RESISTANCE

di Lilies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I: L'inizio della fine ***
Capitolo 2: *** II: Nuovi nemici ***
Capitolo 3: *** III: Fraintendimenti ***
Capitolo 4: *** IV: Sguardi di fuoco (parte I) ***
Capitolo 5: *** V: Sguardi di fuoco (parte II) ***
Capitolo 6: *** VI: La situazione precipita ***
Capitolo 7: *** VII: Agguato ***
Capitolo 8: *** VIII: Quando le parole non bastano ***
Capitolo 9: *** IX: Di angusti sgabuzzini, licantropi impazziti e cuori spezzati ***
Capitolo 10: *** X: Complicazioni ***
Capitolo 11: *** Un ritorno col botto ***
Capitolo 12: *** Incomprensioni ed altri disastri ***
Capitolo 13: *** Il mostro dagli occhi verdi ***
Capitolo 14: *** L'Ordine della Fenice ***
Capitolo 15: *** Questione di nervi ***
Capitolo 16: *** Proposte improponibili aka: quando non sai più cosa fare ***
Capitolo 17: *** Mutamenti ***
Capitolo 18: *** XVIII: Morire dentro ***
Capitolo 19: *** XIX: Cosa aspettarsi dall'inaspettato ***
Capitolo 20: *** XX: La realtà dei fatti ***
Capitolo 21: *** XXI: Quando accade l'impensabile ***



Capitolo 1
*** I: L'inizio della fine ***


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I

L'inizio della fine




(James)

«Ehi, Potter! Posso parlarti?»
Sentii una voce, la sua voce, chiamarmi. Lily Evans era scomodamente appoggiata allo stipite della porta scorrevole, le braccia conserte e l'aria contrita, come se parlare con me le provocasse un'indicibile sofferenza. Il che, visto l'amabile rapporto che scorreva tra noi due, era abbastanza comprensibile.
Momento, momento, momento, pensai una volta che ebbi effettivamente riconosciuto la proprietaria di quella voce melodiosa che aveva da poco preso a infestarmi i sogni. I miei neuroni interruppero il loro quotidiano affaticarsi a complimentarsi tra di loro per aver avuto la fortuna di alloggiare in un cervello come quello del sottoscritto. Mi ritrovai a pensare che il pianeta dovesse avere cominciato a girare al contrario e Albus Silente avesse deciso di dare un taglio al passato, per darsi finalmente alla bella vita. Sesso, donne e Sorelle Stravagarie. Ma no, non poteva essere così. Persino a me, al grande James Potter, queste opzioni suonarono irragionevolmente assurde.
Ma allora, nel nome dei più provocanti slip di Merlino, perché diavolo Evans mi aveva rivolto la parola di propria sponte e senza l'ombra di un qualche malefico insulto da schiaffarmi in faccia nella voce? Solo una cosa mi venne in mente, ma preferii allontanare quel pensiero con una veloce scrollata di spalle.
Persino Sirius, che fino ad un momento prima se ne stava comodamente stravaccato sul sedile dirimpetto al mio sfogliando uno dei suoi bizzarri giornali sulle
rotociclette, aveva alzato gli occhi su Evans, sorpreso. Lei si era intanto avvicinata di qualche passo, i lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle e la divisa già perfettamente indossata. I suoi occhi verdi erano ridotti a sottili ed impenetrabili fessure. Una luccicante spilla era appuntata sul suo petto. Ed ebbi la definitiva conferma dei miei timori.


(Lily)

Si era immobilizzato nell'esatto momento in cui l'avevo chiamato; la bocca assurdamente spalancata e un'espressione totalmente idiota impressa in faccia, mi fece venire un'improvvisa ed impellente voglia di mandarlo al diavolo e di ricominciare tranquillamente a detestarlo, come facevo di solito. Ma si trattava di questioni importanti, e dovevo necessariamente mantenere un minimo di contegno. Ne andava della mia salute psichica. Strinsi appena gli occhi e respirai profondamente.
«Spiegami perché», a questo mio sibilo sussultò impercettibilmente, come se già percepisse la mia ira, «Silente ti ha nominato Caposcuola. Per quale stupida, imbecille, balorda ragione.»
Lui, con mio grande disappunto, scoppiò a ridere sguaiatamente.
«Lily, ti posso assicurare che credo almeno quanto te che ci sia stato un errore. Deve sicuramente esserci stato un errore. Avevo già in mente di andare a chiedere spiegazioni alla McGranitt, sai» biascicò tra una risata e l'altra.
Gli scagliai addosso la spilla dorata con violenza, e lui la fissò alquanto schifato. Sul retro, vergate in un elegante corsivo, quelle che chiaramente erano le iniziali del suo nome.
«Potter, mi piacerebbe tantissimo si trattasse di uno stupido sbaglio, ma vedi? Non lo è, no. Ci ho già parlato io, con la professoressa McGranitt. Sei un Caposcuola tanto quanto lo sono io» dissi disgustata, sottolineando le ultime parole.
Le sue pupille, nel frattempo, si erano pericolosamente dilatate, e sulle labbra aleggiava una parvenza di sorriso malizioso.
«
Questo implica che io e te dovremo passare molto tempo assieme, giusto?»


(James)

Lily mi perforò da parte a parte con una delle sue micidiali occhiate assassine, incollandomi al sedile.
«Devo essermi spiegata male» attaccò, irritata.
«Oh. Be'...» farfugliai, impacciato. Dovevo essere delicato... più delicato.
«Ascoltami bene» m'interruppe. «Non voglio avere nessun tipo di problema con te, quest'anno, o me la pagherai cara. Okay? Okay». Evans si stava incazzando. Non era ancora iniziato l'anno ed Evans si stava già incazzando con il sottoscritto.
Bel lavoro, Ramoso. Di questo passo sarà tua sicuramente.
Ricorsi così al piano B. Le rivolsi un sorrisetto ammiccante e mi passai distrattamente una mano tra i capelli già di per sé assurdamente arruffati.
«Da te mi farei torturare volentieri» le dissi con il mio migliore tono seducente e avvicinandomi al suo viso così tanto da riuscire a distinguere ogni sua singola efelide. Lei arrossì ed indietreggiò, Sirius scoppiò a ridere.


(Lily)

Potter s'avvicinò troppo alla mia faccia ed io sentii le guance andare a fuoco. Lo fissai, incredula. Lanciai uno sguardo sgomento a Remus, che ridacchiò. Ancora non capivo come facessero ad essere amici, quei due. Remus era così dolce e gentile e intelligente, mentre Potter... be', era Potter.
«Senti, razza di ameba» cominciai, infuriata. «Inizi col piede sbagliato. Può essere pericoloso, lo sai benissimo». Fulminai con lo sguardo Black, che si stava ancora contorcendo dalle risate; sembrava un cane, quando rideva. «Potrei renderti la vita un inferno, più di quanto tu abbia reso un incubo la mia in questi sei dannatissimi anni» lo minacciai.
«Andiamo, la tua esperienza come Caposcuola con me come compagno sarà semplicemente
indimenticabile» replicò lui ignorandomi completamente, con una luce maniacale nei suoi begli occhi da cerbiatto.

Oh,
per favore,
da quando in qua ritenevo belli gli occhi di quell'idiota patentato?
Era più sicuro per ogni passeggero di quel treno che io fingessi di non aver sentito nulla di ciò che aveva appena blaterato. Girai sui tacchi ed uscii in tutta fretta dallo scompartimento, non senza non aver udito l'urlo animalesco che Potter riuscì ad abbaiarmi: «MI COMPORTERO' BENE SOLO SE USCIRAI CON ME. ESCI CON ME, EVANS
«MAI» strillai di rimando, stringendo i pugni.
Sarebbe stato un lungo, lunghissimo anno.


◊◊◊



Una alquanto collerica Lily Evans spalancò di gran carriera la porta scorrevole della propria cabina fiondandosi con uno scatto fulmineo al suo posto, rannicchiandosi stretta contro il finestrino lustro. Gli sguardi confusi delle quattro studentesse presenti in suddetto scompartimento si inchiodarono sulla sua minuta figura, in febbrile attesa di spiegazioni. La ragazza dai cortissimi capelli biondo cenere, vivaci occhi color cioccolato ed un allegro faccino tondo, Alice Prewett, si avvicinò a Lily titubante.
«Che succede, Lils?» le sussurrò nervosamente, fissandola nei grandi occhi verdi.
«La nostra diligente Caposcuola avrà per sbaglio dimenticato la sua penna preferita a casa, povera cara» esalò fingendosi dispiaciuta la biondissima quanto sfacciata Marlene McKinnon, suscitando le risate scampanellanti di Mary MacDonald, che fino a poco prima giocava indisturbata a Scacchi Magici con la pacata Emmeline Vance. Quest'ultima guardò le due amiche con severità, scoccando loro uno sguardo di ammonimento. Poi decise di rivolgersi finalmente a Lily, la quale era ancora immusonita: «Hai chiesto spiegazioni a James Potter?»
Al solo sentirlo nominare, Lily scoppiò in una risata isterica che fece sobbalzare Alice dallo spavento. Marlene, che si stava ritoccando il trucco, s'infilò un dito nell'occhio cacciando un urlo spaventoso.
«Non nominare mai più il nome di quell'essere!» strillò Lily coprendo le grida dell'amica ed afferrandosi la testa tra le mani. Le altre si guardarono nervosamente ed Emmeline annuì, soddisfatta di aver centrato il segno.
«Non so perché cavolo Silente l'abbia nominato Caposcuola!» incalzò invece Alice, storcendo il naso. «Insomma, James è un tale incosciente.»
«Prewett, tu adori Potter. Non fingere il contrario solo per far piacere a Lily» s'intromise Marlene, indignata.
«Cece però ha ragione» aggiunse Mary, sovrappensiero. «Andiamo, Jamie un Caposcuola? Il vecchio Al deve essersi rincitrullito.»
Marlene rise forte e, dopo aver sfoderato un preoccupante sorrisetto malizioso, sibilò: «Torniamo serie, ragazze. È lampante che la nostra dolce Lily ci stia nascondendo qualcosa. Sappiamo benissimo che hai un debole per lui, tesoro.»
Ora, dovete sapere che Marlene McKinnon amava cacciarsi nei guai. Non appena ebbe finito di pronunciare la sopracitata frase, come da copione, un'incontenibile furia rossa le si riversò contro, producendo una certa confusione all'interno della stanzetta.


◊◊◊


Da quando l'implacabile tornado che tutti si ostinavano a chiamare semplicemente “Lily era uscito dallo scompartimento dei Malandrini urlando ogni sorta di ingiuria contro il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, quest'ultimo aveva assunto un'aria talmente contrariata da assomigliare terribilmente alla professoressa di Trasfigurazione, l'algida Minerva McGranitt, che fece rotolare dal ridere quelli che avrebbero dovuto essere i suoi migliori amici. Il primo che ebbe la decenza di smettere di prendere per i fondelli James fu ovviamente il giudizioso Remus Lupin, il quale rivolse un'occhiata di compassione all'abbattuto ragazzo.
«James, credo sia giunta l'ora che tu cresca, o Lily non la smetterà mai di trattarti male» gli disse, ragionevole.
«Lupin» - la situazione era grave, se Potter arrivava a chiamare i propri migliori amici per cognome - «perché tu la puoi chiamare tranquillamente col suo stramaledetto nome di battesimo senza rischiare di venire violentemente affatturato?» sibilò tra i denti.
«Perché Lunastorta è un perfetto gentiluomo e tu un viscido coglione, Ramoso» ghignò sfacciatamente Sirius con il suo solito tatto, socchiudendo i penetranti occhi grigi. «Andiamo, puoi avere tutte le donne del mondo e tu vai ad intestardirti con quell'insopportabile
enciclopedia di Evans
«Ha ragione Felpato, James» farfugliò Peter, annuendo come un cagnolino ammaestrato. James, invece, continuò a fissare il punto in cui Lily era sparita, senza dire mezza parola.
«Il fatto è», esplose all'improvviso, ridestandosi da quello stato di immobilità e impossessandosi dell'attenzione dei compagni, «che fino all'anno scorso per me Lily era solo un gioco». James chiuse gli occhi, come a concentrarsi. «Non sono sicuro che sia ancora così» aggiunse infine, arrossendo leggermente.
«Ti stai innamorando, fratello?» strillò Sirius schifato facendo la pessima imitazione di una voce femminile. «Complimenti, deficiente!» disse poi, ridendosela di gusto.
«Idiota» mormorò Remus sottovoce.
«Black, sei un imbecille fatto e finito» brontolò in quel momento Frank Paciock, comparso dal nulla all'interno dello scompartimento.
«Piano con le offese, Paciock» soffiò tra i denti l'ex rampollo di casa Black. «Non vorrai che riveli al mondo quello che fate tu e la piccola Prewett in dormitorio quando pensate che io non ci sia...»
Le orecchie di Frank diventarono improvvisamente scarlatte; il giovane Grifondoro si sedette quindi al suo posto senza profferire parola per il resto del viaggio.
«Ragazzi!» tuonò James. «Io mi sto lamentando di quanto faccia schifo la mia vita e voi vi sfottete allegramente, ignorando le mie pene. Vi odio!»
I quattro ragazzi lo fissarono esterrefatti. Una manciata di secondi dopo, un potente boato proruppe dalle loro bocche facendo tremolare la piccola lampada che pendeva dal soffitto. Li aspettava sul serio un lungo – ed alquanto movimentato – anno scolastico.




(Marlene)

Avevo sempre pensato che Lily fosse da rinchiudere assolutamente ad Azkaban, la temibile prigione magica pullulante di putridi Dissennatori. Seriamente, gente. Subito dopo la mia uscita sul suo presunto amore per James, in treno, mi aveva spedito addosso qualcosa come quattro Schiantesimi; le gambe mi cedevano ad ogni passo e, come se non bastasse, quell'arpia che mi ritrovavo per migliore amica continuava a lanciarmi indispettite occhiate omicide, neanche avessi compiuto qualche delitto capitale.
«Lily, non puoi continuare a fare finta che quello che ho det—»
«Buongiorno a voi, fattucchiere del mio cuore. Quanto tempo che non ci si vede» pigolò Sirius Black spuntando da chissà dove, interrompendomi e fregandosi bellamente delle regole della buona educazione. Ci afferrò una a una facendoci fare una piroetta e schiaffandoci un rumoroso bacio sulla guancia.
«Sì Black, ci sei mancato terribilmente» ribattei, sarcastica.
«McKinnon, ma perché non te ne vai al diavolo?» sbottò Black punto nell'orgoglio, ma con uno strano sorrisetto malizioso. Feci per insultarlo, ma in quell'istante James sbucò alle spalle di Lily, abbracciandola da dietro. Aveva voglia di fare una brutta fine, quell'idiota di mio cugino...


(Lily)

Stavo tranquillamente uccidendo Lène con il mio migliore sguardo assassino che di solito riservavo a Potter quando sentii qualcosa, o meglio qualcuno, circondarmi la vita con le braccia.
Ah-ah.
«Potter» - perché ero sicura fosse lui - «togli le tue sudicie mani dal mio corpo, adesso» strillai con quanto fiato avevo in gola. Vidi Potter ghignare in modo inquietante e rimanere bloccato dov'era, malgrado i miei spintoni. Ero rimasta senza fiato per lo sforzo di cercare di schiodarlo da lì.
«Solo se esci con me» cantilenò al mio orecchio con voce roca.
«Quando l'inferno gelerà e tu sarai una persona intelligente» soffiai tra i denti, arrabbiata.
«Ma io
sono intelligente» disse ridendo e riavviandosi per la centesima volta i capelli. «Ti dice niente quell'Eccezionale in Trasfigurazione ai G.U.F.O.? Ammetti che sono stato molto più bravo di te, quella volta. Insomma, Oltre Ogni Previsione come voto fa schifo, Lily.»
«Io... sono affari
miei» farfugliai nervosamente. «Comunque la mia risposta è sempre no. E per te io sono solo Evans» conclusi decidendo di dirottare il discorso.
Vidi il suo sorriso impertinente incrinarsi e poi lanciare uno sguardo in direzione di Remus, che alzò le spalle.
«Okay, solo Evans», mi scimmiottò, arrabbiato, «hai vinto tu. Ragazzi, andiamo.»
Detto ciò si voltò per entrare in Sala Grande per il banchetto di benvenuto con Remus, gli altri due scapestrati e l'innocente Frank al seguito.
Mi sembrò di aver notato una strana luce fare capolino dai suoi occhi, un attimo prima. Come se fosse
desolato. Decisi che non m'importava, e scrollai le spalle. Mi voltai quindi verso le mie amiche, compiaciuta per la mia impresa; Alice scosse la testa, Marlene e Mary mi guardarono torve ed Emmeline abbassò lo sguardo.


(Remus)

James scostò malamente la panca della tavolata dei Grifondoro e vi si lasciò cadere con un tonfo, si afferrò la testa tra le mani e rimase così, immobile. Noi quattro gli sedemmo attorno, silenziosi. Qualche minuto più tardi vidi le ragazze sedersi almeno tre metri lontano da noi. Alice rivolse un'occhiata triste a Frank, Marlene aveva un'aria decisamente contrariata e Lily gli occhi rossi. Sgranai impercettibilmente i miei, facendo cenno a Sirius, che sembrava essersi già accorto di quel particolare. Mi guardò sorpreso, salvo poi poi scrollare le spalle con noncuranza.
Quel silenzio innaturale ci accompagnò durante tutto lo Smistamento e venne interrotto solo dagli applausi di benvenuto per i nuovi e piccolissimi studenti, a cui James non partecipò. Le varie cibarie comparvero per magia nei nostri piatti e Peter ci si fiondò subito addosso, famelico. Sirius continuò ad agitarsi dalla propria postazione per tutta la durata della prima portata e infine sbottò, scocciato: «Ramoso, lasciala perdere. È una perfettina bigotta del cazzo.»
Io lo guardai, severo. Normalmente lo avrei sgridato, ma quella volta non lo feci. «Lily ha esagerato, questa volta» ammisi perciò a mia volta, amareggiato. Peter continuò a mangiare, non prestandoci la minima attenzione.
«Le ragazze la faranno ragionare» aggiunse gentilmente Frank.
James, che fino a quel momento non aveva dato segni di vita, alzò lo sguardo verso Frankie.
«Fratello, seriamente. Che ti prende?! Ti devo forse ricordare che hai uno stormo composto da almeno un centinaio di ragazze che ti muore dietro? Dov'è finito il nostro motto “una botta e poi mandale a quel paese”? Non ti puoi innamorare!» Al che Sirius imprecò vergognosamente, ma nessuno, a parte Peter che annuì, lo badò. James dirottò improvvisamente lo sguardo verso il cielo stregato, quella sera tempestoso.
«Anche se le altre le parleranno, non otterranno un bel niente. È troppo orgogliosa per ammettere di aver esagerato» biascicò piano. «Hai ragione tu, Sirius... sono un idiota, devo smettere di andarle dietro» disse amaramente. Nessuno di noi ribatté, ma Sirius sorrise appagato.
«Che ti succede, Ramoso? Sembri una fottuta dodicenne» esclamò Peter a sorpresa dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, strappando un sorriso a tutti.



◊◊◊



Una ragazza dallo sguardo rigido e gli occhi di un abbagliante verde chiaro varcò con agilità il ritratto della Signora Grassa dopo averle annunciato la nuova parola d'ordine. Una grossa spilla da Caposcuola era ben visibile sulla sua divisa; al suo passaggio, molti Grifondoro scossero allegramente la testa, non sorpresi dalla scelta del vecchio Preside.
Emmeline aveva preferito fermarsi ancora un po' in Sala Grande con le sue amiche ed il suo nuovo ragazzo di Corvonero, Mary e Marlene erano chissà dove con chissà chi ed Alice aveva appuntamento con Frank; Remus non si vedeva da nessuna parte. Black era, al solito, avvinghiato alla bionda di turno in una delle soffici poltrone della Sala Comune; Minus, tanto per cambiare, s'ingozzava di ogni possibile prelibatezza comprata dalla gentile signora del carrello sull'Espresso.
Lily stava per imboccare le scale a chiocciola che portavano ai dormitori femminili quando passò accanto a James Potter, che stava allegramente scherzando con alcune ragazze del sesto anno stravaccato sul grande divano di velluto cremisi, esibendo il suo Boccino come se fosse un trofeo e con un enorme sorriso ampolloso stampato in faccia. Al suo passaggio lui non si voltò, ma continuò a parlare con quelle ochette non degnandola di un solo sguardo. Non vi era traccia della tristezza che alla ragazza era parso di scorgere nei suoi occhi appena un paio d'ore prima. Lily sbuffò e corse via velocemente.
James, avendola sentita muoversi alle sue spalle, si voltò verso il punto da cui era appena sparita, e non impedì ad un impertinente sorriso di farsi strada sul suo volto.


◊◊◊


«Per le mutande di Merlino, ragazzi», esordì un alquanto scompigliato James Potter una volta entrato in scivolata dalla spessa porta di legno del suo dormitorio. «Era troppo tempo che non mi davo così da fare, se capite cosa intendo.»
Una risata somigliante ad un latrato si levò dal letto a baldacchino più a destra rispetto all'ingresso, sopra al quale Sirius era bellamente sdraiato. In quella parte di stanza già pareva fossero esplosi contemporaneamente sette pacchetti di Caccabombe, nonostante i Malandrini fossero a Hogwarts da sole cinque ore.
«Vecchio marpione, sei tornato in te!» esclamò soddisfatto, atterrando con un salto ben congegnato addosso al fratello.
«Avevi ragione, mia piccola puffola pigmea» miagolò James arricciando le labbra come se stesse per baciarlo. «Non sono fatto per avere una ragazza fissa. Seriamente, credo sia terribile. Senza offesa, Frank, Cece è adorabile» si corresse ridacchiando James.
Frank gli rivolse un'occhiataccia indignata e gli puntò la bacchetta contro, con fare minaccioso. L'altro cominciò lentamente ad indietreggiare, poi sbatté contro il letto, perse l'equilibrio e cadde dall'altro lato con un tonfo. Le doghe del baldacchino di Codaliscia cigolarono in modo sinistro.
Fu allora che Sirius guardò Peter che guardò Frank che guardò Remus che alzò gli occhi al cielo. Sirius ammiccò in direzione del Prefetto tentennante che, borbottando rimproveri, si mise comunque in posizione.
«Sapete, devo aver esagerato con il Whisky Incendiario, questa sera. Non mi reggo in piedi...» brontolò James riemerso da terra con un grosso bernoccolo in fronte e gli occhiali di traverso. «...devo riabituarmi a certe cos—»
«ATTACCO!» gridarono in contemporanea gli altri quattro fiondandosi veloci come fulmini su Ramoso, che fece appena in tempo ad emettere un misero urletto da primadonna prima di ritrovarsi nuovamente con il sedere a stretto contatto con il duro pavimento di pietra, questa volta però sovrastato da altre quattro persone, di cui una dal peso particolarmente opprimente. Mentre Frank e Sirius erano impegnati in un arduo corpo a corpo con James e Peter rideva senza contegno, Remus stava semplicemente disteso tra lo stomaco di Ramoso e i piedi di Felpato, inerte come una statua. Quando mancò davvero poco che perdesse l'uso di un occhio a causa di un accidentato colpo di gomito di Sirius che lo mancò di un soffio, il Prefetto si scostò indignato da quel groviglio di corpi e si diresse verso la piccola e malandata scrivania, iniziando a leggere indisturbato un vecchio libro.
«Oh mio Dio, sento che sto per morire» esalò teatralmente James dopo qualche minuto, portandosi una mano alla fronte. Peter subito si rialzò, preoccupato. James, liberatosi della gran parte del carico che lo schiacciava, ne approfittò per spingere via con forza Sirius e Frank, che rotolarono sul pavimento e buttarsi di fianco. Con uno scatto repentino si risollevò ed iniziò a saettare in giro per la stanza urlando imprecazioni a casaccio e sparando incantesimi di Ostacolo a destra e a manca. Ovviamente, Sirius si mise ad inseguirlo con un orribile ghigno malefico impresso in faccia: gli altri due non esitarono a copiarlo. Il loro indecente trambusto venne interrotto dall'improvviso schianto provocato da un enorme e scoordinato volatile contro la finestra. Remus gli si avvicinò, curioso, e fece entrare il grasso barbagianni impiastricciato d'acqua: reggeva una busta di carta rossa fiammante e aveva un'ala piegata malamente a causa dell'impatto.
«R-ragazzi, non credo sia una b-buona idea...» balbettò Peter, rosicchiandosi le unghie dal nervosismo.
«James, è per te» disse invece Remus sogghignando maleficamente. Il moro si scompigliò distrattamente i capelli, squadrando quella lettera come se fosse qualcosa in putrefazione.
«Nah, non è vero» replicò, cercando di fingersi impassibile.
«Guarda qui» cantilenò Felpato, una volta avvicinatosi a Lupin. «Barbabietola ha scritto a Pottino!»
«È di Lily?» urlò sbalordito il Cacciatore, correndo verso Remus e strappandogli di mano la lettera. Lacerò con forza la busta e, non appena le sue mani ebbero sfiorato il foglio che conteneva, questo si librò nell'aria, sfuggendo al suo controllo.
Solo un attimo di sorpresa da parte dei Malandrini, poi la lettera si trasfigurò in un'orribile faccione sfigurato e rugoso, che prese a sbraitare con un'irritante voce stridula.
«RAZZA DI BOCCINOFILO DEFICIENTE
James, riconosciuta la voce mostruosamente deformata, spalancò la bocca formando una perfetta O ed ululò, decisamente spaventato, perché l'orribile volto era dotato di un paio di mani munite di affilati artigli che in quel momento stavano tentando di attaccarsi al suo collo.
«SE NON LA SMETTI IMMEDIATAMENTE DI FARE CASINO GIURO CHE POTREI PIOMBARTI IN CAMERA MENTRE DORMI E RIFILARTI INVOLONTARIAMENTE UNA POZIONE CHE TI FACCIA PERDERE QUEGLI IGNOBILI CAPELLI CHE TI RITROVI PIANTATI IN TESTA, O MAGARI UNA CHE TI AMMAZZI DEL TUTTO. PURTROPPO PER ME, TUTTAVIA, ALICE E QUELLA SCELLERATA DI TUA CUGINA MARLENE MI STANNO INCOLLATE COME PIOVRE. SE MI LIBERASSI POTREI NON RISPONDERE PIU' DELLE MIE AZIONI E TI ASSICURO CHE PER TE NON SAREBBE PIACEVOLE. AFFATTO
Finita quella breve ma tremenda arringa, il volto si contorse e prese fuoco, riducendosi in cenere. Le mani che imprigionavano James scomparvero ed il ragazzo cadde a terra, perdendo l'equilibrio.
«Be'», borbottò Sirius dopo essersi ripreso dallo shock, «devo ammettere che la ragazza ha stile.»


◊◊◊


Il barbagianni spelacchiato di proprietà di Mary MacDonald picchiettò leggermente alla finestrella del, completamente fradicio a causa del temporale che ormai infuriava. Le abitanti del dormitorio femminile del settimo anno lo squadrarono con curiosità morbosa, impazienti di conoscere il responso.
«Oh, finalmente! Ecco, tesoro» cinguettò preoccupata Alice a Lily porgendole la lettera, dopo aver invitato la bestiolina ad entrare.
Lily le si avvicinò di soppiatto, sfilò la missiva e salutò gentilmente il gufetto, che chiurlò e riprese il volo verso la Guferia. Letto il contenuto, Lily afferrò repentinamente la bacchetta più vicina, quella di Emmeline, e fece esplodere il tutto con un piccolo botto. Poi, senza dire una parola, si diresse verso il proprio letto e si raggomitolò stretta tra le coperte. Un roboante e soffocato ruggito si levò dal sua baldacchino, poi si sentì il rumore di qualcosa che veniva preso violentemente a pugni. La bocca di Mary si aprì in un cerchio perfetto a causa della sorpresa, Alice ed Emmeline fecero finta di non aver notato nulla e Marlene scosse freneticamente la testa in segno di diniego.

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NdA: Ciao a tutti!
Ebbene sì, ho deciso di buttarmi a capofitto in questa nuova, luuunga avventura: dare la mia versione dei fatti sulla mitica old generation.
Amo incondizionatamente Lily, i Malandrini e tutto ciò che li riguarda, ragion per cui non ho saputo resistere al richiamo di Efp.
Ho letto molte long fiction su di loro (non tutte, accidenti)... e, com'è intuibile, me ne sono ulteriormente innamorata.
Perciò eccomi, sono qui (ahivoi) per restare.
Non ho idea di quanto si protrarrà la storia, potrei decidere di crearne un seguito come anche concluderla alla fine del settimo anno di Lily, James e compagnia bella.
Questa storia l'ho scritta per me, per mettere alla prova la mia abilità come scrittrice, e l'ho scritta per tutti quei fan che (come me) sono un po' disperati e vivono di fan fiction sulla vecchia generazione di Harry Potter, sperando in un libro completamente dedicato a loro.
Bene, ho detto tutto. Spero vi appassioni, e che mi seguiate in molti (aspetta e spera, Lilies .-.)!
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, perciò un commento, anche piccino, non è mai sgradito!
Un bacione grande

Lilies

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Capitolo 2
*** II: Nuovi nemici ***


II

Nuovi nemici





(Sirius)

Quella notte non ero riuscito a dormire granché bene, non capii mai se a causa dello shock subito dallo spaventoso spettacolino che Evans era stata così gentile da offrirci la sera prima con quella maledetta Strillettera o perché avevo riso della faccia sconvolta di James talmente tanto da star male. Stava di fatto che, quel dannato mattino, il mio indubbiamente bellissimo volto risultava irrimediabilmente imbruttito da un paio di esorbitanti occhiaie bluastre. James, all'oscuro dei miei problemi esistenziali, giocherellava distrattamente con i pancakes al miele che aveva sul piatto, mentre Remus ci squadrava ancora in cagnesco, pardon, in lupesco, anch'egli reduce da una nottata assolutamente delirante. Peter aveva il pollice destro fasciato perché aveva perso un'unghia ed era concentrato sulla sua enorme porzione di torta alla melassa, Frank leggeva un noiosissimo libro sulle proprietà dell'Algabranchia. Io stavo fissando un punto pressoché indefinito sopra la spalla di James, che era intento a tagliare minuziosamente le sue frittelle in parti triangolari esattamente uguali tra loro. Aggrottai scetticamente le sopracciglia, squadrando con attenzione tutti i suoi gesti. Era da sempre stata mia personale opinione che la colpa per la coglionaggine che affliggeva James da tempi immemori fosse tutta da attribuire alla sua cara madre Dorea: doveva averlo fatto cadere dal seggiolone quand'era ancora un pupo di pochi mesi, facendogli sbattere la testa molto, molto violentemente e causandogli danni irreversibili. Così, il sottoscritto si trovava con un povero mentecatto per fratello. Ma gli volevo bene lo stesso, devo ammetterlo. Però, diciamocelo, nessuna persona sana di mente si sarebbe messa a ridere in modo così sguaiato dopo che un indefinibile essere l'aveva quasi strozzata e gli aveva urlato imprecazioni per una decina di minuti. Questa suddetta persona avrebbe riso ancora meno se il mittente di cotanta gentilezza era la ragazza per cui il malcapitato aveva una palese cotta ormai da anni, dannazione. Ma, dopotutto, si trattava di James, e lui non era da considerarsi propriamente normale.
«Io me ne vado a lezione, prima che a qualcuno di voi venga in mente un'altra brillante idea per farci togliere punti, o peggio
espellere1, da Lily» mugugnò all'improvviso Remus.
«Vai pure... lecchino» lo presi in giro, facendogli una linguaccia. Lui mi guardò male e, dopo avermi rivolto un gestaccio molto poco alla Remus John Lupin girò sui tacchi e si allontanò di gran carriera. Frank soffiò come un gatto e, dopo essersi a sua volta alzato dalla panca, si diresse verso Alice Prewett, seduta accanto alla McKinnon qualche metro più a destra rispetto a noi. Voltai lo sguardo verso le ragazze e per sbaglio incrociai quello di Mary, che arrossì di botto e si mise a fissare il proprio piatto. Evans mi lanciò un'occhiata disgustata che con molto tatto decisi di ignorare.
«Ehi, Mac! Ti va se andiamo a farci un giretto, dopo le lezioni?» urlai ridendo a Mary. Lei spalancò gli occhi stralunata, ma non rispose.
Lo so, so che era a causa della celestiale visione del mio corpo perfetto se la più grande chiacchierona che il mondo magico avesse mai conosciuto era ammutolita ed aveva perduto l'uso della voce. Ma ehi, sono o non sono il giovane rampollo dei Black? Sono il più bello, ammaliante, seducente, indubbiamente intelligente ed estremamente simpatico Black che quei quattro sfigati che mi ritrovavo per amici avevano l'onore di conoscere.



(Lily)

Non era scientificamente possibile che al mondo esistesse persona più irritante di James Potter. Ero ormai giunta al punto di sognarmi di notte la sua faccia idiota con tanto di occhiali, capelli indomabili e Boccino svolazzante, Merlino santissimo!
Ringhiai alquanto sonoramente, prendendomela con il porridge che stavo mangiucchiando e schizzandolo un po' dappertutto: ormai lo facevo così spesso da non rendermi nemmeno conto di quanto poco femminile apparissi agli occhi della gente.
«Tu sei pazza, sai» disse Marlene, seduta di fronte a me intenta a mettersi lo smalto sulle unghie – non l'avevo ancora perdonata per la sua stupida uscita sul fatto che io avessi una cotta per Potter. «Ieri in treno a momenti mi causi la perdita di entrambi gli arti inferiori, poi produci disastrose esplosioni troppo vicino ai miei vestiti in uno scatto d'ira. Datti una calmata, per Godric» concluse con un'espressione sconcertata e la voce assurdamente stridula.
«Senti da che pulpito!» ridacchiò sommessamente Mel. «Ti ho vista ridere e scherzare con due ragazzi diversi nel giro della stessa sera, Lène. Non ti sembra di esagerare?»
«Solo perché hai trovato il ragazzo», s'intromise Mary, piccata, «non significa che chi conduce una vita sentimentale più varia della tua sia da considerarsi una sgualdrina» finì con fare diplomatico, attorcigliandosi un lungo ricciolo castano tra le dita.
Io sbuffai sonoramente, decisa a non dare ascolto a quelle inutili chiacchiere...

anche se, devo ammetterlo, morivo dalla voglia di fare una volta tanto la ragazza normale.
In quel momento si avvicinò Frank, che sussurrò qualcosa ad Alice. Lei arrossì ed agitò la testa in segno di assenso, tutta contenta. Frank se ne andò ed Alice sospirò profondamente, con un'aria decisamente beota impressa in faccia.
«Ma state insieme o no, tu e quel benedetto ragazzo?» esclamò d'un tratto Lène, delicata come suo solito.
«Ma i cavoli tuoi, Marlene? Smetti di tormentare Alice» la riprese Emmeline, lanciandole un pezzo di croissant. Era incredibile come quelle ragazze riuscissero sempre a distogliermi dai miei pensieri.
«Cece, voglio sapere ogni dettaglio» canticchiai tutta contenta, sfoderando la mia migliore espressione da cucciolo bastonato e sottolineando con cura le ultime parole.
«Lily, tu sai già tutto» borbottò Alice con voce lamentosa, senza riuscire a nascondere l'imbarazzo.
«Vorrei poter continuare queste deliziose e producenti chiacchiere, ma è ora di andare a lezione» ci informò Emmeline, iniziando a raccattare i libri sparsi sul tavolo.
«Cosa abbiamo, questa mattina?» domandò perplessa Mary, sbadigliando.
«Due ore con Rüf, Difesa e poi il vecchio Luma...» elencò Alice, facendo finta di strozzarsi con il tovagliolo.
«...bel modo di iniziare l'anno» conclusi io per lei.
Ridacchiammo tutte con finta allegria, infine Marlene mugugnò, speranzosa: «Spero ci siano i Malandrini.»
A quelle ultime parole non potei far altro che storcere malamente il naso e ringhiare, di nuovo, sommessamente.


◊◊◊

Un gruppetto di ragazze entrò ridendo nella lugubre stanzetta sotterranea adibita a classe di Pozioni, spintonandosi a vicenda scherzosamente per poi prendere posto nei banchi centrali. Era finalmente giunta l'ultima ora scolastica di quel giorno che, per essere il primo, era stato parecchio stancante.
Il professore di Pozioni, il grasso Horace Lumacorno, altrimenti noto come tricheco ambulante, si era già appostato dietro la cattedra: indossava un completo dorato che metteva ancor più in risalto le sue forme... longilinee.
«Signorina Evans, buongiorno! Le auguro un lieto inizio d'anno scolastico» cantilenò allegramente il professore facendo l'occhiolino alla bella ragazza dai capelli rossi, che sbalordì e rispose con un timido “grazie”.
«Sempre più in forma, il nostro viscido Lumacone» ridacchiò Alice con fare inquietante. «Lily, non capisco perché tu abbia deciso solo l'anno scorso di smettere di partecipare alle sue disgustose festicciole.»
«Fino al quinto anno era divertente» sussurrò rabbiosamente Lily. «Purtroppo, però, dall'anno scorso è ammessa anche la feccia.»
Il suo sguardo si posò su un piccolo gruppetto di ragazzi intenti a sghignazzare in fondo all'aula: tra di loro figurava un ragazzino scarno dagli untuosi capelli neri e gli occhi scuri solcati da profonde occhiaie. Nel vederlo, Lily rabbrividì, a disagio: le pareva ancora troppo irreale che Sev, questo era il nome del Serpeverde, avesse ufficialmente deciso di unirsi a quel gruppo di balordi convinti che Mezzosangue e Nati Babbani rappresentassero quanto di più spregevole ci fosse sulla Terra.
I ricordi che Lily aveva tentato disperatamente di reprimere in un angolo remoto della sua testa riapparvero con insistenza nella sua mente; una piccola bambina dai lunghi boccoli purpurei giocava con spensieratezza nel piccolo e malandato parco giochi di Spinner's End in compagnia di un ragazzino della sua stessa età che portava vestiti troppo grandi per lui che gli procuravano un'aria assurdamente ridicola. A quell'immagine si sostituì quella della stessa ragazzina appena più alta che indossava una divisa nera ed aveva uno strano e logoro cappello calato sugli occhi. Il Cappello Parlante urlò convinto la sua scelta... il ragazzino scarno e malaticcio di prima abbassò tristemente gli occhi, dirigendosi verso il tavolo verde-argento, dai suoi nuovi compagni di Casa. E poi ancora, Lily, al quinto anno, mentre urlava contro un ragazzo con i capelli disordinati e l'aria da prepotente, cercando di difendere il suo amico appena rialzatosi da terra... Infine, l'eco di alcune parole rimbombò nella mente di Lily: Non mi serve l'aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue. Lily sentì gli occhi bruciare e distolse velocemente lo sguardo da Piton.
In quel momento fecero il loro trionfale ingresso in aula Potter, Black, Minus e Remus; i primi tre ridevano spensieratamente, l'ultimo avanzava con un'aria imbronciata trascinando pesantemente i piedi. Quando il suo sguardo incrociò quello di Lily, il biondino parve come rincuorato dalla sua visione. Lily gli rivolse un gran sorriso a cui lui rispose con altrettanta intensità. Ciò non passò inosservato a James, che digrignò nervosamente i denti. Non riusciva a spiegarsi la causa di quella curiosa sensazione di possesso che lo prendeva quando si trovava in compagnia di Evans e lei non lo calcolava nemmeno di striscio.
«Guardate un po' chi abbiamo qui, gli sfigati traditori del loro sangue e la feccia Mezzosangue, Lupin!» urlò sprezzante un grosso Serpeverde biondo, Dolohov, alzatosi in piedi al loro arrivo. «Non vi hanno detto che qui non è ammessa la vostra razza?» li avvertì, per poi sputare in faccia a Remus. Sirius si bloccò, le vene della tempia pericolosamente pulsanti. James strinse i pugni sforzandosi di non reagire; Peter piagnucolò piano, spaventato.
«Suvvia, Antonin, non dare importanza a questa gentaglia. Verrà il loro momento... soccomberanno» lo rassicurò con voce strisciante Evan Rosier, un ragazzo dagli ispidi capelli neri e lo sguardo di ghiaccio. Una risata di scherno proruppe dal gruppo di Serpeverde, poi una ragazza dalla bellezza disarmante si fece avanti, scostandosi con un soffio distratto una ciocca di capelli corvini dal viso: «Il nostro Padrone non permetterà ancora a lungo che il vostro sangue inquini il mondo dei maghi. La gente come voi», e fissò lo sguardo su Lily e Remus con allarmante gioia, «verrà sterminata» concluse con voce dolce ed una luce di pura pazzia negli occhi.
Sirius tremò con violenza e avvicinò simultaneamente le dita all'orlo della tasca della divisa, dove custodiva la propria bacchetta. Remus si sentì pervadere da un brivido, mentre Lily sostenne con fierezza lo sguardo della ragazza.
«Mia cara Bellatrix, qui gli unici che meritano di cessare di esistere siete voi, massa di imbecilli senza cervello.»
«Ragazzi, basta! Suvvia... R-riponga la bacchetta, signorina Black» ordinò debolmente Lumacorno, cercando di calmare gli animi.
Gli occhi di Bellatrix lampeggiarono ed ignorò completamente l'invito dell'insegnante: sfoderò la bacchetta e si apprestò a lanciare un incantesimo non-verbale. Prima che questo colpisse Lily, James le si tuffò davanti. Una luce giallastra proruppe dalla bacchetta di Bellatrix e passò sotto il braccio del ragazzo: la maledizione non andò a segno per un soffio. James aveva estratto a sua volta la bacchetta ed urlato con tutte le sue forze: «Incarceramus!»
La Black venne circondata da una dozzina di corde che le si strinsero attorno al corpo quasi soffocandola. James la fissava con odio, puntandole ancora la bacchetta contro.
Lily, scioccata, gli intimò di lasciarla andare, salvo poi ammutolire di botto: qualcosa, nello sguardo di James, l'aveva spaventata.
Sirius aveva intanto sferrato un pugno in pieno stomaco a Rosier, ora piegato in due dal dolore. Gli altri Serpeverde si lanciarono simultaneamente contro James e Sirius ed iniziarono a picchiarli. Alcuni studenti gridarono per lo spavento mentre Marlene, Remus e Mary si lanciavano anch'essi nella mischia cercando di dividere i due Grifondoro dalle Serpi, senza successo.
Lily aveva le lacrime agli occhi: aveva appena notato Severus assestare un calcio alle costole di James, a cui era mancato per un attimo il respiro a causa della forza del colpo. Fu in quel momento che il disprezzo crescente che provava per il suo ex-migliore amico proruppe con forza incontenibile dentro di lei. Lily brandì la bacchetta e gridò: «Pietrificus totalus!» Vide il corpo di Severus irrigidirsi e cadere a terra con un tonfo come una statuina di cera. Emmeline corse verso James, ancora rantolante, e lo trascinò fuori dalla mischia.
Lily ed Alice sospirarono di sollievo, poi sentirono un urlo tagliente provenire dall'ingresso dell'aula.
«GIU' LE BACCHETTE, IMMEDIATAMENTE!»
La professoressa McGranitt puntò la bacchetta contro la ressa di ragazzi e lanciò un incantesimo che divise le due fazioni. Nella stanza calò il silenzio più assoluto.
Marlene e Remus esibivano un occhio nero ciascuno, Mary aveva più tagli che sanguinavano copiosamente, James la camicia strappata e vari ematomi violacei sulle braccia e Sirius si reggeva il braccio destro piegato ad una strana angolatura. Alice piangeva istericamente reggendosi ad una Lily dallo sguardo assente, mentre Emmeline si guardava freneticamente attorno, agitata.
Lumacorno ricomparì da sotto la cattedra, balbettando sgomento: «Minerva, i-io ho cercato di d-dividerli... non mi hanno prestato as-ascolto.»
La McGranitt lo squadrò con disprezzo, poi si rivolse nuovamente ai suoi studenti: «Chi ha dato inizio a questa rissa? Vi invito a confessare subito, per evitare inutili problematiche» esclamò severamente, scrutandoli a uno a uno.
I ragazzi si guardarono atterriti, indecisi se dirle la verità e far perdere un numero indicibile di punti alla propria Casa o continuare a mentire scatenando comunque l'ira della professoressa.
«Benissimo» disse la McGranitt, dopo cinque minuti di assoluto silenzio. «Professor Lumacorno, lei si prenda la responsabilità di punire i suoi», e qui squadrò i Serpeverde, «io mi occuperò dei Grifondoro». Assottigliò minacciosamente gli occhi ed aspettò che gli allievi della sua Casa sfilassero davanti a lei per uscire dalla stanza, diretti al suo ufficio.
Durante il tragitto che divideva i nove Grifondoro dall'ufficio dell'insegnante, nessuno parlò. Giunti a destinazione la professoressa constatò che Mary e Sirius erano ormai impossibilitati a sopportare ancora a lungo il dolore; la ragazza era oltretutto impallidita notevolmente. Nonostante le loro proteste li spedì in infermeria, non senza non averli informati del fatto che non dovevano minimamente pensare di aver scampato la punizione.



(James)

Lily non mi aveva più rivolto la parola da quando la McGranitt ci aveva portati via dai sotterranei. Anche in quel momento continuava ad avere uno sguardo assolutamente inespressivo e nessuno dei miei tentativi di attirare la sua attenzione erano valsi a farla spiccicare parola.
«Devo confessare di essere indubbiamente scontenta di ognuno di voi» cominciò la McGranitt, assottigliando il tono di voce. «Vi credevo più maturi, ero convinta che i commenti dei Serpeverde non avrebbero mai potuto scatenare in voi reazioni così violente». Storse il naso pronunciando quella parola. «Mi meraviglio soprattutto di voi, signorine.»
Marlene sbuffò rumorosamente, Vance sembrò farsi minuscola sotto il cipiglio della prof, Lily continuò a non dire niente. Alice invece sbottò, arrabbiata: «Professoressa, hanno dato a Lily e Remus dei mezzosangue. Li hanno minacciati!»
Remus tremò impercettibilmente; Lily sussultò. Mi avvicinai piano a lei e le appoggiai una mano sulla spalla che, stranamente, non scacciò.
«Stia tranquilla, signorina Prewett. Verranno puniti a dovere. A me interessa sapere chi di voi ha per primo risposto, dando inizio a quella baraonda» replicò la McGranitt, iniziando a perdere la pazienza.
«Mi scusi, ma cosa spera di ottenere, venendo a saperlo? Verremo comunque puniti tutti!» disse Marlene arrabbiata. «Non cambierebbe assolutamente niente.»
Gli occhi della McGranitt lampeggiarono, ma non disse nulla. Sentii Lily tremare piano, sotto il mio tocco.
«Sono stata io» sussurrò, sotto lo sguardo sorpreso di tutti.
«Non dire assurdità, Evans! Professoressa, mi creda, lei sta mentendo» mi intromisi subito, allarmato. «Sono st—»
«Taci, Potter» sibilò lei, scrollandosi la mia mano dalla spalla. «Professoressa McGranitt, ho colpito io Bellatrix Black con un Incarceramus, dando inizio al litigio. Mi creda, sono dispiaciuta, ma non ho potuto evitarlo» ammise, con aria fiera.
La McGranitt la squadrò sospettosa, poi sospirò tristemente: «Signorina Evans, sono molto delusa dal suo comportamento. Spero capisca che non posso fare a meno di avvisare il Preside e la sua famiglia di quanto accaduto.»
Lily annuì, rigida.
«Per quanto riguarda voi» proseguì la McGranitt, rivolgendosi al resto del gruppo, «ve la cavate con dieci punti sottratti. Ciascuno.»
Peter tirò rumorosamente su col naso; io e gli altri annuimmo sconsolati. La McGranitt incrociò le braccia e invitò tutti a lasciare il suo ufficio. Lily restò ferma al suo posto, torcendosi nervosamente le mani, lo sguardo corrucciato.



1 frase volutamente ispirata a ciò che Hermione, al primo anno, dice a Harry e Ron dopo aver violato le regole del Preside ed aver trovato il cane a tre teste Fuffi.


NdA: Salve, popolo! Ritorno alla carica con un capitoletto che, non so, non mi convince affatto.
Non sono particolarmente abile nel descrivere scene di lotta, come avrete notato...
Ho già qualche idea su come far evolvere il rapporto James/Lily, quindi spero che questa specie di 'ispirazione' non mi pianti in asso quando ne avrò bisogno.
Piccole precisazioni:
- Severus mi sta sulle scatole, per come ha trattato Lily e per altri mille motivi.
Non capisco perché molti fan di Harry Potter non riescano a perdonare a James il fatto di essere stato un bulletto quando aveva solo 15 anni, e amino così spropositatamente Mocciosus! Lui è diventato Mangiamorte, ha ucciso per conto di Voldemort, agli inizi. James ha deciso di cambiare per l'amore della sua vita, e ha amato Lily fino alla fine. Questione di punti di vista, comunque.
- La 'maledizione giallastra' di Bellatrix me la sono inventata, non penso esista un incantesimo che produca una luce di quel colore.
Non credo ci siano altri chiarimenti da fare. In caso contrario, chiedete pure!
Be', a presto!
Vostra, 

Lilies

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Capitolo 3
*** III: Fraintendimenti ***


III
Fraintendimenti




Il cielo iniziava ad imbrunire ed un leggero venticello soffiava indisturbato, infondendo una sorta di calma interiore in chiunque si fosse scontrato con lui.
A Lily era sempre piaciuto rifugiarsi al ponte sospeso, era uno dei luoghi di Hogwarts che più amava: era perfetto per permettere ai suoi pensieri di vagare senza limiti, la faceva talvolta perdere nei dolci ricordi legati alla sua infanzia.
Da quando la professoressa McGranitt l'aveva messa in punizione, che avrebbe dovuto scontare ogni giovedì sera nel suo ufficio per due mesi, Lily aveva accuratamente cercato di evitare con chiunque la conoscesse l'argomento “rissa nei sotterranei”, inizialmente con scarsi risultati.
La morbosa curiosità delle sue amiche – soprattutto di Marlene, che possedeva l'innata capacità di portare qualcuno allo sfinimento a suon di insistenze – l'aveva stressata per due giorni interi; fu infatti soltanto dopo la sua ennesima sceneggiata che le ragazze avevano ritenuto più prudente lasciar perdere.
L'altra parte del suo piano era però andata a buon fine: in due giorni, non l'aveva mai incontrato in giro per i corridoi, e nemmeno in sala comune. Mai Lily era stata più felice di non sentirsi apostrofare da uno strafottente ragazzo dagli occhi nocciola e i capelli sparati con i più strambi ed irritanti nomignoli a cui seguiva sempre la stessa, esasperante, richiesta:
«Esci con me, Evans?»
Contro ogni logica, quel placido pomeriggio di settembre i pensieri di Lily Evans erano rivolti proprio a quel suo enorme problema chiamato James Potter.



(James)

Fino a pochi minuti prima ero in dolce compagnia: Elizabeth Mollison, sesto anno, Tassorosso. Capelli biondi, curve al posto giusto, occhi azzurri. Non verdi, no.
Stavo risalendo a fatica la collina che collegava la capanna di Hagrid al ponte sospeso. Avevo sempre detestato quel punto di Hogwarts: era così vuoto, e vi si rifugiavano soltanto i lupi solitari della scuola.
"Questo è meglio se non lo dico a Lunastorta", pensai ghignando.
Stavo allegramente fischiettando il motivetto di una sciocchissima canzone babbana quando mi accorsi di una figura appoggiata alla fiancata del viadotto, lo sguardo perso. I suoi capelli, lunghi e nascosti da un cappellino di cotone, erano inconfondibilmente familiari.
«Evans?» chiamai, avvicinandomi piano; lei si voltò di scatto, spaventata. «Ho interrotto qualcosa?»
«Cos no, Potter. Che diavolo ci fai qui?» ribatté prontamente.
«Potrei chiederti la stessa cosa. Anche se, sai, credo di essere ancora libero di andare dove mi pare come lo sei tu».
Lily sbuffò e si voltò per andarsene.
Improvvisamente, mi tornò alla mente la scena di due giorni prima, dopo il casino con le serpi.
«No, fermati» esclamai con convinzione, afferrandole repentinamente la mano destra e costringendola a guardarmi in faccia. Tremai, al contatto con la sua piccola mano calda.
Lei iniziò a divincolarsi.
«Lasciami... Lasciami andare, Potter
«Ascoltami. Ehi, sono serio, devo parlarti» sbottai.
Lei ringhiò, voltandosi in mia direzione: «Che cosa vuoi da me?! Muoviti, ho un impegno».
«Non mi interessa, questo tuo impegno può aspettare. Posso lasciarti o hai intenzione di scappare?» la ammonii. Lei scosse la testa.
Le lasciai cautamente la mano, stando in allerta. Lei si mosse convulsamente improvvisando una fuga, al che io feci un salto di due metri.
«EVANS, FERM»
Mi bloccai a metà frase, constatando che lei si trovava ancora lì, davanti a me. Rise.
«Razza di deficiente...» sussurrò tra una risata e l'altra. «Se ti ho detto che non scapperò, non lo farò, dannazione. Dai, parla» mi incoraggiò.
«Oh... okay. Comunque, riguarda l'altra sera. Non mi hai più parlato, e hai cercato di nasconderti da me, in questi giorni. L'ho capito, non sono scemo. Ma non è questo che mi importa. Il punto è: perché hai mentito, me lo spieghi? Non avevo nessun bisogno della tua protezione, Evans. Sul serio, la prossima volta che vuoi fare l'eroina salvando la situazione, avvisami».
Il suo sorriso si incrinò, fino a scomparire del tutto.
«Scusami, se ti ho voluto difendere. Perdona questa mia mancanza di rispetto, signor Potter» sbottò con forza, visibilmente offesa. «Scusa se una schifosa mezzosangue come me ha offerto il suo aiuto ad un nobile Purosangue del tuo calibro. Razza di idiota, non ti sopporto!»
Alle sue ultime parole spalancai gli occhi, stupefatto. L'immagine sbiadita di un ragazzo smunto che galleggiava in aria appeso per una caviglia fece capolino nella mia mente. Sussultai.
Piton.

Lei tremò impercettibilmente; i suoi bellissimi occhi verdi erano lucidi di lacrime.
«Evans, che diavolo..? Non intendevo dire quello ch»
«VAFFANCULO, EH, POTTER?» strillò, interrompendomi.
Si voltò ed iniziò a correre, allontanandosi velocemente.
«Lily... LILY, ASPETTA
Era sparita.



(Emmeline)

Non ero mai stata una persona ansiosa, ma ammetto che da quando la Gazzetta del Profeta aveva iniziato a diffondere la notizia della venuta di tempi oscuri per il mondo magico e soprattutto per i Nati Babbani ed i Mezzosangue, non c'era giorno in cui anche il minimo ritardo di Lily o Mary non mi facesse pensare che fossero state aggredite da qualche scellerato.
Chiusi con un tonfo il mio libro “Pozioni Avanzate: Volume Sette”, e mi voltai verso le altre.
Alice era alle prese da almeno due ore con il saggio di novanta centimetri che la professoressa Merrythought1 ci aveva assegnato per il giorno seguente; Marlene e Mary si stavano scambiando gli ultimi succulenti pettegolezzi.
Notai indispettita che, come sempre, metà stanza era un completo disastro.
Sospirai rassegnata, mormorando una serie di
Wingardium Leviosa: i vestiti di Mary e Lène iniziarono a levitare in giro per il dormitorio, ripiegandosi e rimettendosi ordinatamente al loro posto.
Nell'esatto momento in cui Mary si alzò dal suo letto per andare al bagno, una scarpa levitante di dubbia provenienza la colpì in fronte, facendole cacciare un urletto di dolore.
Alice e Lène ridacchiarono, poi quest'ultima brontolò, tenendosi la pancia: «Mpf, ragazze... andiamo, io sto morendo di fame!»
«Non essere egoista, Marlene... Lily dovrebbe essere qui a moment»
La porta si spalancò, rivelandoci una Lily agitata e spaurita.
Solo quando alzò il capo e si accorse di noi notammo che il suo viso era bagnato da luccicanti lacrime. Mary le corse subito incontro e la abbracciò.
«Ehi... tesoro, che succede?» mormorò dolcemente. Lily mugugnò qualcosa di indefinito contro la spalla di Mary, la voce soffocata. Lei l'allontanò delicatamente per farla parlare.
«Ero... ero al p-ponte sospeso... sa-sapete che sniff mi p-piace il ponte so-sos-speso... c'era P-potter e... pens-... a J-Jam... sc-sch-schifosa Mezz-z...» singhiozzò, disperata.
Nel frattempo anche Marlene le si era avvicinata.
«James ti ha chiamata Mezzosangue? JAMES POTTERstrillò minacciosamente scrocchiandosi le nocche.
«Marlene, che diavolo ti viene in mente?!» esclamò Alice sbalordita.
Marlene si fiondò fuori dalla porta, presumibilmente diretta nella stanza dei Malandrini.
Stavo per urlarle di fermarsi quando Mary mi sussurrò di lasciarla fare. Ciò non mi tranquillizzò affatto.
Lily si stropicciò affannosamente gli occhi ed incrociò il mio sguardo, apparentemente ignara della bomba che sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro: le rivolsi un sorriso condiscendente, al quale lei rispose con un singhiozzo ancora più forte.
Dopo aver preso qualche respiro profondo, Lily sussurrò: «No... sono una stupida... Potter... me la sono presa ingiustamente c-con lui».
Io e le altre ci guardammo, stranite e al contempo allarmate da ciò che sarebbe potrebbe succedere.
«MARLENE, TORNA QUI!» gridammo all'unisono Mary, Alice ed io.
«Andata» smozzicò Mary un istante più tardi, afflosciandosi poi sul proprio letto.


◊◊◊

James era appena rientrato nel suo dormitorio, negli occhi un bagliore di tristezza.
Sirius, che come al solito stava cazzeggiando con le sue riviste babbane, al vederlo aggrottò le sopracciglia acquisendo una buffa aria da professore che fece ridacchiare Peter e Remus, intenti a studiare Pozioni.
«Un altro dramma?»
La porta della stanza si riaprì di colpo impedendo al bel moro di ribattere, mostrando una Marlene McKinnon parecchio incollerita e coi lunghi capelli biondi arruffati.
«James Potter, che ti passa per quel cervelletto bacato, eh? Ti rode il fegato perché Lily non si vuole concedere a te?» gridò.
Sirius spalancò comicamente la bocca; Marlene afferrò il primo cuscino che le capitò a tiro e iniziò a colpire James con forza, sottolineando ogni parola con una potente cuscinata.
«Razza» un colpo, «di» un altro, «troglodita immaturo
James, che aveva tentato di proteggersi meglio che poteva, strillò istericamente: «Mar-Marlene...» ennesima cuscinata. «Perché mi stai picchiando, maledetto Salazar?!»
Lei si fermò, guardandolo con astio.
«Hai dato a Lily della mezzosangue» sputò la ragazza, disgustata.
Sirius guardò James, che fissava Marlene senza parole.
Felpato si portò una mano alla fronte e disse piano: «Un attimo... che cosa
«Ha dato a Lily della mezzosangue» ripeté la McKinnon. «Non fare quella faccia, Potter» aggiunse notando che James era diventato improvvisamente molto serio.
«Lène. Davvero credi che io possa aver detto una cosa del genere a Evans?» sospirò. «Proprio io?» Le puntò contro uno sguardo stanco ed accusatore.
Marlene notò negli occhi tormentati di James qualcosa che andava molto vicino alla tristezza, quasi agonia, qualcosa che le fece perdere tutta l'irritazione che provava.
«Lei... abbiamo discusso, un'ora fa. Volevo spiegazioni riguardo l'altro giorno a Pozioni» si affrettò a spiegare il ragazzo. «Mi sono comportato da presuntuoso e lei... be', deve aver frainteso le mie parole. Prima che la trovassi e la disturbassi... io... penso che Lily avesse qualcosa che non andasse già da prima del mio arrivo» concluse, risoluto e amareggiato al tempo stesso. «Io non ho fatto altro che peggiorare la situazione».
Marlene sussultò: effettivamente aveva capito che Lily non stava bene. Non era più quella Lily dolce, serena e con un luminoso sorriso sempre impresso in viso capace di rischiarare la giornata di chiunque. L'aveva notato subito – in treno –, nonostante la sua amica avesse cercato di nascondere la paura che provava, paura che in una Nata Babbana come lei non poteva far altro che aumentare, visti i tempi pericolosi che correvano.
Se poi si aggiungeva l'episodio di due giorni prima con i Serpeverde...
Marlene rabbrividì.
La ragazza non credeva che Lily avesse deciso di mentire alla McGranitt soltanto per cavalleria nei confronti dei compagni, doveva esserci qualcos'altro. Lo sguardo triste che Lily aveva mantenuto in quegli ultimi due giorni con lei e le altre, altro non era che la conferma dei timori della bionda Purosangue.
«James... scusa» sussurrò, avvampando di vergogna. «Sai quanto io possa essere impulsiva, alle volte». Si sfregò la piccola cicatrice vicina al sopracciglio sinistro che si era procurata cinque anni prima, durante l'attacco che aveva procurato la morte di sua madre.
Sentì Sirius sghignazzare.
«Ah, McKinnon... vieni qui, che ti abbraccio» le disse James con un sorrisetto genuino. «Non fa niente».
Marlene si strinse al petto del cugino, lanciando di sottecchi occhiate imbarazzate a Sirius che ancora rideva, o meglio latrava.


◊◊◊

Giunta in Sala Grande dopo un utilissimo incantesimo di Mary che le aveva fatto sparire istantaneamente quelle fastidiose chiazze rosse che le lacrime le avevano lasciato sul viso ed essere stata consolata dalle sue amiche, Lily notò da parte di James una fastidiosa indifferenza: il ragazzo si comportò da idiota come il solito, senza tuttavia mai rivolgerle la parola o punzecchiarla.
Lily fu taciturna per tutta la serata, ridendo debolmente soltanto alle offese che Marlene rivolgeva a Sirius, che le rispondeva a tono sghignazzando come uno scemo.
«Ragazzi!» cinguettò Alice, decisa a dare una botta di allegria alla sua migliore amica. «Ho, anzi abbiamo, un annuncio da fare». Guardò amorevolmente Frank, che le sorrise dolcemente.
«Io e Alice siamo ufficialmente fidanzati!» annunciò lui raggiante.
Dai Malandrini si levarono fischi di ammirazione, mentre le ragazze applaudirono festanti, compresa – finalmente – Lily, che sorrideva gioiosamente ai due piccioncini.
«Felicitazioni, Prewett! E, ehm... condoglianze, Paciock!» esclamò sogghignando Marlene suscitando risate da parte degli altri, un sorrisetto imbarazzato da Frank, una linguaccia imbronciata da Alice e un sonoro brontolio da Sirius, che mugugnò: «Anche le battute mi ruba, adesso...»
Marlene gli tirò uno scappellotto sulla collottola.
Lily smise di ridere, dopo aver notato una strana irrequietezza in Mary, che fissava attentamente i due burloni torcendosi i lunghi riccioli scuri tra le dita.
«Ehi, che c'è?» le chiese, sinceramente in pensiero. Mary si riscosse, guardandosi attorno spaesata.
«Eh? Ah, no... non è niente, Lily. Non è niente» rispose, poco convinta. Si azzittì, cercando di scegliere qualcos'altro da dire, poi cambiò completamente discorso implorando Lily di farle copiare il saggio di Difesa contro le Arti Oscure.

James aveva percepito uno sguardo fisso su di sé per tutta la durata della cena, ma non aveva capito da chi proveniva; quello sguardo lo aveva reso fastidiosamente irrequieto.
James non lo sapeva - non poteva immaginarlo - ma quello sguardo altri non apparteneva che agli scintillanti occhi verdi di Lily.











1 professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure


NdA: Bentrovati, ragazzuoli! Lilies torna - in anticipo, ooh sì - con un capitolo partorito nel giro di 2 orette grazie al contributo della noia domenicale... Cosa ne è uscito? Bah. Rimetto a voi i giudizi.
Marlene qui l'ho resa un po' pazza, perché me la sono proprio vista rincorrere James prendendolo a cuscinate per difendere Lily. La adoro.
Mary, cos'hai piccina? Eheheh.
Poi poi... Alice e Frank li ho messi insieme senza creare disgrazie, almeno loro sono stati risparmiati, ahahah. *Lilies sadica*

 Precisazioni:
- Lène e James – per me – sono cugini, sì u.u
- Rem qui è poco presente, ma lo farò ricomparire molto presto, don't worry.

Bene.
A prestissimo,

Lilies ^^


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Capitolo 4
*** IV: Sguardi di fuoco (parte I) ***


IV
Sguardi di fuoco

(parte prima)




Lily spalancò gli occhi, ridestandosi con disappunto dal sonno agitato che la tormentava ormai da diversi giorni. Sbadigliò sonoramente, sfregandosi i grandi occhi verdi e passandosi maldestramente una mano tra i lunghi capelli ramati in un vano tentativo di metterli in ordine.
I vaghi ricordi del suo sogno –
incubo, si corresse mentalmente la ragazza – che faceva ormai praticamente ogni notte fecero capolino nella sua mente. Lily storse il piccolo naso, infastidita.
La chioma ribelle di un ragazzo dagli occhi color nocciola le si parò davanti in tutta la sua sfrontatezza, facendole tremare le mani: Lily non capì se quei brividi fossero dati dalla profonda avversione tutt'altro che inespressa che provava per il protagonista dei suoi sogni... o erano generati da un altro sentimento.
«Mpf, pure gli incubi, adesso» esclamò sonoramente la rossa incrociando le braccia con un cipiglio minaccioso e scalciando le coperte con violenza.
«AHH! Cossuccedd?» strillò la voce impastata di sonno di una ragazza dai capelli biondi e due grandi occhioni blu contornati da vistose occhiaie violacee, dopo che si fu alzata velocemente dal comodo materasso sul quale dormiva alquanto beatamente fino a pochi secondi prima. Nel letto accanto al suo, una figura completamente avvolta a bozzolo nelle sue coperte rosso-oro rotolò su se stessa, raggiunse l'orlo del giaciglio e cadde rovinosamente a terra con un tonfo. Dalla matassa informe di udì un debole gridolino di spavento, seguito da un ringhio di rabbia.
«Non mi servi come sveglia, McKinnon!» ruggì con veemenza una scompigliatissima Mary una volta riemersa da dietro il baldacchino, massaggiandosi il fondoschiena con aria dolorante.
Lily ridacchiò tra sé e sé, osservando le due amiche prendersi brutalmente a cuscinate come facevano ormai dal primo anno.
Emmeline, dal letto accanto al suo, sospirò un paio di volte e poi, rassegnata, si disse che ormai tanto valeva svegliarsi.
«Sia maledetta quella volta che vi ho conosciute, dannazione!» mugugnò, ancora parecchio insonnolita e senza l'ombra di dolcezza e bonarietà che la contraddistingueva nel tono di voce.
Le due ragazze prese in causa scoppiarono a ridere, divertite, poi Marlene si fiondò in braccio ad Emmeline, che accusò il colpo trattenendo un piccolo gemito soffocato.
Mary, ormai pienamente sveglia, si era intanto avvicinata al letto più vicino alla porticina di legno della stanza, in punta di piedi e con fare malandrino.
I corti ciuffetti biondi dei capelli di Alice erano appena visibili, tanto la ragazza era infagottata tra le calde coperte di flanella. Si udiva chiaramente un sonoro ronzio nell'aria, che fece ghignare Mary spudoratamente.
«La signora Paciock ronfa come un drago, ragazze mie... Non va affatto bene. No, no, no» sussurrò maligna, correndo a raccattare dal suo baule un paio di lunghe piume d'oca con un'aria particolarmente allarmante impressa sul bel viso.
Lily, capite le losche intenzioni dell'amica, la rincorse per tutta la stanza tentando – ovviamente inutilmente – di fermarla.
Mary aveva nuovamente raggiunto il letto di Alice e, dopo essersi liberata delle sue coperte con un silenzioso incantesimo, aveva brandito le piume con aria vittoriosa.
Le mani, la pancia, le gambe, sotto le ascelle, i piedi, il collo: non vi fu scampo per la povera piccola Prewett, che fu costretta a subire un alquanto violento ed ignobile assalto di solletico da quella che avrebbe dovuto essere una delle sue più care amiche.
Alice sussultò violentemente iniziando a ridere a crepapelle tenendosi la pancia.
Fu soltanto quando iniziò a mancarle il respiro e i suoi occhi si riempirono di grossi lacrimoni che Mary fece sparire le armi del reato dietro la schiena, assumendo un'irresistibile aria da cucciolo indifeso.
Prewett la guardò con una sorta di odio represso negli occhi, estraendo la bacchetta velocemente raccattata dal comodino.
«MARY MACDONALD» urlò. «GIURO CHE TI STRAPPO I CAPELLI UNO A UNO E POI NE FACCIO UN NUOVO MANTELLO... E NON STO SCHERZANDO!»
Mary rise, assolutamente non spaventata dalla minaccia di Alice, e l'abbracciò di slancio. Alice si divincolò per dieci minuti buoni, ma poi si arrese inesorabilmente al grande affetto che provava per quella sgualdrinella di Mary, e ricambiò la stretta.
«Forza, oggi abbiamo Trasfigurazione alla prima ora!» disse dolcemente Lily, guardando allarmata il grosso orologio rosa shocking che Marlene aveva appeso sopra la porta del bagno al terzo anno. «Marlene, esci di lì!» urlò poi alla bionda, che si era rifugiata nella toletta per truccarsi, come suo solito.
Mary si schiaffeggiò teatralmente la fronte, alzandosi dal lettone di Alice ed affrettandosi verso il piccolo bagno ancora in pigiama.
«Lène, dai. So che non vuoi danneggiare la tua reputazione di sciupa uomini ma fuori dai piedi, subito» le intimò stizzita alla McKinnon. «Devo prepararmi!»
Marlene uscì, fulminando la mora con il suo miglior sguardo minaccioso.
«Devi incontrarti con Black?» sbottò, sottolineando il nome del malandrino. Mary arrossì furiosamente, salvo poi far segno di no con la testa, fissandosi la punta dei piedi.
«No, Marlene. E se anche fosse? Non dirmi che ti darebbe fastidio» la prese in giro, ma con poca convinzione. Marlene roteò gli occhi, tornando in bagno.
Lily ed Alice erano rimaste a guardare, silenziose, scambiandosi sguardi preoccupati.
Un minuto dopo la rossa scrollò le spalle, come a voler allontanare le strane premonizioni che aveva avuto.



(Peter)

Un brutto presentimento mi fece sgranare violentemente gli occhi, ponendo con mio grande rammarico la parola fine a quelle dodici dolci ore di sonno che amavo così tanto.
Balzai in piedi, lanciando un'occhiata in giro per il dormitorio decisamente troppo taciturno.
Non potei fare a meno di sorridere, osservando i miei amici ancora assopiti. Erano passati sei anni da quando ero entrato a far parte dei Malandrini, eppure ancora allora alle volte mi sentivo come se fossi il pezzo eccedente della scopa.
James, Sirius e Remus erano tra gli studenti più apprezzati di Hogwarts, mentre io cos'ero, a confronto? L'amichetto grassoccio che annuiva ad ogni loro richiesta, ecco cosa.
Eppure, non riuscivo ancora a descrivere tutta l'ammirazione che provavo nei loro confronti, erano i miei modelli di vita. Avrei dato un braccio per loro, non li avrei mai traditi.
Remus era ancora rannicchiato tra le sue coperte e se la dormiva della grossa, respirando piano. James, come sempre, ronfava a braccia e gambe spalancate, completamente scoperto e con gli occhiali storti sul naso, la stanghetta destra piegata malamente. Frank russava forte, un rivolino di bava gli colava dalla bocca spalancata. Sirius aveva i piedi poggiati sul cuscino.

Alt.


Mi avvicinai cautamente al letto di Felpato, temendo che si svegliasse all'improvviso preso da uno dei suoi soliti sogni coloriti (Felpato, non il letto!): Sirius se ne stava spaparanzato con il sedere per aria e la faccia premuta contro la parte del letto opposta al cuscino. Aggrottai le sopracciglia, perplesso.
«Felpato?» sussurrai, piano.
«Mppffhghh» mugugnò.
«Sir. Svegliati, dai» lo incoraggiai ancora, paziente.
«Lassssh... mpff» fece lui, schiaffandomi maldestramente una manata sul viso.
Socchiusi gli occhi, ormai infastidito.
Peter Minus di regola non era così intraprendente, o almeno non con Sirius Black, ma anche la pazienza di un topo aveva il suo limite. Avevo vissuto con lui e James come compagni di avventure per troppo tempo... anch'io ero un Malandrino, dopotutto.
«L-levicorpus» sussurrai goffamente.
Il mio maldestro incantesimo andò più o meno a segno: nel giro di due secondi Felpato si ritrovò fluttuante nell'aria, appeso per le mutande.
«Ahhh! NONSONOSTATOIO, PRESIDE!» strillò Felpato con voce acuta, sbarrando gli occhi e dimenandosi come un forsennato senza ottenere alcun risultato.
Il suo grido mischiato alle mie risate svegliò di soprassalto un corrucciato Frank, che si rigirò nel letto fino a darci le spalle.
Con un pigro svolazzo della bacchetta interruppi l'incanto, lasciando ricadere Black morbidamente a terra. Rialzatosi da terra, mi lanciò un'occhiata assassina facilmente paragonabile a quella di sua cugina Bellatrix che mi fece accapponare la pelle.
Lanciai una rapida occhiata al grosso orologio da parete con le lancette a forma di corna di cervo – opera del solito egocentrismo targato James Potter: mancavano esattamente nove minuti alla prima lezione di quel mattino, con la McGranitt!
Inorridito, cominciai a gridare imprecazioni saltellando da un letto all'altro nel tentativo di far tornare dal mondo dei sogni i miei compagni di stanza, quel mattino poco decisi a collaborare.
Nel frattempo, Felpato sembrava aver abbandonato la prospettiva di vendicarsi per il mio scherzo perché aveva iniziato – molto diligentemente – ad infilarsi la divisa. A rovescio, ma poco importava.
Improvvisamente sentii un'inquietante voce alle mie spalle sussurrarmi:
«Topaccio dei miei stivali, questa volta ti sei superato. Bravo, braaaavo ragazzo». Sirius rise e mi scompigliò i capelli, poi tornò ai suoi affari.
«Grazie, Felpato» dissi, arrossendo.
Finalmente Lunastorta aveva schiuso un occhio, turbato da tutto quel baccano. Frank si stava stiracchiando. Ridacchiai, notando che erano entrambi ancora terribilmente intorpiditi dal sonno.
Da Ramoso, nessun incoraggiante segno di vita.
Vidi Sir prendere la rincorsa e, dopo uno scatto degno di una Nimbus 1000, tuffarsi a pesce sopra James, che gemette in tono alquanto addolorato. Dopo una breve lotta in cui Felpato sembrava avere la meglio, Ramoso riuscì a scaraventarlo – di nuovo – a terra, per poi rialzarsi a fatica dal proprio letto.
«Rompiboccini di un Black» borbottò.
Sirius lo guardò con aria di sfida, un sorrisetto insolente gli si fece largo sul volto.
Frank imprecò quasi urlando; ci voltammo tutti verso di lui, chi perplesso, chi divertito.
«Trasfigurazione inizia ora!» sbraitò con gli occhi fuori dalle orbite.
«Io lo sapevo...»
«E allora perché diamine non hai detto niente, Peter?» esclamò istericamente Remus, perdendo tutto il suo autocontrollo e iniziando a recuperare con un diavolo per capello libri e bacchetta dal suo grosso baule di cuoio ammaccato.
James rispuntò dall'armadio inspiegabilmente vestito di tutto punto da capo a piedi, la spilla da Caposcuola ben visibile ed un gran sorrisone ad illuminargli gli occhi.
«Suvvia, ragazzi, calmatevi» il suo sorriso si allargò. «Minnie ci ama».
«No, James. È la McGranitt, non la Sprite. Cazzo. Ci crucerà tutti» lo contraddisse irritato Sirius, guardandolo male. «E, comunque, posso sapere che minchia hai da sorridere, razza di cervide idiota?» ruggì infine mollandogli un pugno sul braccio.
James volteggiò un paio di volte su se stesso fino all'ingresso, massaggiandosi il punto in cui suo fratello l'aveva colpito.
Prima di sparire giù per le scale soffiò, sognante: «Stasera, sarà una grande serata.»



(Remus)

Mannaggia a Merlino, che razza di mattinata orribile, quella.
La mia pazienza – già precaria a causa dell'avvicinarsi della Luna Piena – quel giorno era totalmente andata a farsi benedire. Sirius proprio non riusciva a capire che a volte avrebbe dovuto solo pensare di farla finita, e darsi una calmata. No.
Era totalmente, incondizionatamente scalmanato, e non sarebbe cambiato mai.
Durante le due estenuanti ore di Trasfigurazione di quella mattina aveva accidentalmente ridotto i capelli di Marlene McKinnon ad un'unica matassa informe e rosa. Lei aveva imprecato per una buona mezzora: la situazione era notevolmente precipitata quando lei gli aveva scagliato addosso un violento incantesimo della Pastoia. La professoressa McGranitt se l'era poi – ovviamente – presa brutalmente.
Erano finiti entrambi in punizione con lei per un mese; più tardi, Sirius n'era andato di gran carriera urlandomi ogni sorta di insulto.
La mia colpa? L'avergli dato del bambino.
James non aveva smesso un attimo di ridere, Peter ci aveva fissati intensamente cercando di non ghignare.
«Merlino, che rompibolidi che siete» sbuffò annoiato James, dopo aver notato l'ennesima occhiataccia di Sirius a me rivolta e il mio conseguente ringhio di risposta.
Felpato borbottò qualcosa che sembrava vagamente un insulto, salvo poi continuare a sbafare l'enorme costoletta che aveva sul piatto come se non mangiasse da giorni, seguito a ruota da Peter. Con tutto l'autocontrollo che possedevo, feci finta di non aver udito nulla.
Lily spuntò all'improvviso oltre la spalla di Sirius, con un'espressione rigida in volto, le labbra sottili increspate e le guance leggermente imporporate.
«Ehm-ehm» tossicchiò, attirando la nostra attenzione. James la guardò di sfuggita, restandosene zitto. Lei abbassò gli occhi, ancora più imbarazzata. Sapevo per certo che James e Lily non avevano ancora chiarito la discussione di qualche giorno prima, riuscivo a sentire chiaramente tutta l'insopportabile tensione che li attorniava.
«Buongiorno, Lily» le sorrisi gentilmente. «Come stai?»
Lei mi guardò, sorridendomi di rimando.
Sentii James agitarsi rumorosamente dal proprio posto. Sospirai stancamente.
«Bene, Remus, grazie. Anche se sono piuttosto preoccupata per i capelli di Marlene» borbottò, lanciando una frecciatina a Black, che la guardò subito in cagnesco.
«Sì, posso capirti e capirla» asserii, ragionevole. «L'intelligenza di certi individui qui è certamente sopravvalutata».
«Oh, andate al diavolo!» ruggì Sirius alzandosi e allontanandosi. James sogghignò.
Lily aveva un'espressione talmente buffa che mi fece scappare un risolino concitato che cercai di nascondere infilandomi in bocca un'abbondante forchettata di lasagne.
«Come posso aiutarti, comunque?» le chiesi poi, per niente piccato dalla scenetta messa in atto da Felpato. Lily si riscosse dai propri pensieri, distogliendo velocemente lo sguardo da James.
«Come? Ah, giusto. Sì. Be', dovevo solo avvisare te e... ehm, Potter», James la fissò con curiosità, «che fra un paio d'ore è in programma una riunione tra Caposcuola e Prefetti perché... qualcuno ha avanzato la richiesta per una modifica delle ronde notturne e, insomma... cose così. Si è scombinata tutta la tabella di marcia» spiegò tutto d'un fiato, restando poi in attesa di risposta.
«Ci saremo di sicuro, Evans!» promise James. Io annuii.
«Oh... benissimo, allora» borbottò lei. «A più tardi. Ciao!» concluse, salutando frettolosamente con la mano ed avviandosi dalle sue amiche.
«James, l'hai fatto apposta, vero? Sapevi che avresti potuto saltare la riunione... ti avrei riferito io i nuovi turni» lo ammonii. «So che l'hai fatto per fare un dispetto a Lily».
«Zitto un po', Remus» commentò James a denti stretti, sventolando la mano come a voler scacciare una mosca. «Ho i miei buoni motivi».
«Appunto, è questo che mi preoccupa» sospirai, guadagnandomi così l'ennesima occhiataccia della giornata.



(Mary)

Lily non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che Black aveva già girato i tacchi dopo averle detto chissà cosa e si era allontanato, visibilmente irritato. Mi era passato accanto senza degnare di uno sguardo né me né le altre.
«Che ha Black?» sussurrai piano a Marlene. Lei si irrigidì, poi ridacchiò.
«MacDonald, tu non me la racconti giusta» gemette con fare teatrale chiudendo gli occhi. «Comunque non ne ho la più pallida idea, e non mi interessa» ruggì poi, portandosi di scatto una mano ai capelli color gomma da masticare. Quanto avevo riso, per Morgana!
«Dai, Lène» fece Alice, comprensiva. «Tornerai bionda, prima o poi...»
Marlene sbuffò.
Un ragazzo di Serpeverde le passò accanto, scoppiando a ridere indicando la sua chioma. Lei strinse i pugni.
«Sì, ma intanto sono lo zimbello di Hogwarts, porco Salazar».
«Sono... carini» tentai, con cautela.
Lei mi guardò scettica, come a dire “mi stai prendendo per il culo?”.
Alice rise e poi si voltò verso Frank, che l'aveva raggiunta abbracciandola da dietro, scoccandogli un sonoro bacio sulle labbra. Emmeline li osservò sorridendo ebete di fronte a cotanta dolcezza.
«Maledizione, mi date il voltastomaco!» esclamammo schifate io e Lène.
Ci guardammo sbigottite, poi scoppiammo a ridere fino a farci mancare il respiro costringendoci a sorreggerci l'una all'altra.
Alice ed Emme – più un Frank Paciock alquanto divertito – ci fissarono stralunate, poi scossero il capo.
Lily ci raggiunse un minuto dopo tutta agitata e terribilmente rossa in viso, e ci guardò un momento, perplessa: poi assunse uno sguardo un po' abbacchiato che ci costrinse a chiederle spiegazioni.
«Ecco la nostra Caposcuola! Hai parlato con Jamie e Remus?» esordì Marlene, dandole una pacca sulla schiena.
Lily arrossì ancora di più e si coprì il viso con le mani, sconvolta.
«Lo prendo per un sì» sogghignò allora Lène, tornando al suo porridge.
«Sì, gli ho parlato... cioè, più o meno» affermò allora Lily, dopo averla guardata di sbieco. «Non so come comportarmi, con Potter! Non voglio chiedergli scusa» esclamò Lily, intestardita.
«Uff, povero James» si lamentò Alice. «Non puoi farlo penare così tanto, non se lo merita. È un così bravo ragazzo».
«Mmm, proprio un bravo ragazzo...» soffiò Frank, sarcastico.
«Paciock, tu sì che mi capisci. La tua ragazza è incredibilmente tonta» disse Lily, facendo una faccia buffissima.
«Evans, riconosci le tue colpe, miseriaccia!» l'avvertii io a voce molto alta.
Una ragazzina di Corvonero inchiodò il suo sguardo altezzoso su di me, per poi distoglierlo velocemente dopo una mia occhiata intimidatoria.
«Per l'amor del cielo, MacDonald. Proprio tu parli dell'importanza dell'essere onesti?» rise Emmeline lanciandomi un tocco di pane.
Io incrociai le braccia, mettendo su il broncio.
«Amici ingrati» protestai.
Una rumorosa risata proruppe dal nostro angolino di tavolo, attirando l'attenzione di mezza Sala Grande.
Il Preside ci osservò al di sopra degli occhiali a mezzaluna, con il suo consueto sorriso maledettamente calmo ad illuminargli il vecchio volto. Due minuti dopo ci azzittimmo tutti quanti, decisamente imbarazzati.


◊◊◊

Il caos per i test preparatori ai M.A.G.O. – che erano già cominciati ed avevano suscitato una violenta irritazione nella gran parte della componente diciassettenne della scuola – erano capaci di incattivire notevolmente anche i ragazzi apparentemente meno interessati ai risultati scolastici, tutti tranne uno.
James Potter – ormai era risaputo – sosteneva molto allegramente che un buon voto in Storia della Magia o in Erbologia sarebbe stato assolutamente infruttuoso per la sua ambiziosa ispirazione: diventare un Auror di prima categoria.
Data la sua spropositata popolarità tra gli studenti, questa sua convinzione aveva fatto cambiare stile di vita ad un sacco di Grifondoro, Tassorosso e Corvonero, suoi coetanei e non, ora fermamente decisi a copiare le mosse del famoso Capitano dei grifoni...

James se ne stava comodamente stravaccato su di un morbido divanetto della torre di Grifondoro, e aveva ben altro che qualche noioso esame per la testa: si stava immeritatamente godendo quel sabato pomeriggio in santa pace, pensando – udite, udite – a Lily Evans.
Se ciò fosse accaduto appena l'anno prima, sarebbe stato qualcosa di estremamente eclatante. Ora non si stupiva nemmeno più, la pensava così spesso da essersene abituato.
Sirius si era dileguato già da un paio d'ore, presumibilmente in compagnia di una delle sue tante spasimanti, mentre Peter era in Biblioteca; Remus, che come lui avrebbe avuto la riunione con la McGranitt tra mezzora, era in dormitorio impegnato in un tema particolarmente artificioso di Storia della Magia su una guerra tra maghi e goblin.
James si guardò attorno in cerca di qualcosa da fare, sbadigliando; quel pomeriggio la Sala Comune era curiosamente deserta e vi regnava un innaturale silenzio. Il moro sbuffò, annoiato a morte, diede una rapida occhiata all'orologio a pendolo e decise di rientrare in dormitorio per tentare di domare quella sua impossibile chioma in previsione della riunione.
Stava tranquillamente risalendo le vecchie scale di pietra, quando si scontrò con una zazzera di capelli rossi. Quest'ultima barcollò, fino a cadere per terra.
«Merlino! Scu scusami» esclamò la ragazza, riaggiustandosi la borsa che portava sulla spalle. Cercando di mascherare l'imbarazzo, la giovane provò a rialzarsi da terra. Con poco successo, dato che il moro la sovrastava bloccandole il passaggio.
«Tranquilla, non fa niente» sussurrò James cercando il suo sguardo; lei si stava fissando le punte delle scarpe, rossa quanto i suoi capelli.
Udendo la voce del moro, la ragazza alzò di scatto la testa, sorpresa. James allungò una mano verso di lei, incerto. Lily fissò perplessa quella mano oscillante, poi l'afferrò cercando di issarsi al peso di lui per rialzarsi da quella scomoda posizione.
Una volta in piedi, Lily si trovò a un palmo dal viso di James e si sentì le guance ribollire pericolosamente.
Era ancora scioccata dall'inconsueta gentilezza di Potter.
«Grazie, Potter» sbottò, facendo una fatica immane a pronunciare quelle poche e semplici parole.
Il ragazzo ridacchiò, divertito, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

«Avresti bisogno di una visita da un Ocumago1 » ghignò lui, fissandola negli occhi verdi.
"Eccola, la solita battutina", pensò Lily, irritata.
«Io ci vedo benissimo, grazie» sottolineò, fredda. «Ora devo andare, la McGranitt mi asp Ma che lo dico a fare, a te. A mai più, Potter!» cinguettò gioiosamente avviandosi verso la sala.
«A dopo, Evans» le ricordò invece lui, agitando la mano.
Lei si bloccò, come se volesse tornare indietro e picchiarlo, poi sbuffò e corse oltre il buco del ritratto.
James sorrise tra sé e sé.

Varcata la porta del dormitorio, James si fiondò in braccio ad uno stanchissimo Remus Lupin con assordanti grida di giubilo.
«Muoviti Lunastorta, andiamo!» ululò, strattonandolo per un braccio. «James ha fatto conquiste!»









1 lasciate perdere, è una mia (stupida) invenzione: è l'oculista dei maghi ahah

NdA: Saalve gente! Stavolta arrivo in ritardo. Di un giorno, ma cavolo... il liceo mi prosciuga l'anima.
Vabbè, in questo capitolo non succede assolutamente niente di esaltante, è come un ''capitolo di passaggio''. È un po' lungo, la seconda parte arriverà la prossima volta ;)
Non interesserà a nessuno, ma cacchio: adoro l'ultima parte.
... infine, grazie mille a quelle gentili personcine che mi seguono, grazie davvero.
Se non fosse per voi, non credo continuerei a scrivere.
Bon, ci vediamo al capitolo 5 (ma va?)!
Aspettatevi qualche svolta interessante, sì sì!

Lilies


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Capitolo 5
*** V: Sguardi di fuoco (parte II) ***


NdA: Va bene, ok. Linciatemi. Cruciatemi, avadakedavrizzatemi. Non so, fatemi quello che volete.
UN MESE. Un
fottutissimo mese che non aggiorno!
Le feste non sono state utilizzate come volevo, anche perché il pc mi si era fuso...
Tornata a scuola, SEI compiti in classe, e tre buchi da recuperare ( = disperazione più nera).
Ma basta scuse, ora sono qui e non me ne andrò, purtroppo per voi.
Lily, James e gli altri balordi are back, pronti a combinare qualche disastro.
Qui c'è James Potter, molto James Potter.
Se scrivevo anche della loro ronda, poi diventava una palla interminabile, così ho deciso di posticipare...
C'è qualcosa che non mi convince, comunque. Boh.
SE NON VORRETE PIU' SEGUIRMI, GIURO CHE VI CAPISCO, MI STO AUTO-ODIANDO.
SARO' UN POCHINO (giusto un poco ç___ç) TRISTE, QUELLO E' OVVIO... ACCIDENTI A ME.
Buon Anno Nuovo, comunque <3 e alla prossima (chi ci sarà).

Lilies



V
Sguardi di fuoco

(parte seconda)




Un James Potter dai capelli eccezionalmente ordinati correva a perdifiato lungo il corridoio del terzo piano totalmente incurante del trafelato Prefetto Remus Lupin che lo inseguiva zoppicante, sbuffando rumorosamente di dolore ad ogni falcata: il neo Caposcuola l'aveva letteralmente trascinato oltre il ritratto della signora Grassa facendogli sbattere il fondoschiena a terra e incrinare pericolosamente la caviglia destra.
Ora, a chiunque girerebbero le pluffe a mille nel vedere il proprio pseudo-migliore amico assolutamente fuori di testa e che non dà il minimo segno di volervi stare a sentire.
Lupin, benché fosse un lupo mannaro, un Prefetto e, cosa più preoccupante, un malandrino, rimaneva comunque un ragazzo normale, dotato di sbalzi d'umore di un ragazzo normale e di una pazienza di un qualunque normale ragazzo di diciassette anni.
Il viso del biondino aveva assunto velocemente una sgradevole sfumatura color prugna che lo faceva assomigliare alla grassoccia Pomona Sprite, l'insegnante di Erbologia e capo della Casa di Tassorosso.
«Per le dannate mutande di quell'idiota di Merlino, James...» imprecò molto poco elegantemente il biondo, irritato. «Puoi rallentare?» strillò poi, avendo notato che l'altro non l'aveva degnato di neppure uno sguardo.
James sogghignò piano ma continuò imperterrito la sua spericolata corsa verso l'ufficio della McGranitt, aumentando il ritmo.
Remus serrò gli occhi per calmarsi e cercò di ignorare quell'invitante vocina interiore che gli stava intimando di sorprendere James alle spalle con una maledizione ben piazzata.
Quanto avrebbe voluto darle ascolto...
La mano del prefetto volò alla tasca laterale del logoro mantello nero dove custodiva la bacchetta.
James, che non si era accorto assolutamente di nulla, iniziò a fischiettare allegramente scompigliandosi continuamente gli sparati ciuffi corvini.
«Tarantallegra
Nella frazione di un secondo il Caposcuola, completamente spiazzato, iniziò a piroettare su se stesso danzando un incessante tip tap ed agitando le braccia con la grazia di un Troll ubriaco.
«Lupin... fammi... smettere!» scandì a fatica James, con una pericolosa luce spiritata negli occhi. Remus scoppiò in una tonante risata che attirò l'attenzione degli altri studenti nelle vicinanze, i quali proprio in quel momento si stavano dirigendo nell'ufficio della professoressa McGranitt per la riunione. Erano tutti i prefetti e i caposcuola di Hogwarts, ma in quel momento nessuno di loro si premurò di rimproverare il gesto di Lupin, essendo troppo impegnati a ridere di Potter.
Da un portone di legno a pochi metri dai ragazzi schizzò fuori di gran carriera la McGranitt, attirata da quegli assordanti schiamazzi.
La donna raggiunse a passo di marcia due dei migliori studenti del settimo anno di Grifondoro e fece vagare il suo altero sguardo ora sulla figura del Caposcuola danzante, ora su quella del diligentissimo Remus, che se la rideva assai sguaiatamente. Quest'ultimo si accorse soltanto cinque minuti più tardi della presenza della donna, quando una particolarmente sonora sbuffata di lei gli arrivò alle orecchie, costringendolo a voltarsi.
Il cipiglio della McGranitt si era fatto talmente minaccioso che Remus si sentì congelare il sangue nelle vene; borbottò quindi un appena udibile Finite! in direzione dello sventurato ballerino.
Le gambe di James la fecero
finita con quell'imbarazzante spettacolino, lasciando il loro proprietario ansante, gocciolante di sudore e nel più completo imbarazzo.
Remus distolse velocemente lo sguardo dagli occhi dardeggianti del moro che, ne era sicuro, se avesse potuto l'avrebbe strozzato all'istante.
Alle spalle dell'insegnante comparì una zazzera di voluminosi capelli color rubino: gli occhi smeraldini di Lily Evans erano spalancati dall'incredulità e fissi sulla figura magrolina del lupo mannaro.
«Signor Lupin» cominciò la McGranitt, il cui tono di voce era sorprendentemente divertito, «non avevo mai visto un Tarantallegra scagliato con tanta maestria. Mi complimento anche con lei, signor Potter. Davvero un'ottima performance» concluse l'anziana strega rivolgendosi a James, che si stava vergognando all'inverosimile. «Davvero, davvero splendida» ribadì la donna, cercando di non far caso all'irresistibile risata che premeva per uscire. «Tuttavia», continuò, schiarendosi la voce con un colpetto di tosse, «le regole della nostra scuola mi impediscono di sfruttare le doti artistiche dei miei studenti a mio piacimento. Cinque punti in meno a Grifondoro».
Evan Rosier, Caposcuola di Serpeverde, ghignò spudoratamente dandosi di gomito con i suoi compagni di Casa.
Il colorito del viso di James era pressoché indefinibile; Remus si contorceva le mani istericamente. Lily, apparentemente non vista, sogghignò piano.
La McGranitt rientrò nel suo ufficio senza pronunciare più una parola, subito seguita dalla rossa. Gli altri studenti ancora ridacchianti si affrettarono a copiare le mosse della giovane Grifondoro, azzittendosi all'istante.



(James)

«Cinque punti in meno a Grifondoro» decise infine la McGranitt dopo avermi osservato con una curiosa espressione a metà tra il seccato e il divertito.
Dopo una mia occhiata perplessa lei distolse precipitosamente lo sguardo e varcò nuovamente l'ingresso del suo ufficio seguita a ruota da
Lily, che stava ridacchiando, e dal resto del gruppo.

Oddio.
Lily.

«Aaargh, LUPIN!» sbraitai, afferrando Lunastorta per la collottola e bloccando così il suo vile tentativo di fuga. «Uomo senza boccini! Dove cazzo pensavi di svignartela, eh? Dimmelo
Lui si lasciò sballottare, assolutamente tranquillo.
«Dio, pensavo mi togliesse qualcosa come duecento punti» sussurrò, allietato dall'impeto di magnanimità della vecchia Minerva.
«Taci, codardo! Serpe di uomo. Io ti odio. Non capisci che ho fatto una figura di merd»
«Shhh, James. Shh, va tutto bene» mi azzittì lui, colpendomi con uno schiaffetto.
Gonfiai le guance dalla rabbia e, proprio mentre stavo per ribattere in modo alquanto colorito, lei sbucò dalla porta.
«Non vorrei interrompere nulla di intimo e romantico», ghignò, scostandosi distrattamente una ciocca di capelli dal viso, «ma la professoressa minaccia di sbattervi a pulire le latrine dei sotterranei senza magia, se non vi date una mossa».
Guardai Remus in cagnesco un'ultima volta, poi lo spinsi contro il muro ed oltrepassai Evans, ribollendo di collera.


◊◊◊

Una minuta ragazza infagottata da capo a piedi nel suo mantello blu notte per proteggersi dal fastidioso vento che quel giorno soffiava senza interruzione si stava affrettando a giungere in cima a quell'interminabile rampa di scale, presa dall'ansia.
Un ricciolo sfuggì dalla mollettina a forma di fenice che portava sempre con sé in ricordo della defunta nonna materna, facendola sbuffare infastidita.
Mary aveva appena svoltato l'angolo quando si ritrovò la strada sbarrata da qualcosa, o meglio qualcuno, di particolarmente grosso.
«Ouch! Guarda dove cazzo metti i piedi!» ruggì questi, sbalzato all'indietro a causa dell'urto.
Mary lo riconobbe all'istante: Nicolai Mulciber, il Serpeverde che due anni prima le aveva teso un agguato in un bagno dei sotterranei. Mary era rimasta in coma per un mese e mezzo, a causa sua.
La ragazza si irrigidì, bloccando a metà ciò che stava per ribattere riguardo la buona educazione. Mulciber, avendola a sua volta riconosciuta, la fissò per un attimo interminabile prima di sussurrarle: «Guarda, guarda... la piccola, talentuosa MacDonald!»
Scoppiò in una risata roca e sprezzante, che risvegliò in un attimo l'animo combattivo della mora.
«Testa di cazzo. Sono solo troppo bella per sprecare tempo prezioso con te, altrimenti me l'avresti pagata» sibilò.
«Non ti conviene fare tanto la sbruffona, sai. A nessuno è piaciuto il tiro che c'hai fatto martedì a Pozioni. Rabastan ci è rimasto molto, molto male» l'avvertì lui, sogghignando soddisfatto.
«Quel coglione di Lestrange ha avuto ciò che si meritava. Peccato non aver potuto provvedere io stessa a toglierti dal muso quell'espressione da deficiente che ti ritrovi dalla nascita per gentile concessione di quella vacca di tua madre» ribatté Mary, guardandolo con aria di sfida.
Mulciber sembrò soppesare le sue parole e poi sputò a terra, a pochi centimetri dai piedi della ragazza.
«Stupida puttanella. Non dormirai sonni tranquilli ancora per molto, credimi. Magari non ti sveglierai affatto» detto ciò si voltò ed iniziò a correre verso il castello.
«Bravo Mulciber, complimenti! Non mi attacchi se non sei spalleggiato da altri quattro armadi di Serpeverde, eh? Hai segatura, in quel tuo cervello grande quanto una cacca di Asticello!» gli urlò dietro Mary stringendo convulsamente i pugni.
Rimasta sola, la mora si strofinò velocemente la guancia per asciugare quella fastidiosa lacrima che, sfuggendole, le aveva inumidito le sottili labbra rosee, poi si diresse all'interno della torretta, un brivido di terrore che ancora l'attraversava.



(James)

Al mio ingesso nella fredda stanza decine di risatine proruppero da ogni dove.
I
Serpeverde, in particolare, sembravano trovare ciò che mi era accaduto qualcosa di assolutamente sbellicante. Il viscido Evan Rosier, in testa al gruppetto, rideva più sonoramente di chiunque altro. Passandogli accanto tirai dritto, diretto a metà aula.
Nonostante avessi quasi sfiorato la corsa, ero riuscito a distinguere chiaramente gli unticci capelli di Mocciosus, Prefetto delle serpi, che spiccavano in mezzo a quell'ammasso di fecce puriste in tutta la loro schifosa indecenza.
Lily chiuse il portone di legno con un leggero tonfo, poi si avviò a testa alta al suo posto, l'ombra di un ghigno ancora sulle labbra.
Remus mi guardò di sottecchi, timoroso; io distolsi lo sguardo e lo puntai sull'interessante scucitura del maglione di Mitchell Corner, il Caposcuola di Corvonero seduto davanti a me.
«Bene, ora che finalmente ci siamo tutti», esordì la professoressa, squadrando me e Lupin in malo modo, «la nostra riunione può avere inizio. Signorina Evans, prego».
Lily scattò velocemente in piedi, afferrando la catasta di scartoffie che aveva poco prima poggiato sul banco.
«La ringrazio, professoressa McGranitt. Come ben sapete, c'è stata un disguido nell'assegnazione dei turni per le ronde notturne, così ho dovuto gentilmente chiedere al professor Silente di riformare tutti i turni. Ho qui l'elenco dei nuovi gruppi. Vi anticipo che il vostro compagno di ronda sarà casuale, nessuno è a conoscenza delle coppie. Nemmeno i Caposcuola di una stessa Casa potrebbero capitare assieme, quest'anno».
Lily mi lanciò un'occhiata talmente infuocata che riuscii a sentirmi bruciare nel punto in cui i suoi occhi mi stavano guardando.
Edwin e Kathy McMillan, rispettivamente nuovo Prefetto e Caposcuola di Tassorosso, sorrisero gentilmente a Lily, che ricambiò.
Rosier e Rabastan Lestrange sbadigliarono fragorosamente, non prestandole attenzione e continuando ad importunare Daphne Selwin.
«Oh, James. Ciao» miagolò l'acutissima vocetta di Charlotte Brown, un'insopportabile quanto stupida bionda del sesto anno diventata inspiegabilmente prefetto che mi moriva dietro da quando, dopo una sbronza di Whisky Incendiario un paio d'anni prima alla festa di Natale, l'avevo trascinata sotto il vischio e l'avevo baciata.
In quel momento mi stava fissando con un'allarmante aria maliziosa negli occhi di un banale marrone terriccio, ammiccando con fare seducente.
Che gran porca.
D'allora in avanti avrei fatto più attenzione a cosa avrei bevuto. Senza dubbio.
Lily intercettò le occhiate di Charlotte e la scrutò con un misto di pietà e disgusto negli occhi. Non seppi perché, ma la cosa mi divertì.
«Grazie mille, signorina Evans. Ciò significa che Hogwarts potrebbe essere risparmiata delle sue ronde in compagnia del signor Potter» disse allegramente la McGranitt.
Lily le si avvicinò e le porse la busta sigillata contenente la lista dei nomi.
«Lo spero ardentemente, signora» borbottò.
«Abbia fede, signorina. Cominciamo immediatamente, ragazzi. Edwin McMillan, Amanda Diggory».
Edwin e una ragazza dai grandi occhi castani, sorella del mio vecchio amico Amos e nuovo Prefetto di Tassorosso, si scambiarono un sorrisetto soddisfatto.
«Rabastan Lestrange, Daphne Selwin».
Daphne storse malamente il naso, mentre quel porco di Lestrange sogghignò apertamente.
Rosier aveva un'aria pressoché infuriata.
«Ben ti sta, testa di acromantula» sussurrai tra me e me, rabbioso.
La McGranitt dovette avermi sentito, perché si schiarì sonoramente la voce dopo avermi guardato con aria torva.
«Remus Lupin, Charlotte Brown».
La Brown sgranò gli occhi e strinse i pugni fino a rendere le nocche bianche dallo sforzo; Remus aveva un'espressione alquanto allibita.
Lily gli lanciò un sorrisino comprensivo.
Che diavolo, perché gli sorrideva in continuazione? Era la trentatreesima volta che lo faceva, da quando era iniziato l'anno.
Sospirai di sollievo, allietato dal fatto che non sarei stato costretto a subirmi le angherie di quell'insopportabile zocc
«Ed infine» esordì la McGranitt con voce tremolante, dopo aver elencato il resto delle coppie, «James Potter e Lilian Evans. Per la barba di Merlino, questa è sfortuna!» lo strillo finale della professoressa mi fece sobbalzare.
Lily, che fino a poco prima attendeva trepidante che venisse fatto il suo nome, spalancò poco graziosamente bocca e occhi. Nella stanza calò il silenzio ed alcuni studenti si guardarono tra loro vagamente preoccupati.
Lily fu ovviamente la prima ad interrompere il silenzio.
«E' sicura che non ci sia uno sbaglio?» esclamò a malincuore, pur conoscendo già la risposta.
«Ovviamente, signorina. Il Preside... per l'amor di Morgana! Il professor Silente ha aggiunto una sua nota; dice che non sarà possibile riformare le coppie per nessun motivo» esalò la McGranitt.
Lily deglutì, poi si accasciò sulla dura panca di legno del suo banco.
Mocciosus era più pallido del normale e lanciava strane occhiate possessive alla mia compagna di ronda.
Dimentico di tutto l'astio che provavo fino a venti minuti prima per Lunastorta, gli corsi incontro e lo strinsi in un abbraccio stritola-ossa ridendo come un bambino.
«Mi scusi, professoressa. Cosa stiamo aspettando, ancora?» esclamai poco dopo con aria volutamente innocente. Da Lily giunse un orribile ringhio sinistro.
«Ha ragione, Potter. Potete andare, la riunione è ufficialmente terminata. Mi raccomando, stasera siate puntuali. Quando mancherà un quarto alle dieci, vi voglio tutti in sala trofei».
All'ordine della McGranitt, gli altri studenti si alzarono dal proprio posto facendo stridere rumorosamente le panche sul pavimento. Remus mi diede un buffetto sulla spalla, impaziente.
«Va', Remus. Arrivo subito!» gli promisi, facendogli un cenno con la mano. In pochi minuti l'aula si svuotò, e vi rimase solo Evans.
Quatto come un ratto mi appostai fuori dall'aula, deciso a scambiare qualche parola con lei.
«La prego, professoressa! Deve pur esserci una scappatoia...»
La voce di Lily suonava come una disperata invocazione di aiuto.
«Lily, mi dispiace, ma non è possibile, lo sai. Silente deve aver avuto un buon motivo per affibbiarti il signor Potter come... come compagno» borbottò la McGranitt poco convinta delle sue stesse parole.
Interdetto, sbirciai nell'aula: il volto di Lily era rosso quanto i suoi capelli; la McGranitt le stava sorridendo genuinamente.
Da quando erano così in confidenza, quelle due?
«Va bene. Credo che... riuscirò a sopportarlo». Poi fece una pausa, sospirando lievemente. «Comunque, qualcuno le ha fatto sapere quando e dove ci incontreremo, la prossima volta?» domandò poi con voce rassegnata.
«Sì, sì... te lo dirò in seguito. Non ti preoccupare, cara» sussurrò gentilmente la McGranitt. «Sai bene come la penso, in argomento...» aggiunse, con fare... materno?
Lily si irrigidì impercettibilmente.
«Certo. Ma... devo farlo. Lo devo ai miei genitori, e tutto il resto».
«Comunque non condivido. Sei troppo giovane. Ora ti lascio, va' a goderti un po' di riposo. Te lo meriti, Lily».
La strega più anziana sorrise, si alzò dalla sua sedia ed accompagnò Lily alla porta.
«Grazie... arrivederci, professoressa» si congedò Lily, le guance ancora lievemente più purpuree del normale.
Amavo origliare, l'ho mai detto?
«Cazzo... se mi becca qui, sono fottuto» mugugnai, estraendo il mio Mantello che – per fortuna – quella mattina avevo riposto al sicuro nella tasca della divisa.
Un attimo dopo essermelo gettato addosso, il mio corpo scomparve completamente; corsi a nascondermi dietro la prima cigolante armatura che trovai.
Non appena Lily voltò l'angolo, sbucai tatticamente da sotto il Mantello, rendendo la mia presenza in quel punto del castello del tutto casuale.
«Ehilà, compagna di ronda!» la salutai, agitando una mano con entusiasmo.
Lei sobbalzò, apparentemente scioccata di trovarmi lì.
«Potter!» Il colorito fiammante di poco prima la colse di nuovo. «Potter?! Io devo andare!» esclamò poi, rendendosi improvvisamente conto di chi si trovava davanti a lei.
Nel giro di pochi secondi raggiunse la fine del corridoio, l'eco delle ultime parole ancora nell'aria.
Dopo aver imprecato ed essermi infilato le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni, mi avviai a passo pesante verso il parco, accendendo una sigaretta della mia scorta segreta.
Maledetto vizio.



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Capitolo 6
*** VI: La situazione precipita ***


VI
La situazione precipita




La pazienza della bella Lily Evans, com'era tristemente noto ad ogni singolo appartenente della casata di Godric Grifondoro, aveva sempre vita breve. Molto, ma molto, molto breve.
Una delle cose che la neo Caposcuola odiava davvero visceralmente erano i ritardatari; detestava aspettare, la faceva impazzire. L'attesa era per lei un'assurda, inconcludente, totale perdita di tempo.
Se si teneva conto che, quella sera, l'oggetto di cotanta trepidante attesa rispondeva al nome di James Potter, altrimenti conosciuto come l'Idiota o, com'era noto a tutti, uno dei non proprio cari amici di Evans... be', stiamo freschi.
Il rimbombo incessante delle lancette dell'elegante orologio a pendolo posto accanto al camino sembrava amplificato di un centinaio di volte, e ciò contribuiva ad aumentare la precaria calma interiore della rossa.
Emily Waldorf, un'insolente ragazza del terzo anno incurante del coprifuoco e con una colossale cotta per il Capitano della sua squadra di Quidditch, sedeva alquanto scompostamente in una poltroncina di velluto cremisi della sala ormai deserta, tra le mani il nuovo numero di Teen Snitch. I suoi spenti occhi grigi saettavano continuamente tra la nuca di Lily, il cui piede sembrava aver acquisito vita propria da quanto velocemente batteva a terra, al passaggio per i dormitori maschili.
A quell'insopportabile bacchettona era concesso vagare per la scuola a notte fonda assieme al suo James, e ciò all'ottusa mente dell'esuberante ragazzina risultava semplicemente intollerabile.
«Ti si è annodata la bacchetta, Evans?»
Lily si bloccò, sorpresa dalla presenza di qualcun altro che non fosse l'ignobile-essere-che-stava-aspettando-ed-era-in-pericoloso-ritardo nella stanza. Roteò teatralmente gli occhi, per poi sbuffare per l'ennesima volta.
«Wally» la ragazzina detestava quel soprannome, lo sapeva bene, «potrei decidere di metterti in punizione. Stai violando il coprifuoco».
«Non lo farai» sospirò Emily con aria saccente.
«Muoviti» le intimò Lily puntando minacciosamente l'indice verso i dormitori delle ragazze.
Con un rumoroso grugnito la piccoletta corse su per le scale, indirizzando di nascosto alla Caposcuola un gestaccio.
Rimasta sola nella stanza, Lily ricominciò a battere il tempo con il piede a ritmo sempre più incalzante. Diede un'altra occhiata all'orologio, notando con sommo disappunto l'ora che si era fatta.
«Più di venti minuti! Me ne vado, porco Agrip» ringhiò la ragazza, stringendo convulsamente i pugni. Un inquietante tonfo proveniente da quelle maledette scale interruppe le sue fantasiose imprecazioni.
Un James Potter illogicamente ansante ed incapace di reggersi in piedi si fermò con una spettacolare scivolata ad un metro dalla rossa, respirando affannosamente.
«Non... andare... sono... qui» riuscì a balbettare, tentando di riprendere fiato.
«Se sei così sfinito per aver fatto una misera rampa di scale, la mia teoria sulle tue dubbie capacità atletiche è decisamente azzeccata» notò Lily, con una punta di acidità nella voce.
James assunse un cipiglio contrariato ma decise, per una volta, di tenere quella sua lingua biforcuta al sicuro tra i denti.
«Comunque», ricominciò lei, ricordandosi del colossale ritardo, «dove diavolo ti eri cacciato? Sto aspettando da un secolo! La McGranitt starà soppesando le sue possibilità, cioè se lasciarci vivi oppure darci in pasto ai Troll».
Detto ciò, Lily si erse in tutta la sua statura, gonfiando il petto come una chioccia: era comunque più bassa di James di almeno tre spanne. Quest'ultimo ridacchiò, divertito.
«Ora esageri, Lilykins».
«Non esagero affatto, razza di troglodita» soffiò Lily, iniziando seriamente a scaldarsi. James si sistemò il mantello sulle spalle, continuando a ridere allegramente.
«Asp come mi hai chiamata?» realizzò lei pochi istanti dopo.
«Lilykins» rispose semplicemente il moro. «Dai, muoviti. Stai ritardando ulteriormente il nostro arrivo» aggiunse, dandole un leggero buffetto sulla spalla.
«Non toccarmi. E non chiamarmi Lilykins».

I due arrivarono in Sala Trofei alle ventidue e venti, ben più tardi rispetto all'orario stabilito. Minerva McGranitt, che quella sera aveva lasciato i capelli eccezionalmente sciolti sulle spalle, alla vista di James e Lily, quest'ultima immusonita e tremante di rabbia, sospirò molto rumorosamente: la punta della sua bacchetta emise qualche debole ma ugualmente intimidatoria scintilla arancione.
«Per la barba di Merlino santissimo, i nostri due Caposcuola ci hanno finalmente degnato della loro presenza, quale onore» sibilò la strega più anziana, incrociando le braccia.
«Signora, posso sp»
«No, signor Potter. Taccia» l'azzittì lei. Qualcuno, nella stanza, ridacchiò sommessamente.
Remus, in piedi accanto a Charlotte con un'aria falsamente contrariata ad illuminargli gli occhi color miele, ripensò a poche ore prima e sospirò piano, reprimendo una risata.
In dormitorio James non aveva profferito parola, preso dall'agitazione per l'imminente ronda: aveva lasciato Sirius, spaparanzato come al solito sul letto di Remus, a farneticare a proposito del sedere sodo di Amanda Diggory in completa solitudine.
«La ronda», continuò la McGranitt, «si dilungherà di trenta minuti. Martedì esporrò gli orari definitivi; non potete certo muovervi tutti assieme ogni volta. Se ci sarà qualche tipo di problema», il suo sguardo si bloccò su Lily e James, «non dovete far altro che chiedere, ma ricordate che le coppie non possono essere modificate. Potete andare».
I gruppetti si sparpagliarono, ognuno incamminandosi verso l'ala del castello assegnatagli.
All'ordine dell'insegnante tutte le torce si spensero, facendo sprofondare i corridoi nel buio più totale.



(Lily)

«Potter?»
Odiavo il buio da quando Petunia, quand'eravamo bambine, mi aveva giocato uno scherzo di dubbio gusto travestendosi da fantasma e capitandomi in camera da letto dopo avermici rinchiusa ed aver spento tutte le lampade. Da allora, non ero mai più riuscita ad addormentarmi senza un po' di luce. Marlene odiava questa mia fobia da quando l'avevo costretta ad installare una di quelle stupide lucine azzurre da notte che usano i babbani con i loro figli piccoli tra i nostri letti: era troppo fievole e non mi aiutava per niente, ma lei la detestava.
«Buh!» soffiò una voce pericolosamente vicina al mio orecchio destro.
«Morgana!» strillai, sobbalzando.
Un raggio luminescente si propagò dalla punta della bacchetta dell'Idiota, facendomi tirare un lungo sospiro di sollievo.
Riuscii ad intravedere confusamente i contorni del viso di Potter che, guarda un po'?, se la stava ridendo come un Troll affamato davanti ad una mandria di bimbi cicciottelli e succulenti.
«Hai paura del buio, Ginger? Non lo sapevo, cazzo» ghignò, scompigliandomi i capelli.
«Sono sobbalzata a causa della repulsione che provo nel trovarmi qui con te e perché avevo la tua faccia a un palmo dalla mia... eww» precisai, stizzita.
«Raccontala al tuo gufo, questa. Io sono James Potter, cazzo».
«Devi per forza rafforzare ogni tuo stupido concetto con quell'orribile epiteto?»
«Quale? “Cazzo”? Che vuoi, convivo con il maestro del galateo da sei anni ormai, cazzo».
Quella volta non potei non concedermi una risatina.
«Perché ridi, Gingey?» domandò lui, perplesso.
«Sei così stupido. In ogni cazzata che dici, c'è di mezzo Black. Non chiamarmi così» sospirai, lievemente irritata.
«Notare il fatto che hai appena detto la parola “cazzata. Molto bene, Gingey. Molto bene. Fai progressi».
Potter ormai rideva apertamente.
Insensatamente turbata, alzai appena la bacchetta, per farmi strada lungo il corridoio. Dopo una manciata di minuti la sua risata si spense. Lentamente, il silenzio scese su di noi.
Guardai Potter di soppiatto: stava osservando con assurda curiosità lo spiraglio di luce lunare che filtrava dalla grande finestra, passandosi ininterrottamente una mano tra i capelli.
Non l'avevo ancora insultato seriamente, e ciò mi sorprendeva.



(James)

Perché avevo la sensazione che Evans mi stesse fissando? Sentivo come se nel punto in cui i suoi occhi si erano posati la mia pelle stesse lentamente andando a fuoco; solo con lei riuscivo a sentirmi in imbarazzo... non mi riconoscevo più.
Mi resi conto che non avevamo ancora chiarito la nostra discussione: se avessi tirato in ballo l'argomento, avevo quattro probabilità su tre che lei mi uccidesse con un Avada Kedavra. Rabbrividii, poi dirottai lo sguardo verso la strisciolina di luce davanti a me, con la stessa fastidiosa sensazione di bruciore.
«Lily, che diavolo hai da guardare?» esclamai dopo un po', spazientito. Lei sussultò, coprendosi il viso con una mano.
Sorrisi.
«Perché sei appena arrossita? Anche se è buio pesto e non ci vedo quasi niente, so che sei arrossita» tentai, esitando lievemente.
Evans tolse subito la mano e mi fissò con quello che credeva essere uno sguardo cattivo.
«Non sono arrossita e non ti sto fissando, stupido!» quasi strepitò.
«Bugiarda».
«Dio, quanto sei insopportabile. Stupido, arrogante ed irriconoscente!»
Stava pensando a quello a cui temevo stesse pensando.
Scusate il gioco di parole, ma quando ero teso tendevo a... essere più stupido del solito. Ma poco.
«Posso spiegarti, Evans».
Lily si fermò nuovamente, guardandomi di sbieco: «Ah, ovviamente! “Scusami, Lily, sono stato un idiota, non volevo”. Risparmiatelo». Poi scoppiò a ridere.
«Sei poco credibile, non avrei potuto chiamarti semplicemente Lily senza rischiare un attentato alla mia vita. Comunque non ridere, sto cercando di essere serio».
La sua risata si spense veloce com'era arrivata, lasciando il posto ad un silenzio carico d'attesa e parole non dette.
«Davvero, non volevo. E non roteare gli occhi» l'ammonii. «Non sono mai stato più sincero. Tu hai... hai frainteso completamente le mie parole. Ti ho vista, Evans. Non stavi affatto bene, quel giorno».
«Che diavolo dici?»
«Quel che ho visto. Avevi un'aria... assente. Io qualche volta straparlo... ok, non solo qualche volta... non sono proprio riuscito a stare zitto. Scusami» sbottai.
«Mi hai insultata, Potter. Hai rifiutato il fatto che io ti abbia coperto con le serpi perché sono una Mezzosangue» mormorò, infervorata.
«Non dire quella parola!» abbaiai bruscamente. Lily, al mio improvviso cambio d'umore, sbigottì. «... non ripeterla mai più. Non sono Mocciosus, non mi permetterei mai di insultare chicchessia in modo così repellente... come lui ha fatto con te!»


◊◊◊

I due avevano raggiunto le scale che portavano ai sotterranei.
Il nome di Severus Piton aleggiò tra James e Lily come fosse una presenza tangibile, ricreando il pesante silenzio che aveva gravato sulle loro teste fino a poco prima.
La ragazza era impallidita nello stesso istante in cui il moro aveva pronunciato l'orrido nomignolo che lui e gli altri Malandrini avevano in passato affibbiato al suo ex-migliore amico.
James le si avvicinò, sinceramente preoccupato.
«Che succede? Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiese lui in un sussurro appena udibile.
Lei agitò la mano, come a voler allontanare un brutto pensiero.
«No. Mi è... ho mal di testa» mentì.
James fece per ribattere, ma fu interrotto.
«Sono una tale stupida. Non riesco ancora ad accettare il fatto che uno scellerato come Lord Voldemort», la sua voce tremolò appena, «stia velocemente mietendo migliaia di innocenti vittime. Da quando ha iniziato a dare battaglia ai Mezzosangue e a noi Nati Babbani, Sev è... è cambiato!»
«Sev è un coglione, andiamo» rantolò lui, reprimendo a stento la rabbia.
«Non ti permettere!» lo minacciò Lily, sgranando gli occhi.
«Cosa? Come dovrei chiamare uno che si permette di insultare a quel modo la gente e la maltratta brutalmente?» replicò l'altro.
«Lo fai anche tu, Potter» l'accusò la rossa, incollerita. «Lo fai anche tu, l'hai sempre fatto con chiunque! Non ti permetto di declassare Severus perché non ti va a genio o perché non è abbastanza figo da poter far parte della tua stupida cerchia di amici. Solo Remus, che è troppo buono per ammettere quanto sei idiota, è salvabile! Ecco perché non riesco minimamente a sopportarti! Mi dai sui nervi, tu e il tuo essere uno stupido montato convinto che il mondo giri attorno a sé!»
James serrò la mascella, sempre più irritato. Poco prima erano davvero sul punto di riaggiustare le cose, mentre ora la situazione era di nuovo degenerata.
«Tu non mi conosci» sibilò con voce tagliente. Detto ciò, s'incamminò quasi correndo verso la fine del lungo androne, non curandosi della sua compagna rimasta qualche metro dietro a lui.
Lily si riprese da quell'attimo di shock dopo pochi istanti, risvegliandosi da quello stato d'irremovibilità che l'aveva colta dopo le ultime parole di James.
Quella sua voce abitualmente allegra le era parsa per un momento assurdamente agghiacciante, del tutto incompatibile con la personalità di quel ragazzo dal sorriso spensierato ed esuberante.
«Potter, aspetta!» strillò la rossa.
«Da qui in poi continuo da solo» le urlò lui di rimando. Lily fece per ribattere, salvo poi azzittirsi ed iniziare a correre dietro a James.
«No! James... James Potter, fermati!»
Lui per la seconda volta non si voltò, e sparì istantaneamente alla sua vista.
«Ma che diamine succede? E' scomparso!» sussurrò Lily guardandosi attorno impaurita, il veloce scalpiccio dei piedi di James sempre più distante...



◊◊◊

Un ragazzo occhialuto dagli scompigliati capelli corvini correva a perdifiato lungo le cinque rampe di scale che lo separavano dal settimo piano nascosto sotto il suo Mantello dell'Invisibilità e tremante di rabbia, la testa piena di pensieri.
A nulla erano valsi i suoi tentativi di scusarsi con Lily. Lei avrebbe continuato ad odiarlo per sempre...
Cos'erano quelle calde lacrime che ora scorrevano lente, irrefrenabili, lungo le sue guance?
James Potter non era degno della sua compagnia, lei avrebbe perdonato Mocciosus anche se sapeva benissimo quanto il Serpeverde amasse sguazzare nelle Arti Oscure.
A breve, James c'avrebbe scommesso la bacchetta, Piton si sarebbe fatto Marchiare, sarebbe entrato a tutti gli effetti nella cerchia dei seguaci di Voldemort.
Cosa ne avrebbero fatto, poi, di Lily?
Quella gente sterminava i Babbani, odiava ciecamente chi non avesse il sangue privo di qualsiasi traccia non magica. Il loro obbiettivo era eliminarli, per sempre.
Charlus Potter lavorava da anni come Auror ed aveva insegnato al figlio a coesistere pacificamente con quel mondo così diverso dal loro: Lily sembrava non capirlo, era piuttosto disposta a perdonare chi le aveva brutalmente voltato le spalle e l'aveva insultata e rinnegata nel peggiore dei modi.
James c'era cascato, s'era illusoriamente convinto di poterle stare vicino perlomeno come amico.
Il moro raggiunse il ritratto della Signora Grassa e, dopo averle ruggito la parola d'ordine, si avviò verso il buio dormitorio.


(Remus)

«Ci si vede, Lupin» si congedò frettolosamente Charlotte schioccandomi un rumoroso – ed appiccicoso – bacio sulla guancia una volta raggiunta la Torre dopo la nostra ronda serale.
«Buonanotte!» risposi debolmente, accennando ad un saluto.
Rimasto solo, lanciai un ultimo sguardo fuori dalla finestra: il Lago Nero era completamente avvolto dalla nebbia ed a stento si riuscivano a scorgere le cime dei secolari alberi della Foresta Proibita. A quella vista sospirai, malinconico.
A breve avrei inaugurato il mio ultimo anno di corse spericolate al chiaro di luna in compagnia di James, Sirius e Peter.
Be', non proprio di James, Sirius e Peter.
Non di loro in forma umana, perlomeno.
Salii lentamente le scale, ridacchiando; proprio mentre stavo poggiando la mano sul pomello dorato della porta del dormitorio, un sinistro scricchiolio di ossa si levò dall'interno della stanza.

Sirius”, mi ritrovai istintivamente a pensare, corrucciato.
«Maledetto cagnaccio, lo sai che or» cominciai, deciso a rifilargli l'ennesima predica, dopo aver spinto con forza il portone: le parole mi morirono in gola.
Stranito, mi guardai attorno: Sirius e Frank se la dormivano della grossa, Peter stava fissando il buio con uno sguardo sconsolato; seduto a terra rivolto allo spicchio di muro accanto alla finestrella che dava sul parco, James.
«Ramoso!» esclamai, allegro. «Che fai, lì? Allora, com'è andata con Lily? Tutto bene, no? Non hai detto niente di stupido? Sicuramente ti è andata meglio di me, Charlotte è una tale vacca...»
Un fiume di parole insensate uscì dalla mia bocca prima che io fossi riuscito a dargli un freno.
Non avendo notato i cenni di Peter mi ero seduto accanto a James, il viso rivolto verso il suo baldacchino. Codaliscia, dall'altro lato del letto, scosse velocemente il capo, facendomi per l'ennesima volta segno di star zitto. Aggrottai le sopracciglia con fare severo, poi diedi un'occhiata in direzione di James, che ancora non aveva detto una parola.
Alzando lo sguardo sul muro, notai una macchia di sangue fresco, proprio di fronte a lui.
«James! Che cazzo hai fatto?» strillai, allarmato.
«Ho dato... un pugno. Al muro» replicò lui, atono.
«Che cos?! Stai sanguinando! Perché l'hai fatto? Eh?» esclamai, strattonandolo per la manica della camicia sgualcita.
«Perché Lily... Evans mi odia» soffiò, con un'espressione assurdamente terrificante. «Evans mi considera come Mocciosus.... peggio, per lei sono uno scarto, una feccia, un essere ributtante. Ma cos'ha quella, in testa, cazzo? Non me ne frega niente, di lei!» sbraitò un secondo più tardi, alzandosi in piedi di scatto.
«Cosa? James, andiamo, non fare lo stup» cercai di calmarlo.
«NON TI CI METTERE ANCHE TU!» urlò lui, puntandomi l'indice contro. «Non me ne frega niente, porco Salazar! Che vada al diavolo, quell'insopportabile secchiona che pensa di poter sputare sentenze come e quando le pare... che vada al diavolo».
James corse verso la porta coprendosi il viso con una mano, mentre l'altra continuò a sanguinare copiosamente e, dopo un piccolo tentennamento, varcò l'uscio senza più voltarsi, scomparendo alla nostra vista.
Peter era pressoché sconvolto.
«Pete, va' a letto» lo esortai con un sussurro. «Gli passerà. Sta' tranquillo, passerà».
«Lo s-sp-spero. Non l'avevo mai v-visto così» balbettò, gli occhietti acquosi dilatati.
«Neanch'io» sospirai, desolato. «Dormi bene, Coda».
«Notte, Lunastorta».




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Capitolo 7
*** VII: Agguato ***


VII
Agguato




«Marlene, per l'amor del cielo! Sbrigati!» strillò un'agitata Emmeline Vance alla ragazza dai lunghi ed invidiabili capelli dorati che, dalla fretta, ruzzolò a terra non appena ebbe attraversato con la consueta fatica il ritratto della Signora Grassa, l'ingresso segreto che portava alla Sala Comune dei Grifondoro.
«Dio, Emmeline! Guarda che hai combinato... la Merrythought non si fa tanti problemi se qualcuno arriva un po' in ritardo, sai» sibilò Marlene in tutta risposta dopo essersi rialzata da terra sperando ardentemente che nessuno l'avesse vista cadere.
Speranza vana, poichè il latrato di Sirius Black – il quale si trovava nelle vicinanze probabilmente intenzionato a marinare la prossima lezione – era puntualmente giunto alle orecchie di parecchi studenti del sesto anno diretti in Sala Comune, che ora ridacchiavano divertiti in direzione della McKinnon.
Rossa in viso quanto i capelli di Lily, Marlene si voltò verso il ragazzo dagli occhi grigi comodamente appoggiato al muro a pochi passi da lei.
«Black», cominciò, con fare minaccioso, «piantala di rovinare la mia dannatissima vita. Ti garberà sapere che il tuo stramaledetto incantesimo non ha ancora completamente esaurito i suoi effetti...» La ragazza scostò una ciocca di capelli biondi dalla sua spalla a dimostrazione di ciò che aveva appena detto, rivelandone un'altra di un assurdo, inequivocabile color chewing-gum.
Sirius l'osservò piegando la testa di lato ed assumendo un'espressione ancora più compiaciuta.
«Il rosa ti dona, McKinnon» constatò infine, baciandole la tempia. L'altra lo fissò indispettita ed incapace di replicare.
Emmeline tossicchiò rumorosamente e Marlene si voltò verso di lei, spaesata.
«Muo-vi-ti» scandì la prima, chiudendo gli occhi.
«Ha ragione, siete molto in ritardo! Arrivederci, dolcezze» pigolò Black fingendosi preoccupato, incamminandosi dalla parte opposta.
«Black, non pensare di fare quello che stai per fare, se non vuoi una punizione. Ci vediamo in classe, fra poco» esclamò una voce satura di nervosismo alle spalle di Emmeline.
«Qual buon vento, Evans» bofonchiò velenosamente Sirius, quando la Caposcuola ebbe affiancato le due amiche, che erano alquanto sorprese di vederla fuori dal dormitorio.
«Lily, come mai qui?» chiese infatti Emmeline a bassa voce guardando la rossa, incuriosita.
«Dopo» sillabò quest'ultima, prima di rivolgersi nuovamente a Black. «Hai capito quel che ho detto? Trascina immediatamente quelle tue regali chiappe a Difesa contro le Arti Oscure, a meno che tu non preferisca sottostare agli adeguati provvedimenti della sottoscritta».
Lui cacciò i pugni nelle tasche dei pantaloni, lanciandole un'occhiata truce.
«Sei davvero una stronza».
Lily aggrottò un sopracciglio ed incrociò le braccia, convinta di aver capito male.
«Prego?»
«Sei una stronza sputasentenze! Non meriti che James stia male per te» sputò il moro, iniziando a perdere il controllo.
Se c'era una cosa che Sirius Black non riuscisse minimamente a tollerare erano le persone che se la prendevano con suo fratello e, sopratutto, odiava quando, come nel caso di Lily, lo facevano ingiustamente. L'istinto di protezione che aveva ereditato dal suo essere – per certi versi – un cane, in quei momenti prendeva totalmente il sopravvento.
Aveva rimuginato tre giorni interi su come potesse vendicare lo stato in cui James si trovava a causa di Evans, ma straordinariamente non gli era venuto in mente nessuno scherzo decente da poter mettere in atto contro di lei.
Le sue parole, nel frattempo, avevano colpito Lily come uno schiaffo, facendola ammutolire di botto. Marlene si frappose fra lei e Black ed allargò le braccia a mo' di scudo protettivo.
«Sirius, non ora. Ti prego» mormorò implorante. I suoi grandi occhi blu lo guardarono con ansia – la sua voce era conciliante, dolce.
Black squadrò in cagnesco Lily un'ultima volta, poi decise di dare ascolto alle parole di Marlene; s'incamminò quindi verso l'aula di Difesa contro le Arti Oscure lanciando occhiate torve a chiunque osasse incontrare il suo sguardo.
Quando il ragazzo fu lontano, Emmeline sfogò tutta la sua frustrazione trascinando – alquanto rudemente – con sé le due compagne.



(Frank)

Avevo sempre profondamente detestato James in versione sono-depresso-e-odio-tutti-quindi-non-scassatemi-i boccini.
In quel momento stava avendo una delle sue tipiche crisi di panico dovute ad una –
inesistente – mancanza di comprensione nei suoi confronti.
«Frankie, cazzo», miagolò con voce lamentosa, «perchè la Merrythought mi ha punito? Cos'ho fatto?»
«Magari non le ha fatto piacere ritrovarsi a stretto contatto con la cattedra a causa di un tuo
accidentale Schiantesimo, non trovi? Patetico» borbottai sbuffando. Peter ridacchiò sottovoce, dandomi di gomito.
Avrei però dovuto ammettere che la scena avvenuta appena pochi minuti prima era stata assolutamente memorabile: non appena Lily Evans aveva messo piede nella stanza, la bacchetta di James aveva preso vita, spedendo addosso alla professoressa Merrythought un potente Stupeficium che l'aveva fatta cozzare rumorosamente contro la cattedra, almeno due metri distante da dove la poveretta si trovava. James aveva cercato di scusarsi in tutti i modi, ma lei era stata irremovibile: gli aveva rifilato un mese di detenzione in compagnia di Gazza, l'acido custode.
Non seppi mai se l'episodio fosse da prendere con tanta leggerezza, poiché in seguito mi sarei convinto d'aver notato un certo maligno risentimento nelle occhiate che James aveva rivolto a Lily nelle due ore successive l'accaduto.
«Oddio, non capisco nulla!» strillò di punto in bianco Remus, isterico. «Sembra impossibile evocare un Patronus corporeo decente se ci si trova faccia a faccia con un Dissennatore! Dev'essere spaventoso!»
«Sei un cagasotto, questo è spaventoso» bofonchiò Sirius, seduto alla destra di James.
Quel giorno aveva un'aria strana. E anche James, d'altronde, aveva un'aria strana.
Erano tre giorni che Ramoso e Felpato avevano un'aria strana.
«Perchè siete tutti così dannatamente strani?!» esalai disperato, attirando i loro sguardi stralunati.
«Ehi, hai ancora
me» mi fece notare Peter sorridendo gioiosamente.
«Oh, giusto» dissi, dandogli un buffetto sul braccio. «Mio coraggioso compagno di sventura» declamai con voce baritonale, prima di scoppiare a ridere alquanto chiassosamente.
«Signor Paciock, vorrebbe renderci partecipi di ciò che andava discorrendo fino a poco fa con il signor Minus?» esclamò l'altisonante voce della Merrythought dall'altro lato dell'aula. «Oppure è troppo complicato, per noi, cercare di comprenderla?»
Alcuni studenti, compresi Remus ed Alice, scoppiarono a ridere.
«Oh,
aehm... no, signora... io...» mugolai, le orecchie sicuramente fiammeggianti di vergogna.
«Venga, venga. Ci mostri come evocare un Patronus corporeo» m'invitò lei, osservandomi.
Maledizione.



(Alice)

Sospirando divertita dalla sceneggiata di Frankie mi voltai verso Mary, che quel giorno aveva un'aria più tranquilla del solito.
«Mac, c'è qualcosa che non va?» le sussurrai, ben attenta a non farmi sentire dall'insegnante.
«No, Alice. Sono un po' sovrappensiero. Per i miei, sai» rispose lei, sorridendo – apparentemente – sincera.
«Va bene, scusami» mormorai.
Sarà stato anche vero, ma avevo una brutta sensazione.
«Potter! Cos'è quello sguardo assente? Venga qui, al posto di Paciock...» sbottò la Merrythought, incrociando le braccia dopo aver rispedito Frank al suo posto. «...ed anche lei, signorina Evans! Siete tutti così distratti, quest'oggi...»
Lily, seduta accanto a me, sussultò lievemente, salvo poi ricomporsi quasi subito; si avviò verso la professoressa a testa alta.
«Molto bene. Ora, mostratemi quello che sapete fare. Stupitemi!» li esortò la vecchia ed allampanata strega, con voce velatamente annoiata. Lily strinse con più forza la bacchetta tra le mani, concentrandosi.
«Expec Expecto Patronum!» sussurrò, la voce tremula.
Dalla punta della sua bacchetta si levò una fumosa scia argentea assolutamente informe. Sbalordii: Lily era un asso, in Difesa contro le Arti Oscure.
«No, no! Cos'è questa nebbia? Cinque punti in meno a Grifondoro. Un pensiero felice, suvvia...» si lamentò la professoressa, scuotendo la testa. «Avanti, signor Potter».
James avanzò di un passo, ben curandosi di non guardare Lily.
«Signora, non sono nelle condizioni adatte per poter riuscire a produrre un corretto Patronus» dichiarò educatamente, fissando la donna in volto.
«Non è abbastanza felice? Cosa sarà mai, che inquieta così tanto voi giovani?! Poco importa, la lezione finisce qui. Come compito...
allenatevi» ci ordinò la Merrythought, squadrandoci tutti ed invitandoci ad uscire con un cenno della mano.
Fuori dall'aula, notai Marlene e Sirius confabulare sottovoce, lui appoggiato contro il muro con la solita impeccabile eleganza mentre lei, a braccia conserte, si accarezzava distrattamente i capelli.
«Frankie!» strillai, dopo aver scorto il mio fidanzato in mezzo a quella marmaglia di studenti.
«Alice! Che figura» esalò mestamente.
«Ma dai! Lo sai che la Merrythought è ingiusta...» esclamai allegra, gettandogli le braccia al collo.
«È solo che tu sei troppo buona. Ammetti che sono un imbranato, dai» replicò lui, guardandomi teneramente. Sbuffai, poi lo azzittii regalandogli un bacio a fior di labbra, mettendo fine a quella nostra sciocca conversazione.



◊◊◊


«Voglio sapere tutto» esordì seccamente Sirius fissando i suoi occhi impenetrabili in quelli blu della ragazza di fronte a lui bloccata contro il muro.
«Non fare il prepotente, Black» scattò Marlene, spintonandolo debolmente.
«Il fatto è che non sopporto vedere James in quello stato» ammise Sirius, guardando di sottecchi la figura del suo migliore amico che andava allontanandosi senza aspettare i fidati Malandrini.
«Discutine direttamente con lui, no?» suggerì la bionda.
«Ma sei scema?» esclamò il ragazzo, sgranando gli occhi. Marlene alzò gli occhi al cielo. «Equivarrebbe ad un suicidio. Diventa intrattabile, in questi momenti. Lo sai bene» dichiarò, mettendosi le mani tra i capelli.
Marlene si guardò la punta delle scarpe nere, che mai erano state più interessanti – era irragionevolmente inquieta. Rialzò lo sguardo, incrociando quello tormentato di Sirius. Lui distolse velocemente il suo.
«Senti, lasciamo che se la sbrighino da soli. Sono abbastanza maturi per farlo! Se saranno così idioti da non riuscire a chiarirsi, interverremo noi» gemette infine la giovane, con un grosso sospiro.
Una delle cose che Sirius Black adorava di Marlene McKinnon era sicuramente la sua schiettezza. Proprio come lui, la ragazza detestava perdersi in inutile elucubrazioni, preferiva arrivare subito al punto della situazione.
«Non fraintendermi, McKinnon. Non voglio che si innamorino» riprese Black indignato, mascherando all'istante quell'improvviso moto di ammirazione per la ragazza.
«Non sia mai,
per carità!» rispose Marlene ironica. «So come la pensi sull'amore, Sirius Black. Per certi versi lo condivido, mentre per altri ti trovo estremamente ottuso».
«
Ehi!»
«Non è un'offesa, idiota. Se l'amore arriva, di certo non puoi essere tu a scacciarlo» chiarì la bionda con un sorrisetto sornione. «Comunque, basta con questi discorsi seri! Non sono per niente adatti a noi, non trovi?» rise poi.
Sirius sorrise, trovandosi d'accordo con le sue parole.
«Molto bene, McKinnon; faremo così» decise con aria di sufficienza, gonfiando il petto. Marlene annuì. «Ora ho un... un impegno. Molto, molto importante».
«Include per caso una stangona dal fisico perfetto con le tette enormi?» domandò lei, reprimendo quella strana sensazione di fastidio alla bocca dello stomaco. Sirius sembrò soppesare le sue parole, poi annuì con convinzione, sbattendo giocosamente le mani.
«Più o meno».
«Come immaginavo. Allora ci si vede in giro, Black» salutò lei, incamminandosi verso la Sala Grande.
«Ciao, Lène!» replicò l'altro, iniziando ad allontanarsi lentamente. «Ricorda che se hai voglia di una sveltina, io sono disponibile, per te!» abbaiò, mentre Marlene era in procinto di svoltare a destra.
Una risata squillante si levò dal corridoio adiacente, e Sirius si ritrovò inconsapevolmente con un largo sorriso beota impresso in faccia.



(Lily)

Era rilassante percorrere il tragitto tra la Biblioteca e la Sala Grande, in genere amavo passeggiare in completa solitudine. Quel giorno, tuttavia, i miei pensieri deviavano continuamente in zona-Potter: ciò aveva contribuito a rendermi nervosa e notevolmente poco rilassata.
Non capivo ciò che mi stava accadendo. Per tre giorni mi ero rinchiusa in dormitorio, non volendo categoricamente rischiare d'incrociarlo in giro per la scuola.
In quei tre giorni avevo versato tutte le mie lacrime più amare, avevo testardamente rimuginato sul mio legame con Severus, che ritenevo ancora salvabile (avrei tuttavia preso coscienza della realtà poco tempo dopo).
Mi stavo dirigendo in Sala Grande per un veloce spuntino in preparazione di un estenuante pomeriggio di studio in compagnia di Alice e Mary, quando m'imbattei in alcuni Serpeverde.
Subito mi bloccai, spaventata, sperando caldamente che non m'avessero notata.
«Evans!» trillò invece Bellatrix Black dall'altro lato del corridoio. «Hai ancora abbastanza fegato per andare a zonzo per il castello tutta sola?»
Rosier e Avery, alle sue spalle, scoppiarono a ridere.
«Mi chiedo come abbia fatto il nostro Severus a filarti per così tanto tempo. Hai cambiato opinione sulla feccia, eh amico?» ghignò Avery rivolto al ragazzo accanto a lui.
I suoi occhi neri come la pece cercarono i miei; c'era un barlume di malinconia, in quelle pozze profonde.
Ma, forse, quella fantomatica malinconia era solamente il mero frutto della mia stupida disperazione.
«Credimi, Avery, mi pento amaramente di aver sprecato così tanto tempo con una sporca nata babbana come lei» sibilò Severus, fissandomi dritta negli occhi.
«Sev...» sussurrai, sconvolta. Non credevo alle mie orecchie.
Vecchi e sfocati ricordi di quel passato così allegro e spensierato baluginarono nella mia mente per un solo istante, prima di venire brutalmente spazzati via.
«Sentitela, la sanguesporco implora pietà!» mi derise Rosier.
«Dimostracelo, Piton! Vediamo se la odi realmente...» lo incitò Mulciber, sogghignando stupidamente. «Falle vedere con chi ha a che fare!»
Severus estrasse la bacchetta con un gesto fulmineo – le sue labbra si mossero lentamente: era pronto a colpirmi.
«St»
Gli occhi neri di Bellatrix brillarono di malvagia gioia; la bacchetta di Severus era ancora puntata contro il mio petto, ma era sempre più tentennante – le risa belluine degli altri Serpeverde riecheggiarono nel corridoio.
«Non la colpirai, figlio di puttana» urlò qualcuno.
James sibilò un triplice incantesimo di Disarmo che colpì contemporaneamente tre dei miei cinque aguzzini.
Fui sbalzata indietro da uno spintone di Rosier, che si dileguò veloce com'era arrivato. Avery e Mulciber, indifesi e disarmati, indietreggiarono rapidamente contro il muro.
«Come ti permetti, lurido traditore del tuo sangue! Ti pentirai di ciò che hai fatto...» gracchiò la Black, sgranando maniacalmente gli occhi. Severus era ancora in piedi di fronte a me.
«Non sei nella posizione più adatta per potermi minacciare, Bella» mormorò Potter, fissandola. «Pietrificus Totalus».
Presa in contropiede e privata del tempo necessario per provare a filarsela come aveva fatto Rosier, Bellatrix crollò a terra, immobile, costretta dall'incanto di Potter.
Fu un attimo: né io né lui ci accorgemmo di Piton e del fatto che possedeva ancora una bacchetta.
James sussultò, poi emise un urlo talmente forte e disperato che mi fece gelare il sangue nelle vene. Fiotti di sangue scuro iniziarono a propagarsi velocemente sulla camicia linda della sua divisa; Potter si riversò a terra, soffocato dal suo stesso sangue, in balia di spasmi incontrollabili.
Mi voltai di soprassalto, incrociando lo sguardo velenoso e carico di puro astio di Severus.
«POTTER!» gridai, gettandomi a terra al suo fianco sbucciandomi le ginocchia sul pavimento di pietra; James continuò a contorcersi a terra dal dolore, senza sentirmi. La sua mano salì al cuore, stringendosi ai brandelli insanguinati della camicia; gli occhi nocciola erano ridotti a due fessure vitree, incapaci di vedere.
C'era troppo, troppo sangue.
Andai in panico, e cominciai a singhiozzare istericamente, cercando di sorreggere il peso di Potter tra le mie braccia. Potter, che si faceva sempre più esanime...
«Severus, smettila! Lo uccidi!» urlai ancora, gli occhi pieni di lacrime. Lui mi guardò di nuovo, impassibile.
Ormai mancava davvero poco prima che James perdesse definitivamente le forze. Decisi di agire, di ribellarmi all'odio cieco del mio ex-migliore amico.
«Stupeficium!» Un lampo color rubino si propagò dalla mia bacchetta, colpendolo in pieno petto. Severus cozzò contro il muro, perdendo i sensi.
Gettai un'ultima, straziata occhiata in sua direzione, poi mi riavvicinai a James, ancora rantolante.
Non v'erano più tracce della Black, nè di Avery e Mulciber.
«Oddio... Potter... scusami...» gemetti, incapace di fermare le lacrime che, calde ed ingovernabili, solcarono il mio viso, appannandomi la vista.
Potter esalò impercettibilmente, poi si portò la mano alla gola, punto in cui il sangue non accennava a bloccarsi.
«R Reinnerva» provai.
Non successe nulla. Non mi arresi, e presi a scuoterlo lievemente, tentando di farlo restare cosciente.
«Non morire... non puoi morire, Potter...»
Udii un suono simile a delle risate a pochi metri da noi, un suono che si faceva sempre più forte...
«AIUTO!» gridai, con quanto fiato avevo in corpo. «Ho bisogno di aiuto! Venite qui








NdA: Alla fine ce l'ho fattaa! Che lungo, difficile parto, ragazzi. Non ho poi molto da dire. Il capitolo è oltretutto cortino, cavolo ç__ç
Sono stata un po' cattivella con James, né? Behhhh... le cose si fanno ancora più difficili, tra i ragazzi.
Ovviamente e come al solito, sono una pippa nelle scene di azione. Uffa.
Attendo i vostri pareri ♥
Voglio inoltre ringraziare:

  • Alessia98HP_1D, cescapadfoot, Writer96, Amy In Wonderland, asder, Chiaki Tanimura, Deborah_poesie_evans, EmmaStarr, EvePotter, fannypenguin, Giuliasss93, Giuliuli, ilex94, Inter3, JamesIlMalandrino, lally88, martipotter_98, Notalone, NothingElse, Ombrachiave, Romione_love, ScarletSnow, Telyn, ginnyweasley e Tonks, che sono così coraggiosi/e da seguirmi.

  • Alessia98HP_1D (di nuovo :3), emmapotter, Midori394 e Sabina Impastato che, non si sa per quale oscuro motivo, hanno messo la mia 'RESISTANCE' tra le preferite.

  • EmmaStarr ( anche lei di nuovo :3), che mi ha ricordata. ♥

    Ed infine, grazie anche a chi legge silenziosamente ;)

Un bacio, Veronica

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Capitolo 8
*** VIII: Quando le parole non bastano ***


Porgo le mie più sincere scuse all'autrice della long fiction The Final Chance, Simona_Lupin, con la quale c'è stata una spiacevole incomprensione circa gli eventi narrati nel 7° capitolo di Resistance, 'Agguato'.
Più precisamente, il malinteso è nato a causa della scena in cui Piton scaglia un Sectumsempra contro James in procinto di salvare Lily: ciò che ho scritto assomiglia al fatto accaduto nel 27° capitolo della storia di Simona, 'Il male dentro le mura'.
Voglio precisare che tutto ciò non è stato assolutamente scritto con l'intento di plagiarla, non avendo io avuto ancora il piacere di dare un'occhiata alla sua storia.
Trovo ingiusto far rimanere all'oscuro dell'accaduto voi lettori; perciò, per questioni di correttezza, ho voluto mettere le cose in chiaro con voi fin da ora.
Né io né lei vorremmo che qualcuno leggesse prima la mia storia e poi la sua ed incolpasse lei di avermi copiato.
Bene, ecco tutto.
Ci vediamo in fondo, chi ci sarà.


PS: Il soprannome di Lily sarà 'Lilykins' (-kins è un suffisso che si aggiunge al nome di una persona che si conosce bene, perciò a Lily potrebbe dar fastidio che proprio James, che detesta profondamente, la chiami a quel modo). Occasionalmente, troverete 'Ginger', 'Gingey', o 'Freak' (vi spiegherò più avanti il significato, sappiate che me l'ha suggerito Writer96)




VIII
Quando le parole non bastano




Era passata circa mezzora dall'attacco dei Serpeverde. Lily era riuscita ad attirare l'attenzione di alcuni studenti ritardatari diretti in Sala Grande per il pranzo, che erano prontamente accorsi in suo aiuto; il piccolo e visibilmente shockato William Canon era stato immediatamente spedito nell'ufficio della McGranitt a chiamare rinforzi, mentre Frank ed uno dei numerosi fratelli di Marlene, Aaron, stavano aiutando Lily a trasportare in Infermeria il corpo esanime di James, pallido quanto un cadavere.
«Lily, non pensi che dovremmo aspettare il Preside?» farfugliò un esagitato Frank, le cui mani tremavano violentemente.
Lily non rispose e si limitò a fissare il vuoto, camminando dietro al ragazzo e reggendosi faticosamente in piedi. Si asciugò distrattamente le guance impregnate di polvere, sangue e lacrime.
«Frank, James è... insomma, dovremmo portarlo da Madama Chips e basta. Smettila di sparare scempiaggini» esalò Aaron, il quale lanciò un'occhiata spaventata al suo amico e Capitano, che ancora non dava incoraggianti segni di vita.
Lo squarcio piuttosto profondo nell'incavo del collo di James non accennava a smettere di perdere sangue; avevano provato ogni incantesimo curativo possibile, ma i loro sforzi non erano valsi a nulla: erano ferite maledette.
«Non dite nulla agli altri tre».
Lily avanzò incespicando, fino a ritrovarsi in testa al gruppetto, sorpassando Aaron e Frank e cercando in tutti i modi di non posare lo sguardo su James, grondante di sangue.
I due ragazzi si scambiarono occhiate preoccupate.
Frank la guardò sconcertato, infine borbottò: «Lily, almeno Sirius dovrebbe saperl—»
«Credimi, è meglio per lui se rimandiamo questa scoperta a quando James tornerà fra noi» sussurrò lentamente uno sbigottito e stravolto Remus, comparso dal nulla in mezzo al corridoio. Reggeva tra le mani un voluminoso tomo appena preso in prestito dalla Biblioteca, che provvide a riporre dentro la sua borsa a tracolla.
Voltatasi verso di lui, Lily scoppiò nuovamente in lacrime, gettandogli le braccia al collo.
«Remus! Erano... erano... troppi... mi dispiace...» singhiozzò la rossa contro la spalla dell'amico, che le batté affettuosamente una mano sulla schiena.
«Tranquilla, Lily. Non devi giustificare nulla» la confortò, sorridendole debolmente, gli occhi fissi sul volto insanguinato di James. «Forza, andiamo».
Il gruppo ripartì alla volta dell'Infermeria, confabulando sottovoce dell'accaduto.
Lily non pensò minimamente al fatto che Piton avrebbe potuto riprendersi velocemente dal suo debole Schiantesimo e riuscire a sgattaiolare via prima che arrivassero William, Aaron e Frank.
Di lui non erano rimaste tracce.



(James)

Non appena ebbi leggermente dischiuso gli occhi dopo quelli che immaginai fossero stati giorni, fui colto da un capogiro talmente forte che mi scombinò totalmente i pensieri e mi costrinse a serrare nuovamente le palpebre; mi azzardai a riaprirle lentamente soltanto qualche minuto dopo.
Non avevo la più pallida idea di dove diamine fossi finito; sopra di me, c'era soltanto un alto soffitto bianco ed apparentemente vuoto. Sfocato, anche.
Mi tastai con cautela il naso e non vi trovai appoggiati come di consueto i miei utili, obsoleti occhiali squadrati. Indispettito, mi accorsi di essere immobilizzato a quello che probabilmente era un letto, e di avere una strana quanto fastidiosa sensazione di intorpidimento a gambe e braccia, senza contare l'immane pesantezza che sentivo alla testa.
Scattai in su cercando di rialzarmi a sedere, poi cacciai uno dei miei assordanti urli animaleschi che solitamente riservavo alle lotte in Dormitorio con Sirius e gli altri tre.
«Oh porco Merlino!» imprecò qualcuno alla mia sinistra, facendo smuovere le candide lenzuola del mio letto.
Cercai di capire chi diavolo fosse ma, essendo sprovvisto dei miei fidati occhiali e cieco come una talpa, mi lasciai ricadere pesantemente sul cuscino, ottenendo in cambio un'altra dolorosa e pungente fitta.
Improvvisamente mi sentii avvolgere da un paio di esili braccia, ed odorai un leggero sentore di cioccolata.
«Remus?» biascicai, curioso.
Il tizio –
chiunque fosse – cominciò a ridere forte e a urlare di giubilo.
«Non so chi cavolo tu sia, ma rendimi i miei fottuti occhiali, per piacere. Non vedo un cazzo» borbottai poco elegantemente al mio visitatore.
«James, certo che sono Remus!» esultò, ignorandomi completamente. «Madama Chips, venga! Si è svegliato!» ululò poi.
Ci fu un leggero trambusto ed il rumore di tende che venivano scostate frettolosamente, poi mi sentii tastare un po' ovunque da un paio di delicate mani indubbiamente femminili.
«Bentornato tra noi, signor Potter. Prenda questo, è un tonico per i muscoli» esclamò pratica Madama Chips, mettendomi tra le mani “questo”.
«Signora... non vedo
nulla» sibilai, iniziando a spazientirmi. Remus ridacchiò.
Finalmente
risentii il freddo metallo della mia vecchia montatura scontrarsi con la mia pelle, e rimisi a fuoco ogni cosa.
«Beva
quello, Potter» ribadì la donna, indicando il boccale pieno di un melmoso liquido giallastro tra le mie mani.
«Cos
cosa sarebbe, “quello”?» chiesi, riluttante.
Madama Chips sbuffò esasperata, poi agitò la bacchetta e mi
costrinse a trangugiare la disgustosa pozione, la quale sapeva di pipì di Gorgosprizzo.
Soddisfatta, la strega mi sorrise benevola.
«Deve prenderla ogni trenta minuti, per stabilizzare la sua condizione» m'informò. «Cos'è quella faccia? È per il suo bene, giovanotto. Signor Lupin, quando dovrebbero arrivare i suoi compagni?» domandò infine.
Remus si strinse nelle spalle, poi aggiunse educatamente: «Credo stiano aspettando qui fuori, signora».
Madama Chips annuì e, prima di congedarsi, si raccomandò di non far entrare più di quattro persone per volta.
Rimasti soli, Remus mi sorrise raggiante; io, invece, rimasi impassibile.
«Dov'è Lily?» gli chiesi a bruciapelo, fremendo di preoccupazione. Il sorriso sornione di Remus si allargò ancora di più, ma non rispose.
Che fastidio.
«Remus, porc—»
«Sta bene, Jam» m'interruppe, sempre con lo stesso sorriso idiota.
Tirai un lungo sospiro sollevato, poi ritentai di mettermi a sedere più comodamente: altre fitte.
Mi tastai il collo. Bruciava in modo insopportabile.
«Perché diavolo sono qui, comunque?» gracchiai a fatica.
, gente. Non ne avevo la più pallida idea.
Ricordavo soltanto un volto smunto e dai contorni indistinti, poi era come se qualcuno mi avesse fatto un potente incantesimo di Memoria; i ricordi delle mie ultime quarantotto ore somigliavano ad un abnorme buco nero.
«Ieri sei stato colpito da una maledizione sconosciuta che ti sarebbe stata fatale», cominciò Lunastorta, a disagio, «se Lily non avesse trovato in tempo aiuto. Aaron e Frank l'hanno aiutata a portarti fin qui». Sbalordii.
«Lily
Non era umanamente possibile che proprio lei mi avesse salvato.
Lei, che mi detestava ciecamente, neanche fossi il più sgradevole Schiopodo Sparacoda del mondo.
«Lily. Se n'è andata poco fa. È stata qui tutta la notte» rivelò Remus dandomi un leggero buffetto sulla spalla.
Mi fece male, molto male, ma non glielo dissi. Orgoglioso anche nel mio letto di morte, ovviamente.
«Per le mutande di Merlino» fu tutto ciò che riuscii a mugolare.
Remus fece per rispondermi, poi la mia vista venne nuovamente oscurata da un'alta figura dagli
inconfondibili e riccioluti capelli neri.
Maledetto cagnaccio insensibile alle sofferenze altrui.



(Marlene)

Sirius si lanciò di peso contro James, completamente dimentico del recente e quasi fatale attacco da lui subito.
«
Coff-coff... Sirius, soffoc» mugolò fievolmente Jamie da sotto quel groviglio di bende.
«
Pottino Potter! Amore della mia vita! Questi bastardi non mi hanno detto un cazzo... l'ho saputo mezzora fa!» strillò Sirius non prestandogli attenzione e frustando l'aria con i suoi pugni.
Alice e Mary ridacchiarono contente, poi si avvicinarono al capezzale di quello scellerato di mio cugino e gli stamparono un bacio su ciascuna guancia; Emmeline fece lo stesso pochi minuti dopo, poi toccò a me.
«Cuginetto» mormorai dolcemente prima di abbracciarlo con cautela.
«Piccoletta» fece lui stringendosi a me, allegro come al solito.
«Hai avuto culo, lo sai?» esclamai, spettinandogli i capelli. Frank e Peter risero di cuore.
«Se non ci fosse stata Lily ora non sarebbe ancora qui, pronto a fracassarci i boccini con le sue lamentele» disse serenamente Remus.
James bloccò la sua risata a metà, ed il suo sguardo corse ai piedi del lettino d'ospedale... Lily stava , con un sorrisetto impacciato, i capelli scompigliati e le gote arrossate.
«James...» fece, in un mormorio appena udibile.
Lui non rispose.
«Marlene!» mi apostrofò Sirius, attirando l'attenzione di tutti. «Non volevo che il loro fantomatico chiarimento avvenisse in circostanze così tragiche, per le mutande zebrate della Signora Grassa!»
Dopo averlo
letteralmente fulminato con lo sguardo, osservai attentamente la reazione dei diretti interessati.
Lily fissava James. James fissava la parete.
«AVEVO DETTO NON PIU' DI QUATTRO PER VOLTA! FUORI!» mugghiò minacciosamente Madama Chips, comparsa all'improvviso da dietro le tendine immacolate di cui era circondato il lettino di mio cugino.
«Ma signora, si è appena risvegliato!» protestò Peter; noialtri annuimmo con convinzione.
«Non m'importa, fuori di qui! Possono rimanere soltanto quattro di voi» ribatté testardamente l'infermiera.
«Gente, volenti o nolenti... dobbiamo sloggiare!» si lamentò teatralmente Sirius portandosi una mano alla fronte.
«Taci, Black» borbottai. Lily mi lanciò un'occhiata supplichevole che decisi d'ignorare appositamente. «Lily e James hanno molto di cui discutere. Quindi ora leviamo le tende, tutti quanti. Arrivederci, ragazzi!» annunciai tranquillamente.
Giuro, Lily mi stava ammazzando con il semplice potere del suo sguardo.
«Ragazza mia, hai
pienamente ragione. Ciao, voi due!» tuonò complice Black trascinandomi con sé fuori dal raggio d'azione della micidiale vista di Lily.
«Stammi bene, Jamie» esclamò Frank sorridendogli bonariamente. «Torneremo domani».
«A più tardi, Lils!» promise Mary facendole l'occhiolino.
Uscimmo dall'infermeria facendo un trambusto del diavolo che suscitò le lamentele degli altri studenti in degenza. Una volta fuori, mi ritrovai un involontario ghigno decisamente malandrino impresso in faccia.



◊◊◊


Lily stava ancora fissando il punto oltre il quale quell'impostora traditrice di Marlene era scomparsa con il resto della combriccola. La rossa sembrò accorgersi soltanto un paio di minuti più tardi di trovarsi nello stesso posto con James Potter, completamente sola.
Il sopracitato ragazzo continuava ad osservarla con un'espressione molto vicina all'irritazione negli occhi; Lily si volse verso di lui puntandogli contro quei suoi verdi occhi inquisitori che lo facevano sentire spesso e volentieri a disagio con sé stesso.
Poi, il silenzio si spezzò.
«Senti, io...»
«Perché non...»
James ammutolì di colpo, e così fece Lily.
Il nervosismo tra loro era palpabile, si respirava nell'aria.
Il moro le fece un cenno con il capo, al che lei sorrise mestamente. Pensò a tutto quello che aveva da dirgli e a quanto fosse ridicolo farlo proprio in quella circostanza, tuttavia la Caposcuola decise che, per una volta, non avrebbe dato ascolto alla sua mente pragmatica, ma avrebbe seguito ciò che le suggeriva il cuore.
Scostò una ciocca di capelli dal viso, sistemandosi meglio sulla seggiolina sulla quale aveva dormito quella notte attendendo il risveglio di James, le cui ferite si erano lentamente rimarginate grazie ai complicati contro incantesimi eseguiti dal Preside Silente in persona.
«Potter, io...» ricominciò, imbarazzata. Si sentiva così ipocrita. «Non sai quanto ti sono grata».
James sembrò non aver creduto alle proprie orecchie poiché cercò di raddrizzarsi sul suo letto, ad un tratto molto più interessato e curioso. Lily si accorse di quel cambiamento, e sbuffò lievemente.
«Non montarti la testa, ora» precisò beffarda, senza tuttavia riuscire a reprimere del tutto un sorrisetto.
«Non capisco perché tu mi stia ringraziando. Ho semplicemente ricambiato il favore, Evans» ribatté James, teso quanto una corda di violino.
Non riusciva a togliersi dalla mente gli insulti che la ragazza gli aveva riversato addosso appena quattro giorni prima.
Le nocche della mano destra, con la quale aveva colpito il muro del suo Dormitorio una volta tornato dalla disastrosa ronda, pizzicarono sgradevolmente.
«Sì. Ma io non ho rischiato di morire, quando ti ho difeso» mormorò Lily terrificata, ripensando agli squarci sanguinolenti sul petto e sul collo del compagno di Casa, i quali avevano lasciato il posto ad alcune eteree quanto profonde cicatrici biancastre.
«Andiamo, non è successo niente» scherzò James, scuotendo la testa. Rialzò lo sguardo e notò il repentino cambio d'espressione di Lily, che lo fissava incredula.
«“Non è successo niente”? Potter, non fare lo spaccone pure ora...» disse la ragazza.
James non le permise di continuare: «Perché sei rimasta? Potevi andartene».
Lily bloccò i suoi sproloqui, fermandosi con le mani sospese a mezz'aria; i suoi occhi tornarono alle cicatrici del ragazzo, come calamite.
«Stai scherzando? Non potevo lasciarti lì, agonizzante e in una pozza di sangue! Hai rischiato di morire, Potter...» rispose Lily, angosciata.
«Tu mi odi» disse semplicemente James, sospirando. La giovane non seppe cosa rispondergli.
Non erano amici, era vero. Forse non lo sarebbero mai diventati. Ma odiarlo...
Per qualche strano motivo le venne la penne d'oca, e rabbrividì.
«Io... io
vado, ora. Vado a cena» farfugliò. «A presto, Potter. Rimettiti presto» gli augurò.

Si voltò e raggiunse le tendine poste attorno al letto del ragazzo: le scostò, e non si fermò più, non si girò neppure a guardarlo un'ultima volta.
Lily non poté cogliere l'improvvisa,
profonda tristezza comparsa negli occhi nocciola di James.

Lily uscì, chiudendosi alle spalle la porta dell'Infermeria con un tonfo sordo; poi, si portò una mano al petto. Un palpitare frenetico.
Corse via, lontano.



(Severus)

L'eco dell'urlo lancinante di Potter mi rimbombò nelle orecchie; non accennava a smettere di perseguitarmi.
Evan era comodamente disteso sul divano di pelle nera della nostra sala comune, il capo poggiato sopra le vellutate gambe di Daphne, che gli carezzava piano i capelli castani.
«Piton, complimenti. L'Oscuro Signore ti ricompenserà a dovere, puoi starne certo» ripeté per l'ennesima volta Bellatrix, seduta sulle ginocchia di Avery che, dalla sua poltrona vicina al caminetto, ci osservava con aria vagamente annoiata.
La mia mente tornò alla scena di poco prima: sentii nuovamente il potere della maledizione scorrermi nelle vene, implacabile ed affamata di sangue.
«Hai dato prova di essere pronto per entrare a far parte dei Mangiamorte, vecchio mio» ghignò Nicolai* dal suo angolino in penombra. Gli altri presenti fecero cenni d'assenso con il capo.
Ero perfettamente consapevole di non poter più tirarmi indietro, avevo compiuto la mia scelta definitiva diversi mesi prima – oramai mancava l'ultima, determinante cerimonia e poi sarei ufficialmente entrato a far parte dei Mangiamorte, sarei diventato un infiltrato nella scuola per conto del Signore Oscuro.
Ma allora cos'era quella strana sensazione di disagio?
Ripensai alle lacrime di Lily, alle sue urla disperate. Perché aveva implorato la mia resa? Perché non aveva gioito assieme a me?
Quel Potter, l'essere che da anni ci tormentava, stava finalmente ricevendo ciò che si meritava...
Ricordai i pomeriggi passati ad insultarlo, ridendo di lui e dei suoi idioti ed immaturi compari. Ricordai la profonda irritazione che coglieva Lily ogniqualvolta l'incrociavamo per i corridoi della scuola con il suo branco di scapestrati al seguito.
Ricordai il pomeriggio assolato di due anni prima, il pomeriggio in cui per colpa loro avevo perduto per sempre la mia Lily, la mia migliore amica.
Se
solo i Malandrini non fossero mai esistiti, avrei potuto avverare il mio sogno più grande, avrei potuto dare una scossa a quella vita maledetta che mi perseguitava da quando ero bambino.
Mi riscossi dai miei turbolenti pensieri e ritornai con la mente al presente, dove gli altri studenti, i miei
amici, attendevano che io rispondessi. Che io esultassi, assieme a loro.
«Lo so benissimo, Mulciber» risposi, imperturbabile.
Il mio sguardo corse senza meta in giro per la stanza, poi si pose sulla magra figura che si stagliava contro le eleganti tende argentee della sala.
Regulus Black avanzò fino ad accomodarsi accanto a Marcy Greengrass, negli occhi un leggero disagio.
«Regulus, mi auguro che terrai alto il nome dei Black assecondando le scelte di zia Walburga e zio Orion» gracchiò Bellatrix accarezzandosi dolcemente l'avambraccio da poco Marchiato a fuoco.
«Ovviamente, Bella. Non puoi dubitare di tuo cugino» rispose per lui Rosier, fissandolo dritto negli occhi. «Tuttavia, mi preme maggiormente capire come mai tu abbia esitato così tanto a Cruciare Evans, Severus» sibilò poi, rivolgendosi a me.
Daphne si spostò più a destra, lasciandolo libero nei movimenti. Evan si ricompose, appoggiandosi allo schienale del divanetto.
M'impietrii.
In cuor mio, quel pomeriggio, avevo sperato fino all'ultimo che arrivasse qualcuno a mettere la parola fine alla sceneggiata da noi messa in atto.
Mi era stato detto molto chiaramente che avrei dovuto dar prova di coraggio se volevo diventare un Mangiamorte in piena regola, ma non avevano specificato in che modo.
Quello dovetti capirlo da solo.
I Mezzosangue erano diventati il mio obbiettivo.
I Mezzosangue, i Nati Babbani.

Lily.



(Mary)

«Ragazze, sono torn cazzo!» imprecò Alice dopo essersi rumorosamente introdotta nella nostra tranquilla stanzetta ed aver inciampato in una scarpa vagante e di sconosciuta provenienza.
«Ehi, Mac, ricordami di sgridare i Malandrini. La piccoletta sta diventando troppo scurrile, per i miei gusti» ridacchiò Marlene dal suo letto, rotolando su se stessa per riacchiappare il Boccino regalatole tre anni prima da James per il suo compleanno.
Alice le fece una linguaccia, poi andò a baciare Lily sulla guancia.
«Tesoro, devi raccontarci cos'è successo» le sussurrò dolcemente, spalancando i grandi occhi marroni.
Quella notte Lily era rimasta con James, e per tutto il giorno non avevamo avuto modo di discutere dell'accaduto.
Lils fece uno strano gesto con la mano, a disagio. Detestava essere al centro dell'attenzione...
«Se potessi, prenderei a mazzate quei dannati Serpeverde» esclamò d'un tratto una combattiva Emmeline, riemersa dal suo libro sull'interpretazione dei sogni.
«Ragazze, che ne dite se parliamo d'altro? Qualche nuovo pettegolezzo?» buttai lì, avendo notato lo sguardo spaurito di Lily, che mi sorrise rincuorata.
«Sono più che d'accordo, Mary!» mi diede manforte Marlene, scagliando il piccolo Boccino sbatacchiante dritto dentro il suo gigantesco baule aperto e decorato con le nostre foto più belle. Un'undicenne e paffuta Alice colpita in pieno viso dalla pallina volante corse indispettita fuori dal bordo della sua piccola fotografia, scomparendo alla vista.
«Sì, Lène! Com'è che eri così pappa e ciccia con Sirius, ieri?» pigolò allegramente Alice, lanciandole una matita; Marlene avvampò. Le altre, compresa Lils, risero.
«Mpf, piantala» bofonchiò Lène correndo al bagno con la scusa di lavarsi i denti.
«Ho mal di testa» mentii. «Me ne vado a letto».
Estrassi da sotto il cuscino il mio solito – ed imbarazzante – pigiama con le Puffole Pigmee gialle ricamate, lo infilai e mi buttai di pancia sopra le coperte.
«Buonanotte, Mary!» disse Lily lasciandomi una carezza sul capo.
Marlene, riaffiorata dalla toilette, mi si avvicinò di soppiatto e mi schiaffeggiò forte il sedere, facendomi cacciare uno strillo degno di un Maride.
Dieci secondi più tardi la stavo rincorrendo per la Sala Comune.

Con il pigiamino addosso, le Puffole gialle e tutto il resto.








*Nicolai Mulciber (ndr)


NdA: Per quelli che sono ancora qui, bentrovati! So che siete sorpresi di trovarmi così in anticipo, quindi vi avviso: non fateci troppo l'abitudine. Eheh.
Comunque, sono soddisfatta del mio lavoro, una volta tanto.
Bene, alla fine James e Lily non hanno chiarito un emerito niente. Ma... state tranquilli!
cescapadfoot, come hai visto, ho inserito il poV di Severus :) che ne pensi? Io... boh, è l'unica parte che non mi convince troppo, uffa. Lo odio, c'è poco da fare.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto tanto quanto a me è piaciuto scriverlo, lo spero davvero!
BON.
Siete sempre favolosi, grazie a tutti.

Un bacione, Lilies


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Capitolo 9
*** IX: Di angusti sgabuzzini, licantropi impazziti e cuori spezzati ***


NdA: le parti in corsivo rappresentano i flashback ;)


IX
Di angusti sgabuzzini, licantropi impazziti e cuori spezzati




Quel venerdì il cielo era interamente ricoperto di nubi grigiastre e cupe, le quali non fecero che incrementare l'ansia negli animi della popolazione magica già messa grandemente all'erta durante l'estate appena trascorsa dal Ministero della Magia circa la vera natura delle misteriose sparizioni di Babbani e Mezzosangue che avvenivano ormai quasi quotidianamente.
Un fastidioso venticello gelido proveniente dalla vicina costa scozzese soffiava costantemente minacciando un temporale e lasciando presagire la presenza di cupi individui nell'aria. Poco prima dell'inizio di settembre, infatti, un manipolo di Dissennatori era fuggito da Azkaban, la prigione dei maghi, quasi certamente aiutato da forze oscure. Notizia, questa, che il
Profeta si era premurato di far passare sotto il più accurato silenzio per evitare di creare ancora più scompiglio tra le famiglie. Gli Auror del Ministero, tra i quali spiccava per talento e fama il rinomato Alastor 'Malocchio' Moody, non vedevano affatto di buon occhio la scelta presa dalle autorità. “Vigilanza costante, diamine! Questo è quello che le persone dovrebbero avere!”, soleva ripetere il navigato combattente. Proprio a causa di questo suo drastico modo di pensare l'attuale Ministro aveva dato l'ordine di tenere sotto stretto controllo Moody: di quei tempi si diffidava di chiunque, la paura mangiava gli animi, si cibava dell'effimera speranza che ancora sopravviveva nelle persone che vivevano quella guerra sulla propria pelle.
Il caos dovuto ai violenti attacchi di Lord Voldemort e dei suoi seguaci pareva evaporare, se ci si trovava a Hogwarts. Le possenti mura della più famosa scuola di Magia e Stregoneria della Gran Bretagna si ergevano in tutta la loro imponenza, e ciò bastava a rasserenare i suoi abitanti facendoli sentire protetti da ogni insidia.
Gli studenti di Hogwarts s'erano riversati in massa sul parco della scuola (provocando una crisi di nervi al vecchio custode Argus Gazza) subito dopo la fine delle lezioni pomeridiane ed erano testardamente intenzionati a godersi gli ultimi attimi di quel venerdì particolarmente stancante anche se avrebbero dovuto sfidare a testa alta l'imminente acquazzone.
Il preside Albus Silente, seguendo l'esempio dei suoi scalmanati studenti, aveva deciso di concedersi una tranquilla passeggiata in compagnia della professoressa McGranitt e del professor Vitious lungo le sponde del Lago Nero ed approfittato del fatto per discutere con loro dei provvedimenti che avrebbero dovuto prendere per punire coloro che avevano teso un agguato a James Potter e Lily Evans il pomeriggio del nove settembre.
Il giovane Potter aveva subito un danno alla memoria a causa della maledizione che lo aveva colpito e quasi ucciso, e diceva di avere il vago ricordo di un volto molto pallido ed altrettanto molto sfocato. Impossibile capire di chi si trattasse, o se il ragazzo fosse stato Obliviato. Lily Evans si era chiusa in uno scioccato silenzio. Il preside non aveva voluto cercare di forzarla in alcun modo e non aveva nemmeno potuto biasimarla, dato l'ineluttabile stato di shock di quella ragazza così giovane e già sobbarcata di pesanti e notevolmente pericolose responsabilità che agli studenti della scuola, ed anche ai suoi più cari amici, non era dato conoscere.
Il caso non era stato archiviato, si attendeva solamente una svolta decisiva degli eventi, si aspettavano prove schiaccianti per incastrare i malfattori. Silente non poteva negare il fatto di essere rimasto pressoché angosciato dalla notizia: il male si faceva strada, stava lentamente raggiungendo la sua scuola.



◊◊◊


Una studentessa dall'aria piuttosto contrariata avanzava a passo di marcia setacciando in lungo e in largo lo sconfinato parco della scuola, completamente assorta nei suoi pensieri ed alla disperata ricerca di qualcosa, o qualcuno. Quando un baldo giovane dai capelli neri come la pece la salutò allegramente con la mano la studentessa non se ne accorse nemmeno, e non si voltò per rispondere al saluto: un istante dopo che lei gli fu sfrecciata accanto senza aver dato segno di averlo notato, o riconosciuto, il ragazzo ridistese il braccio lungo il fianco, confuso. Dopo una noncurante scrollata di spalle il bruno tornò a dedicare tutta la sua attenzione alla deliziosa ed impaziente fanciulla stretta tra le sue braccia che lo stava fissando con aria adorante da circa cinque minuti.
I pensieri del giovane tornarono nuovamente a pochi istanti prima, senza che lui riuscisse a controllarli. Quella Marlene McKinnon era sempre stata così, da che la conosceva: ribelle, irrimediabilmente sbadata ed impaziente. James non l'avrebbe mai ammesso davanti ai Malandrini, ma adorava indiscutibilmente quel tornado che aveva per cugina.
...ma, ecco, questo era il punto. James la pensava così.
Non lui, no.
Non era nemmeno sicuro che Marlene fosse sua amica: si erano sempre ignorati educatamente, e non sembravano sentire l'impellente bisogno di rivolgersi la parola, neppure quando si trovavano nella stessa stanza. Lui, da bravo fomentatore, talvolta si divertiva a punzecchiarla, si prendeva gioco di lei senza ritegno alcuno suscitandone l'ira: Marlene prontamente ribatteva a tono, perché non si lasciava mai mettere i piedi in testa da nessuno. Tanto meno da quel Black.
Marlene e Sirius non erano mai giunti al livello di astio che correva tra James e Lily, quello no. La McKinnon era una bella ragazza – una ragazza incantevole – e con un buon carattere, con la quale però il bel Black non era mai riuscito a creare un vero e proprio legame affettivo.
La sua mente ritornò insistentemente a pochi giorni prima, quando lei gli si era avvicinata ed avevano discusso animatamente, come se fossero i migliori amici del mondo. Qualcosa era cambiato, di punto in bianco. Avevano scherzato, ed i loro sguardi si erano incrociati. Nessuno dei due aveva avuto le palle per mantenere vivo il contatto. Proprio lui, il grandioso e temerario Sirius Black, aveva tossicchiato e se l'era data a gambe, lasciando Marlene totalmente disorientata a fissarlo stranita.
Sirius scosse violentemente la testa per la seconda volta, scrollandosi di dosso tutte quelle inutili riflessioni. Nel presente, lo sguardo ammirato della ragazzina con cui aveva intenzione di spassarsela per il resto di quel pomeriggio gli stava dando altamente sui nervi. Doveva risolvere la faccenda.
«Senti...» come diavolo si chiamava?, «tesoro».

Sei un genio fatto e finito, fratello”, si congratulò giulivo.
Lei annuì curiosa, osservandolo con malcelata malizia e schioccando rumorosamente le labbra.
«Ho, ehm... un impegno, fra poco. Devo andare, dolcezza. Ci becchiamo in giro» borbottò il moro cercando di sorriderle ammiccante e stringendola leggermente a sé.
La solita, – geniale!scusa. Funzionava sempre.
Audrey, (Anne, o Amber?) annuì di nuovo come un cagnolino ammaestrato, continuando a sorridergli scioccamente. Senza dire nulla né protestare si protese verso di lui e gli lasciò un rumoroso ed appiccicaticcio bacio sulle sue labbra carnose, stupidamente schiuse dallo stupore per tanta accondiscendenza. Solitamente, quando si liberava delle sue spasimanti, quelle iniziavano a strepitare come galline piagnucolanti. Una volta che si fu rimessa elegantemente in piedi, la ragazza si allontanò ancheggiando voluttuosamente. Sirius rimase a fissarla, sconcertato.
Era pienamente consapevole – e non mancava mai di rinfacciarlo a James – di essere il ragazzo in assoluto più desiderato della scuola. Tuttavia certe ochette, malgrado lo soddisfacessero la maggior parte delle volte in cui ci passava del tempo assieme, non avrebbero mai finito di stupirlo. E non in senso buono, no.
Alcune erano maledettamente idiote, a detta sua.
E questo fatto aveva largamente contribuito a rendere l'amore come qualcosa di totalmente futile e sfiancante ai suoi occhi. “Meglio starne alla larga”, sosteneva orgogliosamente il bel moro.
La persona con cui Sirius aveva avuto la relazione più duratura era Mary MacDonald: si erano messi insieme al secondo anno, e si erano lasciati – tra litigate isteriche e non proprio velati insulti – esattamente undici giorni e quindici ore più tardi.
I Malandrini e Frank erano rimasti palesemente impressionati dall'impresa dell'amico, e riuscivano a stento a nascondergli l'invidia.

Dopo un po' diventano fastidiose, porco Merlino. Fidati, fratello, non ti perdi nulla”, aveva assicurato con un sorrisetto di scherno il precoce rubacuori all'amico occhialuto, che aveva continuato a fissarlo con aria angosciata e piuttosto sbalordita.
Amoreggiare con chiunque fosse un essere respirante appartenente al sesso opposto al suo rappresentava un semplice e libidinoso passatempo; Sirius amava divertirsi ed atteggiarsi ad un casanova d'altri tempi, i suoi migliori amici lo sapevano benissimo e James si era sempre comportato come lui, anche se in misura minore: d'altra parte, non faceva neppure nulla di male, dato che molte delle ragazze con cui andava non vedevano l'ora di portarselo a letto, e glielo dicevano senza mezzi termini. E per lui valeva lo stesso.
I sentimenti non c'entravano mai un cazzo, nella vita di Sirius Black.
Quando una di quelle tipette prendeva una seria sbandata per lui – “Dovrò fare in modo che quella Andy o come-cazzo-si-chiama non mi trovi mai più, maledizione!” Sirius sfruttava al massimo le sue doti di ideatore di piani malefici per sfuggire alle sue assillanti grinfie. Nei casi più complicati... non esitava a spezzarle il cuore.
Il dio greco impossibile da conquistare, o Testa-di-cazzo, come l'avevano denominato alcune ragazze (di queste ultime faceva parte una disgustata Lily odio-i-maschi Evans, come
amava chiamarla Sirius al loro terzo anno): ecco come appariva il rampollo della nobile casata dei Black agli occhi della maggior parte della popolazione femminile Hogwartiana.
Sirius si guardò attorno e fece l'occhiolino alla graziosa brunetta di Tassorosso con gli occhi a mandorla seduta all'ombra di un alberello a pochi metri da lui. Lei arrossì e si voltò verso la sua scialba amica allampanata, rossa in viso. Black sogghignò fra sé, poi s'infilò tra le labbra una delle sigarette fregate alla scorta segreta di James dopo averla accesa alla babbana con un vecchio accendino bluastro. Si stiracchiò svogliatamente, poi espirò un po' di fumo nebuloso.
La brunetta ogni tanto lo guardava timidamente di sottecchi. Sirius sorrise malizioso e si rimise in piedi in un baleno, spazzolandosi sbrigativamente i pantaloni della divisa sporchi di polvere. Avanzò verso la sua prossima preda con il suo solito portamento da nobile aristocratico, senza mancare di attirare gli sguardi infuocati del resto delle ragazzette che gli ronzavano attorno come api sui fiori.
«Piacere, dolcezza. Come mai tutta sola? Sono Sirius... Sirius Black» soffiò con voce arrochita.



(James)

«Ci vediamo, Jim. Fai il bravo» mi salutò Marlene dopo avermi abbracciato affettuosamente e sorriso come solo lei sapeva fare.
«Ciao, Lène. Fammi un favore, tira un calcio dove non batte il sole a Sirius da parte mia» mi raccomandai ghignando malignamente. Marlene sparì oltre il portone di legno.
Sospirai pesantemente, fissando con sguardo vacuo una delle grandi finestre dell'infermeria oltre la quale si stagliava uno dei più scenografici spettacoli della natura: il rigoglioso parco della scuola era punteggiato di studenti festanti, mentre lo specchio d'acqua del Lago Nero, all'interno del quale albergava la dispettosa Piovra Gigante, era completamente piatto. A quella visione sorrisi amaramente, ripensando a tutte le volte in cui Evans aveva categoricamente rifiutato i miei inviti a Hogsmeade dicendo di preferire quel mostro spaventoso a me.
Scossi violentemente la testa fasciata sfidando la gravità, dato l'abnorme quantitativo di bende in bilico che minacciava di srotolarsi e cadere a terra, ed allontanai quegli sciocchi pensieri.
Puntai inavvertitamente lo sguardo verso il comodino appena visibile e carico di pacchettini di varia misura incartati con i colori più sgargianti, mazzi di gigli profumati, Calderotti ripieni delle più potenti pozioni d'amore e cartoline d'auguri animate (tra le quali figurava quella con un maestoso cervo bianco con gli occhiali ed una nauseante poesia sdolcinata, opera di Sirius). Sogghignai spudoratamente ripensando alla faccia sconvolta di Felpato la prima volta che aveva scorto quel tripudio di doni, il giorno prima.
Dopo aver constatato quanto stupido sembrassi a ridere da solo, mi rabbuiai.
Nonostante in sei anni anni avessi trascorso un bel mucchio di giornate rinchiuso in quell'infermeria bloccato a letto con le più svariate ossa del corpo ridotte in mille pezzi a causa di qualche mastodontico Battitore avversario incurante delle regole, non riuscivo proprio a farmela andare a genio. Nemmeno le amorevoli – e pressanti – cure della cara Poppy mi rincuoravano più di tanto: mi sentivo solo e abbandonato a me stesso, costretto a stare in un luogo che aveva visto passare su di sé, in tutti quegli anni, le salme di due persone. La prima, quella di Mirtilla Malcontenta, l'insopportabile e piagnucoloso fantasma che infestava i bagni delle ragazze; la seconda era di un vecchio Preside, Armando Dippet, morto di Vaiolo di drago* subito dopo essersi dimesso dall'incarico. Pensai cupamente che probabilmente, dati i tragici eventi che a quel tempo si succedevano incessantemente l'uno all'altro, la prossima spoglia ad entrare in quella stanza sarebbe stata la mia, o quella di qualche altro studente. O amico. Mi sentii accapponare la pelle.
Silente era stato piuttosto chiaro, al discorso di benvenuto: ci aveva da subito messi in guardia, aveva francamente espresso le sue preoccupazioni e ci aveva resi coscienti del fatto che Hogwarts era stata protetta in maggior misura, e che una squadra composta dai migliori Auror del Ministero pattugliava senza tregua i confini della scuola.
Decisi di scacciare quelle inquietanti congetture e di concentrarmi sul bottone del mio pigiama verde acido con i boccini ricamati – gentile dono della mia vecchia ed ormai defunta nonna Cheryl, che aveva fatto in modo che esso si allargasse con il passare degli anni così che mi calzasse sempre alla perfezione – che minacciava di saltare via da un momento all'altro.
Marlene se n'era andata dopo aver sacrificato due ore di studio per farmi compagnia in quel lustro ambulatorio perennemente cosparso di uno strano odore di disinfettante.
Quella mattina, prima di pranzo, Sirius, Peter ed un Remus dall'aria malaticcia – influenzato dall'avvicinarsi del plenilunio – erano passati per un saluto e mi avevano donato un cospicuo mucchietto di prelibatezze sottratte agli Elfi delle Cucine. Sirius avrebbe voluto marinare le lezioni del pomeriggio ma Lunastorta, conscio dei suoi doveri di prefetto, era stato irremovibile e l'aveva trascinato via di peso con l'aiuto di uno spaventatissimo Codaliscia. Frank, Alice, Aaron, Emmeline e Louis, il ragazzo di quest'ultima, sarebbero venuti a trovarmi dopo cena.
I ragazzi si erano praticamente divisi i turni di visita in modo che fossi solo il meno tempo possibile. Quando avevo capito il loro piano ero stato sul punto di scoppiare a piangere per la commozione, ma... ne andava della mia brillante reputazione, perciò mi ero limitato a prenderli un po' in giro accusandoli di essere apprensivi quasi quanto mia madre Dorea.
L'ultima volta che io e Lily c'eravamo ritrovati nella stessa stanza senza scannarci a vicenda era stato il giorno dopo il mio risveglio, il giorno dopo il nostro ennesimo alterco.



◊◊◊


«Ciao, Capitano!» esclamò allegramente Mary facendo capolino dalla porta con i voluminosi riccioli ballonzolanti sul petto ed avvicinandosi per stritolarmi in un goffo abbraccio.
«Piano, Mac...» mugolai con voce soffocata, sentendo lo stomaco stringersi dolorosamente sotto il suo tocco. Mary strillò e si staccò un secondo dopo, agghiacciata.
«Accidenti, Jamie!» si scusò esagitata. «Mi ero dimenticata che...»
«Lascia perdere» la consolai, allegro. «Allora, come va la vita tra i comuni mortali?»
«Oh, non c'è male... la tua, piuttosto?» rispose frettolosamente sorridendomi sghemba. «Lily, che aspetti?! Vieni qui...» ordinò Mary esitante dopo essersi voltata verso l'ingresso.
Evans stava in piedi ritta contro la porta, impietrita e con l'aria di un'anima in pena, i lunghi capelli rossi raccolti in uno scomposto chignon. La ignorai deliberatamente.
«Io sto molto meglio, sì. Madama Chips vuole trattenermi ancora qualche giorno» dissi ostentando disinteresse. Sorvolai sul fatto che quella notte avevo patito le pene dell'inferno a causa delle ferite che lentamente andavano rimarginandosi grazie all'intervento di Silente.
Morivo già dalla voglia di uscire di lì.
Mary annuì incoraggiante, mulinando la folta chioma riccioluta, poi si sedette sulla seggiolina accanto al mio letto.
Notai l'occhiata rovente che gettò a Lily, la quale non dava segni di volersi schiodare dalla sua postazione.
«Be', le cicatrici sono sparite, no?» chiese Mary con fare casuale ed osservandomi attentamente in cerca di qualche malanno occultato.
«Oh, quasi tutte!» l'informai gongolante. «Vuoi vederle, Mac? Dovrei alzare la maglietta, ma se non t'infastidisce...» scherzai lanciandole un'occhiata maliziosa.
Lily gemette piano, a disagio.
«
JAMES!» mi riprese Mary guardandomi bieca prima di scoppiare a ridere con la sua caratteristica risata squillante.
Pochi istanti dopo, il silenzio si fece strada tra noi; lo sguardo agitato di Mary si spostava freneticamente da me a Evans, che era sempre più in impaccio.
«Fra poco scatta il coprifuoco» borbottai di punto in bianco. Non avrei sopportato un minuto di più gli occhi di Lily puntati contro la mia nuca.
Stavo lentamente andando a fuoco, ed era la
seconda volta in due settimane.
«Porca pluffa! Non avevo controllato l'ora... non voglio dover andare già via, Jamie» si lamentò Mary, visibilmente dispiaciuta.
Scrollai le spalle. Lei esitò, poi mi abbracciò nuovamente, stavolta con più cautela, e mi baciò delicatamente una guancia in segno di congedo.
«Ci vediamo più avanti, guastafeste. Non vedo l'ora di rivederti torturare Frankie ad allenamento» bisbigliò malandrina strizzandomi l'occhio.
«Neanch'io, Mac. Sto impazzendo, senza Quidditch».
Mary sparì dietro la porta dopo avermi sorriso spensierata per l'ennesima volta.
L'occhiata che Evans, ancora ferma accanto all'uscio, mi lanciò, penetrò a fondo dentro di me. Non disse nulla, e fece per andarsene...
«Sei giusto un po' ridicola, Evans. Te ne rendi conto, sì?» domandai retorico. Lei si fermò, senza smettere di torcersi le mani. «Non sentirti obbligata a venirmi a trovare. Non mi servono a un cazzo le tue dannatissime occhiate astiose» conclusi bruscamente.
Stavo velocemente perdendo quel briciolo di pazienza che ancora mi rimaneva.
«Io...» balbettò lei flebilmente, corrugando la fronte. «Non ci riesco, Potter».
Detto ciò scomparve rapida com'era arrivata, non senza che non avessi captato un impercettibile singhiozzo soffocato uscirle di bocca.



(Lily)

M'inchiodai sul posto non appena ebbi raggiunto il corridoio adiacente all'infermeria, tentennando per quella che immaginai fosse la centesima volta da che ero uscita in tutta fretta dalla sala comune.
Non riuscivo proprio a schiodarmi da ciò che pensavo di Potter, non riuscivo minimamente a guardare oltre la sua facciata di arrogante prepotenza.
Cosa ci facevo lì? Nemmeno lui aveva la benché minima voglia di rivedermi, perché avrei dovuto fare io il primo passo?
Ripensai alla visita di due giorni prima ed avvampai di vergogna diventando della stessa fiammante tonalità dei miei capelli. Un ragazzino dalla pelle pericolosamente diafana mi passò accanto squadrandomi incuriosito, poi saettò via saltellando.
Quella mattina, a colazione, il professor Silente mi aveva convocata nel suo sontuoso ufficio, poiché aveva, com'era ovvio che fosse, tutto l'intento di scoprire quale fosse l'identità delle persone che avevano attaccato me e Potter. Per tutto il tempo mi aveva scrutata con un barlume di viva impazienza negli attenti occhi azzurri nascosti dalle fragili lenti dei suoi immancabili occhiali a mezzaluna, le mani giunte e la lunga barba argentea legata da un nastro marroncino in tinta con la scintillante tunica beige e oro che indossava.
Non avevo avuto il coraggio di fare il nome di Severus. Il suo volto paonazzo d'odio baluginava nei miei sogni la notte, senza che riuscissi a fare qualcosa, qualsiasi cosa, per tenerlo lontano.
Ero certa che non l'avrei mai perdonato per il suo gesto: non era ancora stata chiarita la natura dell'incantesimo che aveva quasi ammazzato Potter, ma ero certa appartenesse alla lista di incantesimi inventati da Severus, quegli incantesimi che io stessa avevo contribuito a creare.
Ma allora
perché non confessare?



◊◊◊


«Dovrei inventarne uno per i tizi come Potter e Black, non trovi?»
Una quindicenne Lily Evans posò la piuma impregnata di lucido inchiostro nero sopra il tema di duecentodieci centimetri sulle proprietà fondamentali dei bezoar che il professor Lumacorno aveva affibbiato alla classe come punizione per aver riso dello scherzo giocato da James Potter e Sirius Black ai danni del mastodontico Serpeverde Mulciber – risate a cui lei non aveva
ovviamente partecipato per il semplice piacere di vedere quei due allocchi tornarsene mogi con la coda tra le gambe.
I suoi stupefacenti occhi verde chiaro osservarono con curiosità il volto del compagno di studio, soffermandosi sulle sue scarne labbra piegate in un sarcastico sorriso.
Severus la guardò di rimando, arrossendo appena.
«Dovresti, sì» acconsentì il neo eletto prefetto, dopo aver ghignato assieme all'amico.
«Ci scriverò accanto un appunto: “contro i nemici”» proseguì il ragazzo, lieto di aver avuto l'approvazione dell'amica. «Per evitare di usarlo contro di te, sai» precisò.
«Chiaro!» Lily ridacchiò sommessamente, lieta di aver appena ideato un piano da usare contro quegli scalmanati 'Malandrini', come usavano chiamarsi Potter e i suoi.
Storse il piccolo naso coperto di leggere lentiggini, gemendo di disgusto.
«A che pensi, Lils?» domandò allora Severus avendo notato l'irrequietezza della rossa. Lily scrollò le spalle con noncuranza, gettando al compagno un'occhiata complice.
«Penso che quegli idioti avranno finalmente quel che si meritano, Sev. Sei un genio!» si complimentò, dando un affettuoso buffetto sull'avambraccio scoperto di Severus, che avvampò d'imbarazzo nel momento in cui la mano dell'amica si era scontrata con la sua pelle olivastra.
«Io invece ti voglio un mondo di bene, malefica streghetta dei miei stivali» scherzò lui guardando teneramente Lily, che arrossì, felice dell'insolita dimostrazione d'affetto di quel ragazzo solitamente timido e restio ad esternare emozioni.
Severus amava sopra ogni cosa compiacerla, anche e
sopratutto quando si trattava di mettere in ridicolo quel Potter e i suoi ineffabilmente imbecilli compari.



(Lily)

Era una maledizione, l'incantesimo da scagliare “contro i nemici”. Una maledizione quasi letale, quando il massimo che c'eravamo azzardati a raggiungere era stato creare un incanto che facesse ripetere allo stupido peluche a forma di cervo che Potter aveva una volta sventolato in giro per l'aula di Incantesimi la frase “sono un imbecille totale”.
«Evans» mi chiamò qualcuno, dando un brusco freno ai miei pensieri.
«Mm?» risposi infastidita non appena ebbi riconosciuto il possessore di quella voce strascicata e penetrante. Black mi strattonò per il braccio, costringendomi a guardarlo in faccia; i suoi occhi colmi di feroce determinazione mi perforarono come lame.
«Vieni» m'intimò secco in un tono che non ammetteva repliche.
«Che cosa st—» farfugliai confusa, facendomi trascinare contro la mia stessa volontà dentro uno sgabuzzino delle scope che si trovava proprio dietro l'angolo.
Giunti all'interno della minuscola stanzetta, Black si decise a lasciarmi andare.
L'odore di polvere e segatura mi riempì le narici; iniziai a tossire senza controllo.
«MA CHE DIAVOLO DI PROBLEMI HAI, RAZZA DI TROGLODITA?!» strillai una volta ripresomi dall'eccesso di tosse e colpendolo su un fianco con quanta forza avevo in corpo.
Lui mi fissò imperturbabile, le braccia intrecciate al petto ed i capelli neri stranamente scompigliati e non come li portava di solito, accuratamente spazzolati in morbide onde.
Risi di quelle sue assurde manie da donna, fonte insaziabile dei miei più pungenti commenti.
«Non ho tempo da perdere con te e il tuo linguaggio erudito, Evans» mi avvertì Black in tono neutro.
Le mie risate si spensero, sorpresa da quella sua uscita così brusca.
Rimanemmo a squadrarci in cagnesco per due minuti.
L'odore di veleno per topi dello sgabuzzino pizzicava fastidiosamente, ed avevo notato che un impressionante quantitativo di ragnatele penzolava pigramente sopra la testa ignara di Black.
Mi imposi di rimanere seria ed annuii impercettibilmente senza parlare, guadagnandomi un'altra occhiataccia.
Black si sistemò sopra una vecchia cassa ribaltata, preparandosi al discorso.
«I tuoi isterismi iniziano a starmi sui coglioni, detto francamente» esordì.
«Sei pazz
» mi intromisi subito, prima di sentirmi tappare la bocca con una sua mano. Le tirai un forte ceffone, e lui la ritrasse seccato. «Sei pazzo» ripetei. «Non m'interessa un emerito niente di quello che detesti di me, Black. L'astio è reciproco e credo tu lo sappia più che bene» sputai acida, cercando ostinatamente di fissare qualcosa che non fosse la sua odiosamente irritante faccia da schiaffi.

«Non hai capito un cazzo, Evans» m'informò Black, scuotendo piano la testa. «Non è di me e te che stiamo parlando, ma di te e James. Del vostro... rapporto».
Bloccai le parole in gola, incapace di controbattere. Possibile che quel Potter avesse deciso di spedirmi Black per darmi una strigliata?
Oh no, non avevano capito con chi avevano a che fare...
«NON T'INTERESSA NULLA DEL MIO RAPPORTO CON POTTER! NON SONO AFFARI TUOI, MALEDIZIONE! SE POTTER NON E' CAPACE DI VENIRE A DIRMI LE COSE IN FACCIA E MANDA I SERVETTI COME TE A FARLO, PUO' BENISSIMO ANDARSENE AL DIAVOLO. E ANCHE TU!» scoppiai furiosa, voltandomi repentinamente verso la malridotta porticina di legno mangiata dalle tarme. Black mi afferrò i polsi impedendomi di uscire. Provai a divincolarmi dalla sua presa ferrea, ma non ci fu verso di scollarmi dalle sue mani.
«Senti, ragazzina» sibilò tagliente e guardandomi dritta negli occhi. Mi spaventò. «Volevo solo avvisarti. James è indicibilmente troppo ottuso per capire che tu sei un'enorme stronza... continuerà a piangersi addosso all'infinito per una che non si merita le lacrime di nessuno. Volevo gentilmente toglierti i bolidi che ti coprono gli occhi e farti vedere James per quello che è veramente, pazza isterica di un'Evans. Ma tu, oh, tu devi saltare subito a conclusioni affrettate. Non c'è verso di farti andare oltre le apparenze, per te nessuno è degno della tua onorevole amicizia, vero? Ma fammi il piacere, la verità è che sei più arrogante di noi. Pensaci bene, eh?» Detto ciò dischiuse rudemente la porta dello sgabuzzino e se ne andò senza più voltarsi.
Mi guardai i polsi, attorno ai quali le sue mani si erano strette con foga: c'erano i segni delle sue dita.
Rimasi con la bocca spalancata in un'orrida smorfia costernata, e non riuscii ad emettere alcun suono per almeno una manciata di minuti.
Ritornata in me, afferrai la borsa che nell'impeto della discussione mi era scivolata a terra e corsi via, cercando di reprimere quelle lacrime roventi ed insistenti che premevano con tutta la loro forza per sgorgare fuori, scendere a briglia sciolta e bagnare per l'ennesima volta il mio viso.
Raggiunsi il dormitorio ancora deserto e mi rinchiusi in bagno, sigillando la porta con un incantesimo.

No, quella volta non mi sarei lasciata andare. Non per loro. Non più per Potter.



◊◊◊


«TU HAI FATTO COSA?!» ululò un furente e pallido Remus indifferente alle decine di occhiate incredule degli studenti seduti al loro tavolo che lo fissavano con morboso interesse.
Era un fatto più unico che raro che il placido Remus Lupin perdesse le staffe nel bel mezzo di un cospicuo gruppo di persone che non comprendesse soltanto i suoi amici più intimi.
«Ah, ma sta un po' zitto. Sei imbarazzante, Lunastorta» sbottò di rimando un Sirius scompostamente adagiato sulla panchina e con i piedi poggiati sulla tavolata ancora ricolma di cibarie. Non sembrò minimamente accorgersi dello sguardo omicida lanciatogli dalla professoressa McGranitt, visibilmente turbata dalla totale mancanza di disciplina di uno degli alunni più brillanti del suo corso.
«STAI ZITTO?! DOVREI STARE ZITTO?» abbaiò ancora Lupin facendo sussultare dallo spavento il suo vicino di panca Simon Price, che si macchiò di bollente zuppa di verdure il maglione della divisa e si scottò lanciando un urlo spacca timpani.
Il preside Silente, il cui udito funzionava perfettamente nonostante fosse ormai un mago notevolmente anziano, non si curò di intervenire per richiamare all'ordine i suoi energici studenti di Grifondoro, e continuò a spettegolare gaiamente con il professor Lumacorno circa gli ultimi deludenti acquisti dei Cannoni di Chudley che li avevano portati a finire all'ultimo posto nella classifica del campionato nazionale.
«Sì, cazzo. Ci stanno guardando tutti» sibilò Sirius cercando l'appoggio di Peter e Frank che continuarono invece a dedicarsi al loro succulento pasticcio di rognone apparentemente ignari di ciò che stava accadendo.
«Remus... parlatene dopo, in dormitorio» s'intromise cautamente Alice sgranando gli occhi. Frank si riprese dallo stato di deliziato intontimento dovuto al cibo ed annuì convinto, guadagnandosi un sorrisetto compiaciuto dalla fidanzata. Remus prese un grosso sospiro e si alzò dalla panca, deciso a filarsela a letto e lasciando il suo pasto a metà.
Emmeline Vance seguì con lo sguardo la sua figura scomparire oltre il giunonico portone della Sala Grande. Poi, lo puntò contro Black, che stava ringhiando insulti ai suoi amici.








*boh, me lo sono completamente inventato ;)


NdA: Yuuuuuhuuuuuu? Ci sieeeeeeeeete? C'è qualcuuuuno laggiù?
In primis, complimenti a chi è stato così audace da sorbirsi 8 (
otto, OTTO) pagine di Word.
Ebbene sì, ho aggiornato nonostante mi senta uno straccio vivente sprovvisto della capacità di captare gli odori (il mio dannato setto nasale è più tappato della bottiglia di Ogden Stravecchio che Sirius nasconde da tempo immemore sul fondo del suo baule scolastico, gente).
Ce l'ho fatta, sì... e questo capitolo (se così si può chiamare) mi fa schifo. Mi disgusta, proprio.
Ho anche provato l'ebbrezza di soffrire del maledettissimo “blocco dello scrittore”. È stato spaventoso.
Date la colpa a lui, se questa robaccia è tutto ciò che sono riuscita a mettere insieme.
Bon, spero che a nessuno di voi sia passato per il cervelletto che per qualche sconosciuto arcano la cara Lily ora adori/sbavi per/ami sopra ogni cosa James.
No. No, no, no, no. NO.
Ci vorrà tempo, per quello. Molto tempo.
Scusate per la c***** dei cadaveri di Mirtilla e Dippet, non so perché diamine io abbia scritto una baggianata simile.
Ecco, Sirius è dolcissimo, nevvero?
C'è praticamente solo Sirius, qui. Ma vabbè, una volta tanto devo dare sfogo alla creatività (ma AHAH) e farlo parlare, quel benedetto ragazzo.
Il prossimo capitolo (ed arrivo a 10, finalmente!) dovrebbe aprirsi con Remus.
Ecco, prossimamente ci sarà più Remus, OLE'!
Questa cosa che mi seguite in più di 30 è un bel traguardo, vi ringrazio dal profondo del mio cuoricino ammaccato (e graaazie infinite anche agli 8 preferiti, ohibò)!
Sono stata visualizzata 400 volte, wooah!
Non so se sia tanto o poco, ma sono pressoché esaltata, sappiatelo!
Aspetto con la solita impazienza i vostri pareri, magari anche di quelle personcine che mi leggono in silenzio.
Davvero, mi rendereste euforica!
Un bacione enorme!

Lilies


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Capitolo 10
*** X: Complicazioni ***


X
Complicazioni




(Frank)

«Merlino, non era necessario che se ne andasse...» osservò desolata Alice fissando Remus che s'allontanava quasi correndo. Sirius la incenerì con lo sguardo, poi tornò a scrutare un punto imprecisato del soffitto incantato, quella sera piuttosto piovoso.
«È questione di un paio d'ore, Alice. Remus s'incazzerà realmente soltanto quando saremo in dormitorio. È probabile che si svegli nel cuore della notte per assassinare rudemente Felp— Sirius. Niente di non visto» borbottò noncurante Peter correggendosi frettolosamente sul finale, continuando a sbocconcellare un biscotto alla cannella e sparpagliando briciole un po' ovunque. I Malandrini ed io eravamo gli unici a conoscenza del piccolo problema peloso di Remus, e molti pensavano sul serio possedesse un coniglietto ingestibile; Alice e le ragazze erano fra quelli.
La mia ragazza, se possibile, sgranò ancora di più quei suoi occhi enormi.
Ridacchiai, dandole un colpetto sulla guancia.
«Devi capire, Pete, che non esiste persona più ansiogena di questa piccoletta» s'intromise Mary facendoci ridere tutti. Alice le fece la linguaccia, poi m'intimò di muovermi, perché voleva tornare in sala comune.
«Si è offesa, Alice si è offesa» cantilenò Marlene con voce melodrammatica.
«Dai, amore. È presto...» mi lamentai, cercando di ignorare Lène ed il suo spettacolino.
Alice mise il muso, intrecciando le braccia al petto in una morsa letale.
«Be', io vado a vedere se Lily sta un po' meglio» ci informò Mary lanciando un'eloquente occhiata a Sirius, che non si scompose minimamente.
Un ragazzetto di Corvonero del mio corso di Erbologia s'era nel frattempo appostato silenziosamente alle spalle di Marlene, e la stava fissando con grande aspettativa.
Sirius sembrava essersi accorto del suo arrivo prima di tutti noi.
«McKinnon, voltati» sbottò d'un tratto, indicando il tipetto dietro di lei.
Marlene gli lanciò un'occhiata contrariata, poi finalmente si volse verso il Corvonero, ora sudato ed eccezionalmente affannato.
«Ciao! Tu sei...?» esordì Marlene, esitante.
Sentii Alice ridacchiare e sussurrare a Emmeline qualcosa come “Ve l'ho detto martedì! Lui è quell'Anthony che le viene dietro da... mmh... tre anni?!”.
«Sono St— Steeval. Anthony Steeval!» si affrettò a balbettare il ragazzo, le labbra tirate in un sorrisetto teso.
Sirius ghignò piuttosto fragorosamente, guadagnandosi un'occhiataccia collettiva.
«Piacere, Anthony. Marlene McKinnon» si presentò velocemente Marlene porgendogli la mano; lui si limitò a contemplarla rapito, così lei la ritrasse lentamente. «Ehm... hai bisogno di qualcosa?» chiese titubante, sorridendogli affabile.
«Ecco, sai... michiedevosetiandassedivenireahogsmeadeconme» farfugliò Anthony, rossissimo in viso.
Alice batté il cinque con Emmeline, sorridendo soddisfatta; io aggrottai le sopracciglia.
«Scusami, ma... temo di non aver afferrato» fece Marlene, una ruga sottile a solcarle la fronte.
«Andiamo, McKinnon! Non fare la difficile... non sarebbe da te!» esclamò gaio Sirius con un pericoloso sorrisetto canzonatorio impresso in faccia.
«Sta' zitto, Black. Purtroppo, come vedi, esistono ancora persone che non posseggono il controllo delle cazzate che escono dalla loro bocca, Anthony caro». Anthony avvampò. «Comunque, sul serio», continuò Marlene, schiarendosi la voce, «non ho capito quel che hai detto».
Il Corvonero prese un grosso sospiro: «Ti va di venire a Hogsmeade con me, a ottobre?»
«Si prenota il posto in anticipo, il ragazzo» commentò sottovoce Sirius, sempre ghignando.
«Oh» replicò Marlene palesemente in difficoltà e presa alla sprovvista. Alice le ammiccò comprensiva, Emmeline alzò le spalle. «Be', ecco, vedi...»
«No, no, no. Andy, vecchio mio, Marlene è impegnata con il sottoscritto. Sono così dispiaciuto, amico» s'intromise Sirius dopo essersi alzato dalla panca, avvicinato di soppiatto a Marlene ed averle passato un braccio attorno alle spalle con assoluta nonchalance.
Anthony rimase agghiacciato, il dito puntato a mezz'aria contro Marlene, lo sguardo assente e la bocca dischiusa.
«Voi... oh, Merlino. Scusate, ciao! E tanti auguri!» barbugliò imbarazzato prima di prendere letteralmente la corsa e sparire dalla Sala.
Tra noi calò il gelo. Alice guardava inorridita Marlene, sulla cui tempia pulsava pericolosamente una vena violacea. Sirius era ancora abbracciato a lei.
«O...kay» sussurrai flemmaticamente. «Non... non perdete di nuovo le staffe in mezzo a tutti... mantieni la calma, Lène... ti scongiuro...» le dissi, cercando di apparire conciliante.
«SEI UN DEFICIENTE!» urlò invece Marlene allontanando con un violento strattone Sirius. Io mi accasciai addolorato sopra il tavolo, subito raggiunto dalle gentili mani di Alice che presero ad accarezzarmi lentamente la nuca, facendomi mugolare affranto. «DIMMI COS'E' CHE TI DA' IL PERMESSO DI TRATTARE LE PERSONE COME SE FOSSERO MERDE!» continuò Lène, furibonda.
«Sia lodato Merlino che Remus, James e Lily non siano qui... non... so se sopravvivrei...» sussurrai agonizzante. Alice mi accarezzò con più vigore, intimandomi sottovoce di non scatenare ulteriore scompiglio. Sirius osservò imperturbabile la scena, sbuffando.
«UNA TESTA DI GOBLIN, ECCO COSA SEI REALMENTE, SIRIUS BLACK. SEI UN TOTALE IMBECILLE TRONFIO E PIENO DI SE'. MI DISGUSTI» concluse Marlene, la voce più alta di un'ottava.
Nessuno si sorprese di udire un'algida voce seccata levarsi dalle mie spalle.
«Punizione, signorina McKinnon. Le pare il modo di esprimersi? L'aspetto dopocena, nel mio ufficio» ordinò Minerva McGranitt squadrandoci da dietro le sue sottili lenti.
Marlene s'irrigidì, alzandosi con uno scatto dalla panchina e correndo via senza più voltarsi.
La McGranitt scosse la testa. «Rischio ogni giorno una morte prematura a causa vostra. Credo che mi dimetterò». Detto ciò, se ne andò.
Nessuno replicò, ci limitammo tutti a fissare chi il libro che aveva tra le mani, chi il bottone del golfino che minacciava di saltare, chi il soffitto. Si sentì soltanto il sogghigno di Sirius.
«In realtà muore dalla voglia di uscire con me».
Non seppi mai come fosse potuto succedere, ma esattamente tre secondi dopo quella sua frase Black si era ritrovato appeso per una caviglia a mezz'aria.




(Peter)


Sirius si lanciò distrattamente sul letto, ignaro dell'ombra furtiva che si stagliava tra le tende del suo baldacchino.
Lunastorta, uscito allo scoperto, mi lanciò uno strano sguardo inquietante, degno di quello che aveva quando si trasformava in un lupo mannaro.
«Pensi di potertela cavare così?» sibilò come un cobra, avanzando molto lentamente verso Felpato, messosi rapidamente in piedi contro il muro di pietra.
Chiusi gli occhi e vidi che Alice e Frank, saliti per recuperare il libro di Divinazione di quest'ultimo, fecero lo stesso.
«Pensi davvero di cavartela così?» ripeté Remus a un palmo dal naso di Sirius, che lo scrutava attento restandosene chiuso in un ostinato silenzio.
Alice strattonò Frank per la collottola, ed entrambi si dileguarono lesti come lepri. Io deglutii, nervoso oltre ogni dire. Dopo che Remus aveva notato l'assenza di Lily, a cena, Sirius se n'era uscito con un velenoso commento circa un'aspra discussione avvenuta con lei quel pomeriggio. Le ragazze s'erano inspiegabilmente azzittite, guardandosi di sottecchi.

Le ho soltanto aperto gli occhi. Sai, se lo meritava”, aveva tranquillamente detto Sirius sfidando Remus guardandolo fisso negli occhi.
Be', la palla era stata ovviamente colta al
calzo, come dicono i babbani.
«Remus, Sirius... vi prego» sussurrai atterrito afferrando il braccio del primo, che pareva emettere scintille dagli occhi.
«No!» sbottò lui, scrollandosi la mia mano di dosso. La ritrassi immediatamente.

Mai mettere il dito tra un Remus alterato e la sua preda”, rammentai.
«Ripeto, sei ridicolo» dichiarò Sirius con un sorrisino di scherno.
«Tu, tu sei ridicolo, razza di Troll ignorante!» urlò ancora Remus. «Ti conviene muoverti, sai? Ti conviene filare da Lily e scusarti immediatamente con lei, come farebbe una persona normale! Non solo ha già i suoi problemi in quanto preda di Tu-Sai-Chi come il sottoscritto, non solo ha subito da poco un attacco che se non fosse stato per James ora ci sarebbe lei in infermeria, ma morta! No, ci si deve mettere anche l'allocco di turno! Cosa ti interessa del loro rapporto?! Sono abbastanza intelligenti per arrangiarsi a chiarire, se ne hanno voglia. Quale parte non riesci a comprendere, eh, Black? Serve offendere le persone che ti stanno sulle palle solo perché ti annoi e non sai che fare? I tempi per fare il bambino sono finiti, se non te ne sei accorto! C'è una guerra in corso, imbecille! Sei così meschino, arrogante, immaturo che—» proseguì, alzando sempre più la voce, il fiato praticamente sul collo di Felpato.
L'impatto fu sinistro, stridente.
Remus si era repentinamente portato la mano alla guancia che Sirius aveva appena colpito, negli occhi una profonda ira. Era ora che io intervenissi. Che ci provassi, perlomeno.
«Remus! Vieni, vieni con me adesso!» gracchiai stridulo imprimendo tutta la mia forza nella stretta al polso di Remus e trascinandomelo fuori dalla stanza.
«COGLIONE



(Mary)

Cara Mary,
qui a casa la situazione è tranquilla, stiamo tutti bene anche se il clima non è dei migliori.
Come sai, Silente ha voluto installare qualche ulteriore incantesimo difensivo, che sembra ovviamente fare egregiamente il suo lavoro. Quando mai quell'uomo sbaglia un colpo, d'altronde?
Papà è ancora un po' preoccupato, sai anche tu che tutti questi affari riguardo la guerra lo innervosiscono... Però si sente al sicuro, ed è ciò che importa di più.
Matt ieri ha fatto la sua decima magia: si è sollevato da terra di due metri per acciuffare la sua scatola di trucchi magici, che era troppo in alto sull'armadio. Non sai quant'era euforico! Odia il fatto di dover aspettare ancora due anni prima di venire a Hogwarts... è la tua copia in miniatura, tesoro. Solo meno disordinata.
Due giorni fa la madre di Remus è venuta a trovarci. È stato bello rincontrare una cara amica come Margaret, dopo tutto questo tempo praticamente confinati in casa nostra. Salutami il ragazzo, quando puoi. È così affabile e cortese, per le sottane di Tosca! Che mi dici di lui? Sarebbe perfetto per te, riuscirebbe a contenere la tua euforia!
Lucas si è trasferito con Victoria a Cambridge appena dopo la tua partenza, si stanno ancora sistemando nella nuova casa. La villa è bella e spaziosa, il che è un bene: Madelaine cresce a vista d'occhio, le è anche spuntato il quarto dentino! Ha iniziato a muovere i primi passi, quella peste. Abbiamo fatto sparire tutti i mobili fragili, così quando viene a trovarci non rischia di distruggerci casa ed ammazzare il tuo Mou. A proposito, manchi anche a lui!
La scuola come va? Quanto vorrei tornare ai tempi di Hogwarts, quando tutto ciò che m'interessava era fare colpo sul morettino del sesto anno. Tuo padre era a dir poco affascinante, te l'assicuro. Come passa il tempo... mi sento terribilmente vecchia, lo sai?
Spero che quello sciocco Serpeverde non ti abbia infastidito ancora, povera piccola.
Mi chiedo perché Silente non l'abbia cacciato a pedate da Hogwarts... Avrà le sue buone ragioni, suppongo, ma non riesco a comprenderlo.
Non preoccuparti di nulla, amore. Ci manchi tantissimo.

Con tutto l'amore del mondo,
mamma.”


Ripiegai ordinatamente la lettera vergata in inchiostro verde muschio, riponendola nella busta ormai sgualcita che la conteneva. Mi ritrovai a sorridere inconsapevolmente, ripensando alle parole di mamma: finalmente anche Lucas s'era accasato, e la mia piccola nipotina cresceva serenamente, per la gioia della famiglia. Nemmeno la guerra che incombeva sulle nostre teste riusciva a toglierci il sorriso. Il nostro stato di sangue era in dubbio in quanto mia madre era Nata Babbana, mentre mio padre era di famiglia Purosangue. Ovviamente, il vecchio William non avrebbe mai abbandonato moglie e figli per mettere al riparo la propria vita. Era l'uomo più coraggioso del mondo, il mio eroe.
Forse era proprio questo il lato che meno amavo della frequentazione di Hogwarts: non c'era giorno in cui non sentissi la mancanza dei miei famigliari, con cui avevo un legame solidissimo.
Ripensai al commento riguardo Remus, e ridacchiai sottovoce.
Emmeline, intenta a leggere un libro sulla poltrona accanto al fuoco, mi notò e ammiccò in una tacita richiesta di spiegazioni.
«Non è niente, Em. Mamma è la solita simpaticona» dissi, fingendomi contrariata.
Emmeline rise, stiracchiando le lunghe gambe.
«Non immagini quanto adori Apolline» dichiarò, sorridendo gaia. «Ti ha chiesto ancora di Remus, non è vero?» volle sapere con un che di canzonatorio nella voce, sedendosi accanto a me sul divano. Annuii mesta, prima di scoppiare a ridere assieme a lei. Emmeline faticò a ridarsi un contegno, poi assunse un'aria visibilmente preoccupata.
«Lily ti ha detto qualcosa, prima?»
Scossi la testa. «Figurati. Se ne sta là, a fissarsi allo specchio. È come in catalessi... non sono riuscita a cavarle qualcosa in più di quanto già sappiamo» feci, afflitta.
In quel momento un leggero trambusto ci avvisò che Marlene era inciampata sulle scale a chiocciola dei dormitori, dalle quali fece capolino tutta trafelata.
«Ohi» salutò, con un distratto cenno della mano.
«Cosa fai?» chiesi, notando la sua inquietudine.
Lei dimenò i lunghi capelli biondi e mi guardò incredula, come se avessi mancato di notare qualcosa di fondamentale.
«Non è ovvio?» domandò infatti.
Fu Emmeline a risponderle. «Ehm... no. A parte il fatto che sembra ti sia scoppiata una Caccabomba in testa».
Marlene si passò una mano sulla disordinata matassa di capelli.
«Di grazia, vuoi sputare il rospo?» esclamai impaziente, sedendomi composta.
Lène sbuffò.
«Vado da quel Steeval. Esco con lui. A Hogsmeade» s'affrettò ad informarci.
Emmeline la squadrò sconcertata, io continuai a non capire.
«E perché diavolo dovresti uscire con questo Steeval? Chi è, il vicino della porta accanto?» domandai alquanto scettica.
«No, Mary. Anthony Steeval è il ragazzo di Corvonero di cui Alice ci parla sempre, quello che secondo lei va dietro a Lène da secoli... beh, a cena abbiamo avuto la dimostrazione che è tutto vero. Lui le ha chiesto di uscire davanti a tutti, poi Black si è intromesso e la situazione è degenerata» spiegò in sintesi Em, gesticolando come suo solito.
Marlene aveva rigidamente annuito ad ogni sua affermazione, i pugni stretti e le labbra increspate.
«Marlene, non so se l'hai notato», proseguì Emmeline, «ma quel ragazzo non è... ehm... propriamente il tuo tipo. È basso, timido e studioso... ne sei ancora convinta?»
«Un immondo secchione!» abbaiai sconvolta, guadagnandomi l'approvazione un po' forzata di Emmeline.
Marlene non disse nulla, si limitò a lanciarci un'occhiataccia furente e ad incamminarsi verso il buco del ritratto a passo di marcia.
«Marlene, il coprifuoc—» cominciò Emmeline, come sempre attenta alle regole del castello.
«Vance, entrambi i nostri Caposcuola sono fuorigioco, non la vedrà nessuno e non troverà nemmeno quel ragazzo. Ah, i disadattati Corvonero...» mugolai teatralmente.
Emmeline sbuffò seccata e tornò a concentrarsi sul suo libro, non degnandomi più di uno sguardo.
«E comunque lo fa per ripicca» declamai, senza riuscire a celare un po' d'irritazione.
Pochi istanti più tardi, Remus Lupin ed un barcollante Peter Minus irruppero nella sala, il primo con la fiammante impronta di uno schiaffo sulla guancia e lo sguardo spiritato; Peter, invece, incespicava accanto al compare, gli occhietti acquosi ridotti a due fessure.



◊◊◊


Lily sbatté freneticamente le palpebre, cercando di umettarsi per l'ennesima volta gli occhi. Aveva ripetuto quell'operazione almeno una ventina di volte nelle ultime due ore, durante le quali i suoi occhi s'erano fastidiosamente ridotti a degli aridi e secchi deserti, privi di acqua refrigerante.
Il riflesso sul lustro ed enorme specchio del piccolo bagno le restituiva l'immagine di una giovane strega dallo sguardo perso e, anche se la figura non lo mostrava, con un infrangibile masso che premeva sul petto.
Lily scostò una ciocca di capelli dal viso, sospirando profondamente. All'improvviso, s'alzò dalla seggiolina che aveva trascinato fin lì ed uscì dalla stanzetta sbattendo la porta, che produsse un sinistro cigolio.
«Merlino!» imprecò, dopo aver picchiato con il mignolo l'anta dell'armadio aperto. Saltellando su un solo piede, la rossa raggiunse il suo comodo baldacchino bordeaux, estrasse il candido pigiama di cotone da sotto il cuscino sformato, e lo infilò velocemente. Riacciuffò la bacchetta che le era caduta sul freddo pavimento di pietra, cacciandola di malagrazia sopra il comodino. Fissò per un istante la foto nella piccola cornice dorata, dalla quale una sé stessa di parecchi anni più piccola sorrideva abbracciata ad un'altra bambina dai riccioli dorati ed il volto imporporato. Accanto a quella, era poggiata un'altra foto: Lily e Severus al loro secondo anno alle prese con una pozione particolarmente complicata, e poi ancora lei, Lily, e Mary, che rincorrevano Marlene per il parco; infine Alice, Emmeline e Lily e le altre due in costume da bagno sotto il sole cocente di luglio, stese sull'assolata spiaggia inglese che le aveva ospitate per due settimane tre estati prima.
La Lily della realtà sospirò pesantemente, sorridendo teneramente a quei piccoli pezzi di vita vissuta. Vita passata, improrogabilmente passata.
Adesso c'era una guerra da combattere, una guerra che Lily già aveva schiaffata sul giovane viso.
La rossa scacciò quei pensieri, dirigendosi verso la finestrella che dava sulla Foresta; si appollaiò sul piccolo spazio della balconata, stringendosi al petto le ginocchia recanti i segni della rovinosa caduta dalla bicicletta che l'aveva vista protagonista quando aveva sette anni.
Le parole di Black le penetrarono la mente come un fulmine a ciel sereno, rubandola alla contemplazione dell'immenso paesaggio che le si stagliava davanti agli occhi.

...James continuerà a piangersi addosso all'infinito per una che non si merita le lacrime di nessuno... ma tu, oh, tu devi saltare subito a conclusioni affrettate... non c'è verso di farti andare oltre le apparenze, per te nessuno è degno della tua onorevole amicizia...”


L'amicizia di James Potter non era appropriata per lei.
In fondo c'era un motivo se i due erano sempre in contrasto, c'era un motivo se ogni piccolo gesto di quel Potter era capace di scombinarle la giornata e di farle montare l'ira, c'era un motivo se per Lily James rappresentava l'essere più irritante che fosse mai esistito sulla faccia della Terra.
Non sarebbero mai diventati amici, era semplicemente inammissibile. Nemmeno centomila Sirius Black sarebbero riusciti a schiodarla dalla sua posizione, la ragazza ne era più che certa.
Il macigno che Lily sentiva pesare dentro, tuttavia, non voleva saperne di lasciarla in pace con sé stessa.
Perché continuare a pensare a lui? L'odiava, non c'era bisogno di piangersi addosso per un individuo del genere.

C'è qualcosa che non va in me”, si ritrovò a pensare Lily, stringendosi il capo tra le mani.

Tu non mi conosci!” le aveva urlato Potter il sabato prima, durante la ronda.
Quelle parole, il suo sguardo nocciola incendiato di rabbia, il tono tagliente, l'avevano colpita come sassi.
Ma cos'avrebbe dovuto pensare, la precisa e criptica Lily Evans, di una persona che passava il tempo a Schiantare la gente e se ne andava in giro per il castello con l'aria di qualcuno ch'era consapevole di avere tutti ai propri piedi?
Il fatto che l'avesse salvata non significava nulla.
«Ah, al diavolo!» esclamò all'improvviso la rossa, ricacciando indietro le lacrime.
Fece poi per dirigersi al proprio letto, quando un gufo bruno planò leggiadramente e si appoggiò sopra al trespolo posto sul basso muretto del balcone. Lily trasalì, spaventata.
Scrutò attentamente il volatile che la fissava di rimando con i suoi occhietti gialli, finché non notò il bigliettino che portava legato alla zampa. Il gufo gliela porse e Lily sfilò velocemente il messaggio, lasciandolo libero di tornarsene alla Guferia.
Lily aprì il foglietto piegato in quattro fremendo d'impazienza, le mani tremolanti.
Durante la lettura, ebbe un tuffo al cuore...


Devo parlarti.
Troviamoci domenica presso il ponte sospeso, al crepuscolo.
Non venire accompagnata.
È importante.
Un amico








NdA: Buonsalve! Arrivo con poco ritardo, che bello ^__^
Anyway. So che è abbastanza corto come capitolo, però ho preferito 'spezzare' qui la vicenda.
Prossimamente verrà dato più spazio ai personaggi per così dire 'minori'. Emmeline Vance sarà una di questi, ecco.
Perché? Be', rileggendo la storia ho notato di aver fatto ruotare il tutto sempre e soltanto attorno a James e Lily e Sirius e Marlene... Non vorrei che la storia diventi noiosa, quindi cercherò di pensare un po' di più anche ai destini degli altri.
Ovviamente, per ragioni di trama, mi “tocca” tornare sulla Jily ogni volta, ed è ovvio che non mi dispiaccia.
Ah già, il poV di Peter è orribile, chiedo il vostro perdono.
Comunque, ho raggiunto i miei primi 10 capitoli e le prime 40 recensioni, sono stra contenta!
E le 500 e passa visualizzazioni? Waaah. Che meraviglia, siete.
Sapere i vostri pareri, i vostri consigli, qualsiasi cosa, mi aiuterebbe moltissimo ad andare avanti. Come si dice, “l'unione fa la forza”, no? ;)
Ringrazio millemila volte tutti quanti, siete stupendi.
Bisous, Lilies







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Capitolo 11
*** Un ritorno col botto ***


A cescapadfoot, che ancora riesce a sopportare i miei scleri e mi fa piangere con la sua 'Until The End',
a Writer96, che mi complimenta troppo, è dolcissima e non si è ancora resa conto di avere a che fare con una pazza furiosa (già),
e a tutti gli altri, che mi seguono silenziosi.



 

 

 

 

13 settembre, mattina
Aula di Incantesimi

[poV Marlene]

«Forza, ragazzi! Contenetevi un poco, e se proprio dovete lamentarvi... fatelo in silenzio» ordinò debolmente l'alquanto piccino professor Vitious, appollaiato su di un'infinita pila di libroni posta al di sopra della sua sedia dietro la cattedra per fare in modo che riuscisse a controllarci malgrado la sua altezza. Noi studenti continuammo imperterriti a lagnarci a gran voce della bellissima giornata che andava profilandosi mentre noi eravamo costretti a subirci quelle quattro fastidiose ore di lezione.
Lily, dalla nostra
sfortunata postazione in prima fila, sospirò sonoramente suscitando per l'ennesima volta i miei sbuffi esasperati.
«Sembri una fottuta locomotiva, Evans» mi lamentai squadrandola truce e pungendola con la punta della mia piuma. Lei, in tutta risposta, mi pizzicò il palmo facendomi cacciare uno strillo.
«Non infierire, McKinnon. Non sono in vena e lo sai» mi minacciò dimenando i capelli rosso scuro in una perfetta imitazione della sottoscritta.
«Non ti va di parlarne un po'?» le chiesi, stavolta sottovoce perché Vitious aveva urlato in modo piuttosto convincente intimando il silenzio in aula. Lily s'irrigidì impercettibilmente, poi mi lanciò un'occhiata implorante perdendo tutto l'astio di pochi istanti prima.
«... non prenderla come un'offesa, ma... non ci riesco, Lène...» spiegò confusamente, torturandosi una ciocca fiammante.
«Ok. Sai che io ci sono» le dissi sorridendole comprensiva.
«Grazie. Comunque cosa è... successo, ieri sera a cena? Giravano voci strane, in sala comune» chiese Lily titubante.
«Black» sputai fuori dai denti proprio mentre lui faceva irruzione in classe seguito soltanto da Peter. Remus entrò un secondo dopo, posizionandosi ben lontano dai due.
Mary mi calciò la sedia da dietro, avvisandomi dell'entrata dell'essere. Mi voltai lentamente verso di lei con un breve cenno del capo. «Ho
visto, » le sibilai.
Nel frattempo, anche Lily s'era immobilizzata ed aveva cercato di non guardare il ragazzo che aveva come da copione preso posto, da perfetto irriverente, in ultima fila.
«Dovevo restarmene in dormitorio» constatò tra sé Lily stringendo tra i pugni la sua piuma.
«Su, fuori le bacchette!» canticchiò un lievemente alterato Vitious, trotterellando fino a posizionarsi davanti alla cattedra di splendente legno d'acero. Molti finalmente s'azzittirono: c'era sempre da divertirsi, durante Incantesimi!
«Oggi ci eserciteremo con gli incantesimi di mem-...» esordì l'insegnante venendo però interrotto dal fracasso della porta, che era stata brutalmente spalancata ed aveva rivelato al mondo la figura di un ragazzo dal fisico slanciato e con un largo ed inconfondibile sorriso stampato in faccia. Nella stanza calò il silenzio, gli occhi di tutti erano puntati sull'ultimo arrivato.
«Be'? Nessun grido di giubilo?» tuonò lui squadrandoci uno a uno, sorridendo dolcemente al mio indirizzo.
«JAMES!» strillai, correndogli incontro e stringendolo in un forte abbraccio.
Lo sentii ridere tra i miei capelli, mentre con la mano salutava distrattamente i Malandrini e gli altri suoi conoscenti. Il resto della classe diede in emozionate esclamazioni di sorpresa e gioia, riproducendo il frastuono d'inizio lezione.
«Lène, da te non mi aspettavo altro» ridacchiò James strizzandomi l'occhio dopo che ci fummo staccati, baciandomi sulla guancia. Avevo notato che Black si era alzato in piedi ed aveva fatto per raggiungere suo fratello, poi però s'era bloccato sul posto e riseduto sulla panca con un'espressione a metà tra l'infastidito e l'offeso. Ghignai.
Lily, invece, stava guardando con un'assurda curiosità fuori dalla finestra, apparentemente estranea all'arrivo di mio cugino in classe.
«Oh, sta' zitto... ma quando ti hanno dimesso?» gli domandai, allegra e lievemente stupita.
«Dieci minuti fa! Poppy ha detto che potev-...» cominciò lui.
«Scusate l'interruzione» s'inserì Vitious, che s'era intanto avvicinato a noi di soppiatto passando decisamente inosservato. «Siamo ovviamente tutti estremamente contenti del ritorno del signor Potter come lo è lei, signorina McKinnon. Tuttavia, temo che questo non sia il momento più adatto per festeggiarlo. Avrei una lezione da portare a termine, se non vi dispiace» chiarì cercando di non sorridere ed ostentare un'aria professionale.
«Sissignore, professore. Ci scusi» replicò cortesemente James facendo l'occhiolino al professore, che non seppe se ridacchiare o restare serio. Mi staccai dal suo fianco tornando accanto a Lily, mentre James si sedette proprio nel posto libero vicino a lei, che si congelò come se avesse avuto un Avvincino imbestialito nelle mutande.
«Dicevo... ora ci eserciteremo negli incantesimi di memoria che, come ben sa chi ha studiato i paragrafi che vi avevo precedentemente assegnato per questa giornata, sono molto complicati da eseguire... signorina MacDonald, ci spieghi accuratamente come si possono ottenere gli effetti desiderati ed in che modo è consigliato evitare gli inconvenienti più comuni» esordì Vitious fissando Mary con i suoi piccoli occhietti azzurrini.
Con la coda dell'occhio notai che James non riusciva a stare fermo, e continuava a lanciare strane occhiate a Lily.

 

Parco di Hogwarts, ore 11.50
[poV Remus]

«... era ovvio che non vedessi l'ora di lasciare quel postaccio, così ho cominciato a piagnucolare ad alta voce ogni volta che mi toccava prendere quella dannatissima pozione curativa. Così facendo mi sono reso un po' ridicolo, ma poco importa, perché sono eccellentemente riuscito ad impietosire Madama Chips... e adesso sono qui, finalmente riunito ai miei amorucci!» l'eco della voce smisuratamente entusiasta di James rimbombò nella mia testa come una cannonata, risvegliandomi di soprassalto dai miei pensieri.
Ramoso aveva parlato a macchinetta senza accennare a smettere da quando eravamo usciti dalle serre di Erbologia, che era l'ultima lezione del sabato. In quel momento avevo un acuto mal di testa che m'impediva di seguire lucidamente qualsiasi suo discorso.
James si aprì in un sorrisone a trentadue denti, ancora completamente ignaro di ciò che aveva fatto Sirius. Quest'ultimo camminava ricurvo alla sinistra di James, guardandosi dal rivolgermi la parola. Ero fermamente convinto delle mie azioni, Sirius s'era meritato tutto ciò che avevo detto; in quel momento l'avrei preso a pugni con le mie stesse mani.
«E le cicatrici? Hai ancora cicatrici?» domandò Peter faticando a trattenersi dallo saltellare per la felicità di rivedere Ramoso finalmente tra noi.
James gli scompigliò affettuosamente i capelli sbiaditi, continuando a sorridere beato.
«Sì, ne ho ancora qualcuna... Silente dice che si è trattato di una maledizione molto potente e sconosciuta, sostiene che i segni di Magia Oscura, come i miei, non spariranno mai completamente. Guarda» disse, scostandosi il colletto della camicia.
Una lunga cicatrice diagonale faceva mostra di sé sul suo collo, emettendo cupi bagliori grigiastri alla luce del sole.
Peter rabbrividì di terrore, a me venne un conato di vomito ripensando al corpo di James appena dopo l'attacco: ero seriamente scioccato nel vedermelo lì davanti agli occhi, vivo e vegeto e con pochi sfregi, totalmente spensierato come se non fosse consapevole di aver avuto la morte ad un palmo dal naso.
Lui e la sua assurda positività, rimuginai, tetro.
«Ma davvero non ricordi chi è stato?» chiese ancora Codaliscia, preoccupato.
James si fece di colpo serio e scansò con un calcio il sassolino che gli intralciava la strada.
«No, cazzo. Giuro che squarterei volentieri con le mie stesse mani chiunque si sia permesso di attaccare L... di attaccarmi, se solo riuscissi a ricordare qualcosa» sbottò, arrabbiato con sé stesso.
«Secondo me, qualcuno ti ha Obliviato. Non è possibile che non ti ricordi proprio nulla» m'intromisi, cauto.
«Lo pensano anche gli insegnanti» mi informò James distrattamente. All'improvviso gli venne in mente qualcosa d'importante, perché lo vidi immobilizzarsi con un pugno a mezz'aria. «Scusate, ma... perché non chiedete a Evans? Non sa niente neppure lei?»
Fu Sirius a rispondergli con un secco “no”. James rimase spiazzato, poi scrollò le spalle con noncuranza.
«Capisco. Be', cambiamo discorso! Quand'è che iniziano le gite a Hogsmeade?» volle sapere James dopo qualche secondo di silenzio.
«La prima domenica di ottobre, Jam» replicai gentilmente. «Andiamo a pranzo, si sta facendo tardi» proposi cercando di sorridere. Sirius scattò in piedi e senza dire una parola si diresse verso il castello. James l'osservò stranito, prima di rivolgersi a me e Peter.
«Ma che diamine ha Felpato?»
«Problemi a casa. Sai... Walburga... le solite cose» mentii spudoratamente guardando altrove. Peter squittì.

 

Sala Grande

Mary si sedette accanto ad Aaron, uno dei fratelli minori di Marlene, mentre Lily prese posto di fronte ai due. Furono presto raggiunti da Emmeline, che aveva salutato il suo ragazzo, un Corvonero di nome Louis Johnson, con un veloce sorrisino di scuse, e Marlene, a cui poi si sommarono Alice e Frank. I Malandrini arrivarono qualche minuto dopo.
Lily si sentì perforare da parte a parte da un'occhiata particolarmente infuocata di Sirius, che nessuno degli altri sembrò notare.
James chiacchierò allegramente con tutti cercando di non pensare alla vicinanza di Evans, che continuava a guardarlo di sottecchi con una curiosa espressione contrariata in volto.
«... tra l'altro la cara Minnie mi ha minacciato di togliermi il titolo di Capitano se non avessi cominciato a programmare le selezioni. Quindi tenetevi allenati, voialtri» esclamò James indicando con tono di sfida Aaron, Mary e Frank, che erano tra i componenti della squadra di Grifondoro ormai da anni.
Mary scoppiò a ridere, battendo energicamente il cinque con Potter.
«Puoi contare su di me, Capitano!» esultò gaia.
«Non so se troverai tanto facilmente altri due Battitori formidabili come me e Aaron» si vantò Frank dando di gomito ad Aaron, che annuì convinto.
«Certo, se non si contano i gemelli Prewett» commentò ghignando Sirius, guadagnandosi un'occhiataccia dai Battitori ed un risolino da Alice.
«Loro sono nella storia del Quidditch, ormai» dichiarò affettuosamente la biondina, rimembrando le gesta dei cugini che si erano diplomati quando lei era al quarto anno dopo aver disarcionato dalle proprie scope un indicibile numero di avversari.
«Cucciola mia! Come puoi darmi contro?» si lagnò Frank coprendosi il viso con le mani e fingendo un singhiozzo disperato, subito imitato da Aaron.
«Andiamo, Sirius. I nostri Battitori sono bravi
quasi quanto i vecchi Fabian e Gideon» li spalleggiò bonario James, calcando tuttavia sul “quasi”.
«Non per niente abbiamo
sempre avuto la Coppa in tasca da quando mio fratello e Paciock sono entrati in squadra» s'intromise Marlene a difesa del fratello più piccolo, che le sorrise riconoscente. Scoppiarono tutti quanti a ridere, comprese Emmeline e Lily che di Quidditch capivano ben poco. Dopo questa piccola parentesi i ragazzi e Mary si persero nelle loro discussioni sul Campionato Internazionale che tanto appassionavano la mora quanto facevano disperare Remus e Peter, gli unici tra i maschi con un fisico totalmente inadatto a praticare lo sport dei maghi; le ragazze si scambiarono tranquillamente le ultime novità raccolte, finché Alice se ne uscì con un'esclamazione che fece impallidire pericolosamente Lily.
«Oggi è sabato, giusto?» Emmeline e Mary annuirono. «Lily, stasera...»
«
Per i mutandoni di Morgana!» imprecò preoccupata Marlene.
«
Non è possibile» brontolò Lily in un sussurro appena udibile. Quella sera ci sarebbe stata la ronda.
«Dovresti affrontarlo» aggiunse Mary, riemersa dalla conversazione con i ragazzi, omettendo appositamente il
chi.
«Non credevo l'avrei mai detto, ma Mary ha ragione» acconsentì Emmeline.

James aveva sfrontatamente allungato le orecchie e percepito l'ultimo scambio di battute tra le ragazze: inutile dire che un ghigno malandrino s'era velocemente fatto strada sul suo viso, conferendogli un'aria a metà tra l'infastidita ed la compiaciuta.
«James?» lo chiamò Remus.
«Sì?»
«Hai l'espressione da pesce lesso. C'è qualcosa che dovresti dirmi?»

 

ore 14.30
[poV Lily]

Ma perché sempre a me?, mi chiesi disperata oltre ogni dire.
Doveva esserci stata una congiunzione astrale a me sfavorevole prima che iniziasse la scuola, ecco perché tutto mi andava così dannatamente male!
La ronda... stasera c'è la ronda... io, Potter, soli... ronda... James Potter... ronda, al buio... no, non posso...
«NO!» strillai, bloccandomi di colpo nel bel mezzo del corridoio affollato. Le gemelle Dawson mi finirono addosso, e si allontanarono in tutta fretta starnazzando come oche.
Tra il marasma di studenti intercettai la chioma bionda di Lène e quella riccia di Mary, entrambe dirette al parco per un po' di refrigerio post-lezioni.
«Mary! Marlene!» urlai, cercando di farmi udire. Nessuna delle due si voltò, anzi affrettarono il passo e scomparvero, poi ricomparvero, poi scomparvero ancora. Le perdevo continuamente di vista. «MACDONALD, MCKINNON, EHI! GIRATEVI, PER L'AMOR DI MORGANA!» gridai a pieni polmoni agitando le braccia per farmi notare. Finalmente le vidi fermarsi e guardarsi attorno totalmente spaesate. Strinsi i pugni e le raggiunsi quasi correndo, poi le strattonai per il mantello della divisa.
«Porco Merlino, che caz-...» imprecò Mary, pronta a tirare un ceffone al malaugurato fomentatore.
«Ma ci sentite?!» sbottai, oramai spazientita. Marlene si divincolò alla mia presa, riassestandosi il mantello sulle spalle.
«Conosci l'educazione?» mi punzecchiò fissandomi dall'alto in basso.
«Cosa vuoi, Lily? Muoviti, il tempo passa» aggiunse Mary ridacchiando.
«Remus Lupin. Mi serve Remus Lupin. Dove cavolo è?» chiesi, ansimante per la corsa. Loro mi e si guardarono stranite, poi Marlene mise le mani sui fianchi.
«Dammi sette buoni motivi per cui dovrei sapere dov'è finito Remus.»
«Ooh, al diavolo!» inveii, lasciandole lì impiantate a fissarsi stralunate.
Ripresi a camminare come una furia, chiedendo a destra e a manca se qualcuno avesse notato il prefetto biondo di Grifondoro. Quando lo domandai ad un gruppetto di ragazze del quinto anno, mi fissarono bieche e mi risposero con stizza, come se gli avessi fatto un torto capitale. Feci loro spallucce, e ripresi la mia disperata ricerca.
Sir Cadogan, il minuscolo cavaliere dipinto sul vecchio ritratto del castello, bisbigliò qualcosa a proposito di una casupola malandata ed infestata da una spaventosa creatura; pensai stesse farneticando, così lo liquidai senza troppi complimenti.
«Signorina Evans, la signorina McKinnon non-...» esclamò la McGranitt quando le passai accanto praticamente correndo come una forsennata. Frenai con una miracolosa scivolata, cercando di ricompormi alla bell'è meglio.
«Sta uscendo, professoressa» l'informai frettolosamente, con un sorrisino teso.
«Può riportarle un mio messaggio? Temo si sia scordata della punizione che le ho dato ieri sera, perciò l'aspetto dopo cena. Oggi» ribatté la strega con le sopracciglia talmente alzate da non essere visibili.
Punizione?, pensai, assottigliando gli occhi.
«Capisco» risposi atona. «Se non le dispiace, sarei un po' di fretta...»
«Certo, certo. Mi raccomando, stasera!» replicò la McGranitt squadrandomi in apprensione.
«Non si preoccupi...» mugolai mesta.
«Bene. Può andare, signorina» mi congedò l'insegnante con un sorriso appena accennato.
«Arrivederci, professoressa!»
Mi allontanai molto velocemente dalla Sala d'Ingresso e raggiunsi in poco tempo le scale magiche. Sospirando pesantemente, mi rassegnai al fatto che ormai non avrei più trovato Remus.
Feci le prime tre rampe non badando a dove mettevo i piedi, finché non mi sentii afferrare per un braccio appena in tempo: non avevo notato lo scalino evanescente.
Mi voltai verso il mio salvatore, e sentii il sangue congelarsi.
Sfigata... sei sfigata, Lils, pensai desolata.
«Stavi per cadere» borbottò lui, la mano ancora stretta attorno alla mia manica.
«Ma dai? Non me n'ero accorta» ribattei sarcastica. Potter mi fissò imperturbabile, gli occhiali squadrati lievemente sbilenchi.
«Sei sempre così dolce, Lilykins. Sono commosso» mi rimbeccò sardonico, con la sua solita aria boriosa.
«Sei sempre
così asfissiante, Potter. Smaterializzati!» ringhiai, cercando di apparire severa.
Lui sogghignò, avvicinandosi pericolosamente al mio viso.
«Non continuare a fingere» soffiò, la voce roca.
Schiusi le labbra cercando qualcosa di pungente con cui ribattere, ma uscirono soltanto piccoli versi sconnessi ed incomprensibili.
Potter assunse il suo tipico sorriso di scherno, allontanandosi da me. Una mano salì a scompigliarsi i capelli.
«Tu non sai niente» sibilai.
«Sarà. Vieni, Remus» fece Potter guardandosi alle spalle, dove un imbarazzato Remus fissava ora il suo amico, ora me. Dentro di me, ruggii di gioia.
«Ciao, Lily» mormorò Remus gentilmente.
Io gli sorrisi radiosa, prima di rivolgermi nuovamente a Potter.
«Lupin viene con me. Devo parlarti, Rem» aggiunsi a mo' di scusa, fissando con astio Potter sfidandolo a controbattere. Quest'ultimo scrollò bruscamente le spalle, avviandosi su per le scale senza aggiungere altro.
Rimasti soli, sentii Remus agitarsi al mio fianco, a disagio.
«Dovrete chiarire, un giorno. Lo sai, vero?» sospirò lentamente. Io sbuffai, accantonando velocemente il discorso e dirottandolo direttamente verso la mia richiesta.
«Ascoltami, stasera io e l'Idiota abbiamo la ronda» cominciai, prendendo un grosso sospiro. Remus fece esattamente lo stesso. «Non posso affrontarlo, non oggi, non in questo modo, non durante una ronda. Infrangerei sicuramente qualche dozzina di regole Schiantando un altro studente durante una ronda scolastica. Sono... siamo Caposcuola, non sarebbe consono. Quello che volevo chiederti è...»
«... se posso farla al posto tuo?» concluse per me Remus, seccato.
«Ti prego!» implorai a mani giunte.
«Lily Evans» proseguì lui, «Ti stai comportando da perfetto Sirius Black, e ciò non ti fa onore. Te ne rendi conto?»
«Sono disposta a correre questo rischio!» esclamai testardamente.
«E io sono senza parole. Totalmente» sbottò Remus scrollando il capo. «Ma va bene, per stavolta va bene.»
Emettei un gridolino di giubilo, gettandogli le braccia al collo.
«Ti adoro, Remus Lupin! Mi sdebiterò, lo giuro su Godric e tutti i fondatori» promisi con un sorriso a pieno volto. Lo sentii sospirare pesantemente contro i miei capelli, poi si staccò con deliberata lentezza, guardandomi con i suoi dolci occhi ambrati.
«Sarai in debito con me per il resto della tua vita. Sai, a volte penso che tu sia più malandrina di me. In caso di bisogno, saprò a chi rivolgermi se necessiteremo di un quinto elemento» disse affettuosamente, dandomi un buffetto sulla testa.
«Giammai!» esclamai indignata, gli occhi sgranati. Scoppiammo entrambi a ridere, reggendoci al corrimano.
«Comunque, dovrai subirti Charlotte Brown per due ore intere... credo sia una punizione più che giusta» commentò scherzosamente Remus strizzandomi l'occhio. «Adesso vado in Biblioteca.»
«Remus, è sabato!» feci, sconvolta. Amavo indiscutibilmente quel posto, ma passarci il fine settimana stranamente non rientrava nelle mie priorità...
«Minnie chiama» si giustificò lui, desolato.
«Ooh» mormorai. «Be', allora divertiti!» conclusi schioccandogli un rumoroso bacio sulla guancia, che lui ricambiò con due.
«Ricattatrice di un'Evans» si lamentò fingendosi offeso.
«Ti voglio bene anch'io, sì» canticchiai salendo le scale a due a due, agitando sgraziatamente la mano ed inciampando ogni tre per due sui miei piedi. La risata serena di Remus mi accompagnò fino a metà rampa, quando mi scontrai con Sirius Black.

 

Biblioteca, ore 15.50

Remus ringhiò piano calciando involontariamente la gamba della scomoda sedia di legno su cui sedeva indecentemente, ed aggredì con il suo insofferente sguardo ambrato il massiccio tomo di Trasfigurazione poggiato davanti a lui sopra uno degli spessi tavoli in rovere della fornita Biblioteca del castello, luogo in cui spendeva la gran parte dei suoi pomeriggi infrasettimanali in compagnia di Lily o, occasionalmente, solamente di sé stesso.
Madama Pagford, la nuova ed acida bibliotecaria, gli intimò in tono alquanto seccato di mantenere il più assoluto silenzio, poi tornò a dedicarsi con cura maniacale alle sue solite noiose mansioni di catalogazione dei libri e controllo della condizione fisica degli stessi.
Il prefetto squadrò bieco la donna di mezz'età, prima di ringhiare nuovamente ed in tono appena poco più attutito. Alcuni studenti costretti da circostanze di forza maggiore – vedasi studio sconsideratamente arretrato – a trascorrere quel limpido e piacevole sabato pomeriggio proprio in Biblioteca, il rifugio dei più studiosi o, a detta di James, dei disadattati e degli asociali del castello, si azzardarono ad osservare il biondino, salvo poi tornare quasi istantaneamente a concentrarsi sui loro inquietanti libroni con l'intento di cavarne qualcosa di proficuo riguardo l'ennesima sanguinosa guerra tra Goblin.
Soltanto un numero considerevolmente ridotto, tra quegli sventurati, non aveva avuto la fortuna di udire i toni soavi con cui Remus si era avventato su Sirius Black nel bel mezzo della Sala Grande la sera addietro, e nessuno aveva ovviamente la benché minima voglia di scatenare per la seconda volta le ire funeste del prefetto. Nessuno, se non si consideravano alcune civettuole ragazze del quinto anno rimaste piacevolmente colpite dallo sfogo del timido Grifondoro, che ora scalpitavano per rivedere il biondino in quello stato iracondo che gli aveva conferito un'aria straordinariamente sensuale.
«Stupide galline autolesioniste», aveva commentato uno scioccato James quando, prima di pranzo, Remus e Peter, con l'aiuto dei pettegolezzi captati da Mary ed Alice, l'avevano messo al corrente dell'accaduto.
Non una parola era stata fatta con James a proposito della lite che Marlene, Remus e Lily avevano avuto con Sirius.

Le istruzioni utili ad eseguire una perfetta trasfigurazione umana facevano bella mostra di sé dalle lucide pagine fresche di stampa di quell'abnorme manuale che aveva tutta l'aria di essere passato direttamente dai polverosi scatoloni del Ghirigoro al fondo del baule di James ancora impacchettato e con il cartellino del prezzo saldamente incollato alla copertina.
Il volume di Remus era inspiegabilmente scomparso dal suo corredo scolastico: il ragazzo aveva – e non a torto, anche se non poteva saperlo – la spiacevole sensazione che durante il falò dei vecchi libri scolastici attuato a Villa Potter l'ultimo giorno delle vacanze estive uno dei Malandrini avesse fatto casualmente cadere il suo prezioso manuale tra le crepitanti fiamme del rogo.
Cenere, ecco cosa n'era rimasto.

Remus sbuffò infastidito, maledicendosi per la sua totale inettitudine in quella dannata materia; inettitudine che, in tutti quegli anni a Hogwarts, aveva impudentemente minato alla salute mentale di Minerva McGranitt e procurato a Remus violente crisi isteriche nel cuore della notte. Quante volte s'era accapigliato con i suoi compagni di stanza per aver avuto l'innocente responsabilità di averli sottratti di soprassalto al loro sfarfallante mondo dei sogni...
L'apice della preoccupante incapacità di Remus come trasfiguratore era avvenuto quando aveva inconsapevolmente aizzato un branco di tacchini sovrappeso ed oltremodo inferociti contro un'atterrita Alice Prewett, quando tutto ciò che avrebbero dovuto fare, dopo essere stati trasfigurati in graziose farfalle variopinte, era intonare l'inno di Hogwarts con voci baritonali. Dopo aver scatenato quel finimondo, il povero Lunastorta s'era dovuto sorbire un'interminabile solfa da parte di un'adirata McGranitt su quanto fosse fondamentale la più assoluta concentrazione prima di scagliare un incantesimo di così ardua riuscita. Il tutto, com'è ovvio che fosse, contornato dalle stridule risate di Sirius e James, che avevano portato a termine il compito assegnato al primo colpo. Soltanto Lily, riuscita egregiamente nell'impresa se non fosse stato per la voce lievemente troppo acuta di una delle sue farfalle, aveva avuto il cuore di dare qualche dritta all'abbattuto biondino.

«Signor Lupin, non mi costringa a cacciarlo dalla Biblioteca» borbottò minacciosamente Madama Pagford, avvicinatasi di soppiatto al tavolo seminascosto dagli alti scaffali sopra il quale Remus si era sconsolatamente accasciato provocando un leggero scompiglio a causa del fracasso provocato dalla rovinosa caduta dei suoi libri che fino a poco prima ingombravano la superficie di legno.
«Non... non volevo, signora Pagford» balbettò precipitosamente Remus destandosi dallo stato di desolata sfiducia nel quale era sprofondato.
«Signorina, ragazzo» lo corresse lei, aspra.
«Sì... certo. Signorina. Io, ehm, starò zitto. Muto come un pesce.»
La Pagford girò sui tacchi dopo averlo scrutato in tralice, indugiando un istante di più sulle profonde quanto insolite cicatrici che segnavano il giovane volto dello studente.
Remus sospirò sconsolatamente e cercò di concentrarsi sullo studio, provando a farsi entrare in testa quelle complicate direttive.
«Sai, facendo così non andrai molto lontano» osservò cordialmente una voce pacata che gli fece rialzare gli occhi ambrati dalle pagine del libro.
Emmeline Vance, i capelli marrone chiaro raccolti in un'ordinata treccia laterale, si aprì in un sorrisetto educato che le illuminò il volto dai tratti signorili.
«Perché lo dici?» fece Remus spaesato, sbattendo le palpebre.
«Posso?» chiese lei, indicando la sedia vuota all'altro lato del tavolino quadrato. Remus annuì, e lei prese posto sistemando la pesante borsa ricolma di libri sul piano di legno. «Trasfigurazione non s'impara leggendo» spiegò Emmeline con praticità dopo l'ennesima occhiata incuriosita del ragazzo. «E' consigliabile mettere direttamente in pratica le varie nozioni. Sai, è tutta questione di concentrazione mentale, non di studio vero e proprio.»
«Questa mi sembra di averla già sentita» si lamentò Remus ripensando alle parole dell'austera professoressa.
Emmeline annuì complice. «La McGranitt quella volta non ha detto una sciocchezza, Lupin. Fidati, te l'assicura una che convive con Lily da secoli... e tu sai bene quanto lei sia pignola, su queste cose.»
«Io invece convivo con due persone che trovano inutile aprire un manuale di Trasfigurazione e nonostante si comportino da irresponsabili ottengono ugualmente ottimi risultati. Forse avrei dovuto intuire qualcosa» constatò Remus sconvolto dal fatto che proprio James e Sirius avrebbero potuto rappresentare la chiave affinché lui finalmente comprendesse tutti i misteriosi meandri della Trasfigurazione. Emmeline diede in una risatina contenuta, annuendo convinta.
«Forse avresti dovuto, è vero» fece, serena. «Ma, sai... ora non prendiamo il tutto pericolosamente sottogamba. Bisogna ovviamente applicarsi, per ottenere risultati soddisfacenti. Black e Potter vanno molto di fortuna, non trovi?»
Tutta l'aspettativa nata in Remus in una manciata di minuti si affievolì di colpo. «Peccato» mormorò, deluso. «Temo che mi terrò la mia stupida 'S'
Emmeline rise ancora, battendogli gentilmente una mano sul braccio. La ritrasse un secondo dopo, sorpresa di sé stessa e rendendosi conto di quanto il suo gesto avesse potuto apparire inadeguato. Lei e Remus in sei anni non si erano quasi mai rivolti la parola: cosa le veniva in mente di prendersi certe confidenze?
«Diciamo che non sei in condizioni disperate come Mary. Oppure... Minus. Il tuo unico problema è Trasfigurazione, non è molto di cui preoccuparsi. Sei salvabile» lo consolò, tesa.
«Vance, non so se ti rendi conto di esserti rivolta all'uomo che ha accidentalmente aizzato degli enormi tacchini imbestialiti contro una studentessa!» esclamò Remus sgranando gli occhi.
«Non farmici pensare. Ho riso per giorni, quella volta» replicò divertita la ragazza ricordando la faccia traumatizzata di Alice una volta rientrata in Dormitorio dopo la catastrofica lezione. Alice, che per un mese e mezzo aveva avuto paura di dormire sola e vedeva ovunque tacchini mutanti pronti ad ammazzarla!
«Ok... mi arrendo. Vado a mettere qualcosa sotto i denti» brontolò timidamente Remus cercando di non incrociare lo sguardo attento di Emmeline.
«Certo... ciao!»
Remus raccolse la piuma che prima gli era scivolata a terra e si mise la borsa in spalla, voltandosi verso la ragazza per sorriderle cortesemente un'ultima volta e facendole un lieve cenno di saluto con il capo.
«Remus! Se ti va, posso aiutarti!» esclamò tutto d'un fiato Emmeline quando Remus stava per scomparire alla sua vista. Lui si bloccò con un piede a mezz'aria, poi si girò verso di lei scrutandola con i suoi occhi chiari.
«Ma... no, cioè...» farfugliò il ragazzo, inciampandosi sulle sue stesse parole.
«Oh... se non vuoi, non fa niente...» si sveltì a dire Emmeline, un po' delusa.
«E' che non vorrei sottrarti del tempo libero...»
Le labbra color pesca di Emmeline si arricciarono in un breve sorrisetto. «Figurati. Per me non ci sono problemi, Lupin.»
Lui la fissò stralunato, facendola arrossire un po'.

Maledizione Emmeline! E Louis? Sei una traditrice, traditrice, mi disgusti, si rimproverò lei mentalmente.

Emmeline restò in attesa di una risposta, continuando a guardare Remus che, per la fortuna di entrambi, era totalmente ignaro dell'aspra lotta che infuriava tra il cervello ed il cuore della ragazza.
«Be', se è così... va bene. Ti ringrazio moltissimo» mormorò lui imbarazzato.
Ci fu un istante di silenzio durante il quale Emmeline spostò il peso da un piede all'altro per evitare di franare a terra.
«Quando ci vediamo? Dimmi tu» propose lei lentamente.
Remus ci pensò un attimo, ricordandosi all'ultimo minuto della Luna Piena che ci sarebbe stata di lì a tre giorni. Fino a mercoledì sarebbe stato in infermeria a patire le pene dell'inferno.
«Giovedì pomeriggio, se per te va bene.» Emmeline acconsentì tacitamente. «Be', ehm... allora, ci si vede a cena» si congedò Remus grattandosi distrattamente la cicatrice sopra l'occhio destro che si era procurato durante il plenilunio di agosto... quello passato solo, senza i suoi Malandrini a prendersi cura di lui e con cui rincorrersi fino allo sfinimento.
Remus scomparì, lasciando una Emmeline alle prese con la peggior guerra interiore che avesse mai intrapreso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA: Eeeeeeeeeeeeeeeeehilà, popolo Efpiano(?)!
Vi state forse chiedendo perché diavolo io sia di nuovo qui, a rompervi i boccini? No? Sì? Be', la risposta è semplice *tossicchia*
Dovrò rinchiudermi in casa a studiare per tentare di recuperare certe voragini che mi sono ritrovata in pagella, e sfido chiunque a dirmi che Azkaban è un luogo infernale!
Niente
sarà peggio di casa mia, da lunedì in poi. Aiuto.
Quindi boh, se tutto va bene torno fra poco più di una settimana, se va male ci vediamo tra due. Dio, spero di no. Mi viene da piangere, a lasciare tutto impiantato così ç___ç
Comunque, qualche parolina su questo luuuungo capitolo: non accade nulla di che, come potete vedere. Remus è presente praticamente in ogni poV, eheh. Vi va bene, vi da fastidio?
Ditemi chi vi piacerebbe rivedere prossimamente, vedrò cosa posso fare.
Povera, scema Lily. È ottusa. Ma capiamola, ha appena litigato aspramente con quel Black.
James. Jaaaaaaaames. Oh, James. Il mio James è tornato. Mi mancava, ragazzi.
Bene, sono alla fine. Per scoprire il mittente della lettera, dovrete pazientare ancora un pelino u_u
Besos, Lilies

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Capitolo 12
*** Incomprensioni ed altri disastri ***


24 settembre, crepuscolo - bagno dei prefetti

Lily riemerse lentamente dall'acqua bollente sfregandosi con violenza gli occhi, dentro ai quali la schiuma non s'era fatta scrupoli a penetrare e a mandarle a fuoco le palpebre.
Al di fuori della grande vetrata decorata a mosaico, dalla quale una vanitosa sirena squadrava con stizza la rossa Caposcuola, Hogwarts si stava addormentando abbracciata alla cupa coltre di nubi che ormai stentava a lasciare il posto alla luce. Le brillanti iridi verdi di Lily si fissarono sulla figura della Torre di Astronomia che, nonostante il buio incalzante, continuava a svettare tra gli altri torrioni e ad essere ben visibile in tutta la sua maestosa imponenza.
Fra poco scatta il coprifuoco, osservò sconsolata Lily, decidendo tuttavia di indugiare ancora un po' in quell'enorme vasca profumata dei più dolci aromi, sulla cui superficie le bolle di sapone iniziavano a diradarsi.
La ragazza si portò le gambe al petto, appoggiando il viso contro le ginocchia ancora segnate dalla caduta di pochi giorni prima, quand'era inciampata sul buco del ritratto della Signora Grassa rovinando a terra tra le risate generali dei Grifondoro astanti.

L'immagine di quell'ariosa domenica settembrina comparve davanti ai suoi occhi in tutta la sua sfrontatezza, facendo cacciare alla ragazza un lungo sospiro contrito.
Erano passati dieci giorni, ed in dieci giorni la situazione non si era smossa di un millimetro.

 

° ° °

 

La figura infagottata nel suo corto cappottino grigio della ragazza appoggiata alla balaustra scrostata del ponte sospeso continuava a scrutarsi attorno fremente d'attesa e morbosamente curiosa, stritolando tra le mani il piccolo foglio di pergamena dal quale le parole vergate in una scrittura frettolosa e vagamente familiare risultavano oramai illeggibili.
Lily sussultava visibilmente ogniqualvolta quel qualcuno che avrebbe potuto essere il mittente del suo criptico messaggio faceva capolino dal fondo del ponte, accartocciandosi su se stessa quando questi, puntualmente, continuava il suo percorso senza fermarsi. S'era fatta abbindolare già quattro volte, e la cosa iniziava seriamente a seccarla.
Diede una veloce occhiata al suo orologio da polso, spazientita; il mandante di quella lettera aveva espressamente chiesto d'incontrarla al crepuscolo in
quell'esatto punto del castello, eppure, rimuginò Lily sospettosa, sembrava essersi completamente dimenticato dell'appuntamento.
Lei non riusciva nemmeno a comprendere perché fosse così in fibrillazione per un semplice messaggio che avrebbe potuto risultare uno stupido scherzo idiota o, come le aveva fatto notare un'esagitata Alice, un altro agguato in piena regola.
Da coraggiosa e testarda Grifondoro qual'era, Lily aveva deciso di non farsi intimorire e, liquidate le proteste delle amiche, aveva assicurato loro che sarebbe tornata subito in sala comune se non ci fosse stato nessuno nei paraggi, e s'era diretta a passo di marcia al luogo dell'incontro.
I ragazzi del terzo anno che frequentavano le lezioni di Cura delle Creature Magiche avevano passato l'intero pomeriggio a studiare gli gnomi, e s'erano attardati nei pressi della capanna del Guardiacaccia Rubeus Hagrid. Attorno a Lily, un continuo via vai di stizziti studenti s'affrettava a tornare al castello; taluni, reduci di uno dei morsi di quelle dispettose creature, borbottando improperi riguardo le dubbie facoltà mentali del professor Wilkins, un tozzo mago fanatico di folletti, elfi e gnomi in genere.

«Me ne vado» bisbigliò Lily a sé stessa, guardandosi attorno con fare guardingo; il suo sguardo vigile venne catturato dalla figura vestita di nero da capo a piedi a qualche metro da lei.
Non appena questa ebbe alzato appena gli occhi, Lily riconobbe all'istante la sua identità.
La rossa si voltò di scatto affacciandosi al parapetto del ponte, incrociando le dita.

Vattene, vattene, vattene..., ripeté la rossa come un mantra, gli occhi serrati.

Lily si arrischiò a riaprire le palpebre solamente dopo aver notato che un inquietante silenzio si era sommato alla quiete della natura...
«Lily» bofonchiò una voce soffocata alle sue spalle.
Lei trasalì, aumentando la stretta sulla balaustra; il lontano chiurlare di uno stormo di allocchi spezzò la momentanea immobilità dell'aria.
«No, io non—» balbettò lei, voltandosi con un'esasperante lentezza verso il proprietario di quella voce bassa, profonda, satura di tensione.
«Lily» l'interruppe il ragazzo avvicinandosi cautamente alla giovane, che indietreggiò, spaventata. «Evans... ti devo parlare. Non ci vorrà molto»
borbottò, la voce arrochita.
«Non ho più niente a che spartire con te» replicò bruscamente Lily apparendo poco convinta delle sue stesse parole.
Fece per andarsene; il foglietto di pergamena svolazzò ai suoi piedi, abbandonato.
«Sono stato imperdonabile, ma... lascia che ti spieghi» disse lui, il tono sempre più impaziente.
Lily lo fissò con astio, i capelli rossi sferzati dal vento che cominciava a soffiare.
«Non devi spiegare niente» sbottò con forza, concentrando le forze in tutta la repulsione che provava nei confronti del ragazzo di fronte a lei.
Mosse mezzo passo lateralmente con l'intento di andarsene in tutta fretta da quell'assurda, spinosa situazione nella quale la sua dannata e sciocca curiosità l'aveva fatta inciampare.
L'altro si affrettò ad afferrarle il polso, costringendola a voltarsi per guardarlo in faccia: l'odio impresso nelle sue vivide iridi smeraldine lo colpì come uno schiaffo.
«Devi ascoltarmi!» s'impose lui, dandole uno scossone. «Devi ascoltarmi...» ribadì, più calmo.
«Tu sei un
pazzo. Non mi toccare! Allontanati subito da me, altrimenti io» cominciò duramente Lily scrollandosi di dosso lo scomodo tocco del ragazzo, che scostò la mano come se fosse stata colpita da un fulmine.
«Ho un avvertimento» smozzicò velocemente, guardandola negli occhi.
Lily sentì lo stomaco stringersi fastidiosamente sotto quello sguardo profondo ed imperscrutabile.
La rossa scoppiò in una risata senza gioia che prese alla sprovvista il suo interlocutore, che sussultò.
«Un
avvertimento? Non ho paura di te» disse lei tra le risate.
«Dovresti».
Lily si bloccò, incredula e, ormai, allarmata.
«Sentiamo, allora» ribatté Lily con leggerezza, ostentando una calma che non le apparteneva.
Lui sorrise – un sorriso
strano, che stonava con la persona conosciuta da Lily – indietreggiando di un passo.
«Sta' attenta» mormorò solamente. «Fa' attenzione, Evans...»

Fare attenzione?

 

° ° °

 

La ragazza dai lunghi capelli rosso scuro si riscosse violentemente dai suoi pensieri, ritornando di colpo alla realtà confusa e pericolosa in cui viveva.
Quell'enigmatico monito le aveva arrovellato il cervello per giorni, e mai era arrivata alla soluzione.
Più volte aveva pensato di rivolgersi al Preside o ad uno dei professori, ma come al solito qualcosa l'aveva fermata.
Sbuffando rumorosamente, Lily si issò sul bordo della vasca spargendo un po' ovunque le fresche goccioline che bagnavano la sua pelle bianca, la testa nuovamente tra le nuvole. Afferrò controvoglia il morbido asciugamano lillà che s'era portata appresso avvolgendovisi stretta, poi raccolse i capelli bagnati in una disordinata crocchia; diverse ciocche le ricaddero inermi sulle spalle scoperte, facendole venire la pelle d'oca.
I pochi giorni avevano seguito l'episodio, tutto sommato, erano trascorsi senza importanti intoppi.
I suoi genitori le avevano scritto: sua madre Rose, come di consueto, s'era preoccupata per lo stato di salute della figlia, che durante l'estate appena trascorsa si era ammalata di bronchite.
John, suo padre, l'aveva invece resa partecipe del fatto che Petunia aveva trovato l'amore in tale Vernon Dursley, un “irritante ragazzone dagli ispidi baffi, gli occhietti da maiale e la pancia assai prominente”.
Il modo in cui John le aveva descritto il giovane Dursley aveva lasciato ben poco spazio all'immaginazione di Lily, che aveva infatti intuito l'antipatia che l'uomo provava per il nuovo ragazzo di Petunia.
Lily, oltretutto, conservava vaghi ricordi di un insopportabile bambino che abitava nel suo stesso quartiere, il ragazzino che più d'una volta si era dimostrato gentile con Tunia e, chissà perché, apertamente ostile nei confronti della piccola Lily.
La rossa a quel pensiero sorrise genuinamente, ripromettendosi di scrivere al più presto ai genitori, che le mancavano terribilmente.
Quell'attimo di spensieratezza durò ben poco; la sua arguta mente, con sommo disappunto di Lily stessa, la riportò insistentemente ai fatti che in quei dieci giorni l'avevano invece decisamente spiazzata.
James Potter, nonostante continuasse a comportarsi da idiota, aveva smesso di tormentarla, e le rivolgeva la parola soltanto se strettamente necessario. E a Lily andava più che bene.
Almeno, così credeva.
Con Sirius Black Lily s'era decisa a non volerci avere più nulla a che fare; l'aveva annunciato a Remus appena pochi giorni addietro e lui, contro ogni previsione, aveva accolto la notizia con un'insolita accondiscendenza, lasciando Lily di stucco.
Le ragazze avevano preteso un dettagliato resoconto di ciò che era accaduto quella domenica e Lily, a malincuore, aveva loro mentito dicendo che si era trattato di un suo timido spasimante che non aveva mai avuto il coraggio di rivolgerle la parola.

Quel settimo anno stava diventando un peso sempre più insostenibile da sopportare.
Lily se ne rendeva conto ogni giorno di più.

 

° ° °

 

giovedì 2 ottobre – aula di Divinazione
[poV Emmeline]

«La Vista impone a noi Veggenti specifiche ed assai complicate direttive che a menti giovani ed inesperte come le vostre non è dato comprendere... probabilmente né oramai».
La voce trasognata della professoressa Gillan s'infiltrò non desiderata tra le mie cupe congetture; congetture che avevano veduto una Alice particolarmente nevrastenica scoppiare a ridere istericamente nel bel mezzo della sala grande a pranzo.
«Be', se è così, perché diamine studiamo Divinazione da sette anni?» sibilò non proprio sottovoce James Potter dal suo pouf color ciclamino posto nel cantuccio più distante dal tavolino viola sopra cui la Gillan era appollaiata e dal quale osservava noi studenti con la sua più consueta espressione da falco.
Sirius Black, accanto a Potter, scoppiò a ridere con la sua tipica risata canina e, come di consueto, finì per coinvolgere tutta la classe.
La professoressa, sorda alle risate, continuò imperterrita a tessere le lodi di quella formidabile branca della magia chiamata “predizione del futuro”.
Guardai di sottecchi in direzione dei due burloni, sospirando amareggiata.
Remus mi aveva assicurato, durante una delle nostre lezioni private, che non avrebbe mai più rimesso piede in quell'aula trasudante olezzo di sherry poiché stanco delle frequenti predizioni di una morte violenta e contornata di atroci dolori che la Gillan sembrava deliziata di presagire per lui. Lily condivideva il suo stesso pensiero: lei e Remus avevano scelto, in sostituzione a Divinazione, lo studio di Antiche Rune.

 

° ° °

 

Emmeline uscì di corsa dal buco del ritratto, le braccia cariche di spessi libroni dall'aria noiosa e la bacchetta pericolosamente in bilico sopra questi.
La disordinata treccia castano chiaro ballonzolava su e giù sulla sua schiena, mentre la corta frangetta non voleva proprio saperne di stare a posto: Emmeline tentò di sistemarsela con una mollettina, ottenendo scarsi risultati e, anzi, aumentando l'elettricità dei suoi capelli.

«Dov'è che vai?» le aveva chiesto un perplesso Louis quella mattina a colazione, quando Emmeline gli aveva detto che non si sarebbero potuti vedere per il resto della giornata.
«Devo dare ripetizioni di Cura delle Creature Magiche ad una del quinto anno» aveva frettolosamente mentito lei, gli occhi bassi ed il cuore martellante.
Louis, dimentico del fatto che la sua ragazza neanche seguiva quel corso, aveva fatto spallucce e, dopo averle lasciato un dolce bacio sulle labbra, si era allontanato lasciando Emmeline piena di sensi di colpa.

«Lupin!» chiamò Emmeline con un sventolio di mano in direzione del biondo prefetto che, a pochi metri davanti a lei, si accingeva a svoltare l'angolo diretto in Biblioteca.
Emmeline si diede della stupida e riabbassò immediatamente la mano, che lui non avrebbe potuto notare, iniziando a reclamare la sua attenzione a voce più alta.
«Ciao, Emmeline» salutò poi Remus con un sorrisetto timido, che lei ricambiò con altrettanto imbarazzo.
«Pronto ad una dura sessione di studio pomeridiano? Sarò un'insegnante severa, sai» esclamò Emmeline.
Il panico prese il posto all'allegria che fino a poco prima troneggiava sul viso di Remus.
Emmeline scoppiò a ridere, lasciando il ragazzo spiazzato e confuso.
«Stavo scherzando! Ci sei davvero cascato?» ridacchiò strizzandogli l'occhio.
Remus sospirò profondamente, avvampando di vergogna.
«Io... sì, dannazione» rivelò il biondo ridacchiando nervosamente.
Dopo un ultimo sorrisetto comprensivo, Emmeline disse:
«Forza, andiamo».

In poco tempo raggiunsero la grande Biblioteca, trovandola pullulante di sonnacchianti studenti alle prese con i compiti per il giorno seguente.
Il cuore di Emmeline fece una capriola: fortuna che non erano soli...
«Quel tavolo è libero» le fece notare Remus indicando un piccolo tavolino a ridosso del muro e mezzo nascosto dagli alti scaffali. Emmeline annuì, seguendo il compagno di Casa diretto alla postazione di studio prescelta.
Si sedettero l'uno di fronte all'altra. Remus estrasse il libro di Trasfigurazione, la piuma, il calamaio ed il quaderno, sistemandoli accuratamente sulla superficie di legno; Emmeline fece lo stesso.
«Ci siamo. Allora... ehm, ricordi quel che ti ho detto la settimana scorsa?» esordì lei.
Remus fece di sì con la testa.

«E' consigliabile mettere direttamente in pratica le varie nozioni, poiché è tutta questione di concentrazione mentale, non di studio vero e proprio» recitò, sorridendole soddisfatto.
Emmeline rimase piacevolmente sconcertata: ricordava le sue parole praticamente a memoria!
«Accidenti» commentò, colpita. «Bene, molto bene. Mi dici tu da cosa potremmo cominciare o...?» propose.
Remus le lanciò un'occhiata piuttosto eloquente che la fece irragionevolmente arrossire.
Gli occhi del ragazzo erano stupefacenti, notò lei: color ambra e screziati da qualche pagliuzza dorata, sembravano leggerti dentro. Erano occhi gentili, gentili come pochi.
Emmeline scrutò incuriosita le strane cicatrici biancastre che segnavano il volto del compagno; cicatrici strane, chissà come se l'era procurate...

«Emmeline?» chiamò Remus osservandola stranito; la sua mano salì al mento, per grattarlo.
Lei si riscosse improvvisamente dai propri pensieri, avvampando di colpo.
«Oh, ehm... sì. Cominciamo dall'inizio, allora».
Remus si rilassò contro lo schienale, lanciandole l'ennesimo sorriso benevolo e lasciando tutto l'imbarazzo che provava in quel momento scivolare via.

 

° ° °

 

«Morgana» sbadigliò improvvisamente Alice dalla sua poltroncina accanto a me, «per quanto ancora dovremo fingere che questa lezione sia interessante?»
«Una decina di minuti» la informai seccata, tornando a concentrarmi sulle parole della Gillan.
Più che seguire la lezione, mi ritrovai a ripensare alla gentilezza con cui Remus mi aveva poi ringraziata, pregandomi di non abbandonarlo ed assicurandomi della validità dei miei insegnamenti. Sentii le guance imporporarsi.
Marlene sbatté teatralmente il capo contro il basso tavolino di legno, stentando a tenere gli occhi aperti e facendo traballare la sfera di cristallo precariamente appoggiata sopra di esso.
Esattamente dieci minuti più tardi la campanella trillò, annunciando la fine delle lezioni.
La fiumana di studenti mezzo addormentati si riversò velocemente sull'ingresso della stanzetta senza aspettare un minuto di più.
«VANCE!» chiamò a gran voce qualcuno alle mie spalle non appena imboccai la lunga rampa di scale a chiocciola che riportavano ai piedi della torre. Mi fermai, disorientata, guardandomi in giro.
«Van
oh, ti sei fermata» farfugliò Potter dopo avermi raggiunta di corsa. Arrossii appena, attendendo pazientemente di scoprire cosa volesse da me.
«Scusami, Potter. Hai bisogno di qualcosa?» domandai educatamente.
«No... cioè, ... non io, ma... insomma... Remus mi ha pregato di dirti che oggi non potrà venire alla lezione» esclamò lui confuso, arruffandosi i capelli già di per sé indisciplinati.
«Okay, Potter. Ti ha detto se ha intenzione di recuperare, magari un altro giorno?» chiesi sorridendo nervosamente.

Perché Remus non mi ha avvisata di persona?

«No...» rispose lui, apparentemente dispiaciuto. Il mio sorriso si incrinò. «Ma glielo chiederò. Ci si vede!» salutò allegramente raggiungendo lesto Black, che lo precedeva di qualche metro.
«Sì... ci si vede» ripetei atona quando Potter fu ormai lontano.
«Emmeline Vance! Sogno o son desta? Ci sei rimasta di merda!» mi fece – inutilmente – notare una sbalordita Alice inspiegabilmente destatasi dalla stanchezza che l'attanagliava fino a pochi minuti prima.
«La faccenda puzza di cacca di drago...» mi canzonò Lène ghignando in modo mostruosamente sinistro.
«Voi e la vostra solita finezza» sbottai, aumentando il passo.
C'incamminammo con la solita flemma verso i sotterranei che portavano nell'aula di Pozioni, continuando a bisticciare.
«Ma Mary?» chiese Alice.
«Zuccona! Mac non frequenta Divinazione, aveva Antiche Rune con Lily» abbaiò Lène con la sua solita premura, rafforzando il concetto dando una leggera spintarella ad Alice, che barcollò instabilmente.
«Mpf!» sbuffò la futura signora Paciock con una linguaccia.
«Dai, ragazze. Lumacorno è già qui!» annunciai indicando alla nostra destra, dove l'ingombrante figura del professore incedeva a passo di lumaca trascinandosi dietro il suo borsone pieno di alambicchi e provette.
«Buongiorno, signorine!» salutò. Noi rispondemmo con un lieve cenno del capo e tre identici sorrisini falsi. «Come mai Lily non è con voi?» chiese, esternando la sua solita ed inquietante passione per la nostra Lils.
«Frequentiamo corsi diversi. Sa, lei— oh, ciao, Lily!» esclamò Marlene agitando una mano con foga.
Lily avanzava velocemente verso di noi faticando a reggere la pesante borsa a tracolla che quasi sfiorava terra da quanto era riempita di libri. Lily ci sorrise goffamente, accennando un saluto di circostanza in direzione del professore.
«Lily, cara Lily!» ululò Lumacorno accarezzandosi gli ispidi baffoni da tricheco. «Vedrà, ho preparato una chicca che le piacerà sicuramente!» Detto ciò, si dileguò ridacchiando tra sé e sé.
«Devo preoccuparmi?» mormorò Lily seriamente angustiata. Marlene scrollò le spalle e la spinse in classe, mentre Alice ed io ridemmo flebilmente.

 

°

 

Aula di Pozioni, sotterranei
[poV Sirius]

James e Peter si posizionarono nel tavolo più a destra dall'ingresso, subito seguiti da Remus. Sbuffai rumorosamente, per niente allettato all'idea di dover trascorrere le successive due ore in sua compagnia.
«Signor Black, cosa fa lì impalato? Si sbrighi a raggiungere i suoi compagni, forza» disse Lumacorno occhieggiandomi con fare bonario.
Annuii e m'incamminai svogliatamente verso i miei tre compagni.
Scrutai attentamente l'espressione di James, incuriosita e serena al tempo stesso; avrei dovuto stare ancora più attento se non volevo scoprisse la scenata che avevo fatto a Evans e a Remus ormai settimane prima.
Contrariamente a quanto avevo pronosticato, Lunastorta, benché ce l'avesse a morte con me, ed io con lui, non aveva fatto parola con Ramoso di quanto successo. Figuriamoci Codaliscia.
Non era tipico del mio modo di agire avere segreti con James ma, a mali estremi, estremi rimedi...
«Ehi, Sir. Guarda la Johnson, mi sta mangiando con gli occhi» ghignò James al mio orecchio.
«Mmm».
Lumacorno si schiarì piuttosto sonoramente la voce, facendo segno alla classe di avvicinarsi alla sua cattedra.
Soltanto quando mi feci più vicino fui in grado di percepire un invitante odore di limoni levarsi dallo spesso calderone posto sul ripiano di legno, dal quale uscivano strani sbuffi di fumo.
«Questa» esordì Lumacorno, gongolando contento ed indicando il calderone, «è una pozioncina piuttosto complessa, ragazzi miei. Qualcuno sa forse dirmi...?»
L'addestrata mano di Remus si levò per aria di un secondo preceduta da quella di Evans e, notai con disgusto, di Mocciosus.
«Sì, signor Piton?» lo invitò il professore.
Evans riabbassò la mano, infuriata.
«È la pozione dell'Amore Sconosciuto*, professore» decretò, il volto nascosto dall'unticcia tendina di capelli neri.
«Eccellente, eccellente davvero. Dieci punti a Serpeverde» decise Lumacorno, osservando lievemente preoccupato gli studenti della sua Casa complimentarsi con il compagno. Avrei scommesso mille galeoni che il vecchio Luma se la faceva addosso ogni volta che noi Grifondoro e quelle viscide serpi ci trovavamo nelle stessa stanza; probabilmente, la rissa d'inizio anno l'aveva scosso non poco. «Signor Potter, mi sa dire qual'è il suo principale effetto?»
James s'irrigidì, ma durò poco: nel giro di due secondi una smorfia malandrina si fece strada sul suo volto.
«Probabilmente, quello di far capire a persone come il nostro caro Piton che il grande amore della loro vita è, appunto, sconosciuto. In poche parole, non esiste» ghignò, fissando ostilmente il Serpeverde.
Alcuni studenti diedero in contenute risatine; vidi Mary spalancare comicamente le labbra e darsi di gomito con Evans, sul cui volto una strana espressione contratta stentava a resistere all'impulso di scoppiare a ridere.
«Cinque punti in meno a Grifondoro, signor Potter» esclamò lugubre Lumacorno.
Si vedeva lontano cinque miglia quanto gli dispiacesse punire uno dei suoi studenti prediletti!
Riportata la classe alla quiete, la mano di Evans si alzò reclamando l'attenzione del professore.
«Prego, Lily cara» la esortò lui.
«La pozione dell'Amore Sconosciuto è molto famosa tra i pozionisti poiché produce conseguenze piuttosto stupefacenti: se bevuta, capiamo immediatamente chi è la persona di cui ci siamo perdutamente innamorati. È riconoscibile dalla caratteristica forma spezzettata dei suoi sbuffi di fumo, che acquisiscono l'odore di un frutto, di un dolce o di una sostanza particolare che ci riconduce alla persona che amiamo. Io ad esempio sento un forte profumo di miele, ribes e—». Evans avvampò, azzittendosi all'improvviso.
«Ha pienamente ragione, signorina Evans. È un intruglio utile per i cuori solitari, diciamo. Tuttavia, ho un avvertimento: se presa in quantità inadeguate, la pozione dell'Amore Sconosciuto può arrivare a farci odiare visceralmente la nostra anima gemella, e l'eventuale relazione verrà ineluttabilmente stroncata sul nascere. Già solamente se viene ingurgitata una goccia di più di quanto richiesto il nostro potenziale amante inizierà a risultarci orrido e seccante».
«Ma è terribile!» strillò impressionata Samantha Yarvil, di Tassorosso.
Lumacorno annuì, grave.
«Be', per Mocciosus è comunque inutile» sbottai con un ghigno. Remus mi rifilò una strana occhiata divertita, mentre James e Peter scoppiarono a ridere sguaiatamente.
«Il vostro compito oggi è quello di prepararmi un campione di questa pozione. Avete un'ora e mezza a partire da ora. Buon lavoro!» ci augurò Lumacorno facendo finta di non aver udito la mia ultima esclamazione.
Remus mi guardò carico di aspettative, avvicinando impercettibilmente il suo calderone in peltro al mio.

 

°

 

[poV Mary]

Corsi all'armadietto delle scorte, raccattando tutti gli ingredienti di cui necessitavo.
Tornata al nostro tavolo di lavoro, vidi che i corti capelli di Alice già iniziavano ad incresparsi pericolosamente, facendola somigliare ad un leoncino.
Ridacchiando sommessamente, iniziai a disporre gli ingredienti sul tavolo; Alice mi fulminò con lo sguardo.
«Fottiti, MacDonald» sbottò indignata, riacciuffando una ciocca di capelli finitole davanti agli occhi.
«Non mi fai pena, Alice» decretai fiera, gonfiando il petto in modo ampolloso.
«Per Godric!» esclamò Marlene succhiandosi il pollice graffiato: la chela di Schiopodo Sparacoda con cui aveva a che fare sembrava essersi ribellata alla sua volontà.
Emmeline, Alice ed io ridemmo in coro, mentre Lily, un cipiglio serioso impresso in faccia, continuò a rimestare il suo decotto, il quale aveva già acquisito una perfetta tonalità rosa confetto, come descritto dal libro di istruzioni.
«Uffa! Non capisco cos'ho sbagliato...» brontolò Emmeline fissando torva il melmoso liquido decisamente fucsia all'interno del suo calderone.
Lily, sorda a qualsiasi lamentela, aggiunse cautamente sette petali di orchidea: la pozione ribollì minacciosa, decolorandosi improvvisamente.
«Cazzo!» imprecò, strofinandosi la guancia sbafata di nero. Poi, tornò a sfogliare febbrilmente le pagine del manuale, borbottando insulti non si sa bene a chi.
Io mi guardai attorno, terrorizzata: metà classe era già a buon punto, mentre io ero ancora alle prese con quelle dannate radici di quercia che non volevano saperne di spezzarsi!
Lumacorno si aggirava silenzioso tra i vari gruppi, talvolta dando un'annusata alle pozioni.
Giunto al tavolo dei Malandrini, lo vidi storcere malamente il naso di fronte alla violacea massa informe che era il decotto di Peter.
Sospirai, rincuorata, avventandomi sul librone con tutta l'intenzione di cavarne fuori qualcosa di utile.

 

°

 

[poV James]

«E il tempo è... scaduto!» annunciò Lumacorno con la sua vociona gioviale, sorridendoci affabilmente. «Forza, ragazzi. Consegnatemi le vostre fiale».
Remus sorrise soddisfatto afferrando la sua boccetta di pozione; Peter mugolò sfiduciato, tentando di versare il suo composto nell'alambicco: piuttosto che una “
fluida crema giallo canarino”, la sua pozione dell'Amore Sconosciuto aveva la consistenza di porridge andato a male.
«Lascia perdere, amico» gli consigliò saggiamente Felpato avviandosi verso la cattedra.
Peter si accartocciò su sé stesso.
«Prenderò una T a tutti i M.A.G.O.».
«
Mai perdere la speranza» esclamai a voce molto alta, lanciando di riflesso un'occhiata eloquente alla nuca rossa di Evans.
Raccolsi la mia fiala, osservando il liquido di un intenso giallo sole.
«Signor Potter, ha fatto davvero un buon lavoro» osservò Lumacorno dandomi un'energica manata che mi tolse il respiro per qualche istante.
Mi congedai con un cenno, non senza aver udito la lamentela del professore.
«Signorina Evans, che è successo? Non me lo sarei mai aspettato da lei!» tuonò Lumacorno fronteggiando un'adirata Evans dal viso completamente rosso di rabbia.
«Non so cosa sia successo» bofonchiò lei faticando a non scoppiare a piangere dal nervoso.
«Si rende conto che Potter mi ha appena consegnato un perfetto campione di pozione dell'Amore Sconosciuto? Dico,
Potter» le fece notare il professore, arricciando le labbra.
«
. Arrivederci» concluse Evans quasi strillando, punta profondamente nell'orgoglio; poi, corse fuori dall'aula a tutta velocità.
La osservai sparire dietro la porta; un'improvvisa idea mi balenò in testa.
«A dopo, voi tre!» gridai ai Malandrini sfrecciando dietro Lily.

Fummo in poco tempo al primo piano, io incespicando sfinito e lei ancora decisa a sfuggirmi.
Nonostante mi fossi ripromesso che non l'avrei più cercata e avessi deciso di lasciarla al suo destino di infelice amica di un probabile Mangiamorte, non riuscii a ordinare ai miei fottutissimi piedi di smettere di rincorrerla in giro per il castello, e continuai a chiamarla a gran voce malgrado lei facesse finta che non esistessi.

Codarda.

«EVANS» ruggii per l'ennesima volta mentre stava per svoltare l'angolo.
Trapassai per sbaglio il fantasma del Frate Grasso, il quale svolazzava sventolando il suo boccale ripieno di un liquido non meglio identificato: fui percorso da una serie di fastidiosi brividi di puro ghiaccio che mi fecero accapponare la pelle.
«Porco Merlino!» imprecai sfregando le mani e cercando di non sbattere i denti dal freddo.
Durante quello spiacevole incidente non mi ero accorto del fatto che Evans si era finalmente fermata; ora mi osservava con un cipiglio a metà tra l'intimidito e il seccato, le braccia conserte e l'aria seria.
«Cosa vuoi» ruggì senza tanti complimenti, sistemandosi la borsa sulle spalle.
«Occhio a non essere eccessivamente amabile, Evans» sbuffai malevolo, lanciandole un'occhiata infuriata.
Possibile che la repellesse anche solo scambiare due parole con me?
«Cosa. Vuoi» scandì, fissandomi truce.
«Temo tu abbia qualche questione in sospeso con me» sbottai, impaziente.
Lei impallidì.
«Ma che stai farneticando, Potter» ribatté Lily squadrandomi truce e ricacciandosi un ciuffetto dietro l'orecchio.
«Non penso proprio».
«Senti» esordì, riducendo gli occhi a fessure, «mi dai sui nervi. Non ti basta avermi spedito Black alle calcagna ed avermi fatta sentire una codarda senza cuore?»
Sbalordii: di che diavolo stava parlando?
«Cosa?» chiesi, stralunato.
«Oh, ora c'è la fase di negazione... giusto» mi derise lei, annuendo. «La verità è che sei tu il codardo, Potter. Non c'è bisogno di fare lo spaccone con le ragazze che ti rifiutano, perché tu non sei la persona che fai credere a tutti di essere, ed io non sono una cazzo di sfida. Non sono il trofeo da sbandierare ai quattro venti e di cui vantarsi con chiunque... è per questo che non ti accetterò mai. Mai, capisci?»
«Non sei una sfida» mormorai, sentendo qualcosa nella pancia contorcersi dolorosamente.
Evans s'irrigidì, stringendo i pugni.
I suoi vividi occhi verdi si piantarono nei miei, perforandoli.
«Dimostralo».


Lily corse via, lasciandomi impietrito a fissare il vuoto, lo stomaco ancora stretto in quella morsa letale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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*una pozione inventata da me

 

NdA: Bentrovati! Credetemi, mi stupisco di me stessa: avevo deciso che avrei aggiornato mercoledì, una volta arrivate le vacanze di Pasqua, invece eccomi qui, incapace di stare lontano dai miei amati James, Lily e compagnia per più di una settimana.
Amatemi, quindi.
Il mio libro di letteratura sta bestemmiando dal fondo del mio zaino. Ma non mi sento in colpa, naa.

Un avviso: ho eliminato Narcissa Black dalla storia (o meglio: l'ho resa più piccola di uno o due anni rispetto ai Malandrini, quindi diciamo che a Hogwarts c'è anche lei) e l'ho sostituita con Daphne Selwin (personaggio ovviamente di mia invenzione).
Fate conto che Andromeda è diventata la maggiore delle tre sorelle, ecco.

Mi odio per aver inserito Lucius Malfoy tra i “nemici”, dato che è più vecchio dei Malandrini, ma ormai è troppo tardi per modificare tutto. Credo. Uffa.
Bene! Questo capitolo è lungo o__O
Piaciuta la prima parte? Insomma, non ho mai nominato il mittente della lettera, ma si è capito chi è, no? ;) Mi piaceva lasciare la situazione più introspettiva.
Ed Emmeline? Che ne dite? È preda della confusione più totale, povera cara. Louis è così tenero e distratto, però :')
Mi sono divertita come una matta a descrivere le scene durante le lezioni di Divinazione e Pozioni, accidenti! Si sente che Pottino è tornato. Adoro maltrattare Mocciosus immedesimandomi in Sirius e James, dannazione. Ahhh. (#nobodycares)
Mi dispiace aver lasciato in sospeso le cose tra Sirius e Marlene; torneranno presto anche loro, non preoccupatevi. E anche Mary. E Alice e Frank. E *rabbrividisce
* Peter.
Ehm, che altro... Lily non si smentisce mai! Ed è oltretutto incoerente con sé stessa.

cescapadfoot dovrà pazientare, temo.
Ehehehehehhheheheehehehehh, non odiarmi, tesorino!

Bene, mi sto dilungando.
Vado a studiare Euripide e quella folle di Medea, dai. Forse.

 

Vi bacio tutteeeeeeeeeee,
Lilies

 

 

PS: Quanto poco si vede che nutro una smodata passione per i Beatles, Karen Gillan ed Aaron Johnson (gli ultimi due sono la reincarnazione di Lily e James :3)?
Tra il padre di Lily che si chiama
John (tanti cuori per Lennon, anche se inizialmente l'avevo chiamato Paul)(tanti cuori anche per McCartney), la svagata professoressa Gillan, il fratellino di Marlene, Aaron, e pure la tizia senza nome Johnson che sbava per James...
Be', la mia fantasia è proprio sconfinata, né?
Ahahahh, che vergogna.

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Capitolo 13
*** Il mostro dagli occhi verdi ***


Bentrovati, abitanti di Efp!

Ne è passato di tempo, eh?
Quello che è appena trascorso è stato un periodo un po' difficile, per me.
Non basteranno certamente i miei infiniti sproloqui per farmi perdonare questo immenso ritardo.
Mi odio già abbastanza da sola, sappiatelo :(
Tuttavia, tra le voragini da recuperare a scuola, le mie disgrazie sentimentali da superare e via discorrendo (senza contare un fastidioso blocco dello scrittore che non mi ha ancora del tutto abbandonata), proprio non ho avuto il tempo di dedicarmi a questa storia, a cui tengo moltissimo.
Indi per cui mi scuso con tutti coloro che mi hanno aspettata e che probabilmente ho deluso e seccato, mi dispiace seriamente aver abbandonato così James, Lily e la loro sgangherata compagnia.
Ma don't worry, siamo in estate e ho (finalmente) tempo per potermi sbizzarrire e continuare Resistance!
Non vorrete mica lasciare i nostri prodi amici a sguazzare liberamente nel loro mondo di ormoni imbizzarriti, vero?
Prima di cominciare col tredicesimo capitolo, però, vi propongo un breve riassunto della storia fino a questo punto, visto e considerato che è passato davvero tantissimo tempo dall'ultimo aggiornamento e può darsi che vi siate dimenticati qualche pezzetto per strada.

  • Sirius, dopo la lite con Lily, smette di rivolgere la parola a lei e a Remus, il quale disprezza il comportamento dell'amico giudicandolo immaturo ed eccessivamente impulsivo; nonostante ciò, Lupin non rivela nulla dell'accaduto a James, ancora ricoverato in Infermeria.
    Come se non bastasse, Marlene se la prende con Sirius dopo che quest'ultimo la punzecchia acidamente davanti a tutti in Sala Grande, ferendo i suoi sentimenti
    Mary riceve buone notizie da casa e riesce a mettersi il cuore in pace; nel frattempo, le ragazze cercano di tirare su di morale Lily, che si è chiusa in un malinconico ed arrabbiato silenzio. In questo frangente, la ragazza riflette sul rapporto tra lei e James e ripensa ai bei tempi passati accanto a Severus: non perdona comunque i comportamenti di Potter.
    Successivamente, Lily riceve un misterioso invito ad un appuntamento non recante alcuna firma, in cui le viene chiesto di presentarsi senza accompagnatori.

  • La mattina del tredici settembre (sabato, giorno di ronda) James rientra in scena completamente ristabilito dalle cure di Madama Chips. I Malandrini si ritrovano al Parco; la situazione tra Remus e Sirius non ha subìto variazioni: il giovane Black se ne va inviperito, lasciando uno stupefatto James a chiedersi cosa sia successo agli amici durante la sua assenza.
    A pranzo, tutti festeggiano il ritorno di James; quest'ultimo, dopo aver origliato una conversazione delle ragazze, viene a sapere quanto Lily sia restia ad affrontarlo una volta per tutte per cercare di chiarire la loro situazione, rimasta troppo a lungo in sospeso. La ragazza tuttavia non si dà per vinta e, dopo di uno dei suoi battibecchi con James, riesce a convincere Remus a sostituirla durante la ronda.
    Quello stesso pomeriggio Emmeline e Remus si accordano per delle lezioni private di Trasfigurazione.

  • Qualche giorno dopo, Lily rimembra l'incontro con il misterioso mittente del criptico messaggio, il quale portava con sé un avvertimento (nda: heheheh avete capito chi era, no??).

  • A seguito di una lezione di Pozioni (durante la quale Lumacorno chiede agli studenti di preparare una provetta di pozione dell'Amore Sconosciuto, James e Mocciosus si pungolano a vicenda, Remus cerca un qualche chiarimento con Sirius e Lily commette uno sbaglio a dir poco clamoroso che le procura un rimprovero dal professore e uno sberleffo da Jamie), James e Lily si scontrano per l'ennesima volta.

     

    «Senti» esordì, riducendo gli occhi a fessure, «mi dai sui nervi. Non ti basta avermi spedito Black alle calcagna ed avermi fatta sentire una codarda senza cuore?»
    Sbalordii: di che diavolo stava parlando?
    «Cosa?» chiesi, stralunato.
    «Oh, ora c'è la fase di negazione... giusto» mi derise lei, annuendo. «La verità è che sei
    tu il codardo, Potter. Non c'è bisogno di fare lo spaccone con le ragazze che ti rifiutano, perché tu non sei la persona che fai credere a tutti di essere, ed io non sono una cazzo di sfida. Non sono il trofeo da sbandierare ai quattro venti e di cui vantarsi con chiunque... è per questo che non ti accetterò mai. Mai, capisci?»
    «Non sei una sfida» mormorai, sentendo qualcosa nella pancia contorcersi dolorosamente.
    Evans s'irrigidì, stringendo i pugni.
    I suoi vividi occhi verdi si piantarono nei miei, perforandoli.
    «Dimostralo».
    Lily corse via, lasciandomi impietrito a fissare il vuoto, lo stomaco ancora stretto in quella morsa letale.”

 

Quello che doveva essere “un breve riassunto” sta diventando un'interminabile palla, per le mutande di Merlino.
Ah, già: mi sono accorta di aver confuso le giornate dedicate alle giornate a Hogsmeade.
Che sono i sabati... e non le domeniche, come avevo scritto io -.-
Provvederò a spulciare nei capitoli addietro a caccia dell'errore!
Spero che questo capitolo vi piaccia (con calma risponderò anche alle vecchie recensioni, giuringiurello) ;)
Un bacione a coloro che vorranno recensire, e un grande abbraccio a tutti quelli che ricordano/seguono/preferiscono ciò che scrivo, o che semplicemente leggono :)

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Sabato 4 ottobre

I sovreccitati studenti del quinto e del settimo anno, seguiti dai ragazzi del terzo impazienti di visitare Hogsmeade per la prima volta e da quelli inspiegabilmente annoiati del quarto e del sesto, erano accorsi in massa spintonandosi vicendevolmente al Salone d'Ingresso, presso il quale lo strampalato custode Argus Gazza li attendeva, smanioso di poterli scandagliare da capo a piedi servendosi delle fastidiosissime Sonde Sensitive che il Ministero aveva imposto ad ogni scuola magica inglese di utilizzare al fine di incrementare i controlli sui traffici di oggetti Oscuri che di quei tempi andavano via via aggravandosi. I ragazzi avevano letteralmente travolto il pover'uomo tra festanti grida di giubilo mandandolo a gambe all'aria e facendolo auto-infilzarsi con una delle sue sonde.
Quale occasione sarebbe stata più perfetta per allontanare per un po' di tempo quel fastidioso stress scolastico se non la prima e tanto attesa uscita a Hogsmeade dell'anno?
Minerva McGranitt, fedele alla sua devozione per il rispetto delle regole, s'era lungamente sgolata con gli studenti in un tentativo di chetare i loro scalpitanti spiriti, concludendo la sua urlata arringa con una velata minaccia all'indirizzo di due loschi figuri di nostra conoscenza che, come da copione, producevano la gran parte di quel fracasso.
James Potter e Sirius Black, capo e vice della piccola folla scalmanata, avevano dovuto ricorrere alle maniere forti per mettere finalmente a tacere la scomposta impazienza dei compagni, poiché indubbiamente intimoriti dalle parole dell'adirata professoressa, che aveva assicurato loro una punizione a tempo indeterminato; a detta sua, era indicibilmente vergognoso comportarsi come una balbettante e bambocciona banda di babbuini.
Se non si teneva conto di quel piccolo inconveniente, si profilava una giornata calda e serena: un timido sole spuntava da dietro le soffici nuvole bianche di cui il cielo, di un bell'azzurro indaco, era punteggiato.
Tutto lasciava intendere che, per gli standard scozzesi, l'autunno era ancora lontano.

 

°

ore 15.30

Mary ballonzolò instabilmente fuori da Mielandia – il miglior negozio di dolciumi del mondo magico – con le braccia cariche di pacchetti di Api Frizzole, sacchettini di Gomme Bolle Bollenti e scatole di Cioccorane Maxi-Formato.
Emmeline, a pochi passi dietro la ragazza, ridacchiò sommessamente alla vista dell'amica, i cui occhi quasi brillavano di luce propria da tanto era entusiasta.
«Tutto quel grasso finirà sui tuoi fianchi, non sulle tue tette» dichiarò velenosamente Marlene storcendo il naso e tornando a dedicarsi al suo lecca lecca dietetico.
«Mac potrebbe divorarsi anche una mandria di centauri e non prendere un solo chilo, Lène. È tutta invidia, la tua» la canzonò Emmeline dandosi di gomito con Mary, che annuì vigorosamente facendo una comica linguaccia a Marlene, la quale prese a fissare astiosamente il suo misero dolcetto senza grassi prima di scaraventarlo nel primo cestino che le capitò sotto tiro.
«Che facciamo adesso?» domandò allora la bionda decidendo di ignorare le parole di Emmeline, che scoppiò a ridere fragorosamente.
«Non ne ho idea» fece Mary distrattamente, guardandosi attorno. Improvvisamente, trattenne rumorosamente il fiato ripuntando i suoi grandi occhi indagatori sulle due amiche, che trasalirono dallo spavento. «Ragazze, abbiamo perso un componente» annunciò, aggrottando le fini sopracciglia scure e schiaffeggiandosi teatralmente una guancia per quanto glielo permettesse il carico di dolci che reggeva.
«Alice è con Frankuc»
«Parlavo di Lily» continuò imperterrita la mora interrompendo Marlene, che ammutolì. «Non la vedo da un pezzo, eppure è entrata con noi da Mielandia».
I suoi occhi vagarono lungo la via stipata di studenti in cerca dell'inconfondibile chioma rosso scuro della Caposcuola, strizzandoli a intervalli regolari per mettere a fuoco ogni singolo volto.
Emmeline sentì immediatamente l'ansia roderle il fegato come troppo spesso le succedeva da quando quell'assurda guerra aveva avuto inizio; impose ai suoi battiti di regolarizzarsi, passandosi una mano sulle guance accaldate.
«Sarà andata da Scrivenshaft e noi non ce ne siamo accorte» ipotizzò ragionevolmente Marlene dando una pacca sulla spalla a Emmeline, che le lanciò un'occhiataccia.
«Mh, può essere...» rispose Mary con un mezzo sorriso. Un istante più tardi, dopo aver rovistato a lungo tra i suoi pacchetti di dolciumi, sventolò per aria una grossa Cioccorana dall'aria deliziosa a mo' di bandierina. «Merlino, non mi sopporto quando divento ansiogena! Sembro Alice» concluse con un risolino insolente.
Emmeline le lanciò uno sguardo ammonitore, mentre Marlene cominciò a ridacchiare divertita.
Dopo qualche minuto di silenzio durante il quale l'unico suono udibile fu quello delle allenate mascelle di Mary che divorarono famelicamente caramelle, pasticcini e quant'altro, la bionda McKinnon emise un basso grugnito che attirò l'attenzione delle altre due, che alzarono contemporaneamente lo sguardo.
Sirius Black, in rapido avvicinamento, se la rideva assai sguaiatamente con una ragazzetta appesa al fianco che lo fissava con uno sguardo a metà tra il pervertito e l'adorante.
La coppia sfilò davanti alle tre senza degnarle di un solo sguardo, cosa che fece irragionevolmente innervosire Marlene.
«Che diamine ti prende, Lène? È solo Black» smozzicò Mary dopo qualche minuto tentando di usare un tono disinvolto.
«È solo Black» la scimmiottò Marlene con aria cupa, calcando sul cognome del detestato giovanotto. «Andiamo a cercare Lily» aggiunse velocemente, infilando le mani nelle tasche del suo mantello nero. Mary la guardò per un momento, indecisa se ribattere o meno, quando...
«Io devo vedermi con Aaron!» ululò improvvisamente la mora, dandosi un teatrale schiaffetto in fronte. «Scappo... a dopo, voi due! Mandatemi un gufo se trovate Lils!»
Detto – o meglio, strillato – ciò, Mary corse in direzione dei Tre Manici di Scopa sventolando distrattamente la mano in segno di saluto, i lunghi ricci castani scompostamente ondeggianti sulla schiena.
Marlene ed Emmeline si guardarono ghignando, poi svoltarono l'angolo alla volta del negozio di piume.
La pacata Vance non volle badare a quel fastidioso prurito che le era venuto alla pancia... che la coglieva quando qualcosa stava per andare storta.
Non aveva senso preoccuparsi.

 

 

 

ore 14.15
[poV Lily]

«Io esco un attimo!» esclamai frettolosamente a Mary subito dopo essere entrate da Mielandia.
Mary mugugnò qualcosa di indistinto che assomigliò ad un “ok”, così, dopo averle chiesto di avvisare anche Marlene ed Emmeline ed aver ottenuto in risposta un altro confuso ed irritante monosillabo, spalancai nuovamente la porta del negozio fiondandomi all'aperto, dove una leggera brezza fredda cominciava a soffiare.
Rimasta sola, rimuginai qualche minuto tra me e me cercando di capire dove diamine avrebbe potuto trovarsi colui che, quel giorno, era diventato il mio obbiettivo.

 

 

Stamberga Strillante

«Allora è deciso?»
L'alta figura vestita di nero batté un pugno sul tavolo, chiaramente impaziente di ricevere una risposta affermativa.
Una nube di polvere si propagò nell'aria circostante, facendo tossire l'interlocutore.
«Se non sopraggiungono ulteriori problematiche, sì, è deciso».
Il giovane abbozzò un mezzo sorriso compiaciuto, lieto che tutto fosse andato secondo i suoi piani.
«Molto bene. Ci rivedremo presto».
L'altro annuì, sistemandosi velocemente il pesante mantello sulle spalle; la mano sfiorò l'argenteo blasone che fungeva da gancio di chiusura, provocandogli un brivido.
I due si guardarono negli occhi, scambiandosi uno sguardo carico di tensione.
Uscirono dalla vecchia catapecchia polverosa senza aggiungere altro; presero direzioni opposte.

 

 

Sala da tè di Madama Piediburro

«Frank?» mugolò Alice Prewett con una vocina lamentosa, i grandi occhi castani puntati contro l'ingresso del soffuso locale.
I bollenti fumi del tè all'infuso di Mandragola che la ragazza sorseggiava beatamente fino a pochi istanti prima si propagarono velocemente verso il suo viso, tingendole di rosso le guance.
«Mh?» rispose stancamente il ragazzo dal viso paffuto ridestandosi dal sonno comatoso che quella maledetta sala da tè – che lui detestava tanto quanto Alice amava – gli faceva venire ogni volta che si vedeva costretto a passarci del tempo.
Alice gli riservò un'occhiataccia intimidatoria e prese fiato, sistemandosi meglio sulla panca foderata di velluto color geranio sulla quale sedeva:
«Chi è la ragazza con—?»
«Ragazzi, anche voi qui?» trillò in quello stesso istante la voce di Mary, sbucata da chissà dove in compagnia di Aaron McKinnon, che sorrise imbarazzato ai due piccioncini.
«A quanto pare, Mac...» sbuffò in risposta Alice adagiandosi nuovamente sulla morbida panca e seguendo con la coda dell'occhio i due ragazzi che avevano attirato la sua attenzione appena pochi minuti prima entrando nella sala da tè, i quali già si stavano dirigendo verso l'uscita ridacchiando allegramente.
«Possiamo?» fece Mary indicando i posti liberi del tavolo di Frank ed Alice.
Paciock strillò un contentissimo “ovvio che sì!”, felice di aver finalmente trovato un altro maschio che condividesse con lui tutto quello stomachevole romanticismo.
«Come mai qui?» domandò Alice tornando a concentrarsi sul suo tè ormai freddo ed immergendoci dentro un biscottino al miele.
«Fuori inizia a far freddo e i Tre Manici di Scopa è al completo» spiegò Aaron con un sorriso; Frank annuì, grave.
«Gli altri?»
«Ho lasciato Emme e Lène fuori Mielandia; i maschi non so dove siano. Be', a dire il vero abbiamo incrociato Sirius con una ragazza e...» esordì Mary.
«Ah sì? Chi era?» trillò Alice, immediatamente più interessata e avida di qualche pettegolezzo.
«Probabilmente una delle sue tante amiche da una botta e via» ghignò Aaron guadagnandosi l'assenso di Frank e Mary e un'occhiata sconvolta dalla piccola Prewett.
«Le ragazze sono andate a cercare Lily. L'abbiamo persa» borbottò cautamente ed in tono di scuse Mary abbozzando un sorriso all'amica, che sapeva essere terribilmente ansiogena. Alice, infatti, trattenne rumorosamente il fiato.
«Cosa? Lily? Dove? Sei un'incosciente!» la sgridò Alice preoccupata, gli occhi sgranati.
Frank le passò una mano sulla guancia per calmarla, ma venne velocemente scansato via.
«Quand'è così diventa ingestibile» sospirò Paciock rivolgendosi ad un divertito Aaron, che osservava la scena in silenzio.
«Calmati, Ali! È sicuramente andata a comprarsi una piuma nuova... ieri sera stava blaterando a proposito di questo, e ha anche detto che doveva spedire una lettera o qualcosa del genere. Sta' tranquilla, per l'amor del cielo!»
«Qualcosa del genere, dici? Sei incorreggibile, MacDonald. Comunque; andiamo? Voglio fare un giro da Mielandia» esclamò allora Alice.
Gli altri – compresa Mary, i cui pacchetti di caramelle recentemente acquistati erano misteriosamente scomparsi – annuirono vigorosamente.
Aaron era rimasto in silenzio per tutto il tempo, un fastidioso nodo a stringergli lo stomaco...

 

 

Zonko

Peter squittì eccitato reclamando l'attenzione di Remus, fermo pochi scaffali più indietro intento a contemplare bramosamente i nuovissimi Fuochi d'Artificio del Dottor Filibuster.
«Be', che vuoi?» fece il licantropo una volta raggiunto il tozzo amico, fissandolo saltellare sul posto battendo felice le mani grassocce.
«Guarda! Guarda! È nuova la Penna Copiatutto!» trillò Codaliscia indicando la variopinta scatola poggiata sulla mensola davanti a sé, all'interno della quale numerose penne dall'aspetto innocente davano bella mostra di sé.
Remus sbuffò scandalizzato, serrando nervosamente le palpebre e preparando un'altra delle sue note arringhe.
«Coda, sei al settimo anno. Non sai che ai M.A.G.O. non è permesso imbrogliare? Ci perquisiranno da capo a piedi prima dell'inizio di ogni esame. Non puoi sperare di passare l'anno servendoti di una di queste stupide piume» sbottò stizzito il Prefetto con un cipiglio degno della McGranitt.
«Stupide piume, eh?» ripeté una voce gioviale alle spalle dei due, che sobbalzarono.
«Ecco come gli studenti ci ripagano per il nostro duro lavoro, fratellino» piagnucolò una voce identica alla prima in tono fintamente dispiaciuto.
«Ma cos―? Che ci fate voi due, qui?» esclamò sorpreso Remus sorridendo stranito ai due ex-Battitori della squadra di Grifondoro che ora lo osservavano con due identici sorrisi sornioni stampati in faccia dall'alto del loro metro e novanta.
«Affari del Ministero, caro il mio Lupin» lo informò prontamente Gideon Prewett – o Fabian? – strizzandogli l'occhio.
«Capisco, ma—»
«Comunque!» tuonò l'altro gemello, interrompendo Remus. «Dov'è la nostra dolce cuginetta? Spero non in compagnia di qualche baldo giovanotto...»
Il tono di voce del giovane Prewett era oltremodo divertito tuttavia, nonostante ciò, Peter non invidiò affatto il povero Frank, ignaro del fatto che due ragazzi di quella stazza avevano tutta l'intenzione di conoscerlo.
«Presumo da Madama Piediburro. Se ci aspettate, veniamo con voi. Peter, io vado a pagare. Tu aspetta con Fabian e Gideon... e stai lontano da quelle piume» lo minacciò Remus con un tono che non ammetteva repliche, avviandosi alla cassa.
Peter squittì malinconico, fissando amareggiato quelle Penne che, forse, avrebbero davvero potuto salvarlo da una possibile bocciatura.
Fabian sogghignò sottovoce avvicinandosi al piccolo Minus, che alzò timorosamente lo sguardo. Prewett scavò per qualche istante nelle tasche della giacca, estraendo un piccolo pacchettino fluorescente che porse a Peter.
«Questo c-cos'è?» domandò Codaliscia, rigirandosi il pacchetto tra le mani.
«Qualcosa che ti tornerà utile ai M.A.G.O. soltanto se lo saprai utilizzare nel modo corretto, amico» rispose Gideon, che fino a quel momento non aveva detto nulla.
«Occhio a non farti beccare dal tuo amichetto, o ci crucerà» lo mise in guardia Fabian facendogli l'occhiolino con fare incoraggiante. Peter sorrise a trentadue denti, squittendo allegro.
Quando, una volta usciti da Zonko, un Remus assai sospettoso chiese cosa ci fosse da sorridere come beoti, Peter dribblò abilmente ogni tipo di accusa esordendo con un oltremodo entusiasta “non vedo l'ora di iniziare a studiare per gli esami!”.

 

° ° °

Tre Manici di Scopa
[poV James]

«Dove andiamo, ora?»
La timida voce di Holly mi riportò bruscamente alla realtà; sbattei più volte le palpebre, scontrandomi con i suoi vispi occhi azzurri che mi fissavano attenti – avidi di
chissà cosa.
«Oh, aehm... non saprei, sai. Decidi tu» riuscii a borbottare, la voce rauca.
Holly arrossì per quella che immaginai essere la ventesima volta da quando eravamo insieme, e mi sfiorò leggermente la mano.
Era una bella ragazza, simpatica e molto intelligente; eppure, quando pochi minuti prima avevo saggiato le sue labbra, toccato il suo corpo, sfiorato ogni suo punto sensibile, non avevo avvertito il minimo tremito, nulla. Mi era sembrato di baciare Sirius.
Non che l'avessi mai fatto, sia chiaro.
Quando le avevo chiesto di uscire – eravamo in Sala Grande e le continue occhiate che mi aveva rivolto praticamente quotidianamente mi avevano lasciato intendere che le interessassi – credevo veramente di fare una cosa giusta e sensata: quale modo migliore per allontanare i miei problemi, se non divertendomi con una ragazza?
In cuor mio, però, quel comportamento da dongiovanni iniziava a starmi stretto, non provavo più la stessa euforica eccitazione che mi aveva animato in passato, quando l'unica aspirazione che avessi era quella di portarmi a letto più ragazze di Sirius.

«Okay. Andiamo da Zonko?» propose Holly con un sorrisino, la mano ancora sopra la mia.
«Perfetto» assentii, alzandomi dalla scomoda sedia di legno.

 

 

ore 16.00 - Zonko
[poV Lily]

Spalancai la porticina del piccolo negozio con malcelato nervosismo, guardandomi freneticamente attorno; molti degli studenti presenti voltarono di scatto le teste in mia direzione, bocca e occhi spalancati dalla sorpresa.
«Lily Evans da Zonko?» gracchiò inspiegabilmente spaventato Matthias Smith di Tassorosso dopo aver frettolosamente riposto la confezione di Caccabombe che aveva tra le mani sullo scaffale.
«Molto perspicace, Smith. Che non vi venga in mente di acquistare quei cosi» sibilai rivolgendomi agli altri studenti ed indicando i Frisbee Zannuti, che ringhiavano minacciosamente dalle loro scatole. Alcuni ragazzi borbottarono qualcosa di indistinto, prima di riporre anch'essi ciò che di proibito avevano intenzione di comprare.
«Qualcuno di voi ha visto James Potter?» chiesi velocemente, schifandomi delle mie stesse parole.
«Lily Evans chiede di Potter? Per i consunti calzini di Grindelwald, stiamo per morire tutti» ghignò Smith.
«Un Avvincino nelle mutande è meno fastidioso di te, Matthias. Allora?» sbottai, impaziente.
Matthias aprì la bocca per dire qualcosa – un'altra delle sue stupidaggini, ipotizzai– quando venne interrotto da qualcuno.

«Qui al tuo servizio, Evans».
Mi voltai lentamente verso la fonte di quella voce fastidiosamente familiare; James Potter, fermo a qualche metro da me, mi osservava con malcelata noia, una mano nella tasca dei pantaloni e l'altra...
«Oh, perdona l'interruzione; vedo che sei impegnato» esclamai con indifferenza alla vista della ragazza abbracciata all'Idiota, la quale arrossì all'inverosimile.
«Vedi bene, Evans. Potresti sbrigarti, per favore? Vado di fretta» fece lui sorridendomi genuinamente e stringendosi di più alla sua compagna.
«No, non... non ricordo cosa dovevo dirti» borbottai indietreggiando, un tirato sorriso di cortesia stampato in faccia.
«Ti tornerà in mente, ne sono sicuro. Già che ci siamo, volevo avvisarti che stasera non potrò essere presente alla ronda; sono impegnato con la McGranitt» mi informò lui con noncuranza.
Replicai imbarazzata che avrei chiesto a Remus di accompagnarmi; poi, dopo un frettoloso congedo, mi avviai rapidamente fuori dal negozietto, il falso sorriso ancora dipinto in volto.

 

 

 [poV Mary] 

«L'avete sentito anche voi?» esclamò improvvisamente Aaron drizzandosi sulla panchina e aguzzando gli occhi, la Cioccorana appena scartata abbandonata in grembo.
Frank, stralunato, fece segno di no con la testa; Alice, invece, aggrottò le sopracciglia facendoci segno di stare in silenzio.
Attorno a noi, l'aria era immobile; a qualche metro vidi altri studenti bloccarsi e restare in ascolto, bisbigliando sottovoce.
«Cos—?»
«Sta' zitta!» mi ammonì bruscamente Alice, ancora in ascolto; Aaron annuì, concentrato.
Sbuffai infastidita: che diamine stava succedendo?
Dalla foresta circostante si udì qualcosa, qualcosa di strano...
«Guardate là!» urlò atterrito Frank indicando in alto; noi tre alzammo immediatamente lo sguardo verso il cielo allora non più limpido, ma grigio di pioggia e coperto di grossi nuvoloni neri.
Trattenemmo il fiato, la paura che già montava in petto; proprio sopra le nostre teste, uno scintillante serpente smeraldino fluttuava sinistro, aggrovigliandosi ad un nebuloso teschio che voleva significare una sola cosa: morte.
Fu un solo istante, poi scoppiò il caos.

 

 

 

 

 

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NdA: Ta-daan! Speravate fosse un capitoletto tranquillo, né? Muahahah, come sono crudele.
Avevo bisogno di movimentare la situazione, ragazze... e sì, so che è pessimo interrompere tutto così, sul più bello, peeerò.. pazientate un pochino, dai ;)
Spero che il riassunto sia stato efficace e che vi abbia permesso di rimettervi in pari con la situation :D
Ci vediamo al 14° capitolo. Lilies

 

 

 

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Capitolo 14
*** L'Ordine della Fenice ***


«VIA DI QUI, ORA
All'urlo animalesco di Minerva McGranitt – accorsa al villaggio non appena il Patronus speditale da Fabian Prewett fu giunto a destinazione – dozzine e dozzine di studenti cominciarono ad urlare frasi sconnesse e sature di panico, correndo disordinatamente attorno a Mary, Alice, Frank ed Aaron, ancora impietriti sulla loro panchina, le espressioni di puro terrore dipinte in volto.
«NO!» gridò qualcuno a pochi metri dai quattro, i quali si alzarono contemporaneamente precipitandosi verso la fonte di quell'urlo straziante.
Eleanor Cowell, una minuta ragazzina del terzo anno, giaceva immobile sul soffice terreno erboso, le braccia spalancate e gli occhi vitrei. Suo fratello Liam continuava a scuoterla con forza, urlando disperatamente aiuto senza mai ottenerne; la gente continuava a strillare di paura cercando di raggiungere in tutta fretta il castello prima che scoppiasse la vera e propria lotta contro i Mangiamorte, che ancora non s'erano mostrati.
Chiunque, chiunque era sordo alle disperate richieste di Liam, accasciato sul corpo esanime della sorellina. Frank affiancò immediatamente il ragazzo, il cui respiro si faceva man mano più affannoso.
«Aiuto... aiutatemi... Eleanor...» sussurrava Liam a voce strozzata, la bacchetta abbandonata al suo fianco.
«Ci siamo noi, Liam... tranquillizzati... non possiamo lasciare Eleanor qui; Alice, Mary, aiutate Liam, correte al castello... io e Aaron cercheremo di capire cosa sta... cosa sta succedendo» gracchiò Paciock in tono concitato, mantenendo comunque un che di perentorio.
Alice sgranò gli occhi, sconvolta: «Frank, io...»
«Vai» le ordinò duramente Frank; Aaron annuì.
«Grazie... Frank Paciock. Grazie» sussurrò a fatica Liam, cercando di rimettersi in piedi.
«Non ringraziare, Liam. Andate» replicò frettolosamente Frank.
Mary diede un veloce abbraccio ad Aaron, che ricambiò la stretta; Alice non riuscì a trattenere le lacrime.
«Promettetemi che ce la farete».

 

°

 

«Lily! LILY EVANS!» urlava Marlene da più di dieci minuti, il volto madido di sudore e la bacchetta sguainata; Emmeline, dietro di lei, avanzava con cautela guardandosi alle spalle ad ogni minimo scricchiolio.
Non avevano trovato Lily da Scrivenshaft come avevano precedentemente ipotizzato; poi, quando avevano visto il Marchio Nero brillare in cielo, il panico si era impossessato di loro all'istante.
La voce di Marlene stava velocemente abbandonando la sua padrona, complice l'ansia che le circolava in corpo – devastandola – e la paura di quell'imminente attacco.
Emmeline strattonò duramente il braccio dell'amica, tirandola dentro un vicolo buio.
«Che cazzo fai!?» sibilò McKinnon una volta liberatasi della stretta della compagna, le cui pupille erano pericolosamente dilatate.
«Ho sentito qualcosa...» si giustificò l'altra torcendosi nervosamente una ciocca di capelli. Poi, trattennero entrambe il fiato, i sensi all'erta: due persone fecero irruzione nel vicoletto andando a sbattere contro Emmeline, che rovinò a terra.
«Stupeficium!» strillò prontamente Marlene contro i due aggressori, che vennero sbalzati in aria qualche metro più in là.
Le due ragazze si guardarono negli occhi per un istante; cominciarono quindi ad avanzare lentamente verso i nemici stesi a terra...
«Remus... Minus?» esalò turbata Emmeline, una volta riconosciuti i presunti avversari.
«Merda» fece Marlene portandosi una mano alla bocca e affrettandosi a rianimare Remus e Peter, ancora privi di sensi.
«Co» iniziò il biondo Prefetto, massaggiandosi freneticamente la fronte.
«Avete visto Lily?» domandò a bruciapelo Marlene, che tremava come una foglia.
Peter, ancora in stato confusionale, la fissò impaurito senza dire nulla; Remus assunse un cipiglio interrogativo.
«Credevo fosse con voi. Fabian e Gideon Prewett hanno avvisato Silente appena...»
«I Prewett?» fece Marlene sorpresa.
«Sì, erano di ronda per conto del Ministero e...» cominciò Peter, ripresosi dal colpo.
Marlene fece per aprir bocca, ma venne interrotta da un sonoro singhiozzo: lo sguardo di Emmeline saettava furiosamente dall'amica a Minus, gli occhi colmi di lacrime.
«Vi sembra il momento?» singhiozzò angosciata la ragazza. «Abbiamo perso Lily! Là fuori ci sono dozzine di Mangiamorte pronti ad uccidere quelli come lei! Che cazzo stiamo facendo, ancora qui
Remus boccheggiò un paio di volte, imitato da Marlene, scioccata dallo sfogo di Emmeline.
«Cazzo...» si rimproverò la bionda, stringendo i pugni. «Io... io... dove sono James e Black, Remus?» chiese, intimorita.
«Sirius non lo so. L'ultima volta che ho incrociato James era da Zonko, ma temo se ne sia già andato».
Marlene, frustrata dalle poche e inutili informazioni ricevute, si accartocciò su se stessa, sconfortata.
Nonostante i numerosi tentativi da parte di Peter di convincere gli amici a tornare al sicuro nel castello, Remus propose alle ragazze di uscire allo scoperto ed affrontare a viso aperto i Mangiamorte.
Emmeline strinse forte la mano di Marlene, che annuì con convinzione.
Le bacchette alzate, i visi tesi all'inverosimile, Emmeline, Marlene, Remus ed un riluttante Peter balzarono fuori dal loro precario nascondiglio; da ogni dove scoppiarono scintille e maledizioni.

 

 

° ° °

 

[poV Sirius]

Non appena vidi il Marchio Nero brillare in cielo, sentii una serie di voci urlarsi frasi sconnesse ed impossibili da decifrare; cercai in tutti i modi di mantenere il sangue freddo, mentre i miei pensieri volavano a James, Remus e Peter.
Sguainai la bacchetta e cercai il fulcro della battaglia, iniziando a correre alla cieca; udii scoppi e altre grida nei pressi della foresta circostante, così mi ci diressi senza pensarci due volte.
Se lo conoscevo abbastanza bene, avrei giurato che James si trovasse già là a combattere.
Correvo, correvo senza vedere veramente ciò che mi accadeva attorno: dovevo assolutamente trovare i Malandrini; il pensiero che avrebbe potuto succedergli qualcosa di grave mi attanagliava lo stomaco...

«Ouch

Caddi a terra quasi senza rendermene conto; una macchia tanto rossa quanto sfocata si levò davanti ai miei occhi, fino a sovrastarmi.
«Black! Alzati, muoviti!» strillò Evans faticando a controllare l'agitazione. Mi porse la mano destra, a cui mi aggrappai trovandola sudata ed assurdamente scivolosa.
Non appena fui nuovamente in piedi, Evans mi strattonò con forza trascinandomi dietro di sé.
«Porca puttana, dove cazzo stai andando?» sbraitai inquieto non appena mi resi conto che avevamo imboccato la stradina che portava ai Tre Manici di Scopa.
«A controllare che non sia rimasto nessuno!» replicò affannosamente lei sputando la ciocca di capelli che le era finita in bocca.
«No... NO! James non è là!» abbaiai di rimando, l'angoscia che montava dentro di me.
Lei bloccò di botto la sua spericolata corsa; i suoi occhi verdissimi mi perforarono da parte a parte, facendomi ammutolire.
«James... quindi... andiamo, corri!» mi ordinò affannata e lanciandomi un'occhiata infuocata, come se io l'avessi fatta incazzare.

 

 

[poV James]

Schivai l'ennesimo Cruciatus scansandomi all'ultimo istante, spedendo un Expelliarmus alla figura incappucciata contro cui combattevo da ormai qualche minuto, colpendola in pieno petto.
Sorridendo trionfante, mi concentrai sul Mangiamorte contro cui guerreggiava Frank, accorso sul posto appena pochi minuti prima. Aaron McKinnon combatteva a qualche metro da noi due fiancheggiato da Malocchio Moody, il quale non la piantava di maledirci e sbraitare adirato contro di noi, blaterando improperi a proposito della mancata vigilanza costante di Silente.
«Sai, Frankie» esclamai, dribblando la maledizione del nuovo Mangiamorte con un Incantesimo Scudo ben piazzato, che fece perdere l'equilibrio al nostro avversario, «questi tizi sono davvero senza palle. Combattere a volto coperto... andiamo».
Sentii Frank ridacchiare concitatamente, poi lanciò un Incarceramus al nostro amichetto vestito di nero, che crollò a terra inerme.
Guardandomi attorno, riconobbi moltissimi volti familiari; i gemelli Prewett, Sturgis Podmore, Elphias Doge, Benji Fenwick, Malocchio Moody, Caradoc Dearborne, Edgar Bones, Dedalus Lux, i miei genitori...

Che diamine ci facevano loro a Hogsmeade?

«Mam—» cominciai, perdendo di vista ciò che mi accadeva attorno.
«JAMES, GIU'!» strillò un'allarmata Hestia Jones dall'altro capo del terreno di guerra. Mi lanciai immediatamente a terra, vedendomi passare ad un palmo dal volto un lampo verde. Ripresomi dal breve attimo di distrazione, balzai a due zampe ed intrapresi un'altra lotta...

«JAMES!»

 

 

 

[poV Lily]

Potter ci fissò stralunato per un nano-secondo, prima di riconcentrarsi sul suo rivale.
«Sirius... porco Salazar, Sirius! Porta via Lily da qui!» ululò Potter al compare, che nel frattempo si era aggiunto al suo combattimento.
«Stai zitto e guarda quello che fai, Potter! Ti pare il momento di fare la chioccia apprensiva?» riuscii a ringhiargli mentre contemporaneamente abbattevo con uno svolazzo della bacchetta il Mangiamorte che si apprestava a maledire la schiena di Black.
«Pietrificus Totalus!» gridò una voce femminile alle mie spalle immobilizzando l'uomo che, alle mie spalle, si accingeva probabilmente a mettere fine alla mia vita.

«MARL—»

Non feci in tempo a dirle alcunché.

Sbarrai gli occhi, abbassando lo sguardo sull'avambraccio ricoperto di sangue: un profondo taglio sanguinolento luccicava macabramente alla luce del pallido sole.
Difficile dire se fosse stata una mia impressione o meno, ma mi parve di veder apparire la scritta “mezzosangue” proprio nel punto in cui un attimo prima si trovava lo squarcio...
Vicino a noi si levò una risata pressoché demoniaca: Bellatrix Black pareva danzare in mezzo a tutte quelle maledizioni, i bianchi denti scoperti in un ghigno malefico e la bacchetta sfoderata.
Emmeline e Minus trattennero rumorosamente il fiato; Potter, invece, ringhiò in modo assolutamente spaventoso, avventandosi contro Bellatrix, che non smetteva di lanciare maledizioni a destra e a manca.
Strinsi i denti, gli occhi che cominciavano ad offuscarsi... il taglio non accennava a smettere di sanguinare, mi sentivo sempre più debole...

Prima di crollare definitivamente, notai l'alta figura di un vecchio comparire nel bel mezzo della lotta, un vecchio che intimò agli altri di afferrargli il braccio.
Si udì come un risucchio, il respirò mi mancò per qualche secondo; poi il suono di voci parlottare concitatamente mi riempì le orecchie, frastornandomi ulteriormente.
Infine, il buio.

 

° ° °

 

Castello di Hogwarts, ufficio di Silente

«Albus, non possiamo permettere che succeda ancora».

Albus Percival Wulfric Brian Silente non era il tipo di uomo che si faceva prendere spesso dall'ansia, eppure quel giorno gli era successo, e ben più di una volta.
La battaglia al villaggio era finita da due ore; da altrettanto tempo, un numeroso gruppo di maghi e streghe riunitosi nell'elegante ufficio del Preside di Hogwarts discuteva animatamente a bassa voce; talvolta, i membri più giovani – due ragazzoni dai capelli rosso fuoco ed una ragazza dagli occhi blu – scoppiavano a ridere, venendo continuamente sgridati dal burbero uomo con la gamba di legno.
Il vecchio Preside si avvicinò a passo felpato alla finestrella della torre che dava sul colossale ingresso della scuola, rimuginando tra sé e sé. Il vivido sguardo azzurrino cadde per un solo istante sul Pensatoio, distogliendolo subito.
Com'era possibile che i Mangiamorte fossero riusciti a penetrare le sue difese?
Avrebbe dovuto tenere maggiormente sotto controllo Malfoy e scagnozzi; Minerva e Pomona non riuscivano a comprendere perché lui si ostinasse tanto
a volerli tenere nella scuola dati i numerosi casi di violenza accaduti per colpa loro...

Minerva McGranitt, la crocchia straordinariamente disordinata e un vistoso taglio quasi del tutto rimarginato sulla guancia, fissava ostinatamente la nuca del collega, il quale non accennava a voltarsi, le braccia incrociate al petto ed il consueto cipiglio austero in volto.
Dorea Potter si strinse di più al petto del marito, Charlus, che le accarezzò teneramente le spalle curve. James e Sirius stavano bene, ma la donna non riusciva a togliersi l'immagine di quella ragazzina minuta distesa immobile su un lettino dell'Infermeria, il fratello maggiore che piangeva disperato accanto a lei, lo sguardo vuoto dei genitori che li fissavano attoniti.
La signora Potter si riscosse bruscamente dai suoi pensieri, poiché qualcuno stava prendendo violentemente a pugni la massiccia porta dell'ingresso della stanza.
Alastor Moody abbaiò qualcosa a Benji Fenwick, che si precipitò veloce come un Boccino d'Oro ad aprire.
Silente si raddrizzò istantaneamente, rialzando finalmente lo sguardo.
Un alto ragazzo occhialuto con i capelli color pece più indomabili del solito stava ritto in piedi sull'uscio dell'ufficio, negli occhi un gran nervosismo misto a qualcosa di assai potente: l'audacia di chi non ha paura di nulla.
Il Preside sorrise gioiosamente al nuovo arrivato, che arrossì di colpo turbato dalla benevolenza dimostratagli dal mago.
«A cosa dobbiamo l'onore di averti qui tra noi, signor Potter?» domandò semplicemente Silente, accarezzandosi la lunga barba bianca.
Charlus lanciò uno sguardo carico di tensione al suo unico figlio, che sembrò perdere tutta la sfrontatezza sfoggiata fino a quel momento.
James si guardò velocemente tutt'attorno, riconoscendo tra i presenti molti suoi conoscenti e amici – com'era precedentemente avvenuto a Hogsmeade – più qualche nuovo volto a lui sconosciuto.
Il giovane aggrottò le sopracciglia, sempre più nervoso; si trovava al cospetto dell'uomo più stimato dal mondo magico, pronto a sputare fuori tutta la frustrazione che lo assillava ormai da ore.
«Io, ecco... io» esordì, dopo essersi schiarito la voce per un paio di volte.
«Mi sembra sconveniente che tu ci abbia interrotti proprio
ora, figliolo» l'interruppe la profonda voce del signor Potter, stringendo la spalla del ragazzo. Moody grugnì qualcosa d'indistinto, annuendo in segno di approvazione; la McGranitt fece lo stesso.
Silente, al contrario, scrollò la testa, avanzando verso James.
«Io credo che tuo figlio abbia molte cose da chiederci, caro Charlus. James, ti prego, chiedi pure tutto ciò che vuoi sapere» esclamò il Preside con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Un rumore dietro la porta, però, lo fece azzittire. «Oh, temo tu non sia solo; non è così?» domandò eloquentemente Silente a James, che avvampò nuovamente. «Minerva, ti prego di accogliere il signor Black, la signorina McKinnon e tutto il resto della loro allegra combriccola».
La professoressa McGranitt raggiunse l'entrata a passo di marcia, spalancando definitivamente l'uscio e rivelando degli imbarazzatissimi Sirius, Remus,
Peter, Frank, Marlene ed Emmeline, i quali si fecero piccolissimi sotto il cipiglio severo della donna.
Qualcuno degli adulti ridacchiò sommessamente, compreso Silente.
«Non hanno più rispetto, questi ragazzi...» mugugnò rabbiosamente Malocchio facendo roteare l'occhio azzurro elettrico su sé stesso; Emmeline scostò immediatamente lo sguardo dall'Auror, nauseata.
Marlene, accortasi di trovarsi spalla a spalla con Sirius, si allontanò di scatto dal ragazzo, finendo all'altro capo della stanza accanto ad una giovane donna dai corti boccoli castani che non aveva mai visto prima. Peter era rosso quanto un pomodoro, mentre Remus continuava a guardarsi le punte delle scarpe ancora sporche di polvere e chiazzate di sangue.
«Come sta la signorina Evans?» volle informarsi la McGranitt, sinceramente preoccupata.
«Bene» gracchiò James, ripensando con odio a Bellatrix Black, inspiegabilmente scomparsa dal luogo dello scontro subito dopo che lui le era corso dietro assetato di vendetta.
«Alice Prewett e Mary MacDonald sono con lei ora» aggiunse timidamente Emmeline.
Proprio in quel momento, la porta si spalancò per la terza volta palesando una pallidissima Lily sorretta dalle due amiche appena citate.
L'avambraccio della ragazza era fasciato e le garze erano lievemente macchiate di sangue, tuttavia non vi erano ulteriori segni visibili di tagli o ematomi e, se non fosse stato per il suo pallore, sembrava che Lily non fosse mai rimasta priva di coscienza per più di un'ora e mezza.
«Lily, non dovresti essere qui; signorine, riportatela in Infermeria, ne ha bisogno...» disse la signora Potter; James sgranò gli occhi, incredulo, imitato da Sirius.
Com'era possibile che Dorea conoscesse Lily?
«Stia tranquilla, signora Potter. Madama Chips mi ha curata ed ora mi sento benissimo» la rassicurò Lily. Dorea fece per ribattere, ma la convinzione con cui la rossa le aveva parlato la persuase a lasciar perdere.
Silente aveva nel frattempo intercettato lo sguardo sconvolto di James e Sirius, così decise di intervenire.
«Molto bene; credo sia tempo di chiarimenti» esclamò il mago sorridendo ai suoi studenti più valorosi.
«Albus» esalò un'allarmata McGranitt, «non pensi siano troppo giovani
La signora Potter annuì.
«Sono appena maggiorenni, Silente» le diede manforte la donna, la voce velata di angoscia.
«Oh, insomma! Vi decidete a spiegarci di che diavolo parlate? Troppo giovani per cosa?» scoppiò d'un tratto Sirius, che fino ad allora se n'era stato inspiegabilmente zitto.
Moody lo incenerì con lo sguardo, mentre i gemelli Prewett risero di gusto.
«I maghi e le streghe che vedete qui riuniti, ragazzi» iniziò quindi Silente, «fanno parte dell'Ordine della Fenice».
I ragazzi fissarono interrogativi il loro Preside, non capendo cosa intendesse. Lily, invece, sorrise genuinamente al vecchio ed illustre mago.
«Ordine della Fenice?» chiese infatti Alice, corrugando la fronte.
«Proprio così, cara Alice. L'Ordine della Fenice è un'organizzazione segreta fondata dal sottoscritto che s'impegna a radunare forze per combattere Lord Voldemort. Il Ministero della Magia, ovviamente, non ne è a conoscenza» spiegò Silente.
«Che figata!» si lasciò sfuggire Mary, che si tappò la bocca con le mani un istante più tardi, nel più completo imbarazzo.
La McGranitt sospirò, irritata.
«Non ha senso spiegare tutte queste cose ai ragazzi, Albus» ribadì l'insegnante, prima di rivolgersi agli studenti. «Vi prego, a nome di tutti noi, di mantenere il segreto».
James la guardò con fare inquisitorio; Sirius e Marlene avevano un'identica espressione insoddisfatta dipinta in volto; Alice, Frank, Remus ed Emmeline apparivano delusi dalle ultime parole della McGranitt.
Soltanto Lily, le cui guance avevano ripreso un po' di colore, appariva più agguerrita che mai.
Nessuno degli adulti parlò, tutti si limitarono a guardare quei giovani che avevano appena sfiorato la morte combattendo contro le Forze Oscure senza alcuna paura e animati soltanto da un senso di giustizia.
«Io voglio farne parte» intavolò Remus, pensando al suo stato di Mezzosangue e al grande pericolo a cui la sua famiglia era sottoposta.
«Anch'io, che diamine!» esclamò James quasi urlando, ottenendo l'entusiastico consenso di Sirius e Frank, che alzarono un pugno in aria. Anche Alice, Mary, Marlene ed Emmeline annuirono con convinzione; Prewett lanciò un'occhiata sbieca a Lily, che se ne stava in disparte senza esultare assieme a loro.
«Non se ne parla neanche! Già c'è Lily che...» disse la McGranitt guardando la rossa Caposcuola negli occhi.
«
Lily ne fa già parte?» strillò Marlene cercando lo sguardo dell'amica, che prontamente dirottò il suo.
Silente, per nulla scosso dalla confusione seguita alle parole di Remus, si limitò ad annuire strizzando l'occhio a Lily, che arrossì.
«Cosa aspettavi a dircelo, brutta stronza?» abbaiò Mary, che non voleva ancora crederci.
«Signorina MacDonald!» la rimbrottò la McGranitt; Silente fece un gesto con la mano, come a indurla a sorvolare sul colorito epiteto utilizzato dalla moretta. Caradoc Dearborne e Benji Fenwick risero della scenetta, imitati addirittura da Moody.
«Non ne ho avuta l'occasione...» si giustificò Lily, «...e mi era stato proibito di parlarne».
James continuava a fissare Lily con sguardo maniacale, ignorando le parole di Sirius, che si lamentava del fatto che proprio quella carota fosse entrata a far parte di un'organizzazione così importante prima di lui.

«Silente» chiamò ancora Dorea. Lui si voltò verso la donna, che lo guardava con i grandi occhi nocciola – la copia esatta di quelli del figlio – colmi di inquietudine. «Sono troppo giovani...»
Il Preside annuì lentamente e richiamò quindi all'ordine tutti i presenti, assumendo un'aria seria e compita.
«Ragazzi, ascoltate bene ciò che vi sto per dire. Entrare a far parte dell'Ordine della Fenice implica una serie di conseguenze da non prendere a cuor leggero; noi tutti combattiamo contro forze oscure che non si fanno scrupoli ad agire servendosi dei metodi più brutali e raccapriccianti. I Mangiamorte torturano, uccidono senza pietà».
Le parole di Silente avevano catalizzato tutta l'attenzione dei ragazzi, che ora ascoltavano concentrati il saggio Preside, talvolta annuendo o rabbrividendo.
«Perciò» continuò il mago, «vi chiedo di riflettere bene sulla scelta che state per compiere. Se rifiuterete, non verrete giudicati. Se accetterete, dovrete essere pronti a tutto. Ciò che cerchiamo sono persone disposte a combattere con coraggio e lealtà, maghi e streghe che vogliono debellare con tutte le loro forze il regime di Lord Voldemort, uomini e donne pronti a dare la vita, se necessario».
James continuava a guardare di sottecchi Lily, non riuscendo ad accettare il fatto che lei facesse parte di qualcosa di così pericoloso e potenzialmente mortale.
Lei, una Nata Babbana, il bersaglio preferito di Voldemort e dei suoi seguaci.
Lei, così fragile...
Fu seguendo questa scia di pensieri che James si era alzato in piedi ed aveva annunciato di voler far parte dell'Ordine della Fenice.
Fu guardando Lily negli occhi che James aveva annunciato che sarebbe morto, pur di difendere ciò per cui combatteva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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NdA: Here I am!
Ok, questo capitolo non mi piace per nulla! Good!
Chi mi segue dall'inizio sa quanto io sia inetta nelle scene di duelli/spargimenti di sangue/eccetera eccetera. Infatti, mi è uscito un qualcosa di vagamente simile ad un capitolo... una m****, in parole povere.
Devo dirvi una cosa che mi ha gasato un casino!
Ascoltando una canzone degli... ehm... One Direction [ che non sono incapaci come pensavo, anzi :) ], ho praticamente già immaginato la scena in cui James e Lily si dichiareranno! Il che succederà tra un bel po', ovviamente. *me crudele*
Un'ultima cosa: non era nei miei piani far sapere ai ragazzi dell'Ordine della Fenice in questa occasione, ma le cose son venute da sé e così.. I did it.
Grazie in anticipo a coloro che recensiranno, e anche a quelli che semplicemente leggeranno :)
See you soon!

Besos, Lilies

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Capitolo 15
*** Questione di nervi ***


NdA: diciamo che mi scuso in anticipo per l'obbrobriosa canzoncina che ho 'inventato' di sana pianta in cinque secondi. Il caldo mi ha surriscaldato il cervello.



Sala Comune di Grifondoro - sabato 11 ottobre, pomeriggio
[poV James]

«Domani ci sono le selezioni, diamine» ringhiai, fissando impassibile le fiamme del camino della Sala Comune crepitare allegramente. Sirius sbadigliò sonoramente, prima di guardarmi in un misto di pietà e divertimento.
«Non capisco perché tu sia così contrariato» commentò candidamente Remus, che ben sapeva quanto odiassi quella parte del mio ruolo di Capitano.
Peter si sistemò meglio sulla poltrona, una Cioccorana in mano ed un Cioccalderone in bocca. I suoi occhietti acquosi si fissarono sul mio distintivo, mentre lui gongolava contento.
La noia regnava sovrana, a Hogwarts; le gite a Hogsmeade, dati gli episodi della settimana precedente, erano state rimandate a data da destinarsi con somma gioia da parte di quel viscido di Gazza. La gran parte degli studenti non aveva ovviamente la benché minima voglia di prendersi avanti con i compiti o lo studio sfruttando il tempo libero. Metà Casa di Grifondoro, quel sabato pomeriggio, poltriva tranquillamente; c'era chi sonnecchiava sulle poltrone, chi si dava da fare per battere il campione di Spara Schiocco e qualche autolesionista – come qualcuno di mia conoscenza che, con la testa infilata tra i libri, non degnava nessuno d'attenzione.
«Non ho la benché minima voglia di...» ricominciai imperterrito, togliendomi gli occhiali e cercando di far sparire dalle lenti quella fastidiosa impronta digitale che mi impediva di focalizzare bene le cose.
«Già, immagino sia terribilmente sfiancante stare a guardare quattro idioti che svolazzano dietro a una palla e decidere quale sia il più decente» mi interruppe velenosamente Evans alzando all'improvviso gli occhi dal foglio di pergamena che stava febbrilmente ricontrollando da almeno due ore. Sirius scoppiò a ridere sfoggiando la sua tipica risata canina mentre Alice, stanca dell'acidità della Evans, sbuffò sonoramente.
Punto nell'orgoglio, perforai Evans con una delle mie migliori occhiate intimidatorie, senza tuttavia riuscire a toglierle di dosso quel suo cipiglio altezzoso.
«Sì, Lilykins, è davvero sfiancante» ribattei, calcando sull'ultima parola, «tenere a bada tutte quelle meravigliose spasimanti che accorrono in massa sugli spalti solo per potermi ammirare
Lily mi lanciò un'occhiata pressoché disgustata, poi fece stridere la sedia su cui era seduta contro il pavimento e si dileguò dietro il ritratto della Signora Grassa con un minaccioso ringhio.
Ridacchiai tra me e me, compiaciuto. Era sempre un piacere farla incazzare.
Notai che Lène mi stava fissando di sbieco, gli occhi blu dardeggianti e le mani posate sui fianchi: ricordava pericolosamente mia madre Dorea nei suoi momenti peggiori.
Sirius rotolò giù dal divano, congedandosi con un sonoro rutto e sparendo anche lui dietro il ritratto, probabilmente a caccia di qualche... passatempo.
Remus tornò a concentrarsi sui suoi appunti di Trasfigurazione mentre Emmeline, accanto a lui, correggeva gentilmente le varie nozioni che Lunastorta cercava di ripetere a memoria.
«Potter uno, Evans zero» esclamai tutto contento, applaudendo a me stesso. Mary non riuscì a trattenere un risolino e così Marlene, che però cercò di ricomporsi immediatamente.
«Siete dei bimbi» annunciò mia cugina dopo un po'. «Mi chiedo se crescerete mai.»
«Non dirmi che non avevo ragione io, questa volta» risposi. «Evans sputa veleno su qualsiasi cosa io dica o faccia, e non ho intenzione di stare zitto e farmi mettere i piedi in testa da lei» conclusi, piccato. Con mia grande sorpresa, non fu Marlene a replicare.
«Voi maschi non sapete interpretare» disse la Vance dopo essersi rimessa in piedi.
Vidi Mary, Alice e Lène annuire con convinzione, Remus affogare nel bicchiere d'acqua che stava sorseggiando, Frank spalancare la bocca e Peter strozzarsi con la Cioccorana.



Campo da quidditch - 12 ottobre, mattina


Era una mattinata soleggiata, il cielo era sgombro e tirava un leggero venticello fresco. Gli spalti del campo da quidditch erano già pullulanti di curiosi accorsi in massa subito dopo colazione; il Capitano della squadra di Grifondoro notò con dispiacere quel particolare, che portava il più delle volte a spiacevoli crisi di nervi da parte degli aspiranti giocatori, messi sotto pressione dalla folla.
In spogliatoio si respirava tensione e nervosismo; il volto smunto di Frank Paciock, che giocava come Battitore da quando Fabian Prewett si era diplomato, spiccava più di quello di chiunque altro.
Mary, al contrario, non riusciva a stare ferma; nonostante avesse i nervi a fior di pelle, era certa che avrebbe riguadagnato il suo posto di Cercatrice.
Aaron, l'altro Battitore, si avvicinò cautamente a Frank dando un pugno amichevole sulla spalla del compagno, il quale oscillò pericolosamente rischiando di schiantarsi al suolo.
«Paciock!» ululò Aaron con fare incoraggiante, ostentando una calma che poco gli apparteneva. «Che cazzo è questa faccia? Vedrai che ce la facciamo di nuovo!»
Frank tossicchiò, poco convinto. Guardandosi attorno, notò due gorilla del quinto anno che scrocchiavano le nocche con fare minaccioso, negli occhi determinazione allo stato puro. Non che Frank fosse magrolino, ma la tensione del momento gli impediva di pensare lucidamente e gli faceva perdere il suo proverbiale autocontrollo, mandandolo in panico.
«Porca puttana, hai visto quelli!?» gracchiò infatti, deglutendo.
James, che fino ad allora se n'era stato in disparte ad osservare in silenzio, si materializzò al fianco dei due amici, tirando una manata sulla schiena ciascuno.
«Si comincia!» li avvertì, sorridendogli benevolo. «Se vi fate battere consideratevi morti.»
Potter guadagnò il centro dello spogliatoio, gli occhi di tutti puntati addosso.
«Molto bene!» cominciò, quasi urlando. Fece una pausa, osservando bene i vari concorrenti. «Pregherei chiunque non abbia tredici anni e non sappia cavalcare decentemente una scopa di lasciare lo spogliatoio in questo istante» abbaiò con un che di isterico nella voce. Alcuni bambinetti ad occhio e croce del secondo anno schizzarono fuori come fulmini e rossi di vergogna. «Un'altra cosa» proseguì James, sempre più nevrotico, «se c'è qualcuno che non è di Grifondoro se ne vada subito, per favore!»
Ad Aaron scappò una risata, vedendo con quanta difficoltà James tentava di mantenere la calma. Ogni anno si ripeteva sempre la stessa storia, come da copione: prima delle selezioni, James era costretto a sgolarsi per cacciare coloro che non c'entravano assolutamente niente con la loro Casa o non sapevano neanche cosa fosse un Boccino, com'era accaduto l'anno precedente con un gruppo di ragazze tanto belle quanto stupide.
Ci fu una pausa, poi altri cinque studenti abbandonarono lo spogliatoio quasi correndo.
James, finalmente soddisfatto, cominciò ad elargire svariati consigli ed elencò le regole fondamentali per una tranquilla selezione priva di violenza e gioco sporco.
I due scimmioni del quinto anno grugnirono all'unisono, impazienti di inziare e facendo tremare Frank dalla strizza; Mary, invece, cominciò il suo solito rituale, che consisteva nello stare con gli occhi chiusi e non rivolgere la parola a nessuno. Erano quelli i momenti in cui Aaron si chiedeva quanto la sua migliore amica fosse sana di mente.
«Comincerò con i Portieri; vi aspetto fuori» decretò Potter montando in sella alla sua Nimbus 1000 e librandosi leggiadramente in aria.


Nel frattempo, sugli spalti, un'accesa disputa andava avanti da almeno dieci minuti.
«Porco Merlino, Lily! Sta' zitta e siediti!» esclamò Marlene McKinnon perdendo definitivamente la pazienza e costringendo la sua migliore amica al silenzio con un Silencio molto ben piazzato.
La rossa in questione boccheggiò, incredula di ciò che Marlene le aveva fatto. Tuttavia, dopo qualche minuto durante il quale Lily continuò a sbraitare senza poter essere sentita da nessuno dei presenti, la situazione si rifece tranquilla e la riottosa Caposcuola se ne stette muta e a braccia conserte al proprio posto, in viso un'espressione di pura collera.
«Complimenti, McKinnon. Non molti riescono ad azzittire quell'oca di Evans» commentò un sinceramente colpito Sirius Black dalla sua postazione, applaudendo alla bionda.
«Per una volta hai detto una cosa sensata, Black. Sei gentile, ti ringrazio» rispose Lène incrociando le braccia e sorridendogli vittoriosa.
«Non c'è di che» replicò Sirius sorridendole di rimando.
Strano che Marlene non l'avesse mandato al diavolo come suo solito; per un solo, breve momento, Sirius Black e Marlene McKinnon si erano rivolti la parola senza scannarsi a vicenda e, strano anche questo, a entrambi non era dispiaciuto.
«La mia proposta è ancora valida, comunque» aggiunse Black con uno strano sorrisino, guardando Lène di sfuggita.
«Di cosa stai parlando?» domandò lei chiaramente confusa, non capendo dove il moro volesse andare a parare.
«Le... sveltine... sono sempre ben accette» disse innocentemente Sirius, alludendo alla strana conversazione avuta con Marlene i primi di settembre.
Quest'ultima spalancò la bocca fino a formare una perfetta 'O', e così fecero pure Lily, che stava origliando, Emmeline, che aveva abbandonato il suo libro, ed Alice, che aveva per un momento staccato gli occhi dal suo Frank. Remus, seduto accanto a Sirius, scosse la testa più e più volte, rassegnato.
«Sei disgustoso ma simpatico, Black» decise infine Lène ridacchiando, dopo essersi ripresa da quell'attimo di sbigottimento.
«Mi stai facendo troppi complimenti, oggi» rintuzzò lui, ghignando malandrino. «Stai lentamente cedendo al fascino dei Black, Lène.»
Marlene in tutta risposta scoppiò a ridere, spostando la sua attenzione su Mary la quale, in sella alla sua Comet, si sbracciava in loro direzione per farsi notare, un sorrisone stampato in faccia.
«VAI MARY!» gridò a pieni polmoni Marlene, venendo subito imitata dagli altri e da Lily, che si era dimenticata di essere ancora temporaneamente sprovvista della sua voce.


Dopo almeno tre ore, parecchie crisi di nervi e lo schianto di un aspirante giocatore contro uno dei tre anelli, James era riuscito a scovare due nuovi Cacciatori ed un Portiere di belle speranze: Geoffrey Robbins, un mingherlino studente del sesto anno con una più che eccellente prontezza di riflessi, Katherine Hampton, un'allampanata ragazza del quinto anno che era riuscita a segnare quindici gol, e Jeremiah Lawrence, che si era distinto per aver parato venticinque reti su venticinque.
Molte furono tuttavia le contestazioni che James si ritrovò a dover sedare, e per farlo urlò talmente tanto da rimanere quasi senza voce.
«SE NON LASCIATE IMMEDIATAMENTE IL CAMPO VI AFFATTURO» urlò ai Cacciatori respinti, i quali strillavano ingiurie a proposito dell'illegalità della prova della Hampton. «KATHERINE È STATA FENOMENALE, AL CONTRARIO DI VOIALTRI. ANDATEVENE
Era a metà lavoro, ed era sicuro che Mary, Aaron e Frank non l'avrebbero deluso.
Venne il turno dei Cercatori e, dopo aver valutato a fondo le prove dei vari canditati, giunse ad una conclusione.
Mary aveva afferrato il Boccino esattamente tre minuti dopo che era stato liberato: il posto era suo.
«James, ti amo!» strillò la MacDonald planando con la scopa fino a riuscire a schioccare un rumoroso bacio sulla guancia di James, che ridacchiò divertito. Mary svolazzò via a tutta velocità facendo qualche piroetta volante, impaziente di dare la bella notizia anche agli altri.
James aveva ragionevolmente lasciato per ultima la prova dei Battitori, pensando che per allora le tribune si sarebbero svuotate e che il clima si sarebbe fatto meno teso: nulla di più errato.
Non avendo nulla di interessante da fare al castello, tre quarti degli studenti di Hogwarts si erano riversati al campo, pronti ad assistere ad un po' di sana rivalità, e le tribune erano più gremite che mai.
«Okay... Aaron McKinnon, direi che puoi cominciare tu» dispose James lanciando un'occhiata a Frank, che era pericolosamente pallido.
Dopo qualche minuto venne il turno di Paciock, che si sistemò le protezioni e si asciugò il sudore cercando di mantenere i nervi saldi, guadagnando quota.
Dagli spalti partì un coro, formato presumibilmente da Serpeverde, che sbeffeggiava pesantemente il povero Frank.

«Olè, olè, olè!
Frank Paciock ne manca tre!
Olè, olè, olè!
Più sfigati di lui non ce n'è!
»


Marlene, che dalla sua postazione vedeva chiaramente quelle serpi ridere di Frank e darsi di gomito a vicenda, si risolse di dare loro una bella lezione.
«Quegli stronzi...» ringhiò sottovoce. Lily, capite le intenzioni dell'amica, fece comparire un pezzo di pergamena su cui scribacchiò velocemente:

Guai a te se fai quello che penso tu voglia fare!

Marlene ignorò completamente la velata minaccia della rossa, estraendo invece la bacchetta e puntandola contro il gruppo di Serpeverde canterini.
«Silencio!» borbottò, sorridendo divertita.
Le serpi, colte alla sprovvista, emisero un verso collettivo simile a quello di uno struzzo, azzittendosi all'istante.
«PACIOCK, NON DELUDERCI!» strillò subito dopo Alice tutta contenta battendo le mani, dopo aver abbracciato e ringraziato Marlene, che ghignava soddisfatta tra sé.
Frank, confuso, annuì alla fidanzata e si preparò a dare il meglio di sé, mentre dalle tribune si levò un boato dai Grifondoro e dai Tassorosso.



Sala Grande
[poV Alice]


«Sono stato ad un passo dal mancare l'ultimo Bolide, ma ho accelerato e...»
«...hai fatto quella gloriosa acrobazia e l'hai colpito perfettamente. Sì, Frankie,
lo sappiamo» cantilenò Sirius dando una pacca sulla schiena a Frank e strizzandogli l'occhio.
Le selezioni si erano concluse nel migliore dei modi: Aaron era gloriosamente rientrato in squadra dopo aver fatto saltare via qualche dente a Jeremiah colpendo due Bolidi in un solo colpo. Frank, per la gioia di tutti, si era riguadagnato il posto di secondo Battitore, e ormai da due ore andava avanti con il suo dettagliato racconto di come avesse perfettamente centrato la faccia di James, che ora aveva un occhio gonfio e viola ma un grosso sorriso stampato in faccia.
«L'avevo detto, io, che ce l'avremmo fatta!» esultò Aaron abbracciando Mary, che sprizzava energia da tutti i pori.
«Frank si allenerà il doppio, parola mia» lo minacciò scherzosamente James, ghignando malandrino.
«Almeno hai la garanzia che la mia mira non è peggiorata» replicò Frank, per nulla spaventato.
«Amore, sei stato bravissimo...» m'intromisi, carezzandogli i capelli spettinati. Lui si voltò verso di me, sempre sorridente, stampandomi un dolce bacio sulle labbra; Sirius e James fischiarono di ammirazione, mentre Mary e Lène scossero il capo, come al solito nauseate da un po' di romanticismo.
«Ehi, Potter...» sentii Lily chiamare sottovoce James, che stava chiacchierando con Remus; lui si voltò, le sopracciglia aggrottate.
«Che vuoi?» fece, leggermente seccato e al contempo incuriosito.
«Ehm... volevo... scusarmi, per ieri» ammise Lily, faticando a tirar fuori le parole.
«Oh» disse James, non sapendo cos'altro aggiungere.
«Bene... ehm... ecco tutto» continuò lei; James le sorrise.
Cercai precipitosamente di cominciare un altro discorso, attirando l'attenzione degli altri così da lasciare a James e Lily un po' di... intimità.






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NdA: Bebem(?), eccomi qua! Come state?
Allora, questo è un semplice capitolo di transizione, non accade nulla di che (piaciuto il momento Sirius/Marlene?^^).
Prossimamente, invece, accadrà una cosa tanto carina, ma non dico null'altro. Hehe.
Bene, dato che ho quasi completato il 16° capitolo, vedrò di aggiornare il prima possibile, sempre che il mio computer me lo permetta (ho quasi esaurito i giga e mi tocca aspettare il 18 perché si rinnovi la tariffa, mannaggia).
Un bacioooooooooooooone

Veronica!


Ps: Tra voi c'è qualche fan degli OneDirection? Se sì, proprio ieri ho pubblicato una piccola one shot senza pretese, 'Ragazzo-sorriso', il cui protagonista è il tenero Niall.
Mi piacerebbe che qualcuno lasciasse il suo parere, dato che si tratta della rivisitazione di un racconto a cui tengo moltissimo e che avevo dovuto fare a scuola per la prof di italiano.
Ripensandoci, potrebbe essere letta da chiunque, dato che è un AU e Niall è un ragazzo normale e non una celebrità *babbè*
Ringrazio in anticipo chi passerà a dare un'occhiata, ci vediamo al 16° capitolo! **


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Capitolo 16
*** Proposte improponibili aka: quando non sai più cosa fare ***


NdA: Mi scuso di nuovo per ciò che andrete a leggere *deja-vù*. Non ho la stoffa della cantautrice, proprio no. Ci vediamo in fondo.. se avrete la pazienza di arrivarci e non vi saranno caduti gli occhi per terra.





Ottobre morì lasciando il posto ad un freddoloso clima pre-invernale che riempì anche gli angoli più remoti del castello di molesti spifferi gelati capaci di insinuarsi dentro aule e dormitori, causando di conseguenza una pandemia d'influenza che colpì moltissimi studenti.
Pix, il dispettoso Poltergeist che fino ad allora era stato insolitamente mansueto, ne aveva combinata una delle sue la notte di Halloween, scegliendo come sciagurate vittime due studenti a noi ben noti: Sirius Black e Marlene McKinnon.
I due poveri malcapitati si stavano pacificamente azzuffando durante il delizioso ed abbondante cenone di rito – talvolta attirando su di sé gli sguardi incuriositi dei presenti – lanciandosi addosso i più pesanti insulti ed ignorando bellamente i rimproveri di Lily Evans la quale, stremata oltre ogni dire da tutti quegli schiamazzi, aveva ben presto gettato la spugna.
Be
', la nostra dolce Caposcuola aveva ben poco di cui lamentarsi...
Due giorni prima, infatti, James le era piombato in camera proprio mentre si stava infilando il pigiama saltandosene fuori con la scusa che “
la McGranitt aveva urgentemente bisogno di parlarle”: lo specchietto bordato in legno massiccio che Lily gli aveva scagliato addosso aveva prodotto un fracasso tale che pure gli studenti rintanati nel dolce tepore della Sala Comune avevano potuto udire la testa di Potter cozzare contro il duro muro di pietra in un disperato tentativo di scansare la furia di Lily.
Era stata la prima zuffa avvenuta tra i due da quello strano pomeriggio d'ottobre; era ovvio che, quando ormai Hogwarts si era più o meno abituata al fatto che Evans e Potter avessero sotterrato l'ascia di guerra per dedicarsi ad una convivenza per così dire civile e pacifica, sarebbe dovuto succedere qualcosa che avrebbe riacceso la faida gettando nuovamente gli abitanti del castello nel più totale sconforto.


Ma torniamo alla notte di Halloween.


Pix aveva fatto in modo che Sirius e Marlene si trovassero rinchiusi nello sgabuzzino adiacente alla Sala dei Trofei, li aveva ammanettati ad una colonna e aveva riempito la stanza di starnazzanti oche le cui piume erano state pitturate di giallo canarino in modo da farle assomigliare a pulcini obesi.
«Così capirete cosa si prova a starvi a sentire tuuuuutto il giorno, brutte cacche di Troll!» aveva malignamente sghignazzato il folletto prima di cominciare a canticchiare quello che, quell'anno, sarebbe diventato il tormentone ufficiale di Hogwarts.

«Maaaarlene e Blaaaack,
si voglion sposaaar!
Pix se ne va-aaaaaaa

ed iniziaaaan a sco»

Fortunatamente la professoressa McGranitt aveva azzittito Pix in tempo. O, almeno, ci aveva provato.


Dormitorio femminile Grifondoro, settimo anno
[poV Marlene]

«Cos'è che ha detto Silente, ieri sera?» brontolò un'insonnolita Alice dirigendosi al bagno in stile Inferius barcollante. Lily, in tutta risposta, si stropicciò gli occhi iniettati di sangue.
«Dormito niente anche stanotte?» chiesi, ignorando i mugolii di Alice che, seccata di non essere stata badata neanche di striscio, se l'era presa con il nido d'api che aveva al posto dei capelli.
Mi guardai attorno per un attimo, notando che le altre erano ancora nel mondo dei sogni.
Lily nel frattempo mi fissava, inespressiva, indicando il suo paio di orribili occhiaie violacee con aria eloquente.
«A te cosa sembra?» fece, sarcastica. Io alzai le mani, in segno di resa.
Ultimamente era più acida del solito, probabilmente ancora turbata dal fatto che Jamie l'avesse beccata in mutande e reggiseno. Era inutile che lo negasse ancora, ma provava più imbarazzo che fastidio. Non l'avrebbe ammesso neanche se le fosse stata offerta una fornitura a vita di libri di pozioni, ma quell'idiota di James non le era più tanto indifferente.
«SVEGLIA!» gridai a pieni polmoni, dopo essermi voltata verso le belle addormentate ed aver preferito evitare l'argomento James piaccio-alla-Evans-ma-ancora-non-ne-sono-a-conoscenza Potter.
Mary, che fino a un secondo prima aveva una disgustosa bavetta che le attraversava il mento e russava indisturbata, lanciò un urlo e, perdute anche le facoltà motorie più elementari, cadde a terra con un tonfo sordo. Una volta rialzatasi in piedi, si mise a rincorrermi sbraitando offese. Un classico, ormai.
Emmeline?
Oh, lei fu più civile: si limitò a tendermi un agguato alle spalle, infilzando una delle sue unghiaccie sulla mia chiappa destra disgraziatamente esposta a causa dei corti pantaloncini del pigiama che indossavo. L'assassina, dopo aver fatto ciò, raggiunse Alice in bagno in tutta fretta, chiudendosi la porticina alle spalle e tenendosi la pancia a causa delle troppe risate.
«Non pensare di averla scampata, Vance!» ringhiai rabbiosamente, massaggiandomi il fondoschiena.
A Lily scappò un ghigno divertito, poi si tuffò nell'armadio alla ricerca della sua cravatta rosso-oro, andata perduta sotto una disordinata marea di vestiti — i miei, ovviamente.
Esattamente venti minuti dopo (in mostruoso ritardo, quindi) eravamo vestite di tutto punto, sebbene avessimo ancora impresso in faccia il sonno atrocemente arretrato a cui eravamo sottoposte; Lily più di chiunque altro...


° ° °

Dormitorio maschile Grifondoro, settimo anno – 3 novembre, mattina
[poV Remus]

Mi svegliai di soprassalto al suono di uno dei rumorosi grugniti che Frank produceva quando non riusciva a dormire bene; il che, di quei tempi, accadeva molto spesso.
Aprii lentamente un occhio, scrutando il caos della nostra stanza in penombra. Sirius era completamente avviluppato nel suo piumone e riuscivo ad intravederne soltanto qualche ciuffo di capelli, mentre Peter era ben lungi dall'essere sul punto di svegliarsi: una mano posata sulla pancia e una dietro la nuca, Codaliscia russava più forte che mai.
Il mio pensiero volò a quel pomeriggio... avrei avuto lezione con Emmeline, ed ero stranamente impaziente di tuffarmi nei meandri della Trasfigurazione assieme a lei.

Voltai lo sguardo alla mia destra, verso il letto di James, trovandolo sfatto e vuoto.
Aggrottai le sopracciglia, e lasciai vagare il mio sguardo attraverso la stanza facendo più attenzione... finché notai che la piccola portafinestra era socchiusa leggermente, e lasciava entrare alcuni spifferi di gelida aria mattutina. Mi ci diressi a passo felpato, dando un'occhiata all'orologio sopra la porta del bagno quello con le lancette a forma di corna di cervo: segnava le sei meno un quarto.
James era lì, accoccolato contro il muro, una coperta rosso bordeaux a coprirlo.
«Ramoso» sussurrai, prendendo posto accanto a lui. James mi sorrise di sfuggita, lo sguardo stanco e perso nel vuoto. Udii i nitriti dei Thestral rifugiati nella Foresta Proibita, seguiti dai brontolii infastiditi degli scontrosi centauri.
«Lunastorta» salutò, con un cenno del capo.
«Che succede, Jim? Insolito vederti già alzato; non sono neanche le sei» attaccai, ridacchiando piano.
«Non riuscivo a dormire, penso di essere qui da almeno due ore» fece lui, sbadigliando fragorosamente.
«Brutta storia» commentai, compatendolo. «A che pensavi?» tentai, cambiando discorso.
Non so perché avessi quella sensazione, ma mi sembrava di aver interrotto qualcosa di profondo. Mi suonò assurdo pensare ciò, si trattava pur sempre di James...
Ramoso si rianimò all'istante, e mi lanciò un'occhiata carica di tensione.
«Io...» cominciò dopo un po', afflosciandosi su se stesso, «non so cosa mi succede, in realtà. Sono confuso e arrabbiato» asserì, sfregandosi gli occhi privi delle loro inseparabili lenti.
«È per quello che è successo l'altra sera? Dovresti sapere quanto Lily sia irritabile, ormai» risposi con un risolino, ripensando alla faccia sconvolta con cui Lily mi aveva raccontato della “scontro” avvenuto tra lei e James nel dormitorio delle ragazze.

«No, no...» replicò lui, scuotendo il capo. «cioè, . Pensavo a Lily, ma...»
Che novità
, pensai, ridacchiando.
«Non fare quella faccia, Rem. Ho bisogno di sfogarmi, sento che sto per scoppiare» esclamò James d'un fiato, afferrandomi una mano.
«Io sono qui» dissi semplicemente.
Jamie prese un lungo respiro, come se si stesse preparando per la più lunga corsa a ostacoli del mondo.
«Io... io... io non voglio che Lily faccia parte dell'Ordine della Fenice.»

«Cos?» gracchiai, guardandolo negli occhi con aria maniacale. «Cosa stai dicendo?»
«Non riesco a... ad accettare il fatto che
lei sia così esposta al pericolo. Non riesco a non pensare che le possa succedere qualcosa! Voglio dire, mi sento male al solo pensiero...» scoppiò James, gesticolando.
Nelle sue iridi nocciola
vidi chiaramente quanto fosse serio in quel momento, serio come mai lo era stato.
«Remus, aiutami... Lily è la più insopportabile, saccente, generosa, disponibile, perfetta ragazza di questo mondo, e mi odia con tutto il cuore! Mi sono rotte di vedere il suo viso anche quando chiudo gli occhi, devo smetterla di sperare in un qualche cazzo di futuro con lei al mio fianco... devo smetterla di volerle stare vicino. Non è più una sfida; l'avevo già detto, ma solo adesso mi rendo conto che non stavo dicendo cazzate» singhiozzò quasi, la testa fra le mani.
Passai un braccio attorno alle sue spalle scuotendo il capo, mentre dentro di me ruggivo, esultante.

Ce n'è voluto di tempo, James...


Biblioteca

L'arruffata chioma fulva di Lily Evans era china su un enorme tomo dal titolo alquanto noioso; quel tema di Trasfigurazione sugli Animagi non voleva saperne di venirle bene, e si era perciò ritrovata costretta a riscriverlo almeno due volte mettendo così a dura prova la sua capacità di autocontrollo.
Nella sua testa continuavano a frullare mille pensieri apparentemente slegati tra loro, il che contribuiva a farle perdere il filo ogni poco.
La settimana seguente gli altri avrebbero partecipato alla loro prima riunione dell'Ordine della Fenice, e per qualche strano motivo ciò la rendeva assai nervosa. Ogni tanto ripensava al mese precedente, quando era toccato a lei presenziare al suo primo incontro; ricordava la tensione e l'ansia crescente, sentiva ancora bruciarle dentro la determinazione che l'aveva spinta a decidere di combattere per la sua famiglia, per se stessa e per tutti i Nati Babbani e i Mezzosague le cui vite erano minacciate dal Signore Oscuro.
Uno scricchiolio la distolse dai suoi pensieri, facendole rialzare lo sguardo controvoglia.
«Chi non muore si rivede» esordì il nuovo arrivato con un cenno della mano. Lily lo fissò, certa di aver avuto un miraggio, le sopracciglia talmente inarcate da essere scomparse sotto lo scompigliato ciuffo rosso e gli occhi verdi sgranati.
«Un attimo... asp— da quando in qua tu sai dove si trova la biblioteca?» biascicò, puntando un dito contro il ragazzo ancora appoggiato su uno degli alti scaffali ricolmi di libri.
James Potter ridacchiò, aggiustandosi gli occhiali squadrati sul naso; avanzò verso la compagna Caposcuola, prendendo posto sulla sedia libera.
«Si cambia, cara Lily» sospirò melodrammaticamente il giovane mago, afferrando la pergamena della ragazza e studiandola attentamente.
«Dammela» ordinò lei perentoria, allungando una mano verso il compagno di Casa nonché fonte delle sue peggiori crisi isteriche.
«Qui hai fatto un errore...» le fece notare James, indicando un punto del testo. Lily lo guardò scettica, indecisa se credergli o no; non l'avrebbe mai ammesso, ma odiava visceralmente il fatto che l'Idiota fosse tanto eccellente in Trasfigurazione da ottenere sempre ottimi risultanti sebbene era lampante che non aprisse mai un libro.
«Da quando in qua ti intendi di Animagi?» domandò Lily assottigliando lo sguardo ed incrociando le braccia al petto.
James arrossì lievemente, tossicchiando con fare casuale; non poteva di certo rivelarle che lui, assieme a Sirius e Peter, era un Animagus non registrato che ogni mese si trasformava illegalmente in cervo per scorrazzare in giro per la Foresta Proibita in compagnia di un docile lupo mannaro. L'unico a conoscenza di questo segreto era, per ovvie ragioni, Frank Paciock, il cui compito era quello di aiutarli ad uscire dal castello passando inosservati.
«Allora... come te la passi?» fece James dopo qualche attimo di imbarazzante silenzio, glissando sulla domanda della rossa.
«Bene, prima che arrivassi tu» rispose all'istante Lily, non riuscendo a celare un sorrisetto.
«Amo quando sei così gentile» miagolò James sarcastico, alzando gli occhi al cielo.
«Odio quando dici che ami quando sono così gentile.»
James boccheggiò un paio di volte, confuso da quello sciocco giochetto di parole. Si sistemò meglio sulla sedia in legno – Dio, se era scomoda! – e prese un respiro.
«Okay, mi arrendo. Hai vinto. Be'... che mi dici, Ginger? Eccitata per la riunione?» chiese James a voce forse un po' troppo alta, guadagnandosi infatti uno schiaffo sul braccio.
«Taci! Vuoi che ci sentano?» sibilò Ginger guardando di soppiatto Madama Pagford, l'algida bibliotecaria. James si portò una mano alla bocca, annuendo gravemente.
«Scusa, hai ragione» ammise, lasciando Lily di stucco. «Comunque, non sono qui per disturbarti e basta. Devo... devo dirti due o tre cosette, Evans.»
Lily lasciò andare la piuma, arrendendosi una volta per tutte al fatto che non sarebbe riuscita a portare a termine quel maledetto saggio. Oltretutto, l'aria seria che Potter aveva repentinamente assunto l'aveva tremendamente incuriosita.
«Okay» acconsentì stancamente la giovane strega con un cenno del capo, sfoggiando persino un mezzo sorriso.
«Riguarda noi» cominciò James deciso, schiarendosi la voce. Si sentì immediatamente teso, intimorito da quello che avrebbe potuto succedere. Stava rischiando, se ne rendeva conto, ma quello era l'unico modo che gli potesse permettere di raggiungere il suo obbiettivo. Se avesse fallito, be' — Remus farà i conti con me, pensò il giovane Potter sorridendo sghembo. Lily inarcò un sopracciglio, accigliata.
«No, stammi a sentire» si affrettò a dire il ragazzo, stroncando sul nascere il tentativo di Lily di controbattere. «Prima di tutto, scusa ancora per quello che è successo l'altro giorno. So che non mi credi, ma la McGranitt voleva veramente parlarti e—»
«Stai davvero parlando di questo?» lo bloccò Lily, guardandolo negli occhi.
«Be'» fece James, a disagio. Dio, quegli occhi... «Era per ammansirti» confessò dopo un po', arrossendo lievemente e aspettandosi il peggio.
Gli sembrava di avere a che fare con una bomba a orologeria pronta a esplodere da un momento all'altro.
Contro ogni suo pronostico, Lily scoppiò a ridere fragorosamente.
«Ammansirmi? Cosa diavolo sono, un Ippogrifo?» farfugliò lei tra una risata e l'altra. «Dai, continua» lo invitò, tornando seria.
«Volevo farti una, ehm — una proposta.» James incrociò le dita sotto al tavolo, ancorandosi all'unico briciolo di speranza che ancora gli apparteneva. «Per quanto io ti sembri irritante e tronfio, e per quanto tu alle volte mi faccia venire voglia di darti fuoco» – Lily gli rifilò un'occhiataccia – «vogliamo provare a essere persone... corrette, e smetterla di urlarci addosso come due Mandragole imbufalite?»
Evans si ritrovò a corto di parole, divertita ed insieme seccata dal discorso di James. Perché mai, all'improvviso, Potter le proponeva una tregua?
Perché, dopo anni e anni spesi a tormentarla, veniva a chiederle di stringere un legame perlomeno pacifico?
Pensava che sotterrare semplicemente l'ascia di guerra bastasse a farsi perdonare per tutto?


[poV Sirius]

Quel pomeriggio mi stava uccidendo. Lentamente.
Nemmeno attaccar briga con quei tordi Serpeverde riusciva a stuzzicarmi minimamente; ero totalmente, completamente, incondizionatamente annoiato a morte.
Stavo tranquillamente fischiettando una canzone dei Rolling Stones, quel gruppo babbano che tanto piaceva a Frankie, ispezionando in lungo ed in largo il settimo piano sperando di scovare qualche cosa d'interessante da fare.
Ero arrivato al punto della canzone in cui Mick Jagger se ne usciva con uno dei suoi acuti da farti accaponare la pelle quando mi scontrai con qualcosa – o meglio, qualcuno – che mi ostruiva fastidiosamente il passaggio.
«Ma vaffanculo!» imprecò una voce femminile a me ben famigliare.
«Buongiorno a te, Marlene» replicai con un sorrisetto.
«Ah, sei tu» brontolò lei a metà tra il seccato e l'annoiato. Inarcai un sopracciglio, fissandola da capo a piedi.
«Non sono abbastanza per te?» domandai, leccandomi distrattamente le labbra.
Non so cos'avesse in più delle altre – a parte quel paio di gambe stratosferiche – ma la McKinnon ultimamente faceva spesso capolino tra i miei pensieri soprattutto di notte.
«Mmh» fece Marlene, cacciando lo specchietto in borsa. «Be'?» aggiunse poi, come se stesse aspettando qualcosa.
«Be'?» ripetei, confuso.
«Pensi di lasciarmi passare?» chiese, lievemente divertita.
Mi persi per un attimo nei suoi occhi blu, lasciando la risposta in sospeso.
Un attimo.
Le sto davvero guardando gli occhi?, pensai, incredulo.
«No!» esclamai con decisione
. «Seguimi.»
Le afferrai la mano, trascinandomela dietro ed ignorando le sue inutili proteste.


[poV Marlene]

«Lasciami! Sirius, ti ho detto di lasciarmi!» continuavo a strillare da quando quello sconsiderato di un Black mi aveva costretta a seguirlo con la forza, non badando a dove mi trovassi in quel momento.
«
Obscuro1»bisbigliò lui all'improvviso, puntandomi la bacchetta in volto.
In men che non si dica, la mia vista venne completamente oscurata dall'incantesimo.
«Porc Sirius Black, sciogli immediatamente l'incantesimo!» gracchiai, colpendogli ripetutamente il braccio con la mano libera. Stavamo ancora correndo, ed iniziavo già ad avere il fiato corto.
«Dimmi almeno dove mi stai portando, così saprò se vuoi farmi fuori o cos'altro!» gridai ancora, stremata.
«Per l'amor di Godric Grifondoro, sei una piaga» commentò candidamente il mio rapitore, sfoggiando sicuramente la sua migliore espressione sconvolta.
«E tu sei un'emerita testa di Poltergeist! Ridammi la vista, cazzo!» ringhiai, sperando di incutergli un minimo di terrore.
Povera sciocca, illusa Marlene.










1 non sono sicura esista..

NdA: Cos'avrà mai da mostrare il nostro Sirius alla sua bella Lène? Lo scoprirete nella prossima puntata! ^__________________^
Non arrabbiatevi... dopotutto, si tratta di un breve periodo di attesa (spero).
Al massimo prendetevela con il mio mostruoso sadismo.
Hooooooowever, piaciuto il capitolo? È troppo confusionato(non credo esista questa parola ma vabbè)? Pareri, ho bisogno di pareri!
A parte gli scherzi: pare che James si sia fatto avanti. Lily accetterà la tregua? Cosa ne pensate, voi?
Vi piace (dubito) l'ignobile canzoncina del dolcissimo Pix? ♥ ♥ ♥
E Lène e Felpato? Quanto sono carini quei due? *_*
Vi do un avvertimento: preparatevi al peggio. O al meglio. Chissàà.
Dopo questi brevi, sadici ed inutili commenti, vi saluto, bellezze mie.
Vi bacio tuttii vi aspetto al prossimo capitolo!
Vostra, Lilies

Postscriptum: ho superato le sessanta recensioni. Yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeehhhhhh!!!!! :DD Sono felicissima, grazie di cuore ai miei angioletti (♥), che non mancano mai di recensire la mia schifo di storia. Vi adoro, giuro ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

Naturalmente, un enorme GRAZIE va anche a chi ha avuto il cuore di aggiungere Resistance tra le preferite∕seguite∕ricordate

Postscriptumdelpostscriptum: sono eccessivamente euforica, sì. Ma sapete, le cose hanno ricominciato a girare anche per me... ragion per cui potrebbe essere che salti fuori all'improvviso con una os tutta fluffosa! O forse no, vedremo


Mi diverto a sparafleshare(?) la gente, sì.

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Capitolo 17
*** Mutamenti ***


3 novembre


Gli studenti che quel pomeriggio sonnecchiante s'imbatterono nelle figure di Sirius e Marlene sgranarono gli occhi uno dopo l'altro come se avessero appena assistito ad un qualcosa di estremamente raro. E, tutto sommato, un po' raro lo era, vedere quei due ragazzi che solitamente s'ignoravano a vicenda fingendo di non essere a conoscenza dell'esistenza correre come forsennati mano nella mano, diretti chissà dove a fare chissà cosa.
Marlene – ancora sprovvista della sua capacità di vedere – aveva da subito abbandonato ogni speranza di fuga, e si era lasciata trascinare passivamente da un Sirius estremamente divertito dalla piega che gli eventi di quel noioso pomeriggio avevano preso.
«Sei docile, McKinnon» osservò il bel Black di punto in bianco, un sorriso sghembo dipinto in faccia. Marlene in tutta risposta sbuffò piuttosto rumorosamente, spostando quella fastidiosa ciocca di capelli che le si era intrufolata tra le labbra dietro l'orecchio.
«Spero finisca presto» commentò acidamente la bionda, sospirando. Non riuscì tuttavia a contenere la curiosità che, piano piano, le stava mangiando lo stomaco. «Dove mi stai portando?» chiese infatti, sperando veramente in una risposta degna di quel nome.
La quale, inutile dirlo, arrivò sotto forma di una sguaiata risata canzonatoria che le fece saltare i nervi. «Oh, va' al diavolo Black.»
Sirius continuò imperterrito a correre verso la sua destinazione, mentre nella sua testa svariate considerazioni stavano velocemente prendendo forma.
Perché stava portando Marlene in quel luogo? Cosa pensava di ottenere? Non stava agendo irresponsabilmente, complice la noia che lo torturava ormai da quella mattina?
Black risolse che, tutto sommato, non stava facendo nulla di male: il suo segreto era al sicuro.
Il ragazzo bloccò all'improvviso la sua spericolata corsa senza avvertire la compagna che, impegnata a insultarlo sottovoce, cozzò contro la sua schiena.
«Porco Merlino! Avvisa almeno, se hai attenzione di attentare alla mia vita!» strillò Marlene indignata, i capelli più arruffati che mai. Sirius si strinse nelle spalle, restandosene zitto; solo allora Marlene si rese conto di trovarsi all'esterno della scuola.
Sirius mormorò il controincantesimo che finalmente le restituì la vista.
Un imponente albero dai grossi e lunghi rami quasi del tutto privi di foglie e dal tronco nodoso si ergeva proprio davanti ai due, incutendo un certo timore nella povera McKinnon, che deglutì.
«Perché diamine mi hai portata qui del Platano Picchiatore, Black? Sei impazzito del tutto? Non sai che è pericoloso?» cominciò Marlene con la voce via via più acuta, nelle iridi blu la paura che quella pianta spaventosa si animasse e li schiacciasse.
«Stai un po' tranquilla, Lène» rise Black, per nulla intimorito. «Conosco questo albero meglio di quanto tu creda.»
Marlene assottigliò appena gli occhi, cercando nella voce di Sirius un minimo di paura. Rimase delusa.
Sirius le fece segno di rimanere dov'era («Mpf! Come se volessi andare ad accarezzargli il tronco!» «Mmm, credo che sarebbe più che felice di farsi accarezzare da te.»), sguainò la bacchetta e, dopo un Wingardium Leviosa appena sussurrato, fece levitare una grossa pietra fino ad uno strano nodo di radici, lasciandolo cadere sopra di esse. Il Platano si avvitò su sé stesso, immobilizzandosi; allo stesso tempo, un piccolo passaggio si aprì proprio accanto al gruppo di nodose radici.
Marlene spalancò la bocca, stupefatta, mentre Black le porse un braccio e si incamminò come il più tranquillo degli uomini verso il passaggio.
«Dopo di lei, signorina» la invitò, imitando la voce pomposa di suo padre Orion. Marlene fissò riluttante la sporca stradina di terriccio, che sembrava troppo bassa perché riuscissero a camminarci comodamente senza doversi chinare.
«Cosa nascondi, là sotto?» chiese la bionda, storcendo il naso.
«Scendi, e lo vedrai da te» rispose prontamente Sirius in tono casuale. Dopo un'altra occhiata diffidente, Marlene s'incamminò verso quel sentiero scosceso e tremendamente buio, la bacchetta tesa davanti a sé.
«Mmm,» mormorò la ragazza una volta raggiunta la fine della stradina e dopo aver convissuto con la spiacevole sensazione che Sirius le stesse guardando il fondoschiena, «davvero incantevole» osservò sarcastica, osservando meglio la sudicia stanzetta in cui erano capitati.
Un vecchio pianoforte distrutto giaceva in un angolino, mentre un fastidioso olezzo di polvere e qualcos'altro di non meglio identificato raggiunse le fini narici della McKinnon.
«Vero?» concordò Sirius con un ghigno, mentre il suo sguardo volò alla minuscola macchia di sangue incrostato rimasta in un punto del muro – sicuramente ricordo dell'ultima Luna Piena. Si affrettò quindi a coprire la macchia incriminata prima che Marlene potesse guardare in quella direzione; la ragazza, tuttavia, sembrava piuttosto impegnata a non toccare nulla in quella stanza, ed era concentrata sulla carcassa di topo che aveva individuato sul pavimento. Nauseata all'inverosimile, si decise a porre la domanda fondamentale.
«Allora» esordì, guardando Sirius negli occhi, «perché mi hai rapita e letteralmente trascinata in questo postaccio sudicio e puzzolente?»
Sirius colse distintamente la nota di puro fastidio nella voce di Marlene, ma decise di non rinunciare al brivido del pericolo.
«Così» annunciò, in un chiaro tono di sfida.
Come da copione, gli occhi di Marlene sembrarono sparare scintille, e il silenzio si propagò tra i due.
La calma prima della tempesta, come dicono i saggi babbani.
«Cos
» cominciò infatti Marlene con voce stridula, prima di trovarsi la bocca tappata da una mano di Sirius, che le si era avvicinato repentinamente.
Il ragazzo catturò lo sguardo blu di Marlene, mentre una strana quanto
malsana idea si faceva spazio nella sua mente.
«Posso chiederti una cosa?» le chiese innocentemente, mentre sentiva l'eccitazione montare dentro di sé, ormai deciso ad andare fino in fondo.
Marlene sembrò dimenticare la rabbia di poco prima, ed annuì confusa. Sirius le sorrise in modo genuino, senza l'ombra di arroganza che di solito contraddistingueva ogni suo gesto.
Senza dire nient'altro, si fece più vicino al viso di porcellana di Marlene, sfiorando le labbra con quelle rosse di lei, che irrigidì ogni muscolo. Un secondo più tardi, Sirius stava già cercando di approfondire quel contatto, mentre qualcosa in fondo al suo stomaco iniziava ad agitarsi spingendolo a continuare. Marlene schiuse appena le labbra piene, catturando per un istante il dolce sapore della bocca di Sirius.
Fu un solo, fuggente attimo, e la ragazza si staccò da quell'abbraccio.
Puntò il suo sguardo penetrante dritto negli occhi color ghiaccio di Black e, dopo aver aperto la bocca come a volergli parlare – urlare addosso, insultarlo – si voltò con uno scatto e corse in fretta fuori da quella stanza fetida, lontana da Sirius e da quel suo strano ghigno appagato.


7 novembre, pressi di Godric's Hollow
[poV Mary]


James stava in testa al nostro piccolo gruppetto, la bacchetta sguainata senza un motivo logico: eravamo accompagnati da Malocchio Moody, Fabian Prewett ed Edgar Bones, tre dei migliori maghi dell'epoca, per le mutande di Merlino!
«Potter, puoi anche riporre quella maledetta bacc
» cominciò Lily, venendo però interrotta da un poderoso colpo di tosse proveniente da Moody.
«Vigilanza costante, ragazza!» abbaiò il navigato Auror, annuendo a James.
Lily divenne rossa quanto una locomotiva, ma ammutolì di colpo, ormai probabilmente abituata alla rude stranezza di quell'uomo dall'occhio mulinante.
Stranamente, James non reagì in alcun modo, sebbene avesse un motivo per punzecchiare Lily servito su un piatto d'argento.
«Molto bene, gente; siamo arrivati» annunciò allegramente Fabian, indicando davanti a sé.
L'enorme Villa in stile seicentesco appartenente alla famiglia Potter da secoli si ergeva sul punto più alto di una delle minuscole colline circostanti la piccola cittadina di Godric's Hollow, il luogo di nascita di James e di tutti i suoi antenati. Prima di iniziare a frequentare Hogwarts era praticamente diventata la seconda casa di Marlene, il luogo in cui trascorreva quasi tutte le sue giornate assieme al cugino, al tempo ancora un innocente bimbetto un po' troppo espansivo.
«Casa mia? Starete scherzando!» esclamò James alquanto sbigottito.
Sirius emise uno strano sbuffo annoiato, mentre udii Lily ed Emmeline sospirare di meraviglia.
I maestosi grifoni di pietra posti sopra le due colonne che sostenevano il cancello all'inizio del viale alberato che conduceva all'abitazione parlarono all'improvviso, sfoderando le loro voci metalliche ed alquanto inquietanti.
«Identificatevi» ordinarono, squadrandoci con i loro piccoli occhi di falco.
«Che bella trovata!» esclamai, stupefatta, guardando di soppiatto James.
«Alastor Osmund Moody detto Malocchio, Capo degli Auror del Ministero della Magia inglese, accompagnato da Fabian Jefferson Prewett ed Edgar Desmond Bones, rispettivamente sottufficiale della Squadra Speciale del mio compartimento e Medimago tirocinante all'ospedale San Mungo. Scortiamo James Charlus Potter, Sirius Orion Black, Remus John Lupin, Peter Andrew Minus, Marlene Jennifer McKinnon, Frank Marcel Paciock, Alice Jacqueline Prewett, Emmeline Isabelle Vance, Mary Apolline MacDonald e Lilian Dianne Evans al loro primo incontro. Quarto, per la signorina Evans» elencò Moody, correggendosi precipitosamente verso la fine dell'annuncio.
Notai James storcere il naso e lanciare una strana occhiata a Lily che, dimentica della zuffa di poco prima, sorrideva tra i baffi, orgogliosa.
«Mi dica l'ultima affermazione di Albus Silente risalente all'incontro scorso» intimò, perentorio, uno dei due grifoni. Malocchio sbuffò contrariato.
«“Fidatevi di questi ragazzi; sono la nostra più grande speranza”1» brontolò Moody, impaziente di farci entrare.
In un istante venni sopraffatta dall'ansia; chissà cosa ci aspettava...


[poV Frank]


I due grifoni parvero soddisfatti dall'esauriente risposta di Moody; il lucchetto dell'enorme cancello schioccò rumorosamente, lasciando un piccolo passaggio aperto.
Moody si guardò attorno con circospezione, certo del funzionamento degli incantesimi di protezione che ci aveva lanciato addosso e, quando fu sicuro che non ci fosse in atto nulla di pericoloso, ci introdusse in Villa Potter in pochi secondi.
Sirius sembrava abbastanza annoiato, James pareva calmo ma ancora turbato e Remus aveva un'espressione determinata stampata in faccia. Peter, al contrario, si mangiava le unghie dal nervosismo.
«P-perché mi avete messo in m-mezzo!? St-stavo benissimo al c-castello, io!» balbettò sottovoce, attento a non farsi sentire da nessuno fuorché dal sottoscritto.
«È per una buona causa, Coda. Tira fuori le palle, ogni tanto!» bofonchiò aspramente Sirius, ottenendo il consenso di James.
Peter tacque, riprendendo le sue preghiere.
Una volta dentro, ci ritrovammo nello spazioso atrio ottagonale che portava direttamente alla sala da ricevimento.
Seduti ad un lungo tavolo rettangolare, sopra il quale stava un maestoso lampadario di cristallo, il preside Silente e la professoressa McGranitt osservavano attentamente le nostre espressioni. Guardando gli altri, capii di non essere il solo terribilmente nervoso; Mary continuava a ridacchiare concitatamente, Alice non la smetteva di passarsi le dita tra i capelli e Peter pareva sudare freddo.
«Vi do il benvenuto ufficiale alla ventiduesima riunione dell'Ordine della Fenice, miei cari ragazzi» esordì immediatamente Silente con il suo solito tono pacato, smorzando la tensione nell'aria.
Lily prese posto alla destra di una ragazza dai capelli corti e castani, che si presentò subito dopo come Dorcas Meadowes, Mezzosangue e figlia di Desdemona e Cedric, uccisi dai Mangiamorte appena tre mesi prima.
Silente, che aveva atteso che Dorcas terminasse di parlare, ci fece un cenno, invitandoci a prendere posto come tutti gli altri.
James sembrava sul punto di esplodere, lo vedevo da come fissava insistentemente i volti di suo padre e sua madre, seduti alla destra del vecchio Preside.
Presi posto tra lui e Sirius, mentre le ragazze si diressero verso il fondo della tavolata assieme a Peter e Remus.
«Come vi avevo precedentemente accennato, per far parte a tutti gli effetti dell'Ordine della Fenice occorre che facciate una cosa: dobbiamo poterci riconoscere a vicenda e aggiornarci, ad esempio, sull'andamento di un combattimento anche quando non ci troviamo nello stesso luogo, e per farlo ci serviamo di qualcosa di relativamente semplice» cominciò, guardandoci uno a uno. «Come certamente vi è stato insegnato, i Patronus non svolgono solamente una funzione protettiva in presenza di Dissennatori. Essi, se evocati non-verbalmente, divengono per noi utili messaggeri. Il vostro compito è mostrarci la forma del vostro Patronus corporeo, e noi faremo lo stesso.»
Deglutii, sgomento; l'Incanto Patronus era probabilmente l'incantesimo che più mi dava problemi in assoluto!
Vidi Peter lanciare occhiate terrorizzate a Sirius, che ridacchiò: il suo grosso e peloso cane era comparso al primo tentativo, durante Difesa.
Anche Lily sbiancò; ricordai la volta in cui la professoressa Merrythought aveva ordinato a lei e a James di evocarne uno, subito dopo aver rispedito me al posto: entrambi avevano fallito.
Orgogliosa com'era, che avesse paura di commettere un altro errore?


° ° °


La ragione dell'improvviso pallore della giovane Lily Evans era ben distante dall'idea che s'era formata in Frank Paciock.
Ormai tre settimane prima, quand'era toccato a lei mostrare agli altri membri dell'Ordine la forma del suo Patronus, era accaduto qualcosa di assai strano che l'aveva lasciata pressoché basita.
«Vi pregherei di rialzarci in piedi, e di mostrare a questi ragazzi i nostri Patroni» disse gentilmente Silente rivolgendosi agli adulti, che estrassero subito le bacchette.
«Se permette, cominciamo noi» esclamarono Gideon e Fabian con due identici sorrisi; Malocchio mugugnò qualcosa d'indistinto, mentre Silente annuì.
«Expecto Patronum!»
Una piccola scimmietta ed un leprotto balzarono elegantemente dalle punte delle bacchette dei gemelli, osservando i volti dei ragazzi e giocando a rincorrersi a vicenda. Dopo qualche istante, le due figure scomparvero in una nube argentata. Dorcas si fece avanti subito dopo sorridendo dolcemente al suo tenero pony, che scomparve dopo qualche nitrito.
«Okay... provo io» sussurrò Mary dopo che tutti gli adulti ebbero mostrato il proprio protettore, la mano tremante e le dita incrociate.
Concentrati, si disse. Pensa ad Aaron...
Il furetto svolazzò attorno alla padroncina esultante ed incredula, mentre Emmeline scoppiava ad applaudire seguita a ruota da Lily.
Venne poi il turno di Frank ed il suo rospo, Alice ed il pettirosso, poi Marlene e la sua leonessa – ciò stupì tutti, e soprattutto Sirius —, Peter che, dopo quattro tentativi, riuscì a far comparire il suo minuscolo topolino...
«Lily, tocca a te» disse gentilmente Silente dopo una buona mezzoretta, sorridendo alla ragazza.
Lily sentì gli occhi di tutti puntati addosso, tuttavia cercò di mantenere la calma. Si concentrò sul sorriso di sua madre e suo padre e su quello delle sue amiche, ricordò le estati allegre trascorse con Tunia, le tornò alla mente il pomeriggio in cui scoprì di essere una strega...

Una graziosa ed elegante cerva avanzò timidamente tra i presenti, mostrandosi in tutto il suo candido splendore.

Per la seconda volta, a Lily mancò il respiro: perché diamine non era comparso il suo solito gattino, com'era successo quando si era allenata di nascosto in dormitorio?
Il sorriso di Silente, senza che nessuno se ne fosse accorto, si era ingigantito.

James Potter sentì qualcosa di molto strano agitarsi, in fondo alla pancia, mentre la nitida immagine del suo Patronus gli si materializzava davanti agli occhi...







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NdA: Sì, beh, insomma. Ciao a tutti! Scusate il ritardo, ma ho avuto un calo di ispirazione e... questo capitolo è il più brutto che io abbia mai scritto. Lascio i commenti a voi.
Comunque.
Una cerva! Il patronus di Lily è una cerva!
Pian pianino le cose si fanno più chiare (per voi) ed al contempo più confuse (per lei e, soprattutto, per il povero James).
Bene! Siamo nel vivo della storia, ormai, ed è bene che mi venga in mente qualcosa di decente per mandare avanti la baracca [se qualcuna di voi ha in mente qualche bella idea, non si faccia problemi a rendermi partecipe u.u].
Prossimamente cercherò di infilarci dentro la Remus/Emmeline e... Mary. Con chi l'accoppierò, la bella Mary? Hahaahh è tutto da vedersi.
Non ho nient'altro da dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
Bacioni a tutti :3 Lilies

Ps: E DELLA SOTTOSPECIE DI “BACIO” TRA SIRIUS E MARLENE CHE MI DITE? EH? HAHAHAHAHAH NON SO, E' INQUIETANTE SECONDO ME.

Pps:  Se andate nella mia bio, dovreste trovare il collage con i vari attori a cui ho "preso in prestito i volti" per i miei personaggi ;)

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Capitolo 18
*** XVIII: Morire dentro ***


Prima di cominciare, ci tenevo a dirvi una cosa.
Un immenso GRAZIE va a tutte voi che mi avete lasciato quelle recensioni così belle e gentili e dolci e assolutamente immeritate.
Sul serio, mi avete fatta piangere.
82 recensioni sono tantissime, per me. Non sapete quanto sia felice, mamma miaa :)
Quindi grazie, grazie davvero *manda bacini*



XVIII
Morire dentro




Lily prese un lungo respiro, tirandosi il piumone fin sopra la testa, le dita dei piedi intirizzite e la mente ormai completamente sveglia. Si girò su un fianco, lanciando un'occhiata al logoro orologio da polso appoggiato sopra il comodino. Le sei meno venti.
Sbadigliò, stropicciandosi gli occhi appannati. Le ragazze erano ancora immerse nel sonno profondo e Marlene, notò Lily con un sorriso, russava piuttosto rumorosamente.
Da due o tre giorni a quella parte, la bionda Grifondoro aveva una perenne espressione confusa impressa in volto, ed aveva perso il suo abituale sarcasmo. Lily aveva preferito non chiederle spiegazioni; conoscendola, sarebbe andata su tutte le furie.
E, a ben pensarci (si sentiva tremendamente egoista, ma non poteva evitarlo), Lily stessa aveva già un grosso fardello a cui pensare.
La giovane strega si alzò stancamente dal baldacchino, la testa impregnata di mille pensieri. Indossò la divisa senza far troppo rumore, agguantò la sciarpa rossa-oro – gli spifferi dentro Hogwarts erano tremendi! e si diresse verso le scale, la bacchetta a portata di mano.
Passando dal ritratto si scontrò con la gelida figura di Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma della torre di Grifondoro, il quale le rivolse un ossequioso inchino di saluto.
I corridoi del castello di prima mattina erano assurdamente piacevoli da percorrere, a detta di Lily: non v'era il solito marasma di studenti ritardatari, Pix avrebbe iniziato a mettere in atto i suoi scherzi soltanto dopo la pausa pranzo e niente, niente era più bello di andare in esplorazione di tutti i più piccoli e segreti luoghi di quell'edificio trasudante magia da tutti i pori.
Lily avanzava lentamente, con fare circospetto, attenta anche al minimo scricchiolio.
Dopo lungo peregrinare raggiunse il lungo corridoio recante alla Biblioteca; i quadri appesi alle pareti, ancora sonnecchianti, non si svegliarono nemmeno quando la ragazza urtò accidentalmente col piede lo spigolo di un'armatura, che produsse un fastidioso clangore metallico.
Madama Pagford non era ancora arrivata ma, nonostante questo, in quanto Caposcuola, Lily possedeva una copia delle chiavi della Biblioteca, e vi entrò senza problemi.
In realtà si sentiva un po' una bandita, a errare per il castello a quell'orario insolito, ma le parole di un Remus di qualche anno più giovane che fino ad allora le erano parse stupide e disoneste le rimbombarono nelle orecchie, facendola sorridere inconsapevolmente.

È contro le regole ma... è liberatorio. Io lo faccio spesso.”
Quella volta Lily non aveva potuto evitare di storcere malamente il naso rifilandogli un rimprovero, perché il regolamento scolastico lo proibiva e avrebbe potuto essere scoperto, ma ora, ora che lei stessa infrangeva le regole per quella che era soltanto la terza volta in sette anni, non riusciva proprio più a biasimare l'amico.
Vagò per qualche minuto tra gli alti scaffali di legno, inspirando il profumo di pergamena e cuoio; adocchiò una piccola poltroncina rivolta verso una delle enormi finestre, e ci si diresse quasi correndo.
Lily sospirò ancora, quando vide il tavolino che qualche giorno prima aveva occupato e che l'aveva vista protagonista di un'assurda conversazione con James Potter, venuto a disturbare irrimediabilmente il suo studio.
Le aveva chiesto una tregua, voleva esserle amico.
Da che mondo e mondo James Potter e Lily Evans, dopo anni di accesa antipatia, potevano diventare amici? L'idea stessa le suonava tragicamente comica, non riusciva a pensarci senza che uno sbuffo esasperato le uscisse di bocca.
E lei non aveva risposto, semplicemente.
Però, rimuginò Lily in quel momento mentre osservava un allocco volare in direzione della Guferia, Potter le era sembrato parecchio serio e convinto delle sue parole.
Non una volta aveva udito quell'irritante nota di sarcasmo ed ironia che di solito contraddistingueva ogni singola parola uscente dalla bocca del ragazzo, anzi, era apparso piuttosto deciso a portare a termine la sua idea malsana e balorda.
Proprio quando decise che era ora di smetterla di pensare agli aspetti positivi del comportamento di James, a Lily tornò in mente la scena di quell'ormai lontano nove settembre, quando si era ritrovata ad un passo dall'essere torturata e Potter l'aveva spinta via, l'aveva difesa, si era beccato quella maledizione al posto suo.
Lily soffocò un gemito, ripensando a come lei si era comportata nei giorni successivi l'agguato. Aveva tentato di ringraziarlo, aveva provato ad essere gentile.
Ed aveva ottenuto il contrario, perché alla fine il suo insulso orgoglio aveva prevalso ancora una volta su quello che le diceva il cuore.
Si diede della stupida, e finalmente capì quanto bastarda fosse stata.
Perché sì, James era pure un borioso ed arrogante pallone gonfiato, e forse lo sarebbe rimasto per sempre, ma era anche il ragazzo sempre pronto a porgere un aiuto agli amici, quello con il sorriso allegro sempre in viso e che da ragazzino si era comportato un po' male, ma che ora stava crescendo.
Quante volte, da che era iniziato l'anno scolastico, l'aveva visto alzare la bacchetta su qualcuno soltanto per divertimento, come faceva quando era un moccioso di quindici anni?
Aveva fatto a pugni con quei Serpeverde a settembre, ma soltanto dopo che loro avevano sputato addosso al suo migliore amico, minacciandolo.
Preferiva difendersi a parole, James, e arrivava alle mani soltanto se qualcuno si azzardava ad insultare i suoi amici riguardo il loro stato di sangue.
Perché l'aveva capito, Lily, quanto James disprezzasse quella gente con la fissa per la purezza del sangue, nonostante lui stesso facesse parte di un'antica famiglia Purosangue.
Probabilmente, l'aveva capito già quel pomeriggio dopo i G.U.F.O...
Lily strabuzzò gli occhi, rendendosi conto dell'ennesimo episodio rimasto in sospeso; quando Black era venuto a parlarle, durante il periodo della degenza di James, non l'aveva fatto dietro suggerimento dell'amico. Sarebbe stato un atto meschino e, per quanto poco conoscesse James, Lily si rese conto che non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
Perché, tra le altre cose, James era coraggioso.
Lei, lei ovviamente non aveva sentito ragioni e aveva preso a sbraitargli contro, sorda a qualsiasi spiegazione.
La ragazza si passò una mano sulla fronte gelida e pulsante, i sensi di colpa che la divoravano dall'interno.

Possibile che si fosse sbagliata su tutto?



(James)

«Quindi, mi stai dicendo che i Patronus possono cambiare forma, giusto?»
Inghiottii maldestramente il boccone di torta alla melassa, che mi finì di traverso. Sirius mi diede un forte colpo sulla schiena, facendomi smettere di annaspare.
Remus, un sopracciglio inarcato, annuì lentamente alle parole di Peter, impegnato a gustarsi la sua enorme porzione di frittelle.
«La Merrythought ha detto che è necessario un importante sconvolgimento emotivo perché succeda. Ma non le ascolti le lezioni, Coda? Abbiamo il compito domani, dannazione. Hai studiato?» chiese Lunastorta, insospettito.
Peter si strinse nelle spalle, mesto.
Remus salutò con un sorrisetto Emmeline Vance, che in quel momento si stava allontanando dalla tavolata di Corvonero e che ricambiò con un timido cenno della mano.
Lui distolse velocemente lo sguardo, rosso fino alla punta dei capelli.
Sospirai rumorosamente, scuotendo più e più volte il capo.
Non sarebbe andato da nessuna parte, se avesse continuato così.
«Remus» reclamai la sua attenzione, ma lui parve sordo alla mia voce. «Remus».
Lui sobbalzò, fissandomi truce.
«Che vuoi?» sibilò.
«È giunto il momento di imparare le regole basilari del corteggiamento, amico» s'intromise Sirius, rubando la torta strangolatrice dal mio piatto e rivolgendoci tutta la sua attenzione.
Annuii, guardando di sottecchi il profilo di Lily, seduta proprio di fronte a Lène con un'espressione curiosamente malinconica negli occhi verdi.
Sorprendendo tutti, anche Peter mollò a metà la sua colazione, negli occhietti acquosi la curiosità più sfacciata.
«Black, vecchio mio, sarà un duro lavoro» avvertii, con voce lamentosa.
Felpato si portò le mani al cuore, fingendo di singhiozzare.
«Smettetela di fare gli idioti» ringhiò Lupin. «Di che diamine state parlando?»
Sgranai gli occhi, fintamente sorpreso.
«Ma del tuo amore imperituro per Vance! Di che altro, sennò?» trillò Felpato, strizzandogli l'occhio.
Remus si rabbuiò.
«Non c'è assolutamente niente, tra me ed Emmeline» disse, in tono neutro.
«Però vorresti che ci fosse qualcosa, dico bene?» incalzai.
«Sta insieme a quel Louis Johnson, di Corvonero» brontolò Remus, ignorandomi. «E comunque non potrei mai stare con lei».
«Eccolo che ricomincia...» feci, addentando il mio cornetto al miele.
Sirius e Peter scossero la testa all'unisono.
«Non potete capire» concluse Lunastorta, guardandoci in cagnesco.
«Sei un idiota, Rem» commentai, pulendo le lenti degli occhiali piene di ditate.
In quel momento, un'elegante civetta delle nevi planò lungo la tavolata, soffermandosi sul piatto di pancetta di Evans, che fissò l'uccello con aria stupita.
La vidi slegare la busta bianca dalla zampa del volatile: estrasse la lettera in essa contenuta ed iniziò a leggere, mentre le sue amiche avvicinarono le teste alla sua chioma rossa.
Man mano che continuava la lettura, Lily diventava sempre più pallida.
Mi sentii pervadere da un brivido, o forse era preoccupazione; che fosse successo qualcosa di grave?
Decisi di rimandare quella scoperta a dopo colazione, sempre se fossi riuscito a parlare con lei, che mi evitava ostinatamente da almeno due giorni.
Lunastorta, Felpato e Codaliscia continuarono a discutere animatamente; io rimasi in silenzio, il cuore in agitazione e brutti presentimenti in testa.



(Lily)

«Cosa succede, tesoro?»
La voce di Alice giunse ovattata alle mie orecchie, concentrata com'ero a
non voler credere alle parole scritte in un'ordinata ed elegante grafia su quella dannata lettera.
«Papà» dissi semplicemente, atona.
Le porsi la lettera ormai stropicciata, che lei afferrò delicatamente, quasi avesse paura di farle del male.
Alice cominciò a leggere, le pupille sempre più dilatate.


Lily, amore mio,
non puoi capire quanto mi costi scriverti queste parole.
Questa notte papà è stato trasportato d'urgenza all'ospedale. I medici l'hanno trattenuto, non siamo ancora riusciti a vederlo.
Sai quanto si ostini a dire che sta bene e che è sano come un pesce ma, tesoro, sai anche tu
quanto sia vulnerabile di polmoni, da quella volta.
Non può continuare ad ignorare la realtà; quando tua sorella si è sentita dire queste parole dai dottori è andata su tutte le furie, come puoi ben immaginare.
Non sappiamo ancora nulla, non hanno voluto azzardare nessuna ipotesi fintanto che i risultati delle analisi non saranno arrivati.
Tesoro mio, penso che sia giusto non tenerti all'oscuro benché tu sia a Hogwarts.
Ricorda soltanto una cosa: papà è forte, e lo sei anche tu. Non scoraggiarti, promettimi questo.
Il Preside della tua scuola è già stato avvisato; tornerai a casa per un paio di giorni, per vedere come si metteranno le cose. Dopodiché, potrai tornare.
Ti abbraccio forte.

Con tutto l'amore del mondo
Mamma

«Oh, Lily!» singhiozzò Alice gettandomi le braccia al collo, mentre Mary, Emmeline e Marlene finivano di leggere.
Mi lasciai stritolare passivamente, gli occhi che, lo sentivo, si riempivano velocemente di lacrime bollenti che ricacciai indietro con tutte le mie forze.
Com'era possibile che fosse successo di nuovo?
Due anni prima papà aveva avuto un attacco simile, ma i medici ci avevano assicurato che si trattava di una conseguenza del troppo caldo.
Non poteva essere successo un'altra volta, no.
Distolsi lo sguardo dai visi inquieti delle mie amiche, lasciandolo vagare lungo la tavolata, la testa che pareva essere sul punto di scoppiare.
Fu così che mi scontrai con un paio di occhi color delle nocciole colmi di ansia che mi fissavano intensamente da qualche metro di distanza.



(Remus)

James fece un'altra volta il giro del basso tavolino in legno, le mani affondate nelle tasche dei pantaloni neri e l'aria tormentata di chi sa che sta per accadere una disgrazia.
«Ramoso, vuoi piantarla? Mi sta venendo mal di testa» brontolò Sirius dalla sua poltrona davanti al fuoco, massaggiandosi le tempie.
James si bloccò per un secondo, aprendo la bocca probabilmente per insultarlo, poi la richiuse e riprese il suo percorso.
«Cos'è successo?» gli chiesi io con calma, richiudendo il Sillabario dei Sortilegi.
«Non lo so! Non lo so, cos'è successo!» esplose James, portandosi le mani alla testa.
Per tutta la durata delle lezioni di quella mattina non aveva spiccicato parola, eppure non mi sembrava fosse accaduto qualcosa d'insolito. Finché...
«Ehi, ragazze!» salutò Sirius una volta che Mary, Alice e Lily ebbero messo piede oltre il ritratto. «Come ve la passate?»
Loro non risposero; Mary lo guardò con aria di rimprovero mentre Alice scosse la testa, tristemente.
Lily non lo sentì, e si diresse verso il dormitorio delle ragazze con una spaventosa espressione vacua dipinta in volto.
James si precipitò da lei, veloce come un fulmine.
«Lily! Evans... come stai?» le domandò, guardandola negli occhi. Lily distolse lo sguardo, puntandolo a terra.
«Non... non è il momento, Potter» sussurrò, senza l'ombra di astio nella voce.
Se non fossi stato certo di conoscerla, avrei sicuramente ipotizzato che si fosse gravemente ammalata. Da quando in qua parlava così gentilmente con James?
Mi bastò guardarla in faccia, per capire che c'era qualcosa di molto più importante, dietro il suo comportamento.
James fece per parlare, ma le parole gli mancarono di nuovo.
Lily mi guardò, dispiaciuta e, mormorato un flebile “ciao”, sparì su per le scale.
Alice si affrettò a seguirla, mentre Mary si trattenne lì con noi.
«Ha... suo padre sta male» ci informò, un velo di nervosismo nella voce solitamente squillante.
Udii James trattenere il respiro, mentre sgranava gli occhi incredulo.
«Oh, merda» fece Sirius, una strana smorfia contrita.
«Come... cos» farfugliò invece James, sedendosi sul divano dal quale Peter aveva assistito alla scena ad occhi spalancati.
Mary annuì, poi raggiunse le amiche in dormitorio, lasciandoci soli.
«James...» cominciai, la voce incrinata.
«Devo aiutarla» gracchiò lui, serio come mai l'avevo visto in vita mia.


◊◊◊

«...ho predisposto una Passaporta collegata direttamente con il soggiorno di casa tua, così da garantirti il massimo della sicurezza durante il viaggio».
Albus Silente concluse il suo discorso indicando il vecchio portagioie d'argento poggiato sulla scrivania del suo ufficio, nei limpidi occhi azzurri un velo di compassione.
«Vedrai che andrà tutto bene, Lily» sussurrò poi con voce rassicurante all'orecchio della studentessa dai capelli rossi, che in quel momento non riusciva a trovare parole adeguate per dire al saggio Preside che , anche lei la pensava allo stesso modo.
Ma era vero, in fondo?
Le parole le rimasero impigliate in gola, mentre un leggero tremore la fece scuotere lievemente.
«Buon viaggio» le augurò Silente, stringendole per un momento il braccio destro.
Il portagioie si illuminò di una luce azzurrina, cominciando a vibrare. Lily si affrettò ad ancorarsi alla fredda superficie dell'oggetto e, dopo uno spiacevole strattone all'ombelico, vide l'ufficio del Preside dissolversi davanti ai suoi occhi in un vortice di immagini confuse.
Non ebbe il tempo di dire “ah!”, che si ritrovò catapultata contro il morbido tappeto beige del soggiorno di casa sua, mentre tutt'intorno si udirono le grida spaventate di qualcuno.
Lily faticò a rimettersi stabilmente in piedi, la testa che vorticava terribilmente; il dolce profumo dei capelli rossi di Rose Evans le inondò le narici, mentre sentiva lo stomaco stringersi.
«Tesoro» bisbigliò semplicemente sua madre, mentre ancora teneva la figlia ben stretta tra le braccia.
«Mi sei mancata» soffiò Lily, staccandosi delicatamente dall'abbraccio.
«Ciao» gracchiò seccamente una voce dolorosamente familiare alle sue spalle.
La strega si voltò di scatto, ritrovandosi davanti la snella figura della sorella, i biondi capelli portati più corti del solito ed uno scintillante anello al dito.
«Tunia» mormorò Lily, la voce strozzata.
Allargò le braccia, avvicinandosi impercettibilmente all'altra, che fece invece un passo indietro, un'espressione dura negli occhi castani.
Petunia si voltò, certa di non riuscire a sostenere lo sguardo implorante della sorella minore.
Lily lasciò ricadere mollemente le braccia lungo i fianchi, ferita ed insieme per nulla sorpresa dalla reazione di sua sorella.
Rose guardò entrambe le figlie con un'espressione infinitamente addolorata negli occhi scuri.
«Voglio vedere papà» disse Lily dopo qualche minuto di silenzio.

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Capitolo 19
*** XIX: Cosa aspettarsi dall'inaspettato ***


Come potrete notare dal PoV di Piton, non compare Malfoy. Il motivo è molto semplice: l'ho eliminato dalla storia, sostituendolo con Evan Rosier. Diciamo che Lucius ritornerà più avanti, ecco. Mi dava seriamente fastidio averlo inserito tra i coetanei di James e co., quando ero bene a conoscenza della loro differenza d'età -.-'
Scusate se mi faccio questi problemi... starete pensando che sia una pazza maniaca del perfezionismo... be', con questa storia lo sono, detto francamente :P
Avevo già tolto Narcissa (anche lei è più vecchia), però purtroppo ho dovuto lasciare Bellatrix (e Rodolphus).. ma poco importa visto che, qualche capitolo fa, si dice che è “misteriosamente scomparsa” da Hogsmeade dopo aver duellato con James. Le ragioni mi paiono ovvie, no?
Ah sì, un'altra cosa: '
Resistance' è in fase di restauro.
Vi spiego meglio dopo.

Buona lettura! :)


XIX
Cosa aspettarsi dall'inaspettato




(Lily)

Mi svegliai a causa dei forti colpi di tosse di mio padre, raggomitolato sotto le coperte del suo spoglio letto d'ospedale.
Nonostante le proteste dei miei genitori, quella notte avevo dormito accoccolata sulla piccola poltrona sfondata posta in un angolino della stanza, intenzionata a tenere sotto stretto controllo mio padre.
Mi diressi al volo al capezzale di papà, sorreggendogli la schiena e attendendo che smettesse di tossire.
«Tesoro, sono le sei...» sussurrò con voce roca, lanciandomi un'occhiataccia di rimprovero.
«Sta' tranquillo» lo rassicurai con un sorrisetto, carezzandogli dolcemente la guancia più scarna del solito e leggermente ricoperta da una rada barbetta.
«Guarda il tuo vecchio in che condizioni si è ridotto, Lils. Sono patetico» ridacchiò lui arruffandomi i capelli.
I miei occhi si riempirono istantaneamente di lacrime; nonostante la sera precedente avesse rischiato di morire soffocato dal suo stesso respiro, non aveva ancora perduto il suo incredibile umorismo.
«Vieni qui, streghetta» mi disse dolcemente, avvolgendomi poi con le sue calde braccia.
Inspirai a fondo il profumo di menta che gli avevo regalato io stessa tanti anni prima per Natale; da allora, la prima cosa che feci tutti i giorni fu andare in camera sua per abbracciarlo stretto, così da lasciare che quell'aroma impregnasse i miei vestiti e mi facesse sentire la sua presenza anche se lui non fosse stato accanto a me durante la giornata.
«Ti voglio bene» singhiozzai contro la manica del suo pigiama, gli occhi che già bruciavano.
«Lily, ascolta» mormorò, mentre con una mano carezzava i miei capelli in modo circolare. Si staccò delicatamente dall'abbraccio, fissando i suoi occhi verdi nei miei, così simili eppure allora così vuoti.
«Se le cose dovessero mettersi male», iniziò, ed io sentii un masso cadere a picco dentro di me, «vorrei che tu mi promettessi una cosa».
«Papà, io...»
«Sai bene che potrebbe succedere, piccola. Sono vecchio ormai, non ignoriamo la realtà».
«Non sei mai stato così realista, prima d'ora» osservai con un sospiro, corrugando la fronte.
Lui mi strizzò l'occhio, ponendo quindi fine a quel breve attimo filosofico e rimpossessandosi della sua autoironia.
«Si vede che la vecchiaia mi ha reso più saggio, chi lo sa» sogghignò.
Io scossi la testa, rassegnata, poi lo invitai a continuare il discorso.
«Riguarda te e Petunia» confessò.
Il mio sorriso si incrinò, ma mi ricomposi all'istante, intenzionata com'ero a voler mantenere intatta la mia maschera.
«Mi odia, papà...» sussurrai ad occhi bassi, mentre sentivo l'angoscia che mi aveva assalito la sera prima a casa montare nuovamente dentro di me.
L'immagine di Petunia che si allontanava da me ricomparve insistentemente davanti ai miei occhi, nonostante avessi cercato in tutti i modi di rimuoverla dalla memoria.
Credevo di essere ormai abituata alla sua indifferenza nei miei confronti; in realtà, avevo sempre mentito, anche e soprattutto a me stessa.
«Tunia non ti odia, Lils» mi confortò papà alzando il mio viso verso di lui. Catturò con un dito l'ennesima lacrima sfuggita al mio controllo, ed io tirai su con il naso.
«Non mi vuole nemmeno sfiorare, papà...» esclamai, prendendomi la testa tra le mani. «Ma questo è solo un nostro problema... Ora dobbiamo pensare a te, che stai male e—»
«
Niente mi farebbe sentire meglio che vedere le mie bambine volersi bene come due vere sorelle» m'interruppe mio padre, stringendomi il ginocchio.
Un cigolio dietro di noi ci annunciò che qualcun altro era arrivato, ed aveva origliato la nostra conversazione.
Una macchia dorata era sparita dietro la porta, lasciando un vago sentore di ciliegie1 dietro di sé.



◊◊◊


«Buongiorno, ragazzi» salutò stancamente Remus Lupin prendendo posto accanto a Frank il quale, intento a divorare i suoi cereali, lo degnò di un solo cenno del capo.
Le ragazze rivolsero al biondo Prefetto un sorriso un po' tirato, mentre Sirius gracchiò un distratto “ciao”; nessuno sembrava avere molta voglia di chiacchierare allegramente come al solito, presi com'erano dallo stesso, angosciante pensiero: Lily.
Soltanto Alice, dopo aver ponderato a lungo le parole, si decise a parlare.
«Che intenzioni ha, James?» domandò con cautela, i grandi occhi sgranati.
La sera prima, subito dopo la partenza di Lily, James era corso nell'ufficio della McGranitt per chiederle il permesso di poter raggiungere la compagna, ottenendo un secco “no” per risposta. Il ragazzo era poi rientrato in dormitorio a tarda notte, inveendo contro tutti i maghi del Paradiso, e non c'era stato verso di farlo ragionare. Voleva solamente stare accanto a Lily in quel momento così difficile, perché non glielo permettevano?
La sua assenza a colazione, perciò, non poté che impensierire la piccola ed apprensiva Alice Prewett.
Sirius emise un basso grugnito, senza tuttavia risponderle; fu Remus che, dopo aver pesantemente sospirato, alzò gli occhi ambrati dal suo piatto e li puntò in quelli marroni di Alice.
«Vuole andare da Silente» annunciò. Marlene scosse tristemente la testa. «Ho provato a farlo desistere, ma non ha voluto sentir ragioni».
«Capisco» mormorò Alice, a bassa voce.



(Severus)

«Quindi, se ho capito bene, Lui ha intenzione di...»
Lanciai uno dei cuscini in pelle nera del divano posto al centro della Sala Comune dritto in faccia a Nicolai, che si azzittì all'istante lanciandomi un'occhiata in cagnesco.
«Ti sei bevuto il cervello, Piton?» grugnì, scagliando il cuscino su una poltrona occupata da un novellino del primo anno intento a ripassare Pozioni, il quale scappò fuori dalla stanza a gambe levate.
«Credo sia meglio che tu tenga a freno quella tua dannata lingua, Mulciber» lo rimbeccai impassibile; Avery scoppiò a ridere.
Rosier, che fissava un punto imprecisato sopra la mia spalla senza apparentemente vederlo, si rianimò improvvisamente, guardando con aria di superiorità quell'imbecille di Mulciber.
«Severus ha ragione, Nicolai» annunciò.
Le mie labbra s'incresparono in un sorriso di scherno che Mulciber nemmeno notò, intento com'era a fissare Evan con sguardo confuso.
«Dobbiamo stare attenti alle nostre mosse, dobbiamo agire con cautela. Bellatrix e Rodolphus hanno dovuto lasciare la scuola» spiegò Rosier.
«Sai quanto frega a me ottenere uno stupido diploma in questa scuola del cazzo!» sbottò Avery, sbuffando contrariato.
«Alistair», chiamai, «meno sospetti destiamo, meglio è. Malfoy è stato chiaro».
Ed in effetti era vero. Se eravamo sul serio intenzionati a servirLo, dovevamo fare in modo di non farci cacciare da quella scuola prima del tempo.
Malfoy ci aveva parlato di “reclutamento”, il che significava studiare dall'interno le mosse di altri possibili alleati.
Francamente, il fatto che Rosier, Bellatrix e Lestrange avessero ottenuto il permesso di partecipare alla battaglia di qualche settimana prima, a differenza mia e di altri, che eravamo stati costretti a rimanere al castello, mi seccava all'inverosimile.
Rosier era un centinaio di volte meno sveglio e capace del sottoscritto, ma mi ero convinto che tutti lo reputassero superiore in quanto apparteneva ad un'altolocata famiglia di Purosangue strettamente legata al Signore Oscuro. Cosa che non si poteva assolutamente dire della mia.
Evan annuì alle mie parole, l'ombra di un ghigno sul volto spigoloso.
«L'unica ragione per cui mi trovo ancora qui», disse, «siete voi, stupidi mocciosi».
Piccolo dettaglio; Rosier ripeteva il settimo anno per la terza volta.
«Mpf», ghignò Avery, «dì piuttosto che Lui non ti considera all'altezza».
Evan sguainò la bacchetta e, in men che non si dica, la puntò al petto di Avery, all'altezza del cuore.
Oltre che per la sua innata superbia, Rosier era noto per essere uno dotato di scarso autocontrollo; i protagonisti delle più brutali risse avvenute al castello, inutile dirlo, erano sempre lui e Sirius Black.
«Bada bene alle stronzate che dici, Avery» sibilò contro il suo orecchio.
Avery deglutì a fatica, poi Rosier ripose la bacchetta in una tasca della divisa, sorridendo soddisfatto.
«Molto bene!» esultò dopo un po'. «Voi» e guardò intensamente me, Mulciber e Regulus, i novellini per eccellenza, «sapete già cosa fare».
Noi tre annuimmo, rigidi; mancava ancora davvero poco.



(Sirius)

Sbadigliai rumorosamente, stiracchiandomi contro lo scomodo schienale della sedia e fissando inespressivo il volto smunto della professoressa Merrythought, la quale stava blaterando a proposito degli Inferius, cadaveri soggiogati dalla magia di un mago oscuro.
Quel giorno ero capitato in un banco doppio accanto a Mary MacDonald, che in quel momento era china sui suoi disordinati appunti e non mi aveva mai rivolto la parola da che la lezione era cominciata.
«Mary...» la chiamai, svogliato.
Lei spostò lo sguardo su di me, sfoggiando una strana espressione seccata.
«Che c'è?» rispose di malavoglia, senza posare la sua piuma.
«Mi chiedevo dove fosse finita Marlene; non l'ho vista, oggi a pranzo» dissi, puntellando i gomiti sul banco e posando il viso tra le mani.
«Perché te ne dovrebbe importare?» chiese Mary, sospettosa.
A quella domanda mi bloccai, interdetto.
«Be', ecco...» cominciai, cercando di tirare fuori una scusa valida.
«Stava poco bene, è tornata in dormitorio» m'interruppe lei schiettamente, concentrandosi nuovamente sulla lezione e non degnandomi più di uno sguardo.

Finite le due ore di Difesa Contro le Arti Oscure, mi ritrovai a girovagare per i corridoi del castello da solo e senza una meta precisa. Quando mi ritrovai al quarto piano, però, venni colto da un'idea.
Aprii senza far rumore il pesante portone dell'Infermeria, e rimasi abbagliato dai raggi del sole che penetravano dalle alte finestre senza tende.
Lasciai vagare lo sguardo lungo le due file di lettini addossati alle mura, trovando finalmente ciò che cercavo; la snella figura di Marlene, adagiata contro due cuscini dall'aria scomoda, reggeva tra le mani un libriccino dalla rilegatura violacea, negli occhi blu la concentrazione di chi non voleva essere disturbato.
Mi avvicinai lentamente, sapendo di non essere stato ancora scoperto; quando mi ritrovai a un passo da lei, finalmente alzò lo sguardo dal suo libro per posarlo su di me in una perfetta espressione contrariata.
«E tu che diavolo ci fai qui, Black?» domandò in tono piatto, le sopracciglia inarcate e le labbra rosse strette in una perfetta riga orizzontale.
«Ci sono arrivato per caso» mentii, alzando le spalle. «Come mai sei in Infermeria?»
Lei si strinse nelle spalle, sbuffando infastidita.
«Cose di donna» disse solamente.
Sogghignai, e lei lo notò.
«Il solito imbecille immaturo» decretò, tirandosi le lenzuola fin sotto al mento.
Feci il giro del letto, prendendo posto sulla sedia accanto ad esso; Marlene seguì con sguardo guardingo ogni mia mossa, l'espressione sempre più seccata.
«Non sono venuto per farmi insultare gratuitamente» l'avvisai, sorridendo.
Marlene sorrise, le braccia conserte.
«Oh, allora puoi anche andartene».
Sospirai, fintamente offeso.
«Ti va se parliamo un po'?» chiesi.
Non avevo la minima idea di cosa stessi facendo, di perché la stessi disturbando e per quale motivo sentissi il bisogno di stare lì, in quella spoglia Infermeria a scambiare quattro chiacchiere con una ragazza che mi evitava da giorni.
Fu questa mia ultima considerazione a farmi accendere una lampadina in testa; dopo quel maldestro bacio (se così potevo definirlo) alla Stamberga Strillante, mi ero sentito confuso ed arrabbiato.

Chissà perché, poi.



◊◊◊


«Non puoi restartene chiuso qui a far nulla fino al ritorno di Lily, Ramoso».
Il giovane con gli occhiali emise un basso ringhio di dissenso, il quale non fece minimamente desistere Remus Lupin dal suo nobile intento: far ragionare un James Potter incazzato con il mondo. Impresa ardua per chiunque, tranne che per l'innata pazienza del diligente Prefetto, che detestava con tutto se stesso i momenti di rancorosa solitudine, benché lui stesso ne soffrisse mensilmente. Ma questo era un altro paio di maniche, totalmente differente dalla situazione che stava vivendo James; lui poteva scampare alle debolezze, forte com'era, mentre Remus era condannato a viverle per il resto della sua esistenza.
«Sul serio, James», borbottò Remus buttandosi sul letto e trovandosi faccia a faccia con l'irato migliore amico, «ti stai rendendo ridicolo».
«Cazzate!» sbottò Potter balzando giù dal letto con un salto. «Perché mi impediscono di raggiungerla? Voglio solamente starle vicino, diamine!»
Remus sospirò pesantemente, alzandosi anch'egli dal letto e slegandosi il nodo della cravatta, che iniziava a soffocarlo.
«Hai sentito Silente, no?» lo rimbrottò Lupin, esasperato. «Non pensa sia sicuro lasciare la scuola!»
James ringhiò nuovamente; possibile che nessuno ascoltasse le sue ragioni?
«Ma a Lily l'ha lasciato fare, Lunastorta» gli fece notare con un ghigno beffardo. «Non sto pensando di darmi alla macchia per cercare di ammazzare Tu-Sai-Chi, maledetto Salazar!» esplose infine.
«Ascoltami, una volta tanto» esclamò Remus mentre si stava infilando un pesante maglione di lana. «Cosa avresti pensato di ottenere, una volta raggiunta Lily a Londra? I suoi ringraziamenti? Un abbraccio, una dichiarazione spassionata?»
James boccheggiò un paio di volte, colpito nel profondo.
Remus aveva ragione; cosa sperava di ottenere, presentandosi da Lily?
Fino a prova contraria, lei non aveva ancora dimostrato di essere d'accordo con la sua proposta d'amicizia. James non aveva ancora ottenuto una risposta degna di quel nome, e probabilmente capitandole sotto casa lei gli avrebbe solamente urlato di andarsene, di lasciarla stare una volta per tutte.
Il moro si lasciò cadere sulla sedia di legno della malandata scrivania, la bocca ancora spalancata.
Remus l'osservò per qualche istante, prima di passarsi una mano sulla fronte.
«Mi dispiace di essere stato così schietto, ma...»
«No», fece James, «no, hai ragione».
«James», riattaccò Remus, sentendosi terribilmente in colpa, «vedrai che Lily cambierà idea, prima o poi».
James annuì.
Nel profondo del suo cuore, però, una vocina pose la domanda che lo tormentava ormai da mesi.

Quanto avrebbe dovuto aspettare, ancora?














1 ovviamente si tratta di Petunia ;)


NdA: Sono imperdonabile, lo so. Ho lasciato che passasse un mese dall'ultimo aggiornamento... mi sento uno schifo, anche perché ho sentito molto la mancanza dei personaggi. E di voi.
Con “fase di restauro” intendo che sto ricontrollando da cima a fondo ogni capitolo, correggendoli e (in alcune parti) riscrivendoli.
Infatti, data la sostituzione di Malfoy con Rosier, sto pian pianino provvedendo a mettere l'html nuovo
:)
I poV sono tornati, alla fine. In forma lievemente diversa, ma ci sono.
Be', non ho nient'altro da dire, se non che spero vivamente che vi sia piaciuto
:)
Questa cosa delle 88 recensioni mi ha lasciata decisamente spiazzata; risponderò a tutte, promesso! :*
Non trovo neanche le parole per ringraziarvi a dovere di ciò che mi scrivete, giuro!
Attendo i vostri pareri, fanciulle mie

Nel frattempo, vi abbraccio tutte

p.s: com'è stato il rientro a scuola? Il mio, tutto sommato, non malaccio come mi aspettavo :')
p.p.s: devo assolutamente portarmi avanti con i capitoli, e avendo finalmente una scaletta degna di questo nome spero di riuscire a velocizzarmi, sempre studio permettendo, ovviamente ç_ç

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Capitolo 20
*** XX: La realtà dei fatti ***


XX
La realtà dei fatti




«Incendio».
Il foglio di pergamena prese fuoco all'istante, riducendosi a un piccolo cumulo di ceneri nel giro di pochi secondi. Il giovane restò a fissare i resti del suo ennesimo tentativo con sguardo annebbiato, le mani strette a pugno ed una striscia nera d'inchiostro sulla guancia.
Riaccese la punta della bacchetta con un Lumos appena bisbigliato, facendo attenzione a non svegliare gli altri quattro, poi si rialzò a fatica. Guardandosi attorno, notò con fastidio la quantità indicibile di cartacce sparse in giro per la camera, ed era tutta opera sua. Sussurrò una sfilza di Accio e stette ad osservare annoiato i pezzetti di carta sfrecciare sgraziatamente verso di lui, che li afferrò tutti al volo.
Spostò lo sguardo verso il suo letto a baldacchino, sopra al quale il foglio scampato alla sua follia giaceva tutto stropicciato, e numerose macchie d'inchiostro facevano da sfondo ad una serie di lettere e parole disposte disordinatamente in una grafia quasi femminile.
James si avvicinò di soppiatto, temendo una qualche reazione da parte di quella pergamena consumata che era rimasta a subirsi in silenzio i suoi sfoghi di stupido adolescente, come a volerlo confortare.


Cara Lily Cara Evans Lily,

molto probabilmente non mi risponderai, ma sai che sono testardo e... be', ormai ho cominciato.
Da anni qualche giorno penso solo a te sei nei miei pensieri, il che non ha assolutamente un cazzo di senso. Da quando Mocciosus ti ha chiamata Sanguesporco ho iniziato a conoscerti meglio, quest'anno, sento che qualcosa è cambiato. Non farti strane idee, ma sento come se non volessi più nessun altra oltre a te fosse giunto il momento di crescere perché, lo ammetto, sono stato un'immensa testa di cazzo veramente immaturo, a volte. Non mi sta bene che mi tratti così male e non vuoi ascoltarmi tu non abbia risposto alla mia richiesta, quel giorno in biblioteca. Vorrei sposarti esserti amico, Lily. Che c'è di male in questo?

Spero tu capisca di amarmi che mi risponderai.
Tuo James

James cominciò a ridere di sé stesso, rise fino ad avere le lacrime agli occhi. Quando le lacrime continuarono a scorrere, salate, anche dopo che le risate si spensero, si chiese cosa gli stesse succedendo, perché stesse così male al solo pensiero che Lily potesse soffrire a causa sua o di ciò che stava accadendo alla sua famiglia.
Una macchia perfettamente circolare si formò sul foglio di pergamena, inumidendolo e sciogliendo l'inchiostro. Il moro tirò su col naso, tastò le tasche dei calzoni in cerca di un fazzoletto ed infine affondò il capo tra le ginocchia, lasciandosi finalmente trasportare dalle emozioni.
Non si accorse che qualcuno, nella stanza, si era svegliato, fino a che si sentì avvolgere da un paio di calde braccia che la sua mente ricondusse immediatamente al corpo di Sirius che, scivolato fuori dalle coperte, aveva raggiunto in un baleno i singhiozzi del fratello, era accorso per sanare le sue ferite. James si lasciò stringere senza protestare, non badando a ciò che l'orgoglio gli diceva. Si lasciò semplicemente e totalmente andare, sicuro che sarebbe stato compreso fino in fondo. Sebbene Black non fosse tanto il tipo da simili smancerie, in quel momento sentì che ciò che stava facendo era completamente giusto, ché James aveva bisogno di lui e lui non l'avrebbe mai abbandonato.
Passarono qualche minuto così, James a piangere tutte le sue lacrime e Sirius ad asciugarle e poi, dopo un complice scambio di sguardi, i due corsero fuori nella notte nascosti dal Mantello dell'Invisibilità.




(Emmeline)

«Emme?»
«Cosa c'è?» risposi sottovoce, rigirandomi sotto le coperte con molta poca voglia di conversare; pioveva da ore, ormai, e le ragazze ed io ci eravamo rifugiate in cima alla torre di Grifondoro, ognuna occupata nei propri affari. Io mi ero buscata un fastidioso raffreddore che mi avrebbe lasciata in pace solamente molto tempo dopo, mentre Mary e Marlene avevano una spropositata quantità di studio arretrato da recuperare al più presto.
«Emmeline, sono preoccupata».
Era la sesta volta che Alice lo ripeteva, da quando Lily era tornata a Londra.
Il giorno prima, assieme alla Gazzetta del Profeta a colazione erano arrivate altre innumerevoli brutte notizie dal mondo non-magico; intere famiglie di babbani erano scomparse nel nulla senza lasciare tracce e, a sentire Moody, le possibilità che i Mangiamorte non c'entrassero erano praticamente nulle.
Sospirai pesantemente, spostando il piumone e mettendomi seduta sul materasso. Alice mi stava fissando, gli occhi marroni sgranati ed una tenera espressione inquieta, i corti capelli biondi sparati in tutte le direzioni. Mi passai una mano sulla frangetta indomabile, chiudendo gli occhi per un istante per riordinare i pensieri.
«Lo siamo tutte, tesoro» le rispose Marlene prima che potessi spiccicar parola, abbandonando definitivamente i compiti di Storia della Magia al loro destino. «Ma Lily ci avrebbe scritto, se qualcosa fosse andato storto, non trovi?»
Alice annuì, poco convinta. Le diedi un buffetto sulla spalla, a cui lei rispose con un sorrisino.
Ad un tratto ricordai: Louis mi aspettava in Sala Grande, prima di cena. “Ho bisogno di parlarti”, mi aveva detto il giorno prima dopo Pozioni.
Indossai velocemente un pesante maglioncino azzurro e raccattai la sciarpa di Grifondoro e, dopo aver salutato le ragazze con un bacio volante, mi avviai di corsa verso il corridoio adiacente alla Sala d'Ingresso, dove sapevo Louis mi stesse aspettando al solito posticino lontano da sguardi indiscreti.
Lo trovai esattamente là, all'incrocio tra i due corridoi, mentre conversava allegramente con il ritratto di Geoffrey Von Füsberg, il celebre pozionista che aveva scoperto le proprietà del sangue di salamandra(1).
Quando mi vide, mi salutò con il solito tenero bacio sulla fronte, facendomi fare una giravolta.
«Mel» disse, sorridendomi. Arrossii, pensando a quanto poco i suoi occhi scuri fossero belli se messi a confronto con quelli di...
Controllati, Emmeline!, mi ordinai mentalmente, sconvolta dai miei stessi pensieri.
Tornata alla realtà, ricordai il motivo di quell'incontro.
«Cosa dovevi dirmi, Louis?» balbettai incerta, sentendo solo allora l'ansia divorarmi lo stomaco.
Louis perse il sorriso di poco prima, divenendo improvvisamente serio ed impassibile.
Deglutii a vuoto, sentendo il volto sbiancare. Che avesse saputo delle lezioni che davo a Remus a sua insaputa?
«Riguarda noi, ovviamente» esplicò, schiarendosi la voce. La sua postura era assurdamente rigida, i suoi stessi muscoli non erano rilassati. Louis era... sulle spine.
«Okay» sussurrai.
«Ho—» cominciò, interrompendosi subito dopo. Tossì un paio di volte, poi si ricompose e fece per parlare nuovamente, senza incrociare il mio sguardo. «Ho bisogno di una pausa, Mel. Per riflettere».
Qualcosa in fondo al mio stomaco si attorcigliò dolorosamente, impedendomi di rispondere.
Louis cercava ancora di non guardarmi in faccia, e non pareva minimamente provato da ciò che aveva appena detto. Come se nulla fosse successo.
«Una pausa? Perché?» domandai incerta e più confusa che mai.
Vidi le sue guance tingersi curiosamente di rosso, ed una smorfia indecisa si fece spazio sul suo volto.
«Ehm... lo sai anche tu, Emmeline» tergiversò, fissando con ostinata attenzione un punto alle mie spalle.
Scossi la testa, stringendomi nelle spalle e facendomi piccola piccola sotto il peso di ciò che era appena successo. Sentii una fastidiosa lacrima calda scendere lungo lo zigomo destro, e mi affrettai a cancellarne le tracce con il pollice. Louis sembrò notarlo, ma non fece nulla per consolarmi.
Gli diedi le spalle, pensando sul da farsi. Lo sentivo chiaramente agitarsi, come se non volesse assolutamente trovarsi lì, con me, la sua ragazza.
«Chiaro» mentii allora, iniziando a camminare ed allontanandomi sempre più da Louis che, per la seconda volta, non si mosse. Non mi trattenne né mi supplicò di non abbandonarlo in mezzo al corridoio. Restò semplicemente lì, appoggiato al muro, un'espressione dura nelle iridi cristalline.



(Remus)

Stavo tranquillamente camminando verso la Biblioteca in cerca di un nuovo libro da assaporare, la testa piena di pensieri. Anche io – come tutti, del resto – ero terribilmente preoccupato per Lily e per la sua situazione, un po' perché le volevo un bene infinito, un po' perché in lei riconoscevo parte del dolore che avevo provato io durante la malattia di mia madre.
Non mi ero nemmeno accorto degli attutiti singhiozzi che si levavano da un'aula in disuso alla mia destra, almeno fino a che la porta venne improvvisamente spalancata e la figura di una ragazza dalla lunga treccia castano chiaro fece capolino da dietro di essa, gli occhi dall'appena accennato tratto orientale gonfi di lacrime.
Rimasi bloccato dove mi trovavo, chiedendomi se avessi riconosciuto correttamente la ragazza oppure avessi solamente avuto un'allucinazione. Decisi di sfidare la sorte.
«Emmeline?» provai, incerto.
La ragazza sussultò, e si passò repentinamente una mano sulle guance inumidite.
Mi guardò dritto negli occhi, e mi sentii immediatamente arrossire.
«Remus!» esclamò, la voce malferma ed un finto sorrisino sul bel volto delicato.
Mi avvicinai di qualche passo, cercando di capire perché stesse piangendo, cosa fosse successo di così grave da ridurla in quello stato. Mi sentii
in dovere di interessarmi a lei, e ciò mi fece pensare di essere completamente impazzito.
«Remus» ripeté, una volta che fummo faccia a faccia. I suoi occhi scuri erano lucidi, ed in quel momento non potei fare a meno di pensare a quanto fosse bella. Com'era fortunato, quel Louis Johnson...
«Io...» cominciò lei, evitando il mio sguardo. Prese un profondo respiro, chiudendo le palpebre per qualche istante. Rimasi impalato a fissarla, il cuore che per qualche motivo batteva più velocemente, in modo quasi spasmodico. Improvvisamente, mi ritrovai con il naso premuto contro la spalla di Emmeline, lei che si teneva aggrappata al mio maglione grigio, e piangeva.
Andai in panico, non sapevo assolutamente cosa fare; l'ultima volta che mi ero ritrovato così a stretto contatto con una ragazza risaliva al quarto anno, e Lily piangeva esattamente come Emmeline.
Presi ad accarezzarle goffamente la schiena con lenti movimenti circolari, le guance rosse e le mani leggermente tremanti.
Che diamine mi stava succedendo?
La sentii muoversi contro il mio torace, e mi ritrovai a guardare incantato i suoi occhi profondi e neri come la pece, mentre un timido e umido sorriso le si dipinse sulle labbra rosa pallido.
«Grazie, Remus...»


◊◊◊

«Ne sei sicura, mamma?»
Rose Evans annuì con fermezza alla domanda della secondogenita, stringendole le spalle in una muta richiesta di comprensione. Lily sospirò pesantemente, annuendo a sua volta alla madre che, non volendo sentir ragioni, aveva deciso che per lei fosse giunta l'ora di fare ritorno a scuola.
Rose la strinse in un tenero e spontaneo abbraccio che Lily accolse con gioia, beandosi del profumo del maglione della madre che le ricordava la sua serena infanzia, quando la sua unica preoccupazione era di non spaventare Petunia con le sue magie accidentali.
Si abbassò un poco per afferrare la maniglia del baule, mentre con l'altra mano reggeva un vecchio scrigno rovinato dal tempo.
Rose si staccò dall'abbraccio e carezzò dolcemente le guance della figlia, posando sopra entrambe un bacio di arrivederci.

«Ah, classico» sibilò una voce graffiante alle loro spalle, in un tono di scherno che non lasciava trasparire altro che rabbia. «Ovvio, ora te ne tornerai in quella gabbia di mostri senza neanche preoccuparti di stare accanto a papà. Tu mi disgusti».
Petunia passò accanto alla sorella con qualcosa di molto vicino al disprezzo più totale nelle iridi azzurre, le mani strette a pugno attorno al tessuto caldo del suo vestito color zucca.
«Sai che non è così, Tunia» rispose Lily con voce rotta, trattenendosi dall'impulso di scoppiare a piangere.
E chi se ne frega del mio stupido orgoglio.
Petunia la gelò con un solo, cattivo e distaccato sguardo.
«No, certo che no» rise senza gioia. «Io mi sbaglio sempre. Non è così? Quando mai ho fatto qualcosa di buono? Quando, se Lily è sempre stata la migliore?»
Lily si sentì morire, a quelle affermazioni. Dopo tutti quegli anni di cose non dette, il rancore che sua sorella serbava nei suoi confronti stava venendo a galla proprio allora, in un momento difficile per tutta la famiglia.
«Petunia, io non—» cominciò, venendo interrotta da una risata incontrollabilmente isterica.
«Tu cosa?» gridò la bionda. «Osi negare la realtà dei fatti? Osi sul serio dire che non sei mai stata la favorita?»
Rose si lasciò cadere sul divano del piccolo salotto, la testa tra le mani. Lily la guardò per un istante, sentendo le budella attorcigliarsi in modo infinitamente doloroso.
«Non puoi dire queste cose, mamma e papà amano entrambe...»
La voce le si fece sempre più fioca, finché scomparve del tutto.
«VATTENE
L'urlo di Petunia rimbombò nella stanza, poi un silenzio innaturale si fece spazio tra le tre donne. Lily guardava la sorella maggiore dritta negli occhi, Petunia fissava a terra con una spaventosa espressione imperturbabile.
La rossa lanciò un'ultima occhiata alla madre, che ancora si teneva il capo tra le mani e poi, dopo un singhiozzo che non riuscì a trattenere, uscì dalla porta e si ritrovò sola nel giardino ben curato, il vecchio portagioie d'argento stretto tra le mani. Quando quest'ultimo s'illuminò di un'abbagliante luce azzurrina, Lily sentì per la seconda volta un forte strappo all'ombelico, poi il sorriso sereno di un vecchio dalla candida barba contenuta in una cinta dorata le riempì lo sguardo.
Non si era mai sentita più sola.


(Sirius)

James schizzò fuori dalla sala comune rapido quanto un Boccino d'Oro, senza curarsi del fatto che la camicia della divisa non l'avrebbe sicuramente protetto dal freddo dei corridoi del castello.
«Ramoso, aspettaci!» abbaiai, faticando a stargli dietro a causa del pranzo troppo abbondante ingurgitato senza ritegno quel giorno.
Peter e Remus incespicavano dietro di me, entrambi troppo confusi anche solo per chiedere cosa stesse succedendo.
Il fatto è che nemmeno il sottoscritto sapeva la ragione di quell'improvvisa agitazione, ma non c'era stato il tempo necessario per chiedere spiegazioni che James si era fiondato oltre il buco del ritratto della Signora Grassa, il fogliettino spiegazzato consegnatogli da tale Noah Jackson ben stretto tra le dita tremanti.
Ci fermammo solamente una volta raggiunto il Salone d'Ingresso, dove un gruppetto di ragazze da noi ben conosciute stava festeggiando qualcuno.
Quel qualcuno si rivelò essere, ovviamente, Lily Evans, e ci fu subito chiaro come il sole il motivo per cui Ramoso si era così tanto allarmato.
Lo vidi avvicinarsi un poco alla Evans che, inaspettatamente, gli rivolse un piccolo sorriso di gratitudine.
Non fui l'unico ad essere così sconvolto dall'accaduto; accanto a Lily, il volto di porcellana di Marlene era aperto in una smorfia comica, gli occhi blu sgranati all'inverosimile sfrecciavano senza sosta da James a Lily esigendo una spiegazione logica.
Ridacchiai tra me e me, ricordando la conversazione avuta in Infermeria appena qualche giorno prima. Marlene aveva dimenticato il mio maldestro bacio, e sembrava disponibile ad una nuova amicizia. O, almeno, questo era ciò che pensavo io.






(1) ovviamente è una mia invenzione :)

NdA: Ugh, questo è probabilmente uno dei capitoli più brutti e melensi dell'intera storia.
Insomma, un piagnisteo dietro l'altro! Vabbè, mi è uscito così e non sapevo cosa fare altrimenti, così ho preferito non cambiare nulla. Spero di non avervi annoiati :(
Probabilmente l'unico pezzo che mi piace è quello di James, all'inizio. Trovo estremamente tenera la sua lettera, e voi? :')
Lasciatemi pure tutte le critiche che volete, ne farò sicuramente tesoro! :)
Ah, a proposito:
SIETE DELLE MERAVIGLIE. 93 RECENSIONI? PER ME E' UN TRAGUARDO NON INDIFFERENTE :D VI RINGRAZIO INFINITAMENTE!!!!
E, ultimo ma non meno importante, un grazie speciale va anche a tutte le seguite, le preferite (*^*) e alle ricordate... davvero, mi è venuto un colpo quando ho visto quanti siete!
Mi scuso con quelle a cui ho promesso di passare, ma non ho davvero tempo :( ho cominciato il triennio e si sta rivelando un impegno non indifferente, già fatico a trovare un po' di spazio per scrivere... non sapete nemmeno quanto mi dia fastidio questa situazione :(
Bene, spero che (nonostante mi faccia schifo) il capitolo vi sia piaciuto – incrocia le dita – :D
Alla prossimaaaaaaaaaaaaaaaaa!

Ps: Per chi volesse, ho scritto una piccola originale (romantica, ovviamente. Ahahah) che si intitola “Echo”. Mi lascereste una recensioncina? Vi preeeeego :3


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Capitolo 21
*** XXI: Quando accade l'impensabile ***


100 recensioni?!? sul serio?!
Vi ringrazio tutte, dalla prima all'ultima. Giuro che sono infinitamente contenta del successo di questa mia schifezzuola, non l'avrei mai immaginato... siete degli angeli, va bene?



Recap: Ci siamo lasciati con le viscide serpi che, al buio della loro sala comune, stanno architettando qualcosa di oscuro. Lily si trova a Londra a causa della malattia del padre; James cerca in tutti i modi di mettersi in contatto con lei, fallendo ogni volta, e Sirius e Marlene sviluppano uno strano rapporto di amicizia, sebbene lui stesso ammetta che le cose tra loro non sono del tutto “normali”. James tenta di scrivere una lettera a Lily in cui le rivela finalmente i suoi sentimenti, non riuscendoci; trova conforto in un eccezionalmente sensibile Sirius. Louis chiede una pausa di riflessione ad Emmeline che, distrutta, crolla tra le braccia di Remus. Lily torna finalmente a Hogwarts, riaccendendo le speranze in James grazie al suo comportamento stranamente gentile...




XXI

Quando accade l'impensabile




C'erano momenti, a Hogwarts, durante i quali persino la composta Minerva McGranitt cedeva all'ansia e alla preoccupazione. Ed il fatto che essi coincidessero ogni volta con i giorni precedenti una partita di Quidditch, be', fungeva sicuramente da aiuto per i suoi studenti, i quali si premuravano di non far saltare eccessivamente i nervi all'algida e nevrastenica professoressa onde evitare drammatiche conseguenze.
Per quanto la divertente prospettiva di una McGranitt imbufalita quanto un Ippogrifo avesse spesso punzecchiato la fantasia di quattro individui a noi familiari, anche loro dovettero, dopo lunghi tentennamenti, assodare che
, era meglio non agitare le acque. Il che non era affatto nel loro stile, non è vero?
Sirius Black stava appunto tetramente rimuginando a proposito del drastico maturamento da parte del suo migliore amico, tradizionale capo-combriccola e colui che mai prima d'ora si era sottratto a giocare qualche divertente scherzo ai danni di chicchessia e che aveva invece drammaticamente rifiutato di rendersi partecipe di qualsiasi marachella. Il che aveva fatto riflettere Sirius a lungo. Che i tempi di giochi e scherzetti fossero finiti? Probabilmente sì – James se n'era accorto da un pezzo – ma a lui risultava dannatamente difficile accettare la realtà dei fatti.
La concitata spiegazione dell'insegnante suonava più come un fastidioso ed incomprensibile ronzio alle orecchie del bel Black, scompostamente adagiato dietro il suo banco in penultima fila; Remus Lupin, al contrario molto interessato alla lezione, continuava a lanciare occhiate ammonitrici al moro compagno di venture, ottenendo scarsi e deludenti risultati. James, da parte sua, pareva assolutamente disinteressato alle losche intenzioni di Black, impegnato com'era a fissare senza essere visto una certa rossa di nostra conoscenza, seduta due file più avanti accanto a Marlene. Il ragazzo sorrise tra sé inconsapevolmente, prima di venir colpito da una pallina accartocciata. Indispettito, il ragazzo spiegò lo sgualcito foglietto, lisciandolo più che poteva contro il piano di legno e accingendosi a leggere le poche parole scritte in inchiostro violaceo.
Finita la lettura, lanciò un'occhiata di fuoco alla mittente del breve messaggio la quale, dalla sua sfortunata posizione in prima fila, ridacchiò sommessamente nascondendo il viso tra i riccioli castani dopo avergli fatto segno di asciugarsi la bava alla bocca.
«Ci sono domande?» chiese seccamente la McGranitt dopo aver velocemente riposto la propria bacchetta e chiuso il grosso manuale di Trasfigurazione con un tonfo. I suoi piccoli occhi scrutarono in giro per l'aula, soffermandosi quasi subito in un punto al centro della stanza.
La mano di Lily Evans era scattata all'insù una frazione di secondo dopo la domanda dell'insegnante, pretendendo attenzioni. James, là dietro, sorrise di nuovo.
«Sì, signorina Evans?» fece stancamente la McGranitt, sospirando.
Lily esitò un attimo, senza spiccicare parola. «Oh. Io... mi sono dimenticata quello che volevo chiederle» confessò, indicibilmente imbarazzata. Qualcuno, nella stanza, soffocò una risata. «Mi scusi.»
Minerva McGranitt scosse la testa, divertita ed insieme stupita dalla piccola gaffe della Caposcuola.
«A questo punto, direi che potete andare. Voi no» si affrettò ad esclamare la strega additando a tre dei suoi studenti, che si bloccarono immediatamente sul posto.
La donna avanzò verso di loro con fare minaccioso, fino a ritrovarsi al cospetto di una parte della sua squadra di Quidditch. Frank fissava un punto indefinito sopra la spalla di James, deciso a non incrociare lo sguardo glaciale della McGranitt, Mary faticava a resistere all'impulso di mangiarsi le unghie.
«Buon salve, professoressa» scherzò James con un sorriso enorme. Lei arricciò istantaneamente le labbra.
«Fai poco lo spiritoso, Potter» sbottò infatti, nervosa. «Mi auguro tu abbia tutto sotto controllo per quanto riguarda la partita di domani».
Frank tossicchiò con fare casuale, facendo scappare a Mary un risolino. James invece gonfiò il petto, sicuro di sé.
«Non si preoccupi, Grifondoro vincerà!» promise allegramente, cercando di strappare un sorriso alla McGranitt. Fallì miseramente.
«Me lo auguro» sibilò la donna, facendo scomparire il sorriso dal volto di James. «Filate via».
Al suo ordine, tutti e tre schizzarono fuori dall'aula rasentando la corsa, senza neanche parlarsi.
James si azzardò a scrutare alle sue spalle per vedere se la McGranitt li stesse ancora osservando arcigna; quando tornò a guardare davanti a sé, qualcosa gli finì addosso.



(Lily)

Quando mi fui riappropriata delle mie facoltà visive, non immaginavo di certo che lo studente che avevo appena travolto fosse James Potter. Dopo essersi ricomposto velocemente ed aver raddrizzato gli occhiali sul naso perfettamente diritto, mi sorrise imbarazzato. Ricambiai il saluto senza pensarci, sentendo le guance imporporarsi inspiegabilmente. Alle sue spalle, Mary e Frank esclamarono qualcosa che non riuscii ad afferrare, dileguandosi un istante dopo. Alzai distrattamente gli occhi al cielo, ripromettendomi di farla pagare a quei due. Non mi ero ancora accorta del fatto che James stesse continuando a fissarmi intensamente, e quando lo feci divenni dello stesso identico colore scarlatto dei miei capelli.

«Scusami» bofonchiai abbassando di scatto lo sguardo.

Strano, pensai, in passato gli avrei già urlato addosso di tutto solo per il fatto di avermi sfiorato.
«Sei tutta rossa» replicò lui, calmo. Non sembrava esserci alcuna nota canzonatoria nel suo tono di voce. Era una semplice constatazione.
«Oh, be', è perché ho corso» mi giustificai precipitosamente sebbene sapessi perfettamente che non era quello il motivo del mio rossore.

È inutile continuare a mentirti, Lily, mi canzonò un'irritante vocina dentro alla mia testa. Scossi il capo, riprendendo il controllo della mia sanità mentale ma iniziando a dubitare seriamente di essa. Ricordai ad un tratto il volto sollevato di James, al mio ritorno a scuola dopo la malattia di papà. Ricordai i suoi occhi nocciola farsi lucidi, ricordai il suo sorriso gentile e la paura di venirmi incontro, di salutarmi. Ricordai lo sguardo incredulo di Sirius, lo sbalordimento di Marlene, i battiti del mio cuore accelerati. Ricordai tutto, ma accantonai ogni cosa.
James, nel frattempo, ridacchiò semplicemente, per poi tornare improvvisamente serio.
«Come sta tuo padre?» domandò incerto, come se avesse paura di una mia qualche spropositata reazione. Sorrisi dolcemente, pensando a quanto sciocca fossi stata.
Stupida, sciocca, ottusa Lily...
«Voglio essere tua amica, James» dissi decisa eludendo la sua domanda prima ancora di riordinare i pensieri. Ammutolii subito dopo, avvampando nuovamente.
Che mi era saltato in mente, di dirglielo così, senza neanche un preambolo? Cosa pensavo di fare? James non era il mio cagnolino, ma me ne resi conto solo in quel momento.
Come potevo pretendere di annunciare una cosa così importante e sperare che lui accogliesse la mia richiesta senza chiedere spiegazioni? Fino ad allora non avevo voluto saperne, di sotterrare l'ascia di guerra, allora perché avevo cambiato idea così all'improvviso?
«Cercherò di farmelo bastare.»
Spalancai gli occhi, incrociando lo sguardo caldo di James, che mi sorrise e poi s'incamminò verso la Sala Grande senza aggiungere nient'altro.


«Io dico di farle una camomilla» trillò un'allarmata Alice rivolgendosi a Marlene e Mary, che annuirono all'unisono. Emmeline tirò rumorosamente su col naso, asciugandosi le grosse lacrime con un fazzoletto ricamato e scuotendo la testa più e più volte.
«Sto bene! Sto bene!» singhiozzò arrabbiata, affondando di nuovo il viso tra le mani. Le passai affettuosamente un braccio attorno alle spalle, stringendomi al suo fianco ed infondendole tutta la mia comprensione.
«Tesoro, calmati» provai, sentendola piangere ancora più forte. «È meglio così... è lui ad averci perso, credimi». Marlene annuì, prendendo parte anch'essa a quel maldestro abbraccio e iniziando ad accarezzare dolcemente la lunga treccia di Mel, non ancora riemersa dalle mie braccia.
Mary aveva un'aria visibilmente contrariata che Alice notò prima di tutte, ed infatti le corse incontro e pose le sue piccole mani sul suo petto, imponendole di mantenere il controllo.
Perché un efferato omicidio dettato dalla rabbia era l'ultima cosa di cui avevamo bisogno.
«Io gli strappo gli occhi dalle orbite» ringhiò Mary scacciando Alice con un leggero spintone. «Io... io...»
Marlene scrollò le spalle, prendendo un lungo respiro. «Non otterremo un bel niente, Mary. Emme, qui ci serve un piano ben congegnato» propose, combattiva.

Fermai immediatamente le pacche sulla schiena di Emmeline, allarmata. Marlene e un “piano ben congegnato” stavano a significare un'unica cosa: guai.
«Non dire assurdità. L'unica arma di cui potrà servirsi è il disinteresse. Vero, tesoro?» consigliai, cercando di ottenere il consenso di tutte le altre.
«Voglio ucciderlo» farfugliò invece Emmeline. Mary e Marlene mi dedicarono due identiche occhiate eloquenti che mi fecero salire il nervoso, mentre Alice continuò a spostare lo sguardo da me al viso rigato di lacrime di Emmeline, tesa quanto una corda di violino.
Mi sgonfiai come un palloncino, però decisi di non arrendermi. Giocai la mia ultima carta.
«Che mi dici di Remus Lupin, Emmeline?» chiesi in tono casuale, puntando lo sguardo nelle sue iridi castane. Lei s'irrigidì, sottraendosi istantaneamente alle mie braccia e cercando di ricomporsi. Le altre piombarono in un imbarazzato silenzio di attesa.
«Che significa?! Louis, il ragazzo che amo, mi ha tradita con quella Juliet, cosa c'entra Remus in tutto questo?!» strillò Emmeline, la voce più alta di un'ottava. Ciò non fece che confermare le mie teorie. Anzi, le nostre.
«Non hai mai amato Louis, Mel» dissi sorridendole comprensiva, sebbene fossi l'ultima persona indicata per quel genere di discorsi
. «È normale che tu ti senta umiliata, ma non è Louis il ragazzo che vuoi».



(Mary)

«Cos'è quel muso lungo?»
Il suono della voce di Aaron mi riscosse bruscamente dai miei pensieri, ed infilzai la mia colazione con esagerata energia. Lui emise un risolino divertito, in attesa, sistemandosi meglio le protezioni in cuoio sui gomiti. L'improvviso e roboante ruggito emesso dallo stravagante cappello a forma di grifone di Pauline Hitchcock, una biondissima quanto strampalata ragazza di Corvonero del mio corso di Divinazione con la fissa per gli esperimenti magici, mi fece sfuggire la forchetta dalle mani; cadde tintinnando sul tavolo, attirando le occhiate degli studenti attorno a noi.
«Quidditch» bofonchiai indistintamente, troppo concentrata a fissare Sirius scherzare allegramente con Lène qualche metro alla mia destra. Aaron seguì il mio sguardo, corrugando leggermente la fronte non appena ebbe capito quale fosse la causa di quel mio essere così stranamente taciturna. Fece per parlare, ma il provvidenziale arrivo del nostro Capitano, la divisa già perfettamente indossata e uno smagliante sorriso stampato in faccia, mi salvò da ulteriori spiegazioni.
«Buongiorno, Potter!» lo salutò gioiosamente il mio migliore amico sventolando il pugno per aria. James, dopo aver velocemente preso posto accanto a me, divenne improvvisamente molto serio e, prima di prendere finalmente la parola, lanciò una circospetta occhiataccia al tavolo degli insegnanti.
«Questo» sibilò cospiratorio, «non è un buon giorno.»
Inarcai un sopracciglio, continuando a masticare svogliatamente la mia pancetta. Aaron scoppiò a ridere ma, quando vide che James non era proprio in vena di risate, si azzittì all'istante.
Frank, seduto accanto ad Aaron, abbandonò Alice alle sue melense farneticazioni e dedicò le sue attenzioni a James; così fecero pure Geoffrey, Jeremiah e Katherine, i restanti membri della squadra, che passavano di lì per caso.
«Vedete la McGranitt?» fece James con un cenno del capo verso la professoressa che, dall'alto della sua postazione, guardava chiunque capitasse sotto il suo mortale raggio d'azione in modo spaventosamente arcigno. Noi annuimmo. «Bene» riprese il Capitano, battendo i pugni sul tavolo. «A quanto pare, lei e Lumacorno hanno avuto una discussione e, ehm» James tossì un paio di volte per schiarirsi la voce, «un uccellino mi ha riferito che, se vincessimo, per lei sarebbe molto, molto importante. Insomma... vuole farla pagare al vecchio Lumacone servendosi del Quidditch. Capite?»
Jeremiah si grattò il mento, disorientato, Katherine alzò le spalle e Frank ed Aaron scossero energicamente il capo. James sospirò pesantemente.
«Oh, insomma. Vedete di non farvi scappare nemmeno un Bolide, voi due» grugnì, indicando i nostri due Battitori. Poi si rivolse a me, addolcendo appena il tono di voce: «Occhio al Boccino, Mac.» Detto ciò, uscì dalla Sala Grande con un'aria pressoché tetra in volto, così diversa da quella determinata che solitamente aveva prima di una partita. I nostri nuovi acquisti, raggelati dall'avvertimento di James, rimasero dov'erano, impietriti. Frank si sentì in dovere di calmare le acque.
«Vedete?» disse, in tono grave. «Quello è James in versione premestruale. Non capita spesso, ma dovete farci l'abitudine» ridacchiò noncurante, mentre Geoffrey riprese a respirare regolarmente e il volto di Katherine si rilassò in uno stiracchiato sorrisetto. «Forza, abbiamo una partita da vincere!»


◊◊◊

Grosse nubi dall'aspetto minaccioso adornavano il cielo scozzese e, dagli affollati spalti del campo di Quidditch, una certa persona di nostra conoscenza faticava a resistere all'impulso di tornarsene al caldo del castello anziché stare lì pigiata come una sardina tra i compagni di scuola a fissare quattordici idioti svolazzare per il campo in sella alla loro stupida scopa da corsa alla ricerca di una stupida pallina dorata. Marlene ed Alice, che si erano dipinte il volto con i caratteristici colori di Grifondoro, si sporgevano dalle gradinate cantando a gran voce l'inno della loro Casa, seguite a ruota da un Peter particolarmente euforico e un Remus più sorridente del solito.
Lily sbuffò per l'ennesima volta, facendo alzare gli occhi al cielo ad una divertita Emmeline, che per quel giorno aveva deciso di non pensare alle sue pene d'amore.
«S
IGNORE E SIGNORI!» tuonò un entusiasta Sirius Black sul suo megafono magico, causando la sordità a metà dei tifosi. «CHE ABBIA INIZIO IL TRADIZIONALE CAMPIONATO DI QUIDDITCH DELLA SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Minerva McGranitt, appostata accanto al cronista con la sua più consueta espressione torva dipinta in volto, abbaiò qualcosa a Sirius, che mormorò un condiscendente: «Suvvia, professoressa, è la prima partita...»
«NON MI INTERESSA, ABBASSA IMMEDIATAMENTE IL TONO DI VOCE!» abbaiò lei di rimando. La folla ridacchiò fragorosamente, poi Sirius riprese il controllo della situazione, un leggero rossore sulle guance spigolose.
«Ve bene, va bene! Onde evitare ulteriori spargimenti di sangue... che entrino le squadre contendenti!»
L'arbitro Madama Plumville, posizionatasi al centro della distesa d'erba, fece un cenno con il capo verso gli ingressi del campo riservati ai giocatori. Subito una schiera di sette persone in vesti verde-argento si librò leggera nell'aria, accolta dagli ululati dei tifosi di Serpeverde e i fischi da parte del resto della scuola.
«Ecco a voi le nostre viscide serpi! Devo dire che Oscar Utair è notevolmente migliorato nel volo, se non ricordo male gli anni scorsi faticava a mantenere una traiettoria quantomeno decente...» disse Sirius con un risolino, guadagnandosi le approvazioni dai compagni di Casa e innumerevoli occhiate ostili dai Serpeverde. «Abbiamo Rosier, Selwin, Hopkirk, Black Uno, Avery, Black Due e Utair chiude ovviamente la fila» commentò Sirius assottigliando appena gli occhi alla vista della cugina Narcissa e del fratello Regulus, rispettivamente Cacciatrice e Cercatore di Serpeverde. «Vediamo un po' di movimentare subito la faccenda! Ecco a voi gli inimitabili grifoni!»
Festanti urla spacca timpani si levarono dai Grifondoro e dai Tassorosso, poi la squadra di James prese posto di fronte all'avversaria in un batter d'occhio.
«Potter, bentornato!» ghignò Black al fratello. James sorrise sghembo, esibendosi in un magistrale inchino volante che mandò il pubblico in delirio. «Ritornano McKinnon, Paciock e MacDonald e si uniscono ai giochi per la prima volta l'affascinante Katherine Hampton ed i formidabili Jeremiah Lawrence e Geoffrey Robbins! Buona fortuna, ragazzi! Fate vedere a quei vermi chi comanda in questa scuola!»
Alcuni insegnanti scossero la testa, rassegnati, mentre il Preside Silente si lasciò andare ad un divertito sorriso a trentadue denti, bianco quanto la sua lucente barba. Fu a quel punto che accadde un colpo di scena: la McGranitt, spazientita, si appropriò del megafono di Sirius senza che lui potesse opporre resistenza, scioccato com'era dalla piega degli eventi.
«Date inizio a questa dannata partita!» sbraitò. Madama Plumville annuì compostamente, dando inizio all'incontro con un prolungato fischio.
I Bolidi, finalmente liberati dalle loro cinghie costrittive, scattarono in su sibilando in modo preoccupante, la Pluffa venne lanciata in aria dall'arbitro ed il Boccino D'Oro sparì in un battito d'ali. Jeremiah sfrecciò verso gli anelli, i nervi tesi e la presa salda sul suo manico di scopa nuovo di zecca, mentre James partì alle calcagna di Narcissa Black, che aveva già intercettato la Pluffa.
«Ci siamo! Black Uno scarta Potter e Hampton... brava, cuginetta, per questa volta te lo concedo.» Sirius attaccò la sua cronaca con la sua abituale ironia, mentre i vari giocatori volavano qui e là cercando di disarcionarsi a vicenda. Narcissa segnò, lanciando la Pluffa proprio sotto il gomito di Jeremiah; James imprecò, scagliandosi nuovamente sulla palla e guardando di sottecchi in direzione di Regulus, che pareva aver intravisto il Boccino.
«Mary, tieni d'occhio Black!» le ordinò passandole accanto. Mary sterzò, planando verso il basso e aguzzando ulteriormente lo sguardo.
Aaron e Frank, nel frattempo, colpirono un Bolide ciascuno con forza disumana, mandandoli a cozzare contro Selwin e Regulus stesso.
«Sembra che il Cercatore di Serpeverde abbia qualche problemino tecnico... che ti succede, Reg? Mi sembra prematuro perdere colpi alla tua età!»
I Grifondoro risero divertiti, ma Regulus decise che suo fratello non l'avrebbe passata liscia. James si concesse un ghigno, poi si riconcentrò precipitosamente sulla partita, schivando per un soffio il Bolide che Rosier aveva colpito con il chiaro intento di mandarlo a schiantarsi al suolo.


Lily Evans, dagli spalti sovraffollati, assisteva all'evento con più ansia in corpo di quanto sarebbe stata disposta ad ammettere; ad ogni azzardata manovra di James tratteneva rumorosamente il fiato, guadagnandosi occhiatine divertite dai suoi amici.
«Si farà male!» strillò quando Potter deviò l'ennesimo Bolide finendo a testa in giù con la scopa e venendo acclamato dalla folla di tifosi, entusiasti di così tanta azione. I Serpeverde segnarono ancora, ed un coro di fischi si levò dalla parte rossa-oro dello stadio.
«Oh accidenti!» imprecò una furiosa Alice pestando i pugni e rimettendosi bruscamente a sedere.
Marlene, senza perder d'occhio il fratello, che era appena stato colpito da una spallata poco sportiva da parte di Utair,
sogghignò, sfiorando la spalla di Lily con le dita inguantate.
«Tranquilla, Lily, riavrai il tuo Potter tutto intero.» Remus scoppiò a ridere a crepapelle, mentre un'indignata Lily, sorda alle insinuazioni della bionda, puntò gli occhi su un punto del campo che non fosse dove si trovava James, ora intento a volare con aria minacciosa verso gli anelli avversari per cercare di strappare dieci punti.
Un colpo tanto ben calibrato quanto feroce di Rosier, questa volta, lo disarcionò.

«Per le sottane di Morgana!» La voce stridula di Sirius, sempre più isterico, proruppe a sorpresa dopo infiniti istanti di silenzio. A quella colorita esclamazione, contro ogni pronostico, la McGranitt non si scompose minimamente, anzi balzò repentinamente in piedi, tesa. Il Capitano di Grifondoro si schiantò al suolo da almeno dieci metri d'altezza, scomparendo in uno sbuffo di polvere. Subito Madama Plumville accorse per assistere il ferito, e dagli spalti si levarono urla di spavento e grida contro il gioco sporco di Rosier, che aveva colpito James quando era girato di spalle.
«Potter a terra! James Potter a terra!» continuava ad ululare Sirus, in preda al panico.
«La partita continua, Black. Potter starà bene» sibilò nervosamente la McGranitt mentre con la coda dell'occhio seguiva la barella trasportata magicamente da Madama Chips lasciare in tutta fretta il campo. Sirius deglutì, riprendendo a fatica un contegno.
Anche Peter e Remus apparivano sconvolti dall'avvenimento, non tanto perché ci fosse un ferito quanto perché quel ferito fosse
James, di solito infallibile.
Nel frattempo, la squadra di Grifondoro si trovò leggermente allo sbando; presa dal panico, Katherine aveva segnato un autogol che Jeremiah neanche aveva provato a parare.
«Situazione attuale: centoventi a settanta per Serpeverde» annunciò Sirius amareggiato.
I tifosi Grifondoro, Tassorosso e Corvonero sembravano quasi aver perso le energie, sorpresi com'erano dall'inaspettata debolezza dei grifoni. Le serpi avevano dato il via ai loro soliti cori derisori, concentrandosi proprio sulla povera Katherine e su Jeremiah, rossi quanto pomodori a causa dell'imbarazzo.
Aaron chiese il time-out, che venne immediatamente concesso per la durata di trenta secondi esatti. I sette Grifondoro si raggrupparono in men che non si dica, mettendosi in cerchio attorno ad Aaron, ancora non sprovvisto del suo proverbiale ottimismo.
«Non tutto è perduto» attaccò, guadagnandosi a forza le attenzioni degli sconsolati compagni. Solo Mary aveva un'aria agguerrita, degna di una vera combattente. I due amici si scambiarono uno sguardo d'intesa. «Hampton, Lawrence, nervi saldi.» I due ragazzi annuirono, rincuorati dalla comprensione di Aaron. «Frank, vecchio mio, continua così. Geoffrey, sei un fenomeno. Mary» lei lo fissò dritto negli occhi, «ci sei quasi.»
Madama Plumville annunciò la fine del time-out e i Grifondoro partirono a razzo alla volta dei Serpeverde. Passarono appena quattro minuti, prima che i loro tifosi ricominciassero a gioire.
«Grifondoro segna! Siamo centoventi a ottanta...»
Sirius trattenne maldestramente il fiato, perché aveva visto Regulus lanciarsi all'inseguimento di un appena visibile scintillio dorato proprio sotto a dove si trovava Narcissa. Gli occhi di tutti i presenti si fissarono sul Cercatore, alcuni strillando di spavento. Mary se ne accorse quasi subito, sterzando violentemente e lanciandosi su Regulus.
«È
mio, stupida Mezzosangue» ringhiò Black una volta che furono fianco a fianco. Mary sorrise falsamente, per nulla toccata dall'offesa.
«Credo che qui lo stupido sia solo
tu» disse dolcemente. Direzionò la scopa verso l'alto, prendendo alla sprovvista Regulus.
Allungò appena il braccio sinistro e, finalmente, le sue dita si strinsero attorno alla piccola e fredda pallina dorata.






NdA: Sì, sono viva, non preoccupatevi. Viva e vegeta. Ripensandoci bene, non proprio del tutto vegeta.
Bene, ehm.. che ne pensate? È un capitolo piuttosto Marycentrico (?), esclusa la prima parte. È piuttosto leggero, a parte l'avventata decisione di Lily e James che viene disarcionato non accade nulla di che ^^ Troppo blando? Noioso? Uno schifo? Ditemi voi, e vedrò di movimentare le cose all'istante! ;)
Ormai è inutile che mi scusi ancora, la ragione è sempre quella e non posso neanche farci nulla. Mi tocca studiare, inevitabilmente, ogni santo giorno. Cosa non si fa per andare in Inghilterra.....
Un bacione amori miei, Lilies

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