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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un bravo ragazzo ***
Capitolo 2: *** Fantasticissimo ***
Capitolo 3: *** È a questo che servono gli amici ***
Capitolo 1 *** Un bravo ragazzo ***
Note:
Doveva essere solo una fan fiction scritta per il Norse Prompt Day
(il prompt era birra)
indetto su 24hours-of-fun (vi suggerisco davvero di
partecipare),
ma poi ammetto di essermi divertita un po' troppo, così ho
pensato
che sarebbe stato ancora più divertente trasformarla in una
raccolta
di one-shot simili.
Questa
raccolta sarà ambientata unicamente duramente l'Ordine della
Fenice:
niente angst, insomma, perché questa volta voglio divertirmi
a far
flirtare Remus e Tonks, non a farli crepare male. (:
Grazie
mille a tutti!
*
Un
bravo ragazzo
“ Dolores Jane
Umbridge è la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti
Oscure”.
Remus
fece una smorfia
infastidita, richiuse la Gazzetta del Profeta e la lanciò
malamente
sul tavolo della cucina di Grimmauld Place. Non era possibile che il
Ministero fosse arrivato a simili livelli di scelleratezza.
“E
invece sì” convenne con un'occhiata astiosa al
giornale. “Sono
già arrivati al peggio e lo hanno superato”.
Si
passò una mano fra
i capelli e si lasciò scivolare lungo lo schienale della
sedia. “La
Umbridge insegnante” pensò
ancora. “È un insulto”.
Detestava
quella strega
più di qualunque altra strega in Gran Bretagna –
sebbene ci
fossero, in effetti, almeno un paio di donne fra le fila di Lord
Voldemort che avrebbe spedito volentieri all'altro mondo. Odiava
Dolores Umbridge con un vigore del tutto estraneo al suo temperato
tanto controllato. La odiava con ogni fibra del proprio essere:
odiava i suoi capelli, odiava i suoi cappellini rosa e buon
Dio,
quando odiava la sua voce stridula.
Sapere
che i suoi
poveri ex-studenti sarebbero stati costretti a sopportarla lo rendeva
maledettamente nervoso. Sorseggiò un po' di tè,
ma in breve si
scoprì troppo infastidito perfino per quello.
Iniziò a dondolarsi
avanti e indietro sulle gambe posteriori della seggiola, fissando la
Gazzetta con un cipiglio rabbioso che avrebbe potuto dar fuoco alle
pagine.
Si
riscosse appena nel
sentire un quieto bussare. Chi poteva essere tanto intimidito da
bussare per entrare in cucina?
«Ehm...
prego?».
La
testa di Tonks si
infilò in uno spiraglio della porta. Quel giorno i suoi
capelli
erano corti e ricci, di un abbagliante sfumatura di azzurro.
«Ehilà,
Remus» lo
salutò con voce incerta. «Come ti va?».
Remus
inarcò perplesso
un sopracciglio.
«Bene?».
«Davvero?
Sirius mi ha detto che hai appena dato di matto».
Entrò nella
cucina e appoggiò un sacchetto di carta sul tavolo
– e si sarebbe
certamente rovesciato se Remus non avesse avuto la prontezza di
afferrarlo.
«Non
ho dato di...»
iniziò a protestare, ma richiuse subito la bocca e scosse
rassegnato
il capo. «Forse un po'».
«Hai
svegliato mamma
Black. È molto coraggioso da parte tua cercare di gareggiare
con me
a “botta e sveglia”, Remus, ma mi sa proprio che
stavolta non hai
possibilità». Afferrò la sedia accanto
alla sua e si lasciò
cadere sopra a peso morto. «Quanto ti diresti arrabbiato,
ora? Puoi
partire dal livello “per niente” fino ad arrivare a
“drago con
le mestruazioni”».
Remus
si umettò le
labbra e sorrise divertito.
«“Drago
con le
mestruazioni”?».
Lei
annuì con solenne
eloquenza.
«Se
non capisci quanto
può arrabbiarsi un drago con le mestruazioni, sei
più uomo di
quanto Sirius non dica».
«I
draghi non hanno le
mestruazioni».
«Io
sì. E ora
che ti ho confidato la mia furia, tocca a te. Mi ha detto della
Umbridge... che schifo».
«Ti
ha detto?
Sirius?». Remus sollevò gli occhi al cielo con un
sospiro. «Ah,
Padfoot dice sempre troppo».
Tonks
ridacchiò
appena.
«E
così quella vacca
ti ha soffiato il posto. Che schifo. L'ho già detto? Lo
ripeto: che
schifo».
«Non
c'era nessun
posto da soffiare, Ninfa--».
«Ti
suggerisco di non
chiamarmi così» lo interruppe lei seccata.
«Ho visto donne in
determinati periodi del mese uccidere per molto meno».
Lui
sollevò una mano
in segno di resa.
«Non
c'era nessun
posto da soffiare, Tonks. Dopo ciò che
è accaduto due anni
fa, non potrei tornare a insegnare nemmeno se Silente assumesse un
Vampiro per insegnare Astrologia».
«Il
mio professore di
Difesa Contro le Arti Oscure del secondo anno era parecchio pallido e
aveva una strana dentiera» commentò lei.
«Mi spiace darti questo
dolore, ma secondo me era sul serio un Vampiro. Sei proprio
sfortunato: non puoi nemmeno vantare il fatto di essere stata la
prima Creatura Oscura a insegnare a Hogwarts. D'altronde, con Silente
a capo del comitato di assunzioni non è che ci si possa
aspettare
professori ordinari, no? Quale Preside sano di mente assumerebbe
Malocchio?» aggiunse con una risata sfrontata.
Remus
soffiò
divertito.
«Beh,
non era
esattamente Alastor...».
«Chissenefrega.
Voleva
assumerlo. È da pazzi. Tanto valeva radunare gli
studenti e
spedirli in gita nella Foresta Proibita. Ne sarebbero di certo usciti
con meno traumi».
La
fissò incuriosito.
«Ti
ha traumatizzato
durante il tuo addestramento?».
Tonks
fece un sorriso
malizioso che per qualche strano motivo gli fece tremare le
ginocchia.
«Ci
ha provato».
«E
non c'è
riuscito?».
«No»
rispose lei
allegramente. Si sporse per afferrare la sporta e ne estrasse due
bottiglie di vetro verdi. «Non puoi traumatizzare una cretina
che ha
deciso di perdere la verginità in un ripostiglio per le
scope».
Remus
sgranò gli occhi
e la fissò con atterrito stupore. Strinse le labbra, chiuse
le
palpebre e nascose un sorriso sconcertato fra le dita della mano
sinistra. Tonks era probabilmente l'unica strega che avesse mai
incontrato capace di parlare della propria verginità perduta
come se
chiacchierasse del tempo. La osservò estrarre la bacchetta e
stappare le bottiglie con un movimento pigro del polso. Gliene tese
una con un occhiolino.
«Sirius
dice sempre
che eri tu, il bravo ragazzo. Scommetto che tu sei stato il classico
“bravo ragazzo” che ha aspettato “quella
giusta”. E un letto
comodo» aggiunse in fretta. «Guarda, Remus: per
quanto riguarda il
letto comodo hai tutta la mia comprensione. Se c'è qualcosa
che ho
imparato da quell'esperienza, è che devi sempre pensare a
dove
appoggerai le tue chiappe prima di farti slacciare
il
reggiseno».
Lui
si rigirò
distrattamente la bottiglia fra le mani. “Beck's”
recitava
l'etichetta.
«È
Babbana?».
«No,
l'ho rubata a un
Troll che portava a spasso il suo barboncino a Trafalgar
Square»
ridacchiò Tonks. «Non hai mai bevuto una birra
Babbana? Porca
miseria, Remus: sei perfino più di un
bravo ragazzo».
Remus
ignorò la sua
punzecchiata e sorseggiò cauto. Il sapore amarognolo gli
ricordò
quello del sidro annacquato di Aberforth Silente.
«Non
ero esattamente
un bravo ragazzo, sai?».
Tonks
sollevò scettica
un sopracciglio.
«Figurati.
Eri
Prefetto».
«Il
peggior Prefetto
che Hogwarts ricordi».
«Infilare
Caccabombe
nell'ufficio di Gazza non ti rende certo un cattivo ragazzo. Sirius
mi ha detto che finivi in punizione perché cercavi di
fermarlo e ti
facevi beccare con lui». Si concesse un attimo per bere un
goccio di
birra a sua volta. «Più che “peggior
Prefetto”, mi sembra una
cosa da “stupido Prefetto”».
Remus
sospirò.
«“Sirius
dice” sta
diventando il tuo nuovo mantra?».
«Sirius
dice la
verità?».
«A
riguardo di cosa,
esattamente?» chiese. «Del fatto che non sono un
uomo – e non lo
sono nel senso letterale del termine, ti ricordo
– o del
fatto che ero un bravo ragazzo?».
Lei
scrollò le spalle.
«Ha
ragione?».
Remus
appoggiò la
bottiglia al tavolo, incrociò le braccia e si finse
pensieroso per
qualche secondo. Sul suo viso comparve improvvisamente un'espressione
piuttosto malandrina.
«Era
il ripostiglio
del terzo piano?».
Tonks
aggrottò la
fronte e parve pensarci un po' su.
«Sì»
disse piano.
«Sì, mi pare proprio che fosse quello».
«Beh,
Tonks...
avresti dovuto andare nel ripostiglio del quinto piano.
È più
largo».
Lei
si immobilizzò con
la bottiglia a pochi centimetri dalle labbra – delle labbra
decisamente sensuali, realizzò di colpo Remus. Lo
scrutò con palese
stupore, come se non potesse davvero credere a quanto aveva appena
sentito.
«Tu...?
Tu hai...? No.
Non ci credo».
Remus
trattenne a
stento una fragorosa risata.
«Dimmi,
c'è ancora
quella dannata mensola traballante?».
Lei
era sconvolta.
«Se
non capisci quanto
possa far male sbattere la testa contro una mensola...»
continuò
lui. «Probabilmente hai trascorso in quel ripostiglio meno
tempo di
me». Alzò la propria bottiglia e aggiunse:
«Un brindisi ai
peggiori posti in cui perdere la verginità».
Tonks
rimase in
silenzio un altro paio di istante. Poi strinse le labbra e
scoppiò
in una risata fragorosa, si piegò in avanti e
affondò il capo fra
le braccia, senza più freni. Remus si unì e lei,
scuotendo piano la
testa.
«Okay»
acconsentì
lei, ancora incredula. Sollevò la bottiglia e la fece
cozzare contro
quella dell'uomo. «Ai ripostigli».
Sorseggiarono
in
silenzio.
«Sai,
Remus...»
propose lei con aria birichina. «Su al secondo piano ci
sarebbe il
ripostiglio in cui Molly ha messo via le scope...».
«Non
pensarci nemmeno,
Ninfadora».
|
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Capitolo 2 *** Fantasticissimo ***
Note:
Anche questa one-shot ha partecipato all'iniziativa di
24-hours-of-fun (vi suggerisco ancora di darci un'occhiata: i Prompt
Day sono molto divertenti). Il prompt che ho scelto era vischio.
Ambientata
qualche settimana prima dell'aggressione del signor Weasley.
*
Fantasticissimo
Sapere
che Harry e i
ragazzi sarebbero tornati a Grimmauld Place per trascorrere le
vacanze di Natale si era rivelato un balsamo per i nervi tesi e le
smorfie arcigne di Sirius.
Dopo
il fallimentare
tentativo di Tonks di animare un po' le festività di
Halloween,
Sirius si era ostinatamente chiuso in un silenzio impenetrabile.
Remus le aveva provate tutte – aveva provato a mostrarsi
razionale,
poi rassicurante e infine si era arrabbiato – ma non aveva
ottenuto
alcun risultato. Sirius tornò a ridere solo a dicembre
iniziato,
quando ormai le strade al di là delle finestre opache erano
coperte
di neve e il gelo invadeva ogni angolo dei loro mantelli.
«Moony!
Moony!».
Remus
sollevò lo
sguardo da un vecchio libro di Rune Antiche che aveva trovato nella
biblioteca di Orion Black e scrutò l'amico con sottile
preoccupazione. Sirius sventolò con foga una pergamena
azzurrina.
«Silente
dice che
Harry potrà passare qui il Natale!» esplose di
gioia. «Non è
fantastico? Sarà fantastico!
Più che fantastico! Qual è il
superlativo di “fantastico”?».
«Non
esiste alcun
superlativo per “fantastico”».
Sirius
incrociò le
braccia con aria critica.
«E
fantasmagorico?».
«Usare
“fantasmagorico” per indicare un'emozione non
è esatto» spiegò
con un sorriso appena canzonatorio. «La fantasmagoria era un
trucco
illusorio con il quale--».
«Bene,
signor
Lupin, cinque punti a Grifondoro a patto che la smetta di essere
così... beh, così te».
«Me?».
«Te»
scandì solenne Sirius. «E ora su, in piedi.
Abbandona il tuo
giaciglio di disperazione e vieni a darmi un mano con le decorazioni
di Natale».
Remus
borbottò
qualcosa sul fatto che solitamente fosse Sirius, l'uomo disperato
–
e che lui, al massimo, avrebbe potuto candidarsi per il ruolo
dell'uomo che lo sopportava – ma l'amico era già
svanito di corsa
oltre l'androne principale.
«Sirius?»
lo chiamò.
«Per l'amor di Merlino, dicembre è appena
iniziato. C'è tempo
per--».
Sirius
si sporse dal
corrimano delle scale del piano di sopra.
«Se
tu fossi stato mia
madre, dove avresti nascosto i festoni di Natale?».
Remus
socchiuse stanco
gli occhi e si massaggiò le tempie, tentando invano di
nascondere un
sorriso divertito. Il suo repentino entusiasmo si stava mostrando
benefico anche per lui.
«Se
fossi stato tua
madre, li avrei quasi certamente usati per strozzarti».
«Una
volta ci ha
provato. Avevo otto anni e...».
Il
suo racconto venne
interrotto dall'inconfondibile voce della signora Black che strillava
al piano terra.
«Si
parla del diavolo
e spuntano gli Auror!» rise Sirius. «Ci pensi tu a
raccogliere
Tonks dal tappeto?».
Remus
annuì con un
mezzo sorriso rassegnato e scese le scale. Trovò Tonks
riversa sul
pavimento, con il portaombrelli a forma di zampa di Troll addosso e
una sciarpa colorata aggrovigliata attorno alla faccia.
«Feccia!
Traditori!
Sanguesporco e ibridi, come osate insudiciare la casa dei miei
antenati!?».
Si
aggrappò con
decisione ai lembi della tenda e strattonò con tutte le
forze. Tonks
gli fu accanto qualche secondo più tardi e lo
aiutò a rimettere a
tacere l'indemoniato ritratto. Nonostante le luci del pianerottolo
fossero bassissime, il rossore imbarazzato sulle sue gote era
inconfondibile.
«Ehm...
sono caduta»
si scusò in fretta.
«Davvero?».
Lei
fece una smorfia e
gli colpì la spalla con un leggero pugno.
«Buon
pomeriggio,
Ninfa--».
«Tonks».
«Buon
pomeriggio,
Tonks».
«Ehilà,
Remus». Si
levò la sciarpa e la gettò su una cassapanca.
«Arthur mi ha detto
che i ragazzi passeranno qui le vacanze, così ho pensato di
dare la
buona notizia a Sirius e...». Si interruppe pensierosa e lo
scrutò
attentamente. «Ma tu lo sai già, vero?».
«Silente
ha scritto un
messaggio a Sirius».
«Oh,
quel vecchio
impiccione. Volevo vedere la sua faccia».
«Era
una faccia molto
felice» le disse con un sorriso, iniziando a risalire le
scale.
«Puoi ancora vederla: sta cercando gli addobbi di
Natale».
Tonks
inclinò
perplessa il capo.
«Ma
manca quasi un
mese a Natale».
«Te
l'ho detto. Era
una faccia molto felice».
Lei
ridacchiò e lo
seguì fino al piano superiore. Le torce attaccate ai muri
bruciavano
con più intensità di quelle dell'ingresso, e
Remus riuscì
finalmente a guardarla in viso. Quel giorno aveva i capelli di un
verde smeraldino. Li aveva legati senza troppa cura in una grossa
treccia che scendeva dietro le spalle.
«Beh,
giocare
d'anticipo ha i suoi vantaggi» commentò lei
vivace. «Vuoi che vada
a comprare un paio di uova di Pasqua?».
«Non
saprei» si finse
pensieroso. «Mancano solo cinque mesi a
Pasqua».
«Ehi,
Tonks!» ruggì
Sirius. «Hai un abete di Natale?».
«Certo
che sì, me
lo porto in giro da maggio» replicò lei.
«Sto aspettando che mi
fiorisca nella borsetta».
«Gli
abeti fioriscono
in maggio» commentò distratto Remus.
«Giugno, al massimo».
Tonks
gli rivolse
un'occhiata incredula, arricciò le labbra nel tentativo di
non
ridere e si rivolse nuovamente verso Sirius, la cui testa continuava
a comparire e scomparire dalle scale di sopra.
«Sirius!
Il tuo amico
sta di nuovo facendo il saccente!».
«Lo
so! Chiedigli qual
è il superlativo di
“fantastico”!».
Lei
assottigliò
confusa le palpebre.
«“Fantastico”
non
ha il superlativo, Sirius» commentò.
Remus
scoppiò a
ridere. Sirius scrutò torvo prima lei, poi lui, e infine
sollevò
entrambi i palmi della mani e disse:
«Voi
due dovreste
uscire insieme, sapete? Sareste una fantasticissima coppia
di
rompiscatole».
«“Fantasticissima”
non è una parola, Padfoot».
Sirius
emise un chiaro
gemito esasperato.
«Senti,
professor
So-Tutto-Io, tu e la tua assistente avete intenzione di aiutarmi o
preferite restarvene lì a infastidirmi?».
«Stiamo
qui a
infastidirti» rispose prontamente lei.
Sirius
sogghignò e
svanì di nuovo. Remus inarcò un sopracciglio.
«Andiamo
ad
aiutarlo?».
«Sì.
Non vorrei mai
che il coniglietto pasquale arrivasse a metterci fretta».
Remus
rise di nuovo. Il
terzo piano era il posto più illuminato di tutta Grimmauld
Place. Il
gigantesco finestrone che si affacciava sulla strada principale era
stato accuratamente ripulito dalla polvere e dalle ragnatele, e ora
la luce irradiava le pareti in modo da rendere quasi sopportabile il
cupo arredamento della casa. Trovarono Sirius in una delle stanze che
non erano state trasformate in camere da letto, intento a rovesciare
scatole e scatolini con indomabile veemenza. C'erano candelabri,
piatti e ricchi abiti sparsi un po' dappertutto.
Tonks
si chinò per
raccogliere una forchetta a cui mancava un dente.
«Potremmo
usarla al
posto dei campanellini».
«Buon'idea»
acconsentì Remus. «E in biblioteca ho visto un
attaccapanni che
potremmo trasformare in un albero di Natale».
«Potremmo
chiedere a
Kreacher di fare il puntale».
«Kreacher!»
esclamò
d'un tratto Sirius. Riemerse dagli scatoloni nei quali stava frugando
e schioccò vittorioso le dita. «Ecco, chi
è il piccolo bastardo
che mi ha rubato il Natale. Scendo a vedere dove si è
cacciata
quell'inutile creatura». Si diresse a grandi passi verso la
porta,
ma si voltò sull'uscio per rivolgere a entrambi un'occhiata
eloquente. «E voi due, per cortesia,
rendetevi utili e fate
qualcosa di natalizio. Non so... Tonks, trova dei festoni colorati e
strozzalo».
Remus
si umettò
divertito le labbra.
«Quella
storia di tua
madre deve averti davvero spaventato».
Quando
Sirius se ne fu
andato, Tonks lo scrutò curiosa.
«Quale
storia?».
«Lascia
stare» le
disse lui, mentre iniziava a spostare un paio di scatole senza troppa
convinzione. «Non auguro a nessuno di ascoltare le storie
della
famiglia Black».
«Ne
conosco un paio
anche io» commentò lei, mentre si avvicinava alla
finestra e la
spalancava per fare entrare più luce.
Remus
si sentì colpire
da una folata gelida, ma non era certo si trattasse del vento.
Provò
la fastidiosa sensazione di aver detto una cosa tremendamente
sbagliata.
«Scusami»
si affrettò
a dire. «Mi ero dimenticato che tua madre deve aver
sopportato gli
stessi incubi di Sirius. Non volevo offenderti».
Tonks
si voltò per
rivolgergli un sorriso affettuoso – e qualcosa nello stomaco
di
Remus gelò di nuovo.
«Hai
detto la verità.
Chi mai vorrebbe stare a sentire le storie di una famiglia che
decapita elfi domestici e propone di restaurare la Caccia al Lupo
Mannaro?».
Remus
scrollò le
spalle.
«Gli
elfi domestici
godono della mia solidarietà, ma dobbiamo ammettere che la
Caccia al
Lupo Mannaro offre notevoli divertimenti».
Tonks
scoppiò in una
risata argentina.
«Sei
impegnato il
prossimo plenilunio?» replicò ironica.
«Ho sempre sognato di
provare un fucile Babbano».
Rise
anche lui.
Continuarono a frugare per diversi minuti, facendo di tanto in tanto
commenti sciocchi su questo o quell'altro artefatto magico che
spuntava fuori dai bauli abbandonati. Tonks venne aggredita da un
vecchio completo da mago che scattò fuori da un cassetto e
tentò di
strangolarla. Una volta calmata la situazione, si ritrovarono a
ridacchiare all'idea di usare i calzoni del defunto Orion Black come
festoni di Natale.
«Ehi,
Remus» disse
infine Tonks. «Credo di aver trovato qualcosa di vagamente
festivo».
«Vagamente?».
Lei
arricciò perplessa
le labbra mentre gli mostrava una lunga coda di piume nere.
«I
casi sono due: o la
signora Black aveva un pessimo gusto nel scegliere i vestiti o la
signora Black aveva un pessimo gusto nel scegliere
l'arredamento».
«Sono
piuttosto
propenso per entrambe le cose».
La
aiutò a rovesciare
il contenuto del baule sul pavimento. C'erano un paio di palline blu
intere e almeno una dozzina in frantumi, un puntale senza
più punta,
un paio di piccoli folletti impagliati che fecero raggelare entrambi
e uno striminzito rametto senza più foglie. Tonks se lo
rigirò fra
le dita.
«Cos'è
questo
schifo?».
Remus
assottigliò le
palpebre e lo scrutò da vicino.
«Temo
sia il cadavere
di un rametto di vischio».
«Oh,
povero
piccolo...» si lamentò lei teatralmente,
carezzandolo con aria
addolorata. «Non siamo arrivati in tempo per salvarlo.
Dannati
Black, pagheranno anche questo affronto!».
Risero
ancora e
valutarono il contenuto generale del baule.
«Se
addobbiamo la casa
con questi orrori, Molly ci uccide» affermò decisa
Tonks.
Remus
fu costretto a
darle ragione.
«Che
ne facciamo,
quindi?» chiese lei.
«Beh...»
iniziò lui
con un sorrisetto storto, «possiamo usarle per addobbare
Sirius».
Lei
ridacchiò e si
appoggiò alla sua spalla. Quando si fu calmata, lo
osservò di
nuovo, e sul suo viso comparve un'espressione più seria.
«Aspetta.
Stai dicendo
davvero?».
«Sarebbe
divertente».
«Sì,
però...».
Abbassò
gli occhi e
guardò di nuovo il ramoscello sciupato di vischio. Poi si
alzò in
punta di piedi e lo infilò sopra all'orecchio sinistro di
Remus. Lo
osservò qualche secondo prima di scoppiare ancora in una
risatina
frizzante.
«Tu
saresti un albero
molto più composto».
«È
il più bel
complimento che mi abbiano mai fatto» mormorò lui.
Lei
si mordicchiò il
labbro inferiore e piegò appena il capo.
«Hai
del vischio su un
orecchio».
«Me
ne sono accorto».
Tonks
si mosse con
incredibile velocità. Attorcigliò le dita attorno
alla sua cravatta
e si sollevò ancora sulle punte per scoccargli un bacio
fulmineo
sulla guancia. Remus rimase impietrito – e gelò
ancora, ma questa
volta era un gelo inspiegabilmente caldo, e
lì dove si erano
appena posate le sue labbra la pelle stava andando a fuoco.
«Buon
Natale, Remus».
Gli
ci volle qualche
secondo per riprendersi. Lei gli sferrò un altro pugnetto
divertito
sulla spalla, gli fece un occhiolino di intesa e si affrettò
a
uscire dalla stanza. La sentì accusare Sirius di essere il
proprietario della casa meno natalizia della storia della Gran
Bretagna. Remus sollevò piano la mano e sfiorò
distratto il punto
in cui lei lo aveva baciato. Mancava un mese a Natale e quella era
davvero la dimora meno festosa di tutto il paese.
Ma mentre
stava lì, con la neve che iniziava a posarsi sul davanzale
della
finestra che Tonks aveva dimenticato di richiudere, riuscì a
pensare
a una sola cosa.
“ Fantasticissimo”.
|
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Capitolo 3 *** È a questo che servono gli amici ***
*
È
a questo che servono gli amici
Tonks
era talmente
concentrata nel tentativo di far Levitare il vassoio con il brodo di
pollo che Molly aveva preparato per Remus – e di non
inciampare, di
non cadere, di non rovesciare niente –
che finì per non
accorgersi di avere un laccio dell'anfibio slacciato e
caracollò sul
pavimento a pochi passi dalla sua stanza.
Riuscì
a tenere la
bacchetta alzata per un soffio e il brodo rimase a mezz'aria,
traballante ma tutto sommato integro.
«Porca
vacca...»
brontolò mentre si rialzava piano. «Ce l'avevo
quasi fatta».
«Tonks?»
la chiamò
la voce preoccupata di Molly. «Hai lasciato cadere il mio
brodo?».
La
ragazza chiuse le
palpebre e sospirò. “Tonks, stai bene?”
era una domanda che la
gente smetteva di porle dopo poco più di un'ora.
All'incorreggibile
spirito materno di Molly erano serviti tre giorni prima di capire che
lei se la sarebbe sempre cavata – le vittime era sempre
l'universo
sventurato che la circondava.
«No,
Molly» la
rassicurò. «Il tuo brodo respira
ancora».
Si
avvicinò alla
stanza di Remus e bussò cauta un paio di volte. Non ottenne
alcuna
risposta, così bussò più decisa.
Ancora niente. Sirius l'aveva
avvisata che Remus tendeva ad avere un sonno particolarmente pesante.
La mattina successiva ai pleniluni, poi, avrebbe potuto dormire anche
sotto un bombardamento dell'Aeronautica Babbana. Abbassò la
maniglia
e infilò la testa.
La
luce che filtrava
dalle imposte semiaperte era a malapena sufficiente a farle
distinguere i profili del letto e della mobilia. Considerò
attentamente le possibilità che aveva di servire il pranzo a
Remus
senza rischiare di uccidersi: poche. Nella migliore delle ipotesi,
avrebbe ucciso lui.
«Ehm...
Remus?».
L'uomo
continuò a
dormire.
«Oh,
accidenti» si
lamentò. «Tipico di voi uomini dormire quando una
donna ha bisogno
di supporto morale...».
Entrò
con estrema
lentezza nella stanza, muovendo un piede dopo l'altro come se temesse
di sprofondare nelle assi del pavimento e stando molto attenta a far
Levitare per bene il brodo. Fu questione di un secondo prima che
sbattesse il ginocchio contro una pericolante pila di libri e cadesse
al suolo. Questa volta non ci fu proprio niente da fare: la ciotola
del brodo decollò dall'altra parte della stanza e si
infranse a
terra con uno schianto secco.
«Porca
vacca!»
imprecò a gran voce.
Dal
letto di Remus si
sollevò un mormorio infastidito. Tonks gemette sconsolata,
si
rialzò, agitò la bacchetta in direzione della
finestra e fece
entrare un po' più luce. Rivolse un'occhiata arrabbiata al
brodo che
si stava spandendo sul pavimento e ai cocci rotti, poi
fulminò i
libri su cui era inciampata. Ne sollevò uno con aria
curiosa.
“Evoluzione della Demonologia Difensiva, volume XV”
pesava quanto
un Gigante ed era largo almeno il doppio. Poi si azzardò a
scrutare
Remus e si accorse con grande stupore che era ancora addormentato.
Per
qualche strana
ragione, si accorse solo dopo diversi secondi che l'uomo era
completamente nudo e che la coperta era scivolata molto in basso
–
pericolosamente in basso, dovette ammettere. Si sentì
avvampare e
serrò d'istinto le palpebre.
«Porca
vacca. Ancora
porca vacca, cento volte porca vacca...».
Riaprì
lentamente un
solo occhio, molto piano, molto cautamente. Poi aprì anche
l'altro,
arricciò le labbra e piegò il capo interessata.
Remus era davvero
magro (non quanto sosteneva Molly, certo, perché le costole
non
parevano in procinto di schizzargli via dal torace), ma non pareva
deperito come si ostinava tanto a ribadire. Più che di
muscoli,
Remus sembrava fatto di nervi. Non era nemmeno lontanamente villoso
come lei si era aspettata. Probabilmente si era lasciata influenzare
un po' troppo da tutta quella nenia della licantropia che lui
continuava a ripetere. Aveva una sottile linea di peli biondicci che
scendeva dal petto e attraversava lo stomaco e Tonks si
sforzò di
distogliere lo sguardo dal punto in cui conducevano. Nel complesso,
non era affatto la visione mostruosa che l'Ufficio
per il
Controllo e la Regolazione delle Creature Magiche sbandierava con
tanto impegno. Notò solo in quell'istante il considerevole
numero di
cicatrici che gli ricoprivano il corpo – e si
domandò come avesse
potuto non vederle prima. Ne aveva davvero tante. Alcune sembravano
piuttosto vecchie, tetre e ancora più pallide del suo
colorito
cereo, mentre altre erano vivide e intense, e gli deturpavano grandi
zone di pelle. Quella sul suo fianco sinistro era indubbiamente la
più raccapricciante: la carne si era rimarginata in piccole
pieghe
frastagliate, bianca come il lenzuolo che non riusciva a coprirla.
“È
strana” pensò Tonks. “È come
se...”. Riconobbe l'evidente
segno di un gigantesco morso e si diede della stupida. “Come
se
fosse cresciuta insieme a lui”.
Venne
colta
dall'irrefrenabile impulso di abbracciare quel moribondo disgraziato.
«M-Molly?»
biascicò
improvvisamente Remus. Aprì debole gli occhi e
ruotò la testa sul
cuscino.
«No,
sono Tonks». Si
avvicinò al letto e gli tirò la coperta fino al
petto. «Sei
sfortunato: Molly non avrebbe mai permesso al tuo brodo di
schiantarsi sul pavimento. Adesso torno in cucina, ne prendo
dell'altro e ci riprovo».
Remus
sembrava confuso.
«N-Ninfadora?
Che c-ci
fai qui?».
«Ehi»
protestò lei
con tono vivace, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ho
capito
che preferisci Molly come crocerossina, ma potresti anche
accontentarti».
Lo
vide arrangiare un
sorriso timido. Era talmente debole che Tonks non ebbe la forza di
rimproverargli l'uso del suo nome di battesimo.
«Vado
a prenderti
dell'altro brodo. Indovina? Sono caduta».
«N-non
importa. Non ho
molta fame».
Tonks
fece una smorfia
severa.
«Scordatelo,
devi
mangiare. Sei così pallido che avrei potuto confonderti con
il
lenzuolo».
Lui
si umettò le
labbra secche e scosse spossato la testa.
«M-Molly?»
ripeté di
nuovo. Questa volta la sua voce aveva una punta di vaga ironia.
«Hai
f-fatto qualcosa ai capelli? Sono viola».
Tonks
rimase in
silenzio qualche secondo, poi roteò gli occhi al cielo con
finta
esasperazione.
«Sei
a un passo dalla
morte e trovi ancora il tempo di fare battute stupide»
commentò
divertita. «Voi audaci Grifondoro non smetterete mai di
stupirmi».
«Cosa
fate voi
Tassorosso quando s-state male?».
Tonks
sorrise.
«C'è
sempre un audace
Grifondoro che ci porta a letto il brodo di pollo e non inciampa nei
suoi stessi piedi».
La
risata di Remus si
trasformò in fretta in un vago colpo di tosse.
«Forse
dovresti
riposare un altro po'» propose lei.
«No,
sto bene».
«Come
non crederti? Ti
potrei raccogliere con il cucchiaio, se solo non fosse finito da
qualche parte sotto il letto».
Lui
esalò un soffio
doloroso.
«Dico
davvero. Sono
a-abituato. Entro questo p-pomeriggio sarò di nuovo in
piedi».
Tonks
fece una smorfia
incerta.
«Non
credo».
«Non
dubitarlo».
«Dubito,
invece: è
già pomeriggio. Hai dormito tredici
ore» commentò
divertita. «Il prossimo mese non bere Whisky Incendiario la
sera
prima della luna piena».
Remus
parve un po'
risentito.
«Sei
stata tu a
convincermi».
«Allora
non lasciarti
convincere più» replicò maliziosa.
«Non devi sempre fare tutto
quello che ti dico, sai?».
«Diventi
insopportabile quando mi rifiuto».
Tonks
spalancò
oltraggiata la bocca e si portò una mano al petto, ma sul
suo viso
c'era una smorfia allegra.
«Che
ingrato! E io che
ero venuta qui con l'intenzione di farti stare un po' meglio».
Negli
occhi di Remus
comparve una luce di sincera riconoscenza.
«Grazie,
Ninfadora».
Non
c'era più alcun
sarcasmo, non c'era più niente del tono affabile con cui di
solito
si divertiva a reagire alle sue canzonature. Tonks ne rimase
profondamente colpita, e tutto d'un tratto non aveva più
voglia di
prenderlo in giro. C'erano un sacco di battute che avrebbe potuto
fare. Avrebbe potuto dirgli che stava solo cercando di circuirlo
perché aveva sentito eccitanti storielle su certe
caratteristiche
dei Lupi Mannari che avrebbero fatto rizzare i peli della nuca di
Molly; avrebbe potuto accennare al fatto di essere stata pagata da
Malocchio per non far morire di stenti l'unico membro dell'Ordine
della Fenice con un po' di sale in zucca; o magari avrebbe potuto
fingere che in realtà fosse davvero morto e che Grimmauld
Place
fosse l'inferno eterno che gli era toccato, pieno di adolescenti in
crisi ormonale di cui Sirius era il capo indiscusso e di demoni e
elfi domestici che cercavano di mordere i polpacci dei dannati a ogni
passo.
Alla
fine non disse
niente del genere - non disse proprio nulla. Non si era nemmeno resa
conto che lui l'aveva chiamata “Ninfadora” per
l'ennesima volta,
e se di solito reagiva alla provocazione colpendolo con qualsiasi
oggetto potenzialmente contundente, quella volta sorrise appena e
appoggiò la propria mano sulla sua. Era gelida,
così iniziò ad
accarezzargli la pelle nella speranza di scaldarlo.
«Stronzate»
lo
schernì con affetto. «A che altro servirebbero gli
amici?».
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