Hunting Cats - Il Fantasma di Boston

di cartacciabianca
(/viewuser.php?uid=64391)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I parte ***
Capitolo 2: *** II parte ***
Capitolo 3: *** III parte ***



Capitolo 1
*** I parte ***


Per motivi di forza maggiore ho dovuto sospendere la pubblicazione del filone principale di Hunting Cats e Dio solo sa se avrò ancora tempo/voglia/ispirazione per lavorarci, ma non volevo che questo ciclo sul Fantasma di Boston (che avevo pronto già da un po') andasse perso.
Per i nuovi lettori una breve introduzione: siamo nel 1763 e io non ho letto Forsaken, perciò il mio Haytham è rimasto nelle Colonie dove si è occupato personalmente di far arrivare le radici del suo Ordine, quello Templare, molto in profondità; così in profondità da poter finalmente credere che la sua bonifica in quelle terre sia completa: gli Assassini sono tutti morti.
Per chi invece seguiva già la mia storia, le vicende qui narrate avrebbero dovuto svolgere una sorta di epilogo a tutta quella serie di esecuzioni che avevo in mente nel periodo che va dal 1757 al '63, anno in cui è ambientato questo ciclo.
Non voglio fare ulteriori premesse, perciò mi auguro che sappiate prendere questa fan fiction così com'è e gustarvela al meglio, nonostante le innumerevoli licenze poetiche di cui è intessuta.
Grazie per l'attenzione.

 

IL FANTASMA DI BOSTON

I parte

.: * :.

Tè all'inglese e Filetto a due

 

 

 

 

 

 

 

 

Aprile 1763

 

— Io gliel'avevo detto che era piscio di cane, ma lui aveva così sete che si sarebbe bevuto anche il mio! —

Le risa fragorose di una ventina di uomini che battevano i boccali sopra i tavoli e i piedi sotto fecero tremare la taverna fin nelle sue fondamenta.

Era così dopo ogni intervento: il cantastorie di turno saliva in piedi sul bancone e cominciava a sgolarsi, gesticolando e ballando dove il testo lo riteneva necessario, e la platea esplodeva a secondo dei casi. Alla fine della serata il proprietario del racconto più scadente avrebbe offerto un giro a tutta la compagnia.

— Lui mi ha guardato e mi ha chiesto: "Ehi Sam, sicuro che non vuoi che te ne lasci un po'?" E io: "No, grazie, Willy! Io beve solo Bracco Italiano!" —

Un'altra tempesta di risate.

Quel pomeriggio alla Green Dragon era approdata una chiassosa comitiva di esploratori che aveva riempito l'intero salone, rinviando l'appuntamento galante di una giovane coppia e la prima sbronza di un ragazzino in divisa, e la cagnara era andata avanti fino a sera inoltrata. Catherine e suo marito non li avevano ancora buttati fuori perché quel genere di clientela ingoiava qualsiasi cosa (davvero qualsiasi cosa) e nella cantina le due carogne avevano del rum di quarta categoria di cui sbarazzarsi ad un prezzo disgustosamente alto.

Persino i musicisti avevano suonato con riluttanza, andando fuori tempo ogni tre note perché non riuscivano a sentirsi tra loro, e alla fine avevano posato gli strumenti e imboccato la porta. Per quanto riguardava i frequentatori fissi, Johnson si era rifugiato a Monmouth all'inizio di quella settimana per una battuta di caccia coi suoi; Church aveva preferito ingannare il tempo passeggiando dall'altra parte del distretto e Hickey fare uno strappo alla regola visitando il bordello due volte in un solo giorno per passarci forse la notte.

Haytham e Charles erano rimasti a sfogliare un baule di vecchie mappe coloniali scambiato con una cassa di fucili ad un clan Onondaga solo quella mattina, dopo che le trattative si erano protratte per quasi dieci giorni, e si erano sorbiti il trambusto che saliva fin lì dall'androne scuotendo il loro tavolo con tutte le candele.

— Signore, questa rete di John's Town non coincide in nessuna delle mappe, è sempre diversa, — disse Charles approfittando in un attimo di quiete.

Haytham aggirò il tavolo che fu scosso dall'ennesimo terremoto di risate e osservò a lungo il punto indicato. — Interessante… segnala e mettila insieme alle altre, — disse e Charles ubbidì, gettando il rotolo in cima a quelli che formavano una piramide sulla sedia vuota al suo fianco. Dopodiché, e più aitante che mai, il giovane del Chishire riprese immediatamente il lavoro, portandosi sotto al naso una nuova cartina.

 Quando Haytham tornò al suo posto quasi crollò sullo schienale, e con un sospiro si massaggiò gli occhi, passando poi al naso e discendendo fino al mento, che alla fine appoggiò sopra le nocche della mano chiusa a pugno. Rimase così per un tempo infinito, senza far nulla, ad osservare il suo apprendista confrontare le carte, ma ben presto si accorse di vederci doppio e…

(Un'esplosione di risate e di piedi rullanti fece tremare le fiammelle delle candele.)

…e la stanchezza per lo sforzo di mantenere la concentrazione con quel casino di sottofondo a farsi sentire.

— È al contrario, — disse Haytham soffocando uno sbadiglio.

Charles inarcò le sopracciglia, stupito; sbatté le palpebre una dozzina di volte e poi girò la cartina su cui stava lavorando con compasso e matita.

Avevano analizzato solo metà del contenuto del baule, ma Haytham si costrinse a convenire che il resto poteva attendere l'indomani. Si alzò e congedò Charles stringendogli una spalla; poi mentre il suo apprendista dietro di lui cominciava a fare ordine sul tavolo, andò ad affacciarsi al piano di sotto appoggiandosi coi gomiti alla balaustra.

Andrà avanti ancora per molto? Si chiese, dubitando fortemente di riuscire a prendere sonno fin quando il salone non fosse stato definitivamente sgombro. Forse era meglio cominciare a cercare una tana alternativa…

Acclamato dai compagni, sul bancone della Green Dragon salì un nuovo pretendente che si esibì in un profondo inchino togliendosi il cappello di paglia. Era un uomo sulla quarantina, un po' calvo e con folti baffi ispidi. Gli occhi limpidi gli conferivano un aspetto ancora sobrio, a differenza degli altri, e stava ben eretto.

— L'ho trovato, amici miei! —

— Cosa, il tuo cazzo?! — intervenne qualcuno in platea suscitando grasse risate.

— No, mangiapatate che non sei altro, Will! Il passaggio per i sotterranei che conducono al Tesoro dei Massoni, e sono quasi riuscito ad impossessarmene. —

— AAAAAAAAAAAH, dannato porco! Ancora con questa storia! — sbottò qualcuno.

— Perché "quasi"? — domandò un altro.

— Perché lui era là. —

— Lui chi?! —

— Egli abita le fondamenta della nostra città da tempo immemore, — continuò l'esploratore, serio. — Anima maledetta smarritasi sulla terra molti secoli fa, ha trasformato la sua condanna nella sua missione e ora è a guardia del Tesoro. —

— Maledizione, Arnold! Che diavolo hai visto? —

— Il Fantasma di Boston, fratelli, con questi occhi! E sono tornato per raccontarlo! —

— Allora quel rum faceva davvero schifo! — commentò qualcuno a gran voce e il salone esplose di nuovo dalle risate.

 

.: * :.

La mattina seguente…

 

Aitante e di buon passo Haytham lasciò la sua stanza finendo di allacciarsi il panciotto, ma si fermò sul pianerottolo dopo neppure tre falcate di gambe.

Charles era disteso sul tavolo dove avevano lavorato quella notte, profondamente assopito, circondato dalle mappe arrotolate e dalle candele annegate nella loro stessa cera. Haytham gli si avvicinò, ma dal russare pesante capì che il suo apprendista non poteva aver preso sonno che da poche ore, dopo aver eroicamente ignorato il suo congedo e passato la notte intera a lavoro.

Con uno sorriso Haytham lo lasciò così come l'aveva trovato e si avviò al piano di sotto.

La Green Dragon era nel pieno delle sue attività d'apertura: la nuova schiava puliva i tavoli con una pezza, Catherine spalancava le finestre per far entrare un po' d'aria fresca insieme alla confusione della strada e Duncan lucidava il bancone, ma c'era un uomo steso su di esso che lo costringeva a saltare quel punto.

Scendendo l'ultimo gradino Haytham scambiò un'occhiata col locandiere, che si strinse nelle spalle come per dire che la cosa non lo sorprendeva più.

Il Templare si avvicinò.

— Un fantasma, avete detto? — chiese.

L'esploratore sobbalzò sullo sgabello.

Quel poveretto doveva aver passato la notte sdraiato sul bancone, dopo che gli amici avevano nominato il suo come il racconto più noioso costringendolo ad offrire da bere e deridendolo fino all'alba, quando finalmente, e perché alla Green Dragon tutte le stanze erano occupate, avevano lasciato l'edificio per spartirsi tra gli ostelli e i bordelli del quartiere.

— Che Dio mi fulmini se non dico il vero! — biascicò Arnold senza riuscire a mettere a fuoco la stanza, improvvisamente troppo illuminata. Aveva gli occhi gonfi, lucidi, e più alcool in corpo di una botte ancora da stappare.

Haytham sedette sullo sgabello accanto a lui e confermò a Duncan la solita colazione a base di pane bruscato, uova, formaggio, pomodori e fagioli in salsa.

— Dev'essere stata un'esperienza terribile… Che aspetto aveva? Sapreste descrivermelo? —

Non che ci fosse vero interesse nelle sue domande…

— Certamente. —

L'esploratore si sfilò il cappello per darsi una grattatina alla nuca e lo poggiò sul bancone, ma Catherine scoccò loro un'occhiataccia dal fondo della taverna dove stava passando di scopa ed Haytham glielo rimise in testa con un sorriso costernato.

— Era completamente bianco, — cominciò l'esploratore. — È emerso dall'oscurità e mi è venuto incontro fluttuando ad un palmo da terra, mentre due artigli di metallo, uno per ogni mano e affilati come rasoi, gli uscivano dai polsi. —

— Ar… tigli? Ne siete certo? —

— Sissignore! Mi ha intimato di andarmene puntandomeli entrambi alla gola, così! —

Haytham gli afferrò il polso prima che riuscisse a toccarlo.

— Limitatevi ad usare le parole, signore, —disse ostentando un sorriso esagerato, e gli accompagnò il braccio di nuovo poggiato sul bancone.

— Certe cose non si dimenticano, — mormorò l'uomo e bevve l'ultimo sorso di birra che gli era rimasto in fondo al boccale, dopodiché soffocò un rutto e si alzò scostando rumorosamente lo sgabello. — Adesso vi prego di scusarmi, sir… —

— Kenway. Haytham Kenway. —

­— Sir Kenway Haytham Kenway, onorato. Arnold… Arnold qualcosa, ma natura chiama, — concluse con un gran singhiozzo e si diresse barcollando verso l'uscita.

Accarezzando il bancone coi palmi Haytham si voltò sullo sgabello. — Un'ultima cosa, buon uomo, — lo richiamò.

— Hmf, — mugugnò quello cominciando a slacciarsi i pantaloni in mezzo alla stanza.

— Per quale motivo credete che vi abbia risparmiato la vita? — gli domandò il Templare, scandendo bene le parole.

Lui si accigliò e sembrò rifletterci davvero.

— Doveva aver già ucciso abbastanza, — dichiarò in fine.

Haytham sorrise per ringraziarlo e lo guardò dirigersi con dignità verso la porta dalla taverna; ma quando Arnold la aprì, inciampò e rotolò sui gradini d'ingresso, dove probabilmente sarebbe rimasto per il resto della mattinata a smaltire la sbronza.

Duncan tornò con la sua colazione su un piatto di ceramica ed Haytham, prendendo la portata con sé, lasciò il bancone per accomodarsi al suo solito tavolo sotto la finestra. Poco dopo Catherine si avvicinò con una teiera e gli versò il tè mentre lui sbatteva il tovagliolo e se lo infilava nel colletto.

— Tutti topacci fradici questi esploratori, signor Kenway, — commentò la locandiera. — Non ne ho sentito uno raccontare qualcosa di lontanamente credibile e sembravano già ubriachi senza aver ancora ordinato nulla. Mi domando se non siano venuti qui perché le altre taverne del distretto li avevano già buttati fuori a scopate! —

— Mi sembra lecito. —

— Latte o limone? —

— Così lo stai offendendo, donna! — sbottò Duncan mentre prendeva le ordinazioni di due soldati. La locanda cominciava ad animarsi.

— Latte, Catherine, — rispose Haytham con lo sguardo perso fuori dalla finestra.

— Come sempre. —

 

.: * :.

 

Quella sera…

 

Charles aveva collezionato quasi la metà delle sue pedine e credeva di avere la vittoria in pugno, ma Haytham gli fece tremare la terra sotto ai piedi completando un tris ed eliminando il suo cavallo da battaglia. Nei turni successivi il Maestro fu ancora più spietato e non risparmiò all'Apprendista che pochi miseri pezzi. Quindi appoggiò un gomito al tavolo, si lasciò cadere sullo schienale e aspettò, sbirciando il giovane Lee da sotto il tricorno.

Il ragazzo fissava il campo da gioco contando e ricontando le sue pedine, cadute una dopo l'altra e all'improvviso come le prime linee di un battaglione preso di mira dai cannoni avverarsi. La disfatta era prossima, ma non avrebbe dato l'ordine di arretrare neanche di un passo.

Al suo posto e a quel punto della partita chiunque avrebbe cantato la resa, ma ancora una volta quel ragazzo del Cheshire dava prova della sua ostinazione anche nelle piccole cose, e ancora una volta Haytham vedeva davanti agli occhi un grandioso futuro per l'Ordine con un simile individuo al suo interno.

Thomas passò accanto al loro tavolo con un boccale di birra e lanciò un'occhiataccia al campo da gioco, ma dopo un attimo si allontanò mugugnando e andò ad uccidersi il fegato in un angolo della locanda.

— Cosa ne pensi del racconto di quell'esploratore che era qui l'altra sera? — domandò Haytham ad un tratto.

Ma Lee, troppo concentrato, non rispose.

— Charles. —

— Signore? — esultò il giovane con uno scatto della testa da far invidia agli scoiattoli.

— Il Fantasma, Charles, il Fantasma di Boston. L'avevi mai sentito nominare? —

Lee aggrottò le sopracciglia e tornò a contare i suoi pezzi.

— Una delle tante leggende che inventa la gente di qui per tenere a bada i marmocchi, signore, — disse facendo finalmente la sua mossa. — Mi domando se non sia più famosa della donna pesce nella baia di New York. —

— Ho motivo di credere che quell'uomo abbia detto il vero. — 

Haytham completò un nuovo tris, accaparrandosi il diritto di divorare la terzultima pedina dell'avversario.

— E desidero approfondire la faccenda. —

Lee si lasciò cadere sullo schienale e prese a fissarlo a bocca aperta.

— Non direte sul serio. —

— Mai stato così serio, Charles, — rispose Haytham appoggiandosi al tavolo coi gomiti e pescando una pedina non qualunque dalle sue vittime. — Intendo far visita a questo Fantasma personalmente, — annunciò, rigirandosi davanti agli occhi il boccone che gli aveva regalato la vittoria, un piattello di legno scheggiato, bianco.

— E intendo farlo stanotte. —

 

.: * :.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II parte ***


So che forse non è necessario, ma: ATTENZIONE, CONTENUTI FORTI (linguaggio-violenza)

IL FANTASMA DI BOSTON

II parte

.: * :.

Lady flintlock e il Fantasma di Boston

 

 

 

 

 

 

In una taverna del North End,

pomeriggio

 

 

— C-c-c'è una porta… — balbettò Arnold; la faccia un ammasso di carne tumefatta, il labbro spaccato, i baffi più rossi che bianchi ed entrambi gli occhi gonfi come bocce. Sangue ovunque sul pavimento e sulle nocche di Thomas che, nudo fino alla cintola, nella pausa tra una percossa e l'altra girava attorno al vecchio esploratore, legato mani e piedi ad una trave della cantina, come un avvoltoio sulla preda.

— Le case sono piene di porte. — Haytham, inghiottito dalla penombra, fece un cenno con la mano e Thomas si avventò di nuovo sull'uomo.

— C'E' UNA PORTA, UNA FOTTUTA PORTA! — gridò con voce strozzata dopo aver incassato il pugno nello stomaco. — NELLA CANTINA, DIO, NELLA CANTINA! UNA FOTTUTA PORTA CON UN FOTTUTO CARTELLO, — aveva cominciato a singhiozzare. — Una porta del cazzo con un cartello del cazzo… —

Una lunga pausa, durante la quale Hickey guardò verso di lui con quel suo ghigno dissennato, ma Haytham gli intimò di attendere ancora.

— Ho provato a sfondarla, — riprese Arnold poco dopo, sputando a terra il sangue che gli solleticava il palato, — ma non ne vuole sapere. —

— Allora come sei entrato? — intervenne Charles.

Un'altra pausa, ma questa volta Haytham lo autorizzò e Thomas non si risparmiò il suo colpo migliore.

— Che schifo... — Il molare era finito ai piedi di Charles, che lo aveva allontanato con il lato della scarpa.

— Te lo richiedo: come sei entrato? —

Il silenzio fu la risposta.

— E il Fantasma? Allora non l'hai visto, era tutta una montatura per farti bello coi tuoi compagni! — ruggì Haytham.

— No signore… — cominciò Arnold prima che Hickey, e questa volta senz'ordine, lo colpisse ancora. — Mi è comparso alle spalle… stavo già per andarmene… è sbucato Dio solo sa da dove… ma dopotutto è un fantasma, no? — ridacchiò, alzando la testa lentamente. — Deve essere una cosa normale… — e la riabbassò di colpo, come se fosse pesata il doppio, lasciandola ciondolare contro il petto. Non si mosse più.

— E' tutto, puoi andare, — disse Haytham rivolto ad Hickey.

Charles gli lanciò la sua camicia e Thomas si avviò sulle scale, fischiettando il motivetto della canzone che stavano eseguendo flauto e violino al piano di sopra e il cui ronzio arrivava fin lì attraverso il soffitto. Nel frattempo Charles aveva liberato quel povero Diavolo, che era cascato in ginocchio battendo pure la testa per quanto la forza gli mancava anche solo nelle braccia.

Haytham avanzò e si chinò su di lui per mettergli in mano un sacchetto tintinnante e quel suono parve rinvigorirlo.

— Lascia la città, — gli mormorò. — O lo stesso bastardo che ti ha fatto questo, — disse porgendogli il suo dente, — ti farà ben altro... Dopodiché mi assicurerò personalmente che tu non vada in giro a raccontarlo. —

Quando il Templare si sollevò, sotto di lui Arnold si era fatto ancora più piccolo, misero e strisciante, e sguazzando nel suo stesso sangue, sudore e piscio aveva cominciato a piangere, prima piano, poi sempre più forte e poi di nuovo piano, finché non trovò la forza per alzarsi, ma a quel punto nella cantina non c'era più nessuno.

 

.: * :.

 

North Port,

quella notte

 

"KEEP AWAY OR DIE"

Charles allontanò la lanterna con un risolino, ma quando lo toccò appena il cartello gli rimase letteralmente in mano.

— Chiunque lo abbia inchiodato, o lo ha inchiodato più di cent'anni fa o è un pessimo falegname, — commentò il ragazzo gettandolo da parte.

Haytham, dietro di lui, stava ispezionando la cantina per conto suo quando lo sentì lamentarsi del fatto che la porta per i sotterranei sembrava sbarrata dall'interno, anche quella.

— Non è sbarrata. Semplicemente non è una porta, Charles. —

— Ma ha la maniglia, — obbiettò l'altro indicando il pomello arrugginito.

— Questo non fa di lei la porta che stiamo cercando, — rispose Haytham, alzando la sua lanterna in direzione di una vecchia libreria coperta parzialmente da un telo consunto. Affogati dalla polvere c'erano volumi di letteratura, scienze, geometria, astronomia; trattati di filosofia, di storia, di politica ed anche una Bibbia, ed erano tutti in francese.

— Come fate a dirlo? — domandò Lee calciando un pezzo di intonaco caduto dal soffitto.

— Gira voce che i fantasmi preferiscano attraversare i muri, — disse il Maestro Templare poggiando la lanterna su un ripiano della libreria. Afferrò un lembo del telo e con un gesto fluido lo tirò via, liberando un polverone nell'aria, e quando Haytham li riaprì, sotto ai suoi occhi, intagliata negli scaffali, era comparsa un'apertura grande a sufficienza per far passare un uomo.

— Ma dipende dai punti di vista, — disse Haytham, soddisfatto, spolverandosi i vestiti.

— Bel colpo, Mastro Kenway! — esultò Charles correndo ad affacciarsi sulla galleria oltre il passaggio. — Ma allora quella porta…? —

— È murata, Charles. Non avremmo trovato che mattoni provando a sfondarla e qualcuno si sarebbe slogato una spalla o anche due. —

— Ingegnoso, — commentò il giovane.

— Chiunque si sia messo a protezione di questo Tesoro, Charles, sa bene come scoraggiare i più, — affermò Haytham e l'altro non poté che essere d'accordo.

— Proseguiamo. —

Detto questo Haytham lo precedette, portando avanti la lanterna e infilandosi di traverso nella libreria.

 

.: * :.

 

Aveva promesso a se stesso che sarebbero stati via solo poche ore, ma scendendo una prima rampa di scale Charles capì che la loro escursione nei sotterranei di Boston avrebbe potuto protrarsi per giorni. A loro disposizione avevano un cambio d'olio per entrambe le lampade; armi e munizioni necessarie, ma non la certezza di trovare quello per cui erano venuti. Avrebbero potuto vagare intere settimane senza incontrare ombra di anima viva e per cosa? Per sfatare una leggenda? No, Haytham non era il tipo. C'era sotto qualcos'altro.

Dopo la loro partita serale a Filetto, Mastro Kenway lo aveva mandato a prelevare il povero Arnold dal bordello Rouge Monique sulla Middle Street, gestito da una donna fidata dell'Ordine e che perciò non aveva fatto troppe storie vedendosi sottrarre un buon cliente. Dopo l'interrogatorio alla Green Dragon Mentore e Apprendista si erano messi sulla via per North Port, alla ricerca di un vecchio edificio diroccato all'incrocio con Lyn Street che il vecchio esploratore aveva indicato loro. Erano entrati da una finestra sul retro dai vetri spaccati e da lì era stato facile trovare le scale per la cantina, come gli era stato così faticosamente indicato...

Discesero una scaletta malmessa e si ritrovarono all'imbocco di una galleria, dove un alone di fetore li investì con una tale prepotenza da sembrare quasi che fosse riuscito a spostarli indietro.

— Le fogne, signore. L'imboccatura è qui, — disse Charles illuminando con la torcia una grata a forma circolare sulla loro destra, incastonata nel muro di mattoni.

— Stiamo cercando un fantasma, non un nido di topi, Charles, — fu la risposta, poi Haytham s'incamminò dritto a passo naturale, senza fretta, e l'altro lo seguì.

Man a mano che procedevano e nonostante i loro occhi si stessero abituando, il buio si faceva sempre più fitto. L'umidità sempre più penetrante, il silenzio sempre più assordante. A far loro compagnia solo lugubri gocciolii, il tintinnio delle loro armi e il suono dei loro passi sul selciato madido, che si alternava a pozze d'acqua stantia e veri e propri castelli di muffa. Ad un tratto raggiunsero un bivio e guardarono uno da una parte uno dall'altra e viceversa, ma poi rimasero in silenzio, in ascolto, come se la più completa oscurità avesse potuto parlare e suggerir loro una direzione.

— Accendiamo quella torcia, Charles, — disse Haytham.

— Sì signore, — rispose lui con evidente eccitazione. Tutta quella faccenda gli ricordava le loro trascorse battute di caccia e l'adrenalina aveva preso a circolargli in corpo proprio come allora.

Quando la torcia fu accesa una coppia di topi si diede squittendo alla fuga, imboccando lo svincolo sulla destra, ed Haytham e Charles fecero altrettanto.

— Devo dire che sono sorpreso, signore, — disse l'Apprendista mentre proseguivano. — C'è un'intera città sotto la città. —

— Queste gallerie devono avergli fatto comodo finché hanno avuto le gambe per attraversarle, — affermò Haytham serio, ma poco dopo scoppiò a ridacchiare nel buio. — Quel cane di Dumas*… Ecco come ha fatto a sfuggirci senza che ce ne accorgessimo. Chissà quanti ne avremmo braccati qua sotto, se solo l'avessimo saputo prima… —

Charles aggrottò le sopracciglia. — Quindi è per questo che siamo qui. Voi credete che il Fantasma in realtà sia… —

— No, è alquanto improbabile. —

Charles tacque e per un po' rimasero in silenzio.

— Adesso che sono tutti morti, signore, credete che potremmo utilizzarle noi queste gallerie? — chiese ad un tratto. — Sembrerebbe che attraversino Boston in lungo e in largo e… —

D'un tratto un suono molto vicino richiamò la loro attenzione e si fermarono ad ascoltare. Era come lo scorrere della sabbia in una clessidra e durò giusto una manciata di secondi. Haytham andò avanti per primo; la lanterna in una mano e la flintlock nell'altra. Svoltò un angolo tendendo la canna nell'oscurità e sorprese il responsabile: un grosso ratto affamato, che nella foga di rosicchiare un vecchio sacco di juta era riuscito romperlo rovesciandone a terra il contenuto.

Ripresero il cammino e per un bel pezzo non ebbero altre scocciature o sorprese, ma poi furono costretti a fermarsi di nuovo.

— È uno scherzo, — ridacchiò Charles, guardando a terra. 

Il Maestro avvicinò la propria lanterna a quella del suo Apprendista, sommandovi la fonte luminosa, e così la squadra e il compasso pregevolmente scolpiti in un disco di pietra, incastonato a sua volta nel terreno, furono ben visibili.

Haytham sorrise.

Erano sulla buona strada.

— Allora l'esploratore non mentiva, — sghignazzò Charles. — C'è davvero un tesoro, qua sotto. —

— Come galoppa la tua fantasia, Charles, — mormorò Haytham piegando un ginocchio a terra per esaminare il simbolo più da vicino. — I nostri amici Massoni non erano i tipi da seppellire ricchezze, almeno non quel genere di ricchezze che attraggono i frequentatori di bordelli. Siamo di fronte ad un indizio, — disse il Maestro Templare passando le dita su alcune curiose insenature concentriche scolpite ai bordi della pietra, e fu molto sorpreso di ritrovarsi i polpastrelli unti d'olio.

Charles non riuscì a trattenere uno sbuffo. — E che genere d'inizio sarebbe? —

— Quel genere d'inizio che non si vuole condividere con chiunque, — rispose Haytham rialzandosi. — Accendi quella lampada a parete. —

Aye, sir. —

Come Charles ebbe acceso la lampada, con uno schiocco di frusta il simbolo sul terreno si incendiò per intero e poi le fiamme si concentrarono unicamente in un punto, formando una freccia luminosa che indicava a sinistra.

— Per tutti i… — fremé Charles, strabiliato, con le lingue di fuoco che gli danzavano negli occhi chiari. — Avete vis…! — ma quando si voltò in direzione del suo Maestro vide che questi era già lontano, così indugiò ancora un attimo a contemplare quella stregoneria e poi raggiunse Haytham di corsa di corsa.

Dietro di lui un'ombra spense la lampada a parete, soffocando lo stoppino, e poco dopo il bivio tornò inghiottito dalle tenebre.

 

.: * :.

 

Il loro vagare, divenuto un po' errante per via della fiducia cieca che Charles aveva rimesso nelle sola intuizione del suo Maestro, li condusse in un androne avvolto dalla penombra, sotto una volta a crociera su cui era stato improvvisato un soppalco con delle vecchie assi, e dove un ritmico gocciolio veniva amplificato da un raccapricciante gioco di eco. La temperatura era singolarmente mite e tendendo un po' le orecchie si potevano cogliere le note stonate di un violino da taverna.

— Siamo sotto la caldaia della Bob's and sons, — osservò Charles sollevando la lanterna. — Riconoscerei quell'incapace di William Thacker e il suo archetto di piombo anche in mezzo a una tempesta. —

Haytham scoppiò in una sommessa risata. — Complimenti per l'ottimo udito. —

Stava passando in rassegna i cartelli inchiodati sopra le bocche delle gallerie che partivano da quella stanza e scoprì che erano venuti da "North Port", mentre le altre uscite erano "King's Chapel" e "Beacon Hill."

Avevano un cambio d'olio sufficiente per qualche altra ora di vagabondaggio, ma Haytham non volle escludere la possibilità che non a tutti i bivi gli fosse dato un indizio da seguire, e perciò il rischio di perdersi non andava sottovalutato. Se anche fossero stati in possesso di una mappa, in ogni caso setacciare i sotterranei per intero avrebbe richiesto più spedizioni.

— Ci fermiamo qui per un po' e poi torniamo indietro, — annunciò Haytham andando verso una pila di casse che si assicurò di spolverare a dovere, prima di accomodarvisi. — Riprenderemo le ricerche da questo punto domattina, — disse una volta seduto, appendendo la lanterna ad un grosso chiodo che spuntava da una trave. Trasse un foglio di carta dalla tasca e accavallò le gambe per appoggiarvisi mentre tracciava con un moncherino di fusaggine il percorso che avevano fatto per arrivare fin lì.

Nel frattempo Charles curiosò qua e là dietro ai teloni, rinvenendo vecchi strumenti per l'artigianato appestati dalla ruggine, armi da taglio ricoperte di polvere a tal punto che una spazzola avrebbe fatto scorrere più sangue, interi volumi impacchettati di ragnale e capi d'abbigliamento, divorati dai parassiti e troppo merlettati per appartenere al loro secolo. Una cassa impolverata e ben sigillata attirò la sua attenzione. Su un lato i caratteri stampati erano sbiaditi col tempo, ma si leggeva ancora un nome e una data: Christopher Bennett/1658. Dopo svariati tentativi di strapparlo, Charles sfondò le assi del coperchio con il calcio della pistola che poi riassicurò nella fondina, ma non fece in tempo a guardarvi all'interno.

Un frastuono assordante rimbombò fin lì dalla galleria per la King's Chapel, avvolta dalla più fitta oscurità, e Maestro e Apprendista si scambiarono un'occhiata.

— Un po' troppo per un topo, non credete? — sussurrò Charles, allarmato.

— Anche per un fantasma, se è per questo, — commentò Haytham con una scrollata di spalle tornando al suo lavoro di cartografo. — Avrà ceduto un vecchio muro. —

— Permettetemi di andare a controllare, — disse l'Apprendista liberando di nuovo la pistola dalla fondina.

— Ma non allontanarti troppo, — si raccomandò il Maestro. — Tra poco ce ne andiamo. —

Aye Aye… — promise Charles chinandosi fino al livello delle ginocchia per passare sotto ad un fascio di assi.

 

.: * :.

 

 

Il carboncino si spezzò.

Con un sospiro di stanchezza Haytham lo gettò da una parte e si massaggiò la fronte, lasciandosi sulla pelle i segni di fusaggine.

Cominciava a pensare che era stata solo un'inutile perdita di tempo. Aveva preso in giro se stesso e la sua causa credendo davvero di poter incontrare anima viva, là sotto. Quell'esploratore gli aveva raccontato un mucchio di scemenze, non c'era nessun Fantasma di Boston e tantomeno più nessun…

Fu il classico scricchiolio delle assi a tradirlo.

Qualcosa di bianco e imponente calò dal soppalco in un fruscio di vesti, ma Haytham rotolò prontamente in avanti, e la lama celata si conficcò nel legno della cassa esattamente dove era stato seduto fino ad allora, ferendo nient'altro che la sua ombra. Per liberarla il suo aggressore fu costretto a fare leva col piede sul bordo della cassa, ma si sorprese ben presto in uno sconveniente svantaggio e così, per guadagnare tempo gettò a terra la lanterna che Haytham aveva appeso alla trave. La griglia di metallo si aprì, cozzando al suolo, e il vetro esplose in pezzi, la fiamma si spense all'istante e l'androne fu avvolto dalle tenebre.

 

.: * :.

 

Una mandria di topi uscì dall'oscurità, passandogli in mezzo agli stivali come un torrente, un torrente nero e alto fino alle caviglie. Charles imprecò e cercò di calpestarne qualcuno o di colpirne qualcun altro con la lanterna, finché non si ritrovò da accanirsi sull'ultimo sorcio della fila, un ritardatario che sembrava beffarsi di lui facendo una rapida serie di otto tra i suoi piedi, ma ben presto se ne andò anche quello. Quando finalmente alzò lo sguardo da terra, il Templare portò avanti la lanterna e si rimise in cammino nella direzione da cui erano venuti i topi, ma quattro passi più tardi scoprì con grande rammarico di essere finito in un vicolo cieco. Gettato in un angolo un grosso barile di legno da cui, come sangue, fuoriusciva ancora della…

Charles allontanò la torcia, all'istante, e la poggiò a terra dietro di sé. Quindi si avvicinò al barile e tastando il foro di uscita della polvere da sparo capì che era stato fatto intenzionalmente, con una lama di cui avrebbe riconosciuto i segni a vita**...

L'eco di un vetro che andava in frantumi lo raggiunse fin lì e Charles scattò in piedi.

— Mastro Kenway… — mormorò con le pupille dilatate dalla paura e tornò indietro come un razzo, afferrando in corsa l'anello della lanterna, assordato dal battito del suo stesso cuore.

 

.: * :.

 

Haytham puntò la pistola a pietra focaia dritto davanti a sé fendendo l'oscurità, ma prima che riuscisse a premere il grilletto fu disarmato, nell'attimo di un respiro e con la precisione di un maestro, come avrebbe potuto fare solo qualcuno addestrato all'arte del combattimento fin da tenera età.

Il Templare indietreggiò, ma quella volta sguainando la spada, e si concentrò per fare appello alla vista dell'Aquila, un dono congenito dei suoi antenati che dipingendo di rosso le anime dei suoi nemici gli permetteva di orientarsi anche nell'oscurità.

Lo vide.

Era grosso, forse un metro e ottanta. I lembi del lungo cappotto bianco erano rovinati, le vesti strappate in più punti. Al cinturone in cuoio portava legate due daghe e una pistola a pietra focaia dalle linee sinuose, forse di stampo francese... Metà volto era nascosto da un bavero alzato fino alla radice del naso e l'altra metà inghiottita dall'ombra di un cappuccio, anch'esso bianco, che terminava con un becco.

— Lascia questo luogo e non ti farò del male! — intonò il Fantasma di Boston a gran voce.

Haytham sorrise nel buio.

Sì, era francese.

Il boato di uno sparo scosse i sotterranei e per una frazione di secondo l'androne fu illuminato come da un lampo. Charles sparò anche un secondo colpo, con la sua coloniale a doppia canna, ma mancò il bersaglio di un pelo. Il Fantasma di Boston indietreggiò, fuggendo dalla luce della lanterna di Charles come un'ombra, e scomparve in uno sbattere di mantello nella galleria per Beacon Hill. Prima che il suo Apprendista potesse premurarsi delle sue condizioni, Haytham era scattato all'inseguimento, rinfoderando la spada e recuperando in corsa la sua pistola da terra.

L'aria dei sotterranei era irrespirabile e mantenere quel tenore di corsa significava sfidare la sorte, con pozze, casse e travi pronte a fare lo sgambetto dietro ogni svolta. Era solo grazie alla vista dell'Aquila se riusciva ad orientarsi, perché il fuggiasco gli appariva come una fiammella galleggiante nell'oscurità ed Haytham poteva imitare i suoi spostamenti; ma si allontanava velocemente, quella fiammella, e una volta che fosse stata troppo distante si sarebbe spenta del tutto ed Haytham avrebbe rischiato di sbattere contro un muro.

Ma alla fine non un muro, bensì un altro grande androne con tre possibili direzioni arrestò la sua corsa, e mentre si guardava attorno senza sapere che strada prendere, il tempo sembrò dilatarsi e in quel silenzio innaturale e improvviso persino il suo cuore preferì battergli nel petto senza farsi sentire, quasi se ne vergognasse.

L'esitazione lo aveva condotto alla rovina: la fiammella si era spenta.

Haytham si sfilò il cappello e lo gettò a terra con un ringhio.

L'aveva perso.

 

.: * :.

 

 

* Cedric Dumas, Assassino a cui Haytham dà la caccia nel ciclo de "Il libraio di Charter Street", sparito misteriosamente durante un agguato dei Templari.

** In un ciclo ancora da scriversi Charles Lee viene gravemente ferito da una lama celata n.d.r

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III parte ***


IL FANTASMA DI BOSTON

III parte

.: * :.

León Garat

 

 

 

 

 

 

La mattina seguente…

 

— Tranquillo, gli passerà. —

John Pitcairn diede un morso al suo pane bruscato coperto di fagioli in salsa e poi si pulì signorilmente la bocca con un angolo del tovagliolo che gli pendeva dal colletto.

— Non è certo il tipo che si fa coinvolgere da simili idiozie, — continuò. — Forse l'ha presa un po' sul personale, ma se ne dimenticherà in fretta. —

— Vorrei credervi, John, — disse Lee, cupo, incrociando le braccia sul tavolo. — Ma voi non eravate lì, non potete capire. —

— Prova a spiegarcelo, — disse Church dalla sedia accanto, dove comodamente stravaccato stava sfogliando le pagine del Boston Daily.

Charles si grattò la testa. — Poteva essere un pazzo qualunque, ma quando è scappato lo ha inseguito come Hickey inseguirebbe l'ultima donna del Mondo. —

— Ah Ah! — rise Thomas con la bocca piena e le mani che vagavano nel piatto in cerca del pezzo di pancetta migliore. — Allora, signori, la situazione è davvero grave! —

— Dico sul serio, — continuò Lee. — Credo che abbia il sospetto che si tratti di un Assassino, — disse mentre gli altri interrompevano le loro attività per scambiarsi un'occhiata.

— L'ultimo, — precisò Charles.

Ci fu un lungo silenzio.

D'un tratto Pitcairn si levò il tovagliolo dal colletto e lo poggiò sul tavolo. — Bhé, non mi sorprenderebbe sapere che per tutto questo tempo ha continuato le ricerche da solo, — confessò senza sforzarsi di nascondere l'amarezza nel tono di voce.

— Non facciamo conclusioni affrettate, — replicò Church chiudendo il giornale. — Haytham ci avrebbe detto tutto. —

— A quanto pare non tutto, — evidenziò Hickey, accompagnando il cibo in gola con un lungo sorso di birra.

— Ma come fai a bere quella merda anche a colazione? — lo riprese Church.

— Comunque… A mio parere non abbiamo nulla da temere, Charles, — disse Pitcairn rivolgendosi esclusivamente a lui. — Niente più Tempio, niente più Assassini… dobbiamo capirlo, è un uomo d'azione e cosa non s'inventerebbe per rimanere tale! Certo, sarebbe andare contro la sua natura accettarne, ma Haytham ha solo bisogno di un po' di riposo, di svuotare la mente. Concediamogliene un po' e vedrai che tornerà in forma prima che tu possa dire "Dio salvi il Re". —

— Nel frattempo glielo apro io il culo a quel Fantasma… — borbottò Thomas sputando il boccone nel piatto, dopodiché scansò definitivamente la pancetta dalle sue uova. Non che ce l'avesse con la pancetta, ma Catherine gliel'aveva cotta troppo e sembrava di masticare carbone.

— A gratis? Sono colpito, Thomas. Un gesto davvero carino, da parte tua, — disse Church facendo dello spiccato sarcasmo.

Hmgn, — mugugnò quello con la bocca piena di uovo.

— Sappi che lo apprezzerei molto, Thomas, — disse una voce fuori campo.

Hickey ingoiò il boccone di colpo e si alzò scompostamente, rischiando di cappottare la sedia. Attorno a lui i suoi compagni erano già in piedi.

— Comodi, signori, vi prego, — li scongiurò Haytham. Il cravattino ben arricciato, la coda di cavallo pettinata con cura e il tricorno bordato d'oro sottobraccio. — Terminate la vostra colazione con calma. Volevo solo informarvi che ho delle faccende da sbrigare all'emporio e che queste potrebbero trattenermi fino a tardi. Buona giornata, — augurò loro con un sorriso insolitamente ampio.

— Lasciate che vi scorti, Mastro Kenway, — fece Lee scattando come una molla, ma Haytham gli strinse una spalla a mo' di arpione e lo riaccompagnò seduto al suo posto.

— Conosco la strada, Charles, — disse mettendosi il cappello, — e a quest'ora del giorno il peggio che potrebbe capitarmi sarebbe di imbattermi in una delle galline caratterialmente instabili del pollaio degli Smith. — 

Qualcuno si permise una risata.

Di nuovo quel sorriso troppo largo e poi Haytham lasciò la Green Dragon.

 

.: * :.

 

A dargli il bentornato una volta raggiunta la fine della galleria fu lo squittire di un topo, che passò di gran corsa tra i piedi di Haytham e si mostrò alla luce della sua lanterna giusto un istante, prima di zampettare su del vecchio cordame e dileguarsi tra delle assi ammuffite. Lì, notò il Templare sollevando il lume, si annidava un'intera colonia.

Ciechi ma attratti dal calore, i topolini si protendevano verso la fiamma alzandosi su due zampe e aprendo i baffi come per volerla abbracciare.

C'era qualcosa di affascinante in quel comportamento, quasi un modo per riconoscere la capacità dell'uomo di imbrigliare un tale potere, per alcuni; una tale minaccia, per altri… Ma più guardava quei loro occhietti luminosi più Haytham pensava che c'era ben poco di dignitoso in un gesto come quello, ben poco di dignitoso nella cieca sottomissione.

Pensò a tutti gli uomini di cui aveva preso le vite negli ultimi anni e a come ognuno di loro avesse lottato, chi più chi meno, per tenersela stretta. Inevitabilmente la metafora che aveva usato con Charles la notte precedente gli tornò alla mente e non poté che compiacersene con un sorriso. Dopotutto come Templari non avevano fatto altro che dar loro la caccia allo stesso modo dei gatti coi topi, stanandoli anche lì dove si sentivano più al sicuro, nelle loro stesse tane, nei loro stessi letti...

Tornò sul luogo del loro primo incontro, sotto le assi del soppalco, e senza staccare gli occhi dalla galleria per la King's Chapel sedette sulla cassa che recava il segno della sua lama, ma non dovette aspettare molto prima che fosse lui a mostrarsi.

— Credevo di essere stato chiaro. —

Era alle sue spalle, ma Haytham rimase immobile, perché anche il movimento più impercettibile avrebbe potuto giustificare l'inizio di un nuovo duello, e quella volta non era venuto per sguainare la spada.

— Desidero semplicemente parlare. —

— Io no. —

— Allora io parlerò e voi ascolterete, — disse il Templare alzandosi. — So chi siete. So cosa avete passato. E sono venuto per aiutarvi. —

— L'uomo che era con te l'ultima volta mi ha sparato. Ben due volte. Lo chiami aiuto, quello? —

— Confidava nel fatto che i fantasmi non potessero morire di nuovo… e comunque sperava di spaventarvi più di quanto lui non lo fosse già, ma avrei dovuto farlo aspettare fuori, ne convengo. Perdonatemi. —

Silenzio.

— È  la mia guida in città, — spiegò Haytham. — Un'ottima guida. Gli ho chiesto di essere condotto in questo luogo, ma ho mancato di rivelargliene le motivazioni. Non sapeva perché vi stessi cercando e non dovrà mai saperlo. —

— E perché mi cercavi? —

Agiamo nell'ombra per servire la luce. ­Perché sono un Assassino, naturalmente. —

Haytham lo sentì indietreggiare e finalmente poté voltarsi.

— Come voi, dopotutto. —

— Grazie a Dio… —

Quando l'uomo si gettò ad abbracciarlo disperatamente come si abbraccerebbe un parente, in una frazione di secondo Haytham ingoiò l'istinto di conficcargli la lama celata nel fianco, e piuttosto, anche se con una certa riluttanza, ricambiò il gesto.

Possono essercene degli altri, si disse. E sarà lui a condurmi da loro.

 

 

— Non avevo notato il simbolo sul vostro bracciale, — disse il Fantasma di Boston facendogli strada nelle gallerie. Si dirigevano verso il centro del labirinto dove l'Assassino aveva detto di avere il suo piccolo rifugio, e dove Haytham era certo ci fossero nascosti altri come lui. Perciò doveva essere cauto, mantenere il sangue freddo e memorizzare il percorso per poter tornare con i rinforzi, se necessario.

— Sono quasi otto anni che vivo qua sotto, ma il buio mi gioca ancora brutti scherzi. Il vostro modo di agire, la vostra… Avrei dovuto capirlo che eravate uno di noi! — La sua voce aveva cambiato completamente tono ed ora, a parte la nazionalità francese, Haytham riusciva a leggervi anche l'età: quaranta, quarantacinque anni al massimo.

— Voi da quanto siete a Boston? — gli chiese l'Assassino ad un tratto, richiamandolo dai suoi pensieri.

— Sono sbarcato una settimana fa col diretto da Londra. —

— Sapevate delle gallerie? —

— Veramente no, e speravo che poteste dirmi di più… —

— Una più antica rete di tunnel naturali scavati dall'acqua attraversava quest'appezzamento di terra, e infatti ci sono ancora pozzi attivi. I coloni li hanno usati per molti anni come magazzini ma sono stati i Massoni i primi a modificarne la struttura per ragioni strategiche, pur rispettando la conformazione dei canali originali. All'inizio collegarono le cantine delle loro case e poi interi distretti. Vi sarete imbattuto nei… —

— Sì, affascinanti. —

— Inutile dire che è mia mansione tenerli sempre riforniti d'olio, assieme alle torce, in attesa del giorno in cui un altro Fratello avrà bisogno di attraversare questo luogo, — disse con un sorriso.

— Perciò siete una specie di custode? —

— Non ufficialmente, s'intende. —

— Spiegatevi meglio. —

— I Templari. Ci hanno decimato e ormai controllano tutto, qui. Dopo il tradimento di uno dei nostri che tre anni fa mise in mano loro una lista di nomi, se sono ancora vivo ho ragione di credere che non abbiano saputo di me come di queste gallerie. —

Haytham rimase in silenzio e per un po' nessuno disse niente.

— Voi come avete fatto a trovarmi? —  domandò l'Assassino.

Haytham sorrise.

— Se non fosse stato per la sbronza di un esploratore che sosteneva di essere tornato vivo dall'Oltretomba, non sarei mai stato colpito a tal punto dalla vostra copertura, perché presumo sia questo lo scopo di quegli abiti bianchi e consunti. —

Il Fantasma di Boston scoppiò in una sommessa risata. — Una volta questi abiti erano un simbolo che dava speranza alla gente, ma da quando l'Ordine si è indebolito impedendomi anche solo di mettere il naso là fuori, li indosso come un costume teatrale, lo ammetto. E guardandovi noto con un certo dispiacere che l'Ordine di Londra deve aver perso definitivamente la tradizione; per motivi strategici, immagino. —

— Infatti. Come vi chiamate? —

León Gérard Garat. Pour vous Léon, monsieur. —

— Il vostro rango? —

— Assassino di secondo grado. Et voi? Eh, l'abitudine di conversare con  me stesso! Chiedo venia. E voi? —

— Arnold, — mentì. — Arnold Scott Edwards. Maestro. —

— I miei ossequi. —

Non poteva più aspettare.

— Siete solo? Qui sotto, intendo. —

Je vais vous dire vous quand nous sommes arrivés, — e si voltò giusto un attimo per lanciargli un sorriso.

Nascondi qualcosa, eh, maledetto?

D'accord, — rispose Haytham con un ghigno poco convincente e León, incuriosito, si voltò di nuovo a scoccargli un'occhiata.

— Parlate francese, monsieur? —

— Buona educazione nobiliare, — spiegò Haytham. — Voi siete cresciuto nelle Colonie? —

— No, — rispose León. — Sono nato a Nantes e ho servito l'Ordine di Bordeaux sotto François Morel fino ai suoi ultimi giorni, prima che uno dei nostri ci tradisse dando fuoco all'intero Covo. Ero solo un ragazzo. È stato orribile. —

— Mai quanto assistere alla disfatta di un'intera Confraternita, — osservò Haytham, stuzzicandogli ancora le informazioni di cui aveva dannatamente bisogno per concludere la sua caccia.

— No, — mormorò León irrigidendo visibilmente le spalle. — Mai. —

Il cuore della Boston sotterranea consisteva nell'ennesimo stanzone affollato da casse, barili e teloni che nascondevano altre casse e altri barili. Qui l'Assassino sollevò un lenzuolo e spostò un vecchio baule, rivelando una piccola botola che sarebbe stata impossibile individuare altrimenti; dopodiché l'aprì e vi scomparve per primo, seguito dal Templare.

Li accolse una stanzetta quadrata di media grandezza con le pareti e il soffitto ben integri e il pavimento coperto di pellicce. C'era spazio sufficiente per una ventina di persone al massimo e il sistema di riscaldamento consisteva in una stufa di fortuna, ricavata nella parete e che probabilmente si collegava ad un qualche condotto in disuso. Il letto era soppalcato a non più di due metri da terra ed era ancora sfatto, ma per il resto un ordine maniacale regnava sovrano. Le provviste in un angolo e vestiti, armi e munizioni negli altri.

Mentre León accendeva qualche candela, Haytham allungò lo sguardo verso una serie di carte impilate su un tavolo: erano tracciati ben dettagliati delle varie città coloniali e c'erano nomi che il Templare conosceva bene, uomini e donne a cui aveva dato la caccia personalmente, insieme alle date e ai luoghi esatti in cui erano stati giustiziati. Era incredibile che un solo uomo avesse potuto sapere tanto senza aver mai messo piede in superficie negli ultimi tre anni…

— Vi ha aiutato qualcuno a raccogliere queste informazioni? — domandò.

— No, — rispose León appoggiando la lanterna sul tavolo. — E temevo che nessuno sarebbe venuto più ad offrirmi il suo aiuto, prima d'ora, — disse levandosi il bavero e abbassandosi il cappuccio sulle spalle. Aveva i capelli di media lunghezza, una folta barba e occhi azzurri contornati da rughe e da occhiaie. — Se là sopra i gatti ballano perché pensano di averci eliminati tutti, credevo che neppure i nostri Ordini in Europa conoscessero la verità sul mio conto. Mi stavo preparando al peggio, quando siete apparso voi. —

— Perciò siete davvero l'ultimo rimasto… — sussurrò Haytham a fior di labbra.

Siamo, — lo corresse León, e il Templare, che gli dava le spalle, lo sentì avvicinarsi…

— Adesso che siete nelle Colonie, anche la vostra vita è in pericolo, Fratello, — stava dicendo Léon, ma il suono dei suoi passi ad Haytham risuonava quasi più forte di quello della sua voce…

— Insieme rifonderemo la Confraternita e restituiremo ai Templari quello che ci hanno fatto con la loro stessa mone… —

Uno scatto secco e il dolore gli inondò gli occhi, a cui Haytham incatenò i propri per tutta la durata dell'agonia. Poi l'Assassino si accasciò tra le sue braccia e il Templare lo sostenne, accompagnandolo dolcemente verso terra. Haytham sentì il sangue scorrergli caldo tra le dita e inzuppargli la manica della camicia come non accadeva da tempo… un brivido di eccitazione gli corse lungo la spina dorsale, ma non richiamò a lungo la lama, piantata ben a fondo nella carne dell'altro che aveva preso a stringergli convulsamente una spalla, aggrappandosi ad un lembo del suo mantello come si stava disperatamente aggrappando alla vita.

— Hay… Hayt… — rantolò Lèon con un fiotto di sangue che gli colava all'angolo della bocca. I tremori ormai condensatosi in violenti spasmi.

— Hayth… am Kenway, — riuscì a concludere. — Il traditore… — aggiunse mentre un sorriso insanguinato si disegnava sulla sua bocca dalle labbra pallide e screpolate.  — Ti stavo… aspet… tando. —

— Menti, — sbottò Haytham con un luccichio agghiacciante negli occhi chiari. — Avreste impiegato secoli prima di arrivare a me. Ho mandato Hickey alla vecchia segheria apposta: avreste trovato quello che io volevo che trovaste. —

— Ti sbagli… noi… noi avevamo un piano... —

— Allora avete esitato. E non c'è posto nel Nuovo Mondo per gli Assassini come per gli insicuri. Porta i miei saluti a Morel. Addio. —

Richiamò a sé la lama e con essa anche l'anima dell'uomo, il cui corpo divenne improvvisamente pesante e molle tra le sue braccia. Fu allora che Haytham lo adagiò sul pelo ispido di una pelliccia d'orso, senza riuscire a capacitarsi che fosse davvero l'ultimo… che la caccia fosse realmente giunta al termine.

Si alzò dopo un tempo infinito e cominciò a sfogliare gli appunti di León in cerca di un indizio che potesse contestare quella consapevolezza alla quale era così disgustosamente scettico. Trovò la prova che l'Assassino sapeva di lui in una piccola nota nell'angolo di una pagina di diario, dove Haytham Kenway - traditore e maestro templare era stato calcato più volte, rendendo visibile la scritta anche dall'altra parte del foglio.

Si voltò per lanciare un'occhiata al cadavere del francese e immaginò la situazione esattamente capovolta, con se stesso steso a terra e l'Assassino in piedi a guardarlo. In un attimo realizzò di essere stato avventato come un bambino: aveva creduto di averlo ingannato, ma in realtà il suo avversario, sapendo benissimo chi avesse di fronte, lo aveva ingannato a sua volta.

Ma a quanto pare il tempismo era dalla mia parte.

Tornò a leggere con la foga e la voracità di un avvoltoio su una carcassa, ma all'improvviso buttò le carte a terra con rabbia, seppellendo il cadavere del francese sotto fogli e fogli riempiti con nomi di Assassini defunti.

Che ironia.

In quel momento un'ombra calò come un rapace dal piccolo soppalco e fu per miracolo se Haytham riuscì a deviare la lama, cavandosela con un graffio a fior di pelle sotto al mento; poi rovesciò il corpo stranamente leggero del suo aggressore sul pavimento, inchiodandogli i polsi e immobilizzandogli le gambe col proprio peso, quando si accorse che davanti non aveva altri che un ragazzino.

Un ragazzino con la faccia di chi ha appena assistito all'esecuzione del proprio padre e brama vendetta.

Vide che al polso portava già una lama celata e in un istante capì che se lo avesse lasciato andare tutto ciò per cui aveva combattuto gli sarebbe crollato sotto ai piedi da lì a pochi anni. Aveva ucciso, e in modi terribili a volte, per un fine che gli aveva scaldato il cuore e chiuso gli occhi nelle notti più gelide della sua coscienza, ma per la prima volta dopo anni si sentì stanco… e non ebbe la forza… non ebbe la forza di arrivare a tanto...

Si alzò senza allentare la presa sui polsi magri del giovane e lo sollevò quasi di peso, guardandolo bene. Era gracile, pallido e troppo lungo per la sua età. Non sarebbe sopravvissuto un altro mese in quello squallore, eppure negli occhi aveva tanto ardore da...

Quello gli mollò un calcio tra le gambe, cogliendolo del tutto alla sprovvista, ed Haytham si piegò dal dolore cercando un appoggio intorno a sé. Ottenne di liberare il ragazzino, sbattere un fianco contro il tavolo e rovesciare a terra la lanterna, che andò in frantumi su una mappa del North End di Boston.

In un attimo la cellulosa prese fuoco e la stanza cominciò a riempirsi di fumo. Haytham cercò invano di rintracciare quel bastardo per dargliene quattro sul sedere e si rese conto di quanto fosse realmente grave la situazione quando sentì la botola chiudersi con un tonfo e il chiavistello venir sbarrato dall'esterno. Dovette oltretutto ricredersi sulla gracilità del ragazzo, che riuscì a trascinarci sopra un numero indefinito di casse.

— Bon nuit, monsieur Haytham! —

E poi il silenzio, accompagnato dallo scoppiettio delle fiamme che masticavano le mappe e la mobilia della stanza.

E così questo luogo avrà davvero un fantasma che gli farà da padrone? Si chiese Haytham mentre cercava una via di fuga contro le pareti, zoppicando ancora per il dolore tra le gambe e con il naso premuto sulla manica per posticipare l'asfissia il più possibile, quando la provvidenza lo fece inciampare in una vecchia camicia e poté fabbricarsi un bavaglio.  A quel punto, con entrambe le mani libere, afferrò un moschetto dall'armeria privata di Léon e cominciò a martellare la caldaia di fortuna, che sembrava avere una bocca abbastanza larga da lasciarlo passare, quanto meno spogliato del più dei suoi abiti.

Guardatevi, o cittadini, dal Fantasma di Haytham Kenway, — recitò, ridendo istericamente tra un colpo e l'altro contro la caldaia. — Traditore… Omicida a sangue freddo e…

Ma d'un tratto si fermò e tese le orecchie, allungandole oltre il crepitio delle fiamme. Aveva sentito come un… Sciocchezze, non aveva tempo: alzò il moschetto e ricominciò a colpire la caldaia con più foga di prima, adesso che il fuoco aveva iniziato ad assaggiare il corpo di Léon e nell'aria, oltre al fumo, c'era odore di carne bruciata.

Poi di nuovo, una voce, ovattata dalle pareti, chiamare il suo nome: —…stro Ken…! Do… …te?! —

A quel punto non c'erano più dubbi. Haytham gettò a terra il moschetto e attraversò il cuore dell'incendio per correre ad arrampicarsi sulle scalette. Quindi si abbassò il bavero e cominciò a percuotere la botola quasi col desiderio di sfondarla.

— CHARLES, QUI! SONO QUI! — gridò.  — QUI, CHARLES! QUA SOTTO! — tossì.

— Porco cazzo… ma quello è fumo… — sentì la voce di Hickey.

— Dio… Mastro Kenway! Resistete! Presto Thomas, le casse! — e con lui c'era anche Lee.

Frastuono generale e un po' di bestemmie, poi finalmente la botola si aprì e due paia di braccia lo pescarono da quell'Inferno. Charles lo guidò verso l'uscita mentre dietro di loro Hickey rimetteva tutto com'era, sperando che l'incendio si soffocasse da solo.

 

.: * :.

 

— Un colpo di fortuna, signore, perché se Charles vi avesse creduto davvero all'emporio ora sareste un po' più abbrustolito di così, — ridacchiò Hickey camminando in testa al gruppo con una lanterna, quando il calore del rifugio in fiamme era ormai lontano e solo l'umidità dei sotterranei avrebbe potuto ucciderli.

— Certo, certo… Il ragazzino, Charles, lui è… l'avete… — farfugliò Haytham, non sapendo bene cosa dire e come dirlo.

— Non abbiamo visto nessun marmocchio, sir, — fu la risposta di Lee, che da quando si erano messi in cammino lo fissava con una faccia seria e preoccupata. — Ma cosa è successo là sotto? —

— Non l'hai visto tu stesso, amico? La situazione si è… scaldata, — ridacchiò Hickey soffocando a stento una risata.

Haytham preferì far finta di non aver sentito, si slacciò la camicia da attorno al collo e la usò per asciugarsi il viso ancora imperlato di sudore, dopodiché la gettò via. — La nostra battaglia è conclusa, Charles. —

— Signore? — chiese Lee, sgranando tanto d'occhi.

— Gli Assassini, — spiegò Haytham, che adesso aveva attirato anche l'attenzione di Hickey, voltatosi a guardarlo.

— Un capitolo chiuso. —

Quindi Haytham tolse la lanterna dalle mani di Thomas e li superò, puntando a passo sicuro verso l'uscita.

— Allora i gatti hanno vinto… — mormorò Charles, assaporando quel momento.

Thomas ruttò e l'eco risuonò fin nelle viscere dei sotterranei, facendolo scoppiare dalle risate. — Hai detto qualcosa? — chiese poi, quando si accorse che Charles lo fissava con odio da sotto le folte sopracciglia.

— Il solito idiota… cammina! — sbottò Lee, acchiappandolo come un randagio per la collottola della giacca e spintonandolo su per le scale mentre quello ancora rideva. Poi Charles si fermò, come un prurito alle orecchie, e si voltò giusto un istante prima di lasciare i sotterranei a sua volta; ma Haytham aveva portato via con sé la lanterna e l'oscurità era troppo fitta anche solo per vedere oltre il suo naso, e forse doveva smetterla di lasciarsi suggestionare da quella faccenda del fantasma, così...

Una coppia di topi gli passò squittendo tra i piedi e Charles sobbalzò, lasciandosi sfuggire un gemito poco virile. Da qualche gradino più su sentì la risata volgare di Hickey e la sua vocina stridula che gli dava della femminuccia. In un attimo Charles si rimboccò le maniche e si fiondò sulle scale scrocchiandosi le nocche delle mani, ma quando fu sul pianerottolo della cantina Hickey non c'era e Haytham lo stava aspettando oltre il foro nella libreria, preparandosi a spegnere la lanterna.

— Non ti tornerà difficile tracciare i suoi spostamenti e riacciuffarlo di qui a 'sta sera, Charles, è sempre Thomas Hickey, un non esattamente uomo che beve e va a donne, — lo rassicurò Haytham mentre uscivano in strada. — Ma adesso vorrei che mi accompagnassi in un posto. —

— Quale, Sir? — chiese lui con una nota amara nella voce.

No.

Aveva appena dato per certa la totale sconfitta degli Assassini, non poteva uscirsene ora con quell'ultimo conto in sospeso.

Era sinceramente stanco di scavare e richiudere la stessa buca.

— Al porto, — disse con un sorriso rivolto a Charles. — Un po' d'aria fresca è quello che mi ci vuole. —

Lee parve illuminarsi. — Sono contento di sentirvelo dire, Sir. —

 

.: * :.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note d'Autrice

I miei disegni di Léon, fatti circa un anno fa: http://postimg.org/gallery/23nnyrci/

 

Fa sempre un po' impressione mettere la parola fine, non trovate? Soprattutto su un aggiornamento che ero sicura di aver pubblicato tipo due mesi fa e invece mi sono ritrovata a prendere polvere nelle cartelle del computer. Oh bhé, non ho molte dichiarazioni particolari da fare, tranne una, ovvero che in questi due mesi è successo che ho letto Forsaken e giocato a Black Flag, perciò la mia visione di Haytham è un po' mutata… quindi rileggendo questo capitolo prima di postarlo mi sono resa conto di quanto OOC l'avessi dipinto. Senza contare la totale assenza di riferimenti a Ziio.

Vabbhé, basta parole. BASTA.

Ora sono quasi convinta che Hunting Cats non avrà un futuro, ma chissà…

A presto.

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1895354