Amore e Famiglia

di Symphonia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


  


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I


     Le dita scivolavano armoniosamente sul pianoforte, così come il cavallo cavalcava velocemente tra le fronde. La melodia accompagnava i passi felpati tra le mura e lo sguardo indiscreto del fratello che s’accingeva a sbirciare nella sala del pianoforte la sorella, una graziosa figura dai lunghi riccioli castani, seduta a suonare. Entrò nella luminosa stanza e aspettò pazientemente alle sue spalle, ascoltandola in silenzio. Dovette, in effetti, aspettare un bel po’ - fino alla fine del brano per la precisione - che lei si alzò e lo sgabello trovò le gambe del giovane ad ostacolarlo.

    “Matthew!” esclamò voltatasi.
    Finalmente, e con smisurato stupore e felicità, si buttò fra le sue braccia dandogli il bentornato. Il ragazzo non ci mise molto a slegarsi, ridendo, da quell’abbraccio e la portò alla vetrata per farle vedere la carrozza che si avvicinava sempre più alla maestosa dimora. Allora lei sussultò e tirò il fratello per il braccio, correndo per la stanza accanto e poi nel corridoio principale che li avrebbe condotti all’entrata. Durante la corsa travolsero letteralmente un paio maggiordomi, cinque cameriere e per poco la governante, che continuava a strillargli dietro di mantenere un po’ di decoro anche in casa.
    Loro ridevano e passarono vicino a molte stanze, strillando: “E’ tornato! E’ tornato!”
    Un paio di deliziosi volti sbucarono fuori dal salottino di lettura, mentre un’altra si apprestò a scendere, ad una velocità vertiginosa, la parte destra della doppia scalinata che dava sull’atrio. Corsero verso l’entrata senza prestare la minima attenzione al magistrale affresco del soffitto che le aveva sempre tanto incantate. Dietro di loro le seguiva il fratello e più dietro ancora, con passo più delicato ma comunque frettoloso, la padrona di casa.
    Si fermarono a pochi metri dall’uscio, lasciando lo spazio necessario ai domestici di aprire la porta per far svelare la loro sorpresa. Nell’attesa si risistemarono l’abbigliamento sotto lo sguardo divertito del fratello, che venne poi sospinto verso la parte opposta, e si schiarirono la voce, cercando di non ridere troppo per l’emozione. La madre le raggiunse e le approvò tutte con un amorevole sorriso.
    Le porte si aprirono ed un’austera, elegante ed affabile figura entrò con passo deciso, leggendo il mittente di una lettera appena ricevuta. Quando alzò lo sguardo e si ritrovò la famiglia di fronte, la madre intonò un la e le altre figlie la seguirono e cantarono una canzone di bentornato al padre e al fratello, che nell’udire un simile coro angelico, sorrisero e applaudirono entrambi.
    Alla fine le ragazze si scambiarono degli sguardi complici e, perdendo il contegno ripreso da poco, andarono ad abbracciare i due uomini di casa calorosamente, mentre la madre non poteva fare a meno che ammirare compiaciuta e felice la sua famiglia. Era ricorrente che le sorelle Darcy al ritorno dei, a volte lunghi, viaggi del padre scoppiassero in simili dimostrazioni di dolce affetto.
    “Com’è Londra, papà?” domandò la più giovane, Grace.
    “Il viaggio è stato piacevole?” fu più cordiale, Cecilia.
    “Che notizie ci porti?” fu il turno di Gwendolyn.
    “E’ tutto come al solito.” sentenziò il padre accennando un sorriso malizioso alla madre. “Voi invece che cosa mi raccontate?”
    “E’ tutto come al solito!” risposero le signorine in coro e ridendo lo precedettero in uno dei tanti salottini.
    Era un modo ironico e divertente per non soffermarsi nell’atrio a chiacchierare e poter spendere così il pomeriggio e la sera di fronte al caminetto a parlare di tutte le piccole avventure vissute quotidianamente. I due coniugi rimasero a guardarle sorridenti e il figlio porse alla madre il braccio per accompagnarla. Lei accolse il gesto premuroso e presero a camminare nel corridoio seguiti dal padre.
    “Come state, madre?”
    “Molto meglio rispetto a quando eri partito, Matthew.” rispose sorridendogli.
    “I primi mesi sono sempre i più duri!” insinuò il ragazzo con un tono alto abbastanza da farsi sentire dal padre.
    La madre invece non poté non convenire e non riuscì a non buttare un occhio al marito, che scuoteva la testa con finta rassegnazione. Proseguirono per un po’ e la madre osservò attentamente colui che un tempo era il suo bambino.
    “Ti trovo cresciuto.” osservò poi con un pizzico di malinconia.
    “Trovate?”
    La donna annuì. Ormai l’aveva praticamente raggiunta in altezza, gli erano cresciute le basette così come i capelli castani, lasciati cadere lungo il collo e presto avrebbero raggiunto le spalle. Il viso s’era fatto più adulto, nonostante il mento ancora da ragazzo e gli zigomi troppo poco marcati. Il portamento era diventato più signorile, ma il passo era rimasto quello felpato di chi sapeva come non farsi scoprire a nascondino.
    “Io invece trovo che voi siate bellissima come sempre.” la elogiò affettuosamente.
    “Matthew, sei veramente un pessimo bugiardo.” rise lei. “Come tuo padre d’altronde.”
    Il ragazzo non poté fare a meno di ridere a sua volta e il gentiluomo affiancò i suoi familiari, pronto a controbattere a quell’implicito commento fatto dalla moglie.
    “Se stesse sostenendo il falso, lo sta sicuramente facendo con il massimo rispetto e amore per te, Lizzy.”
    “Oh, non lo metto in dubbio. E tu come mi mentiresti, mio caro signor Darcy?”
    Matthew alzò gli occhi al cielo e sospirando, porse il braccio della madre al padre e raggiunse le sue sorelle lasciando i due a scherzare amabilmente sull’argomento. Elizabeth gli rivolse un sorriso piuttosto divertito, così come il signor Darcy, che si voltò verso la sua signora e riprese il discorso lasciato in sospeso.
    “Credo che ti mentirei dicendoti che sei la più bella, intelligente, testarda ed ironica creatura che conosca. Invero, ti ho sposata proprio per questo.”
    Elizabeth si fermò un secondo e prese il suo viso tra le mani, baciandogli delicatamente la guancia, sussurrandogli un grazie. Dopo di che riprese il braccio e s’incamminò verso il salottino del pianoforte, dove la maggiore delle figlie, Rosamund,  stava suonando un allegro motivetto irlandese. Sentirono alcuni bisbigli in sottofondo e aprendo la porta, la coppia trovò Matthew accerchiato dalle sue sorelline, intenti a convincerlo a cantare.
    “Oh, suvvia Matthew, ti preghiamo!” supplicava Grace con quel suo tono così amorevole.
    “Ragazze, perché non lasciate in pace il vostro povero fratello?” intervenne il signor Darcy, notando lo sguardo implorante negli occhi di suo figlio.
    “Padre, ci ha promesso che avrebbe cantato per noi al suo ritorno!” protestò la piccola Darcy.
Era estremamente caparbia e orgogliosa quando voleva e la madre glielo leggeva negli occhi azzurrastri ereditati dal padre. Sapeva che non sarebbe più riuscita a trattenere sorrisi quel giorno.
    “Così come avete fatto voi.” aggiunse Cecilia maliziosa.
    “Dovevo essere fuori di me per fare una promessa che, sinceramente, neanche ricordo...” sostenne l’uomo meravigliato.
    “Sembrerebbe che le vostre figlie ricordino meglio di voi, allora. Prego, signor Darcy, intratteneteci.”
    L’invito della moglie lo prese in contropiede, ma l’unico sguardo che gli rivolse era troppo vacuo e divertito allo stesso tempo per essere sincero. Il signor Darcy capì che la padrona di casa e le sue figlie avevano escogitato qualcosa durante la sua assenza.
    “Non credo sia il caso…” brontolò dubbioso.
    La donna non lo ascoltò e prese un libro, accomodandosi su uno dei divanetti, senza alcuna intenzione però, di leggerlo, rimanendo a fissare il marito in maniera divertita. Le ragazze e Matthew cercarono di non ridere mentre i loro genitori si scambiavano occhiate indispettite.
    Era lo scherzo preferito delle signorine Darcy mettere in imbarazzo - sempre nella sfera privata, come giusto che sia - gli uomini di famiglia ogni tanto, inventandosi i più assurdi e spiritosi o sottili scuse che le orecchie del povero signor Darcy avessero mai sentito.
    Matthew rassegnatosi, si avvicinò alla sorella e le indicò il brano da suonare. Lei annuì ed iniziò a suonare un paio di accordi, mentre le altre ragazze imitarono la madre, accomodandosi sui divanetti e le poltroncine in crema tagliate da sottili righe azzurre. Il signor Darcy e Matthew presero posizione scambiandosi occhiate scettiche, ma non appena aprirono la bocca per cantare, furono salvati dall’arrivo di un domestico che portava un’altra lettera, questa volta indirizzata alla signora Darcy. Il signor Darcy non poté trattenersi dal parlare.
    “Temo che dovremo rinviare il nostro concerto.”
    “Oh, sono certa che nessuno in questa stanza vi avrebbe mai arrecato una simile offesa… Come si dice, il gioco è bello quando dura poco.”
    Dopo la risposta alla battuta del marito, congedò il domestico e informò le ragazze che il loro scherzo era ormai giunto al termine, con uno sguardo che però lasciò intendere un momentaneo rinvio, che ovviamente gli uomini non capirono. Le sorelle non poterono non ridere e fecero accomodare dolcemente il padre e il fratello accanto a loro e diedero istruzioni per portare del tè.
    “Salvati sul filo del rasoio, a quanto pare…” sussurrò la voce delicata di Gwendolyn.
    “Siete delle sorelle veramente sadiche.” affermò invece a voce molto più alta il fratello, attirando anche l’attenzione del padre, che lo guardò con un accenno di rimprovero, per quanto vero fosse quello che aveva appena dichiarato.
    “Forse un pochino, non lo nego.” rispose a tono Cecilia. “Tuttavia, le vostre facce paonazze erano uno spettacolo fantastico.”
    “Mi auguro che in futuro non mi vogliate di nuovo simili sciagure.”
    “Padre… Non sapevo trovaste la musica una sciagura!” scherzò Rosamund.
    “Quando sono io a dover cantare, lo è.” sentenziò più serio l’uomo.
    “Questo accade solo perché siete infinitamente timido e orgoglioso, signor Darcy.” lo rimproverò la moglie.
    “Può darsi.”
    “Madre, di chi è la lettera che avete ricevuto?” domandò curiosa Grace.
    “E’ una lettera della zia Jane.”
    “E voi padre?” chiese Cecilia.
    “Non credo che ficcare il naso negli affari di papà sia compito vostro.” la ammonì Matthew severo.
    Le ragazze ammutolirono e lo fissarono allibite. Non potevano credere che i suoi chiari occhi, ereditati dal padre, le guardassero così severi. Cecilia pensò che si trattasse degli affari che portavano spesso il padre a Londra e quindi li ritenne poco degni della loro attenzione in quel momento, così gli sorrise. Il signor Darcy aveva invece lo sguardo concentrato nel comprendere il contenuto della sua lettera e così anche Elizabeth approfittò di quel silenzio generale per leggere la sua. L’espressione serena che aveva rimase tale, mentre quel marito si scurì, man mano che continuava a scendere le righe. Quando la concluse, la richiuse e si diresse verso la finestra.
    “Qualcosa vi preoccupa, padre?” domandò Gwendolyn, acuta come sempre.
    Si girò automaticamente a quella domanda con uno sguardo di imperscrutabile, ma falsa serenità, sostenendo il contrario. Elizabeth gli si avvicinò inclinando leggermente la testa prima da una parte poi dall’altra. Gli ripeté in sussurro la domanda della sua secondogenita e lui le rispose con un tono singolarmente freddo, che non sentiva da molto tempo.
    “Ti prego cara, seguimi.”
    Elizabeth era rimasta alquanto stupita e rassicurando i suoi angeli a restare nel salottino a divertirsi, seguì il marito in un’altra altrettanto luminosissima stanza che affiancava lo studio del coniuge e ne chiuse bene la porta. Il signor Darcy guardava il suo stupendo giardino e i suoi territori per un tempo che a sua moglie sembrava non finire mai. Quando finalmente si voltò le porse la lettera e lei la prese tra le mani, apprestandosi a leggerla.
    “Ora dimmi tu cosa devo fare, Elizabeth.”
    La donna lesse in fretta la lettera e al divertimento del contenuto, aggiunse quello del suo nome pronunciato con così tanta enfasi da suo marito. La lettera era un chiaro invito ad un ballo nei pressi della villa di amici del signor Bingley.
    “E’ un ballo in maschera.” riconobbe con fare più serio che poteva, ma non riuscì a trattenere un sorriso.
    “E’ una questione seria. Come tu hai appena detto, è un ballo in maschera. Mi rifiuto di portare i miei figli ad un ballo dove non possono riconoscere le persone che vi incontrano.”
    “In questi ultimi… venti anni, non vi ho insegnato niente a quanto pare…”
    “Elizabeth.”
    “La vostra obiezione vale su entrambi i fronti e i vostri figli sapranno perfettamente come comportarsi ad un ballo in maschera, se spiegherete loro i vostri timori. Ho accennato poco fa al vostro orgoglio o sbaglio?”
    “La tratterò come una lettera d’affari.”
    A quell’affermazione il sorriso che aveva dipinto il volto felice della moglie si spense per la prima volta in quella giornata e lo guardò con severo ammonimento. Sapeva che quando voleva suo marito sapeva essere molto ostinato, così come lei.
    “Sono ormai quasi tre mesi che le vostre figlie attendono il tuo ritorno. Non hanno fatto altro che esercitarsi con il pianoforte e il galateo. Santo cielo, non puoi essere così testardo da volerle privare qualche divertimento!”
    “Non capisci. Se incontrassero…”
    “Sono tutte ragazze intelligenti e ben istruite e sinceramente, dubito che Matthew non abbia avuto occasioni di incontrare delle belle signorine a Londra durante il suo ultimo viaggio. Devo forse pensare che nelle lettere che ho ricevuto, mi hai scritto menzogne sul suo comportamento?”
    “Elizabeth…”
    “Hanno bisogno di svagarsi. E non credo che portarle da Jane sarà sufficiente stavolta. Specie se scoprono che le loro cugine sono state invitate a questo ballo, mentre loro ne sono rimaste all’oscuro.”
    Il signor Darcy la guardò con aria greve e lei cercò di essere un po’ più clemente e gentile.
    “Comprendo che voi vogliate proteggerle, ma ormai sono cresciute abbastanza. Dubito che una festa in maschera potrà cambiare in qualche modo, e definitivo per giunta, le loro vite.”
    Lo sguardo del marito non era molto convinto, quindi Elizabeth si trovò costretta ad accendere il suo sguardo e il suo sorriso malizioso. Gli rimise a posto un bottone della giacca, mentre cercava altre giustificazioni che convincessero a sufficienza la testardaggine del suo sposo.
    “Vi ricordo che il nostro incontro è stato sancito da un ballo.”
    “Non era un ballo in maschera, però.”
    Lei sbuffò e gli rivolse un’occhiata annoiata e il suo sorriso si spense in un broncio. S’allontanò dal marito e andò alla finestra ad osservare il panorama. Mr. Darcy sospirò e si voltò a guardare il riflesso della moglie sui vetri. Non poteva resistere alla sua malizia in quelle condizioni.
    “Molto bene. Tuttavia detterò delle condizioni severe.” decretò alla fine, sconfitto.
    “Grazie.” disse lei, stampandogli un bacio sulla guancia.

    “Ci sono importanti novità.” annunciò la signora Darcy rientrando nel salottino.
    Matthew si alzò di scatto, perché aveva udito pronunciare il suo nome e si sentì preso in causa. Il padre lo rimise a sedere con un cenno di testa e lui tirò un sospiro di sollievo.
    “Primo, immagino vi ricorderete che vostra cugina Lyanna compie otto anni e la zia Jane ci invita non solo a partecipare ai festeggiamenti, ma anche ad aiutarla ad organizzarli.” rese noto con tono allegro che sollevò l’animo del signor Darcy.
    Anche le figlie e il loro fratello maggiore erano molto lieti della notizia, perché le feste di compleanno all’interno dell’ambito familiare erano sempre molto divertenti. Danzavano o preparavano piccole escursioni o ancora giocavano e, indipendentemente dal ramo familiare, le torte erano sempre state squisite. Essendo poi la loro cugina Lyanna era nata a fine maggio, potevano aspettarsi una fresca e soleggiata giornata all’aperto.
    “Secondo, siamo stati invitati al ballo in maschera del signor Wilbur…”
    Quello fu il boccone amaro per il signor Darcy che ancora non era convinto della decisione presa, mentre le ragazze si guardavano eccitate. Tutte tranne Grace, che era ancora troppo piccola per fare il suo ingresso in società e quindi non capiva cosa avevano le tre sorelle maggiori da sorridere tanto.
    “Tuttavia, ci sono delle condizioni da rispettare.” sentenziò il padre con tono molto deciso e rigoroso.
    Le ragazze si ricomposero subito e rimasero ad ascoltare tutte le raccomandazioni del signor Darcy, che consistevano nel fare attenzione a come parlavano, di essere discrete e scegliere con attenzione la compagnia della serata e di non concedere troppi balli a perfetti sconosciuti, perché considerava le persone mascherate come tali. I figli rimasero ad ascoltarlo in silenzio ed annuirono trovando ragionevoli quasi tutte le proposte e qualcuna di loro già si immaginava la festa che si sarebbe tenuta appena nelle prime settimane di agosto.
    Le condizioni di Grace erano ben diverse e consistevano nel rimanere in compagnia dei cugini assieme alle loro governanti, almeno da non recluderla così nella più totale solitudine di Pemberley. Lei accettò di buon grado, proprio perché non le sarebbe mancata la compagnia.    
    Cecilia balbettò un paio di parole al fratello che era impallidito all’idea di partecipare ad un ballo.
    “Matthew, dovresti vederti… Sei pallido come un lenzuolo!” disse poi più allegra la sorella.
    “Oh, lo sai che il mio gemellino non è un amante di queste cose, Ceci . Non perché non gli piacciano, ma semplicemente perché le detesta.” rispose Rosamund allegra.
    Al ragazzo non restò che scuotere la testa rassegnato. La battuta fece sorridere la madre e ridere i figlioli, mentre il signor Darcy si chiedeva ancora - forse con eccessiva preoccupazione - se avesse fatto bene ad acconsentire ad una simile scelta.



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N. A. : Salve a tutti.^^ Ho finalmente rimesso a posto il primo capitolo, che era un po' un disastro, ma nessuno - forse troppo preso dalla storia - sembra essersene accorto... (o forse sì). Comunque sono felice della revisione^^ Come avevo già precedentemente detto, questo storia a me sembra un obbrobrio, che però desidero continuare per la mia passione per la scrittura, e lascierò a voi il giudizio sul risultato.
Ho letto il libro ormai... almeno dodici volte, idem per il film, ma apprezzo di più il telefilm del '95(?). Mi pare più fedele, ben recitato e le "scene aggiunte" sono decisamente azzeccate. Ma anche il film non scherza. Oh, già! A questo proposito... Ho deciso di prendere l'idea proposta nel finale americano del film, per il quale Darcy chiama in maniera diversa Lizzy a dispetto dell'occasione presentatasi. Mi piace tantissimo e spero che nessuno se la prenda XD
Mi rendo conto che entrano in gioco parecchi personaggi nuovi e totalmente inventati, per questo vi farò un piccolo "schema" nella nota autore... Quindi vi presento i "nuovi Darcy" cioè i figli di Elizabeth e Fitzwilliam; Matthew e Rosamund: primo e secondagenita, gemelli nati a distanza di poche ore, hanno circa vent'anni. Percival (fisicamente non presente nel capitolo), il terzogenito, è poco più piccolo. Poi ci sono Gwendolyn e Cecilia, rispettivamente di diciotto e sedici anni. Infine abbiamo la piccola Grace, di dieci anni.

Spero che la mia storia vi attragga.^^ Fatemi sapere, i pareri sono sempre ben accetti^^

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Capitolo 2
*** II ***


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II



            Ad una settimana dal compleanno di Lyanna, la famiglia Darcy giunse nella tenuta del signore e della signora Bingley. Le ragazze passeggiarono volenterose per il giardino di casa con la loro madre e la zia Jane, mentre venivano scaricate le valigie. Iniziarono ad escogitare uno dei loro intrattenimenti preferiti, la musica. Volevano inventare una qualche simpatica canzoncina con la zia per la sua bambina e qualche danza di gruppo per farla divertire. Rosamund si recò nel salotto a provare qualche melodia, ma pensò subito che se ci fosse stato bel tempo, sarebbe stato uno spreco rimanere in casa ed allora cercò di comporre una canzone che non avesse per forza la necessità di un accompagnamento musicale. Matthew intanto illustrò ai suoi cugini, Aaron e il piccolo William, un gioco che avrebbero potuto fare. Approvata l’idea la condivisero con Alice, la primogenita di Jane, e le quattro sorelle di Matthew.
    La settimana dei preparativi passò in fretta e tutti cercarono di mantenere la piccola Lyanna all’oscuro abbastanza a lungo da non insospettirla troppo sul piano che infine erano riusciti a mettere su tutti quanti insieme.
    Arrivò la mattina del fatidico giorno. Con tutta la leggerezza che il sig. Bingley e il sig. Darcy disponevano, entrarono nella stanza di Lyanna e il padre la prese in braccio portandola in giardino, cercando di non svegliarla. Le loro mogli stavano intanto preparando il giardino, mentre i figli tornarono con dei piccoli cestini e ne porsero due alle signore. Il sig. Bingley adagiò la sua bambina ancora assopita sulla sedia imbottita posta in mezzo al prato del giardino a ovest della villa. Lui e sua moglie si scambiarono un sorriso e poi prese il suo cestino, lasciando a Jane il resto.
    La madre prese delicatamente le mani di Lyanna tra le sue e cominciò a canticchiare la canzone composta dalla nipote Cecilia.
    “Per il tuo compleanno sarà festa tutto il dì. Regina oggi tu sarai se canterai così.”
    Lyanna strabuzzò gli occhietti chiari e la prima cosa che vide fu sua madre sorriderle ed indietreggiare saltellando. Elizabeth le porse il suo cestino e cominciarono a ballare battendo le mani e canticchiando il motivetto, provocando il più sincero e fanciullesco divertimento. Dai cestini le ragazze lanciarono dei petali di fiori, mentre i ragazzi mantenevano il ritmo e continuarono a danzare in girotondo, finché non vennero interrotti dall’arrivo di una carrozza.
    “Dev’essere Caroline.” informò Jane sua sorella, che la fissò allibita.
    “L’hai invitata?”
    “Certo, non potevo non farlo. Doveva però arrivare appena questa sera.”
    Lyanna si guardava intorno preoccupata e i suoi cugini pensarono bene di riprendere a cantare e così il divertimento ricominciò. Cantata l’ultima strofa - giusto in tempo per andare a riceve la propria ospite - il signor Bingley si avvicinò alla sua bambina e le chiese di assentarsi un attimo con sua madre e gli zii, cosa che gli venne concessa, mentre i cugini la intrattenevano con danze semi inventate tra quei pochi petali che rimanevano nei cestini.
    I quattro si avvicinarono alla carrozza dalla quale stava scendendo la signora Hamilton, ma potevano ancora sentire distintamente le voci dei ragazzi che si divertivano. Le due sorelle controllarono alle loro spalle e non poterono fare a meno di sorridere, vedendoli così contenti.
    Lady Caroline non era invece dello stesso raggiante buon umore e guardava in modo quasi sprezzante quello che i suoi numerosi nipoti combinavano sull’erba.
    “Sorella cara. Non ti aspettavamo prima di stasera.” l’accolse suo fratello Charles con grande e calorosa cortesia.
    “Ho potuto liberarmi dai miei impegni prima del dovuto e volevo farvi una sorpresa.”
    “Molto ben riuscita.” confermò Jane con un sorriso più gentile del dovuto.
    “Cosa sta facendo Lyanna?” chiese la zia con una nota di disappunto nella voce.
    “Gioca e danza con i suoi cugini e fratelli. Abbiamo da poco finito di cantarle una canzone che Cecilia si è premurata di scriverle.”
    “Già, veramente deliziosa.” aggiunse il sig. Bingley accennando un segno di sincero ringraziamento all’amico, che rispose con un sorriso.
    Notava che Bingley era veramente contento per la riuscita della sorpresa e questo allietò il suo animo già abbastanza turbato dagli ultimi eventi. Ultimissimo tra questi la venuta così anticipata della sig.ra ….
    “Non lo metto in dubbio. Idea graziosa. Vostra figlia ha sempre avuto un buon gusto per la musica.”
    “Grazie.” rispose fredda Elizabeth.
    “Scusate la scortesia. Prego, accomodatevi.”
    Un tuono fece cenno della sua presenza da lontano e le nuvole oscurarono il cielo.
    “Strano. Fino a poco fa c’era il sole…” mormorò Grace.
    “Temo che sia stata la zia Caroline a farlo sparire.” le sussurrò Matthew.
    La battuta piuttosto tagliente fece ridere tutti i presenti, che si prepararono a rimettere tutto quanto a posto. Non avevano parecchia voglia di aspettare i domestici per una sedia, così mentre le signorine e William fecero a gara a chi arrivava prima alla villa, Matthew e Aaron presero cestini e sedia e rientrarono con calma. Durante il tragitto discussero a lungo sulla torta che il giovane Bingley avrebbe visto, ma non era sicuro se fosse con le fragole, i lamponi o entrambe.
    Matthew entrò dalla porta finestra e domandò dove appoggiare la sedia. Un domestico la prese in custodia sotto lo sguardo attento dell’appena arrivata parente, che non poté fare a meno di inarcare un sopracciglio, mentre Aaron si complimentava con il cugino per la forza. Sostenne che in un confronto, era lui quello più mingherlino, ma Matthew ribadì che avrebbe potuto benissimo riuscire anche lui a fare una simile fatica, se non peggiore. Le madri quasi si commossero e furono orgogliose del legame che si era instaurato tra i due.
    I padri rientrarono con lo stuolo di figli appresso e William si riunì ai due cugini, mentre le altre parlottarono tra di loro e Lyanna, che si sentiva al centro dell’attenzione, elargiva sorrisi disinteressati e dolci a chiunque nella stanza.
    Un altro rombo di un tuono segnò l’inizio di un’altra pioggia primaverile e Grace balzò in piedi pensando che uno dei giochi che avevano organizzato era caccia al tesoro e si sentì in colpa per il regalo che avevano nascosto in giardino per la cugina. Corse fuori senza mantello e così il fratello la dovette rincorrere nel parco seguito dal padre.
    Grace era la più giovane delle sorelle, non aveva neanche dieci anni ed era estremamente onesta e generosa, nonché innocente come tutte le bimbe della sua età. Coperta dal fratello, che l’accompagnò fino all’albero in cui avevano sepolto il regalo, si mise di buona lena a scavare per terra con lui ed infine col padre, che li raggiunse poco dopo, e tirarono fuori il pacchetto e finalmente rientrarono.
    Al loro rientro, più di qualcuno non riuscì a trattenere una risata, gli stessi interessati compresi. Solo Lady Caroline non riusciva a comprendere le ragioni di quella ilarità generale, squadrandoli con occhi critici e stupiti. Avevano un aspetto scandaloso: erano ricoperti di fango dalla vita in giù tutti e tre, la graziosa crocchia di Grace si era completamente scompigliata e le mani sporche di terra che reggevano l’oggetto in una carta che, anche se pulita, sarebbe risultata decisamente poco elegante, la fecero allibire.
    Bingley la prese con molta più leggerezza, ammirazione e gratitudine. Nel primo caso, era contento di vedere l’amico e i suoi figli lasciarsi andare a cuor così leggero di tanto in tanto, trascinati dalla frenesia della piccola Darcy, nel secondo l’ammirazione fu provocata dall’affetto familiare che li univa e nel terzo, erano in quello stato proprio per l’affetto che provavano verso Lyanna e non poté non essere grato per aver stretto una parentela più felice di quella. Jane comprese il sorriso che accompagnava lo sguardo del marito sui tre e condivise il pensiero, ma si riprese prima di lui e chiamò una domestica per accompagnarli in un’altra stanza, dove si sarebbero potuti cambiare ed asciugare. La prontezza della padrona di casa non mancò le aspettative di Elizabeth.
    Non appena usciti, la signora Hamilton si avvicinò a suo fratello e coprendosi col ventaglio - perché nonostante la pioggia sosteneva di sentire caldo - cominciò a criticare quel comportamento per lei così irragionevole.
    “Non ho mai visto il signor Darcy comportarsi così, Charles. Mai. Il matrimonio lo ha cambiato profondamente, non lo nego, ma in così tanti anni è in assoluto la prima volta che lo vedo così diverso. Non sembra neanche più lui, cielo!”
    “Si vede che non hai figli, Caroline.”
    “Cosa c’entra adesso, questo?”
    “Se tu avessi figli, comprenderesti il cambiamento radicale come questo che stai ora criticando.”
    “Smettila di dire assurdità. Il solo fatto di aver sposato quella campagnola che diventa sempre più indecente per lui col passare degli anni e la sua influenza, devono averlo reso così diverso.”
    “Attenta a come parli. Ti proibisco di insultare così i membri della mia famiglia, sorella. Non lo accetto!”
    Alzatosi con uno sdegno che non riuscì a passare inosservato agli occhi dei presenti e che per di più stupì la signora Hamilton, l’uomo uscì dalla stanza per accertarsi che i suoi ospiti stessero bene. Jane lo seguì con lo sguardo preoccupato finché non sparì dietro la porta e lo avrebbe anche fisicamente raggiunto, se la sua piccola Lyanna non l’avesse tenuta per uno dei nastri che adorava portare, attirando la sua attenzione.
    Dopo un’innaturale silenzio per casa Bingley, Alice si dimostrò perfettamente capace di intavolare e intrattenere una conversazione con le sue cugine e suo fratello Aaron, estendendo poi questo a tutti i presenti con frequenti e dolci interventi della madre e altrettanti, più freddi e razionali, della zia. Anche Elizabeth si unì con qualche frase, ma solo se interpellata, perché era preoccupata per la figlia minore. In un modo o nell’altro, anche Matthew, che era definito il cugino meno loquace in assoluto, finì per essere coinvolto, forse, per far piacere alla cugina Lyanna, che gli aveva chiesto notizie sul suo viaggio.
    “Cosa sei andato a fare a Londra, cugino?” chiese Alice cordiale.
    “Ho accompagnato mio padre per questioni d’affari. Cose che, di solito, le signorine come te non apprezzano molto.”
    “Cosa sono le questioni d’affari, mamma?” domandò ingenuamente la festeggiata.
    Jane non poté non sorridere ad una domanda postale con tale innocenza che iniziò a spiegarle con calma e cercando di essere chiara sull’argomento un po’ insidioso. Gli altri continuarono il loro colloquio e le ragazze sfogarono la curiosità che per troppi giorni rimasta celata.
    “Hai incontrato qualche signorina di tuo gradimento?” domandò schietta Gwendolyn.
    “No, nessuna. Temo che tutte le signorine di mio gradimento siano riunite in questa stanza.”
    Una risata generale avvolse i presenti e Matthew scoccò un’occhiata eloquente ad Aaron che si apprestò a reggergli il gioco.
    “Ma cugino… Non puoi affermare una cosa simile. Ci dev’essere almeno una che ti sia più gradita delle altre.”
    “Non costringermi a scegliere, te ne prego. Non favorirebbe l’amore fraterno né quello tra cugini. Il cielo non me ne voglia.”
    “Qual è il vostro problema con le damigelle che esistono fuori dalla vostra cerchia familiare, Matthew?” intervenne con tono petulante la signora Hamilton.
    “Il fatto che siano fuori dalla cerchia familiare!”
    L’ironica battuta produsse l’effetto sperato e tutti risero capendo che non stava parlando sul serio, ma allo stesso tempo Lady Caroline, che aveva posto la domanda, capì che a Londra non aveva trovato nessuna ragazza interessante per lui.
    “Santo cielo! Devo supporre che vi apprestiate a fare una proposta ad una vostra cugina in futuro?”
    A questa affermazione, Alice e Meredith ammutolirono di colpo, mentre Jane e Elizabeth guardavano sprezzanti Caroline che si permetteva di mandare avanti con tanta impertinenza, un argomento che non era stato citato per essere preso seriamente.
    “Come ho già ribadito, il cielo non me ne voglia a scegliere una delle mie cugine.” rispose Matthew ora con un disagio che decise, saggiamente, di non far trapelare.
    “Alice sarebbe più che adatta.”
    “Certamente. Alice è una fanciulla graziosissima. Sarebbe però sprecata con Matthew. Sono così differenti che la passione si spegnerebbe all’istante e il matrimonio non durerebbe neanche un giorno.” scherzò Gwendolyn, augurandosi di terminare così una conversazione, che non solo lei stessa aveva incitato, ma che stava diventando piuttosto imbarazzante.
    “Hai veramente così poca fiducia nei sentimenti del mio cuore?”
    “Bada a come parli dei tuoi sentimenti, Matthew. Un giorno ti innamorerai anche tu e dovrai imparare a tenere a freno la lingua.” lo zittì la cugina.
    Meredith aveva i capelli più rossastri ed era di carattere nobile e spensierato, ma non per questo meno seria della sorella Alice, nonostante i sedici anni da poco passati. Era veramente graziosa e sognava l’amore vero, per questo le infastidivano tutte quelle battute.
    “Parole simili Jane le aveva rivolte anche a me, tanti anni fa. Sinceramente, credo che sia un buon consiglio.” concluse Lizzy con un sorriso divertito.
    L’ironica e pungente conversazione che aveva fatto arrossire la signorina Bingley e le sorelle Darcy volse presto al termine con un’ultima domanda da parte della signora Hamilton e del suo personale interesse verso i Darcy.
    “Vostro fratello Percival rimarrà a Londra ancora molto?”
    “No, è partito poco prima di noi con i gli zii Gardiner alla volta dei Laghi. Si scusa di non essere riuscito a venire e promette a te, Lyanna, di portare il più bel regalo che tu abbia mai visto.”
    “Lo prendiamo in parola.” scherzò Meredith.
    “Ve lo sconsiglio. Ha un gusto così particolare che potrebbe portare la cosa più inaspettata che si conosca.”
    “E voi non siete stato invitato?” riprese petulante Lady Caroline.
    “Oh, sì. L’invito me l’avevano esteso, ma ho preferito rinunciare e tornare a casa con mio padre.”
    La risposta era stata data con molta naturalezza, ma era troppo succinta per sembrare reale. Poco dopo, la signora Hamilton chiese ad Alice di suonare qualcosa al pianoforte. L’idea venne ben apprezzata da tutti e Matthew chiese a sua zia Jane di poter andare in biblioteca a prendere un libro, perché non desiderava conversare oltre, ma si risparmiò di dirlo. Venne seguito dalla madre, che si congedò con la scusa di andare a vedere lo stato della figlia minore.
    Entrata in biblioteca, notò il figlio osservare i libri con palese distrazione e si avvicinò per cercare di capire cosa contenesse lo scaffale interessato.
    “Non sei mai stato un grande amante della botanica.” affermò alle sue spalle, facendolo trasalire.
    Si ricompose quasi subito e rispose: “E’ vero, ma ci sono certe piante di cui vorrei conoscere almeno il nome. Temo però che questo non sia il momento per consultare questi volumi. Cosa mi consigli?”
    “Quello che più può sollevarti dal dispiacere.”
    “Allora dubito che qua ci sia qualcosa di simile, al di fuori della tua presenza.”
    “Vogliamo parlarne?”
    Si sedettero sulle poltroncine poste vicino ad un caminetto, uno di fronte all’altro e nel mezzo solo un basso tavolino per appoggiarvisi i libri a dividerli. Matthew si mise comodo e sospirò, guardando in direzione della finestra e oltre, verso l’incontaminata natura del …shire con un totale cambiamento nella sua espressione.
    “Vorrei poter dedurre che si tratti solo di una delusione amorosa.” trasse Elizabeth da quello sguardo così afflitto. “Ma evidentemente, non è così.”
    Lui la guardò con una scintilla di dispiacere negli occhi e le curve della sua bocca gli diedero un’aria ancora più avvilita ed amareggiata.
    “E’ stato tradito, ferito ed umiliato. Diceva di non avere più un onore, di voler dimenticare al più presto tutto ciò che gli è capitato, in modo da poter tornare più sereno a casa. Ovviamente, nostro padre non sa nulla e preferirei che mantenessi questo riserbo.”
    “Sono mai stata pettegola?”
    La risposta lo fece sorridere, anche se l’espressione fu una smorfia amara che non alleviò la preoccupazione che costernava le madri e che ora Elizabeth ne sentiva completamente il peso.
    “Ho fallito, madre. Come fratello, come amico e come confidente. Non ho saputo fare niente per Percival ed ora potrebbe, giustamente, essere arrabbiato con me. Mi sento così ridicolo e stupido però, a non esser riuscito a far di più!”
    “E’ per amore?”
    “Sembrerebbe, ma c’è di più. Oh, se c’è molto di più! Quella donna lo ha ingannato in tutti i modi possibili e quelli che si definivano i suoi amici da tanti anni si sono dimostrati dei traditori della peggior specie e…!”
    “Modera le tue parole! C’è troppa rabbia e amarezza in esse. Calmati e parla con più un occhio più oggettivo.”
    “Non ci riuscirei neanche se mi minacciaste! Santo cielo… Lo hanno trattato in modo meschino e benché nella nostra famiglia nessuno non sia sensibile come in quella della zia Jane, ferire così l’orgoglio di un ragazzo tanto rispettabile e amabile è assolutamente inconcepibile. Non li perdonerei mai, neanche tornassero a chiedermelo in ginocchio! Avrei preferito vivere io una simile sciagura. Sarei stato più attento e avrei sicuramente assorbito meglio il colpo.”
    “Gli amici di cui parli sono i fratelli della famiglia Wighton, suppongo.”
    “Esattamente. Mai li voglio rivedere, né risentire! E tanto meno sarò d’accordo che le mie sorelle riaprano con loro i rapporti.”
    “Questo lascia che sia io a deciderlo. Per tua sfortuna, non sei ancora a capo della famiglia.”
    Nel tono della signora c’era ironia, ma un fondo di amara e severa verità che a Matthew non poté sfuggire. Era troppo attento e di mente troppo sveglia, perché non se ne accorgesse. Sospirò profondamente per più volte e dopo aver camminato di nuovo fino alla finestra, tornò indietro e con più calma si accomodò sul divanetto color edera.
    “Perdona la mia insolenza madre. E’ stata detta in un momento di rabbia, non era mia intenzione offendere nessuno. Ma ora che mi sono sfogato sono pronto a raccontarti tutto. Per primo, è meglio che tu legga questa lettera. Poi ti detterò i fatti.”
    La signora Darcy prese la busta e notò che i lati erano parecchio stropicciati. Era stata tenuta in mano non solo da mani forti, ma presumibilmente anche emotivamente toccate e che sfogarono su quel foglio la forza delle loro emozioni. Non poté non immaginare il figlio minore con le lacrime agli occhi, di rabbia, se aveva ben inteso il messaggio di quello maggiore.
    Pensò che non valesse la pena di crucciarsi così e aprì la lettera. Portava la data di poco più di due settimane fa.
    Mio caro signor Percival Darcy,
    non dimenticherò mai la vostra gentilezza, la sincerità e l’emozione con cui mi avete privilegiata dell’onore della vostra proposta che a quel tempo, ho accettato. Ero forse troppo confusa o accecata dalla vostra grandezza per far chiarezza sui miei sentimenti. Ora sono invece propensa, per la mia e la vostra felicità, a declinare la vostra offerta che è stata poi indegnamente approvata dai miei parenti, pensando solo al profitto di tale unione. Credo che sarebbe davvero un’offesa nei vostri confronti, per questa ragione vi scrivo.
    Non ho il coraggio di respingervi a viso aperto, perché so che il dovere che sento nei vostri confronti è decisamente troppo forte e mi farebbe mentire di nuovo. Vi prego di comprendere queste mie parole, che so, posso immaginare, vi addoloreranno molto. Prendo atto di cosa avete passato per me e per convincere non solo voi stesso, ma il resto del mondo che scruta sempre con un occhio più impertinente, crudele e giudizioso di quanto dovrebbe, le ragioni del cuore, in questo caso il vostro. Il mio dolore mentre scrivo è immenso.
    Non spero di certo che possiate perdonarmi, vi conosco da troppo tempo per sapere che il vostro orgoglio creerà una barriera, d’ora in poi insormontabile per me, e preferirei di certo il vostro disprezzo al vostro compatimento.
    Con questa lettera desideravo solo poter liberare tutti i miei amari sentimenti e non le scuse, bensì la verità, che credo almeno di dovervi. Vi ringrazio per tutto, amico mio.
    Addio,
             Violet Shelley

    Elizabeth era rimasta allibita dal fatto che la rabbia di Matthew fosse stata provocata da una lettera, che anche lei in realtà, aveva trovato a dir poco sconvolgente. Sapeva che la signorina Shelley era una ragazza a modo, molto graziosa e sensibile e stentava a credere che proprio lei avesse scritto cose di simile peso. Ancora di più non riusciva a credere che suo figlio Percival, che aveva sempre visto come un ragazzo spensierato come lei, avesse l’intenzione di chiederla in sposa - lui aveva compiuto da poco diciotto anni e la signorina Shelley era ancora una dolce sedicenne - e che soffrisse così tanto per un rifiuto, da non poter tornare a casa. Poi ricordò l’amarezza che aveva costernato la lettera che suo marito le aveva lasciato a Rosings molti anni prima e si rese conto che, da quel punto di vista, era il ritratto del padre.
    Il figlio la guardava però con un’espressione da farle paura, perché sembrava che il peggio non fosse ancora arrivato. Chiuse la lettera e si preparò a ricevere la peggiore delle notizie.
    “E’ scappata.”
    “Santo cielo…”
    “Lasciatemi finire. E’ scappata dai suoi sentimenti per un uomo che non ama e che non la renderebbe felice nemmeno con tutto il suo patrimonio! Ed inoltre non ha dato spiegazioni nemmeno ai suoi amici. Se n’è andata, ha fatto le valigie per …shire con la sua famiglia e nessuno li ha più visti. Sono anche stato a casa sua, ma non mi hanno permesso di vederla. A me, che sono un suo caro amico d’infanzia! Dovevi vedere Percival, madre. Era così triste che la zia Gardiner si augurava che non morisse di crepacuore.”
    “Era la dote di tuo fratello il problema? Hanno litigato?”
    “No! No. In realtà, credo che avesse fatto il doppio gioco da un po’. Non dico da quando ci siamo conosciuti più di sette anni fa, ma immagino ci abbia pensato bene.”
    “Le accuse che lanci sono molto gravi.”
    Fece una pausa per dare nuova lettura alla lettera. Alcuni passaggi erano così colmi di tristezza che stava cominciando a capire la rabbia di suo figlio, non per Violet, ma per chi l’aveva indotta a rinunciare ad un simile matrimonio preferendo un altro. Eppure da ogni punto di vista - rispettabilità, posizione, vantaggio economico - era un ottimo matrimonio, seppur non era riuscita a conquistare il primogenito dei Darcy.
    “Per chi?”
    “Per un certo pavone imbellettato di Londra che è stato nominato Sir dalla regina non più di tre o quattro mesi fa.”
    “Ah, sì. Sir Harris, ne ho sentito parlare.”
    “Anch’io e l’ho persino conosciuto. L’uomo meno gradevole che conosca.”
    “Più del il signor Collins?” la buttò sull’ironico Elizabeth.
    “Lui passa in secondo piano, a confronto. E’ un pomposo buffone, mentre Sir Harris è proprio sgradevole di carattere e modi, e non lo dico per Violet. E’ l’impressione che mi ha fatto, se non fin da subito, in meno di un’ora e parlargli più e più volte in diverse occasioni per  ragioni di decoro è stata per me una gran tortura, credetemi.”
    “Ti crederò, se mi spiegherai cos’è successo esattamente a Percival.”
    “Io… Io non lo so. Quella lettera, il suo atteggiamento, tutto era cambiato. Lui si è chiuso, diventando freddo con me e so che non mi ha mai raccontato tutta la verità.”
    “Questa lettera oltre che ad essere dolorosa, sembrerebbe essere stata scritta in maniera forzata.”
    “Sembra anche a voi? Anch’io e Percival eravamo arrivati a questa conclusione e abbiamo provato a fare delle ricerche all’inizio. E sai cosa? Quell’uomo li ha portati tutti dalla sua parte, i fratelli Wighton e il signor Moore e chiunque altro potesse essere amico. Tutti. Ci hanno ostacolato in tutti i modi, ti assicuro e i Wighton hanno anche gravemente insultato mio fratello, definendolo un arrogante ed uno spocchioso, perché si riteneva più altolocato di loro e un traditore per aver svelato alcune loro scappatelle. Ti garantisco che quando lo abbiamo scoperto noi dalla loro bocca, ci siamo sentiti molto peggio di loro. Erano definiti da Percival tra la cerchia di amici avesse a Londra. Hanno continuato ad infangare il nostro nome per tutto il palazzo del signor …, che come ben sai è piuttosto importante, ma tutte le voci vennero smentite da papà, anche se non capiva il perché tanto risentimento nei nostri confronti. Percy non gli aveva rivelato completamente le sue intenzioni con Violet e io avevo giurato che finché non avessimo avuto un’argomentazione decente fra le mani, non avrei aperto bocca con lui. Non desideravo dargli dispiaceri. Oh, madre, credevo ci fossimo scelti degli amici migliori!”
    “Ho anch’io avuto modo di avere simili dispiaceri, figlio mio. E’ triste, ma bisogna imparare a convivere con la doppiezza delle persone o con le ragioni che le spingono a fare certe cose. E dimmi, alla fine l’avete trovato il motivo del rifiuto di Violet?”
    “No, purtroppo. Quando siamo riusciti a parlare con il signor Shelley è stato chiaro nel volerci mandare via e a non voler più l’unione di sua figlia con lui. Non ha dato giustificazioni abbastanza valide - parlava di misera dote per lei e di stupide accuse sul comportamento di lui - e noi avevamo insistito nel voler sapere la verità, ma ci ha letteralmente mandati via. C’è qualcosa di strano sotto.”
    “C’è di sicuro, ma non so se Percy ha i mezzi per scoprirlo, così come tutti noi. Se il motivo è conosciuto solo a Violet e alla sua famiglia, è difficile che lui riesca a scoprire qualcosa.”
    “Dopo quella conversazione ha trovato la lettera e l’ha letta. In tutta la mia vita non ricordo di averlo mai visto piangere così tanto, né di essere mai stato così in collera con qualcuno, madre. Era una fortuna che tu non ci fossi, ma allo stesso tempo forse sarebbe stato meglio che fossi stata al suo fianco. L’ho costretto a rimanere a casa e al massimo di andare dagli zii a Gracechurch Street per un paio di giorni, ma non si placò così facilmente. I fratelli Wighton hanno continuato ad inondarci di insulti e scortesie ogni volta che ci incontravamo e, ti confesso, una volta siamo venuti alle mani.”
    “Buon Dio! Tutto questo per una ragazza?”
    “Non per una ragazza, per onore e per orgoglio. C’è sotto qualcosa mamma, ma non so che cosa. E’ questo che mi turba e mi fa sentire così in pena! Il non sapere come agire e il non essere riuscito a proteggere mio fratello da quelle malevolenze dei Wighton.”
    “Non ti viene nemmeno un’idea con quale pretesto sparlassero di Percival, se non quelli elencati?”
    “Nessun altro.”
    “E’ così, Percival è andato ai Laghi a sfogare il suo dolore.”
    “Suppongo di sì. Un bagno o due forse lo faranno stare meglio, ma ho chiesto agli zii di avere un occhio di riguardo.”
    “I cugini Julian e Laurence, sono andati anche loro ai Laghi?”
    “Sì. Loro sono veramente provvidenziali.”
    “Come mai un tale elogio?”
    “Hanno aiutato gli zii a smentire le cattive voci che giravano in città su di noi. Ci sarebbe davvero dispiaciuto che papà perdesse credito per delle ragioni futili come l’invidia. Però all’interno i rapporti si stanno incrinando un po’, se non con Percival, con me. Dice che ho fatto male a non aver voluto raccontargli nulla di quel che era successo da quando ci aveva lasciati da soli a casa dei Wighton e che quindi ero in parte responsabile dell’infelicità di mio fratello. Non so se l’hai notato ma ha sempre una faccia parecchio contrariata quando mi guarda e con me parla poco.  E’ a dir poco una situazione penosa, per non dire peggio.”
    Elizabeth guardava suo figlio così abbattuto e non poté non condividere il suo dolore, però lo rassicurò sui rapporti col padre, che in qualche modo si sarebbero sicuramente ristabiliti. Sapeva che se lo trattava così era per correggere la presunzione dovuta al desiderio di proteggere la sua famiglia dall’infamia e non per un qualche risentimento nei suoi confronti. Ne era certa, conosceva bene suo marito. Queste parole furono di grande conforto a Matthew, che riprese il suo racconto.
    “Comunque ci sono stati molto vicini, sai, i cugini Gardiner, così come i signori Harvey e Adams. Sono felice che io e Percy condividiamo la maggior parte dei cari amici di Londra, anche se non capisco perché certi se la siano presa solo con lui.”
    “Probabilmente la sua proposta era scomoda a qualcuno di più potente. Ho sempre visto in Percy una predilezione per Violet, mi auguravo che la chiedesse in sposa (certo, non così presto forse), perché né io né tuo padre abbiamo nulla da obiettare nei suoi confronti. Non capisco perché nessun altro ci fosse mai arrivato e tuttavia vedo che la situazione è più misteriosa e complessa per essere solo questa la ragione di tale subbuglio.”
    “Troppo complicata, forse. Ormai dubito che si rivedranno ancora. E se accadrà, lei sarà una donna sposata.”
    “Semmai dovesse accadere, auguriamoci che la passione di lui sia sopita e le ragioni di lei più valide di quelle espresse da chiunque altro. Il dolore provocato è stato grande su molti fronti.”
    “Avete capito alla perfezione.”
    Al termine della loro conversazione rimasero in silenzio e Elizabeth consolò dolcemente Matthew raccontandogli piccoli aneddoti che lo fecero sorridere, ma non quanto lei sperasse. Immaginò che ciò che le avesse raccontato fosse sì la verità, ma che avesse di proposito trascurato qualcosa. D’altro canto, lui si sarebbe rifiutato di raccontarle tutte le cattiverie dette contro di lei da gente che già conosceva, ragion per cui non desiderava rientrare nel salotto quando il signor Bingley li trovò in biblioteca. Si scusò del disturbo, prese il volume di botanica e si ritirò in camera sua dicendo di avere un forte mal di testa, lasciando la madre e lo zio perplessi.

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    Nota autrice:
Salve a tutti. Uhm, in questo capitolo trovate una visione completa delle famiglie Darcy e Bingley.
Lo so, lo so... Il cognome Hamilton sembra quello del tipo di Formula1? MotoGP? Ma non potevo farne a meno... Secondo me, stava bene a Caroline.
xP In realtà, non ho ancora bene capito come funziona la differenza tra Lady, Marchesa, Duchessa, ecc...per cui farò una ricerca più approfondita, ma non le cambierò il grado, signor no. (mi sta antipatica, se non si fosse capito ù3u )
Ma parliamo della famiglia Bingley! (la parte piacevole s'intende). I nostri cari Charles e Jane hanno cinque figli: Alice, la primogenita di circa vent'anni e a seguito Aaron, primo figlio maschio, Meredith e i più piccoli Lyanna e William.
Ho inoltre accennato alla famiglia Gardiner (che personalmente adoro!), di cui due figli maschi, Julian e Laurence, di ventisette e ventiquattro anni.
Così giusto per chiarirvi un po' le idee.

Al prossimo capitolo e grazie ancora per aver letto

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Capitolo 3
*** III ***


p&p capi 3



III


        Dopo cena, Alice aveva sostituito Rosamund al pianoforte, su richiesta di Caroline. Così Rosamund decise di andare al piano superiore a vedere cosa accadeva al fratello. Cecilia la seguì con uno sguardo curioso e poco dopo trovò una scusa per congedarsi. Rosamund bussò una, due, tre volte, ma quello non rispose. Allora aprì lentamente la porta e sbirciò dentro la stanza. Era di un azzurro così intenso che non si poteva non notare il giovane in giacca grigio scura e pantaloni sporchi, abbandonato sul letto a leggere malamente un libro, che già dalla smorfia si capiva, non gli interessava molto.
        “Forse ti sarebbe più chiaro” esordì “se lo leggessi alla giusta maniera, fratello mio.”
        Prese il libro dalle sue mani, lo girò e glielo porse. Lui sbuffò, se lo riprese, vi infilò un segnalibro e lo mise sul comodino. Rosamund osservava divertita il fratello. Era così orgoglioso che nemmeno rinfacciargli gli errori serviva a smuoverlo.
        “So a cosa stai pensando, Rosa…” rispose lui al sorrisetto malizioso della sorella “e non è divertente.”
        “Oh, sì che lo è! Stavi leggendo ala rovescia, ammettilo.”
        “Mai. Stavo riflettendo.”
        “Oh, certo, certo… Riflettendo, come no…”
        “Rosa, non è il momento adatto.”
        “Ah! Con te, non è mai il momento adatto. Una giovane fanciulla si è forse permessa di rifiutare una proposta di matrimonio dal grande Mr. Matthew Darcy?” lo stuzzicò Rosamund.
        Lui trasalì. No, non poteva saperlo. Era Rosamund l’intelligente, la sentimentale, ma la più acuta in famiglia era sempre stata Cecilia. Tirò un sospiro di sollievo, quando si rese conto che con Rosamund poteva permettersi di lasciarle qualche dubbio, la sua pazienza l’avrebbe perdonato, mentre con l’altra sorella minore no.
        Rosa inclinò un po’ la testa in attesa di rivelazioni. Il fratello le lanciò uno sguardo eloquente con un sorrisetto divertito ed iniziò a sproloquiare.
        “Oh, sorella mia, se sapessi le disgrazie che ho dovuto passare a Londra…”
        Il suo tono appariva falso, ma stava raccontando il vero. Con energia si alzò dal letto e cominciò a camminare per la stanza scalzo, in modo che i tacchi degli stivali non tradissero il suo tragitto verso la porta.
        “Sono così dolorose…” disse e con un sorrisetto malizioso indicò la porta “che temo di non poterle riportare con dovuto rispetto.”
        Rosamund dovette fare un grande sforzo per non scoppiare ridere e tradire le intenzioni del fratello. Questo si appostò quatto quatto dietro la porta e la aprì con forza, ma non c’era nessuno dietro ad origliare. Matthew e Rosa si lanciarono un altro sguardo di eloquenza e fecero finta di essersi sbagliati.
        “Oh, fratello. Raccontami le tue disgrazie.” finse lei, stando al gioco.
        “E perché mai? Se qualcuno mi conosce bene come te, sorella mia, non c’è ne affatto bisogno.”
        “Oh, basta!” esplose Cecilia, che prima era appiattita al muro fuori dalla camera. “Di che cosa state parlando?”
        I due fratelli maggiori sorrisero, ma poi Rosamund interpretò il suo ruolo di sorella maggiore con grande serietà.
        “Cecilia… Non devi essere così curiosa.”
        “O diventerai come la zia de Bourgh!” la prese in giro invece Matthew.
        “Sai che non accadrà mai.” rispose la giovane castana, con un sorriso malizioso.
        “Me lo auguro per te, sorellina cara.”
        Lei fece una smorfia ed andò a sedersi sul letto vicino a sua sorella. Matthew aveva un’aria pensosa e le due sospirarono, scambiandosi un mezzo sorriso. Era un caso perso. L’orgoglio gli avrebbe tenuto la bocca cucita, ma le femmine erano dotate della loro rinomata astuzia.
        “A Londra, eh? E’ da tanto che non ci andiamo! Chissà come stanno i Wighton?” pensava ad alta voce Cecilia.
        “La prossima volta dobbiamo andarli a trovare assolutamente.” s’unì Rosamund.
        Il viso del fratello s’incupì. Solo un paio d’ore fa aveva espresso alla madre il suo disappunto nei riguardi di quei due ragazzi e non avrebbe cambiato idea per nessuna ragione al mondo. Se soltanto le due sorelle l’avessero saputo, lui non si sarebbe adirato tanto con loro.
        “La prossima volta non andrete a trovare proprio nessuno!”
        Detto questo uscì e sbatté energicamente la porta. Voleva restare da solo, ma almeno adesso le sorelle sapevano con chi aveva litigato a Londra. Solo che non conoscevano ancora il perché.
    
        Quando scesero nuovamente nel salottino erano rimaste a chiacchierare solo le signore, Alice e Gwendolyn. La governante aveva fatto coricare i più giovani, mentre i signori si sono spostati in un’altra stanza per giocare a biliardo. Stranamente, non avevano voluto rimanere con loro. Jane stava servendo il tè quando le sorelle entrarono.
        “Accomodatevi. Un po’ di tè? O preferite che giochiamo a carte?”
        “No, io ho decisamente bisogno di uno dei vostri deliziosi tè, zia.” disse Rosamund pacata.
        Cecilia si sedette sul divanetto assieme a sua madre e, ringraziando per la bevanda, osservò un po’ la combriccola che si era venuta a creare. Si portò la tazza alla bocca e scambiò un sorrisetto divertito alla madre. Nonostante il comportamento di Matthew, il suo umore era rimasto allegro.
        “Posso conoscere l’argomento della conversazione?” chiese allegra.
        “Di uomini. Ci stavamo chiedendo come mai ci lasciano continuamente da sole per questioni più noiose.” rispose Lady Hamilton.
        “Adesso si spiega tutta questa tensione…” bisbigliò la ragazza.
        Elizabeth dovette sforzarsi per scoppiare a ridere. Sorseggiò la sua bevanda e riprese il filo.
        Il fatto che gli uomini non erano interessati al ricamo o alla decorazione di una stanza non significava necessariamente il loro completo disinteresse per le loro signore. Jane trovò la risposta molto convincente, ma Caroline obbiettò, sostenendo che in presenza di ospiti era sgarbato lasciare tutto il peso alla moglie. Allora Cecilia capì perché era saltato fuori quell’argomento; suo padre e il signor Bingley erano scomparsi.
        “Saranno cose da uomini.” disse alzando le spalle.
        “Cose noiose.” sentenziò la signora Hamilton.
        “Io trovo che cavalcare non sia una cosa noiosa.” intervenne audacemente Gwendolyn.
        “Certo che no! Sono secoli che le donne cavalcano per conto loro.” rispose fiera Lady Caroline.
        “Sì, ma è ancora definita una cosa prettamente maschile, come studiare medicina o scrivere. Ha mai visto un cocchiere donna?”
        “Dio mio, no! Per carità, sarebbe del tutto assurdo!”
        Gwendolyn sfoggiò un sorrisetto soddisfatto che condivise soprattuto con Cecilia. Le due andavano molto d’accordo, quando l’argomento passava dagli uomini all’indipendenza femminile. Alice, Meredith e Rosamund si fecero scappare una risatina. Caroline pensava che si divertissero, benché non suppose per via della sua contraddizione. Alice da canto suo, adorava passare del tempo a parlare con le cugine, mentre Meredith che non passava moltissimo tempo in compagnia - era ancora giovane, sebbene avesse dei genitori molto ospitali -, o almeno non quanto ne voleva, trovò la discussione molto divertente; anche perché forse era ancora troppo innocente per capirne la malizia.
        Dopo una mezz’ora di conversazione, le signore, attratte dalla mancanza maschile, andarono a sbirciare nella sala da biliardo. Trovarono Aaron, Matthew e  i loro rispettivi padri attorno al tavolo verde, sprofondati in una concentrazione tale da far timore. Erano rimaste poche sfere sul tavolo e quindi la partita stava per giungere al termine.
        “Dev’essere una cosa seria…” sussurrò Meredith a Cecilia, che sorrise.
        “Dalle loro facce sembra una questione di vita o di morte!” rispose la cugina.
        “O d’onore…” intervenne Gwendolyn.
        “O una scomessa…” sospirò Lizzy con uno sguardo eloquente alla sorella.
        “Non ne sarebbero capaci neanche per scherzo, Lizzy cara.”
        “Sono uomini Jane, e gli uomini sono fatti così.”
        “Mia cara Lizzy, vi ho sentita sapete?” esordì Mr. Darcy con tono austero.
        “Oh, spero di non avervi perdere la concentrazione!” rispose ironicamente avvicinandosi.
        “Affatto. Siete il mio portafortuna.” scherzò lui.
        “E voi il mio marito sfacciato.”
        “Non vi sarete mica offesa.”.
        “Io offesa? Ma fatemi il piacere! Casomai siete voi che vi offendete con facilità.” lo riprese la moglie con un pizzico di malizia.
        Il marito sospirò e con un sorriso scosse la testa, tornando sulla sua sfera. Il rumore di uno scocco indico che aveva appena messo in buca un’altra palla e l’applauso che ne seguì fu più forte, dovuto alla presenza delle signore.
        “Il matrimonio a Mr. Darcy giova, non trovate Caroline?” prese a dire Jane, divertita dalla loro conversazione. Nonostante fossero passati vent’anni, a lei sembrava incredibile che lui fosse cambiato tanto.
        “Se lo dite voi, Jane.”
        “Vostro marito sta bene?”
        “Sta bene, grazie.”
        “E pensate che verrà a trovarci?”
        “Se non ha qualche affare urgente, sono sicura che per domani sarà qui.”
        Il tono di Caroline faceva capire che non voleva parlare molto e la cognata l’avrebbe anche lasciata in pace, se il suo animo ben disposto con tutti non l’avrebbe messa in pensiero per lei.
        “Vi fermerete a lungo? Avrò la gioia di ospitarvi di molto?”
        “Oh, no. Non penso più di un paio di giorni. Andiamo a Nord, a trovare i miei genitori. Ci uniamo a Louisa e a suo marito. Si scusano per non essere potuti venire.”
        “Non c’è nessun problema. Sono certa che i vostri genitori saranno felici di rivedervi.”
        Lei annuì con un sorriso e il fratello le si avvicinò con fare amabile.
        “Portagli i miei saluti, per favore.”
        “Sicuro Charles, ma sei certo di non voler venire con noi? Jane e i miei nipoti sono anche invitati, ovviamente.”
        “No, non credo ne avremo l’opportunità. Jane?”
        “Temo che abbiamo qualche impegno al momento, ma se per quando ci saremo liberati l’invito sarà ancora valido, verremo con grande piacere. I vostri genitori sono persone squisite.”
        “Capisco. Buono a sapersi. Di certo, il dispiacere più grande è mio. Vogliate scusarmi, ma penso che andrò a dormire. Buonanotte.”
        “Buonanotte, Caroline.” la salutò il fratello con un sorriso della moglie.
        “Buonanotte, zia Caroline.” le augurò Alice, seguita da un inchino delle sue tre cugine.
        Le giovani si spostarono di più verso il tavolo da gioco e prima che Bingley potesse riprendere e aiutare suo figlio, fu fermato dalla moglie. Il suo viso era un po’ spento e preoccupato. Gli si avvicinò e gli sussurrò tutti i suoi timori.
        “Sai caro, la vedo un po’…”
        “Dimmi… un po’?”
        “Triste.” concluse la moglie, non trovando un aggettivo migliore.
        “Io penso che sia la stanchezza. Il viaggio da Londra a qui è lungo. Infatti mi sembra strano che non voglia fermarsi un po’ di più!”
        “Non saprei… No, non credo. Non credo sia stanchezza.”
        Bingley la guardò allora con aria più greve e lei sospirò alzando le spalle. Era seriamente preoccupata per i problemi della sua cognata, mentre l’animo gioviale e le attenzioni per i figli di lui non avevano destato il minimo sospetto nei suoi confronti. Bingley, che riponeva nella moglie non solo amore, ma anche la fiducia, le fece allora la promessa che se per il giorno seguente, Caroline non le sarebbe sembrata più allegra, le avrebbe parlato da buon fratello che era. Il ringraziamento di Jane fu sincero e gli stampò un bacio sulla guancia. Con un atteggiamento decisamente più sereno, la signora Bingley convinse le ragazze a cominciare a coricarsi, mentre gli uomini finivano la partita.
        Salite in camera, Jane rivolse i suoi timori ad Elizabeth, che fu più che convinta che qualsiasi cosa affliggesse Lady Hamilton era sicuramente causa del suo matrimonio d’interesse, quindi un rimpianto. Jane bocciò una simile idea, sebbene poteva esser vera, e si augurò che si trattasse uno dei suoi timori infondati. Appoggiando questa soluzione, Elizabeth si ritirò nella sua stanza dove ripensò agli eventi della giornata, al suo Matthew e doveva riflettere sulla strategia migliore per ben disporre nuovamente suo padre a suo figlio, di cui l’appassionato amore fraterno l’aveva in qualche modo spinto alla presunzione di poter placare una situazione che non era in suo potere fare.

         Sul prato, un’altra persona ripensava a questi fatti. Matthew non riusciva a credere di aver perso la stima del padre, di cui aveva sempre avuto il massimo rispetto e affetto, né voleva ripensare alla sfortuna del fratello e si chiese se lui in amore ne avrebbe avuta altrettanta. Pensò di andare a fare una camminata per il vialetto, in modo da scacciare via quei brutti pensieri indegni per lui e ingiusti per il fratello, quando si ritrovò sulla strada una figura, che nell’oscurità notturna non riuscì a definire finché non le si avvicinò.
        “Oh, Matthew!” esclamò la giovane, avvolta nel suo morbido scialle.
        “Alice! Avevo capito che tua madre t’aveva coricata.”
        “Dovevo prendere un po’ d’aria… Anche tu, a quanto vedo.”
        “Ho molti pensieri in testa.” affermò lui con indifferenza.
        La conversazione fu lasciata cadere così e nessuno dei due parlò, Matthew era troppo sovrappensiero e Alice aveva sempre avuto nei confronti del suo silenzio una certa comprensione. Quest’ultima svanì nell’osservare la sua espressione cupa, così gli chiese se la sua mente fosse affollata da brutti pensieri.
        “No. Non sono così brutti come credi, cugina.” mentì.
        Non avrebbe mai concesso alla figlia più sensibile della famiglia Bingley di scoprire i suoi timori. Tentò di cambiare il fronte dell’argomento, spostando l’attenzione su di lei, alludendo che i suoi pensieri sembravano, in qualche modo, più gradevoli.
        “Oh, si nota così tanto?” chiese lei, sobbalzando.
        “No. Con l’oscurità le tue guance non sembrano poi così rosse.” ironizzò Matthew con un sorriso divertito.
        Anche Alice rise di gusto alla battuta e non riuscendo più a trattenersi gli svelò cosa occupava così assiduamente la sua mente. Uno dei loro vicini, Sir Wales, aveva un figlio che era un grande amante della pittura ed era un pittore lui stesso, con cui lei aveva stretto amicizia. Questo l’aveva supplicata di poterla ritrarre in quadro che avrebbe esposto in una galleria di Londra. Matthew rimase sorpreso, perché non si ricordava di aver mai visto quel quadro, nonostante la zia Gardiner lo portasse spesso in giro e la cugina gli spiegò che l’avrebbero esposto il mese prossimo.
        “Non è questa la parte migliore, cugino. Oh, sapessi! Laurie giusto ieri mi ha dichiarato il suo amore!” esclamò con preoccupazione e allo stesso tempo, felicità nella voce.
        Matthew accolse la notizia con uno sguardo di incredulità e timore che la cugina accolse. I sentimenti di lui non erano però quelli che lei credeva. Cercando di ricomporsi, Matthew le chiese cosa gli aveva risposto e lei gli disse che era stato tutto così improvviso che aveva bisogno di riflettere.
        “Hai dato una buona risposta.”
        “Oh, Matthew… Ti assicuro che non so cosa fare!”
        “Devi solo fare chiarezza sui tuoi sentimenti, Alice. Non mi sembra così difficile.” rispose lui con un certo fastidio nella voce.
        “Oh, ma… Io gli voglio bene, ma non so se fino a questo punto! Ti prego Matthew aiutami a capire…”
        “Mi dispiace Alice, ma come ben sai, non sono un esperto in amore. Puoi chiedere a Rosa, a Gwen, a Cecilia, a tua o a mia madre se preferisci, ma ti prego non chiedere a me. Potrei darti un consiglio che potrebbe rivelarsi sbagliato e potresti soffrirne molto.” fu la risposta secca di Matthew, sebbene in un certo senso era sincera.
        Alice rimase sorpresa da quella risposta espressa con grande amarezza, ma dato che lui non aveva intenzione di portare avanti quell’argomento, si zittì da sola. Pensava che a Matthew un uomo della levatura di Laurie Wales non fosse degno di tutta quell’attenzione che lei gli dava, ma la sua vivacità e sincerità avevano conquistato la sua calma e un certo affetto, sebbene non capiva se fosse amore.
        La bella cugina allora ritentò, lanciando uno sguardo di chi aveva bisogno di un po’ di conforto, ma Matthew non glielo concesse, non per l’indisposizione nei confronti di lei, ma per la rabbia che provava per se stesso. Continuava a camminare, fissando in avanti il lungo vialetto e pensò che l’argomento fosse caduto a causa di quel silenzio e un po’ gli dispiaceva perché, sebbene non guardava la cugina, sapeva perfettamente che lei aveva bisogno di un aiuto emotivo da parte di lui. Arrivati a casa, Matthew salutò con freddezza la cugina che ancora pensierosa, salì in camera sua senza badargli molto, mentre lui si diresse verso il salotto.
        Era buio, non vi era accesa una sola candela, segno della più totale solitudine che Matthew cercava. Si lasciò cadere sul divano, affranto dalle sue ultime scoperte e da tutti le sue preoccupazioni, che avrebbe voluto piangere, ma si ripromise che mai avrebbe versato una lacrima per cose simili.
        “Ecco. Adesso la mia infelicità si può dire completa.”



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