Virus 666

di Izhira
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning ***
Capitolo 2: *** Takahiro! ***
Capitolo 3: *** Kyo! ***
Capitolo 4: *** Yamiko! ***
Capitolo 5: *** Hanako! ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** The beginning ***


Virus 666
Capitolo I : the beginning

 
 
Era una notte nuvolosa, l'illuminazione del satellite era fioca e accentuava il grigio di quelle nuvole. Un'ombra di gelo pervadeva l'aria della sera, delle luci blu cobalto si alternavano creando una misteriosa armonia del tempo. Il freddo si faceva sentire come ovviamente accade nei giorni natalizi, anche se  ormai il natale è superficiale, è solo un motivo di festa. Nient’altro che una festa. E proprio durante tale, quattro donne, in quattro parte diverse del mondo stavano dando alla luce i loro bambini, senza sapere che gli verranno sottratti dinanzi ai loro poveri occhi. I dottori Powell, ingaggiarono dei medici per rapinare quattro bambini ,due maschi e due femmine, per il loro esperimento. Dunque, a Parigi, Los Angeles, Tokyo, e Roma vennero prelevati dei bambini che poi furono mandati in un laboratorio segreto, situato nelle profondità dell’oceano atlantico. Pareti di un delicato color crema, ornamenti fiabeschi fatti con gesso di prima qualità, illuminata da una moltitudine di candelabri antichi, la stanza vezzeggiava agli occhi dei presenti la cui attenzione era ormai posta sui quattro bambini che dopo due anni aprirono finalmente gli occhi, per la prima volta. Un mormorio continuo di voci echeggiava nella stanza, voci sorprese, meravigliate da ciò che stava accadendo, mormorio che venne interrotto dallo spalancarsi della porta fatta interamente di legno, mogano per la precisione.
«Fateci passare!»
Un uomo e una donna, chiaramente fratelli gemelli, alti all’incirca un metro e ottantasei, robusti, con lunghi capelli albini e vestiti di bianco, si facevano largo tra i presenti avvicinandosi alle innocenti creature che confuse si osservavano attorno.  Le osservavano con fare incuriosito, come se stessero osservando un esperimento appena compiuto, come se quelle che hanno davanti agli occhi non fossero dei bambini di due anni, bensì topi da laboratorio.
«Dobbiamo portarli al laboratorio 7, e da lì dividerli.»
Disse la donna all’uomo, con tono serio ed autorevole. L’uomo al suo fianco annuì senza pronunciar parola per poi sparire dietro la porta verso il quale è entrato e ritornare poco dopo accompagnato da due donne, vestite anch’elle di bianco. Presero i bambini che iniziarono a piangere, come se qualcosa dentro loro li avvertisse che stavano in qualche modo, in pericolo.
La prima volta che ho aperto gli occhi a differenza di ogni neonato che vede si da subito la sua mamma, io ho visto il luogo in cui mi trovavo, era una stanza grande, con le pareti bianche, avevo molti medici attorno a me che mi osservavano, che mi studiavano. Ma non ero sola.. Crescendo mi hanno insegnato tante cose, ma non mi hanno mai fatto uscire da quel laboratorio, e non ho mai conosciuto l’altro “gene x” che era con me…ma mi presento meglio.
I quattro bambini vennero portati in un grande laboratorio, che sembrava più una città, sotto l’oceano pacifico. L’edificio era circondato da una grossa cupola di vetro, chiaramente indistruttibile. Un enorme tubo portava l’aria che vi era in superfice all’interno della cupola, e quindi del laboratorio. All’esterno vi era un grandissimo giardino, che altro non era che un labirinto. Dall’esterno il laboratorio era un enorme edificio nero e blu elettrico, colori che indossano anche coloro che vivevano lì, all’edificio si potevano contare sette piani. All’interno invece l’edificio sembrava  una dei vecchi castelli abbandonati e dimenticati ormai da tutto e da tutti.  Appena vi si entrava vi era un lungo corridoio ornato di quadri e piante varie. Attraversato il corridoio, vi è una porta dietro il quale si avrà accesso al primo piano del labortario, anche chiamano piano “x”. Il primo piano era il piano addetto agli esperimenti scientifici, all’apparenza sembrava infatti un qualunque atrio ospedaliero. Intorno alla stanza quadrangolare, vi erano diverse porte, che portavano in diversi laboratori. Sulla destra vi era un ascensore che portava invece ai piani superiori. Pochi erano i ragazzi che avevano accesso ai laboratori. I ragazzi presenti in quel laboratorio erano in totale 66, e molti di loro trascorrevano le giornate non solo studiando, ma anche potenziando le loro caratteristiche. Nessuno dei ragazzi presenti lì si poteva definire “normale” ognuno di loro aveva caratteristiche che li rendevano “speciali” o per meglio dire diversi. Caratteristiche alcune simili fra loro, altre opposte. Alcuni ragazzi controllavano i vari elementi, altri potevano mutare forma, altri ancora possedevano grande conoscenza pur non avendo esperienze concrete. Nei restanti piani vi erano i dormitori, la mensa, i bagni, le palestre, le sale d’addestramento, le stanze culturali, stanze “ospedaliere” e stanze segrete.
I quattro bambini vennero divisi, e da allora non s’incontrarono più.
Passarono sedici anni da quando furono trasferiti lì, e ognuno di loro aveva sviluppato doti diverse.
Quel giorno trascorreva tranquillo come gli altri, quando una voce femminile, autoritaria e possente,  interruppe il “quieto” vivere.
 «Yamiko, Kyo, Takahiro, e Hanako, siete convocati nella direzione.»
Terminato l’annuncio, nell’intero edificio cadde il silenzio mentre i sessantasei ragazzi si osservavano l’uno all’altra. Tutti lì avevano nomi codificati, eccezione fatta per i ragazzi che venivano mandati in missione e gli adulti del luogo. Eppure, nessuno dei presenti aveva mai udito quei nomi.
Pochi minuti dopo, i quattro convocati in direzione si mostrarono dinanzi agli occhi della direttrice di quell’enorme edificio: Camille Fray. L’edificio di Camille consisteva in una stanza dalle pareti color panna. Sul muro a destra vi erano appese diverse, vecchie, foto mentre al centro della stanza vi era una scrivania con un computer, luce da tavolo, e molte scartoffie. Camille era una donna sulla trentina, alta, mora con occhi di ghiaccio. Indossava sempre  abiti casual e si presentava sempre con aria autoritaria. In quel momento era in piedi dinanzi alla scrivania, difronte ai ragazzi che sedevano sulle poltroncine per gli ospiti.
«Vi ho convocati qui, per affidarvi una missione. » Annuncia senza perder tempo in chiacchiere futili. «Dovete salir in superfice e recuperare il virus666 nel laboratorio situato ad est  di un paesino situato vicino costa Rica. Vi verrà dato un dossier con i dettagli della missione. Partirete domani. E’ tutto. » detto ciò, mandò via i ragazzi che si dileguarono rapidamente da quella stanza. Fuori di essa i quattro si osservavano con fare silente.. sembravano tutti riluttanti dal volersi presentare. Non si erano mai incontrati prima eppure avevano tutti un aspetto familiare tra loro.
«Takahiro..anche conosciuto come 667906, lieto di fare la vostra conoscenza. » fu il primo a presentarsi: Takahiro. Ragazzo di media altezza, moro con occhi castani, fisico palestrato..chiaramente è stato addestrato per i combattimenti corpo a corpo.
«Yamiko..anche conosciuta come 667806..» la seconda a presentarsi, alta, magrolina, capelli lunghi, castani chiari e occhi dello stesso color dell’oceano, sicuramente una delle “super agili” del laboratorio.
«Kyo. » alto, capelli corvini, occhi dello stesso color del ghiaccio. Indossava una mimetica, per di più sporca, chiaro segno che era arrivato direttamente dal campo di battaglia. Quelli come lui sono i peggiori..non ti ci puoi fidare, ne puoi affidare qualcosa a loro.
«667706.. » Ultima a presentarsi, decisamente una ragazzina bassa. Nel preciso istante che la fissarono i suoi occhi cambiarono dall’azzurro al verde e i suoi capelli dal biondo passarono al castano. Un’apparente mutaforma.
Loro erano i quattro ragazzi scelti per una misteriosa missione.
Il giorno seguente i quattro si fecero trovare pronti  a partire all’esterno dell’edificio, erano accompagnati da due apparenti semplici guardie che trascinarono i ragazzi all’interno di un sottomarino che lentamente li avrebbe portati in superfice.  I quattro ragazzi erano seduti tutti uno affianco all’altro eppure Il silenzio dominava, finché ad interromperlo fu Takahiro che a quanto pare era il più “affiatato”.
«…beh, dato che dobbiamo partire in missione tutti insieme forse è meglio conoscerci meglio..no? » Nessuno dei presenti prestò attenzione a tali parole, nessuno si degnò di dargli una risposta.
«..capisco.. » tornato al silenzio, il viaggio continuò fin quando il sottomarino non salì in superfice accostando al porto privato del Laboratorio.
Usciti dal sottomarino, i quattro ragazzi presero le loro borse e rimasero in piedi ad attendere la loro guida che arrivò poco dopo. Un anziano basso, con una grossa gobba e il viso deforme..sembrava un misto tra il gobbo di Notre Dame e Malocchio di Harry Potter. Porse ai ragazzi dei documenti,passaporto, denaro, carta d’identità e persino la patente.
«Uscite dal porto, proseguite sempre diritto.. arriverete ad un Hotel a quattro stelle. Le stanze sono già state pagate e prenotate per una notte ai vostri nomi. Andate, fate conoscenza e domani partite per costa Rica. » l’anziano aveva una voce roca ma alquanto chiara. Quelli dovevano essere gli ordini del colonnello Fray. Seguirono silenziosi le indicazioni dell’anziano ritrovandosi all’Hotel Ocean, ognuno di loro mostrò la propria carta d’identità e tutti furono mandati nelle rispettive camere. All’ora di cena i quattro si riunirono a tavola dove Takahiro e Yamiko iniziarono a conversare delle loro vite al laboratorio. Takahiro parlava dei suoi allenamenti, di come ha imparato a dominare l’elemento del fuoco e farlo suo. Yamiko parlava delle catastrofi che aveva causato all’inizio quando non riusciva a controllare le sue capacità, creando dunque scompiglio fra i suoi compagni. Kyo e Hanako, erano silenti. Si limitavano ad ascoltare, e annuire mentre i racconti dei loro compagni di viaggio entrava in un orecchio e usciva dall’altro.
«Io credo..che sia meglio giocare a carte scoperte fra di noi. Dunque uno alla volta ognuno di noi dirà la sua capacità. Se dobbiamo giocare insieme, è meglio potersi fidare. » disse Takahiro con tono tranquillo mentre passava lo sguardo tra i suoi compagni che, dopo una breve ma intensa rifelssione, decisero di “giocare a carte scoperte.” La prima a parlare fu Yamiko, che con quella sua dolce vocina iniziò a dire quali fossero le sue doti.
«Io sono agile in battaglia, e la mia capacità è il controllo della forza di gravità. Posso annullarla, aumentarla o diminuirla a mio piacimento, anche su un'unica forma corporea.» Successivamente, Takahiro spiegò altrettanto brevemente le sue doti «Io, come già detto prima, controllo il fuoco e non solo..posso creare fiamme o addirittura sputarle..eheheheh» ridacchiava allegramente posando lo sguardo su Kyo e Hanako che ancora dovevano parlare. Brevi attimi di silenzio, silenzio in cui Kyo e Hanako si scambiarono un gelido sguardo. «Io sono un soldato, e non ho capacità particolari.» spiegò con tono freddo e distaccato il giovane Kyo, mentendo ai suoi compagni.
«Io sono una semplice mutaforma.. »  spiegò Hanako, con tono basso, quasi imbarazzato anche se, anche lei stava celando la verità. Dopo una lunga serata passata a chiacchierare allegramente, i quattro si ritirarono in stanza per riposare e prepararsi mentalmente all’inizio della loro missione.

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Capitolo 2
*** Takahiro! ***


Virus 666
Capitolo II : Takahiro!

Un lieve fascio di luce solare penetrava attraverso la finestra di quella stanza, semiaperta. Un canarino, stanco del lungo volo si appoggiò leggiadramente al davanzale della finestra iniziando un dolce canto che giunge alle orecchie del giovane Takahiro. Lentamente aprì gli occhi e, restando ancora steso nel letto, fissò il soffitto bianco della stanza. Vari pensieri iniziano ad affollarsi nella sua mente, pensieri contorti di “se” e di “ma” , fondati principalmente sulla sua esistenza. Sospira e senza indugiar oltre si alzò dal morbido letto. Vestito solo di pantaloncini scuri, si avviò verso il bagno della sua stanza d’albergo. Piccolo, con le pareti di un strano, ma familiare , color crema. Si denudò anche dei pantaloncini scuri e, ovviamente dell’intimo, per entrare nella cabina doccia e dedicarsi ad una calda doccia..forse troppo calda, anche se per lui non c’è mai un “troppo” quando si tratta di calore. Finita la doccia, con calma, si vestì di jeans e felpa scuri e andò a prepararsi il suo zaino da viaggio. Mentre toglieva e metteva vari oggetti nel suo zaino, cadde da un taschino un orologio da tasca vecchio stile ormai fermo da anni sulle ore 12:00. Fissò a lungo quell’orologio, quell’ora.. immergendosi in indescrivibili ricordi.

25Dicembre1993 Tokyo ,ore 12:00.

Candida neve scende giù dal cielo, depositandosi sul terreno già gelido per le bassissime temperature. Mentre alcuni mostrano i loro preziosi doni di natale, altri organizzano cene o pranzi last minut, e altri ancora passano quel giorno ai vari festival del paese, una donna di media altezza, mora, e con occhi castani ha appena dato alla luce un bambino. Proprio nell’istante in cui fu tagliato il cordone ombelicale al bambino, due medici chiaramente stranieri irruppero nella sala operatoria e con forza rapinarono il bambino per poi sparire misteriosamente nel nulla. Il giorno seguente il telegiornale trasmise la notizia di un misterioso rapimento di ben quattro neonati, due femmine e un maschio. Perché sono stati rapiti?Chi li ha rapiti?Cosa ne farà di loro?Nessuno mai, rispose a queste domande.

25 Dicembre 1995 O. Atlantico, ore 12:00.

Son passati due anni dalla famigerata scomparsa dei neonati. Due anni che per alcuni passarono troppo in fretta, per altri troppo brevemente. Il silenzio echeggia nella stanza fin quando due occhi castani non si aprirono lentamente. Sguardo curioso e spaventato quello del bambino, che osservava la stanza e i presenti. Accanto a sé altri tre bambini aprirono gli occhi e presero a guardarsi attorno, motivo per cui i sussurri in sala aumentarono fino a formare un fastidioso bisbiglio. I quattro bambini, troppo piccoli per capire con esattezza cosa stesse succedendo, iniziarono a piangere..un po’ per fame, un po’ per paura. Degli strani individui li presero e li portarono via, li trasferirono altrove.. in un posto che sarebbe poi divenuta qualcosa da potersi definire casa.

15 Settembre 1998 Laboratorio “Ocean”, ore 12:00

La campanella suona la fine della lezione di matematica. Una grande stanza con pareti colorate di giallo canarino, ornate di cartelloni dedicati ad argomenti diversi. Dodici banchi divisi in due file da sei, una lavagna e le giuste finestre..insomma, una qualunque classe elementare. I bambini si preparano, indossano tutti le loro divise e uno alla volta vanno via con il loro prossimo insegnante, quello che ognuno ha in base alle sue capacità. Takahiro, 5anni, studente modello, sempre allegro e in ottima forma, è rimasto solo in classe. Ancora non conosceva la sua abilità, dunque ancora non sapeva chi sarebbe stato il suo insegnante. Passarono venti minuti e dalla porta non entrò nessuno. Lui attendeva immobile alla destra della porta, l’arrivo della sua insegnante che continuava a tardare. Passarono ore ma non arrivò nessuno. La noia inizia a farsi sentire. Lentamente chiude gli occhi e inizia a dar sfogo alla fantasia. Vede un comodo soggiorno, c’è un bellissimo divano a tre posti di fronte ad un camino acceso. La fiamma arde possente bruciando quel mix di legno e carta. Non c’è nessuno, è solo. Lentamente si avvia verso il camino attratto dall’ardere della fiamma. Ad ogni suo passo la fiamma aumentava d’intensità. Occhi fissi sulla fiamma, braccio destro che si sporge verso essa quando, improvvisamente, la fiamma inizia a percorrere tutto il braccio di Takahiro che avverte un forte calore. Il suo corpo brucia sempre più, eppure non c’è dolore in quelle fiamme. Improvvisamente la porta si apre e Takahiro apre gli occhi di scatto. Non si trova in quel soggiorno, si trova in calsse dove ormai aspettava il suo insegnante da ore. Si volta verso l’uscio della porta e lo vede..un uomo, un giovane uomo, basso, capelli corti, neri con strani riflessi rossicci occhi neri e spaventati, un po’ grassoccio. Vestito elegantemente, aveva un cartellino che fuoriusciva dal taschino, su quest’ultimo vi era segnato il nome di “Professor Alexander”. Quest’ultimo osservava meravigliato e spaventato il giovane Takahiro che confuso abbassò lo sguardo su se stesso, capendo così il motivo dello sguardo del Professor Alexander..lui..stava bruciando. Il suo corpo andava a fuoco, delle intense fiamme vampavano lungo tutto il suo corpo senza però ferirlo. «M-mi scusi..Io..non so come sia successo..come…come faccio a spegnerle?» chiese confuso il giovane Takahiro osservandosi aveva capito che era lui stesso ad evocare quelle fiamme. «Figlio mio..non lo so. Nessuno qui ha possiede codesta abilità, ne nessuno ha abilità simili. Ma non farti prendere dal panico..espira e ispira..» il giovane professor Alexander aveva una voce terrificantemente ammaliante, di quelle che le ragazzine immaginano abbia il loro principe azzurro.Takahiro eseguì i consigli del giovane professore e lentamente le fiamme sparirono. «Figlio mio..sarà un piacere essere la tua guida. » disse il professore al Takahiro, facendogli un ammaliante sorriso.

25 Dicembre 2005 Laboratorio “Ocean”, ore 05:00

E’ nuovamente natale, eppure lì sotto, sotto all’oceano pacifico nel laboratorio “Ocean” meglio conosciuto come “laboratorio 7”, non vi era l’usanza di festeggiare nessuna festività. Lì sotto non conoscevano il natale, il capodanno o altre feste. Lì non festeggiavano nemmeno i compleanni. Eppure, da quel giorno di settembre, ogni anno il professor Alexander donava un piccolo dono al giovane Takahiro ormai conosciuto a tutti come “667906”. Da anni non si limitava solo ad insegnargli a controllare la sua abilità, a controllare il fuoco e ad “essere parte di esso”, bensì si comportava con Takahiro così come un padre si comporta verso il proprio figlio. Si mostrava sempre affettuoso, si preoccupava facilmente, aveva fiducia in lui eppure temeva di perderlo. Gli voleva bene e questo bene era ricambiato. Quel giorno di dicembre però non sarebbe stato poi così “fantastico” come gli altri. Come ogni giorno, Takahiro si alza di buon’ora, si fa una calda e rilassante doccia e per poi preparare la sua attrezzatura d’allenamento. Nel dormitorio maschile ci sono pochissimi ragazzi. Alcuni di loro dormivano, altri si preparavano per qualche missione o facevano rapporti su una missione appena svolta. Improvvisamente entrò il professor Alexander, vestito elegantemente come sempre con un pacchetto in mano. Gli anni con il professore non eran stati molto gentili..i segni del tempo erano ben visibili sul volto dell’uomo che presto o tardi sarebbe si sarebbe ritirato a vita privata. Con passi lenti Alexander si avvicinò a Takahiro e gli porse il pacchetto. «Oggi..è un gran giorno..non solo perché compi dodici anni, ma anche perché ti verrà affidata la tua prima missione. Ebbene, figlio mio, voglio che tu accetti questo dono e che lo apri solo dopo aver svolto la tua missione. » detto questo sfoggiò uno dei suoi sorrisi ammalianti ed uscì dal dormitorio senza neanche attendere una risposta dal giovane Takahiro che, confuso, si limitò ad osservare il pacchetto quadrangolare. Come ogni giorno, Takahiro passò la mattinata ad allenarsi, ovviamente solo dopo aver fatto una ricca e nutriente colazione. Sono le 11:45 e finalmente un soldato viene a chiamarlo, dicendogli che deve andar in direzione dove gli verrà affidata al sua prima missione. Seguite le indicazioni del soldato, Takahiro raggiunse la direzione ma al suo interno non vi trovò nessuno. Tutto ciò che trovò era una cartellina con sopra segnato “667906, 1°missione rango A”. Senza indugiar oltre afferrò la cartellina e uscì dall’edificio dirigendosi nel dormitorio. Si sedette sul suo comodo letto per poi aprire frettolosamente la busta. All’interno di essa vi era una foto..la foto del suo insegnante, Alexander e la scritta in rosso “bersaglio da uccidere”. Sgranì gli occhi, mentre delle lacrime gli rigarono il volto..doveva uccidere quello che per lui era un padre. Prese il pacchetto quadrangolare e lo aprì, al suo interno vi era un orologio da taschino vecchio stile con un’incisione sul retro “The Ice Burning Dragon”. Non capiva il senso di quell’incisione ma ormai non poteva indugiar oltre. Posò l’orologio nel taschino, e con le lacrime agli occhi si mise alla ricerca del professor Alexander. Con sua grande sorpresa, non fu difficile trovarlo. Lo trovò in quell’aula in cui tempo a dietro si erano incontrati per la prima volta.. «Avanti..figlio mio, uccidimi. E’ la tua missione, no? » Alexander si voltò verso Takahiro. Dal suo tono era chiaro che quella situazione gli causava sofferenza, molta sofferenza. Eppure, se ne stava lì in piedi, sorridente senza dar cenno a voler opporre resistenza. «Non capisco…perché lei?! Tra tutte le persone che vivono qui sotto..perché voi? » tremante, teneva lo sguardo fisso verso quell’uomo a cui era tanto legato mentre lentamente delle fiamme iniziavano a divampare lungo tutto il suo corpo, fiamme che esprimevano rabbia,tristezza..rancore. «Figlio mio…io ho commesso il più grave peccato che esista in quest’istituto. Ho infranto una regola che qui esiste ormai da anni…io..mi sono affezionato a te. Ti ho amato come fossi mio figlio. Qui sentimenti come amore e amicizia, non sono ben accetti. Qui vi crescono come armi.. qui non vogliono tenere a sicuro voi bambini “speciali” bensì li vogliono allevare come soldati da mandare in guerra. Ed io ho commesso un grave reato.. ti ho amato, e ti ho insegnato ad amare. A seconda di come svolgerai questa missione decideranno se ucciderti o meno…uccidimi. Dimostra loro che non hai sentimenti, fingi se necessario..ma sopravvivi. » Le parole di Alexander erano chiare, tutti lì sotto erano soldati, un progetto segreto del governo. Le fiamme aumentavano d’intensità eppure lui non riusciva ad uccidere chi di più caro aveva al mondo. Alexander chiuse gli occhi e vece segno a Takahiro di procedere con l’uccisione. Takahiro aprì l’orologio da tasca che gli era stato appena regalato..segnava le dodici in punto. Due guardie erano arrivate, controllavano il suo operato. Le telecamere erano puntate tutte su Takahiro e Alexander. Passarono dei lunghi minuti, minuti in cui Alexander implorava a Takahiro di ucciderlo..le fiamme aumentavano, oramai occupavano tutta la stanza, eppure non sfioravano Alexander. Le guardie puntarono le armi contro Takahiro che, confuso, arrabbiato, sconcertato, diede vita ad un enorme dragone di fuoco che si scagliò contro Alexander. «Perdonatemi padre.. » disse sottovoce, abbassando il capo. Il corpo di Alexander bruciava tra le fiamme cremisi, mentre i soldati andarono via soddisfatti dello spettacolo.


Improvvisamente riaprì gli occhi…è il 2011 e si trova in quella stanza d’albergo. Sono le dodici in punto e i suoi compagni bussavano frenetici alla sua porta. «Diamine 667906, apri questa dannata porta!! » A gridare era Yamiko. Takahiro posò l’orologio nella borsa e aprì la porta. Silente fissò per qualche istante gli occhi di Yamiko per poi incamminarsi verso l’uscita dell’albergo. La missione è iniziata.

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Capitolo 3
*** Kyo! ***


Virus 666
Capitolo III : Kyo!

 
E' notte fonda, la luna splende in cielo donando un po' di luce in quell'immensa oscurità. I corvi gracchiano, i pipistrelli svolazzano qua e là per la città.. La stanza di Kyo è completamente immersa nel buio. I sensi pronti a captare qualsiasi spostamento d'aria, avvertiva tutto, nulla sfuggiva ai suoi sensi. Improvvisamente udì un canto, un canto ammaliante ma malinconico..un canto che sembrava incantarlo..

La gelida neve leggiadra cadeva giù dal cielo delicatamente, sarebbe stata una tipica scena nataliza se non fosse stato che il piccolo Kyo di appena otto anni si trovava su un campo di battaglia freddo e lontano dal resto del mondo. Il rumore degli spari, il forte tanfo della polvere di sparo infestava quel campo infernale,quasi sembrava di trovarsi in un girone dell'inferno. Perché, lui non poteva avere un natale con i suoi genitori, come il resto dei bambini nel mondo?Perché deve cercare di sopravvivere in un campo di battaglia a soli sei anni? Cosa può fare lui in un contesto simile?..E' ancora nascosto in trincea, una piccola fossa scavata dietro ad altissimi e vecchissimi alberi con la speranza che fornissero un po' di protezione, ma ormai semi distrutti dagli incessanti attacchi che duravano giorno e notte, non avevano un attimo di tregua, talvolta dovevano trattenere persino il respiro, se volevano continuar a vivere. Lì in trincea non era solo, ad affiancarlo vi erano alcuni ragazzini, alcuni più grandi altri della sua età. Nonostante fossero compagni, non si fidavano l'uno dell'altro e fin troppo spesso si tradivano a vicenda. Molti erano i ragazzi che passavano alla fazione nemica che negli ultimi periodi erano quelli messi meglio in prestazione di difesa. Giorno dopo giorno i giovani ragazzi diminuivano, le morti aumentavano e lui rimaneva sempre in trincea. Non gli era ancora concesso uscire di lì. Rimase solo, ad attendere una svolta decisiva, qualcosa che segnasse le sorti di una o dell'altra fazione. Era affamato, ma non stanco. Non vedeva l'ora di uscire e far parte della battaglia, non vedeva l'ora di sentirsi vivo, pur avendo solo otto anni, non vedeva l'ora di dimostrare a tutti che non aveva nulla da temere, che le sue capacità erano superiori a tutte le altre, che poteva, che aveva la forza, di difendere le poche persone a lui care, mentre proprio in quell'istante esse stavano perdendo la vita lì fuori. Era un razzo di segnalazione a indicar la morte di uno di loro, nemico o compagno che sia: verde per la fazione nemica, rossa per la sua fazione. E' il 26 dicembre, un altro giorno è passato. E' notta fonda e i soliti incessanti rumori della battaglia sono appena conclusi..strano. Come mai era tutto così tranquillo?Cosa stava accadendo lì fuori?..E' anocra solo. Impavido decise di uscire fuori, in un giro di perlustrazione, ovviamente in incognito. Si sarebbe affidato alle sue numerevoli capacità per riuscire a non farsi notare nella sua impresa. Appena uscì dalla trincea dinanzi ai suoi occhi si stagliava un paesaggio alquanto terrificante..i suoi compagni, erano tutti morti. Tutti erano caduti in battaglia. Alcuni erano stati addirittura smembrati, altri decapitati, altri ancora erano mutilati. Cammina a passo lento, sconvolto da quella scena, in mezzo a quella carneficina. Come hanno fatto a ridurli in quel modo? Sicuramente avevano anche loro un arma segreta, un arma che dopo mesi e mesi di battaglia hanno deciso di utilizzare. Scelta che la sua fazione non aveva mai preso, come se nessuno volesse che lui, 667606 meglio conosciuto come Kyo, partecipasse realmente alla battaglia che nient'altro era che un allenamento per i giovani soldati dalle capacità "particolari". Effettivamente nessuno gli aveva mai spiegato cosa fosse realmente e da dove provenivano quelle loro capacità, ma non importava. Lui bramava vendetta per i suoi compagni caduti. Sicuramente la fazione nemica non si aspetterà che qualcuno fosse ancora vivo, quindi poteva utilizzare l'effetto sorpresa. Il suo piano era quello di intrufolarsi nella fazione nemica e scatenare la furia che si alberga dentro di sè, vuole donar loro la disperazione, vuole far capire loro che nessuno potrà mai batterlo. Silenziosamente si avviò verso l'accampamento avversario dove alcuni di loro stavano festeggiando allegramente la loro vittoria non prestando più attenzione a ciò che li circonda. La neve ha smesso di scendere, il terreno è fangoso, freddo, ad ogni passo sembrava di essere risucchiati nella terra stessa, i piedi pesavano quanto un blocco di cemento. Mentre si avviava furtivamente nell'accampamento nemico decise di far uso ad una delle sue multeplici capacità. Dato che i nemici erano convinti di esser ormai i vincitori di quella battaglia, avevano acceso piccole fiaccole che ornavano l'accampamento. Risate echeggiavano per tutta l'area circostante,ombre di ragazzi intenti a festeggiare e ad esultare per la loro vittoria, venivano proiettate dalle fiaccole. Osservando quelle ombre, una stravagante quanto geniale idea passò per la giovane mente di Kyo. Si avvicinò alle mura, ove venivano proiettate le ombre, e toccando una di esse chiuse gli occhi. Si concentrò per brevi e rapidi secondi e in improvvisamente ombra fu. Non vi era più il suo corpo, ma una proiezione di esso su un muro. Grazie a tale abilità riuscì a intrufolarsi nell'accampamento fingendosi una delle tante ombre ballerine. Perlustrava l'intero accampamento ritrovandosi in una strana "stanza". Essa era ornanta da fiori di lavanda, i quali donanvano un dolce profumo all'ambiente. In codesta stanza vi era una giovane bambina che sembrava essere di poco più piccola di egli. Ella aveva lunghissimi capelli dorati, pelle candida come la neve, e labbra rosse. No, non è la versione bionda di biancaneve. La piccola bambina dormiva serenamente come se si trovasse ovunque fuorché in un accampamento bellico. La bellezza di quella ragazzina era tale da poter attrarre chiunque. La giovane aprì lentamente gli occhi, rivegliandosi da un dolce sonno. Da posizione supina passò ad un elegante posizione eretta. Gli occhi dorati come i capelli, si osservava attorno con aria circospetta. Aveva capito di non esser sola. Si alzò in piedi e si avvicinò a quella che le sembrava esser la sua ombra, ma che lei sapeva esser un giovane ragazzo di pochi anni più grande di lei. «Ciao..io mi chiamo Iris, ho sei anni.» la voce della giovane era dolce, sottile, estremamente delicata e ammaliante. «Cosa sei tu?Sei un fantasmino?» un lieve e dolce sorriso apparve sul viso dell'apparente innocente creatura, dalle sembianze divine. Kyo osservava silente Iris, come se stesse ammirando un raro, prezioso, unico e indescrivibile dipinto. Come se quella che aveva dinanzi agli occhi aveva dinanzi agli occhi non era una bambina, ma una dea. Deglutì mentre la osservava. "Come fa lei a sapere che io sono qui?Che non sono la sua ombra?" questa domanda lo turbava e lo fece esitare. Senza tornar nella sua vera forma si presentò a Iris, per scoprire se era stata rapita o se era della fazione nemica. «...Non sono un fantasmino. Sono...sono..una proiezione della tua mente. Sono chi tu vuoi che io sia..» Le parole del giovane kyo risuonavano nella mente della piccola Iris che dopo brevi istanti iniziò a ridere divertita. «Chi voglio che tu sia..oh beh, in tal caso sarest..» le parole della piccola furono interrotte dall'improvviso entrare di un giovane ragazzo, alto, dai lunghi e scompigliati capelli dello stesso colore del rame. Gli occhi verdi smeraldi del ragazzo fissavano la bambina, colta a parlare con quella che sembrava essere la sua stessa ombra. «Con chi state parlando, my lady?»la voce del ragazzo risuonava persuasiva come quella del diavolo. «Con..con..» Iris sembrò entrare nel panico. Dall'atteggiamento che gli aveva visto assumere prima, Kyo, credeva che la bambina avesse qualche tipo di potenzialità, che fosse lei, la loro arma. Eppure, nel vederla così spaventata dalla presenza di quel ragazzo, sembrava essere solo una prigioniera. «Con..?» Il ragazzo avanzò di mezzo passo verso la piccola Iris che automaticamente indietreggiò. Era chiaramente in difficoltà, non sapeva che spiegazione dare ma poco prima che Kyo facesse qualcosa per aiutarla, Iris sorrise lievemente per poi iniziare una sonora risata. «Con il mio fratellone.. Sai, fossi in te me ne andrei via..lui è..molto protettivo. Se scopre come mi trattate qui vi farà fuori tutti.» Iris si sedette sul letto mentre attendeva una reazione del giovane ragazzo che la guardava confuso. «Mi credi forse uno stupido?Qui non c'è nessuno, solo tu, la lavanda, e l'ombra..» Non ci volle molto per Kyo a capire che avrebbe dovuto agire, prima che quel ragazzo si rendesse conto di una presenza nemica all'interno del loro accampamento. Fortuna che la ragazzina le aveva dato un ruolo da assumere. Improvvisamente, l'intera stanza cadde nell'oscurità più totale,oscurità che si raggruppò al centro della stanza dando forma al corpo di Kyo. «Ti avevo avvisato.» le parole della piccola Iris echeggiavano in tutta la stanza, parole accompagnate da una sonora e divertita risata. Il giovane ragazzo, si piegò sulle ginocchia portando ambo le mani sulla propria testa. Cercava di emanare grida di dolore, o almeno d'aiuto. Il ragazzo sembrava essere in preda alla disperazione e iniziò a tramutarsi in pietra. Iniziò ad usare la sua stessa capacità contro di sè..Iris ghignò, mentre Kyo restava immobile dinanzi al giovane ragazzo, ormai tramutato in pietra. «Come hai fatto?Come hai fatto a rivoltargli le sue capacità contro?» chiese incuriosita la piccola Iris. Kyo non rispose si limitò ad indicare l'ombra sotto ai piedi del giovane ragazzo, ombra che si ritrasse ai piedi di Kyo...

Improvvisamente avvertì un rumore che lo destò dai suoi pensieri. Era il rumore di un battito alare. Era giorno. Scattò in piedi, e mettendosi lo zaino in spalla si avviò verso la porta. Dovevano partire per la missione e lui si doveva assicurare che non l'avessero lasciato indietro. Non sapeva che ora era. Uscito dalla sua stanza incontrò a metà corridoio Yamiko che con fare sbrigativo si avviava verso la stanza di Takahiro. «Ah! Almeno uno è sveglio!!» esclamò Yamiko con tono impaziente per poi andare fuori alla porta di Takahiro iniziando a bussare violentemente e a chiamare il nome di lui. Intanto Kyo arrivò fuori alla porta di Hanako, protese la sinistra per bussare alla porta ma non arrivò a sfiorarla che essa si aprì e la figura di Hanako si mostrò dinanzi ai suoi occhi. Hanako era stranamente diversa il suo occhio sinistro aveva un pentagramma pagano, di colore rosso sangue fiammeggiava nella pupilla della ragazza. Un brivido passò lungo la schiena di Kyo come se quello sguardo lo stesse penetrando nelle viscere..un'acuta fitta alla testa lo travolse e tutto ciò che riuscì a captare dal movimento delle labbra femminili furono un "non lo controllo più...scusa."


Iris scattò piedi e si avvicinò a Kyo che ormai aveva assunto le sue vere sembianze.
«Aiutami a scappare di qui! Mi tengono prigioniera. E da quel che ho appena visto tu sei l'unico che può aiutarmi...» Iris, per esser così  piccola aveva modi di fare e di pensare da vera adulta. Senz'attendere una risposta di Kyo, prese la mano di quest'ultimo e iniziò a sgattaiolare fuori dall'accampamento. I ragazzi più grandi erano troppo ubriachi per accorgersi di quel che stava accadendo, mentre i più piccoli erano semplicemente stanchi per cui risposavano tranquilli, per la prima volta dopo mesi. I pochi ragazzi lucidi erano semplicemente impegnanti nei festeggiamenti. Kyo veniva trascinato dalla bambina che sapeva bene dove andare e dove non andare. Vi era un unico problema: lui non voleva uscire di lì. Mentre la bambina lo trascinava via, cercando di farsi scoprire, Kyo toccò la prima ombra che trovò per poi divenire lui stesso l'ombra. L'innocente bambina, presa dal dover scappare, non si accorse che era stata "abbandonata" da Kyo.
Tornato indietro, Kyo raggiunge il luogo in cui tutti si divertivano nei festeggiamenti. Fece calare l'oscurità totale nell'intera sala. Molti dei nemici si affrettarono ad armarsi, o a mettersi in posizione di combattimento.
Kyo scelse un ragazzino a caso, beh, non proprio a caso. Osservò rapidamente i presenti, e tra tutti scelse un ragazzino dai capelli rossicci, aveva delle tenere lentiggini sul viso e sembrava il più terrorizzato di tutti. Lui fu il primo, il primo a cadere nella così detta disperazione. Uno dopo l'altro caddero in ginocchio, presi dalla disperazione e dal terrore, dalle loro paure più profonde.
Purtroppo però, c'era un giovane ragazzo, bassino, dai capelli biondo platino e occhi celesti, che rimase in piedi, inerme.
«Io so chi sei..e la tua abilità non funziona su di me. Su, non fare il codardo. VIENI E AFFRONTAMI!!» il ragazzo lanciò una sfida a Kyo, che non si sarebbe di certo tirato indietro. Tornò con le sue vere sembianze, mentre il suo corpo era avvolto da una strana aura nera. Pochi attimi dopo e i due iniziarono a lottare, lui era agile, e aveva anche una certa forza. Ma Kyo era più veloce, e riusciva dunque ad evitare la maggior parte degli attacchi. Improvvisamente, però, il giovane ragazzo riuscì a bloccare Kyo a terra, tenendo i polsi e le gambe di lui inchiodate a terra. Utilizzando la propria abilità una sostanza gelatinosa paralizzò Kyo, che non riusciva a muovere un muscolo. Proprio in quell'istante entrò la piccola Iris.
«Ottimo lavoro, Stefan.» disse sorridente mentre con passi decisi si avvicinò a Kyo che la osservava stupido. Le unghie della piccola Iris si allungarono, e lentamente divennero di forex, uno dei materiali più comunemente usati nella realizzazione di armi, accessori e parti di armatura.
«Dimmi, a te piace leggere?. Io amo leggere.» l'avanzare della ragazzina si fermò una volta che ella si trovava di fronte al giovane Kyo ancora paralizzato dalla quella sostanza gelatinosa.
«Per l'amor di Dio, uccidilo in fretta!»commentò il ragazzo che corrispondeva al nome di Stefan.
«Sai, a volte, mentre leggo, mentre guardo un film, mentre osservo una determinata scena, m'immagino di ritrovarmi al posto del protagonista di turno..provo a capire come si sente, quali oscuri pensieri gli passano per la testa, "Cosa farei io se fossi al suo posto?Cosa farei io se stesse succedendo a me?" Quando penso questo, chiudo gli occhi e, immergendomi nell'oscurità silente della mia camera, mi abbandono ai miei sensi e alla mia fantasia. Lascio scorrere i pensieri e con essi il tempo. Perdo ore, seduta nel buio. Tant'è che lentamente mi allontano dal pensiero iniziale, dalla scena che mi ha indotta a chiudere gli occhi e iniziare a volare. Per raggiungere cosa? La mia stessa mente. Intraprendo un viaggio ed esploro la mia mente. E così inizio a tremare..rivivo il passato, osservo il presente e immagino, "vedo" il futuro. Scavo nella mia mente, osservo ogni mia minima fantasia e in esse cerco me stessa. "Chi sono io, realmente?" E' una domanda che mi assilla da anni. In certi versi, sono la ragazzina allegra, divertente che sorride sempre. In altri, la stronzetta menefreghista dal cuor di pietra che se ne sbatte di tutto. Ma tutti abbiamo queste due facce. Ebbene io non voglio saper questo..io voglio sapere chi sono. Cosa mi distingue dalla massa. Ed è proprio intraprendendo questi viaggi nella mia mente che riuscirò a capire chi sono. Per ora, fin'ora, ho viaggiato solo nella parte più "oscura" della mia mente. Esploro prima il mio lato peggiore..e fidatevi, faccio paura a me stessa. La mente umana, la mia mente, "partorisce" scene a dir poco terrificanti, riservando a certe persone, desideri di momenti atroci che mai augurerei a nessuno di passare, nemmeno al mio peggior nemico. Dunque, a te esploratore delle menti altrui, ti chiedo: hai mai viaggiato nella tua mente? Sai quali orribili cose può elaborare la tua mente?No? E come pretendi, tu futile essere, poter viaggiare nella mia di mente? Mente che nessuno mai ha osato esplorare; mente che, molti invidiano, pochi amano ma che tutti temono? No. Non sono Satana. Non venirmi a parlar di "Dio" e di "Satana". Perché noi, come disse una grande mente, siamo i demoni che creiamo. Noi, siamo il nostro bene e il nostro male. Noi siamo, il nostro "Dio" e il nostro "Satana". Di superiore a noi, non c'è nulla. Solo la nostra mente.»
Kyo sgranògli occhi a tali parole. Lui ha sempre viaggiato nella mentre altrui ma mai nella sua. Anche prima, quando ha incontrato Iris ed è divenuto la sua ombra, ha intrapreso un piccolo viaggio nella sua mente, senza però trovarci qualcosa d'interessante. Come ha fatto però quella bambina a sapere della sua capacità.. ancora non lo sa. Prima che Kyo proferisse parole la bambina trapassò il petto di Kyo con le sue lame. Kyo gridò dal dolore mentre Iris e Stefan andarono via.




Una voce femminile chiamava il suo nome. Qualcuno stava agitando il suo corpo, nel tentativo di svegliarlo. Lentamente aprì gli occhi, focalizzando la figura di Hanako. Ora Hanako aveva lunghi capelli castani, con occhi azzurri. Kyo si chiedeva quale fosse il suo vero aspetto.
«A quanto pare, qualcuno qui non ha dormito molto questa notte.» Disse Hanako con tono ironico alzandosi in piedi e porgendo una mano a Kyo, per aiutarlo nel rialzarsi.
«Tu...cosa mi hai fatto?!Cos'era quell'occhio di prima?» La curiosità e il desiderio di conoscenza superava anche il suo stato da intontito. Possibile che era stato tutto un sogno?
«Quale occhio??Sei venuto qui dopo Yamiko, e poi sei svenuto..su forza, andiamo.» Hanako assunse uno sguardo vuoto come se non volesse che qualcuno scoprisse cosa pensava. Kyo si rialzò e insieme ad Hanako raggiunse Takahiro e Yamiko che li aspettavano nella hall dell'albergo.Di sicuro, durante questo viaggio avrebbe tenuto d'occhio i suoi compagni, sopratutto Hanako, quella ragazza lo insospettiva più di tutti. 

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Capitolo 4
*** Yamiko! ***


Virus 666
Capitolo IV : Yamiko!

La serata è stata delle migliori. Il cibo era ottimo, per quell poco che lei aveva mangiato, e Takahiro si era dimostratoun ragazzo piuttosto interessante. Mentre Kyo e Hanako sembravano fin troppo sospettosi. Quasi tutto il tempo della cena erano silenziosi e se parlavano era solo per passarsi sale e acqua. Tra tutti e quattro ha anche notato che quella che mangiava più di tutti era Hanako, che aveva mangiato dieci volte il normale. Eppure era sempre magra, dove depositasse tutto quel cibo non lo capiva. Buon per lei. Salutato gli altri si è ormai diretta alla sua stanza. La finestra del balconcino era aperta. Il lieve bagliore lunare illuminava la sua stanza. Si diresse nel bagno, uno alla volta si tolse gli indumenti, nel mentre faceva scorrere l’acqua calda dalla doccia. Denudatasi di ogni indumento, entrò nella doccia. Mentre l’acqua bagnava il suo corpo nudo lei iniziò a cantare una melodia dolce. Yamiko aveva una voce a dir poco incantevole. Avrebbe potuto far e benissimamente la cantante.

La luce solare era più fastidiosa di quanto ricordasse, ma dava una sensazione di sicurezza che mai aveva provato infondo all’oceano. Si trova a Milano,per la sua terza missione che altro non era che una semplice missione di protezione. Infatti avrebbe dovuto proteggere la figlia di un importante imprenditore americano, che quel giorno avrebbe assistito al concerto dei Nightwish a Milano. La ragazza che doveva proteggere aveva all’incirca 16anni, circa un anno in meno a lei. La ragazza era sempre allegra, aveva capelli corti fino alle spalle ed erano neri con riflessi bluastri. Era un tipo ingamba e faceva pesare poco quel lavoro, anche se il padre aveva molti nemici. Attendevano l’inizio del concerto, quando si distrasse ad osservare un gruppo di ragazzi vestiti di nero e viola. Dovevano essere dei tipi punk, lo si capiva dall’aspetto. Si lamentavano del sole, e del tempo che ci stavano impiegando. Mentre Yamiko osservava i ragazzi, la ragazza che doveva proteggere si allontanò da ella, attratta da un ragazzo dai capelli del colore della ruggine. Il ragazzo era solo, a differenza del resto dell’incantabile folla, tutti erano accompagnati da qualcuno, tutti tranne lui. Affascinata e incuriosita da tal ragazzo ella gli si avvicinò, sorridente. «Ciao..io mi chiamo Ania. Anche tu sei da solo?» Chiese la giovane Ania al ragazzo, che spostò lo sguardo dalla folla per posarlo su quello innocente di Ania. «Beh..si, ai miei amici non piacciono i Nightwish quindi sono solo. Comunque piacere, io sono Andrew. » Il ragazzo sfoggiò un lieve sorriso mentre porse la destra ad Ania che, senza indugiar troppo, la strinse. Nel frattempo Yamiko si rese conto che Ania si era allontanata, e dunque la raggiunse dopo averla avvistata «Vuoi vedere qualcosa di fantastico? » Chiese il giovane Andrew ad Ania, sorridendo ma proprio in quell’istante li raggiunse Yamiko, che riconobbe subito Andrew. «770678, a cosa devo la tua presenza qui? » Chiese Yamiko, mentre si affiancò ad Ania. «667806..che bello rivederti. Ero venuto a godermi questo concerto, si preannuncia davvero uno spettacolo fantastico. » disse Andrew mentre la giovane Ania osservava i due, capendoci ben poco. Yamiko notò che Andrew teneva stretto il polso di Ania, e intuì le sue vere intenzioni. Lui era, mercenario del laboratorio, era stato incaricato di rapire la giovane Ania. Ma non poteva esserne certa, ne poteva correre il rischio di fallire la missione. «Andiamo 667806, non guardarmi in quel modo. Sembra che tu stia osservando il male in persona. » la presa di Andrew su Ania, si fece ancor più forte, motivo per cui Ania gli pestò il piede e si liberò dalla presa andandosi a nascondere dietro Yamiko. «Peccato che tu non goda di buona fama. » Dopo tali parole. Il corpo di Yamiko si ricoprì di un aura viola che rapidamente raggiunse il corpo di Andrew. L’aria intorno ad Andrew si fece più pesante, la forza di gravità lo spingeva contro il pavimento stesso. Purtroppo però Yamiko perse il controllo delle sue capacità. Oltre ad Andrew anche il resto dei presenti si sentirono sotto l’effetto della forza di gravità che li battè violentemente sul pavimento. Nessuno riusciva a muoversi, erano tutti inchiodati al terreno da una forza che lentamente li stava spingendo nelle viscere della terra . Yamiko si osservava attorno, alcuni di loro erano morti per aver battuto troppo violentemente il capo sul terreno, tra i quali Ania. Non solo aveva fallito la missione, ma aveva anche ucciso l’unica ragazza che avrebbe potuto definire un’amica. Infatti nessuno sapeva quale fosse il vero legame che legasse le due ragazze. Entrambe amavano leggere, ascoltare musica, entrambe passavano pomeriggi interi a parlare del più e del meno, facendo dimenticare a Yamiko che la sua era una missione. Un elicottero era appena soggiunto sopra di loro. Da quest’ultimo si paracadutò una ragazza. Appena i piedi di ella toccarono terra Yamiko, osservandola, capì che era stata mandata dal laboratorio. La ragazza sembrava avere una ventina d’anni. Aveva lunghissimi capelli viola ed occhi grigi. L’occhio sinistro della ragazza aveva un pentagramma pagano, del color rosso sangue che fiammeggiava all’interno della pupilla. Fu come attratta da quell’occhio, tanto che lo fisso a lungo. Iniziò ad avvertire uno strano bruciore al braccio, che dopo un po’ la distrasse dallo sguardo della donna. Sul braccio vi si era formato lo stesso pentagramma che aveva la ragazza. Poi..buio. «Perché è tutto.. » «..Buio?.. Benvenuta in un essere che tu non vuoi.. » «Ma.. » «.... Eheheh»

Gli occhi si aprirono di scatto. Aveva rifatto lo stesso sogno di sempre, che più che un sogno è un vero e proprio flashback. Si era addormentata in doccia, come aveva fatto non lo sa. Rapidamente chiuse l'acqua e indossò l'accappatoio per poi uscire dalla doccia. Osservò l’ora, erano le undici. Subito si vestì di jeans e felpa e dopo aver indossato le scarpe e preso la sua roba uscì dalla sua stanza, con i capelli ancora completamente bagnati. A quell’ora dovrebbero essere già in viaggio e invece erano ancora lì. Uscita dalla stanza si diresse prima nella stanza di Hanako che si trovava di fronte alla sua. Bussò quattro volte, senza però ottenere alcuna risposta. Prima che ella bussasse per la quinta volta, la porta si spalancò e dietro essa Yamiko non vide che le tenebre.. «Due minuti e arrivo. » disse Hanako, per poi chiudere la porta senz’attendere una reazione di Yamiko. Yamiko s’innervosì a quell’atto, ma decise di non darci troppo peso, così si prese il corridoio opposto a quello della sua stanza e si ritrovò nel corridoio dove vi erano le stanze dei ragazzi. A metà corridoio incontrò Kyo, che sembrava dirigersi verso il corridoio delle ragazze. . «Ah! Almeno uno è sveglio!!» esclamò Yamiko con tono impaziente per poi andare verso la posta di Takahiro. Bussò violentemente per più di mezz’ora quando finalmente quest’ultimo gli aprì la porta. Non le disse niente, si limitò ad osservarla negli occhi per qualche istante e poi andar verso l’uscita. «Ma cosa prende a tutti?!!? » disse infuriata per poi seguite Takahiro verso l’uscita dell’albergo.

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Capitolo 5
*** Hanako! ***


Virus 666
Capitolo V: Hanako!

Era una notte nuvolosa, l'illuminazione del satellite era fioca e accentuava il grigio di quelle nuvole. Un'ombra di gelo pervadeva l'aria della sera, delle luci blu cobalto si alternavano creando una misteriosa armonia del tempo. La giovane Hanako era stesa sul letto. Dormiva un sonno agitato , mentre gocce di sudore le scendevano giù per il viso. Aveva l’affanno..non riusciva quasi a respirare..

Pioveva, i venti soffiavavano violenti, causando grandissime onde che s’infrangevano sulla superfice terrestre con violenza. Sotto all’oceano pacifico, all’interno del laboratorio alcuni ragazzi osservavano da quell’enorme cupola di vetro il movimento delle acqua sopra di loro. Uno spettacolo quasi affascinante quanto devastante. Spettacolo che Hanako si stava perdendo. In quel momento era distesa su un lettino bianco, attorno a lei tavolini pieni di fiale, siringhe e medicinali vari. Era ignuda da qualsiasi indumento, mentre alcuni si divertivano a giocare a far Dio. E’ distesa lì da sempre, per quel che ricorda. Mai è uscita da quel laboratorio, eppure sapeva tutto quello che è accaduto, e tutto quello che accadeva. Un po’ anche grazie alle chiacchiere delle ragazze che le portavano il cibo, che non era mai abbastanza per la sua fame. Nelle ultime tre settimane, però, non si erano neanche degnati di nutrirla. La fame diveniva sempre più insopportabile. Nei giorni precedenti aveva attaccato gli scienziati che la stavano studiando, motivo per cui ora aveva gli arti legati. I suoi occhi, ora cristallini, fissavano l’unico scienziato che era rimasto lì quella sera, a studiare i suoi rapidi cambiamenti. Erano soli, con lei distesa che osservava lo scienziato. Egli era anziano, aveva una mostruosa gobba oltre che delle enormi borse sotto agli occhi.
«Sei stanco? » La dolce vocina di Hanako risuonava indebolita e strozzata. Quella era la prima volta che Hanako proferì parola.
«Tu parli? » l’anziano scienziato fece un passo indietro osservando quella che altri non era che una bambina di dodici anni.
«Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda. Dunque riproviamo. Sei stanco? » la piccola Hanako sembrava aver voglia di giocare. «Un po’..ma io sono solo anziano. E dimmi..tu..come stai? » l’anziano scienziato cercava di star al gioco della piccola Hanako che divertita continuava ad osservarlo.
«Oh..queste catene fanno molto male, e inoltre ho fame. Ho lo stomaco aperto, vero? » gli occhi della piccola Hanako cambiarono colore, il suo occhio sinistro era di un violetto chiaro mentre il destro era blu elettrico. Lo scienziato osservò la pancia della piccola. Essa era aperta da un profondo taglio che loro gli avevano fatto per osservare meglio i cambiamenti interni.
«Ho fame.. » Hanako sorrise, mentre osservava lo scienziato avvicinarsi.
«Dice d’aver fame, dunque io ho fame..molta fame..moltissima fame..non riesco a muovermi. » le parole di Hanako echeggiavano nella sala mentre lo scienziato prese ad ignorarla e continuò invece ad osservarla. La piccola Hanako smise di parlare e, stanca d’esser ignorata, decise d’agire.
«E’ pronta la cena.. AHAHAHAHAHAHAHAHAH» la risata della dodicenne era così forte che attrasse anche gli altri scienziati. Nel momento in cui entrarono, legamenti di sangue fuoriuscirono dal corpo di Hanako e uno alla volta bloccarono gli scienziati, impedendo a loro di muoversi e di parlare. Si liberò dalle catene e sorridendo iniziò a camminare tra i presenti.
«Sapete..voi..futili esseri, siete davvero stupidi. In dodici anni non vi siete mai accorti che ero io a studiar voi, e non voi me. Non vi siete mai accorti che mia avete visto e mai vedrete il mio vero aspetto. Ammetto però che siete stati abbastanza bravi nel giocare con il mio corpo..in un modo o nell’altro.. »
Camminava per il laboratorio osservando in particolar modo i vari liquidi contenute nelle diverse provette. Liquidi diversi tra di loro, ma tutti prodotti dallo stesso corpo: il suo.
«Mi spiace, ma il tempo è scaduto. Non potrete più giocare. E se vi state chiedendo perché..beh..perché ho fame. » sorrise, il suo sorriso era davvero dolce e incantevole, peccato però che non prevedeva nulla di effettivamente dolce e incantevole. Ella si piombò infatti sui corpi degli scienziati e, uno dopo l’altro, divorò tutti gli scienziati senza rimanere neanche un osso del loro corpo. Finito di mangiare si osservò, era ancora nuda. Presa una delle magliette che veniva indossata da uno degli scienziati e la indossò per poi uscire fuori dal laboratorio. Il suo corpo era sporco di sangue, era scalza ed indossava solo una maglia. Cambiava forma ogni due minuti. Urtò contro un ragazzo, che si trovava in gruppo. Egli la osservò, sembrava così dolce e così fragile.
«Chi sei? » chiese il ragazzo, senza staccare gli occhi da Hanako. Ella non rispose, rimase a lungo in silenzio per poi addentare il collo del ragazzo che, staccandola via da sé, emanò un forte grido.
«PERCHE’?!!? PERCHE’ MI HAI MORSO?!? » Chiese impaurito, mentre delle strane bolle inziarono a formarsi sul collo del ragazzo.

«Le azioni dell'uomo sono lo specchio dei suoi pensieri. » detto questo, sorrise e andò via mentre le bolle sul collo del ragazzo iniziarono ad esplodere…


A svegliarla fu il bussare di Yamiko. Si alzò dal letto e con passi lenti aprì la porta. Yamiko aveva i capelli bagnati, indossava jeans e felpa..era chiaramente già pronta per partire. «Due minuti e arrivo. » disse Hanako, per poi chiudere la porta senz’attendere una reazione di Yamiko, cosa che probabilmente l’avrebbe fatta arrabbiare. Tornò a sedersi sul letto, avvertiva una strana sensazione. A differenza degli altri, lei non era mai stata addestrata per una missione, ne le avevano mai insegnato a controllare le sue abilità. Stava perdendo il controllo di sé. Doveva uscire, doveva nutrirsi. Scattò in piedi e aprì la porta. Con suo stupore vi trovò Kyo che stava per bussare. «Non guarda..» s’interruppe. Era troppo tardi. Lui l’aveva guardata negli occhi, soprattutto aveva osservato nel suo occhio sinistro, quello col pentagramma in fiamme. Kyo svenne e lei doveva far qualcosa per risvegliarlo, quando passò di lì una cameriera. Ghignò e le si avvicinò. Con la destra tappò la bocca della giovane donna, mentre trascinandola in camera la morse. Morso dopo morso, divorò la cameriera. Kyo era ancora svenuto, eppure sul suo polso non si stava formando il pentagramma..strano. Si cambiò d’indumenti e si avvicinò al corpo di Kyo che iniziò a scuotere fino a quando egli non aprì gli occhi. «A quanto pare, qualcuno qui non ha dormito molto questa notte.» Disse Hanako con tono ironico alzandosi in piedi e porgendo una mano a Kyo, per aiutarlo nel rialzarsi. «Tu...cosa mi hai fatto?!Cos'era quell'occhio di prima?» La curiosità e il desiderio di conoscenza superava anche il suo stato da intontito. Possibile che era stato tutto un sogno? «Quale occhio??Sei venuto qui dopo Yamiko, e poi sei svenuto..su forza, andiamo.» Hanako assunse uno sguardo vuoto come se non volesse che qualcuno scoprisse cosa pensava. Kyo si rialzò e insieme ad Hanako raggiunse Takahiro e Yamiko che li aspettavano nella hall dell'albergo. Per fortuna, non aveva notato il sangue schizzato sulle pareti della camera. Ora, erano tutti riuniti nella Hall. Kyo non staccava gli occhi da Hanako mentre ella faceva finta di nulla. «Su,andiamo! » esclamò Takahiro con entusiasmo incamminandosi per ovest, seguito dal resto del gruppo.

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Capitolo 6
*** VI ***


Virus 666
Capitolo VI:

 

Qualunque cosa tu possa fare, o sognare di fare, incominciala. L'audacia ha in se potere, genio e magia. Incomincia adesso.

California… già la California era davvero magnifica, anche se il sole era molto fastidioso. Non si riusciva a vedere con chiarezza ciò che ti circondava. I volti dei passanti, i negozi, gli animali, gli uccelli, le auto, le strade…la luce era fortissima, ma probabilmente in motivo di tal fastidio era perché non vi erano abituati a cotanta luce, a cotanto calore.. I quattro si trovavano sulle coste della Baja California, quando iniziarono ad incamminarsi verso il villagio di San Borj. In quel villaggio li attendeva un messaggero del laboratorio. A quanto pare vi erano delle modifiche alla missione. Yamiko e Takahiro temevano che potesse essere rievocata, Kyo si mostrava indifferente alla vicenda, mentre Hanako…beh era semplicemente curiosa. La strada sembrava non aver fine. Avevano chiesto indicazioni per raggiungere la villa dove dovevano incontrarsi con il loro messaggero, peccato che nessuno sembrava sapere di che villa stesero parlando. Stanchi, decisero di fermarsi in un piccolo ristorante, dove avrebbero mangiato qualcosa preso a caso dal menù.
«Allora..cosa facciamo?Insomma, non possiamo vagare per sempre alla ricerca di una apparente villa invisibile.. » disse Takahiro mentre, una volta seduti in un tavolo, versava a tutti da bere.
«Io dico che dovremmo procedere con la nostra missione, infondo se davvero ci fossero state variazioni nella missione, o se fosse stata revocata, non ci avrebbero detto di raggiungere un emissario in questo paesino..tutto ciò è strano.» rispose Yamiko, addentando una fetta di pane. In quel momento, Hanako, si voltò verso una delle tante finestre del ristorante. Lo sguardo perso nel vuoto, mentre diversi passanti passavano di lì, alcuni bambini si fermavano nel vedere i cambiamenti della ragazza. A tavola discutevano ancora sul da farsi, quando Hanako avvistò un falco..quel falco era molto strano. Era completamente nero, sembrava essere un ibrido tra un falco e un corvo. Legata alla zampa sinistra aveva un bigliettino.
«Ehm..ragazzi..» cercò di cogliere l’attenzione del gruppo che però non si degnò neanche di guardarla. Mentre i tre discutevano, silenziosa si alzò dalla sedia e senza dir nulla uscì dal locale. Seguiva il falco\corvo che aveva avvistato, non accorgendosi del fatto che si stava allontanando fin troppo. Percorse un viale buio, circondato da pochissime abitazioni e molte terre, alcune di esse lavorate. Il falco\corvo si adagiò sul braccio di un giovane ragazzo. Egli era stranamente affascinante. I capelli di media lunghezza, fluttuavano ad ogni leggiadro tocco del vento, gli occhi neri di egli fissavano quelli di lei, che oramai erano dorati. Un tipo robusto, vestito di nero.
«Finalmente, qualcuno di voi si è degnato di notarmi. Sono 889078, e sono il messaggero del laboratorio sette. .» il ragazzo sorrise, porgendo la destra ad Hanako aspettando dunque che ella la stringesse.
Nel frattempo a tavola, Takahiro e Yamiko avevano iniziato una piccola discussione che non aveva ne capo ne coda. Kyo, sbuffando, si voltò verso la finestra notando solo ora che Hanako mancava all’appello. Si voltò verso i due, per far presente la cosa ma vedendoli nel loro dibattito, decise d’andar a cercarla da solo. Dunque, anch’egli si alzò dal tavolo e si allontanò dal ristorante. Trovarla, non sarebbe stato facile ma per fortuna lui poteva definirsi un ragazzo “speciale”. Il sole illuminava l’intero paesino, e dunque vi erano molte ombre. Dopo essersi certificato che nessuno lo stesse osservando, si mise in ginocchio e, fingendo di allacciarsi le scarpe, sfiorò un’ombra di una statua, situata al centro del paesino, la statua raffigurava un uomo in groppa al suo cavallo. Di sicuro qualche vecchio paladino del luogo. Chiuse gli occhi, mentre immagini di passanti passarono per la sua mente. E la vide. Vide la strada intrapresa da Hanako. Senza indugiar oltre, si alzò e seguì anch’egli la stradina buia, raggiungendo Hanako e 889078.
«Perché ti sei allontanata senza dire nulla? » Chiese il giovane Kyo alla compagna di viaggio, con tono cal,mo mentre osservava l’altro ragazzo.
«Questo ragazzo è il messaggero che cercavamo. Ho provato a dirvi che avevo trovato una strada da seguire ma mi avete ignorata. Quindi ho fatto di testa mia, infondo nessuno ha detto che dovevamo essere un gruppo. In effetti nessuno ci ha detto nulla, tutto quello che abbiamo sono dei documenti sulla missione di cui abbiamo letto solo ciò che più ci riguardava, ovvero cosa dovessimo fare. Nessuno di noi quattro ha letto tutto, vero? Beh, ora ci verrà svelato qualcosa. Non so te, ma io gioco da sola. Non dirò nulla di tutto questo agli altri. » ormai Hanako era stanca di gingillare, voleva compiere il più in fretta possibile questa missione, voleva tornare il più in fretta possibile al laboratorio che per quanto potesse sembrar brutto, era pur sempre il luogo più sicuro della terra. Un luogo conosciuto solamente da chi ci vive.
«La ragazza è sveglia. » commentò il ragazzo che ascoltò le parole di Hanako. Retrasse la mano, dato che Hanako non gliel’aveva stretta, e sedendosi sul terriccio si schiarì la voce, iniziando a spiegare le variazioni della loro missione. «Vedete, la vostra missione è cambiata. La vostra destinazione è cambiata. Ora, dovete dirigervi in un edificio non molto lontano da qui. Esso è in quarantena al momento. Dovete entrare e recuperare una cosa che appartiene al nostro labratorio: Il virus666. Non so in che zona precisa dell’edificio sia nascosta, sta a voi trovarla e riportarcela. L’edificio è il più grande del luogo. .» spiegò tranquillamente, mentre Kyo e Hanako ascoltavano silenti. Dalla tasca tirò fuori quattro mappe e le consegnò ad Hanako.
«Sulla mappa sta segnato l’edificio in cui dovrete andare. Bene, io vi saluto. Buon viaggio. .» il ragazzo sorrise nuovamente, per poi teletrasportarsi via.
Silente, Hanako affidò una mappa a Kyo per poi gettarne due a terra e mettersene una in tasca.
«Le nostre strade, si dividono qui.» detto ciò s’incamminò nella strada di ritorno, ma invece di tornare al ristorante proseguì seguendo le indicazioni della mappa.
Kyo, sconcertato a modo suo, tornò invece da Yamiko e Takahiro, che a quanto pare si erano resi conto dell’assenza dei due compagni.
« Dov’eri finito? E dov’è Hanako?!» chiese Yamiko appena notò Kyo tornare.
«Hanako..ha deciso di proseguire da sola. Non me ne vogliate, ma anche io credo che sia la cosa migliore da fare. Finora abbiamo solo perso tempo, non che ne avessimo da perdere. Addio.» anche Kyo aveva preso la decisione di proseguire da solo. Infondo lui era abituato a far tutto da solo, mai una volta aveva svolto una missione di gruppo. E, nonostante gli interesserebbe capire dal vivo come ci si comporti in gruppo, quella missione si stava rivelando non adatta a tal gruppo. Agire da solo era la scelta migliore, secondo lui.
Takahiro e Yamiko erano confusi. Non sapevano esattamente come agire. Sia Hanako che Kyo erano andati via a proseguir la missione da soli. Yamiko sospettò che c’era qualcosa che non gli avevano riferito e decise di indagare. Pagato il conto, uscì fuori dal ristorante seguita a ruota da Takahiro, I due si osservavano attorno con fare pensieroso. Fin quando, un falco\corvo non fece cadere ai loro piedi una lettera che li informava sui cambiamenti della missione.
«Brutti stron….» Takahiro chiuse i pugni dopo aver letto le variazioni della missione.
«Loro vogliono giocare da soli..bene. Ma perderanno. Noi lavoreremo assieme e li batteremo in questa missione. Dato che lo credono un gioco, giochiamo! .» esclamò con decisione Yamiko.
Takahiro non potè che concordare con quanto affermato da Yamiko, in quanto lui stesso era un forte sostenitore del giovo di sguadra. Due batte uno.

Ormai era buio, non si vedeva nulla. La luna era coperta dalle nuvole. La stanchezza si faceva sentire. Dovevano riposare, eppure nessuno si sarebbe fermato a risposare. Ormai quella missione, era diventata una questione personale. Hanako e Kyo viaggiano soli, Takahiro e Yamiko, invece, proseguivano come una squadra.

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Capitolo 7
*** VII ***


Virus 666
Capitolo VII:

 

Il sole tramontava già tra le profondità delle colline, di un verde bellissimo, molto fine e rilassante, il cielo era di un rosso serale, quello scenario era qualcosa di spettacolare, qualcosa che mai avevano visto nella loro vita. Si avvicinarono stancamente al letto, poggiando tutto ciò che avevano su una sedia lì accanto, tremolanti si buttarono sul letto. Non era il massimo come stanza ,le pareti erano di un giallo canarino, un colore orribile, odiatissimo da chiunque abbia buon gusto, il soffitto è bianco ma con singolari deterioramenti dovuti agli anni passati. Il letto è più alto del solito, ed è duro a differenza di quello dell’albergo precedente. Senza ulteriori problemi, iniziarono a contemplare il soffitto, sperando di capirci qualcosa. Sperando di capire qualcosa su quella missione, sugli eventi passati..e soprattutto sulla realtà della loro natura. Lo sguardo di Takahiro si portò fuori dalla finestra, notando dunque il sorgere del sole, la bellissima ebrezza mattutina, di un colore leggero. Tornò al soffitto e improvvisamente suona la sveglia. Sono le sei del mattino, così si alzarono e si diressero in cucina per prendere il pranzo a sacco da portare via. «Te cos’hai preso? » chiese Yamiko a Takahiro, mentre riponeva il proprio pranzo a sacco nel suo zaino da viaggio. «Un toast e una mela. » rispose il giovane ragazzo, con noncuranza. Il tempo scorre, anche se infondo il tempo non è nient’altro che un illusione..si, un’illusione. Se fai qualcosa che ti piace ti sembri che passi in fretta mentre, al contrario, se fai qualcosa che non ti piace ti sembra che passi lentamente, non è dunque un illusione?

«Dovresti smetterla di seguirmi…non è una buona idea, Hanako. » La voce di kyo risuona in quella oscura e abbandonata cittadina. Una cittadina ormai desolata da qualsiasi forma di vita. Il vento infuria vigoroso nel logo, così vigoroso che ogni finestra o porta che sia, s’aprono e si chiudono violentemente. Una splendida luna crescente splende sopra le nostre teste, nessuna delle tante nuvole colorate di un intenso grigio scuro, quasi nero, osa coprire tanta..bellezza. «Perché?Non puoi uccidermi, stranamente non ci riesci. Non è forse così, Kyo?. » la voce della ragazza, echeggia in quel desolato luogo, alle orecchie di Kyo giungono quasi come una melodia suonata al pianoforte..una melodia che cerca disperatamente di esser ascoltata. Eppure, nonostante lui non ha interesse alcuno in quella melodia, ne è come attratto. La provocazione di quella ragazza..è limpida come la superfice acquatica di un fiume. Perché quella melodia, è così forte?Perché vuol’essere disperatamente ascoltata da lui?Perché è così attratta da una anima sola e vuota? «Fantastica. Davvero. All’apparenza, sembri così brava a intendere gli altri che tutti credono alle tue parole, che tutti credono che tu sia solo una ragazza intelligente che comprende tutto al volo e, invece, sei solo un ottima manipolatrice. » la furia di quel che sembrava un’incessante vento, si fermò improvvisamente alle parole del ragazzo, come se quel assordante silenzio dovesse esserci per forza, come se tutto intorno a loro dovesse ascoltare spinto da chissà quale curiosità che va ben oltre l’immaginabile. «Fai un errore una volta e vieni condannato a vita..eppure tu non dovresti condannarmi così..dovresti saperlo bene. Infondo, abbiamo commesso errori molto simili..oh, no..aspetta..tu non mi stai condannando, tu mi stai elogiando..» passi lenti, ma decisi, quella della ragazza che finalmente esce dal suo oscuro nascondiglio per mostrarsi sotto il bagliore di una luna tanto affascinante quanto la ragazza stessa. Il vento torna ad infuriare sul luogo, disordinando la capigliatura di entrambi. Il silenzio scende sul luogo mentre si scambiano sguardi apparentemente freddi e vuoti, appartenenti a due cuori che possono sembrar simili ma che sono completamente differenti. Interminabili minuti, passati ad osservarsi lasciando che siano quegli sguardi a parlare e non futili parole.



“Per questo dono da sogno, devo pagare il prezzo con la perdita dei piaceri della vita”



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