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Lista capitoli: Capitolo 1: *** PROLOGO » Lui odiava il verde. *** Capitolo 2: *** I » Siamo tutti sulla stessa barca, ed io sono il capitano. *** Capitolo 3: *** II » In un’altra vita – forse. *** Capitolo 4: *** III » Non conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo amore. *** Capitolo 5: *** IV » Era come lottare contro uno squalo. ***
La
luce che si infrangeva contro lo specchio gli ferì gli occhi, costringendolo a
portarsi una mano davanti al viso e a socchiudere le palpebre. La sua compagna
di distretto, Cyndi, camminava con le mani congiunte dietro
la schiena tenendo tra le dita una frusta – gli sembrava di aver capito che
avesse imparato ad usarla al 4, suo padre vendeva corde o qualcosa del genere,
ora come ora non gli importava.
Si
girò dalla parte opposta del vetro: dall’altro lato della strada si ergeva
qualcosa di simile ad un castello, anche se li aveva visti solo nei libri,
sembravano della stessa roccia degli scogli che trovava in alcuni punti della
spiaggia del Distretto 4, era chiara e lucida, le guglie della costruzione
arrivavano fino alla sommità della cupola che delimitava l’altezza dell’Arena.
«L’ho
trovato» pronunciò una voce alle sue spalle – Crydee
ed i suoi capelli corti, del Distretto 10, conduceva verso gli altri due il
ragazzo del 7. Quest’ultimo era un po’ scemo
ma ci sapeva fare con le asce, una strana combinazione – al suo distretto lo
chiamavano tutti “Cane Pazzo”.
«Finalmente!»
Cyndi fece una mezza giravolta verso gli altri due, i
suoi riccioli castani volteggiarono assieme a lei. In fondo alla via che
svoltava a destra i due del secondo distretto aspettavano quasi spazientiti il
resto del gruppo.
Narek sorrise debolmente a Crydee, che si affrettò a raggiungere Iyn
e Cas – i due del distretto dei Pacificatori, Cane
Pazzo la seguiva stringendo tra le mani la grossa ascia. Il ragazzo del 4
riportò gli occhi sul vetro dell’abitazione che fissava prima, come il
castello, la casupola sembrava fatta di scogli e, nonostante fosse meno alta,
possedeva anch’essa una figura longilinea.
Non
era molto tranquillo, a dir la verità: l’Arena aveva dimensioni molto ristrette
ed era costituita da qualcosa di vagamente simile ad una strana città chiusa
sotto una cupola la quale, a sua volta, sembrava trovarsi sul fondo del mare. Narek alzò lo sguardo verso lo zenit e in quel momento
giurò di aver visto unbranco di pesci
attraversare l’oceano. Quella sensazione sgradevole lo fece rabbrividire e
l’impugnatura attorno al tridente diventò più stretta – la cosa lo metteva un
po’ in soggezione: in fondo era il suo
habitat naturale.
Riportò
gli occhi azzurri sullo specchio, cambiando leggermente angolazione; da quel
punto riusciva ad intravedere la parete del castello alle sue spalle e,
chinandosi indietro i primi spuntoni sulla sommità di questo. Si girò per
controllare l’aspetto dei pinnacoli, contorcendosi per guardare la stessa
immagine dal vetro.
Qualcosa
non andava.
Con
il manico del tridente, colpì la lastra che si infranse ai suoi piedi e afferrò
il coccio più grande, inclinandolo in modo da vedere il punto più alto della
costruzione dietro di lui. Non era sicuro di voler controllare, a dirla tutta.
«Narek, qualcosa non va?» domandò Cyndi,
appoggiandogli una mano sulla spalla.
Il
ragazzo sussultò e respirò a fondo, cercando di cacciare dalla sua testa
l’immagine delle guglie più in alto che diventavano verdi come fossero spuntoni
di smeraldi. «Andiamo» suggerì, lasciando cadere il pezzo di vetro e
incamminandosi verso gli altri quattro, Cane Pazzo aveva iniziato a girare in
tondo tenendo l’ascia come se fosse un martello da lanciare lontano.
Guardò
un’ultima volta in alto: il castello di pietra grigia continuava ad essere di
pietra grigia. Eppure era sicuro di non essersi sognato la metamorfosi
dell’edificio dietro di lui – e poi lui odiava il verde.
«Veramente più volte appaion
cose
che danno a
dubitar falsa matera
per le vere
ragion che son nascoste.»
NOTE D’AUTRICE◊«viviamo e respiriamo parole»
Ok, inaugurando la conclusione di Die on the frontpage, just like the stars pubblico il prologo in mediasres
di Quando si muore, si muore soli.
19esima edizione dei giochi che vede come protagonista NarekYakir del Distretto 4.
A differenza della mia ff precedente su HungerGames, questa volta tenterò di fare qualcosa di più
“organizzato” e magari meno frenetico, anche se dubito considerando il genere
di Arena che mi sono fissata. In tutti i casi, posso affermare che il tema
principale di questa storia è appunto “l’apparire” delle cose – ma lo capirete
leggendo.
Ho deciso, inoltre, di non linkarvi nessun
volto di nessun tributo per lasciare la vostra immaginazione libera da ogni
paletto :D ma vi metterò comunque descrizioni fisiche – se mi ricordo.
Il banner, se Raziel
vuole, verrà sostituito prima o poi, devo solo trovare l’ispirazione.
Ultima cosa! La varietà di tributi
di questo gruppo (M2 – F2 – M4 – F4 – M7 – F10) ha un motivo che verrà spiegato
più avanti, non temete(?).
Insomma, spero che vi possa piacere ♥
→ la citazione finale è di
Dante Alighieri; Divina Commedia - Purgatorio, 22.
Capitolo 2 *** I » Siamo tutti sulla stessa barca, ed io sono il capitano. ***
Praefatio (in
data 8/12/13)
A cura di yingsu
Come è nata e cresciuta
questa fan fiction.
Verso la fine di “Die on the frontpage, just like the stars” radioactive si è presentata da me con un problema: «Cosa farò
quando avrò finito di scrivere di Lyosha ed Ariel?». Problema di una
importanza rilevante, devo dire, in più mi ha confessato di avere il recondito
e profondo desiderio di fare un’Arena sott’acqua, e così abbiamo pensato di
creare altre due Edizioni Fantasma strettamente collegate, già. In realtà
potrei concludere così la Prefazione, ma non lo farò, vi dirò perché vale la
pena leggere questa storia – anche se nessuno me lo ha chiesto. Potrei dire che
il primo motivo sono i pettorali di Narek, (per le donne e gli
omosessuali latenti e non) e la presenza di uomini veri in cui immedesimarsi
(appunto per gli uomini veri). Ma no, non è questo la prima vera motivazione.
L’Arena è magica, particolare e dettagliata, il tema principale sono le
apparenze, perché miei cari, nulla è mai come ci sembra, e tutto si rivela
sempre un qualcosa che non è, un qualcosa di appunto diverso da ciò che noi ci
aspettavamo. La parte migliore – o forse peggiore – si trova sempre al disotto,
nascosta e celata. Cogliere la reale essenza delle cose e delle persone è
complesso, e questa Arena ce lo mostra alla perfezione.
Siamo in un contesto ancora molto lontano dalla
Rivolta, in una situazione di resa, diciamo, in cui la popolazione sta ancora
tentando di metabolizzare questi nuovi Giochi della Fame, di piangere i primi
morti. Ma tutti gli HungerGames sono cruenti uguali e sofferti allo stesso modo, e
questo non fa differenza. Tutti i Tributi Vincitori soffrono, per un motivo o
per un altro: è così fin dal principio. Perché tutto quello che Capitol
City dona ai Vincitori non potrà mai rimpiazzare e coprire il sangue dei
cadaveri che questi si portano sulle mani, gli incubi e le grida dei morti –
non si coprono ventitré omicidi con una bella casa e dei soldi. Insomma, posso
andare avanti a parlare per delle ore ed elencare un sacco di valide
motivazione, ma spero che queste bastino a convincervi nel continuare la
lettura. Immergetevi in questo mare di parole assieme ai personaggi che
prendono vita e si muovono da sé, uscendo dalla penna – e dalla testa – della
nostra radioactive. Ricordatevi che niente è come sembra. Niente è
come vogliono farci credere, e la sofferenza si nasconde dietro al pallido
sorriso che si è costretti ad indossare.
CAPITOLO I
Siamo tutti sulla stessa barca, ed io sono il
capitano.
Mags gli aggiustò
teneramente il colletto della camicia semitrasparente azzurra, ricevendo uno
sbuffo dal ragazzo che decise di guardare altrove per non fissare negli occhi la
propria mentore. Di fianco a lui, la sua compagna di distretto di diciassette
anni si lisciava la gonna a tubino rimanendo in equilibro sui tacchi delle
scarpe mentre aspettava silenziosamente il suo turno per l’intervista. I loro
due stilisti – entrambi maschi, e la cosa gli faceva un po’ impressione parlavano fittamente tra
loro, lanciando sfuggenti occhiate ai due tributi.
«Perché te la
lisci se è già liscia?» commentò NarekYakir, riprendendo a respirare dopo che la mentore si
allontanò da lui – nella sua voce non c’era interesse, solamente una leggera
nota di sarcasmo per passare il tempo.
«Perché ti fai
aggiustare il colletto da Mags se hai già diciott’anni?» rispose acida Cyndi,
i capelli ricci erano appoggiati sulle spalle con cura, anche lei indossava una
camicia semitrasparente, ma sul seno avevano cucite due conchiglie a mo’ di
reggiseno – quel tipo di pudicizia che non faceva altro che rendere più
sensuale il sensuale.
«Mi piace essere
coccolato» ribatté, passandosi una mano tra i capelli, scoprendoli leggeri e
privi di gel, lacca, o qualunque altra diavoleria del genere. Erano stati
clementi, con lui.
Cyndi ridacchiò, e in
quel momento Mags ritornò dai due indicandogli
gentilmente la fila indiana che si stava creando per condurre i tributi sul palco,
«forza e coraggio» disse quasi affettuosamente, prima di guardare i due ragazzi
allontanarsi l’uno di fianco all’altro.
Narek ricordava bene
che cosa gli aveva detto Mags, sul treno, subito dopo
la Mietitura – come ricordava bene anche cosa si era escogitato per
sopravvivere dentro l’Arena. La presentatrice, il cui vestito sembrava fatto di
batuffoli di cotone rosa così come i capelli a caschetto parlava allegramente
con Cyndi del più o del meno, grossomodo le stesse
domande che aveva fatto ai favoriti dell’1 e del 2. Gli sembrava di ricordare
si chiamasse Candysse o qualcosa del genere.
Il segnale
acustico che indicava il termine dei tre minuti dipinse il volto della
Capitolina di qualcosa di vagamente simile al dispiacere, dopodiché augurò buona fortuna a Cyndi
e la fece ritornare al suo posto sulle sedie posizionate a semicerchio sullo
sfondo, annunciando con voce altisonante NarekYakir, dal Distretto 4.
Il pubblico lo
accolse con un sonoro applauso e di sicuro qualcuna delle donne presenti stava
commentando il fisico che si intravedeva dal tessuto semitrasparente dalla
camicia, Narek raggiunse Candysse
alta più di lui grazie ai vertiginosi tacchi in vernice azzurra, coperta di
polvere brillante, si strinsero la mano e si accomodarono entrambi sui
rispettivi posti, il ragazzo era completamente abbagliato dalla luce che
brillava sul palco – quasi non riusciva a vedere il pubblico.
«Allora, Narek» l’accento
di Capitol City rendeva il suo nome quasi una
barzelletta, e in qualche modo questo lo fece quasi arrabbiare, ma non ci fece
caso e lasciò che la donna proseguisse, «iniziamo con il farti i nostri più
sinceri complimenti: un nove!» una veloce scia di esaltazioni riempì
l’Anfiteatro, facendo sorridere il ragazzo, «è sempre splendido vedere dei Tributi
così preparati ed agguerriti – come ti sei sentito nel vedere un nove sullo schermo?».
«Beh…» si grattò la guancia, sfilandosi poi il fastidioso
orologio dal polso che in un modo o nell’altro faceva parte del suo
abbigliamento, si sforzò di sembrare seducente, come gli aveva proposto il suo
accompagnatore, ed era una cosa che gli riusciva davvero male, «magari poteva
essere un sei rovesciato, ho pensato anche a quello» con il pollice indicò la
sua compagna di Distretto, seduta dietro di lui, «è quello che ha detto Cyndi: “è sicuramente
un sei, sei troppo stupido per prendere nove!”» concluse, imitando la sua
voce con un tono evidentemente troppo stridulo, le telecamere inquadrarono la
ragazza del 4 mentre rideva.
«Non ha molto da
lamentarsi, la nostra Cyndi, ha preso un otto…» suggerì Candysse,
incrociando le caviglie alternando lo sguardo da Narek
alla ragazza.
L’altro annuì,
passandosi una mano tra i capelli, «appunto, ha preso otto, è da quando siamo
saliti sul treno che va blaterando che lei è migliore di tutti».
Cyndi rise
afflosciandosi sulla sedia e con lei il pubblico, la ragazza del 4 continuò a
scuotere la mano in segno di dissenso. La presentatrice tossicchiò per
riprendere in mano la situazione e si concentrò su Narek,
procedendo con le domande.
«Narek, siamo stati tutti molto colpiti dalla fierezza con
cui sei salito sul palco, alla Mietitura. Pensavi di offrirti volontario per
questa diciannovesima edizione?».
«No, in realtà
no» la risposta, arrivata così velocemente, lasciò tutti senza fiato, «mio
padre è un uomo molto fiero e, insomma, non potevo fare la parte del fifone, ti pare?» sorrise.
Candysse annuì,
trovandosi d’accordo con lui, «certo… un
atteggiamento fiero, poi, aiuta molto agli HungerGames» constatò, incrociando le gambe in modo suadente. Narek tentò di guardare il pubblico, scovando tra i
Capitolini i due stilisti del Distretto 4 che lo guardavano con aria
accusatoria a causa dell’orologio sfilato dal polso, senza dire nulla, il
ragazzo se lo rimise, sorridendo sornione.
«Comunque»
continuò il ragazzo, osservando la lancetta dei minuti spostarsi in senso
antiorario, «voglio sperare che l’Arena, quest’anno, sia qualcosa di favoloso» l’aggettivo usato da Narek fece sorridere il pubblico, «anche io ho in mente
delle sorprese» per voi.
Una serie di “ooh” si levarono in tutta la stanza e anche Candysse si allungò verso di lui, come incuriosita,
«suppongo che non possiamo sapere nulla, vero?».
«Assolutamente
no!» esclamò il tributo, alzandosi in piedi tanto era stata la foga utilizzata per
negare un qualsiasi tipo di anticipazione sulle sue idee – perché era vero, Narek aveva delle sorprese in serbo per Capitol
City, voleva fare qualcosa di diverso,
dopotutto i Vincitori si erano sempre distinti per le loro tecniche
particolari, no?
La presentatrice
lo guarda dal basso verso l’alto, stupita da tanto impeto, lo invitò a sedersi,
appoggiandogli una mano sul braccio, «siamo davvero felici di avere tributi
così entusiasti di partecipare ai Giochi, Narek» si
complimentò allora, appoggiando tutto il peso sul gomito affondato nel braccio
della poltrona su cui era seduta, «ci aspettiamo grandi cose da te».
«Anche io mi
aspetto grandi cose da me stesso» sorrise in risposta.
L’allarme scandì
la conclusione dei tre minuti e i due si alzarono, Candysse
prese la mano di Narek e la portò in alto, «signori e
signore, NarekYakir dal
Distretto 4» esultò. Prima che la donna lasciasse le dita dell’altro, il
ragazzo si chinò lievemente portandosi il dorso di quella sulle labbra,
lasciandoci un lieve contatto di labbra che fece ridacchiare la presentatrice.
Il tributo
ritornò al posto, seguito dagli applausi di tutta Capitol
City, Cyndi lo guardava quasi con rabbia per tutto il
successo che era riuscito ad avere con un semplice gesto: quel nove me lo merito tutto – le disse silenziosamente in
risposta.
Narek provò davvero a
seguire le interviste successive, ritrovandosi a sbadigliare di nascosto oppure
a muovere le dita dei piedi dentro le scarpe per evitare che si
addormentassero.
Non successe
nulla di eclatante fino al maschio del Distretto 7, il quale non si presentò
vicino a Candysse fino a quando non lo chiamarono Cane Pazzo – suggerito dal mentore
dietro le quinte. Il ragazzo – con muscoli sviluppati ma lo sguardo perso nel
vuoto, avrà avuto diciotto anni – decisamente si sentiva perso, fuori luogo, si
guardava attorno confuso e puntualmente non rispondeva alle frequenti domande
che la Capitolina gli poneva.
Un brusio
stizzito riempì l’anfiteatro e il suono per il tributo successivo suonò in
anticipo per il sollievo di tutti, dovette intervenire il mentore da dietro le
quinte che, urlando un «rimani lì e non tornare al tuo posto!» fece alzare di
scatto il tributo, il quale attraversò di fretta il palco e ritornò sulla sedia
che gli aspettava, accanto alla sua compagna.
Entrambi i
ragazzi del Distretto 8 sembravano spaventati, come altri, non avevano ancora
un Mentore e in loro c’era una rabbia alimentata dalla paura che lo fece
rabbrividire, poteva immaginare quanto fosse pericolosa l’ira di una persona che
si sente svantaggiata, e i suoi
timori furono fondati dal ricordo dei due ragazzi che si impegnavano oltremodo
durante gli allenamenti, strappando entrambi un sei dagli Strateghi, forse dato
per buonismo.
Si scoprì
totalmente disinteressato alle interviste dei tributi successivi, dopotutto
aveva già deciso con chi allearsi e cosa fare – e di certo questo non
comprendevano quelli del Distretto 1, che – non molto lontano da lui –
lanciavano intense occhiate di superiorità agli altri tributi, a tenergli testa
vi erano solo Cassius e Iyn del Distretto 2, i quali,
sebbene fossero consapevoli di essere più addestrati e preparati degli altri,
mantenevano una sorta di rispetto verso i compagni
di Giochi.
Era, a parere di
Narek, un comportamento corretto e professionale. La
prova, insomma, che erano stati addestrati anche all’educazione – a differenza
di quelli dell’1.
Si sforzò di
seguire l’intervista della ragazza del Distretto 10, CrydeeAage, sedici anni, anche lei senza Mentore. La
ragazza – incredibilmente magra econ
indosso un vestito lungo sopra le ginocchia di un bianco splendente, la parte
superiore dell’abito era ricamata e grossi buchi lasciavo intravedere
considerevoli porzioni di pelle qua e là, i piccoli seni erano censurati da un
motivo floreale al centro dell’abito, la gonna fluttuava di qua e di là mentre
la ragazza si avvicinava a Candysse, stringendole la
mano e portandosi un ciuffo invisibile dietro l’orecchio ornato da un grosso
orecchino a perla, ai piedi indossava degli stivaletti di pelle con un tacco
che la rendevano veramente alta – e quindi molto più longilinea di quanto non
fosse già.
Per quanto
trucco le avesse messo addosso il suo staff di preparatori, c’erano cose di lei
che non si potevano nascondere: CrydeeAage era una poveraccia, che sicuramente aveva fatto
richiesta per le tessere. Ricordava la sua Mietitura: lei che si avvicinava al
palco mentre si teneva i gomiti con lo sguardo basso e gli occhi di tutti
puntati su di lei.
«Sai, quelli del
mio Distretto sono stati felicissimi di vedermi estratta per gli HungerGames, e nessuno si
sarebbe offerto per me, lo sapevo» la
sua voce riscosse Narek dai pensieri e dalle
supposizioni in cui si era assopito, assottigliò lo sguardo come per mettere a
fuoco la sua figura.
«Perché dici
questo, casa?».
«Mio padre
allevava delle mucche, un giorno queste mucche si sono ammalate e la loro carne
è stata venduta a cinque o sei famiglie del Distretto, risultato queste
famiglie, a loro volta, si sono ammalate. In sostanza, mio padre cadde in
rovina, mia madre ci abbandonò e io ho dovuto iniziare a rubare per
sopravvivere, perché non ci bastava quello che prendevo con le tessere» alzò le
spalle, come se non le importasse, «il vecchio è un gran mangione».
Il silenzio
regnò sovrano, prima che la ragazza continuasse, «ma non m’importa, sai? Sono
felice di essere qui, posso dimostrare a tutti quelli del 10 di poter ritornare
a casa. Dopotutto ho preso un sette
agli allenamenti, no?» il suo sorriso sembrò illuminare il volto di Candysse, che inarcò le labbra a sua volta.
«A
quanto pare, quest’anno abbiamo dei tributi veramente agguerriti, prevedo
un’ottima edizione!» il commento della Capitolina strappò un applauso agli
spettatori.
Crydee sorrise, aspettando il momento per
poter continuare, «e quando vincerò, voglio dedicare la mia vittoria a Roi», lo disse in un modo così affabile e pungente da
mettere i brividi.
Candysse si illuminò, quasi rizzando in piedi,
«il tuo fidanzato? Oh, cara questo è merav―».
«Fidanzato?»
la ragazza accennò ad una risata, «Roi è quello stronzo che mi denuncia anche quando
cammino sull’erba del suo giardino». Si rivolse verso il pubblico, sicura di
avere una telecamera che le registrava il primo piano del viso, «Quando
vincerò, Roi, prenderò con le mie mani quel tuo fottutoWinfred
e lo mangerò per cena».
E’ davvero arrabbiata con questo Roi.
Le
interviste si conclusero in fretta e in breve Narek
si ritrovò circondato dal suo staff che lo struccava, in modo che potesse
andare a dormire.
Aveva
lo stomaco pieno di un ottimo cibo, la mente rilassata perché ormai era tutto
pronto: sapeva con chi allearsi, cosa fare e aveva in mente già qualche piano
alternativo nel caso qualcosa andasse storto.
Un
po’ gli dispiaceva per persone come Cane Pazzo e Crydee,
a cui avrebbe dato una mano fino a dove gli sarebbe stato possibile. Ma lui,
esattamente come tutti i ventitré, era disposto a scavalcare chiunque per
tornare a casa.
Si
addormentò poco dopo, sognando gli occhi inquisitori del padre che lo
guardavano nella folla, facendo rabbrividire come la visione di un fulmine su
un mare in tempesta.
Siamo tutti sulla stessa barca, pensò,
abbandonandosi al sonno, ed io sono il
capitano.
«Partimmo in mille per la stessa guerra,
questo ricordo non vi consoli,
quando si
muore si muore si muore soli.»
NOTE D’AUTRICE◊«viviamo e respiriamo parole»
Ebbene, eccoci a questo primo
capitolo con la grafica nuova, yay :D
Non ho molto da dire – ultimamente
non ho proprio niente da dire, lol – solo che: spero vi sia piaciuto perché, come anticipato
a yingsu, a
me non è piaciuto neanche un po’ questo capitolo. Sarà perché l’ho scritto a
pezzi e… insomma, ecco. Però lei ha detto che è
divertente e carino, quindi lascio a voi il tutto e incrocio le dita. ♥
→ la citazione finale è
Fabrizio de André; il Testamento. (che da il titolo anche alla fan fiction)
Narek scattò in avanti, saltando giù dalla
pedana al suono del gong. Gran parte dei tributi lo avevano imitato, altri
invece erano scappati lontano, tra gli edifici di pietra che vedeva attorno
asé.
Pochi istanti
prima di lui arrivarono alla Cornucopia Cash e Elma, i due del Distretto 1 che, brandendo le loro spade
andarono uno in contro a Narek e l’altra contro Cane
Pazzo che – senza alcun motivo – si era gettato nel Bagno di Sangue urlando
parole incomprensibili, spintonando le persone che lo separavano da lui e la
sua scure, posta al centro del bottino del Corno.
Narek fece
dietrofront, iniziando a correre intorno alla Cornucopia, avvertendo dietro di
sé la presenza di Cash, che sembrava così accecato
dalla voglia di ucciderlo da non far scattare il cervello.
Il gatto con il topo, insomma. Sbuffò quasi
sarcasticamente il ragazzo del 4, prima di notare qualche metro avanti a lui
Cassius – il tributo del 2 – che gli indicava per terra, davanti ai propri
piedi. I movimenti furono fluidi: nelle vicinanze di Cas,
Narek si buttò a terra sulla superficie lucida del
perimetro della Cornucopia e l’altro brandì la spada bloccando il colpo di Cash, che solo allora sembrava essersi svegliato.
Yakir riuscì ad armarsi,
recuperando il tridente, afferrando poi la frusta che lanciò alla compagna di
distretto, Cyndi, occupata a bloccare i colpi mal
assestati di un altro tributo femmina – riuscì a liberarsi della nemica,
girandosi poi verso un urlo che proveniva dalle pedane lontane.
Crydee era rimasta
nella sua postazione, immobile – incapace di realizzare che quelli erano davvero gli HungerGames. Ma che poteva fare, d’altronde? La sua mente
era entrata in un tunnel oscuro e davanti a sé c’era solo la paura. Cosa sarebbe
successo se lei fosse saltata giù dal piedistallo?
Sarebbe morta,
ecco cosa! E in quel momento il ragazzo del 9 si era gettato su di lei,
intenzionato a colpirla – la ragazza si chinò a terra, coprendosi le orecchie e
urlando dalla paura, non uccidermi – non
me lo merito.
Il sangue caldo
le scivolò addosso sulle tempie, rendendo i capelli appiccicosi – ma non era
sangue suo, trovò la forza di aprire
gli occhi e Cane Pazzo teneva per il collo il giovane tributo che aveva provato
ad ucciderla, mentre sul petto un grosso fiore scarlatto grondava sangue, la
faccia della vittima del tributo del 9 iniziava a diventare pallida e gli occhi
si ribaltarono in poco tempo all’indietro. Prima che Crydee
potesse dire qualcosa, il cadavere le cadde addosso e Cane Pazzo corse di nuovo
verso il cuore dei combattimenti, uccidendo il ragazzo del 12 rimasto
accucciato a terra dopo uno scontro con la giovane dell’8, riuscita a
strappargli dalle mani lo zaino.
Elma cercò ancora di
entrare nella Cornucopia, stavolta sorvegliata da un Narek
armato e pronto a tutto per conquistare quella postazione – come prevedibile lo
scontro era pari e avrebbero potuto continuare così per tutta la giornata.
Nuove urla già
familiari si fecero vicine al Corno e, girandosi, la ragazza dell’1 vide la
figura di Cane Pazzo avvicinarsi, facendo roteare la scure in una mano come se
fosse pronto a lanciarla.
«Andiamocene,
non abbiamo nulla a che fare con i traditori»
commentò acido Cash, guardando malamente Iyn – la ragazza del 2 – e Cas,
contro i quali aveva combattuto poco prima, «si vede che dai Pacificatori non
insegnano con chi è meglio schierarsi».
Elma sorrise a sua
volta, alzando le spalle e infilando la spada nella cintura, «l’acqua di mare
da alla testa» e con una risata sommessa si allontanò correndo insieme al
compagno.
Il cannone suonò
sette volte, annunciando i morti del bagno di sangue.
Crydee si avvicinò
lentamente verso la Cornucopia, tenendosi i gomiti e lo sguardo basso,
inciampando un paio di volte sul niente e rimando in silenzio mentre Narek e Cassius rovistavano tra zaini e armi che erano
riusciti brillantemente a proteggere, tenendo le mani degli altri concorrenti
lontani dal bottino. Avevano un’ampia
scelta di armamenti, esattamente come voleva Yakir.
«Ah, eccoti finalmente»
sentì sentenziare Cyndi, probabilmente rivolta verso Crydee, spostando il peso da un piede all’altro mentre
bloccava la frusta sulla cintura con un mollettone lasciato dagli Strateghi per
l’occasione. La ragazza del 10 raddrizzò le spalle, trovando il coraggio di
alzare il mento e guardare la scena davanti a lei, ritrovandosi tutti gli occhi
puntati addosso eccetto quelli di Cane Pazzo, che vagavano sul tetto
dell’Arena.
«L’unica cosa
che ti avevo chiesto era di non stare
ferma, ragazzina» borbottò spazientito Narek,
avvicinandosi a Crydee e lanciandole tre le braccia
uno zaino dalle considerevoli dimensioni, porgendole poi un coltello, «non
farmi pentire di averti scelto come alleata».
Narek aveva guardato
attentamente tutti i tributi da quando li aveva incontrati alla sfilata,
cercando persone diverse dai soliti
Favoriti in modo da formare un gruppo più vario – forte. Per rendere diversi
quei Giochi e, in un certo senso, proteggersi. La sua teoria era stata
fortemente screditata dal Distretto 1 che aveva deciso, durante agli
allenamenti, di fare di testa loro e staccarsi da quelli del 4 e del 2, Iyn e Cas invece avevano
accettato, sebbene non sembravano molto convinti del piano di Narek – tuttavia non potevano negare che quelli dell’1 non
godevano di un carattere molto piacevole alla compagnia.
Oltre i
Favoriti, Cane Pazzo era un’arma molto utile in battaglia – non c’era bisogno
di un genio per comprendere che il suo atteggiamento bellico aveva spaventato
gran parte dei tributi, facendoli scappare. Crydee,
infine, era stata scelta più per intuito che
altro –con il suo passato da ladra del Distretto 10 sapeva correre e fare le
cose in modo abbastanza silenzioso. Non
molto nobile, si era definita ridendo, un giorno, dopo aver saccheggiato un
manichino coperto di campanelle senza farne suonare nessuna – ma questo non
bastava e, tra le valutazioni di dieci dei Favoriti e di nove di Cane Pazzo, la
sua sfiorava il cinque.
Ma non era il
momento di provare compassione per una dei Distretti bassi. Presto sarebbe
morta anche lei.
Cassius propose
di portare con sé medicine, acqua e quanto più cibo riuscissero a tenere con sé
– e poi, ovviamente, di armare come si deve tutti i membri del gruppo.
«Praticamente
stiamo svuotando la Cornucopia» borbottò Cyndi, infilando
la terza bottiglia di plastica piena d’acqua dentro il suo zaino, «non ci sono
neanche dei sacchi a pelo o delle coperte!» concluse poi.
«Non possiamo
permettere agli altri di ritornare alla Cornucopia e rimettersi in sesto.
Moriranno di sete e fame se non troveranno nulla né nell’Arena né qui – a meno
che non si uccidano prima» spiegò brevemente Cas,
sorridendo appena come divertito e fiero della sua brillante idea. Aveva dato
voce non solo ai suoi pensieri, ma anche a quelli di Iyn
e Narek – era stato coraggioso a dire una cosa così
violenta e crudele senza vacillare minimamente.
Cane Pazzo non
partecipò allo smistamento, lo zaino che gli fu preparato – quello più carico –
rimase ai suoi piedi fino a quando Crydee non lo
sollevò con fatica e glielo mise in mano – ma il ragazzo lo fece cadere
nuovamente per terra rimanendo a fissare lo zenit.
«Eddai…» brontolò la ragazza del 10.
Il ragazzo
allungò un braccio verso l’alto, in quel momento la luce che illuminava il
posto sembrò calare improvvisamente. Alzando lo sguardo dove puntava il dito
del tributo del 9, Crydee vide un animale di enormi
dimensioni nuotare sopra le loro
teste – alla sua scomparsa la luce ritornò a filtrare e ad infrangersi su di
loro.
«Cos’era?»
domandò Aage, ancora sconvolta, impaurita da quella cosa.
«Una balena»
risposero in coro i due del 4, come se fosse normale vederle. «Non ne avevo mai
vista una dal vivo» constatò poi Narek, «quindi ci
troviamo sott’acqua…».
Quello fu lo
spunto per esplorare ciò che li circondava: l’Arena era delimitata da una
cupola ben visibile e non molto grande, sopra la quale il mare regnava sovrano,
attorno a loro palazzi longilinei fatti di pietra grigia sembravano copiare
l’architettura della città di una qualche popolazione sconosciuta – a Cyndi ricordavano le illustrazioni di uno dei libri di suo
nonno, quelli dove parlavano di una certa Atlante,
una città posta sotto il mare, non ricordava bene.
«Siamo sotto il
mare, chiusi in una cupola. Ci metteremo due giorni a trovarci tutti e ad
ammazzarci!» sbottò Iyn, come delusa della
situazione. In effetti, non aveva tutti i torti: cosa si aspettavano di
ottenere gli Strateghi buttando ventiquattro ragazzi sott’acqua?
«Intanto, credo
che dovremmo esplorare il luogo, non può essere così piccola…
ci dev’essere un passaggio segreto che conduce da
qualche parte, magari ad un’altra cupola, o verso la superficie…»
suggerì Narek, facendo ruotare il tridente con una
mano per poi metterselo sulle spalle, tenendolo con le braccia.
Ci fu un momento
di silenzio, poi Cassius parlò, «è una buona idea, o quantomeno l’unica, non
possiamo stare qui a fare nulla».
«Allora andiamo»
intervenne Cyndi.
«Andiamo»
sospirarono gli altri Favoriti. Narek si girò verso i
due rimanenti del gruppo, notando Cane Pazzo che ancora teneva il braccio
alzato verso il mare, in alto si poteva vedere quasi chiaramente la figura del
sole di mezzogiorno storpiata dalle onde e i fasci di luce che accarezzavano il
tetto della cupola – un piccolo banco di pesci passò velocemente lungo la
stessa traiettoria della balena di prima, «qualcosa non va?» domandò a Crydee, la quale guardava con insistenza Cane Pazzo, nella
speranza che questo afferrasse la sua borsa e li seguisse.
Lei era sicura che lui non fosse poi così
“Pazzo” come diceva il suo nome – doveva solo scoprire come gestirlo, «vi
raggiungiamo subito» semplificò sbrigativamente, cercando di evitare il contato
visivo con Narek che, invece, si chinava in avanti
cercando di guardarla in viso.
Cane Pazzo puntò
con l’indice qualcos’altro, stavolta più a destra e in basso, sullo sfondo
spiccava qualcosa di vagamente somigliante ad un palazzo, in perfetta armonia
con le case circostanti, stessa pietra, stesso stile.
In un primo
momento Narek sembrò diffidente, poi, sospirando,
assecondò la ragazza del 10, «lo spero» minimizzò, facendo dietrofront con il
suo tridente sulle spalle e raggiungendo gli altri.
Le strade erano
composte da ciottoli piatti delle dimensioni di un pugno, non molto larghe,
erano costeggiate da fila di palazzi che svettavano verso l’alto. Riusciva a
vedere, tra le giunture della pietra o nei fori che la ornavano di tanto in
tanto, delle piccole conchiglie o qualcosa che gli sembravano rimasugli di
fossili. Alla fine di un cunicolo si apriva sopra le loro teste un arco che
conduceva ad un piccolo spiazzo, il centro di questo aveva inciso per terra
un’ancora ornata di fiori, come se fosse il simbolo della città.
«Il castello è
per di là» indicò Iyn, girandosi a guardare Cyndi e Narek che, senza dire
nulla, ripresero a camminare seguendo i due del distretto dei Pacificatori.
Il tributo del 4
non si dava pace: ormai camminavano da qualche minuto e Crydee
non si era fatta vedere – che fosse ancora lì con Cane Pazzo? Per un momento
ebbe l’impulso di tornare indietro a controllare, magari prendere di peso il
ragazzo del 7 e trascinarselo dietro, il suo Mentore aveva avvisato Mags che non sarebbe stato un alleato facile – eppure Narek era troppo testardo per desistere.
Come se avesse
sentito i suoi pensieri, Cyndi gli strinse forte il braccio,
coperto solo dalla maglietta a mezze maniche che indossavano tutti, «non fare
stronzate, tutto questo lo hai voluto tu» lo ammonì severamente, guardandolo
dritto negli occhi come una madre fa con un figlio. Per qualche motivo a lui
sconosciuto, si slacciò la frusta dalla cinta e la tenne in mano, forse per
intimidirlo? Non lo sapeva.
In fondo, non
aveva nulla contro quelle persone, eppure avrebbe dovuto comunque vederle
morte: era un dato di fatto. Avrebbe voluto conoscerle, in una diversa situazione,
sapere cosa facevano al Distretto 2, al 7 o al 10. In un’altra vita – forse.
Riprese a
camminare, attento nel percepire qualunque suono potesse fare un cannone.
Crydee si sedette per
terra, ormai sull’orlo dell’esaurimento nervoso.
Se credeva di
poter fare qualcosa per controllare
Cane Pazzo, si sbagliava. Si mise sulle spalle il proprio zaino, sbuffando e
cercando di spostarsi la frangia dagli occhi, mettendo poi il coltello foderato
nella cinghia dei pantaloni, «sai cosa c’è allora? Ti mollo qui! Non mi
interessa se non vieni! Non venire, stai qua e fatti uccidere, dannazione!»
prese a camminare verso la strada che aveva imboccato il gruppo e, girato
l’angolo obbligatorio si accorse dei passi che la seguivano, pesanti, le
movenze di quel corpo provocavano rumori metallici, come oggetti metallici che
si scontrano.
Si girò di
scatto e la figura di Cane Pazzo era dietro di lei, imponente nella sua altezza
e nei muscoli sviluppati – i suoi occhi la fissavano dall’alto come spenti,
eppure era sicura che guardassero.
Si ricordò della
scenata all’intervista, quando il Mentore gli ordinò di fare il contrario di
quello che gli era stato richiesto – poi ripensò alla sua frase, al «non
venire, stai qua e fatti uccidere». Era così che funzionava la sua testa?
Gli tese la
mano, quasi titubante, e sussurrando come se avesse paura gli chiese di non
stringergliela. Cane Pazzo avvolse le sue dita attorno alla mano minuta di lei,
aveva una presa incredibilmente salda, ma non faceva male, eppure, nell’altra
teneva in modo spasmodico la scure, le nocche erano ben visibili. Era lui che aveva deciso di non forzare la
presa sulla sua mano – non qualunque cosa avesse. Lei lo sapeva, sapeva che
Cane Pazzo era una persona, che ragionava e si controllava.
La sua scoperta,
in un certo senso, la riempì d’orgoglio.
Riprese a
camminare, e il suo compagno non fece resistenza.
Trovare il resto
del gruppo fu facile, si erano fermati per aspettarli, probabilmente – la
situazione la imbarazzava un po’. Iyn e Cas erano alla fine della strada, Cyndi
sembrava abbastanza agitata dalla loro sosta e l’unico con cui sembrava
intelligente parlare era Narek.
«L’ho trovato»
disse, e in quel momento Narek si girò verso di loro,
Cane Pazzo le lasciò le mani e avanzò di qualche passo, fermandosi davanti ad
una finestra che rifletteva parzialmente il paesaggio dietro di lui.
«Finalmente!»
esultò Cyndi.
Senza aspettare
nessun consenso da Narek, facendosi bastare quel
sorriso d’assenso, Crydee avanzò verso i tributi del
2 e Cane Pazzo la seguì, mentre Narek continuava a
fissare quasi rapito qualcosa che si rifletteva sul vetro. La ragazza del 10
avrebbe volentieri chiesto a Yakir che cosa stesse
guardando, ma la presa di Cas che se la tirò contro
la distolse da quei pensieri e in breve comprese: Cane Pazzo aveva iniziato a
dare di matto, volteggiando e tenendo la scure come se dovesse tagliare le
teste a tutte le persone che stavano attorno a lui.
«Grazie»
borbottò goffamente, staccandosi e aggiustandosi la maglia, Narek
e Cyndi li raggiunsero in fretta e i quattro Favoriti
ripresero a camminare.
«Ehi, se stai
qui rimarrai da solo» annunciò dopo che gli altri si erano allontanati, le sue
dita furono di nuovo avvolte da quelle del ragazzo del 7 e finalmente poté
accodarsi agli altri. «E comunque, grazie per quello che hai fatto nel Bagno di
Sangue, il tizio che voleva uccidermi…» mormorò,
lasciando la frase in sospeso.
Nel silenzio, la
voce di Cane Pazzo risuonò come un miraggio, «prego».
«Non c'è spazio per la tenerezza, non a Sparta.
Non c'è posto per la debolezza.
Solo i duri e
i forti possono definirsi Spartani. Solo i duri. Solo i forti.»
NOTE D’AUTRICE◊«viviamo e respiriamo parole»
Ok, sono arrivata anche qui con il secondo
capitolo. Come sempre, non ho nulla da dire di particolare tranne che, per
bontà mia e sotto richiesta(?) di yingsu vi lascio qualche viso già noto(?). Avevo scelto di
non mostrarveli ma, ehi, se a voi piace avere bene in mente i pg, beh, chi sono io per evitarlo?
Quindi, per ora mi mostro Narek, Cyndi e Crydee. E questo è il
vestito che indossa Crydee alle interviste, mi sono
dimenticata di mostrarvelo ♥ tehe.
Inoltre, come avete notato, ho finalmente rifatto il banner e questo
mi soddisfa molto di più 8D
Oh, sì, per Cane Pazzo, mi sento in
dovere di darvi delle spiegazioni: non è un personaggio inventato di sana
pianta, ma derivato da uno studio più o meno approfondito su un pseudo-disturbo che si manifesta presso gli indiani Crow, che si chiama, appunto, Cane Pazzo: «un giovane
guerriero che nella vita di tutti i giorni non segue le norme sociali del
gruppo, ma fa cose strane, imprevedibili e provocatorie, che portano scompiglio
e creano tensioni. E' un disturbatore della vita sociale. I comportamenti di
Cane Pazzo si possono controllare ordinandogli di
fare proprio ciò che sta per fare e che gli altri non vogliono che faccia.
[...] Cane Pazzo è un eroe coraggioso. Si scaglia in mezzo ai nemici
urlando, armato solo di scudiscio, e attua una specie di finta lotta in cui
conta ogni frustata che mette a segno come un punto a suo favore. Gli avversari
si disorientano e di regola perdono lo scontro, perché la presenza di Cane
Pazzo rappresenta un importante valore strategico». Tutto questo è
trascritto dal mio libro di psicologia ♥ e spero che vi aiuti a capire un
po’.
Oh, sì, la parte finale del capitolo è la stessa del prologo, i know.
Capitolo 4 *** III » Non conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo amore. ***
CAPITOLO III
Non conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo
amore.
Iyn e Cassius si
conoscevano solo di vista, ma questo bastava ai due per fidarsi l’uno
dell’altra, almeno finché l’alleanza fosse rimasta integra. Iyn aveva
conosciuto un paio di Vincitori del suo distretto che avevano affermato che era
meglio non fare amicizia con nessuno nei Giochi, specie i compagni di Distretto
– l’Arena non è un posto per le amicizie, e sia Iyn che Cassius lo avevano
capito piuttosto bene.
«Hai dell’acqua?»
domandò la prima, osservando davanti a sé come se cercasse un indizio, o
qualcosa fuori dal comune, qualcosa.
«Sì, ma anche tu
ce l’hai» rispose quasi retorico Cas, spostando gli occhi per osservarla – non
riusciva a trovare niente nella sua postura, nel suo sguardo diretto verso
l’orizzonte: né paura né preoccupazione né gentilezza. Un involucro vuoto, come
lui del resto, come tutti là dentro.
«Oh, vero» non
sembrava particolarmente turbata dalla propria figuraccia, forse era voluta –
forse no, si fermarono e Cane Pazzo saettò tra i due, andando quasi a sbattere
contro una colonna che sembrava essere stata messa lì per caso, Iyn si fece
scivolare lo zaino dalle spalle e lo aprì, cercando sotto le varie
cianfrusaglie che non aveva ancora esaminato per bene una delle bottiglie
d’acqua che si era imboscata, la estrasse e assieme a questa cadde a terra uno
specchio di forma ovale, incastrato in una cornice di legno duro, il rumore
secco che fece cadendo a terra riuscì a catturare l’attenzione del ragazzo del
2, che si chinò sulle ginocchia vicino a Iyn, la quale abbandonò la bottiglia
dentro lo zaino e si premurò di raccogliere il vetro, la luce si riflesse
contro di questo procurandole una graziosa macchia chiara sulla guancia.
Cas la fissò
piuttosto incuriosito «e quello?».
«Vorrei saperlo
anche io».
Crydee passò tra
i due, rincorrendo Cane Pazzo, le loro voci fecero da sfondo ad una breve
conversazione di Cyndi e Narek che arrivava da lontano, i due del 4 si
bloccarono vedendo gli altri Favoriti a terra, «qualcosa non va?» domandò
Yakir, chinandosi in avanti per vedere cosa teneva tra le mani Iyn.
Cercò di
trattenere l’angoscia che gli provocava il ricordo degli specchi, gli spuntoni verdi dal vetro… deglutì e
scosse la testa, riprendendo a camminare. Nessuno sembrò accorgersi del suo
comportamento alquanto ambiguo – calmati,
idiota.
«Uno specchio,
non so perché ce l’hanno dato» commentò Iyn, rigirandosi l’oggetto tra le mani
per poi infilarlo di nuovo nello zaino, richiudendolo con la borraccia d’acqua
al suo interno, come se si fosse dimenticata della sete, «lo scopriremo»
minimizzò poi, rimettendosi la sacca in spalla e alzandosi da terra. Cyndi fece
un passo indietro per fare in modo di non scontrarsi l’una con l’altra.
«Dove sono
finiti gli altri due?» a chiederlo fu Cas, con le palpebre socchiuse come a
voler guardare più lontano di quello che gi era permesso, fissava la massiccia
figura di Cane Pazzo in lontananza e Crydee appoggiata al muro, probabilmente
esasperata. A qualche metro dai due un arco costellato da conchiglie lucide
precedeva l’entrata alla costruzione somigliante al castello.
«Lì» indico
Cyndi, «e dovremo sbrigarci prima di perderli».
Iyn sorrise,
tirandosi la maglia nera verso il basso, stringendosi poi la cintura dei
pantaloni, «finirà che si uccideranno» rivolse lo sguardo a Narek, ancora
pensieroso ma tutto sommato presente, era sicura che avesse seguito il
discorso, «oppure li uccideremo noi, soprattutto la ragazzina, non è stata
molto utile».
Yakir sembrò
infastidito da quel commento, ma non rispose, scrollò le spalle e fece roteare
il tridente da una mano all’altra, «andiamo, prima che uccida qualcuno
davvero».
Nessuno disse
più nulla.
Le porte si
aprirono spinte dalle braccia di Narek e Cassius, davanti a loro un lungo
corridoio dalle alte e umide pareti sembrava non avere fine, ai muri erano
appesi quadri rovinati ormai incomprensibili e vari drappi strappati, ma dai
quali si potevano scorgere paesaggi sottomarini, o qualcosa del genere.
«Fa freddo, qui»
commentò Iyn, incrociando le braccia al petto mentre iniziava a percorrere il
vicolo infinito, nessuno le rispose.
Cane Pazzo
rimase per ultimo, camminando a passi lunghi ma lenti e trascinandosi dietro
l’ascia come se fosse un peso, lo stridio del ferro contro la pietra era leggermente
fastidioso, ma nessuno si lamentò.
Finalmente il
corridoio finì, aprendosi in una sala rettangolare ma vuota, due porte
occupavano la parete lunga davanti a loro, sul lato corto alla loro sinistra una
lunga tenda copriva una finestra e a destra un arazzo rappresentante l’ancora
con i fiori che avevano trovato per le strade che si intrecciavano tra loro.
Cane Pazzo abbandonò l’arma su un tavolino di legno scuro vicino alla tenda e
prese a camminare attorno al perimetro della stanza, il primo a muoversi fu Cas
che si spostò verso il centro, seguito poi da Cyndi e da Iyn.
«Beh, ha un suo
perché» mormorò il ragazzo del 2, girandosi attorno senza esprimersi
ulteriormente, i passi non producevano rumore: era su un tappeto rosso scuro
ornato da cuciture dorate di piccole conchiglie e motivi floreali.
«Sembrano i
tappeti del sindaco» scherzò Cyndi.
Narek la guardò
con le sopraciglia aggrottate, «che ne sai tu di come sono i tappeti del
Sindaco?».
L’altra sorrise,
spostandosi i capelli da davanti al viso, «segreti».
Quella
conversazione stava prendendo una piega curiosa ed interessante, ma la voce di
Crydee interruppe tutti, «c’è qualcosa, sotto il tappeto» – aveva urlato per
farsi sentire, e infatti si trovava chinata davanti all’angolo del tessuto –
arrotolato su sé stesso – che rivelava delle pietre scure poste in modo fin
troppo ordinato, formando come un pezzo di cornice, e vari sassolini di diverse
tonalità di verde che si mischiavano tra loro.
«Cassius, dammi
una mano» mormorò Narek, abbandonando a Cyndi il proprio tridente mentre con un
gesto della mano ordinava alle due di spostarsi, Crydee fece un passo indietro
in modo che i due ragazzi potessero avvolgere il tappeto lungo la sua
diagonale, finendo poi per calciarlo vicino al muro.
Quello che si
presentò ai loro occhi fu un immenso mosaico raffigurante una sirena in
posizione supina che si teneva le pinne, la schiena leggermente inarcata, la
testa rivolta verso l’alto e quindi invisibile: un mare di capelli color del
fuoco coprivano parte dello sfondo e qualche fiore si intrecciava alle sue
braccia; la pinna della giovane era blu e dorata, le squame le risalivano lungo
le braccia e i riflessi dell’acqua disegnavano onde giocose sul suo petto nudo.
«E questa?»
domandò Crydee, confusa: metà donna e metà pesce?
«E’ una sirena!»
affermarono in contemporanea Narek e Cyndi, sebbene la ragazza fosse molto più
entusiasta della scoperta, «è una figura mitologica, o qualcosa del genere…» il sorriso scomparve lentamente dalle sue labbra,
come se si fosse ricordata di qualche brutto avvenimento, «non sono belle
persone, di solito rapiscono i marinai».
Narek stava in
piedi al centro del mosaico, osservava le onde arancioni che erano i capelli
della sirena e la curva morbida dello zigomo. Si scoprì a sorridere di fronte a
quella immagine familiare, ma poi la voce di Cyndi lo
risvegliò, «da noi c’è stata una Sirena,
qualche mese fa, gli anziani la chiamavano così».
Anche Iyn
sembrava rapita da quel racconto, Cas, anche se in disparte, ascoltava – Cane
Pazzo si era nascosto dietro la tenda, ma finché non faceva rumore andava tutto
bene,«insomma, questa qui stava sempre
seduta al molo e cantava una canzone associata ai racconti per far spaventare i
bambini…».
«Era solo una
povera pazza» sbottò Narek, in modo fin troppo irruento per non far comprendere
che, in qualche modo, quell’argomento gli toccava ferite forse non totalmente
cicatrizzate – oppure aperte di recente, «in tutti i casi non c’è più – sarà
ritornata in mare».
Cyndi lo guardò
abbassando le palpebre, nonostante cercasse di trovare un contatto visivo con
l’altro, questo non ricambiava lo sguardo, «probabilmente è così» sussurrò, e
l’argomento della sirena che aveva conquistato il cuore di Narek fu
definitivamente chiuso.
Il quarto piano
del centro di Addestramento era stato riservato a loro – e Narek non poté
essere più felice: aveva una camera sua, e non un vagone che – per quanto
potesse essere silenzioso e poco traballante, rimaneva sempre un vagone.
Si buttò sul
letto ignorando i discorsi di Mags e dell’accompagnatore del loro Distretto,
chiudendo la porta con un calcio, ma dopo qualche secondo decise che non era
quello il modo di comportarsi che, forse, doveva apparire volenteroso di
contribuire alla costruzione di una tattica vincente.
Così si fece forza e si tirò su, aggiustandosi la maglietta azzurra che gli
avevano dato. Chiuse la porta della propria stanza e salì i pochi gradini che
lo portarono al salotto addobbato con vivande dall’aspetto invitante per uno…
spuntino? Ovviamente, a Capitol City si
mangia sempre.
Percorse con lo
sguardo l’attico: Mags e l’accompagnatore si versavano da bere in lunghi
bicchieri colorati e Cyndi era sparita, forse in camera sua. Agli angoli della
stanza erano fermi in posizione retta con le mani congiunte davanti al busto e
gli occhi bassi delle persone – Narek
sapeva chi erano: senza-voce
Fece scorrere
gli occhi su ognuno di loro: le pettinature corte dalla frangia dritta e le
labbra dipinte di nero, addosso una giacca azzurra e nera con dei pantaloni
scuri. Sembravano dei soldati – delle statue prodotte da una mano piuttosto
semplice esibite lì per puro piacere. Eppure lui sapeva che erano lì perché, in qualche modo, avevano tradito
Capitol City, mettendo in discussione la sua autorità e quindi la “pace”.
I suoi occhi
finirino su quella che avrebbe dovuto essere una donna, stava in piedi vicino
al tavolo coperto di frutta e cibo vario, i capelli di un delicato color
arancione sembravano essere stati sottoposti a qualche trattamento per
stingerli. Doveva essere stata una ragazza molto bella, in passato, se Capitol
City non solo le aveva tagliato la lingua, ma fatto anche questo.
L’immagine di
una giovane donna seduta sul molo gli passò davanti agli occhi, le sue dita
intrecciavano una rete da pesca ben fatta e i piedi dondolavano sfiorando
l’acqua verde sotto di lei – le sue labbra si muovevano intonando una canzone:
«non conosco il suo nome, ma ho bisogno
del suo amore…». Quelle stesse labbra si erano travestite da uomo per salvare
il fratello – e ora erano lì.
Ecco cosa le
aveva fatto Capitol City: le aveva tagliato la lingua affinchè non potesse più
cantare per lui – la cosa gli fece
male, anche se non la conosceva, se la Sirena del Distretto 4 non cercava più
il suo audace allegro marinaio, lui non avrebbe potuto dirle che era lui.
Sospirò,
rigettando indietro il senso di rimorso, di dispiacere, e forse anche di un
amore morto ancora prima di iniziare. Si avvicinò al tavolo e si premurò di non
guardarla negli occhi, afferrò de biscotti viola dall’aria saporita e ritornò
in camera.
Era meglio se
stava lì a ignorare il mondo e pensare a tornare a casa.
Il ricordo di
Marja Seiren si ritrovò essere molto più scomodo del previso, tant’è che Narek
dovette prendersi qualche secondo per riuscire ad accantonare il pensiero. Fu
un urlo improvviso del tributo del 7 a portarlo nel mondo reale, le tende in
cui era avvolto si mossero vorticosamente e alla fine Cane Pazzo riuscì a
liberarsi dal tessuto scuro, arretrando in modo instabile, cadendo all’indietro
e atterrando seduto – ma non parlò né urlò, rimase solo lì.
«Che gli è
preso?» chiese Narek, guardando Crydee come se fosse lei la responsabile del
ragazzo.
«Non ne ho
idea», la voce bassa e gli occhi rivolti versi il pavimento la facevano
sembrare ancora più piccola e gracile di quello che era realmente, forse
avevano ragione, forse prenderla con loro era stato un errore.
«Che facciamo,
adesso?» li interruppe Cassius, ponendo finalmente una domanda non poco irrilevante.
Iyn si sedette a
terra, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e le gambe leggermente divaricate,
«io direi di riposarci un attimo, magari aspettare che arrivi qualcuno ed
ucciderlo».
«Riposare mi
sembra una grande idea» la sostenne Cyndi, sedendosi vicino a lei.
«Donne» biascicò Cas, cedendo anche lui
all’ozio e sedendosi a gambe incrociate, Crydee li seguì a ruota. Narek sorrise
lievemente, appoggiandosi al muro vicino alla finestra, scostando di poco la
tenda per vedere la strada: deserta. Cassius continuò con la sua predica, «e
pensare che non abbiamo camminato molto» si passò una mano tra i capelli biondi
tagliati corti e guardò Iyn, «mi sa che non sei andata a camminare molto in
montagna».
«Ho preferito il
combattimento corpo a corpo» ovviamente mentiva,
non avrebbe mai detto il suo punto forte o debole ad un potenziale avversario,
non era così stupida.
Il tempo passò
così: tra conversazioni brevi, qualche lamento poco sensato di Cane Pazzo e
passatempi inutili quali contare le pietre che formavano il muro davanti a
loro.
La prima a
prendere iniziativa fu Iyn, la stessa che si era
messa seduta per prima, «mi sono stufata, andiamo?».
Mentre Cassius
le rispondeva, Narek si sporse per guardare nuovamente fuori la finestra: come
avevano già appurato precedentemente, erano chiusi in una cupola e il confine
di questa era ben visibile grazie ai raggi che faticosamente riuscivano a
filtrare attraverso l’acqua.
Per terra, i san
pietrini sembravano bagnati in alcuni punti, come se si fossero formati delle pozze.
Riguardò in alto e riuscì a vedere che, in alcuni punti, una crepa bianca
rendeva imperfetta quella lucida semisfera, cercando di metterla a fuoco, vide
la linea spezzata allungarsi da entrambe le parti e l’acqua cadere con un
sonoro splash di qualche goccia nella
pozza più vicina a lui.
Rientrò
immediatamente, guardando gli altri mentre erano già pronti per ripartire:
addirittura Cane Pazzo sembrava essere d’accordo sulla decisione di uscire e
cercare gli altri tributi.
«Non possiamo»
setenziò Narek, e tutti gli sguardi finirono su di lui, «uscire fuori da qui è
impensabile».
«Mi prendi in
giro?» chiese Cassius, inarcando un sopraciglio – sapeva benissimo che era
serio.
«La cupola sta
crollando» e nel momento stesso in cui lo disse la terra sotto i loro piedi
tremò e una cascata di vetro e acqua piombò a terra, fuori dalla finestra,
dietro di lui: non dovettero scostare la tenda per avere la certezza di quello
che era appena successo.
«C’è un audace marinaio, che attendo dentro
al cuore
Non conosco
il suo nome, ma ho bisogno del suo amore.»
NOTE D’AUTRICE◊«viviamo e respiriamo parole»
Prima che me ne scordi, il mosaico che vedono è questo: this. Sono arrivata, dopo una settimana –
penso, ma sono arrivata.
Mi dispiace per il capitolo scialbo
(parola colta n.1) ma davvero era necessario, in più non ero molto convinta del
capitolo e quindi ho preferito finirlo il prima possibile, fidandomi del parere
di yingsu
che ha minimizzato il tutto con un “è bello”.
Seh, è bello.
Btw, spero che la scena finale vi abbia
almeno lasciato un po’ sconcertati perché sì – moriranno tutti, già. Ho
puntato molto sul background di Narek con la storia
di MarjaSeiren che
potete trovare accennata in La rosa del
mare. E se invece l’avete già letta, la fic, beh,
ora sapete che fine ha fatto Marja 8D fantastico, no?
Ok, ok…
Per ora è tutto, vi lascio il link de Il
Forno ⌠HungerGamesEFPfanfic⌡, un gruppo nato da una settimana circa
con lo scopo di raccogliere fanwriters – e fan in
generale – di HungerGames
per discutere di ciò che scriviamo/leggiamo e della saga in generale. Quindi,
se volete, fateci un salto e cliccate qui
– vi adorerò per sempre. ♥
→ la citazione finale è la
canzone dell’Audace marinaio de Pirati dei Caraibi 4 – Oltre i confini del
mare.
Capitolo 5 *** IV » Era come lottare contro uno squalo. ***
CAPITOLO IV
Era come lottare contro uno squalo.
Le onde
cullavano la barca dolcemente, facendola ondeggiare a destra e a sinistra. Il
ritmo era regolare e lento, il fruscio del mare gli accarezzava i timpani e i capelli
gli solleticavano la fronte e le orecchie.
Era uno dei suoi
primi giri in barca, quello, Narek aveva appena otto
anni ed il suo compito consisteva nello stare seduto e fermo mentre i marinai
della Sarah pescavano. Forse, un
giorno, anche lui avrebbe fatto parte di quella flotta di uomini di mare, come
suo fratello Kawl.
Non era ancora
successo.
La prima cosa
che fece fu aggrapparsi al camino e schiacciarsi contro la parete, sperando che
questa non crollasse. Cyndi si era allacciata attorno
alla sua vita con il viso schiacciato contro la sua spalla e dietro di lei Iyn e Cas guardavo verso la
porta. Dall’altra parte del focolare Crydee si teneva
ai mattoni in modo così forte che le nocche sbiancarono, sembrava stesse per
piangere. Cane Pazzo era sparito, ma urlava – e questo gli bastava per capire
che era presente.
Poi l’acqua
travolse tutto e il castello sembrò tremare e poi muoversi. Respirò a fondo e
trattenne l’aria nel polmoni, sperando di uscire da quel casino abbastanza
intatto da poter vincere. Gli Strateghi
non possono uccidere tutti dopo qualche ora dai Giochi, è una cazzata – si
consolò, poi l’acqua ruppe le porte della stanza e travolse tutto.
Il castello
sembrava muoversi, o qualcosa del genere. Probabilmente era solamente la forza
del mare sopra e intorno a loro che distruggeva quell’edificio pezzo per pezzo.
Si ritrovò ad accasciarsi contro il pavimento a causa di una qualche forza
sopra di lui che non riusciva a controllare. L’ossigeno iniziava a mancargli
tremendamente e non aveva abbastanza energia da cercare di guardare dietro di
lui, sentiva solo la presa di Cyndi sui suoi fianchi.
L’ultima cosa che vide furono gli occhi terrorizzati di Crydee,
prima che chiudesse le palpebre come svenuta.
Poi perse i
sensi anche lui.
Narek si ritrovò
ancora steso sul pavimento, ma non c’era niente a schiacciarlo contro di esso.
Pregando di non tossire acqua, appoggiò i palmi delle mani sulla roccia e
lentamente si tirò su, riuscendo a sedersi. Non
ho bevuto il mare, constatò rallegrato; guardandosi intorno vide le stesse
mura di prima, le stesse porte scardinate e le stesse finestre rotte coperte
dai pesanti tendoni rosso scuro che non si erano staccati, stranamente – vicino
a lui Cyndi era per terra, i capelli ricci sparsi
scompostamente sul viso, più in là Iyn e Cas.
«Sveglia»
mormorò alla sua compagna di Distretto, punzecchiandola con il tridente che
scoprì essere poco lontano da lui, «ehi, muoviti» riprovò, strappandole un
mugolio e facendola girare dall’altra parte come se le stesse dando fastidio.
«Oggi è il mio
giorno libero, mamma» rispose in
dormiveglia, passandosi una mano sul viso per toglierci i capelli, «non devo
andare al negozio, fammi dormire».
Narek arrossì dalla
vergogna: lo aveva appena scambiato per sua madre. Non ci credo, non ci voglio credere, continuò a ripetersi
guardandosi le scarpe e i pantaloni fradici. Poi una risata si fece spazio tra
i suoi pensieri e, alzando lo sguardo, incontrò quello di Cyndi
più divertito che mai.
«Sei diventato
tutto rosso» disse lei, indicandogli il viso. Ovviamente stava fingendo di
dormire – figurarsi se scambiava Narek per sua madre.
«No» ribatté
velocemente Narek, negando l’evidenza: si mise il
tridente nella cintura e iniziò a fare il giro della stanza per andare a
svegliare anche i tributi del Due, pregando silenziosamente che anche loro non
fossero così odiosamente scherzosi.
«Certo che lo
sei diventato!» continuò l’altra, alzandosi in piedi e pettinandosi i capelli
con le mani per poi strizzarli come uno straccio, «vuoi diventare la mia mamma,
Narek?».
Il ragazzo
sembrò profondamente colpito – in male, s’intende – da quell’affermazione,
piantò il piede a terra e s’irrigidì un momento, per poi guardarla con gli
occhi in fiamme, «no no e no! Non ce
la farei ad avere una figlia rompicoglioni come te» aveva parlato a voce
talmente alta che Iyn – con i lunghi capelli biondi a
farle da tenda – si svegliò da sola, borbottando qualcosa sul casino che
facevano quei due.
«State calmi, bambini»
sentenziò Cassius, alzandosi e mettendosi le mani all’altezza dei reni per poi
cercare di stirarsi la schiena, si sentì un raccapricciante crack e poi un sospiro di sollievo.
In silenzio
raccolsero le proprie armi sparse per la stanza, i loro zaini giacevano per
terra come corpi morti – poi, finalmente, Narek si
accorse che qualcosa non andava, «dove sono gli altri due?» domandò, facendo
fermare tutti dai loro incarichi.
«Il pazzoide e
la ragazzina?» chiese retorica Iyn, guardandosi
intorno, «saranno morti: lui è troppo deficiente
per non aver cercato di salvarsi e lei sarà stata portata via dall’acqua,
gracile com’era» poi alzò le spalle e
si chinò a raccogliere un coltello.
Narek non ci pensò,
probabilmente la bionda aveva ragione e lui non aveva sentito i cannoni per il
semplice motivo che dormiva. Eppure,
mentre una parte del cervello che non controllava si convinceva che quella era
probabilmente la teoria più accreditata, un urlo squarciò l’aria che sapeva di
sale, catturando l’attenzione del ragazzo. Non disse niente a nessuno,
semplicemente si avviò verso la porta, la spostòdi lato lasciando che cadesse a terra e
superò i vari corridoi misteriosamente intatti fino a raggiungere l’uscita.
Crydee era a terra,
appena sotto l’arco a volta che precedeva l’entrata. Ma Narek
non guardava il corpo della ragazza fasciato dagli abiti bagnati: davanti a sé
un sole forse troppo grande regnava indisturbato su un cielo di un azzurro
chiarissimo, irreale. Il paesaggio ad un certo punto spariva come se loro
fossero posizionati su una collina e poi ricompariva sottoforma di enormi campi
di papaveri rossi. Attorno a loro lunghi spuntoni di smeraldo si ergevano in
diverse altezze verso il cielo, indicando vari punti di questo. A far urlare Crydee, probabilmente, furono alcuni corpi rimasti
incastrati nei pilastri appuntiti, il sangue colava copioso lungo gli aghi e i
volti dei tributi morti erano macchiati di un’espressione di orrore tremendo.
Narek si girò verso
il palazzo da cui era uscito: pareti lisce e scintillanti dello stesso verde
che caratterizzava il paesaggio salivano verso l’alto e, come ricalcando
l’immagine della città sott’acqua, si trasformavano in colonne a punta di varie
altezze, poste in modo simmetrico in modo da slanciare la figura del palazzo –
dietro la facciata si intravedevano altri spuntoni e così ai lati
dell’edificio. Anche le case che aveva visto sotto la cupola erano diventate di
smeraldo.
Ecco che cos’era quello che avevo visto nel vetro – si disse,
avvicinandosi lentamente a Crydee, ancora turbata e
tremante, ecco a cosa serviva lo
specchio.
«Dai, andiamo»
le disse, ancora pensieroso riguardo al drastico cambiamento dell’Arena – non
se lo aspettava, e non riusciva ad immaginare neanche cosa sarebbe successo in
futuro. Afferrò un braccio della ragazza con la mano e la tirò in piedi,
scoprendola molto più leggera di quello che pensava, «dov’è Cane Pazzo?».
In quel momento
il rumore del ferro che strisciava contro la pietra rispose alla domanda del
ragazzo – troppe sorprese si disse,
girandosi e notando la figura del tributo del 7 avvicinarsi con la maglia
strappata e una ferita insanguinata che gli sfregiava il petto – non era nulla
di preoccupante: solo un taglio.
«Come te lo sei
fatto, quello?» chiese più a sé stesso che all’altro, sospirò come stanco e si
passò una mano tra i capelli, ritornando dentro il castello. Si sentiva
improvvisamente stanco, le ossa indolenzite e il cuore che non era più in grado
di sopportare tutto lo sforzo che stava facendo per sembrare un campione.
Eppure non
poteva mollare ora: avevano appena iniziato. Si appoggiò al muro freddo e umido
del corridoio, trovando sollievo in quella temperatura, chiuse gli occhi e si
lasciò avvolgere per un momento dal buio: l’odore di salsedine che aveva
addosso gli ricordava casa, si immaginò il dolce cullare della Sarah e il pesce affumicato della cena –
anche il pensiero di suo fratello Kawl e del proprio
lavoro in barca gli sembrarono piacevoli.
Ma non c’era
storia: doveva vincere per tornare a casa, e avrebbe ucciso tutti quelli che
glielo avrebbero impedito. Era come lottare contro uno squalo.
Con un colpo di
reni si staccò dalla parete, si aggiustò la maglia appiccicaticcia per colpa
dell’acqua e, per l’ennesima volta, si tirò indietro i ciuffi di capelli ancora
umidi. Tornò indietro dove aveva abbandonato i tre Favoriti, rallegrandosi nel
trovarli ancora lì: seduti in cerchio che giocavano con i coltelli o fissavano
il nulla o ancora si pettinavano i capelli.
Cyndi fu la prima a
notarlo, «dove sei stato?» a quanto pareva si era dimenticata dell’urlo che
avevano sentito.
Narek sembrò non
ascoltarla, si avvicinò al gruppo e si sedette tra Cas
e la propria compagna di Distretto, «gli altri due sono vivi, comunque»
borbottò, sfilandosi il tridente dalla cinta e poggiandoselo di fianco – a
portata di mano.
«Meglio così»
disse sommessamente il ragazzo del due, facendo girare un coltello in
equilibrio sulla punta, «o forse no…» concluse poi,
abbassando ulteriormente la tonalità della voce. Nessuno gli pose domande.
Aspettarono
qualche minuto e finalmente Crydee fece capolino
nella stanza insieme a Cane Pazzo, stranamente tranquillo. Nessuno si girò
verso di lei – facendola sentire quasi fuori luogo. Si chiese perché Narek l’avesse voluta con sé in quell’alleanza del tutto
particolare – e ogni volta che lo faceva si dava sempre la stessa risposta:
«sai rubare, sai correre», le motivazioni che le aveva fornito il ragazzo del
Distretto 4.
Si sedette
contro il muro, tirandosi le gambe al petto e rimanendo lì a fissare i quattro
Favoriti: avrebbe dovuto scappare, prima o poi, perché la avrebbero uccisa
sicuramente. Cane Pazzo riprese a fare le sue idiozie e, urlando e muovendosi
tagliò le tende con un unico colpo di scure: il cielo fuori si stava colorando
di arancione e qualche striatura bluastra iniziava a mostrarsi.
Era già finito
il primo giorno?
«Dobbiamo
preparare un programma per domani» esordì Cassius.
«Andiamo fuori e
cerchiamo gli altri, no?» disse una voce femminile, Crydee
non si preoccupò di scoprire chi fosse delle due, sentiva le palpebre pesanti e
il cervello annebbiato. Voleva dormire.
«Intanto
dobbiamo fare dei turni per la notte» era Narek.
«E non
mangiamo?» un’altra voce femminile.
«Non abbiamo il cibo»
continuò quello del 4, «abbiamo controllato prima». C’era una nota di
dispiacere misto a dolore in quella voce.
Crydee si portò una
mano alla pancia piatta, si accorse che oltre al sonno aveva anche fame. Ma, in
fondo, non era una novità.
«Io e Iyn facciamo le prime tre ore, poi Narek
e alla fine Cyndi con Crydee.
Lo svitato fa quel che vuole» propose Cas, guardando
in viso la ragazza del 4 – si lamenterà
sicuramente.
E infatti:
«perché io con la poveretta?» borbottò offesa, raccogliendosi le gambe al
petto.
Cas sorrise,
«perché Narek è abbastanza forte da cavarsela da
solo, e tu hai abbastanza pazienza per tenerla a bada senza ucciderla – Yakir non lo farebbe» commentò con una mezza risata, «ora
andate a nanna bambini, su».
Narek andò a
raccogliere le tende strappate dal ragazzo del 7 per usarle come coperta, in
mano teneva una piccola lama sfoderata, pronta per ogni attacco. Si addormentò
poco dopo, cullato dal pensiero che, una volta uscito da lì, suo padre gli
avrebbe insegnato a pescare.
«Veramente più volte appaion
cose
che danno a
dubitar falsa matera
per le vere
ragion che son nascoste.»
NOTE D’AUTRICE◊«viviamo e respiriamo parole»
Dovrei solamente andare via con la
coda fra le gambe, e in tutti i casi è quello che farò dopo aver precisato un
paio di cose.
Sì, l’Arena è cambiata – per la
precisione, la cupola si è rotta e la città è riemersa e questo è il “peso” che
sente Narek che lo spinge verso il pavimento. Ma lui,
non sapendo cosa stesse succedendo, non poteva giustificarlo.
Il motivo per cui non sono tutti
morti è semplicemente che – viva gli strateghi – gli edifici della città
sottomarina li salvaguardava, quelli impalati non sono stati altrettanto
intelligenti. Ora l’Arena si mostra com’è veramente, quindi più grande e all’aperto
– più o meno. Ma ricordatevi che sono sempre io che dirigo tutto, eh.
Mi dispiace per il capitolo scarso
sia in contenuti che in forma e anche in lunghezza, ma questo è stato
letteralmente strappato a morsi: no, non avevo voglia di scrivere di Narek nonostante il capitolo fosse fondamentale.
E, prima che ve lo chiediate:lui non sa pescare – il padre non gliel’ha
mai insegnato perché capite che il fratello maggiore è sempre il fratello
maggiore, bu.
L’ambiente dell’Arena è ispirato a
Il Mago di Oz, specialmente quello del 1939 (insomma,
l’unico che ho visto ♥)
Ancora, mi scuso per la mediocrità
del capitolo.
→ la citazione finale è di Dante
Alighieri; Divina Commedia – Purgatorio, 22.