Capitolo
1: Arrivano
-”Forza
Testa D'Alghe! Lancia quella palla.”
Lui
scagliò la palla verso l'alto, in direzione della cima della
collina. Pronta, la ragazza afferrò la sfera al volo e senza
aspettare la rispedì al mittente, ma sbagliò la
mira.
-”Ehi,
non puoi aspettarti che ogni volta che finisce giù dalla
collina sia
sempre io a doverla recuperare.”
-”Oh
piccolo. Ti stai sfaticando troppo? Ma quanto mi dispiace.”
-”Non
sei divertente Annabeth. E non sono il tuo cagnolino da
riporto.”
-”Allora
dovresti prendere lezioni da Cerbero. E' addestrato molto meglio di
te.”
-”Ah,
Lasciamo perdere.” Sbuffò, tornando sui suoi passi
per recuperare
l'oggetto. Era arrivato ai pedi del colonnato di entrata del campo
quando qualcosa si mosse nei cespugli vicini agli alberi circostanti.
Il
ragazzo si mise subito sull'allerta.
-”Chi
è là?”
Nessuna
risposta. Percy si portò la mano in tasca, dove teneva
Vortice. Una
massa scura passò in mezzo a due pini li vicino.
Lui
tolse il cappuccio alla penna e impugnò la sua spada.
Sentì un ramo
spezzarsi a pochi passi da lui.
-”Percy,
che succede?” Chiese Annabeth.
-”Resta
dove sei.”
Udirono
un lamento, poi qualcosa che si trascinava.
-”Non
mi piace.” Disse lui. Se fosse stato un mostro i confini
magici del
campo lo avrebbero respinto. Ma era troppo vicino, ergo doveva
già
averli oltrepassati.
Improvvisamente
una figura oscurata sbucò da dietro un albero e
avanzò lentamente
verso di loro.
-”Chi
sei?” Domandò Percy.
Man
mano che l'ombra avanzava si scorgevano dei dettagli.
Era
un uomo sulla trentina, con un cappuccio nero calato sulla testa.
Portava una balestra legata alla schiena e una faretra vuota. Gli
abiti scuri erano ridotti a brandelli e una fasciatura macchiata di
sangue gli cingeva il polpaccio sinistro. Le braccia erano ricoperte
da graffi e tagli. Zoppicava e si reggeva una mano alla spalla.
-”Oddei.
Annabeth, va a chiamare Eliot e un paio degli altri ragazzi di
Apollo.” Le urlò lui. Poi corse incontro all'uomo
e si mise il suo
braccio intorno al proprio collo, caricandoselo addosso.
-”Ehi,
resisti amico. Ti portiamo in infermeria.” Vide che i figli
di
Apollo giungevano velocemente trasportando una barella. Cercava di
andargli incontro ma il carico che trasportava era pesante e in
più
non dava intenzione di collaborare. Quando non ce la fece
più, Percy
adagiò cautamente il ferito sull'erba e gli aprì
la giacca per
esaminare ulteriori danni sul busto. Il torace presentava
un'infinità
di tagli e c'erano molti segni rossi convergenti, come dopo
un'esplosione. Sembrava che il tizio avesse attraversato gli inferi.
Lentamente
aprì gli occhi; erano marrone scuro, con i bordi rossi per
il
sangue. Aveva capelli neri tagliati corti e una cicatrice sotto
l'occhio destro.
-”Io...
“ Cercò di dire.
-”No,
resta giù e non muoverti. Vedrai che te la
caverai.”
-”Io...
devo trovare... “ Riprese fiato, “Il Campo
Mezzosangue.”
Percy
restò immobile a fissarlo.
-”Ci
sei dentro.” Affermò. L'uomo corrugò la
fronte e si guardò
attorno.
-”Devo
vedere Chirone. E' urgente.” Tentò di alzarsi, ma
subito il dolore
al petto lo costrinse a stendersi.
-”Sei
testardo, ti ho detto di non muoverti.” Percy diede
un'occhiata
verso valle e vide che i soccorsi si stavano già
arrampicando.
-”Devo
avvertirlo. Ade...” Si fermò per un colpo di tosse.
-”Zitto,
parlerai dopo.”
-”No.
Il nemico... loro... “ Inspirò, “Loro
stanno arrivando.”
Disse. Per poi perdere i sensi.
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