Day 2 Parigi.
Eccoci anche al secondo prompt di questa Thadastian Week, come sempre non sono soddisfatta del mio lavoro (mi sto concentrando per il prossimo prompt) spero comunque che vi sia piaciuto il prompt prima e che vi piaccia anche questo :D
Buona Lettura! :)
Sebastian era nella sua città, nella sua patria, a casa sua. Ma non era felice, odiava ammetterlo ma gli mancava quel nano ispanico che condivideva la stanza con lui alla Dalton.
Gli mancava prenderlo in giro per la sua altezza, ma forse più di ogni altra cosa gli mancava proprio lui. Sebastian ma dico ti sei rammollito?
Eppure immaginarselo a New York con Barbie e Ken non gli faceva fare i salti di gioia, durante l'anno scorso lo avevano fatto ma non aveva significato niente per il Francese. Era solo una scopata come tutte le altre, eppure continuava a ripensarci.
“Sei sicuro, Thaddy?”
“Sì, ve l'ho già detto ragazzi sarò qui Sabato prossimo oppure prima se dovesse andare male.”
“Ma non puoi piombare lì e dirglielo normalmente!”disse Nick.
“Ho già tutto in testa ok? Adesso lasciatemi andare, altrimenti perdo il volo.”
“Buona Fortuna, tesoro!”disse Jeff sorridendo per poi andare ad abbracciarlo.
“Grazie.”
Il viaggio in aereo si prospettò più lungo di quanto già non fosse, l'ansia saliva, i rimorsi, e se gli avrebbe chiuso la porta in faccia? Ma oramai non riusciva più a tenersi tutto dentro.
Sfogliva con ansia la copia omaggio della rivista dell'aereo, continuava a pensare a Sebastian.
Quando l'hostess disse che stavano per atterrare, il panico prese il sopravvento.
Dopo alcuni minuti si ritrovò all'aereoporto, prese il primo taxi e disse l'indirizzo e poco dopo si ritrovò davanti ad un palazzo molto elegante.
Salì in ascensore, e pressò leggermente sul pulsante del penultimo piano. Fece un bel respiro, e poi si trovò davanti alla porta numero 11.
Si morse un labbro e suonò il campanello.
Sebastian stava guardando la televisione, in boxer e maglietta quando sentì suonare il campanello. Chi cazzo era a quell'ora?
Andò ad aprire controvoglia la porta e rimase stupito.
“Piattola! Che ci fai qui?”
“E' sempre bello rivederti, Sebastian.”
Era avvolto nel suo cappotto nero e un piccolo trolley lo seguiva.
“Ti stai trasferendo qui?”
“Oh, no assolutamente. Cioè.. sono venuto fin qui per dirti una cosa.”
“Oh mio Dio, Harwood. Esiste Facebook, l'email? Mai sentito parlare? O meglio, aspetta! Il telefono!”
“Dovevo dirtelo di persona.”
“Oh ok.”
“Ok, ci siamo...”disse e sospirò.
“Se sei venuto a dirmi che hai messo incinta una ragazza, non me ne frega niente ok?”
“Cosa? E secondo te sarei venuto fino a Parigi per dirti questo?”
“Non si sa mai.”
“Sono venuto qui... per dirti che..”
Chiuse gli occhi per alcuni secondi e poi gli riaprì.
“Per dirti che ti amo. Ti amo da quando quel mercoledì pomeriggio sei diventato il mio compagno di stanza, quando tu dicevi che quella scopata non era significata nulla per te il mio cuore si è rotto.”
“Ma.. ma nemmeno per te era significata niente!
“Non è vero.”
“Quindi mi stai dicendo che mi ami?”
“So che non ricambierai, ma non potevo più tenermelo per me.”
“E quindi sei venuto fin qui... per dirmi questo?”
“Pensavo, quale miglior posto se non Parigi? La città dell'amore, la tua patria, la tua casa.”
Sebastian ghignò.
Lui, Thad Piattola Harwood era venuto fin qui per lui. Non poteva crederci.
“Quindi...”
“Aaah, vieni qui piattola!”disse e lo baciò con una lentezza esasperante.
Il cuore dell'ispanico fece una mini capriola e ricambiò il bacio, accarezzando la guancia del francese. Si staccarono solo quando entrambi richiedevano il bisogno d'aria.
“Fino a quando starai qui?”sussurrò Sebastian sulle sue labbra.
“Sabato prossimo.”
L'altro lo portò in casa e chiuse la porta dietro le loro spalle, riprese a baciarlo e dopo poco il cappotto nero finì sul pavimento come tutti gli altri vestiti.
Probabilmente Parigi sarebbe diventata la sua nuova città preferita.
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