Quello che voglio essere

di moni93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ammirando la luce ***
Capitolo 2: *** Cercando me stesso... o forse te ***
Capitolo 3: *** Il suo sorriso, la mia forza ***
Capitolo 4: *** Un incontro e un addio ***



Capitolo 1
*** Ammirando la luce ***


QUELLO CHE VOGLIO ESSERE



 

AMMIRANDO LA LUCE

Oh no, did I get too close?

Oh, did I almost see

What’s really on the inside?

 

Sono sempre stato affascinato dalla luce.

L’idea che un semplice raggio dorato potesse mutare l’animo umano, mi incuriosiva. Non mi riferisco unicamente al calore emanato dal Sole, ma a qualcosa di più inspiegabile, che viene creato e condiviso unicamente dagli esseri umani. Quasi impossibile da descrivere, eppure, tutti conoscono ciò che si prova quando si è investiti da tale luce.

È come essere colpiti dall’interno, come se un’altra persona prendesse il possesso di noi. Ci si sente forti, felici, a prescindere da ciò che si provava fino a pochi istanti prima. Ma non tutti sono in grado di rendere illimitata la gioia di una persona unicamente con la propria presenza.

Per me, la luce era un mistero impenetrabile, che solo alcune persone potevano controllare. Quei pochi, diventavano come divinità ai miei occhi. Non acquistavano immortalità, ma ricevevano in dono il potere di Apollo. Controllavano il Sole, il proprio Sole personale che, solitamente, non era in grado di riscaldare gli altri cuori.

Da bambino, la ragione di questo piccolo miracolo, mi era sconosciuta. Il semplice fatto che ci fosse luce o tenebra, non avrebbe dovuto cambiare una persona, non avrebbe dovuto farla sentire speciale, insostituibile. Questo pensavo. Eppure, sapevo che alcuni umani, riuscivano a farlo.

Ma, anche se non la comprendevo, io amavo quella luce.

Forse, perchè il mio Sole personale non mi aveva mai abbandonato. Nemmeno dopo che si fu spento.

Lui... per me emanava una luce tutta sua, più abbagliante di qualsiasi altro astro o divinità.

Lo osservavo fin da piccolo, mentre si allenava, e sognavo di diventare come lui un giorno. Sapevo che, però, non l’avrei mai raggiunto. Più crescevo, più mi rendevo conto che c’era una voragine tra di noi, ma non me ne importava. Finché avevo la mia luce, non m’importava di essergli secondo. Sarebbe stato da superbi e arroganti.

Per quanto la Luna brilli, rischiarando le tenebre della notte, essa non potrà mai eguagliare l’accecante luminosità del Sole.

Così pensavo, paragonando me stesso ad una mera imitazione di una persona più grande, più maestosa, di quanto io sarei mai potuto essere. Perchè io, a differenza di mio fratello, non avrei mai emanato quella luce, per nessuno.

Quasi senza accorgermene, presi ad allenarmi anch’io.

Volevo avvicinarmi a tutti i costi a quella luce, per quanto irraggiungibile.

Volevo che anche Ilias potesse essere orgoglioso di me, almeno la metà di quanto ne ero io di lui.

“Ancora qui ad allenarti, Sisifo?”

Per poco non centrai un povero cerbiatto, che brucava sereno al limitare del bosco. Mi voltai e notai che mio fratello era lì, da chissà quanto tempo. Istintivamente, osservai le frecce che, miseramente, tempestavano la terra e i rami disordinatamente. Per mero imbarazzo, abbassai il capo, senza ricambiare lo sguardo intenso che Ilias mi stava rivolgendo. Non si arrabbiò, né fu turbato dalla mia maleducazione.

Fissò, invece, incuriosito le mie frecce.

“Arco e frecce... non ti arrendi.”

Non ridacchiò. Né pose domande.

Eppure, mi sentii in dovere di rispondere.

“So di essere negato, però...” scagliai una freccia a casaccio, con le mani, per quel che m’importava.

Se pensavo a tutte quelle che avevo sprecato per mancare i bersagli, mi veniva quasi da piangere per la vergogna. Lui non m’interruppe, né mi fece pressioni. Voleva che fossi io a dirlo, a condividere quella mia sciocca fissazione.

“Voglio l’armatura del Sagittario.”

Fissai negli occhi mio fratello e, nel farlo, mi sentii subito meglio.

Ricordare il mio obbiettivo, mi diede la forza necessaria per riaccendere in me il desiderio di raggiungere quella vetta, per quanto lontana e quasi certamente inaccessibile per uno come me. Non avrei mai ammesso il misero motivo che mi spingeva ad essa, però. Non a Ilias.

Mio fratello non si mosse subito.

Pareva una statua, maestosa e fiera.

Fu con vigorosa lentezza, con passo da leone, che si posizionò vicino a me, sedendosi su di una colonna ormai semidistrutta, che contrastava con tutta quella fitta vegetazione. Incrociò le gambe e chinò leggermente il capo, come faceva sempre quando si concentrava per la meditazione. Ma, anziché chiudere gli occhi o fissare il tutto racchiuso nel nulla dinnanzi a lui, osservò me.

“Sono certo, che un giorno diventerai il migliore arciere che si sia mai visto. Fino ad allora, aspetterò.”

I miei occhi si chiusero e riaprirono svelti, per l’incredulità.

“Aspetterai cosa?” volli sapere.

In quel mentre, accadde una cosa assai rara. Quello che fece Ilias mi sorprese a tal punto, che sperai di non dimenticarlo mai. Volevo tenere quel prezioso segreto rinchiuso dentro di me, per sempre.

Perchè, quella volta, dopo anni, mio fratello sorrise.

“Aspetterò di vederti risplendere.”

Non aggiunse altro e, quasi immediatamente, riacquistò la sua solita espressione pacata e attenta.

Con orgoglio, caricai un’altra freccia.

Sarei diventato cavaliere d’oro, sarei divenuto il prossimo Sagittario, l’unico soldato di Athena a possedere delle ali immense come il cielo.

Desideravo quell’armatura con tutto me stesso.

Perchè, con le sue ali, sarei potuto volare sino al Sole...

Osservai di sfuggita mio fratello; un semplice sguardo complice, tra occhi color del cielo.  Uno sguardo, per scambiarsi una tacita promessa.

Sarei volato da mio fratello e l’avrei protetto con la mia luce.

Con tale determinazione, tesi l’arco e scagliai la mia freccia.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ciao a tutti! ^^

E grazie mille a tutti quelli che hanno avuto l’ardire di leggere questa mia storia: spero vi sia piaciuta!

Di nuovo, eccomi qui con una one-shot nata per puro caso. Incredibile come basti una canzone e un’immagine, per far scattare qualcosa nel mio cervellino malato. L’immagine in questione, è quella che avete visto sotto il titolo, mentre la canzone è “Unconditionally” di Katy Perry. Lo so, non c’entra quasi un tubo con la mia storia, ma sapete com’è il mio cervello: viaggia parecchio. Al punto tale da tradurre i vari “I love you” con un più pacato “Ti voglio bene” (che poi, non è così sbagliato).

Insomma, fatto sta che mi è sorta spontanea questa piccola finestra sul passato di Sisifo, che, tra l’altro, è un personaggio che mi ha sempre ispirato, quindi, sono contenta di averci scritto su qualcosina.

Forse, potrei aggiungere altri capitoletti... boh, vedremo (che significa “Ho già tutto in mente e prima o poi lo faccio!” xD). Ma, tanto per cominciare, vediamo se a voi lettori è piaciuto questa shot, così poi decido se è il caso o no di proseguirla (NdLettori: Dai, che tanto lo sappiamo che lo fai lo stesso! xD).

Ancora grazie mille, se vi va, lasciatemi un commentino (o anche un commentone, più scrivete più sono felice!) e ci si sente presto!

Moni =)

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Capitolo 2
*** Cercando me stesso... o forse te ***



CERCANDO ME STESSO... O FORSE TE


 

All your insicurities

All your dirty laundry

Never made me blink one time

 

Tenevo la testa bassa e non osavo alzarla.

“Sisifo.”

Il corpo si rifiutava di reagire, come se non fossi più padrone di me, come se tutti quegli anni di allenamenti, valsi ad apprendere che un sottoposto deve sempre obbedire fedelmente agli ordini, non fossero serviti a nulla.

“Sisifo.”

Mi sentivo di nuovo un bambino. Non che a quindici anni mi sentissi adulto, ma credevo di aver superato la fase in cui ignoravo i comandi di mio fratello per mero dispetto. Facevo tutto questo, nella sciocca speranza che i suoi occhi non vedessero i miei. Le mie fiere iridi celesti identiche alle sue, ma che, al momento, sentivo ricolme unicamente di risentimento e vergona.

“Sisifo, guardami.”

La sua voce non si era alzata, né alterata, nemmeno per un istante. Era rimasta esattamente come sempre, pacata, quasi atona. Vuota.

Mi venne da piangere e, quindi, strinsi i pugni con rabbia, imponendomi di resistere, di non mostrare nuovamente il peggio di me. Non di fronte a Ilias.

“Non ha detto nulla da quando l’ho convocato. Forse, è il caso che vi lasci soli.”

“Non credo sia necessario.”

Lo credevo anch’io.

Con o senza Gran Sacerdote, non avrei avuto la forza di svelare il mio sguardo... non avrei avuto la forza di fare nulla. Volevo semplicemente rimanere lì, solo, isolato, distante per una volta dagli sguardi di tutti.

“Insisto.”

Nel passarmi accanto alla pelle una severa brezza antica, avvertii una leggera carezza sulla nuca, come a volermi rassicurare, sebbene flebilmente. Per qualche strana ragione, pensai che quel gesto avrei tanto voluto riceverlo da mio fratello, non da Sage.

Rimasti soli in quell’immensa sala, mi sentii ancor più sperduto e solo. Eppure, sebbene fosse ciò che più desideravo, non riuscivo a scrollarmi di dosso l’opprimente sguardo indagatore di mio fratello.

Ilias ripeté il suo ordine, senza nemmeno tentare di raggiungermi chinandosi e scrutando, così, il mio viso celato dalla folta frangia. Rimase, invece, in piedi di fronte a me, severo e impassibile come un generale dinnanzi ad un suo sottoposto.

“Sisifo, guardami.”

Non seppi come, né perchè, ma il mio corpo obbedì.

“Cosa è successo?”

“È tutta colpa tua.”

Quasi non lo lasciai terminare di parlare. Tanto, sapevo già ciò che voleva sapere e non esitai a dirglielo. Inoltre, mi resi conto di non essere più in grado di sopportare la sua voce, quella sua voce che aveva assunto col passare degli anni, ma che sapevo non appartenergli in realtà. Per questo mi sentii ferito, tanto più quando notai che le mie parole, tanto maleducate ed irrispettose, non lo avevano turbarono minimamente.

“Quelli...” iniziai, ma subito m’interruppi, ricordando il volto di quei ragazzi e il motivo per cui mi trovavo nella stanza privata del Gran Sacerdote.

D’un tratto mi sentii uno stupido, un ragazzino inutile e presuntuoso, nemmeno in grado di imporsi un minimo di autocontrollo, ma non m’importava, perchè sentivo di essere nel giusto... in parte.

“Quelli parlavano male di te.”

Pronunciai quelle parole a fatica, sentendo un forte groppo alla gola. Presto, giunsero anche le lacrime, desiderate eppure d’intralcio in quella situazione. Volevo piangere, per sfogarmi e liberarmi una buona volta di tutto il male e la frustrazione che mi opprimeva il petto e lo stomaco da giorni, ormai. Però dovevo andare avanti, portare a termine quel discorso, sebbene con voce tremante e flebile.

“Dicevano che sei strano, se non pazzo. Perchè non parli mai con nessuno, se non col vento o la terra. E... e che non sei degno dell’armatura che porti!!”

Aspettai una predica, uno schiaffo, anche un’occhiata torva mi sarebbe andata bene. Sapevo che Ilias non era tipo da certe cose, non lo era mai stato, men che meno lo era divenuto col tempo. Eppure, ci sperai con tutto me stesso. Perchè, se mi avesse picchiato o sgridato, almeno...

Nonostante le lacrime m’impedissero di vedere, sapevo che lui era sempre lì, impassibile.

“Non devi ascoltare la loro voce, ma devi...” incominciò con voce neutra, ma quello per me fu troppo.

“Io non devo fare proprio nulla!!” urlai, balzando in piedi e fronteggiando finalmente il mio eroe... e il mio più oscuro nemico  “Io non dovrei difenderti!! Tu sei il fratello maggiore, dovresti essere tu a fare questo per me... dovresti essere abbastanza forte da difenderti da solo e smentire tutte quelle stupide voci sul tuo, sul nostro conto! E poi... dovresti anche picchiarmi o sgridarmi quando sbaglio, perchè almeno così...”

Quasi non riuscii a finire, da tanto ero sconvolto e scosso dalle lacrime e dalla paura di ciò che, di lì a poco, sarebbe accaduto.

“Almeno così, ti sentirei vicino...”

Non riuscii più ad aggiungere altro. Ero sfinito, esausto come dopo un duro allenamento, con le gambe tremanti e il volto ricoperto di lacrime, anziché di sudore. E fragile, come mai lo ero stato.

Come temetti, Ilias non fece nulla.

Non subito.

“Sai perchè desidero così tanto che tu impari ad ascoltare il suono della natura?” mi disse, mentre a fatica tentavo di respirare nuovamente con regolarità.

Lo vidi sospirare e, per un istante, intravidi una profonda tristezza nel suo impassibile sguardo celeste. Fece un passo avanti.

“Perchè, in tal modo, quando io non ci sarò più...”

Si chinò, avvicinandosi a me e premendo una mano sul mio petto, all’altezza del cuore.

“Per te, sarà come se non me ne fossi mai andato. Perchè sarò ovunque tu mi vorrai. Magari non sentirai la mia voce o non mi percepirai con la vista, ma se chiuderai gli occhi, riuscirai a vedermi. E saprai quello che voglio dirti.”

Prima di lasciarmi, mi salutò come non faceva da anni e come non si sarebbe mai più permesso di fare, per proteggere il nostro onore di guerrieri votati unicamente ad Athena.

Lasciò che la sua mano, lenta, la stessa che fino a poco prima mi premeva sul cuore, si posasse sulla mia testa. Più intensa di una carezza e più profonda di mille parole. Restammo lì, in silenzio, per quelli che furono gli istanti più lunghi e intensi della mia giovane vita.

Quasi con dolore si separò da me, e lo sentii allontanarsi.

Più tardi, mi avrebbe di certo ordinato di scusarmi con quegli apprendisti e di dedicarmi agli allenamenti con ancor più perizia e intensità. Tuttavia, ora sapevo che Ilias mi capiva, sapeva ciò che si agitava nella mia anima, perchè era anche la sua paura.

Portai una mano al cuore e seppi che, qualsiasi cosa sarebbe accaduta, mio fratello sarebbe sempre stato accanto a me.

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ciao a tutti! =)

Ebbene sì, sono tornata e con la ferma decisione di portare avanti questa fic per almeno altri quattro capitoli! Per cui, mille grazie a Bayern Moni, Katsuko sama e Creamy Lisa per avermi recensita e avermi fatto così credere in questa mia piccola idea. Spero di non deludervi in questo, come nei prossimi capitoli! ^^

Stavolta, ho deciso di improntare il capitolo su un tema più delicato e che, a mio avviso, interessa tanto Sisifo quanto tutti i fratelli minori. Premetto che non ho letto il Gaiden di Sisifo, ma mi sono capitate sotto agli occhi un paio di scan (tra cui quelle di questi due capitoli), che mi hanno portata a fare questo genere di riflessioni.

Se nel primo capitolo avevamo di fronte un Sisifo giovane, ancora bambino, che intraprendeva i primi allenamenti per seguire le orme del fratello (perfetto e pieno unicamente di luce, per i suoi ingenui ed infantili occhi), in questo abbiamo invece un ragazzo più cresciuto, ma ancora molto giovane. L’adolescenza è uno dei periodi più difficili della vita (quale non lo è? Però, nell’adolescenza abbiamo l’aggravante del fatto che siamo sì, più maturi, ma ancora troppo legati all’infanzia, ergo, ci si crede al centro del mondo e non si riesce a capire quello che passa per la testa degli altri; non sempre, non del tutto, ma succede), e anche Sisifo non ne è immune.

La sua paura più grande?

Ma quella di tutti noi fratelli minori: essere considerati inutili o di poco conto dai fratelli maggiori!

Sembra una sciocchezza, ma per Sisifo questa cosa è intensificata dal fatto che Ilias è un uomo molto singolare e taciturno. A me piace pensare che non sia sempre stato così, che all’inizio fosse una persona più aperta e disponibile (quantomeno col fratellino), ma che col tempo sia cambiato. Un po’ per quello che ha vissuto in quanto cavaliere e un po’ anche perchè ora, il suo piccolo fratello, sta crescendo e sta aspirando al suo stesso grado. Di conseguenza, cambia drasticamente il loro rapporto, ma mentre Ilias fa questo nel tentativo di proteggere Sisifo, questi vede il suo atteggiamento come un handicap per il fratello e una dimostrazione del fatto che egli, in realtà, non gli voglia più bene.

Oltre a ciò, c’è da aggiungere un’altra grossa paura: quella di perdere il proprio fratello. Siccome Sisifo ora è cosciente dei rischi che si corrono diventando cavaliere, sa anche che Ilias potrebbe non tornare un giorno e, di conseguenza, teme che possa morire senza sapere ciò che si agita dentro di lui.

Insomma, per farla breve, quello che Sisifo vorrebbe urlare è semplicemente “Rivoglio il mio fratellone!”. (ringrazio Tsubaki3 per il riassunto! xD)

E tutto questo è nato per la visione di un paio d’immagini... va beeeneeee, io non sono normale! xD

Dopo questa lunga spiegazione alla Freud, spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi auguro che continuerete a seguirmi. Darò il massimo come sempre!

Un bacione a tutti,

Moni =)

 

Ps: La canzone è “Unconditionally” di Katy Perry.

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Capitolo 3
*** Il suo sorriso, la mia forza ***


IL SUO SORRISO, LA MIA FORZA

 

 

 

Unconditional

Unconditionally

I will love you,

Unconditionally

 

Le parole del Gran Sacerdote ancora mi rimbombavano in testa.

Non riuscivo a credere di essere stato scelto per un compito tanto delicato... la cosa m’infastidiva immensamente. Mio fratello Ilias se n’era andato da parecchio tempo, ormai, e non avevo più ricevuto sue notizie. Ce l’avevo a morte con lui, perchè aveva a mala pena assistito alla mia cerimonia di investitura a cavaliere del Sagittario.

Avevo raggiunto il mio obiettivo, ero finalmente pari a Ilias, sia per grado che per valore.

Eppure, quando lo raggiunsi più tardi, dopo aver ricevuto le lodi e gli applausi dei miei compagni e commilitoni, il sorriso mi morì brutalmente, prima ancora di potersi mostrare in tutta la sua luminosità.

“Devo partire, non so quando tornerò.”

Così mi aveva detto.

Io ero rimasto completamente interdetto.

“Partire? E per dove?” avevo domandato d’impulso, provando un’istintiva quanto immotivata paura.

Per qualche strana ragione, sentii che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei visto.

“Non posso dirtelo. Ma devo farlo.”

E se ne andò.

In quei lunghi mesi, altalenanti tra ondate di rimorso, rabbia ed incubi che mi lasciavano il volto rigato, ogni notte, da nuove lacrime, riuscii in qualche modo a ricoprire il gravoso incarico che mi ero guadagnato con anni di fatiche. Ero uno dei pochi e più anziani cavalieri d’oro, tutti mi guardavano con ammirazione o, almeno, questo era ciò che credevo. In verità, sapevo bene cosa si celasse dietro a quegli occhi.

Responsabilità.

Non c’era un solo apprendista cavaliere o compagno d’armi che non avesse abbandonato ogni preoccupazione, per addossarla sulle mie spalle.

Non era giusto, ma sapevo di non potermi tirare indietro, né lamentarmi.

Che avrebbe pensato di me, altrimenti, Ilias?

 

È stato avvertito il cosmo di Athena, anche se per un breve istante. A quanto pare si trova nella penisola adiacente alla nostra, nei territori sotto il dominio dello Stato della Chiesa.”

Sage aveva parlato ed io avevo obbedito, come sempre.

Non dopo aver tentato una, seppur vana, resistenza, ovviamente.

Gran Sacerdote, mi è permesso porle una domanda?”

Lui si era limitato ad annuire, scrutandomi sotto i suoi oscuri occhi antichi.

Se mi avete convocato, significa che intendete affidare a me la missione di trovare e condurre qui, in Grecia, la dea Athena. Tuttavia...”

Tuttavia?”

Per un istante, avevo tentannato.

Nonostante il tono pacato, avevo avvertito una vena di rimprovero fuoriuscire dalle sue labbra, che aveva poi solcato in profondità la mia spina dorsale. Forse avevo parlato a voce troppo alta, di nuovo. Non riuscivo proprio a perdere il vizio di farmi assalire e comandare dai sentimenti che turbavano il mio cuore.

Tuttavia.” ripresi, tentando di calmarmi, arrivando persino a chiudere gli occhi “Ci sono tanti altri cavalieri degni di portare a termine tale compito. Perchè non Aspros?”

Ma il precedente cavaliere del Cancro aveva scosso il capo.

Non c’entra il grado, né l’abilità. Voglio che sia tu a trovare Athena. Non c’è altro che tu debba sapere.”

 

Avevo serrato i denti ed avevo ingoiato tutti gli insulti che, giusti o sbagliati che fossero, desideravo riversare sulla massima autorità del Santuario. Il suo modo di fare non mi era mai andato a genio, ma sapevo, speravo, di non averlo dato a vedere. Quantomeno, non dinnanzi ai miei sottoposti. Al solo ricordo mi saliva un'insensata quanto intensa rabbia al cervello, ma oramai ero partito e, comunque, Sage non mi avrebbe più concesso di contestare il suo volere, per quanto apparisse insensato ai miei occhi.

Più camminavo, più un senso di angoscia mi attanagliava il petto e l’armatura del Sagittario, che era stata avvolta in un panno per celarla da occhi indiscreti, pesava sempre più sulle mie spalle. Pensai fosse dovuto al fatto che Ilias mi mancava terribilmente e che, se non fosse stato per quella dea a cui dovevo obbedienza, sarei potuto partire alla sua ricerca. Volevo farlo da mesi, ma il Gran Sacerdote aveva sempre nuove missioni, e al Santuario serviva costantemente la mia supervisione.

Le vie della città mi parvero il dedalo di un labirinto, talmente complicato da essere senza uscita. Fu in una di quelle sporche stradine, che la vidi. Non potevo sbagliarmi, l’età era quella e, inoltre, il modo in cui il mio cosmo vibrò mi fece comprendere immediatamente al cospetto di chi mi trovavo.

Sarebbe finita presto, pensavo ingenuamente, sarebbero bastate poche parole decise e quella fragile bambina mi avrebbe seguito senza fare troppe storie o capricci. Che lo volesse o no, il suo destino era segnato, come il mio... come quello di tutti. Non poteva permettersi più di essere una bambina, io non l'avrei permesso.

Ma Athena non era sola. E lei, al momento, non era altro che Sasha.

Un moccioso scontroso e impertinente s'apostrofò subito a me, come se fossi il cattivo di turno. Che cosa ridicola e che inutile spreco di tempo! Iniziavo seriamente a spazientirmi.

Stavo per aprire nuovamente bocca, quando mi resi conto che il ragazzino biondo dietro al quale la divina Athena tentava di rifugiarsi, quello che nemmeno avevo calcolato da tanto era silenzioso, non era altro che suo fratello maggiore. Provai un immediato e acuto senso di nausea. Mi sembrava di essere divenuto, tutto a un tratto, l’orco malvagio che strappava la povera bambina dalle braccia dei suoi cari... e mi sembrò di rivedere me stesso, tanti, tantissimi anni fa, quando un cavaliere del Santuario portò via sia me che Ilias dalla nostra casa e ci condusse verso il nostro fato. Ma almeno io avevo avuto accanto a me mio fratello, mentre lei sarebbe stata sola.

Non l’avrebbe mai più rivisto.

Strinsi convulsamente i pugni, maledicendo per l'ennesima volta l'idiozia degli dei e la debolezza dell'animo umano.

“Vi prego di comprendere!” urlai disperato, mentre mi trovavo ancora inginocchiato.

Prima l’avevo fatto per istinto, per mera abitudine di porgere rispetto a coloro che sarebbero stati i miei superiori, le mie guide. In quel mentre, tuttavia, capii che se non l’avessi fatto prima, sarei crollato a terra senza forze. Non riuscivo a credere che stavo per recidere un legame tanto sacro e intimo, per uno scopo così immotivato e crudele. Tuttavia, non avevo scelta. Per quanto la Guerra Sacra fosse spietata, l’umanità aveva bisogno della sua dea, della sua immortale speranza. Quella piccola non aveva scelta.

“Seguitemi, ve ne prego.”

Supplicavo, a tanto ero giunto pur di persuaderla.

E lei aveva ceduto. E, per qualche assurda ragione, provai qualcosa di smisuratamente sbagliato, nel fare la cosa giusta.

Per tutto il tempo del viaggio, tenni stretta a me quella mano tanto piccola e indifesa. Quel contatto mi bruciava, mi feriva sempre più nel profondo. Non sapevo come consolarla, come raggiungerla, perchè, per quanto mi dispiacesse, non era mio dovere allacciare rapporti con una divinità. Sarebbe stato immorale, ingiusto e pericoloso per entrambi.

Trascorse un tempo infinito, poi il Santuario fu nuovamente visibile. In seguito, fu il turno del Tredicesimo Tempio. Infine, Sage ci accolse.

Il mio compito si era, finalmente, concluso.

Da quel momento, Sasha avrebbe cessato di esistere ed io non l’avrei più vista, se non per sporadiche visite e riunioni con gli altri cavalieri miei pari. Ma sarebbe stato diverso, lei sarebbe stata completamente un'altra persona, anzi, un'altra entità superiore a chiunque altro.

“Se diventerò Athena, potrò salvare e proteggere tante persone?”

La flebile, ma urgente domanda era stata posta a me. Gli occhi di Athena si erano piantati nei miei, come se quelle edere verdi volessero legarsi al mio cielo per sempre.

“Sì... salverete tutta l’umanità. Siete la dea della giustizia.” risposi neutro, nel modo in cui mi era stato insegnato fin dalla più tenera età.

Fu allora che avvenne.

Un sorriso spontaneo, radioso, in totale contrasto con la polvere e le lacrime che le offuscavano il viso, mi trafisse come una freccia dorata.

“Allora, sono felice!”

Poi quella luce abbagliante se ne andò, seguendo le ancelle e il Gran Sacerdote verso le sue nuove, spoglie camere.

Tuttavia, prima che potesse svanire oltre i portoni di quelle vuote stanze di pietra, la fermai, mi permisi di afferrarla bruscamente per un braccio. Mi osservò spaesata, mentre l’avvolgevo con il mio mantello.

Non dissi nulla. Mi limitai a imitare il suo gesto, una flebile e sciocca imitazione del suo coraggio. Increspai le labbra e tentai di infonderle col mio sguardo, una speranza che non mi apparteneva.

Credo che fu in quel mentre, che il mio cuore ricominciò a battere.

 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE:

 

Hola a todos! =)

Dopo secula, seculorum, ritorno anche in questa storia, alleluja!

Ebbene sì, anche quest’anno ho voluto postare qualcosa il giorno del mio compleanno. È più forte di me, mi sento in dovere di farlo! Spero solo che il pensiero vi sia piaciuto. ^-^

Dunque, so già quello che molti di voi stanno pensando: “Ma Sisifo... dov'è andato?? Chi è 'sto pazzo?”. E avete ragione, in parte. xD

La spiegazione è assai semplice. In questo capitolo Sisifo ha all'incirca vent'anni (credo venticinque, secondo i miei arguti calcoli xP) ed è ancora nella fase “odio mio fratello, che mi ha lasciato senza spiegazioni e odio il mondo perchè devo farmi un mazzo così per tutti”. Insomma, emotività al massimo. Questa idea mi è venuta rileggendo il manga, più precisamente i capitoli in cui ci viene mostrato il passato, quando il nostro Sagittario si appresta a condurre Sasha al Santuario. Ebbene, non so voi, ma in certe immagini il viso di Sisifo, più che serio e concentrato, mi sembra crucciato, quasi arrabbiato. Mi ha dato molto l'impressione che pensasse “Che scatole, guarda che mi tocca fare, quando avrei altro da fare, ma sto zitto e obbedisco, perchè non ho scelta”. Infatti, anche in questo mio capitolo, sebbene Sisifo sia molto emotivo, rimane comunque silenzioso (o, almeno, ci prova) si tiene tutto per sé e sopporta un po' perchè è il suo dovere, in quanto cavaliere e più grande di tutti, e un po' tanto perchè non vuole essere da meno di suo fratello. Chi ha un fratello maggiore lo sa bene: pur di apparire perfetti ai suoi occhi, noi fratelli minori siamo disposti a tutto, anche mordendoci la lingua per sopportare il fastidio e il male.

Same thing per Sisifo.

Anche se “odia” Ilias per il suo modo di fare e per come se n'è andato (anche questa scena è voluta da me e sarà spiegata e approfondita in seguito, così come la severità e la quasi “menefregaggine” di Sage, non temete), gli vuole ancora bene, lo ammira con tutto il cuore e non farebbe mai qualcosa che potrebbe renderlo infelice.

Sisifo, secondo me, si è tenuto per anni dentro al cuore una collera e uno stress, che lo avrebbero condotto verso una cattiva via, verso il suo più acerrimo nemico. Non a caso, nel manga è proprio lui, il più perfetto dei cavalieri d'oro a tentennare e farsi corrompere dal proprio rimorso, al punto da tramutarsi in Specter e scagliare una freccia contro la propria dea. Ma è l'incontro con Sasha a salvarlo. È la sua forza e la sua gentilezza a farlo cambiare, a fargli capire che l'odio e il risentimento non portano a nulla e che l'unica cosa che deve tenere a mente è l'affetto che nutre per i propri cari.

Dal prossimo capitolo in poi, infatti, vedremo il vero Sisifo, quello che abbiamo conosciuto ne Lost Canvas, sebbene sempre analizzato nel profondo, con quei dubbi e rimorsi che ancora bruciano nel suo cuore. La sua maturazione, avverrà nel momento in cui smetterà di pensare “Lo faccio/sopporto perchè va fatto” e penserà, invece “Lo faccio/sopporto perchè VOGLIO farlo, perchè devo proteggere quella persona”.

Spero di essere stata chiara, vedrete che, comunque, i prossimi chappy parleranno da sé, almeno lo spero!

Un grazie enorme a tutti voi che avete letto fin qui e che non vi siete scordati della mia umile storia!

 

Moni =)

 

PS: A tutti i miei carissimi lettori che hanno pazientemente recensito le mie storie, sappiate che non mi sono scordata di voi! Ho avuto molto da fare e non sono riuscita a dedicare un solo istante alle vostre risposte... mi dispiace tantissimo, prometto di farmi sentire il prima possibile! *s’inchina e chiede perdono*

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Capitolo 4
*** Un incontro e un addio ***


UN INCONTRO E UN ADDIO

 

 

 

There is no fear now

Let go and just be free

I will love you

Unconditionally

 

La pioggia non mi era mai piaciuta.

Mi irritava, quel suo picchiettare incessante, simile ad un cuore singhiozzante, non mi dava pace. M'incupiva, mi faceva sentire solo, perchè con essa giungevano le nubi che, cupe, oscuravano il Sole. Sebbene mi sentissi diverso, un po' più maturo ma ancora non troppo, questo sentimento infantile sapevo che non mi avrebbe mai abbandonato. Probabilmente, me lo sarei portato fin nell'Aldilà, questo pensavo.

Tuttavia, quel giorno in particolare, avvertivo lo scrosciare di quella miriade di goccioline come ancor più avversa. C'era una persona che cercavo, un’anima sperduta ed impaurita come lo ero stato io, un tempo. Un essere a cui, purtroppo, era stata sottratta la luce della spensieratezza.

 

Sisifo, il nobile Ilias è...”

 

Ancora non riesco a sentire l'ultima parola di quella semplice frase.

Sebbene Aldebaran fosse trafelato e senza fiato, quando mi riferì l’accaduto, aveva parlato chiaramente. Ma le mie orecchie si rifiutarono di udire. Che cosa infantile ed inutile... il mio cuore, in qualche modo, già lo sapeva che Ilias non faceva più parte di questo mondo, del mio mondo.

Un altro dettaglio, però, aveva catturato la mia attenzione e mi aveva ricondotto alla coscienza.

 

Devi partire subito e cercarlo, Sisifo!”

Cercare... chi?” avevo chiesto, spaesato e senza forze.

Gli occhi del cavaliere del Toro avevano brillato, mentre afferrava saldamente le mie spalle con entrambe le mani e mi trapassava l'anima con lo sguardo.

Il figlio di Ilias. È ancora vivo, ma non riesco a trovarlo.”

 

Incredibilmente, non avevo fatto nulla.

La mia unica reazione, nei giorni seguenti, fu pregare su di una tomba vuota e continuare come se nulla fosse. Il mio cervello non voleva saperne di pensare, sarebbe stato troppo doloroso, perchè avrebbe significato dare una tangibilità a quei sentimenti che imperversavano come una tempesta nel mio cuore.

Finché ripetevo la mia routine, Ilias sarebbe stato ancora vivo. Finché l'avessi aspettato, sarebbe tornato da me.

E così feci... giorno, dopo giorno, dopo giorno.

Finché essi non diventarono mesi e quest’ultimi si tramutarono in anni.

Sotto questo punto di vista, ero regredito allo stato di infante. Il mio cervello ed i miei muscoli funzionavano a dovere, rispondevano a domande e stimoli senza obiezioni, ma il mio cuore, ciò che si celava sotto l’armatura, era ormai spezzato, rotto per sempre. Ogni tanto mi arrabbiavo, con me stesso, con gli altri, ma essenzialmente mi infuriavo per non riuscire a cambiare, per non essere riuscito a cambiare. Perchè, alla fine, è di questo che si trattava. Credevo di essere diverso, m’illudevo di aver fatto qualche, seppur incerto, passo avanti verso ciò che avrei voluto essere. Invece, alla prima difficoltà, eccomi di nuovo ripiombare nelle tenebre e nello sconforto.

Io non avevo la forza per rialzarmi o, più miseramente, non volevo nemmeno cercarla.

I miei compagni... per quanto mi lamentassi, non avevo nulla da incolparli. Alcuni rispettavano la mia decisione, altri nemmeno se ne accorsero, talmente erano giovani e irrequieti. D’altro canto, come potevo pretendere che l’allievo guidasse il maestro?

Gli unici a mostrare un minimo di partecipazione per il mio cordoglio spirituale, furono i due saints che, come me, avevano ricevuto l’armatura d’oro e che ora ricoprivano il compito di guide.

Aspros fu enigmatico: alle volte tentava di consolarmi con la sola presenza, dicendo che non osava nemmeno immaginare come potevo sentirmi, e altre invece mi guardava con sdegno, quasi malizia. Come se volesse farmi comprendere che il mio comportamento non solo era immotivato, ma assai sciocco. Non che m’interessasse capire cosa avesse in mente, avevo altro a cui pensare, anzi, non pensare.

Aldebaran si era arrabbiato anche più di me, credo. Non faceva che urlarmi contro ogni volta che gli capitavo a tiro e una volta quasi mi colpì con un pugno. Ma anche lui, dopo un po’, smise di farlo. Si limitò a scrutarmi con i suoi occhi indagatori, ricolmi di sconforto e compassione.

Avrei preferito di gran lunga ricevere quel colpo.

Sage... beh, per lui fu come se io non esistessi affatto. Nulla di troppo diverso dal solito, a ben guardare.

 

Questo è quanto. Puoi congedarti, cavaliere.”

La voce del Gran Sacerdote echeggiò per l'enorme sala, mentre chinavo il capo in segno di saluto.

Sì!” urlai deciso.

Poco prima di andarmene, tuttavia, una dolce voce mi fermò, come prendendomi per mano.

Sisifo, aspetta.”

Mi voltai, come folgorato. Non capitava spesso che la divina protettrice del Santuario presenziasse nella Sala delle Riunioni. Aveva ancora molte cose da imparare, troppe idee da fare sue, per concentrarsi sui suoi cavalieri. Eppure, ora che ci pensavo, la sua presenza si era fatta sempre più frequente... ma io, per quanto pretendessi di essere presente coi sensi, in realtà, vedevo solo ciò che mi interessava.

Nel voltarmi, fui catturato dalle sue parole, prima, e dai suoi occhi in seguito, come una meravigliosa prigione di smeraldo. Per quanto fosse imprigionata nel corpo di una bambina, la dea Athena riusciva sempre a trafiggermi il petto con poche parole, come se ogni volta mi carezzasse l'anima e tentasse di placare qualunque tipo di dolore che potesse avvolgermi.

C'è qualcosa che ti affligge?”

Non risposi, non sapevo che dire.

Una volta, anni fa, avrei semplicemente voltato il capo e fatto finta di nulla, tenendo per me il mio dolore ed i miei pensieri che, sicuro, sarebbero comunque traspariti dal mio sguardo. Però, ora, iniziavo ad essere veramente stanco... stanco di nascondermi dietro una sicurezza che non mi apparteneva, stanco di svegliarmi la notte in preda agli incubi... stanco, semplicemente, di sentirmi impotente.

Per certi versi mi ero fatto adulto. Per altri, ero ancora un misero bambino.

Non vai a cercare il figlio di tuo fratello, Sisifo?”

Di nuovo, un’ondata di rammarico mi lacerò le carni, ma io strinsi i denti.

Lo sguardo di Athena si fece crucciato. Lo avvertii chiaramente.

Non vuoi nemmeno provare a conoscerlo?”

 

Sotto quella pioggia incessante, mi lascia cullare da quel ricordo. Rammentai il suono delle vesti di Athena che si avvicinavano. Avvertii la sua mano gentile che, posandosi sulla mia armatura splendente, mi toccò nel profondo. Faceva sempre così, la nostra dea. Parlava poco, quasi non avvertivamo la sua presenza e ciò era dovuto al fatto che avesse troppi muri da erigere per la nostra difesa, troppi demoni da contenere nel suo fragile corpo, per ricoprire il suo ruolo di guida. Tuttavia, quando barcollavamo nelle tenebre, era la sua luce a raggiungerci e a farci rialzare.

 

“Fai ciò che reputi giusto.”

 

Comparve in quel mentre.

Dinnanzi alle fitte nebbie liquide, un fioco bagliore mi mostrò il luogo in cui si trovava mio fratello. M’illusi di trovarlo lì, inginocchiato al suolo e con lo sguardo volto verso il mondo. Quasi chiamai il suo nome, le mie labbra erano già piene di quel nome che da tanto non pronunciavo. Quel che i miei occhi videro, però, fu solo un’armatura vuota.

Ed una piccola macchia, seduta accanto ad essa.

Mi avvicinai guardingo, sebbene consciamente non volessi fare un passo.

Le mie gambe erano ferme, ma il mio animo tremava come scosso da brividi febbrili. Non volevo, non volevo che i miei sentimenti prendessero nuovamente il sopravvento su di me... avvertivo la paura nel vedere sul viso di quel bambino il volto di Ilias, sentivo la collera per il fatto che lui avesse vissuto gli ultimi anni di vita di mio fratello, attimi che sarebbero dovuti essere miei per diritto.

Odiavo Ilias per avermi abbandonato...

Odiavo quella donna che lo aveva condotto lontano da me...

E odiavo quel bambino, che aveva preso il mio posto.

“Ragazzo, sto cercando il proprietario di quel leone dorato.”

Quando mi rivolsi a lui, temetti di riversare tutto quel risentimento che avevo celato nel lato più oscuro di me. Al tempo stesso, però, ero pronto ad inveire, ad insultare suo padre... quel genitore che era stato così affezionato a lui da dargli la sua stessa vita. E così ingiusto da non condividerla con me. Ma quando le mie labbra si mossero nuovamente, dissero, invece, qualcosa di inaspettato persino per me.

“Egli riunisce in sé umanità, saggezza e coraggio. Non v’è guerriero più forte di lui.”

Parole così scontante, quasi meccaniche, eppure infuse di un tale orgoglio, che non credevo di poter provare ancora. Mi sentivo confuso e perso più che mai... amavo e al tempo stesso odiavo quell’uomo. Ero orgoglioso di essere suo fratello, e me ne vergognavo enormemente.

Alla fine, che cosa avrei scelto?

Quale sarebbe stato il mio destino?

In qualche modo, sapevo che tutto dipendeva da quel bambino, che già da anni lottava nel mondo che dovrebbe essere conosciuto solo dagli adulti più forti.

La voce di quel bambino, però, era decisa.

“Se è lui che cerchi, è sepolto qui da un pezzo.”

Tremai.

La bocca mi si seccò e gli occhi mi dolevano da morire.

Quelle parole... finalmente le sentii.

E l’odio mi pervase. Un odio dettato dalla disperazione più cieca.

“Io e questo leone ce ne stiamo qui tutto il tempo...”

Strinsi i pugni, mi preparai a colpire.

“... e si è già fatta avanti gente di ogni sorta, con l’intenzione di impadronirsene.”

Non mi importava più di nulla.

“Anche tu...”

Quel bambino, io...

“SEI UNO DI LORO?!”

Si avventò su di me.

Piangeva, era disperato, non aveva più nessuno che si prendesse cura di lui, forse non ricordava più nemmeno cosa fosse la felicità. Eppure era rimasto lì, testardo, a vegliare sulla cosa più preziosa che suo padre gli aveva lasciato in eredità. Affrontando qualsiasi avversario... persino se stesso.

Mantenni la mia posizione, mentre pensavo ciò.

Allargai le braccia e pregai che le mie ali, i raggi di Sole che avvolgevano da sempre le mie sacre vestigia, potessero proteggere quella creatura così indomita ed indifesa. Il ragazzo rimase sbalordito e finalmente i suoi occhi incontrarono i miei.

Gli sorrisi, ma per una volta senza celare il mio dolore.

La pioggia si mischiò con le mie lacrime e per un istante pensai che anche Ilias aveva fatto lo stesso con me, quando ero piccolo ed avevo tentato di scappare dal Santuario. Ero così impaurito, e lo era anche lui. Eppure, quando mi trovò, non mi sgridò. Si era limitato ad abbracciarmi e a piangere con me sotto la pioggia scrosciante.

Ricordai le sue parole...

“Perdonami se c’ho messo tanto.” sussurrai, quando fu finalmente tra le mie braccia.

Athena, così come quella creatura sperduta, dovevano affrontare il mio stesso destino, ma, a differenza mia, lo facevano con coraggio. Che diritto avevo di essere così egoista da odiarli, perchè lottavano incessantemente per le vite dei loro cari?

Lo strinsi a me, con la stessa forza con cui avrei voluto che Ilias infondesse a me in quel frangente.

“Io sono Sisifo del Sagittario.” lo dichiarai con orgoglio, come mai avevo fatto “Non hai più nulla da temere... da adesso, non sei più solo.”

 

“Sei stato celere a trovarlo, Sisifo.”

Mi trovavo tra le rovine di un vecchio tempio, in un luogo che utilizzavo un tempo per allenarmi con l’arco e che, da qualche anno, era il mio rifugio segreto. Un luogo in cui potevo farmi avvolgere dalla calma della natura, così in contrasto con la tormenta del mio animo.

Quando giunse Sage, nemmeno mi voltai.

Mi aspettavo una sua visita, eppure non me la sentivo molto di affrontarlo.

Per quel giorno, avevo già combattuto abbastanza contro me stesso. Mi sentivo esausto.

“Pareva quasi che fossi guidato da qualcuno...”

Il Gran Sacerdote non si curò della mia mancanza di rispetto e continuò a parlare. Voleva comunicarmi qualcosa, era palese, tuttavia ero troppo stanco per reggere uno dei suoi aforismi sulla vita.

“O magari, sono stato semplicemente fortunato.” ribadii infatti, continuando a fissare gli alberi del bosco, che si chinavano reverenziali al sospiro del vento.

Sage si mise accanto a me, scrutando il cielo con interesse e curiosità.

“Non sottovalutarti, Sisifo, non è da te.”

Un mezzo sorriso mi solcò le labbra.

“E non è da voi essere così enigmatico.” dissi sarcastico “C’è un motivo se avevate scelto me per riportare al Santuario Athena, vero?”

L’uomo vicino a me non rispose.

Voleva che fossi io a rispondere, a rendermi conto di quanto era avvenuto.

“Sapeva che lei mi avrebbe cambiato.”

Lo intravidi scuotere il capo con la coda dell’occhio.

“Ti sbagli, lei non ti ha cambiato. Ti ha semplicemente mostrato ciò che saresti potuto essere, se solo avessi trovato il coraggio di affrontare i tuoi demoni.”

Senza accorgermene, mi ero voltato a guardarlo e ora mi restituiva un sorriso carico di comprensione e rammarico.

“Se ti avessi permesso di raggiungere Ilias, probabilmente, avresti finito per mostrargli il te stesso che meno ti rappresenta.”

Tacqui, non sapendo cosa pensare.

In fondo, credevo che il mio lato oscuro fosse quello vero, il più giusto per me. Ma a parlare era la mia infinita sfiducia nelle mie capacità e tale sentimento, l’avevo deciso quella notte stessa, non mi sarebbe mai più appartenuto. Sarei diventato una sentinella per il Santuario, un vero cavaliere che avrebbe difeso tutti, anche a costo della propria vita. Avrei portato sulle spalle il dolore e le difficoltà di tutti, perchè così facendo sarei stato di un qualche aiuto per quei bambini tanto coraggiosi e inesperti. Sarei stato il loro scudo, la loro fortezza inespugnabile.

“Regulus ti somiglia incredibilmente.” sentenziò d’improvviso Sage, facendomi sobbalzare.

Fu la mia volta di negare.

“No... anche se molti lo dicono, io vedo in lui solo Ilias. Sebbene il suo splendore, per ora, non sia paragonabile a quello del Leone.”

Un nuovo pensiero maligno s’infiltrò nella mia mente.

Per me, Regulus non sarebbe mai stato altro che l’imitazione di un Sole che ora si era spento. Mi dispiacqui di ciò, ma allo stesso tempo non potevo che vederla diversamente. Mi scaldai col pensiero che, un giorno, avrebbe superato quella luce, facendomi così di nuovo credere nella speranza. Sorrisi debolmente. Perchè, in fondo, sentivo già di crederci.

In qualche modo il mondo mi aveva cambiato, due piccoli universi nascenti erano riusciti a farmi tornare a casa, a riportare nel luogo in cui era giusto che stessero le cose che erano state sottratte ad Ilias... l’armatura del leone, Regulus ed il suo stesso orgoglio di guerriero.  E, perchè no? Anche me stesso.

“Ilias gli ha dato il nome del re della costellazione del Leone. La stella più brillante alberga in lui e un giorno esploderà in tutta la sua potenza. Spero solo di essere ancora in vita per godermi tale spettacolo.”

Il Gran Sacerdote non disse più nulla.

Rimanemmo lì, nel silenzio di quella notte, avvolti da quel cielo nero che ci comunicava un destino ancora lontano dall’avverarsi.

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

 

Ciao a tutti! =)

E grazie per essere ancora qui, insieme a me, per leggere la storia di Sisifo. Spero davvero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, è stata davvero dura e al tempo stesso facile scriverlo. Dico questo, perchè sebbene alcune parti mi fossero venute spontanee, non ero mai soddisfatta del risultato. Avrò corretto questo capitolo almeno quattro o cinque volte, credo... e, non a caso, è molto più lungo e complesso dei precedenti. Avevo talmente tante cose da dire! Però adesso mi sento davvero soddisfatta! Ovviamente, l’ultima parola sta a voi, attendo con ansia i vostri commenti. ^-^

Non so quando riuscirò a postare il seguito, anche perchè questo si prospetta un anno davvero impegnativo... ma come ho imparato, gli impegni sono costanti nella vita e anche nei momenti di apparente quiete ci sono mille e passa cose da fare! (tra cui anche scrivere xD)

Però non mi dimentico delle mie storie, assolutamente, e abbiate fede che anche questa troverà la sua conclusione. Anche se la cosa mi rattrista un poco, insomma, fosse per me la farei proseguire per sempre! Ma mi piacerebbe vederla finita... sì, lo so, è contraddittorio, ma è questo ciò che penso!

Ancora grazie mille a tutti voi che avete letto e ancor più grazie a quelli che attendevano il seguito! Arigatou Gozaimasu!

 

Moni =)

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