Apocalypse

di inca25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio della fine (parte 1) ***
Capitolo 2: *** L'inizio della fine (parte 2) ***
Capitolo 3: *** Boris. ***
Capitolo 4: *** Nero e bianco ***
Capitolo 5: *** Anika ***



Capitolo 1
*** L'inizio della fine (parte 1) ***




Seduto su un banco di scuola, così sarebbe dovuta continuare la mia vita.
Avrei dovuto sgobbare sui libri; deprimermi per voti sempre troppo bassi; scherzare coi miei compagni di classe, per quanto poco mi stiano simpatici; riflettere nei momenti di noia sulle ingiustizie di questo mondo.
Di ingiustizie in questo mondo ce ne sono.. anzi ce n'erano tante, i lati negativi erano fin troppi, ma poteva andarci peggio, la vita ci andava bene così; se una cosa non andava bene si poteva cercare di cambiarla.
Ora perchè? Perchè, mi chiedo io, non è possibile cambiare più nulla? Perchè non sono più sul mio letto a pensare che siamo tutti soli in fondo?
Le cose possono cambiare in fretta, per tutti, per sempre.
Io ho sempre pensato che tutti gli esseri viventi fossero soli in mezzo alla folla, dico esseri viventi perchè non reputo gli umani superiori alle altre forme di vita, a volte sono inferiori.
Sono sempre stato un tipo malinconico, silenzioso, schivo; molti mi definirebbero emo o autolesionista, ma sbaglierebbero, non mi piace farmi del male, non mi piace il dolore.
E così ritorna la domanda... Perchè le cose hanno preso questa piega? Perchè sono così dolorose? ...Troppe domande, troppi perchè senza risposta, che si ripetono all'infinito nel caos e nel vuoto della mia mente.
Già, la mia mente... chissà quanta sanità mentale mi rimane; sono qui impercettibile fra i cadaveri, abituato all'odore di carne bruciata, a sopravvivere nell'apocalisse.
Ma non è stato sempre così, tre anni fa era tutto così... normale... così diverso...
Ora c'è qualcosa di tremendamente sbagliato, nel vedere la propria vita e tutte le altre sconvolte, nel sopravvivere senza uno scopo o una ragione; nell'esistere qui e ora, in questo inferno. Non fraintendete, non volevo morire, ho sempre combattuto fino allo stremo per vivere.
Forse è meglio spiegare tutto dall'inizio.
I miei pensieri non sono mai stati chiari; anzi spesso non ne capivo io stesso il senso, mi affollavano la mente annebbiandola, per quello leggevo.
Leggevo tanto, troppo forse, un po' per piacere e un po' per calmare i miei pensieri.
Tre anni fa ero quello che leggeva di più a scuola, e che parlava di meno.
La scuola sembrava così... scontata, non ci andavo per niente volentieri.
Avete presente il tipico ragazzino pallido, coi capelli neri abbastanza lunghi da coprirgli gli occhi, smunto, che se ne sta in disparte sempre e comunque? Probabilmente si. 
Ma non gli avete mai rivolto la parola,  ripensando a come mi presentavo mi sembra anche normale: occhiaie per il poco sonno, jeans logori e bucati, felpe troppo larghe, prese a caso da un armadio che non avevo mai ordinato in vita mia.
Il tipico sfigato, possibile tossicodipendente, che è meglio evitare per non fare brutta figura.
Frequentavo la terza al liceo, non andavo troppo male... avevo abbastanza sufficienze da non farmi rimandare o bocciare.
I professori non mi notavano praticamente mai, evitavo i miei compagni di classe... non che mi stessero antipatici... erano solo delle scimmie "decelebrate".
Ero un disadattato insomma, ma non ero solo... se vivi nella stessa città per anni e hai una madre "simpatica ed espansiva" è difficile stare soli.
Avevo un amica... l'unica su cui contavo al mondo... la classica brava ragazza: brava a scuola; gentile con tutti, purtroppo anche con chi non se lo merita; carina ed educata.
A pensarci così sembriamo un duo stereotipato.. la classica storia dei due ragazzi amici, che poi si innamorano e, fra mille difficoltà più scontate che mai, ottengono il lieto fine. 
Le apparenze ingannano, solo l'inizio è tranquillo, purtroppo, in questa storia non c'è un bulletto che vuole picchiarmi, non c'è un'altra ragazza pronta a fare di tutto per ostacolarci; c'è guerra, sangue, cose soprannaturali... sicuramente molto più interessante da leggere ma meno da vivere.
Dov'ero rimasto? ah si alla scuola... dovrei scusarmi, i miei pensieri divagano e si perdono facilmente.
Comincerò da una mattina di dicembre, quando c'era quel bel freddo che ti fa stare bene sotto le coperte, e c'era pure una sveglia che ti costringe ad alzarti.
Io mi sono sempre alzato con la grazia di un rinoceronte, e la cordialità di uno scaldabagno rotto.
La mia velocità nel prepararmi era leggendaria, saltavo tutti i passaggi inutili come pettinarsi o fare colazione, fiondandomi fuori dalla porta senza nemmeno salutare.
Come al solito incontrai la mia unica amica sotto casa; era lei che mi convinceva ogni giorno a non cambiare strada, per andarmene e non tornare. Ci avviammo insieme, in mezzo alla quiete che c'è sempre prima di una tempesta.
All’inizio quel giorno sembrava esattamente come gli altri.
Arrivai e mi sedetti al mio posto, laterale ultima fila, e mi misi a leggere un libro.  Si avvicinarono quattro... come definirle... oche, si oche rende l'idea anche se lo trovo un insulto agli animali, a chiedermi se avevo fatto la recensione di un libro; un mattone di 900 pagine circa, che credo di essere stato l'unico a leggere.
Da bravo studente l'ho letto e poi non ho fatto la recensione, non volevo riempire di insulti la professoressa per avermelo proposto.
-Ma sei proprio inutile allora!- strillarono quando glielo dissi.
Mi limitai a rispondere con un sorriso, il più sghembo e spiacevole possibile.
Poi entrò l'unica persona a cui avrei rivolto la parola:
-Cosa stai leggendo?- 
-Una bella storia-  Lei ridacchiò... 
-Per te le storie sono tutte belle, di cosa parla?-
-Non tutte- Puntualizzai, ripensando al libro di prima
-è.. abbastanza complessa, ma in sintesi della fine del mondo. Arrivano gli alieni e moriamo tutti-
Arricciò il naso. -Sai che non è il mio genere-
-non fare domande se non pensi di poter sopportare le rispose.- Stavolta sorrisi io, 
non ho mai sorriso sinceramente fino a quando ricordo, la mia espressione ha sempre qualcosa di sarcastico o sgradevole dietro.
-Ma che profondo...e antipatico- Mi fece la linguaccia poi disse:
-Devo andare,ci troviamo all'uscita come al solito?- Annuii e lei se ne andò.
Delle lezioni non ricordo praticamente nulla, so solo che ad un tratto suonò la ricreazione, l'ultima della mia vita.
La passai nel migliore dei modi secondo me: in disparte a finire il libro.
Non era male; ma troppo assurdo, mischiavano zombie con alieni ed esplosioni... troppe cose diverse e impossibili.
Finì anche il resto della mattina, e da li tutto cambiò.
I ricordi sono confusi... ero uscito dall'aula e mi stavo dirigendo al cancello...poi...
bianco, buio, un rumore assordante.
Urla e grida, confusione, panico.
Chiusi gli occhi senza accorgermene, quando li riaprii vidi una ventina di studenti che correva disperata.
Erano ricoperti di rosso e nero, erano ricoperti di sangue e cenere.
Una polverina bianca aleggiava nell'aria.
Mi guardai attorno e non vidi niente, o meglio, vidi tutto ma era distrutto.
Ebbi un solo pensiero: starà bene?
E mi misi a correre, mi misi a cercare, vittima del panico e di una inconsapevole disperazione.
Arrivai nei resti della sua classe disperato, senza fiato e con la vista annebbiata  a causa della cenere.
Lei era li, ranicchiata fra i banchi, c'era del sangue sulle macerie rimaste in piedi.
La guardai, mi vide; ci scambiammo una domanda muta a cui sapevamo che non avremmo trovato risposta:
"Cosa sta succedendo?" 
 





_________angolino dell' "autrice"_______
quanto adoro questo angolino! 
Eccoci qui, se ci siete arrivati, grazie per aver letto il primo capitolo di questa storia.
allora... è piaciuto? spero di si... 
lo scopo di questo capitolo era.. *rullo di tamburi*  deprimere.
ci sono riuscita?
*frinire di grilli*
ehm.. comunque... la storia inizierà ad essere un po' più attiva dal secondo capitolo, spero.
Di sicuro ci saranno delle scene d' azione, i generi non li ho messi a caso, anche se ero piuttosto disperata al momento di sceglierli.
Bene, se lascerete una recensione mi farà molto piacere, anche se è critica (i consigli aiutano a migliorare! ..e io ne ho bisogno).
quindi... recensite, oh lettori fantasma! 
e.. ci vediamo al prossimo capitolo.
 

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Capitolo 2
*** L'inizio della fine (parte 2) ***


La terra tremò di nuovo.
Non sapevo cosa fare, ero paralizzato.
Sentii il suo grido.
I muscoli ripresero a funzionare, mi gettai vicino a dove era lei, prima che un masso mi crollasse addosso.
Il terremoto era il più forte che avessi mai sentito; avevo paura, tanta.
Mi prese per mano, non mi ero nemmeno reso conto che si fosse alzata.
Le devo la vita, perché è rimasta calma nonostante tutto e ci ha portati in salvo.
Si mise a correre, portandomi con se.
Io correvo, non potevo fare altro che correre e fidarmi.
Arrivammo a uno sgabuzzino e mi spinse dentro.
La stanza era miracolosamente in piedi, addossata a uno dei muri portanti, senza finestre, decisamente lugubre ma sembrava sicura.
Balbettai un grazie; la voce tremava, io tremavo, tutto tremava compresa la terra.
Tirò un sospiro di sollievo e si lasciò cadere accanto al muro, di nuovo ranicchiata.
Mi misi vicino a lei, domandò:
-Che cosa è successo?- non lo sapevo, non lo so tutt’ora.
Mi dispiaceva vederla così, era una tortura scorgere la disperazione nel suo viso; ma credo che, se mi fossi specchiato, sarei risultato cento volte più smarrito.
Sbuffai,
–Non ne ho idea… Un terremoto forse?- azzardai
-Non può essere, ho sentito un esplosione, ho visto una luce abbagliante, un terremoto non fa nulla di tutto questo. Poi la gente non reagisce così ai terremoti, tutti sanno cosa fare; basta solo che nessuno vada nel panico.-
Annuii e mi girai verso la porta; provenivano delle grida da fuori, ma erano troppo poche contando quanti studenti dovevano esserci.
Decisi d’istinto di sprangare la porta con un tavolo.
Intanto lei si mise a girare era la stanza, nervosa.
-Non è possibile, tutto questo.. non ha alcun senso! com’è possibile! ad un tratto tutto era… in pezzi,
le pareti, il pavimento, i tavoli e..- Mi guardò sconvolta e si lasciò ricadere a terra sconvolta.
-L-le… persone- balbettò, -Le persone! c’era del s… c’era del rosso ovunque! Nei terremoti non muore quasi nessuno, non è.. non è vero! tutto questo, giusto? è soltanto un sogno, mi hai raccontato una delle tue stupide storie dell’orrore e mi sono addormentata. Non c’è altra spiegazione.- Non sapevo cosa dirle; sinceramente non mi sembrava per nulla un sogno, anzi era troppo assurdo e reale allo stesso tempo, poi in un sogno non sai di stare sognando.
-Improbabile che sia un sogno-  risposi.
-Già hai ragione, quindi.. cosa facciamo?-
Si sedette vicino a me, ero accasciato contro il muro.
-Aspettiamo- Avevo la sensazione che se fossimo usciti di li avremmo visto cose orribili, forse le ultime della nostra vita; magari era solo paura.
-Aspettiamo cosa?-
-Non lo so, intanto aspettiamo- Non potevo spiegarle come mi sentivo, ma lei sembrò capire lo stesso.
Rimanemmo accovacciati li per un bel pezzo, non ho idea di quanto tempo sia passato, forse minuti o magari ore. Credo di essermi addormentato nel frattempo, ho sognato casa mia, ho sognato di tornarci e di pranzare, ho sognato che tutto questo era solo un incubo, ho sognato mio fratello che rientrava dopo di me…mio fratello! Dovevo essermi svegliato di colpo perché lei mi guardava con un misto di curiosità e paura, probabilmente avevo una faccia orribile, chissà che espressione ho fatto…
-Boris…- Mio fratello era più grande di me di due anni, frequentavamo la stessa scuola anche se lui non passava…inosservato, non ero sicuro che fosse andato a scuola quel giorno, ero uscito troppo di fretta.
-è venuto a scuola oggi..?- Domandò
Scrollai la testa e me la presi fra le mani, quanto avrei voluto sapere dove fosse, e anche sapere dove fosse il resto della mia famiglia e..
-Le nostre famiglie!- gridai, mi guardò ancora più preoccupata…
-Mia nonna è a casa… oggi non doveva fare nulla, e i tuoi sono a lavoro… ma chissà cosa sta succedendo fuori- Disse.
Mi ricordai di come era ridotta la scuola quando avevo corso per trovare l’altra classe, rabbrividii perché non volevo uscire… ma non potevamo stare li per sempre.
-Ok, andiamo.-  dissi, poi mi alzai e cercai di avviarmi verso la porta senza barcollare o tremare, sentii il calore della sua mano nella mia, rassicurante perché non ero solo, ma allo stesso tempo doloroso, mi ricordava che non era tutto un incubo.
Spostammo il tavolo e aprimmo la porta lentamente,
ci stupì quello che vedemmo: polvere, cenere bianca che aleggiava nell’aria tutto intorno a noi.
Assurdo, non si vedeva quasi nulla, come quando si cammina di mattina presto e le cose lontane sono sfocate, distanti; solo che qui non si vedevano nemmeno gli oggetti vicini.
-Non respirare e seguimi-  Disse, poi mi trascinò per i corridoi distrutti, solo il tetto e le pareti più esterne sembravano intatte.
Non so come descrivere le sensazioni che ho provato a camminare per la scuola in quel modo,
sicuramente smarrimento, incredulità, non sembrava reale… anche se le macchie rosse che si vedevano in giro ogni tanto mi ricordavano che no, non era un illusione.
Continuammo a camminare fino a che non mi venne la nausea, la scuola era più grande di quanto pensassi, su due piani e molto anzi troppo grande.
Ogni tanto si sentiva un muro scricchiolare, era una scossa di terrore puro lungo la schiena, potevamo morire schiacciati.
Non sapevo dove andare, non conoscevo bene la scuola, ad un tratto smisi di guardarmi in giro  e mi lascia guidare concentrandomi solo sul pavimento per evitare le macerie.
Non udii mai un grido, mai un lamento; eravamo solo noi e quel mondo distrutto.
-S-siamo arrivati… è questa.- Vidi l’aula, chiusa, provai un senso di sollievo: la porta era ancora in piedi anche se c’era una crepa a forma di ramo; non poteva essere successo nulla di troppo grado… forse.
Aprimmo la porta e il sollievo che provai svanì all’istante.
Macerie, sangue ovunque, vetri rotti e crepe.
-Boris! Boris!- gridò; io non mi fermai nemmeno a urlare, non potevo stare fermo ed aspettare una risposta.
Cercai fra le macerie, mi guardai intorno, ovunque.
Poi uno scricchiolio, un lamento quasi muto; e un nuovo fremito del cuore: la speranza.
Ci avvicinammo a un punto in cui era crollato il pavimento al piano di sopra, spostammo più macerie possibili fino a farci sanguinare le mani.
Poi un buco, un vuoto fra due pezzi di pavimento e un paio di occhi che mi fissavano.
Occhi gialli, che sbattevano piano; il respiro lento e affaticato, una bocca contratta in una smorfia di dolore; capelli neri come i miei.
Era vivo, l’avevo trovato, in tempo.
Boris, mio fratello.






-----------Angolino dell' "autrice"----------
Eccomi qui! Grazie ai coraggiosi per essere arrivati fino a questo punto, vi ammiro per questo.
Il secondo capitolo pubblicato!!! Con un po'di ritardo perchè pensavo di pubblicare dopo pranzo ma.. l'importante è che ci sia riuscita.
Allora..che ne pensate? Piaciuto il capitolo?
I primi tre o quattro saranno ancora ambientati nella scuola (che mi sto divertendo a distruggere muhahahaha) ma dopo l'ambientazione cambierà.
Vi sta interessando? Consigli? Critiche? Errori? Se lasciate una recensione non vi mangio, anzi mi fate felice *occhi dolci*
Speriamo bene, e ci rivediamo al prossimo capitolo (che uscirà fra qualche giorno, sicuramente meno di una settimana)
Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Boris. ***


Il sollievo di aver ritrovato Boris svanì praticamente subito, perché mi resi conto di quanto la situazione fosse ingestibile:
lui era sotto le macerie, probabilmente ferito; e noi eravamo solo in due, con le mani sanguinanti per aver cercato disperatamente fra le macerie, senza la forza necessaria a spostarle.
-Dobbiamo tirarlo fuori di lì!-  Gridò.
Aveva ragione, annuii e mi feci largo fra le macerie fino a raggiungerlo.
-Boris!- Non rispondeva, sembrava svenuto.
-Aiutami a tirarlo fuori, tu sposta le macerie mentre io cerco di trascinarlo. – Mi ordinò.
Non risposi, non avevo idea di quanto potesse suonare spaventata la mia voce, ma mi misi al lavoro.
Per prima cosa esaminai bene la situazione, per quanto il panico me lo permettesse:
Era sotto un masso di medie dimensioni, sopra c’erano due lastre enormi, che avevano formato una specie di tetto, e l’avevano protetto dalle altre macerie.
Il che era un bene, ma anche un male: se spostavamo la pietra sbagliata e crollava tutto… non doveva succedere.
Mi calai vicino a lui, e mi inginocchiai.
Puntellandomi con le ginocchia cercai di sollevare il masso più piccolo, che era comunque pesante.
Boris si mosse e gemette di dolore, almeno era vivo.
-Ci dispiace, resisti! Ti tireremo fuori di qui! Ne io ne tuo fratello ti lasceremo morire, te lo prometto!-
Lei afferrò mio fratello da sotto le ascelle e cercò di spostarsi piano.
La cosa sembrò funzionare, finché le due lastre più grosse non iniziarono a cedere.
-Dobbiamo sbrigarci, tiralo fuori in fretta.- Urlai.
Lei mi sentì e si spostò molto più in fretta, deve avergli fatto male ma si è salvato.
Poco dopo che ci spostammo tutto crollò. Fu una cosa terribile pensare che un attimo prima eravamo tutti e tre lì; non so perché nei libri dicano che si prova sollievo dopo che si è scampati al pericolo, io in quel momento non provavo di certo nessun sentimento positivo, anzi.
Smisi di guardare le macerie e mi voltai verso gli altri:
Vidi sangue, c’era una ferita sulla sua gamba.
-Controlla la ferita, il sangue esce lento oppure a zampillo?- Mi disse,
scostai il tessuto strappato dei pantaloni dalla ferita, poco sopra al ginocchio sinistro.
Provai una paura e un ansia mai sentite prima di quel momento.
Il sangue usciva piano, lento come se non volesse abbandonare il corpo del suo proprietario; il taglio non sembrava profondo.
In quel momento ripresi a respirare, non mi ero accorto di aver trattenuto il fiato.
-Esce piano.- Anche lei riprese a respirare.
-Ok… togliti la giacca e tamponiamogli la ferita, poi cerchiamo un posto in cui medicarlo meglio e se c’è una cassetta del pronto soccorso in giro. -
Non me lo feci ripetere due volte, mi sfilai la giacca e la premetti dove usciva il sangue.
Rosso sul blu. La nostra divisa scolastica è.. era blu:
una giacca blu, una camicia bianca e una ridicola cravatta a quadretti rossa; che però in quel momento tornò molto utile: la usai per legare la fasciatura improvvisata.
La ferita era veramente poco profonda.
-Dove andiamo?- chiesi.
-Ehm.. l’infermeria non è lontana, vado a vedere com’è ridotta.- La guardai preoccupato.
-Torno in cinque minuti, tranquillo. In ogni caso l’infermeria è la seconda porta a destra, dopo aver attraversato il corridoio e svoltato l’angolo. D’accordo?-
Annuii, per la terza quel giorno.
Lei usci in fretta dalla porta, e io rimasi lì, a guardarmi in torno smarrito.
Boris stava sdraiato per terra, pallido, prima era svenuto ma ora si stava riprendendo.
 Mi avvicinai a lui e controllai di aver fasciato nel miglior modo possibile la gamba.
- Fra poco ti portiamo in infermeria.-
Aprì lentamente gli occhi e provò a mettersi a sedere, lo aiutai.
Si appoggiò a me, poi mi fece un sorrisetto sarcastico, anche se sforzato.
-Sai che mi fa paura l’infermiera.. sembra un militare-
Scherzò, cercando di nascondere il dolore nella voce.
Tipico di Boris: sarcastico, spiritoso, sempre pronto ad affrontare qualsiasi cosa e indifferente a tutto. Sicuramente lo invidiavo qualche volta, ma erano rare occasioni; soprattutto per il fatto che riusciva a pensare solo ai suoi interessi… so che è un difetto ma è molto utile.
Lui era molto diverso da me, ci assomigliavamo solo d’aspetto; se dovessi descriverlo direi che assomigliava..a un gatto: scaltro, veloce, agile, menefreghista e pigro per le cose che non gli interessano.  Riusciva a stregare le persone col suo modo di fare.
Il nostro rapporto si poteva descrivere come.. amicizia, ma non migliori amici o quegli amici di vecchia data a cui affideresti tutto senza preoccuparti; amici come due persone che si incontrano ogni tanto  per strada, e poi vanno in un bar a fare due chiacchiere; perché lui non era un di tipo a cui riuscivi ad affezionarti veramente, semplicemente era lì.. e poi spariva a seconda di cosa lo divertiva. Saranno state almeno un centinaio le volte in cui l’ho visto smettere di colpo qualcosa e andarsene in giro: senza meta e senza pensieri, ma sempre con un piano B in mente… si questa mi sembra una buona definizione per lui.
- Hei fratellino? fratellino?! Liam!!!!!!-  Mi riscossi dai miei pensieri, era la prima volta in quel giorno che sentivo il mio nome… io mi chiamo Liam, ma odio quel nome, senza una valida ragione, lo odio e basta, lei lo sa e non lo usa.
-Cosa succede Boris?- Lui mi guardò storto… -Ti sei incantato di nuovo.-
 Sospirai –Oh… scusa.- Lui come risposta rise; ecco un'altra differenza abissale fra noi due: io sono apatico, lui ride o sorride quasi sempre, qualsiasi siano le circostanze.
- Dov’è andata?- Con quella domanda tornai completamente alla realtà, e mi voltai verso la porta.
-Oi? Yvie dov’è?- Ripetè.
Yvie… quel nome mi piace molto, non so perché ma credo la rappresenti; però non lo uso quasi mai, mi viene strano chiamarla per nome… un po’per abitudine; un po’perché mi sembra di rovinalo a usarlo troppo, come le mandorle pralinate in fiera.. sono buone, ma se le mangi troppo spesso perdono la loro particolarità e diventano meno… speciali.
In quel momento lei rientrò, mi fermai ad osservarla:
i capelli lunghi e rossi, quasi quanto il sangue di Boris ma di una tonalità meno lugubre.
Gli occhi color acqua marina, limpidi anche se adesso riflettevano la sua paura.
Si era tolta la giacca e la teneva come un sacchetto;
-Boris! Stai bene?-
-Sono stato meglio principessa, ma grazie per avermi tirato fuori da li sotto.-
 Indicò le macerie con lo sguardo.
-Cos’hai portato?- chiesi, lei in risposta appoggiò la giacca per terra e la aprì:
bende, cerotti, un antidolorifico, del nastro isolante, del disinfettante.
- L’infermeria è praticamente un cumulo di macerie, è stata una fortuna che abbia trovato queste cose. Chi è capace di medicare una ferita?Io so solo le cose di base..  quel poco che mi ricordo del corso di pronto soccorso di due anni fa. –
Non mi ricordavo quasi nulla, probabilmente dormivo.
-Dicevano di chiamare i numeri d’emergenza e un ambulanza- Affermò Boris.
Slacciai il bendaggio di fortuna mentre lei preparava disinfettante e bende.
Yvie si mise a disinfettare la ferita, quando finì si sedette di fronte a lui, mentre io fasciavo la gamba, e parlò:
-Il cellulare non prende… appena ti sei ripreso dobbiamo uscire di qui.-
-Quando hai controllato?- Non ricordavo che avesse mai usato il cellulare.
-Tu eri addormentato… Io ho provato a chiamare dopo essermi calmata, poi sono rimasta lì a riflettere su quello che stava succedendo.-
Credo che fissare il vuoto o camminare avanti e indietro fosse il suo modo di superare i traumi e distendere i nervi, mentre dormire era il mio.
Anche Boris si rilassava dormendo, o nei posti alti.. una volta, alle elementari, dopo una rissa con due bulli lo abbiamo trovato addormentato su un albero, nel cortile della scuola; con un occhio nero e un espressione rilassata in volto.
Boris rise.
–è proprio da te, piccoletto.-
 -Grazie tante.- Risposi, lui agitò la mano facendomi segno di lasciar perdere.
-Come fai a ridere in un momento del genere?- Chiesi,
-Disperarsi serve a qualcosa?- 
-Hai la serietà.. di un comodino!-
-Sempre a fare battibecchi, voi due!- Ci riprese sorridendo Yvie.
-Non è vero, sai che voglio taaaaaaaanto bene al mio fratellino.-  Scherzò Boris.
Come risposta gli strinsi troppo la fasciatura.
Una volta finito di bendarlo lei bloccò tutto con il nastro isolante.
Abbiamo avuto fortuna a trovarlo.
Rimanemmo lì un altro po’;  per dare tempo a Boris di riprendere le energie, almeno in parte.
Dopodichè si decise di uscire dalla scuola e andare a vedere com’era la situazione… in giro.
Yvie raccolse i resti della “cassetta di pronto soccorso” e me li passò, io li distribuii nelle tasche-
Per fortuna quel giorno avevo i miei Jeans pieni di tasche stile militare e non i pantaloni della divisa scolastica.
Non era rimasto molto: il nastro isolante, poco disinfettante e qualche cerotto,
dubitavo che sarebbero serviti a qualcosa; ma portarli non mi costava nulla.
Mio fratello zoppicava, la ferita non era profonda ma faceva male, quindi si appoggiò un po’ al muro e un po’ a me.
-Come raggiungiamo l’uscita?- Chiesi.
 –Ehm… cerchiamo un buco nel muro..?- Propose Yvie titubante;  mi sembrava un idea abbastanza sensata.
-Per l’uscita di sicurezza più vicina si deve andare dritti fino all’infermeria, poi è la terza porta sulla destra.- Lo guardai scettico, -E se è crollata?-
Boris alzò le spalle – Vedere non ci costa nulla. Andiamo.-
La raggiungemmo in fretta.
Era ancora in piedi, fra le macerie era resistita abbastanza bene.
Una porta beige, robusta, senza finestre e con un maniglione antipanico rosso.
-Usciamo?- chiese Yvie, con la mano appoggiata alla porta e la voce un po’ spaventata.
Boris fece cenno di si con la testa. Io ero molto preoccupato.
-E se troviamo qualcosa di orribile?- Dissi.
 Lui strinse la presa attorno alle mie spalle, lo stavo ancora aiutando a stare in piedi.
  –Non possiamo rimanere qui per sempre, giusto? E poi ho fame.-
Yvie scosse la testa e sorrise
 –Qualunque cosa troviamo, qualsiasi catastrofe, la affronteremo insieme.-
 Sarebbe stata una frase parecchio scontata se fossimo stati in un film, tuttavia suonò molto rassicurante.
 Lei aprì la porta e guardammo quello che ci attendeva fuori.
Non so come dirlo, non credo che si possa nemmeno immaginare quanto impossibile fosse
la visione che si parò davanti ai nostri occhi; era qualcosa di meraviglioso e di terribile allo stesso tempo.
Qualcosa di incredibile.
 

-----------Angolino dell' "autrice" ----------------------------------- 
Ecco il capitolo! In ritardo di un giorno sui tempi previsti, causa verifiche *brividi di paura*.
Però è bello lungo!
Grazie ai coraggiosi per essere arrivati fin qui! Spero che sia stata una lettura piacevole... fatemi sapere! (Le critiche sono sempre ben accette)
Dalla prossima volta ci sarà il cambio di ambientazione! ..la scuola iniziava a mettermi tristezza.
Cosa troverà Liam? (sì i nomi li ho aggiunti ora per... ragioni personali... ecco >.< )
Lasciate una recensione se vi va (potrebbe essere una miaccia..forse..)
Ci rivediamo al prossimo aggiornamento, 
Au revoir! 

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Capitolo 4
*** Nero e bianco ***


Tutto era… terrificante.
Ma allo stesso tempo era qualcosa di stupefacente, non potevo crederci, non poteva essere reale quello che vedevo… non doveva esserlo; eppure lo era.
Il cielo era grigio, la cenere aleggiava ancora ovunque; però non riuscivo a scorgere il sole.
Avrei capito solo dopo, ma per il momento lasciai stare e mi concentrai su quello che avevo davanti: la terra, che però terra non sembrava.
Il terreno di fronte a noi era nero e bianco.
Assurdo, impensabile, reale.
Gli edifici della città erano ridotti in macerie, la scuola era messa piuttosto bene in confronto al resto, da quello che mi permetteva di vedere al nebbia fatta di cenere.
Paralizzato, non riuscivo a capire fino in fondo quello che stavo vedendo.
Come quando ti danno una notizia terribile, ascolti e agisci ma in fondo in fondo non riesci ad accettarla, mi sentii così quando morì il nonno… era una sensazione che associavo troppo strettamente alla morte.
Boris non si mosse, stava ancora appoggiato a me, anche se credo che in quel momento fosse lui a sorreggermi.
Yvie uscì, la vidi camminare con aria smarrita fino a un punto il cui il terreno era nero, nei pressi della scuola c’era ancora il cemento delle fondamenta.
Fece un balzo indietro e ci guardò sconvolta.
-Cosa succede?- Chiesi, preoccupato.
-Freddo… è freddo! Il terreno! è freddo!!! Non può essere… è.. congelato.-
-Cosa stai dicendo principessa?- domandò Boris, lei ci fece segno di avvicinarci.
Mio fratello si appoggiò al muro della scuola e io scesi.
Nonostante mi fidassi di lei più di me stesso non riuscivo a crederle… insomma il terreno ghiacciato? Toccai il suolo:
Freddo, gelo, ghiaccio.
La terra sembrava ghiaccio, anche se indossavo le scarpe sentivo un freddo fortissimo nei piedi.
-..cosa…?- Sussurrai, Boris incuriosito dalla mia faccia sconvolta scese vicino a me, sfiorando il terreno con le dita.
-Assurdo! Sembra carbone di ghiaccio, esiste?- Lo guardai storto, quando era stupito sparava cavolate.
-..si, giusto ci sto camminando sopra.- Sorrise e si chinò a raccogliere un po’di terra, trattenendo un rantolo per il dolore alla gamba.
Ci avvicinammo a lui,
-Sembra terra normale.. ma la terra non ha la temperatura dell’azoto liquido, giusto?- disse Yvie.
-Spero che tu non abbia mai toccato azoto liquido.- Sentenziò Boris, lei abbassò lo sguardo e lui mimò un “mi dispiace” con le labbra. Troppo orgoglioso per chiedere scusa.. o troppo menefreghista per scusarsi sinceramente.
Si riappoggiò a me e gettò la terra. –Molto strano, che si fa?-
-…Cerchiamo le nostre case direi, e poi vedremo.-  Propose Yvie.
Fece due passi, poi toccò la terra bianca e urlò di dolore, cadendo all’indietro.
Mollai Boris e corsi a tirarla su, mentre lui si avvicinò zoppicando.
-Che succede?- Chiese, io intanto guardavo le sue scarpe, le suole erano annerite e un po’sciolte… forse usciva del fumo, ma poteva essere benissimo una mia impressione.
-La terra qui non è più fredda! é.. bollente, sembra lava .-
Mio fratello storse il naso, fece per avvicinarsi ma lo bloccai.
Mi avvicinai al suo posto, misi la mano a poche dita da terra, non volevo scottarmi.
Lava, lava bollente, non poteva essere altro.
Sentivo il calore anche senza toccarla.
- Scotta. - Yvie si rialzò saltellando sulla terra ghiacciata per far raffreddare le scarpe,
-Evitiamo la terra bianca, e respiriamo poca cenere… scotta pure quella e non penso faccia bene.-
Annuimmo e ci mettemmo in marcia.
Se avevo trovato la “passeggiata in corridoio” lunga e lugubre dovetti ricredermi, questo era molto peggio.
Macerie, macerie ovunque… case e palazzi a pezzi… chiazze di sangue, anche se di quelle me ne aspettavo di più.
Yvie tremava durante il tragitto, penso che le stesse venendo da vomitare.
Anche io non dovevo essere messo molto meglio, mio fratello mi teneva su… nonostante fosse lui a zoppicare.
La nostra non era una grande metropoli, anzi era una piccola cittadina.
Non oso immaginare come sarebbe stato percorrere New York ridotta in questo stato.
La mia casa non era troppo lontana, quella della nonna di Yvie appena più in là.
Durante il tragitto non incontrammo nessuno, evitai di pensare a cosa poteva essere successo a tutti gli abitanti.
Camminammo, camminammo e camminammo ancora, fino a rischiare di perderci fra la nebbia.
Forse perderci sarebbe stato meglio, la realtà era devastante.
Arrivammo dopo quella che credo mezz’ora ma mi è sembrata tanto di più, nessuno aveva osato fiatare durante il tragitto.
Quello che trovammo fu.. niente.
Non trovammo niente. Solo polvere e macerie, tutto era sparito.
Le mie gambe si mossero da sole, corsi verso il vuoto che prima era casa mia, che prima era la mia vita. L’ansia e il dolore mi attanagliarono, come demoni che ti assalgono l’anima.
Mi fermai al centro delle macerie, non mi arrivavano nemmeno alle ginocchia i resti dei muri.
Orribile, è stato veramente terrificante, non sapevo come reagire, come tirare fuori tutte quelle emozioni. Dopo tutto, il mio miglior modo di esprimermi era sempre stato il silenzio…
Solo silenzio, per ricordare tutti i bei momenti passati in quella casa;
Solo silenzio, per dimenticare passato e futuro;
Solo silenzio, per non pensare a dove poteva essere chi ci viveva.
Crollai in ginocchio.
Boris era rimasto in piedi, impassibile e immobile di fronte a tutto, non versò nemmeno una lacrima, nemmeno un urlo.
Yvie piangeva, trattenendo i singhiozzi il più possibile.
Le lacrime cadevano a terra lentamente, rigandole gli occhi.
Si avvicinò e mi abbracciò.
Ci stringemmo forte per cacciare la disperazione e la consapevolezza che non avremmo rivisto più nessuno.
- Mamma e papà sono morti. – Constatò mio fratello.
Avevo bisogno di quelle parole per rendere più reale tutto, ma non le avrei mai volute sentire.
Mi strinsi di più nell’abbraccio della mia migliore amica.
Boris si voltò e si mise a camminare.
- Dove vai? – Chiese lei fra le lacrime.
- Chi lo sa principessa?- Sorrideva triste, come l’avevo visto fare solo al funerale del nonno… questo ricordo continuava a tormentarmi.
Il funerale, la chiesa, la bara, Boris che sorrideva in quel modo strano come se si stesse facendo scivolare il dolore addosso senza farsi scalfire; i nostri genitori… ripresero a scendermi le lacrime.
Non gli chiese quando tornava, sapevo per esperienza che non sarebbe servito; con lui non potevo mai sapere nei i come ne i quando.
- Torni?- Mi limitai a dire, suonava più come una supplica.
- Certo.- Aveva gli occhi distanti, ma sapevo di potermi fidare… o almeno lo speravo.
Si voltò e si mise a camminare, ogni tanto zoppicava.
In quel momento rividi un ricordo di tanti anni prima che si sovrappose alla realtà:
Il quartiere intatto, gli alberi e il sole… una cittadina ridente.
Boris tanti anni fa,camminava a fianco di mio padre, che gli accarezzava la testa.
Era così piccolo e allegro, rideva di gusto.
Io li vedevo mentre si allontanavano, rimanevo seduto all’ombra con un libro appoggiato al petto. Salutavo con la mano,  gridavo: “Ciao! Tornate presto!” e la mamma aggiungeva “Sbrigatevi che la cena sarà pronta fra poco, vi aspettiamo.”
Poi la realtà mi crollò davanti agli occhi,
Boris grande, che camminava da solo fra la cenere e la distruzione, evitando quella strana terra bianca.
Nessuno che gli accarezzava la testa, papà non c’era più.
Nessuno che gli gridava di sbrigarsi, mamma non c'era più.
Nessuno, io.
Io ero l'unico rimasto della sua famiglia, e lo guardavo sorretto dalle braccia di Yvie.
Le urla non volevano uscire, quindi mi limitai a mimare con le labbra i miei pensieri, tanto per renderli più reali.
“Torna presto."
 

----------- Angolino dell' "autrice" ----------
e ta daaaan ecco il nuoco capitolo, deprimente più che mai... colpa della musica che mi sono messa ad ascoltare.
Ecco il fantomatico cambio di ambientazione, che cambierà pure per... non ne ho idea, ma di sicuro per un po' deve diventare più interessante.
Spero.
Mi sto maledicendo da sola per aver fatto sparire  Boris, ma tornerà! 
Arriveranno pure dei nuovi personaggi, non sono stata così crudele da sterminare tutti, non proprio tutti almeno.
Allora, riflessioni a parte, piaciuto il capitolo? Critiche, ipotesi sul futuro, correzioni?
Recensiteeeee *voce dolce*



 

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Capitolo 5
*** Anika ***


Credo che da quando sia successo.. tutto il concetto di tempo sia diventato inutile.
A che serve sapere che ore sono in mezzo alla distruzione?
Infatti non avevo idea di che ore fossero, o di quanto tempo fosse passato da quando Boris si era allontanato.
Io ero rimasto abbracciato a Yvie, sentivo un calore unico in quella posizione.
Non mi sarei mai mosso, ma non poteva durare per sempre.
- Hai idea di dove sia andato?- Mi chiese, la guardai.
Aveva gli occhi arrossati per il pianto, era pallida.
Scossi la testa e mi alzai, le ginocchia si erano indolenzite a forza di rimanere fermo.
L’aiutai a rimettersi in piedi, barcollavamo un po’tutti e due.
- Hai una vaga idea di quanto tempo starà via?- Alzai le spalle, con mio fratello non si poteva mai sapere. Lei sbuffò irritata,
- Dobbiamo aspettarlo qui?- Mi guardai in torno,
- Non che ci siano tanto posti in ci andare… se vuoi cerchiamo la casa di tua nonna.-
Mi resi conto subito dell’effetto delle mie parole, lei a sua nonna non aveva ancora pensato.
Annuì lentamente, la presi per mano e ci spostammo verso casa sua.
- Credi che…- Non finì nemmeno la frase, ci guardammo rassegnati.
Della piccola casetta in cui viveva infatti non c’era più traccia, solo una parte del muro era rimasta in piedi.
Lei si avvicinò ai resti e li sfiorò con le dita.
Non sapevo cosa dire, tanto per cambiare, quindi le cinsi le spalle.
- Sai… me lo aspettavo, sapevo che non poteva essere tutto normale, però… ecco… non cedevo che sarebbe stato così…..- Si stinse a me,
- Terrificante.- Finii la frase per lei, poi ci sedemmo con la schiena contro il muro.
- …Andiamocene da qui, appena recuperiamo Boris, non voglio più rimanere in questo cumulo di macere.- Annuii, pronto ad ascoltarla; la conoscevo abbastanza da capire quando stava per partire con un lungo monologo.
- Quante volte abbiamo giocato in questo giardino?.. tante, troppe per contarle. Ogni volta mia nonna ci faceva la limonata o la cioccolata calda, com’era buona! E ora tutto questo non c’è più… cosa faremo?- La fissai, avrei voluto dirle che ci saremmo svegliati e tutto sarebbe tornato normale, o che avevo un piano che ci avrebbe condotti tutti in salvo, oppure ancora che sicuramente sarebbero arrivati i soccorsi. Ma nessuna di queste cose era fattibile.
- Sopravviviamo.- Dissi, era l’unica cosa sensata che mi veniva in mente.
Lei sembrò rianimarsi.
-Giusto! Ci tornerà di nuovo utile il corso di sopravvivenza e di pronto soccorso, quello di cui non ti ricordi nulla.-
Già.. quel famoso corso, mi sono pentito di non aver ascoltato nulla, ma avevo fatto una dormita davvero piacevole.
Alzai gli occhi al cielo ripensandoci, e tornai a fissare il giardino.
Yvie aveva ragione, ci avevamo giocato tantissime volte.
Non avrei mai scordato la bambina dai capelli rossi e corti, che mi sorrideva allegra tendendomi la mano. Sempre con una collana a forma di nota musicale rosa addosso, controllai se ce l’aveva ancora, era un regalo dei miei genitori per il suo compleanno.
Non la portava più, in compenso ne aveva una con la stessa forma ma argento, gliel’avevo regalato io, me ne ricordai in quel momento.
 Quando la collanina in plastica si era rotta ne avevo comprata una con i miei risparmi.
Vedere che ce l’aveva ancora mi fece sorridere; almeno questo non era cambiato.
- Cosa stai fissando?- mi chiese,
-La tua collana.- ricevetti una pacca sulla spalla.
- Io il tuo regalo ce l’ho ancora, tutti quelli che ti ho fatto io dove sono finiti? – Scherzò.
Mi indicai la testa, tutti i libri che mi aveva regalato li sapevo a memoria; erano i miei preferiti.
Rise, e io risi con lei. Com’era strana una risata in mezzo a quella desolazione, ma credo che avessimo già pianto abbastanza.
Ad un tratto mi guardò e disse –Hei, dici che ci siamo solo noi?-
-Solo noi?Che intendi?-
-Intendo… bhe qua in giro, insomma non possiamo essere rimasti vivi solo noi, giusto?-
Le scappò una risata nervosa, anche a me dava fastidio quel pensiero.
-Cerchiamo.- Proposi, ci alzammo e andammo a cercare qualcuno.
Girammo fra le macerie per un bel po’, era deprimente; poi sentii che Yvie mi chiamava.
Mi diceva di venire, quando arrivai vidi che aveva ragione, qualcuno di vivo era rimasto, una ragazza:
il volto pallido nonostante l’abbronzatura, gli occhi chiari ancora più lucidi per il pianto, i capelli color pesca davanti al volto scompigliati… probabilmente se li era strappati o tirati.
Yvie si precipitò al suo fianco e la scosse.
- Chi sei? Stai bene?- La ragazza alzò gli occhi, sembrava sorpresa di vederci.
Aprì le labbra per parlare ma non ne uscirono parole, solo singhiozzi sommessi.
Mi chinai pure io e le scostai i capelli dal viso.
-C…cosa…?- Farfugliò, Yvie si mise a spiegare.
-Chi sei? Io mi chiamo Yvie e lui è Liam. – Sorrise rassicurante e continuò. –Sei ferita?-
Lei scosse la testa e poi parlò -... Anika…-
-Cosa?- chiesi.
-Anika, mi chiamo Anika…cos’è successo?- Io e la mia amica ci guardammo in cerca di una risposta.
-Piacere di conoscerti, noi non abbiamo idea di cosa sia successo… c’era un terremoto e delle persone che urlavano e poi… questo.- Indicò con un gesto il nulla attorno a noi.
-Oh… io ero in cantina, poi è crollata.- Disse, semplicemente.
La guardai perplesso, molto perplesso.
-E non ti sei fatta nulla?- Alzò le spalle.
-Non lo so nemmeno io, un attimo prima ero in piedi che cercavo il mio quaderno, l’attimo dopo per poco non rimanevo incastrata sotto la libreria. Credo di aver ancora i bernoccoli.-
Si massaggiò la fronte, scostandosi una delle due trecce che aveva ai lati del viso, gli altri capelli erano lunghi e sciolti lungo le spalle.
-Aspetta, la tua cantina è ancora in piedi?- Lei annuì e ci indicò un buco, dove prima dovevano esserci una porta e delle scale.
-E se dessimo un occhiata?- Propose Yvie guardandomi. Mi sembrava una buona idea ma non ebbi il tempo di dirlo, Anika mi precedette.
-Se riesci cerca il mio quaderno, non ho fatto in tempo a prenderlo.. ho avuto paura e sono uscita appena ho potuto.-
La guardai strano ma  annuii, come poteva pensare a un quaderno?
Mi infilai a fatica fra le macerie, speravo vivamente che non crollasse tutto.
Di solito gli spazi bui e stretti mi piacevano, mi sono sempre sentito bene al buio; ma lì l’aria, quella poca che c’era, sapeva di polvere e cenere peggio che fuori.
Non mi ha fatto un bell’effetto, anzi mi sono innervosito parecchio, quando sono nervoso divento sarcastico o isterico o ancor peggio tutte e due.
-Cosa vedi là sotto?- Urlò Anika.
Simpatico, molto simpatico il termine vedere se riferito a una cantina buia, con l’entrata quasi sommersa dalle macerie.
Evitai di rispondere con un insulto e mi guardai intorno, non si vedeva proprio nulla.
Decisi di affidarmi al tatto, cercavo di sentire qualcosa con le mani.
Sarebbe stato un lavoro lungo trovare quel maledetto quaderno e lì non c’era nulla di utile, quindi uscii.
Mi ritrovai davanti allo sguardo sconsolato di Anika, stava per rimettersi a piangere.
Ho sempre odiato gli occhi da cerbiatto, anche lei non mi andava a genio, ma Yvie era preoccupata e così mi ordinò di tornare giù.
La mia migliore amica era decisamente più convincente.
-Ok, Ok torno a cercare. Dove dovrebbe essere almeno questo quaderno?- Chiesi, sperando almeno in un indizio.
-Ehm.. era sulla libreria che è crollata, penso sia l’unico quaderno, il resto sono solo cianfrusaglie… Immagino che sarà sul pavimento lì sotto.-
Tornai di sotto a cercare quel maledetto oggetto, avevo molti dubbi sul fatto di trovare una libreria intatta, ma mi sbagliavo.
La trovai quasi subito, o meglio ci andai addosso e ci caddi sopra.
Credo che dovrei chiamarla fortuna, mi sono risparmiato parecchie ricerche con quel capitombolo, anche se è stato abbastanza doloroso.
Ero sopra il mobile rovesciato, mi rialzai e ci passai sotto cercando a tentoni quello stupido pezzo di carta.
Anika aveva ragione, era pieno di cianfrusaglie strane, credo fosse roba orientale o qualcosa del genere.
Trovai il quaderno senza troppa fatica; uscite fu la parte difficile, ero quasi bloccato lì sotto.
Mi devo essere raggomitolato in qualche modo strano perché dopo qualche tentativo sono uscito.
Risalito in superficie fu un piacere respirare l’aria “pulita”.
Avevo il suo tesoro in mano e Anika mi saltò quasi addosso appena lo vide.
-Calma, l’ho trovato. Ti prego dimmi che è questo, là sotto non ho più intenzione di tornarci.-
Lei annuì e quasi mi strappò quell’inutile pezzo di carta dalle mani.
Si sedette per terra e lo aprì;  dentro era pieno di scritte, disegni, scarabocchi e foglietti.
Yvie si sedette accanto a lei,
-Cos’è?- Chiese, -è il mio diario, e blocco per appunti e il posto in cui ho annotato la mia vita. -
rispose, -Era tanto importante da farmi andare là sotto?!-
Anika mi guardò come se avessi detto una scemenza –Ovvio.-  disse.
Mi stava ufficialmente antipatica, ma lo sguardo della mia migliore amica mi calmò; lei sembrava d’accordo che un diario potesse essere così importante.
Si alzò e disse –Bene, cerchiamo altri superstiti?-
Annuii e guardai Anika, lei non dava segni di volersi muovere,
- Se cercate qualcuno ho visto un bambino qua in giro; prima l’ho visto correre.-
-In che direzione?- Chiese Yvie, lei indicò un grosso edificio che mi resi conto essere la nostra scuola, sembrava uno dei meno danneggiati.
-Torniamo a scuola?- Domandai,
-Certo, non possiamo lasciare un bambino in giro da solo, senza nessuno.- Disse risoluta.
-Anika?- Lei si alzò per seguirci.
-Come sapete che cos'è quell'edificio?-
-Lo frequentiamo, perché tu no?- Risposi, con un tono più ostile di quello che avrei voluto.
-Scusa tanto, ho solo domandato, comunque no.-
Mi grattai il collo, ero teso.
-Mi dispiace… la cantina buia mi ha reso nervoso.-
-Claustrofobico?-
-Per niente.- Nonostante avessi cercato di rendere meno “brusca” la risposta la conversazione finì,
non mi piaceva parlarle.
Nemmeno io dovevo andarle troppo a genio, visto come mi squadrava di tanto in tanto.
Arrivammo alla scuola, il tragitto era più breve passando attraverso quello che rimaneva dei palazzi.
Anika aveva ragione, lì c’era un bambino ma non era solo.
C’era un adulto enorme vestito di stracci grigi, un ragazzo grande abbastanza da sembrare maggiorenne, due bambine piccole, un altro bambino più grande del primo, una donna e Boris.
Quando ci vide ci salutò; senza che ce ne accorgessimo ci mettemmo a correre, tutti e tre.
-Fratellino, principessa; ho trovato compagnia!- Disse tutto contento.
Non mi allettava molto la “compagnia” che aveva trovato, ma fu un sollievo non essere più soli.
-Vedo che anche voi avete trovato qualcuno, chi sei?- Chiese, rivolto ad Anika.
Lei sembrava in imbarazzo a vedere tutta quella gente; teneva il quaderno stretto al petto.
Solo in quel momento notai i suoi vestiti:
Una maglietta con una stampa floreale, una collana da Hippie e dei pantaloncini verdi.
-Anika… tu?-  mio fratello sorrise,
-Io sono Boris, il fratello maggiore di questo tizio qua col broncio.-
 Mi mise una mano in testa, lo scansai.
–Credo che ti chiamerò fiorellino, si decisamente ti sta bene.-
Non avevo ancora accennato al suo vizio di dare soprannomi assurdi alla gente: Yvie era “principessa”, papà era “capo” , mamma era “regina”, nonno era “saggio”, ne aveva uno anche per ogni suo compagno di classe… con cui non ho mai parlato; solo per me non ne aveva, mi chiamava Liam o fratellino perché sapeva che mi davano fastidio.
A lei non sembrava dispiacere il soprannome, evidentemente le piacevano i fiori o Boris; notando come lo guardava direi i fiori… stava cercando un modo di scansarlo e non certo per timidezza, forse notava la nostra somiglianza.
Provai una certa empatia per in quel momento, non ero l’unico a scansare mio fratello ogni tanto, ma io ero decisamente asociale e lei no.
-Dove sei stato?- Domandò Yvie,
 -Un po’di qua e un po’di là, ho trovato delle persone- indicò il tizio enorme, probabilmente imparentato con un armadio a due ante, e le due bambine che mi accorsi essere due gemelle.
 –Gli altri erano già qui, la scuola sembrava l’edificio più stabile da lontano.- 
Annuii e chiesi -Cosa avete trovato in giro?-
Boris prese fiato e iniziò a raccontare.






------------------------------------------------ Angolino dell' "autrice"------------------------------------------------------------
Eccomi! Scusate il ritardo, Scusate il ritardo... dovevo aggiornare lunedì lo so... (ma forse voi no quindi shhhhhhh non avete sentito niente).
Mi sono fatta perdonare scrivendo un capitolo di ben 2.048 parole *tutta contenta perchè ha scoperto come usare il contaparole di word*
...è triste pubblicare di sabato pomeriggio, quando vorrei essere fuori... maledetta febbre!
il senso della riga sopra è che ho la febbre, se il capitolo vi piace ringraziate la febbre, se non vi piace è colpa della febbre. Io sono innocente.
(sto continuando a ripetere febbre troppe volte, ma malattia suona male... viaggi mentali assurdi .-. )
Ehm.. a metà capitolo ho fatto venire a Liam un attacco di sarcasmo/asocialità verso Anika e il mondo in generale, avrà anche sprazi di socialità o gentilezza non preoccupatevi (o forse dovreste?).
Eh si, siamo ritornati alla scuola.. per ora ma tempo nemmeno due righe (seee ceeerto, come no?) e se ne andranno tutti da qualche parte,e il terreno strano avrà il suo "momento di gloria".
Ok metto fine a questo sclero che doveva essere l'angolino dell'autrice con le classiche domande:
Piaciuto il capitolo? Critiche? Errori? Consigli? Recensiteeeee (le critiche sono utili)
*mostra un cartello con scritto recensite, come una venditrice ambulante (?)*

Ci risentiamo al prossimo capitolo! *si dissolve e vola via*

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