Le fate non esistono

di Earth
(/viewuser.php?uid=280174)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le fate non esistono ***
Capitolo 2: *** Cosa ci fai qui? ***
Capitolo 3: *** Una passeggiata tranquilla ***
Capitolo 4: *** Tom e David ***
Capitolo 5: *** Ombre ***
Capitolo 6: *** Il più antico satellite di Marte ***
Capitolo 7: *** Trilli non si è mai arresa ***
Capitolo 8: *** La scintilla ***
Capitolo 9: *** Coffee Tales's ***
Capitolo 10: *** Una bugia ***
Capitolo 11: *** + 1 ***



Capitolo 1
*** Le fate non esistono ***


Da qualche parte nella seconda parte della sesta stagione

 

Le fate non esistono


 

« ...Ora devo andare ho ricevuto un invito per un pic-nic al quanto singolare! Salutami la mamma e di al Dottore di fare attenzione alle “j”! » *
Rory rimase un po' perplesso poi riattaccò il telefono.
« River non potrà venire a Vienna » disse appoggiandosi alla ringhiera accanto ad Amy.
La ragazza stava osservando il Dottore che correva da una parte all'altra dei comandi del TARDIS.
« Peccato, si sarebbe divertita a ballare il valzer ad una delle feste del Prince de Talleyrand. * » disse il Signore del Tempo premendo una serie di tasti dalla forma irregolare.
« River sa ballare il valzer? » chiese Amy, ma a giudicare dal tono della sua voce non era affatto sorpresa « e perché? » disse guardando Rory.
Lui la osservò stupito « È io che ne so dove ha imparato a ballare? »
Amy rise « intendevo dire perché non può venire? »
« Oh certo » disse Rory un po' in imbarazzo « A dire il vero non ho capito bene perché. Comunque saluta tutti e poi a detto qualcosa a proposito delle “j”. »
Il Dottore si sistemò il cravattino poi tirò una leva « ok » disse « tra pochi secondi... » il TARDIS sobbalzò.
« Cos'è stato! » gridò Amy.
« Siamo andati a sbattere contro qualcosa » rispose il Dottore « reggetevi! ».
Rory si aggrappò al corrimano delle scale. Ci fu uno scossone, la cabina tremò, per qualche secondo si ritrovarono a testa in giù. Poi tutto tornò fermo.
« Che significa che siamo andati a sbattere? » chiese massaggiandosi la testa e avvicinandosi a Amy, la quale cercava di recuperare l'equilibrio.
« Non lo so » il Dottore spuntò alle spalle di Rory risalendo le scale a due a due. Si avvicinò ai comandi del TARDIS tirò giù uno schermo e lo osservò per qualche istante:
« Non ci sono stati danni, ci siamo solo spostati di qualche chilometro. »
Amy andò verso l'ingresso della cabina e aprì la porta, fece per uscire, ma si fermò di colpo « Questa non è Vienna. »
« Certo che è Vienna! » esclamò il Dottore raggiungendola « non vedi la neve, i palazzi.... questa non è Vienna. »
Rory ci avrebbe scommesso, quando mai il TARDIS li aveva portati nel posto giusto al primo colpo? Si avvicinò all'ingresso dove Amy e il Dottore erano rimasti imbambolati a guardare fuori, e quello che vide lo lasciò senza parole.
Il cielo era di un assurdo color ambra, qua e là screziato di viola. Ai loro piedi si estendeva un tappeto verde pallido, ma di erba non c'era nemmeno un ciuffo, solo un'immensa distesa di sabbia. In lontananza si intravedevano sagome di quella che sembrava un'enorme catena montuosa.
Mentre ancora Rory osservava stupefatto il paesaggio alieno davanti a loro il Dottore si voltò e si diresse velocemente verso l'interno della cabina. Amy e Rory si scambiarono uno sguardo interrogativo, e lo seguirono.
« Cosa stai cercando? » chiese lei vedendo in Dottore frugare in un cassetto. E da quando c'era un cassetto nella consolle del TARDIS?
Il Signore del Tempo non rispose, poi tirò fuori una cartina spiegazzata.
« Una mappa? » chiese Rory sorpreso.
« Una mappa del cielo » spiegò il Dottore « e noi siamo qui » disse e indicò un puntino luminoso sulla cartina « Iota Draconis b, visto dalla Terra fa parte della costellazione del Dragone. È disabitato. »
« Solo qualche chilometro? » disse Rory sarcastico.
« Andiamo Rory! Non c'è niente di male in un piccolo cambiamento di programma » il Dottore si avvicinò alla porta del TARDIS e uscì.
Amy guardò suo marito sorridendo e anche lei varcò la soglia della cabina.
« Dove state andando? » disse Rory seguendo Amy e il Dottore su Iota Daraconis b.
« Che domande Rory! Siamo su di un pianeta deserto facciamo un giro di perlustrazione » rispose Amy « a proposito, Dottore perché è deserto? »
Era incredibile come Amy dopo tutto questo tempo riuscisse ancora a farsi coinvolgere con così tanta facilità in qualunque cosa facesse il Dottore. Rory sospirò, tanto sarebbero finiti nei guai anche se fossero arrivati a Vienna in orario, tanto valeva fare un giro.
« Questo pianeta è disabitato. Lo è sempre stato e credo lo sarà per sempre. È così grande che la vita non riesce nemmeno a riempirne un decimo che è già tempo di abbandonarlo. » stava dicendo il Dottore.
Camminare su quell'insolita sabbia verde era strano, sembrava di essere in riva al mare. Si sentiva il gorgoglio dell'acqua che sbatteva sui sassi, doveva esserci un ruscello nelle vicinanze. Nell'aria c'era un odore dolciastro, un misto di miele e tè caldo.
Ad un tratto si sentì un grido.
Tutti e tre si fermarono in ascolto.
« Veniva da quella parte! » disse Amy indicando un punto lontano davanti a se. Iniziarono a correre in quella direzione.
Perché non stavano tornando in dietro invece di andare in bocca ad un potenziale pericolo? Rory non lo sapeva, ma forse nel cervello del Dottore se qualcuno urlava non era il pericolo, ma in pericolo.
Dopo poco si fermarono.
In mezzo a quel deserto di sabbia una ragazza dai capelli scuri, lunghi e ricci era ferma davanti a loro.
Amy, Rory e il Dottore si guardarono, poi osservarono la ragazza: indossava un lungo vestito blu che si legava dietro il collo; i suoi occhi erano chiari, chiarissimi, color del ghiaccio. Sembrava sorpresa quanto loro.
« Salve » disse.
« Ciao! » rispose il Dottore « che ci fai qui? Questo è un pianeta deserto. »
La ragazza lo fisso per un attimo sbalordita, poi si ricompose:
« Era disabitato e lo sarà di nuovo tra poco, stiamo andando via. »
« Stiamo? »
Lei annuì ed indico dietro di se: ad una trentina di metri di distanza c'erano un ragazzo biondo ed una ragazza dai tratti orientali che armeggiavano intorno ad un vecchio armadio.
« Chi siete? » continuò il Dottore.
« Scusate se vi abbiamo spaventati, ma ho perso il controllo dei comandi e siamo precipitati. Nulla di grave. »
« Fata qui è tutto sistemato possiamo andare. » gridò il ragazzo biondo.
La Fata si voltò per andarsene.
« Fata? » esclamò il Dottore « Ma che razza di nome è? E poi le fate non esistono! »
La ragazza si girò di scatto:
« Ma senti un po' chi parla! Dottore, il tuo concetto di “nome” è leggermente distorto. »
« Come sai chi sono? » il Signore del Tempo era diventato improvvisamente cupo. Sfilò dalla giacca il cacciavite sonico e lo puntò verso la Fata.
« Ehi! Non provare a scansionarmi con quel coso! » gridò lei e, tirata fuori chi sa da dove, punto verso il Dottore una specie di penna sulla cui punta spiccava una luce verde. Emetteva un ronzio familiare.
« Ma cosa? » il Dottore osservò per qualche istante il suo cacciavite sonico lampeggiare:
« L'hai rotto! L'ha rotto! »
Rory si schiarì la voce « Dottore perché non andiamo via, e poi.... » cercò di dire, ma Amy gli impedì di finire la frase:
« Non dire sciocchezze Rory! Ci sono tre persone su di un pianeta che dovrebbe essere deserto non ti sembra strano neanche un po'? »
« Come hai fatto a rompere i mio cacciavite sonico? Non riesce nemmeno ad auto-ripararsi! » il Dottore continuava ad rigirarsi tra le mani il suo cacciavite singhiozzante.
La ragazza dagli occhi color ghiaccio li osservava divertita poi, come se riprendesse un discorso interrotto chi sa quando, accennò al ragazzo e alla ragazza alle sue spalle e disse:
« Loro sono Cam e Arianne, i miei compagni di viaggio. »
« E quel vecchio armadio? » chiese Amy incuriosita, indicando il guardaroba malridotto intorno al quale Cam e Arianne stavano trafficando.
« Quella è la mia macchina del tempo. »
Amy e Rory si scambiarono uno sguardo sorpresi della noncuranza con cui la ragazza aveva risposto, non era la prima volta che sentivano parlare di cose assurde con tanta tranquillità, poi osservarono il Dottore che armeggiava imperterrito con il suo cacciavite.
« Ciao, scusate ma siamo in tremendo ritardo dobbiamo proprio andare. » Cam, si era avvicinato e osservava Amy e Rory con diffidenza.
« Dottore, Amy, Rory. È stato un vero piacere. » disse la Fata e insieme a Cam si incamminò verso l'armadio.
Il Dottore, che aveva ormai riposto il cacciavite sonico nella giacca li guardò andare via sorpreso. Poi fece un paio di passi in avanti.
« Aspetta... tu chi sei? »
La ragazza si fermo. Per qualche istante sembrò indecisa se andarsene o rispondere a quella semplice domanda, ad un tratto si rivolse a guardare il Dottore.
Un'insolita luce violacea andava riempendo l'aria mentre all'orizzonte una gigantesca luna si arrampicava silenziosa nel cielo dorato.
La Fata sorrise. Un sorriso semplice senza troppe pretese.
« I'm the last Time Lady » disse.
Poi si voltò ed entrò nel guardaroba. Si sentì un fischio, come quello del TARDIS in partenza e... puf! Il vecchio armadio non c'era più.
Iota Draconis b, a parte Amy, Rory e il Dottore, era deserto.


 


 


 

* UNA PICCOLA POSTILLA:

Salve! Come consigliatomi ho aggiunto questo piccolo spazio per spiegare alcune cose che magari possono risultare poco chiare:

La questione della “j” a cui si riferisce River all'inizio del brano è già risolta e non verrà ripresa nei prossimi capitoli. Infatti il pianeta dove atterra il TARDIS si chiama Iota Draconis b (che tra le altre cose esiste veramente) e la parola “iota” è l'antico nome della lettera “j”.

Il Prince de Talleyrand fu uno dei “registi” del Congresso di Vienna (1814) che però, in un primo periodo, a causa del susseguirsi di riunioni informali, balli e altri divertimenti venne soprannominato “Congresso danzante”.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cosa ci fai qui? ***


Settima stagione, tra “The Snowmen” e “The Bells of Sait John”

 

ATTENZIONE: questo capitolo contiene (piccoli) spoiler sulla settima stagione!

 

 

Cosa ci fai qui?


 

Il Dottore camminava veloce per le vie di una Londra ancora addormentata. Non che sapesse esattamente dove si trovasse e, se vogliamo dirla tutta, non sapeva nemmeno dove stesse andando. Gironzolava semplicemente di qua e di la sicuro che prima o poi l'avrebbe trovata, Oswin, Clara Oswald o qualunque fosse il suo nome.
Sentiva di essere rimasto per troppo tempo con le mani in mano, per troppo tempo aveva lasciato che l'universo procedesse nella sua tranquilla confusione, per quel suo infinito andare. Troppe stelle erano nate, avevano brillato e si erano spente, sopraffatte dal oscurità. Nulla si era fermato, niente aveva rallento, nessuno lo aveva aspettato. Il cosmo era andato avanti imperterrito con quel suo roboante mormorio e a lui non era importato. Adesso però sentiva di dover correre, di doversi sbrigare, per non arrivare in ritardo.
Il sole stava ancora sorgendo e già le strade iniziavano a popolarsi piano piano. La nebbia che avvolgeva l'aria cominciava a diradarsi. Il Dottore girò a destra e si diresse verso l'ingresso della metropolitana.
Non aveva mai capito perché i terrestri si ostinavano a costruire treni sotto terra, avevano così tanto spazio in superficie.
Stava per scendere il primo gradino quando qualcuno lo chiamò:
« Ehi laa... Signore del Tempo »
Quelle parole erano arrivate all'orecchio del Dottore come un sussurro trasportato dal vento.
Si fermò. Aveva già sentito quella voce. Era successo molto tempo prima, su di un pianeta lontano, che credeva disabitato.
Si voltò lentamente e la vide.
Una ragazza se ne stava seduta su di un muretto ad una decina di metri da lui.
Alzò lo sguardo ed il Dottore si trovò a fissare un paio di occhi chiari, color del ghiaccio.
L'ultima volta era scappata via, era fuggita e lui se ne era dimenticato in fretta, come si fa con i brutti sogni, con le cose che si vogliono cancellare, ma ora era li e lo guardava sorridendo.
Il Dottore rimase ad ascoltare il silenzio che era calato tra loro. Un centinaio di domande gli si affollarono in testa. Cosa ci faceva li? Perché era riapparsa? Proprio adesso che aveva ritrovato qualcosa per cui valeva la pena ricominciare a correre. Poi trovò il coraggio di rompere quel silenzio:
« Fata » disse semplicemente.
« Dottore » rispose lei.
Era sempre la stessa. Capelli, occhi, viso tutto uguale all'ultima volta. Cambiava solo il vestito, niente abito blu, solo un paio di jeans, una camicetta colorata e degli eleganti stivali neri. D'altronde nemmeno lui era cambiato più di tanto.
« Cosa ci fai qui? » iniziò il Dottore con cautela « sei sparita, scappata, non... non lo so chi sei e non mi interessa cosa dirai... tu non devi, non puoi... ho sempre creduto... e tu adesso vuoi che creda... aspetta. »
Il Signore del Tempo sentiva che stava per perdere il controllo. Avrebbe voluto dire tante cose, ma non riusciva a capire da dove iniziare. Poi gli era venuto un terribile dubbio: « questa è la seconda volta che ci incontriamo vero? Perché questa è la seconda volta che ti vedo e... »
« Ehi Dottore! E' tutto ok, siamo sullo stesso fuso orario » disse la Fata indicando il vecchio orologio che aveva al polso. Sembrava trovare divertente lo smarrimento del Dottore. Poi saltò giù dal muretto e fece qualche passo verso il Signore del Tempo.
« A volte vorrei essere una di loro » continuò la ragazza. Il tono della sua voce era cambiato, era piatto e indecifrabile.
« Loro? »
« Avere una vita banale con amici noiosi e cose monotone da fare. Avere la certezza di un'effimera e semplice esistenza. Loro continuano a sperare che un giorno l'universo cambi e diventi un po' più speciale. Non lo sopporto più. Ho sempre creduto che avrei potuto continuare all'infinito, ma loro ti scivolano via, come sabbia tra le dita e non posso fare nulla. Non c'è più nessuno. Sono andati distrutti e io non me lo ricordo quasi più. »
Il Dottore la osservava sorpreso. Forse era vero che non era umana. Lo stava fissando, ma il suo sguardo era spento e vuoto verso ricordi lontani.
« Che fine hanno fatto Cam e Arianne? » chiese lui cercando un pretesto per toglierle quell'espressione vitrea dagli occhi.
Il viso della Fata s'illuminò: « Ti ricordi di loro » ma subito tornò serio « una casetta. Era rimasta vuota. Il proprietario disse che gli inquilini erano andati via senza avvertire, ma che un signore anziano aveva tenuto la casa in buono stato, ci andava tutti i giorni per innaffiare le piante... »
Al Dottore mancò il respiro. Sapeva esattamente di quale “casetta” stavano parlando, ed era rimasta vuota per colpa sua.
« Dottore posso farti una domanda? » la Fata si era avvicinata e ora gli stava ad un palmo dal naso, lo guardava da sotto in su. Quegli occhi color del ghiaccio lo scrutavano i suoi con movimenti impercettibili e veloci, come alla ricerca di qualcosa. Lui annuì.
Per qualche istante li avvolse di nuovo quel silenzio surreale di poco prima. Ormai il sole era alto nel cielo azzurro, ma sembrava che la città si fosse riaddormentata, come sotto un incantesimo.
Il Dottore corrucciò la fronte cercando di capire chi fosse quella strana ragazza che aveva difronte. Quella starna TimeLady apparsa dal nulla senza un motivo. Non poteva crederci. Non voleva crederci.
La Fata alzò un braccio. Fece per dire qualcosa, ma poi si morse il labbro e si passò la mano tra i capelli, sistemandoseli dietro l'orecchio. Girò su se stressa dando le spalle al Dottore che indietreggio di qualche passo per evitare di perdere l'equilibrio.
« A che numero sei? »
« Scusa? » il Dottore non aveva capito bene la domanda. Fissava interrogativo la chioma di lunghi capelli scuri difronte a lui cercando di dare un senso a quello parole: « a che numero di cosa? » disse girando in torno alla ragazza per guardarla in faccia.
« A che numero sei? » ripeté lei giocherellando con un ricciolo « insomma, hai 1200 anni.... a che numero sei? » roteò gli occhi e poi tornò a fissarlo con un sorriso furbetto stampato sul viso.
Il Signore del Tempo capì. Era strano sentirsi fare una domanda del genere, di solito era lui che lo diceva presentandosi, e di solito stava cercando di salvarsi la pelle mentre qualcosa precipitava, o qualche alieno impazzito lo inseguiva.
« Undici » rispose orgoglioso.
Lei sgranò gli occhi incredula: « undici? io... io sono a nove! » esclamò « come hai fatto? Sei maldestro Dottore, se solo guardassi dove metti i piedi quando cammini ne avresti risparmiata qualcuna! » quella ragazza lo stava rimproverando. E per cosa poi? Il Dottore fu preso alla sprovvista.
« E adesso perché urli? » le disse controllando la strada deserta e sperando che nessuno li stesse ascoltando « sono l'undicesimo Dottore e allora? Cosa avrei dovuto fare? »
La Fata lo osservava esasperata. Poi si incamminò per la strada.
Lui la seguì e la afferrò per un braccio impedendole di proseguire « e adesso dove vai? Oh andiamo....»
« Dottore lo sai tu, lo so io, lo sanno loro » disse lei facendo un ampio gesto con il braccio verso la piazza li d'avanti « nulla dura per sempre. Magari la fine non arriva come tutti se la aspettano. Nessuna esplosione, niente gente che urla, ma prima o poi tutto finisce. Gli oggetti si rompono i fiori appassiscono, la stelle si spengono... e quando arriverai a tredici? » lo guardò dritto negli occhi, poi riprese a camminare scansandolo.
« E che ne so io cosa farò! » disse il Dottore desiderando che quella maledetta conversazione non fosse mai iniziata.
Lei si fermò e tornò indietro: « non avevi trovato qualcosa da rincorrere? E allora corri! sei un ragazzo furbo, ma credo che questa volta tu abbia dimenticato qualcosa. »
« Cosa hai detto? » come faceva a sapere tutte quelle cose, come poteva conoscere quelle parole...
« Il 1207 è un anno tranquillo, ideale per una bella pensata » gli disse la Fata rincamminandosi per la sua strada.
Il Signore del Tempo la guardò ancora una volta andare via con le idee ancora più confuse di prima, la Fata stava per girare l'angolo, ma poco prima di sparire alzò una mano in segno di saluto.
Il Dottore si sfregò le mani, si sistemò il cravattino, si voltò e tornò in dietro con passo deciso.
Oswin, Clara Oswald o qualunque sia il tuo nome, prima o poi ti troverò pensò il Dottore mente scendeva il primo gradino dell'ingresso della metropolitana.


 


 


 

DUE PAROLE:

Salve a tutti! Lo so che questa storia sarebbe dovuta essere una one-shot e finire con il primo capito, ma che ci volete fare? Mi è venuta in mente questa cosa e.... eccomi qui ^.^

Inanzi tutto ringrazio tutti coloro che hanno recensito o anche solo letto il precedente capitolo, dove ho aggiunto una “piccola postilla” per spiegare alcune cosette che non riprenderò più. A dire il vero ho messo di nuovo “completa” alla storia perché credo che sia finita qui. Poi magari se il mio cervello si inventa altro ricambio....

Se siete arrivati a leggere fino qui vi ringrazio!!! Fatemi saper cosa ne pensate (non sono molto brava con i secondi capitoli :-P) e se c'è qualcosa da chiarire ditemelo che aggiungo una postilla anche qui....

P.S.: per scrivere questa ff ci ho messo tanti mesi e quindi mi scuso ora per eventuali buchi nella trama (io ho cercato di stare attenta, ma, a storia riletta, sono consapevole che alcune piccole cose potrebbero non quadrare al 100%... ^^)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Una passeggiata tranquilla ***


Settima stagione, tra “Cold War” e “Hide”

 

ATTENZIONE: questo capitolo e i seguenti contengono spoiler sulla settima stagione!

 

 

Una passeggiata tranquilla

 

 

« E' sicuro di non avere nessun gelato salato? »
Il gelataio guardava il Dottore sconcertato.
« Questo è un vero scandalo! » aggiunse Clara cercando di non ridere.
Povero Signor Gelataio, se ne stava per andare a casa, aveva sistemato i dolci sugli scaffali e svuotato la cassa, ordinato i tavolini e ormai, infilati guanti e cappello, stava chiudendo la porta a vetri della sua bottega. Poi in quella gelida giornata d'inverno Clara e il Dottore erano sbucati dal nulla. Il Signor Gelataio aveva provato a convincerli di passare l'indomani, ma loro avevano insistito farneticando di macchine del tempo che qualcuno non sapeva guidare e sostenendo che quella era l'unica gelateria che erano riusciti a trovare nel raggio di duecento anni. Così aveva dovuto riaprire il negozio, rimettersi il grembiule e riappendere giacca e capello dietro la cassa.
Clara era piacevolmente sorpresa di quanto il Dottore sapesse essere convincente. Era esilarante andare in giro con lui, a parte quando rischiavano di lasciarci le penne... che poi era praticamente sempre.
Era esilarante vedere come il Dottore riuscisse a trovare il lato assurdo delle cose più banali, a far diventare illogica anche la cosa più logica e come magicamente tutto ciò che sembrava complicato diventasse semplice.
Il Signor Gelataio era ancora lì, dietro al bancone, con un cono alla liquirizia nella mano destra e la paletta per prendere il gelato dalle vaschette nella sinistra.
« Ve lo posso assicurare! Su Esperidanibi fanno i migliori gelati salati di tutta la galassia! » continuava a blaterare il Dottore « Clara, ma perché non siamo andati lì? »
La ragazza sorrise della follia del Signore del Tempo « Non lo so » disse poi prendendo il suo cono dalla mano del gelataio « se ti fosse venuto in mente prima saremo andati su Espericoso. »
« Esperidanibi! » precisò lui.
« Quello che è! » disse la ragazza avvicinandosi alla porta del negozietto e prima di uscire si voltò verso il Signor Gelataio « Grazie, è stato molto gentile! »
Clara e il Dottore si incamminarono con i loro gelati verso il parco di fronte.
Sembrava un posto tranquillo, silenzioso. Il vento gironzolava annoiato qua e là portandosi dietro le ultime foglie ingiallite avanzate dall'autunno passato. I raggi del sole basso all'orizzonte scivolavano sul prato verde donandogli allegre sfumature arancioni macchiate solo dalle lunghe ombre scure degli alberi.
« Hai sentito? » chiese ad un tratto il Dottore, fermandosi e guardandosi in torno circospetto.
« Cosa? » rispose Clara non curante continuando a passeggiare tranquilla.
« Tieni questo! » disse il Signore del Tempo rifilandole tra le mani il suo gelato e cominciando a correre.
« Ma... » Clara rimase per un attimo a guardarlo sfrecciare via. Per un attimo cercò di capire quale fosse il motivo di quel cambiamento di programma improvviso, ma poi ci rinunciò.
« E che fine a fatto la passeggiata tranquilla? » gridò cercando di raggiungerlo.
Clara si ritrovò a correre per un vialetto circondato da alberi spogli con due coni gelato in mano. Si sentiva al quanto ridicola in quel moneto. Che cosa poteva essere mai successo di così grave?
Svoltò a destra oltrepassando uno scivolo rosso e un gruppetto di altalene. Ad un centinaio di metri davanti a lei il Dottore si era fermato su di un ponticello di legno che attraversava un piccolo laghetto artificiale al centro del parco.
Quando Clara lo raggiunse aveva il fiatone e sentiva la crema dei gelati colarle sulle mani.
« Mi vuoi dire cosa diamine è successo? » disse la ragazza cercando di riprendere fiato.
Poi Clara alzò lo sguardo. Davanti a loro c'era una ragazza con un cappotto rosa confetto che la guardava divertita. Dei boccoli neri le ricadevano morbidi e ordinati sulle spalle, un filo di matita nera le fasciava gli occhi azzurri. Era un palmo più alta di lei, ma forse era per via dei tacchi. Clara guardò il Dottore interrogativa. E adesso chi era quella ragazza? Era stata lei a fermare la sua corsa? Si sentiva ancora più confusa di prima.
Il Dottore se ne stava lì impalato con un sorriso soddisfatto stampato in faccia.
Clara si schiarì la voce. Il Signore del Tempo, come se si fosse accorto solo in quel momento che anche lei era lì, si riscosse e per un secondo si guardò attorno disorientato poi spostò velocemente lo sguardo tra le due ragazze un paio di volte.
« Clara ti presento la Fata. Fata lei è Clara » si decise a dire alla fine indicando prima e l'una poi l'altra.
La Fata sorrise. E Clara fece altrettanto « Molto piacere! » disse.
La Fata... pensò. Strano. Era un nome insolito. Anche se ormai poteva definirsi un'esperta in cose insolite...
Il Dottore girò attorno a Clara fino a trovarsi tra le due ragazze, le prese sotto braccio e si incamminò nella direzione da cui erano arrivati.
« Allora Dottore come stai, ti vedo allegro? » chiese la Fata riponendo i libri che aveva in mano nella borsa a tracolla.
Dunque già si conoscevano. Pensò Clara. Eppure lui non le aveva mai parlato di una fata. A dire il vero Clara aveva la tremenda sensazione che il Dottore non le avesse detto la verità su di un mucchio di cose. Ma in fondo era un viaggiatore del tempo centenario, cosa si aspettava, che raccontasse a lei tutti i segreti dell'universo?
« Clara, devi sapere che io e la Fata siamo vecchi amici! » stava dicendo il Dottore.
« Vecchi amici? » esclamò la Fata sorpresa e divertita al tempo stesso. « Sbaglio o ci siamo incontrati solo due volte di sfuggita? »
« E com'è che vi siete conosciuti? » chiese Clara. Ora che ci pensava fino a quel momento non aveva incontrato nessuno che conoscesse il Dottore, o per lo meno nessun “vecchio amico”.
Il Dottore però non rispose, prese i due coni gelato ormai mezzi sciolti dalle mani di Clara e si diresse velocemente verso il parco giochi di fronte a loro. Si avvicinò a due bambini che stavano giocando vicino allo scivolo, gli disse qualcosa e gli lasciò i due coni gelato. Uno all'uno e l'altro all'altro.
« Allora » disse la Fata rivolta a Clara « tu e il Dottore è da molto che andate in giro? »
« Abbastanza. » rispose lei « è complicato tenere il conto dei giorni esatti quando passi da Napoleone, al confine del cielo in un solo pomeriggio! » Clara fece un paio di passi, cercando di sottrarsi allo sguardo indagatore della Fata. Non sapeva perché, ma quella ragazza la faceva sentire a disagio. Il Dottore stava tornando saltellando verso di loro.
« Bene! » esclamò il Signore del Tempo « Fata che ci fai da queste patri? »
« Nulla di particolare, facevo un giretto per ingannare il tempo » disse accennando un sorriso, che a Clara sembrò nascondere dell'altro. « Voi? » chiese.
« Siamo venuti a prendere un gelato... » disse il Dottore, ma subito si accorse di ciò che aveva appena fatto. La Fata lo guardò per un attimo interrogativa e Clara si diede una botta sulla fronte con il palmo della mano. Poi tutti e tre osservarono i due bambini che, dondolandosi sulle altalene, mangiavano spensierati i loro nuovi gelati.
Clara scoppiò a ridere. « Andiamo va' » disse .
I tre si incamminarono verso l'uscita del parco e chiacchierando del più e del meno, di come Clara e il Dottore non fossere mai arrivati a Las Vegas e di come la Fata non avesse alcuna intenzione di dirgli cosa ci faceva lì. Arrivarono su di una stradina piena di case, dovevano essere almeno una ventina di villette dai mattoni rossi per lato.
« Secondo voi dove siamo? » chiese la Fata dopo un po'. A quell'ora la strada era deserta, il sole era omani tramontato da un pezzo e i lampioni si erano accesi a rischiarare la via come tante candeline sopra una torta di compleanno.
« Dovremmo essere a sud, in Inghilterra. Devo esserci già stata da queste parti... » disse Clara guardandosi a torno pensierosa. In fondo alla strada una vecchia auto d'epoca verde se ne stava parcheggiata davanti ad un grosso cartellone pubblicitario su cui una ragazza con una racchetta da tennis in mano e i capelli corti cotonati sorrideva ad un bottiglia di coca-cola.
« Anni 50 più o meno » fece il Dottore avvicinandosi ad una panchina e sedendovisi sopra.
« E lo hai capito da una panchina? » chiese Clara.
« No » rispose il Signore del Tempo sistemandosi il cravattino « dai lampioni ».
Clara e la Fata si voltarono. Davanti ad ogni casa c'era un lampione acceso, alto una decina di metri. Dei lampioncini eleganti, assomigliavo a delle lanterne squadrate appese ad un ramo ricurvo. Ad un tratto però il lampione di fronte a loro si spense.
« Negli anni 50 i lampioni erano ad intermittenza? » chiese Clara divertita.
« No » disse il Dottore alzandosi e tirando fuori il cacciavite sonico dalla giacca.
« Secondo voi quante persone abitano in quella casa » disse poi indicando la villetta davanti a loro.
« Perché? » chiese la Fata passandosi una mano tra i boccoli scuri. Clara non aveva ancora ben capito cosa ci facesse lì quella strana ragazza, ma in fin dei conti non le importava poi più di tanto e a pensarci bene poteva anche essere simpatica.
Clara si avvicinò al Dottore. Osservò la villetta ci pensò un po' su « il giardino è ordinato, non ci sono cianfrusaglie in giro e le foglie sono state spazzate via. La padrona di casa deve tenerci molto all'ordine e secondo me... non so circa... »
« Qualche centinaio di forme di vita? » disse il Dottore osservando il suo cacciavite dalla luce vede.
« Certo forse se consideriamo le formiche che vivono in giardino e qualche altro insettino sparso qua e là... Dottore secondo me non sai usare nemmeno il cacciavite sonico! »
Il Signore del Tempo stava per controbattere quando la Fata gli sfilò dalle mani il cacciavite.
« Cosa … » disse cercando di riprenderlo, ma lei glielo impedì divertita.
« Allora vediamo un po' » disse la ragazza trafficando con quell'aggeggio alieno.
« Hei! sta attenta ok, è molto fragile! »
« Ecco qui » disse poi la Fata restituendo al Dottore il suo giocattolo « ci sono due ragazzini lì dentro. »
Il Dottore corrucciò la fronte perplesso « non è possibile....»
Clara afferrò il Signore del Tempo per un braccio, impedendogli di finire la frase e si avvicinò al capanno degli attrezzi in fondo al giardino.
Sorrise, le era appena venuta un 'idea.
« Per scoprire chi a ragione non ci resta che entrare » disse decisa. Poi spostò lo sguardo su di una vecchia scala di legno poggiata lì vicino.
Il Dottore la osservò per un attimo perplesso, poi si sfregò le mani « Clara sei un vero genietto! »
« Grazie » sorrise lei. Il Dottore afferrò la scale a pioli e si dirisse verso il davanti della casa.
« Non possiamo semplicemente bussare? » chiese la Fata.
Il Dottore sistemò la scala vicino al muro in corrispondenza di una finestra del primo piano.
« Ma così è più divertente! » esclamò Clara .
« Prego » disse il Signore del Tempo facendo una ampio gesto con la mano verso la scala « prima le signore. »
La fata lo guardò di traverso. Poi si sfilò gli stivali neri, appoggiò la tracolla per terra e si arrampicò sulla scala. Diede una spinta alla finestra che si apri cigolando e la scavalcò. Il Dottore la seguì.
Clara vide la luce della stanza accendersi e sentì la voce del Dottore: « salve! Tu devi vivere qui giusto? Molto piacere io sono il Dottore. Scusa il disturbo, ma ci siamo accorti che il lampione davanti la tua stanza si era spento e così siamo venuti a controllare... » Clara se lo immaginò stringere la mano ad una figura senza volto e parlare gesticolando indicando il lampione ormai spento.
« Lascialo stare Dottore, è solo un ragazzino! Così finisce che lo spaventi! Ciao io sono la Fata. »
Clara era ancora lì, sotto la finestra ad ascoltare le voci di quei due. Si era alzato un venticello leggero e l'aria si era fatta pungente. Ormai dovevano essere le dieci di sera più o meno. Poi Clara si decise a salire. Scavalcò la finestra e si ritrovò nella cameretta colorata di un bambino di circa otto anni che, seduto sul letto, guardava il Dottore e la Fata frugare in giro.
« David! » urlò il bambino « in camera mia ci sono una fata ed un dottore! » e a giudicare dalla voce tremate doveva esser abbastanza spaventato. Clara si diede una sistemata alla gonna rossa, si avvicino la bambino biondo e gli diede un buffetto sulla testa.
« No piccolo, loro non sono una fata e un dottore, loro solo la Fata e il Dottore ».


 


 

 

DUE PAROLE:

Ragazze/i dovete dirmi cosa ne pensate ok? Se vi piace, se fa schifo, notizie belle notizie brutte... non importa basta che mi dite qualcosa ok? Perché personalmente non mi piace molto come è venuto questo capitolo di riapertura, e lo so che è lungo, ma non credevo ci volessero così tante parole per dire così poche cose!
E lo so che ci ho messo mesi a pubblicare, ma giuro solennemente di non avere buone intenzioni che gli altri arriveranno veloci ( e saranno anche migliori, questo è sicuro )...
Tra l'altro mi sono resa conto solo ora di non riuscire minimamente a gestire Clara e Eleven… Ma io sono cocciuta e quindi tra compiti in classe, interrogazioni, tesina da preparare e una vita sociale da portare avanti ho deciso di ricominciare questa storia che è ufficialmente diventata una long ^.^ 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tom e David ***


Tom e David


 

 

Undici pagine. Mancavano undici pagine e avrebbe finalmente finito quel maledetto capitolo nove.
David sbatté le palpebre un paio di volte cercando di mandare via il sonno. La matita percorse una frase già cerchiata più volte e rischiò di tagliare il foglio quando passò la mina sotto una riga sottolineata in violetto.
« Dai capitolo nove, tu non mi piaci ed evidentemente io non piaccio a te, ma voglio dirti addio. Ti conviene, o mi aiuti a finire di studiare, o voli dalla finestra. » mormorò.
Appoggiò il gomito sul tavolo e sbadigliò. Si sarebbe di certo addormentato se non fosse stato per gli strani rumori che arrivarono dal corridoio, poi sentì Tom urlare:

« David! ci sono una fata e un dottore in camera mia! »Il ragazzo lasciò cadere la matita che rotolò sul libro davanti a lui. Quel ragazzino era insopportabile, riusciva a inventarsene di tutti i colori pur di non lasciarlo in pace.
Così si alzò e si diresse sbuffando verso la camera di suo fratello. Dal corridoio notò che nella stanza la luce era accesa e mentre si avvicinava intravide alcune ombre passare rapide dietro la porta socchiusa. Era mai possibile riuscire a stare tranquilli qualche minuto? Tutto il giorno non aveva fatto altro che correre dietro a dei ragazzini scalmanati e adesso alle dieci di sera... non si sarebbe mai più offerto di fare il baby-sitter!
Ormai era arrivato davanti alla porta della stanza di Tom. Afferrò la maniglia ed entrò.« Tom la vuoi finire di romper... » stava dicendo ma sgranò gli occhi quando si accorse che nella stanza oltre al bambino in pigiama c'erano altre tre persone, un uomo e due donne.
« Chi... chi siete! Cosa volete... » balbettò « fermi o chiamo la polizia! »
L'uomo dai capelli marroni gli si avvicinò, aveva uno strano aggeggio luminoso in mano ed era vestito in modo insolito. David indietreggiò di un passo.
« Ciao » gli disse l'uomo con il cravattino sorridendo e stringendogli energicamente la mano.
« Questa è casa tua? » chiese. Che razza di domanda! David lo guardò stupito e terrorizzato allo stesso tempo.
« Sei sicuro che vada tutto bene? » continuò l'uomo lasciandogli la mano e puntandogli addosso quello strano aggeggio dalla luce verde « perché abbiamo notato che il lampione davanti casa tua si è spento. »
David si guardò attorno confuso. Quel tizio gli aveva appena chiesto se andava tutto bene... no! Non andava bene per niente! Tre estranei erano entrati dalla finestra in casa sua, avrebbero potuto essere dei ladri, degli assassini e chissà cos'altro, ma a dire il vero a David sembravano solo tre persone vestite in modo strano, non avevano l'aria di essere pericolosi...
Una delle ragazze si avvicinò, aveva una gonna rossa ed i capelli castani legati in una complicata acconciatura.
« Scusaci se siamo entrati senza avvertire. Ci dispiace di avervi spaventato. » disse la ragazza.
« Chi siete? » chiese David cercando di apparire il più sicuro possibile.
« Clara » disse la ragazza davanti a lui porgendogli la mano « il Dottore, la Fata » continuò poi indicando gli altri due.
David osservò per un attimo la mano di Clara a mezz'aria, ma non la strinse.
« Chi siete? » chiese di nuovo lanciando un occhiata a suo fratello. Il bambino se ne stava seduto sul letto e guardava la scena a bocca aperta.
Il Dottore stava per dire qualcosa, ma Clara lo precedette.
« Loro sono due alieni che viaggiano nel tempo, io sono del ventunesimo secolo! »
David li osservò interrogativo.
« Clara credo che la prossima volta dovremo inventarci una scusa un po' più credibile » disse il Dottore accorgendosi della reazione del ragazzo.
« Sono d'accordo! » rispose Clara.
« Davvero viaggiate nel tempo? » Tom era sceso dal letto e ora guardava i tre intrusi con gli occhi che gli brillavano.
« Certo! » disse il Dottore sorridendogli.
« E come fate? » chiese il bambino incredulo.
« Con una macchina del tempo, che domande! » rispose il Dottore come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
« Posso vederla? Posso vederla? » disse Tom prendendo la mano del Dottore e cominciando a saltellare.
« Adesso siamo in missione » gli rispose Clara « dobbiamo scoprire perché il lampione davanti casa tua si è spento, ricordi? »
Il bambino si fece serio. Per un attimo sembrò deluso da quella risposta, ma poi sorrise, si voltò e si diresse verso il corridoio dando una spinta a David perché si spostasse da davanti la porta « Andiamo forza, cosa stiamo aspettando? c'è un mistero da risolvere! »
Clara e il Dottore si scambiarono uno sguardo compiaciuto e passando davanti ad un David incredulo seguirono il bambino.
I tre cominciarono a gironzolare per la casa.
« Fermi dove andate! Tornate qui o chiamo la polizia! » urlò David cercando di capire cosa stava succedendo.
« Dai fratellone, sono simpatici! » gli rispose la voce di Tom dal corridoio.
Ma come, quel marmocchio lo aveva chiamato terrorizzato solo pochi minuti prima e adesso li trovava simpatici? Quella si che era una situazione folle!
« Lascia stare » la ragazza dai capelli neri ed il cappotto rosa, che fino a quel momento se ne era rimasta in disparte, gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla « non credo riuscirai a fermarli. »
Così anche lei si avviò per il corridoio. David era sconcertato.
Il ragazzo vide la Fata svoltare in camera sua « ferma dove vai? Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo? »
David imprecò. Si guardò intorno alla ricerca di... non sapeva nemmeno lui cosa e poi decise di seguire la Fata. Almeno avrebbe tenuto d'occhio qualcuno. Così ritornò nella sua stanza.
La ragazza stava frugando nella libreria. Si era tolta il cappotto, che ora se ne stava tutto stropicciato sul letto. David la osservò mentre scrutava la libreria. Indossava degli insoliti stretti jeans scuri ed una camicetta blu che le ricadeva morbida fino a metà coscia. Solo in quel momento David si accorse che era scalza.
« Che numero hai di scarpe? » le chiese.
« Come? » disse lei osservandolo interrogativa.
« Lascia stare... » David si avviò verso la stanza dei suoi genitori. Accese la luce ed aprì la scarpiera bianca dietro la porta. Sua madre aveva davvero un sacco di scarpe! Prese un paio di stivaletti blu e tornò in camera sua.
Entrando nella stanza il ragazzo notò un mucchio di magliette colorate sparse sulla scrivania. Che strano quella rossa in cima al mucchio era uguale a quella che sua madre gli aveva regalato a Natale e lui non aveva mai messo... un attimo! Ma quelle erano le sue magliette!
La Fata stava aprendo tutti i cassetti della cassapanca e man mano che si svuotavano la scrivania si riempiva di vestiti stropicciati.
« Si può sapere cosa stai cercando? » disse porgendole le scarpe.
« A dire il vero non lo so » gli rispose lei fermandosi ad osservare la vecchia chitarra appesa alla parete.
« E comunque... chi saresti? »
La ragazza rise leggermente « proprio non ti arrendi eh? » disse infilandosi gli stivaletti e dandosi una veloce occhiata allo specchio
« E che dovrei fare? Mi ritrovo tre estranei dentro casa che parlano di viaggi nel tempo e altre follie e... aspetta! Non sono io che devo spiegazioni! »
« Se ti interessa tanto... » disse la Fata mentre apriva un altro cassetto « sono un'extraterrestre. »
David la guadò scettico « e io Napoleone! » esclamò sarcastico mentre si sedeva sul letto esasperato.
La Fata si voltò a guardarlo. Aveva gli occhi di un blu incredibilmente chiaro.
« Credi che siamo dei ladri? » gli chiese.
In quel momento si sentì il Dottore gridare dall'altra stanza « Certo che so cos'è un jukebox a gettoni! »
David e la Fata si guadarono divertiti e lui disse « ok, se questa è una copertura siete pessimi!»
« Quindi non siamo dei ladri... » continuò lei svuotando un portapenne e facendo cadere tutte le matite sul pavimento.
David ci rifletté un attimo e nella sua testa si formò un dubbio. E se... ma non era possibile!
« Quindi sei un'aliena... »
« Allora ci credi! » esclamò lei.
Lui fece finta di non sentirsi uno sciocco imprudente :
« Anche loro? » chiese indicando il Dottore e Clara che proprio in quel momento stavano passando davanti alla porta della sua stanza trasportando una vecchia lampada da salotto. Chi sa dove l'avevano trovata...
La Fata aprì l'armadio « solo lui » rispose prima di sparivi dentro. Vi frugò all'interno per qualche istante, poi riemerse « Clara è perfettamente terrestre. Credo... » richiuse l'armadio e si avvicinò al letto seria. Si mise in ginocchio per terra e ci guardò sotto.
David incuriosito fece altrettanto « e da che pianeta venite? » chiese mentre entrambi osservavano la polvere che copriva il pavimento.
Lei sorrise. Si tirarono su.
« Avete per caso una cantina, una soffitta o uno sgabuzzino per le scope? » chiese la ragazza.
« C'è la dispensa! » rispose Tom entrando nella stanza con una torcia in mano e un cappello da cowboy in testa.
« Bene » disse la Fata sorridendo « andiamo a prendere qualcosa dalla dispensa allora! »
David vide la ragazza e suo fratello avviarsi allegri verso la cucina, lasciando la stanza ormai sotto sopra.
E adesso cosa aveva intenzione di fare? Avrebbe dovuto chiamare la polizia prima che le cose cominciassero a mettersi male, ma lasciò stare e li seguì.
Nel corridoio incontrarono Clara e il Dottore che discutevano, a David sembrò che stessero parlando di lavartici, ma non me era sicuro...
« Dove andate? » chiese l'alieno.
« Giù in dispensa a preparare qualcosa da mangiare » gli rispose raggiante Tom.
« Ottima idea! Quel gelato non mi è piaciuto per niente! » disse il Dottore sistemandosi il cravattino e unendosi al gruppetto.
« Ma tu non lo hai più mangiato il gelato! » ribbattè Clara.
« Appunto. Ecco perché non mi è piaciuto. »
I cinque scesero le scale, passarono attraverso il salotto e arrivarono alla dispensa. La Fata aprì la porta e ci scrutò dentro.
« Che cos'è questo rumore? » chiese Clara ad un tratto. Il silenzio era calato all'improvviso mentre tutti i presenti si fermavano ad ascoltare la melodia. Un tintinnio di note riempì l'aria per qualche secondo, si fece più forte e stridulo, dopodiché svanì in un soffio, com'era arrivato.
« Sembrava la musica di un carillon... » il Dottore si guardò attorno nel tentativo di capire da dove fosse arrivato quel suono.
« Ma noi non abbiamo un carillon » disse David allarmato.
« Allora Fata hai trovato qualcosa? » chiese Clara cercando di smorzare la tensione.
La Fata era immobile davanti alla porta aperta della dispensa. Si voltò a guardarli. A Devid sembrò di leggere la paura nell'espressione della ragazza che disse:
« Vashta Nerada. »
« Cosa? » fecero in coro Clara, Tom e David.
Il Dottore sgranò gli occhi « Cosa? » disse anche lui affrettandosi a guardare nello sgabuzzino e a puntare il suo strano aggeggio ronzante e luminoso verso l'interno della dispensa.
I tre ragazzi si lanciarono uno sguardo interrogativo, poi anche loro si avvicinarono alla porta spalancata del ripostiglio, ma quello che videro fu solo il buoi più assoluto.


 


 


 

DUE PAROLE:

Ho cercato di pubblicare il prima possibile! E infatti sono passati solo 11 giorni dallo scorso capitolo XD credo di poterlo considerare un record dopo i mesi precedenti :-D Comunque.... che ve ne pare??? Io da parte mia posso dirvi che la storia inizia adesso!
Sta sera fanno i primi due episodi della settima stagione!!! Non vedo l'ora!!! ( ma cosa dico che li ho già visti.... e non solo i primi due, ma proprio tutta la serie! Fa niente, non vedo l'ora lo stesso XD ) 
E... avete saputo i Matt??? non ci posso credere che diremo addio all'undicesimo... avevano detto che restava per tutta l'ottava stagione!!! Ma forse questo non dovevo dirlo (scusatemi tanto).... ok, tornate indietro nel tempo e non leggete queste note dell'autrice va bene??
Se siete arrivati a leggere fino a qui vi ringrazio tanto è.... fatemi sapere che ne pensate del capitolo ^.^

P.S.: se non ricordate cosa sono i Vashta Nerada, vi dico che sono degli alieni che compaio nella 4x08 e 4x09!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ombre ***


Ombre


 

La dispensa era buia. Alcuni barattoli semivuoti se ne stavano impolverati su vecchi scaffali e le loro ombre si diramavano lunghe nel buio circostante. In un angolo, una piccola lampadina emanava una luce fioca, ma le dense ombre nere la circondavano, soffocando anche quel minuscolo alito di luce.
Tom puntò la torcia verso l'interno della dispensa. Il cerchio di luce toccò le ombre ma, come se fosse assorbito dal buio, non riuscì a rischiarare nulla.
Il bambino fece ondeggiare la luce della torcia di qua e di là un paio di volte.
Ad un tratto, sotto gli occhi di Clara, l'ombra di uno dei barattoli scomparve per far posto, per una frazione di secondo, ad un piccolo spiraglio di muro.
Clara si sentì spingere in dietro.
« No! Fermo, non farlo! » il Dottore tolse bruscamente la torcia dalle mani di Tom, mentre la Fata chiudeva velocemente la porta della dispensa facendola sbattere rumorosamente.
« Ma cosa fai?» gridò David innervosito alla Fata. Poi guardò il Dottore « Tutti e due! vi sembra il modo di... » ma si fermò. La Fata si era appoggiata di spalle alla porta della dispensa e il Dottore aveva spento la torcia.
Un rumore sordo riempì la stanza, Clara sentì il pavimento tremarle sotto i piedi, barcollò cercando di rimanere in equilibrio.
La Fata si scostò dalla porta e guardò in su.
« Ma cosa... » balbettò Tom guardando a bocca aperta verso il soffitto.
Clara seguì il suo sguardo. Un immensa nube nera si stava espandendo dalla parte alta della porta della dispensa.
Un fumo scuro e denso si diramava sul soffitto correndo silenzioso in tutte le direzioni.
« Cosa diavolo... » farfugliò David incredulo.
« Sono Vashta Nerada » disse il Dottore indietreggiando di qualche passo come per seguire la macchia nera « esseri microscopici. Vivono nel buio, potremmo dire che loro stessi sono una parte del buio. Molto pericolosi. »
« E cosa vogliono? » chiese Clara. Sentì un brivido scivolarle lungo la schiena. Era una strana sensazione, il momento in cui capisci che ormai ci sei dentro fino al collo e non puoi tirarti indietro, di quando sai che devi correre e non puoi fare altro che prepararti al salto. Addio passeggiata tranquilla, addio serata senza imprevisti. Eccolo. Sentì il cuore fermarsi, un rintocco si perse trascinato via dal respiro spezzato.
« Sanno di essere stati scoperti e sono molto arrabbiati » continuò il Signore del Tempo.
I Vashta Nerada si allontanarono e corsero via verso le altre stanze della casa.
Per qualche lungo istante nessuno disse o fece nulla. Clara continuò a guardare il soffitto sopra la sua testa ormai bianco.
« Sono scappati? » la voce di David ruppe il silenzio.
Clara si voltò a guardarlo. Non era un “ragazzino” come lo aveva definito la Fata, ad occhio e croce poteva avere diciott'anni, o giù di lì. Aveva i capelli spettinati, chiari come quelli del fratellino e la maglietta a strisce verdi che indossava gli stava troppo grande, forse era un pigiama.
« Oh no, non sono scappati, no di certo. I Vashta Nerada non scappano, non ne hanno il motivo. » rispose il Dottore guardandosi intorno circospetto e tirando fuori dalla giacca marrone il cacciavite sonico.
« Tom » continuò facendo ronzare il cacciavite « ricordi la lampada di prima? Va' a prenderla dobbiamo rimanere alla luce».
Il bambino guardò il Dottore con gli occhi sgranati, poi strinse i pugni. A Clara sembrò che stesse per scoppiare a piangere, ma invece fece di “si” con la testa e si precipitò al piano di sopra.
« Tom che stai facendo? » gridò David vedendo il fratello correre su per le scale « prendi ordini da lui e gli obbedisci? »
« E' inquietante vero? » disse la Fata.
Il Dottore che stava puntando il cacciavite sonico in giro per la stanza si fermò. Clara lo osservò interrogativa, ma la sua domanda non trovò risposta.
Entrambi si voltarono a guardare la Fata: era rimasta lì, ferma davanti alla porta della dispensa. Sorrideva. Quello strano sorriso che Clara aveva visto nel parco e che ancora una volta non le sembrava nascondere niente di buono.
La Fata lanciò uno sguardo al Dottore poi, sicura di aver catturato l'attenzione di tutti e tre, tornò a guardare Clara e David. Si passò una mano tra i capelli e facendo un paio di passi verso di loro disse: « pressoché tutte le creature dell'universo hanno un'irrazionale paura del buio, ma si sbagliano perché non è irrazionale sono Vashta Nerada. »
Clara sentì il Dottore afferrarle il braccio e con uno strattone tirarla via verso la porta d'ingresso della casa.
« Noi ce ne andiamo » disse in Signore del Tempo dirigendosi a passo deciso verso l'uscita.
Clara lo guardò sorpresa, e puntò i piedi a terra. « Che storia è mai questa! Noi non ce ne andiamo! » disse risoluta, ma il Dottore sembrava non averla sentita « Dottore non possiamo andarcene! E loro? » continuò la ragazza opponendo resistenza.
« Trovate un posto alla luce e restateci » disse il Signore del tempo aprendo la porta.
Un'aria gelida investì il viso di Clara facendola trasalite. « Eh no! Noi non scappiamo! » gridò allora la ragazza. A quel punto il Dottore si fermò e si voltò a guardarla.
« Noi rimaniamo qui!» disse Clara con tono di sfida. Per quale motivo aveva deciso che non potevano restare, affrontare stelle giganti assetate di anime e marziani impazziti andava bene, ma adesso stavano scappando per un mucchietto di ombre? Il Dottore la osservò per qualche istante « ok! » disse alla fine richiudendo la porta e tornado in dietro « Rimaniamo!»
I due tornarono indietro nella cucina dove la Fata e David erano rimasti.
David si guardava attorno confusamente.
« E adesso cosa facciamo? » disse vedendo Clara e il Dottore fare capolino nella stanza.
« Accendiamo le luci! Lo hai detto il Dottore no? » disse la Fata dirigendosi di corsa verso il salotto e premendo ogni interruttore che trovava « David su non startene li impalato! Dammi una mano! »
Intanto si sentirono i passi di Tom riecheggiare dal piano di sopra.
Il Signore del Tempo di diresse verso la finestra della cucina, scostò la tenda bianca a fragole rosse e sbirciò fuori.
« Dottore, e io che faccio? » chiese Clara ritrovandosi sola in mezzo alla stanza mentre tutti erano indaffarati.
« Tu... » disse il Dottore spostandosi da una finestra ad un' altra « luce Clara. Non dobbiamo rimanere al buoi... » le rispose pensieroso.
Dal piano di sopra si sentì un tonfo e poi il rumore di qualcosa di metallo che cadeva a terra seguito dai lamenti di Tom.
Clara lanciò uno sguardo al Dottore che intanto era sparito in salotto e si diresse su per le scale.
Sul pianerottolo del primo piano trovò Tom per terra che cercava di liberarsi da una grossa lampada di metallo. La ragazza lo aiutò ad alzarsi « Tutto bene? » chiese.
« Si grazie » rispose il bambino massaggiandosi la testa. Clara afferrò la parte davanti della lampada, mentre Tom sollevò quella posteriore « portiamo questa di sotto e cerchiamo di non farci prendere dal panico » disse Clara.
I due scesero le scale e arrivati in salotto videro il tavolino tra i due divani in mezzo alla stanza pieno di candele accese.
La Fata era seduta su una delle due poltroncine rosa mentre il Dottore e David stavano trafficando con la TV.
Che strana quella televisione, era ingombrante e rispetto alle sue dimensioni lo schermo era tremendamente piccolo, sembrava quelle che si vedevano dei vecchi film... ma infondo erano negli anni cinquanta!
« Non dovevate accendere le luci? » chiese Clara guardandosi attorno. La luce delle candele accese sul tavolino oscillava e sbatteva sugli oggetti della stanza creando ombre lunghe e minacciose, un atmosfera tutt'altro che rassicurante. La cucina e le altre stanze della casa erano però cadute in un buio innaturale.
« E infatti sono accese » rispose la Fata lasciandosi cadere sullo schienale della poltrona su cui era seduta.
« Se solo riuscissi a collegare questi due fili...» disse il Dottore mentre cercava di sistemare la televisione che aveva smontato.
« Lo avete visto? » esclamò Tom indicando le scale.
Clara guardò in quella direzione incuriosita, per un po' non vide niente, ma poi ad un tratto un ombra si mosse, sparì e ricomparve su di un gradino più alto. Poi svanì di nuovo.
« C'è qualcuno...» disse Tom e tornò indietro rincorrendo l'ombra che era scomparsa.
« Dove vai? Tom! » esclamò la Fata e presa una candela dal tavolino lo seguì su per le scale. Nel buio Clara non riusciva più a vederli, ad un tratto un urlo spaventato arrivò dal piano di sopra.
David e il Dottore smisero di armeggiare con la televisione, e Clara si precipitò di sopra.
Il pianerottolo era nella penombra. Clara sentì le voci di Tom e della Fata in lontananza e raccogliendo tutto il coraggio che le rimaneva attraversò il corridoio. Arrivata in fondo, una finestra aperta faceva entrare un sottile nastro di vento e la luce della luna, ormai alta nel cielo, rischiarava la stanza. Clara avanzò ancora di qualche passo verso Tom e la Fata. Ad un tratto pestò qualcosa che le si piegò sotto la sua scarpa, alzò il piede e vide la candela che la Fata aveva preso poco prima dal tavolino.
Tom indicava nervosamente un punto imprecisato davanti a lui « era enorme, aveva le ali e ... e... »
« Tom calmati di cosa stai parlando? » la Fata si era abbassata all'altezza del bambino e tenendolo per le spalle lo guardava preoccupata.
« Era uno pterodattilo » continuò Tom con la voce tremante « era gigante e voleva mangiarmi! »
« Uno pterodattilo? » chiese Clara guardandosi in torno, ormai avrebbe creduto a tutto.
« Si, ho visto la sua ombra proprio lì »
Clara osservò nel punto che Tom indicava. Era la stanza da dove erano entrati, scavalcando la finestra. La porta era chiusa ed uno spiffero di luce, proveniente non capiva bene da dove, illuminava appena il corridoio. Clara vide l'ombra del Dottore sul pavimento in lontananza « Dottore! » lo chiamò, anche lui doveva essere salito sentendo le urla « Dottore siamo qui! » disse facendo un paio di passi verso l'ombra.
« Clara! » una voce la chiamò alle sue spalle. Si voltò, era il Dottore che saliva velocemente le scale.
« Ma come.... eri laggiù? » Clara lo guardò confusa, l'ombra sul pavimento non c'era più.
Il Dottore non aveva più la giacca e il cravattino era tutto storto « dobbiamo andare di sotto, restare alla luce » disse lui nervosamente.
Scesero le scale.
Una volta in salotto, dove la TV e le candele illuminavano la stanza David gli venne in contro.
Il Dottore si lasciò cadere su una delle poltrone e si passò una mano tra i capelli ormai spettinati.
Era difficile ammetterlo ma Clara aveva la tremenda sensazione che la situazione fosse fuori controllo, sarebbero potuti uscire se solo non fosse stato così buio, avrebbero potuto fare… non aveva la più pallida idea di cosa dovevano fare! A dire il vero non ci stava capendo proprio nulla, ma la cosa che la spaventava di più era la reazione del Dottore davanti a tutto questo. Sin da subito, per qualche strano motivo aveva tentato di andarsene e ora...
David che continuava ad andare su e giù per la stanza si fermò davanti alla Fata : « tu li hai già incontrati questi Vashta Nerada? Voglio dire, cosa sono, cosa fanno?»
La Fata lo osservò per un attimo. Poi si sedette su di una sedia alle sue spalle, si passo una mano trai i boccoli scuri e si guardò attorno come per riorganizzare le idee.
« Io...» disse « no. O meglio si. Si, credo di averli già incontrati. Insomma... si raccontano tante storie nell'universo.... loro...» si passo di nuovo la mano tra i capelli nervosamente, poi lanciò uno sguardo al Dottore seduto sulla poltrona dall'altro lato della stanza.
« Dottore » disse Clara avvicinandosi al Signore del Tempo « tu li hai già incontrati? »
Clara, non sapeva il perché ma aveva paura di fare quella domanda, sentì la propria voce tremare, ma ancora di più temeva la risposta.
Il Dottore si passò una mano sul viso, corrucciò la fronte, poi guardò Clara « si » disse.
La ragazza sentì qualcosa di strano in quella risposta, qualcosa di insolito. Dove era finita la sua solita parlantina, il suo solito parlare a vanvera.
« e... » chiese Clara sentendosi la gola secca « come è finita? »
Il Dottore non rispose, per un lungo istante rimase lì a fissarla.


 


 


 

DUE PAROLE:

Ragazze/i sono imperdonabile lo so! Ho lasciato passare quasi due mesi dall'ultimo capitolo!!! ok ok questa storia deve andare avanti! Non ho alcuna intenzione di lasciarla a metà quindi.... Diciamo che ho dovuto fare delle trasformazioni alla trama, un vero e proprio cambio di rotta, ma adesso spero di aver messo le idee a posto e quindi di riuscire a mandare a vanti la storia con una certa costanza ^.^

Ditemi che ne pensate (perché io come al solito non ne sono tanto convinta...) e ovviamente recensite :-) 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il più antico satellite di Marte ***


Il più antico satellite di Marte


 

Clara ricordò il suono del campanello.
Ricordò di aver aperto la porta e di essersi trovata davanti quello strano ragazzo vestito da monaco, fermo lì, ad osservarla come un bambino che guarda i regali sotto l'albero la mattina di natale.
Poi aveva iniziato a blaterare qualcosa. Si era presentato come il Dottore, il Dottore Chi, e lei gli aveva chiuso la porta in faccia. Le era sembrato un tipo veramente strano... un tipo strano che nel giro di ventiquattr'ore le avrebbe salvata due volte. Le avrebbe cambiato la vita per sempre.
Nel giro di ventiquattr'ore avrebbero salvato il mondo, viaggiato nel tempo a bordo di quella strana cabina blu più piccola fuori, avrebbero guidato un aereo e bevuto una tazza di tè con i biscotti.
Poi però il suo orgoglio e la sua testardaggine avevano avuto la meglio e si era sentita dire: “Torna domani, e chiedimelo di nuovo”.
Ricordava la morsa allo stomaco di quel domani. Si era seduta sulle scale, stringendo il suo libro di favole, e si era detestata per non aver accettato subito. Aveva avuto paura che non sarebbe tornato, che l'avrebbe lasciata lì ad aspettare quel “domani dopo le sette” per sempre e che tutto sarebbe diventato solo un sogno, un ricordo da chiudere in un cassetto.
Poi il campanello aveva suonato di nuovo.

« Questa cosa è folle! Voi siete tutti matti! Non capisco perché sono ancora qui, vado a chiamare al polizia! »
Era tutta la sera che David minacciava di chiamare la polizia, non che la cosa potesse creare qualche problema, ma ci sarebbero state solo più persone che facevano domande. Clara sentì Tom che cercava inutilmente di persuadere il fratello a lasciar perdere, a fidarsi di quei tre estranei entrati dalla finestra.
« Oh no... » Era la voce della Fata.
Clara avrebbe voluto voltarsi per vedere cosa non andava, ma il Dottore sembrava ignorare ogni cosa e così lei rimase lì, a fissare quegli occhi chiari, lontani, che urlavano silenziosi qualcosa che lei non riusciva ad udire.
Nonostante nessuno le avesse dato cenno di prestare attenzione, la Fata continuò a parlare:
« Poco fa quando eravamo di sopra Tom ha detto di aver sognato dei dinosauri che lo inseguivano e abbiamo visto l'ombra di uno pterodattilo. Forse ho tirato le somme troppo presto, forse... e se non fossero Vashta Nerada? »
Nonostante l'apparenza quelle parole dovevano essere arrivate al Dottore forti e chiare. Clara vide una scintilla, gli occhi del Dottore si illuminarono e un sorriso gli si dipinse sul volto.
« Ma certo! » esclamò il Signore del Tempo scattando in piedi come una molla « abbiamo considerato il buio la causa della paura e se invece fosse il contrario? Se la paura fosse la causa del buio?»
Clara l'osservò girare attorno al tavolino pieno di candele ormai consumate e percorrere la stanza a grandi passi fino a raggiungere la Fata che se ne stava seduta sulla sua sedia.
« Si nascondono, si muovono tra le ombre, ma qualcosa non mi convince... perché non ci hanno attaccato? Se fossero Vashta Nerada lo avrebbero fatto! Sono stai scoperti eppure... li avete visti, sono scappati! » continuò la Signora del Tempo osservando il Dottore avvicinarsi.
« Oh no, non sono scappati. Si sono sparpagliati. Stanno cercando informazioni....» disse lui sfregandosi le mani e guardandosi intorno, questa volta però nella voce del Dottore non c'era paura o preoccupazione, ma quella punta di sfacciataggine da sapientone che esibiva ogni volta che trovava la soluzione.
« Informazioni? Su cosa? » chiese Clara.
Il Dottore fece una giravolta su se stesso tornando così a guardare la ragazza.
« Sui nostri punti deboli. Il lampione si spegne solo quando Tom si sveglia di soprassalto, ma certo! Non sono Vashta Nerada non lo sono mai stati sono Foboidiani! »
« Cosa? »
Il Dottore si sistemò il cravattino: « Foboidiani. Piccoli esseri venuti da Fobos, il più antico satellite di Marte.»
« Credevo fossero estinti.» esclamò la Fata avvicinandosi.
« A quanto pare no. » continuò il Dottore « Si cibano dei sogni. Degli incubi. A volte mentre dormiamo i sogni se ne vanno in giro e quando ci svegliamo di soprassalto... rimangono incastrati sul cuscino. I foboidiani si nutrono della paura che c'è in essi. Di quelle piccole particelle che si muovono freneticamente » disse gesticolando e muovendo le mani nell'aria come un pianista.
Tom e David continuavano a battibeccare su cose inutili, il Dottore il chiamò:
« Ehi voi due, smettetela di litigare e venite qui!»
Clara sorrise, poi però, mentre i due fratelli li raggiungevano in salotto, le venne in mente una cosa: « e le luci che si spegnevano? Le ombre sul pavimento? Dottore io ho visto la tua ombra. »
« Avevamo paura dei Vashta Nerada, loro lo hanno percepito e si sono comportati come Vashta Nerada» le rispose il Signore del Tempo puntando il cacciavite sonico verso le luci della stanza, che ad una ad una cominciarono a riaccendersi.
« Ma cosa ci facevano nella dispensa?» chiese la Fata lanciando uno sguardo alla cucina ancora immersa nel buio.
« Ci vivevano suppongo...»
« Finalmente è tornata la corrente » disse David guardandosi intorno sollevato « mia madre è sempre stata spaventata dal nuovo impianto a gas che papà ha fatto installare. È davvero terrorizzata che potesse esplodere tutto da un momento all'altro, lei era l'unica che si occupava di riempire la dispensa.» David stava togliendo le candele ormai spente dal tavolino di legno. Clara, il Dottore e la Fata lo osservarono mentre tirava su una piccola candela verde e vi soffiava sopra.
Non sentendo nessuno parlare David alzò lo sguardo. « Ho detto qualcosa di sbagliato?» disse vedendo le facce imbambolate dei tre.
Per qualche secondo si sentì solo il ronzio del cacciavite sonico del Dottore ancora puntato contro la lampada di metallo
«Dottore...» si decise a chiedere Clara ad un tratto « questi Foboidiani... non possono rendere le paure reali vero? Si limitano solo a prenderne l'aspetto, come le ombre cinesi? »
« Si, presuppongo di si, ma se si sentono minacciati...» rispose lui spegnendo il cacciavite sonico.
« Cos'è quest'odore? » disse Tom
Clara inspirò l'aria ed uno stano odore le pizzicò il naso, come se qualcuno le avesse acceso un accendino a pochi centimetri dal viso.
« Questo è odore di gas » rispose David.
« Le particelle di cui si cibano i Foboidiani non si trovano solo nei sogni » la Fata iniziò a parlare velocemente « ce le portiamo addosso ovunque andiamo e le perdiamo, le spargiamo in giro... David, la paura di tua madre è pericolosa, lei era l'unica ad usare la dispensa e loro devono averla assorbita. imitano, copiano le paure, le usano come arma di difesa contro il nemico e noi per loro siamo il nemico»
« Dobbiamo andarcene subito! » esclamò il Dottore afferrando la giacca che aveva lasciato sul divano e dirigendosi verso la porta d'ingresso. Tutti gli altri lo seguirono.
« E dove andiamo? » chiese Clara. L'odore di gas si faceva sempre più inteso e se quello che la Fata aveva detto era vero sarebbe potuto esplodere tutto da un momento all'altro, andare fuori per strada non sarebbe di certo bastato.
« Dobbiamo raggiungere il TARDIS lì saremo al sicuro » rispose il Dottore aprendo la porta d'ingresso. Stava per uscire ma la Fata gli si parò davanti:
« Lascia stare ci vuole troppo tempo chiamo il mio» disse lei facendo per uscire, ma il Dottore la fermò per un braccio « cosa? Quella specie di vecchio armadio? »
La Fata lo guardò negli occhi per un attimo « armadio.. ok vecchio armadio! Forza uscite non c'è più tempo!»
Il Dottore, Clara. Tom, David e la Fata uscirono dalla casa di corsa verso la strada. Mentre correvano si sentì un fischio. Clara si voltò e sopra la casa vide arrivare volando un vecchio armadio di legno che girava freneticamente su se stesso cercando di... atterrare?
Poi la casa divenne incandescente ed un boato riempì l'aria. Clara sentì una forza incorporea spingerla a terra. Si ritrovò sull'asfalto, l'aria fredda e pungente della sera era diventata calda all'istante ed un bagliore illuminava la strada.
Si voltò e vide il Dottore un paio di metri più in la, seduto per terra che guardava a bocca aperta qualcosa alle sue spalle. Clara guardò in quella direzione, una luce innaturale la colpì. Si portò una mano d'avanti al viso per riuscire a vedere cos'era successo.
La piccola villetta era in fiamme.
Il Dottore si alzò in piedi e le porse una mano per aiutarla a fare altrettanto.
Clara era sbalordita. Quei piccoli esseri microscopici erano riusciti a provocare un esplosione vera.
Si guardò intorno, la Fata era a pochi passi da loro. Anche lei era stata spinta per terra dalla forza dell'esplosione.
Clara la vide aprire gli occhi, per un attimo guardarsi attorno spaesata. Poi lo vide.
Il suo strano armadio in pezzi, avvolto dalle fiamme mentre cambiava forma e dimensione in quello che sembrava un inutile tentativo di scappare.
La Fata scattò in piedi. Fece un balzo e tentò di correre verso il suo TARDIS quasi completamente distrutto, ma il Dottore l'afferrò prima che potesse avvicinarsi troppo alle lingue di fuoco.
« Lasciami! » urlò lei, ma il Dottore non le diede retta. La teneva stretta per la vita, impedendole di avanzare di un solo passo.
La ragazza urlò ancora disperata tentando di divincolarsi in tutti i modi dalla stretta del Signore del Tempo.
Clara osservava la scena ammutolita. La corrente elettrica doveva essere saltata, le case e i lampioni giacevano nel buio, ma i bagliori dorati del fuoco, che divorava la macchina del tempo e la piccola villetta dove erano stati fino a pochi minuti prima, illuminavano la strada come se il sole fosse sorto improvvisamente.
« Lasciami! Ti prego! Devo salvarlo! » Le grida della Fata dilaniavano l'aria, rompevano quel silenzio ovattato in cui Clara si era ritrovata dopo l'esplosione. Sentiva il dolore nella voce della ragazza, ne poteva percepire la paura e la disperazione di chi sa di non poter fare più niente, ma non ha ancora perso le speranze.
Udì un fischio familiare alle sue spalle. Si voltò e vide la cabina blu atterrare a pochi passi da lei.
« Smettila adesso! È solo una stupida macchina! » era la voce del Dottore. Clara tornò a guardarlo incredula. Non avrebbe mai pensato di sentirgli pronunciare parole simili.
La Fata si fermò. Smise di divincolarsi e si girò verso il Signore del Tempo che la lasciò andare. Lo guardò negli occhi. Non sembrava arrabbiata solo terribilmente triste.
Il Dottore distolse lo sguardo per un attimo. Sul suo viso era calata un ombra di colpevolezza. La Fata avanzò di un passo, il Dottore fece un passo indietro.
Poi lei gli tirò uno schiaffo sulla guancia.
Clara rimase a bocca aperta, non se lo sarebbe mai aspettato. Si avvicinò al Dottore, avrebbe voluto dire, fare qualcosa, ma non sapeva cosa.
Solo in quel momento si accorse che anche David e Tom erano lì. I loro sguardi erano spaventati e confusi. La loro casa era andata distrutta davanti ai loro occhi e la loro vita non sarebbe mai più stata la stessa. Chissà, forse se lei e il Dottore non si fossero fermati a prendere quel gelato...
Le fiamme si erano diradate e tra le ceneri incandescenti si poteva intravedere ciò che rimaneva di una casa bruciata.
La Fata lanciò uno sguardo sfinito a Clara, poi si voltò e fece qualche passo verso i frammenti di quello che a gli occhi di tutti appariva solo un vecchio armadio di legno.
Ad un tratto una nuvoletta dorata si alzò dalle macerie catturando l'attenzione di tutti. Aveva una consistenza strana, si muoveva come un piccolo sciame di moscerini, ma senza far rumore. Scivolava leggera nell'aria, iniziò a salire verso il cielo buio e man mano che saliva diventava sempre più piccola e la sua luce sempre più flebile fino a che con un ultimo bagliore sparì.
Anche la Fata si era fermata ad osservare quel curioso avvenimento, ma quando la nuvoletta dorata si dissolse nel nulla cadde a terra in ginocchio. I suoi singhiozzi riempirono il silenzio, poi però si tramutarono in un pianto disperato.
Clara osservò il Dottore accanto a lei. Era confusa. Il Signore del Tempo sembrava sorpreso quanto lei e la guardò come se cercasse un consiglio su cosa fare. Poi il Dottore si avvicinò alla Fata. Lei lo abbracciò, poggiò la testa contro il suo petto continuando a singhiozzare:
« Torniamo indietro ti prego! Torniamo indietro! »
Lui non disse niente, si limitò a ricambiare quell'abbraccio.
Clara non riusciva a capire. Quelle lacrime erano per quell'armadio che aveva visto pochi secondi prima dell'esplosione volare sulla casa? per la macchina del tempo? In fin dei conti non era che una stupida navicella spaziale. Un oggetto. Come una vecchia automobile da cambiare. Ma la Fata non si comportava come se si fosse rotto qualcosa, ma come se qualcuno se ne fosse andato per sempre.

 


 


 

DUE PAROLE:

Ragazze/i rieccomi qui! Cmq lo ammetto non riesco proprio ad aggiornare con intervalli di tempo decenti! Ormai siamo a metà della storia, vi ci dovrete abituare! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, spero si sia capito e spero di non aver esagerato XD E... se quello che vi state chiedendo è : “ma come ha fatto un TARDIS a essere distrutto da una banale esplosione? Non ha una specie di super-scudo o qualcosa del genere?” si, lo so... e infatti ve lo spiegherò nel prossimo capitolo!

Come al solito vi invito a darmi il vostro pare e recensire, questo capitolo lo avevo scritto diverso tempo fa e a quel tempo la storia doveva andare diversamente, ma ora... ditemi cosa ne pensate, il parere degli altri è sempre importate ^.^

A presto ^.^ 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Trilli non si è mai arresa ***


Trilli non si è mai arresa


 

David stava parlando con un poliziotto vestito di blu.
Erano arrivati poco dopo l'esplosione, doveva essere stato proprio un grande botto. I signori che abitavano nella casa vicino a quella di Tom e David erano corsi fuori ancora in pigiama, ma poi erano rimasti ammutoliti a guardare le fiamme che avvolgevano tutto. Solo dopo, quando il fuoco si era spento si erano sentite le sirene. Ambulanza, polizia, vigili del fuoco. E l'unica cosa che avevano trovato era un mucchietto di cenere, una manciata di gente terrorizzata e i singhiozzi di una Fata che aveva perso le sue ali.
Il Dottore osservava pensieroso quel mormorio di gente che andava e veniva. A poco a poco la calma era tornata nell'isolato. Le persone avevano ripreso a fare quello che stavano facendo prima di essere svegliate di soprassalto, i poliziotti facevano il loro lavoro e i curiosi gironzolavano cercando di non farsi notare.
A pochi passi da lui Clara stava mettendo un cerotto sul ginocchio di Tom seduto sul retro di un' ambulanza.
« Non c'è alcun motivo per avere paura. Sono cose che succedono, un giorno giochi a palla con gli amici nel tuo giardino e il giorno dopo... vai a giocare nel giardino dei tuoi amici » Gli stava dicendo. Clara era brava con i bambini, d'altronde era una tata...
« Ma io non ho paura! » la vocina di Tom riecheggiò nell'aria ormai fredda della notte.
Il Dottore si sentì tirare per la giacca, si voltò e vide Tom li accanto a lui che lo guardava preoccupato « Dottore » disse il bambino « credi che la Fata sia ancora triste? » .
Al Dottore tornarono alla mente le lacrime, la polvere che aveva ancora sulle mani, quella nuvoletta dorata, quel TARDIS che avevano visto arrivare in volo. Prepotentemente gli rimbombò ancora nelle orecchie quel “salvarlo” gridato d'impulso dalla Fata.
Che domanda. Triste... aveva sempre pensato che fosse una parola strana, senza di essa non ci sarebbe stato il felice ne allegro ne divertente, ma si, era triste.
« Non lo so » disse però a Tom tirando fuori dalla giacca il cacciavite sonico e muovendolo orizzontalmente d'avanti a se. Con fare teatrale scansionò l'intera zona: due alieni, una macchina del tempo in lontananza e tanti umani. Tutto sembrava tornato normale, i foboidiani erano scomparsi, spariti, scappati, nascosti forse comunque non erano più lì.
« Perchè non le vai a parlare? » disse ad un tratto Clara. Il Dottore osservò lei e Tom. Erano ricoperti di polvere, l'acconciatura di Clara era caduta e adesso aveva i capelli che le svolazzavano disordinati di qua e di là.
Forse aveva ragione. Avrebbe dovuto parlarle, ma per dirle cosa? Chi era? Cosa ci faceva li? Perché era questo che avrebbe voluto chiederle, quello che ancora non aveva capito. Ma no, non gli avrebbe risposto.
In lontananza riecheggio il rumore sordo di un tuono. Delle nuvole nere si avvicinavano silenziose nel cielo buio nascondendo le poche stelle che ancora brillavano.
Il Signore del Tempo lanciò uno sguardo a Clara che lo ricambiò con un sorriso. Poi si incamminò lungo la strada.
Un gruppetto di curiosi si era radunato intorno ad una donna dai capelli biondi e tailleur grigio.
« Questa sera, 29 febbraio 1953, la tranquilla vita dei cittadini è stata scossa....» stava dicendo con un microfono in mano. La tv locale doveva essere arrivata. Il Dottore li oltrepassò velocemente.
La Fata era seduta sui gradini di una villa poco distante dalla confusione e dalla gente che andava e veniva intorno alla casa di Tom e David che non c'era più. Lo vide arrivare, ma fece finta di nulla.
Il Signore del Tempo si sedette accanto a lei.
« Questa è la fine? » la voce della ragazza era piatta e distante.
Il Dottore la osservò, aveva gli occhi lucidi dalle lacrime, ma puliti, il trucco nero era stato cancellato e ora non ve ne era più alcuna traccia.
« Non doveva finire qui. Non qui, non adesso, non così....» la Fata guadava l'orizzonte lontano, a dire il vero sembrava che stesse parlando più a se stessa che con qualcuno. Per qualche lungo attimo nessuno dei due parlò, poi lei disse:
« Era rotto » un risolino le salì su per la gola.
Il Dottore la osservò perplesso: « cosa era rotto? » chiese nonostante intuisse già la risposta.
« Il TARDIS » rispose lei riacquistando il tono piatto e distante di prima.
In effetti la cosa era stata strana, come aveva potuto andare in frantumi così?
« Non funzionava più niente » continuò la Fata « niente scudi protettivi, niente oscillatore di campo o freno a mano. Era rimasto solo il circuito camaleonte. Avrei dovuto sistemarla prima o poi, ma sono ferma qui da settimane ormai. »
Una leggera brezza si alzò da ovest. Gli alberi si dondolarono annoiati, accarezzati da quell'alito di vento e le loro ombre, proiettate sull'asfalto dalla fioca luce dei lampioni, oscillarono seguendo il movimento dei rami spogli.
« Ti starai chiedendo come ho fatto » riprese la Fata « perché per rompere un TARDIS bisogna essere davvero bravi, ma quando credi che le regole non servano a nulla, quando credi di poter fare qualunque cosa tu voglia... » la Fata si passò una mano tra i capelli sistemandone una ciocca dietro l'orecchio, « io l'ho visto. Non doveva finire qui. Non qui, non adesso, non così e... e...»
« Se vuoi posso sempre darti un passaggio » disse il Dottore interrompendo il monologo della Fata.
Sul viso della ragazza si dipinse un espressione sorpresa, una specie di sorriso comparve per un attimo sulle sue labbra e per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare si voltò verso di lui:
« No Dottore, non puoi » disse lei scuotendo la testa.
« Certo che posso! Posso darti un passaggio ovunque tu voglia, ovunque...» ma lei lo interruppe prima che potesse finire la frase.
« No Dottore, non puoi. »
Negli occhi della ragazza c'era malinconia, quegli occhi color del ghiaccio lo scrutavano con movimenti impercettibili e veloci come alla ricerca di qualcosa. Il Dottore la osservava disorientato, aveva la strana sensazione di essersi perso, di non avere la più pallida idea di che cosa stessero parlando. Quegli occhi vitrei continuavano a fissarlo e per un momento non lo videro più, di nuovo, come quella mattina vicino ad una delle tante fermate della metro di Londra, lo sguardo divenne spento e vuoto correndo verso ricordi lontani.
« Trilli non si è mai arresa» la vocina di Tom arrivò dalle loro spalle. I due Signori del Tempo si voltarono. Tom e Clara si sedettero sui gradini di legno accanto a loro.
« Trilli? » chiese la Fata interrogativa osservando il ragazzino che si sistemava una coperta grigia sulle spalle.
« Si » replicò lui « Trilli Campanellino! Tu sei un fata no? E le fate non si arrendono»
La Fata lo guardò sorpresa.
« Tom, hai ragione! » esclamò il Dottore saltando in piedi « Non ti puoi arrendere così senza nemmeno provare ad aggiustare le cose! » e cominciò a camminare a passo svelto verso il parco.
« Torniamo indietro! » esclamò.
« Dove stai andando? Che vuoi fare? » gli disse la Fata alzandosi a sua volta e seguendolo.
« Ti sbagli di grosso sai? » disse il Signore del Tempo voltandosi per un attimo per poi continuare a correre « questa non è la fine! I finali sono noiosi! Non qui, non ora non adesso giusto? L'hai detto tu stessa! »
« David » gridò Clara. E il Dottore vide i tre ragazzi raggiungerli.
Percorsero velocemente la strada a ritroso. Passarono davanti al cartellone pubblicitario dove la ragazza della coca-cola ancora sorrideva spensierata ignorando quegli ultimi avvenimenti, ma la vecchia auto verde parcheggiata lì davanti non c'era più.
Nel parco, accanto alle altalene, c'era una cabina blu e lui si dirigeva proprio verso di lei.
Afferrò la maniglia e spinse la porta verso l'interno aprendola.
Il Dottore era entrato nel TARDIS seguito da una Fata, che brontolava qualcosa in protesta al nuovo piano, se così poteva definirsi, Clara e i due fratelli.
« Ma come fa ad essere qui? » chiese Clara entrando « era vicino la villetta... »
Il Dottore si avvicinò ai comandi.
« Cosa stai facendo? » il tono della Fata era esasperato « non credi ci siano già troppi paradossi qui dentro» la ragazza si pose tra lui e la consolle, poi il tono della sua voce si abbassò, diventando quasi un bisbiglio: « l'hai vista andarsene due volte davanti hai tuoi occhi o sbaglio?» disse e lanciò un veloce sguardo verso Clara.
Il Dottore esitò per un attimo. Ecco un altra cosa che non aveva ancora capito di quella Fata: come faceva a sapere così tante cose su di lui? Una vocina nella sua testa gli diceva di fare attenzione, di non fidarsi, ma fu distratto dalle esclamazioni di sorpresa di Tom e David e dalla risate di Clara divertita della reazione dei due fratelli davanti al “più grande all'interno”.
Il Signore del Tempo sorrise alla Fata e scansandola disse: « i paradossi si risolvono da soli ».
Poi tirò giù una leva «Allora? » continuò osservando uno schermo rettangolare con sopra le coordinate su dove si trovavano in quel momento « dove andiamo? »
La Fata sospirò arresa, poi incrociò le braccia al petto, alzò un sopracciglio e sorrise, il Dottore credette di vedere uno scintillio nei suoi occhi.
« Questa mattina credo che possa bastare» gli rispose.
Il Dottore cominciò a girate attorno alla consolle premendo leve e tirando tasti. Si ripartiva per una nuova corsa nel tempo.


 


 


 

DUE PAROLE:

Ragazze/i I'm sorry per il ritardo, ma questo capitolo mi ha causato un po' di problemi. Non ho la più pallida idea di come sia venuto, l'ho scritto a mozzichi e bocconi e mi sembra di.... booo! Ditemi cosa ne pensate voi per favore (io sono leggermente in crisi, anche per questo non so proprio cosa inventarmi per il prossimo capitolo. A dire il vero lo sapevo prima, ma poi.... cmq spero di aver sistemato un pochino le cose ^.^ mi serve il vostro parere!)
Ringrazio tutti coloro che hanno letto fino a qui, tutti quelli che seguono la mia storia e tutti quelli che recensiranno ^.^

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** La scintilla ***


La scintilla


 

Fuori il sole stava sorgendo, il 29 febbraio stava iniziando. Di nuovo.
Il cielo era limpido, azzurro come solo in certe mattine invernali sa essere, quando esci di casa ancora assonnato e salutando i vicini, raggomitolati in un grosso cappotto come te e ti accorgi che le tue parole sono seguite da piccole nuvolette di condensa.
La piccola cittadina ancora dormiva. Tra poco le mamme silenziose si sarebbero svegliate per preparare la colazione ai loro bambini, che borbottando qualcosa in protesta si sarebbero avviati verso la scuola con lo zainetto in spalla. Tra poco le strade avrebbero cominciato a pullulare di biciclette e automobili, di autobus e taxi, di papà che andranno a lavoro e nonni che accompagneranno i nipotini che correranno spensierati raggiungendo i loro amici alla fermata dello scuolabus. Dopo una nottata ordinaria, la vita avrebbe ripreso ad andare serena, ma tra poco, ora la piccola cittadina giaceva ancora in quel silenzio sonnacchioso che preannunciava l'alba.
Nel parco ancora deserto, ben nascosta dietro una siepe, accanto ad un ponticello su di un laghetto artificiale, era apparsa, un paio d'ore prima che il sole si affacciasse all'orizzonte, una cabina telefonica blu, leggermente anacronistica per quel fine febbraio '53.
All'interno del TARDIS, in una delle innumerevoli stanze, raggomitolata sotto un morbido piumone a strisce bianche e rosse Clara dormiva tranquilla.
Dopo che il Dottore aveva convinto la Fata che l'unico modo per sistemare le cose era fare un salto in dietro nel tempo erano partiti, ma il TARDIS aveva pensato bene di arrivare troppo presto. Così in attesa che le ore passassero erano andati a dormire.
Nei corridoi del TARDIS rimbombò un tonfo, come di qualcosa che cadeva nell'acqua.
Quel rumore arrivò fin dentro il sogno di Clara.
La ragazza cercò di aggrapparsi a quel sogno, a quelle immagini che sbiadivano, ma non ci riuscì. Per qualche secondo rimase con gli occhi chiusi, anche se ormai sveglia. Poi si decise ad aprirli.
La stanza era nella penombra, la porta aperta sul corridoio faceva entrare una luce bluastra.
Clara si sedette sul letto sbadigliando. Nella stanza c'era una finestra aperta da cui arrivava un sottile nastro di vento. Chi sa da dove veniva quella brezza, e chi sa dove dava quella finestra. Era nel TARDIS, all'interno, che senso aveva aprire una finestra? Sarebbe sbucata su di un corridoio o in un altra stanza...
Dei rumori arrivarono dal corridoio, come delle voci di sottofondo.
Clara scese dal letto. Rabbrividì quando i piedi nudi toccarono il freddo pavimento metallico.
Nella stanza c'era una poltroncina sulla quale vi era appoggiata una vestaglia e li vicino delle ciabatte.
La ragazza vi si avvicinò chiedendosi di chi fosse stata l'idea di lasciarle li.
Un soffio di vento gelido arrivò dalla finestra socchiusa alle sue spalle. Così senza pensarci due volte si infilo le ciabatte e la vestaglia.
Clara si affacciò al corridoio. Di nuovo un mormorio le arrivò alle orecchie e questa volta le sembrarono delle risate. Si voltò, provenivano dal lato destro del corridoio, così si incamminò da quella parte.
Le sue ciabatte erano silenziose sul pavimento grigio del TARDIS. Erano morbide e calde e ora che le osservava bene avevano lo stesso color rosa pallido della vestaglia.
Se non ricordava male procedendo in quella direzione sarebbe arrivata alla sala di controllo.
Svoltò l'angolo.
David era in piedi in mezzo al corridoio. Li impalato fermo con un piede più spostato in avanti rispetto all'altro, come se si fosse fermato proprio in quel momento. Sembrava attento ad ascoltando qualcosa. David era bagnato fradicio.
« Ma cosa fai qui? David! » Lui si riscosse e la guardò sorpreso
« Io?» Disse indicandosi con il pollice
«Vedi qualche altro David nei paraggi?». Clara gli si avvicinò divertita. Delle goccioline d'acqua cadevano dalla manica del pigiama del ragazzo una di seguito all'altra, si staccavano dalla stoffa e cadevano giù ticchettando sul pavimento del TARDIS.
« Perché sei tutto bagnato? »
« Questo posto è un labirinto!» Esclamò David con un espressione tra il sorpreso e l'indignato. « C'è una biblioteca, una gigantesca biblioteca!» disse facendo un ampio gesto con le braccia.
« A dire il vero stavo cercando la cucina....» Concluse pensandoci su. Clara rise.
« É vero, questo posto è pieno di cose che non ti aspetti.»
« Volete stare un po' zitti!»
David e Clara si scambiarono uno sguardo interrogativo. Entrambi si voltarono e ad una decina di metri da loro videro Tom con un orecchio premuto sulla parete del corridoio. Clara e David gli si avvicinarono.
David guardò suo fratello « Ma cosa....»
«Ssssh! » gli fece il ragazzino portandosi un dito sulla bocca « volete stare un po' zitti! Non capisco niente!» bisbigliò.
Osservando bene Clara notò come a pochi centimetri da dove Tom premeva l'orecchio vi era una porta. La ragazza fece correre lo sguardo dal bambino all'ingresso della sala di controllo un paio di volte
« Si può sapere cosa stai ascoltando? » chiese poi a bassa voce mentre con un passo si portava davanti alla porta la quale si aprì silenziosa in automatico. Ma Clara riuscì a lanciare solo un veloce sguardo nella sala di controllo, solo per una misera frazione di secondo perché Tom la tirò in dietro con uno strattone.
« No! » disse il bambino soffocando un grido e la afferrò per il braccio così da farla abbassare alla sua altezza.
« Tom quante volte ti ha detto la mamma che origliare è maleducazione!» disse David. Il tono della sua voce era cantilenante, come quello di qualcuno stanco di ripetere sempre lo stesso ritornello.
« Io non stavo origliano! » sibilò il bambino lanciano un occhiataccia al fratello, poi fece un sorriso largo fino alle orecchie: « mi tenevo solo aggiornato su gli ultimi sviluppi!»
« Per l'amor del cielo sta zitto! » la voce della Fata risuonò dura nel corridoio. Il sorriso del bambino sbiadì in un baleno. La voce della Fata proveniva dalla sala di controllo li accanto e sembrava molto arrabbiata.
David lanciò uno sguardo disorientato a Clara. Clara guardò Tom interrogativa. Tom alzò gli occhi al cielo e tornò a premere la guancia contro la parete.
« Volete stare zitti! Ecco adesso non ci capisco più niente!»
« Ma che ho detto? » era la voce del Dottore che sembrava leggermente disorientato.
« Tu non... non... lascia stare! Sai che ti dico? Limitati alla parte scientifica!» si sentì il rumore sordo di una porta che sbatteva.
Clara osservò Tom « che ci fai in piedi a quest'ora? Non dovresti essere a dormire?»
« Devo essermi perso delle battute... prima non litigavano!»
Clara sospirò « non sarebbe più semplice chiedergli cosa è successo? »
Il bambino si staccò dalla parete e la osservò scettico.
« Fidati » gli disse lei e si avvicinò alla porta metallica che si aprì silenziosa in automatico.
Clara entrò nella sala di controllo. Il Dottore era appoggiato alla consolle e le dava le spalle.
« Oi! » disse la ragazza.
Il Dottore si voltò. « che ci fai in piedi a quest'ora? » le disse facendo finta di controllare uno schermo rettangolare, che però era spento « Non dovresti essere a dormire! »
« Anche tu dovresti essere a dormire!»
« Io sono un Signore del Tempo! Non ho bisogno di dormire così tanto come voi! » le rispose sorridendo.
Clara fece un mezzo giro attorno alla consolle.
« Hai litigato con tua cugina? » gli chiese raccogliendo il cacciavite sonico da un angolo e rigirandoselo tra le mani.
« Non è mia cugina! »
« No, ma avete litigato, ed lei è uscita sbattendo la porta. Che le hai detto?»
Il Dottore ci pensò su un attimo, stava per dire qualcosa, ma Clara lo interruppe.
« Credo che una bella chiacchiera tra donne sia l'ideale per sistemare le cose!» disse riponendo il cacciavite-sonico sulla consolle e avviandosi verso la porta della cabina.
« Tu resta qui » disse al Dottore prima che lui potesse controbattere qualunque cosa.
Clara uscì dal TARDIS. Il sole non era ancora sorto del tutto e l'aria fredda del mattino le pungeva il viso. Poco più in là la Fata era appoggiata al corrimano del ponticello di legno. Era lo stesso punto in cui l'aveva incontrata il giorno prima, o meglio lo stesso punto in cui la Clara del passato l'avrebbe incontrata tra qualche ora. A volte tutti quei giri temporali le facevano venire il mal di testa.
Clara le si avvicinò.
La Fata aveva i capelli raccolti sopra la resta in un groviglio disordinato di ricci che le lasciava libero il collo, sul quale spiccava nero sulla pelle chiara un tatuaggio.
Una serie di cerchi e cerchietti concentrici di diverse dimensioni si incatenavano tra loro, alcuni erano attraversati da delle sottili linee rette e in altri delle semicirconferenze facevano capolino dal bordo. Sembrava il disegno di un ingranaggio, come tante bolle di sapone sparse qua e la in un puzzle disordinato.
« Carino il tatuaggio! » disse Clara cercando una scusa per iniziare la conversazione.
La Fata si portò in automatico una mano al collo « Grazie » le rispose sorridendo, mentre l'indice della mano sinistra percorreva sapiente le piccole circonferenze.
Per un po' nessuna delle due disse niente poi Clara si decise a rompere il ghiaccio.
«Allora?» disse appoggiandosi alla ringhiera « cosa sei? Una spia? Una fuggitiva? Un' impostora? Una viaggiatrice? Una guerriera? » reclinò la testa all'indietro quel tanto che bastava per poterla guardare un attimo lanciandole un sorriso.
La Fata alzò un sopracciglio « davvero? Sembro tutte queste cose?»
Clara ci pensò su un attimo « no » decretò « in realtà sono le prime cose che mi sono saltate alla mente.»
Uno stormo di oche selvatiche volò sul laghetto. Una di loro arrivò a pochi centimetri dall'acqua, si inclinò e l'ala infranse la superfici limpida dello stagno creando una serie di spruzzi che attraversati dai raggi del sole brillarono creando minuscoli e brevissimi arcobaleni.
« Il Dottore non si fida di te » continuò Clara assumendo un tono serio.
« E te lo ha detto lui? » chiese la Fata.
« Non proprio a dire il vero ma.... Dopo un po' impari a conoscere le persone e nessuno qui ha ancora conosciuto te.»
La Fata sorrise ed alzò gli occhi al cielo che ormai stava diventando sempre più azzurro
« Quanti anni hai Clara? Ventuno, ventidue?»
« Ventisei!»
« Ventisei.... Non credo neanche di ricordarmelo come ero a ventisei anni. Tu sei così coraggiosa. Tutti voi siete sempre coraggiosi. Siete così stufi della vostra vita normale.... Dite che è piena di niente e così non appena vi capita l'occasione per poter cambiare per poter riempire quel niente la prendete al volo. É così facile... » la Fata si fermo una attimo e si voltò verso Clara, poi riprese « ve lo si legge negli occhi, basta proporvi "tutto il tempo e lo spazio" » la ragazza scandì quelle ultime parole così lentamente che a Clara sembrò quasi innaturale.
« Eccola! » la Fata puntò l'indice contro il naso di Clara tanto velocemente da farla sobbalzare « oh eccola li, nei tuoi occhi era li l'ho vista un attimo fa! »
« Cosa? » chiese Clara incerta osservando il dito della Fata che oscillava davanti al sul viso.
« La scintilla. Basta solo nominarla e bam!» la Fata fece schioccare le dita « non ve la lasciate scappare, ne comprendete la meraviglia e la straordinaria potenza, ma non riuscite a dirle di no. L'infinità. É così bella non è vero? Tu puoi dirlo, ne hai assaggiato una briciola e non la scambieresti per nulla al mondo.»
« Io veramente cerco solo di prendere quello che mi offre la vita » cercò di controbattere Clara.
« Tu sei coraggiosa Clara. Anche se ancora non sai perché sei qui. A volte non vogliamo vedere chi siamo fino a che non ci andiamo a sbattere contro » la Fata tornò a guardare il sole giallo che ormai stava lasciando del tutto l'orizzonte.
Clara la osservo, notò le sue mani stringersi contro la ringhiera di legno del ponticello. La Fata fece un respiro profondo.
« Ho paura Clara » disse « Ero venuta qui con uno scopo preciso. Beh qui, ero partita con uno scopo preciso ma adesso....»
« Adesso? » chiese Clara incuriosita.
« Adesso ho capito di essermi sbagliata. »


 


 

DUE PAROLE:

Ragazze/i dopo un infinità ho trovato il tempo per finire questo capitolo!
Spero che questo capitolo sia venuto abbastanza decente e spero che vi sia piaciuto ^.^
Non so quanti anni ha Clara (ho anche cercato in giro, ma nn sono riuscita a scoprirlo), ho messo 26 perché era l'età di Jenna quando ha iniziato a recitare nella serie.
Mi scuso in anticipo per eventuali incongruenze che ci potranno essere nei prossimi capitoli.
Poi nn so perché gira voce che questa storia sia praticamente finita.. e per vostra fortuna non vi romperò ancora per molto perché mancano solo 2 capitoli + 1.
Ora ringrazio tanto tutti coloro che sono arrivati a leggere fino qui: thank you ^.^ e spero vogliate farmi sapere cosa ve ne pare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Coffee Tales's ***


Coffee Tales's


 

La porta della cabina blu cigolò leggermente aprendosi alle spalle delle due ragazze.
« Allora avete finito di confabulare?»
Clara e la Fata si voltarono verso il Dottore, il quale se ne stava appoggiato alla porta del TARDIS ed aveva un'aria leggermente annoiata. Tutto quell'aspettare e non far nulla non doveva essere nelle sue abitudini.
« Io ho fame! » disse Tom sbucando da dentro la cabina « è dalla cena di ieri che non mangio! »
« Ottima idea! Una bella colazione ci starebbe proprio bene! » rispose il Signore del Tempo allontanandosi dalla porta della cabina e avvicinandosi al ponticello su cui si trovavano Clara e La Fata.
Il Dottore guardò l'orologio che aveva la polso: « sono le 7.15 del mattino » disse « il sole sta sorgendo, le persone si svegliano... è un orario indaffarato le 7.15, vanno sempre tutti di corsa la mattina, eppure non si dovrebbe avere fretta, alle 7.15 si è solo all'inizio della giornata. »
« Sai Dottore, io ho corso tante mattine. Per un motivo o per un altro capita a tutti di essere in ritardo e di dover fare le cose di fretta, ma credimi in un anno ho corso molto meno di quando non abbia corso in un solo giorno viaggiando con te » gli rispose Clara ironica scendendo dal ponticello.
« Scusate ma non sarà pericoloso andare in giro così?» chiese David uscendo dal TARDIS « se ho capito bene siamo tornati indietro nel tempo. E se qualcuno ci vede? Nel senso: se vede due noi? » riprese dopo aver lanciato un occhiata interdetta alla porta della cabina che si richiuse automaticamente alle sue spalle.
« David siamo tornati indietro neanche di 24 ore! » gli rispose Tom mentre cercava di infilarsi un cappotto troppo grande per la sua taglia.
« David hai ragione! » disse il Dottore voltandosi verso il ragazzo « siamo tornati indietro nel tempo e potenzialmente potremo incontrare noi stessi e non è un bene intrecciarsi con la propria linea temporale. Quindi... dove eravate questa mattina all'ora di adesso?»
Tom smise di saltellare guardò il Dottore con aria di ammirazione.
« Stavamo andando a scuola credo...» rispose David.
« Bene! Allora basterà evitare la strada casa-scuola! » disse il Signore del Tempo, poi si riincamminò insieme a Clara verso il vialetto centrale del parco.
« Noi Dottore siamo arrivati qui solo nel tardo pomeriggio quindi non ci sono problemi giusto?» chiese la ragazza.
« Giusto » rispose il Dottore, ma dopo un attimo si fermò di scatto. Clara non riuscì a fermarsi con così tanta rapidità e così, dopo essere finita un paio di passi più avanti tornò indietro.
Anche Tom si fermò lì accanto a loro, mentre David continuò ad andare avanti noncurante.
« Che succede? » chiese la Fata avvicinandosi.
« Tu dove eri oggi a quest'ora? » le chiese il Dottore con un tono più allegro e innocente di quanto a Clara sembrasse necessario.
« Io? » sorrise la Fata.
Poi ci pensò su un attimo « in giro » rispose semplicemente.
Clara le lanciò un'occhiata interrogativa.
« Non qui comunque tranquilli! Non creerò paradossi promesso » aggiunse sorridendo e incamminandosi verso il vialetto.
Il resto del gruppo la seguì.
Attraversarono il vialetto e uscirono dal parco. Si ritrovarono davanti ad un grosso incrocio dove alcune vecchie automobili se ne stavano in fila pazienti aspettando che il vigile del traffico permettesse loro di passare. Poco più in là c'era la gelateria dove tra diverse ore Clara e il Dottore si sarebbero fermati a comprare un gelato.
« Infondo alla Green Lane c'è un ottima caffetteria dove poter fare colazione » disse David indicando un punto imprecisato alla sua sinistra e incamminandosi da quella parte. Gli altri lo seguirono.
I passanti, come aveva sostenuto il Dottore poco prima, andavano di fretta. Alcuni chiacchieravano camminando veloci, altri si lanciavano saluti di sfuggita.
Superarono un gruppetto di uomini in giacca e cravatta che aspettavano l'autobus. Il tintinnio di una serie di campanelli fece voltare Clara. Un gruppo di ragazze in bicicletta arrivavano veloci zigzagando tra la gente sul marciapiede. Le biciclette la superarono e una delle ragazze, poco prima di svoltare l'angolo si voltò. Clara la sentì ridere e gridare qualcosa alle altre biciclette prima di sparire dietro l'angolo.
Clara osservò la maglietta a strisce verdi troppo grande di David e pensò di nuovo che doveva essere un pigiama, poi si guardò i piedi e notò le ciabatte rosa pallido. Indossava ancora la vestaglia che aveva trovato nel TARDIS. Doveva sembrare leggermente insolita vestita in quel modo.
Tom le passò davanti raggiungendo il Dottore, che si era fermato a parlare con un uomo che vendeva il giornale. Anche Tom indossava delle ciabatte e la giacca che si era infilato gli arrivava alle ginocchia. Rispetto al resto dei passanti anche la Fata, nonostante non fosse in pigiama, risultava troppo anacronistica. Probabilmente dovevano attirare un bel po' l'attenzione. Ma forse la gente a quell'ora del mattino era troppo indaffarata per rischiare che la propria attenzione venisse disturbata da qualcuno che aveva deciso di uscire di casa in pigiama.
« Eccoci arrivati» disse David ad un tratto.
Davanti a loro vi era un edificio con una grossa insegna gialla con su scritto:
“Coffee Tales's”
Dalla vetrata si intravedevano una serie di tavolini quadrati ordinati in fila con dei vasetti di fiori al centro. A destra e a sinistra della vetrata vi erano due porte con su scritto, con una calligrafia tremolate, rispettivamente “entrata” e “uscita” .
« Molto carino » commentò la Fata, poi fece un passo verso l'entrata, ma si fermò.
« Di qua! » disse e facendo dietro front si diresse verso la porta con su scritto “uscita” ed entrò.
David rimase imbambolato ad osservarla, poi sbuffò qualcosa e la seguì.
Intanto il Dottore e Tom li raggiunsero. Il Dottore notò l'espressione confusa di Clara, poi guardò la caffetteria.
« Tieni » le disse allegro mettendole tra le mani un giornale in bianco e nero « ti ho preso qualcosa da leggere ».
E anche lui e Tom entrarono nel Coffee Tales's passando dall'uscita.
Clara guardò per un attimo il giornale che aveva in mano dove un signore panciuto vestito di tutto punto teneva in mano un grande orologio.
« Su forza Clara non vorrai restare lì tutto il giorno! » il Dottore si era affacciato dall'uscita e le sorrideva. Clara lo osservò e ricambiò il sorriso entrando nel locale.
La sala era piccola ma accogliente. La luce che entrava dalla vetrata illuminava la stanza e le pareti bianche erano colorate da una serie di foto incorniciate di persone che sorridevano davanti a fette di torta e pancake.
Non c'era quasi nessuno, solo una coppia seduta su gli sgabelli vicino al bancone dall'altro lato della sala.
Da un tavolo accanto alla vetrata Tom si stava sbracciando energicamente facendogli cenno di avvicinarsi.
Clara e il Dottore lo raggiunsero e si sedettero al tavolo assieme agli altri.
« Ci venivo spesso qui qualche anno fa dopo la scuola» disse David con aria soddisfatta « fanno dei dolcetti ottimi!»
Una ragazza con la coda di cavallo e una maglietta dello stesso giallo dell'insegna si avvicinò al tavolo.
« Buon giorno ragazzi, cosa vi porto? » chiese tirando fuori dalla tasca della gonna un taccuino ed una penna.
« Per me...» stava dicendo David, ma il Dottore lo interruppe.
« Siamo del dipartimento del controllo delle colazioni dello stato » disse infilandole sotto il naso la carta psichica « per una dolce e sano risveglio! Portaci qualcosa da controllare!»
La ragazza li guardò per una attimo interrogativa, ma poi si voltò e si diresse in cucina per poi risbucarne fuori un paio di minuti dopo.
« Ecco qui! » disse poggiando sul tavolino un vassoio pieno di ciambelle, muffin, dolcetti di varia natura appena sfornati e cinque tazze colorate da cui usciva un rivolo di fumo.
« Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi » disse la cameriera sorridendo e allontanandosi.
Clara prese la tazza fumante di fronte a lei. L'odore di caffè e latte la investì, era proprio quello di cui aveva bisogno, una bella colazione ristoratrice.
« E adesso che facciamo » chiese Tom addentando un dolcetto al cioccolato « nel senso: io e David non possiamo tornare a casa. Lì ci sono i vecchi noi! »
« Per ora state qui » disse la Fata alzandosi in piedi « io vado a recuperare il mio TARDIS e torno. Avremmo tutto il tempo per pensare al da farsi. »
« Ma come? Vai via subito? Finisci almeno la colazione! » le disse Clara sorpresa che scappasse via così.
La Fata le lanciò un sorriso, uno di quelli semplici e cortesi « Ci vediamo tra un po'» disse e zigzagando tra i tavolini che andavano a riempirsi, uscì, dalla stessa uscita da cui pochi minuti prima era entrata facendo tintinnare le due campanelle attaccate alla porta. Clara la osservò andare via, poi sentì David dire:
« Allora? Qual è il piano? »
Si voltò verso il ragazzo seduto di fronte a lei.
« Piano? » chiese il Dottore prendendo una brioche alla crema dal vassoio « quale piano? »
« La Fata se ne è andata, che facciamo la seguiamo? Io non mi fido, con quei suoi sorrisetti... per me nasconde qualcosa » continuò David.
Il Dottore rimase con la brioche a mezz'aria e si voltò a guardare il ragazzo sorpreso.
« Cosa? E perché mai non dovremmo fidarci? »
Clara rimase di stucco. Aveva avuto quella strana sensazione, era convinta che il Dottore non si fidasse... e a quanto pare non era stata l'unica. E invece si era sbagliata.
« Non sappiamo nulla di lei » continuò David imperterrito « da quando è arrivata sono successe un numero incalcolabile di cose strane ».
« David ma che stai dicendo! » esclamò Tom indignato « non è vero che non sappiano nulla e poi... »
« E poi io e Clara siamo arrivati con lei e le cose “starne” non sono accadute per colpa sua » concluse il Dottore addentando un muffin.
« Ma..» David sembrava spaesato.
« Clara hai letto il giornale? » le chiese il Dottore di punto in bianco.
« Il giornale? » chiese lei confusa.
« Si, quello che ti ho dato poco fa »
La ragazza tastò la tasca della vestaglia e tirò fuori il quotidiano « eccolo qui! » disse aprendolo alla prima pagina.
« Che dice ?» chiese il Dottore.
« Dice che c'è stato un ribasso sul prezzo degli orologi » rispose Clara leggendo il titolo che riempiva la parte alta della pagina « “Gli orologi da taschino perdono rintocchi!”»
« Si, si, ma che dice?» chiese di nuovo il Dottore.
Clara lo guardò interrogativa.
« Che dice la data? Quando siamo? »
Clara fece scorrere lo sguardo sulle parole stampate del giornale fino a che non arrivò in alto a sinistra.
« 29 febbraio 1953 » lesse ad alta voce « e allora?» chiese scettica osservando prima David, che aveva assunto un aria insolitamente pensierosa, e poi il Dottore seduto accanto al ragazzo.
« Non noti niente di strano?» le chiese il Signore del Tempo.
« È un anno bisestile che c'è di strano? Anche il 2000 è stato bisestile, ma mi sembra che sia andato tutto bene ».
« È sbagliato! » esclamò ad un tratto Tom rischiando di far finire tutto il vassoio ormai mezzo vuoto per terra « non è bisestile!»
« Esattamente Tom » disse il Dottore « Febbraio ha 29 giorni ogni quattro anni, almeno qui sulla terra. Come hai detto tu Clara il 2000 sarà bisestile e il 1953 è un anno dispari e gli anni bisestili non possono essere dispari ».
Clara osservò la data sul giornale: “29”, “53”.
« Non potrebbe essere semplicemente un errore di stampa? »
« Non è solo il giornale...» intervenne David uscendo dai suoi pensieri « c'è anche sui calendari e questa mattina alla radio... come ho fatto a non accorgermene? »
« Non sei solo tu a non essertene accorto » ripose il Dottore « non se ne è accorto nessuno.»
Clara osservò i tavoli pieni accanto a loro, il locale si era riempito ed un chiacchiericcio misto al rumore delle posate che sbattevano sui piatti riempiva l'aria.
« Come è potuto accadere? » chiese incuriosita.
« Bella domanda» rispose il Signore del Tempo mentre assaggiava con circospezione la sua tazza di caffè e latte « guardate lì » disse poi indicando il marciapiede fuori dalla vetrata.
Clara Tom e David si voltarono.
Ad un paio di metri di distanza, alla loro destra, sull'asfalto nero del marciapiede, correva una striscia bianca. Non era dritta, ma leggermente curva, come se un bambino si fosse divertito a fare un disegno con dei gessetti. La linea non si limitava a suddividere il marciapiede in due, ma sia allungava anche sulla strada, la attraversava e continuava serpeggiante fino a che Clara riusciva a vedere. La sua forma era insolita, a tratti sembrava rigida e precisa, in altri punti morbida e sinuosa. Nel complesso però sembrava come se qualcuno stesse cercando di circoscrivere una grossa macchia d'olio.
« È un confine » riprese il Dottore « Non credevo che sulla terra ce ne fossero, a dire il vero non credevo che ce ne fossero da nessuna parte. È come una bolla spazio temporale. Un minuscola angolo di spazio-tempo. 24 ore in una piccola cittadina, al di fuori delle leggi del tempo. È un posto sicuro nel complesso. Qualunque cosa tu faccia non puoi rompere il continuum spazio-temporale. Non puoi creare paradossi. O meglio, puoi crearne quanti ne vuoi, ma alla fine non faranno male a nessuno perché usciti da questa bolla non saranno mai avvenuti. »
Clara rimase di stucco. Di nuovo. Qualcosa le diceva che non erano arrivati lì per caso, ne loro, ne la Fata.
« È una specie di... casco protettivo» rifletté « come il tappeto elastico sotto il funambolo, anche se cadi non ti fai male »
« È per questo che siamo entrati dall'uscita? » chiese David « è per questo che la Fata è entrata dall'uscita! Se fossimo passati dall'entrata avremmo oltrepassato il confine!»
« Già » annuì il Dottore.
Quindi lei lo sapeva. Sapeva che si trovavano in un luogo sicuro, che tutto quello che avrebbe fatto non avrebbe avuto alcuna conseguenza. Ma perché? Cosa c'era che non andava? A cosa le serviva quel tappeto elastico?
« Adesso però non arrovelliamoci troppo il cervello » disse il Dottore e alzandosi dal tavolino si diresse verso la porta « abbiamo una bellissima giornata davanti! »
Anche Tom Clara e David si alzarono e anche loro, zigzagando tra i tavolini imbanditi si avviarono verso l'uscita.
Passarono davanti al bancone dove la ragazza che gli aveva portato la colazione li salutò sorridendo ed invitandoli a tornare quanto prima.
Clara lasciò che David e il Dottore uscissero per primi dalla caffetteria, poi prima che Tom potesse raggiungerli lo afferrò per un braccio.
« Hai! » protestò il bambino.
« Scusami» disse Clara « posso farti una domanda?»
Tom alzò un sopracciglio « certo! » rispose.
« Di cosa stavano parlando il Dottore e la Fata prima nel TARDIS? »
Sul viso di Tom comparve un sorriso furbetto « non sarebbe più semplice chiederglielo? »
« Si, si certo lo farò, ma tu hai ascoltato tutta la conversazione, di cosa parlavano?»
« Del più e del meno » rispose Tom, e dal tono della voce sembrava leggermente seccato « di questo e di quello, poi siete arrivati tu e David e non ci ho capito più niente!»
« Prima che litigassero » insistette Clara « cosa le ha chiesto il Dottore? »
« Di una guerra » rispose secco Tom.
Clara gli lasciò il braccio e facendo tintinnare le campanelle appese alla porta il bambino uscì dalla caffetteria.

 

 

 

 

DUE PAROLE:

Salve ^.^ scusatemi tanto per il ritardo con cui aggiorno, a dire il vero il capitolo era già pronto da un po', ma sono stata affogata dall'università e solo sta sera ho trovato il tempo di dargli una sistemata! Ora spero di non aver scritto troppe cavolate e vi ricordo che mi vanno bene tutti i tipi di recensioni, positive negative e neutre ^.^
Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto.
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Una bugia ***


Una bugia


 

La Fata si era rifatta viva solo nel pomeriggio inoltrato.
Aveva recuperato gli stivali e la tracolla che, solo diverse ore più tardi, avrebbe lasciato sotto la finestra della camera di Tom.
Era tonata tutta allegra e sorridente, aveva riso vedendo il Dottore cercare di spiegare la teoria del viaggio del tempo ad uno sempre più sconcertato David. Era stata una risata serena e squillante, priva della più piccola traccia di quello strano intreccio di malinconia e mistero che Clara le aveva visto addosso quella mattina.
« Quindi se usciamo da questa bolla ci dimenticheremo tutto? » chiese Tom dondolandosi sull'altalena.
« Credo che dipenda tutto da come ce ne andiamo » cominciò il Dottore, lui e Clara se ne stavano seduti su di una panchina poco più indietro della giostra, così che Tom per poterli guardare si mise in piedi sull'altalena e poi si lasciò cadere seduto dall'altro lato.
« Se lasciassimo passare questo giorno oppure superassimo la linea di confine attraversandola probabilmente si, ci dimenticheremo di questa intricata giornata. »
« Ma io non voglio scordarmi tutto! » protestò il bambino fissandosi i piedi che andavano sue e giù nell'aria fredda dell'inverno.
« Io credo di sapere come fare per evitare l'amnesia » disse la Fata ad un tratto dondolandosi pigramente sull'altra altalena.
A quelle parole il viso di Tom si illumino, stava per dire qualcosa, ma il fratello lo precedette.
« E come sarebbe mai possibile? Servirebbe solo un teletrasporto! »
« Si, un teletrasporto o qualcosa del genere » disse la Fata sorridendo al ragazzo « credi che una macchina in grado di viaggiare nel tempo e nello spazio possa andare bene lo stesso? »
David osservò prima la Fata, poi il Dottore e Clara e poi di nuovo la Fata.
« Potresti portarci a domani con il tuo TARDIS? »
« Si, a domani. O in qualunque altro luogo vogliate. »
Tom saltò giù dall'altalena « aspetta! » esclamò « stai dicendo che potremmo venire con te? »
Eccolo lì, quel sorriso furbetto di chi ha lanciato un penny in aria facendolo roteare su se stesso più volte e ora aspetta solo che cada a terra, si fece strada strada sul volto dell'aliena.
« Credi che possiamo? » chiese David più a se stesso che alla ragazza.
« Certo. » rispose la Fata.
« Oh si ti prego David non fare storie come al solito! » Tom aveva cominciato a saltellare sul posto per l'emozione « i pirati! Si, mi piacciono i pirati! Possiamo andare a vedere i pirati? E le sirene! Dai sarebbe una forza! E i dinosauri e... »
« Ma tu non eri terrorizzato dai dinosauri? » esclamò divertito David, ma l'unica risposta che ricevette fu uno sguardo fulminante da parte del fratello.
« Dinosauri, pirati e sirene... » disse la Fata pensierosa « Potremmo provare con l'isola che non c'è. »
« Esiste veramente? » disse Tom sgranando gli occhi dallo stupore.
« Non lo so, ma potremmo cercarla. Certo, le indicazioni non sono molto chiare, secondo voi a quale campanile si riferiscono? »
Clara sorrise. Guardò il Dottore seduto accanto a lei e pensò che la proposta che la Fata stava facendo ai due ragazzini era la stessa che le aveva fatto lui il giorno in cui si erano incontrati: partire, scappare via, far finta per un po' che tutto fosse possibile. In fondo i due alieni non erano poi così diversi, entrambi cercavano qualcuno con cui condividere quella non ancora ben definita infinità.
« Allora noi ce ne andiamo, ciao ragazzi! » disse la Fata a Clara e al Dottore mentre si incamminava con i due fratelli, che continuavano a battibeccare, verso una vecchia auto verde parcheggiata all'ingresso del parco.
« Ciao e a presto! » gridarono David e Tom salutandoli energicamente con la mano.
« Buon viaggio! » risposero loro imitandoli.
Li videro allontanarsi e salire sul TARDIS della Fata, che a differenza della cabina blu si confondeva perfettamente tra le altre automobili del luogo.
Anche Clara e il Dottore si alzarono dalla panchina e raggiunsero il vialetto.
« Non vai a salutare tua cugina prima che sparisca? » chiese lei.
« Lei non è... » stava per replicare il Dottore, ma la ragazza lo interruppe:
« Si, si lo so, non è tua cugina » disse Clara ironica « Ma sbrigati vai a salutarla prima che sparisca, se no poi chi sa quando la rincontrerai. »
Lui per un attimo sembrò sorpreso da quelle parole, poi le sorrise e si avviò a passo svelto verso il TARDIS della Fata.

 

Tom e David, nonostante sapessero già come funzionasse la questine, rimasero a bocca aperta entrando nel suo TARDIS. Le pareti colorate, la consolle in perenne disordine, le centinaia di stanze e tutti quei corridoi... prima o poi si sarebbe persa perfino lei ne era certa.
Prima o poi... forse era meglio prima visto che di poi per perdersi ormai non ne rimaneva molto...
« Sistematevi dove meglio credete, fate un giro di esplorazione se vi va! Io torno subito » la Fata sorrise ai due fratelli ancora increduli di quello che stava per accadere. Poi si voltò, si diresse verso la porta del suo TARDIS ed uscì.
Nel momento in cui aprì la portiera della macchina si ritrovò davanti il Dottore.
« Emm... stavo per bussare » farfugliò il Signore del Tempo cercando di sbirciare all'interno dell'auto. La Fata sorrise anche a lui e uscendo dalla macchina richiuse velocemente la portiera alle proprie spalle.
Poi prese il Dottore per mano e si spostò qualche metro più in là, all'ombra di un albero. Nonostante l'aria gelida di fine febbraio il sole era alto nel cielo sgombro di nuvole e i suoi raggi coloravano tutto ciò che toccavano. Un leggero venticello muoveva le poche foglie ingiallite rimaste attaccate su gli alberi spogli e le accarezzava i capelli.
«... forse ci potremmo rincontrare! Non so, magari in un futuro non tanto lontano...» stava dicendo il Dottore gesticolando.
La Fata chiuse gli occhi per un secondo, fece un respiro profondo e poi guardando il Signore del Tempo davanti a lei disse tutto d'un fiato:
« Dottore io ti ho mentito. »
Lui si fermò, smise di parlare e la guardò confuso.
La Fata aveva detto quelle parole velocemente, per impedirsi di ripensarci, di continuare con quella farsa.
Non poteva andarsene lasciandogli una bugia, una speranza.
Adesso doveva dirgli la verità, non poteva tirarsi indietro, non più ormai.
« Io... » continuò la Fata « ho infranto leggi e regole. Ho viaggiati in tutto il tempo » il Dottore stava per controbattere, ma lei gli impedì di parlare « ho voluto conoscere anche il più piccolo spoiler, ho viaggiato in tutto il mio tempo. Ho trovato le risposte a domande che non avevo ancora posto. Sono stata ingorda. “Sono una Signora del Tempo! Tutti vorrebbero sapere cosa li aspetta in futuro perché sprecare questa possibilità!” Era quello che pensavo all'inizio. Volevo saper tutto, scoprire ogni cosa, ma poi... ho visto la mia fine e sono venuta a conoscenza di te. »
La Fata sentì la propria voce tremare, il Dottore davanti a lei la osservava con la fronte corrucciata. Gli occhi del Signore del Tempo si muovevano veloci, scrutavano i suoi come a cercare qualcosa che non avrebbero mai trovato.
La Fata continuò:
« Ho cercato di capire chi eri, o forse per è meglio dire “chi saresti stato”. Mi dispiace, scusami tanto. Ti ho mentito sin dal primo istante, ma volevo attirare la tua attenzione, volevo creare questo paradosso, volevo vendicarmi. »
In quel momento le tornò alla mente quella amara sensazione che aveva provato tanto tempo prima, quando aveva scoperto la sua fine, la loro fine. Lo aveva odiato, si era messa a cercare un modo per fare giustizia. Ma solo alla fine aveva capito di essersi sbagliata.
« Scusami. Io non sono l'ultima Signora del tempo. Noi... noi non siamo sullo stesso fuso orario. »
La Fata si sentì vuota, piccola e insignificante mentre una morsa le stringeva lo stomaco. Cosa le importava? Quella non era la sua vita, era il futuro di qualcun' altro in cui si era forzatamente intromessa, ma poi vide qualcosa sparire dagli occhi del Dottore. Ogni scintilla, ogni brandello di speranza si perse. Vide la delusione e la rassegnazione prenderne il posto e si sentì a pezzi.
« Ricordi che dissi che non avresti potuto darmi un passaggio? Pochi giorni fa mi è arrivato un messaggio » continuò ancora passandosi nervosamente una mano tra i capelli « un messaggio da Gallifrey. Stanno per intraprendere una guerra, l'ultima grande guerra del tempo sta per iniziare e... non cercarmi, non cercare nessuno, va avanti e continua a correre per me e per tutti loro. »
Abbozzò un sorriso, che cosa sciocca sorridere, specialmente in un momento come quello, ma era l'unica cosa che sentiva di riuscire a fare. *

 

Clara vide la Fata e il Dottore spostarsi all'ombra di un grande albero spoglio.
Il Dottore le dava le spalle e la Fata aveva pensato bene di nascondersi davanti a lui così che Clara non potesse guardare in faccia nessuno di due.
Li vide parlare per un po', o meglio vide il Dottore smettere di gesticolare e rimanere fermo ad ascoltare qualcosa che la Fata gli stava dicendo, ma che lei non riuscì a sentire.
Passarono alcuni minuti in cui Clara fu assalita da in insolita e decisamente assurda curiosità. Erano li, a pochi passi, ma proprio quando si era decisa ad avvicinarsi, vide la Fata andare via.
La osservò allontanarsi, raggiungere l'automobile verde ed aprire la portiera. Esitò un attimo prima di entrare, Clara si aspettò che in quell'esitazione la Fata si voltasse, lanciando loro un ultimo sorridente "ciao", ma quel saluto non arrivò mai perché la Signora del Tempo non si voltò, entrò nell'auto e richiuse la portiera alle sue spalle.
Il Dottore era rimasto un attimo fermo mentre la Fata si allontanava, poi si era voltato e adesso camminava lento, come a soppesare ogni passo, verso Clara.
La ragazza osservò l'espressione pensierosa del Signore del Tempo, la fronte corrucciata e la mente occupata in qualche riflessione lontana. Le ricordava un bambino davanti ad un problema di matematica troppo difficile.
« Ohi! » gli disse quando la raggiunse « va tutto bene? »
Certo che andava tutto bene! pensò, cosa poteva mai essere cambiato in quei 5 minuti e quelle 4 parole.
« Fantasmi » disse il Dottore pensieroso.
« Cosa? » quella non era certo la risposta che Clara si aspettava. A pensarci bene non era proprio una risposta. Era una parola quasi sussurrata, una parola sfuggita dal silenzioso fiume dei pensieri.
Il Dottore si voltò verso Clara e le sorrise.
« Fantasmi! » ripeté allegro « poveri fantasmi! Sono sottovalutati! » continuò mentre si incamminavano verso l'uscita del parco « non trovi che la vita di un ectoplasma sia curiosa? A dire il vero non sono mai veri ectoplasmi, di solito quelli che voi chiamate fantasmi sono proiezioni di momentanee fratture nel tessuto di atomi che vagano nella linea del reale. Chi sa magari riusciamo ad incontrarne uno se ci sbrighiamo! Non ti piacerebbe conoscere un fantasma? »
Clara rise. Si, andava tutto bene.
Così mentre alle loro spalle una vecchia auto verde spariva silenziosa alla ricerca di una stella e un campanile, Clara e il Dottore si incamminarono verso la loro nuova avventura, ma forse nessuno dei due si accorse che sotto le foglie ingiallite che tappezzavano il vialetto sotto i loro piedi correva una curiosa linea bianca, come se un bambino si fosse divertito a fare un disegno con dei gessetti.

 

...Fine

 

 

DUE PAROLE:

Qui finisce questa storia è vero, ma aspettate un attimo!!! Perché questo che avete appena finito di leggere NON è l'ultimo capitolo, c'è ancora qualcuno che deve dire la sua!
Spero non sia venuto tanto male, essendo un capitolo praticamente conclusivo ho cercato di spiegare tutto.
Fatemi sapere, recensioni belle o brutte sono sempre ben accette (purché siano costruttive, mi pare ovvio).
Un bacione a tutti ^.^

* Ecco visto che nelle recensioni mi è stato fatto notare che forse il discorso della Fata non è tanto chiaro mi sento in dovere di spiegarlo un attimo... allora, diciamo che la mia idea era questa: la Fata viene da un punto della storia in cui la Guerra del Tempo sta per iniziare, ma essendo una Time Lady a cui non interessa molto delle leggi ha deciso di andare a guardare il proprio futuro (non la sua morte sia chiaro, ma il suo futuro in generale) così da poter poi "correggere" le cose che non le fossero piaciute (è un po' come se noi andassimo a sbirciare le domande che usciranno al compito in classe della settimana prossima così da poter rispondere correttamente ecco!). Però chi tira troppo la corda nulla stringe e quindi la nostra ragazza è finita con l'imbattersi nella fine della Guerra e scoprire che il Dottore ha distrutto Gallifrey ( considerate che la storia è stata scritta prima del cinquantenario quindi ne io, ne lei, ne il Dottore, sapeva che il pianeta non era andato distrutto... e cmq anche se considerassimo che Gallirey fosse solo "sparito" la Fata, avendo visto la cosa da fuori, non poteva saperlo). Quindi la nostra Sinora del Tempo, in seguito di queste sue scoperte, voleva vendicarsi con il Dottore per ciò che aveva fatto, ma poi capisce che Gallifrey era stato distrutto per salvare il resto dell'universo e bla bla... e rinuncia al suo scopo. Questo è quanto, spero sia un po' più chiaro (in caso contrario scs ma io ci ho provato -.-'' ).

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** + 1 ***


Fine settima stagione, fine di questa ff.

 

+ 1
Parole di una macchina del tempo


Benarrivati,
sono io.
Sono il TARDIS. Sono una nave spaziale, una macchina del tempo, una piccola cabina blu.
Rubai un Signore del Tempo secoli fa, o forse per voi devo ancora rubarlo? Lo ruberò perché volevo vedere l'universo, correre in giro qua e là, vivere avventure.
Siete strani. Come fate ad andare solo in una direzione? Ovvio che poi mi confondo. Il tempo è così ingarbugliato, voi dove siete?
Noi seguiamo la nostra strada io e il mio ladro, il mio bellissimo ladro.
Credo che lo fece apposta a rompermi, si sente così importate quando entrate e con gli occhi sgranati dite “è più grande all'interno!” e io non voglio rovinargli quel momento...
Mi fate tanto ridere.
Andate, venite, tornate e poi sparite. Io sono qui.
Quando ridete insieme al Dottore, quando il vostro piccolo cuore batte forte, quando siete terrorizzati, quando tutto va a rotoli. Nei momenti in cui tutto va bene, e in quelli dove vi divertite a fare richieste assurde.
Quando mi avete abbandonata in preda a non ricordo ancora cosa, quando mi avete scarabocchiata o dimenticata in un vicolo. Sono venuta a prendervi.
Ci sono sempre stata, anche quando non è rimasto più nessuno. Nel momento in cui riprenderete le vostre belle vite e direte basta, per vostra volontà o per il fato.
Quando di nuovo lo lascerete solo.
Non voglio nulla da voi, siete tutti così carini e sorridenti, ma poi crescete e allora non potete farci niente. E vi voglio bene lo stesso.
Ma non sopporto che sia depresso. In quei momenti non si corre più. Stiamo lì a pensare e ricordare e questo ci fa male. Già, anche a me. Credete che non senta niente, che sia solo una cabina blu?
Io ho visto il tempo e tutto il suo spazio. E' così bello, così folle e così assurdo e un giorno vorrei raccontarvelo, o forse l'ho già fatto?
Ricordo quando una volta stavamo per andare su Push, pare che abbiano ritrovato la loro luna finalmente. Quando ad un tratto mi venne a sbattere contro. Una delle mie sorelle, un altro TARDIS. Era strano, era da un po' che non le vedevo più in giro. Comunque, fatto sta che finimmo su di un pianeta grande e se non ricordo male il Dottore dirà che lo chiamate Iota Draconis b.
Come dite? Non stavamo andando su Push? Ma sulla terra verso il 1780?
Oh! mi spiace deludervi ma vi sbaglierete.
Avete presente tutti gli scossoni e i sobbalzi che ci sono quando viaggiamo?
E bene è colpa del Dottore che si ostina ad interferire con la rotta. Alla fine però riesco sempre ad arrivare nel posto in cui dovevamo andare.
Ci furono altre volte in cui vidi quel TARDIS avvicinarsi, cercai di raggiungerlo, ma scappò. Poi un giorno lo notai parcheggiato in una bolla spazio temporale, uno di quei posti rari dove il tempo fa un po' come gli pare, e decisi di andare a vedere.
Quella volta con me e il Dottore ci sarà quella ragazza dai capelli marroni, quella piccolina che chiacchiera troppo. Con quella sua aria curiosa, che se ne va in giro a passeggiare per tutti i corridoi.
Su avanti, avete capito chi? Come la chiama... Cli... Clo... Clara! La mia Clara.
Come dite? Clara non mi sta simpatica?
Ma no! Cosa mai andate a pensare! È così dolce. E poi perché mai non dovrebbe starmi simpatica?
Perché non la lascio entrare? Ah!
Non fraintendetemi è solo che... io lo sapevo. L'ho capito da quando salì su quella nuvola.
Sarebbe stato con lei che saremmo finiti dove non dovevamo andare. Quando il mio ladro riuscirà ad interferire con la rotta e a farmi cadere.
E poi mi sarebbe rimasta quella cicatrice sul verto della finestra sulla porta.
Era per questo che non volevo farla entrare, stavo solo cercando di proteggerci.
Ma portare Clara in una bolla dello spazio-tempo non avrebbe creato alcun problema.
Se ne andarono in giro per un po', come fanno sempre, così io ebbi il tempo di esplorare la zona. Trovai quella mia antica sorella, era un po' malconcia effettivamente, e mi raccontò dei suoi viaggi e delle sue avventure.
Poi il Dottore e Clara tornarono a casa e si porteranno dietro due piccoli umani e una Signora del Tempo.
Rimasi, rimarrò sorpresa, molto sorpresa.
E... ma è inutile che sto qui a raccontarvi tutta la storia, quello che c'è da sapere già lo sapete.
Fatto sta che dopo che ce ne andammo non rividi più quel TARDIS e la sua Fata.
Ora però cari miei credo che sia arrivato il momento di andare.
Su forza cosa fate ancora lì impalati? Io ho da fare, stanno bussando alla porta e il Dottore crede di essere troppo impegnato ad aggiustare qualche vecchio circuito, collegare fili e avvitare bulloni per andare a vedere chi è.
Quindi a presto, ci si vede in giro per l'universo.

 

 

 

DUE PAROLE:

Qui si conclude questa ff. Questo era l'ultimo capitolo!
Lo so che forse è un po' una cavolata, e che in fin dei conti non ho parlato solo della mia ff, ma sn finita a chiacchierare di tutta la serie TV. Forse tutta questa storia è stata un a grande cavolata, ma spero che sia servito a qualcosa, in fondo dopo 340 giorni e 20428 parole posso dire che è la prima long in assoluto che riesco a portare fino alla fine e per questo almeno un pochino ne vado fiera ^.^
Ah! in questo capitolo ci sono dei verbi un po' sconnessi, ma siate comprensivi è la TARDIS che parla ^.^
Un bacione a tutti quelli che hanno letto, seguito, recensito o anche dato solo un occhiata ogni tanto!
E... lo ammetto, non riuscirò mai a dire solo “due parole”, ma credo che con 7 parole, un punto esclamativo ed uno smile me la potrei cavare:

Buon cinquantenario a tutti! Whovians e non ^.^

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1450403