Shot me down

di 365feelings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Birra ***
Capitolo 2: *** Pioggia ***
Capitolo 3: *** Il mondo a mezzanotte ***
Capitolo 4: *** Il mattino dopo ***
Capitolo 5: *** Tornare a casa ***
Capitolo 6: *** Trucco sbavato ***
Capitolo 7: *** Cielo senza Dio ***
Capitolo 8: *** Proiettile ***
Capitolo 9: *** Di vini pregiati ed errori madornali ***
Capitolo 10: *** Kimono ***
Capitolo 11: *** Un sogno (che non è completamente un sogno) ***
Capitolo 12: *** Gravidanza ***
Capitolo 13: *** iPod ***
Capitolo 14: *** Gambe ***
Capitolo 15: *** Agente penitenziario ***
Capitolo 16: *** Tre volte in cui in Rock vorrebbe abbracciare Revy (Una volta in cui Revy effettivamente abbraccia Rock) ***



Capitolo 1
*** Birra ***


Fandom: Black Lagoon
Personaggi:Revy, Eda, accenni a Rock/Revy
Rating: giallo
Avvertimenti: flash fic, slice of life
Note: inizio l'ennesima raccolta della mia vita da fan writer e lo faccio perché mi sono resa conto che quando partecipo al Writing Day scrivo su questo fandom, anche se poi, finita l'iniziativa, lo tralascio. È un tentativo per tenere le cose in ordine, ecco.
Capitolo scritto per il prompt "birra".


Mentre il sole al tramonto incendia il cielo e tinge d'arancio la facciata della chiesa, il rumore metallico di una sicura risuona nell'aria.
Incurante di ciò che la circonda, Eda siede con poca grazia su una cassa di legno e pulisce con cura le sue armi, ma quando nel suo campo visivo appare una bottiglia di birra non sembra sorpresa. Anzi, appoggia la pistola e accetta l'offerta, alzando lo sguardo su Revy.
«Dutch e gli altri sono andati in uno dei loro locali da uomini» commenta «E tu non hai di meglio da fare che venire a rompere la scatole a me».
«E io che volevo solo andare a trovare un'amica».
«Noi non siamo amiche» risponde e quando sente la presa dell'altra sulla bottiglia aggiunge «Ma la birra la tengo».
«Ah giusto, tu sei solo una stronza che prima o poi finirà crivellata di colpi» ribatte «Fammi un favore, quando crepi non sporcare troppo in giro e soprattutto non farlo il venerdì sera».
«Dai per scontato di sopravvivermi» sbadiglia Eda, allungando le gambe sulla ghiaia, la pelle nuda che fa bella mostra di sé sotto la sottana da suora.
«Io sono Two Hands, tu chi sei?»
«Quella che ficcherà una pallottola in fronte» ma non c’è astio nella voce, nemmeno convinzione. C'è languore, c'è sonnolenza.
È venerdì sera e se ne stanno entrambe sul sagrato della chiesa, come due vecchie troppo stanche ed annoiate per poter anche solo litigare decentemente. 
«Che palle!» sbotta Revy, dopo un po' «Ma non hai un cazzo da fare per passare il tempo?»
«Siamo nella casa del Signore, se volevi passare il tempo andavi al casinò o te ne stavi con i tuoi compari» risponde la suora con un altro sbadiglio «Mica ho capito perché sei venuta qui».
«Non mi andava di rinchiudermi in uno streap club pieno di mezze seghe arrapate che allungano le mani, con le cubiste che ti sbattono le tette in faccia ad ogni passo che fai e Rock che finisce sempre per perdere tutti i soldi» inizia a sbraitare «Dutch sparisce nel suo privè, Benny si dilegua dio solo sa dove e io rimango a badare a quel cretino di un colletto bianco. L'ultima volta ha dato i soldi a una delle ballerine perché cambiasse lavoro. Ti rendi conto dell'idiozia?»
Eda beve un altro sorso di birra, il sapore del malto che prende il possesso del suo palato. Revy sta ancora blaterando su quanto Rock sia scemo e nel parlare di lui, come sempre, si è infervorata. Ma ormai non la sta più ascoltando, troppo impegnata ad osservare la notte che lentamente assorbe gli arancioni e i rosa del cielo; e poi li conosce a memoria, i discorsi sul giapponese.
«Almeno te lo sei scopato?» sbotta, stanca del brusio di fondo.
«Ancora con questa storia?!»
«La chiave di tutto è una sana scopata» continua «Vedrai che dopo tutto è più chiaro. E togliti quell'aria scandalizzata dalla faccia, lo sai che ho ragione».
«Ti sei bevuta il cervello, suora» ribatte Revy, sulla difensiva. E non lo sa nemmeno, perché sta sulla difensiva quando Eda parla di Rock e di ciò che loro due potrebbero fare insieme. Le viene naturale, reagire in quel modo, ostacolare la conversazione, impedire che le vengano poste altre domande, che vengano fatte altre insinuazioni.
La donna sembra cogliere il filo dei suoi pensieri, perché le rivolge lo sguardo di chi la sa lunga.
«Avanti, vuoi dirmi che non ci hai mai fatto neanche un pensiero?» la provoca.
Revy ha smesso di arrossire da molto tempo, ma sente che in un'altra vita ora sarebbe rossa come un pomodoro. Per sua fortuna, ha imparato a dissimulare bene e Eda non trae alcuna soddisfazione dalla sua faccia di bronzo.
«Perché, tu sì?»
«Ti dico solo che se fossi al tuo posto e avessi l'occasione di fare della sana attività, beh, non me la lascerei certo scappare» risponde con tranquillità «Come invece fai tu».
«Ma dai, lo hai visto bene? È un inetto!»
«Magari è un drago a letto, non si può mai dire».
La pistolera scuote il capo con rassegnazione e beve il suo ultimo sorso di birra, poi posa a terra la bottiglia e prende la mira.

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Capitolo 2
*** Pioggia ***


Autrice: kuma_cla
Personaggi: Rock, Revy 
Rating: verde
Genere: introspettivo, malinconico
Avvertimenti: flash fic, missing moment
Note: ambientata non so quando, probabilmente prima del Giappone, ma volendo anche dopo. Un momento vuoto e la pioggia (piove anche a Roanapur, vero?) e un rapporto che mi piace un sacco. Senza aggiungere nulla ai trascorsi di Revy, ho pensato che qualcosa dell'incarico che ha accettato o non so che altro, l'abbia resa di cattivo umore, quel cattivo umore in cui è più pericolosa del solito. Rock non chiede e lei non dice, lui non osa e accetta di essere un codardo, mentre a Revy va bene anche così (perché non sono in molti quello che le sono stati accanto). Ho il terrore di essere andata OOC, ditemelo se è così, ve ne prego.




Non piove spesso a Roanapur, ma quando accade sembra che il cielo voglia pulire la terra.
L'acqua scroscia ininterrotta per qualche ora, annunciata da tuoni lontani e dal vento che inizia a sibilare tra le vie, portando con sé nuvole nere e lampi; giù al porto tira aria di tempesta, dicono i vecchi marinai e per quel giorno il mare, che ancora riposa placido sotto i raggi del sole, non viene solcato.
La pioggia si riversa all'improvviso, in uno scoppio fragoroso, e lava tutto: la sporcizia, il sangue. O ci prova. Perché non ci riesce.
Pian piano che l'acqua scende, quasi a secchiate, si formano rivoli scuri che seguono le pendenze degli asfalti e dei cementi, i tombini si rivelano inutili e le fogne iniziano ad allagarsi.
Alla fine, quando smette, Roanapur non è più pulita di prima. 

Revy rientra che fuori ancora piove. Quando apre il portone, il vento si incunea nel corridoio e fa tremare la porta dell'appartamento allo stesso modo di come scuote le foglie delle palme. Avrà fatto entrare molta acqua, pensa distrattamente Rock, e non appena la vede varcare la porta di ingresso (l'impermeabile che gocciola ovunque e gli stivali sporchi di fango) il problema passa in secondo piano. Ma ormai la conosce abbastanza da trattenersi dal riprenderla; sotto il cappuccio e tra una ciocca e l'altra di capelli, ha colto il suo sguardo e vi ha letto furia omicida. Un po' di tempo prima avrebbe avuto la pessima idea di dirle qualcosa a riguardo del suo girare per casa in quello stato o, ancora peggio, avrebbe chiesto se andava tutto bene (e molto probabilmente, anzi, sicuramente, si sarebbe ritrovato con la canna di una pistola puntata alla testa). Adesso resta in silenzio, affacciato dalla porta della sua camera: Revy non lo degna di un'occhiata e va in bagno, ma è certo che lo abbia visto.
Ormai è diventata una sorta di abitudine, assicurarsi che rincasi da uno dei lavori in solitaria che la donna di tanto in tanto accetta, quando la Black Lagoon ritorna in porto e ci resta per qualche giorno o qualche settimana. Immagina sia per occupare il tempo, forse per non perdere la mano (anche se dubita che Revy possa perdere il tocco per un po' di riposo) o per avvertire il brivido della caccia, l'eccitazione e l'adrenalina che il loro appartamento di certo non regala. Di tanto in tanto la pistolera esce e Rock, che di rado sceglie di occupare il tempo in quel modo, aspetta che ritorni, senza mai che l'attesa appesantisca le sue giornate e ostacoli i suoi programmi. Revy non sembra seccata di quello sguardo che si posa su di lei quando apre la porta dell'appartamento, sembra che non se ne curi, ma l'uomo sa, che nel profondo, un po' ci tiene, qualsiasi sia l'umore del momento.
Anche adesso, la guarda sparire in bagno e, certo che vada tutto bene (per quanto bene le cose possano andare a Roanapur), ritorna alle sue occupazioni, quelle che ha lasciato da parte quando l'ha sentita arrivare.

Revy si lascia cadere accanto a lui, per niente interessata alle buone maniere o alla femminilità; se non avesse ancora quello sguardo omicida che le ha visto nel salotto, azzarderebbe ad una battuta a riguardo. Invece sta zitto, certo che Bennie, chiuso nella sua camera tra computer e altre diavolerie, non verrebbe a salvarlo. 
Continua a leggere alcuni giornali, tutti gli arretrati accumulati durante gli incarichi con la Black Lagoon. Revy al suo fianco sta in silenzio, la schiena appoggiata al muro e le gambe divaricate, lo sguardo perso da qualche parte; non cerca attenzioni, non ne dà.
Senza staccare gli occhi dall'articolo (ennesimo colpo di stato in qualche paese africano) le passa la birra che stava bevendo; lei la accetta e non commenta, limitandosi a bere lunghe sorsate.
Sono un duo fuori dagli schemi, a vedersi per nulla affiato: sono capitati insieme per caso, quasi per sbaglio, e nonostante l'inizio poco promettente si sono scoperti stranamente in sintonia.
Rock gira una pagina del giornale e nel farlo si concede un'occhiata a Revy, per vedere come è presa: a volte torna su di giri, altre volte incazzata e poi ci sono quei giorni in cui è meglio non fare domande, in cui non è certo del luogo in cui lei si trovi (se lì con lui o tra i ricordi o dove altro).
Ha i capelli ancora bagnati (si prenderà il raffreddore) e sotto la canottiera non porta il reggiseno (il pensiero lo turba, nonostante tutto non si dimentica che è una donna), lo sguardo guarda fuori dalla finestra e forse nemmeno vede la pioggia che picchietta contro il vetro, forse nemmeno sente l'acqua che scroscia sul tetto e sulla strada. È uno di quei giorni, considera Rock, è uno di quei giorni in cui non importa cosa faccia, perché tanto sa di non poterla raggiungere lì dov'è con la mente. Ci sono cose che non sa, angoli bui e brutti ricordi che Revy non ha condiviso e forse è meglio così, riflette. È davvero sicuro di voler immergersi nel fango del suo passato? Qualsiasi cosa le sia accaduta prima di conoscerla, non è certo di poterla sopportare. È un codardo, magari è per questo che Revy tace — un codardo che però ora le siede accanto.
Passano il resto della giornata a guardare (o a non guardare) le chiome delle palme piegarsi sotto la frusta del vento e Roanapur che si lascia lavare, solo per insozzarsi ancora di più.
Tutto sommato va bene così.

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Capitolo 3
*** Il mondo a mezzanotte ***


Autrice: kuma_cla
Pairing: Revy/Rock
Rating: rosso (ma neanche tanto)
Genere: sentimentale
Avvertimenti: flash fic
Prompt: il mondo a mezzanotte
Note: kuruccha, i suoi prompt che ti ispirano anche quando vuoi e io che finisco con il partecipare attivamente al p0rn fest. Non credevo sarebbe mai arrivato questo momento e invece.



Revy sembra ricordarsi di essere una donna.
Lo fa solo perché è il tocco di Rock a risvegliare in lei certe sensazioni e tutto sommato non è male: il modo in cui la bacia, il modo in cui la accarezza e la spoglia è piacevole. Il giapponese ci sa fare, ma non lo ammetterebbe mai — anche se è il suo stesso corpo a tradirla.
Non è abituata a quel genere di attenzioni, forse è questo; Rock è gentile e allo stesso tempo deciso, nei suoi baci c'è desiderio ma nei suoi movimenti manca la fretta — abbiamo tutta la notte, sembra dirle, perché correre, godiamocela.
E quando si ritrova con la schiena contro il materasso, Revy rinuncia ad ogni pretesa: non capovolge i ruoli, non cerca la lotta, non vuole il comando. Quand'è stata l'ultima volta che ha avuto un letto sotto di sé?
Rock indugia sui seni nudi, poi prosegue verso il basso; ha le sue mani tra i capelli e sulla schiena, che lo stringono, lo accarezzano, lo accompagnano. Quei polpastrelli ruvidi si scoprono capaci di altro, oltre che di reggere una pistola.
La trova già bagnata, le gambe aperte e negli occhi socchiusi il piacere: è calda, morbida, è bellissima ed è sua. La sente gemere, mentre le stuzzica il clitoride e quando entra in lei, la sente inarcare il bacino e inizia a muoversi, l'eccitazione che cresce, li avvolge.
Revy cerca la sua bocca, lo bacia, lo stringe, ci fa qualcosa che no, non può essere davvero l'amore, eppure ci assomiglia così tanto. 
Fuori dalla finestra aperta, Roanapur è accesa dalle luci dei locali notturni, luccica peccaminosa nel buio della notte e si sveste per pochi soldi. Anche adesso, si insinua nella stanza con i suoi rumori molesti, in un soffio d'aria calda, umida che si appiccica ai loro corpi nudi e intrecciati. Ma non se ne curano — non c'è spazio per qualcosa di tanto corrotto, non quella volta.
Il mondo a mezzanotte si è ristretto a loro due e al letto su cui stanno, ha il sapore delle loro pelli, polvere da sparo e dopobarba. 
Il mondo a mezzanotte sa di baci e carezze, di un piacere che si dilaga con impeto — qualcosa che Revy non credeva avrebbe mai provato.

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Capitolo 4
*** Il mattino dopo ***


Autrice: kuma_cla
Personaggi: Eda, Rock/Revy
Rating: verde
Genere: boh, commedia?
Avvertimenti: flash fic, het
Prompt: kuruccha ha buttato lì "il resoconto di Revy a Eda, il mattino dopo" che credo riciclerò più volte perché mi ispira un sacco"
Note: niente, vado a leggermi Il marchio di Atena (sì, ho vent'anni e sono in fissa con Percy Jackson).




È più rilassata.
Si tratta di un mutamento appena percettibile, ma da un anno a quella parte Eda non ha fatto altro che aguzzare la vista per essere pronta a notarlo — per noia, si intende.
Revy si comporta come sempre, modi bruschi e parolacce, tanto che Dutch e Benny non si sono accorti di nulla, ma lei è una donna e una donna certe le cose le capisce.
Ha finalmente fatto sesso con Rock, non c'è dubbio.
Anche se sta impartendo degli ordini con la grazia e la finezza di uno scaricatore di porto e quando un manovale lascia accidentalmente cadere una cassa, bestemmia come se non fosse sul sagrato della chiesa, dal tono di voce (e dal fatto che le Sword Cutlass non sono ancora state scomodate, nemmeno per una minaccia piccola piccola) si capisce che non è davvero arrabbiata, anzi sembra proprio una bella giornata — sentila come ride sguaiata.
Ogni tanto lei e il giapponese si scambiano un'occhiata, una delle loro, una di quelle che non ti aspetti perché dai, ma li hai visti, questi due non possono davvero essere una squadra. E fin qui niente di strano, non più del solito, ma poi Revy indugia quel tanto che basta per far sogghignare Eda.
Sono bravi a comportarsi come sempre, come nulla fosse; la donna gliene dà atto. Rock ancora più della pistolera, tanto che (quasi) nessuno si accorge del suo sguardo, che scivola come una carezza lungo la schiena della compagna — quello non è uno sguardo da soci in affari, quello è uno sguardo da amanti.
Quando Eda la chiama in chiesa con una scusa, la prima e ultima cosa che Revy nota prima di finire nel confessionale è il ghigno della suora.
«Allora? Tu e il giapponese avete scopato, te lo si legge in faccia».
«Pulisciti la bocca, Eda, siamo nella Casa del Signore».
«Appunto, non si dicono le bugie».

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Capitolo 5
*** Tornare a casa ***


Autrice: kuma_cla
Prompt: Rock/Revy, Tornare a casa
Limitazione: Una storia nella quale il protagonista torni a casa la sera e racconti di come durante il giorno si sia trovato a fare qualcosa che nemmeno immaginava.
Rating: verde
Genere: commedia
Avvertimenti: het
Note: scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt. Vagamente demenziale e forse pure OOC, dovrei smetterla di scrivere quando sono stanca perché è questo il risultato. Ringrazio comunque Kuruccha, perché l'idea della mappa (su cui voglio scrivere ancora) è stata ispirata da lei <3



«Sto morendo di fame» annuncia a gran voce, facendo sbattere la porta alle proprie spalle e lasciando cadere un borsone. A giudicare dal rumore, deve essere pieno di armi e munizioni.
Rock non alza nemmeno lo sguardo dai suoi giornali e le indica i cartoni della pizza sul tavolo. Ci sono degli avanzi, ormai freddi, mentre la birra dimenticata fuori dal frigo è fin troppo calda: Revy scrolla le spalle e prende tutto, sprofondando nel vecchio divano. Si libera degli anfibi, senza preoccuparsi dell'odore che possono avere i suoi calzini dopo una giornata di lavoro e allunga le gambe sul bracciolo della poltrona dell'uomo. Ha mangiato di peggio, in posti peggiori, in compagnia di gente meno interessante.
«Gli altri dove sono?» chiede senza nemmeno guardarsi attorno e addentando uno spicchio di pizza. Ha talmente fame che le sembra una prelibatezza.
«Fuori» risponde laconico Rock, mentre si aggiorna sulla situazione in Crimea.
«Oggi mi è capitata una cosa assurda» continua lei poco dopo, masticando a bocca aperta «Mai successo niente del genere da quando sono qui. E sono qui da molto».
Il giapponese mugugna distrattamente un assenso, più interessato all'articolo che alle parole della collega, ma lei insiste e ha già iniziato a raccontare la sua giornata.
«...e così lo ho aiutato».
«Chi?»
«Come chi?» gli dice e ora che Rock ha finalmente messo da parte il giornale lo guarda con disappunto «Il vecchio!»
«Ti rendi conto? Ho aiutato un vecchio ad attraversare la strada» continua, aspettandosi una precisa reazione che però l'uomo non riesce a indovinare.
Revy alza gli occhi al cielo, sbotta qualcosa sul fatto che è un colletto bianco, come se questo spiegasse tutto, e precisa: «Un novantenne che attraversa la strada, a Roanapur. Qui siamo tutti cadaveri ambulanti e questo ha quasi raggiunto i cento anni! È da rispettare, un uomo simile, da prendere ad esempio».
«E io che credevo fosse degno di nota il tuo gesto altruistico» la canzona lui, iniziando un'infantile guerra con i piedi di lei sul bracciolo «Sebbene la tua educazione lasci molto a desiderare».
«E mi ha dato una mappa» aggiunge, ignorando il commento con aria sdegnosa.
«Una mappa?»
«Sì, come quella dei pirati» gli spiega con entusiasmo, bevendo l'ultimo sorso di birra e abbandonando subito dopo la bottiglia tra i cuscini.
Rock inizia a capire quale sia la vera origine del buon umore di Revy. È stata fuori tutto il giorno, ha lavorato ed è rientrata da poco: solo la possibilità di mettere mano a una montagna di bigliettoni può renderla così disponibile.
«Fammi indovinare» le dice «Tu ed Eda siete intenzionate a fare una caccia al tesoro».
«Non dirlo come se fosse una cosa da bambini» lo rimprovera e lui non riesce a trattenere un sorriso divertito.
«Quell'uomo ti ha rifilato una carta qualsiasi e tu ed Eda siete così stordite da crederci perfino» azzarda, conscio di rischiare. È perché è di buon umore che non si ritrova con una pallottola in fronte.
«Non riderai più quando io nuoterò in una montagna d'oro».

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Capitolo 6
*** Trucco sbavato ***


Autrice: kuma_cla
Prompt: trucco sbavato (prompt orfani di piscinadiprompt)
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo) — 410 w
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: het, missing moments, sequel
Note: • scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
• La storia può considerarsi il sequel di un'altra storia, assai più bella, di Kuruccha: Calda è la notte





Si sveglia con il sole che le batte forte in testa, un braccio non suo sotto la schiena e il corpo indolenzito. Impreca ad alta voce, passandosi una mano sul volto per scacciare la sonnolenza che ancora la intontisce e ritrovandosi il palmo sporco di nero. Si sforza di fare mente locale nonostante l'emicrania e i ricordi della sera prima affiorano lentamente: Dutch che li vuole in tiro per un lavoro, la noia, ancora la noia, un accendino che non funziona, il caldo. Carburerebbe meglio con una tazza di caffè e un'aspirina, ma si trova sul pavimento di un terrazzo e non c'è niente di quello di cui ha bisogno.
All'improvviso si ricorda di Rock e si volta alla sua destra, trovandolo ancora addormentato; lo scuote senza gentilezza e lo chiama con voce roca. L'uomo si sveglia poco dopo con un grugnito e si mette a sedere a fatica, sbadigliando.
«Che vuoi?»
«Cosa abbiamo fatto ieri sera?» chiede a bruciapelo, tastandosi il vestito e ricordando con un brivido una mano di Rock sulla schiena nuda. La gonna è ancora annodata sui fianchi, ma da un lato la stoffa è scivolata verso il basso, coprendole la gamba fino al ginocchio. Il corpetto, invece, nel sonno si è spostato e il risultato è che la scollatura cade sbilenca, un po' come la coda sfatta.
Rock la guarda, l'aria stropicciata come il suo completo e l'espressione di chi le sta facendo un grandissimo favore. Anche lui avrebbe bisogno di un'aspirina.
«Abbiamo parlato, credo» le risponde, decisamente di cattivo umore per quel brusco e scomodo risveglio «Che vuoi che abbiamo fatto».
«No, niente» conferma lei, alzandosi traballante. Cerca le scarpe — dei sandali argentati con un ridicolo tacco che le ha tormentato i piedi per tutta la serata fino a quando ha mandato a fanculo Dutch e se li è tolti — e le trova rovesciate accanto ad una bottiglia di vino vuota. Hanno fatto i raffinati, sogghigna.
«Vado a restituire il vestito» annuncia, specchiandosi sulla vetrata della porta del terrazzo e cercando si sistemarsi alla meno peggio, ma per le pieghe e le cuciture saltate può fare ben poco. Impreca a tra sé e sé, rivolgendosi all'immagine riflessa e passandosi le mani sotto gli occhi per togliere i residui del trucco sbavato.
L'uomo nel frattempo si prende ancora qualche minuto per riprendersi e cerca una sigaretta; la trova in una tasca della giacca, è stropicciata pure lei, ma dopo averla fissata intontito si decide ad accenderla. Ora va decisamente meglio.
«Ti accompagno».

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Capitolo 7
*** Cielo senza Dio ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Cielo senza Dio
Personaggi: Rock
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: flash fic
Prompt: cielo (festeggiate anche voi il compleanno dello Pseudopolis Yard)
Note: senza troppe pretese, una riflessione su Roanapur (o il suo cielo in questo caso) che può essere collocata quando più vi piace. Personalmente l'ho immaginata all'inizio, poco dopo l'arrivo di Rock alla Lagoon Company.






A Roanapur il cielo è così azzurro da ferire gli occhi, riflette distrattamente Rock, il sole di mezzogiorno che batte dritto sulla sua testa. A Tokyo non è mica così azzurro: è grigio, è sporco, è incastrato nello skyline del città e di notte non si vedono le stelle. È un puntino lontano che la gente si dimentica di guardare, appartiene a chi sta in cima ai grattacieli e magari da lì in alto ha un aspetto migliore. Ma per chi sta in basso, come stava in basso lui, il cielo di Tokyo è solo un ritaglio per cui non vale la pena spendere nemmeno un pensiero.
Lì a Roanapur, invece, l'edificio più alto è il campanile della Chiesa della Violenza e il cielo lo puoi comodamente osservare dal marciapiedi davanti il tuo appartamento — o dalla barca con cui stai rientrando in porto. Ed è così azzurro, così limpido, così pulito e Rock sorride, perché come può una città così sporca avere un cielo così lindo? Che non giudica, che non punisce; un cielo senza Dio.

Revy lo riscuote dai suoi pensieri, avvisandolo che sono arrivati con un calcio ben assestato alla cassa su cui è disteso; la sigaretta gli cade di mano, ma non ci fa caso.
Ha deciso che il cielo di Roanapur gli piace.

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Capitolo 8
*** Proiettile ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Shot me down
Coppia: Rock/Revy (accennato)
Rating: verde
Genere: generale, missing moments, introspettivo
Avvertimenti: het
Prompt: Black Lagoon, Rock/Revy, proiettile
Note: momento imprecisato, personamelte lo colloco poco dopo che i due hanno iniziato a legare. Revy chiaramente non gli ha fatto volontariamente da scudo, è passata per sbaglio nel momento giusto.
Le due flash sono state scritte per l'iniziativa della piscinadiprompt; autore A inizia la storia, autore B continua la storia. Tra una flash e l'altra c'è il link alla bellissima continuazione di Kuruccha <3 Per poter contunare, cliccate qui.



 
Rock è pallido come se fosse lui ad avere il proiettile conficcato nella spalla.
Revy impreca, l'inutilità di quel colletto bianco riesce sempre a sconcertarla, sopratto in momenti come quello, in cui le farebbe comodo essere in coppia con un soggetto più reattivo. Qualcuno spara, una mitagliatrice si inceppa, si avverte il colpo sordo di un corpo che stramazza al suolo, altri spari. Tra tutti i giapponesi che si sarebbero potuti accollare alla Lagoon Company, proprio lui: sembra uno scherzo, uno di cattivo gusto. Bestiamma, dolore e frustrazione; accanto a lei, Rock sobbalza ogni qual volta una pistola fa fuoco, lo sguardo sgranato sul sangue che imbratta la donna. Ormai dovrebbe essersi abituato a tutto quello, sparatoie e cadaveri, ma la pallottola che ha scavato nella spalla di Revy invece di aprire un buco nella sua fronte riesce ad annichilirlo.«Se ne usciamo vivi, ti prendo a calci in culo che non ti siederai per giorni» lo minaccia lei, cercando di ridestarlo «Ma prima vado ad ammazzare un po' di gente. Tu non ti muovere e ricorda, non ti siederai per giorni».

Seguito

distanza di sei mesi, di quella sparatoia in cui Rock si è rivelato l'essere più inutile sulla faccia della terra (non è stato nemmeno in grado di procurarle del rum per annebbiare il dolore) non le restano che due nuove cicatrici e la certezza che mai e poi mai mangerà ancora del riso preparato dal giapponese. Piuttosto la morte. E resta anche la fastidiosa consapevolezza che in fondo, molto in fodo, Rock non è poi così inutile. Con le fasciature e tutto il resto è stato bravo, se si è ripresa velocemente è in parte anche merito suo. 
Non intende ringranziarlo, perché se non fosse stato per la sua inettitudine non ci sarebbe stato il bisogno da farle da infermiere (e su questo è sicura che Eda la tormenterà fino al giorno della sua morte), tuttavia la prospettiva di poter nuovamente sparare la rende magnanima, quindi decide di dargli una seconda possibilità. 
«Vedi di non incasinare tutto, questa volta» lo avverte dopo essersi allacciate le fondine, rubandogli la sigaretta.



 

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Capitolo 9
*** Di vini pregiati ed errori madornali ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Shot me down
Personaggi: Eda, Revy, accenni Rock/Revy
Rating: verde
Avvertimenti: flash fic, het
Genere: generale
Prompt: 59 – bicchiere (500 prompt per una challenge)
Note: mi riferisco alla volta in cui Rock va a svegliarla (una delle mie scene Rock/Revy preferite). Eda e Revy che bevono in chiesa sono canon, ma voluto variare con del vino. Ne volevo uno costoso e Kuruccha mi ha consigliato il Brunello, l'annata l'ho chiaramente inventata e niente, immaginatevi che si stanno scolando un sacco di soldi.





«E questa che roba è?» chiede, rigirando la bottiglia tra le mani e leggendo l'etichetta «Brunello di Montalcino, 1957. È quello che credo?» e si complimenta con un fischio di apprezzamento per nulla femminile.
Eda ridacchia, raggiungendola con in mano due bicchieri di vetro.
«Un cliente particolarmente soddisfatto» spiega «Ne abbiamo una cassa piena di là e la vecchia mi ha concesso una bottiglia, dal momento che le mie abilità sono state decisive».
«Oh non ne dubito» sogghigna Revy, guadagnandosi un'occhiataccia «In ogni modo sono felice che tu abbia pensato a me per condividerlo, non è mai tardi per le raffinerie» continua accettando il bicchiere pieno di vino rosso che le viene offerto «Quanto costa uno di questo?»
«Quanto ti dà Dutch per un incarico standard?» risponde Eda e tocca a lei sogghignare questa volta.
La pistolera infatti impallidisce mentre porta il bicchiere alle labbra e ne tracanna un lungo sorso.
«Buono però».
«Certo che è buono» replica la suora «E tu proprio non le sai bere certe cose, non è mica la birra che ti scoli in quel buco che chiami camera».
«Perché tu sì, vero?» chiede «E che avete tutti contro la mia camera?»
«Ovviamente» le risponde, mentre sorseggia il vino con insolita eleganza «A parte il fatto che è un letamaio? Tutti chi, poi? Chi mai avrebbe mai il coraggio di entrarci?»
«Rock» e subito si rende conto del madornale errore che ha commesso — deve essere il Brunello.
Eda non si lascia perdere l'occasione e da dietro le lenti le rivolge uno sguardo interessato: adesso non la lascerà più in pace.
«Ah, sì, Rock?» domanda con finta noncuranza «E che cosa mai ci sarebbe venuto a fare Rock nella tua stanza, eh?»
«Non ricominciare» la avverte, lanciandole un'occhiataccia e riempiendosi un altro bicchiere per tenersi occupata.

Le trova che stanno bevendo vino ad un tavolo che, ne è piuttosto sicuro, non dovrebbe trovarsi dove lo hanno messo, cioè sul transetto. Ma non dovrebbero nemmeno bere nella casa del Signore, né portare armi. Tuttavia quella è la Chiesa della Violenza e loro sono Eda e Revy e a Roanapour questo è il meno che possa capitare.
Si avvicina con aria rassegnata: odia interrompere la sua compagna d'affari in momenti come quelli. Sebbene Revy non lo dica espressamente e anzi lo neghi, le piace stare in compagnia della suora — e a lui piace vederla rilassata.
«Guarda un po' chi si vede» esclama Eda, alzando il bicchiere per salutarlo «Romeo!»
Rock non ha ancora capito il perché di quel soprannome, ma preferisce non indagare e risponde con un cenno del capo.
«Revy, Dutch ha del lavoro per noi» annuncia alla sua collega.
La donna stranamente non lo aggredisce come suo solito, ma annuisce e beve l'ultimo sorso prima di alzarsi. Sembra avere fretta di lasciare la chiesa; guarda Eda senza capire e la trova che sta sogghignando in modo poco rassicurante.
«Allora, Romeo» gli dice infatti e ha l'aria del gatto che pregusta la preda «Che ci sei andato a fare nella camera di Revy?»

«Ma che le hai detto?» le chiede mentre il pesante portone si richiude alle loro spalle.
«Zitto e cammina» replica Revy, furente.

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Capitolo 10
*** Kimono ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Shot me down
Personaggi: Rock, Revy, accenni Rock/Revy
Rating: verde
Avvertimenti: flash fic, het
Genere: generale, introspettivo
Prompt: 443– kimono (500 prompt per una challenge)
Note: questa è prima storia post Giappone che scrivo e uh, credevo questo momento non arrivasse mai. Perché ciò che succede in Giappone è delicato da trattare secondo me, si scivola nell'OOC come nulla. Allo stesso tempo però mi ispira un sacco.



Dal giardino interno proviene il ticchettio ritmico della fontana di bambù (Rock ha detto che si chiama shishi qualcosa; che nome ridicolo), mentre davanti a lei si trova il padiglione dedicato alla cerimonia del tè, unico elemento di decoro nella stanza spoglia.
È tutto così fastidiosamente giapponese.
Lo sguardo cade sul kimono che l'anziana proprietaria le ha portato qualche minuto prima, profondendosi in una serie infinita di inchini tra una parola e l'altra. Non ha capito né quello che le ha detto né perché i giapponesi si inchinano sempre. Però il kimono lo ha tenuto, anche se non sa cosa farci.
L'idea di indossarlo le viene per caso, un po' per curiosità e un po' per noia. Rock è fuori a sondare il terreno e procurare ciò che serve: passaporti, biglietti aerei, medicine. Lei invece è da sola nella stanza che hanno prenotato in quello ryokan e la gamba non le permette di fare molto — non le permette di fare niente. È davvero frustrante.
Non ha idea di come si indossi uno di quegli abiti e spogliarsi si rivela più difficile del previsto, ma alla fine, dopo qualche imprecazione, ce la fa.
Il risultato, ne è consapevole, non è dei migliori ma l'abito si rivela inaspettatamente comodo. Sta ancora decidendo se tenerlo o meno quando Rock torna.

La trova in piedi accanto al fusuma e quasi non la riconosce; per un istante pensa perfino di aver sbagliato stanza.
Indossa uno yukata color indaco che devono averle portato mentre era fuori e tiene i capelli sciolti sulla schiena e sulle spalle.
L'abito non è chiuso correttamente e le stampelle su cui si appoggia cozzano con il contesto, ma Rock trova in tutto ciò qualcosa di inaspettatamente femminile e intimo che lo lascia senza parole per qualche minuto. È davvero Revy quella che sta osservando?
«La vecchia mi ha dato un kimono anche per te».
«Yukata» precisa.
«Eh?»
«Questo particolare tipo di kimono si chiama yukata» le spiega, appoggiando il sacchetto con i medicinali che si era dimenticato di tenere in mano e togliendosi il cappotto «E lo hai chiuso nel modo sbagliato. Il lato sinistro va avvolto sul lato destro. Il contrario si usa per i funerali».
«Che vuoi che ne sappia io» risponde burbera e aggiunge qualche imprecazione nei confronti dei giapponesi — sì, è davvero Revy — ma inizia a slacciare l'abito.
Rock distoglie lo sguardo perché sebbene abbia visto la donna con molti meno vestiti addosso, non è educato osservarla mentre si sistema lo yukata. Nel procedimento la pistolera mostra porzioni di biancheria intima e la fasciatura e no, decisamente, non è educato nemmeno quello. Ma con Revy l'educazione passa sempre in secondo piano, insieme ad altre cose come il buon senso e la femminilità. 
«Che fai lì impalato?» gli chiede una volta finito il procedimento e il risultato non è di molto migliore da prima «Com'è la situazione fuori? Hai trovato quello ci serve?»
E la gentilezza, anche la gentilezza non sa cosa sia. Ma suppone vada bene così, è Revy, no? Se fosse educata, femminile e gentile non sarebbe Two Hands e loro sarebbero morti molto tempo fa.
Così annuisce e le mostra i passaporti: si torna a casa.

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Capitolo 11
*** Un sogno (che non è completamente un sogno) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Un sogno (che non è completamente un sogno)
Personaggi: Rock, accenni Rock/Revy
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: flash fic, au, non volete davvero leggere
Prompt: La principessa e il ranocchio!au, 60. Sbronza, Ebbi un sogno che non era completamente un sogno
Note: non guardate me, è stata kuruccha (<3) a promptarmi questa au per l’iniziativa di San Valentino e io a fillarla perché sono senza speranze.
Era da un po’ che avevo adocchiato quella citazione di Byron tra i prompt orfani lasciati nella piscinadiprompt, ma credevo l’avrei usata per cose più serie. Vabbè, ormai è fatta, vado a nascondermi.


 
Ebbi un sogno che non era completamente un sogno
(L'oscurità - G. G. Byron)
 
 
 
Riprende conoscenza lentamente ed è strano, è come tornare in possesso del proprio corpo dopo essere stato per lungo tempo altrove – ma questo non è possibile. Ha solo esagerato con il rum e gli incensi del locale hanno fatto il resto e ora si sta risvegliando da un dopo sbronza colossale; è normare essere stordito e non riuscire ad alzarsi.
È sempre stato così pesante? Decide di restare sdraiato ancora un po’ prima di andare cercare gli altri. L’ultimo ricordo preciso che ha di Dutch e Benny risale almeno alla mattina precedente, quando sono arrivati a New Orleans per conto della Chiesa della Violenza. Il resto è confuso e gli procura dolorose fitte alla testa: le luci e la musica, il quartiere francese, la bettola del Dr. Facilier e poi la palude (era andato nella palude?) e una, no, due rane. Si passa una mano sul volto e si stupisce (si stupisce?) nel non trovarla palmata. Inizia credere che ai suoi drink sia stato aggiunto qualcosa.
Ma cosa? E perché si trova su un divano sfondato sul retro del locale in cui è entrato la sera prima? Ci sono così tante domande a cui vorrebbe trovare una risposta razionale, tutto ciò che ha, invece, è un capogiro e il secondo dopo è sopraffatto da altri ricordi che non lo aiutano a fare chiarimento su quello che è accaduto quella notte: un alligatore che suona la tromba, Yolanda che se ne sta in una nave abbandonata, Eda (Eda) in un vaporoso abito rosa confetto e Revy. Immagini senza senso affollano la sua testa.
Di una cosa, però, è inquietantemente sicuro. Qualsiasi cosa sia successa, c’era anche Revy ed era piccola e verde – era una rana. E anche lui era una rana. Erano due rane e c’entravano un incantesimo voodoo e un talismano. Revy imprecava e picchiava forte anche se era un anfibio (ovvio, era Revy) e tutto quello, si dice, è assurdo e non è accaduto veramente. Non ha davvero parlato con una lucciola, nuotato nella palude, chiesto aiuto a Yolanda (alla madre superiora, si corregge) e baciato Revy per tornare umano.
È solo un sogno, ripete mentre a fatica si rimette in piedi e realizza di puzzare come una fogna, il deliro di un uomo che ha esagerato con l’alcol. Dev’essere così, si convince cercando nelle tasche una sigaretta.
Eppure in bocca ha ancora il sapore del fango.

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Capitolo 12
*** Gravidanza ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Gravidanza
Coppia: Rock/Revy
Rating: verde
Genere: generale, commedia
Avvertimenti: triple drabble (110 – 95 – 97 w)
Prompt: gravidanza
Note: i miei titoli sono sempre molto fantasiosi, scusatemi
  • Storia scritta in occasione della corsa delle ventiquattro ore organizzata dal forum Torre di carta (qui la pagina)
  • Prompt + coppia mi sono stati suggeriti da Kuruccha XD
  • Spero che le dinamiche siano chiare, altrimenti ciao epic fail.
  • Billy the Kid è il nome di un pistolero cattivo del far west.
 
 

 
 
«Se stai per dire non dovresti» lo interrompe Revy prima ancora che abbia aperto bocca «Giuro che ti ficco una pallottola in fronte».
Rock la osserva accendersi una sigaretta con aria di sfida (proprio non dovrebbe, non è salutare) e sospira, mordendosi la lingua.
La donna sorride soddisfatta iniziando a fumare e si sistema su uno dei divanetti della hall con le gambe aperte.
«Qui ce l’hanno un bar, vero? Mi vai a prendere qualcosa? Rum magari».
Il sopracciglio di Rock scatta verso l’alto prima che possa impedirlo.
«Che c’è?» commenta Revy, roteando gli occhi «Ho le voglie».
E poi aggiunge: «La prossima volta la donna incinta la fai tu».
 
Riparato dietro il bancone della reception, Rock tranquillizza la ragazza che gli stava per consegnare le chiavi della camera prima che quelli del cartello messicano scatenassero l’inferno nella hall – trovando Revy più che pronta, con le dita già sui grilletti delle sue pistole e un sorriso ferino sul volto.
«Non si preoccupi per mia moglie. È abituata a queste cose. Ha tutto sotto controllo» le dice con gentilezza, mentre gli spari si fanno più vicini, un lampadario va in frantumi e qualcuno cade a terra – tutti rumori a cui ha imparato ad abituarsi.
 
Revy lo raggiunge dietro il bancone ormai crivellato di colpi con una bestemmia e la richiesta di nuovi caricatori.
«Il vostro bambino» piange la receptionist nello stesso momento e la pistolera la guarda vedendola per la prima volta. Poi abbassa lo sguardo e nota uno strappo nel vestito all’altezza del ventre gonfio: senza scomporsi allunga una mano sotto la gonna e getta a terra la pancia di gommapiuma che Eda le aveva prestato per la copertura e che scherzando, mentre aspettavano i messicani, avevano chiamato Billy the Kid. Quindi torna a concentrarsi su Rock.
«Allora, i caricatori?»

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Capitolo 13
*** iPod ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: iPod
Coppia: Rock/Revy
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: drabble
Prompt: Black Lagoon, Rock/Revy, Revy rompe sempre il suo Ipod, prende in prestito quello di Rock e procede a dimenticarsi che è di Rock e rompe pure quello
Note: storia scritta uno dei drabble event del gruppo fb We are out for prompt. Ho sempre molta fantasia con i titoli.



«Dammi qua» gli dice Revy, strappandogli di mano l'Ipod e ignorando il suo debole ehi di protesta.
«Certo che hai proprio dei gusti da colletto bianco» commenta subito dopo, scorrendo le canzoni «Noia, noia, noia, lagna, noia. Questa, invece, stranamente, non è male».
La osserva sistemarsi gli auricolari, alzare il volume e uscire senza poter fare nulla per impedirle di andarsene con il suo iPod. Sospira e spera che non glielo rompa - speranza vana, ovviamente.
«Un proiettile?!» le chiede infatti quando torna, attirando l'attenzione di Benny che si affaccia con il capo dalla sua stanza «Seriamente?!»
Ma Revy è già andata in doccia.


 

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Capitolo 14
*** Gambe ***


Autore: kuma_cla
Titolo: Gambe mamma che fantasia
Personaggi: Rock/Revy, Eda
Rating: verde
Avvertimenti: ust
Prompt: Black Lagoon, Rock/Revy. Rock vorrebbe riuscire a smettere di fissare le gambe di Revy, ma è davvero impossibile.
Note: post Giappone con Revy che non riesce ancora a camminare. Se non ricordo male nell'appartamento di Revy il letto è sotto la finestra. Scritta per l'iniziativa di San Valentino
 del gruppo fb We are out for prompt.




Sotto l'ingombro di due cartoni di pizza, un sacchetto pieno di ramen precotto e una cassa di birra, Rock arranca fino alla porta e con non poca difficoltà riesce ad estrarre le chiavi dalla tasca e a far girare quella giusta nella toppa. La serratura alla fine scatta e lui è dentro.
L'aria è impregnata del fumo delle sigarette e le finestre sono chiuse probabilmente dall'ultima volta che è passato ad aprirle, cioè due giorni prima. Sospira e avanza nel monolocale in penombra cercando di non fare troppo rumore perché stesa sul letto c'è Revy e dato che non lo ha ancora insultato immagina stia dormendo.
Appoggia la spesa sul tavolo e già che c'è butta via i cartocci del take away tailandese, il tutto con la massima attenzione perché è così raro non sentire la donna bestemmiare o gridare e non ha certo intenzione di svegliarla. Raddrizza anche una bottiglia che l'altra ha lasciato sul pavimento e più si avvicina al letto più camminare senza pestare qualcosa diventa difficile. Ci sono carte ovunque, il cestino che le ha avvicinato è pieno e il posacenere sul comodino è da svuotare.
Sospira un'altra volta e lo sguardo cade sulla donna che riposa in mutande, una canottiera larga che è risalita sull'addome e la gamba sana abbandonata in una posa scomposta. La quantità di bende che fascia il polpaccio destro è diminuita e presto potrà tornare a muoversi liberamente – per la gioia di tutti, perché quando è convalescente Revy diventa intrattabile (più del solito si intende).
Invece di tornare alla finestra, l'attenzione di Rock rimane sulle gambe della pistolera. Non è la prima volta che se le ritrova davanti, l'altra va sempre in giro in pantaloncini corti e in più di un'occasione l'ha vista in mutande (non che la stesse spiando o altro, semplicemente a Revy è senza pudore). Non capisce quindi il motivo di tanto, improvviso interesse. Forse perché in Giappone le ha coperte con un paio di pesanti calze nere e non lo aveva mai fatto prima e ora che sono tornati a Roanapur invece le ha nuovamente scoperte. Forse perché, in qualche distorto modo, le gambe nude di Revy gli ricordano che Tokyo è un capitolo chiuso. Non lo sa, non capisce e il suo sguardo continua a scivolare sulla pelle scoperta (caviglie, polpacci, cosce e poi di nuovo, al contrario), ma quando arriva chiedersi come sia al tatto si spaventa – eppure non si muove.
Per fortuna la donna sta dormendo. Il pensiero però che si svegli e lo trovi a fissarle le gambe gli dà la forza per spostare l'attenzione su altro.
La finestra. Pensa alla finestra, si ripete.
Mentre si sporge per raggiungerla e aprirla si sente, però, improvvisamente trascinato verso il basso. In un primo momento non capisce, poi realizza che Revy ha afferrato la sua cravatta e ha tirato.
Il suo volto si trova ora ad un soffio dal seno della donna, che non indossa il reggiseno – ma cerca disperatamente di non pensarci. Deglutisce e solleva lo sguardo fino ad incontrare quello della pistolera. Non sta dormendo. È una constatazione ovvia che per fortuna non esterna.
Cerca di capire quale sia il suo umore, ma l'espressione di Revy è insondabile. È arrabbiata? Si è accorta che le stava guardando le gambe? Si è semplicemente appena svegliata? Con la luna storta magari? Non ne ha idea e con la coda dell'occhio nota che da sotto il cuscino spunta il calcio di una delle sue pistole. Cerca quindi di guardare il lato positivo della situazione: non ha la canna della Beretta puntata alla tempia. Non ancora almeno.
Apre la bocca per parlare (quel silenzio lo sta mettendo a disagio) ma non sa cosa dire, quindi la richiude sentendosi un po' un idiota, mentre lei continua a fissarlo.
Deglutisce un'altra volta, perché per quanto stia cercando di non pensarci è premuto sopra il corpo tonico della donna e sebbene non sia la prima volta che accade, questa è senza dubbio la prima volta che si sente così in imbarazzo, tanto che arriva a rivolgersi a chiunque li stia guardando dall'alto dei cieli (sempre che ci sia qualcuno) perché lo liberi da quella situazione. Se gli altri sapessero che è ricorso a Dio per una cosa del genere senza alcun dubbio lo prenderebbero in giro – Revy stessa lo sfotterebbe fino al giorno della sua morte. Al momento però non gli importa e quando la porta si spalanca non è mai stato così felice di vedere Eda. Eda che è andata con lui a trovare la pistolera, ma che è rimasta indietro a discutere con una prostituta. Eda che ora lo ha raggiunto e che ghigna nel vederli così vicini – letteralmente uno sopra l'altra. Rock si ripromette di andare ad accendere un cero alla Chiesa della Violenza.
«Interrompo qualcosa?» domanda la donna con sguardo malizioso e il ghigno che si allarga sempre di più.
Sì, no, forse? Non ne ha nemmeno lui idea.
La mano di Revy lascia la sua cravatta e mentre mostra il dito medio alla suora (accompagnato da un «Ma vaffanculo Eda, vai a farti fottere»), Rock ne approfitta per rialzarsi e lasciare l'appartamento.
Percorre velocemente le scale, più di quanto sarebbe prudente fare perché quei gradini sono proprio bastardi, e solo una volta in strada realizza non aver né arieggiato la stanza né gettato l'immondizia.

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Capitolo 15
*** Agente penitenziario ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Agente penitenziario (mamma mia quanta oroginalità nei titoli)
Personaggi: Rock, Revy (Rock/Revy accennata)
Rating: verde
Avvertimenti: au
Prompt: Black Lagoon, Rock/Revy. AU in cui Revy è una famosa criminale che è appena stata arrestata e Rock è il novellino appena arrivato al dipartimento che deve portarle da mangiare in cella.
Note: storia scritta per il drabble flash del 12 agosto. More like i prompt che ricevo per questa coppia durante le iniziative del gruppo fb We are out for prompt sono sempre bellissimi.




«Secondino» lo saluta, accettando il vassoio. Nella penombra della cella il ghigno della donna balugina come la lama affilata di un coltello. Il suo buon senso (o quello che ne rimane) gli suggerisce di andarsene alla svelta, di mettere quante più serrature possibili tra lui e la carcerata. I suoi piedi, però, non si muovono. Tanto, si trova in una prigione: lì, tutti quelli che stanno dietro le sbarre (e sono la maggioranza della popolazione di quello sputo di isola sperduto nel Mar Cinese Meridionale) sono pronti a sgozzargli la gola. E poi ormai si è abituato a Revy.
«Agente penitenziario».
Correggerla è diventato un riflesso spontaneo, anche se ormai le sue parole hanno quasi del tutto perso il tono piccato con cui rispondeva all’inizio.
«Secondino» insiste lei e poi passa ad esaminare il contenuto del vassoio con aria schifata. Una volta ha provato a dirle che nemmeno loro, che sono gli agenti penitenziari, mangiano granché bene, ma non ha sortito l’effetto sperato. Che cosa si aspettava, d’altronde? Non sono amici, sono una guardia e una detenuta e farebbe bene a ricordarselo sempre.
«Cristo, cosa non darei per un goccio di tequila. O di vodka».
Qualcuno, qualche cella più in là, le dà man forte sospirando su un hamburger che non mangerà mai più.
«Della birra?» la sente domandare «Nemmeno della birra? Sei inutile, secondino, inutile».
Non molto tempo prima, ad una frase simile, aveva fatto seguire il lancio del vassoio contro le sbarre. Ripensandoci, Rock non può che essere soddisfatto per i progressi fatti. All’inizio-inizio, Revy lo odiava a tal punto e con una tale ferocia che faticava a riposare sereno sapendo che uno dei detenuti lo voleva morto. E non morto come sei uno sbirro di merda se mi capita l’occasione ti taglio la gola. Morto come sei una faccenda personale. Da lì in poi era andata sempre meglio. Ora riescono anche a intrattenere una conversazione civile, o quasi.
Sa che, in realtà, non c’è nulla di cui essere soddisfatti o, peggio ancora, felici. Se proprio ha voglia di farsi due chiacchiere dovrebbe raggiungere gli altri agenti penitenziari, non ascoltare una nota e pericolosa criminale parlare di Roanapur e di ciò che farà una volta fuori di lì, come se non ci fosse un ergastolo tra lei e la libertà.
Il buon senso, ancora lui, gli dice di non ascoltare, di non rispondere, di andarsene. Ma ancora una volta i suoi piedi non si muovono e lui resta lì, a pochi passi dalle sbarre.
«Mi devi come minimo una birra per ogni giorno che ti ho chiesto un goccio di alcol e tu non me l’hai portato» gli dice «Quindi appena passo per il Yellowflag apro un conto a tuo nome e mi bevo tutto il bar, capito?»
Quando alla fine torna indietro, perché non può passare la giornata davanti la cella di Revy, ha la testa piena di rocambolesche avventure.
Ricorda il tuo posto, si ammonisce. La voglia di gettare la divisa in uno dei cassonetti di Roanapur, però, è sempre più forte.

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Capitolo 16
*** Tre volte in cui in Rock vorrebbe abbracciare Revy (Una volta in cui Revy effettivamente abbraccia Rock) ***


Prompt: Rock/Revy, Hold - kuruccha
Avvertimenti: missing moments, slice of life, future fic, riferimenti ad alcune storie che ho già scritto, fluff & angst
Note: ho iniziato questa storia almeno tre volte perché volevo scrivere qualcosa di importante e serio al 101% per la coppia e per almeno tre volte non sono riuscita ad andare oltre le prime righe. Alla fine sono riuscita a scrivere questo e spero ti piaccia.



 
Tre volte in cui in Rock vorrebbe abbracciare Revy


La prima volta, beh, la prima volta non è che proprio voglia abbracciare la pistolera. È che non è mai salito su una moto.
Revy, già a cavallo del mezzo, sembra molto sicura. Ha esperienza, sa come condurre il veicolo sulla strada. Sicuramente non si farà problemi ad avere la sue mani sui propri fianchi, perché da qualche parte Rock di deve attaccare e lei lo sa. Al massimo lo prenderà in giro, sì, definitivamente lo farà: dirà che ha avuto così paura che le si è aggrappato addosso come un poppante.
Per cui, i fianchi di Revy. Niente di che. Un appiglio come un altro.
Eppure ora che ci pensa tenersi alla donna assomiglia molto ad un abbraccio. Arrossisce.
«Basta con le seghe e andiamo» lo chiama Revy.
Rock, con il casco già allacciato e il collo rosso, si sente un idiota e non si fa attendere oltre.

La seconda volta stanno spudoratamente fingendo di essere una coppia. È una copertura, un modo per arrivare ai messicani senza dare nell'occhio – difficile perché Revy l'arte della dissimulazione non sa proprio cosa sia. Lui, al contrario, ha scoperto di esserci un po' portato.
Nella hall dell'albergo, quindi, le si avvicina tanto da sfiorarla.
«Che stai facendo? Non starmi appiccicato!» bercia subito lei.
«Sei la mia donna» replica lui sorridendo ad una coppia che procede nella direzione opposta alla loro «Ti sto vicino».
«La tua donna?»
«Stai al gioco, ci stanno guardando».
Revy rotea gli occhi, ma lo asseconda e aggiunge divertita: «Sei il mio uomo. Non dovresti abbracciarmi?»
«Sono giapponese. Hai mai visto un giapponese abbracciare qualcuno in pubblico?»
«No» la sente ammettere.
«Appunto».
L'idea di quell'abbraccio mancato, però, resta lì nella sua testa.

Ogni tanto Revy accetta dei lavori in solitario, cose che non le occupano più di una giornata, due al massimo. Il più delle volte ritorna con il ghigno soddisfatto che ha quando ad ogni pallottola corrisponde una ricompensa. In rare, rarissime occasioni torna che sembra una casa in rovina infestata di fantasmi.
La terza volta che vorrebbe abbracciarla è una di quelle in cui Revy torna che è uno schifo, una di quelle in cui Revy è pericolosa – più del solito si intende.
Se non lo fa non è perché ha paura per la propria incolumità (beh, sì, anche per questo), ma perché non ha dimestichezza con i contatti fisici e Revy, beh, Revy sembra una che non ha mai ricevuto un abbraccio un abbraccio in vita sua. Non saprebbe bene come fare e mentre ci riflette l'occasione passa.


Una volta in cui Revy effettivamente abbraccia Rock


Accade dopo il Giappone perché ovviamente una cosa del genere non sarebbe mai potuta verificarsi prima. Ed è Revy ad abbracciare lui, non il contrario.
Lo fa con una scioltezza che lo destabilizza. La donna che non sembra conoscere alcuna dolcezza è la stessa che ora gli circonda la schiena con le braccia in un gesto così tenero che Rock quasi si perde in quell'abbraccio che non ha visto arrivare.
Dopo un primo momento di sconcerto, la stringe a sua volta prendendo quel momento per quello che davvero è: un raro contatto umano in una città che non conosce gentilezza e pietà.
Il bello di Roanapur sta anche in quello: alcune cose arrivano da dove meno te lo aspetti e non tutte sono brutte, non tutte uccidono.

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