potuto farti crollare, o peggio, scomparire. 

“Oh mio Dio Harry! E’- è tutto così meraviglioso!” balbettai ancora incredula.        
“Ti piace?” mi domandò con un sorriso a trentadue denti.                            
“Tantissimo “ gli risposi girandomi di scatto e guardandolo dritto negli occhi. Quegli occhi color speranza che sapevano toglierti il fiato. Mi ci potevo specchiare dentro. “E ciò che lo rende ancora più bello, è il fatto che tu sia qui con me!” gli cinsi la schiena con le braccia e lui ricambiò la stretta teneramente. 
“Ma tu guarda! Stavo per dire la stessa cosa” disse con il suo sorriso sghembo che metteva in risalto le sue adorabili fossette. Non so cosa mi trattenne da infilarci un dito, ma mi limitai a sorridere sommessamente.     
“Non ne avevo dubbi” lo stuzzicai appoggiandomi alla ringhiera della terrazza. Non avevo visto niente di più bello!

Parigi ed il ragazzo che amavo nello stesso posto, allo stesso momento, sarei potuta restare imprigionata in quella frazione di secondo per tutta la vita.                 
Sentivo il cuore battere troppo velocemente, era da togliere il fiato.        
 
“ Perché mi hai portato qui?” chiesi senza smettere di guardare il panorama.

Lui si avvicinò un po’ di più a me, stringendomi la vita da dietro e appoggiando la sua testa sulla mia spalla.

“Perché il punto più altro della torre Eiffel è il luogo perfetto per la sorpresa che ho in mente per te.” 
“Che sorpresa?” dissi guardandolo e sorridendo fugacemente. 
“Tra poco lo scoprirai” mi sussurrò.

Era così affascinante dannazione. Avrei voluto baciarlo all’istante ma non ne ebbi il tempo, dato che mi prese per mano e mi condusse dalla parte opposta della terrazza. Sembrava non esserci nessuno lì quella sera.
Nessun turista curioso di accedere ad uno dei monumenti più belli della città, nessun bambino che scorrazzava divertito o nessuna coppia felice come noi, che si teneva mano nella mano, come se non ci fosse un domani. C’eravamo soltanto noi due, e Parigi era la nostra libertà di vivere quell’amore profondo, lontano da occhi indiscreti e da giornali affamati di scoop da copertina. Era la nostra fuga, la nostra testimone di tutto.
Arrivammo sul retro e notai un tavolino a due posti proprio di fronte a me. La vista qui era ancora più mozzafiato di quella precedente, era tutto così surreale. Ancora stentavo a crederci. Harry mi lasciò momentaneamente la mano, per recarsi vicino alla sedia e spostarla all’infuori, attendendo che io mi andassi a sedere.

“Voilà mademoiselle!” disse con quell’accento anglo- francese che mi faceva impazzire.

Lo raggiunsi sorridendo e lo accontentai, mentre lui raggiunse l’altra postazione e si sedette proprio di fronte a me.

“Allora… vuoi dirmi quale sorpresa hai organizzato?” cercai di dire in modo provocatoriamente accattivante, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo.  
“Ora lo scoprirai” disse mordendosi il labbro mentre estraeva una scatoletta dalla tasca della sua giacca. “Tu sai perché siamo venuti proprio a Parigi vero?” ritornò improvvisamente serio e concentrato. Mi corrucciai, non capendo quell’inaspettato cambio d’espressione.
“Ehm si, per fuggire momentaneamente da tutto e tutti e recarci qui, nella città dove tutto è possibile giusto?” affermai spiando la scatoletta tra le sue mani. 
“Esatto” esclamò abbassando lo sguardo. “Sophia… non immagini quanto è importante per me averti qui. Non sai quanto apprezzi il fatto che dall’Italia, tu abbia deciso di restarmi accanto fino in Inghilterra, e adesso anche qui. La verità è che avrei voluto poter mostrare senza più paure il nostro amore. Avrei voluto avere una vita diversa solo per poterla vivere da capo esclusivamente con te. Senza magari aver dato il primo bacio alla persona sbagliata, aver cercato di amare chiunque per non restare solo o aver provato a vedere il meglio negli altri, quando invece il vero meglio era soltanto dentro di te. Avrei cancellato tutte quelle persone che adesso hanno una parte del mio cuore che non posso ricevere più e che l’hanno sottratta a te. Ma… da quando ti ho incontrata, quelle parti disperse, si sono improvvisamente ricongiunte, e adesso il mio cuore è tornato ad essere intero, solo per te.
Che sei quell’amore vero che ho sempre cercato. Quell’amore che non conosce fama, egoismo, falsità, che non conosce chi sia “Harry Styles”, ma soltanto Harry, quello sciocco scalmanato che ha perso la testa per te dal primo giorno che hai saputo toccargli il cuore senza giocarci nemmeno una volta. Hai saputo prenderlo e custodirlo, lenendo tutte le ferite, perché tu sei la mia medicina Sophia. Anche se la maggior parte del mio cuore è occupata da tutte queste persone sbagliate, tu occupi quell’altra, quella più grande. Quella ancora in grado di dimostrarti che con te, il lieto fine esiste. Avrei voluto far scomparire tutti i giornalisti, tutte quelle persone false che in un modo o nell’altro, ci facevano soffrire, avrei voluto il meglio per noi, senza dover per forza scappare per un po’ per ottenerlo… eppure, mi hai seguito fino a qui, e continui a vederlo questo meglio, solo perché credi in questo amore. E sai una cosa? Voglio che tu sappia che ci credo anche io, e che l’ho fatto fin dal primo momento.”

Avevo le lacrime agli occhi, non riuscivo a dire una sola parola. Mi morivano in gola, e il mio stomaco aveva deciso di fare le capriole. Sentivo gli occhi pizzicarmi e avrei tanto voluto fermare quel flusso di emozioni con un abbraccio, ma ero impotente di fare anche quello. Erano parole bellissime, che nessuno mi aveva mai detto e mi facevano restare inerme, ancora una volta. Lo amavo così tanto quello scalmanato, quel bambinone che sapeva farti sorridere con poco e far diventare una giornata, improvvisamente più bella. Se solo sapesse che io il meglio continuo a vederlo, perché il mio meglio era lui e che non avrei voluto che cambiasse un bel niente, perché lui era bellissimo così. Con tutte le imperfezioni, le sofferenze e il cuore frammentato.
Quello stesso cuore uguale al mio. 

“Voglio che tu sappia che adesso finalmente so dare una definizione all’amore, e ci scriverei il tuo nome sopra. Che gli altri non sanno di noi, non sanno di quello che proviamo davvero, di quello che facciamo, non sanno che ti amo… e che potrei anche morire, tanto che il cuore mi batte forte. Loro non sanno quanto sei speciale per me, quanto tu abbia fatto per curarmi, salvarmi, per farmi capire che qualcuno disposto ad amarmi per quel che sono, esiste davvero. Non sanno quanto tu abbia fatto per il mio cuore, perché il mio cuore sei tu. E anche se ormai una parte di passato non si può cambiare, posso riscriverla per noi. Ed è per questo che sono qui. Per farti una promessa. La promessa che non amerò mai nessun’altra come amo te, che qui, nella città degli innamorati, degli amori impossibili, io posso urlare con orgoglio che tu, non sei più il mio amore impossibile, ma il mio amore reale, quello che voglio per tutta la vita. E questa incantevole città, me lo ricorderà per sempre” continuò con gli occhi lucidi ma fieri.

Lentamente avvicinò la scatola a me e mi permise di prenderla e di rigirarla tra le mani, come se fosse un tesoro prezioso. Era così piccola, ma sapevo che al suo interno c’era qualcosa di grande, ed io avevo paura anche solo ad aprirla, ma dovevo farlo. Dopo tutte quelle meravigliose parole, non potevo fare il contrario.
Aprì la scatola con cautela e al suo interno ci trovai un ciondolo dorato, o meglio, un cammeo con un piccolo cuore rosa all’esterno. 
  
“Oh… Harry ma…”                                                                                               
 "Aprilo" mi esortò sorridendo, ed io obbedì.

Aprì il cammeo, e ci trovai una data – precisamente quella di quel giorno- e subito dopo una scritta, una di quelle che ti restavano impresse per sempre.
 
“ Io e te a Parigi, come l’ultima volta.”

Alzai il viso verso di lui, che era teneramente commosso e determinato a concludere il suo discorso. Non sapevo cosa dire, mi sembrava come se stessi in una bolla di sapone. Tutto era perfetto, estremamente perfetto. Non potevo essere più felice di così. 

“Quella che leggi scritta in quel ciondolo è una promessa, la mia. Quella che ti ho fatto silenziosamente dalla prima volta, ma che adesso voglio dirti sul serio. E’ una promessa che ti faccio qui, e che manterrò per tutta la vita. Adesso io e te siamo in questo posto meraviglioso, che ha assistito al coronamento ufficiale del nostro amore, e sarà proprio qui, su questa torre, che vorrei ritornarci tra molti e molti anni, quando ormai il nostro amore non rischierà più nulla. E dove rincominceremo da capo. Quell’amore che inizia come promessa e finisce come conferma. E sarà sulla torre Eiffel come adesso, che ritorneremo tra vent’anni, se non più, a rinnovare la nostra promessa. Mi piacerebbe ritornare a Parigi come per ringraziarla di averci permesso di fare tutto questo senza avere più paura. Vorrei ritornare qui, con te, esattamente come adesso. Ti amo Sophia.”

Ormai le lacrime di gioia rigavano il mio viso, non potevo crederci! Lui mi aveva fatto questa grande promessa, che stranamente non sentivo pesare sulle mie spalle, perché provavo esattamente le stesse cose. E se fossi stata brava con le parole, almeno la metà di quanto lo era lui, gliel’avrei detta anche io allo stesso modo, la mia. Se solo avessi avuto la forza di rispondere ad ogni sua frase, di contestare ad ogni sua affermazione… magari non si sarebbe sentito così in colpa, da solo. Avremmo potuto esserlo in due. Ma lui mi amava, ci amavamo, e non mi importava di nient’altro. Mi alzai di scatto dalla sedia e corsi ad abbracciarlo.
Piansi sulla sua spalla e lo ringraziai di ogni parola, di ogni emozione, che adesso era anche mia e che mi aveva colmato l’anima.
Mi sedetti sulle sue ginocchia permettendogli di allacciarmi la collana, e non appena tornammo a guardarci, avevamo entrambi gli occhi che brillavano di una luce speranzosa. Quella luce nuova che adesso che l’avevi trovata, non potevi più lasciarla andare via. Ci baciammo con passione, è già quel bacio, fu la conferma del nostro giuramento, e mi resi conto che lui aveva ragione. Da lì sarebbe iniziato davvero tutto.    

 “Ti prometto che ci ritorneremo Harry. Ci ritorneremo tutte le volte che vorrai, e noi saremo ancora qui, così, come ci ricordiamo adesso. Sarà tutto come la prima volta ed io ti amerò sempre, perché adesso il mio cuore è tuo, e puoi farci quello che vuoi.
Sono tua, e per sempre lo sarò. Eravamo destinati, ed ora siamo qui a dare una lezione a tutti coloro che ci chiamavano stupidi e che non ci credevano. Siamo qui, come un’eccezione, come il destino aveva prescritto. Sappi che sei perfetto così, e che non cambierei nulla di nulla di te. Non avrei potuto chiedere di meglio, ho il mondo in questo piccolo ciondolo, e la vita sotto le mie stesse mani e che sto guardando adesso dritto negli occhi. Ti amo anche io Harry, tanto” riuscì a dire con voce tremante.

Lui sorrise abbassando lo sguardo lusingato e mi stampò un altro bacio tenero ed innocente.
Insieme ci allontanammo per ritornare in albergo, dove l’indomani, sarebbe stato sicuramente un giorno diverso.
Ci stringevamo la mano come due innamorati alle prime armi, ci guardavamo negli occhi come se non avessimo visto nulla di più bello, ci isolavamo da mondo, come se esistessimo solo noi due in una città intera.
I suoi sorrisi divennero anche i miei e adesso, mi sentivo davvero completa. Arrivammo, dopo pochi minuti, in una zona non molto lontana dal parcheggio, e perfino quel luogo così semplice e comune, ai miei occhi ora, appariva più bello che mai. 
       
"Vado a prendere la macchina, tu aspettami qui, va bene?"             
"D’accordo" risposi sorridendo in modo sghembo come era solito fare lui e ci baciammo delicatamente. Dopodiché lui si addentrò dal parcheggio scomparendo dalla mia visuale.

Adesso ero sola, su quella strada buia ma illuminata da un lampione non poco lontano.
Decisi di passeggiare nelle vicinanze, per godermi ancora per un po’ l’aria fresca parigina, così piena d’amore e ricordi. Ero immersa in quel mondo romantico e speciale dal quale non sarei voluta andare via per nessuna ragione, ma evidentemente avrei dovuto allontarmici per un qualcosa che sarebbe successo di lì a poco.
Ero persa nei miei pensieri, quando all’improvviso sentì un forte un tonfo. Un suono rumorosamente sordo mi distrasse, costringendomi a voltarmi e a vedere l’orrore davanti a me, che avrei voluto cancellare disperatamente con tutta me stessa.
Vidi la macchina di Harry completamente schiacciata contro un albero, con tanto di parabrezza e finestrini rotti, mentre un’altra auto era schiantata sulla sua vettura. No, ditemi che era uno scherzo per favore.
Non poteva essere volato via l’amore della mia vita, non adesso, non ora, non qui. A quella orribile scena, urlai con tutta la forza e la voce che avevo in corpo, e corsi verso quell’ammasso di rottame ormai disintegrato. Aprì lo sportello della macchina di Harry, e lo trovai lì disteso, sul sediolino anteriore privo di sensi, con molte ferite e contusioni sparse su tutto il corpo. Il volto tumefatto, che lo rendeva irriconoscibile, mi spinse a piangere, piangere più disperatamente che potevo, sperando di svegliarlo, di riportarlo in vita, o qualsiasi altra cosa me lo facesse risvegliare e sorridere come solo lui sapeva fare.
Volevo rivedere i suoi occhi, le sue fossette, la luce nuova che fino a pochi minuti prima regnava nel suo sguardo. Dannazione, mi sentivo così fottutamente impotente! Non sapevo cosa fare. Chi santi implorare, contro chi imprecare. Era finito tutto, proprio quando era appena iniziato, ed io senza di lui non volevo più amare, perchè non mi immaginavo un’altra vita senza di Harry. Avevo aspettato tanto per conquistarlo e adesso? Perchè doveva finire così? No, non era possibile. Non potevo permettere tutto questo, dovevo reagire, per me e per lui.
Respirai affannosamente, cercando una soluzione repentina, il cuore sembrava uscirmi violentemente dal petto. Sentivo la testa girare e tutto intorno a me ruotare troppo velocemente per poterlo controllare. Improvvisamente quella città divenne troppo stretta, mi mancava l’aria ed iniziai ad odiarla con tutto il cuore, e se da questo incidente lui, non ne fosse uscito vivo, credo avrei fatto qualche follia. Poi… vidi una luce bianca.     
Un bagliore così forte ed intenso che mi colpì agli occhi prepotentemente, e sembrava avvolgermi e portarmi con sé. Mi sentivo persa e confusa, ma mi lasciai comunque trascinare da questo barlume luminoso, dato che non avevo più altra scelta per sopravvivere. Ero stremata, disperata, distrutta e quella luce sembrava sollevarmi almeno un po’ da quella tragedia. Poi il buio più totale, una sensazione di caduta libera nel vuoto, un dolore lancinante alla testa che mi martellava insistentemente, al punto da farmi lacrimare dopodiché, un silenzio tombale, dove sembrava non ricordassi più nulla.



Writer's Pov   
Allora, mi presento, sono una ragazza con molti sogni nel cassetto, ma solo uno è quello piu grande: scrivere. Potete chiamarmi Alex, ed è la prima volta che faccio una cosa del genere, perciò siate clementi... hahahha xD Ammetto che questo prologo è molto lungo, ma avevo cosi tanto da dire che non mi sono resa conto del fiume di parole che ho scritto xD mi sono immersa troppo della storia... spero che almeno ne sia valsa la pena e vi sia piaciuta! 
Ho già scritto storie prima d'ora, ma le ho sempre tenute chiuse in un quadernino e non le ho mai fatte uscire da li, stavolta faccio un'eccezione ed e per questo che per la prima volta ho scritto una storia su EFP. Perciò mi farebbe davvero tanto piacere che mi facciate sapere il vostro parere, lasciatemi qualche recensione se volete, che io sarò ben felice di leggerle.                               
Ah, volevo anche precisare che ho tantissimi impegni, quindi mi scuso in anticipo se a volte non riuscirò ad aggiornare spesso, spero mi comprendiate. Detto questo, grazie per essere arrivati fin qui, è davvero importante per me che voi apprezziate, me, Harry e Sophia e questa irreale storia d'amore. Spero sia l'inizio di una bella avventura! :) Alla prossima!
- Alex :)


P.S Un ringraziamento speciale alla mia amica Ste, che ha realizzato quel banner meraviglioso *-*





 

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Capitolo 2
*** Nati nel posto sbagliato. ***




                                                   



Un anno prima.



Sophia’s Pov

Destinazione: Londra. La nuova città della mia vita.    
Quella città magica dove tutto era possibile, dove tutti avevano un’occasione per ricominciare da capo, realizzando i propri sogni e, stavolta, lo avrei fatto anche io, senza voltarmi più alle spalle.
Come la maggioranza delle persone era disposta a scappare dal mondo per trovarne uno migliore, sentivo che, forse, il mio era lì, anche se non ne capivo ancora il perché. E per la prima volta nella mia vita, avevo deciso di fare un qualcosa di bello senza pensarci due volte. O almeno, senza riempirmi la testa di mille ‘se’.      
Il grande giorno tanto atteso era arrivato, e ancora stentavo a crederci. Preparavo i bagagli da settimane ormai.
Mi sarei trasferita lì per un bel po’ di mesi - quel po’ che bastasse per il mio praticantato – e per quanto riempissi le valigie, non mi sembravano mai riempite abbastanza. Al mio ritorno sicuramente sarebbero state piene di molte più cose, che sicuramente avrei conservato per sempre con me, come ricordi indelebili, foto sempre ben lucide, cd ascoltati milioni di volte o souvenir da conservare in una scatola, così da custodire un pezzo di Londra anche qui, in Italia. Nuove persone, nuova città, nuove conoscenze, nuove opportunità per essere felice.
Ogni cosa di cui avevo bisogno in quel momento, era lì, ed io la stavo andando a prendere.
Se ci fossi riuscita, allora la mia valigia sarebbe stata piena davvero. Ero tanto emozionata per quel viaggio e mi sorpresi di non averlo mai organizzato prima di allora. O di aver avuto paura anche solo di pensarlo, dato che non volevo lasciare quello che avevo qui a portata di mano. Ma lì avrei avuto una nuova vita e non potevo impedire al mio destino di condurmi, dove voleva che io stessi.
Sentivo un urlo dentro di me, e gridava che sarei dovuta andare lì. A qualsiasi costo.  
Mi guardai attorno sognante, per accertarmi di aver preso tutto prima della partenza, e vidi sulla scrivania quel foglietto di carta tanto piccolo quanto grande, che costituiva la mia vera possibilità per andare in quella città meravigliosa. Ed era grazie a lui se tra meno di due ore, avrei preso il primo volo per l’Inghilterra.
Stringevo tra le mani la borsa di studio di lingua inglese che mi aveva regalato l’accademia giornalistica – dati i miei ottimi risultati in giornalismo estero che avevo conseguito negli ultimi mesi – e avrei potuto praticare le mie due passioni lì, in un tipico college londinese. Chi non avrebbe desiderato una cosa del genere?
Migliorare il mio inglese lì, sarebbe stato più divertente del previsto e praticare giornalismo in varie sedi professionali, mi avrebbe permesso di ottenere livelli molto più alti. Avrei raggiunto la mia carriera molto più presto di quanto pensassi e avrei avuto del tempo da dedicare a me stessa in quella città di cui tutti parlano, e che io vivrò davvero per i prossimi sei mesi.                      
Ero su di giri. Si, tutto stava ruotando decisamente a mio favore.                                                   
Chissà cosa sarebbe successo una volta arrivata lì?                                                          
All’improvviso un colpo alla porta mi distrasse dai miei pensieri. 

“Sophia!” esclamarono entrambe le mie amiche non appena mi videro.  
“Ragazze!” dissi andandole incontro per abbracciarle. “Cosa ci fate qui?” sorrisi.   
“ E ce lo chiedi?” rispose Charlie.                                                                                               
“Davvero pensavi che ti avremmo lasciata andare via senza salutarci un’ultima volta?” continuò Jen.

Ridacchiai divertita e mi venne istintivo sorridere con tutta la gioia che potevo. Erano venute a salutarmi, nonostante lo avessero già fatto la sera prima. Le adoravo con tutto il cuore! Charlotte e Jennifer erano le mie migliori amiche. Sarebbe stato davvero tanto difficile lasciarle qui, senza di me, ma non potevo fare diversamente purtroppo.
Le strinsi ancora più forte a quel triste pensiero, cercando di scacciare via la tristezza che minacciava di farsi spazio nel mio umore. Loro ricambiarono la stretta teneramente ed io rimasi lì immobile, ad immortalare quel momento nella mia mente, affinchè potessi riviverlo ogni singolo giorno anche se a migliaia di km di distanza.    

“Mi mancherete tanto ragazze!” dissi in modo ovattato, ancora ben salda nella loro stretta.  
“Anche tu! Sarà davvero difficile fare tutto questo via webcam” affermò Jen tristemente, una volta sciolto l’abbraccio di gruppo.            
“ma lo faremo comunque!” la rassicurai cercando di gestire il nodo alla gola. “E poi parto per sei mesi, ritornerò molto presto. Volerà il tempo, ve lo assicuro!” 
“Speriamo sia così. Ancora non sei fuori dalla porta che già ho voglia di farti ritornare!” scherzò Charlie.
Sorrisi compassionevole. “Dai, non dite così. Potete venirmi a trovare quando volete!  Vi aspetto per farci delle lunghe passeggiate per le strade di Londra eh?”
“e per un pomeriggio di shopping da Harrods!” affermò Charlie entusiasta. 
Scoppiai a ridere. “Affare fatto!” esclamai abbracciandola. “ Che ne dite di accompagnarmi all’aeroporto?” 
“Non avresti potuto farci più felici” dissero all’unisono. “Tra quanto hai il volo?” chiese Jen.                              
“Tra un’ora e mezza circa” dissi leggendo l’orologio da polso.   
“Allora dovremmo andare o faremo tardi. Il tragitto è lungo!”   
“D’accordo ragazze. Iniziate a scendere allora, mia madre è giù che ci aspetta! Io prendo le ultime cose”.

Dopo aver acconsentito, le mie amiche si allontanarono dalla stanza, chiudendo la porta e facendomi rientrare,di nuovo, in quello stato di contemplazione, che avevo abbandonato al loro arrivo.  
Se n’erano andate, ed io rimasi nuovamente sola in quella stanza, adesso troppo vuota. Le mensole che ero abituata a vedere stracolme, adesso erano spoglie, senza più nessun libro, cd o qualsiasi altra cosa sopra che di solito mi teneva compagnia.
La scrivania non aveva più nessuna foto che la rendessero allegra e familiare. Nulla. Tutto sembrava volermi ricordare che era arrivato il momento di partire: sarei andata a Londra e avrei realizzato i miei sogni. Proprio adesso che aspettavo un cambiamento.       
Chiusi la valigia entusiasta e la presi appoggiandola delicatamente sul pavimento, quando cadde un piccolo diario a terra che catturò la mia attenzione. Cosa ci faceva quel diario sul mio letto? Non ci scrivevo sopra da anni ormai, due precisamente. Ma ricordavo che in quel periodo ci annotavo tutto su di un ragazzo che mi aveva rubato il cuore, senza che l’avessi mai visto davvero. Cantava in una band, ma non appena lo vidi, scomparvero immediatamente tutti gli altri componenti, avevo occhi solo per lui. Fu un colpo di fulmine, come se fosse stata una persona che avevo esattamente accanto a me ogni giorno. Era come se mi avesse legata con un filo indissolubile, e non riuscivo a fare più a meno di lui.
Non appena lo notai, capì che aveva qualcosa che appartenesse anche me. Qualcosa che entrambi avevamo perduto, e ambivamo a trovare disperatamente. Non sapevo perché ebbi quella sensazione proprio con lui, ma ero certa non si trattasse solo di una semplice supposizione.
Per tutto quel tempo, pur non scrivendo più nulla sul diario, il ricordo di quel ragazzo era sempre dentro di me. Lo pensavo ogni giorno e ancora oggi, se immaginavo i suoi occhi verdi cristallini guardare ipoteticamente i miei, mi venivano i brividi. Era brutto amare qualcuno, pur sapendo di non poterlo mai incontrare, abbracciare, guardarlo negli occhi e urlargli che è l’unica persona in grado di averti capita, pur non avendoti mai detto nulla.
Era un paradosso bello e buono, ma ogni volta che pensavo a lui, mi sentivo così. Come se fossi più leggera.   Raccolsi quel piccolo quadernino lilla dal pavimento, e dopo averlo rigirato tra le mani insistentemente, decisi di darci un’occhiata. Scorsi le pagine velocemente, fino a quando non ne trovai una con due iniziali sopra – la mia e la sua – scritte a caratteri cubitali. Si, era quella la pagina che stavo cercando.

Nati nel posto sbagliato, ma al momento giusto. Ce la possiamo ancora fare a cambiare il mondo insieme, a rimetterlo apposto, e a sistemarlo affinchè le nostre strade possano ricongiunsi ed unirsi per sempre. 
Il libro è ancora aperto, possiamo ancora voltare pagina e stravolgere la storia, prima che sia troppo tardi. Possiamo ancora scrivere i nostri nomi sulla parola “lieto fine” e ti dimostrerò che potrai amarmi senza paura, come io amo te. E se non puoi venire tu da me per capirlo, allora un giorno, se necessario, verrò io da te.  
E lì ci incontreremo, ci guarderemo per davvero e ci ameremo… per sempre. Te lo prometto.’

Lo lessi lentamente e analizzando tutto, parola per parola. Improvvisamente feci un largo sorriso non appena mi resi conto che io, involontariamente, da quel ragazzo, ci stavo andando sul serio. Che stavo mantenendo quella parola e che avrei davvero realizzato tutti i miei sogni una volta arrivata lì, a partire da lui. 
Richiusi il quadernino speranzosa e lo misi in valigia, perchè non potevo proprio lasciare qui questa parte di me.
E ringraziavo il cielo per averlo trovato in tempo, anche se non lo stavo cercando. Ma forse, qualcosa voleva che lo vedessi.
Destino? Probabile, ma Londra sarà la mia risposta. Lui la mia certezza.
Mi avvicinai alla porta contando i passi che pian piano mi separavano dalla mia casa e facendo il conto alla rovescia per il mio arrivo a destinazione. Lasciai la mia stanza dandole un ultimo saluto mentale e raggiunsi mia mamma e le mie amiche in macchina, per raggiungere l’aeroporto e prendere quel primo volo tanto atteso. Adesso capivo perché sentivo che Londra fosse il mio posto migliore da raggiungere, c’era lui ad illuminare quella città, ed immediatamente fu tutto più chiaro: l’Italia, per quanto fosse la mia terra, era il posto sbagliato, per inseguire quell’amore.                 
Il mio posto era lì, con lui.




Harry’s Pov

“Oh dannazione!” urlai decisamente arrabbiato, attirando l’attenzione dei miei amici intorno a me.    
“ Che succede amico?” disse Zayn appoggiando il braccio attorno al mio collo in modo amichevole. 
“Guarda tu stesso…” affermai seccato porgendogli il telefono, in modo che potesse vedere il display.  
“ Merda!” esclamò lui sorpreso quanto me. “Questa non ci voleva!” continuò guardandomi, adesso, dispiaciuto.
                                                     
L’ennesimo gossip con il mio nome scritto sopra, l’ennesima notizia finita sulla bocca di tutti, e per di più, utile ai carnefici dei paparazzi che non facevano altro che monitorare e manipolare la mia vita, come se fossi una marionetta.                                        
Grazie alla loro ingannevole abilità, erano riusciti a farmi apparire agli occhi di tutti come se fossi un donnaiolo, un ragazzo senza cuore che si divertiva a cambiare ragazza ogni notte, lasciandole andare via perché non più soddisfatto. Ma non era così. Evidentemente si divertivano tanto a creare falsi miti e distruggere la vita innocente delle persone. Io non ero un donnaiolo, e mi sentivo scomodo in quelle vesti che mi erano state prepotentemente attribuite. La verità, era che loro sceglievano di andarsene, perché erano riuscite ad ottenere un qualcosa da “Harry Styles” e non resistevano ad andare a raccontarlo al mondo intero, lasciandomi così da solo, con i miei echi interiori, a pentirmi di essermi fidato per l’ennesima volta.   
E la cosa che mi faceva più rabbia, era che quando mi ripromettevo di cambiare, non ci riuscivo mai per davvero.
Avevo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino, che mi volesse bene per quello che ero, che sapesse andare oltre la mia notorietà e vedere qualcos’altro di bello, oltre a quello. Perché anche se avevo tutto, mi mancava la cosa più importante: una ragazza da amare, da stringere tra le mie braccia per sempre,da vivere ogni giorno, non perché amava il mio personaggio, ma me… nient’altro che me, Ma questa maledetta fama mi circondava soltanto di persone false, e per me le delusioni, erano solo di routine. Proprio come adesso.
L’ennesima ragazza si era avvicinata a me per il successo e per potersi vantare di aver trascorso del tempo con me, per poi abbandonarmi con una scusa e spifferarlo a mezzo mondo. Facendomi diventare l’ennesima prima pagina di giornali o siti web. Ero davvero stanco di tutto questo, fottutamente stanco. Quand’è che mi avrebbero trattato come una persona con dei sentimenti, e non come un mostro senza cuore, dotato di soldi e fama?

“Cosa c’è Zayn?” disse Liam, mentre tutti gli altri aspettavano una sua risposta curiosi e preoccupati.   
“ Skyler Smith…” si limitò a rispondere lui disgustato. 
“ La ragazza con cui Harry si stava sentendo?”
“ Esatto” mugulò Zayn digrignando i denti.   
“ Oh, no. Cos’ha fatto?” chiesero tutti all’unisono.  
“ Ha reso il suo tempo con Harry, un nuovo scoop da copertina. Con tanto di foto, giusto per non far mancare nulla” affermò lui ironico, porgendo loro il telefono.                                              
“ Oh no!” esclamarono dispiaciuti ed arrabbiati. “Anche lei?” mi guardarono, aspettando che io li rispondessi. 
                                                              
Scrollai le spalle rassegnato, non potevo farci nulla. L’ennesimo schiaffo mi aveva colpito in pieno viso e lacerato il cuore, ma ci ero abituato ormai. L’idea di avere una vita normale, ormai era un sogno lontano. Iniziavo ad odiare questa situazione, ero all’estremo, non sarei riuscito a sopportare ancora per molto.    
Volevo soltanto poter guardare una ragazza negli occhi e vedere me stesso specchiato nel suo riflesso, non la falsa visione di me. Volevo non avere sempre quella maledetta paura di essere mentito, di essere considerato diverso. Perché non lo ero, ero come loro, una persona che cercava soltanto di trovare qualcuno in cui immedesimarsi. Davo parte di me a chi non mi meritava, ed io stavo cadendo a pezzi dentro di me, non avevo più nemmeno un cuore integro che potesse farmi forza. 
Alla loro domanda, cercai di mostrarmi distaccato, come se la cosa non mi avesse ferito nemmeno un po’, anche se avrei voluto urlare con tutta la voce che avevo.

“ Così sembra.” risposi noncurante “Almeno i giornalisti avranno pane per i loro denti anche stavolta” sussurrai guardando basso, allontanandomi da loro per deviare i loro sguardi troppo compassionevoli, ma il mio tentativo di isolamento fallì, dato che mi seguirono, cercando di calmarmi. 
“ Non sa cosa si perde, Haz” disse Niall. “Non sa quale ragazzo perfetto ha lasciato andare!”                             
“ E la pagherà per quello che ha fatto, vedrai che un giorno troverai qualcuno disposto ad amarti per ciò che sei!” continuò Liam.     
                                                                                          
Sorrisi amaramente a quell’affermazione. Ormai avevo smesso di crederci perfino io.
La verità era che quella carriera di cantante, oltre che la mia gioia, era anche al mia condanna.
E ora capivo perché ogni cosa bella, doveva sempre fare male.

“ Non so se la troverò Liam” gli dissi malinconico.   
“ Certo che si! Non dire stupidaggini!” si intromise Louis. “E se sta tardando così tanto ad incontrarti, è perché forse da qualche parte del mondo ti sta cercando disperatamente, che ne sai?” 
“ Può darsi, ma l’unica cosa che so, è che sono nato nel posto sbagliato. Magari se adesso fossi in un paese diverso, avrei una vita differente, o almeno avrei più considerazione per quello che sono. Voglio ricominciare, voglio poter svegliarmi la mattina senza che il mio sorriso svanisca in meno di cinque minuti, perchè consapevole che qualche falso scoop è già in circolazione là fuori, senza che potessi controllarlo”. Affermai con occhi lucidi.

Coronare il mio sogno, era stata la giusta cura per la scarsa autostima che avevo. Ma non appena sembravo essere più contento di me stesso, mi rendevo conto della realtà, e tutto si disintegrava, per l’ennesima volta.

“Ma, ci siete voi qui. E questo rende questo posto, un po’ meno sbagliato.” Dissi fissandoli intensamente, notando le loro espressioni lusingate. “Io l’aspetto questa ragazza perfetta, e se esiste davvero, spero solo faccia presto a salvarmi da tutto questo. Perché non ce la faccio più! Fino ad allora, però, bastate voi, e vi ringrazio per avermi confortato”. continuai abbattuto.
          
I ragazzi mi raggiunsero abbracciandomi silenziosamente e soltanto in quel momento, mi sentì un po’ meglio. 
      
“ Andiamo alle prove?” chiese Zayn cercando di cambiare argomento.             
“ D’accordo!” rispondemmo in coro, avviandoci presso l'auditorium. 




Writer's Pov
Saaaalve! Scusate se vi ho fatto attendere un pò per scriverlo, ma giuro che ci ho messo anima e cuore in questo capitolo per recuperare. Spero ne sia valsa la pena. Volevo ringraziarvi di cuore, perchè fino ad oggi, solo il prologo ha avuto più di 150 visite! E.... non so che dire davvero. <3
Grazie a queste 150 persone che hanno letto quello che avevo da raccontare, grazie a coloro che mi hanno recensito, e grazie a chi mi ha messo tra i seguiti, ricordati e preferiti! :) Ho le lacrime agli occhi, giuro! Spero che recensirete, ed apprezzerete anche questo capitolo, ed io sono sempre qui, ad aspettarvi! Grazie! :)

- Alex. :)


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274429

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Capitolo 3
*** Bisogna aspettare la fine per rincominciare. ***





Harry’s Pov


Circles, we going in circles
Dizzy’s all it makes us
We know where it takes us we’ve been before.
Closer, maybe looking closer
There’s more to discover
Find that what went wrong without blaming each other..”


Avevo sbagliato l’attacco, un’altra volta. Ma nonostante ciò, io e i ragazzi continuammo a cantare senza darci troppo peso, come se non fosse mai accaduto, ma lo era invece, e non riuscivo a non pensarci. Stavo provando da schifo! Erano due ore che facevamo il sound-check, e per ben quattro volte di seguito, sbagliavo sempre a prendere il tempo in questa dannata canzone. Non ne cantavo bene una oggi, ero un completo disastro, e le espressioni stanche ma comprensive dei miei amici ne erano la prova. Anche se fingevano che andasse tutto bene, non era affatto così. Per niente. E sapevo che i miei errori li stavano facendo solo perdere tempo, tempo prezioso che avrebbero potuto risparmiare e dedicare a qualcos’altro, ma con la mia perenne distrazione li stavo trascinando nel turbine di rabbia ed incertezze che mi stava travolgendo in quel preciso momento, sentendomi uno sbaglio anche per loro. Avrei tanto voluto fare di meglio, ma proprio non ci riuscivo.  Avevo la mente irrecuperabilmente altrove, dannazione.                                                                                   
Quella foto di me e Skyler usata per un proprio tornaconto, quella mia privacy violata e mandata in pezzi – come la mia dignità – la marea di paparazzi che di lì a poco avrebbe invaso qualunque posto io frequentassi, e la delusione, mi impedivano di mantenere la concentrazione. E questo mi dava tremendamente fastidio.

We’ll play, play, play all the same old games
And we wait, wait, wait for the end to change
And we take, take, take it for granted
That will be the same
But we’re making all the same mistakes


Cantai il ritornello, ma continuai a stonare, a cantare fuori tempo e ad infuriarmi sempre di più. 
Perché ero così fottutamente impotente? Perché non riuscivo a calmarmi e lasciare che la musica portasse via tutti i miei dolori? Cazzo, quanto odiavo questa situazione, mi sentivo un fallito, sotto tutti i sensi.
Un fallito per volermi male fino a questo punto.
Per aver permesso ad una ragazza di rendermi inerme, a tal punto di entrare nel mio cuore - che avevo sigillato ermeticamente per non soffrire – e giocarci come se nulla fosse. Dopo tutte le precedenti ed interminabili ferite, avevo fatto tanto per chiuderlo e proteggerlo… ma come un cretino l’avevo affidato di nuovo ad un demone dal viso dolce e dalle intenzioni tutt’altro che sincere, che mi aveva illuso e fatto credere di poter amarmi come volevo, ma aveva finito col trattarmi come se fossi una marionetta, proprio come avevano sempre fatto i giornalisti.
Mi sentivo un fallito perché mi ero fidato di nuovo delle persone come lei, nonostante mia mamma mi ripetesse in continuazione:

E’ delle persone troppo silenziose che devi avere paura Harry, soltanto di quelle. Aspettano solo il momento giusto per attaccarti e per renderti ciò che hai sempre temuto, ciò che non hai mai voluto essere. Prendono tutto di te, al punto di svuotarti e di renderti il nemico di te stesso“ ed io l’ero diventato.

Ero io il mio stesso nemico, ero io il mio muro da abbattere, il mio ostacolo da superare, la mia libertà da raggiungere. Ero diventato esattamente quel tipo di persona da cui sarei dovuto scappare, quel tipo di persona che mia madre temeva diventassi, dato che era consapevole del fatto che una volta diventato tale, non sarei più riuscito a riprendermi, ed era andata esattamente così. 
 Ero troppe cose, ma non riuscivo a raggiungerne nemmeno una.
Adesso ero troppo debole per farmi forza, troppo debole per proteggermi da tutti. Come avrei mai potuto farcela, se non sapevo difendermi da me stesso? Dalle mie paure? Dalle mie insicurezze?  
Mi sentivo sbagliato, insicuro, indifeso, come una vittima pronta ad essere attaccata da mille bombe a mano.
E pian piano, le mie, stavano esplodendo tutte. Questa, era stata solo una delle tante che mi aveva destabilizzato fino a questo punto, ed io non avevo ancora imparato a sapermi rialzare del tutto.
Ero su tutte le furie, non sarebbe dovuto accadere tutto questo.
Improvvisamente la musica divenne solo un rumore fastidioso che mi impediva di mettere in ordine i miei pensieri, non riuscivo più a seguirla. Mi fermai di scatto, facendo in modo che anche gli altri mi imitassero. 
                                                                                               
“No, no, no!” urlai disperato,portandomi entrambe le mani nei capelli e allontanandomi dal palco.  
“ Che succede?” mi chiese Zayn.                                                                                            
“C’è che non riesco a cantare decentemente neanche una diavolo di canzone! C’è che non vorrei essere così maledettamente nervoso, deluso ed impotente. C’è che sono stanco, e avrei voluto restare a dormire e non svegliarmi più stamattina!” Gridai furioso.

I ragazzi lasciarono le loro postazioni e si sedettero sugli scalini compassionevoli, in modo da ridurre la distanza tra noi, e non solo in senso letterale, ma anche figurativo.

“ Se vuoi possiamo provare anche domani Haz, non c’è problema!” propose Liam.  
“ Già, non siamo poi così indietro con i tempi, possiamo permetterci un giorno di pausa” lo incalzò Niall.    
“ No ragazzi non è questo” dissi guardandoli dritto negli occhi. “ E’ che non riesco a cantare le canzoni d’amore oggi, né domani, né per i prossimi giorni! Ora come ora, non riesco più a sentirle mie, per niente. Perché cazzo scriviamo solo canzoni così?” affermai sbattendo i pugni sul muro.

Liam, Zayn, Niall e Louis rimasero basiti. Non si aspettavano di certo questa mia reazione così eccessiva, né tantomeno quel cambiamento d’umore repentino. Ma non riuscivo a controllarmi, ribollivo di rabbia. 
Perché faceva così male sentirsi feriti?
Avevo voglia di mandare a quel paese chiunque mi stesse intorno, volevo soltanto stare da solo e urlare più che potevo. Non riuscivo a non pensare al mio nome su tutti i giornali e siti web, alla scomoda sensazione di irrequietezza che persisteva in me, non potevo non pensare a lei, che mentre io subivo questa umiliazione, magari se la rideva altrove. Dovevo uscire da quelle quattro mura, erano sempre più strette, faticavo a respirare. 
Dovevo uscire da lì, prima che avrei fatto qualcosa che impedissi di controllare.

“Scusate ragazzi, non volevo alzare la voce, è solo che…” presi un respiro affranto. “E’ solo che sono ancora scosso per stamattina, e non riesco a concentrarmi come vorrei o come meritereste. Non riesco a fare nient’altro al di fuori di pensarci e rimuginarci su, è più forte di me.”

I ragazzi si guardarono confusi, per poi riportare lo sguardo su di me, in modo compassionevole. Di certo avevano perfettamente compreso come mi sentissi e ringraziavo il loro silenzio con tutto il cuore, perché anche una sola parola di conforto, paradossalmente, avrebbe potuto farmi crollare, accentuando la mia vulnerabilità.

“Scusate!” Ripetei tra i denti quasi sussurrando, prendendo il cappotto e dirigendomi verso la porta, uscendo dall’auditorium.
               
I miei amici erano abituati a giornate come quelle o a comportamenti insoliti come il mio – accadeva spesso ormai – ma per mia fortuna non mi avevano mai fatto pesare nulla,  e se ora ero ancora in piedi, adesso sapevo il perché.  Avevo bisogno di prendere un po’ d’aria, di rilassarmi, di recarmi in quel solito bar, che era in grado di farmi distrarre per un po’. Magari avrei trovato lì il tempo per riordinare i miei pensieri.    
Pensavo e ripensavo all’accaduto, alle parole di mia madre, che rimbombavano nella mia testa, come un’asfissiante melodia. Forse era per questo che proprio quella canzone non riuscivo a mandarla giù: parlava di un errore. Lo stesso fottuto errore, che continuavo a compiere senza riuscire a fermarmi, ma adesso ero stanco, volevo un cambiamento. E lo avrei ottenuto ad ogni costo.

And we wait for the end to change, but we’re making all the same mistakes” mi ripetei in testa. E solo quella frase della canzone, riuscì a sentire mia.
                                        
A differenza di quella frase, io non volevo più che, aspettando la fine, avessi compiuto sempre gli stessi sbagli. Non volevo ricadere in questo baratro opprimente che mi trascinava sempre più giù, impedendo a questo odioso circolo vizioso di concludersi. Stavolta la fine volevo porla a tutto, e desideravo ripartire da zero ora più che mai. Da un lato ringraziavo Skyler per avermi dato il motivo di compiere questa sofferta e difficile svolta, ma dall’altro, non avrei mai più potuto guardarla in faccia senza sentirmi un forte senso di rabbia attanagliarmi lo stomaco.
Ma ormai non aveva più importanza. Avrei aspettato quella ‘famosa’ ragazza perfetta, anche per anni interi se necessario, ma lo avrei fatto. E fino ad allora, avrei compiuto un cambiamento e lo avrei portato a termine con decisione.                                   
Ormai, non c’era tempo più per tornare indietro.  Dovevo mettermi in salvo, e al più presto.
Avevo toccato il fondo mille volte, ma ora era venuto il momento di salvarmi, prima che fosse troppo tardi.
Ripensai un’ ultima volta alle parole di mia madre e allo spiacevole inconveniente di Skyler, e con fatica, promisi a me stesso di portare a termine questa mia dolorosa, ma necessaria ambizione.  
La mia fine per ricominciare era arrivata, ma stavolta però, non avrei mai più compiuto gli stessi errori. 



Sophia’s Pov

Non ci potevo credere. Ero arrivata da un’ora a Londra, e già me n’ero innamorata! 
Nonostante il clima qui fosse più freddo di quanto pensassi e tutto sembrava essere più ‘grigio’ rispetto all’Italia, era una città bellissima, esattamente come me l’ero immaginata. Le persone gentili ed accoglienti che nascondevano questo loro modo di essere, dietro ad una maschera fredda ed incurante, il cielo grigio, ma con un pizzico di blu, che aspettava soltanto di poter uscire allo scoperto ed un fascino immenso, e quel suo fascino nascosto, mimetizzato tra le diverse bellezze di una ‘città da cartolina’.
D’altronde chi è che non nascondeva se stesso o una parte del proprio essere, in una maschera? In una corazza impenetrabile? Chi è che non mostrava agli altri un po’ di grigio, pur possedendo tanto blu e tanti colori dentro di sé? Londra era una città come noi, per questo era meravigliosa. Era vera e genuina, ed il suo fascino, stava proprio nel mostrarci quello che saremmo potuti essere, nonostante tutto.                                
E dopo aver aspettato la fine, il mio inizio avevo voluto incominciarlo qui.
Non sarebbe potuto capitarmi un posto migliore per ricominciare.
Passeggiavo estasiata tra le stradine londinesi, mentre il clima aspro e freddo della città penetrava in ogni singolo poro della mia pelle. Non appena ero arrivata all’aeroporto, mi ero recata nel mini appartamento dell’università seguendo le varie indicazioni del depliant  e della segretaria che gentilmente mi aveva assistito per telefono, e alla fine, risultò più facile del previsto. Una volta sistemate le mie cose, però, avevo preferito fare un giro per Londra e respirare un po’ della sua brezza che cimentarmi già nella vita da studentessa.
Ora, dopo una bella passeggiata, stavo andando nuovamente verso la sede dell’università per sbrigare tutte le varie pratiche d’iscrizione, e mi sentivo più pronta che mai. Era tutto così bello qui, sarei voluta viverci per sempre. E a quel per sempre, non potetti fare a meno di pensare a quel ragazzo, e di come quel lasso di tempo infinito, valesse davvero la pena di essere vissuto se fossimo stati insieme. Solo io e lui. Ero sicura che era lui la vera vita di questa città, oltre che la mia. Ci avrei scommesso.   
Chissà se lo avrei mai incontrato, e se quell’amore irreale, era destinato a restare chiuso tra le pagine di un diario, o a sbocciare, magari, nei nostri cuori, e diventare reale.
Chissà se magari anche lui stava cercando qualcuno di speciale con cui riempire le sue giornate, o se probabilmente aspettava qualcuno in grado di cambiargli la vita.
Improvvisamente sorrisi tra me e me, e mi resi conto che era letteralmente impossibile che lo incontrassi proprio sui mie passi, ma ammetto che mi sarebbe piaciuto e che una piccola speranza, era sempre e comunque accesa dentro di me. Tra un pensiero e l’altro arrivai a destinazione, ritrovandomi di fronte ad un imponente edificio molto moderno, che da oggi fino ai prossimi sei mesi, sarebbe stata la mia seconda casa. Feci un grande respiro, ed entrai.

“Buongiorno” esclamai guardandomi intorno.       
“Oh buongiorno Miss Vincent!” disse una giovane donna sorridendomi e venendomi incontro. “La stavamo aspettando! Benvenuta a Londra!”                                                                          
“Grazie!” affermai sorridendo.                                                                                                 
“ Abbiamo saputo un bel po’ di cose su di lei. Come per esempio che è un’egregia studentessa in giornalismo estero se non sbaglio!”                           
Sorrisi lusingata. “Bhè si, ho il massimo dei voti”. Affermai imbarazzata da così tante cerimonie. 
“Come pensavamo! Ci aspettiamo grandi cose da lei! Il London State College ha bisogno di studenti modello come lei Miss Vincent!” continuò senza smettere di fissarmi entusiasta.
“Oh la prego, mi chiami Sophia” dissi cordialmente abbassando lo sguardo.
Sorrise. “Va bene, Sophia! Mi segua, che le consegno i moduli d’iscrizione, non ci vorrà molto!” mi disse conducendomi in un grande ufficio che affacciava su tutta la città. Ed io a stento riuscì a trattenere lo stupore, ad una vista così magnifica.

Mi guardai attorno meravigliata, mentre la segretaria era intenta a cercare i moduli dentro ai cassetti dell’archivio, ma la mia attesa non durò molto, perché dopo poco me li consegnò facendomeli compilare.
Dopo una decina di minuti mi lasciò alcuni documenti inerenti all’iscrizioni e agli orari scolastici delle lezioni, ormai era ufficiale: ero una studentessa di un college londinese! Era surreale, non potevo crederci!

“Perfetto Sophia, ci vediamo la settimana prossima per la prima lezione di giornalismo, benvenuta al college!”                                         
“ Grazie mille! Non vedo l’ora” risposi raggiante, cercando ancora di auto convincermi che fosse tutto vero. 
                                                                                    
Mi allontanai da quell’ufficio enorme e raggiunsi l’uscita, guardando Londra adesso, con occhi diversi.
C’era ancora molto vento, ma era rilassante lasciarsi accarezzare da quella brezza pungente. Avevo due giorni liberi, prima di iniziare il corso e avevo già un mare di cose da fare, posti da visitare, persone da conoscere… non sapevo da dove incominciare, ma sicuramente, tra i miei mille piani, era prevista una sosta al bar. Avevo bisogno di un bel caffè per resistere a quel freddo intenso e alla giornata proficua che avrei affrontato. Il problema era… dove? C’erano bar ovunque e non sapevo quale scegliere. Ero indecisa avrei voluto sedermi ad ogni tavolino e prendere tutto, ma non era possibile.
Sarebbe stato molto più facile se ci fosse stato lui a scegliere con me, avremmo fatto di quel bar il nostro luogo segreto, il nostro punto d’incontro.
Mi sentivo così spaesata ed afflitta al solo pensiero che adesso, vivevo nella sua stessa città, ad un passo da lui, eppure eravamo così maledettamente lontani. Chissà adesso con chi era, se si trovava sul mio stesso marciapiede o magari dall’altra parte della città, vagando per queste stradine alla ricerca di qualcosa… se solo sapesse che io lo stavo cercando disperatamente, magari avrebbe avrebbe cambiato la sua strada per seguire i miei stessi passi.
Ma era impossibile la probabilità che lo incontrassi in una città così grande. La mia ricerca sarebbe durata più del previsto. Sospirai rassegnata stringendomi nel cappotto, a causa del forte freddo e m’incamminai guardandomi attorno, sperando di trovare un bar adatto. Ad un tratto un forte soffio di vento mi fece volare alcuni fogli,
interrompendo la mia ricerca.

“Oh cavolo!” esclamai inseguendoli.

Corsi velocemente, nella speranza di essere più veloce del vento ed evitare che quel pezzo di carta andasse smarrito. Il mio ‘inseguimento’ sembrava non terminare mai, ero disperata. Aumentavo sempre di più la velocità e, portando le braccia al cielo, le agitavo in modo che potessi afferrarli. Poi, ad un tratto, la mia corsa finì.
Il vento diminuì, il soffio era sempre più flebile ed il foglio cadde delicatamente sull’asfalto.
Lo raccolsi con espressione vittoriosa, ancora ansimante per la corsa improvvisa, quando alzando la testa, mi ritrovai di fronte ad un tipico bar londinese, con tanto di accoglienti ed eleganti tavolini esterni. Evidentemente avevo trovato il posto giusto: il destino voleva che andassi lì, era palese, e lo avrei ascoltato, dato che per adesso, mi aveva condotto sulla buona strada. Ancora titubante varcai la soglia d’ingresso e non appena entrai, capì il perché la sorte volesse che stessi proprio lì, e restai paralizzata di colpo.                          
Avevo il mio inizio davanti agli occhi e stavolta, non avrei dovuto commettere nessun’errore.




Writer's Pov
Salve a tutti! Si, lo so di aver aggiornato un pò più tardi del previsto, ma tra impegni scolatici e non, non ho trovato un pò di tempo! Oltre al fatto che ho avuto problemi con il pc, e non riuscivo a pubblicare nulla! Adesso però è tutto risolto... e spero ci sia ancora qualcuno a seguirmi ed apprezzarmi. Ho fatto il capitolo un pò più lungo solo per voi! :) Per recuperare e farmi perdonare! Spero ne valga la pena almeno! :')
Comuuunque, la storia inizia a prendere forma ed i personaggi, pian piano, ad esternare le proprie vulnerabilità, ma non date nulla per scontato, succederanno tante svolte dal prossimo capitolo! Tante che nemmeno immaginate, o forse si? Continuare a seguire per credere! ;) Ma andiamo un passo alla volta, cosa avrà visto mai Sophia, al punto da restare paralizzata? Cosa succederà ad Harry? In che modo decide di non commettere più gli stessi errori? Vi aspetto al prossimo capitolo, per svelarvi le risposte! Spero continuerete a supportarmi!
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, ed un enorme agrazie a tutti coloro che hanno recensito e continuato ad aggiungere la storia, tra seguiti e preferiti! Ho le lacrime agli occhi! *-* Le visite salgono, i lettori 'silenziosi' aumentano, ed io sono tanto felice. Se vi va, lasciatemi qualche recensione, che a me fa molto piacere, risponderò a tutti, promesso! Detto questo vi lascio, alla prossima! ^^
- Alex :)


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica:
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Capitolo 4
*** Urli soffocati. ***






Sophia’s Pov


No. Non era possibile, non poteva essere vero. Stavo decisamente sognando, era letteralmente impossibile che lui fosse proprio lì, davanti ai miei occhi. Lui, la vera vita di questa città, il vero colore del cielo, il vero battito del mio cuore, a pochi passi da me, e mi sentivo come se il mondo si fosse improvvisamente fermato. Come se il suo turbine veloce mi avesse catapultato da lui, perchè era esattamente lì che sarei dovuta stare.
Avevo sognato questo momento da anni, e adesso che avevo il mio sogno di fronte, stentavo a crederci. E solo adesso capì che non era stato lui a venire verso i miei passi, ma ero stata io, involontariamente, ad andare da lui. A percorrere i suoi. Tutto tornava, era destino, che io e lui ci incontrassimo. Era destino che questa città non era solo una fra tante, che il nostro incontro non era solo una casualità, che il mio viaggio qui, non era solo per semplice studio. Il fato era dalla nostra parte, e se avessi potuto, lo avrei ringraziato in tutti i modi possibili che esistevano, ma non sarebbero bastati a compensare la mia riconoscenza.  
Avevo un sorriso enorme dipinto sul volto, una forte adrenalina che mi pulsava nelle vene e mi sentivo le gambe incredibilmente pesanti.
Mi sentivo come se tutti i casini avessero trovato un proprio ordine, un proprio senso. In lui.
Come se improvvisamente tutte le domande avessero trovato le proprie risposte, e la paura si fosse trasformata in emozione. Solo in quel momento mi resi conto che stavo tremando, ma non era per il freddo.                                                                                                                                                  
Harry era perso tra i suoi pensieri. Guardava fuori dalla finestra in maniera smarrita, come se le foglie degli alberi spogli che libravano ribelli nell’aria spinte dal soffio del vento, rappresentassero un qualcosa a cui potesse aggrapparsi ed immedesimarsi. Come se quello strano ‘ballo’ di foglie secche, tracciasse un percorso invisibile che gli rivelasse qualcosa.
Era molto concentrato, lo notavo dalle sopracciglia corrucciate che potevo intravedere anche se era di profilo. Conoscevo quel viso a memoria, anche se non avevo mai potuto guardarlo tutte le volte che volevo. Conoscevo perfettamente quelle fossette che nascevano alle sporgenze del suo sorriso, anche se le sue risate non erano mai state dedicate a me, e quel color verde cristallino che diventava un po’ più luminoso quando era felice, anche se non avevo mai potuto vederlo in quel modo con me.
Sicuramente stava riflettendo su qualcosa di importante. E ammetto che mi sarebbe piaciuto essere protagonista dei sui pensieri o di poter infiltrarmici anche solo per un secondo. Chissà se sorriderebbe. 
Chissà se riuscirebbe a vedere il sole in questa stanza come me. E chissà se capirebbe che il mio sole è proprio lui.
Ero su di giri, era la mia occasione e non me la sarei lasciata scappare per nulla al mondo. 
Anche se con passo ancora incerto – dovuto ai brividi - decisi di incamminarmi verso il primo tavolo libero che mi capitasse a tiro, e fui fortunata perché ne trovai uno vicino alla finestra, non molto lontano dal suo. Con tutto il coraggio che avevo, presi un respiro profondo, cercando di contenere l’euforia, ed iniziai ad avanzare davanti a lui per raggiungere la postazione prescelta. Mentre domandavo titubante a me stessa cosa avrei fatto se lui mi avesse guardata, ecco che senza aver avuto nemmeno il tempo di metabolizzare, lui spostò lentamente il suo volto verso il mio, trafiggendomi con quei fari color verde speranza. Ed io, come non mai, capì che eravamo qualcosa di maledettamente reale, anche se ancora da realizzare. E l’occasione non sarebbe tardata, era una promessa.

Ce la possiamo ancora fare a cambiare il mondo insieme, a rimetterlo apposto, e a sistemarlo affinchè le nostre strade possano ricongiunsi ed unirsi per sempre. Possiamo ancora scrivere i nostri nomi sulla parola “lieto fine” e ti dimostrerò che potrai amarmi senza paura, come io amo te.    
E lì ci incontreremo, ci guarderemo per davvero e ci ameremo… per sempre. Te lo prometto.’

Ripensai dentro di me le stesse parole del quadernino, e mi accorsi di come tutto si stava mostruosamente realizzando mano a mano. Ero arrivata da lui, stavo cercando di cambiare le cose, di cambiare quel futuro che ingiustamente ci è stato impedito di vivere, di farlo innamorare guardandolo dritto negli occhi ma qualcosa interruppe le mie riflessioni: lo sguardo di Harry. Era… spento. Era uno sguardo perso si, ma perso in se stesso. Uno sguardo di qualcuno che non riesce a trovarsi, che vorrebbe urlare, ma non può, non ci riesce. 
Mi fermai per un istante. Mi venne un nodo allo stomaco, mi sentivo soffocare. Quello sguardo così afflitto e confuso stonava sul suo viso pieno di vita e allegro. Quello sguardo stonava su tutto. E faceva tremendamente male vederlo così. Avrei tanto voluto andargli incontro ed abbracciarlo, fargli capire che non era solo.                                                              
Perché adesso aveva me, e non avrebbe dovuto preoccuparsi più di nulla.      
Ritornai a camminare lentamente e a mantenere i miei occhi nei suoi incessantemente, notando con mio grande stupore che lui faceva lo stesso, e mi sentì perdere un battito. Quello sguardo lo conoscevo benissimo e odiavo riviverlo di nuovo. Avevo fatto tanto per rinchiuderlo, nasconderlo nel miglior modo possibile e non rivivere più quegli incubi reali che per anni mi avevano devastato. Avrebbero continuato a farlo se ci avessi pensato ulteriormente, e non volevo minimamente. Non potevo crollare qui, davanti a lui già debole, magari facendogli rievocare qualcosa di spiacevole. Non potevo sprecare così la mia occasione con lui, non potevo adesso, neanche un po’. Così, dolorosamente deviai i miei pensieri nuovamente sul suo volto preoccupato. Rimbalzando così da un dolore all’ altro che mi ferivano allo stesso modo. 
Non credevo che un angelo come lui potesse mostrare queste espressioni così cupe, così vuote. Non vedevo nulla nelle sue iridi, se non un urlo. Un urlo che aspettava solo di uscire e distruggere tutto quello che lo circondava. Ma io lo sentivo benissimo invece, perché era lo stesso urlo che avrei voluto emettere io adesso, lo stesso che gridai tempo fa, ma che aveva finito col distruggere soltanto me stessa. Ora capivo perché mi sentii legata a lui già dal primo sguardo: avevamo entrambi un mondo devastato dentro che aspettava di essere messo apposto, ma, nel mio caso, la mia cura era esattamente davanti ai miei occhi.
Arrivata quasi a destinazione, e mantenendo il contatto visivo con lui, notai i suoi occhi appannarsi e la sua mascella contrarsi improvvisamente. Abbassò lo sguardo, portandolo al display del suo telefono poggiato sul tavolino, e poi di nuovo all’esterno della finestra, stringendo le mani a pugno. Quel brusco ma agonizzante distacco del nostro contatto visivo mi destabilizzò, mi fece vacillare per un secondo, come se l’assenza del suo sguardo che mi sorreggeva, avesse distrutto il filo invisibile che ci aveva uniti per un singolo ma interminabile minuto. Come se le nostre anime, congiunte ed unite in silenzio, con un solo urlo soffocato, si fossero improvvisamente separate, prendendo le distanze. Ma non volevo più altre distanze con lui cavolo. Ero arrivata qui, ed ora che lo avevo visto, ed ero certa che i miei passi fossero paralleli ai suoi, non me lo sarei lasciato scappare. Mi aveva permesso di vedere dentro di lui, e di far scatenare in me i mostri del mio passato accantonato, e questo, non aveva fatto altro che unirmi interiormente ancora più lui.                                                        
Non aveva fatto altro che gridarmi il suo aiuto, ed io l’avrei ascoltato.
Arrivai al mio tavolino, e nonostante ci fossero altre persone davanti alla mia visuale, riuscivo a vederlo benissimo, come se fosse stato vicino a me. Una volta seduta, pensavo e ripensavo a quel suo sguardo spento, ai suoi probabili tormenti interiori, e di come questi, pur non conoscendoli, sapevo si incastrassero perfettamente con i miei.  Cosa poteva farlo soffrire così tanto al punto da spegnergli il sorriso? Cosa lo turbava? Avrei voluto aiutarlo, ma mi sentivo dannatamente impotente, di nuovo.
All’improvviso, lo squillo di un cellulare, catturò la mia attenzione, e mi guardai attorno cercandone la fonte… quando mi accorsi che il suono proveniva proprio dal tavolo di Harry. Prese il telefono tempestivamente e si affannò a rispondere, sembrando molto coinvolto nella conversazione.

Che fosse quella chiamata il motivo della sua preoccupazione? Pensai tra me e me, cercando di prestare attenzione al suo discorso, anche se percepivo soltanto parole confuse.

Dopo pochi minuti riattaccò e lasciò una banconota per pagare il conto. S’infilò il cappotto e prima di raggiungere l’uscita prese un profondo respiro, il tipico respiro di chi cercava di incoraggiarsi a vivere una nuova vita, e lentamente lasciò il locale. A quel punto i miei occhi si sbarrarono quando mi resi conto di quello che stava accadendo: stava andando via, e me lo sarei lasciato sfuggire come acqua tra le dita.                                 
Non potevo perderlo proprio ora che lo avevo appena trovato, no, no. Mi alzai di scatto dalla sedia e facendomi spazio tra le persone davanti a me, cercai di seguirlo, ma invano. Aumentai il passo, ansimavo, tremavo e speravo con tutta me stessa che il tempo non vincesse ancora una volta, ma forse quella gara per la ricerca della felicità, ero destinata a perderla. Lui ormai era solo una sagoma minuscola lontana, e non sarei mai riuscita a raggiungerlo. Se n’era andata, lo avevo perso ancora, e chissà quando avrei potuto incontrarlo di nuovo…. se lo avrei mai rincontrato.
Il cielo tornò ad essere grigio, la luce scomparve misteriosamente ed il mio cuore smise di battere. Mi sentivo così vuota, oltre che sola.                                                           
Mi ero sbagliata, il destino non c’entrava un bel nulla. Eppure era lui ad averci fatto incrociare. Ma allora perché si divertiva così tanto a prenderci in giro? Adesso era chiaro… se ci aveva fatto incontrare anche solo per un secondo, lo aveva fatto soltanto per poter prendersi gioco di noi. Ma non lo avrei permesso più. Rimasi immobile sull’uscio della porta, determinata a sconfiggere le beffe di quel fato crudele, sicura più che mai di riprendermi la mia felicità, per una volta soltanto. Quel suo sguardo bastonato rimbombava continuamente nella mia mente, riuscivo a vederlo ancora perfettamente davanti a me. Perché sguardi come quelli, uguali al mio di tanto tempo fa, difficilmente si dimenticano. Difficilmente si dimentica e si nasconde uno sguardo sconfitto, afflitto col mondo.

“Non ti preoccupare amore, ti aiuterò io a vincere la tua battaglia, qualunque essa sia.” Sussurrai, come se lui potesse sentirmi, e malinconicamente rientrai nel locale, ascoltando quel mio urlo soffocato e mettendoci tutta me stessa in quella promessa.
 


Harry’s Pov

Camminavo a passo svelto tra le strade di London Street recandomi al mio appuntamento. Sebbene stessi camminando velocemente, i miei passi erano incerti, non sapevo se presentarmi o meno. Arrivare lì, nel luogo prestabilito, significava dare l’inizio a tutto, a voltare pagina definitivamente ed iniziare quella vita così diversa dalla mia. Così scomoda oltre che difficile. Il mondo non ti accetta mai per quello che sei, ti spinge sempre ad essere chi non vorresti essere, a diventare il tuo peggior nemico. E stavolta la sua vittima, ero stato io. Ero caduto nelle sue grinfie, nella sua rete indistruttibile, adesso dovevo adeguarmi alla mia nuova realtà, anche se a malincuore. Non avevo altra scelta, quel cambiamento in me, era necessario ed imminente. Mi dispiaceva soltanto per coloro che erano stati abituati a vedermi così, a vivermi ogni giorno per quello che ero, ma ero sicuro che mi avrebbero apprezzato anche con queste mie nuove vesti.
Perché ti ama, ti segue anche a costo di raccogliere le tue spine. E di farsi male.
Ciò che, però, aveva fatto vacillare la mia determinazione, era quella ragazza del bar. E di come il suo sguardo persistente era riuscito ad arrivare fin dentro di me. Era come se mi avesse messo a nudo in un secondo, come se avesse trovato la chiave del mio cuore, senza che io avessi avuto il tempo di dargliela. Aveva retto il mio sguardo per tutto quel tempo in modo fermo e deciso, come se mi capisse. Come se avesse saputo dare un nome a tutte quelle mie vulnerabilità. E questo mi sorprese. Nessuna sconosciuta era mai stata in grado di farmi questo effetto già dal primo impatto. Avevo avuto l’impressione che lei sapeva perfettamente come mi sentivo, cosa provavo, di cosa avevo paura, e mi domandavo come avesse fatto. Per un intero minuto, senza che potessi controllarlo, mi ero affidato a lei ed avevo permesso che le mie incertezze diventassero anche le sue.                                                              
Probabilmente, un minuto era troppo poco per rivelare una vita intera, ma era più che sufficiente per cercare di rimetterla insieme. Essermi reso trasparente con lei era stato… stranamente rassicurante. Per una volta in tutto questo tempo, non mi ero sentito con un peso sulle spalle e mi ero perso nello sguardo incantatore e combattuto di quella ragazza misteriosa, che avevo sentito molto vicina. Troppo.
E non appena me n’ero accorto avevo deciso di interrompere quel contatto visivo, perché mi sentivo troppo sottomesso a lei. E se avessi continuato con quello stupido gioco di sguardi, avrei finito per esserne dipendente e non potevo permetterlo. Avevo rivelato fin troppo di me a quella ragazza che neanche conoscevo, ma aveva un qualcosa che la rendeva familiare oltre che perfettamente affidabile. Ero sul punto di piangere, lì davanti a tutti, e fare in modo che quel mio urlo interiore incontrasse il suo, anch’esso soffocato. Avrei voluto che i nostri echi si incontrassero per fortificarci – dato che ero certo ne custodisse uno anche lei, lo percepivo – ma farlo, sarebbe significato rendermi vulnerabile, ed io, non volevo esserlo più. Specialmente con le ragazze apparentemente innocenti e profonde come lei, che aspettavano di ricevere un qualcosa di estremamente mio e danneggiarlo irreparabilmente. Sebbene avesse un non so che, di rassicurante, dovevo starle alla larga. Lei era come Skyler, era come tutte le altre ragazze con cui avevo avuto fiducia in loro: silenziose e molto probabilmente ingannatrici. E non avrei mai avuto più nulla a che fare con loro.

“E’ delle persone troppo silenziose che devi avere paura Harry, soltanto di quelle. Aspettano solo il momento giusto per attaccarti e per renderti ciò che hai sempre temuto, ciò che non hai mai voluto essere. Prendono tutto di te, al punto di svuotarti e di renderti il nemico di te stesso.” Mi ripetei in testa, e quelle frasi da oggi in poi sarebbero diventate il mio motto quotidiano.

Mi incupii pericolosamente. Strinsi i pugni e contrassi la mascella. Che il cambiamento avesse inizio.  
Al diavolo tutte, al diavolo lei.                        
Mi descrivevano come un donnaiolo senza cuore? Vorrà dire che li accontenterò.  Gli altri ancora non conoscevano l’altro lato della mia medaglia. Perché non avrei mai pensato che avrei avuto bisogno di mostrarlo un giorno. Ma adesso, invece, lo conosceranno molto presto.  
Aumentai il passo, affinchè arrivassi da lei in fretta. Mi stava aspettando e non le avrei dato buca. Non avrei voltato le spalle al mio cambiamento, per nulla al mondo. Dovevo dimenticarmi chi ero, quello che provavo davvero, quello che pensavo, delle mie idee e dei miei valori.
Dovevo diventare un’altra persona. Il mio nemico, ecco, ma incastrato nel mio corpo tutt’altro che crudele.  
Il vecchio Harry Styles era solo un ricordo lontano, adesso avrei dovuto cacciare il peggio di me. Sarebbe stato molto difficile, a volte avrei vacillato, sarei inciampato sui miei stessi passi, ma non avevo altra scelta. Tra un pensiero e l’altro arrivai al suo portone e bussai senza esitazione, attendendo che lei mi aprisse impaziente. Adesso era ufficiale, dovevo dire addio a tutto quello che avevo fatto e che ero fino ad’ora.  
Ed io, sommessamente lo feci.

***

“Ma dov’è finito Harry?” chiese Zayn guardando l’orologio.  
“Non è ancora arrivato?” domandò Liam uscendo dalle quinte.  
“No!” sbuffò irritato l’amico. “E’ la quarta volta che fa ritardo! Non so cosa gli è preso! Il nuovo sponsor è ripassato due volte in questi tre giorni, ed ogni volta Harry era assente. Non possiamo continuare così all’infinito!” continuò esasperato.  
“Rischieremo di perdere lo sponsor se continua così…” sussurrò nuovamente Liam, tra sé e sé. 
“Sono qui! Smettetela di lagnarvi!” affermai sbattendo la porta seccato, sentendo le loro mille paranoie.  
“Con calma eh? Tanto noi stiamo qui a far nulla!” mi ammonì Zayn furioso.  
                                                                                                      
Mi ero decisamente stancato delle sue lagne continue. I suoi bla bla bla mattutini ultimamente mi irritavano enormemente.

“Magari non faceste niente! Mi rompete il cazzo ogni secondo, voi e le maledette chiamate al cellulare per avvisarmi delle prove! Sapete che vengo, non mandatemi in tilt il telefono cazzo!” affermai acido buttando il cappotto su un sedile dell’auditorium.
“Stai scherzando vero? Abbiamo uno sponsor che vuole vederci e noi siamo costretti a rinviare l’incontro in continuazione per colpa dei tuoi ritardi, e poi dici che siamo assillanti? E’ per la nostra carriera cazzo! Da quando non te ne frega più nulla?” 
“Chi ti dice che non me importa più niente? E’ solo che ho avuto degli impegni, tutto qui. La mia vita non gira soltanto attorno alla band!” dissi noncurante. 
                                                                                                                  
 “Gira attorno ad Olivia non è vero?” affermò cinico. “ Approposito, hai trascorso di nuovo la notte con lei infischiandotene delle prove di oggi non è così?” ribattè Zayn sarcastico.  
                                                                                                             
Ringhiai malignamente. Adesso basta aveva superato il limite. Odiavo quando qualcuno mi rinfacciava le cose, era terribilmente fastidioso. 
        
“Hey voi due basta litigare!” urlarono Niall e Louis.                                                 
“Concordo con loro. Ormai è andata così, basta rimurginare. Adesso che ci siamo tutti dobbiamo provare, o non combineremo nulla e lo sponsor possiamo scordarcelo anche per la prossima settimana!” s’intromise Liam cercando di farci zittire.
“Chiedilo al signor Styles, magari ha altri impegni” affermò tagliente Zayn.  
“Stà zitto Malik, mi hai rotto il cazzo tu e le tue battutine, non sai contro chi stai giocando.” ringhiai malignamente.

Ero decisamente nervoso, non so cosa avrei fatto se mi avesse detto una sola parola di più. Iniziavo a temere che i miei impulsi avrebbero fatto solo danni.

“No, non lo so contro chi sto giocando. Non ti riconosco più. Non sei lo Stesso Harry di prima.“ affermò tristemente. “Chi sei adesso? Perché io non ne ho idea.” Continuò adesso un po’ più nervoso.
                                                                                           
Ci fu un minuto di snervante silenzio. Credo aspettavano una risposta da me, ma non gliel’avrei data. Non dovevo rendermi vulnerabile con nessuno, nemmeno con loro. Potevamo restare così per sempre, ma non ne avevo affatto intenzione. Probabilmente Niall lesse nei miei pensieri, perché interruppe quel silenzio orribile.
                                                                                      
“Ok, basta ragazzi. State litigando per una sciocchezza, non possiamo mandare tutto a monte così! Andiamo avanti per favore” disse cercando di mandare gli animi. Ma questo mi innervosì ancora di più mi sentivo così maledettamente colpevole.                                                                
“Ha iniziato lui!” dissi puntando il dito contro Zayn. “Se non mi avesse innervosito, non saremmo arrivati a questo punto” tutti mi guardavano allibiti.

Quanto odiavo essere osservato, mi innervosiva parecchio. Lì tutto era ostile, tutto sembrava essere un buon pretesto per una litigata, e per quanto fossi diventato orgoglioso, non volevo ancora arrivare a distruggere il mio rapporto con loro, né tantomeno con Zayn che era uno dei miei migliori amici. Dovevo andarmene, al diavolo le loro ire, ma restare avrebbe peggiorato le cose.

“Cosa ti sta succedendo Haz?” mi chiese poi Zayn addolcendo il tono di voce. “Fino a tre giorni fa non eri così.  Non eri mai stato così aggressivo, specialmente con noi, che siamo i tuoi migliori amici!”  
           
Mi correggo. Se c’era qualcosa che odiavo, era essere nel torto marcio e sentirmi in colpa atrocemente. Ma i miei impulsi parlavano per me. Non mi ero dimenticato che loro erano la mia famiglia, non mi ero dimenticato di tutte le cose che avevano fatto per me, solo che il nuovo Harry non doveva più aggrapparsi a questi ricordi, o avrebbe mandato a monte tutto il mio sofferto cammino di mutamento.
La sopravvivenza non lasciava cicatrici da mostrare, purtroppo. Anche se loro le conoscevano benissimo.

“Non vi è mai capitato di avere una giornata no?” chiesi ammorbidendomi anche io. “Bhè a me si, quindi lasciatemi in pace! Anzi… me ne vado.”
“Dove vai?” chiesero sorpresi. “Dobbiamo provare! Lo sponsor non ci permetterà un altro rinvio!”  
“Al diavolo le prove e quel fottuto sponsor! Ho bisogno di stare da solo, sennò qui finisce male” dissi apatico prendendo il cappotto e avviandomi verso l’uscita.

Sbattei la porta violentemente e dentro di me, mi odiavo per quanto appena accaduto. E non li biasimavo se adesso mi odiavano anche loro, mi sentivo uno schifo, ma irrealmente dentro di me, speravo soltanto che i miei amici mi avessero capito. E che non mi odiassero così tanto, al punto da abbandonarmi.
Sapevo che Zayn era quello più legato a me, e che la sua reazione scortese era solo una conseguenza della sua delusione e sofferenza. Ma prima di una sofferenza altrui, ce n’è una personale, ed è questa che ti spinge a diventare ciò che non saresti mai voluto essere. Odiavo il nuovo me, odiavo essere così, odiavo tutto quello che stavo facendo, ma almeno avrei imparato a non soffrire più.                                
Ora era venuto il mio turno di girare la ruota, e avrei fatto a modo mio. Speravo soltanto che i miei amici un giorno mi avrebbero perdonato anche se sarebbe stato davvero molto difficile, e anche se magari, li avrei feriti maledettamente tanto. Stavo diventando una persona orribile, ma non avrei mai dimenticato le persone e le cose, che meritavano di essere ricordate. Loro erano parte di me, la parte più buona, e sarebbe stato sempre così.
Ma avevo un urlo soffocato, e da quel giorno al bar - che stavo rischiando di affidarlo ad una ragazza meravigliosamente sbagliata - avevo deciso che lo avrei soddisfatto da solo, come andava fatto già da troppo tempo.

Scusate ragazzi, soprattutto tu Zayn. Ma ho dovuto farlo, non odiatemi vi prego. Vi vorrò sempre un grande bene.” dissi tra me e me sussurrando, sperando mi sentissero.

Ma ero da solo, e quello sarebbe stato solo l’inizio di tanti altri giorni difficili.
 
 


Writer’s Pov  
Heiii :) prima di iniziare voglio chiedervi un milione di volte scusa per aver pubblicato il capitolo con così tanto ritardo. Ma io sono un po’ come Pierino passaguai e me ne capitano di tutti i colori :’) prima non ho idee. Avevo coì tanto da scrivere che non sapevo come elaborarlo, poi si rompe il pc, e per una settimana non sono riuscita a fare un bel niente e infine… mi ammalo t.t ma nemmeno l’influenza mi ha sconfitto! Adesso, con tutto il malessere ho approfittato e ho aggiornato! Spero che apprezzerete il capitolo e che mi perdonerete! *facciad’angelo* :)  Coooomunque che ve ne pare? Ci sono molte svolte, proprio come vi avevo promesso. Vi aspettavate l’incontro tra Harry e Sophia al bar? O dello sguardo di Harry triste e malinconico? Sicuramente il primo incontro in molte ve lo aspettavate migliore ma… non sara l’unico non preoccupatevi. Gli “hopia moments” non tarderanno u.u Quale passato nasconde Sophia al punto da rivederlo in Harry? Cosa la turba? Ma soprattutto… vi aspettavate un cambiamento così netto da parte di Harry? :O E chi è questa Olivia? 
Si lo so sono tante domande e tanti dubbi, ma troverete la maggior parte delle risposte nel prossimo capitolo ^_^ So che aggiorno molto tardi, ma vi assicuro che ci metto anima e cuore per scrivere questa storia, e che appena posso, corro subito da voi. IO NON VI ABBANDONO, MAI. Ci sono sempre. <3 Grazie per essere arrivati fino a qui e grazie per continuare a seguirmi sempre. Un grande grazie anche a tutti coloro che mi stanno continuando ad aggiungere ai preferiti e ai seguiti e che decidono di lasciarmi una recensione. Non sapete quanto sono felice di leggerle! *-* Che ne dite di lasciarne un po’ anche a questo capitolo? Vi aspetto! Alla prossimaa!

- Alex. :)


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274429
 


 

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Capitolo 5
*** Ma tu aspettami, che io arrivero'. ***





Sophia’s Pov


“Bene ragazzi, adesso passiamo al vostro lavoro settimanale!” disse il Sig. Arthur, mentre io ero perennemente persa nei mie pensieri.

Pensavo e ripensavo ad Harry, al suo viso triste, al suo sguardo bastonato e di come tutto questo mi faceva tremendamente male anche solo a immaginarlo di nuovo. Ricordavo perfettamente cosa si provava a sentirsi sbagliati per un mondo così diverso dal proprio modo di essere, cosa si provava a sentirsi così maledettamente delusi, tristi, pieni di rabbia.
Ricordavo cosa volesse dire essere
sofferenti al punto che avresti voluto piegare il mondo con un solo urlo, ma tutta quella voglia di ribellione finiva nell’esatto momento in cui ti rendevi conto che il mondo, avrebbe finito col piegare sempre e comunque te. In qualunque modo.   
Riflettevo sulla possibile causa della sua tristezza, sul perché esistesse qualcosa di più importante di lui, da togliergli il sorriso fino a quel punto, e sostituirlo con il nulla, con il vuoto, e se solo avessi saputo cos’era, giuro che lo avrei distrutto con le mie stesse mani. Soffrivo nel vederlo così, nel vederlo piegato fino a questo punto. Dovevo salvarlo, condurlo da me… ma come?

“Questa settimana vi occuperete di giornalismo locale. Ognuno di voi dovrà lavorare ad un’intervista su un personaggio particolare, di un certo calibro e notorietà ovviamente, e poi redigerci un intero progetto giornalistico.” Affermò prendendo una piccola ciotola con dei foglietti al suo interno. “Qui dentro ci sono i nomi dei diversi personaggi che ho pensato per voi. A turno prenderete un foglietto e svolgerete il lavoro su chi vi è uscito. Almeno così renderemo l’attività equa ragazzi, si tratta solo di sorte”. Concluse ammiccando.

A quell’ultima parola m’illuminai improvvisamente. E osservavo con attenzione ogni singolo movimento all’interno della classe, quasi come per poter seguire il cammino invisibile di quella ipotetica “sorte”.                                                          
Mentre il professore girava di banco in banco attendendo che ogni studente prendesse il foglietto, pensavo a come sarebbe stato bello, oltre che irreale, vedere il suo nome su quel pezzo di carta e sperare che il destino non si fosse preso gioco di noi tre giorni fa, ma magari ci avesse riservato soltanto un incontro migliore. Ma era letteralmente impossibile che accadesse, quindi mi rassegnai a priori.
Dovevo mettermi l’anima in pace, avrei trovato altri modi per andare da lui.
All’improvviso percepii una figura davanti a me e soltanto quando appoggiò la ciotola sul banco, intuì chi fosse. Guardai il prof dritto negli occhi, come se volessi affidarmi a lui riguardo alla imminente scelta alla cieca che avrei fatto, poi - trattenendo il respiro - allungai una mano all’interno del contenitore e presi il primo foglietto che mi capitò.
 
                                                                                      ‘ George Hampton.                                                                                                                       
                                                                               Sponsor musicale internazionale.’

Rilessi più volte quel nome che all’apparenza sembrava tanto importante e, anche se sciocco, un po’ rimasi delusa.
Credevi davvero che sarebbe uscito il suo nome Sophia?” Dissi a me stessa, sorridendo amaramente… che sciocca che ero.  Era ovvio che non potesse essere così. Ma me lo aspettavo, quindi non fu molto difficile sorvolare ed andare oltre. Ma la mia speranza rimaneva sempre accesa.
Rilessi l’impiego di quel personaggio stranamente famoso, ma per niente noto alle mie orecchie. Era uno sponsor musicale… perfetto! Mi sarei occupata di musica e mi ritenni soddisfatta ugualmente. Avevo avuto comunque molta fortuna e tirai un piccolo sospiro di sollievo.
Dopo pochi minuti suonò la campanella segnando la fine delle lezioni. Finalmente potevo concentrarmi su questo progetto e, conoscendomi, avrei iniziato da subito.

“Mercoledì prossimo c’è la consegna del lavoro, quindi datevi da fare mi raccomando!” annunciò il professore da dietro la cattedra, mentre tutti gli altri sistemavano le loro cose annuendo. “Ah, Miss Vincent!” mi chiamò, facendomi cenno di raggiungerlo.  
“Si Mr. Arthur?”chiesi curiosa avvicinandomi.                                                                                                                                                                    “Da lei mi aspetto un lavoro egregio, lo sa vero? E’ una delle studentesse migliori che abbiamo, non potrebbe essere altrimenti quindi!”                                                                                                                                                                                                           
Portai gli occhi al cielo. Odiavo quando mi facevano troppi complimenti riguardo al mio ‘talento’ giornalistico o sulle mie abilità concerni alla scrittura. Iniziavo a credere seriamente che tutto “quest’oro colato” verso di me, era dovuto soltanto alle mie origini, e non realmente alle mie capacità.  Probabilmente era solo per il mio cognome, per la mia reputazione rimasta immutata dalla mia generazione, ed era fastidiosamente odioso. Non che non sia orgogliosa delle mie discendenze, ma entrarne sempre in confronto era estenuante, non riuscivo mai ad essere valutata io nel mio singolo, nelle mie singole capacità, nei mie sforzi.
Dannazione! Se non fosse per quel maledetto cognome, per quel maledetto passato, forse adesso avrei avuto opinioni sincere. Perché ero certa ancora adesso, che tutto quel che mi veniva riferito o veniva pensato su di me, era sopravvalutato a causa della mia identità.
Ed era davvero triste non sentirsi apprezzati per quello che si era davvero. Per l’immenso universo, anche se devastato, che si aveva dentro.  
“Si… si lo so” affermai tristemente delusa, abbassando lo sguardo.                                                                 
“Perfetto. Non a caso lei ha avuto un personaggio molto importante. Non è affatto facile entrare in contatti con lui: si sposta in tutte le parti del mondo continuamente ed è sempre molto impegnato. Ma sono riuscito a rintracciare una serie di informazioni e dove si trova precisamente in questo periodo, così potrà raggiungerlo facilmente senza troppe ricerche.” Disse porgendomi un bigliettino plastificato.
              
                                                                                       ‘ Old Hannings Rehesals Auditorium.                                                                                                      London Avenue 55 ’

 
“Si trova all’Old Hannings?” domandai curiosa.
“ Esattamante. Nell’ultimo periodo ci è andato diverse volte, deve esaminare una famosa band locale che vorrebbe essere sponsorizzata. Ho sentito che nel corso della settimana resterà ancora in città poi partirà per Los Angeles, ma questo non vuol dire che trascorrerà l’intera settimana in quell’auditorium!”                                                                                                                                               
“Che intende dire?”chiesi perplessa non intuendo dove volesse arrivare a parare.                                                                                    
“Intendo che va lì a giorni alterni, e oggi è proprio uno di quei giorni. Dato che non può perdersi l’opportunità di lasciarsi scappare un simile personaggio, deve andarci oggi stesso Miss Vincent, non ha altra scelta.”                                                    
“Oggi?” esclamai sorpresa. “Ma… è troppo presto! Che domande posso fargli? Come sviluppo il mio articolo? Non ho abbastanza tempo materiale per documentarmi!”                                                                                                                                                                                                                  
Il prof sorrise saccente. “Secondo lei quali informazioni volevo fornirle riguardo ad Hampton?” disse beffardo. “ Ho rintracciato tutte le notizie che ci sono da sapere. Bastano 15 minuti di lettura e già sa tutto quello che è necessario. Allegati a questo foglio ci sono anche le fasce orarie in cui si trova lì.” Continuò soddisfatto del suo discorso. “Almeno così facendo avrà più tempo per dedicarsi al montaggio dell’intero progetto!” ammiccò consegnandomi i fogli.                                                                                                       
“Oh… g-grazie”. Affermai spaesata. Aveva organizzato tutto così velocemente che non avevo ancora metabolizzato tutte le diverse informazioni fornitomi.                                                                                                                                                                                                    
“Confido nelle sue abilità signorina Vincent.” Disse dandomi una lieve pacca sulla spalla. “Ci vediamo mercoledì prossimo, alla scadenza del progetto”. Concluse uscendo dall’aula compiaciuto, mentre io rimasi li a stringere tutti quei fogli e cercando di organizzare i miei pensieri. 
                                                                                                                             
Mi diressi verso l’uscita riflettendo su come poter articolare meglio il mio articolo e camminando tra una stradina e l’altra mi fermai davanti ad un’edicola letteralmente a bocca aperta, non appena vidi un articolo su un giornale in bella vista sul bancone. Mi avvicinai e lo presi tempestivamente, spiegando bene la pagina affinche’ potessi vedere meglio: Harry in compagnia di una bella ragazza bionda. Una di quelle ragazze bellissime, che al solo guardarle la tua autostima scendeva fin sotto i piedi, una di quelle che al solo guardarle ti facevano rabbia, perche’ avevano tutto senza lottare per nulla, una di quelle che avresti voluto cancellare dalla faccia della Terra, perche’ sapevi perfettamente che aveva molte piu’ possibilita’ di te, in qualunque cosa. Anche per stare con una persona come lui.
Che meritava il meglio, ma quel meglio lo vedevi e sempre e solo in ragazze perfette come lei.                       
Probabilmente erano ad una festa o in qualsiasi altro luogo fosse ammesso fare baldoria, ed Harry era molto vicino a lei, troppo per i miei gusti.
Forse erano entrambi ubriachi o si erano lasciati trasportare dal momento, ma nel vedere quella foto, in prima pagina su un tipico quotidiano locale, il mio cuore perse ogni singolo battito. Il mondo si fermo’ per un secondo che a me parve eterno e mi ero definitivamente arresa di fronte a quella triste realta’: Harry era felice con un’altra ragazza molto piu’ tutto di me, non avrei mai potuto concorrere con una come lei. Quel giorno al bar, quando ando’ via, lo avevo perso per sempre, e non c’era piu’ niente che potessi fare per cambiare le cose. Anche se avessi voluto, non lo avrei piu’ rincontrato e dovevo rassegnarmi. Per sempre. Era una lotta persa in partenza, che senso aveva continuare, se il mio cuore gia’ si era spezzato? Mi sarei solo piegata di piu’ e non potevo permetterlo. Spostai lo sguardo sulla testata e li’ la mia speranza si distrusse definitivamente.

‘ Harry Styles in compagnia della famosa modella Olivia Gilmore. Il latin lover ha gia’ una nuova fiamma dopo la recente rottura con la bella Skyler Smith?’ 

Uno schiaffo in pieno viso avrebbe fatto meno male che leggere queste parole. Latin lover? Non era possibile. Non stavano parlando dello stesso Harry che conoscevo io. Ah, giusto… io non lo conoscevo, purtroppo. Ma ero certa che lui fosse diverso da come lo descrivevano, non era un rubacuori che si divertiva a cambiare ragazza ogni settimana. Non era assolutamente possibile. Continuai a leggere l’articolo di spalla, sperando di ottenere piu’ informazioni.

‘ Il giovane componente della band anglo-irlandese piu’ famosa del momento, e’ stato visto ad una delle piu’ nominate feste mondane insieme alla bella Olivia. Un bacio dopo l’altro hanno condotto i due a ritirarsi dalla serata prima ancora che si concludesse, che il loro incontro si sia trasformato in un’avventura di una notte memorabile?’

Mi correggo. Lo schiaffo si trasformo’ in un potente pugno nello stomaco. Uno di quelli ben assestati che avrebbero messo in ginocchio chiunque, eppure crollai soltanto nel leggere quelle orribili parole. Harry era davvero cosi’? Perche’ aveva questa reputazione? Vidi il suo sguardo, e non trasmetteva tutto questo. Aveva un tornado nelle sue iridi, perche’ non lo mostrava al mondo?

‘ Alcune voci dicono di aver visto Harry ed Olivia uscire dallo stesso albergo, non molto lontano dal luogo della festa, in momenti differenti. E se tali riportazioni sono vere, allora non ci sono dubbi: tra i due e’ nata una travolgente storia d’amore al limite degli istinti. Ma ora, la domanda che tutti si domandano, sara’ la storia con Olivia Gilmore una relazione seria? O sara’ l’ennesimo flirt che il giovane Don Giovanni collezionera’ tra le sue conquiste?’   

Basta avevo letto abbastanza. Quelle poche frasi mi avevano gia’ stufato a dovere e avevo un turbine di emozioni e di pensieri diversi che si susseguivano violentemente dentro di me. Cosa stava succedendo? Non potevo arrendermi, non adesso, non ora.
Volevo salvarlo, ebbene si era creata la perfetta occasione. Dovevo capire di piu’ di tutta quella storia, dovevo aiutarlo io a rivelarsi al mondo per quello che era. Aveva bisogno di aiuto e subito.

Ti salvero’ io da tutte queste macerie, ma tu aspettami ti prego, che io arrivero’.” Dissi tra me e me, mentre posai il giornale alterata guardando il mio orologio da polso.

Avevo perso fin troppo tempo, e tra cinque minuti avrei dovuto gia’ essere  all’Old Hannings. Decisi di prendere una scorciatoia che sicuramente mi avrebbe permesso di raggiungere la mia destinazione piu’ velocemente. Camminai per un vicoletto molto stretto, mentre tutte quelle parole che avevo letto mi martellavano la testa prepotentemente. Avevo mille domande, mille dubbi, mille enigmi, eppure la mia risposta l’avevo gia’ incontrata e lasciata scappare tre giorni fa, e non me lo sarei mai perdonato. Avrei dovuto avere il giusto coraggio per parlargli, per stravolgere il nostro destino, ma tacendo, lo avevo soltanto allontanato di piu’. Mi odiavo per questo, mi odiavo atrocemente.            
Svoltai l’angolo e senza avere nemmeno il tempo di rendermene conto, mi scontrai con qualcuno facendo cadere tutti i miei fogli.

“Perfetto, ci mancava solo questa!” pensai.

Ma non appena alzai lo sguardo guardai quella persona misteriosa negli occhi, ecco che le famose risposte che cercavo, si concretizzarono una ad una.
“Oh.. scusami!” riusci’ a dire con un filo di voce mentre mi scostavo una ciocca di capelli dietro l’orecchio. 
“Cerca di stare piu’ attenta!” Ringhio’ Harry spazientito.

Rimasi sorpresa dalla sua risposta, non credevo fosse cosi’ aggressivo. Era molto nervoso, aveva un’espressione notevolmente corrucciata, ma con mio stupore i suoi lineamenti si addolcirono, non appena alzo’ lo sguardo e mi guardo’. Restammo a fissarci intensamente per pochi secondi, ma giuro che in quel preciso istante rividi tutte le emozioni che mi trasmise esattamente tre giorni fa. Ritorno’ quella strana ma meravigliosa intesa tra noi, come se parlassimo nuovamente solo con lo sguardo e che urlassimo in silenzio… sarei potuta restare cosi’ per sempre.           
Mi resi conto di averlo di nuovo davanti a me, e che avrei potuto finalmente recuperare come speravo, ma qualcosa me lo impedi’, mi sentivo paralizzata, di nuovo. Harry porto’ lo sguardo verso l’asfalto e abbassandosi cautamente rialzo’ tutti i fogli che il nostro scontro aveva lasciato cadere, e quando mi riguardo’ ecco che quell’ espressione corrucciata era presente di nuovo sul suo viso e mi sentii smarrita.
Me li restitui’ scortesemente, mantenendo sempre quell’odioso tono di distacco. Si allontano’ colpendomi leggermente con la spalla e con mia delusione non si volto’ verso di me quando ando’ via. Rimasi a bocca asciutta, non sapevo come interpretare tutto questo. Ero confusa, ero triste, delusa, persa senza di lui. E per la prima volta mi resi conto che il suo sguardo, dopo avermi restituito i fogli, era estraneo. Era uno sguardo apatico, che non trasmetteva nulla, e da li’ capii che aveva bisogno d’aiuto.                                      
Avevo gli occhi lucidi, non volevo che il nostro secondo incontro andasse cosi’, non volevo che iniziassimo in questo modo. Volevo soltanto piangere a dirotto, ma non potevo. Avevo un’intervista da li’ a poco. Cosi’, dolorosamente trattenni le lacrime che minacciavano di uscire fuori, e m’incamminai verso l’auditorium.

Aspettami ti prego. Arrivero’ promesso”. Ripetei dentro di me, ma finche’ non me lo permetteva, non avevo idea di come avrei potuto fare.


 
Harry’s Pov.

Di nuovo lei. Di nuovo quel viso, di nuovo quello sguardo incantatore, di nuovo il suo sorriso gentile che come un coglione avevo fatto spegnere con i miei modi di fare troppo scortesi. Ma era piu’ forte di me.
Lei abbassava la mia guardia, indeboliva le mie difese e mandava a monte tutto questa fottuta copertura.                                                                
Stava diventando il mio punto debole, e per quanto da un lato mi piacesse, non andava affatto bene. 
Mi ero ripromesso di starle lontano, ma ogni volta che cercavo di trattarla male, esattamente come tutti gli altri, non ci riuscivo. Mi ammutolivo come un ebete e non sapevo piu’ che fare. Andavo in panico e mi limitavo solo ad annuire e guardare altrove. Dovevo per forza staccare il mio sguardo da lei per ritornare in me. O meglio, nella mia copertura, perche’ con lei accadeva esattamente l’opposto.
Mi spogliava di ogni filtro e mi mostrava per quello che ero davvero. Non mi era mai successo.
Di nuovo mi ero sentito legato a lei grazie a quel gioco di sguardi intenso. Di nuovo mi ero sentito dipendente fino al punto da ammutolirmi e lasciarmi leggere dentro. Chissa’ cosa leggeva adesso in me?             
Mi faceva bene, ma mi faceva anche tremendamente male. Com’era possibile? Perche’ una ragazza sconosciuta aveva questo effetto su di me? Non sapevo cosa provavo verso di lei, ma non appena mi rendevo conto che sarei voluto restare in sua compagnia anche per tutto il giorno, mi facevo violenza da solo e la evitavo il piu’ possibile. Perche’ nessuno mi garantiva che lei fosse diversa da tutte le altre, anche se in cuor mio qualcosa invece, mi suggeriva il contrario. Ma io non davo piu’ retta al cuore. Non davo retta piu’ a nulla.  

Mentre mi dirigevo a passo svelto dall’altra parte della strada, cercavo di dimenticare quell’incontro e di concentrarmi sulle prove che sarei andato a fare da li’ a poco all’auditorium. I ragazzi mi avevano tempestato di chiamate e di promemoria per ricordarmi che oggi sarebbe venuto lo sponsor. Fantastico. Una faccia di cazzo esterna che ci avrebbe guardato dalla testa ai piedi e giudicato in base alla nostra performance. Davvero entusiamante. Non avevo per niente voglia di mettermi in gioco per uno che nemmeno si era degnato di conoscerci prima dell’esaminazione, e gia’ questo mi urtava maledettamente. I ragazzi, non appena avrei varcato la soglia, gia’ mi avrebbero rotto le palle con le loro paranoie.
Che esagerazione! Avrei voluto prenderli a schiaffi in quei momenti ed incoraggiarli a prenderla un po’ piu’ alla leggera, ma non mi avrebbero dato ascolto. Ormai per loro penso soltanto alle feste e a fare casino. Tutte stronzate.
Solo perche’ un paio di volte ero tornato ubriaco a casa o avevo fatto ritardo per colpa delle mie dormite troppo lunghe. Se mi ritiravo tardi era colpa mia, se rinunciavo alle prove per uscire con delle ragazze era colpa mia. Era sempre colpa mia. Perfetto, di bene in meglio. Probabilmente avevano ragione, ma andavano troppo per le lunghe, erano petulanti, ed odiavo sentire lagne continue. 
Arrivai all’auditorium con un dieci minuti di ritardo, nonostante camminassi svelto, ma poco importava, era pure presto rispetto ai miei ultimi standard.

“ ‘Giorno ragazzi” dissi apaticamente, mentre aprivo la porta.     
“ Buongiorno. Solo dieci minuti di ritardo, facciamo progressi Styles!” scherzo’ Zayn.                                                                             
“ Non rompermi il cazzo Malik, gia’ e’ tanto se sono qui a farmi esaminare da un coglione che si crede di essere importante” soffiai seccato. 
“ Forse perche’ e’ importante?”                                                                                                                                                               
“ No. Solo perche’ esistono coglioni piu’ coglioni di lui come voi, che lo fanno sentire tale!” affermai saccente.                                             
“ Vedo che stamattina ti sei svegliato dalla parte giusta del letto, direi che siamo andati alla grande!” continuo’ Niall ridendo.                                        
“Gia’… e’ piu’ gentile del solito!” s’intromise Louis.

Mi stavano prendendo per il culo? Li avevo anche graziati stamattina, non avevo voglia di fare l’acido. Stavo ancora destabilizzato per colpa dello scontro con quella ragazza. Strano come avesse un effetto calmante su di me.                                   
I ragazzi notarono il mio silenzio e subito mi accerchiarono sorridendo.

“Stiamo scherzando amico, lo sai vero?” mi chiese Zayn sorridendo.                                                                                                                   
“ Gia’… stiamo solo cercando di scacciare la tensione! Siamo felici che sei venuto con la luna giusta” ammicco’ Liam sorridendo.

Per un secondo mi venne da abbracciarli e confessargli che gli ero grato per avermi apprezzato comunque ed essermi restati vicini. Ma non lo feci. Quella ragazza mi stava rendendo sempre piu’ difficile esistere con questa falsa, ma dovevo essere piu’ forte della mia debolezza. Sorrisi maliziosamente facendo intuire di aver afferrato le loro intenzioni.

“Buongiorno ragazzi!” disse una voce in lontananza.

Tutti alzammo lo sguardo verso il fondo dell’auditorium, ed intuii chi fosse solo quando i miei amici iniziarono ad agitarsi come cretini.

“ Salve signor Hampton!” disse Liam. “ E’ un onore per noi che lei abbia accettato di sponsorizzarci nonostante i continui rinvii” continuo’ riempiendolo di convenevoli. Liam era sempre stato un maestro i gentilezza o cose del genere.   
“ Il piacere e’ mio. Ho sentito che siete una band di successo, e a me piace fare affari con il successo. Ovviamente vi dovro’ prima ascoltare per prendere una decisione, ma ci sono buone probabilita’ che abbiate uno sponsor fisso.” Sorrise superiore. “ Faremo grandi cose insieme”      
“Sicuramente!” affermarono tutti in coro raggiungendolo e facendolo sedere in prima fila.

Possibile che erano cosi’ coglioni da adulare come un Dio quel buffone?
Era pieno di se’ in una maniera impressionante, era soltanto un pallone gonfiato, nulla di piu’. E loro si erano lasciati incantare da vaghezza e parole fatte. Era divertente vederli leccare i piedi ad un soggetto cosi’. Ma chi si credeva di essere? Mi vergognavo per loro. Instintivamente mi venne da sghignazzare divertito scuotendo la testa. E credo che si fosse sentito, dato che tutti si voltarono verso di me.

“E tu saresti?” mi chiese lo sponsor con aria di superiorita’. “ Sono quasi sicuro di non averti mai visto ogni volta che passavo di qui”.

Ma tu sentilo che sbruffone. Non mi sarei sottomesso come i miei amici coglioni.

“Harry Styles” mi limitai a rispondere sfacciato con un ghigno. Mentre i miei amici, alla mia risposta, gli spiegarono la mia identita’.
Patetici, erano un caso senza speranza.                                                                                                                               

All’improvviso la porta dell’auditorium si apri’ e non appena la rividi di nuovo mi sentii vacillare. Era destino che io e lei avremmo dovuto incontrarci.
Ci raggiunse con passo veloce e ancora con il fiatone, si scuso’ per il notevole ritardo. Si guardo’ attorno e non appena mi vide, si blocco’ di nuovo. Esattamente come prima.
Restammo a guardarci imbarazzati e sorpresi per pochi secondi, quasi come se dovessimo nascondere la nostra intesa segreta, e si volto’ verso lo sponsor. Stavolta fu lei ad interrompere quel contatto visivo e mi sentii… deluso. Speravo mi guardasse ancora un po’, ma d’altronde l’avevo trattata sgarbatamente prima, non poteva fare altrimenti. Cercai di prestare attenzione al suo discorso con il  pallone gonfiato.

“ Mmmmh e’ davvero carina!” mi sussurro’ Louis all’orecchio, deconcentrandomi.                                                                                                    
“ Sta’ zitto!” ringhiai cercando di ascoltare. “ O ti tappo la bocca con le maniere forti” lo guardai minaccioso.

Indietreggio’ arreso e sopreso della mia aggressivita’. Ma cazzo, non mi stava facendo capire piu’ nulla! Vedevo solo che lei e lo sponsor del cazzo parlavano ma ormai avevo perso il filo del discorso.                                                                                            

“ Ragazzi, lei e’ Sophia Vincent. Una giornalista che collaborera’ con noi per tutta la settimana. Deve fare un articolo su di voi e sul vostro ingaggio con me, quindi avremo molto lavoro da fare.” Ci disse lo sponsor.                                                       
“ Piacere a tutti.” Disse guardandoci uno ad uno. “Sono davvero felice di poter collaborare con voi!” concluse sorridendo.

Cosi’ adesso quel volto misterioso e quel sorriso angelico aveva un nome: Sophia. Ed era perfetto per lei.
Non so mi aspettavo un nome delicato, perfetto appunto. Avrei dovuto averci a che fare per un’intera settimana ero fottuto. Adesso mi avrebbe sicuramente fatto abbassare la guardia e sarei uscito allo scoperto di nuovo. Come potevo fare?

“ Ho bisogno di farvi alcune interviste ragazzi. Sono utili per il montaggio del progetto. Qualcuno di voi e’ disposto ad iniziare adesso?” chiese lei cortesemente.

Mi portai la mano dietro alla testa nervoso e mi guardai attorno cercando di dissimulare. Ero ridicolo cazzo. Che mi stava succedendo?

“Inizia con Harry per favore” disse Zayn. “Sai ultimamente e’ stato assente alle prove, ora che hai avuto la fortuna di incontrarlo ti converrebbe iniziare da lui” disse guardandomi beffardo.

Avrei voluto incenerirlo e ringraziarlo allo stesso tempo. E adesso come me ne uscivo? 
                                                                                                                                                      
“ Oh no non credo sia una buona idea!” mi giustificai nel pieno del panico. Ma cercai di non darlo a vedere.                                          
“ Invece ha ragione Malik.” Continuo’ quello stronzo dello sponsor. “ Non e’ da tutti i giorni godere della presenza del signor Styles, quindi Sophia inizia da lui”.

Ero fottuto. Fottutamente fottuto. Lo avrei ammazzato prima o poi a quel coglione, cosi’ come a Zayn.                              
Non che non mi piacesse stare in compagnia di Sophia, ma sarebbe stato davvero difficile resistere all’impulso di mettermi allo scoperto con lei. Dovevo trovare una soluzione e alla svelta. Sbuffando scesi le scale e mettendomi il cappotto attendevo che lei mi raggiungesse. Era imbarazzante, non sapevo come comportarmi cazzo.     
                  
“Andiamo in un bar” affermai quasi come un ordine cercando di evitare il suo sguardo.  
 “Va bene” annui lei senza controbattere e, con mia sorpresa, mi segui fidandosi e sorridendo come se non l’avessi mai trattata male.




Writers'Pov
Saaaalve! Stavolta ho pubblicato giusto in tempo e non ho fatto un enorme ritardo... yeeeeee! Sono felice :) Spero lo siate anche voi e apprezzerete questo intenso capitolo. Si vedono aria di novita'. Harry e Sophia finalmente dovranno avere a che fare che cosa succedera' secondo voi? Cosi come  per il passato di Sophia. Di cosa sta parlando? Quale passato nasconde di cosi sofferto? Ed Harry dara' una chance a Sophia, aprendosi e abbasando la sua copertura? Tnate domande, tanti dubbi e taaaante risposte che pian piano scoprirete. Dovete solo continuare a seguire! :)
Mi farebbe davvero tanto piacere se lasciaste una vostra recensione e se continuaste a seguirmi come sempre. Grazie ai nuovi lettori, ai nuovi preferite e a tutti coloro che continauno a recensirmi fedelmente. Vi voglio bene <3
Ah, colgo l'occasione per fare gli auguri al nostro Tommo *-* che ha gia' 22 anni, ma restera' sempre il nostro Peter Pan. Ed un grande auguri di Buon Natale a tutti voi! :D Grazie atutti, alla prossima! :)

- Alex.


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274429

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Capitolo 6
*** Da cosa stai scappando? ***





Zayn’s Pov


Guardavo Harry imbarazzato ed arrabbiato che usciva dalla porta dell’auditorium, mentre Sophia pazientemente lo seguiva come se nulla fosse.
Mi dispiaceva di aver fatto quello che avevo fatto, ma era necessario. Avevo dovuto farlo. Avevo dovuto per forza mandare Harry a fare quell’intervista con la giornalista, perché non avevo altra scelta. Anche se lui avrebbe voluto incenerirmi con lo sguardo – e mi ero sentito in colpa – un giorno mi avrebbe ringraziato.
Sophia era una ragazza a modo, non sarebbe stata molto invasiva, ne ero certo. Lo avrebbe intervistato sulla sua quotidianità con la band e su tutto quello che aveva sempre fatto, e forse questo “parlare” lo avrebbe aiutato. Speravo soltanto che con quel loro breve incontro, lei lo aiutasse a capire quanto la sua attiva collaborazione fosse importante con noi.
Magari con lei sarebbe riuscito a riscoprire il valore che avevamo per lui e magari sarebbe ritornato sui suoi vecchi passi.
Perché io, non riuscivo più a seguirli. E non sapevo come aiutarlo. Da giorni era un Harry diverso, era un Harry irriconoscibile. Un Harry che io non conoscevo più, che non sentivo più il mio migliore amico.
Lo sentivo molto lontano da me, sentivo che un qualcosa tra noi si era spezzato, e non solo come band. Avevo la sensazione che, forse, qualcosa si fosse rotto in lui, ma non avevo idea di cosa potesse essere di così grave, al punto di farlo cambiare così tanto.
L’ultima volta in cui ricordavo di aver visto il “vecchio Harry” risaliva a tre giorni fa, esattamente, quando accadde lo spiacevole inconveniente di Skyler. Inconveniente che lo fece soffrire molto. Ricordavo la sua espressione delusa e sofferente come fosse ieri, percepivo perfettamente il suo urlo stanco e disperato, il suo “basta” silenzioso e la sua voglia di libertà, di sincerità. Poi da quel giorno, dell’Harry Styles a cui volevo un mare di bene, dell’Harry Styles gentile, disponibile, sorridente col mondo, forte come una roccia ma sensibile come pochi, non ce n’era più traccia.                
E volevo disperatamente sapere dov’era.                                                                                                                                                 
Adesso di fronte a me non c’era più un amico che conoscevo da una vita, ma uno sconosciuto con le sue stesse sembianze, col suo stesso sguardo, ma più spento, con la sua stessa faccia, ma più corrucciata, con la sua stessa anima, e forse più frammentata. Nel suo sguardo non percepivo più nulla, non riuscivo più a capire il suo stato d’animo. Non sapevo come comportarmi, come trattarlo, cosa dirgli, come reagire. Lo sentivo solo molto distante e questo era un male per tutti, soprattutto per la band. 
Quando due persone si allontano irrimediabilmente, non si sa mai come farle ricongiungere di nuovo; così l’’unica cosa che mi restava da fare era urlare più che potevo, alzare la voce e farmi sentire, pur di riportarlo indietro, pur di riportarlo nella sua vera natura. Ecco perché lo sgridavo, lo aggredivo oralmente e lo trattavo male… cercavo di rompere l’indistruttibile bolla di sapone che sembrava averlo avvolto per sempre. Ma non ci riuscivo, di nuovo.                       
Per me era il fratello che non avevo mai avuto, e lo sentivo lontano.  Era sconfortante sentirsi incapace di salvare chi tenevi veramente, era sconfortante restare a guardare senza poter porre rimedio a nulla. Il nuovo Harry menefreghista, aggressivo, orgoglioso ed insensibile stava mandando tutto a monte: un’amicizia di ben tre anni con gli altri ragazzi, un lavoro duraturo con la band, i progetti sognati e sperati da cinque cantanti sognatori, ed un’amicizia di una vita con me. Sembrava che Harry fosse cambiato da un giorno all’altro all’improvviso e drasticamente. Negli ultimi tre giorni si era sentito con una certa Olivia, una ragazza che gli faceva il filo tempo fa, ma che lui aveva sempre ignorato, ed ora tutt’un tratto, usciva con lei, la frequentava, la baciava e la portava addirittura a letto.                               
Non riuscivo a capire questa sua improvvisa incoerenza. Ero sicuro che si sentisse anche con altre ragazze, perché più volte riceveva chiamate di giovani sconosciute conosciute alle varie feste, e a cui rispondeva in modo anche fin troppo provocante per essere semplici “chiacchierate tra amici”.
E nonostante si mostrasse come un ragazzo sfacciato, queste cose mi meravigliavano ancora. Trascorreva la maggior parte del suo tempo ad andare a patetiche feste mondane dove i giornalisti si imbucavano continuamente, e lui finiva sempre con l’essere l’argomento principale dei titoli da copertina. Posto che aveva sempre odiato e sfuggito, ed ora sembrava non dargli più così tanto fastidio.                        
Tornava sempre brillo ed ubriaco e trascorreva la maggior parte delle notti sveglio perché non riusciva più a prendere sonno. Di conseguenza si svegliava più tardi del solito, saltando così le prove con la band o i diversi impegni lavorativi. Stava conducendo una vita troppo sregolata, troppo diversa e sbagliata per lui… e sapevo che per quanto potesse essere cambiato, c’era sempre e comunque una vecchia parte di lui che potesse ancora ascoltarmi e mettersi in salvo. Ed io cercavo disperatamente di poter raggiungerla.
Sophia era arrivata giusto in tempo. Questo suo progetto giornalistico su di noi e sullo sponsor ci avrebbe potuto aiutare a mettere un po’ di ordine nei nostri rapporti e forse avrebbe potuto, involontariamente, renderci più chiaro il problema che da giorni regnava tra noi, senza mai essere identificato. Avremmo potuto sfogarci con lei mediante le interviste, avremmo potuto rincominciare da capo. Ed ecco perché, per questo inizio, avevo preferito che partisse proprio da Harry. Perché lui era stato l’inizio di tutto questo, e non volevo che fosse anche la fine. Era la nostra unica speranza per riportarlo indietro, era la nostra unica scappatoia per ritrovare la tranquillità che avevamo perso.
Sophia sarebbe potuta essere la nostra salvezza, ed io speravo davvero che fosse proprio così. Era una ragazza gentile ed affidabile, era evidente dal suo sguardo e dai suoi modi di fare, e sin da subito notai il particolare effetto che aveva su di Harry. Non appena era entrata nell’auditorium i suoi lineamenti si addolcirono ed improvvisamente la sua attenzione, dallo sponsor, si spostò su di lei, e sembrava essere anche molto concentrato su quello che facesse o dicesse. Si era come ammutolito in sua presenza ed era strano, dato che in questi giorni Harry sembrava sempre tenerci testa, senza mai restare senza parole, ecco perché rimasi sorpreso davanti al suo silenzio.                                                     
Io ed i ragazzi notammo anche che si guardarono a lungo non appena lei ci raggiunse vicino al palco, e in quel piccolo lasso di tempo, ebbi la sensazione che gli occhi di Harry si riaccesero improvvisamente – anche se per pochi secondi - e che brillassero finalmente della luce che io credevo smarrita, trasmettendo delle emozioni che io credevo scomparse. Fu davvero ambiguo come Sophia fosse riuscita a farlo ammutolire senza dire nulla e a farlo, allo stesso tempo, parlare così tanto, soltanto guardandolo. Quindi, secondo me, sarebbe stata la persona giusta per aiutarlo.          Ed io, surrealmente, mi fidavo di lei. Volevo soltanto indietro il mio migliore amico ed ero disposto a tutto per aspettarlo, se sarebbe tornato.

“ Perché hai detto alla ragazza di intervistare prima Harry?” mi sussurrò confuso Liam all’orecchio, cercando di non farsi sentire dal signor Hampton.   
“ Esattamente per quello che ho detto.” Dissi accertandomi che non ci avesse sentito. “ Harry non è sempre presente alle prove, è bene approfittare dato che stava qui con noi.” Continuai sussurrando. “E poi magari, parlando con lei Harry riesce a rendersi conto di cosa significa stare in una band, e forse ritornerà a prendere gli impegni seriamente chissà”.                                                                                        
Liam annuì. “ Probabile… speriamo solo sia così. Vorrei soltanto rivedere il vecchio Harry. Mi manca parecchio.” Sospirò deluso.
“Anche a me. Ma lo rivedremo, ne sono certo”affermai deciso guardandolo. Perché Harry sarebbe ritornato in sé prima o poi, ed io e i ragazzi avremmo fatto il possibile affinché ciò accadesse. “E se lo conosco bene, so anche che non tarderà molto, dobbiamo solo saper aspettare”. Soffiai contraendo la mascella teso, cercando di convincere anche me stesso.

Liam mi diede una pacca sulla spalla come per convincersi e rassicurarmi allo stesso tempo e ritornammo entrambi  a guardare lo sponsor che fissava Harry e Sophia allontanarsi.   
 Magari, la mia, era una speranza senza fondamento, oppure invece, era soltanto un’ambizione lontana, ma il vero Harry mancava a tutti noi e se fosse ritornato, quella ragazza l’avrei ringraziata per sempre.
 


Sophia’s Pov

Camminavo a passi incerti dietro di Harry, ignara della destinazione a cui lui volesse condurmi. Mi guardavo attorno imbarazzata ed ecco che quella strana sensazione che provavo solo in sua presenza, si faceva di nuovo spazio dentro di me: tremavo, ero in totale fibrillazione, sentivo come se il mondo avrebbe potuto anche fermarsi ed io ero ancora lì con lui. Come se l’ossigeno sarebbe potuto anche finire, ma io ero comunque viva, al suo fianco. Avrebbe potuto condurmi anche nel luogo più buio della Terra, ma se stavamo insieme, non m’importava di nient’altro.
Sarebbe stato bello comunque. Dovevo ancora metabolizzare il fatto che avrei lavorato con lui e la sua band per un’intera settimana e che, di conseguenza, avrei assistito alle prove o a qualsiasi altra forma di attività che avrebbero fatto ogni singola volta.                  
Era decisamente l’occasione che stavo aspettando da tempo, il pretesto per dare l’inizio a tutto, e finalmente, adesso, mi ero ufficialmente convinta che il destino voleva solo che ci incontrassimo nella maniera migliore. E c’era riuscito.             
Non appena ero entrata dalla porta dell’auditorium e mi ero accorta che avevo lui di fronte ai miei occhi, per la seconda volta nell’arco della stessa mattinata, sentivo il mio cuore accelerare il ritmo, come se esplodesse nel petto. Ma solo quando io ed Harry ci riguardammo intensamente per l’ennesima volta, il mio stomaco sembrò sprofondare fin sotto i piedi, costringendo il mio cuore a salirmi in gola e a battere ancora piu’ forte.
Era surreale il fatto che ci fossimo incrociati cosi’ tante volte, al punto da piegare i fatti ed incontrarci per davvero, e se riflettevo sul fatto che, da ora in poi, avrei potuto parlare con Harry tranquillamente e conoscerlo come avrei voluto sin dall’inizio, sorridevo come una bambina alle prese con la sua prima cotta. Il mio sorriso non smetteva di abbellire il mio volto e di sembrare quasi stampato su di me, senza che potessi eliminarlo.
Cosi’ come lui era stampato nel mio cuore, e mai se ne sarebbe andato.                                                                               
Nonostante Harry mi avesse trattato male stamattina, sapevo che quei suoi impulsi non erano volontari, ma erano frutto di particolari atteggiamenti alterati – seppur sbagliati - che usava per proteggersi, per nascondersi da qualcosa… ma cosa? Anche se l’articolo di giornale che avevo letto mi aveva fatto restare a bocca asciutta, sapevo che c’era una specifica verita’ dietro a tutto questo. Una verita’ nascosta tra incessanti ipocrisie e coperture, ed io volevo scoprirla. Non per il mio progetto, ma per salvare lui. E non ringraziero’ mai abbastanza quel ragazzo moro dallo sguardo intenso che, poco fa nell’auditorium, aveva fatto in modo che io ed Harry avessimo potuto appartarci da soli e parlare, dopo tante attese.
Era giunto il momento di mettere voce ai nostri tormenti interiori, a quella piacevole e proibita intesa segreta che c’era tra noi ad ogni sguardo, seppur fossimo ancora due sconosciuti.                                                                                             
Era il momento giusto per stravolgere le regole, per girare tutte le carte, e lo avrei fatto, con non so quale coraggio.                                           
Harry sembrava nervoso. Camminava davanti a me in maniera abbastanza distante, come se volesse mantenere le distanze ma, contraddittoriamente, ad ogni passo, si voltava leggermente all’indietro. Come per cercarmi, come per accertarsi che fossi ancora li’, che non andassi via.
Ma non me ne sarei mai andata. Io ero venuta per restare. Con lui. Per sempre. E questo suo goffo ma tenero comportamento, non fece altro che convincermi ancora di piu’ del fatto che lui era una brava persona e che stava fuggendo da qualcosa, proprio come pensavo. Lo riuscivo a capire perfettamente, e se ero qui, in Inghilterra, era perche’ avevo bisogno di un cambiamento. E questa, era la mia, di fuga.  
Arrivammo ad un luogo per me molto speciale, perche’ fu l’origine di tutto: il Rose Garden. Il bar dove esattamente tre giorni fa, io e lui ci incontrammo per la prima volta. Dove i nostri sguardi avevano iniziato a fondersi, a rafforzarsi, dove la mia vita era cambiata radicalmente.
Mi sorpresi della scelta di Harry, del perche’ con tutti i bar di Londra, mi avesse portato proprio qui. Ero certa che anche lui conoscesse bene il significato di questo luogo, ma non sembrava tenere cosi’ tanto a quel posto come me, e percio’ al mio stupore, si affianco’ la perplessita’.
Entrammo nel locale e ci sedemmo nello stesso tavolino dove si trovava lui l’ultima volta, e subito dentro di me un turbine di piacevoli ricordi mi invasero completamente la testa.
Sarei voluta restare li’ a fantasticare tutto il giorno, perdendomi nella loro bellezza, ma ne avevo gia’ una davanti a me in cui perdere ogni percezione. Inoltre avevo anche una “missione” da portare a termine: far emergere il vero Harry, e non potevo perdere altro tempo. Adesso avrei dovuto mettere da parte la mia timidezza e buttare fuori tutto il coraggio che non avevo mai avuto, e non vedevo l’ora.

“Perche’ mi hai portato… qui?” dissi titubante sull’ultima parola, incerta se concludere la domanda o meno, ma era giusto conoscere la risposta. Per me era importante.

Harry volto’ la testa verso di me sorpreso, probabilmente non si aspettava quella domanda, ma riusci’ a rispondere senza farmi attendere molto.

“ Questo e’ il mio bar preferito, ci vengo sempre e non ho la minima intenzione di andarmene”. Disse tagliente. “Perche’ me lo chiedi? Questo bar non e’ di tuo gradimento?” chiese quasi ironico.      
                                                                         
“Credevi ti rispondesse che era perchè gli ricordava il vostro primo incontro? Stupida Sophia. Stupida, stupida!” Pensai pentendomi di averglielo chiesto.

“ No, no e’ perfetto!” affermai raggiante cercando di giustificarmi.

Non dovevo permettere che le sue risposte scortesi mi ferissero. La sua era tutta una strategia, ed io sarei dovuta essere piu’ forte di quella copertura. Non dovevo piegarmi a quel suo intercalare forzato, dovevo dimostrargli che di me poteva fidarsi.

“Allora, Harry giusto?” Iniziai il discorso, fingendo di accertarmi che fosse quello il suo nome.   
“Si” mugulo’ teso. “ E tu Sophia, vero?”                                                                                                                                             
“Si” risposi sorridendo.

Era comico come mi avesse posto la stessa domanda per smorzare la tensione, anche se manteneva sempre un tono freddo.
Era così carino, dannazione.  

“ Dobbiamo iniziare questa breve intervista per il progetto, quindi direi di iniziare subito, cosi’ finiamo in fretta e sarai libero!” scherzai. 
“No, non sono per niente libero.” Affermo’ freddo. “Cioe’… ho un sacco di cose da fare una volta uscito da qui, dubito di avere realmente del tempo per me”.  Sembro’ giustificarsi con noncuranza. Era davvero strano, sembrava agitato.                                                                 
Esitai un attimo prima di continuare. “Ok. Allora e’ stato un bene che il tuo amico ha fatto iniziare proprio te, cosi’ dopo puoi dedicarti meglio ai tuoi impegni” cercai nuovamente di smorzare la tensione.                                                                                                                                      
“Gia’… una vera fortuna” mugulo’ beffardo.                                                                                                                                                                
“Non e’ cosi’?” aggrottai la fronte non capendo.                                                                                                                                              
“No. Dubito che Zayn lo abbia fatto per i miei impegni, ma per i loro semmai.” Affermo’ appoggiandosi allo schienale della sedia e prendendo il telefono in mano. “ Ha voluto mandare prima me perche’ ultimamente non sono sempre presente alle prove, e per paura che per colpa di queste mie assenze cadano tutti i loro progetti, ha preferito assicurarsi che almeno con quel fottuto sponsor ci fosse per certo anche il mio nome!”                                                                                                                                                        
Rimasi in silenzio. Non credevo che quel Zayn sarebbe capace di pensare solo a se stesso. Era evidente che lo aveva fatto per cercare di recuperare un rapporto con lui. Davvero Harry non riusciva a capirlo?

“ Capisco… ma lo ha fatto anche per il tuo bene.” Dissi quasi sussurrando. “E’ vero, è un qualcosa che serve alla band, ma forse a loro manca il tuo sostegno. E vogliono comunque mantenere il tuo nome se conseguono successi credo. Non vogliono escluderti nonostante tutto.” Cercai di convincerlo senza sembrare troppo invasiva o opprimente.          
“Stronzate. Nessuno sa davvero qual’e’ il mio bene.” Disse poi abbassando lo sguardo, pigiando i tasti sulla tastiera del telefono.

Mi si strinse il cuore. Possibile che si sentiva cosi’ impotente con il mondo? Io sapevo, invece, qual’era il bene giusto per lui e stavo cercando di darglielo. Ma era davvero difficile.                                                                                                            
Cercai di trovare le parole giuste per consolarlo, o semplicemente per cambiare discorso senza sembrare scortese e guardandomi nuovamente intorno, notai Harry fissarmi intensamente, come se mi stesse studiando. Io lo fissai a mia volta, ma con espressione interrogativa.

“ Non mi farai le solite domande dei giornalisti senza ritegno vero?” interruppe il silenzio.

Lo guardai confusa. Non capivo il motivo di quella premessa.

“ Non mi costringerai a dire una parte della mia privacy solo per farne una stupida copertina giusto? Perché se è così stai solo perdendo tempo. Ho gia’ avuto a che fare con giornalisti invadenti e non mi piace per niente. Risulta soltanto fastidioso fare un intervista e non rilascio un bel nulla.” Continuò apatico e quasi rassegnato a quella triste realtà.                     

Adesso capi’. Era soltanto spaventato. Temeva che gli potessi fare domande scomode sulla sua privacy alle quali non avrebbe saputo trovare una risposta. O che magari, avessi travisato a modo mio qualsiasi cosa avesse detto, creando finti scoop.   
Ora intuivo la sua premessa e mi ero decisamente convinta del fatto che lui fosse diverso da come si mostrava. Stava sicuramente parlando dello stesso articolo che avevo letto io la stessa mattina, e non potevo dargli torto. Quella copertina faceva vedere solo cio’ che si preferiva mostrare per un maggiore profitto: una fanatica pop star mondana, superficiale e spregiudicata, ma non era il vero Harry. Quello vero lo avevo davanti ai miei occhi esattamente in quel momento ed, involontariamente, mi aveva rivelato una sua debolezza.
Era questo che non avrebbe dovuto avere paura di mostrare, perché anche con queste sue fragilità, era ancora più bello. Se non di più.

“Stà tranquillo. Non ti faro’ nessuna domanda scomoda, se è questo che intendi. E’ un progetto giornalistico che devo consegnare al college, non devo mica pubblicarlo su un giornale?” Lo rassicurai.

Avrei voluto accarezzargli la mano, ma forse non voleva quel contatto troppo spinto, cosi’ evitai.     
   
“Meglio cosi’. Credevo iniziassi a farmi domande riguardo alle mie continue assenze alle prove, o peggio, sulla mia storia con Olivia. Di cui gia’ fin troppi giornali ne parlano abbondantemente. Sarebbe patetico aggiungere altro materiale per gli sfigati che vivono solo di questo” Disse guardando basso, addolcendo i lineamenti, quasi come se fosse sollevato dalla mia affermazione.

Mi guardo’ riconoscente e per pochi secondi, mi parve quasi di vedergli accennare un sorriso, ma probabilmente non appena si rese conto di quello che stava per fare, si corresse tornando subito serio. E fu un vero peccato non vedere quelle sue meravigliose fossette.

“Hai detto che studi al college, giusto?"
“Si… al London State”                     
“Mmmh… un buon college. Uno dei migliori, in realta’.”  Affermò sorpreso.  
"Gia’… ho vinto una borsa di studio per la lingua inglese, a seguito dei miei studi in giornalismo estero, e sono venuta qui. Non credevo fosse un college cosi’ prestigioso a dire la verita.” Dissi con nonchalance.

Era la prima volta da quando avevo conosciuto Harry, dove entrambi parlavamo tranquillamente senza avere a che fare con i suoi sbalzi d’umore o toni minacciosi. Anche se solo per cinque minuti. Ed era assolutamente meraviglioso.
Avrei voluto che il tempo non passasse mai. Mi sentivo come se stessi parlando con un amico di vecchia data.
Soltanto che io, di “quell’ amico”, me n’ero innamorata. 

“ Aspetta, hai detto borsa di studio?” affermo’ appoggiando i gomiti sul tavolo. “Non sei inglese?” sembrò sorpreso.  
Sorrisi. “No, sono italiana”.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        
Improvvisamente Harry porto’ la sua attenzione nuovamente sul telefono, non appena quest’ultimo vibrò, interrompendo il discorso.  In pochi secondi, un imbarazzante silenzio ci avvolse, rendendo tutto ancora più difficile.                                                                       
Stavamo tergiversando cavolo. Nessuno dei due voleva aprire un argomento specifico, ma allo stesso tempo, nessuno dei due voleva finirla lì ed andarsene. Dicevamo solo parole confuse senza concludere niente, e se lo avessi lasciato andare, senza fare ciò che mi ero prefissata, non me lo sarei mai perdonato. Stavano sfuggendo troppe occasioni e dovevo agire al più presto.
Cosi’ chiusi gli occhi, respirai profondamente e gli feci la domanda che aspettavo da tempo.

“ Harry…” sussurrai il suo nome.

Lui smise di fare quello che stava facendo, e mi guardo’ attentamente, aspettando la mia domanda.

“Da cosa stai scappando?” gli chiesi tutto d’un fiato.

Non credevo di riuscirci davvero, eppure lo avevo appena fatto. Mi sentivo liberata da un peso opprimente, da un cuore che batteva affaticato per colpa del dolore nei suoi occhi. Attendevo impaziente una sua risposta e il tempo sembrava essersi bloccato improvvisamente. Ero in ansia.  
Harry era letteralmente scioccato e mi fissava con occhi sbarrati. Le sue ridi si fecero di un colore più intenso, e fu lì che mi accorsi che stava iniziando a lottare di nuovo con i suoi echi interiori. E che quella mia improvvisa domanda, gli scatenò qualcosa. Avevo già una piccola risposta dentro di me, ma mi sarebbe piaciuto averne conferma da lui. Non volevo che si sentisse smarrito ed impotente come mi sono sentita io in passato, ero lì per lui.                                                                         
Respirò profondamente, stringendo i pugni. Non sapeva che dire. Probabilmente non gli era mai capitato di dover parlare con qualcuno di una cosa così intima e dolorosa. Magari io ero una sconosciuta per lui, ma entrambi sapevamo che qualcosa ci univa e questo bastava per creare un minimo di sicurezza oltre che fiducia. Attendevo ansiosa la sua risposta, i minuti erano interminabili. Vidi Harry pian piano ricomporsi, rilassando le mani e facendo svanire il verde intenso dalle sue iridi. E ritornò esattamente come prima, come se non fosse successo nulla.

“E tu?” mi chiese allo stesso modo, rigirando la domanda.

Rimasi spiazzata. Possibile che era riuscito a capire che anche io avevo un urlo soffocato? Possibile che mi aveva capito così tanto? Non mi aspettavo quel repentino scambio di ruoli. Non sapevo cosa rispondere. Andai nel panico.                                 
Stavo scappando da qualcosa, ma non avevo voglia di ricordarlo per l’ennesima volta. Ero venuta qui per cambiare pagina, per rincominciare da capo, per fuggire da una realtà troppo opprimente, e riaprire di nuovo quella parentesi mi faceva male.
Dovevo essere forte per lui, dovevo fare in modo che lui cedesse alle sue debolezze, non io. Io avevo da poco imparato a non parlarne, non potevo ferirmi con le mie stesse mani.

“ Te l’ho chiesto per prima” dissi abilmente, accennando un sorriso.

Lo vidi corrucciarsi. Non prevedeva questa svolta improvvisa. Probabilmente credeva di avermi messo alle strette, ma dovevo cacciare fuori il mio lato forte. Dovevo tenergli testa, e ci stavo riuscendo. Mi dispiaceva stravolgerlo così tanto, ma era per il suo bene, speravo soltanto che un giorno lo avrebbe capito. Ci guardammo intensamente, come se quel gioco intenso di sguardi non volesse perderlo nessuno dei due.                          
Come se entrambi volessimo crollare, ma non sapevamo chi dei due avrebbe dovuto farlo per prima.  
Improvvisamente una voce femminile chiamò Harry da dietro le mie spalle. Mi voltai e con mio stupore non era Olivia, ma un’altra ragazza.
Alta, magra, bella come poche. Occhi color nocciola, ma allo stesso tempo intensi, capelli castani ma lunghissimi. Era perfetta e fin troppo complice con Harry. Corse fra le sue braccia felice e gli diede un bacio sulla guancia, ignorando la mia presenza a quello stesso tavolo.                 
Era chiaro che i due non erano semplici amici, ma qualcosa di più… e la domanda mi sorse spontanea: Harry frequentava due ragazze contemporaneamente? La sua vita sregolata era sbagliata fino a questo punto? Il solo pensiero mi fece venire i brividi.
Non poteva essere davvero un donnaiolo spregiudicato, no, no. Ma allora perché ogni volta che lo ripetevo a me stessa avveniva sempre qualcosa che mi facesse sospettare del contrario? Dannazione, ero stanca! Avevo bisogno di riflettere, di trovare la giusta forza per continuare fino in fondo e per convincermi a resistere. Un attimo prima leggevo nei suoi occhi un grido d’aiuto implacabile, e subito dopo sembrava non ne avesse più bisogno. Cosa stava succedendo? Guardai quella ragazza avvinghiata ad Harry in maniera delusa, mentre lui cercava di levarsela da dosso, fissandomi quasi dispiaciuto.

“Impossibile, Sophia. Non può essere dispiaciuto che tu abbia assistito a questa scena, non farti strane idee.” Mi ripetei nella mia testa.

Dovevo andarmene. Forse non dovevo conoscere quella verità proprio quel giorno, non sarebbero mancate altre occasioni. E avevo soltanto una settimana per recuperare. Mi sentivo il terzo incomodo, ero di troppo. Così presi le mie cose e cercai di congedarmi.
Harry sembrava quasi sul punto di volermi trattenere, ma non ci riuscì perché lo precedetti sul colpo.

“Bhè, a quanto pare sembra che l’intervista debba essere rimandata!” dissi ironicamente. “Nessun problema, recupereremo un altro giorno.
Me ne vado”.

Mi alzai dalla sedia e li guardai un’ultima volta, dopodiché mi rassegnai al mio ennesimo fallimento.

“Ciao Harry” lo salutai malinconicamente, e senza dargli nemmeno il tempo di ricambiare, mi allontani uscendo dal bar.
Maledicendomi per aver permesso ad un altro ostacolo, di frapporsi fra noi.

***
 
Harry’s Pov

E’ delle persone troppo silenziose che devi avere paura Harry, soltanto di quelle. Aspettano solo il momento giusto per attaccarti e per renderti ciò che hai sempre temuto, ciò che non hai mai voluto essere. Prendono tutto di te, al punto di svuotarti e di renderti il nemico di te stesso“.

Mi rigirai tra le coperte agitato, al solo pensiero di quelle parole.

 “Vedrai che un giorno troverai qualcuno disposto ad amarti per ciò che sei. E se sta tardando così tanto ad incontrarti, è perché, forse, da qualche parte del mondo ti sta cercando disperatamente”.

Pensai tra un sogno e l’altro. E subito, mi venne in mente Sophia. Iniziavo a sentirmi già più tranquillo.

“E’ per la nostra carriera cazzo! Da quando non te ne frega più nulla?”

Mi corrucciai. Ecco che sentivo di nuovo quella scomoda sensazione di oppressione.

“Non ti riconosco più. Non sei lo Stesso Harry di prima. Chi sei adesso? Perché io non ne ho idea!”

Mi rigirai dall’altra parte nervoso, mettendomi un cuscino sulla testa. Come se facendolo, potessi impedire ai pensieri di vagare nella mia mente.
Che mi stava succedendo? Non riuscivo a dormire. Non riuscivo a tranquillizzarmi.                                                                          
Avevo come un senso di angoscia, di sensi di colpa e di frustrazione che non mi lasciavano più andare via. Perché ad un tratto mi facevo tutti questi problemi cazzo? Mille frasi si erano insediate dentro di me e mi martellavano in testa, impedendomi di conciliare il sonno. Era davvero snervante. Sospirai pesantemente, non sapevo che fare. Provai a rilassarmi, a non pensare più a nulla, azzerando ogni pensiero o preoccupazione. Cercavo di concentrarmi solo sul silenzio attorno a me.

“Da cosa stai scappando?”

Spalancai gli occhi, girandomi in modo tale che il mio viso fosse rivolto il soffitto.                                                                                  
Credevo che il cuscino mi aiutasse, e invece non era servito a un bel nulla. Credevo che il silenzio mi permettesse di rilassarmi, e invece innescava ancora di più i miei echi interiori. Iniziai a sudare al solo pensiero di quella frase. Iniziai ad agitarmi come non mai, se riflettevo sul fatto che ero ad un passo così dal far saltare tutto. Mi alzai di scatto.                                                                                                                                    
Mi ritrovai seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla spalliera, inerme di fronte a tutti quei pensieri. Inerme di fronte a quella stanza improvvisamente troppo grande. I ricordi sembrano riccheggiare ancora più prepotentemente, potevo risentire quelle frasi nella mia mente, esattamente come pochi secondi fa.
Mi guardai intorno, portai entrambe le mani alla testa ed urlai, urlai come non mai. Urlai per scacciare i pensieri, per mandare via tutto lo stress e la frustrazione. Urlai, perché era l’unica cosa che potevo fare. Riportai le braccia sul materasso stringendo le lenzuola nei miei pugni, e ancora affannando, cercai di ricompormi dopo quel mio sfogo liberatorio.    
Mi sembrava di essere solo contro tutti. O meglio, ero solo ancora una volta, a lottare contro me stesso. O forse no?                        
Ero confuso. Non sapevo più chi ero, cosa provavo, cosa dovevo fare. Mi ero lasciato trasportare dal mio stesso turbine di insicurezze… nonostante avessi provato a restarne fuori.
Ma da quando avevo incontrato Sophia, la strada verso il ritorno di “casa” sembrava essere più vicina di quanto pensassi.
Sembrava che il vero me non fosse poi così male, sembrava che tutte le cose brutte non avessero più importanza. Eccetto una: la sua faccia delusa non appena vide Cassidy avvicinarsi verso di me ed abbracciarmi, interrompendo bruscamente la nostra prima conversazione vera e propria. Proprio quando stavo iniziando a sentirmi a mio agio con lei, nonostante la domanda profonda che mi avesse fatto. Cassidy mi abbracciò e gli occhi di Sophia si spensero. Il suo sorriso si frammentò, e stranamente anche qualcosa dentro di me. Volevo assicurarle che nemmeno a me era piaciuta quella interruzione, che nemmeno io volevo che Cassidy s’intromettesse in quel momento… “magico”.
Avevo provato a dire qualcosa, a salutarla almeno, ma non ne ebbi il modo. Mi sarei voluto prendere a schiaffi. Inutile dire che non appena Sophia varcò l’uscita, strattonai Cassidy bruscamente, incenerendola con lo sguardo. La risposi poco elegantemente e me ne andai lasciandola blaterare alle mie spalle e non dando molta importanza a cosa mi stesse dicendo. Avevo altre cose a cui pensare, o meglio persone. E non mi era mia capitato di pensare così insistentemente ad una persona come mi stava accadendo ultimamente.
Sorrisi a quel pensiero, e mi sorpresi di quel gesto spontaneo. Avevo dimenticato come si facesse. Non lo facevo da un bel po’.
Ma con Sophia, molte cose che avevo dimenticato, mi erano ritornate in mente, ed era davvero strano.
Mi resi conto che stavo diventando un pappamolle, l’ identico Harry che stava per commettere lo stesso fatale errore di sempre: credere che le persone avessero ancora qualcosa di buono. E non potevo permetterlo ancora.
Mi alzai dal letto riluttante, dirigendomi verso il bagno per una doccia veloce. Avrei raggiunto i ragazzi non appena avessi finito, e ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo, prima che accadesse. Uscendo dalla stanza ripensai se valesse ancora la pena innalzare la mia copertura anche con Sophia.
Non ero sicuro di quello che stessi facendo, ma per adesso era l’unica cosa che potevo fare. Anche se con lei, in me, tutto sembrava vacillare.

***

Entrai all’Old Hannings distrattamente. Non sapevo a cosa stavo pensando, ma quella mattina, nonostante mi fossi svegliato di soprassalto per colpa di una sorta di incubo, stranamente non ero di pessimo umore e volevo godere di quella rarità. Forse era un giorno particolare, chissà. Mentre mi addentravo nell’auditorium vidi Louis e Niall venirmi incontro precipitosamente, quasi come se avessero urgenza di dirmi qualcosa. Speravo davvero non fosse nulla di brutto, altrimenti del mio buon umore sarebbe rimasto ben poco.

“Harry!” dissero all’unisono raggiungendomi.                                                                       
“Ragazzi” dissi indifferente. “è successo qualcosa?”                                                                                                                                                       
“Non esattamente”.

Quando odiavo le risposte vaghe. Era così difficile rispondere si o no? Mi stavano facendo preoccupare.   
     
“Che cazzo significa ‘non esattamente’?” risposi leggermente alterato.                                                                                      
“Nulla. E’ venuta una ragazza mora mezz’ora fa che cercava te. Ha detto di chiamarsi Cassidy e aveva una cosa da chiarire con te”. Affermò Niall confuso.

Oh no. Mi avrebbe rotto le palle tutti i giorni assillandomi con le sue chiamate? Sicuramente voleva una spiegazione riguardo al comportamento rozzo che ho avuto con lei ieri, ma non ho voglia di darle spiegazioni, né tantomeno di sentire le sue lamentele. Allo stesso tempo, sentivo ritornarmi quella scomoda sensazione di angoscia, e mi resi conto che mi sentivo in colpa per aver permesso a Sophia di andare via, senza almeno scusarmi. Dovevo mettere fine a quella conversazione, non mi piaceva come mi stavo sentendo.

“E’ tutto ok? Cosa vuole da te quella ragazza?” continuò preoccupato. “Sembrava un po’ alterata”    
“Già. E soprattutto… chi è?” s’intromise Louis. “Non ti stavi frequentando con Olivia tu? Lei è una nuova fiamma?” disse scherzando.

Ma a me quel tono scherzoso sulla mia vita privata, mi urtava parecchio.      

“Nessuno di importante. Nulla che vi riguardi” risposi indispettito. “Grazie per avermi avvisato” dissi quasi imbarazzato e li oltrepassai non dandogli modo di controbattere.

I miei nervi erano stati messi a dura prova fino ad adesso, ma non volevo alterarmi l’umore. Non volevo ricadere di nuovo in quel discorso.
I miei passi si fermarono non appena vidi Sophia a pochi metri da me mentre parlava con Zayn e Liam. Erano seduti in fondo alla fila di sediolini e probabilmente stavano rilasciando l’intervista. La stessa intervista che non avevo avuto modo di concludere, o meglio, iniziare.
Fui sollevato nel vederla, magari avrei potuto chiarire le cose. Sentì una strana sensazione allo stomaco, ma non me ne curai, probabilmente era la fame. Mi sedetti poche file dopo la loro, giocando con il cellulare. Louis e Niall mi raggiunsero dopo pochi minuti e fortunatamente, non erano intenzionati a riprendere il discorso di prima. Parlarono con me del più e del meno, e anche questo, non lo facevo da un sacco di tempo.
Mi ero dimenticato di quanto fosse piacevole stare in loro compagnia, o forse non volevo ricordarlo, per la paura che anche questo, potesse farmi vacillare.                                                        
Improvvisamente Sophia si alzò dalla sua postazione, sorridendo a Zayn e Liam e si allontanò da loro prendendo il telefono dalla borsa. La guardai insistentemente, sperando che mi guardasse e mi sorridesse, almeno avrei avuto un buon pretesto per raggiungerla e per recuperare lo spiacevole inconveniente di ieri. Aspettai qualche secondo ma nulla. Ne aspettai altri, ma ancora niente.
Così decisi di rinunciarci, a malincuore… ma qualcosa mi costrinse a non staccare i miei occhi da lei: vidi gli occhi di Sophia sgranarsi di fronte al display, la sua bocca si dischiuse e istintivamente si portò una mano davanti ad essa come per coprirla. Aveva un’espressione sconvolta, era letteralmente sotto shock, sembrava terribilmente preoccupata ed improvvisamente iniziò ad ansimare pesantemente.
Iniziai a spaventarmi, cosa le stava succedendo? Cosa aveva letto sullo schermo di quel maledetto telefono che l’aveva sconvolta così?  Tesi la mascella angosciato. Anche i ragazzi si accorsero del suo malessere, e la fissarono preoccupati.
Dopo pochi secondi s’inginocchiò sul pavimento, tenendo sempre il telefono ben saldo nella sua mano. Spostò lo sguardo in un punto non identificato e potei leggere nei suoi occhi il terrore, la sofferenza, un senso di smarrimento non indifferente. Sapevo come si sentiva, sapevo cosa stava provando e non era affatto una bella cosa. La sua silenziosa agonia, dentro il mio cuore urlava così tanto al punto da perforarmi il petto, e stavolta, fui io che riuscì a percepire il suo urlo soffocato. E faceva tremendamente male.                                                                                                           
Sophia iniziò a tremare convulsivamente e fu solo allora che i ragazzi si allarmarono definitivamente. Io a quel punto scattai all’in piedi, buttando il telefono non so dove e corsi verso di lei, incurante di qualsiasi altra cosa.

“Sophia che succede?” le chiesi notevolmente agitato una volta arrivato da lei, poggiandole una mano sulla sua spalla. Ma nulla, non mi diede una risposta.

Continuava a guardare il pavimento in maniera smarrita e vidi i suoi occhi inumidirsi e offuscarsi allo stesso tempo. Soltanto allora guardò me, e stava urlando di essere salvata. Sentì le mie gambe non reggere più il mio corpo, e mi resi conto che stavamo tremando insieme, nello stesso preciso momento. Scelse me per quel compito, ed io non potevo esserne più felice. Avrei voluto gridarle un grazie a carattere cubitali, avrei voluto consolarla, rassicurala, ma non sapevo cosa dire.
L’abbracciai più forte che mai. La strinsi a me più forte che potevo. Volevo che percepisse il mio calore, la mia presenza, il mio supporto. La sentì piangere sulla mia spalla, e mi venne da stringerla ancora di più. Mi si strinse il cuore a vederla così fragile, era talmente debole che avrei potuto spezzarla. Ma io la salverò, solo io potevo aiutarla, perché solo io sapevo cosa stava provando.                                            
Dovevo scoprire da cosa stava scappando e ci sarei riuscito ad ogni costo, forse era arrivato il momento di rivelarle da cosa stavo fuggendo io innanzitutto, e se poteva aiutarla, lo avrei fatto.

“Stà tranquilla” Le sussurrai con voce tremante. “Non piangere, ti prego, adesso ci sono io con te”. Conclusi annullando ogni distanza, abbandonandomi tra le sue braccia, ed accertandomi che anche lei facesse lo stesso.

E per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sentì esattamente dove dovevo stare.



Writer's Pov.
Ta daaaaan! Il capitolo piu' lungo di sempre! Ho trascorso giorno e notte a scriverlo e ne sono davvero orgogliosa! Questo e' in assoluto uno dei miei capitoli preferiti, e l'avro' riletto un dieci volte, talmente che non riuscivo a farne a meno. Non so ma questo capitolo e' cosi' pieno d'amore... cosi' maledettamente surreale.
Finalmente Harry sta iniziando a capire quanto gli manchino le cose che faceva prima, finalmente si sta rendendo conto di quello che prova per Sophia, e nel finale, si note chiaramente! Adesso dovra' decidere che cosa fare di questo sentimento profondo e nuovo che prova verso di lei... lo ascoltera' o lo mettera' a tacere per non far saltare il suo cambiamento? Non sara' facile per lui, ma speriamo faccia la scelta giusto. La parte finale di questo capitolo, mi ha fatto battere forte il cuore, spero anche a voi.
E di Sophia? Che mi dite? Vi aspettavate quella domanda? Vi aspettavate tutto quel coraggio da parte sua? Ma soprattutto, cosa nasconde Sophia? Cosa e' successo che l'ha fatta sentire male? Harry le rivelera' da chi o da cosa sta scappando? Taaaante taaaaante domande, chissa'. Ho seguito il consiglio di una ragazza che mi ha recensito, e ho messo il punto di vista di uno dei ragazzi , precisamente quello piu' vicino ad Harry, e ho scelto Zayn, che tra loro ci sono stati un bel po' di scontri. E bene che dicesse anche la sua. Speriamo che vi abbia chiarito le idee e che vi abbia fatto capire alcuni tasselli della storia. Ormai sta prendendo forma e dovranno accadere ancora molte cose. :) Scusate se ho aggiornato tardi, ma come ben sapete, la scuola rincomincia e sono stata sommersa dai compiti T.T ma adesso eccomi qui, e dato che per me e' un capitolo molto speciale, spero che lo leggerete e recensirete in voi. Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! Un bacio grandeee! :*
- Alex.


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274429
 
 

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Capitolo 7
*** Con te non ho paura. ***


                                                   



Sophia’s Pov

Ero ancora ben stretta tra le braccia di Harry sperando che quel triste momento, paradossalmente, non finisse mai. Perché soltanto con lui al mio fianco ero felice. Ed annullavo ogni forma di dolore. Eravamo così vicini, ed io, nello stesso momento, sentivo tutti i mali allontanarsi. Ero ben stretta a lui, ed il mondo sembrava fermarsi. Ero ben stretta a lui, e finalmente, mai prima d’ora, ebbi la conferma del fatto che lui fosse la mia ancora.
Perché non esisteva male più male che poteva resistere ad un suo abbraccio, ad un suo sguardo, ad una sua stretta di mano.
Si disintegravano in mille pezzi, e adesso, ero certa che Harry avrebbe calpestato tutti quei frammenti al posto mio, per proteggermi, pur sentendo molto dolore.         
Era esattamente come credevo: una persona su cui poter contare, perché non ti avrebbe lasciato mai cadere. E fui grata del fatto che adesso, non aveva lasciato cadere me. Era strano che lui facesse tutto questo. Ci conoscevamo appena, non sapeva ancora nulla di me, né io di lui… eppure anche per lui quella nostra intesa bastava più di qualunque cosa. Anche per lui il nostro inspiegabile e surreale legame era speciale, anche per lui forse le mie braccia erano rassicuranti, e questo mi fece sorridere. Improvvisamente mi sentivo più leggera, quel suo gesto spontaneo ed inaspettato mi aveva tranquillizzato, mi aveva fatto bene. Tremendamente bene.
Smisi di tremare non appena portò le sue braccia attorno la mia vita, ma ripresi a tremare di nuovo, non appena i suoi occhi incontrarono disperatamente i miei
. E mi penetrarono, annullando ogni barriera. Per la prima volta, da quando l’avevo incontrato, lo sentii più vicino che mai. E capii che lo amavo più di quanto pensassi, e ne ebbi conferma, non appena il suo tocco sembrò sollevarmi sin dal primo istante.
In quei minuti orribili, dove tutta l’oscurità sembrava essersi fatta spazio su di me, Harry era venuto a salvarmi, riportando la luce. Era stato in grado di placare i miei tristi ricordi e di leggermi dentro meglio di chiunque altro. Ero crollata sulla sua spalla per disperazione, sofferenza, paura, gioia… per una serie di tante emozioni messe insieme, ma sicuramente se in quelle lacrime c’era un solo briciolo di gioia, era solo per lui, e per quello che aveva appena fatto. E di come aveva preferito saltare tutte le tappe e la sua copertura, per venire a consolarmi. Di come aveva abbandonato tutto, per venire da me.
Tutto il dolore si affievolì non appena cercò di proteggermi premurosamente nella sua stretta, e anche se attorno a me sapevo c’erano anche gli altri ragazzi preoccupati per le mie condizioni, se c’era Harry al mio fianco, stavo bene. Ma bene per davvero.

"Stà tranquilla, adesso ci sono io con te" ripensai mentre stringevo nel mio pugno un lembo della sua maglietta, quasi come per impedirgli di staccarsi, e sentì il mio cuore uscire fuori dal petto. E di quella frase ne feci la mia ninna nanna. La mia scappatoia per smettere di piangere.

Ero felice per la svolta che era appena avvenuta. La svolta che aspettavo da molto tempo. Ero felice perché il nostro rapporto ormai, era cambiato, migliorato, e non saremmo potuti tornare indietro. Ci eravamo capiti, e adesso che avevamo donato all’altra una parte di noi, nessuno avrebbe mai potuto dividerci davvero. I nostri dolori erano stati la nostra forza, il nostro punto d’incontro e fusione. Ma perché ad ogni felicità deve accostarsi la sofferenza? Probabilmente non spettava a me trovare una risposta, né tantomeno scoprire cos’era davvero questa felicità. Ma se avessi potuto darci una definizione, le avrei dato il nome di Harry.
Queste mie lacrime avevano trovato il giusto conforto e non lo avrei ringraziato mai abbastanza, per avermi impedito di crollare più di quanto non stessi già facendo.
Con lui ogni sofferenza trovava sollievo. E non appena me ne resi conto, lo strinsi ancora di più a me. Restammo abbracciati per qualche minuto, ma a me parve un’eternità. Tutto intorno a noi era sospeso, e potevo percepire la preoccupazione nell’aria e nei volti dei ragazzi. Dopo poco ci staccammo lentamente, ritrovandoci faccia a faccia e pericolosamente vicini, troppo vicini. I nostri occhi si fissavano intensamente, senza mostrare nessun segno di resa. Brillavano di una luce nuova, più luminosa delle stelle. Eravamo avvolti dal silenzio, ma non esisteva silenzio più rumoroso e rivelatore di quello.
Ci trovammo immersi in una bolla di sapone invalicabile - soltanto nostra - e ormai la distanza tra noi, si stava annullando ancora una volta. Senza mai abbassare lo sguardo, i nostri visi si avvicinavano sempre di più al punto da sentire i nostri reciproci respiri sulle nostre labbra. Il momento fatidico era imminente. La magia stava per ritornare, le scintille riaccendersi. Il mio cuore riprese a battere precipitosamente mentre adesso, le nostre mani, ero ben strette l’una nell’altra. Tutto sembrava voler incalzare il realizzarsi di quello che stava per accadere, ma una voce in lontananza distrusse tutto in un secondo, facendoci allontanare di scatto.

"Sophia stai bene?" disse Zayn toccandomi una spalla.

Sentivo le mani di Harry stringere ancora di più le mie, quasi come per rassicurarmi. Potevo percepire il suo sguardo su di me, sapevo che anche lui, aspettava una mia risposta. Immediatamente mi guardai attorno, non sapevo cosa dire, cosa rispondere. Non mi sentivo pronta a rivelare tutto proprio in quel momento, lì davanti a tutti. Tutto quel pensare, mi fece di nuovo rendere conto di quello che era appena successo, ed immediatamente tutta la rassicurazione che mi aveva trasmesso Harry, tutta la felicità e la serenità svanirono repentinamente. Ecco che un senso di angoscia ed oppressione si facevano di nuovo spazio dentro di me, provocandomi un groppo in gola. Stavo per ri-crollare, ma non potevo permetterlo, si sarebbero soltanto preoccupati di più.

" Ti abbiamo visto piangere e tremare, eri piuttosto sconvolta" continuò Liam "Ci siamo preoccupati". "S-sto bene grazie, è tutto apposto" mentii.

Probabilmente si aspettavano almeno che spiegassi loro cosa fosse successo, ma ritenevo inutile mentire e cercare scuse stupide per tergiversare. Così rimasi muta sperando che, in un certo senso almeno, quello bastasse come spiegazione. Si guardarono perplessi, ma nonostante ciò, decisero di non infierire, accettando il mio silenzio. Harry continuava a mantenere il suo sguardo fisso su di me, come se cercasse di capire qualcosa di più, come se cercasse di leggermi dentro anche stavolta, ma non so se ci stava riuscendo. Perché nemmeno io sapevo a cosa pensare precisamente. Di sicuro con lui, non avrei potuto fingere, ma avrei aspettato un po’ di tempo prima di rivelargli tutto. Non volevo caricarlo anche dei miei problemi, ero qui per lui, non per me.
Sentivo lo sguardo compassionevole di tutti su di me, ed iniziavo a sentirmi a disagio. Iniziavo a realizzare quello che era appena successo, ed i ricordi scorsero alla rinfusa nella mia testa. E facevano male, uno ad uno. Non potevo restare ancora lì, mi mancava l’aria, avevo bisogno di andarmene.
Riluttante staccai le mie mani dalle sue e mi alzai sistemandomi la tracolla della borsa. I suoi lineamenti si corrucciarono, quasi dispiaciuti da quel mio distacco, e anche lui si alzò, ma senza mai allontanarsi da me.

"Scusate ragazzi, i-io non ce la faccio. D-devo andare" dissi portandomi una mano alla bocca cercando di attutire la mia voce tremante minacciata dal pianto.

Mi girai di scatto ed iniziai aumentando il passo e poi correndo. Cercando di scappare via da tutto questo, da quel passato che sembrava in seguirmi con il mio stesso passo. E non riuscivo a sconfiggerlo.

"No! Aspetta!" sentì la voce di Harry in lontananza, ma feci finta di non sentirlo e continuai a scappare.

Mi stava inseguendo disperatamente e quel suo gesto così dolce non fece altro che attanagliarmi il nodo allo stomaco.

"Sophia!"esclamò di nuovo Harry, stavolta più vicino. Fin quando non sentì la sua mano prendere la mia, facendomi fermare all’istante.

Lui era lì di fronte a me, ancora con il fiatone per quella corsa che aveva fatto solo per me e sentì il mio cuore diventare più leggero. Lui era lì di fronte a me, con i capelli arruffati, le guance leggermente arrossate, gli occhi di un verde intenso, e con la sua mano ben salda alla mia… ed era bellissimo. Lo guardai intensamente, quasi come per ringraziarlo di avermi rincorso spontaneamente, solo per non lasciarmi andare via. Lo guardai intensamente, era stanco, felice, spaventato e preoccupato, ed io m’innamorai di nuovo di lui.

"Non ti lascio da sola" mi sussurrò in un orecchio dolcemente allontanando la sua mano "non voglio che te ne vada via così" continuò con un tono ancora più basso, che sentii a stento, ma non appena realizzai quello che disse, mi sentì sciogliere.
Senza il suo tocco mi sentivo persa. Avevo bisogno di quella mano, avevo bisogno di lui per restare in piedi.

"G-grazie" riuscì solo a sussurrare, ma quella mia voce tremante, era per lui più che una conferma della mia sincerità.

Avrei dovuto ringraziarlo per tante cose, ma ora come ora, non trovavo le parole giuste.

" Andiamo?" disse sorridendomi e sfiorandomi appena la schiena. I miei occhi si illuminarono.

Dovevo ammettere che era strano per me vederlo così. Era completamente diverso da come lo avevo conosciuto. Se non fossi certa che fosse realmente lui, avrei creduto che fosse un’altra persona. Fissai i suoi occhi nei miei, mentre lui attendeva impaziente di andarsene con me. Magari lontano, magari per sempre.
A quella mia folle fantasia, scrutai di nuovo la sua espressione speranzosa e, ricambiando il sorriso, decisi di seguirlo fiduciosa.

"Si" annuì accennando un sorriso, cercando di placare tutto il casino dentro di me.

Uscimmo dall’auditorium in silenzio, mentre io continuavo a pensare al messaggio che mi era arrivato sul telefono, causando tutto questo spiacevole inconveniente. Ma cercavo di far affievolire quel pensiero e di concentrarmi solo su di noi, in quel momento.

 

Harry’s Pov

Non potevo permettere che se ne andasse di nuovo. Volevo recuperare con lei, e lo avrei fatto nel modo migliore. Oltretutto, adesso era troppo triste e debole per lasciarla andare da sola, volevo soltanto stare vicino a lei, a sorreggerla ancora un po’. A consolarla, a non farla sentire sola, come invece, mi ero sentito io quando accadevano anche a me momenti come quelli. Quello che era appena successo tra me e lei era stato qualcosa di meraviglioso e non poteva essere ignorato. Era avvenuto, era esistito, perché noi due esistevamo, l’uno per l’altra. Così come esisteva un legame tra noi due, e non l’avrei cambiato per nulla al mondo.
Quando l’avevo abbracciata mi ero sentito… vivo. Per tutto questo tempo ero come imbalsamato in una realtà non mia, ero imprigionato nelle vesti di una marionetta incastrata nei suoi stessi fili. Ma lei mi aveva aiutato a scioglierli. Non sapevo spiegare come fosse possibile, ma quando stavo con lei, tutto scompariva e assumeva una luce nuova. Crollava ogni copertura, ogni barriera, ogni giornalista, ogni ansia, ogni paura. Si, con lei non avevo più paura, e dopo quello che era successo oggi, mi ero ufficialmente convinto del fatto che non avrei mai più usato la mia copertura con lei. Sarei stato me stesso in tutto e per tutto, perché adesso ero certo che, in lei, la mia anima era al sicuro, così come il mio cuore. Mi sentivo davvero strano.
Quando ero con lei, ero sempre inspiegabilmente contento e sentivo uno strano calore nel mio stomaco. Odiavo vederla triste come oggi e, a modo mio, avrei cercato di farla stare bene. Non sapevo perché stavo facendo tutto questo, ma agivo d’impulso. Ed io oggi, non avevo intenzione di lasciarla tornare a casa, finchè non avremo parlato per bene, come avremmo già dovuto fare da un po’. Non appena uscimmo dall’Old Hannings mi voltai verso Sophia per accertarmi che stesse bene. Era molto silenziosa, e sapevo perfettamente a cosa stesse pensando. E mi si strinse il cuore.

"Come stai?" chiesi titubante avvicinandomi a lei, tenendo il passo, e sfiorandole il braccio.

Mi sentì così stupido a farle quella domanda, ma anche se sapevo la risposta, avevo bisogno di guardarla negli occhi mentre mi rispondeva. Dovevo accertarmi di come stesse.

"Bene" biascicò debolmente tenendo lo sguardo sempre basso, sempre così perennemente distratto a pensare qualcosa. E questo non faceva altro che farmi sentire più distante da lei, come se avesse eretto una barriera che non riuscivo sa distruggere, e quella sensazione mi fece sentire perso.

Sapevo che quel "bene" era una bugia, ma volevo che fosse sincera con me. Mi fermai prendendole il braccio, in modo che potesse farlo anche lei. Ci ritrovammo uno di fronte all’altro, con gli occhi lucidi, e ci guardammo intensamente, come se non ci trovassimo nel bel mezzo di un marciapiede affollato di London Street. Portai le mie mani sulle sue spalle, come per darle stabilità e per accertarmi che non se ne andasse, senza mai staccare il mio sguardo dal suo. Quei suoi meravigliosi occhi celesti mi annegavano cavolo.

" Sophia… non mentirmi, so che non stai bene" dissi guardandola con sguardo fisso e preoccupato. "Conosco quello sguardo perso, so cosa stai provando, e non stai bene, lo so"

Lei continuava a guardarmi esitante, forse aspettava soltanto che io continuassi a rassicurarla.

" Vorrei solo che ti fidassi di me" continuai poi con gli occhi lucidi.

Se non fosse stata per la mia copertura del cazzo forse lei adesso si fiderebbe senza troppe esitazioni. Sentivo di averla allontanata con questa mia stupida finzione, ma non volevo questo. Volevo solo che mi stesse vicino, che si confidasse, che si sentisse tremendamente bene con me, proprio come mi ero sentito io con lei per tutto questo tempo. Lei mi accarezzò il braccio come per confortarmi, e sorrise teneramente, ed io la imitai.

" Io mi fido di te" disse a voce bassa e mi sentì come se potessi conquistare il mondo. "Solo che non me la sento di parlare di quanto è appena successo. Non ce la faccio a dire da cosa sto scappando, non ancora" si giustificò dispiaciuta, mentre ritornammo a passeggiare sul marciapiede.

Anche se speravo che mi confidasse tutto, riuscivo a comprendere la sua riservatezza. Anche io quando stavo male così tanto, non volevo parlarne con nessuno. Preferivo restare in disparte e soffrire da solo, gestire tutti i miei problemi senza l’aiuto di nessuno. Ma se ne avesse avuto bisogno io ero lì, per lei. L’avrei aspettata. Mi ispirava così tanta fiducia, sapevo che avrebbe tenuto al sicuro qualsiasi mio segreto.
Ed ero pronto a dirle tutto di me, perché con lei provavo qualcosa che non avevo provato da tempo. Eppure mi mancava tanto.

"Però se vuoi io sono sempre disposta a sapere da cosa stai scappando tu" sorrise scherzando, riferendosi alla domanda che mi fece al bar ieri. "anche tu puoi fidarti".

Ed io non me lo lasciai ripetere due volte.

"Da me stesso" dissi senza accorgermene. E non credevo che ci sarei riuscito davvero ad entrare nel discorso.
"Eh?" esclamò lei confusa guadandomi allo stesso modo.
"Sto scappando da me stesso" ammisi guardando basso. E risentì quelle parole riecheggiare nella mia testa.

Lei rimase in silenzio. Non sapeva che dire e la comprendevo. Non capitava tutti i giorni di incontrare un ragazzo che cercava di scappare da se stesso. Che lottava per sconfiggere il suo posto sbagliato nel mondo.

"S-stai scappando da te stesso?" ripeté incredula.
"Si. Ieri mi hai fatto una domanda… e non ho potuto risponderti, anzi, non volevo, perché avevo paura di ammetterlo. Ma meriti una risposta, ed io voglio dartela"
"Perché adesso hai deciso di dirmela?" Chiese in tono comprensivo.

Esitai prima di risponderle. Stavo lottando con il mio cuore. Stavo cercando di controllarmi, perché altrimenti avrei rischiato di dirle tutte quelle parole di cui nemmeno io sapevo l’esistenza. E di cui mi spaventavo anche.

"Perché con te non ho più paura" dissi tutto d’un fiato. E rimasi sconvolto dalla repentinità con cui ammisi quel che provavo.

Sophia dischiuse la bocca sorpresa, ma subito dopo sul suo viso si fece largo un enorme sorriso, che le illuminò il volto, e che illuminò anche il mio. I suoi occhi si fecero di un colore più intenso, ed improvvisamente sembrava quasi che nemmeno lei avesse più paura. Come se con quella mia frase, tutti i problemi e la sofferenza le fossero scivolati addosso. Non disse neanche una parola, ma quella sua felicità trattenuta, era già tutto quello che mi bastava sentire.

" Non so perché ma con te non ho più paura di esprimere quello che sento. Non so spiegartelo, ma dal primo momento in cui ci siamo incontrati, sapevo che potevo fidarmi di te. Che non aveva senso mostrarti la parte fasulla di me. Che potevo mostrati la vera parte di me." Continuai con il cuore a mille. "E sono felice che ogni volta che ti guardo negli occhi, la mia fuga da me stesso si interrompe. E’ bello avere, finalmente, una figura femminile al mio fianco di cui posso fidarmi. Perché so che non mi tradiresti mai".
"Si, è vero. Puoi fidarti di me. L’ho capito sin dal primo momento che eri diverso da come ti mostravi agli altri. Non so, ma l’ho capito guardandoti negli occhi." Sorrisi come un ebete. " E sono felice che finalmente tu abbia fiducia in me e che vuoi confidarti… io sono qui per te."

Sentire quelle parole mi fece bene. Anche se io e lei ci conoscevamo appena, sentivo che potevo chiacchierare con lei come se fosse un’amica di vecchia data. Anche se non sapevamo nulla, l’una dell’altro era come se la conoscessi da sempre.
Questa nostra particolare e surreale intesa aveva sempre reso il nostro rapporto speciale. E non sapevo nemmeno chi ringraziare per tutto questo. La presi per mano sussurrandole un debole ‘vieni con me’ e ci avvicinammo all’entrata di un parco di fronte a noi. Se dovevo aprirmi con lei, volevo farlo nel posto migliore. Nel mio adorato parco.
Raggiungemmo una panchina sotto una grande quercia, la cui chioma faceva ombra tutt’intorno. Il prato era di un verde accesso e costellato di fiori colorati, che rendevano quel luogo confortevole ed accogliente. Adoravo quel posto, era il mio rifugio.

"Vieni, sediamoci qui" le dissi prendendo posto sulla panchina, e lei fece lo stesso. "Ti piace?" le chiesi riferendomi al parco.

Lei si guardava intorno estasiata, adesso era raggiante. Ed ero felice di essere riuscito a farla sorridere, facendole dimenticare i suoi problemi per un po’.

"E’ bellissimo!" esclama su di giri. "Adoro i parchi in fiore. Io sono nata in primavera e ho sempre amato questo genere di cose"
"Mi fa piacere. Anche io adoro questo posto. Ci venivo sempre da piccolo. Ha un grande significato questo parco per me, qui ho trascorso i momenti più significativi della mia vita." Affermai incrociando le gambe e portando un braccio sulla spalliera della panchina. "Sono venuto qui per dare il mio primo bacio, per comporre la mia prima canzone, per creare la band con i ragazzi, per calmarmi prima di ogni concerto."
"Davvero? Avete creato l band qui?"
" Si. Io e Zayn ci conosciamo da una vita ed era sempre stato il nostro sogno fare una band. Poi conoscemmo Liam, Niall e Louis e non ci volle molto per intuire che noi cinque saremmo stati perfetti per realizzare questa nostra ambizione. Me ne rendevo conto da come venivamo qui a fare i cretini e tutti ci guardavano divertiti, ma non ce ne curavamo. Eravamo una squadra perfetta ed è sempre stato questo il segreto della nostra amicizia." Sorrisi a quei ricordi. "Spesso ci riunivamo qui per scrivere canzoni e fu lì che decidemmo tutti insieme di mettere su una band e di rischiare tutto. Eravamo solo dei ragazzini pieni di sogni…"
"… eppure siete riusciti a realizzarli tutti" continuò lei sorridendomi e levandomi le parole da bocca. Sorrisi anche io.
" Gia. Questi ricordi riescono sempre a farmi sorridere"
"Allora dovresti pensarci più spesso. Sai, sei più bello con quelle fossette in mostra piuttosto che con quel viso imbronciato" scherzò lei toccandone una giocosamente.

Era incredibile come stessi in pace con me stesso, quando ero con lei. Ero così felice che sarei potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro.

"Questo posto però ha visto anche i momenti più particolari e difficili della mia vita. Spesso, sono venuto qui anche per affrontare le delusioni amorose con forza e speranza, per trovare un modo per uscire da questo tunnel senza via d’uscita e per pregare di trovare la ragazza giusta." Dissi cambiando discorso e guardando verso di lei "Quando la troverò, sarà qui che le chiederò di sposarmi. Non l’ho mai detto a nessuno, tu sei la prima a saperlo. " Ammisi felicemente imbarazzato.

Lei mi guardò con occhi commossi a quell’affermazione. E ora che ci riflettevo, probabilmente anche i miei erano esattamente come i suoi.

 

Sophia’s Pov

Stavo per scoppiare a piangere da un momento all’altro. E la prima lacrima stavo per versarla non appena lui aveva corso verso di me nell’auditorium per non lasciarmi da sola. Da lì ogni singola frase che mi diceva, sembrava lenire le mie ferite, e non potevo fare a meno di amarlo sempre di più. E adesso ne ero certa, lui era esattamente come credevo che fosse: un ragazzo romantico, dolce, estremamente sensibile e con un cuore grandissimo. Un cuore che avrebbe accolto tutte le persone sulla terra, e stavolta, sapevo di esserci anche io.
Lui non voleva comportarsi come si è comportato, non voleva ferire chi amava, chi voleva bene. Era solo un suo modo per difendersi, per gridare "basta" al mondo. Ma adesso lo avrei aiutato io ad urlare più forte.

"Sei davvero un ragazzo speciale." Gli dissi accarezzandogli la spalla. "E spero davvero che troverai quella ragazza, e che lei ti sappia tenere stretto, perché tu, in un modo o nell’altro, so che non la lascerai andare."

I suoi occhi commossi adesso divennero lucidi e questo mi fece sorridere compassionevolmente.

"Ma fino ad allora, potrei aiutarti io ad uscire dal tunnel. Se solo me lo permetti" osai domandargli, e vidi il suo volto rilassarsi ed illuminarsi.
"Se non avessi voluto il tuoi aiuto, non mi starei aprendo così tanto con te". Scherzò e ridemmo insieme. "Tutto è iniziato due anni fa, quando ancora il mio nome era uno tra tanti. Quando ero all’inizio della mia carriera, e tutto sembrava esattamente come avevo sempre sperato" continuò raccontando.
"Sembrava?" chiesi perplessa.
" Si… quando potevo camminare per strada senza che mille giornalisti mi seguissero e mi tagliassero il cammino. Quando potevo rilassarmi e godermi tutto quello per cui avevo lottato tutta una vita… quando potevo uscire di casa e continuare a fidarmi delle persone come avevo sempre fatto e non avevo bisogno di stravolgere i miei valori". Si fermò sospirando deluso. Ed io non lo interruppi, lo lasciai parlare rispettando i suoi tempi.
"Sai… ricordo che dovunque andassi potevo divertirmi con i ragazzi senza pensare a nulla. Potevamo visitare città diverse e rendere memorabile qualsiasi momento trascorressi con loro, senza avere la perenne sensazione di essere osservato o peggio, seguito e spiato. Ero un ragazzo tra tanti e mai avrei pensato che da lì a poco, la mia vita sarebbe cambiata per davvero. Ero abbastanza corteggiato. Le ragazze non mancavano, ma avevo sempre preferito godermi il momento più bello della mia vita con i miei quattro migliori amici. C’era tempo per innamorarmi, l’amore non aveva fretta, mi avrebbe aspettato. Ovviamente questo mio fascino innocente fu subito notato dallo staff che non perse tempo a trovare la sua ennesima trovata pubblicitaria. E la mira di quel loro intento ero io purtroppo. Tutti mi dicevano che avevo un bel visetto, che avrei potuto conquistare un numero ancora più elevato di ragazze se solo avessi saputo metterlo in mostra nel modo giusto… e così i vari manager hanno iniziato a fare di questa mia particolarità un punto di forza, anzi, una vera e propria etichetta commerciale distintiva per eccellenza. Curarono la mia immagine facendomi frequentare le ragazze più nominate del momento, avevano fatto in modo che la mia fama aumentasse, che la mia notorietà si espandesse e che la mia vera anima si estinguesse".

Mi sentivo un groppo allo stomaco. Perché lo avevano costretto a fare tutto questo? Perché a lui? Lo avevano distrutto.

" Perché proprio con te?" chiesi cercando di immedesimarmi in lui, in quei tristi ricordi.
"Perché dicevano che io ero il leader della band ed ero troppo anonimo per il ruolo che occupavo. Ero l’elemento più debole, con molto potenziale non esposto. E avevano ben pensato di esporlo loro al posto mio, nel modo sbagliato. Mi ripetevano sempre ‘E’ il business. Poi ci ringrazierai’ ma io non mi sento per niente in dovere di farlo… anzi mi stanno rovinando e so che continueranno a farlo. Avevano commercializzato la mia vita, i miei amori, i miei sentimenti, le persone con cui mi frequentavo, le cose che facevo, i luoghi che visitavo. Tutto era stato maledettamente organizzato e preparato, fino a quando la mia carriera ormai non era volata alle stelle, e così anche quella dell’intera band". Fece una pausa. "Solo così capii cosa intendessero per ‘business’ e mi vennero i brividi. Non guardavano in faccia a nessuno pur di ottenerlo. Quando ormai ero diventato un personaggio famoso a tutti gli effetti, quando ormai il mio nome non circolava più inosservato su giornali e siti web, ho potuto fare le mie scelte autonome e indipendenti… ma sempre con monitoraggio manageriale. Non appena mi venne riconosciuta questa libertà - come se non mi spettasse ma me la concessero - mi ribellai, iniziai a ritornare sui miei vecchi passi, perché mi sentivo troppo lontano dal vero me. Iniziai a fare esattamente le stesse cose che facevo prima della mia notorietà, iniziavo a frequentare le persone che sentivo di frequentare, e non più quelle che mi venivano imposte. E spesso non avevo calcolato bene la mia realtà con quella che speravo di vivere".
" In che senso?"
" Nel senso che ormai io ero ‘Harry Styles’ e nessuno più mi avrebbe amato per quello che ero. Ero ‘Harry Styles’ e nessuno si sarebbe più fermato a guardarmi negli occhi davvero, e di andare oltre quella fama indistruttibile che mi avevano costruito. Vivevo in una realtà ipocrita e falsa, piena di figure altrettanto finte ed approfittatrici. Ormai la mia vita si divideva tra persone bugiarde, false e scelte per business. Nessuno mi apprezzava per quello che ero, nessuno che cercava di leggermi dentro, nessuno che cercava di leggere la tristezza e la rassegnazione dentro di me". Mi guardò come per rassicurarmi del fatto che io fossi un’eccezione, e sorrisi. "Poi, come se non bastasse, si accertavano che mi trovassi sempre al posto giusto al momento giusto. Che fossi sempre nella bocca di tutti, che fossi sempre dove c’erano anche i giornalisti, così da alimentare quel mostro carnefice che mi avvolgeva, chiamato realtà. Iniziavo ad odiare la mia vita, chi mi stesse intorno, il mio mestiere, il mio sogno. Si, il sogno che avevo bramato da una vita. Iniziai ad odiarlo con tutto me stesso perché mi aveva portato alla rovina. Ero come una marionetta i cui fili erano mossi da qualcuno più potente di me e che non potesse essere sconfitto. Ero solo una marionetta, e non potevo permettermi di cambiare le cose, come avevo sempre pazientemente sperato per ben due anni. Poi arriva Skyler, e da lei la mia ribellione esplode senza tregua. Fino a poi la storia che conosci anche tu… e tutto il resto del mondo… ma a loro non importa. Non sanno cosa ci sia dall’altra parte della moneta." Soffiò deluso. "Quella che per me era una sorta di ribellione, di abbandono alla mia vita, di fuga da me stesso, è stata vista di manager come una trovata adolescenziale geniale per aumentare fama e business. E questo mi ha fatto incazzare ancora di più. Avevo perso le speranze per recuperare la mia vita, per uscire dal tunnel nel quale mi avevano fatto entrare senza che potessi controllarlo. Avevo perso le speranze di incontrare qualcuno che potesse ascoltare gli urli dentro di me"

Lo guardai con il viso corrucciato e tremendamente dispiaciuto per lui. Vivere la vita che vogliono gli altri, a costo di sopprimere la tua, è una cosa orribile. Esattamente come tutto quello che era stato costretto a subire Harry. Adesso mi era tutto più chiaro. Adesso avevo conosciuto il vero Harry, ed era bellissimo.
Avevo sufficienti elementi per aiutarlo nella sua rinascita. E ci sarei riuscita.

"E i ragazzi non hanno fatto niente in tutto questo tempo?"
"Si, mi hanno aiutato in tutti modi. Ma di fronte a qualcosa più grande di te, nel mondo del business, non hai scampo. La mia notorietà portava beneficio non solo al portafoglio del manager, ma anche all’immagine della band. Anche loro iniziarono a seguire il mio stesso triste cammino, ma poi tutte le attenzioni si focalizzarono su di me, e da lì sono caduto in un baratro senza fine. I miei amici erano il mio unico svago. Loro, insieme alla mia famiglia, erano l’unica cosa vera che mi rimaneva in quella vita fasulla… e non mi perdonerò mai per averli trattati così. Per averli coinvolti nel mio cambiamento. Se avessi fatto delle eccezioni, non avrei avuto più la forza di reggere la mia copertura e di andare avanti, e facevo violenza a me stesso per fare il contrario. Dentro di me volevo solo essere felice, volevo solo scappare da me stesso, e da quello che stava diventando la mia vita. Ma non trovavo via d’uscita, nemmeno in loro. Forse li associavo alla band, al sogno, all’inizio dell’incubo… non so… ma pian piano iniziai ad agiarmi su questa convinzione di resa, e stavo rischiando di trasformarmi sul serio in ciò che non ero. Rendendo la mia vita ancora più spenta". Concluse guardando in alto, forse per cercare di rimandare giù le lacrime, lo facevo sempre anche io.
"ma poi sei arrivata tu" continuò sfiorandomi la mano. "E in un attimo, il muro che ho costruito in due anni, è crollato, come un castello di sabbia. Sei arrivata tu, e quella mia speranza sepolta, si è riaccesa in un secondo".

In tre secondi aveva riacceso le mie di speranze e, negli stessi tre secondi, aveva abbattuto anche il mio di muro. E adesso ne avremmo ricostruito uno insieme, fuori dal mondo, fuori da tutto. Solo io e lui, in un’unica strada a senso unico. Quelle parole mi riempirono il cuore, che sentì più leggero.
Avrei voluto stringerlo forte, e gridargli tutto quello che sentivo, ma sarebbe arrivato il giorno in cui gli avrei confessato il mio amore per lui.

"L’ho capito sin dal primo momento che eri una persona speciale" lo rassicurai trasformando il nostro incrocio di dita, in una vera e propria stretta. "e non fregartene degli altri, ma solo di chi ti ama. Io so chi sei tu, so com’è davvero la tua vita, e continuo a pensare che sei bellissimo così." Sorrise. "E, anche se non sappiamo ancora molto l’uno dell’altro, posso aiutarti io a ricostruire le tua macerie".

Ecco gliel’avevo detto. Mi tremavano le mani al solo pensiero. Esitò prima di rispondere, ma ciò che disse, compensò la pena di tutto.

" E anche se non sappiamo ancora molto l’uno dell’altro, io ti permetterò di farlo." Ammiccò e stavolta lo abbracciai io. Ero la ragazza più felice della Terra e tra me e Harry sarebbe stato solo l’inizio.

***

Trascorsi due ore intere in quel parco con Harry, e da quando ero arrivata a Londra, furono le due ore migliori della mia vita. Dopo avermi confessato il suo segreto, promisi ad Harry che sarebbe rimasto in quel parco. Che lo avrei portato con me, ma che non ne avrei fatto parola con nessuno. Fu un grande passo per Harry confidarsi con me. Ignorò il fatto che fossi una giornalista, e si confidò con me come se fossi la sua migliore amica. Non fece caso al mio mestiere – che aveva sempre odiato – si fidò di me, e adesso di fronte a me vedevo solo tante certezze.
Camminammo vicini per tutto il tragitto di ritorno, fino a quando non deviammo la strada fino al mio appartamento universitario. Mi prese un po’ in giro sulla mia vita da studentessa modello e io ricambiai lo scambio di battute con lui. Ed io risi di gusto, dopo tanto tempo. Anche le risate, con lui, avevano un sapore diverso. vrei voluto trascorrere per sempre i miei pomeriggi con lui. Ci scambiammo i numeri di telefono e tante altre promesse quella mattinata: io di aiutarlo a trovare la strada di ritorno verso casa e di essere sempre sincera con lui; lui che avrebbe chiarito con i ragazzi annullando la copertura anche con loro e che prima o poi avremmo ritrascorso un pomeriggio così. Ero davvero felice.
Finalmente il mondo girava nel verso giusto. Finalmente tutti i miei incroci fugaci con Harry si trasformarono in un incontro. E quello di oggi era il mio preferito. Avrei tanto voluto parlargli del mio problema, di cosa era successo a me, di cosa mi aveva turbato… e so che lui non se n’era dimenticato. Solo che il mio era un problema davvero doloroso e non era facile farci i conti in continuazione. Faceva troppo male e non avevo voglia di riparlarne. Ma gli promisi anche che un giorno gliene avrei parlato, e sapevo che anche le sue braccia, sarebbero state un conforto.
A quel proposito, mi venne in mente il messaggio che ricevetti quella stessa mattina. Quel messaggio che da mia disgrazia divenne mia gioia, che da sogno divenne realtà. Ero sdraiata sul letto in camera mia ed allungai una mano sul comodino vicino a me.
Tastai confusamente sulla superficie liscia, fino a quando non trovai il mio telefono. Andai nei messaggi e rilessi il testo tutto d’un fiato:

" I giornalisti ti stanno cercando, tesoro. Impiegheranno tempo, prima di capire chi sei davvero, ma credo che non potrai continuare a nascondere la tua identità ancora per molto. Appena puoi, chiamami ti prego."

Rileggevo quelle righe e ancora non potevo crederci. Facevano male esattamente come stamattina. Quando sarebbe finita questa storia? No, non poteva andare avanti anche qui, dove tutto sembrava finalmente andare per il verso giusto, no, no. Ero stanca di continuare a combattere, ma purtroppo non avevo altra scelta.
Da oggi in poi sarebbe stato difficile, ma una cosa era certa: il mio incubo stava per rincominciare.




Writer's Pov
Eccomi qui ragazze! Sono ritornata dopo un luuuungo periodo di assenza lo so e mi dispiace tantissimo! Ho avuto molti problemi ultimamente, non è stato proprio un bel periodo per me e avevo perso l'ispirazione per qualsiasi cosa. Questo capitolo è molto rassicurante, molto confidenziale... non so io scrivendolo mi sono sfogata e rassicurata allo stesso tempo, mi ha aiutato molto, spero valga anche per voi. Mi rendo conto che dopo un'attesa del genere è difficile ricordare cosa sia successo nel capitolo precedente, ma vi chiedo solo di andare a rileggere l'ultima parte, l'Harry's Pov precisamente, e ricorderete tutto Basta solo quella per riprendere il filo della storia... e se vorrete ancora segurimi a me fa tanto piacere. Alloooooora qui vediamo un Harry dolce, premuroso e estremamente romantico, proprio come ce lo immaginiamo tutte. Decide di aprirsi con Sophia e le rivela da cosa sta scappando, mi si spezza il cuore, sapendo che ciò che ho scritto potrebbe essere la realta :( speriamo solo  che finisca tutto al meglio. Un passato è andato, reata quello di Sophia e ce ne vorrà prima che lo scopriate! :') hahah vi dico solo che il messaggio che ha ricevuto nel apitolo precedente, e quindi anche quello qui a fine capitolo, riguarda il suo passato. Ma cosa sarà mai questo passato? Perchè nel messaggio si dice che deve cambiare identità? Che identità? ed Harry? Manterrà le promesse? Riuscirà a calare la sua copertura con i ragazzi?
la storia ormai ha preso la piega dello sviluppo e da qui a poco ci saranno molte novità, oltre che momenti dolci per le hopia shipper uu
Detto questo vi lascio. Ho scritto un capitolo molto più lungo proprio per recuperare il mio mese di assenza. Spero abbiate la pazienza di leggerlo fino alla fine e di ritrovare il filo del discorso. Spero che continuerete a segurimi e che non mi abbandoniate davvero. Ho faticato tanto per arrivare fin qui, e voi che mi seguite mi riempite il cuore. Spero di aver fatto un rientro ad effetto e che ci sarà ancora qualcuno a leggermi ed apprezzarmi! :)
Ringrazio tutti per avermi atteso pazientemente, e tutti coloro che mi hanno continuato ad aggiungere ai preferiti, seguiti ecc... o che mi hanno recensito e letto fedelmente aumentando le visite. GRAZIE! <3
Prometto di fare il possibile per aggiornare in tempo e vi chiedo davvero un enorme scusa!
Alla possima!
- Alex :)


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274429

 

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Capitolo 8
*** Se sai dov'è la tua felicità, vai lì e prenditela subito. ***


                                                   


Cinque giorni dopo.
 

Ero distesa sul letto a fissare il soffitto confusamente. Avevo lo sguardo perso nel vuoto e pensavo e ripensavo a quei cinque giorni trascorsi a far nulla. A poltrire in queste quattro mura pensando a questa dannata situazione. Cinque giorni in cui sono scomparsa dal mondo definitivamente, dato che pian piano il mio passato che ritornava nel presente, finiva col far scomparire alcune parti di me. Una ad una. Ripensavo a quel messaggio di mia madre, alla mia vita in Italia, alle mie amiche che avevo lasciato lì senza poter impedirlo… e nonostante ci sentissimo tutti i giorni, mi mancavano maledettamente; a tutta la rabbia, la sofferenza e il senso di smarrimento che avevo provato per tutto quel tempo. Ripensavo alla mia fuga, alla mia prima settimana in Inghilterra, ai miei sogni, ad Harry. Si… Harry. Ogni fine giornata tutto si riconduceva a lui, e a quel pomeriggio destinato a restare impresso nel cuore per sempre. Quel pomeriggio in cui io e lui avevamo abbattuto il muro invisibile che ci separava, in cui avevamo fatto un solo grande passo per raggiungerci, in cui ci prendemmo per mano, e affidammo noi stessi l’uno nell’altro. Affidandoci le nostre debolezze, e aumentando la nostra ancora irreale fiducia.
Ancora non potevo credere dell’immediata intesa che ebbi con Harry dal primo giorno che lo vidi in quel bar. Da quel giorno la mia vita cambiò. Era soltanto una salita verso la cima, verso la mia destinazione dove c’era lui ad aspettarmi. Ero fiera di quel nostro legame, perché era uno di quei legami che nascono per caso, ma durano per tutta la vita. Uno di quelli che partono dal nulla, ma sono più intensi che mai. Uno di quelli che il per sempre non lo sfidano, lo raggiungono, ed io volevo maledettamente raggiungerlo con lui. Era tutto così surreale, possibile che stava accadendo davvero a me? Ero su di giri, ma tutto improvvisamente scomparve quando mi resi conto che il mio destino crudele mi aveva seguito fin qui. Da quando ricevetti quel messaggio "allerta" da mia madre, ero rimasta chiusa in camera mia per ben cinque interi giorni. Isolandomi dal mondo, da tutto e tutti. Anche da lui. E non so quale delle due cose faceva più male.
Uscivo solo per andare a scuola, per andare a fare la spesa e per comprare il materiale per il progetto a cui stavo lavorando, o meglio, a cui stavo aggiustando gli ultimi dettagli e che avrei inviato il prima possibile. Ebbene si, la fatidica settimana era giunta al termine, e la mia permanenza all’Old Hannings con Harry e tutti gli altri, era ufficialmente finita. Mi dispiaceva davvero tanto tutto questo. Avevo il cuore straziato, volevo soltanto piangere ancora di più.
Anzicchè trascorrere al meglio i miei ultimi giorni con loro, avevo preferito rinchiudermi in una scatola quadrata di pareti bianche a deprimermi. E a trovare mille modi per salvarmi di nuovo. A scappare di nuovo da quella parte della mia vita che avrei potuto dimenticare per sempre. Se solo ne avessi avuto il modo. Il mio piano per entrare a far parte della vita di Harry, per conquistarlo, era solo all’inizio, eppure avevo dovuto concluderlo senza ancora aver fatto nulla davvero. Mi sentivo vuota, senza nemmeno più godere di una mia libertà, di vivere la vita che volevo. La mia era finita esattamente nel momento in cui ricevetti quel messaggio. E tutto sembrò scomparire poco a poco.
Non appena rincasai da quel meraviglioso pomeriggio con Harry, chiamai mia madre come mi aveva chiesto e facemmo una lunga chiacchierata riguardo quello che stava succedendo. Al mio pericolo, al mio passato, alla mia fuga che credevo interrotta, ma che evidentemente avrei dovuto iniziare da capo. E solo il pensiero mi dava il voltastomaco. Avevo ancora la conversazione tra me e mia madre in testa e non credo me la sarei tolta facilmente:
 

*** " Sono preoccupata per te tesoro. Non penso sappiano del tuo soggiorno in Inghilterra e cercherò di nasconderlo in tutti i modi, ma sai come sono i giornalisti Soph, tu lo sai meglio di me, ti pedineranno fino alle calcagna e non si rassegneranno finchè non otterranno quello che vogliono purtroppo." Mi disse rassegnata.

" E cos’è che vogliono ancora mamma? Cosa?" dissi con voce rotta dal pianto. Anche se conoscevo già la risposta.

"Te tesoro lo sai. Vogliono te, vogliono scoprire chi sei davvero e dove sei. Tu sei il caso da un milione di euro, tu sei lo scoop che tutte le copertine cercano. Il tuo caso era stato archiviato un anno fa e adesso lo hanno riaperto. Lo hanno detto anche qui al telegiornale".

Improvvisamente la mia mente si riempì i una raffica di flashback dolorosi che ancora stentavo a sbiadire. Tutto ciò che avevo accantonato in un angolo remoto del mio cuore, dal nulla, esplose di nuovo davanti ai miei occhi… e ovunque guardassi vedevo soltanto questo. Il fottuto passato da cui cercavo di scappare, ma ero in un vicolo cieco. Mi venne un nodo allo stomaco.

"Ancora? Ma quando mi lasceranno in pace insomma! Sono stanca mamma, sono stanca di fuggire, di cambiare continuamente la mia vita, di nascondermi. Voglio essere chi sono senza segreti, senza essere ricercata, chiedo troppo?" la mia voce arrabbiata tremava copiosamente. "Voglio solo essere felice mamma" continuai sussurrando.

A quella mia ultima frase, mia madre singhiozzò violentemente. Era consapevole di non essere riuscita a proteggermi come voleva e vedermi così era peggio che ricevere una pugnalata al cuore. Avrebbe voluto abbracciarmi in quel momento, e ammetto che avrei voluto farlo anche io. Volevo che un suo abbraccio facesse passare l tempesta, che rischiarasse il cielo. Volevo solo essere una ragazza come tante. Perché dovevo condurre una vita così? Perché proprio io?

"Sono stanca di essere il caso di un milione di euro, non voglio abbandonare tutto di nuovo. Non qui che ho trovato la mia felicità. E’ ad un passo da me e posso raggiungerla cazzo, non voglio allontanarmici." Esclamai riferendomi ad Harry. Lui era tutto quello che cercavo, tutto quello che desideravo. Lo avrei fatto diventare parte della mia vita e non mi sarei arresa. Non volevo.

"E non lo farai Soph. Tu devi vivere la tua vita al meglio."continuò tirando su con il naso.

Sorrisi amaramente "Stai dicendo eresie mamma. Io non potrò mai avere una vita al meglio. Perché se adesso è un incubo, immagina quando scopriranno chi sono… non avrò più neanche la mia libertà. Sarò circondata, mi seguiranno ovunque io vada. Non vedo niente che possa salvarmi mamma, niente!" pensai alla vita di Harry, quella che mi confessò quello stesso pomeriggio, e mi resi conto di quanto fosse incredibilmente simile alla mia. Di quanto riuscivo a capirlo maledettamente. Avrei voluto soltanto poterlo chiamare e chiacchierare di nuovo con lui. Conoscere come era riuscito ad affrontare tutto questo, come aveva fatto a non perdere mai la forza per tutto questo tempo. Avevo bisogno di lui.

" No Sophia, hai una vita fantastica davanti e ti giuro su me stessa che lotterò con tutte le mie armi per permettertelo. Non devi, non dobbiamo permettere al passato di rovinarci il futuro. Abbiamo il presente per combattere e so che è sufficientemente lungo per permetterci di riuscirci. Non ho intenzione di vederti soffrire ancora e ti prometto che ti terrò aggiornata su tutto. Non rinunciare alla tua esperienza lì, non lasciar andare la tua felicità… lo hai già fatto tempo fa e non te lo permetterò di nuovo. Non fare più sacrifici per me, io sto bene, sei tu che devi salvarti, e non è rinunciando a tutto che ci riuscirai. Devi fare ciò che ami, vivere la vita come meglio puoi. Questa è la tua unica salvezza." Mi consolò compassionevolmente. " Adesso quella felicità perduta puoi riaverla in un altro modo e non esitare un minuto di più. Se sai dov’è, allora corri, vai lì e prenditela subito. Nessuno è più forte di tutto questo al punto da distruggerci ancora. Ne usciremo vincenti, te lo prometto tesoro." Disse tra le lacrime biascicando qualche parola, ma io capii tutto perfettamente, ed iniziai a sentirmi decisamente meglio.

Sorrisi debolmente e ringraziai silenziosamente di avere una mamma come lei. Senza di lei sarei persa, in tutto e per tutto.

"Me lo prometti?" chiese mia madre attirando la mia attenzione.

"Cosa?" chiesi sospirando.

" Che noi saremo più forti di queste incertezze. Che saremo più forti di tutto".

Esitai prima di risponderle. Ma ripensavo alle sue parole piene di speranza e qualcosa dentro di me si accese, illuminando il buio.

"Si, te lo prometto" le riposi infine, pregando con tutta me stessa di riuscirci davvero. ***
 

Parlare con mia madre mi aveva aiutato tanto. Mi sentivo più leggera, come se il macigno sul cuore si fosse alleggerito, perché sapevo che metà di esso lo sorreggeva lei assieme a me. Mi mancavano quelle chiacchierate, quelle che facevo con lei di notte quando avevo un problema che mi preoccupava, quando avevo l’ansia al punto che mi attanagliava lo stomaco, quando non riuscivo a prendere sonno, quando volevo semplicemente sentire le parole di mia madre per tirarmi un po’ su. E questo, era stato uno di quei momenti. Riuscì a tirarmi su il morale da subito, ma non appena riattaccò il telefono, ecco che l’angoscia venne a riprendermi di nuovo, e mentre io lottavo per liberarmene, lei cercava di trascinarmi con sé.
Provai a svagarmi in tutti modi per non pensarci: ascoltai della musica ad un volume così alto che mi meravigliai del fatto che gi altri studenti non vennero a protestare fuori la porta, scrissi un po’ sul mio quadernino, lavorai al progetto e messaggiai un po’ con le mie amiche. Cercavo di tenermi occupata tutto il tempo, come se essere piena di impegni mi aiutasse a cancellare l’inferno là fuori. Sapevo che era impossibile, ma preferivo vederla così.
Adesso ero distesa sul letto a far nulla, appunto, e mi guardavo intorno nella speranza mi venisse qualcosa da fare. Presi il telefono vicino a me e scorsi nella casella dei messaggi ricevuti, sperando di ammazzare il tempo. Tra tanti, trovai quello di mia madre che mi inviò non appena finimmo la mia conversazione:

"Mi dispiace che tu debba subire tutto questo tesoro. Per quanto cerchi di aiutarti, non è me che vogliono, ma te. E questo rende tutto più difficile. Purtroppo non sono le mie dichiarazioni a far cambiare idea ai giornalisti. Non la smetteranno finchè non ti avranno trovato e svelato la tua identità. E tu che pratichi il loro mestiere lo sai meglio di me. Non voglio allarmarti sia chiaro, ma soltanto metterti in guardia. Sei lontana da me ed io non so che far. Mi dispiace che tutto questo sia diventato il tuo incubo. Vorrei essere lì a combattere questa battaglia con te. Ma paradossalmente lo sto già facendo, qui, dall’altra parte del mondo. Non sei sola tesoro, io sono con te. E vedrai che finirà tutto e manterremo la nostra promessa. Ti aspetto sempre, e trova sempre un modo per sorridere. Tienimi aggiornata anche tu mi raccomando. Ti voglio bene."

Sorrisi pensando a lei, e credo proprio che ripenserò a quel che ci siamo dette molto più spesso. Continuai a scorrere tra i messaggi quando arrivai a quelli di Harry. Da quando ci eravamo scambiati i numeri non avevamo mai messaggiato, ma da quando iniziai ad assentarmi senza dare spiegazioni, iniziò a tempestarmi di sms:

"Hei Sophia sono Harry. Oggi il signor Hampton ci ha detto che ti sei presa due giorni di malattia, e volevo soltanto accertarmi che non avessi nulla di grave. Tutto bene?"
 

"Sono passati quattro giorni, e ancora niente. Ripenso alla passeggiata che facemmo e non riesco a credere che da allora non ti ho più rivisto. Non sei qui con noi all’auditorium a farci compagnia. Non sei qui a far sorridere tutti con la tua risate. Non sei qui con me… e sono preoccupato. Sicura di stare bene? Qui siamo tutti in pensiero. Rispondimi ti prego."
 

"Non mi lasciare solo Sophia. In questo momento vorrei solo poter riandare al parco con te. Anche solo per parlare del nulla. Vorrei riabbracciarti almeno una volta e raccontarti di come sto mantenendo al mia promessa. I ragazzi sono felici adesso, anche io in realtà, ma senza di te non è lo stesso. Dove sei? Che ti è successo? Sono seriamente preoccupato… e triste. Non ho tue notizie da giorni e mi sento impazzire. Stavolta posso aiutarti io nella tua fuga… se stai male per questo… ricordi cosa mi dicesti? Permettimi di aiutarti."
 

Rilessi quest’ultimo messaggio, e tra tutti quelli che mi aveva mandato in questi giorni, era il mio preferito. Aveva mantenuto la mia promessa ed ero felice che le cose a lui andassero decisamente meglio. Sentiva la mia mancanza e solo leggere quelle parole mi fece volare le farfalle nello stomaco vorticosamente. Era così dolce… ed ero felice di averlo aiutato a disfarsi della sua copertura… o meglio di avergliela fatta riporre verso chi meritava davvero. Avrei tanto voluto mantenere la mia di promessa, di vederlo spesso di non lasciarlo solo… ma avevo preferito stramene chiusa in camera per fuggire da un’ostacolo insormontabile. Ero una completa stupida!
Avevo anche io un disperato bisogno di vederlo. Di vederlo sorridere rischiarando il mondo, di quella sua mano tra i capelli quando pensa o quando si concentra, dei suoi occhi verdi che diventano un po’ più intensi quando canta, assorbendo ogni nota che emette. Mi mancava lui ed i suoi abbracci, lui e le sue parole, lui e la sua voce, il suo modo di guardarmi e di volermi bene.
Non avevo dato una risposta in cinque giorno. Solo un misero "Si tutto bene, grazie mille Harry", ero ridicola.
Perché era accaduto tutto questo? Perché?
Improvvisamente, i miei monologhi interiori furono interrotti dal bussare della porta. Confusa mi alzai e la aprii e quando vidi Jennifer e Charlotte lì davanti a me, iniziai a credere che parte delle mie preghiere furono miracolosamente ascoltate.

"Sophia!" urlarono entrambe in coro abbracciandomi con forza e facendomi perdere l’equilibrio.
"Ragazze!" le strinsi più forte. "C-che ci fate qui?" dissi con un sorriso da ebete mentre ci staccammo. Ero incredula, mi sentivo fuori dal mondo.
"Ci hai detto che saremmo potute venire a trovarti quando volevamo un giorno, no?" ammiccò Jennifer. "Ebbene, quel giorno è oggi!" esultò Charlie abbracciandomi di nuovo.

Allargai l’altro braccio per permettere anche a Jennifer di unirsi di nuovo in quel caldo abbraccio di gruppo e avevo le lacrime agli occhi. Avevo proprio bisogno di loro in questo momento.

"Ma è passata solo una settimana!" esclamai ridendo.
" Bhè tu non te n’eri nemmeno andata e già sentivo la tua mancanza! Abbiamo sopportato fin troppo!" Rispose Charlie esultando.
"E poi credevi che te la saresti spassata qui a Londra tutta soletta?" continuò Jen "Niente affatto signorina, tu non ti diverti senza di noi… nella nostra città da sogno poi!" escalmò con occhi sognanti.
Risi di gusto "Hai ragione" le diedi merito. "Aaah sono così contenta di vedervi ragazze!" le abbracciai di nuovo.
"Woho quanti abbracci!" scherzò Jen
"Sentite, anche io ho sofferto al vostra mancanza, devo recuperare!" scherzai.

Ci separammo e non persi tempo nel sistemare i loro bagagli vicino al comodino. Intanto le mie amiche si guardavano intorno meravigliate.

"Caspita Soph questo appartamento è bellissimo!" esclamò Charlie meravigliata guardandosi attorno. "Un tipico appartamento universitario… oh-mio-Dio non ci credo!"enfatizzò scandendo per bene le ultime parole.

Sorrisi divertita. Anche io reagì allo stesso modo quando lo vidi per la prima volta, mi sentivo come in un film. Era tutto maledettamente perfetto. Non biasimavo il suo stupore.

"Già… lo adoro anche io!" risposi nel suo stesso tono.
"Cazzo la vista da qui è meravigliosa!" urlò Jen dal balcone non contenendo l’entusiasmo. "Si vede tutto il quartiere!"

Io e Charlie la raggiungemmo e contemplammo tutte e tre insieme la splendida vista. Era tutto mozzafiato, come darle torto? Ogni volta che mi appoggiavo alla ringhiera, mi perdevo in quella perfetta città da cartolina.

" Cavolo Soph avevi tutto questo ben di Dio e volevi tenercelo nascosto eh?" scherzò Charlie "adesso dobbiamo iniziare da capo tutte e tre insieme!"
"Non vedevo l’ora!" enfatizzai con dolcezza. "Per quanto vi fermerete?"

Entrambe si voltarono e si sedettero sul letto, mentre io le seguii con lo sguardo e mi appoggiai vicino al vetro della finestra.

"Bhè non abbiamo una data di scadenza. Possiamo restare fin quanto vogliamo" rispose Jen
"O finchè mia nonna non ci manderà a calci via" continuò Charlie ridendo mentre io la guardai confusa. "Resteremo da mia nonna. Mi ha dato il permesso di soggiornare da lei per tutto il tempo che vorremo, a condizione di rispettare determinati orari di coprifuoco, sai ad una certa ora per loro è difficile sopportare il nostro casino" ammiccò.
"In effetti… siete due rompiscatole! Mi meraviglio di come faccio a sopportarvi io!" tirai fuori la lingua mentre loro mi prendevano in giro sarcastiche con altre battutine a tono.

Charlotte era di origini inglesi. Sua madre veniva dal Ceshire ma si trasferì in Italia da giovane, più o meno alla mia età, ma i suoi nonni erano rimasti qui nella loro terra e veniva a trovarli spesso in estate. Dimenticavo che avesse quest’opportunità di soggiornare gratuitamente, mi sorpresi di non averci pensato prima. In effetti, restando dalla nonna, poteva stare qui a Londra quando voleva.
Jennifer invece era italiana a tutti gli effetti, ma suo padre era un appassionato di nomi stranieri. Da giovane viaggiò moltissimo e la meta della maggior parte dei suoi viaggi era l’America e fu qui che acquisì la sua particolare passione e Jen ne era un esempio vivente. Ricordo ancora quando partì per uno dei suoi viaggi di famiglia e ci riempiva di messaggi per tenerle compagnia. Ad ogni rientro ci faceva vedere migliaia di foto sulle città più attraenti che aveva visitato o sui monumenti più belli che aveva visto e ad ogni immagine giurava che prima o poi l’avremmo rivisitata insieme.
E poi c’ero io che non ero mai andata da nessuna parte a causa dei miei continui studi universitari. Ero sempre rimasta entro le quattro mura della mia stanza, a guardare il soffitto pensando alla mia vita altrove, ai miei sogni... ad Harry. Dedicavo il mio tempo a scrivere di lui sul mio quadernino, a leggere, a studiare e a stare con le mie amiche che fortunatamente, riuscivano a trovare sempre un modo per farmi sorridere e non farmi pesare il mio passato fin troppo 'presente'.
Con loro avevo tanti progetti chiusi in un cassetto fin troppo stretto, che premevano per poter uscire fuori e poter brillare della loro luce. Ma per uno strano motivo, restavano sempre chiusi lì dentro, non creandosi mai occasione per poterli liberare. Ma sapevo che un giorno li avremmo realizzati tutti quei progetti. Che attendevano solo noi. Ed io aspettavo quel giorno con tanta ansia.

"Sono felice di poter stare qui con voi ragazze! E vi dirò di più... finchè non mi sarà assegnata una coinquilina potete restare voi qui." affermai raggiante. "Anzi, voglio che stiate qui è diverso!" scherzai.
"Davvero?" esclamarono entrambe con occhi luminosi.
"Certo, non credo ci siano problemi. Questa era una stanza in più dato che due studenti dell'anno scorso sono andati in vacanza dalla famiglia. Torneranno tra sei mesi, esattamente quando poi dovrò andarmene io. E dato che per ora non ho nessuno con cui condividerla... perchè non con voi?" proposi con fare soddisfatto. "Male che vada c'è la nonna di Charlie che vi ospita, ma fino ad allora staremo qui tutte e tre... ci state?"

Jen e Charlie si guardarono per un secondo... probabilmente per cercare di scegliere in quale modo esultare o urlare. Mi guardarono estasiate e avevano due sorrisi che andavano da una parte all'altra del volto. Si alzarono dal letto di scatto e con un solo balzo, mi saltarono letteralmente addosso mentre cercavo a stento di mantenere l'equilibrio mentre nella loro stretta sentìì dei gridolini ovattati. Immagino che la loro reazione equivalesse ad un 'si'.
Sorrisi cercando di smorzare la loro gioia, una stretta in più e saremmo cadute tutte e tre a terra. Le allontanai delicatamente e le guardai fisso negli occhi nella speranza si ricomponessero e dicessero qualcosa di sensato. Anche se ne dubitavo sinceramente. In un momento come quello nemmeno io sari riuscita a scandire qualcosa.

"Allora è un si?" interruppi il gioco di sguardi.
"Ovvio che si Soph! Grazie grazie grazie!" rispose Charlie quasi con gli occhi lucidi.
"Ci divertiremo da matte! Ho sempre sognato vivere con le mie due migliori amiche... oh merda che meraviglia!"
"Jennifer!" l'ammonì per il suo entusiamo fin troppo colorito, cercando di trattenere un sorriso a stento.
"Scusa, ma sono troppo su di giri!"
"Me ne sono accorta!" affermai non trattenendomi più e scoppiai a ridere.
"E' surreale cavolo. Avevamo sempre voluto fare un viaggio a Londra, vivere insieme e vivere il nostro miglior momento di sempre... ed ora eccoci qui! Nulla rovinerà questa avventura!" continuò con occhi sognanti.

Improvvisamente mi venne un groppo in gola. A quel suo entusiasmo avrei dovuto sorridere e condividere con lei il suo stato d'animo, ma quello che riuscì a fare fu solo incupirmi e sudare freddo. Ripensai a ciò che mi era successo cinque giorni, alla conversazione con mamma, alla mia taciuta fuga in questi quattro giorni di cui nemmeno loro ne erano a conoscienza. Pensai al fatto che avrei dovuto continuare con tutto questo ancora per molto e che sicuramente avrei finito col coinvolgere anche loro, impedendole di vivere il loro sogno, perchè il mio si era frammentato esattamente pochi giorni fa. Iniziai a deglutire con fatica e in quella stanza iniziava a fare decisamente molto più caldo.

"Gia... nulla la rovinerà, nulla" dissi tra me e me apatica enfatizzando sarcasticamente il 'nulla'.

Mi andai a sedere sul letto con lo sguardo perso nel vuoto, mentre le mie amiche intuirono il mio repentino cambio d'umore.

"Sophia tutto bene?"
"Aha... si" mugulai confusa.
"Si certo, ed io sono ricca, famosa e sposata con un principe azzurro". disse sarcastica Jen avvicinandosi. Charlie la seguì.

Aveva capito perfettamente che qualcosa non andava. Con lei non riuscivo a fingere, capiva qualcosa prima ancora che lo capissi io. E lo stesso valeva per Charlotte che trovava un modo per consolarmi ancor prima che mi rendessi conto del mio problema.

"Vuoi dirmi che succede?"
"Niente davvero" affermai cercando di fingere un sorriso falso. Non volevo coinvolgere anche loro in quel mio casino. Non volevo rovinare la loro vacanza qui.
"Non siamo stupide Soph. Ci siamo accorte che hai qualcosa. All'improvviso hai cambiato umore, sei triste e vorremmo sapere il perchè. Noi possiamo aiutarti" mi rincuorò Charlie.
"No, non potete, nessuno può".
"Non è vero." ribadì Charlie stavolta più decisa.
"Si, invece" risposi rassegnata.
"E' per la questione di tua madre non è vero?" s'intromise poi Jen.
"Cosa?" guardai Jennifer in cagnesco.

Che c'entrava mia madre adesso? Che era successo?

"Ti riferisci alla conversazione che abbiamo avuto giorni fa io e lei sul messaggio che mi ha inviato?" domandai timorosa.

Dì di si ti prego, dì di si ti prego.

"No non è questo... mi riferivo alla sua intervista" affermò confusa. Come se anche lei si fosse resa conto che stavamo parlando di due argomenti diversi.
"Q-quale intervista?" chiesi paurosa della risposta.
"Quella che ha fatto tua madre due giorni fa. Non lo sapevi?" mi chiese sorpresa.
"No" sussurrai guardando basso e cercando di regolarizzare il respiro affannoso.

Jennifer e Charlotte si guardarono negli occhi compassionevoli, come se convincersi se continuare a parlare o no.
E per la prima volta, quella loro intesa segreta mi faceva paura.

"Ragazze ditemi cosa sta succedendo" le dissi guardandole dritte negli occhi, ma loro esitavano. "Ora!" alzai la voce tremante.
"Sophia i giornalisti hanno circondato casa tua per giorni. Cioè quella in Italia... cercavano te, ma non ti hanno trovata." affermò Jen sospirando triste.

Il mio respiro cessò definitivamente, ero in apnea. Mi sentivo come se un masso di piombo mi fosse caduto sul petto violentemente. Come se la terra iniziasse a tremare. No, non era possibile.

"Hanno, però, trovato tua madre... che era uscita di scena per un pò e quindi hanno iniziato a tenere in ostaggio lei, cercando di farle rilasciare qualcosa." continuò abbassando lo sguardo mortificata.

No... mia madre, no. Tutti i miei sacrifici in questi anni per difenderla, per tirarla fuori da tutto questo casino erano stati mandati all'aria nel momento stesso in cui i giornalisti circondarono casa mia. No, non era possinile. Perchè non mi aveva detto niente cazzo? Perchè? Avrei potuto aiutarla.
Contiuavo a restare in silenzio. Non avevo la forza di proferire neanche una sola parola, così le mie amiche continuarono il discorso.

"Dopo due giorni estenuanti tua madre ha deciso di rilasciare un'intervista a nome suo, a te non ti ha proprio nominata. E'riuscita a sdeviare il discorso su di te non facendo alludere ad una tua fuga al'estero, ma non credo che i giornalisti si accontenteranno di questa poco esauriente dichiarazione" disse poi Charlie porgendomi un giornale italiano.

Restai a fissarlo quasi impaurita e solo dopo aver preso un bel respiro profondo riuscì a prenderlo e leggere la prima pagina.

" Riaperto il caso italiano da un milione di euro archiviato esattamente un anno fa. Scoperti nuovi indizi: la ragazza misteriosa ha un nome: Sophia. Ma questo per i paparazzi non basta, la ricerca è solo all'inizio."

Le mani tremavano e i miei occhi si riempirono di lacrime. Il panico iniziò ad attanagliarmi lo stomaco. Continuai a leggere, ed ogni singola parola era una pugnalata dritta al cuore.

"Setacciato ogni angolo della città, ma di lei nessuna traccia. Dopo l'intervista della madre, Celine Burton, il mistero che avvolge questa ragazza si è infittito ancora di più, diventato un caso giornalistico senza precedenti. Possibile alzamento di posta per il suo ritrovamento."

Solo leggere quelle parole mi portava una terribile sensazione di disgusto. Avrei soltanto voluto andare lì e urlare al mondo chi ero, di lasciamri in pace, di tenersi i loro fottuti soldi. Io non volevo nulla, volevo la mia vita, la mia libertà. Ma ero diventata un'oggetto in balìa dei giornalisti.
Le mie amiche mi guardavano peroccupate, e questo non fece che innervosirmi di più.

" Come sanno il mio nome?" chiesi acida.
"Thomas ha rilasciato una dichiarazione su di te. E' stato molto vago, ma l'unica cosa specifica che ha detto è stato il tuo nome. Forse lo ha fatto per levarsi i paparazzi di torno credendo di dargli una notizia utile ma..."
" ma mi ha messo ancora di più nella merda". Dissi con sguardo maleficamente perso. "Stronzo..." ghignai piena di rabbia.
" Con questo nome hanno ricercato sull'archivio comunale tutte le Sophia appartenenti nel tuo quartiere... e con una serie di notizie già acquisite hnno fatto una selezione per poi arrivare a te, cioè a casa tua." mi confessò Jen.
"Come sapete tutte queste cose?"
"Ce le ha dette tua madre." disse sospirando. " E lo abbiamo saputo sentendo notiziari vari"
" Vi ha mandato lei qui non è vero?" feci un sorriso rassegnato.
"No siamo volute venire noi spontaneamente. Un pò per sapere comestavi e un pò per stare insieme." Si giustificò Charlotte. "Appena ha saputo che siamo venute da te si è solo raccomandata di dirti che lei sta bene e che per ora il tuo segreto è al sicuro, che devi pensare a te stessa adesso."

A quella frase i miei nervi schizzarono alle stelle.

" Come faccio a pensare a me stessa e a stare bene se mia mamma sta vivendo un inferno per proteggere me? Come faccio eh?" sputai furiosa. " Il suo inferno lo ha concluso anni fa, questa è la mia battaglia adesso, non volgio che lei ne faccia parte... deve stare bene lei non io."

Le mie amiche mi guardarono preoccupate per quella mia eccessiva reaziosa rabbiosa.

" Basta, devo tornare in Italia!" esclamai alzandomi dal letto e prendendo la valigia da sotto al letto.

Le mie amiche balzarono in piedi e gridarono all'unisono un sonoro 'no'.

"Non puoi andare in Italia adesso Sophia, si ragionevole!" mi pregò Charlie.
" Io sono ragionevole. Ho fuggito abbastanza, adesso devo agire anche per mia madre"
"No cazzo, stai delirando. Se torneresti in Italia aumenteresti l'occhio del ciclone e non saresti in grado di uscirne. Lì tutti ti cercano, il paese sa tutto. I notiziari e i quotidiani sono zeppi di notizie che riguardano te, sai che cosa succederebbe se tu tornassi? Prolungheresti quest'incubo a tua madre e a te stessa. E se soffrite insieme, cadrete entrambe. E nessuna delle due è in grado di permettersi una cosa del genere. " mi bloccò Jen afferrandomi per il polso. "Capico che sei preoccupata, che in questo momento vorresti affrontare tutto e tutti, ma la tua battaglia deve essere lottata in un altro momento. Qui ci siamo noi che possiamo aiutarti. Non potremmo guarire tutto il tuo dolore, ma potremmo cercare di affievolirlo." mi rassicurò con uno sguardo sicuro.
" Non voglio coinvolgermi nei miei problemi. La vostra non sarebbe una vacanza altrimenti. Se vi permetto di entrare in questo ciclone, non ne uscirete illese nemmeno voi." dissi sospirando.
"Ascoltami, siamo state una vita al tuo fianco. Abbiamo superato tanti momenti difficili, credi che questo possa spaventarci?"
"Già e poi se non ti siamo vicine ora quando dovremmo esserci? Noi ti aiuteremo sempre. E se non vuoi permetterci tu questo, allora lo faremo noi a modo nostro" continuò Charlie.

Le guardai gratificata e le abbracciai, lasciando che le lacrime mi rigassero le guance, mentre la loro stretta si faceva sempre più forte ed io sussurrai un felbile ma forte 'grazie'.

"Vorrei soltanto sapere perchè mia madre non me l'ha detto." pensai afflitta ad alta voce.
"Per evitare che tu reagissi come hai reagito con noi. Voleva cercare di proteggerti... è il suo modo di starti vicina adesso. Per gli abbracci ci pensiamo noi ora come ora. Ma almeno questo permettiglielo."

Annuii acconsensendo a ciò che mi avevano detto e speravo davvero con tutto il cuore che quella mia fiducia di risoluzione in tutto questo, non fosse sbagliata. Era davvero una fortuna che le mie amiche erano lì a sostenermi. Probabilmente a quest'ora, se non fosse per loro sarei sul primo aereo per l'Italia a fare due grandi sciocchezze: rimettermi in gioco in un passato ancora troppo grande da smaltire, coinvolgendo tutti, e abbandonare Harry... anche se in fondo, seppur sofferta, non era una cattiva idea. Dovevo salvare almeno lui. E mi ero sempre ripromessa di farlo e non mi tirerò indietro, anche se vuol dire lasciarlo andare via.
In quel preciso momento ricevetti un suo messaggio, me ne accorsi dal suo nome sullo schermo, quando mi vibrò il telefono sul comodino. Le mie amiche si voltarono nella sua direzione e mi guardarono istintivamente. Io le fissai a mia volta e lo presi titubante.

"Chi è?" mi chiesero scherzando.
" Harry" risposi facendo un sorriso e leggendo l'sms.

"Sarà il millesimo messaggio che ti mando, ma non mi importa. Sono cinque giorni che sei completamente sparita, e non so cosa mi blocca dal venire lì e sfondare la porta. Credo di aver capito abbastanza di te quel giorno, al punto di avere la certezza del fatto che stai male, che ti è successo qualcosa. E sto impazzendo tanto che ci rifletto su. Ho perso anche la voglia di continuare le prove con i ragazzi, se non ci sei tu a supportarmi in silenzio, se non ci sei tu che mi aspetti inconsciamenti in quel bar. Sei importante per me… non mi lasciare solo. Non sto affatto bene nemmeno io ora. Ho bisogno di te. Io ti aspetto sempre, ma non tardare troppo".

Quando lo lessi il mio sorriso svanì all'istante e il groppo in gola ritornò più velocemente di quanto mi aspettassi.

"Oh no perchè così maledettamente dolce cazzo? Perchè?" dissi sdraiandomi e portando un cuscino sul mio viso.

Sentì una mano prendermi il telefono e solo quando sentì i loro gridolini sdolcinati mi resi conto che avevo sbirciato il contenuto dell' sms.

"Aaaaw" è sempre più dolce questo ragazzo, meglio di come ce l'hai descritto!" disse Charlie.
" Concordo, devi assolutamente farcelo conoscere!" continuò Jen. " Oh no che c'è adesso Soph?"

Mi misi seduta sul letto, spostando il cuscino e assumendo il mio solito broncio triste.

"Ahia aria di tristezza!" scherzò Charlie vedendo la mia espressione a loro molto nota.
"Già..." acconsentì.
"Cosa ti affligge adesso?"
"Lui" sospirai.
"Lui?" mi fissarono come se fossi impazzita.
"Si lui. La sua estrema bontà ed il mio troppo amore per lui mi rendono sempre più difficile portare a termine le mie intenzioni".
"Quali intenzioni?" mi chiesero sorprese.
"Quelle di allontanarmi da lui e di lasciarlo andare".

Le mie amiche mi guardarono come se avessi detto un'eresia, anche se forse lo avevo fatto davvero.

"Perchè vuoi lasciarlo andare? Sei impazzita?" esclamò Charlie.
" No, lo sto solo facendo per il suo bene"
" In che senso Soph? Lui ci tiene a te non vedi? Perchè credi che andare via sia utile al suo bene?"
"Perchè io sono la ragazza sbagliata per lui e mi costa tanto ammetterlo." dissi trattenendo le lacrime.
" Ma perchè dici così?" mi domandò poi Jen.
"Perchè io sono una giornalista, ed entrambe le nostre storie hanno avuto a che fare con questo mestiere, e a nessuno dei due ha mai portato nulla di buono. Pensa se scoprisse tutto... lui non mi abbandonerebbe, mi aiuterebbe esattamente come voi ed involontariamente lo costringerei a rivivere di nuovo l'incubo da cui sta cercando di liberarsi, e non sarò io a farcelo rimanere incastrato per la seconda volta. Come vi ho già detto, questa è la mia battaglia, non la sua. E devo farlo da sola, se non volgio che anche lui rimanga ferito. Io sono venuta qui per averlo con me, per conquistarlo, per salvarlo... ma se per farlo devo lasciarlo andare e permettergli di fare una vita divers con qualcun'altro, allora è così che farò, anche se mi piange il cuore. Lui vuole solo essere felice, ed io non posso dargli la felicità che cerca, non con il casino di vita che mi ritrovo." affermai tutto d'un fiato cercando di non piangere molto.
" E' un gesto molto altruista Soph. Tu sei sempre stato un tipo che rinuncia a tutto pur di salvare gli altri, ma ti sei privata di molte cose, non puoi farlo anche con questa. Potrebbere essere anche la tua salvezza non ci pensi?"
" Si che ci penso, ogni fottuta volta"
" E allora perchè permetti a te stessa di distruggere il tuo bene, invece?" mi chiese schietta.

Ci guardammo intensamente come se entrambe aspettassimo che l'altra proseguisse il discorso, ma nessuna delle due cedeva. Jennifer aveva ragione, esattamente come mia madre. Harry era l'unica ancora a cui potevo aggrapparmi per avere un pò più di stabilità e non potevo permettermi di perderlo. Ma avevo così tremendamente paura che il mio tornado trascinasse con se anche lui.
Non volevo metterlo in difficoltà, non volevo coinvolgere anche lui. Però, forse, dovevo davvero pensare al mio bene per una volta e non lasciarmelo scappare.

" Rilfettici su Soph. Se per una volta non pensi alle conseguenze, ma ti vivi il momento, vedrai che ti godrei le cose molto più serenamente." Concluse Charlie. " Harry è un ragazzo d'oro ed ciò che meriti, non farlo andare via." mi toccò un braccio rassicurante ed io annuii.

***

" Che faccio vado?"
" Si! Forza premi invio su!" mi esortarono Charlie e Jen.

Ero seduta davanti al pc da circa un'ora a controllare tutti i dettagli del progetto che in questo momento stavo per inviare. Una parte di me non voleva premere quel tasto, farlo significherebbe concludere definitivamente la mia settimana con i ragazzi, con Harry e non volevo che accadesse. Non volevo che con qual progetto, anche le mie esperienze con loro se ne andassero per sempre, ma dovevo farlo purtroppo, non potevo attendere ancora. Erano giorni che lo tenenvo in sospeso nella cartella.

" Vado?"
" Si avanti Soph, manco ad un'appuntamento eri così agitata, su!"
" E se non va bene? E se fa schifo?"
" Oh madonna Soph non fare la secchiona antipatica!" Scherzò Jen. " Se non va bene lo rifarai meglio di prima, ma adesso sbrigati che ho sonno!"

Quando avevamo finito la nostra conversazione su Harry ore fa, io mi ero dedicata alla terminazione del progetto, mentre loro sistemavano le loro cose nel poco spazio che una camera doppia, adibita a tripla poteva offrire. Ora era sera, e le mie amiche stanche già di un volo, volevano andare a dormire. Ma non avevano intenzione di farlo senza di me. Ormai dovevo abituarmi a quei nuovi ritmi.

" Ok va bene, va bene ora invio" dissi di fretta, mentre chiudendo gli occhi premetti il tasto. " Ecco, 'invio riuscito' " ce l'ho fatta!"
"Brava! Adesso andiamo a dormire?" disse stropicciandosi gli occhi"
Sorrisi " Va bene, andiamo a letto. Spero solo mi diano l'esito in fretta"
"Certo che lo faranno. Anche perchè se così non fosse vado da loro e li obbligo con la forza. Chi ti regge tanti giorni se ti lamenti in continuazione?" mi prese in giro mentre la colpì giocosamente sulla spalla.
" Ehi voi due avete intenzione di venire a dormire o devo lanciarvi un cuscino in faccia?" ci richiamò Charlie dall'altra parte della stanza.
Ridemmo di gusto " Arriviamo!" urlammo all'unisono.

Raggiungemmo Charlie che dopo un 'finalmente' si lasciò cadere nel mondo di Morfeo. Io e Jen restammo sveglie ancora per un pò a chiacchierare sui nostri programmi nei giorni a venire e sulla nostra permanenza a Londra, ma dopo pochi minuti non riuscivamo più a trattenere il sonno.

" Non vedo l'ora che sia domani, ho in mente tante cose da fare!"
" Anche io! Sono felice che siate qui con me."
" La cosa è reciproca." mi sorrise poggiando la testa sulla spalla. " Adesso scusami ma la stanchezza si fa sentire" disse imbarazzata.
" Non ti preoccupare, buonanotte Jen"
" Notte Soph" e cadde in un sonno profondo.

Prima che potessi addormentarmi un altro messaggio fece vibrare il mio telefono. Lo presi di scatto domandandomi chi poteva essere a quell'ora.
 

" Domani voglio vederti entrare da quella porta ok? Non ho intenzione di stare un altro giorno senza avere tue notizie. Buonanotte xx

Harry ( il rompiscatole)."
 

Sorrisi come una stupida a quella sua ultima frase e se solo sapesse quanto amavo il suo essere rompiscatole, correrebbe qui nel cuore della notte e non mi lascerebbe più andare, forse mi tempesterebbe di domande, ma non mi importerebbe, basta venga qui. Domani sarei andata da lui perchè anche io non resistevo più senza sue notizie. Quel suo messaggio era la carezza che aspettavo per sentirmi meglio e tutte le preoccupazioni svanirono. Spensi il telefono, ripoggiandolo sul comodino, mentre aspettavo che Morfeo venisse a prendermi, ed io ripensavo al suo viso e ai suoi meravigliosi messaggi che mi avevano fatto sentire meno sola.

" Ti amo tanto rompiscatole, non immagini quanto" dissi tra me e me, e con quest parole mi abbandonai al mondo dei sogni.


Writer's Pov:
Eccomi quiiiii. Scusate l'attesa ma tra poco compirò 18 anni e potete solo immaginare quanto sia impegnata con l'organizzazione e tutto il resto. Poi tra l'altro ho sempre molti impegni e non riesco a trovare nemmeno un pò di tempo per me. Come se non bastasse ho preso anche l'influenza e per vostra fortuna sono riuscita a finire il capitolo! Come ben vedete questo capitolo è incentrato solo sul Sophia's Pov ma perchè ho preferito chiarire un pò la sua situazione e dare un pò di importanza a lei e al suo passato. Qui ci sono molti scoop e molti interrogativi che probabilmente vi lasceranno ancora più dubbi. Iniziamo da sophia... cosa sarà mai questo passato da cui scappa? Perchè lei è definita il caso da un milione di euro? Chi è questo Thomas che ha fatto il suo nome ai giornalisti?
E la madre? Perchè era ricercata anche lei? E con Harry? Riuscirà davvero a lasciarlo andare via? Bhè nel prossimo capitolo ci saranno ancora più intrecci, soprattutto con le sua amiche: Charlotte e Jennifer. Che ve ne pare di loro? Hanno portato un pò di allegria al momento massimo di tensione del capitolo e nel prossimo capitolo avranno a che fare con gli mici di Harry... vi lascio immaginare! :')
Bhè spero vi sia piaciuto, aspetto delle recensioni! Grazie a coloro che mi supportano e mi leggono ancora.
Un bacio!
- Alex.


P.S: Posso chiedervi un favore? Già che ci siete, se vi va, passate a dare un'occhiata a questa ff, la sta scrivendo una mia amica: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274429

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Capitolo 9
*** Ed io starò bene, anche se non sono felice. ***






                                                        



Sophia's Pov.


Quella notte fu una delle più lunghe della mia vita. Una di quelle notti le cui ore sembravano non passare mai e dove ti sentivi incastrata nel tuo letto quasi come se ci fossero delle redini a tenerti ben stretta, impedendoti di compiere anche il più elementare dei movimenti. Lo sguardo perso in un punto imprecisato – ma che sembrava il più profondo di tutti – la sensazione di vuoto che pesava sul cuore, i capelli arruffati e l’espressione quasi arresa e disperata sul mio volto, mi facevano sentire una perfetta cretina. Non dovevo essere un bello spettacolo in quel momento.                                                                                                                                                       
Per tutto il tempo avevo le palpebre chiuse, ma non dormivo per davvero, i mille pensieri mi affollarono la testa impedendomi di rilassarmi quanto bastava per godermi delle ore di 'sano' riposo, o meglio, 'riparatore'. Il senso di preoccupazione, di paura, di colpa e di angoscia aumentarono ancora di più il flusso ininterrotto delle mie soffocanti emozioni e da lì dormire si rivelò essere un'impresa davvero ardua, tanto che mi ritrovai distesa su un materasso improvvisamente troppo grande e incastrata in un frammento di tempo intrascorribile ed asfissiante. Il ticchettio delle lancette dell'orologio sul mio comodino, scandivano un tempo che io speravo con tutta me stessa passasse in fretta, ma che invece, sembrava restare bloccato - ora dopo ora - esattamente nello stesso ed identico punto. Erano le sei del mattino da ore ormai. Non c'era verso di riaddormentarmi, nè soluzione che mi permettesse di recuperare il sonno perduto.
Forse il riposo mancato era solo una piccola parte delle cose che speravo di recuperare, di riportare indietro... ma era anche la perdita meno importante che potessi permettermi di smarrire, quindi non ci diedi peso. Decisi di smetterla di restare in quella condizione di dormiveglia eterno e di iniziare precocemente la mia intensa attività giornaliera, e di vedere Harry il prima possibile, prima che facesse sempre più male.                                                          
Una parte di me non vedeva l’ora di incontrarlo, di stringerlo forte, di sommergerlo di scuse, di stargli vicino una volta e per sempre, ma l’altra voleva solo allontanarlo per permettergli di salvarsi. Voleva solo che quell’incontro sarebbe durato il meno possibile e che non fosse così doloroso come mi aspettavo, per nessuno dei due. Mi stavo torturando a furia di rifletterci incessantemente per un’intera nottata. Mi sorpresi del fatto che non fossi realmente impazzita.         
Con un sospiro motivatore, cercai di alzarmi senza far troppo rumore, in modo da non svegliare le mie amiche che ancora dormivano beatamente ma, la gamba di Jen avvinghiata alla mia, me lo impedì. Dannazione, quella ragazza quando dormiva era peggio di un campo di battaglia, te la ritrovavi in tutte le posizioni possibili senza accorgertene, ma era buffo osservarla riposare in tutti quei modi strani. Per un nano secondo ero quasi sul punto di scattarle una foto per riderci su ogni volta avrei voluto, ma abbandonai presto quel mio istinto scherzosamente perfido, per divincolarmi da lei.     
Tentai di togliere la gamba delicatamente, sollevando la sua, ma senza nemmeno avere il tempo di poggiarla sul materasso, ecco che poggiò l'altra, facendole prendere il posto di quella che ero appena riuscita a spostare quasi vittoriosa. Sospirai diverita e rassegnata allo stesso tempo... si preannunciava l'inizio di un'intensa e particolare giornata 'costruttiva', se così potevo definire i miei tentativi inutili di levarmela da dosso senza svegliarla. Mi ributtai a peso morto sul letto, e affondando il retro della mia testa nel morbido cuscino che adesso, a differenza della notte appena trascorsa, era molto comodo e rilassante, e quasi mi spingeva a richiudere gli occhi e a riabbandonarmi a Morfeo, ma sapevo perfettamente che se avessi permesso al sonno di prendere il sopravvento adesso, non avrei potuto fare più nulla di quello che avevo previsto nell'agenda.

Si, sarebbe stata davvero una giornata molto... molto intensa.  

Mi rialzai di nuovo con riluttanza e presi il mio amato cuscino, per collocarlo al di sotto della gamba di Jen, così che, anche con la mia assenza, avrebbe avuto comunque un pò di spessore per rimanere nelle sua strana posizione. Con una mossa veloce e repentina alzai la sua gamba, spostando la mia al volo e posizionando il cuscino nella postazione giusta, evitando di abbassarmi troppo e quindi di ricevere una piedata in testa. Anche se quasi tutte le mattine dovevo fare tutte queste peripezie per far uscire tutti illesi e contenti, dovevo ammettere che erano dei nuovi ritmi a cui già non potevo fare a meno. Fu proprio facendo questo che mi accorsi di quanto era bello avere qualcuno che ti facesse compagnia e che ti aiutasse a distrarti quando avevi altri pensieri per la testa.                                                   
Con aria trionfante e sorpresa da quella mia improvvisa agilità, mi allontanai dal letto e mi avvicinai allo scaffale di fronte a me e, rovistando un po’ tra le mie cose per cercare il necessario per una doccia mattutina, notai il mio quadernino lilla.
Lo presi e sfogliandolo mi resi conto di non averci scritto su da quanto ero arrivata qui a Londra. Non avevo annotato il mio incontro con Harry, la mia mezza settimana trascorsa con loro, al rapporto d’intesa che si era creato dal nulla tra me e lui, ciò che era successo in questi cinque giorni… nulla. Nessuna riflessione, nessuna frase, nessun pensiero, nessuna emozione. Mi sorpresi di me stessa, per essermi dimenticata di scriverci… ma come avrei potuto annotarci qualcosa se mi mancavano le parole e nessuno era stato in grado di riportarmele indietro? Se chi poteva farlo, avrei dovuto lasciarlo andare via per sempre? Una vocina dentro di me, mi persuase a cogliere l’attimo e così, nel bel mezzo dell’alba, mi sedetti e decisi di scrivere su quel quaderno. Senza introduzioni, senza flashback, senza premesse, senza freni. Avrei scritto quello che mi passava per la testa, quello che provavo… e magari sarei riuscita a mettere in ordine il mio flusso di coscienza, senza doverlo per forza affidare a lui.                                                                                                         
Una volta iniziato a scrivere, fu difficile fermarmi… e per un po’, dimenticai tutto il resto. Quando terminai, rilessi tutto d’un fiato quello che scrissi e mi ritenni soddisfatta:
 
L'amore se non ha il tuo viso familiare, la tua voce calda, le tue mani morbide, i tuoi occhi che riflettono il mondo o il tuo profumo che trasforma tutto in primavera, allora non è amore.
Non riesco ad immaginarlo con nessun'altro.
Che me ne faccio delle farfalle nello stomaco se non ci sei tu ad afferrarle quando volano via?
Che me ne faccio dell'inverno se gli unici brividi che provo, sono con te?
Che me ne faccio del mondo, se il mio mondo non sei più tu?
Come faccio ad amare qualcun'altro, se amo solo te?
Che me ne faccio dell'amore, se non ha più il suo nome inciso sopra?
Che me ne faccio degli altri, se per me esisti solo tu?
Non è così facile come sembra. Io senza di te, non riesco a stare.
Come faccio a sentirmi mancare con altri sguardi? Con altri abbracci?
Prendi la mia mano.
Guardami negli occhi come sai fare tu.
Ascolta i nostri respiri all'unisono.
Giurami che insieme possiamo ancora stravolgere le regole, dimmi che siamo ancora in tempo per correre lì dove le stelle hanno ancora tempo per noi. Perché qui, le stelle avverse sotto cui siamo nati, stanno facendo di tutto per allontanarmi da te, ed io non voglio. No, cavolo, non voglio. Magari altrove, magari lontano noi siamo giusti l’uno per l’altra, ed i nostri passati non saranno più un intralcio per la nostra felicità.
Perché non possiamo fuggire lì? Perché non posso tenerti con me? Dannazione.
Tu sei l'unica ancora di salvezza che ho a cui aggrapparmi.
L'unica cosa che ancora mi resta, che ancora mi permette di restare ben piantata a terra, seppur mi fa sentire mancare allo stesso tempo. L’unica che mi salva e mi distrugge, l’unica che ho sempre desiderato.
Ma adesso, nonostante tutto, posso dirti che una certezza ce l'ho: semmai un giorno, mi chiedessero il lato migliore di me, senza nessun dubbio, mi volterò e guarderò te.”
 
Anche se sono costretta a lasciarti andare e ti guarderò da lontano, mentre i nostri sguardi s’incrociano per l’ultima volta… resteresti comunque la mia parte migliore.” Sussurrai chiudendo il quaderno e trattenendo le lacrime che da lì a poco avrebbero fatto capolino.
 
Faceva così tremendamente male voltare pagina prima ancora di leggere il prologo, faceva così tremendamente male andare avanti se ogni cosa che vedevo, mi faceva venire in mente lui. Faceva tremendamente male e basta, ma era per il suo bene, ed io dovevo essere forte. Avrei dovuto allontanarmi da lui così che non si affezionasse più così tanto a me. Non potevo permettermi errori. Dovevo resistere e piangere in silenzio. Lui non doveva accorgersi di nulla, doveva solo,inconsciamente, trovare qualcun altro con cui potersi legare così tanto. Ed io sarei stata bene comunque, anche se non ero felice.
Chiusi il quadernino e lo riposi al suo posto, così che a nessuno sarebbe venuto il sospetto che ci avessi scritto su, così che nessuno avrebbe capito quanto ci stessi male e ripensai alla comica scena tra me e Jen appena conclusa, riuscendo a scacciare, in parte, il magone che minacciava di avanzare in me. Mi voltai e notai Charlie cambiare posizione, girandosi verso la parte esterna del letto. Sorrisi.
Mi alzai dallo sgabello il più silenziosamente possibile, sorprendendomi del fatto che non avessi svegliato nessuno e presi la mia trousse dalla mensola. Proprio mentre pensavo seriamente ad una mia uscita di scena in perfetto stile catwoman, sentii una flebile voce, chiamarmi alle spalle.

" Soph? Sei tu?" chiese Charlie mezza assonnata.

Ancora girata di spalle feci una smorfia, sbuffando esasperata e mi voltai verso di lei.

"Si, Charlie sono io. Nessun ladro in vista, tranquilla!" scherzai.
"Che ci fai sveglia così presto?" chiese sorpresa stropicciandosi gli occhi.
"Nulla, sto andando a farmi una doccia. Mi sono appena ricordata di avere molte cose da fare stamattina e volevo abbreviare i tempi svegliandomi presto" cercai di dire stranamente di fretta e pregando con tutta me stessa che si riaddormentasse. Tutto questo vocio prima o poi avrebbe svegliato tutti, me lo sentivo.
"Mmmh..." mugulò poco convinta. "Senti, se non te la senti di dirmi cos'hai va bene, non voglio sapere cosa hai in quella tua mente folle... ma cerca di farti venire la voglia di fare la superspia in un orario meno mattutino!" disse lanciandomi un cuscino.
"Hei!" esclamai rilanciandoglielo. "Non è colpa mia, ma di Jen che come sempre si è avvinghiata a me. Ma va bene, la prossima volta che mi alzo, sveglio tutte aprendo la tenda di scatto. Così l’impatto traumatico non vi lascia scampo” battibeccai divertita.
"Se lo fai, dimenticati di una vita tranquilla”
Risi. "Sei sempre così simpatica la mattina Charlie!" scherzai.
"Tu sempre così troppo indaffarata" rispose lei sistemandosi il cuscino sotto la testa.
" Ma so che mi vuoi tanto bene" continuai tirando fuori la lingua.
"Purtroppo” sospirò lei. “ Incomincio a pensare seriamente di cambiare amica... e prenderne una più silenziosa e più aggraziata magari. Sai, almeno mi fa dormire la mattina presto" bofonchiò da sotto al cuscino.
"Se lo fai dimenticati una vita tranquilla!" le risposi divertita con la stessa battuta che mi disse poco prima, mentre lei rise di gusto e ritornò a dormire tranquilla.

Si, credo che abituarsi a quella nuova compagnia sarebbe stato difficile, ma lo sarebbe stato ancora di più se ne avessi dovuto fare a meno.
Uscì dalla camera dando un'ultima occhiata alle ragazze e ancora sorridendo, richiusi leggermente la porta avviandomi verso il bagno.

***

“Allora cosa prevede il tuo programma oggi?” mi chiese Jen mentre si truccava accuratamente seduta alla scrivania.
“Innanzitutto credo che andrò all’Old Hannings a salutare tutti i ragazzi. Non ho avuto modo di stare con loro l’ultimo giorno della scadenza del progetto. Sento un po’ la loro mancanza”
“Senti la mancanza di Harry semmai!” mi corresse lei, senza interrompere quel che stava facendo.

Si, aveva decisamente ragione. Mi mancava maledettamente.

“Esatto!” s’intromise Charlie mentre si sistemava i capelli.
“Vabbè dettagli…” la feci breve. Preferivo non parlare di lui, non dopo quello che avevo scritto di lui stanotte. “E dopo aver fatto ciò ritornerò al London State per accertarmi che il mio progetto sia arrivato correttamente e che sia stato valutato”.
“La solita secchiona perfettina!” esclamarono le mie amiche in coro per prendermi in giro, ed io sbuffai portando gli occhi al cielo. “Voi invece? Che piani avete per oggi?”
“Bhè credo che ci faremo un giro per il quartiere, sai sembra molto carino qui. E con l’aiuto di Charlie, credo faremo una sosta al centro. Ho voglia di fare tante cose!” Affermò Jen euforica.
“Perché ho la sensazione che ne combinerai una delle tue stamattina?” la presi in giro.
“Semplice, perché sarà esattamente così” rispose con fare disinvolto.
“Oh povera me!” esclamò Charlie portandosi una mano al viso disperata, provocando le risate divertite di tutte. “Potremmo anche raggiungerti all’Old Hannings se vuoi. Sembra un posto accogliente… ce ne parli spesso e non abbiamo mai avuto l’occasione di andarci, né di conoscere nessuno dei ragazzi” continuò Charlie.
“Già… sai, sentirne parlare e vederli sui giornali è un conto, ma averli di fronte… è tutta un’altra cosa!” s’intromise Jen.

Ci riflettei su. Anche se non ero certa che gli fosse consentito entrare in una sede privata, era un’ottima idea. Almeno avrei avuto un diversivo per andarmene in fretta e per impedire che il mio incontro con Harry diventasse 'troppo intimo', come sempre ormai.

“D’accordo d’accordo… ho capito” sorrisi. “Ci vediamo lì alle 10.30 ” affermai, mentre loro esulavano estasiate.          

Presi la borsa dal letto e dopo aver dato un’ultima controllata per accertarmi di non aver dimenticato nulla, mi avvicinai alla porta.

“Sapete come raggiungere l’Old Hannings? O volete che ve lo spieghi?”
“Abbiamo la cartina, guarderemo da qui grazie.” Disse Charlie.
“Sicure?”
“Si, tranquilla. Insomma, quanto mai potrà essere difficile?” intervenne Jen ironica
Le guardai divertita. “Va bene, allora vado. Ci vediamo dopo!”

Richiusi la porta dietro di me, prendendo un respiro profondo, e sperando che, quando avrei incontrato Harry, i suoi occhi non mi avrebbero fatto molto male.



Harry’s Pov

Erano le sei del mattino, ed io, come raramente mi era capitato, stavo già lavorando ad un nuovo pezzo. Avevo in testa una melodia che mi tormentava da giorni e pensare alle parole da adeguarci su non fu così difficile come credevo. Avevo la mia fonte d’ispirazione e non mi era mai successo di scrivere un testo di una canzone così facilmente. In questi giorni avevo dovuto trovare un modo per darmi forza da solo, per auto-incoraggiarmi come avevo bisogno, per riprendere la mia vecchia routine anche senza di lei, che ogni mattina ormai non veniva più a riempirci la testa di mille domande per il suo progetto, o a sorriderci e sostenerci come poche persone sapevano fare.
Lavoravo a quel pezzo da tre giorni, e so che avrei continuato ancora per molto. Era come se sentissi di dovermi liberare di tutto quel che provavo, come se per trovare le risposte di cui necessitavo dovevo per forza “ritornare alle origini” e cercare di sfogarmi componendo, piuttosto che confidarmi con lei. E se anche avessi voluto, non ne avrei avuto comunque il modo, dato che per ben cinque fottutissimi giorni, di lei non ne avevo più traccia; tranne che per qualche risposta furtiva e monosillaba che ero riuscito a strapparle tra un giorno e l’altro, ma poi… nulla. Non avevo la minima idea di cosa le fosse successo, di come stesse, di cosa avesse bisogno. Io ero lì che avrei potuto darle tutto quello che desiderava, o almeno, avrei cercato di aiutarla… esattamente come aveva fatto lei con me. Ma per qualche assurdo e snervante motivo lei non me lo permetteva. Era fredda, sembrava avesse innalzato il suo muro ancora di più, proprio quando il mio, invece, avevo appena imparato a distruggerlo. Non riuscivo a capire cosa avesse e questo mi innervosiva parecchio, soprattutto se questo suo malessere la costringeva ad assentarsi per così tanto tempo.
In questi giorni mi ero reso conto più che mai di quanto stesse diventando importante Sophia per me, e non mi ero mai sentito così, non mi ero mai trovato in questa situazione. Insomma, era ridicolo cazzo!                                  
Una ragazza che conoscevo da appena una settimana mi era entrata dentro, molto meglio e molto più di tante altre ragazze con cui ci ero stato per mesi. Non sapevo nulla di lei, eppure in sua compagnia mi sentivo come se ci fossi abituato da sempre… e invece no cazzo, non mi ero mai sentito così. Mi sentivo come se sapessi tutto di lei e come se lei conoscesse ogni minimo dettaglio di me. Bastava un solo sguardo per salvarmi come non mi era mai accaduto, ed un altro ancora per distruggermi senza alcun controllo. Come poteva una perfetta sconosciuta, ispirarti così tanta fiducia e sicurezza? Come poteva una perfetta sconosciuta capirti così tanto solo guardandoti? Come riusciva ad avere questo effetto così calmante su di me? Come poteva una ragazza comparsa dal nulla, entrare nella mia vita con così tanto silenzio e fare, allo stesso tempo, così tanto rumore? Le avevo confidato da cosa stavo scappando, dopo neanche tre giorni di conoscenza – fuga che nemmeno i miei amici della band conoscevano – e mi ero sentito sollevato di un grosso peso. Mi sentivo come se avessi fatto la cosa più giusta in vita mia. E se avessi avuto modo di riscegliere, lo avrei fatto ancora. Come era possibile tutto questo? Non potevo legarmi così tanto ad una ragazza conosciuta da poco… insomma, se lo avessi detto in giro mi avrebbero preso per pazzo! Perfino i miei amici direbbero che mi è dato di volta il cervello porca puttana.    
Mi sentivo così impotente… e questo mi confondeva. Non sapevo cosa provavo per lei… ma sicuramente ora che era entrata nella mia vita, prepotentemente ma con così tanta delicatezza, non l’avrei lasciata andare via. Avevo come il presentimento che Sophia avesse un ruolo importante per me, e anche se ancora non sapevo quale fosse, già la sentivo dentro di me. E non capivo il perché.                                                                                                                                            
Le avevo detto tante frasi importanti dannazione. Non le dicevo a tutti quanti… in realtà non le avevo mai dette a nessuno. E così sarebbe dovuto essere. Ma quando
stavo con lei, tutto ciò che pensavo, ciò che mi dettava la mente, l’orgoglio, la barriera e tutto me stesso si annullavano completamente. Era come se il mio cuore o qualcos’altro dentro di me prendesse il sopravvento e si mettesse in comunicazione con lei. Senza darmi nemmeno il tempo di rendermi conto di cosa le stavo dicendo. Sapeva più cose lei di me che i miei migliori amici. Lei custodiva le mie emozioni più nascoste, le mie sensazioni e paure che non potevo permettermi di mostrare.
Lei… lei… era in grado di rivoluzionarmi in questo modo. E non sapevo se era un bene o un male. Ma non riuscivo a fare a meno di tutto quel bellissimo imprevisto, rigenerante e stravolgente come un uragano.                                                                                                               
Forse erano i suoi occhi celesti così trasparenti e così profondi che catturavano la mia attenzione, trascinandomi a lei. Forse era la sua riservatezza, il suo passato da cui fuggiva – a me sconosciuto-  che catturava la mia vulnerabilità e la rendeva sua.                                                                                                                                
Forse era il suo sorriso che mi catturava e basta… e mi sentivo più leggero ogni volta che lo faceva.
Come se un suo sorriso mi salvasse senza che lei lo sapesse. E senza che lo sapessi neanch’ io d’altronde.
Stavo delirando. Non era possibile che arrivavo a dire cose simili di una ragazza che conoscevo appena. Forse stavo sognando, forse ero intrappolato in una fantasia che avevo immaginato soltanto io, forse era solo un’allucinazione. La più bella che abbia mai visto però. E se quando ero in sua compagnia, non vedevo l’ora di rivederla il giorno dopo, adesso che non avevo più sue notizie, avevo soltanto voglia di correre da lei, buttare giù quella porta a suon di pugni, guardarla negli occhi ed abbracciarla forte. Ma non sapevo cosa mi desistesse dal farlo. Probabilmente se avesse voluto parlare dei suoi problemi con me, lo avrebbe già fatto. Forse non voleva, ed io non potevo pretendere di piombare da lei all’improvviso e farmi dire ciò che la turbava contro la sua volontà. Anche se mi faceva molto male vivere in questa condizione di impotenza.                                                                                                                                              
Ero sicuro che avesse qualcosa, me lo sentivo… e purtroppo il mio sesto senso non sbagliava mai. In questi anni avevo imparato a conviverci. C’era così tanta alchimia tra noi, che ormai anche io riuscivo a leggerla dentro, anche se non bene come, invece, sapeva fare lei. Volevo aiutarla, volevo che ritornasse felice come sempre. Volevo soltanto averla vicino, ed io mi sentivo tremendamente stupido, anche solo a pensarla una cosa così, data la nostra particolare “situazione”. Non sapevo cosa provavo per lei, ma sapevo solo che era qualcosa di forte, di raro… qualcosa tipo che sarei voluto restarci a parlare per ore per una notte intera. E lasciare che le nostre paure insieme, scacciassero ogni tempesta. Invece, mi ritrovavo a scrivere una stupida canzone, perché era l’unico modo che avevo per far capire ciò che sentivo, a qualcuno che forse nemmeno mai le avrebbe sentite queste parole, ma era sempre stata la mia seconda fuga, e lo sarebbe sempre stato. Dopo questi cinque giorni di nulla, occupavo il mio tempo morto componendo e quel che stava venendo fuori era talmente sofferto e personale, che sarebbe stata la mia piccola canzone proibita. Così come quella strana sensazione che avevo dentro di me, ogni volta che vedevo lei… e la guardavo negli occhi.
Nessuno doveva saperlo, almeno finchè non ero certo perfino io stesso di cosa provassi. Sarebbe stato il piccolo grande segreto.  
Ancora assorto nei miei pensieri, ripresi il plettro dal comodino, e dopo aver riprovato un paio di accordi, provai a canticchiare quel che avevo scritto:

Now you were standing there, right in front of me
I hold on scared and harder to breath.
All of a sudden these lights are blinding me
I never noticed how bright they would be.
Seems like these days I watch you from afar
just trying to make you understand:
Don’t let me, don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone”

L’insieme stava venendo su abbastanza bene e non vedevo l’ora di terminare quella canzone. Magari avrei potuto cantarla a squarciagola, magari qualcuno l’avrebbe sentita, lei l’avrebbe sentita, e non sarei stato più costretto a cantarla da solo... si, e poi come per magia il mondo si sarebbe trasformato in un insieme di cuoricini rosa e uccellini che cinguettavano, stavo diventando davvero patetico. Veramente molto patetico e ridicolo. Che mi stava succedendo? Odiavo non conoscere la risposta cazzo.
Delirando tra un film mentale da oscar e l’altro, una chiamata mi distrasse e per qualche assurdo motivo, mentre presi il telefono, speravo fosse lei, ma quando lessi il nome di Zayn quella piccola speranza dentro di me scomparve, così come il lieve sorriso che minacciava di spuntare sul mio viso.

Era ovvio che non potesse essere lei, cosa ti eri messo in testa?” mi ripetei mentalmente sentendomi ancora più stupido.

Se avesse voluto farsi viva, lo avrebbe fatto cinque giorni fa… non si sarebbe ‘dimenticata’ di me così. Già, trascuravo quanto potesse far male una cosa simile… c’ero abituato ormai, ma qualsiasi cosa facesse lei o faceva tremendamente bene, o tremendamente male. Non c’erano vie di mezzo… e forse questa era sempre stata la particolarità del nostro rapporto. Non era entrata nella mia vita come accadeva a tutti, non l’aveva fatto con una risata, con una chiacchiera o con qualsiasi altro metodo d’approccio che usavano tutti, né c’era entrata con uno scontro casuale su un marciapiede di periferia, bensì con uno sguardo. Con un solo semplice sguardo, che mi aveva completamente stravolto.
L’ennesimo squillo del telefono mi riportò dalla realtà dall’ennesimo mio pensiero su di lei. Stava accadendo troppo spesso in questi cinque giorni. Avevo bisogno di distrarmi, di pensare ad altro. Guardai nuovamente il nome di Zayn sullo schermo e risposi.

“Hey Zayn” dissi quasi apatico.
“Hey Haz” disse lui in tono opposto al mio. “Come va?”
Rimasi perplesso “Va… va come sempre”

Ci furono alcuni secondi di snervante silenzio.

“Zayn cosa vuoi?” sputai scocciato. “Se devi dirmi qualcosa fallo subito, non girarci intorno con questa vocina compassionevole, perché non fa altro che irritarmi” dissi tra i denti.

Odiavo queste sue chiamate troppo compassionevoli. Da quando avevo iniziato a star male per l’assenza di Sophia, mi aveva tempestato di chiamate dove mi chiedeva come stessi, cosa facevo e bla bla bla. Tutto stava assumendo una vena ridicola. Come voleva che stessi cazzo? Perché era sempre così felice quando mi chiamava?
Io non lo ero, non lo ero per niente. Non mi aiutava quel suo tono compassionevole. Stavo bene porca puttana. Non ero felice, ma stavo bene.
E subito in quel momento mi domandai se fosse giusto che una persona potesse stare bene, anche se in realtà non era per niente felice
. Mi domandai davvero con tutto me stesso se fosse possibile.

“ Ehm” mugulò lui imbarazzato e sorpreso “volevo solo sapere come stavi… e ricordarti che tra un’ora c’è il soundcheck”.
“Si lo so cosa c’è tra un’ora” ribattei indispettito mentre guardai l’orologio.

Erano già le otto. Ed io, per perdermi tra i miei deliri e pensieri, non mi accorsi che erano già passate due ore da quando mi ero svegliato. Silenziosamente ringraziai Zayn, per avermene fatto accorgere. Ma non gliel’avrei mai confessato, per oggi ero stato vulnerabile abbastanza.

“D’accordo, allora suppongo non ci sia altro da dire” esitò. Mi iniziai a sentire in colpa, merda. “A tra poco” concluse in modo spento.
“Va bene” risposi. “E… scusami” mi lasciai scappare velocemente, quasi sussurrando, prima che concludesse realmente la chiamata. Non ero certo che mi avesse sentito in tempo, ma non mi importava.

Era strano ritornare di nuovo scontroso verso di lui, verso di loro. Era da un po’ che non lo facevo più e che avevo promesso di non farlo. Ma se a chi l’avevo promesso non potevo dimostrarlo, che senso aveva continuare a mantenerla? Avevo così un diavolo per capello, che anche se avessi voluto rispettarla per me stesso, non ne sarei stato capace. Dovevo trovare qualche altro metodo che mi aiutasse a sfogarmi. Dovevo trovarlo… e subito. Tutti questi dubbi e questi pensieri mi stavano facendo scoppiare la testa.
Non appena riattaccai, raccolsi tutti i fogli sparsi disordinatamente sul letto e riponendoli gelosamente dentro una busta di carta che nascosi sul fondo del cassetto del mio comodino. Presi la chitarra e dopo averla inserita nella custodia, la posai al solito posto vicino l’armadio.
Mi affannai a raccattare i primi vestiti che avevo a tiro e cercai di prepararmi velocemente per recarmi all’Old Hannings. E mentre mi vestivo, non potevo fare a meno di riflettere su ciò che avevo pensato prima: stavo bene, ma non ero felice; perché, ora come ora - anche se non ero di certo di come avrei reagito - per essere felice volevo soltanto che lei oggi venisse da me.



Zayn’s Pov

Gettai il telefono con rassegnazione su un sediolino qualsiasi dell’auditorium e mi sedetti a peso morto sugli scalini, sbuffando. Mi ero stancato di sentire Harry così, un’altra volta. Mi ero stancato di vedere di nuovo l’Harry di quasi una settimana fa: suscettibile, perennemente nervoso e che inveisce contro di noi per ogni minima cosa. Mi sembrava di ritornare indietro, quando tutti soffrivamo per questa spiacevole situazione e sembravamo essere giunti al capolinea. Non mi andava di rivivere di nuovo tutto questo. Non mi andava di litigare di nuovo con il mio migliore amico e far sì che la tensione tra noi ostacolasse anche il nostro lavoro. Non capivo perché all’improvviso era ritornato ad essere così scontroso e misterioso, a ‘dialogare’ senza far a meno delle sue risposte taglienti e delle frecciatine sarcastiche. Aveva rialzato la sua barriera, era ovvio, ma non riuscivo a capire cosa lo avesse sconvolto o ferito così tanto, al punto da fargliela erigere di nuovo. Ci riflettevo in continuazione, eppure, nonostante tutte le ipotesi che avessi in testa, nessuna sembrava essere quella giusta, o meglio, quella così sofferta per lui.
Un pensiero fisso mi ronzava in testa, però, e se fosse stato proprio quello l’enigma di tutto questo, allora avrei dovuto fare una vera e propria chiacchierata con lui. Insomma, stava andando tutto così bene cazzo, perché comportarsi ancora così? La situazione, ad un certo punto, era migliorata e, coincidenza o no, assunse una piega diversa proprio con l’arrivo di Sophia. Da quel giorno Harry sembrava essere cambiato. Sembrava essere ritornato nella sua vera natura. L’ultima volta che vidi Sophia, fu quando ebbe improvvisamente un forte attacco di panico qui nell’auditorium… prendemmo un bello spavento tutti quanti, ci sorprendemmo di quanto fu forte il suo malore improvviso, ma ciò che ci sorprese del tutto, fu la reazione di Harry. Balzò in piedi di colpo e corse da lei come se noi non esistessimo più. La abbracciò stretta e sul suo viso vidi un’espressione molto sentita e coinvolta, sembrava davvero che fosse molto preoccupato per lei. Noi altri ci guardammo tra noi basiti e sorpresi, quasi sconvolti. Non ci aspettavamo un comportamento così premuroso da parte del nuovo Harry, non ci aspettavamo che ritornasse ad essere quello di sempre in tre secondi, soltanto vedendola stare male. Dopo il lungo abbraccio si guardarono negli occhi per un bel po’ di tempo, e vidi quasi una grande scintilla tra i due, e fu lì che mi resi conto che probabilmente per Harry, Sophia non era poi così indifferente. Ma quando lei tentò di scappare imbarazzata e lui piantò in asso noi nel bel mezzo di una conversazione, solo per raggiungerla e portarla con sé, trasformai la mia tesi in una vera e propria teoria: Sophia aveva la strana, sconosciuta, ed inspiegabile capacità di tirar fuori il vero Harry, di migliorarlo, di cacciare il meglio di lui, ed io avevo questo sospetto fin dalla prima volta che si sono incontrati qui all’Old Hannings.
Sapevo che lei poteva aiutarci inconsciamente, sapevo che potesse riuscirci ed ero davvero felice di essermi accorto che il mio, non fosse solo un semplice presentimento. Il giorno dopo Harry era completamente cambiato, o meglio era ritornato in sé: venne alle prove col sorriso stampato sulle labbra, era di buon umore, provava meglio del solito e propose tante buone idee per le esibizioni. Era decisamente più coinvolto in quel che facevamo, e finalmente mi sembrò di rivivere i vecchi tempi, quelli quando iniziammo a muovere appena i primi passi da band esordiente. L’entusiasmo era lo stesso e anche la complicità, smise di trattarci male, di essere perennemente cupo e di mal umore, non conduceva più una vita sregolata né prendeva decisioni avventate.
Nessuno seppe spiegarsi il perché di questo suo nuovo cambiamento, ma io si. Non so cosa fecero quel giorno quando scapparono insieme, non so cosa si dissero, cosa successe… ma qualunque cosa sia stata, aveva liberato Harry di un grosso peso. Era rigenerato e sapevo che fosse merito di Sophia.
Sorrisi a quel pensiero e mi venne il magone quando mi accorsi di ripensare a tutto questo come un ricordo lontano e non come alla realtà.
Da quel giorno Harry cambiò in meglio, ma Sophia scomparve. Non si ebbero più sue notizie, se non che aveva preso un giorno di malattia, quindi deducevo che non si sentisse bene. Ma poi i giorni divennero, tre, poi quattro, poi cinque… fino a finire la settimana, ma di lei nessuna traccia. Tutti iniziammo a sospettare che il suo giorno per malattia fosse ricollegato all’attacco di panico che le venne la settimana scorsa, ed iniziammo a temere il peggio, ma se fosse stato così sarebbe arrivato un comunicato o un certificato di malattia che lo avrebbe attestato, quindi scacciammo questo brutto pensiero dalla mente. L’unico ad essere ancora molto preoccupato era Harry, e rividi nei suoi occhi e nei suoi atteggiamenti, la stessa preoccupazione che provò quel giorno quando lei si sentì male, solo moltiplicata cinque volte di più. Improvvisamente, ogni giorno che passava e lei non c’era, lui era sempre più giù di morale oltre che sempre perennemente preoccupato.  Aveva continui sbalzi d’umore, passava dalla rabbia, alla tristezza, dalla lieve euforia, alla solitudine. Non capivo che gli stava succedendo. Sapevo che il suo comportamento era strettamente legato a Sophia, ma per arrivare addirittura a fargli cambiare umore allora, c’era qualcosa sotto di cui nemmeno io ne ero a conoscenza. Harry non mi aveva mai parlato di lei. Non ci eravamo mai seduti a tavolino per fare una bella chiacchierata su cosa provasse, ma non ne avevo mai avuto il modo. Era sempre sfuggente, ed inseguirlo diventava sempre più difficile. Ma se la situazione non sarebbe migliorata, avrei preso seriamente in considerazione quest’idea.
Dovevamo risolvere questo problema e subito, o le prove avrebbero rallentato e calato di qualità ogni singola volta. Prima l’avevo chiamato perché da quando era triste, sentivo il bisogno di farlo, per stargli vicino, e fargli capire che con me poteva sempre parlare di tutto, anche se si allontanava un po’. M evidentemente tutte le mie chiamate lo infastidivano… magari le avrei ridimensionate.
Oltre a sapere come stava volevo anche ricordargli del soundcheck perché ieri venne in ritardo e sballammo la scaletta di un’ora. Tornammo a casa più tardi del solito e il signor Hampton non ne fu molto felice dato che sarebbe dovuto partire per Los Angeles, ed era stato costretto a spostare il volo a oggi pomeriggio. Ciò che mi consolò fu il fatto che riuscì a sentire il suo sussurrato e fugace ‘scusami’ e sorrisi quando lo fece, perché in fondo in fondo, non era poi così diverso dall’Harry di sempre. Prima di Sophia, il suo cambiamento era insensato, era un cambiamento fin troppo radicale, ora invece era un mutamento di sofferenza. Stava particolarmente giù e quindi agiva di conseguenza… e per questo motivo gliela passavo. 
Riuscì a sentire le sue scuse, ma non glielo avrei detto per adesso, magari avrei solo sottolineato il suo momento di debolezza, ma mi aveva fatto piacere. Sarebbe finito tutto prima o poi, se solo Sophia fosse entrata da quella porta oggi. Lo speravo davvero con tutto il cuore. Volevo vederci meglio in tutta questa storia, volevo vedere Harry felice e prima o poi un dialogo con entrambi non me lo avrebbe tolto dalla testa nessuno.
Mi alzai dallo scalino per andare a prendere il telefono. Ero rimasto seduto lì per non so quanto e avevo perso la cognizione del tempo. Raggiunsi la mia destinazione e cercai di vedere l’orario, quando la porta si aprì, facendo risuonare lo scricchiolio per tutto l’auditorium.
Alzai lo sguardo velocemente e quando mi accorsi che Harry entrò da quella porta, subito tirai un sospiro di sollievo.

“Hey amico” dissi facendogli un cenno con la mano.
“Hey” sorrise appena, con il tono spento. “Iniziamo le prove?”

Restai di stucco. Evidentemente voleva distrarsi proprio parecchio… ma non avrei fatto domande. Magari oggi sarebbe stata la giornata buona.

“Certo” esclamai, mentre lui sistemava le sue cose. “Dammi solo il tempo di chiamare gli altri”.
 


Sophia’s Pov


Guardai per la terza volta l’orario sul mio orologio da polso mentre battevo insistentemente il piede per terra. Ma dove erano finite quelle due? Avevamo appuntamento qua fuori ben dieci minuti fa e di loro ancora nessuna traccia. Probabilmente si erano fermate a contemplare qualche vetrina di troppo, o stavano cercando di fare colpo su qualche bell’inglese di turno. Avrei tanto voluto stare con loro, chissà quante ne avevano combinate.
Sorrisi pensando alle loro marachelle e alla loro allegria contagiosa, ma subito l’ansia iniziò a farsi spazio dentro di me. Il solo pensiero che lì dentro potesse esserci Harry mi terrorizzava e mi rallegrava allo stesso tempo. Ma avevo paura di guardarlo negli occhi, avevo paura che non sarei riuscita ad evitarlo come avrei voluto, anzi, come era giusto che fosse. Dovevo resistere con tutta me stessa, dovevo essere forte, non potevo crollare.
Passarono altri cinque minuti e il tempo stringeva. Non potevo perdere altro tempo. Prima sarei entrata, prima me ne sarei andata. Mi mordicchiai l’interno delle guance guardando da un lato all’altro della strada, e non vedendo le mie amiche arrivare, decisi di entrare comunque.
Aprii la porta cigolante e feci capolino con la testa, vedendo alcune figure in miniatura parlare tra loro sul palco, mentre strimpellavano degli strumenti. Bene, non mi avevano nemmeno notata, ero ancora in tempo per correre via… ma era un’idea folle e scossi la testa cercando di convincermi ad andare fino in fondo. Ero scomparsa per giorni senza dare spiegazioni, adesso me ne sarei dovuta andare per forza perché il progetto era finito. Non potevo scomparire senza un valido motivo dalle vite di tutti loro. Passare per un saluto era il minimo che potessi fare.
Entrai con decisione nella sala e, paradossalmente, ogni passo che facevo diventava sempre più pesante. Era come se i piedi affondassero nelle sabbie mobili e le mie gambe riuscivano con sempre più difficoltà a raggiungere la meta.

Forza Sophia, puoi farcela” mi ripetei, mentre ero a metà strada tra l’entrata e il palco.

Una piccola parte di me stava maledicendo con tutta se stessa le mie amiche. Se non avessero fatto tardi, in questo momento non mi sentirei come se un fulmine stesse per colpirmi in pieno. Sarebbe stati tutto molto più facile accidenti!  Tra un’imprecazione mentale e l’altra, non mi accorsi di un borsone che si trovava nel bel mezzo dei miei passi ed inciampai emettendo un mezzo urlo stridulo. Fortunatamente riuscì a non cadere, ma in compenso tutti loro smisero di fare quel che stavano facendo e si voltarono verso di me sbalorditi. Oh no.

“Sophia?!” esclamarono quasi in coro come se avessero visto un fantasma, rimanendo immobili nelle loro posizioni.
“Ehm... c-ciao ragazzi!” dissi imbarazzata per l’accaduto cercando di dissimulare.

Scorsi lo sguardo velocemente per tutto l’auditorium, ma con mia sorpresa Harry non c’era. Qualcosa dentro di me si spense all’improvviso, ma fui grata del fatto che non aveva assistito a questa pessima ed imbarazzante scena. Tutti posarono gli strumenti e lentamente, ancora spiazzati, mi raggiunsero, posizionandosi di fronte a me disordinatamente. Avevo gli occhi di tutti addosso, iniziavo a sentirmi nervosa.

“ Sophia ma… ma sei davvero tu?” mi chiese Niall sorpreso.
Sorrisi “Si, si sono io” smorzai un po’ la tensione. “Scusate… non volevo interrompervi! Volevo entrare silenziosamente e salutarvi quando avevate finito, ma non ho visto il borsone e…” tentai di giustificare la mia entrata in scena improvvisa.
“N-non posso crederci!” esclamò Liam interrompendo i miei tentativi di giustificazione e abbracciandomi incredulo, quasi come se fosse contento che non mi fosse accaduto nulla di male. Tutti lo imitarono, dando vita ad un caloroso abbraccio di gruppo. “Come stai?” mi chiese poi sciogliendo l’abbraccio, con tono molto paterno poggiando la mano sulla spalla.
“Bene, grazie” risposi allo stesso modo guardando basso.
“Siamo stati davvero tanto in pensiero” continuò lui, ed io mi sentì tremendamente in colpa. “Sai, l’ultima volta che ti abbiamo visto non ti sei sentita bene e pensavamo ti fosse successo qualcosa di grave… grazie a Dio non è così!”
“ Già fortunatamente sto bene. Nessun pericolo in vista!” cercai di sdrammatizzare.
“Perché non hai fatto avere più tue notizie?” mi chiese Zayn, con uno sguardo serio e compassionevole.

Mi spiazzò con quella domanda. Avrei dovuto aspettarmelo, ma non credevo me l’avesse chiesto lui, ero convinta lo facesse Harry. Ma dov’era? Probabilmente non sarebbe venuto oggi. Sospirai.
Esitai per qualche secondo sostenendo il suo sguardo, incurante di quello degli altri che ci fissavano curiosi.

“Bhe… ehm” biascicai nervosa.

La portà si aprì di scatto, interrompendo la conversazione e aiutandomi a uscirmene da questa situazione spinosa.
Tutti ci voltammo verso la sua direzione, e silenziosamente sperai che fossero le mie amiche.                                                 
Una chioma ricciolina s’intravide in lontananza e mi sentii come se il pavimento crollasse d’un tratto da sotto i piedi. Mi sentì come se un peso di piombo si fosse materializzato sul mio stomaco, ma il mio cuore batteva così forte che quel peso quasi non lo sentivo più. Non credevo sarebbe venuto, pensavo che oggi avesse preso il giorno libero. I ragazzi si guardavano tra loro preoccupati, e dopo aver tolto lo sguardo da me, lo posarono su di lui, quasi come se intuissero che la sua reazione se e quando mi avrebbe visto, sarebbe stata incontrollabile, e dentro di me sapevo sarebbe stato così. Lo fissai intensamente, e cercai di farmi piccola piccola mimetizzandomi nel gruppetto.
Pregavo con tutto il cuore che non si fosse accorto di me, ma sapevo che sarebbe stato impossibile. Non sapevo se avrei retto il suo sguardo, non sapevo come avrei reagito. Sentivo di non farcela.

“Ho trovato gli spartiti!” esclamò guardando ancora i fogli di carta che aveva in mano. “ Adesso possiamo p-“  si arrestò di colpo non appena alzò lo sguardo ed incrociò il mio.

Merda.





Writer's Pov:
Eccomi qui! Si lo so, ho aggiornato dopo ben 5 mesi di ritardo, non so nemmenlo io come sia successo, ma vi chiedo un milioni di volte scusa.
In questi 5 mesi ho fatto di tutto: studiato come una forsennata per l'ultimo periodo scolastico, festeggiato il mio 18esimo compleanno (che richiede davvero tanto tempo e tanta organizzazione) e tante altre piccole attività che ero convinta mi tenessero occupata per molto meno tempo.
Spero davvero che ci sia ancora qualcuno che mi segua e che abbia atteso questo capitolo, anche per tutto questo tempo.
Come ben avete notato la situazione incomincia ad invertirsi e ribaltarsi... Sophia che sceglie di rinunciare a Harry perchè non vuole coinvolgerlo nel suo passato... gesto molto altruistico e di immenso amore, ma riuscirà a resistere e a portare a termine questo sue estremo gesto d'amore? Harry che, invece, inizia a rendersi conto che Sophia è molto più importante di quello che pensava ed è deciso a rincorrerla per far pace con i suoi sentimenti. Questa fuga andrà a buon fine? E Harry come reagirà adesso che ha visto Sophia?
Ah, la frase che scrive Sophia sul suo quadernino, è una frase sempre mia, tratta da una nota che ho scritto sulla mia pagina facebook, (si ho anche una pagina facebook xD) spero vi piaccia. :)
Giuro che metà del prossimo capitolo gia ce l'ho pronto, perchè ho voluto portarmi avanti, quindi vi garantisco che aggiornerò il prima possibile! Parola mia.
Grazie a tutte quelle persone che intanto hanno aumentato le visite e mi hanno lasciato alcune recensioni bellissime che mi riempiono il cuore di gioia. Tra un impegno e l'altro le leggo le vostre recensioni, l'ho sempre fatto... siete sempre con me. Adesso rispondo a tutti, e lo farò sempre. Grazie di cuore <3
Vi aspetto al prossimo capitolo!

- Alex.

P.S: Ho pubblicato la storia anche su wattpad, per chi volesse seguirla anche lì ecco il link:
http://www.wattpad.com/story/16816008-come-l%27ultima-volta







 

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