Back in time

di alaskha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I'll wait ***
Capitolo 2: *** Peppermint cigarettes ***
Capitolo 3: *** Switch back ***
Capitolo 4: *** Devil's pact ***
Capitolo 5: *** Lover in me ***
Capitolo 6: *** Blue eyes ***
Capitolo 7: *** Without feelings ***
Capitolo 8: *** I wouldn't mind ***
Capitolo 9: *** I miss you ***
Capitolo 10: *** So close ***



Capitolo 1
*** I'll wait ***








Back in time

(1)
I'll wait


 

“Io ti aspetterò”

Era la frase che lui mi aveva sempre detto,scritto,sussurrato. Avrei potuto tatuarlo,per tutte le volte in cui lo avevo sentito da parte sua,e sarebbe stato il tatuaggio più bello di tutti,se solo non fosse stata un’enorme bugia.
La sua voce mi aveva mentito,e non c’era consapevolezza che avrebbe potuto farmi più male. Perché quella voce sapeva rendere bella anche la più infima delle bugie.
Avrei dovuto odiarlo,ma era un’impresa troppo complicata ed impossibile da compiere per me. Probabilmente sarebbe stato più facile risalire una montagna a mani nude che odiare lui: il ragazzo che mi aveva fatto vivere, per la prima volta, per davvero.
“Athena?”
La sua voce graffiò il mio cuore,ancora. Erano passati quattro anni e di quella voce non c’era più stata traccia,almeno per me. Aveva detto che mi avrebbe aspettata,in quel momento e per sempre,ma non lo aveva fatto.
Ed eccolo lì,al solito posto,dove lo avevo incontrato quattro anni fa,quando avevo diciotto anni ed il mio cuore era pieno zeppo di sogni. Sogni che lui,Zayn Malik e nessun altro,aveva esaudito,dal primo all’ultimo: gli stessi sogni che aveva distrutto,lasciandomi nascosta la sua voce per tutto quel tempo.
“Sì, Athena” sussurrai.
Alzai lo sguardo nei suoi occhi e trovai noi due insieme,abbracciati sulla spiaggia,sotto un cielo di stelle cadenti. E quei desideri erano tutti per lui, dal primo all’ultimo. I suoi occhi liquidi come il miele dolce erano lì a guardarmi e chiedersi ‘Perché?’ a chiedersi che diavolo ci facessi io lì,a Barcellona,come l’ultima volta.
“Che ci fai qui?”
Zayn si alzò da quel muretto,dove era solito sedersi,affianco al condominio dei suoi genitori,quello in affitto,quello dove lui stesso mi aveva trovato un appartamento quattro anni fa.
“No, tu che ci fai qui?”
A 24 anni lavorava ancora lì,per la sua famiglia: che ne era di tutti i suoi sogni da eterno viaggiatore? Che ne era dell’America? Del Marocco? Della sua terra madre,l’Argentina?
Che ne era dei nostri sogni?
Zayn ridacchiò, ed il tempo sembrò essersi fermato, non essere passato mai. Quella risata sembrava intrappolata nel tempo e mi fece tornare indietro, ai nostri tempi.
“Io ci vivo, te ne eri dimenticata?”
La sua voce era ancora incrinata,forte e carica di sfida come una volta. Quell’uomo di ventiquattro anni troppo pigro per farsi la barba e dagli occhi così belli da mozzare il fiato, mi ricordò estremamente il ragazzino che per la prima volta in vita mia mi aveva fatto innamorare, completamente.
 “No – scossi la testa,guardando in basso – non potrei mai”
Zayn allargò le braccia,lo faceva sempre,e poi mi venne incontro.
“Allora, che ci fai qui Athena Lacoste?”
Alzai di scatto la testa e puntai i miei occhi sorpresi nei suoi: era esattamente la stessa frase che aveva pronunciato quel primo giugno 2009. Il suo sorriso mi disarmò,così spostai gli occhi sulla sua maglietta verde a mezze maniche,che lasciava scoperte le sue braccia scure. Quelle braccia che qualche tempo fa mi stringevano forte, ogni singolo giorno.
“Non indossavi la maglietta quattro anni fa” dissi solamente.
“Te lo ricordi?”
Io sì”
Misi enfasi sulla parola ‘Io’,perché lui evidentemente non lo ricordava. Non ricordava delle sue promesse,delle sue parole e dei suoi sogni,quelli insieme a me.
“Ricordo tutto, Athena”
Mi sembrava surreale averlo di fronte a me,dopo quattro anni passati a tentare di dimenticarlo,per poi chiedersi perché diavolo dimenticarlo fosse così difficile.
Ero arrabbiata con lui come non lo ero mai stata con nessun altro in vita mia e se ne avessi avuto la forza, lo avrei odiato con tutta me stessa.
“Non hai perso la capacità di leggere nel mio pensiero”
Lui sorrise, nostalgico.
“È troppo facile leggere il tuo sguardo, ci riuscirebbe anche un ceco”
Scossi la testa, ancora, incapace di fare altro.
“Perché sei tornata?”
Era la domanda che voleva pormi dal primo momento in cui mi aveva vista, ne avevo la certezza. Me lo aveva chiesto di getto, con le mani che quasi tremavano ed i suoi occhi sembravano addirittura lucidi.
Ma Zayn Malik non piangeva mai, ed io questo lo sapevo.
“Non posso stare lontana da questo posto per molto, lo sai”
“Barcellona è magica”
“Ciò che mi ha riportato qui lo è di più, però”
Zayn sospirò, ed io tornai nuovamente indietro nel tempo, quando lui sospirava perché io camminavo troppo veloce, tra le meraviglie di quella città.
“Ti ho aspettata, Athena”
Si stava avvicinando sempre di più ed il mio sguardo corse alle sue mani, che si stavano per posare sui miei fianchi, come qualche anno fa. Il suo fiato caldo sulle labbra iniziò a farmi girare vorticosamente la testa, obbligandomi ad aggrapparmi al suo braccio.
“No, non l’hai fatto”.









 


Drop everything now!
bonjouuuuuur c:
come alcune di voi sapranno, sono stata a Barcellona per due settimane hsfgsd
ed ero sola? ebbene no, l'ispirazione è venuta a trovarmi! YEEEEEEEE
ed ecco qui la mia 'Back in time'..
so che non si capirà nulla  e che è davvero corto, ma è solo l'inizio, non temete sfhsgdf
dal prossimo capitolo si capirà già qualcosa in più (almeno spero) 
eeee nothing, io sono qui a Rimini al mare con i miei ed aspetto le vostre recensioni sgsdfjd
vi amo muuuucho <3
Adios.

p.s: se volete contattarmi, vi lascio il mio Twitter.
p.p.s: qui sotto vi lascio anche una foto di Athena asdhjag amo Lily





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Capitolo 2
*** Peppermint cigarettes ***


 
Back in time


 
(2)

Peppermint cigarettes 



La maglietta rossa stringeva sui fianchi,faceva caldo ed avrei voluto uccidere quel maledetto furgoncino blu che di levarsi dalla strada non ne aveva la minima intenzione.
Barcellona l’avevo sempre sognata, ma in quel momento mi stava dando sui nervi. Gli spagnoli sapevano essere degli orribili cafoni, se solo s’impegnavano. Ed io che avevo sempre sognato un marito di quelle parti..
Ma ai tempi avevo solo dodici o tredici anni, giù di lì insomma, quell’età in cui odi tutto e tutti e ti vesti rigorosamente solo di nero. Quell’anno ne avevo diciotto, e non avevo la minima idea del fatto che la mia vita di lì a poco sarebbe cambiata, totalmente.
Svoltai l’angolo di una stretta stradina che m’ispirava proprio poco e mi spostai una ciocca sudata di capelli dietro l’orecchio sinistro.
Mi guardai attorno: fantastico, ero finita nel quartiere degrado di Barcellona! Con tutta una città splendida, dove vado a finire io? Nel bronx spagnolo.
Dopo l’occhiolino da parte di uno strano ragazzo dagli occhi azzurri, roteai gli occhi al cielo e decisi di non mostrargli il medio. Continuai a camminare, fino a che non estrassi il foglietto sul quale avevo segnato l’indirizzo di quella che sarebbe stata la via di casa mia.
“Avenida Catalana 37” recitai ad alta voce.
Continuai a guardarmi attorno: c’erano alberi, un tabaccaio con dei bellissimi drogati all’esterno di esso, musica ad alto volume che proveniva da una casa con le finestre aperte e degrado sociale.
“Cerchi qualcuno?”
Mi girai verso il possessore di quella voce, ma non trovai nessuno. A meno che non si trattasse del vecchio spagnolo spaparanzato sulla sedia concentrato nel fumarsi il suo sigaro, ma non ero certa parlasse la mia lingua..
“Da questa parte” mi consigliò lui.
Un paio di occhi divertiti comparvero davanti al mio viso.
“Ti sei persa?” continuò lui.
Io non parlavo, semplicemente lo guardavo.
“Perché parli inglese con me?”
“E che lingua dovrei parlare? – mi chiese ovvio, allargando le braccia – tu sei inglese, non è vero?”
“Ma tu no” sostenni convinta.
Lui sbuffò.
“Dove vuoi arrivare? Stai cercando di confondermi? Hai perso una scommessa? – poi sospirò, e sembrò aver capito tutto – ti ha mandata Louis, è così?”
Ma non aveva capito un bel niente.
“Chi diavolo è Louis?”
Quel ragazzo mi guardò stranito, per poi sorridere beffardamente ed appoggiarsi con le braccia al muretto su cui era seduto.
“Tu non sei di queste parti” affermò convinto.
“L’hai già detto”
Era parecchio strano, e la sua pelle era troppo scura per essere un comune spagnolo come tutti gli altri cafoni che avevo già incontrato.
“E neanche tu”
“Tu dici?”
Il profugo aveva un’aria supponente che mi stava facendo innervosire.
“Senti, sono stanca, ho caldo ed inizio ad odiare questa maledetta via – cominciai, irritata – a meno che tu non conosca - guardai il foglio, non ricordavo il nome dell’uomo con cui avevo parlato al telefono qualche settimana prima – David Malik, la nostra conversazione non ha più senso”
Lui se ne stava lì, con il suo sorrisino divertito ed estremamente strafottente a fissarmi, scrutarmi in ogni minimo particolare, ed io mi sentii presa in giro: la sua espressione parlava chiaro.
“Allora?” lo esortai, esasperata.
Il profugo si alzò lentamente dal muretto su cui era seduto, e solo in quel momento lo guardai e soprattutto, mi resi conto che era senza maglietta.
I miei occhi corsero istintivamente al suo petto scoperto e non potei fare a meno di pensare che i ragazzi di casa, di Londra, non avrebbero potuto minimamente competere con lui.
Aveva tatuaggi un po’ ovunque, avrei voluto toccarli e chiedergli che cosa significassero, ma rimasi a guardare la sua pelle scura splendere a contatto con la luce solare.
Lo vidi avvicinarsi lentamente a me, aprendo le braccia in un gesto abituale: lo aveva già fatto minimo dieci volte in quei quindici minuti.
“È mio padre” disse poi.
“Cosa?” domandai senza capire.
“David Malik – si spiegò lui – è mio padre”
“Oh..” fu la mia intelligente risposta.
Alzò un braccio ed agitò una mano davanti ai miei occhi.
“Ti sei incantata?” chiese divertito.
Non abbandonava mai quel maledetto sorriso strafottente.
Gli afferrai la mano e la portai lungo il suo fianco, sbuffando.
“Posso parlare con lui?”
“Non ti basto io?”
Dannazione, la voglia di picchiarlo diventava più forte ogni secondo che passava.
“Devo parlare con tuo padre”
Il profugo dalla pelle scura mi guardò stranito, ancora una volta.
“Ma si può sapere chi sei?”
“Sono Athena Lacoste” risposi semplicemente.
Mi guardava, non faceva altro.
“Non me lo dici il tuo nome?”
“T’importa?”
In effetti no.
Mi strinsi nelle spalle, mentre lui allargava le braccia, ancora.
“Allora, che ci fai qui Athena Lacoste?”
Aveva quel sorriso perenne sulle labbra, sembrava possedere il mondo.
“Qui in questa via o qui a Barcellona?” chiesi.
Lui mi guardò dritto negli occhi, disarmandomi.
“Barcellona”
Era il primo giugno 2009, faceva caldo ed io sarei rimasta in Spagna fino a tempo da definirsi: volevo studiare fotografia o scrittura, volevo fare qualcosa che mi avrebbe ispirata, volevo semplicemente vivere.
“Beh, sto cercando un appartamento”
Ma dissi semplicemente quello allo strano ragazzo che mi stava di fronte. Lo guardai un po’: agli occhi delle ragazze probabilmente appariva come un Dio greco, ed in effetti non era niente male.
“Non hai bisogno di David Malik per questo”
“Ah no?”
Lui scosse la testa, deciso.
“Sono Zayn Malik – mi tese la mano – e so che non t’importa, ma per concludere un affare mi sembra il minimo”
“Che cosa?”
Guardai la sua mano tesa in avanti, mentre si stringeva nelle spalle.
“Conoscere il nome del tizio che ti venderà la casa”
“Questo lo vedremo”
Strinsi la sua mano, ed il suo sorriso strafottente ricomparve.
“No, non sei decisamente di queste parti”
Se l’avesse detto un’altra volta lo avrei preso a calci.
“Non ce le hai altre argomentazioni? Siete monotematici in Spagna”
“E voi molto affettuosi”
Disse alludendo con un cenno del capo alle nostre mani ancora strette, le une nelle altre. Ritirai subito la mia, a disagio perché, dannazione, quel maledetto profugo sapeva il fatto suo.
“Pensavo che a Londra foste tutti sulle vostre e invece..”
“E invece ti sbagliavi – conclusi io – che ne sai che sono di Londra?”
Lui sorrise, ancora: ma non era uno di quei sorrisi radiosi, che mettono allegria, che vuoi rivedere. Era un sorriso beffardo, convinto di avere ragione.
“Lo sei, non è vero?”
Mi limitai a guardarlo con sufficienza.
“Credi di sapere tutto, Zayn Malik?”
“Sinceramente?”
Continuai a guardarlo, mentre lui si avvicinava di qualche significativo passo a me. Perché trattenni il respiro, è ancora un mistero per me.
“Sì”
Soffiò quel ‘sì’ troppo vicino a me, così vicino da farmi sentire tutto il suo odore di fumo e menta, dovuto alla gomma che stava masticando.
“Siete tutti così fini ed eleganti qui a Barcellona”
Dissi io, allontanandomi dal profugo fumatore.
Lui si strinse nelle spalle, allargando le braccia, ovviamente.
“Non lasciarti ingannare da Avenida Catalana, questo è solo un piccolo angolo d’inferno”
“E dov’è il paradiso?”
Mi girai verso di lui, in attesa di una risposta. La sua voce, che mi aveva colpito da subito per quanto fosse carica di sfida, non disse nulla.
Ma i suoi occhi parlarono chiaro.
“Malik, dove diavolo sei?”
“Qui”
E mentre la sua voce urlava allo sconosciuto che chiedeva di lui, gli occhi di Zayn il profugo Malik non si erano staccati dai miei neanche per un istante.
“Eccoti qui razza di bastardo, lo sai quanta benzina consuma il tuo dannato furgone blu?”
Un ragazzo visibilmente nervoso sbucò dagli alberi che recintavano ‘il piccolo angolo d’inferno’, o almeno così aveva detto il profugo, ma non mi fidavo granchè dell’uomo in pantaloncini da calcio con la passione per le gomme alla menta e sigarette di seconda mano.
“Niall, lei è Athena”
Zayn Malik non aveva la minima intenzione di scostare i suoi occhi dai miei, ed io, in tutta sincerità, nemmeno.
“Sì, molto piacere – disse sbrigativo il biondino arrabbiato, che ci aveva raggiunti – vuoi dirmi come cazzo li trovo adesso io quei cinquanta dannati euro spesi per il tuo maledettissimo furgoncino blu?”
“Oh, così è tuo il furgoncino blu che fermava il traffico”
Dissi a Zayn.
“Athena sta cercando casa, è di Londra”
Zayn Malik aveva la capacità d’ignorare tutti quanti.
“Oh non farlo piccola, salvati finchè sei in tempo” disse Niall, che a quanto pare era il nome del biondino occhi azzurri incazzato.
Zayn aveva preso a camminare verso il muretto dove era seduto prima, mentre allargava, ovviamente, le sue braccia.
“Piacere – come aveva fatto il profugo, anche il biondino mi aveva teso la mano – sono Niall Horan, e siamo vicini di casa”
“Non ho ancora una casa ma già un vicino, cos’è questa storia?”
Niall ridacchiò, mentre Zayn continuava a fissare il condominio di fronte a sé, con le braccia stese lungo i fianchi.
Era bello, questo era innegabile.
“Intendevo dire che sono Irlandese, vengo da Mullingar, conosci?”
Io annuii, avevo sentito parlare della sua città.
“E che ci fai qui, in Spagna, a Barcellona, nel piccolo angolo d’inferno?” dissi riprendendo le parole di Zayn, facendolo girare sorpreso verso di me, mentre Niall ridacchiava.
“Malik ti ha già fatto il lavaggio del cervello con le sue parole, a quanto sento”
Zayn lo zittì con un gesto vago della mano.
“Di che parli?”
“Beh Athena, devi sapere che Zayn..”
“E forse un giorno lo saprà, ma non oggi”
Io lo guardai stranita, meravigliata dalla durezza che aveva usato per quelle parole. La sua voce era sempre stata divertita,strafottente e forse anche un po’ arrogante, ma mai dura.
Niall alzò le braccia.
“Ok, d’accordo, ti chiedo scusa”
Il suo tono era scherzoso, mentre si accendeva una sigaretta, rubata abilmente dalle tasche dei pantaloncini di Malik.
“Sparisci, Horan”
Niall continuò a ridacchiare, mentre raggiungeva il muretto su cui, qualche minuto prima del nostro incontro, era seduto Zayn.
Aveva una bella risata l’irlandese, mentre quella del profugo non l’avevo ancora sentita. Mi appuntai mentalmente che dovevo smetterla di chiamarlo ‘Il profugo’.
E poi Zayn Malik si girò verso di me.
“Lo vuoi ancora quell’appartamento?”.

 

















 
Drop everything now!
ragazze sono tutta sjfhsdfjgdh
ho visto "Shadowhunters" e vi giuro che non c'è cosa più bella al mondo!
adesso la mita vita non ha più un senso, e non scherzo sjfjgdfj
ok, veniamo a noi..
questo secondo capitolo è ambientato a quattro anni fa, nel passato, volevo spiegarvi meglio..
farò un capitolo quattro anni dopo, ed uno prima, sempre così, alternati, entendido?
se avete dubbi, scrivetemelo sjdfhdsjg
c'è l'arrivo di Niall jfhdsgfjhdg lo amo
cercatemi su Twitter se volete..
nothing more to say, me ne vado.
vi amo mucho jsfgdshf <3<3<3
Adios.
Simo.
 





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sappiate che Zayn me lo sono immaginato esattamente così :))
non è da collasso? sì, lo è ajhgsdf

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Capitolo 3
*** Switch back ***






 
Back in time

(3)

Switch back


Avevo sempre amato Barcellona, l’avevo fatto a 18 anni, lo facevo ancora a 22 ed avrei continuato a farlo, sempre.
Era un sogno, era come scappare dalla realtà ed immergersi in un altro mondo, completamente diverso da quello a cui si è abituati, così monotono e grigio.
Barcellona era colorata e magica, era l’anima del mondo.

“Tutte le altre città, furono costruite a sua immagine e somiglianza: perché Barcellona è la modella più bella, anche in questo mondo malinconico”.

Lo diceva sempre Zayn, ed io mi innamoravo follemente delle sue parole, sostenevo che avrebbe potuto scrivere anche un libro. Ma ci accontentavamo di quel vecchio diario comprato all’angolo di Avenida Catalana, quel pomeriggio di giugno, quando era scoppiato un temporale nel bel mezzo di una bellissima giornata.
“Come sta Lily?”
La sua voce mi riscosse completamente da quei pensieri, e sorpresa dal fatto che si ricordasse ancora di lei, alzai gli occhi nei suoi, e mi maledissi per aver pensato ancora una volta che fossero splendidi.
“Benissimo, lei ed Harry progettano un viaggio, adesso” dissi, incolore.
Lui annuì, guardando un punto fisso davanti a sé, come se sapesse ciò che stavo per chiedergli.
“Ed i tuoi, di viaggi?”
Vidi Zayn ridere malinconico, nostalgico, come se d’improvviso ricordasse tutte quelle parole, che in quattro dannati anni, erano rimaste tali.
“Zayn, perché non mi rispondi?”
I suoi occhi tornarono nei miei, obbligandomi a trattenere il respiro per qualche secondo.
“Che c’è da rispondere? – disse brusco, trafficando nelle tasche dei suoi jeans – sono ancora a Barcellona, non mi sono mai mosso di qui e di certo non lo farò adesso”
Estrasse le Marlboro dalla tasca, infilandosene una tra le labbra, come faceva tanti anni fa, impedendomi di fare lo stesso.
“Perché?”
Chiesi semplicemente, irritandolo da morire: me n’ero accorta dal lampo nei suoi occhi, dato che Zayn non sapeva nascondere i suoi sentimenti.
“Perché è andata così, Athena”
“Sei tu che hai deciso cosa fare della tua vita, non incolpare il destino”
“Ancora con questo destino? – mi chiese lui divertito – non esiste, mettitelo bene in testa, o rimarrai profondamente delusa”
“Beh, troppo tardi”
Lanciai quella frecciatina e Zayn si alzò dal muretto su cui era seduto, avvicinandosi di molto a me, velocemente.
“Ti ho delusa, piccola?”
Era scorretto, era scorretto quando mi soffiava quel ‘piccola’ in faccia, insieme al suo dannato fumo. Era scorretto quando mi guardava negli occhi, riportandomi indietro di quattro anni. Era scorretto quando lasciava passare quel lampo d’irritazione sul suo viso, era scorretto quando mi chiamava per nome, era scorretto quando allargava le braccia come suo solito ed era scorretto quando si mordeva il labbro inferiore, facendomi desiderare quella bocca sulla mia così ardentemente.
Zayn Malik era sempre scorretto, in un modo o nell’altro.
“Non sei stato tu” risposi, pacata.
“E chi, allora?”
Faceva finta di non interessarsi, mentre guardava altrove, fumando avidamente la sua sigaretta, senza allontanarsi di un passo.
“L’idea che avevo di te, quella meravigliosa e totalmente falsa che mi ero fatta della tua persona, Zayn”
Lui ridacchiò, ironicamente.
“Ma tu mica mi amavi?”
“Sei proprio uno stronzo, Zayn Malik”
Quello era il motivo principale della mia partenza di quattro anni prima, e lui me lo rinfacciava a freddo, così, come se non sapesse quanto male mi avrebbe fatto. Mi rinfacciava il mio amore, e più di ogni altra cosa, mi rinfacciava il fatto che lui non lo ricambiasse, quello stupido amore che provavo.
“Athena? Athena Lacoste? Sei proprio tu?”
Avrei riconosciuto quell’accento irlandese tra mille.
“Niall, ciao!”
Non ero dell’umore di sorridere, ma di fronte ai suoi capelli biondi ed i suoi occhi angelici, avrei sorriso anche per ventiquattr’ore di fila.
“Che ci fai qui?” chiese, sorpreso di vedermi.
Niall Horan sembrava sempre sorpreso per qualsiasi cosa, era sempre felice ed allegro: era il sorriso di Avenida Catalana e portava un po’ di buonumore, in quel ‘piccolo angolo d’inferno’.
“Sono tornata” dissi stringendomi nelle spalle, mentre Zayn rimaneva a guardarci, sullo sfondo.
“Tornata? - domandò Niall – è uno scherzo?”
Scossi la testa, girandomi verso Zayn, che adesso mi guardava con i suoi occhi sorpresi.
“Tornata?” mi chiese, stupito.
“Sì Zayn, sono tornata – risposi piccata – è un problema?”
“Questo me lo devi dire tu”
“Non è una risposta da vita reale questa Zayn, e tu lo sai bene”
“Pensavo ti piacessero le cose che raccontavo”
“E mi piacciono”
Quel nostro scambio di battute così veloce, venne interrotto da Niall, che confuso si mise tra di noi, allontanandoci di qualche centimetro.
“Fermi – disse, stretto nella sua canottiera rossa in perfetto stile Horan – dove sono finiti gli ‘Athena e Zayn’ che conosco io?”
Guardai Zayn, che sorrideva ironico, divertito, ed in quel momento constatai che non era cambiato di una virgola: era rimasto il bastardo di quattro anni fa.
Un bastardo che mi aveva fatto innamorare.
“Scordateli” dissi io, in un sussurro tra i denti.
“Sembra di essere tornati a quattro anni fa – disse ancora Niall – agli inizi, quando non facevate altro che questi stupidi scambi di battute alla velocità della luce”
Zayn si strinse nelle spalle.
“Scappare è così semplice, non è vero Athena?”
Avrei voluto tirargli uno schiaffo, perché si stava spingendo troppo oltre, abbattendo come al solito tutte le mie barriere.
“Siete due testardi” concluse Niall, facendo retromarcia.
“Dove vai? – chiesi io, confusa – non resti qui? Pensavo di passare un po’ di tempo con te, Niall..”
Niall si girò, mostrandomi lo stesso sorriso che aveva a vent’anni, allargando le braccia: passando tutto quel tempo con Zayn, aveva acquisito le sue abitudini.
Perché Zayn Malik e Niall Horan erano inseparabili, migliori amici di tutta una vita e fratelli di madri diverse.
“Passa del tempo con Zayn, non può farvi che bene”
Se ne andò, lasciando quella frase nell’aria. Sentii gli occhi di Zayn cercare i miei, mentre il suo sguardo pesava lungo tutto il mio corpo.
“Perché sei tornata?”
Sospirai, portando i miei occhi nei suoi. Avevo voglia di vedere un suo sorriso, uno di quelli che era solito pormi quattro anni prima, uno di quelli impressi nelle nostre fotografie: uno di quelli che non gli avevo ancora visto, sul suo viso da ventiquattrenne.
“Ehi Malik, me lo presti il furgone?”
L’irlandese tornò al suo posto di prima, passandosi una mano tra i suoi capelli non più biondissimi, ma tornati al loro castano naturale.
Mentre guardavo Zayn estrarre le chiavi di quel maledetto furgoncino blu che avevo odiato al primo sguardo, decisi di porgli la domanda che mi tenevo dentro da tutto quel tempo.
“Hai ancora quella casa?”
“Quale casa?” chiese Malik, lanciando il mazzo di chiavi nelle mani di Niall.
“La mia.. cioè, non la mia – mi corressi – quella che mi avevi affittato quattro anni fa, l’appartamento accanto a quello di Harry”
Zayn indugiò per un attimo.. attimo in cui Niall non si lasciò sfuggire l’occasione di dire qualcosa: perché Niall Horan sapeva immettersi nelle conversazioni altrui come nessun altro, aveva sempre qualcosa da dire, qualcosa da aggiungere, qualcosa che agli altri era sfuggito.
“Stai scherzando, Athena? – l’irlandese ridacchiò – Malik non ha mai affittato nè venduto quella casa a nessun altro”
“Horan..” disse Zayn a denti stretti, come se volesse che quella informazione restasse un segreto per le mie orecchie.
“Che vuoi? È la verità! - replicò Niall – ricordo una volta, l’anno scorso, il condominio era stato interamente affittato per il mese di luglio, restava libero solo l’appartamento 13, il tuo, non è vero?”
Annuii, ascoltandolo, mentre Zayn si accendeva una sigaretta, guardando altrove.
“Beh, quando arrivò una famiglia italiana interessata all’appartamento, Zayn non ne volle sapere di affittarlo – disse Niall, infilando le mani nelle tasche dei jeans – litigò a morte con suo padre, ma quella famiglia italiana dovette cercarsi un altro posto dove alloggiare”
Non dicevo nulla, guardavo solo Zayn, che ostentava indifferenza.
“È da quattro anni che nessuno mette piede in quell’appartamento”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’ascensore era rotto, così aveva detto Zayn, ma iniziavo a pensare che fosse solo una stupida scusa per non condividere uno spazio piccolo come l’ascensore del suo condominio con me.
Lo stavo seguendo sulle scale, mentre ammiravo la sua schiena e le sue spalle: non era cambiato poi molto. La maglietta verde fasciava il suo petto ben scolpito, lo ricordavo alla perfezione. I jeans chiari gli stringevano le gambe lunghe, che avevo sempre pensato fossero tremendamente eleganti, almeno molto più delle mie. Salì velocemente quegli scalini, fino al secondo piano, il mio piano.
“Sei rimasta lenta, come quattro anni fa” disse simpaticamente lui.
Lo raggiunsi, trovandolo davanti a quella che era stata casa mia per tre mesi, quattro anni prima, mentre litigava con la serratura della sua porta.
“E tu sei rimasto bastardo, come quattro anni fa”
Aprì la porta e, da gentiluomo mancato, lasciò entrare me per prima. Incontrai il suo sorriso ironico, falso, mentre mettevo piede in quel trilocale.
L’appartamento numero 13 traboccava di ricordi.
Accarezzai le pareti, avanzando verso quello che era un piccolo salotto e mi sembrò che non fosse cambiato niente, lì dentro: il divano rosso, sgualcito, era ancora lì, spinto verso il muro.
La piccola televisione si trovava ancora di fronte ad esso, le tende bianche erano ancora spalancate davanti all’unica finestra di quel salotto, da cui si poteva osservare tutto lo scenario di Avenida Catalana ed il tavolino in vetro era ancora in mezzo alla stanza.
Aggrottai le sopracciglia, notando quello che era un foglio bianco, posizionato sopra esso. Guardai Zayn, appoggiato allo stipite della porta d’ingresso chiusa, che si strinse nelle spalle.
Curiosa, presi quel foglio tra le mani e scoprii che non era bianco: c’era un’intestazione, in alto,a sinistra. Mi si strinse il cuore quando capii che era davvero così: nessuno aveva più messo piede in quella casa, da quando io me n’ero andata.
“Perché non l’hai più affittato?”
Zayn aggrottò le sopracciglia, staccandosi dallo stipite a cui era appoggiato e camminando verso di me.
“Cos’è quello?”
“Niente”
Piegai velocemente il foglio e lo infilai nella tasca posteriore dei miei jeans: non volevo che lui lo vedesse, sarebbe scoppiato a ridere leggendo quella stupida scritta colma delle speranze di una ragazza innamorata.
“No invece, ti conosco, quello non è uno sguardo da ‘niente’” replicò, saccente.
“Credi ancora di sapere tutto, non è vero?”
“So tutto di te, Athena, questo è quello che conta”
Rimanemmo a guardarci, mentre la sua frase aleggiava nell’aria. Quel ragazzo riusciva sempre a confondermi, in un modo o nell’altro.
“Rispondi – dissi io, ferma – perché non hai più affittato l’appartamento numero 13?”
Lui si strinse nelle spalle “È vecchio e decadente – disse dirigendosi in cucina, che dal soggiorno non era separata neanche con una porta, erano una sola stanza – andrebbe bene giusto per una ragazzina in cerca di sè stessa”
Parlava di me, ma lasciai correre.
“Voglio la verità”
I suoi occhi balzarono nei miei, e l’intensità con cui mi guardò mi costrinse ad indietreggiare di qualche passo. Zayn invece si avvicinò a me e vidi la sua mano alzarsi, decisa ad afferrare la mia, ma poi si fermò e mezz’aria.
“Vuoi davvero sapere perchè ho detto a mio padre che nessuno avrebbe più dovuto mettere piede qui dentro? Neanche le donne che si occupavano della pulizia del condominio? Vuoi davvero saperlo, Athena?”
Annuii, di fronte a tutto quel rancore.
“Perché questa è casa tua” disse poi a bassa voce, tranquillo.
La sua mano si spostò lentamente verso la mia, accarezzandone il dorso, fino ad arrivare alle dita. Con lui non ero io a controllare il mio corpo, ma erano i suoi occhi ad ordinarmi quale sarebbe stato il mio prossimo movimento.
Così le mie dita s’intrecciarono piano alle sue, mentre i nostri sguardi restavano incatenati, senza più la forza di allontanarsi, adesso che si erano ritrovati, dopo quattro anni di assenza.
Dopo quattro anni di sguardi spenti, dopo quattro anni di occhi così dannatamente noiosi, in confronto ai suoi color miele scuro, capaci di annientarmi.
“E lo sarà sempre, Athena – riprese – non voglio che nessuno entri qui dentro: né l’anonima famiglia italiana con quattro figli o più, né delle donne pronte a cancellare la tua presenza in questo appartamento – era sincero, come non lo era mai stato da quando ero tornata – sarà sempre e solo casa tua”
Guardai in basso, mentre le nostre dita erano intrecciate le une alle altre, in quello che sembrava un covo di ricordi e non una semplice casa.
“Guardami” sussurrò lui, con un tono che non ammetteva repliche.
E così feci, lo guardai.
“Perché sei tornata?”
“Per vedere se casa mia fosse stata affittata a qualcun altro, durante la mia assenza”
“Voglio anche io la verità, adesso”
Rimasi in silenzio per qualche istante, e mentre il mio cuore, la mia mente, tutto in me rispondeva “Per te” , la mia voce disse “Perché Barcellona è l’unico posto in cui io riesca a sentirmi me stessa, non ne potevo più di Londra”
“Sei tornata per sempre?” domandò lui, ed io mi chiesi se non fosse speranza, quella nascosta nella sua voce.
“Io ero arrivata per restare per sempre Zayn, quattro anni fa”
Lui strinse la presa alla mia mano, avvicinandosi di qualche altro passo a me: adesso sentivo il suo respiro sulle labbra, ed avrei voluto baciarlo, ma i ricordi di quella notte di agosto non me lo permettevano.
“Hai fame?”
Io annuii, persa totalmente nei suoi occhi e nel suo profumo di menta e Marlboro.
“Ti va di mangiare qualcosa?”.

 

 













 
Drop everything now!
buooooooooonasera ragazze :))
ho appena finito di scrivere questo capitolo e già lo pubblico sjfhgsd
com'è? vi piace? io lo spero, mi sto impegnando davvero molto per questa storia sjgsd
come avrete capito, questo capitolo è ambientato quattro anni dopo, nel 2013..
sarà sempre così, ad un capitolo nel 2013 sarà alternato un capitolo nel 2009!
per cui il prossimo sarà quattro anni prima, nel 2009 jsvgsjdg
beeene, direi che ho detto tutto, posso anche andare a vedermi Breaking dawn pt 2 shfdfd
vi amo mucho <3<3<3
Adios.

p.s: la protagonista finale è Lily Collins :))
p.p.s: vi lascio Twitter akjsdfdcv






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Capitolo 4
*** Devil's pact ***



#4 anni fa
oooooukay, ciao ragazze!
premettendo che ho davvero molto molto sonno..
sono qui sopra per non destare dubbi, prima che leggiate..
questo capitolo è ambientato quattro anni prima, rispetto al precedente!
insomma, penso abbiate capito, ogni capitolo sarà alternato..
spero di non crearvi troppa confusione sjdfhgdf
comunque, vi amo molto e vi ringrazio tanto per tutto!
per leggere, recensire e tutto il resto, vi amo <3<3<3
Adios, Simo.
p.s: sotto vi aspetta un bel ragazzone jsgdfsdf

p.p.s: Twitter is here



 
(4)

Devil's pact


Volevo eccome quella casa, quindi seguii colui che aveva detto di chiamarsi Zayn Malik, fino all’entrata del famoso condominio dei suoi genitori.
“Carino” dissi io.
Lui si girò verso di me, ridacchiando beffardamente “Cosa c’è di carino in una baracca vecchia e decadente?”
Mi strinsi nelle spalle, per poi sorpassarlo ed entrare in quello che lui chiamava ‘baracca vecchia e decadente’.
“Dovresti essere un po’ più carino con le proprietà della tua famiglia, non credi?”
“Parliamo o concludiamo un affare?”
Perché doveva essere sempre così indifferente a qualsiasi cosa? Comunque sbuffai, seguendolo ancora fino all’ascensore.
“Funziona questo coso, non è vero?” chiesi scettica, indicando quella strana imitazione di ascensore.
“Il giorno in cui mi vedrai salire due piani di scale – disse lui, cercando di ridurre al massimo il cigolio della porta di quell’ascensore  -sarà per un motivo davvero ma davvero valido”
Mi strinsi nelle spalle, un’altra volta.
“D’accordo, mi fido” dissi entrando lì dentro per prima.
“Sul serio?” disse lui, senza nascondere un mezzo sorriso da paura, appoggiato all’anta dell’ascensore.
“Beh, io..non lo so..l’ho detto senza pensarci..”
Mi morsi il labbro inferiore, pensando che avrei fatto sicuramente più attenzione alle mie parole.
Lui annuì, raggiungendomi nel metro quadro di ascensore. Premette il pulsante per il secondo piano ed incrociò le braccia, aspettando che quell’affare partisse.
“Giurarmi che arriveremo sani e salvi al secondo piano” dissi io.
“Non ti giuro niente”
Sbuffai nuovamente, irritata sempre di più da quel suo comportamento menefreghista, quando finalmente l’ascensore diede segni di vita.
Mi girai verso di lui, ritrovandomi davanti il suo petto scolpito. Dannazione a lui ed alle sue manie da nudista..
“Non ce l’hai una maglietta, tu?”
Zayn sorrise, compiaciuto. Che diavolo aveva da compiacersi quel profugo?
“Non vuoi sul serio che io indossi una maglietta”
Allora sapeva davvero tutto, quel dannato ragazzo.
Benedissi il secondo piano e quando Zayn aprì l’anta dell’ascensore, mi catapultai fuori e per poco non andai a sbattere contro il muro di fronte.
“È così brutto stare a stretto contatto con me?”
Strabuzzai gli occhi senza farmi vedere da lui, mentre litigava con la serratura della porta di quello che scoprii essere l’appartamento numero 13.
“Tredici? Sul serio? Ma non porta sfortuna?”
“No, almeno non a me” disse lui, sorridendo e spalancando la porta, lasciando entrare me per prima.
“Ma questa non sarà casa tua, Zayn Malik”
Dissi prima di addentrarmi in quell’appartamento: non era male, anzi era piuttosto carino. Mi piaceva come la sala e la cucina fossero un’unica stanza, mi piaceva la finestra che dava esattamente sulla strada e mi piaceva quel divano rosso sgualcito, di fronte ad un grazioso tavolino di vetro.
“Mi piace” annunciai, guardando Zayn.
Lui annuì, sorridendo.
“Wow, addirittura un sorriso?” chiesi io.
“Non ti ci abituare, d’accordo Athena Lacoste?”
Avanzò di qualche passo, ritrovandosi a pochi centimetri da me.
“No, ma certo..” dissi io, risentita.
Mi stupì il modo in cui avvicinò il suo viso al mio e mi lasciò senza fiato, il modo in cui i suoi occhi guardavano intensamente i miei.
“Vuoi vedere la camera da letto? – soffiò sulle mie labbra, per poi portarle al mio orecchio – ah e, per la cronaca, so che ti piace stare a stretto contatto con me, non c’è bisogno di cambiare discorso quando te lo chiedo”
Mi lasciò lì, prossima ad un mancamento, sparendo nel corridoio di quell’appartamento numero 13.
Lottai contro l’istinto di tirarmi uno schiaffo, ma sicuramente quello avrebbe aiutato a farmi riprendere. Che diavolo mi prendeva? Zayn Malik era solamente un saccente venditore di casa senza maglietta. L’ultimo punto mi creava ancora non pochi problemi..
Scossi la testa e m’imposi di restare calma, raggiungendolo in quello che era un corridoio non molto lungo. Riconobbi un bagno, una stanza vuota e, per ultima, la camera da letto.
“Carina non è vero?” chiese la sua voce, facendomi sobbalzare.
Io annuii, guardando il letto ad una piazza e mezzo, l’armadio di fronte ad esso ed uno specchio quasi interamente rotto.
“Che tu sia Zayn Malik o meno, lo specchio rotto porta sfortuna a tutti”
Lui sorrise, appoggiandosi all’armadio.
“Sei superstiziosa, non è vero?”
“No, io credo soltanto nel destino”
Lui mi guardò in silenzio per qualche istante: come poteva un semplice ragazzo spagnolo avere degli occhi così maledettamente belli?
“Ed è un segno del destino che tu mi abbia incontrato?” domandò poi.
Lo guardai senza capire, per poi scuotere la testa.
“Non lo so, io non so nulla di te”
“Beh, sai che non sono spagnolo, sai che lavoro per i miei genitori e sai che ti venderò questa casa, cosa vuoi di più?”
“Non è abbastanza”
“Per te?”
“Per me” annuii.
Così lui allargò le braccia e sospirò “D’accordo, ti propongo un patto”
“Ti ascolto”
“Tu affitti questa casa per.. – si bloccò – per quanto ti serve?”
“Facciamo tre mesi, per cominciare”
“Tu affitti questa casa per tre mesi, fino ad agosto – riprese, guardandomi negli occhi – ed io ti racconto tutto della mia vita”
Annuii, stringendogli la mano che mi stava tendendo e, di conseguenza, un patto con il diavolo.
Zayn strinse più forte la mia mano, attirandomi a sé ed afferrandomi per i fianchi, facendo scontrare il suo corpo con il mio.
“Ovviamente, la tua vita è compresa”
“Vuoi la mia vita?” chiesi, confusa.
“No, Athena – disse lui divertito – voglio sapere qualcosa della tua vita”
“Ah, sì, ma certo..” dissi, sorridendo imbarazzata.
Stupida idiota..
Mi stavo facendo abbindolare dal diavolo di Avenida Catalana ma, d'altronde erano questi i patti, volevo quella casa e, ma sì, perché no, anche sapere qualcosa di più sullo strano profugo senza maglia.
“Affare fatto”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salutai quella che sarebbe stata casa mia per i prossimi tre mesi, uscendo insieme a Zayn.
“Come sono gli altri abitanti del condominio?” chiesi curiosa.
“Beh – Zayn allargò le braccia – loro sono tranquilli, diciamo..”
“Che significa ‘diciamo’?” virgolettai il termine.
“Quando non ci sono risse, sparatorie ed accoltellamenti vari – spiegò lui, apparentemente serio – si sta anche piuttosto tranquilli”
“Oh..” dissi io, non troppo convinta, ragionando sulle sue parole.
“Athena?” mi richiamò lui, sottovoce.
“Che c’è?”
“Ti sto prendendo in giro, nessuno ti farà del male ad Avenida Catalana – s’infilò le chiavi del 13 nei pantaloncini da calcio, stringendosi nelle spalle – io sto tutto il giorno giù, sul muretto, sta’ tranquilla”
Mi porse un sorriso rassicurante, a cui risposi nello stesso modo. Era come se si stesse addolcendo, non so, non era più arrogante e presuntuoso.
“Non dovresti darle a me le chiavi?”
“No – disse ovvio – prima devo potermi fidare”
Dissi addio allo Zayn Malik dolce e rassicurante, ridando il benvenuto a quello saccente e provocatorio.
“Sei bipolare?”
“Come?” chiese, visibilmente confuso.
“No, niente, lascia perdere”
Mentre ragionavo su quella possibilità, sentii la porta dell’appartamento affianco al mio, il 14, sbattere sonoramente.
“Oh, buongiorno Styles” lo salutò Zayn.
‘Styles’, chiunque esso fosse, era un ragazzo alto, dall’aria smarrita, con due gambe lunghe fasciate dai jeans neri, una canottiera bianca da cui si riuscivano a vedere i grandi tatuaggi sul petto e sulle braccia e dei capelli ricci nascosti sotto un cappello blu, di lana, nonostante fosse giugno.
Ma il suo pezzo forte erano sicuramente gli occhi, verdi e splendenti, come due grossi e bellissimi smeraldi.
“Ciao Malik”
Salutava Zayn, ma guardava me.
“Styles ti presento Athena Lacoste – disse indicandomi – Athena lui è Harry Styles, il tuo nuovo vicino di casa”
Harry Styles mi guardava come se fossi un alieno con tre teste.
“Vicino di casa? – mi chiese stranito – hai comprato l’appartamento 13?”
“Affittato” lo corressi io.
“Oh – Harry allargò le labbra in un meraviglioso sorriso vero – molto piacere allora, sono sicuro che ci troveremo bene”
Gli strinsi la mano e sorrisi a mia volta “Beh, grazie – dissi positivamente stupita – allora non siete tutti uguali, qui a Barcellona”
Zayn roteò gli occhi al cielo “No, esatto, non siamo tutti terribilmente belli ed affascinanti come me”
Harry sorrise divertito, per poi ricordarsi improvvisamente di qualcosa.
“Devo assolutamente andare, sono in un ritardo pazzesco – disse andando incontro alle scale, per poi girarsi nuovamente verso di noi – ci vediamo, Athena?”
“Beh sì, vivo qui”
“Giusto”
Harry sorrise un’ultima volta, per poi sparire sulle scale di quello strano condominio.
“Qual è il suo problema?”
Chiesi a Zayn inclinando la testa, guardando la sua schiena svanire velocemente.
“Lui studia- disse semplicemente – forse arte o poesia, che importa..” liquidò il tutto con un’alzata di spalle.
Ma poi si fermò a guardarmi, a guardare come i miei occhi non smettevano di fissare il punto in cui pochi istanti prima si trovava Harry Styles lo strano studente di ‘arte o poesia, che importa’.
“Non badare troppo a Styles – concluse Zayn – lui è fatto così”
Non feci in tempo a domandare cosa avrebbe dovuto significare ‘lui è fatto così’ nella sua strana lingua dei profughi non amanti delle magliette, che mi ritrovai stretta accanto a lui nell’ascensore, un’altra volta.
 
 
Una volta usciti dal condominio, alzai lo sguardo verso l’alto e socchiusi gli occhi, per godermi il calore che i raggi del sole conferivano. Era così bello.. finchè Zayn non mi strattonò bruscamente per un braccio.
“Dove andiamo?”
Lui ovviamente non mi rispose, continuò solamente a trascinarmi verso il suo amato muretto, dove un ragazzo se ne stava abbracciato ad altre due ragazze.
“Athena – disse parcheggiandosi proprio davanti allo strano trio – ti presento una persona”
Zayn si sedette al suo posto ed il ragazzo davanti a me, tolse il braccio dalle spalle di una delle due ragazze a cui era arpionato, per tendere la sua mano verso di me.
“Molto piacere – mi mostrò un bel sorriso – sono Liam Payne, e tu?”
Strinsi la mano di Liam e lo squadrai da capo a piedi: era alto, indossava dei jeans trasandati ed una canottiera nera. Alla vita aveva legato una camicia rossa a quadri, portava un cappello sui capelli castani. Aveva gli occhi castani, ma non un castano noioso, ricordavano quasi il colore del cioccolato. E continuava a sorridere: era bellissimo.
“Sono Athena Lacoste, piacere mio”
“Sei un’amica di Zayn?”
Dal suo tono malizioso capii che con ‘amica’, intendeva molto di più.
“Assolutamente no”
Zayn sorrise, in quel suo modo beffardo di sorridere.
Liam continuò a sorridere, mentre io spostavo lo sguardo sulle ragazze al suo fianco.
“Oh, ma certo – disse poi – loro sono Sophia e Danielle..”
Strinsi la mano ad ognuna delle due ragazze sorridenti, presentandomi. Erano entrambe bellissime.
“..le mie fidanzate”
Annuii tranquillamente, prima di realizzare ciò che aveva detto.
“Cosa?” domandai, strabuzzando gli occhi, allibita.
Tentai di dare una spiegazione logica alla cosa ma.. Non si possono avere due fidanzate, andiamo, non si può e basta.
Zayn ridacchiò “Oh Athena, sono sicuro che scapperai a Londra molto prima di agosto”
“Non ci giurerei – ribattei io, guardandolo negli occhi – non potrei mai rompere il nostro patto, Zayn”
Forse era la prima volta che lo chiamavo solamente ‘Zayn’, da quando ci eravamo conosciuti qualche ora fa.
Zayn sorrise beffardamente, mentre Liam ci osservava circospetto.
“Tu sei londinese? Ma dai, anche io..”
“E che ci fai qui?”
“Sono scappato, che altro?”
Annuii, in effetti non era poi lontano dal perché io mi trovassi lì a Barcellona.
“E tu, Athena?”
Feci per rispondere, ma Zayn mi batté sul tempo.
“Athena cercava appartamento”
“E gliel’hai venduto tu?” chiese Liam al suo amico.
“Affittato, fino ad agosto” lo informò Zayn.
“Oh – disse Liam – e che tipo di patto avete fatto?”
“Beh, noi..” cominciai io, ma Malik m’interruppe nuovamente.
“Queste sono questioni private”
Che nervi di ragazzo.
“Oh, scusa” disse Liam alzando le braccia.
Lo sguardo di Zayn saettò verso i miei occhi, facendosi più intenso di quanto avrei voluto, lasciando che una scintilla scoccasse tra di noi.
“A che gioco stai giocando?” dissi sottovoce.
Zayn si passò la lingua sulle labbra, in un gesto abituale che gli avevo già visto fare più volte.
“Di che parli, Lacoste?” il suo tono si abbassò di qualche ottava, facendosi suadente.
Liam ci lanciò uno sguardo confuso “Ma che diavolo state dicendo?”
Malik scosse la testa, sorridendo e stringendosi nelle spalle.
“Chiedi a lei, che diavolo stiamo dicendo” disse lui.
Diavolo, era quello il termine giusto per descriverlo.





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Capitolo 5
*** Lover in me ***




#4 anni dopo
cieeeeeeeeeeeeeeo
come state? io bene bla bla bla
ho tanto sonno, ma volevo comunque postare questo capitolo sdfjhdsg
ho voluto mettere un memory di Heart is so Jetlagged sfjsdfg Margarita sdfgsd
e vabbeeeeeh, vi amo, lo sapete? anche se le recensioni sono relativamente poche, vi amo molto!
lei comunque è la nostra Lily smdhdsfh quant'è bella?
siete tutte bellissime, adesso vi auguro buonanotte, addio <3<3<3

p.s: ascoltate 'Lover in me' di Selena Gomez dove vedete l'asterisco
p.p.s: Twitter
 

 


(5)

Lover in me



“Ehi Lily – incastrai l’iPhone tra la spalla ed il collo, frugando tra i vestiti ancora nella valigia – ma non paghi l’ira di Dio?”
“Probabilmente  – sentii sospirare la mia migliore amica oltremare – ma sono troppo curiosa, allora? Com’è andata?”
“Andata cosa?” domandai, mentre scartavo mentalmente metà della mia valigia.
“Lo sai”
Roteai gli occhi al cielo, estraendo da quel disordine di colori una semplice maglietta rossa.
“Zayn non è cambiato per niente”
“Che ti avevo detto io?” quella non era la voce di Lily.
“Lily Stewart! – sbottai io – stai di nuovo usando il vivavoce?”
“No..” disse lei, con un tono davvero poco convincente.
“Dannazione Lily te l’avrò detto mille volte di non usarlo quando parli con me, sai che mi sento stupida!”
A stento mi tolsi la felpa grigia che portavo ancora dal viaggio, rimanendo in reggiseno e con dei capelli improponibili.
Filai in bagno, spaventandomi dando un’occhiata al mio riflesso: ero davvero in brutte condizioni, non potevo affrontare una cena con l’uomo che disgraziatamente amavo ridotta in quel modo.
“Ma è solo Harry, che t’importa?”
Scossi la testa nel sentire le parole della mia migliore amica, che non sarebbe cambiata mai. Lei ed Harry Styles si erano conosciuti a Barcellona, in quello che ricordo come il periodo migliore e peggiore della mia vita.
Convivevano, erano prossimi ad un viaggio e.. perché no, anche un matrimonio. Ed io? Io ero ferma davanti allo specchio, nel bagno del mio vecchio appartamento numero 13, mentre fissavo quella ragazza che si era rovinata la vita da sola, innamorandosi del primo profugo che le era passato davanti, quel primo giugno 2009.
“Ho il brutto presentimento che questa serata sarà un completo disastro, Lily” dissi alla mia amica, prendendomi  testa tra le meni, colpita da un attacco di depressione.
“Non dire così, Athena – cercò di rassicurarmi lei – cerca di essere positiva, e vedrai che andrà alla grande”
“Certo, alla grande, come no” le feci eco io, pessimista.
“Qual è il problema?” sentii chiedere ad Harry.
Immaginai Lily, con i suoi bellissimi capelli biondi, voltarsi verso di lui e dirgli “Athena stasera uscirà con Zayn”
“Wow, sembra di essere tornati a quattro anni fa, torniamo a Barcellona anche noi?”
Mi sembrò quasi di vedere Lily fulminarlo con gli occhi, per poi tornare alla mia telefonata.
“No Lily, Harry ha ragione – dissi però io, precedendola – è esattamente la stessa storia di quattro anni fa”
“Non è come credi tu, Athena”
“E invece sì”
Lily ne era sempre stata convinta, ma le sue convinzioni non rispecchiavano le mie. Forse perché io ero realista, mentre lei era un’irrimediabile sognatrice, un po’ come Zayn e tutti i ragazzi di Barcellona.
“Dove ti porterà?” chiese poi lei, sviando l’argomento.
“A mangiare in un nuovo ristorante, ha detto che è qui vicino, non so..” dissi sbrigativa, mentre pettinavo i miei capelli.
“E cosa indosserai?”
“La tuta?” chiesi, scettica.
“No, idiota – ribattè lei, decisa – non hai portato nulla di elegante ed estremamente sexy che possa fargli perdere la testa?”
Io sbuffai, Lily sapeva farmi impazzire anche lontana mille e passa chilometri.
“Perdere la testa? Malik è un caso disperato già di suo, io eviterei di complicare la situazione”
Harry aveva pienamente ragione, ancora.
“Harry, non sei d’aiuto” disse Lily al suo fidanzato.
A volte mi trovavo ad invidiare il loro rapporto: loro avevano tutto quello che mancava a me. Vivevano insieme, si fidavano gli uni degli altri e si amavano. Soprattutto, si amavano.
“Passamela”    
“Ehi, Harry” lo salutai io, passandomi un po’ di cipria sul viso, giusto per rendermi quel minimo presentabile.
“Ciao Athena, come stai?”
Mi mancava Harry, mi mancava la sua tranquillità, la sua spensieratezza, quel suo modo di non preoccuparsi mai. Mi mancava passare le giornate insieme a lui, sul pianerottolo del condominio dei genitori di Zayn, senza pensieri per la testa.
“Sto – dissi passando al mascara – ti  basta come risposta?”
“Andiamo, non può essere andata così male”
“No, infatti, è stato bellissimo rivedere Niall” dissi tornando in camera da letto, scegliendo tra la tuta ed il vestito nero sexy ed elegante.
“Athena..” mi rimproverò Harry.
“Harry, che c’è? Non so che fare, d’accordo? Lui mi ha detto ‘Ti va di mangiare qualcosa?’ ed io ho detto sì, ma questo non significa nulla, tutti qui sanno che Zayn non mi ama, non mi ha mai amata e mai mi amerà”
L’avevo detto, l’avevo finalmente detto ad alta voce, dopo quattro anni. Era per questo che Harry aveva preferito restare in silenzio, davanti a quelle mie parole.
“Già, tutti meno Zayn”
Sbuffai, perché Lily aveva contagiato anche il suo fidanzato con quelle sue stupide convinzioni da eterna sognatrice.
“Un tempo piaceva anche a te sognare, Athena” disse Harry, come se mi avesse letto nel pensiero, da Londra a Barcellona.
“Un tempo, hai detto bene Harry – lo corressi – un tempo mi piaceva sognare, ma adesso sono cresciuta, ed ho capito che la vita reale è un’altra e non quella dei sogni”.
 
 
 
 
 
 
 
Mi maledissi per aver ascoltato Lily ed i suoi consigli malati: avevo indossato un dannato vestito nero, ed adesso mi sentivo una battona, con tutto quel trucco che mi ero messa in faccia. Dio, gli spagnoli avrebbero pensato che in casa non avessi uno specchio.
Per fortuna avevo preservato un po’ di buon senso, abbinando a quel vestito da Red Carpet dei poveri le mie converse nere.
“Athena? Sei tu?”
Mi girai, al sentire quella voce maledetta. Zayn era lì davanti a me, con dei semplici skinny jeans neri, le sue scarpe da ginnastica ed una maglietta a mezze maniche blu: Mr. Semplicità, in due parole.
Non si poteva dire lo stesso di me, purtroppo..
“Ciao, Malik”
Ci salutammo con un bacio sulla guancia, ed io notai che si era fatto la barba, contrariamente a quel pomeriggio: e lui sapeva, quanto mi piacesse con il viso pulito.
“Wow – disse strabuzzando gli occhi, squadrandomi dalla testa ai piedi – non ti avevo mai vista così..”
“Così come? – chiesi io, scettica – vestita da donna?”
Lui sorrise, e per la prima volta, in quel primo giugno 2013, riconobbi quel vecchio sorriso, quello di quattro anni prima.
“Sono abituato all’Athena Lacoste con la tuta e le mie magliette, quelle di tre taglie più grosse, quelle che ti piaceva mettere per dormire”
Rimanemmo a guardarci negli occhi, senza dire nulla. Era scorretto un’altra volta: stava giocando la carta dei ricordi.
Ma io ero più forte, così scossi la testa e mi girai verso l’entrata del locale.
Inglaterra – recitai il nome del ristorante in cui mi aveva portata – da quanto tempo hanno sostituito la vecchia libreria con questo?” dissi indicando l’edificio davanti a noi.
Zayn si avvicinò a me, tenendo gli occhi sul ristorante.
“Da un paio d’anni - disse convinto – entriamo”
Mossi due passi verso la porta in legno, quando sentii la mano di Zayn aderire alla mia schiena. Forse fu solo la mia impressione, ma sentii dei brividi percorrere il mio corpo, riportandomi a quattro anni prima, quando quelle sensazioni erano del tutto nuove per me.
Mi guardai intorno, cercando di scacciare quel qualsiasi cosa fosse, e pensai che quel ristorante non era davvero niente male.
“Athena? Tu sei Athena Lacoste?”
Aggrottai le sopracciglia, confusa, girandomi verso il possessore della voce. Ma poi vidi due grandi occhi color cioccolato, e sul mio viso comparve un grosso sorriso.
“Liam!”
Gli gettai le braccia al collo, lasciandomi stringere forte da lui in un abbraccio.
“Quanto sei bella, piccola” disse lui, facendomi fare una piccola piroetta su me stessa.
“Beh, anche tu sei davvero affascinante, ti ricordavo molto peggio di così..” dissi scherzando.
Lui rise, per poi spostare lo sguardo sulla figura affianco a me.
“E sei con Zayn – disse guardando il suo amico – wow ragazzi, sembra di essere tornati a quattro anni fa”
E pronunciò le stesse parole di Harry, al telefono.
“Già..” disse Zayn, malinconico.
“Ma che ci fai qui?” ma l’entusiasmo di Liam prevalse su quell’aurea di malinconia.
“Io sono tornata, Liam”
Lui sorrise, visibilmente felice.
“Sono contento, sul serio” disse stringendomi la mano.
“Liam? Donde estas? El restaurante està lleno de gente!” non conoscevo quella voce, non l’avevo mai sentita prima.
Così guardai Liam senza capire, ma prima che lui potesse dirmi qualsiasi cosa, una bellissima donna sui venticinque anni comparve davanti a noi. I capelli neri lunghi e mossi le cadevano sulla schiena, il vestito rosso le stava d’incanto ed i suoi occhi scuri mettevano quasi in soggezione. Era una donna spagnola stupenda, ma non sapevo chi fosse.
“Athena, lei è Margarita” e me la presentò Liam.
Strinsi la mano a quella bellissima donna, mentre lei mi porgeva un bel sorriso e ricambiava la stretta di mano, sbrigativa.
“Molto piacere, eres un amiga de Liam?” mi domandò lei, in spanglese.
“Oh, io sono..”
“Lei è Athena, Meg..” disse Liam, marcando sul mio nome ed alternando lo sguardo dai suoi occhi a quelli di Zayn, come se la donna dovesse intendere qualcosa.
“Tu eres aquella Athena?” mi chiese esclusivamente in spagnolo.
“Aquella Athena? Ma che diavolo..?” chiesi io confusa, guardando prima Zayn e poi Liam.
Perché avevano parlato di me ad una cameriera di quel ristorante? E perché diavolo Liam doveva preoccuparsi che fosse pieno di gente? Non ci stavo capendo nulla.
“Qualcuno può spiegarmi?”
Zayn si portò una mano alla fronte, esasperato, girandosi verso l’uscita del ristorante. Così guardai Liam, che sospirò.
“Athena, lei non è semplicemente Margarita – disse sorridendo – lei è Meg, mia moglie, e questo non è solamente un ristorante, questo è il mio ristorante”
Strabuzzai gli occhi, guardando prima Margarita e poi Zayn, che aveva deciso di tenersi tutto per sé.
“Tua moglie? Ti sei sposato?”
Ero quasi offesa che non mi fosse arrivato nessun invito.
Liam annuì “L’anno scorso, a Madrid, mentre eravamo in vacanza – disse sorridendo a Meg – è stato magico, non l’abbiamo detto a nessuno, abbiamo fatto tutto da soli”
Ah, adesso capisco.. Niente invito per nessuno, non solo per me: così va bene.
“E Danielle e Sophia? Che fine hanno fatto?”
Margarita guardò Liam in modo strano, mentre Zayn ridacchiava tra sé e sé, appoggiato al muro del ristorante di Liam.
“Quienes son Danielle y Sophia?”
“Oh, Meg, ero giovane quando..”
“Giovane? Yo te mato, Liam!”
Sembrava di essere al manicomio: Meg urlava in spagnolo contro Liam, che tentava di difendersi a sua volta in spagnolo e Zayn che rideva da solo, appoggiato ad una stupida parete.
Quello sì che era un bentornato a Barcellona come si deve.
 
 
*“Quando si sono conosciuti Liam e Margarita?” domandai, curiosa.
“L’anno scorso, in inverno, quando Liam decise di dare una svolta alla sua vita, lasciando sia Danielle che Sophia” rispose lui, masticando l’ultimo boccone di pane.
“E si sono sposati in estate?”
Lui annuì, ingoiando.
“Invece Harry e Lily? Come stanno?” chiese poi lui.
“Benissimo – sorrisi al pensiero di quei due a Londra – sono fatti l’uno per l’altra, sono contenta che stiano pensando al matrimonio”
Zayn sorrise, ma sembrò perso nei ricordi, mentre io pensavo che anche noi due sembravano essere fatti esattamente li uni per gli altri.
“Hai tagliato i capelli”
Ma poi lui se ne uscì con quell’affermazione, ed io lo guardai, stranita.
“Te ne sei accorto?”
Zayn annuì “Certo, che ti aspettavi?”
“Che non ci avresti fatto caso, tu non fai mai caso a nulla”
“Non è vero – ribattè – amavo i tuoi capelli lunghi, mi piaceva accarezzarli e mi piaceva da morire il solletico che provocavano alle mie spalle nude, quando dormivi accanto a me”
Tossicchiai imbarazzata da quei ricordi, e totalmente presa dal suo sguardo ammaliatore.
Così cercai di cambiare discorso.
“E così Liam ha un ristorante..”
Accavallai le gambe sotto il tavolo che Liam ci aveva dato dopo aver chiarito con sua moglie: era un posto davvero magnifico, riservato e del tutto isolato dal resto del ristornate, esattamente come piaceva a me e Zayn ma, d'altronde, Liam lo sapeva bene.
Zayn annuì, mentre finiva l’ultimo sorso di Sangria che avevamo consumato durante tutta l’ottima cena che il nostro amico proprietario aveva fatto cucinare a posta per noi.
“Ha aperto quest’attività due anni fa – mi spiegò – disse che passando dalla libreria, quel giorno, aveva visto davanti a sé l’immagine chiara di come sarebbe stato il suo ristorante”
Io annuii “È sempre stato il suo sogno, fin dall’inizio”
Ricordavo le giornate passate a rimuginare sui nostri sogni, e Liam Payne ce l’aveva fatta.
Zayn annuì “Tutti quanti loro hanno ottenuto ciò che volevano” confessò, con un accenno di amarezza nella voce.
Cercava di evitare il mio sguardo, mentre pensava alla sua vita, probabilmente insoddisfatto.
“Non è troppo tardi, Zayn – dissi io, appoggiando i gomiti al tavolo – hai solo 24 anni, la tua vita è lunga e ti appartiene completamente”
Lui puntò i suoi occhi liquidi nei miei, sorridendo con rancore e risentimento.
“Non è troppo tardi, dici?”
Io annuii, convinta.
“Beh, ti sbagli allora – mi contraddisse sicuro di sé – è troppo tardi per tornare indietro, è troppo tardi per chiedere una seconda possibilità, è troppo tardi per fare ciò che ho sempre sognato”
“Qui non stiamo parlando di seconde possibilità, Zayn – spiegai io - non centro nulla con i tuoi sogni, non sono mai rientrata nei tuoi desideri”
Lui appoggiò un gomito alla sua sedia, ridendo amaramente.
“Eppure pensavo mi conoscessi”
“E ti conosco, Zayn”
“No Athena, dalle tue parole capisco che non mi conosci affatto – disse lui, sussurrando quelle parole tra i denti – pensi che il mio sogno sia quello di viaggiare, non è vero? Pensi che io me ne voglia andare da qui, solo” 
Io annuii confusa e totalmente disarmata: non mi ero accorta che i nostri visi si fossero avvicinati così tanto.
“Non è così?” chiesi ingenuamente.
Lui scosse la testa, accarezzando una mia ciocca di capelli.
“No, Athena – soffiò sulle mie labbra – forse un tempo era così, forse quattro anni fa, anzi, forse fino a giugno di quattro anni fa”
“Che stai dicendo, Zayn?”
“Sto dicendo, Athena – portò l’indice accanto al mio viso, sfiorando la mia guancia – che il mio sogno di viaggiare per il mondo, è mutato dal momento in cui ti ho vista, ad Avenida Catalana, quel primo giugno 2009 che tanto malediciamo”
“Ed in che modo è mutato?”
Stavo trattenendo il respiro, e mentre lui accarezzava le mie labbra con le dita, mi trovai costretta a socchiudere gli occhi.
“Voglio ancora viaggiare, questo è certo, ma non da solo”
“E cosa centro io?”
Quando aprii gli occhi, trovai le sue labbra a pochi centimetri dalle mie: sentivo il loro sapore di menta e sigarette, e lo desiderai sulle mie, istantaneamente.
Ma dovetti controllarmi, non potevo e non dovevo assolutamente baciare Zayn Malik.. né quella sera, né mai.
“Voglio vedere il resto del mondo insieme a te – mi spiegò, con il suo mezzo sorriso quasi sulle mie labbra – non avrebbe senso, partire senza di te, Athena”
“Non ha senso quello che dici, Zayn”
Ribattei prontamente, cercando di allontanarmi da quella bocca così maledettamente suadente, ma lui mi afferrò la mano.
“Il mio sogno sei diventata tu, Athena – disse lui, tornando a stretto contatto con le mie povere ed indifese labbra – non più l’Argentina, non più l’America, non più il Marocco.. ma tu”
Me lo stava confessando lì, dopo quattro anni di silenzio, a Barcellona, nel ristorante di Liam, seduto di fronte  a me, mentre mi stringeva la mano.
“Ma probabilmente tu avrai trovato qualcun altro a Londra, durante questo periodo”
Dopo quell’insinuazione tornò al suo posto, con la schiena premuta contro la sedia ed il suo sorrisetto perennemente sul bel viso.
Io scossi la testa, sorridendo amaramente: Zayn stava giocando, come faceva sempre. Ma eravamo cresciuti, e non c’era più tempo per giocare.
“Non dire stronzate”
“Sono stronzate?” chiese lui, fingendosi ingenuo.
“Sai benissimo che lo sono – dissi io, decisa a non farmi ingannare dalla sua voce e dai suoi giochi di sguardo – e sai anche il perché, Malik”
Infatti annuì, senza più sorridere, senza più far nulla: mi guardava solamente.
“Sono innamorata di te, lo sono da quel maledetto primo giugno 2009 – sbottai – e sì, lo maledico, e sai perché lo faccio? Perché tu non mi ami Zayn, e non l’hai mai fatto”
“L’hai sempre saputo, non ti ho mai detto il contrario”
Io annuii, come se quello avrebbe dovuto farmi sentire meglio.
Io scossi la testa, rassegnata “Ma fa male lo stesso, Zayn” confessai alla fine, con voce debole.
“Athena, io..”
“No Zayn, basta, sono stanca di ascoltarti – lo interruppi io – ne abbiamo già parlato abbastanza, tu non mi ami, ed è per questo che me ne sono andata, quattro anni fa, non potevo sopportarlo”
“E adesso puoi?”
“Adesso posso provarci”
Guardai i suoi occhi senza dire nulla per qualche secondo, incapace di credere a quanto fossi stata cretina negli anni addietro.
“Mi sono stancata di essere quella stupida ragazzina che crede che l’amore che provo io, possa provarlo anche tu – spiegai ancora – tu non mi ami e non posso costringerti a farlo”
“Athena, io non..”
“Tu non.. cosa, Zayn?”
Finiva sempre così, sempre.
“Non so come dirtelo, non sono capace, io..”
“Non sei capace di fare cosa? Di amare? – domandai, retorica – non credo proprio Zayn, quando troverai la persona giusta allora riuscirai a dirle ‘Ti amo’, e l’amerai sul serio”
Zayn scosse la testa, combattuto.
Io chiusi gli occhi per qualche istante, in cui regnò il silenzio, dopodiché mi alzai dalla mia sedia.
“Dove vai?”
“Torno a casa, sono stanca”
“Stanca di cosa? Di me?”
Io risi amaramente, davanti allo sguardo confuso di Zayn.
“Sì, mi piacerebbe molto”.

 
 

 

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Capitolo 6
*** Blue eyes ***





 
(6)

Blue eyes


Zayn Malik e Niall Horan erano la definizione di amicizia, un po’ come me e Lily. Ci conoscevamo da tutta una vita: i ricordi che mi appartengono, li condivido tutti con lei, dal primo all’ultimo.
In sostanza, non ricordo la mia vita senza Lily Stewart.
Eravamo diverse, certo, ma pur sempre inseparabili amiche. E ricordavamo Zayn e Niall: i ragazzi dicevano che il mio carattere era fin troppo simile a quello di Malik, ma a me piaceva smentire. Mentre Niall e Lily, beh, loro due non avevano proprio niente in comune.
“Athena, hai conosciuto Styles?” mi domandò Niall.
“Sì – annuii, tornando mentalmente con loro – siamo vicini di casa, lui abita nell’appartamento 14”
“Lo so - Niall annuì, prendendo una boccata di fumo dalla sua Marlboro – e come ti è sembrato?”
Non risposi subito, dato che non avevo capito a pieno cosa chiedesse la sua domanda.
“Intendo, è un tipo parecchio strano, te ne sarai accorta” l’irlandese ammiccò.
Mentre Zayn se ne stava al suo solito posto, su quel dannato muretto, dove stavamo anche io ed il suo migliore amico. Ridacchiava di tanto in tanto, ascoltando la nostra conversazione, con quella dannata sigaretta sempre tra le labbra.
“Beh, lui forse è.. un po’.. come dire.. – cercavo le parole giuste, non volevo essere avventata, non sapevo nulla del rapporto che c’era tra i tre, magari Harry Styles era un altro dei migliori amici di Malik – inusuale, ecco” dissi, fiera della mia conclusione.
Niall e Zayn si guardarono per qualche istante, prima di scoppiare sguaiatamente a ridere. Sbuffai, guardando altrove.
“Non siete carini, sapete? – domandai retoricamente, mentre continuavano ininterrottamente a ridere – in più siete molto irritanti, assurdamente irritanti”
“E tu fai uso inappropriato di avverbi, assurdamente inappropriato” disse Zayn, tornando improvvisamente serio, fulminandomi con il suo sguardo e sbuffandomi un po’ di fumo in pieno viso.
Rimasi a fissarlo, per qualche secondo, mentre sentivamo il peso degli occhi azzurri di Niall addosso.
“Non è vero” dissi alla fine.
“Oh, sì che è vero”
“Ho detto di no”
“E io dico di sì, cosa facciamo adesso?”
Era sfacciato, era sbruffone, era odioso, era tutto ciò che di più bello e sensuale c’è a questo dannato mondo.
“Ragazzi, siete ridicoli, ve lo dico con il cuore” quello era Niall, che aveva imparato ad odiare i nostri veloci scambi di battute.
Era il terzo giorno per me a Barcellona e, nonostante mi fossi lamentata almeno centocinquantamila volte, di quella splendida città spagnola, avevo visto solo Avenida Catalana ed il suo muretto.
Certo, gli occhi di Zayn meritavano davvero molto, ma anche la Sagrada Familia aveva la sua importanza, nel mio cuore.
“Harry Styles non è inusuale – riprese Zayn, spegnendo il mozzicone della sua sigaretta sotto la converse consumata – è totalmente fuori dal comune, vive in un mondo tutto suo e se scoppiasse una bomba qui ad Avenida Catalana, oltre a non accorgersene, liquiderebbe il tutto con un sorriso”
Sembrò di sentire la descrizione di Lily.
“Oltre ad essere completamente dell’altra sponda, s’intende” puntualizzò Niall.
Io, dal canto mio, roteai gli occhi al cielo: quei due erano dei veri pettegoli. Non sapevano far altro che parlare delle vite altrui, e quando c’era Liam poi, il trionfo degli impiccioni.
“Voi due siete malati”
“E tu una sporca omofoba” mi riprese Zayn, lascivo.
“Non azzardarti mai più a darmi della sporca, chiaro?” lo ammonii.
Niall ridacchiò sistemandosi meglio sul muretto, probabilmente sospettando la battuta del suo amico che sarebbe arrivata di lì a poco.
“Neanche se fossimo in camera da letto, piccola?”
Soffiò quel nomignolo odioso sulle mie labbra a pochi, pochissimi, decisamente troppi pochi centimetri da me.
Scorretto, maledettamente scorretto.
M’imposi calma “Noi non saremo mai, in camera da letto, piccolo”
“1 – 0 per Athena! – urlò Niall – mi spiace Malik, la signorina è in vantaggio”
“Per ora”
Mi lanciò uno di quegli sguardi che erano capaci di mandarmi in confusione per dieci buoni minuti. Solo una pacca forte sulla spalla da parte di Liam, aveva il potere di risvegliarmi da quello stato assurdo di trance.
“Payne, che si dice?”
Niall e Liam si scambiarono quel solito cinque da fratelli di sangue diverso, mentre Zayn lo salutava con un cenno, offrendogli una sigaretta, come se fosse un loro rituale abitudinario.
“Tomlinson è qui” disse lui, diretto, mentre Niall gli accendeva la Marlboro incastrata tra le labbra.
“E che ci fa qui?” disse Zayn, confuso.
“Il solito - Liam si strinse nelle spalle, appoggiandosi al muretto, fumando tranquillamente – rompe i coglioni”
Niall rise, il che non era una novità, ma Zayn si rabbuiò: non doveva piacergli molto questo “Tomlinson”.
“Chi è?” chiesi.
Zayn girò il viso verso il mio, senza dire nulla.
“Louis Tomlinson è il diavolo, Athena” mi rispose Liam.
“Ah sì? – dissi, ravvivandomi i capelli con la mano – ed io che credevo di averlo di fianco, il diavolo”
Niall e Liam ridacchiarono, mentre Zayn m’inchiodava sul posto con i suoi occhi fulminanti.
“Sono lusingato”
“E da che cosa? Non ci si lusinga così facilmente”
Zayn sorrise divertito, scostandomi una ciocca di capelli, lasciando libero l’orecchio, per le sue labbra “Il diavolo è una figura estremamente passionale, non credi? – domandò retorico, con tono suadente – scusa se mi lusingo così facilmente, hai ragione tu”
Scherzava sempre, ed io morivo.
Il suo fiato caldo sul collo era una sensazione che provavo per la prima volta e, forse, mi piaceva.
“Buongiorno a tutti”
Una voce nuova, pulita, candida e quasi divertente, arrivò alle mie orecchie. Zayn si allontanò da me, tornando alla sua posizione normale, sul muretto.
“Ciao Tomlinson, qual buon vento?” domandò Niall al famoso Louis Tomlinson.
Era familiare: occhi azzurri, capelli biondo scuro tirati su, portamento da ubriaco, sorrisetto furbo sulle labbra e stile trasandato. L’avevo già visto, e sapevo anche dove.
“Tu sei quel ragazzo” affermai, indicandolo.
“Athena, ma che dici?” chiese curioso Liam.
“Oh, ben trovata – Louis esibì un piccolo inchino – come procede il tuo soggiorno nella bella Barcellona?”
Io sorrisi “Benissimo”
“Perché la conosci?” ringhiò Zayn.
Liam e Niall si sorpresero della sua reazione, ma mai come me. Si era alzato in piedi e, per far smuovere Zayn Malik da quel muretto ce ne voleva. Si era avvicinato a Louis velocemente e, sempre che non fossi del tutto impazzita, sembrava anche infastidito.
“Calma, Malik – si difese Louis – l’ho vista di sfuggita qualche giorno fa, si vede che è straniera ed è davvero una bella ragazza, tu che avresti fatto?”
“Non lo so, tu che hai fatto?” domandò, retoricamente Zayn.
Louis Tomlinson stava per rispondere, ma Zayn lo precedette.
“Stai molto attento alla tua risposta, Tomlinson” sputò tra i denti.
Louis, in tutta risposta, scoppiò a ridere.
“Wow – si liberò della vicinanza di Zayn – credevo di averle viste tutte ormai ma, amico mio, questa mi mancava, mi mancava davvero”
“Di che diavolo parli, Tomlinson?” disse la voce di Niall.
“Parlo, Horan, delle quasi magnifiche attenzioni che il nostro caro Malik ha per la nuova arrivata..” Louis cercò i miei occhi, insieme all’informazione mancante.
“Athena” risposi, frastornata.
“Athena” ripetè Louis, con un sorriso.
Zayn se ne stava in piedi, dietro di lui ad osservare la scena, fumando avidamente l’ennesima Marlboro.
“Sei di Londra, non è vero?”
Annuii “Anche tu?”
“No – scosse la testa – io sono di qui, spagnolo dalla nascita”
“Ah sì?”  domandai, retorica.
Lui scoppiò a ridere, ed io non capivo proprio perché Zayn ed i ragazzi non lo sopportassero. Perché ce l’avevano con lui? Louis era un bel ragazzo, simpatico, alla mano, sorridente ed estremamente socievole. Che aveva che non andava?
“Mia madre ha l’ossessione per l’Inghilterra – spiegò – sai, ha sposato un londinese DOC”
“Oh, adesso capisco..”
“Avete finito?”
La voce infastidita di Zayn interruppe le nostre chiacchiere.
“Sì – disse Louis, voltandosi verso di lui – me ne vado”
Fece per allontanarsi, ma poi tornò indietro, avvicinandosi a Zayn.
“Un occhiolino, le ho fatto un semplice occhiolino, d’accordo Malik?”
Zayn lo fulminò con lo sguardo, ma non come faceva con me: quegli occhi erano carichi di rabbia, di odio, di risentimento, di vendetta desiderata.
“Che non si ripeta” sputò nuovamente tra i denti.
Louis si girò verso di me, con il suo sorrisetto e mi mandò un bacio, al quale risposi con un saluto con la mano.
Quando tornai tra i ragazzi, Niall e Liam mi stavano fissando di sottecchi, mentre Zayn, oh Zayn, stava cercando una ragione valida per non uccidermi.
“Sta’ lontana da lui”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Avevo bisogno di una doccia, lì avevo sempre bisogno di una doccia. Barcellona era bella, almeno ciò che avevo visto io (e gli occhi di Zayn erano davvero molto belli, come quelli di Liam e di Niall, d'altronde) ma anche decisamente troppo calda.
A Londra pioveva, ed a me piaceva la pioggia, m’ispirava. Ancora non so a cosa sarebbe servita la mia ispirazione, ma ero sicura che qualcosa prima o poi avrei concluso.
Mi avvolsi nel mio morbido asciugamano bianco, spazzolando poi i lunghi capelli. Mi guardai nello specchio: dovevo prendere un po’ di sole, decisamente.
E dovevo anche smetterla di usare tutti quei dannati avverbi.. Accidenti, Zayn aveva ragione. Un momento, da quando dico ‘Accidenti’? Scossi la testa, uscendo poi dal bagno, decisa a sdraiarmi sul divano e passare la serata a guardare televisione in spagnolo, con solo l’asciugamano addosso.
Era o non era casa mia, quella?
Stavo giusto per sistemarmi alla bell’e meglio, quando il maledetto campanello dell’appartamento numero 13, suonò. Probabilmente era Harry, che aveva dimenticato ancora le chiavi e voleva passare dal balcone.
Sbuffai e, a fatica, mi alzai dal divano rosso, camminando fino alla porta.
“Ciao Harry, il mio balcone è tutto per te..”
Non guardai in faccia chi fosse, troppo convinta che si trattasse del mio vicino di casa.
“Oh, quindi aspettavi Styles, dovrei farmi da parte allora”
Per questo quando sentii la sua voce, sobbalzai. Guardai la sua schiena avanzare fino al tavolino del mio soggiorno: i suoi occhi non mi avevano degnata di uno sguardo, fino a quel momento.
“E lo aspettavi così? – disse squadrandomi – dimmi, Athena, cos’avevate in mente?”  concluse con un sorriso malizioso, mentre trafficava con qualcosa di cui non avevo ancora riconosciuto l’identità.
Io roteai gli occhi al cielo, mentre lui continuava a darmi le spalle.
“Ed io che pensavo fosse un gay perso”
“Malik, smettila, fuori da casa mia” tuonai, infastidita.
“Casa tua? – Zayn scoppiò a ridere, girandosi finalmente verso di me – per quanto ne so, questa casa appartiene a me e solo a me, piccola”
Odiavo quando mi chiamava così, ed odiavo soprattutto quando posava quella dannata mano sotto il mio mento, lo odiavo.
“Non ti ho invitato, comunque” ritentai, incrociando le braccia.
Lui si strinse nelle spalle “Non importa, io non ho bisogno di inviti”
Mi astenni dal fare una brutta battuta sulla sua arroganza, guardandolo un po’: aveva ancora gli stessi pantaloncini da calcio neri di quel pomeriggio, abbinati alle sue converse sgualcite ed una maglietta rossa, a mezze maniche. Gli donava particolarmente, il rosso.
“Sono praticamente nuda, quindi, devi andartene” tentai  e ritentai..
“Vai a cambiarti, ti aspetto qui – poi si morse il labbro, come faceva spesso, lasciando scorrere il suo sguardo lungo il mio corpo – se proprio devi, s’intende”
Roteai gli occhi al cielo, per poi arrendermi: con Zayn Malik era tutto inutile.
“Cos’hai lì?” chiesi sbirciando dietro le sue spalle.
“Oh, beh – Zayn si portò una mano dietro la testa, lievemente in difficoltà – Horan mi ha detto che eri a casa da sola e così..”
“Niall ti ha detto questo?”
Annuì.
“E quindi?”
“E quindi sono venuto a farti un po’ di compagnia”
“Gentile da parte tua”
“Lo so”
“Allora, vuoi dirmi cos’hai lì o no?”
Zayn si voltò verso ciò che aveva preparato sul mio tavolino in vetro.
“Spaghetti di soia e sushi – si strinse nelle spalle teneramente (ci risiamo con gli avverbi) – non proprio una cena romantica ma..”
“Cena romantica? Io e te?” lo interruppi, divertita.
“No piccola, dicevo così per dire”
“Ma certo”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante, mentre io mi perdevo nei suoi occhi dolci come il miele e lui combatteva contro l’istinto di accendersi una Marlboro.
“Beh?” sbottò poi.
“Mi devi delle spiegazioni”
“È per questo che sono qui”.
 
Tre piatti di spaghetti e troppi bocconcini di salmone e riso dopo..
“Cinese e giapponese insieme, wow” dissi io, inghiottendo l’ultimo pezzo di sushi.
“Non male, eh?”
Zayn era totalmente rilassato, contrariamente da com’ero abituata a vederlo. Sempre sulla difensiva, nervoso, combattivo, arrogante.. Mentre in quel momento, seduto a gambe incrociate sul mio pavimento, con il piatto vuoto di spaghetti di soia davanti a lui, un bicchiere di coca cola e limone tra le mani ed una sigaretta incastrata dietro l’orecchio, era il ritratto della bellezza e della serenità.
“Perché mi guardi?” mi chiese, con un bel sorriso sul volto.
Io, che ero corsa in camera a mettermi un paio di pantaloncini comodi ed una canottiera, scossi la testa, posando il mio bicchiere sul tavolino, sorridendo a mia volta.
“Non lo so, così, sei diverso..”
Zayn rise leggermente “Mi serve tempo”
“Tempo per cosa?”
“Tempo per abituarmi alle persone”
“E dopo che ti ci abitui porti sempre loro la cena?” domandai, scherzosamente.
Così lui rise, ed avrei detto migliaia di altre frasi stupide, solo per sentirlo ridere.
“Liam ha insistito, lavora in questo posto, così..” tentò di spiegare.
“Zayn, non giustificarti, è stato un gesto molto carino – lo tranquillizzai – non rivelerò a nessuno che anche tu hai un cuore, in fondo”
Lui sorrise, amaramente però, non era uno di quei sorrisi che piacevano a me.
“È sempre stato così?”
“Così cosa?” domandò confuso.
“Hai sempre avuto bisogno di tempo?”
Lui scosse la testa, finendo l’ultimo sorso di coca cola.
“No, prima no”
“Prima di cosa?” chiesi, curiosa.
Zayn si lasciò andare ad una risata “Hai cominciato l’interrogatorio?”
“Quale interrogatorio?”
Zayn alzò le mani in segno di resa “Hai ragione tu, mantengo la mia promessa, puoi chiedermi tutto quello che vuoi”
Io sorrisi maliziosamente, come mi aveva insegnato lui.
“Perché ce l’hai a morte con Louis Tomlinson?”
Zayn si rabbuiò, sembrò quasi che i suoi occhi divennero più scuri.
“È troppo” disse alla fine.
“Ma come..?”
“Athena, è troppo”
Quello era un tono che non ammetteva repliche e, nonostante la curiosità mi stesse logorando, dovetti arrendermi perché, come già detto, con Malik non c’era partita, mai.
“Di dove sei?”
Sul viso di Zayn tornò il sorriso e, automaticamente, anche sul mio.
“Sono nato in Argentina, a Buenos Aires”
“Oh, come Che Guevara”
“No, lui è di Rosario” spiegò.
“Beh, poco importa – mi ravvivai i capelli ancora bagnati dalla doccia – mi tatuerò la tua faccia sulla spalla, non la sua”
Zayn scoppiò a ridere, ed io lo seguii a ruota.
“E che ci fai qui, allora? Vuoi fare una rivoluzione anche tu?”
“No – scosse la testa, stringendo la sigaretta tra le labbra -  mio padre è spagnolo, di Barcellona, mia madre è inglese di Londra”
“Oh – dissi, ragionando – quindi.. sei un tipo piuttosto esotico. E perché non sei nato qui in Spagna o in Inghilterra?”
“Perché i miei genitori erano molto indecisi sul luogo della mia nascita, e per evitare qualsiasi complicazione, decisero per l’Argentina, un paese che non centrava nulla con la loro discendenza..”
Rimasi a pensarci perché, non aveva alcun senso.
Zayn sorrise “Lo so, avresti desiderato che nascessi a Londra, con te”
Io lo guardai, scettica “Dovrebbero darti un Oscar per questo film mentale da paura”
Lui si strinse nelle spalle, accendendo la sua Marlboro e prendendone avidamente una boccata di fumo.
“Sai, non ho mai visto l’Argentina..”
“E ti piacerebbe farlo?”
“È il mio sogno più grande, viaggiare”
Sorrisi, sincera.
“Il mio si è già avverato, qualche giorno fa”
“Incontrarmi?”
Scoppiai a ridere “Sei proprio senza speranza, Zayn Malik”
“Può darsi” disse fumando, in quel suo modo sexy di fumare.
Ma che diavolo dico?
“Ho sempre sognato Barcellona” dissi giocando con le bacchette cinesi.
Vidi Zayn sistemarsi meglio, per terra.
“Prometto di farti vivere al massimo questo tuo sogno, d’accordo?”
“Prometti un po’ troppe cose”
“Che mantengo sempre però”
“Touchè”
Rimanemmo a guardarci per qualche istante, ed io amavo quel nostro silenzio: solo io, lui, il mio stomaco aggrovigliato, le sue labbra, i nostri battiti accelerati (almeno il mio) ed il fumo nell’aria.
“Perché fai Malik di cognome?”
“Mio nonno, il padre di mio padre, era pakistano”
“Quindi sei indiano di origini?”
“Sì, piccola”
Si sporse verso il tavolino per spegnere la sua sigaretta, in un portacenere improvvisato.
“Zayn?”
“Che c’è?”
“Perché mi parlano tutti in inglese, qui?”
“Perché lo sei, no?” chiese, confuso.
“Lo so – dissi ovvia – ma che ci fanno tutti loro qui?”
“Styles è qui per studiare, Liam è scappato dall’Inghilterra e della sua famiglia, Niall non ne ho la minima idea, ma ringrazio il Signore ogni giorno e.. – s’interruppe – Tomlinson, per rovinarmi la vita”
Aggrottai le sopracciglia, ma Zayn mi guardò implorando di non fare domande.
“È troppo, ho capito”
Lui annuì “Grazie”
“Perché Sophia e Danielle non parlano?”
Cambiai argomento, interessata sul serio alla risposta, però.
“Non credo ne siano capaci”
“Ah..”
Ci guardammo negli occhi, qualche secondo, prima di scoppiare a ridere insieme.
“Non è così male”
“Che cosa?” mi chiese.
“Stare insieme a te”.





















#4 anni fa
cieeeeo a tutti
credo di avere una strana patologia: amo la musica latina, è più forte di me sdgsdgf
partendo dal presupposto che sono nata nel luogo sbagliato, non ci vedo nulla di male..
comuuunque, sono felice perchè domani entro un'ora prima a scuola YEEE
gioite con me, forza.
bene, cosa ne pensate del capitolo? è un pò lungo, eh?
spero vi piaccia, spero abbiate capito il senso della storia..
ma, soprattutto, spero di avervi lasciate con qualche curiosità su Mr. Tomlinson shgsdg
direi che ho parlato anche troppo, I'm so booooored sjfsdf
ah, posso salutare Anita? Ciao Ani <3
ri ah, posso dire a Martina che la odio? Ti odio Marti <3<3
a voi vi amo mucho <3<3<3
vi lascio Twitter
Adios, Simo.






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Capitolo 7
*** Without feelings ***






 
(7)

Without feelings 


 
La mattina, a Barcellona, non mi alzavo mai tardi come mi piaceva fare a Londra. Ed avevo deciso di mantenere le mie vecchie abitudini, quelle di quattro anni prima. Era un po’ come se Barcellona, quell’appartamento, i ricordi, mi obbligassero a farlo. Non riuscivo a cambiare nulla, di quello che era stato.
Ero corsa a comprare le cialde, quelle che si mettono nel gelato, quelle buone da impazzire se mangiate con la nutella: l’avevo imparato da Harry, quando anni prima, facevamo sempre colazione insieme, a casa mia.
Mi comparve un sorriso spontaneo sul volto ripensando a quei momenti, mentre sistemavo i resti di ciò che avevo mangiato. Finii in un sorso il the freddo alla pesca e gettai la bottiglia di plastica accanto al lavandino, ripromettendomi che poi, l’avrei buttata sul serio.
Guardai dritto davanti a me, ripensando alla serata che avevo passato insieme a Zayn. Ma mi maledissi il secondo dopo perché, mi ero detta, ridetta  e stra detta che a quel dannato profugo, non avrei dovuto pensare più, mai più nella mia intera vita. Scossi la testa, massaggiandomi poi le tempie con le dita, cercando di calmarmi e di scacciare via quei pensieri dalla mia mente.
Considerai l’idea di sdraiarmi sul divano, accendere la TV e rilassarmi ma, quando acchiappai il telecomando, sentii delle urla, delle voci familiari, provenire da fuori. Mi alzai di scatto, correndo alla finestra e quando lo vidi, non riuscii a nascondere un sorriso felice.
Mi precipitai fuori di casa, sbattendo la porta d’ingresso, prendendomi gli insulti della donna messicana a cui Zayn aveva venduto l’appartamento di Harry e corsi giù per le scale, troppo eccitata per aspettare il lento ascensore.
Una volta arrivata al piano terra, non mi fermai, corsi dritta fuori dal condominio, diretta al solito muretto di Zayn e Niall, dove finalmente, lo trovai. Gli saltai in braccio, nascondendo il viso tra la spalla ed il suo collo, respirando quel profumo che mi era mancato da morire. E quando sentii le sue mani accarezzarmi le gambe, capii che quello era il mio posto, capii che Barcellona ormai era parte di me, capii che non sarei mai dovuta partire, capii che di lì, non mi sarei mossa mai più.
“Athena! – urlò lui, felice, senza mettermi giù – guardati, Dio, quanto sei bella!”
“Anche tu Louis, sei meraviglioso”
Io risi, posando i piedi per terra e focalizzando lo sguardo su di lui: Louis William Tomlinson non era mai stato più bello. A 22 anni ero assolutamente innamorata dei suoi occhi azzurri, dei suoi capelli sbarazzini, dei suoi tatuaggi sulle braccia, dei suoi vestiti alternativi, della sua passione per il calcio, delle sue canottiere bianche, dei suoi pantaloni neri, delle sue Vans e della sua voce, cristallina, divertente, candida. A 26, lo ero ancora, perché Louis William Tomlinson non era cambiato affatto in quei quattro anni.
“Ma – lo guardai meglio – hai i buchi alle orecchie? Ma chi sei? Un sosia mal riuscito di Malik?” scoppiai a ridere, mentre Niall, affianco a noi, sghignazzava.
“Ti ringrazio molto per il ‘Mal riuscito’, Lacoste, davvero molto carina” scherzò lui, senza però smettere di sorridere.
“Che ci vuoi fare, Tomlinson? Non tutti hanno il mio fascino”
E così arrivò: con una Marlboro incastrata tra le labbra, i jeans calati, le converse sgualcite ed una felpa blu a maniche lunghe, arricciate sui gomiti, nonostante fosse giugno ormai inoltrato e, a Barcellona, si morisse dal caldo un giorno sì e l’altro pure. Ma Zayn Malik era così, non gl’importava di niente e nessuno, neanche del tempo.
“Sta’ zitto, Malik” ringhiò Louis.
“Voi due siete ancora in perenne lite?” domandai io, sorpresa.
Pensavo che, nonostante tutto, anche se non sapevo il motivo del loro starsi così ardentemente sui coglioni, dopo quattro anni, avessero risolto quel qualsiasi cosa fosse.
“Sempre, piccola”
Stavo per urlare che non avrebbe dovuto chiamarmi così, mai più, ma poi Louis prese in mano la situazione.
“Allora, Athena, ti va di fare due passi?”
Prima che potessi rispondere, Zayn si mise in mezzo, come al solito.
“A me sta bene, dove andiamo di preciso?”
Io ed Athena andiamo a farci un giro in centro, tu, vai pure dove ti pare” disse Louis, afferrando la mia mano e trascinandomi via.
“Ehi..” tentò di richiamarci Zayn.
“Horan, mi presti il furgoncino blu?” lo ignorò Louis.
Niall, in tutta risposta, estrasse le chiavi di quel dannato furgone dai jeans, lanciandole poi nella nostra direzione. Louis le afferrò prontamente, e con un gesto della mano, salutò entrambi.
L’espressione sul viso di Zayn , mentre mi allontanavo insieme a Louis William Tomlinson, non la dimenticherò mai.
 
 
 
 
 
 
“Finalmente!”
Allargai le braccia, sotto il sole caldo di Barcellona, nel tentativo di abbracciarlo.
“Che cosa?” mi domandò Louis, divertito.
“I ragazzi non mi ci avevano ancora portata, qui”
“E tu non ci potevi venire da sola?”
Mi strinsi nelle spalle, raggiungendolo.
“Non lo so, non mi andava di venirci da sola, credo che i ricordi non mi avrebbero dato tregua”
Louis annuì, infilando le mani nelle tasche, prendendo a camminare al mio fianco, per le vie di Barcellona. Sfilavamo tra le vetrine, le persone, i turisti, gli spagnoli indaffarati, quelli tranquilli, i bambini con le magliette di Messi, le scale della metropolitana e l’aria tipicamente spagnola, che mi era mancata da morire.
“Ehi, Lou..”
“Sì?”
“Non saprò mai perché tu e Zayn avete litigato, non è vero?”
Louis rise, stringendosi nelle spalle.
“Se mai vorrà, te lo dirà lui, non è compito mio”
Annuii, perché quella frase l’avevo sentita tante volte.
“Non siete cambiati più di tanto”
“E tu nemmeno, Lacoste”
Louis rideva sempre, e questo mi piaceva. Lui non era come Zayn: misterioso, sempre con la sigaretta in bocca, con lo sguardo chinato verso il basso, la camminata strascicata ed il mezzo sorriso sulle labbra. Una risata di Zayn era rara, forse era per questo che mi piaceva tanto sentirlo ridere. E forse era per questo che m’impegnavo così tanto, per sentire il suono della risata migliore del mondo.
“Come no? Ho tagliato i capelli!”
Louis scosse la testa, offrendomi la sua mano, così intrecciai le mie dita alle sue.
“Scrivevi, a Londra?” mi domandò.
Io annuii.
“E tu? Che fai adesso? Il nullafacente come un tempo?”
Louis sorrise “Mi piacerebbe”
“Quindi ha un lavoro?”
Lui annuì.
“Organizzo eventi, feste più che altro – disse tranquillo, stringendosi nelle spalle – io ed Horan abbiamo quest’attività dall’anno scorso”
“Tu e Niall, sul serio?”
Louis annuì “Andiamo anche alla grande, sai?”
“Immagino, siete sempre stati voi due, ad organizzare quelle feste da paura..”
Louis annuì, come immerso nei ricordi.
“Strano solo che Zayn non abbia ancora ucciso Niall”
Louis scoppiò a ridere, buttando la testa all’indietro, come faceva sempre. Ed io mi ritrovavo a pensare che, con ogni probabilità, la gente in quel momento mi stava invidiando da morire, mentre sfilavo tra di loro mano nella mano con quel ragazzo, così bello da mettere in soggezione.
“Perché sei tornata?”
“Siamo già arrivati a questo punto della conversazione? Così presto?”
Louis mi guardò, serio, ed in effetti si percepiva tutta la serietà racchiusa nel suo sguardo.
“Athena..” mi riprese.
Così io sbuffai, roteando gli occhi al cielo.
“Ok, ok, d’accordo – dissi – parliamone”
“Perfetto”
Louis sorrise vittorioso, ed io mi astenni dal fargli una linguaccia.
“Sono tornata per restare”
“Per sempre?” chiese speranzoso, fermandosi davanti a me.
Io annuii, e le sue braccia mi strinsero forti.
“È una notizia fantastica, che aspettavi a dirmelo?” disse, contentissimo.
Ed anche io ero contenta della sua reazione: finalmente avrei potuto passare le mie giornate insieme a lui, a Niall, a Liam, avrei potuto conoscere Margarita, avrei potuto aiutarlo con il ristorante, avrei potuto dedicarmi alla mia scrittura.. ma, inevitabilmente, tornai a pensare a Zayn, perché anche lui faceva parte della mia vita a Barcellona, volente o nolente che fossi, lui c’era e ci sarebbe stato per sempre.
Il mio sguardo si rabbuiò e Louis lo notò.
“Zayn lo sa?”
“Credo di sì”
“Devi dirglielo”
Guardai i suoi occhi azzurri.
“E perché? Cosa cambierebbe?” sbottai, dopo alcuni istanti di silenzio.
“Athena, sai com’è fatto Zayn, lui non sa dire la verità”
“Oh, lo fa anche piuttosto bene, credimi” dissi io, sorridendo amaramente.
“No, invece – Lou scosse la testa, convinto – a Malik piace far credere agli altri che sia privo di sentimenti ma, che gli piaccia o no, anche lui ne ha”
“E tu che ne sai?”
“Io lo so, tutti lo sanno, tu per prima lo sai”
Rimasi a guardare i suoi occhi azzurri, pensandoci, per poi scuotere la testa, ferma delle mie convinzioni.
“No, lui non mi ama Louis, me l’ha sempre detto così chiaramente..”
Non andai avanti, perché sentivo le lacrime pungermi gli occhi, come ogni volta che mi fermavo a pensare a quella dannata situazione: iniziavo a sentire tutto il peso del mio amore non corrisposto, ed il mondo sembrava crollarmi addosso, sempre.
“Zayn Malik non è il duro che vuole apparire, Lacoste”
“Lo so – annuii – ma fa male lo stesso”
Louis annuì a sua volta, stringendo più forte la mia mano. Era come se volesse confessarmi qualcosa, come se fosse sul punto di riversarsi in un fiume di parole che si teneva dentro da troppo tempo. Ma poi mi accarezzò la guancia con le dita, delicatamente, e sorrise.
“Vieni, ti va un gelato?”.
 
 
 
 
 
Sbattei la portiera del furgoncino blu di Niall, che poi mi ero sempre chiesta: ma quel dannato furgone, perché lo faceva usare a tutti quanti?  Senza rispondere alla domanda che mi ponevo da anni, salutai Lou con un bacio sulla guancia e poi anche l’irlandese, che se ne stava appollaiato su quel muretto a parlare tutto il giorno, con chiunque capitasse.
Zayn non c’era, per fortuna, così mi diressi verso l’entrata del condominio, mentre dietro di me sentivo le voci di Horan e Tomlinson. E sorrisi istintivamente, mentre cercavo le chiavi di casa, disperse nella mia borsa.
“Passato un bel pomeriggio?”
Alzai di scatto la testa dalla mia affannata ricerca, trovandolo davanti a me, con la felpa blu legata in vita, l’iPhone stretto nella mano sinistra, la solita sigaretta tra le labbra ed i capelli spettinati, all’insù.
Era bello, bello e dannato.
Il sole tramontava dietro di lui e lo scenario, insieme ai suoi occhi, non avrebbe potuto essere più bello di così.
“Bellissimo, grazie”
Cercai di sorpassarlo, ma con la mano destra, quella libera, mi trattenne lì davanti a lui, un po’ più vicina di quanto lo fossi prima, tanto da sentire il suo profumo di fumo e menta.
“Cosa vuoi, Zayn?”
Domandai, esausta e terribilmente stanca di stare a tutti i suoi giochetti.
“Voglio che mi guardi”
“Io ti sto già guardando”
“No, Athena – sostenne – tu non mi guardi, tu fai solo finta di guardarmi”
Che diavolo significava? Perché doveva fare sempre l’enigmatico? Sbuffai,  divincolandomi dalla sua presa.
“Perché non mi lasci in pace, eh? Ti riesce tanto difficile lasciarmi perdere? Facciamo finta di non esserci mai conosciuti fino in fondo, facciamo finta che quattro anni fa, io e te, eravamo semplicemente ‘venditore ed acquirente’”
Zayn mi guardò, prendendo un tiro della sua sigaretta “Non se ne parla neanche”
Stavo per sbottare, lo sentivo. Afferrai la sigaretta dalle sue labbra, buttandola a terra e calpestandola con forza con la mia converse nera.
“Che fai?” domandò lui, confuso.
“Perché diavolo fai così, Zayn? Perché mi fai questo?  - stavo urlando a tal punto da attirare gli occhi azzurri di Louis e Niall su di noi – tu non mi ami, dannazione, non mi ami! Non mi hai mai amata, mentre io l’ho sempre fatto e lo faccio tutt’ora, perché non puoi vivere la tua vita lontano da me?”
Stavo piangendo, stavo singhiozzando, con i capelli sul viso, gli occhi di tutti i ragazzi di Avenida Catalana su di me e, soprattutto, i suoi occhi su di me. Senza neanche rendermene conto, mi ritrovai stretta tra le sue braccia, a reprimere le mie lacrime sul suo petto e combattere perché non volevo che mi stringesse, volevo che mi lasciasse, una volta per tutte.
“Shh..” ma lui sussurrava con le labbra sui miei capelli, ed io stavo così bene..
“Perché non puoi farlo? Eh Zayn, perché non puoi?”
Urlavo tra i singhiozzi, mentre lui accarezzava la mia schiena.
“Non posso, Athena”
La sua voce dura mi feriva, come era solita fare.
“Ma perché? Mi fai solo del male, così”
“Perché sei tu ad essere la mia vita, piccola”.













 
#4 anni dopo
cieeeeo ragazze sfjhfsh
non so esattamente da quanto manco, ma so che è tanto, tanto tempo e mi scuso immensamente per questo..
ma who cares? adesso sono qui. 
che ne dite del capitolo? io sinceramente non ho molto da dire, spero solo che vi piaccia sajhsdfh
il mistero della lite tra Lou e Zayn continua MUHAHAAH 
ok, io non ho nient'altro da dire, se non DOMANI ESCE HEARTBREAKER ASFJHSDFH STO MALE
adesso me ne vado.
vi amo mucho <3<3<3
Adios, Simo.
p.s: vi lascio Twitter






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Capitolo 8
*** I wouldn't mind ***


quando trovate l'asterisco ascoltate 'I wouldn't mind' di He is we


 
(8)

I wouldn't mind


Stavo ancora dormendo, in realtà, quando il campanello della mia nuova casa suonò. Ma era un po’ come una maledizione: a Barcellona, per un motivo o per l’altro, non riuscivo mai a dormire fino a tardi. Il massimo a cui ero arrivata erano le nove e mezza del mattino, il che era più di un record per me, che a Londra mi svegliavo sempre all’una del pomeriggio, se non dopo.
Ma lì, in Spagna, era diverso.
“Harry, ciao, che ci fai qui a quest’ora?”
Quando aprii la porta e mi trovai davanti a me un metro e ottanta di bellezza statuaria, mi stropicciai gli occhi, chiedendomi che diavolo ci facesse già in piedi.
Harry controllò l’orario sull’iPhone, per poi scuotere i suoi ricci.
“Sono le dieci, Athena”
Mi scavalcò con quella frase, abbandonandosi su una delle mie sedie in legno, al tavolo della cucina. Io lo seguii, ancora scalza, senza trucco, con dei capelli inguardabili ed un pigiama improponibile.
“Ma che ci fai qui?” chiesi, quasi con disperazione.
Harry posò i suoi meravigliosi, quanto suggestivi, occhi verdi su di me, ridacchiando.
“Sei molto carina, sai?”
Roteai gli occhi al cielo, avvicinandomi al banco della cucina, spostando i cartoni della pizza che la sera precedente io e Zayn avevamo mangiato insieme, a casa mia. Erano passate due settimane dal mio arrivo ad Avenida Catalana e, nonostante l’inizio burrascoso, tra noi due le cose andavano abbastanza bene. Certo, continuavamo a fare finta di tollerare i nostri caratteri piuttosto contrastanti ma, alla fine, stare con lui e passare il tempo insieme, non si era rivelato affatto male, anzi.
“Harry – lo ripresi lasciva, mentre maneggiava l’iPhone, con i gomiti sulla superficie del tavolo – hai bisogno di qualcosa?”
Lui si strinse nelle spalle, inviando un misterioso messaggio e riponendo nuovamente l’iPhone nella tasca dei suoi strettissimi jeans neri. Gli avevo visto portare solo pantaloni molto stretti e rigorosamente neri, non che stesse male, certo.
“Ho lezione tra mezz’ora – disse – pensavo che avremmo potuto fare colazione insieme, noi due” concluse con un sorriso, a cui non seppi dire di no.
“Perché no? – dissi così alla fine – che ti piace mangiare di mattina?”
Harry si strinse nelle spalle “Non importa, qualsiasi cos andrà bene”
Rovistai per qualche secondo nei ripiani della mia cucina, vergognandomi di me stessa: perché diavolo non avevo fatto ancora la spesa?
“Tutto ciò che mi rimane è un po’ di latte scaduto, delle cialde da gelato e dei residui di nutella, mi dispiace Harry, hai scelto la mattina sbagliata per fare colazione da me”
Harry rise, nonostante tutto, perché lui avrebbe riso in qualsiasi occasione, probabilmente anche di fronte alla morte: gli avrebbe riso in faccia, e sono sicura che anche la morte stessa, non sarebbe rimasta indifferente, di fronte a quel sorriso.
“Per il latte scaduto passo, ma le cialde da gelato e la nutella sono recuperabili”
Sorrisi anche io, riponendo ciò che aveva nominato sul tavolo, sedendomi poi affianco a lui. Lo guardai quasi con ammirazione, mentre intingeva una cialda nel barattolo della nutella, portandosela poi alla bocca.
“Harry Edward Styles, sei un genio”
“Harold”
“Cosa?”
Chiesi confusa, mentre lo imitavo e mi beavo dell’esplosione di sapore che la cialda insieme alla nutella provocava nella mia bocca.
“È così che mi chiamo, Harry è solo il diminutivo di..”
“Harold – lo interruppi, mentre lui annuiva – ma certo..”
Lo guardai, mentre con la lingua leccava dall’indice un rivolo di nutella, colato dalla colazione che aveva appena inventato.
“Che c’è?” domandò lui.
“Niente, stavo solo pensando..”
“A che razza di nome sia Harold?”
“No – ridacchiai – al fatto che tu mi ricordi terribilmente la mia migliore amica”
“È carina?”
“Harry!” lo ripresi, scherzosamente.
“Che c’è? – si difese lui, portando le mani in alto, in segno di resa – chiedevo soltanto”
Continuai a guardarlo di sottecchi, e ringraziai quella mia malsana idea di fare un viaggio, in Spagna, a Barcellona, dove avevo sempre desiderato vivere.
“Beh sì, Lily è bellissima” dissi alla fine, rilassando la schiena sulla sedia.
“Lily, eh? – chiese, pensieroso -   il nome m’ispira”
“Quindi tu scrivi poesie?” mi feci curiosa.
Harry annuì, con un mezzo sorriso sulle labbra rosse.
“Ci provo”
“E studi letteratura?”
“Letteratura spagnola” disse, fiero.
“Letteratura spagnola tipo la Celestina?”
“Calisto e Melibea sono due dei miei personaggi preferiti – confermò – il loro amore è così passionale, ma anche così nascosto..”
Harry era bellissimo mentre parlava di ciò che faceva, gli si leggeva negli occhi che amava la poesia, la letteratura, le cose belle della vita.
“Sai, mi ricordano un po’ te e Malik”
All’inizio non ci diedi molto peso, ma poi realizzai ciò che aveva detto e quasi mi strozzai con una cialda.
“Ma che diavolo dici, Harry? – urlai, quasi isterica e forse alzai la voce di un’ottava di troppo – tra me e Zayn non c’è proprio nessunissimo amore: niente di passionale, niente di nascosto e niente di niente – inizia ad elencare con le dita – chiaro?”
Harry non voleva saperne di togliersi quell’espressione compiaciuta  dalla faccia.
“Chiaro”
Dopodiché strisciò la sedia sul pavimento e si diresse verso la porta, con passo disinvolto.
“Dove vai?”
“A lezione – disse, mentre lo raggiungevo – ci vediamo dopo?”
Gli diedi un bacio sulla guancia, per poi vedere la sua schiena sparire, mentre scendeva a due a due le scale.
“A dopo”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Liam, mi fai male”
“Ferma, ci sto quasi riuscendo, non ti muovere”
Odiavo Liam James Payne ed i suoi stupidi esperimenti che faceva con i miei capelli, soprattutto quando tentava di intrecciarli.
“Non le sai fare le trecce, dannazione, quando lo capirai?” sbottai.
“Così lo ferisci, Athena” disse Niall.
Horan, dall’alto del suo muretto, stava fumando una sigaretta, con il suo solito sorriso sulle labbra.
“Ecco fatto” esultò Liam.
“Fa’ un po’ vedere..”
Mi alzai dalle sue gambe, dirigendomi al furgoncino blu di Niall (di tutti) per ammirarmi in uno degli specchietti.
“Wow, hai un futuro, lo sai?”
“Davvero?” chiese Liam, visibilmente confuso.
“No”
Niall scoppiò a ridere, mentre Liam si alzò indignato dal muretto.
“Vado a prendere Danielle e Sophia, trovati qualcun altro con cui fare la stronza..”
“E dai Liam, stavo solo scherzando!”  dissi mentre tentavo di smettere di ridere, insieme a Niall.
“Oh, guarda un po’ chi c’è – disse Liam, girandosi verso di noi, mentre camminava – hai trovato l’uomo adatto con cui stronzeggiare, Malik è tutto tuo”
Zayn ci raggiunse, con la sua canottiera dei Lakers ed i jeans stretti calati addosso, in tutto il suo dannatissimo splendore da profugo. Mi soffermai a guardare le sue labbra, curvate in un’espressione confusa. Ed il suo orecchino nero, insieme alle sue collane, i suoi tatuaggi scuri sulle braccia ed i capelli spettinati, ma sempre belli.
“Che gli avete fatto?” chiese, indicando Liam con il pollice, dietro di sé.
Niall si strinse nelle spalle.
“È più permaloso del solito, difficile a credersi”
Zayn annuì, mentre io continuavo a guardarlo, fino a che anche lui non spostò i suoi occhi su di me: mettevano quasi paura, tale era l’intensità con cui ti guardavano.
“Farai la stronza anche con me?” chiese poi.
“Dipende”
“Da cosa?”
“Se ce ne sarà motivo”
Sul viso di Zayn comparve l’ombra di un sorriso.
“Vieni con me, oggi ti porto in un posto”
“Cosa? – domandai, visibilmente sorpresa – andiamo fuori Avenida Catalana? L’apocalisse è vicina!” dissi, in tono melodrammatico.
“Stai già iniziando a stronzeggiare?”
“Questa parola non esiste”
Zayn si strinse nelle spalle “No, è vero”
“Divertitevi!” urlò Niall, ridacchiando come al solito.
Divertirci? Io e lui? Beh, perché no: avevamo sicuramente un modo tutto nostro di divertirci ma, che importava? Era quello il bello: io e Zayn eravamo diversi da tutti quanti.
 
 
*“Siamo arrivati?”
Stavamo camminando da circa venti minuti, uno affianco all’altro: Zayn aveva già fumato sei sigarette, lasciandole spegnere a me, con le mie converse nere. Quel mezzo sorriso persisteva sulle sue labbra, e faceva sorridere anche me, di rimando.
“Sì, siamo arrivati”
Mi guardai intorno: eravamo in centro, o meglio, in un angolo remoto del centro. Davanti a noi c’era un negozietto vintage, sembrava una libreria, una di quelle vecchie, una di quelle che vedi solo nei film, una di quelle che il profumo delle pagine sfogliate e ri sfogliate, si sente anche da fuori. Tutt’intorno c’erano dei tavolini, con delle sedie: la gente si fermava a leggere lì i loro libri, con una tazza di the o qualsiasi cosa desiderassero. Era magnifico, assolutamente magnifico.
“Ti piace?”
Mi girai verso di lui, che aveva notato la mia espressione meravigliata.
“È bellissimo qui”
“Vuoi entrare?”
Annuii, mentre lui si avvicinava a me e posava una mano sulla mia schiena, spalancando la porta della libreria, che cigolò lievemente.  Zayn salutò come una vecchia amica la proprietaria, che se ne stava dietro un bancone in legno, a schiacciare i tasti di una vecchia tastiera, davanti ad un computer malandato.
“Questo qui è il posto preferito di Styles” disse poi lui.
“Ah sì?” domandai, stupita.
Zayn annuì, fermandosi di fronte alla sezione letteraria.
“Lui ama la letteratura, soprattutto quella spagnola, è per questo che si è trasferito qui, per studiare sul campo.. credo”
“Sì, lo so”
“Ah”
Mi voltai a guardarlo, e lui fece lo stesso: ci ritrovammo occhi negli occhi, e sentii come il dovere di giustificarmi, di dargli una spiegazione.
“Noi abbiamo fatto colazione insieme, stamattina”
Zayn annuì, guardando in basso e massaggiandosi il collo, con le dita della mano destra.
“Vieni”
Quelle dita di quella stessa mano, s’intrecciarono improvvisamente alle mie, trascinandomi nella parte opposta della libreria.
“So che ti piace scrivere, me l’ha detto Niall”
Annuii.
“Questo potrebbe esserti utile”
Zayn si allungò verso uno scaffale, prendendo tra le mani un vecchio diario nero.
“Certo, è un punto d’inizio..”
“Penso che Styles possa aiutarti a scrivere, se ne avrai bisogno – disse sbrigativo, come se non gl’importasse, stringendosi nelle spalle – se la cava piuttosto bene”
“E tu no, Mr. Malik?” lo provocai.
“Ci sono tante cose che so fare, piccola – disse, malizioso – ma scrivere non rientra in questa categoria”
Lo vidi allontanarsi verso il bancone di legno, verso la vecchia proprietaria. Non lo seguii subito, lo guardai per un po’: mi resi conto che quando ero insieme a lui, non avevo più paura di nulla. Perché io ero sempre stata spaventata da qualcosa: dal futuro, dalla mia passione per la scrittura, dal pensiero di non farcela, da quest’idea di partire.. da tante cose. Ma nonostante non sopportassi Zayn Malik ed i suoi modi di fare menefreghisti, strafottenti ed arroganti, quando stavo insieme a lui, tutte quelle paure e tutte quelle preoccupazioni svanivano.
Forse perché, riflettei mentre lo guardavo porgere una banconota alla proprietaria, sorriderle e continuare a scambiarci quattro chiacchiere, quando era con me si trasformava in un’altra persona. Zayn aveva le sue idee, il suo modo di pensare, di guardare le cose: sapeva affascinarti e farti innamorare.
“Che diavolo fai lì ferma? Vieni qui”
E poi sapeva tornare Mr. Arroganza in due dannati secondi.
Sbuffai, facendo come mi aveva consigliato. Io e Zayn uscimmo dalla libreria e, istintivamente, guardai il cielo: quel giorno faceva caldo come al solito ma, minacciava pioggia, ed i tuoni che sentimmo non potevano che essere un chiaro avviso dell’imminente temporale estivo che stava per abbattersi su Barcellona.
“È tuo” disse, porgendomi il diario.
“È un regalo?”
“Non montarti la testa, piccola” 
“Non mi monto proprio niente”
Zayn ridacchiò, guardandomi poi negli occhi.
“Che c’è?”
“Niente – si strinse nelle spalle – devo per forza avere una motivazione per guardarti?”
Scossi la testa “Come ti pare”
Eravamo uno di fronte all’altro, mentre io mi guardavo attorno, pensando che Barcellona, in tutte le sue sfaccettature, fosse davvero la città più bella di tutte.
“Cosa ne pensi della tua città?” chiesi, di getto.
“Quale delle tante? Londra, Buenos Aires o Barcellona?”
“Buenos Aires non l’hai mai vista ed a Londra ci sono cresciuta” andai per esclusione, così che potesse capire.
“Penso che tutte le altre città, furono costruite a sua immagine e somiglianza: perché Barcellona è la modella più bella, anche in questo mondo malinconico”
Rimasi spiazzata da quella risposta, e Zayn se ne accorse, dato che sorrise, guardando in basso. Mi aspettavo un “Bella” o “Carina” , tutto, ma non quello. Così cercai avidamente la penna nera che mi portavo sempre dietro, nella mia grossa borsa.
“Che fai?” domandò, confuso.
“Questo finisce dritto sul nostro diario, caro il mio profugo”
“Cosa?”
“E dai, non fare il prezioso adesso, lo sappiamo tutti che sei un esibizionista nato” scherzai, scrivendo quelle parole sulla prima pagina bianca.
“Hai detto ‘Nostro diario’?” chiese, sempre più stupito.
Sentii di arrossire minimo di dieci tonalità rispetto al normale, ed iniziai anche a gesticolare come un’imbecille, sotto il suo sguardo penetrante e la sua risatina.
“Beh, non lo so, pensavo sarebbe stato carino coinvolgerti dato che è stato un tuo regalo”
“Sì, è stato carino”
Zayn sorrise, ed io sorrisi: era tutta una catena, lui sorrideva ed io, inconsapevolmente, sorridevo. Perché quel ragazzo per me era una maledizione, tutto ciò che odiavo, era dentro di lui: l’arroganza, il menefreghismo, la strafottenza, la sufficienza e l’indifferenza. Ma non riuscivo ad odiare lui, riuscivo ad odiare il suo carattere, ma non lui. Ogni parola che usciva dalla sua bocca, era come se riscaldasse, quando lui parlava non era più il sole catalano ad infondere calore, ma la sua voce. Mi sentivo libera al suo fianco, ed amavo quella strana sensazione di gloria e libertà, che avevo provato solo ed esclusivamente insieme a lui.
“Sei bella quando sorridi, Athena”
Mi spiazzava con quelle frasi, con quelle confessioni, con quelle parole che non mi sarei  mai aspettata potessero uscire dalla sua bocca. Nei miei confronti poi, peggio che peggio: Zayn non era dolce, Zayn non era smielato e non era romantico, ma aveva il suo fascino e sapeva dire le cose giuste, quando voleva.
Ed avrei voluto rispondergli che anche lui era davvero bello, quando sorrideva. I suoi denti bianchi entravano in contrasto con la sua pelle scura, e quando non sorrideva così apertamente, forse per proteggere la sua maschera, gli angoli delle sue labbra rosse si allargavano, in un meraviglioso mezzo sorriso. Ma non dissi niente, perché confessargli che uno dei miei grandi desideri era riuscire a vedere quel sorriso tutti i giorni, era troppo, decisamente troppo.
Quando sentimmo un rumore assordante sopra le nostre teste, nel cielo, alzammo entrambi lo sguardo.
“Un elicottero?” domandai.
Zayn annuì “C’è una scritta” disse poi.
“Per sempre” recitai.
“Per sempre” ripetè lui, ridendo, amaramente.
Così lo guardai, chiedendomi che avesse da ridere, con così tanto rancore.
“E del ‘Per sempre’, che ne pensi, Zayn?”
“Che è davvero un tempo molto lungo, Athena” disse soltanto, serio.
Rimanemmo a guardarci senza dire nulla, per qualche istante, prima che un tuono non squarciò il cielo, dando il via ad il temporale tanto atteso. Le persone attorno a noi correvano via, lasciando la libreria deserta. Mentre noi, io e Zayn, ce ne stavamo uno di fronte all’altra, a guardarci, a guardare come la pioggia bagnava i nostri capelli e la nostra pelle.
“Posso?” disse, indicando il diario tra le mie mani.
“Certo  - glielo porsi – che scrivi?”
“Vedrai”
Poi lui mi attirò a sé, inaspettatamente, per proteggermi dal temporale. O almeno, mi piaceva pensarla così. Puntò i suoi occhi nei miei, inarcando le sue labbra così vicine alle mie in uno di quei mezzi sorrisi, facendo in modo che il mio sguardo non si staccasse mai da loro, incapace di farlo.
“A te piacerebbe condividere un tempo lungo come il ‘Per sempre’ con qualcuno?”
“Non mi dispiacerebbe”.

 









 
#4 anni prima
ciao raga sdfdjsh
devo dire la verità, sono orgogliosa di come mi sia venuto questo capitolo..
solitamente faccio sempre la vaga su ciò che penso dei miei capitoli, lascio a voi il compito di giudicare..
ma questa volta volevo dirvelo, sono davvero fiera di me, odio essere presuntuosa, ma è così :))
spero che anche voi la pensiate come me, sarei davvero felice :))))))
basta con questi sorrisi. ho sonno. diamine.
'I wouldn't mind' merita davvero tanto ragazze, non riesco a smettere di ascoltarla sdhfsjfg
vado. addio. vi amo infinitamente.
Simo.
p.s: Twitter






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Capitolo 9
*** I miss you ***





quando trovate l'asterisco ascoltare la cover di 'I miss you' dei 5 seconds of summer




 
(9)

I miss you


“Perché sei tu ad essere la mia vita, piccola”.
Mi divincolai dalla sua presa con non troppa facilità: oltre la forza delle sue braccia, c’era anche la mia incapacità nel separarmi da lui, ad aggravare il tutto.
“Spero potrai perdonarmi” dissi, asciugandomi una lacrima con il dorso della mano.
Zayn mi guardò con occhi confusi.
“Perdonarti?”
“Sì, Zayn, perdonarmi” confermai io, annuendo.
Volevo essere forte e giuro che ci stavo provando, ma era come se davanti ai suoi occhi, alle sue labbra: davanti a lui, tutte le mie sicurezze, venissero abbattute. Dal suo sguardo, dal suo respiro, dalle sue mani, dai suoi abbracci caldi: da lui, da Zayn Malik.
“E per cosa dovrei perdonarti?”
Stava urlando, Zayn stava urlando perché non capiva, e se c’era una cosa che odiava, era proprio il non capire. Zayn voleva sempre avere il controllo su tutto quanto, voleva che tutto gli fosse dovuto, voleva che le cose andassero come diceva lui. Ma non era così, e lo odiava.
“Perdonami, ma non ti credo più”
Gli diedi le spalle, camminando verso il portone un po’ cadente del condominio, decisa a non girarmi più, nonostante la sua voce stesse chiamando il mio nome.
“Athena..”
Continuai a camminare, avevo quasi raggiunto la mia meta.
“Athena, torna qui”
Odiavo quel tono autoritario, prepotente, arrogante: tutto ciò che era nascosto in lui.
“Athena, diavolo, girati!”
E tornò ad urlare, seguendomi furiosamente, prendendomi per un braccio e costringendomi a voltarmi verso di lui, con la forza. Trovai i suoi occhi proprio davanti ai miei, le sue labbra proprio appena dopo le mie ed il suo copro un po’ troppo vicino al mio. Rimanemmo a guardarci in silenzio, mentre le lacrime scendevano sul mio viso ed il suo respiro si spezzava, si affannava.
“Zayn, lasciala stare”
E continuammo così finchè non arrivò Niall, insieme a Louis, a cercare di riportare ordine. Zayn non smise di guardarmi, ed io nemmeno. Fino a che le braccia di Louis non presero quelle di Zayn, tentando di costringerlo ad andarsene, a farla finita.
Ma Zayn si divincolò senza complicazioni dalla sua presa.
“Toglimi le mani di dosso” ringhiò poi, nei suoi confronti.
Vidi la sua schiena sparire, verso il furgoncino blu di Niall, mentre lui e Louis se ne stavano si fronte a me, con sguardi preoccupati.
“Vuoi che saliamo un po’ da te?” mi chiese Lou, dolcemente.
Io scossi la testa, perché volevo chiarirmi quelle dannatissime idee che da un po’ giravano nella mia testa. E per farlo, dovevo essere da sola.
“D’accordo, per qualsiasi cosa, chiama – disse Niall – noi siamo giù”.
 
 
 
 
 
 
*Non ero la sua vita.
Quella era la mia conclusione di un pomeriggio passato sul divano, a guardare vecchi film spagnoli che mi ricordavano i momenti di quattro anni fa e la letteratura spagnola di Harry.  Ma io, Athena Lacoste, non ero la sua vita. Non ne facevo neanche più parte, figurarsi essere la sua stessa vita. Era fuori discussione.
Avevo finito un pacco di biscotti al cioccolato, desiderato Louis e Niall al mio fianco un paio di volte e versato qualche migliaio di lacrime. Ma finalmente avevo capito qualcosa di più di tutta quella situazione: io ero ancora inspiegabilmente, totalmente ed assolutamente innamorata di Zayn Malik. Non potevo fare nulla per liberarmi da quella maledizione ma, se non altro, avrei potuto provare ad avere un rapporto civile con lui. Saremmo potuti diventare davvero solo ‘Venditore ed acquirente’,  avremmo potuto ridurre il nostro rapporto ad un ‘Buongiorno’ la mattina ed un ‘Buonasera’ alla fine della giornata. Non era scritto da nessuna parte che io e Zayn Malik, avremmo dovuto essere qualcosa più di questo. Se Harry fosse stato insieme a me, in quel momento, avrebbe senz’altro detto qualcosa come: “Forse nel tuo cuore, Athena, pensaci”.
Ma io non volevo pensarci, non più.
Mi alzai dal divano, pronta ad iniziare quella nuova vita senza Zayn, quando qualcosa cadde dal tavolino in vetro. Mi chinai per raccoglierlo e, istintivamente, per quanto io non lo volessi, sorrisi davanti a quel ricordo.
Ricordai alla perfezione quel giorno di giugno: ero arrivata da poco a Barcellona, poco più di due settimane, ed il mio rapporto con Zayn stava andando nella giusta direzione. Avevamo iniziato a sopportarci di più, a cenare regolarmente insieme a casa mia, a confidarci i nostri sogni: era bello, davvero bello e me ne rendevo conto solo in quel momento, con in mano quel dannatissimo foglio.
Pioveva, Zayn mi aveva regalato quel diario nero, in quella libreria vintage, amata tanto da Harry. E poi avevamo deciso di condividerlo, ed io lo avevo ancora, lo portavo sempre con me: ricordavo perfettamente la prima pagina, dove scrissi quelle belle parole che mi aveva detto su Barcellona. Da quel momento, avevo iniziato anche io a paragonarla ad una bellissima modella, a cui tutti volevano somigliare.
Ma ricordavo anche cosa lui scrisse su quella pagina che avevo deciso di strappare una volta tornata a casa, perché l’avevo davanti ai miei occhi, in quel momento.
‘Per sempre’.
Zayn non ci credeva, e non l’aveva mai fatto, ma era come se insieme a me, provasse quasi a crederci o, almeno, a tentare di capire quel mio desiderio di trovare il mio ‘Per sempre’. E, dannazione, lo avevo trovato.
Lo avevo trovato e mi mancava, perché lo avevo lasciato andare, tornandomene a Londra, senza la forza di combattere. Era troppo triste sentirsi rifiutati:  il mio ‘Per sempre’, non mi ricambiava, non mi voleva.. e faceva male, eccome se faceva male. Mi sentivo lacerata dentro da un sentimento che provavo io ed io soltanto.
Mi mancava.
Sobbalzai, tornando al presente, quando il campanello del mio appartamento suonò. Tenni stretto tra le mie mani quel foglio, che significava tremendamente tanto per me, ed andai alla porta, convinta che si trattasse di Niall, di Lou o di entrambi.
“Ciao”
Ma non di lui.
Ero quasi tentata di chiudergli la porta in faccia, ed infatti lo feci, o almeno ci provai. Ma lui la bloccò, fermandola con una mano.
“Cosa vuoi?” domandai, stizzita.
“Parlare”
Guardai in basso, sospirando e pensando a tutto ciò che avevo pensato: era così impossibile per me riuscire a vedere Zayn Malik come un mio semplice venditore?
“Ma io no”
Zayn strinse i denti, guardando un punto impreciso, visibilmente arrabbiato.
“Athena, non costringermi ad entrare con la forza, sai che ne sarei capace”
“Non m’importa”
Lui si strinse nelle spalle, sotto la sua felpa.
“D’accordo, l’hai voluto tu”
In un attimo, mi prese in braccio, lasciandomi poi in soggiorno, tornando a chiudere (sbattere) la porta. Tutto ciò con molta tranquillità, come se avesse sollevato una scatola, e non una persona in carne ed ossa di sessanta chili.
“Ma che diavolo fai?”  chiesi, urlando.
Zayn allargò le braccia, come al solito.
“Io ti avevo avvisata”
Questa volta fui io a stringere i denti e, quasi sbattei i piedi per terra, per quanto ero arrabbiata  e stanca di tutta quella situazione.
“Ma tu che cosa vuoi dalla mia vita, eh? Diavolo, Zayn, dimmelo! O diventerò pazza.. – respirai, pesantemente, mentre lui mi ascoltava – sai che ti amo, anche se preferirei odiarti, e sai anche che tu, al contrario, non lo fai, allora perché mi tormenti? Perché non mi lasci perdere e la facciamo finita con tutta questa storia?”
“Vuoi davvero sapere perché, Athena?” domandò, apparentemente tranquillizzato, rispetto a prima.
“Certo” sussurrai.
“D’accordo, allora seguimi”
Zayn mi diede le spalle, camminando verso la porta d’ingresso, aspettandosi forse veramente che io l’avrei seguito. Ma quando non sentì i miei passi dietro di sé, si girò verso di me, ed allargò la braccia.
“Non vieni?”
Al suo sguardo non seppi dire di no e mi ritrovai a seguirlo, ancora.
 
 
 
 
 
 
 
Zayn parcheggiò il furgone blu a due passi da quella che ormai conoscevo bene come la libreria di Harry. Sbattè la portiera del passeggero e camminò velocemente verso di essa, mentre io lo seguivo.
“Perché siamo venuti qui?” domandai, scocciata.
“Lo sai perché”
“No, invece”
Zayn mi puntò gli occhi addosso, con ovvietà.
“Quattro anni fa, eravamo qui, insieme, io e te, sotto la pioggia e, perché no.. anche felici” disse, gesticolando, di fronte a me.
“E allora? Perché me lo dici adesso?”
“Perché le cose devono cambiare, Athena? Perché non possiamo tornare ad essere quelli di quattro anni fa? Stavamo bene insieme, io e te”
“Zayn io sono innamorata di te, d’accordo? – mi sentivo una stupida a dire quelle cose, ma era necessario, lui doveva capire – e tu continui ad affermare di non esserlo, senza preoccuparti troppo dei miei sentimenti, ma come pensi che possano andare le cose tra di noi?”
“Come andavano quattro anni fa”
“Vale a dire?”
“Vale a dire splendidamente, Athena”
Scossi la testa, ridendo amaramente, con la malinconia nel cuore.
“Non ci credo che non ti ricordi, Athena, non ci credo..”
“Zayn non si tratta di ricordi ma..”
“No, fammi finire – m’interruppe lui, avvicinandosi a me, intrappolandomi con il suo corpo – devi ricordarti per forza di quel giorno, quando c’eravamo io, te, la pioggia e le nostre parole”
“Me lo ricordo, Zayn”
Tirai fuori dalla tasca dei jeans il foglio accartocciato, quello a cui ero, forse troppo, legata.
“Ce l’hai ancora?”
“Sempre”
Zayn sorrise nostalgico, facendomi inumidire gli occhi.
“Ti ricordi quelle sere in cui speravamo che tutto ciò che avevamo non finisse mai?”
“Sì – annuii – e solo adesso mi rendo conto di quanto fossero vane, quelle speranze”
Zayn scosse la testa, convinto.
“A me manca, Athena”
“Che cosa?”
“Tutto: mi mancano le nostre serate, mi manca festeggiare qualsiasi cosa insieme a te, mi manca guardarti scrivere, mi manca guardarti dormire, mi manca parlare con te – iniziò ad elencare con le dita, ad alta voce – mi manchi tu”
Si avvicinò ancora di più, posando la mano destra sul mio collo, con forza, accarezzandomi l’orecchio con il pollice, ma dolcemente.
“Mi manchi tu, Athena”
E le sue labbra sussurravano quelle parole all’angolo delle mie, facendomi impazzire, letteralmente. Lottai contro me stessa e, soprattutto, contro di lui. Lo spinsi via con forza, singhiozzando e combattendo perfino con le mie lacrime, cercando di allontanarlo da me, tirandogli pugni sul petto. Ma più mi dimenavo, più lui mi stringeva a sé.
“Lasciami!” gridai, a pieni polmoni, facendo girare tutti verso di noi.
Ma poco importava di ciò che gli altri dicevano: loro non sapevano, non potevano neanche immaginare ciò che io e Zayn avevamo dietro.
“No che non ti lascio”
“Lasciami, ti prego, lasciami..” diventò una supplica.
Finii per aggrapparmi totalmente  a lui, piangendo contro la sua felpa e stringendolo a me più che potevo, desiderando che quel momento durasse per sempre. Non m’importava delle lacrime, avrei potuto continuare a piangere per sempre, pur di averlo con me, purchè mi stringesse forte.
“Mi stai uccidendo”
Zayn appoggiò le labbra sui miei capelli “Non è mia intenzione, piccola”
“Non devi chiamarmi così”
Lui rise, nonostante tutto.
“Sei sempre stata tu Athena, tu e solo tu”
“Non ti credo”
“Non ho avuto più nessun altra, da quando te ne sei andata”
“Non ti credo, non ti credo e non ti credo!” continuai ad urlare.
“Shh..” tentò di calmarmi, accarezzando i miei capelli con le sue labbra.
“Sei odioso - gli dissi, facendolo ridere – e non c’è nulla da ridere”
“Mi sei mancata davvero, Athena”
Per quanto poco gli credessi ancora, sembrava sincero, quella volta.
“Mi credi?”
Tentennai, perché era vero, ormai gli credevo poco e niente. Ma, forse, delle parole sincere le sapevo ancora riconoscere.
“Sì”.









 
#4 anni dopo
ciao raga :))
è arrivato il momento che veniate a conoscenza della mia poco sana ossessione per i 5sos sjdfhds
quei ragazzi sono qualcosa di pezzesco, sono spettacolari, secondo me non sono umani..
a voi piacciono? (se dite 'no', sarete bandite per sempre)
scherzo raga sjhsdjf vi amo shdfgd
cosa ne pensate del capitolo? spero vi sia piaciuto e spero che me lo facciate sapere *occhionidolci*
poi volevo ringraziare tutte le dolcissime ragazze che mi contattano su twitter, siete troppo sdkjfhd
adesso vi saluto. 
vi amo mucho <3<3<3
Adios, Simo.
p.s: sto ascoltando 'Sick of you' di Selena, ve la consiglio #Selenatorpower
p.p.s: vi lascio Twitter






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Capitolo 10
*** So close ***





 
(10)

So close


Mi stiracchiai avidamente nel letto ad una piazza e mezza del mio appartamento, il numero 13. Sorrisi ai raggi di sole che scaldavano camera mia e l’intera Barcellona, benedicendo la regione spagnola, come facevo sempre. Dopodichè controllai l’orario sull’iPhone: le 11 e 23. Presi un sospiro e mi alzai dal letto, ravvivandomi i capelli aggrovigliati dalla notte. Mi aggrappai al muro, barcollando fino alla cucina, con gli occhi ancora semichiusi per la troppa luce e, per poco, non mi venne un infarto.
Harry Styles se ne stava in piedi, davanti alla mia cucina, con in mano una tazza fumante. Quella mattina portava una camicia a quadri, sul rosso: le maniche lunghe erano arricciate ai gomiti ed i bottoni slacciati sul petto lasciavano intravedere una delle sue catenine d’argento. I capelli ricci erano schiacciati da un cappello da rapper che seppur non rientrasse nel suo stile, riusciva a renderlo comunque bellissimo. A fasciargli le gambe, i suoi soliti jeans stretti ed a conferirgli quella sua immancabile aria da inglese che gli ricordava quali fossero le sue origini, quelle scarpe simili a degli stivali, rigorosamente nere e di camoscio. Harry era bello come il principe di cui portava il nome, ed era nella mia cucina, con un sorriso da mozzare il fiato e la sua allegria di cui non potevo più fare a meno.
“Harry? Ma che ci fai qui?” domandai assonnata, sfregandomi gli occhi con il dorso della mano destra.
Lui sorrise, alzando la sua tazza contenente non so cosa verso di me.
“Ben svegliata, Athena”
“Sì, ti ringrazio” commentai, ironica.
Harry si strinse nelle spalle, sedendosi poi al tavolo, mentre io raggiungevo il mio tavolino in vetro, controllando che fosse ancora lì: il foglio che ieri avevo strappato dal nostro diario, e che avevo posizionato lì, proprio in mezzo a casa mia. Non lo nego, iniziavo a sentirmi un po’ psicopatica e fuori di testa.
“Da quanto sei qui?” gli chiesi, ancora.
“Da una mezz’oretta – si strinse nelle spalle lui, inghiottendo un po’ del misterioso liquido dalla sua tazza – quanto basta per prepararmi la colazione”
“Darti una copia delle mie chiavi è stato l’errore più grande della mia vita” dissi, prendendo il pacco di cialde ed il barattolo di nutella.
Ormai ero dipendente da quella colazione, e grazie a Mr. Styles, sarei ingrassata di minimo dieci chili.
“A proposito, bella mise” disse Harry, alzando in maniera sensuale le sopracciglia e nascondendo dietro la sua tazza un sorriso malizioso.
Mi resi conto di portare una canottiera soltanto, certo abbastanza lunga, ma le mie gambe necessitavano di un paio di pantaloni.
“A proposito lo dico io – presi in mano la situazione, intingendo una cialda nella nutella – siamo a metà giugno, fuori ci sono trenta gradi e qui dentro anche di più, cosa diavolo stai bevendo?”
“Caffè, ne ho bisogno per restare sveglio, la lezione di oggi all’università non sarà una delle mie preferite, diciamo così”
Continuammo la nostra colazione, che ormai in un modo o nell’altro consumavano sempre insieme, in silenzio, fino a che il campanello non suonò.  Non mi scomodai, gridai un ‘Avanti’ e lasciai che l’ospite, si palesasse da solo.
“Buongiorno miei prodi”
“Tomlinson”
Harry alzò una mano a mò di saluto, continuando a leggere il giornale e bere il suo caffè, come un vecchio signore americano di qualche serie TV.
“Salute a te Styles – rispose Louis, sedendosi affianco a me – vedo che vi divertite senza di me”
“Stiamo mangiando, Lou” lo informai di una cosa ovvia.
“Già, lo vedo – disse osservando la mia colazione – cialde da gelato e nutella? Originale, davvero”
Louis Tomlinson aveva un sorriso capace di scaldarti il cuore, ogni qual volta lo mettesse in mostra, e lo faceva davvero molto spesso.
“È un’idea di Harry” dissi, stringendomi nelle spalle.
Harry fece un cenno con la testa, completamente immerso nel giornale.
“Capisco”
E, come per magia, il campanello suonò ancora.
“Aspettate qualcuno?” chiese Lou.
Harry, che aveva deciso di non degnarci più della sua compagnia, si strinse nelle spalle, scuotendo la testa, mentre io guardavo Louis, confusa.
“No, e tu?”
Lou scosse la testa, andando alla porta.
“Chi è?”
“Tomlinson? – disse la voce, stranita – che diavolo ci fai a casa di Athena? La stai violentando?”
“Oh sì Payne, mi hai beccato” scherzò Louis, lasciando entrare Liam e Niall.
“Fortuna che siamo arrivati, eh Athena?” disse Niall, sedendosi accanto ad Harry, seguito a ruota dal suo compare Liam James Payne, che insieme a lui condivideva il secondo nome.
“Già, che fortuna..” dissi, non molto convinta.
Guardai il tavolo della mia cucina, che confinava apertamente con il soggiorno, senza bisogno di una porta a separarle, era come se fossero una stanza unica. Liam, Niall e Louis erano intenti a divorare qualsiasi fosse vicino a loro di due centimetri, così mi sentii in dovere di avvertire Harry.
“Harry, fa’ attenzione al braccio, i ragazzi potrebbero portartelo via inconsapevolmente, con i denti” ironizzai, beccandomi tre occhiate malefiche.
“Questo è il tuo ringraziamento per averti salvata da un’aggressione?” domandò Liam, indignato.
“Già, ti credevo più ospitate e cordiale di così, Athena” gli fece eco Niall.
Louis fornì ad entrambi un bello schiaffo dietro la testa, per poi continuare a ingurgitare chili di nutella, che finivano inevitabilmente sulle sue labbra fini.
“Mangiarmi la casa non vi basta, come ricompensa?” dissi loro, ironica.
Loro sorrisero sarcastici, tornando  a mangiare e bisticciare tra loro, ciò che gli riusciva meglio.
“Athena?”
“Sì, Lou?”
“Me lo faresti un caffè?” mi chiese, con due occhi dolci da fare invidia a tutti i sette mari.
Come potevo dire di no a quel sorriso?
Così mi alzai, mentre lui mi lasciava un bacio volante.
“Ehi, chi si accerta che Styles sia vivo?” chiese Niall, indicandolo con l’indice, ovviamente sporco di nutella.
Era come se avessi a che fare con bambini di cinque anni, e non con sexy ventenni, quali erano.
“Styles è come un pezzo del mobilio, vecchio ed anni ‘70” sentenziò Liam, facendo ridacchiare Louis.
Harry scosse la testa, guardandolo poi male, alzando finalmente gli occhi dal suo giornale. Lo posò sul tavolo, piegandolo in quattro, per poi alzarsi e dirigersi verso di me, che armeggiavo con la caffettiera al banco della cucina.
“Te ne vai?” gli chiesi.
Lui annuì, appoggiandosi però al ripiano dei fornelli.
“Che c’è? Qualcosa non va?” domandai nuovamente, notando la sua espressione crucciata.
Ma Harry scosse la testa. D'altronde avrei dovuto immaginarlo, Harry Styles aveva sempre un’espressione crucciata in viso.
“Parlerai, prima o poi? O devo pensare che tu sia diventato davvero un pezzo del mio mobilio?”
Harry ghignò, posandomi poi un delicato bacio sulla fronte.
“Sei una benedizione tu, Athena”
“E per che cosa?” domandai, ingenuamente.
“Per tutti noi”
Abbassai lo sguardo, indecisa su cosa dire, ma Harry bloccò le mie parole.
“Devo andare a lezione – disse – faccio un salto da te, quando torno”
“Ma certo, casa mia è sempre aperta” scherzai, fingendomi scocciata.
“ E se non dovesse esserlo, ho le chiavi”
Harry rise, per poi allontanarsi verso la porta d’ingresso e salutare tutti.
“Oh, ciao Zayn” gli sentii dire, prima di chiudere la porta.
Zayn? Sul serio?
“Ciao?”
Sì, sul serio.
Sentii la sua voce, che quel saluto lo pronunciò più come una domanda, tanto che era confuso nel vederli tutti insieme, a casa mia, seduti al mio tavolo.
“Bella, Malik” Niall.
“Ciao Malik, aggiungiti a noi” Liam.
“Malik, ossequi” Louis.
“Tomlinson? – domandò, sprezzante – dannazione, Athena dove diavolo sei?” Zayn, decisamente Zayn.
“Sono qui, dolce e gentile Zayn” ironizzai, giusto per evitarmi un pugno in faccia.
Sentii i suoi passi pesanti farsi sempre più vicini alla cucina, finchè non vidi le sue converse sgualcite e non sentii il suo profumo inconfondibile di sigarette e chewingum alla menta peperita.
“Che diavolo ci fa Louis Tomlinson in casa tua?” domandò, arrabbiato (come al solito), indicando con il pollice il tavolo del soggiorno.
Io mi strinsi nelle spalle, con un sorriso raggiante ed una tazza di caffè in mano, che, girandomi verso di lui, misi poi nella sua.
“Portagli il caffè”
“Cosa? Ma non ci penso neanche!”
Mentre si lamentava, l’avevo fatto già fatto girare di spalle, per poi spingerlo verso di lui.
“Per chi  mi hai preso? Servire il caffè a Louis Tomlinson? Questo è troppo, anche per te!”
In tutto quel suo casino, si ritrovò proprio davanti al suo apparente acerrimo nemico. Louis gli mostrò un sorriso innocente, mentre Zayn strinse i denti e posò davanti a lui il suo caffè, facendo sbattere la tazza e lasciando che qualche goccia fuoriuscisse da essa, sporcandone la superficie liscia a levigata.
Io, dal canto mio, abbandonai quello sguardo di fuoco tra i due, tornandomene in cucina. Ma non passò poi molto, quando sentii nuovamente le converse di Zayn.
“Mi vuoi spiegare che sta succedendo?” era irritato da morire, mentre mi parlava.
Presi uno straccio dal lavandino, porgendoglielo.
“Va’ a pulire il tavolo, il caffè macchia tremendamente”
Zayn sospirò, prendendomi il panno dalle mani e sbattendolo nuovamente nel lavandino, aggressivo come al solito.
“Adesso tu mi dici cosa sta succedendo”
“Calmati, d’accordo?”
Zayn annuì, ed io gli posai una mano sul petto, sentendo così il battito accelerato del suo cuore.
“Dimmelo tu, cosa sta succedendo” gli dissi, sottovoce, così che nessuno potesse sentirci.
“Non voglio che passi del tempo con Tomlinson”
“Ed io non voglio che mi urli in faccia ma, a quanto pare, chiedo troppo”
Mio malgrado, Zayn ridacchiò, sommessamente certo, ma era comunque una risata, anche se nascosta.
“Tu non mi ascolti”
“No, è vero”
Mi strinsi nelle spalle, tornando poi a girarmi verso il piano della cucina. Dopodiché sentii il suo respiro caldo sulla pelle, ed il suo mento appoggiato delicatamente alla mia spalla. Una scia di brividi percorse il mio corpo, mentre le sue labbra accarezzavano la mia guancia.
“Louis Tomlinson è un dispensatore di guai” sussurrò.
Io socchiusi gli occhi, impreparata a quel tipo di sensazioni che la sua vicinanza, il suo fiato caldo e profumato ed il tocco della sua labbra, mi stavano facendo provare.
“Spiegami perché” risposi, con la voce che la gola secca non aveva tenuto per sé.
Ma Zayn scosse la testa, deciso a non dirmi niente. Con le sue mani prese i miei fianchi, obbligandomi a girarmi verso di lui. Incastrò le mie gambe alle sue, facendo combaciare il suo corpo con il mio ed appoggiando entrambi al piano della cucina.
“Non adesso, non oggi, non questa settimana, non questo mese, non questo anno e non in questa vita” disse, sorridendo beffardamente.
“Ti odio”
“Nah, non ti credo”
Malgrado non mi volesse confidare quel suo piccolo segreto, ridendo, appoggiai la fronte alla sua spalla, lasciando che le sue labbra mi baciassero la nuca, dolcemente.
“E fai bene” sussurrai.
Rimanemmo in quella posizione per attimi infiniti, desiderando che il tempo non passasse mai. Ma interrompendo il nostro sogno ad occhi aperti, Louis fece irruzione in cucina.
“Oh, ho interrotto qualcosa?”
La sua voce era maliziosa e conscia di aver interrotto davvero qualcosa. Con le spalle si appoggiò alla parete, guardando entrambi: Zayn si era allontanato da me, ed io tenevo lo sguardo basso.
“Perché non te ne vai?” gli chiese Zayn, apparentemente divertito.
“Perché lo spettacolo è troppo bello” rispose Louis, beffardamente, sfidando il suo nemico.
“Non c’è nessuno spettacolo – disse tra i denti Zayn, avvicinandosi a Louis, minaccioso – adesso vattene o ti do il bis di qualche tempo fa.. Oh sì, guarda, qui c’è un piccolo ricordo che ti ho lasciato”
Louis allontanò la mano di Zayn, avvicinatasi al suo volto, all’altezza dello zigomo sinistro. Fu così che notai quella piccola cicatrice, invisibile se non ci si faceva caso.
“Vattene” sibilò nuovamente Zayn.
Louis lanciò un ultimo sguardo a me, che aprii la bocca per parlare, ma non dissi nulla.
“D’accordo, me ne vado – Lou mosse qualche passo, per poi girarsi, con il suo solito sorriso spensierato, nonostante ciò appena successo – ci vediamo, Athena”
Mi lasciai sfuggire un sorriso, subito fulminato dallo sguardo di Zayn.
“Non gli devi sorridere, non gli devi parlare e, tanto meno, devi aprirgli le porte di casa tua” mantenne il tono minaccioso di qualche minuto fa, con Louis.
“Perché lo odi, dannazione? – mi avvicinai a lui, così da ammirare i suoi occhi adirati dal basso – e, soprattutto, perché dovrei farlo anche io?”
“Perché tengo a te, Athena”
Strabuzzai gli occhi, dopo quella confessione inaspettata: Zayn non era tipo da esprimere  i suoi sentimenti, soprattutto a me. Zayn aveva sempre la sua sigaretta tra le labbra, l’occhio vigile e la guardia alzata, così che nessuno potesse oltrepassare la sua barriera, così che nessuno potesse leggere attraverso quegli occhi così scuri. Ma lì, nella mia cucina, quei suoi occhi non erano poi così scuri: erano sinceri, erano speranzosi, ed erano quasi supplichevoli. Così vicini, avevo dimenticato persino la presenza di Liam e Niall nell’altra stanza. Così vicini mi sembrava di sognare. Così vicini mi sembrava che quelle barriere che entrambi avevamo costruito, fossero scomparse.
“D’accordo” annuii.
“D’accordo? - domandò lui, scettico – solo ‘d’accordo’?”
“Che devo dire?”
“Io ti apro il mio cuore, e tu dici ‘d’accordo’?” disse, in tono scherzoso.
“Scemo, è ovvio che tengo a te”
“No che non lo è”
Sbuffai, roteando gli occhi al cielo, perché comunque continuavamo a sopportarci poco: ma quei nostri difetti, avevamo imparato ad apprezzarli.
“Gliel’hai fatta tu, quella cicatrice?” domandai, di getto.
 “Quale cicatrice?” domandò, facendo finta di niente e girandosi.
“Guardami – gli dissi, afferrandogli un braccio – la cicatrice che Lou ha sullo zigomo, gliel’hai fatta tu?”
“Lou? Adesso lo chiami Lou?”
“Rispondi, cretino”
Zayn sospirò.
“Sì, gliel’ho fatta io, qualche mese fa..”
Feci per aprire la bocca, ma lui posò su di essa il suo indice, zittendomi.
“Non chiedermi perché”
Esibì il suo sorriso beffardo, quello che ancora non sapevo se odiare o rimanerne affascinata. Così incrociai le braccia, sbuffando.
“Dannato profugo”.







 
#4 anni prima
lo so, sono in ritardo.
scusate se questo spazio autrice farà schifo, ma non sono proprio dell'umore.
spero non abbiate perso il vostro interesse per la mia storia.
io continuo ad amarvi e spero voi non mi odierete.
bene, adesso me ne vado, scusate ancora.
un bacio.






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