is there a place for us?

di perfctoned
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** okay ***
Capitolo 2: *** Save me, please! ***
Capitolo 3: *** Goodnight ***
Capitolo 4: *** Are we friends? ***
Capitolo 5: *** Thank you ***
Capitolo 6: *** I'll be there for you ***
Capitolo 7: *** Fuck you ***
Capitolo 8: *** Forgive me ***
Capitolo 9: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** okay ***


Is there a place for us?
Cap.1 - Okay

Nome: Luke Robert
Cognome: Hemmings
Data di nascita: 16/07/96
Età: 17
Capelli: biondi
Occhi: azzurri
Particolarità: capacità a livello esperto nell'allontanare le persone da sè.

Nome: Kimberly Emily
Cognome: Foster
Data di nascita: 29/06/96
Età: 17
Capelli: neri
Occhi: blu
Particolarità: odio incondizionato verso la razza umana, veste solo rigorosamente nero e ha pensieri suicidi il 73% del tempo.


Cos'hanno in comune questi due ragazzi?
Semplice, la solitudine e l'amore per la musica.

Hanno vissuto entrami una vita fredda, apatica, grigia.
Nessuno dei due era a conoscenza dell'altro finchè il destino non mise lo zampino.

Era una calda giornata d'estate a Sydney e Kimberly, come era suo solito fare, si dirigeva a passo lento e regolare verso un posto che solo lei conosceva, immerso nella natura, totalmente isolato dall'impronta artificiale degli umani.
Amava stare lì.
Portava con sè la sua amata chitarra classica, l'ultimo regalo da suo padre prima che scomparisse nel nulla.
Ci impiegava circa mezz'ora ad arrivare da dove abitava lei e ogni volta raggiunta la destinazione saliva su quella piccola casetta di legno marcio, ormai abbandonata a se stessa.
Aveva una grandissima vena artistica la ragazza, così, con molta pazienza e fantasia, a colpi di bombolette e acrilici, ridipinse interamente il piccolo abitacolo.
Le vecchie pareti consumate per anni dai numerosi cambiamenti atmosferici, ancora in piedi per miracolo, ora erano ricoperte da pezzi di memoria di quell'adolescente incapace ormai ad avere una vita sociale soddisfacente. Quella che tanto sognava da bambina.
Pentagrammi, note musicali, strumenti, date, nomi.
Era tutto ciò che raffigurava il suo rifugio. Era la sua storia e non avrebbe permesso a nessuno di impossessarsene.
Quasi come se fosse un rito, prendeva un quaderno dalla sua borsa a tracolla ornata interamente da spille, accompagnato da una penna e scriveva.
Non sapeva nemmeno lei cosa rappresentavano in realtà quelle parole messe lì a caso.
Forse poesie, forse canzoni o perché no, anche desideri, sogni inespressi.


Giocava alla play ormai da un'ora. 
Era stanco e gli si era formato un maledetto mal di testa.
Decise allora di uscire e camminare un po', senza una meta precisa a dire il vero.
MP3, cuffiette nelle orecchie ed eccolo lì, a vagare come un fantasma in cerca di pace.
Il suo malumore era ormai diventato patologico e l'unica cosa che riusciva a farlo sorridere ancora era la musica, sua compagna da quanto era piccolino.
Il suo sguardo era spento e assente. Ormai non vedeva che ombre in movimento al posto delle persone.
Aveva lottato tanto per non finire in quello stato da cui era enormemente terrorizzato eppure ci era caduto. Non era riuscito a vincere ed era stato ormai inghiottito nel nero.
Si era confinato al di là di una barriera invisibile, cercando in tutti i modi di difendersi dall'abbandono, diventato ormai una gabbia troppo opprimente da cui era incapace di uscire.
Lo sguardo del ragazzo passava frenetico da una persona all'altra.
Gruppi di amici, famiglie felici, coppiette innamorate perse.
Era circondato da una realtà che non gli apparteneva.
Si sentiva come una piantina ormai morta in mezzo ad uno splendido prato abitato da tantissimi fiori colorati e pieni di vita. 
Solo e inutile.
Perché se fosse passato qualcuno vicino a lui , questo sarebbe andato oltre, ignorandolo o peggio ancora, strappandolo definitivamente da quel terreno ormai non più suo.
Si era arreso da tempo all'idea di trovare qualcuno che potesse aiutarlo o semplicemente rimanere al suo fianco, accettandolo così com'era, con il 99% di difetti e quell'1% di pregi.
Avanzava da quasi un'ora e mezza e un leggero dolore ai piedi cominciava a manifestarsi. Approfittò di una panchina non molto lontana da lui per rilassarsi un attimo.
Il sole ancora molto caldo cadeva sulla testa, dandogli quella bellissima sensazione di calore a cui non era abituato moralmente. 
Il parco popolava di bambini urlanti e tremendamente felici.
La nostalgia prese il sopravvento: dentro di lui sapeva perfettamente che il meglio era passato.
Poi la vide. Camminava a testa bassa, come se volesse passare inosservata ottenendo l'esatto contrario. I suoi coetanei si voltavano a fissarla, facendo nascere sorrisi sarcastici e beffardi sui loro volti, quasi come se la scambiassero per un fenomeno da baraccone.
Era quasi come se già la conoscesse. Stessi atteggiamenti, stesso sguardo vuoto e perso. 


Più cercava di mimetizzarsi e più attirava l'attenzione, più teneva un profilo basso e più le si accanivano contro.
'Cos'ho che non va? Cosa ho fatto di male?' erano le sue incognite più frequenti.
Stava tornando a casa quando sentì, nonostante il caldo afoso che ci fosse, un gelido brivido percorrergli lungo tutta la schiena. 
Si voltò ed incrociò le iridi azzurre di un ragazzo, seduto poco distante da lei, che la fissavano attentamente. 
Rallentò il passo fino a fermarlo definitivamente.
Mantenne quello sguardo per una manciata di minuti senza riuscire a staccarlo.
Ipnotizzata. Ecco com'era in quel momento. Ipnotizzata da quella figura maschile tremendamente simile alla sua. 
Vuota dentro, estremamente diversa da quelle scimmie ammaestrate vestite, come lei amava definire le persone. Riusciva a leggerlo dentro.
La situazione era talmente ridicola che ad entrambi, per la prima volta, venne da ridere. 
Una risata tirava l'altra fino a scoppiare.
"Perché stiamo ridendo?" chiese il biondo alla ragazza di fronte a lui.
"Non ne ho idea, ma era da tanto che non lo facevo!" rispose sbalordita lei, stranita dal fatto che fosse la prima volta che qualcuno le rivolgesse la parola ma soprattutto che lei non gli avesse risposto volgarmente.
"Non ridi mai?" continuò lui incuriosito.
"No" si rabbuiò nuovamente Kim.
"
Abbiamo qualcosa in comune allora!" la rassicurò con un sorriso appena accennato prima di abbassare lo sguardo imbarazzato.
"E' una cosa positiva o negativa?" ridacchiò lei imitando il gesto del ragazzo.
"Non lo so. Ma se vuoi possiamo scoprirlo insieme..." propose Luke, abbassando il tono di voce alla fine della frase, quasi come se non volesse azzardarsi a dire cose fuori luogo. 
Era spiazzata.
Non solo un perfetto sconosciuto le aveva rivolto la parola in modo pacifico e l'aveva finalmente fatta ridere di gusto, ma addirittura si offriva di condividere con lei qualcosa!
Sarà mica stato un sogno? No, lei aveva smesso di sognare.
Allora cos'era? Forse il destino aveva deciso di dare una svolta alla sua vita...
Pensava, pensava davvero tanto a quella proposta finché non venne ripresa da Luke.
"Non devi rispondermi ora. Hai tutto il tempo che vuo" la incalzò gentilmente. 
Kimberly annuì solamente.
Lo vide tirare fuori un pennarello dalla tasca dei suoi jeans attillati, estremamente neri e bucati.
Amava quello stile.
Le prese la mano e cominciò a scriverle qualcosa sul palmo. Finito questo la guardò un'ultima intensamente negli occhi per poi voltarsi e scomparire dalla vista di lei. 
Un numero di cellulare macchiava l'arto di Kimberly.


Quella sera Luke non riusciva proprio a prendere sonno.
Non sapeva nemmeno lui se per colpa del caldo che lo soffocava, per il ronzio fastidioso delle zanzare che volavano sulle sue orecchie o per l'incontro di quel pomeriggio. 
Sicuramente per tutte e tre, ma in particolare l'ultima ragione.
Aveva davvero trovato il coraggio di buttarsi?
L'ansia era padrona del suo essere.
E se non l'avesse chiamato?
E se lo avesse fatto?
La sua mente era intasata di punti di domande senza risposte.
Ora era tutto nelle mani del destino. Quale sarebbe stata la sua scelta?


Era indecisa su cosa fare.
Le aveva proposto di fare qualcosa insieme.
Insieme.
Non più da sola.
Forse quel ragazzo era riuscito a capirla come lei aveva fatto con esso.
Era tremendamente stanca della solitudine e quella era proprio l'occasione giusta per ricominciare tutto da capo!
Aveva preso la sua decisione: ci avrebbe provato.
In fondo non aveva nulla da perdere dal momento che la sua vita prosperava di niente.
Cosa sarebbe potuto succedere di peggio?
Prese allora il cellulare da sopra il comodino di camera sua e mentre selezionava la voce 'messaggi' le venne in mente che non sapeva né cosa scrivere né il nome del ragazzo.

Ciao, sono Kimberly, la ragazza di ieri pomeriggio. Volevo dirti che ci ho pensato e che va bene.

No no e ancora no.
Cancellò e riprovò, cercando di sembrare meno infantile possibile.

Hey, sono la tipa di ieri. 
Va bene.


Ancora non la convinceva ma si stava avvicinando alla soluzione.
"Fanculo" imprecò sbuffando. Si sedette sulla sedia girevole in pelle e fece passare una mano fra i suoi lunghi capelli ricci, rigirando nervosamente il cellulare tra le mani. 

Okay.

Eccolo. Perfetto. 
Niente giri di parole. Estremamente chiaro.

Invio.

Ora poteva andare a dormire tranquilla.
Si sdraiò sul letto e con un minuscolo sorrisetto sulle labbra si addormentò.






 
#spazio autrice
Ciao splendori! :)
Allora, in questa FF ci sarà SOLO Luke. 
Gli altri ragazzi non li ho messi perché non centrano nulla con la storia, sorry.
Che dire, spero vi piaccia e mi farebbe moooolto piacere se recensiste, anche solo per darmi consigli (accettati con molto piacere asdfg)
Mi scuso per eventuali errori grammaticali e altre scemenze u.u 
Beh, non so che aggiungere lol
Se volete potete contattarmi su twitter, sono @Vaffanluke :)
Seguo tutti asdfgh
Un bacio e alla prossima, love ya <3

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Capitolo 2
*** Save me, please! ***


Is there a place for us?
Cap.2 - Save me, please!


'Okay' recitava il messaggio ricevuto alle due della notte scorsa.
Aveva letto e riletto milioni di volte quella parola ed ogni volta era un colpo al cuore.
Le mani ormai sudate continuavano a tremare incessantemente e non riusciva a darsi una spiegazione a quei suoi sintomi.
Eppure era stato lui stesso a farle quella proposta.
Non voleva mica ritirarsi? 
No, ormai era entrato nel gioco e non poteva più tirarsi indietro.
Non aveva idea di come risponderle né di cosa fare per iniziare.
Teneva sempre in mente che dovevano ancora conoscersi per bene prima di proporle cose affrettate come una cena fuori o andare a casa di uno dei due.
L'unica cosa che gli venne in mente fu quella di fare una semplicissima passeggiata.
Niente di troppo grande per due semplici adolescenti sconosciuti.
La prima parte fu completata.
Ora mancava la seconda: come impostare il messaggio. 
Era un ragazzo di poche parole, anzi, pochissime, quasi nulle.
Ed era raro che scrivesse un messaggio a qualcuno dal momento che non aveva nessun amico.
Il suo sguardo balzava da una parte all'altra della stanza, in cerca di qualche miracolo che potesse aiutarlo. Poi lo vide, appoggiato sulla scrivania, il suo vecchio portatile ricoperto di adesivi.
Internet;
Google.

Come invitare una ragazza fuori.

Miliardi di risultati apparivano ai suoi occhi.
Scelse il primo link: messaggi carini per un primo appuntamento.
Le proposte erano tantissime e davvero belle, ma troppo sdolcinate per un tipo come lui.
Non chiedeva molto, solo una stupidissima frase di approccio per uscire con lei!
Faceva scorrere la pagina verso il basso ma non trovava nulla che potesse andare bene.
Arrivò all'ultima e sorrise.
Era quella giusta.
Tirò fuori il cellulare dal taschino dei pantaloni e ricopiò le parole riportate sul sito, svolgendo però qualche correzione.

Oggi. Tu. Io. Al posto del nostro primo incontro. Alle 03:30 p.m. Ti va? 

Chiuse gli occhi e veloce e indolore premette invio, in modo tale da non avere ripensamenti.
Ora aspettava solo la risposta.


Era nella doccia quando sentì il telefono vibrare.
Uscì velocemente, prese l'accappatoio viola e dopo esserselo infilato lesse ciò che citava il messaggio.
Non sapeva come interpretarlo.
Una semplice uscita o un appuntamento?
Ci pensò un po' su e poi si autoconvinse: una semplice uscita.
Era convinta che mai nessuno le avrebbe chiesto un appuntamento, quindi era inutile illudersi troppo.
Avrebbe risposto dopo. Non voleva fargli vedere che si stesse interessando troppo a lui, quindi poggiò malamente il cellulare sulla lavatrice e riprese la sua mattinata.
Si asciugò il corpo magro, piccolo e bianco. Non si era mai abbronzata. Odiava andare al mare, soprattutto farsi vedere in costume. La vergogna e il disagio prendevano il sopravvento su di lei impedendole di passare un'estate normale, svolgendo le tipiche attività estive delle persone comuni.
Dopo aver infilato l'intimo, si occupò dei capelli.
Era una tragedia ogni volta a pettinarli. Nonostante fossero bagnati, i ricci, pieni di nodi, le facevano passare le pene dell'inferno. 
Le cadevano ogni volta manciate di capelli e si chiedeva come facesse ad averne ancora.
Però li adorava nonostante tutto. 
Erano lunghi quasi fino al fondo schiena, dei due colori che lei amava, neri con le punte viola e ricci che parevano fatti dal parrucchiere.
Era la parte che le piaceva di più di se stessa, insieme agli occhi.
Per il resto non si considerava brutta, ma semplicemente uno scherzo della natura.
L'autostima non era di certo la sua migliore amica!


Era già ora di pranzo e ancora non aveva ricevuto risposta.
'Probabilmente non l'ha ancora letto o non ha soldi per rispondere!' si ripeteva per auto convincersi di non aver ricevuto buca.
"LUKE! E' PRONTO IN TAVOLA!" l'urlo della madre raggiunse il secondo piano e lui, svogliatamente, si trascinò fino in cucina, dove già presenti i suoi genitori e i suoi due fratelli.
Mentre si stava sedendo, il fratello più piccolo gli levò la sedia da dietro facendogli prendere una dolorosa culata per terra. 
Le risate dei due bambini provocarono l'incazzatura silenziosa del ragazzo che, conoscendo il padre, si tenne dentro per non creare casini. Quell'uomo era molto suscettibile e lui lo sapeva benissimo.
Infatti "Basta voi due! E tu Luke, alza quel culo da terra immediatamente!" ringhiò alterato.
Ogni volta che quell'uomo parlava, in quella casa calava il silenzio totale.
Luke odiava suo padre. Era meschino e senza cuore e aveva preso più volte in considerazione l'idea di scappare lontano da lì. Un viaggio senza ritorno.
Ma purtroppo le condizioni non erano mai a suo favore.
Non aveva soldi e poi, dove sarebbe potuto andare?
Il suo futuro era tappato e non vedeva alcuna via d'uscita.
I suoi coetanei sicuramente, raggiunta la maggiore età, avrebbero preso la vita nelle loro stesse mani, trovandosi una casa e un lavoro soddisfacente, tornando dai genitori per il pranzo della domenica o per le vacanze di Natale, a differenza sua. E questo lo uccideva dentro.
Il pranzo passò lento e cupo.
In quella famiglia l'unico mezzo di comunicazione che conoscevano era il litigio e di dialoghi normali non se ne sarebbero mai sentiti. 
Ma ora che ci pensava, quella famiglia non era normale. Nulla era normale nelle loro vite.
Sicuramente Luke non era il tipo di adolescente che ogni genitore desidera di avere, e lui lo sapeva benissimo, non perché fosse un drogato, alcolizzato o uno di quei teppistelli di strada, ma perché non sorrideva mai e non era, come lui stesso si definiva, di buona compagnia.
Anzi, la compagnia lui non l'aveva mai trovata.  
Era in pace con se stesso solo quando suonava. Allora lì sì che era felice. 
L'unica cosa che gli dava soddisfazione.
Quando suonava e cantava, il mondo intorno a lui spariva e veniva circondato da un vortice di suoni che lo facevano stare bene. E quasi come un fiume in piena, si sentiva potente e invulnerabile.
In fondo, non era tanto difficile da capire come ragazzo. Bastava leggere i suoi innumerevoli testi per comprenderlo a fondo.


Alle 03:15 p.m lei era già arrivata nel luogo dell'incontro. Odiava arrivare in ritardo e perciò si presentava anche un quarto d'ora in anticipo.
Se il ragazzo fosse arrivato in ritardo non se la sarebbe presa, perché alla fine era colpa sua dato che lo aveva avvisato mezz'ora prima.
Avrebbe aspettato pazientemente, tanto finché aveva il suo mp3 a farle compagnia tutto andava bene. 
Controllò l'orario: 03:30 p.m e ancora prima di alzare lo sguardo per accertarsi che fosse arrivato o no, ecco che un'ombra la coprì.
Si alzò dalla panchina e notando che anche lui indossava la maglia dei Nirvana, scoppiò a ridere.
"Tu devi dirmi come ci riesci!" cominciò lei schiarendosi la gola.
"A fare cosa?" chiese il ragazzo stranito.
"A farmi ridere così, senza un motivo. Mi fai sentire una psicopatica" continuò lei mimandosi offesa.
Lui sorrise beffardo.
"Credimi, non ne ho la più pallida idea! Perché è la stessa cosa con me" 
A quell'affermazione la ragazza divenne pensierosa.
Le faceva davvero quell'effetto?
"Comunque piacere, io sono Luke" aggiunse il biondo porgendole la mano.
Lei la guardò un momento, per poi afferrarla e presentarsi anch'essa.
"Mi chiamo Kimberly. Kim per gli amici, se ne avessi qualcuno" un sorriso amaro le si dipinse sul volto.
Per strappare via quell'atmosfera rigida che si era creata, Luke se ne uscì con "E così ti piacciono i Nirvana, figo!"
Kimberly osservò la sua maglia ed rialzando il capo gli sorrise soddisfatta. 
Finalmente qualcuno che pareva avere i suoi stessi gusti!
"Se mi piacciono? Io li adoro! Ho tutti i CD, li ascolto tutti i giorni. Sono la mia medicina quotidiana" rispose allegra a Luke, il quale, diventando sempre più curioso, continuò con le domande.
"Concordo pienamente. E chi altro ascolti?"
"E' lunga la lista!" ridacchiò lei prima di elencargli la musica che ascoltava. "Allora: Green Day, Thirty Seconds To Mars, Paramore, AC/DC, Pink Floyd, Blink-182, Good Charlotte, Anti-Flag, Avenged Sevenfold, Avril Lavigne, Escape The Fate, Evanescence, Queen e tantissimi altri" finì in modo breve i suoi gusti musicale e "Tu?" ricambiò la domanda.
"Wow" fu la risposta iniziale del ragazzo. "Beh, più o meno gli stessi ma devo aggiungere Ed Sheeran" continuò.
"Forte! E suoni qualche strumento?" prese in mano lei la conversazione ora. 
"Beh, canto e suono la chitarra. Tu invece?" le ridiede la parola.
"Canto, suono la chitarra, il piano e un po' la batteria" 
Poteva quasi definirsi felice. Finalmente aveva trovato qualcuno che parlasse la sua stessa lingua e poteva stare tranquilla senza sembrare un alieno.
Sentì il cuore accelerare e riscaldarsi.
Entrambi avevano perso, per il momento, argomenti da proporre.
Allora Kim se ne uscì con "facciamo un giro e ci fermiamo in qualche bar?"
Non rispose subito Luke. L'aveva preso alla sprovvista ma accettò volentieri.
Alla fine erano usciti per quello!
Si incamminarono attraverso il parco giochi.
Le parole ormai uscivano automaticamente e quell'aria imbarazzante sembrava essere svanita.
Le risate avevano preso il sopravvento e chiunque fosse passato nelle loro vicinanze avrebbe scommesso che quei due ragazzi si conoscessero da sempre. 
Kimberly avrebbe ricordato quel pomeriggio per il resto della sua vita. 
Quel giorno, forse, era riuscita a trovarsi un amico.
Parlavano di musica, di vestiti, tavole da skate, piercing e tatuaggi.
Avrebbero riservato l'argomento 'vita privata' per una prossima volta se ce ne fosse stata una, ma soprattutto per quando sarebbero stati pronti.
Si era fatta ora di andare, i due ragazzi camminavano all'unisono, con passi lenti e regolari.
Il cielo, nonostante fossero già le 07:40 p.m, era ancora chiaro e ciò permise loro di prendersela con calma.


Luke era stato così bene quel giorno che quando Kim gli propose di accompagnarlo a casa sua lui ne approfittò, scegliendo la strada più lunga. Meno stava a casa e meglio era.
E poi era in compagnia di una ragazza fantastica con cui si trovava magnificamente bene.
Chi l'avrebbe mai detto: Luke Hemmings, il ragazzo più asociale di questo mondo era uscito con una ragazza. E SI ERA PURE DIVERTITO!
Se lo avesse raccontato ai suoi genitori non lo avrebbero creduto. Ma fortunatamente lui non volle proprio farlo.
Si sarebbe solo rovinato la giornata parlando con quelli. 
Scacciò via quei pensieri e tornò ad occuparsi della ragazza al suo fianco.
Sentiva il bisogno disperato di stare vicino a lei, quasi come se lo salvasse dalle grinfie cattive della Terra. 
In quelle ore passate con Kim era riuscito a dimenticarsi tutto ciò che lo preoccupava o feriva.
Luke Hemmings, con Kimberly Foster, stava bene.
Purtroppo la destinazione arrivò troppo in fretta e i due dovettero salutarsi.
"Grazie" mormorò lui sul ciglio della porta con un sorriso appena accennato ma sincero.
"A te" concluse Kim ricambiando il sorrisetto. 
Ecco di nuovo l'imbarazzo.
"Beh, allora io vado Luke" disse Kim. "C-ci vediamo" continuò con tono mezzo interrogativo, come se neanche lei fosse sicura di quello che diceva. 
"Sì, per favore. Mi farebbe davvero piacere tornare ad avere la tua compagnia" sussurrò Luke timidamente.
'Per favore non lasciarmi' pensò tristemente.
La vide voltarsi e con gran velocità sputò i suoi pensieri.
"Salvami, ti prego!"




#Spazio Autrice
Allora cari lettori, come vi pare in questo momento la ff? 
E' di vostro gradimento, vi è indifferente o vi fa schifo? lol
Mi piacerebbe saperlo attraverso una piiiiiccola recensione ^^

Come vedete i due ragazzi stanno cominciando a frequentarsi e hanno scoperto di stare piuttosto bene l'uno con l'altra :)
secondo voi come si svolgerà il continuo?
E Kim accoglierà la richiesta di aiuto del nostro Luke?
Vedremo ;)

Beh, cosa posso aggiungere...
vi ricordo che potete tranquillamente contattarmi su twitter, sono @Vaffanluke :3 

Un bacio e al prossimo capitolo, love u all asdfgh <3

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Capitolo 3
*** Goodnight ***


Is there a place for us?
Cap.3 - Goodnight


Era da poco rientrato in casa dopo aver confessato alla ragazza il suo disperato bisogno di aiuto.
Il fiato era corto, il respiro irregolare e il cuore galoppava incessantemente. Sentiva lo stomaco contorcersi, provocandogli un fastidioso dolore.
Stava male, malissimo! Le guance vennero bagnate da due lacrime calde e salate che andarono a morire sulle sue labbra sottili e rovinate dai suoi continui segni d'ansia.
Avrebbe voluto chiamare un'ambulanza per un controllo ma sapeva fin troppo bene che tutti i suoi mali provenivano solo ed esclusivamente dalla sua testa. Era lui stesso a provocarseli e doveva trovare al più presto una cura, altrimenti non sarebbe sopravvissuto a lungo.
Si stese lentamente sul letto in camera sua e per calmarsi diede il via alla riproduzione casuale dell'mp3.
I ricordi di quella giornata vagavano liberi nella sua mente e si rese conto che quella ragazza gli mancava come l'aria ed erano passati solo pochi minuti da che si erano separati.
Necessitava di lei come un cantante necessitava della voce, uno scrittore dell'ispirazione o un matematico dei suoi calcoli. Senza di lei era niente e si chiese il perché il destino non li avesse fatti incontrare prima.
Nell'abitacolo regnava un silenzio tombale, segno che in quel momento solo lui era presente.
Si alzò dal letto e fece un giro per le stanze.
L'odore di chiuso gli stava dando la nausea, così decise di aprire tutte le finestre presenti, partendo da quelle in cucina per finire a quelle delle camere da letto.
Non era per niente accogliente quel posto, i muri bianchi davano un'aria fredda e distaccata, i vecchi mobili in legno erano rovinati e sembravano messi lì solo per occupare spazio, non c'erano quadri, fiori o qualsiasi altra cosa che potesse dare un'atmosfera più familiare e calorosa. Apatica, ecco come appariva e lui non vedeva l'ora di poter lasciare quella prigione senza sbarre.


'Salvami, ti prego!' erano le parole che rimbombavano incessantemente nella sua testa.
Non trovava risposte a quella inaspettata richiesta ma solo altre domande che andavano ad aggiungersi alle miliardi ancora in sospeso.
Cosa avrebbe dovuto fare? Come?
Non sapeva salvare se stessa, figuriamoci un'altra persona! Tecnicamente impossibile, eppure ci ragionava in continuazione.
Finì di torturarsi le mani solo quando arrivò sull'uscio di casa sua per prendere le chiavi e aprire la porta.


"Ciao mamma! Indovina cosa è successo oggi?"
"Ehy amore, dimmi tutto che ti ascolto!"
"Ho fatto amicizia con un ragazzo e ho scoperto che ha i miei stessi gusti, non è bellissimo? Finalmente ho trovato qualcuno come me e non vedo l'ora di presentartelo mamma"
"Oh tesoro, ma è fantastico! Dobbiamo festeggiare, non credi? Forza, chiama tuo padre!"


questa era una delle tante conversazioni che si immaginava ogni volta che rientrava nel suo appartamento ma che puntualmente non si realizzava mai.
Al contrario, la scena che le si presentò ai suoi occhi fu totalmente diversa: una donna sulla trentina giaceva malamente su una poltrona trasandata, i capelli scombinati e appiccicati alla fronte sudata le ricadevano mossi sugli occhi gonfi e chiusi e una mano che penzolava dal bracciolo destro del sedile era occupata a tenere una bottiglia mezza vuota di vino rosso. 
La ragazza le si avvicinò lentamente e venne stordita da un disgustoso odore di fumo, alcool e sudore. Lo stimolo del vomito le arrivò come inaspettatamente ma fortunatamente riuscì a trattenerlo.'
Che schifo' pensava. Solo perché era stata lasciata per un'altra donna dall'uomo che amava, non voleva dire che doveva buttare la sua vita nel cesso rovinandosi polmoni e fegato. 
Per un sentimento non ricambiato aveva perso tutto: il lavoro, gli interessi ma soprattutto una vita e una figlia. 
Kimberly salì sconsolata verso quel buco arredato malamente che lei chiamava camera.
Prese posto sullo sgabellino in stoffa arancione e iniziò a dare libero sfogo ai suoi sentimenti premendo su quei tasti bianche e neri che lei tanto amava.
Quella sera non cenò, la fame non si era presentata e a lei andava bene così; meno mangiava meglio era.
Non sopportava il cibo e per questo si nutriva il minimo indispensabile, ecco risolto il caso del perché il suo corpo fosse così magro. 
Suonò per un'ora circa e dopo aver finito di annotare sul suo quaderno tutte le parole che le venivano in mente in quel momento accese il computer e navigò un po' su internet.
Era beatamente sdraiata sul letto con il portatile sulle gambe quando sentì picchiettare qualcosa sulla sua finestra. Aprì nervosamente le ante, già con le parole pronte in bocca per insultare il deficente di turno, ma appena si rese conto che si trattava di Luke le ritirò velocemente. 
"Cosa ci fai qui?" domandò lei dopo un attimo di silenzio. "E' tardissimo! I tuoi ti fanno uscire a quest'ora?" continuò scocciata ma leggermente preoccupata.
Tutto quello che ricevette come risposta fu la cristallina risata del ragazzo che le disse semplicemente "Mi fai entrare, per favore?"
Kimberly rimase senza parole e con la bocca semiaperta. Perché mai avrebbe voluto entrare?
Scomparì dalla vista del ragazzo per poi farsi ritrovare all'entrata dell'abitacolo. 
"Buonasera" incalzò gentilmente lui, regalandole un sorrisetto furbo.
"Buonasera a te" rispose incerta lei che non capiva ancora il motivo della sua visita.
Si spostò di lato facendogli segno di avanzare verso l'interno. 
Luke si guardò intorno spaesato, osservò le stanze mezze vuote arredate con il minimo indispensabile aderente ad una casa e notò che, come la sua, non presentava foto di famiglia o simili. Era fredda non per i colori, che andavano dalle tonalià rosse a quelle gialle dando un'atmosfera calda, ma per i sentimenti; disabitata di sorrisi, risate e effusioni.
"Posso offrirti qualcosa?" chiese lei facendolo riportare alla realtà che lui tanto odiava.
"No, ti ringrazio" rispose gentilmente.
"Sono le 02.15, cosa ci fai qui?" riprese lei curiosa. Vide il ragazzo sedersi tranquillamente sul bancone della cucina e lei lo seguì a ruota. Non era un gesto molto educato ma parve non dargli tanto fastidio, così si accomodò il meglio possibile e attese la risposta di Luke, la quale arrivò dopo un lungo sospiro.
"Non riuscivo a prendere sonno" quella risposta non la soddisfò e restò in silenzio per vedere se avesse continuato. Il biondo parve leggerla nel pensiero perché "Non ti basta come scusa?" aggiunse ridacchiando scuotendo la testa. Lei annuì semplicemente e finalmente potè scoprire il perché della sua visita inaspettata.
"Ho bisogno della tua presenza. Mi sentivo soffocare in quella casa e non avrei resistito un secondo di più, credimi. Se mi prenderai per pazzo non ti biasimerò ma ti prego, non chiudere i ponti con me ancor prima di aprirli..." confessò sincero come non mai.
La ragazza lo osservò un attimo, imparando ogni piccolo particolare che lo caratterizzava.
"Mi sei mancato" rispose abbassando il capo e iniziando a guardare le sue ciabatte mezze rotte come se fossero la cosa più interessante del mondo, creando così un'espressione di stupore sul viso del ragazzo.
Nessuno dei due accennava a ricominciare un discorso, così, dopo una manciata di interminabili minuti, Luke prese in mano la situazione e "sei uguale a me" ammise più serio di un commissario che interroga un indagato.
Kim sembrò punta all'orgoglio e con arroganza gli sputò "cosa ne sai tu di come sono io, eh? Ti ho visto due volte in tutta la mia vita e di punto in bianco ti presenti alle due di notte a casa mia credendo di sapere tutto di me?" irritata dalla sua affermazione. Il ragazzo sembrò dispiaciuto dalla sua reazione ma continuò lo stesso a confidarle i suoi pensieri e "non hai tutti i torti ma ascoltami, per piacere! Tu non hai idea di quello che susciti su di me...sono sensazioni che non riesco a descrivere perché non le ho mai provate in vita mia! E con te...beh, mi sento bene. Veniamo da esperienze sbagliate e, sconosciuti, tu non eri nei piani ma insieme, io e te, possiamo salvarci, non credi? Hai detto che ti mancavo quindi vuol dire che anche io ho un certo effetto su di te, o sbaglio?" terminò convinto, per la prima volta, di ciò che diceva.
Sapeva benissimo che lui aveva ragione ma orgogliosa com'era non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farglielo sapere, così dopo aver riflettutto attentamente alle parole del ragazzo alzò lo sguardo puntandolo in quelle splendidi iridi azzurre come il cielo e un flebilissimo <> venne appena appena accennato. Quel sussurro scatenò l'allegria persa in precedenza del ragazzo che nel frattempo era sceso dal bancone in marmo bianco e grigio.
Kimberly vide Luke avvicinarsi a lei lentamente e con una delicatezza estrema, simile a quella che si ha quando si vuole prendere un oggetto altamente fragile, le sfiorò la guancia con la mano morbida e "buonanotte" le sussurrò dolcemente.
Dopo quel gesto il ragazzo si voltò e uscì silenziosamente da casa sua, lasciandola con un brivido persistente per tutto il corpo.

L'indomani Luke si svegliò col sorriso sulle labbra e pensò che doveva assolutamente annotarlo sul calendario, con una bella scritta stile MI SONO ALZATO SORRIDENDO! 
L'ispirazione aveva preso il sopravvento su di lui che non un balzo saltò giù dal letto, si accovacciò per terra  e prese dal suo nascondiglio un cofanetto, lo aprì e notò che gli innumerevoli fogli contenuti dentro esso occupavano quasi tutto lo spazio. 'Devo prenderne un altro' pensò sbuffando. 
Si rialzò e strappò una coppietta da un vecchio quaderno, prese una penna e cominciò a scrivere.
Descriveva, quando scriveva, quello che sentiva e che vedeva e ogni parola era il prodotto di un alterato alter ego.
Ci mise circa un'ora e mezza a comporre sia la musica che il testo e rileggendolo un paio di volte si ritrovò ad essere soddisfatto di se stesso. Quella ragazza lo stava totalmente cambiando.
Finalmente aveva più fiducia di sé, si sentiva più forte e meno solo e doveva tutto a Kimberly.
Dopo aver terminato il suo compito decise di farsi una doccia rinfrescante dato che quel giorno era particolarmente caldo così prese i boxer, una canotta bianca e dei jeans leggeri e si diresse nel bagno.
Quando fu totalmente nudo entrò nella doccia e il contrasto fra il suo corpo caldo e l'acqua fredda lo fecero sussultare un instante ma dopo essersi abituato si rilassò totalmente. 
I pensieri e le preoccupazioni scivolavano via con l'acqua facendolo sentire dannatamente leggero e in pace ma putroppo quella sensazione non durò a lungo dal momento che uno dei suoi due fratelli bussò incessantemente e pesantemente alla porta urlando "muoviti coglione, devo andare in bagno!" lamentandosi sonoramente.
Il ragazzo chiuse gli occhi, aumentò il getto d'aqua e la lasciò scorrere su di esso ancora qualche minuto. Uscì, indossò l'accappatoio, riprese i suoi indumenti e lasciò lo spazio al fratello che come ringraziamento lo spintonò irritato. Quando fu in camera sua si asciugò per bene il corpo bianco e magro e dopo essersi vestito si occupò dei capelli. Ci teneva particolarmente ad essi e dovevano sempre essere perfetti e mentre se li asciugava sentì la vibrazione del cellulare, aprì il messaggio che recitava:

Se non hai nulla da fare ti andrebbe di prendere un gelato? Ho voglia di qualcosa di fresco.

Il battito accellerò e spuntò un enorme sorriso sul volto del ragazzo.

Certamente! A che ora e dove ci vediamo? 

inviò e aspettò impazientemente la risposta che non tardò, come l'ultima volta, ad arrivare.

Solito posto, solita ora?

sorrise a quelle domande. Ora avevano un posto e un'ora personali.

Okay, a dopo, ciao!

questa volta però non arrivò nessuna risposta ma a lui andava bene così, stava imparando a conoscerla e sapeva che non era di molte parole.
"Meno male che mi sono già lavato!" parlò da solo ridacchiando. 
L'orologio riportava solo le 11:45 a.m ma lui decise di uscire lo stesso. Doveva comprare assolutamente una cosa e sapeva benissimo dove trovarla.
Scese di corsa le scale e balzò fuori dalla porta senza salutare nessuno e iniziò a correre il più veloce possibile. Non faceva più caso alla gente che lo circondava, era felice e non gli importava più di niente e nessuno. Arrivò a destinazione in un battibaleno, entrò nel negozio che avvisò il suo arrivo con il suono di un campanellino e un anziano signore dagli occhi sorridenti e i capelli bianchi e soffici come il cotone lo accolse gentilmente con un "buongiorno ragazzo, ti serve qualcosa?".
Luke sorrise dolcemente e "vorrei quello lì, per favore" chiese indicando un oggetto dentro una piccola vetrina. L'uomo si incamminò con piccoli passetti veloci e dopo aver raggiunto l'oggetto desiderato dal ragazzo lo prese delicatamente, per poi porgerlo al suo cliente. 
"Immagino sia per una persona speciale" affermò in modo simpatico il venditore.
Luke alzò lo sguardo intimidito e "ha ragione" confermò le parole del vecchietto. Questo gli fece segno di avvicinarsi al bancone e Luke, imbarazzato, seguì l'ordine appena datogli. 
"Questo braccialetto era della buon anima di mia moglie. Glielo presi 50 anni fa, pensa! Ho trovato solo ora il coraggio di venderlo perché questo, ragazzo mio, è speciale e io ho già capito che tipo sei. Per questo te lo meriti, so che lo darai alla persona giusta e fossi in te non la lascerei andare via se è la ragazza a cui penso" L'uomo gli fece l'occhiolino, lasciando senza parole il biondo. "Le stanno bene i capelli viola!" aggiunse divertito. 
"S-sì, concordo..." rispose pensieroso Luke.
"E dimmi un po', è da tanto che state insieme?" a quella domanda il ragazzo sentì avvamparsi e si affrettò a rispondere "No no no, noi due non siamo fidanzati! Siamo appena amici!" sentendo la vergogna impossessarsi di lui. Una risata occupò quel piccolo negozietto in legno, adornato di gadget artigianali e oggetti di ogni tipo. 
"Allora scusa, ho frainteso a quanto pare!" alzò le mani in segno di scuse e "comunque sul fatto che fosse lei avevo ragione, giusto?" domandò curioso.
"Su quello sì..." rispose più rilassato. 
Il ragazzo stava per prendere il portafogli dal taschino interiore dei jeans, quando fu fermato dall'ennesima domanda del signore che "cosa stai facendo?" chiese autoritario.
Luke lo guardò con sguardo ovvio e "glielo pago!" ammise indifferente ma la sua azione venne bloccata da un "Assolutamente no ragazzo! Questo te lo regalo io, non ha valore materiale ma solo sentimentale! Hai capito?" imposto dall'uomo.
"Ah, okay. La ringrazio davvero tanto..." disse con tono basso.
"Ora va, che devo chiudere" rise il commesso soddisfatto. "Fammi sapere come è andata poi, va bene? In bocca al lupo e ricorda, quella ragazza sarà essenziale per te e tu lo sarai per lei" terminò prima di sparire nel retro del negozio senza aspettare la risposta del ragazzo.
Luke era rimasto esterrefatto. Cosa voleva dire quell'uomo con quella frase? E come faceva a sapere che era proprio lei? 
Si incamminò dubbioso per Sydney girando e rigirando fra le sue mani il pacchettino contenente il braccialetto.
Era ormai ora di pranzo e aveva una fame pazzesca dato che non aveva fatto colazione, così cercò un bar per prendere un panino.
La strada era immersa nel traffico e la spiaggia interamente popolata di persone, i parchi erano coperti da teli da pic-nic e i locali completamente pieni, decise così di trovare un posto più tranquillo e passeggiò tranquillamente con 21 guns a palla nelle orecchie.


Sua madre era finalmente uscita di casa e Kimberly ne approfittò per dare una pulita a quello schifo si appartamento, così con secchi d'acqua e sapone, scope e stracci fece tornare la casa più abitabile. 
"Ora sì che si respira!" ammise passandosi una mano sulla fronte per asciugare il sudore. Si era alzata presto per svolgere quelle faccende ed era stanca morta e per riprendersi un po' si buttò sotto la doccia. Quando uscì si posizionò davanti allo specchio e con la mano sfiorò la guancia accarezzata la sera prima da Luke. 
Con uno scatto prese il telefono e gli mandò un messaggio, dandosi appuntamento al solito luogo.
Si morse le labbra carnose e finì di preparasi canticchiando felice e passò il resto della mattinata a leggere, suonare e cazzeggiare.
Quando furono le 03:15 p.m. uscì di casa per dirigersi all'incontro col ragazzo.
Non sapeva ancora se definirlo amico o no, quel rapporto era così strano...
Arrivò a destinazione giusto in tempo ma di Luke nemmeno l'ombra. Si guardò un po' intorno ma non riusciva a trovare nulla che avesse a che fare con lui così si sedette alla solita panchina e lo aspettò un'ora, due ore, tre ore e la sua presenza ancora non dava segno a presentarsi e proprio quando stava per alzarsi per tornare a casa delusa, ecco che sentì qualcuno pronunciare il suo nome.
Si voltò incazzata come non mai ma appena vide lo stato del suo compagno le si gelò il sangue nelle vene.
Le labbra sottili erano tagliate e sanguinanti, l'occhio destro era contornato da un alone violaceo e nero e dal naso colava incessantemente quel liquido rosso che lei odiava. Il ragazzo respirava malamente e a stento riusciva a reggersi in piedi, così la ragazza lo fece appoggiare su di essa facendolo sedere sulla panchina. 
"Luke, che ti è successo?" chiese lei incredula e col fiato corto.
"Dei ragazzi mi hanno picchiato" rispose lui con tono dolorante. 
Tutto ciò che riuscì a dire Kimberly fu un determinato "Andiamo a casa" così lo sollevò e piano piano tornarono verso l'appartamento di lei.
Non appena arrivarono Kim fece stendere Luke sul divano, andò velocemente in bagno dove era presente il mobiletto dei medicinali, prese tutti gli oggetti utili e raggiunse il bisognoso nell'altra stanza.
"Mi dispiace" sussurò Luke con le lacrime agli occhi.
"Di cosa?" chiese dolcemente Kim mentre gli tamponava le ferite attenta a non causargli altro dolore.
"Non mi sono presentato all'appuntamento"
"E ti preoccupi per questo? Luke, ti hanno picchiato, ti rendi conto? Non dovevi neanche pensare a me in quel momento!"
Il ragazzo soffocò un urlo di dolore e lei, per farlo riprendere, sospese per un po' le cure.
Piano piano Luke si addormentò e Kim rimase ad ammirarlo per interminabili minuti. Si chiedeva come fosse possibile che proprio lui riuscisse a tirarle fuori quella parte che lei aveva sotterrato da anni, quella parte comprensiva, gentile ma soprattutto viva.
Gli si sdraiò accanto facendo il più piano possibile per evitare di svegliarlo e "buonanotte Luke" gli sussurrò  prima di avventurarsi lentamente nel mondo dei sogni.






#Spazio autrice
Scusate il ritardo, ma questi giorni ho dovuto studiare un casino per cercare di recuperare alcune materie :-(
Beh, cosa ne pensate? Fatemelo sapere con una recensione! Accetto tutto: critiche, consigli, complimenti ecc. :)

Che altro dire...ringrazio chi ha recensito fino ad adesso, chi ha aggiunto fra i preferiti, seguite e da ricordare aww dfghj love u all <3
Su twitter sono @Vaffanluke
Ora vi lascio. Al prossimo capitolo splendori :*

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Capitolo 4
*** Are we friends? ***


Is there a place for us?
Cap.4 - Are we friends?


I raggi del sole che attraversavano gli spazi della serranda semi aperta della sala colpivano arrogantemente il viso di Luke, che per il fastidioso fascio di luce dovette aprire gli occhi e dare il via a un nuovo giorno. Si rese conto che la stanza in cui giaceva non apparteneva a nessuna di quelle di casa sua e ricollegò tutto quando, provando ad alzarsi, una fitta al fianco destro lo colpì improvvisamente, facendogli ricordare delle botte prese il pomeriggio precedente e delle cure svolte da Kimberly.
Il silenzio che occupava l'edificio fu sovrastato da un tintinnio metallico e il rumore della serratura che scattava lo fece sussurltare.
"Ben svegliato Luke!" salutò la padrona di casa con tono soffocato dalle immense buste piene di spesa che portava faticosamente. "Come ti senti?" continuò apprensiva dopo aver abbandonato gli alimenti sul tavolo della cucina.
"Mi fa ancora male qualcosa ma sto meglio di ieri, grazie" le rispose gentilmente. "Scusa il disturbo, forse è meglio che torni a casa" propose imbarazzato, ma non appena si sollevò per sedersi composto, ecco che il dolore prese il sopravvento sul suo corpo, facendogli emettere un suono straziante. 
La ragazza corse in suo aiuto e "tu non stai bene e rimarrai qui finché non ti rimetterai, ok? Li chiamo io i tuoi genitori" ordinò con tono fermo e deciso. 
Luke non potè altro che obbedire all'autorità di Kim e con un gesto lento e attento cercò di prendere il telefono dalla tasca posteriore dei jeans per porgerlo alla ragazza.
Questa scomparve in un'altra stanza e tornò dopo pochissimi minuti con un sorrisetto soddisfatto sul volto.
"Hanno accettato!" si rivolse al ragazzo restituendogli il cellulare mezzo rotto.
"Grazie, grazie davvero per il tuo aiuto..." disse il biondo regalando un dolce sorriso alla sua amica. 
"Allora, mia mamma mi ha chiamata questa mattina per avvisarmi che sarebbe andata da una sua amica per distrarsi un po', quindi staremo solo noi due qui e finchè sarai invalido, io proporrei di farti dormire sul mio letto dato che il divano non è molto comodo, ti va?" domandò ridendo a Luke, il quale accettò immediatamente. 
"Mmmh, che ore sono?" domandò lui incuriosito.
"Sono le 12:35, hai dormito un bel po' !" rispose ridacchiando Kim. "Hai fame?" chiese in seguito.  Il ragazzo non riuscì in tempo a risponderle che il brontolio del suo stomaco lo fece al posto suo, scatenando una risata da parte dei due ragazzi.
"Okay, ho capito. Cosa ti piacerebbe mangiare?"
"Boh, è uguale! Mi affido a te Kim!"
La ragazza annuì e scomparì in cucina. Luke rimase ad osservare la stanza e una bellissima chitarra acustica catturò la sua attenzione. Cercò di sollevarsi e lentamente, zoppicando zoppicando, la raggiunse e la portò sul suo petto, iniziando a strimpellare vari accordi. Si trascinò fino in cucina con ancora lo strumento in mano e "posso farti compagnia con un po' di musica?" chiese alla ragazza impegnata ad apparecchiare la tavola mentre attendeva che l'acqua nella pentola iniziasse a bollire.
"Te lo stavo per proporre!" ammise sorridendo. Il ragazzo le regalò un occhiolino d'approvazione e cominciò a dar voce al testo di Lego House. ((http://www.youtube.com/watch?v=ubsE-DGr2Ho))

I'm gonna pick up the pieces,
And build a Lego house
When things go wrong we can knock it down. 

My three words have two meanings,
There's one thing on my mind
It's all for you.

And it's dark in a cold December, but I've
got ya to keep me warm
And if you're broken I'll mend ya and keep
you sheltered from that's raging on.

I'm out of touch, I'm out of love
I'll pick you up when you're getting down
And out of all these things I've done I think 
I love you better now.

I'm out of sight, I'm out of my mind
I'll do it all for you in time
And out of all these things I've done I think
I love you better now.

I'm gonna paint you by numbers
And color you in
If things go right we can frame it, and put
you on a wall.

And it's so hard to say it but I've been here before
And I'll surrender up my heart 
And swap it for yours.

...

Don't hold me down 
I think my braces are breaking and it's
more than I can take.

...


"Hai una voce stupenda Luke. Sono senza parole! Sei riuscito a farmi venire la pelle d'oca..." commentò Kimberly stupefatta. Il ragazzo perse un battito del cuore a quell'affermazione e con tono imbarazzato "scommetto che anche tu ce l'abbia e non vedo l'ora di scoprire com'è!" le confessò dolcemente scatenando un leggero rossore sul viso della ragazza.
La giornata proseguì allegramente fra risate e divertimenti, giocando con gli stumenti di Kim dando libero sfogo alla fantasia.


Quella sera Kimberly non aveva voglia di cucinare, così decise di prendere una pizza e affittare un film. Uscì dall'appartamento per dirigersi verso la pizzeria che distava pochi metri da casa sua e mentre camminava le venne in mente che il suo ospite non possedeva nessun indumento per la notte e per i giorni successivi. Svoltò la strada, procedeva con passo veloce verso la sua nuova destinazione e durante la passeggiata si regalò la splendida vista del paesaggio che le si presentava di fronte: il sole che lentamente tramontava si andava ad appoggiare all'orizzonte, donando al cielo sfumature di colori caldi e freddi. Era da immortalare quella meraviglia, così tirò fuori dalla sua borsa a tracolla la sua amata Canon e con un semplice click fermò il tempo. Riprese la camminata e dopo pochi minuti si ritrovò a suonare il campanello della famiglia Hemmings. La porta si aprì e un ragazzino molto simile a Luke le domandò scocciato "che c'è?" 
"Sono un'amica di Luke e dato che si ferma a casa mia per un po' mi chiedevo se potevate darmi dei suoi vestiti per favore" rispose cercando di trattenere il più possibile il suo istinto omicida provocato da quella scostumatissima accoglienza. 
"Luke non ha amici" protestò serio il biondo.
Kim trattenne il respiro e con molta calma "Ah davvero? Beh, aggiornati ragazzino, ora ci sono io con lui" avvisò quel piccolo mostriciattolo simpatico come un dito nell'occhio, il quale, con un sospiro pesante, urlò indifferente alla presenza di una ragazza "MAMMAAAAAAAAAA! C'E' UNA TIPA QUI CHE PARLA DI LUKE!" stordendo i poveri timpani di Kimberly.
Dei passi strisciati si udivano dall'interno della casa e una donna con indosso un grembiule sporco di farina e due occhiaie lunghe quanto il Nilo le si presentò davanti e "le serve aiuto?" chiese con un sorriso falso.
'Secondo me è stato adottato Luke' pensò disgustata dalla gentilezza inesistente di quella famiglia.
'Kim, stai calma. Tra poco finirà tutto' si ripeteva nella mente prima di porre nuovamente la domanda posta in precedenza al ragazzino.
"Luke non ha mai avuto amici, ne tanto meno amiche! Secondo me sei una di quelle puttanelle da quattro soldi con cui ha deciso di sfogarsi, ora vattene per favore. Ho da fare" sputò velenosamente la signora davanti a Kim.
A quelle parole la ragazza sentì il corpo andare in fiamme e il sangue ribollire dento di lei e "Mi scusi signora, perché è tanto convinta che Luke non possa avere amici? Non mi sembra avere nessun problema! E' un ragazzo meraviglioso, con un talento eccezionale! COME CAZZO FA A NON CAPIRLO!" sbraitò fregandosene altamente delle buone maniere. La donna rimase scioccata a quella reazione e con tono di sfida ribattè le sue convinzioni "Quel ragazzo è un buono a nulla! Non ha mai concluso niente nella sua vita e mai concluderà qualcosa! E' uno sfigato e mi vergogno ad averlo come figlio! Non avrà un futuro soddisfacente, te lo dico io. E tu sei tale e quale a lui da quello che vedo" con tono duro e fermamente convinto. "Sai che ti dico? Puoi prenderti tutto ciò che appartiene a lui e fallo rimanere il più possibile fuori da questa famiglia" concluse spostandosi per far passare la ragazza che impallidita da quelle parole entrò il più velocemente possibile, scattando per le scale fino a trovare la camera di quella povera anima costretta a vivere con dei mostri al posto di una famiglia.
Prese al volo tutto ciò che le capitava sotto mano, soprattutto vestiti, gettandoli malamente nella borsa e finito la sua ripulita di indumenti uscì come un lampo da quel manicomio, buttando un'occhiataccia piena d'odio a quella donna che l'attendeva ancora sull'uscio della porta.


Era seduto dalla finestra da ormai mezz'ora per attendere l'arrivo della ragazza. 
La stanza in cui avrebbe alloggiato in quei giorni la conosceva già a memoria dal momento che era molto simile alla sua: un letto a una piazza e mezza giaceva al centro di quelle quattro mura ricoperte da innumerevoli poster, una scrivania disordinata occupata da un portatile, spartiti, fogli accartocciati, libri e matite era posta di fronte a una piccola televione incastrata sopra una mensola all'angolo del muro e un meraviglioso pianoforte a muro prendeva la parete libera e incontaminata da qualsiasi altro oggetto.
Sentì dei passi veloci e irregolari provenire dall'esterno e con curiosità si voltò per vedere a chi appartenessero. Era arrivata finalmente. Scese al piano inferiore, aprì la porta principale e aiutò la ragazza a posare la roba.
"Vieni, andiamo su" disse Kim con tono spento. Lui se ne accorse ma decise di non chiedere nulla.
Si sdraiarono sul letto con il cartone delle pizze sulle loro gambe dopo aver infilato il DVD nel lettore e "buon appetito" azzardò Luke cercando di capire lo stato d'animo della sua amica fissandola dolcemente. Lei si voltò verso di lui e con un sorriso amaro ricambiò il "buon appetito Luke".
Per la prima metà del film nessuno dei due sembrava voler intraprendere un discorso, finché una domanda inaspettata fece andare della mozzarella di traverso al ragazzo.
"Vuoi bene alla tua famiglia, Luke?" chiese Kimberly guardandolo intensamente con i suoi occhioni blu.
Sinceramente non ci aveva mai pensato prima d'ora.
Voleva bene alla sua famiglia?
Sì.
O forse no.
Quella domanda lo mandò in palla e tutto ciò che usciva dalla sua bocca erano balbettii incompresi e senza senso.
"Non lo so..." ammise alla fine. "Credo di no dato che non mi sono mai sentito di farne parte. Mi hanno sempre trattato come un barbone preso dalla strada, dandomi il minimo indispensabile solo perché obbligat" si confidò trascinando un velo di tristezza sul viso.
Tutto ciò che fece Kim fu annuire e riprendere a guardare con sguardo assente il film.
Il ragazzo non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo e numerose domande occupavano la sua mente, distraendolo dalla visione del DVD.
La mattina dopo Luke venne svegliato da un odore di frittelle bruciacchiate che proveniva dal piano inferiore. Si alzò lentamente, sistemando il meglio possibile il suo aspetto ancora assonnato e silenziosamente scese a raggiungere Kim.
Lo spettacolo che gli si presentò davanti lo fece piegare in due dalle risate: mezza cucina era invasa di farina, uova e scodelle sporche di salse dolci e zucchero, la ragazza sembrava avesse tinto i suoi capelli di bianco e il bidone della spazzatura era colmo di frittelle cotte male.
"Cosa ti ridi, scemo!" lo riprese lei iniziando a ridere con lui.
Con gesto ovvio gli mostrò lo stato pietoso della -se così si può chiamare- cucina e Kimberly sbattendo i piedi come una bambina capricciosa "non è colpa mia se sono nana e non arrivavo alla credenza. Mi sono ammazzata per prendere quel pacco di farina e poi mi è caduto in testa, ti sembra normale?" protestò mettendo il labbruccio al ragazzo, che nel frattempo gustava la scena divertito.
"Non potevi prendere una sedia? Oppure potevi chiamare me che ti davo volentieri una mano!" le disse scuotendo la testa in segno di sconforto.
"Dai, ti aiuto a ripulire questo macello" si offrì sbuffando allegramente alla ragazza.
Dopo un'ora abbondante finalmente i due finirono le pulizie e distrutti si accasciarono sul divano del salotto.
"Con tutto sto casino non abbiamo fatto colazione e, che tu ci creda o no, sto morendo di fame!" si lamentò Luke grondante di sudore.
"Beh, sono appena le 10:00, se ci facciamo una doccia veloce potremmo prendere qualcosa al bar. Offro io!" propose Kim alzandosi dal suo posto e buttando in faccia al ragazzo dei vestiti presi dalla borsa. Luke, da buon cavaliere, imitò il gesto della sua amica e regalandole una linguaccia divertito, la spintonò delicatamente, per poi iniziare una gara a chi si impossessava per primo del bagno. Un "ma sei bastardo!" urlato dalla ragazza colta di sorpresa scatenò l'ilarità che mancava nell'anima di quei due ragazzi da ormai troppo tempo.
Quando furono entrambi puliti e profumati poterono finalmente andare a riempire i loro stomaci.
"Buongiorno ragazzi, cosa posso portarvi?" domandò un cameriere pronto a prendere l'ordine.
"Emh, per me un succo alla pera e una brioche vuota, per favore" chiese gentilmente la ragazza.
"Per me lo stesso, grazie" continuò il biondo riferendosi all'uomo che annotava velocemente sul blocchetto che con un gentile "ve li porto subito" si voltò per svolgere il proprio lavoro.
"Fa caldissimo oggi!" incalzò Luke per instaurare un discorso.
"Hai ragione, non si respira" concordò Kimberly sventolandosi con le mani il viso sorridente.
In effetti quella giornata era particolarmente calda, il cielo era spoglio di nuvole, dando tutto lo spazio necessario al Sole per riscaldare l'intera città. Un fiume di gente passeggiava tranquillamente per le strade, alcuni carichi di ombrelloni, teli e buste contenenti il cibo si avviavano verso la spiaggia per passare l'intero giorno a crogiolarsi sulla sabbia, altri si godevano solo quel tempo necessario per un'abbronzatura perfetta e altri ancora preferirono ripararsi da quel caldo infernare sostando sotto i grandi alberi dei giardini in compagnia di amici o familiari.
"Non vai mai a farti un bagno al mare?" chiese il ragazzo sorseggiando il succo che nel frattempo era arrivato assieme alla brioche.
La ragazza storse il muso indifferente e "no, non mi piace. Odio mostrare il mio corpo in pubblico e poi non farei altro che attirare l'attenzione dal momento che risulterei l'unica persona ancora bianca come il latte in mezzo a gente che sembra venuta dall'Africa!" ammise sconsolata. "Tu?" riporse la domanda.
"Bah, non ne trovo il motivo. Non avendo amici sarebbe piuttosto noioso, non credi?" rispose il biondo dopo aver ingoiato un boccone della sua colazione.
"Se ci dovessi andare penso che lo farei al tramonto, quando tutte le persone se ne tornano a casa e la spiaggia è desolata. E tral'altro non fa nemmeno più tutto sto caldo" aggiunse sorridente.
"Concordo!" disse il ragazzo ricambiando il sorriso.


Il pomeriggio lo passarono passeggiando per il centro, giocando come due bambini. Fecero dello shopping che comprendeva plettri, piercing, bacchette e alcuni vestiti e verso le 05:45 p.m, i due ragazzi si rincasarono.
"Ti va una partita a guitar hero?" domandò la pardona di casa con un sorriso enorme e il tono eccitato.
"Perché vuoi sfigurare davanti ad un ospite?" ridomandò con sguardo di sfida e un ghigno sul volto.
<> ribattè grintosa Kim, che dopo pochi minuti, non riuscendo più a reggere lo sguardo buffo del ragazzo, scoppiò in una sonora risata contagiando anche il suo compagno.
La sfida proseguiva a suon di note, urla vittoriose o versi di lamento e proteste ma proprio nel momento in cui si svolgeva la partita finale lo schermo si spense di botto, lasciando la ragazza a bocca aperta.
"Perché diavolo l'hai fatto!" protestò verso Luke, il quale, senza rilasciare parole, prese la prima benda che trovò, legandola al livello degli occhi di Kimberly.
"Luke, hai tre secondi per spiegarmi cosa vuoi fare, altrimenti non arrivi vivo a domani" minacciò Kim con tono basso e serio. Come risposta ricevette un inutile "ssssh!" da parte del ragazzo che l'accompagnò fuori da casa, tenendola per le mani in modo tale da non permettere a lei di disfarsi della benda.
Camminarono per un bel po' di tempo, Kim si era ormai resa a sapere i piani di quel pazzo e si lasciò trasportare, fidandosi delle indicazioni che lui le donava per camminare senza intralci. Improvvisamente si sentì sollevare e un urlo di paura le uscì dalla bocca. Tutto ciò che sentiva era la risata cristallina del suo amico che le provocava sempre di più la curiosità. 
I passi non erano più duri, aveva notato che sotto di loro ci fosse qualcosa di morbido, che rendeva più difficile la camminata del ragazzo facendolo sprofondare e proprio quando immaginò il luogo in cui erano finiti e pregava affinché si sbagliasse, ecco che il suo corpo venne travolto dalle onde del mare, scombussolandola per l'improvviso cambiamento di temperatura.
Non appena riuscì a riemergere, diede libero sfogo ai suoi pensieri, i quali non intimorirono affatto Luke, ma lo stimolarono sempre di più a divertirsi alle sue spalle.
Kimberly uscì totalmente inzuppata e per vendicarsi di quello scherzo di cattivo gioco cominciò a rincorrere il biondo, ancora con le lacrime agli occhi per le troppe risate. Quando finalmente riuscì a catturarlo, ecco che lo affogò scherzosamente, iniziando una vera e propria guerra di schizzi e tuffi.
Le persone che passavano nei dintorni li guardavano perplessi e straniti, chiedendosi il perché due ragazzi giocavano in acqua, totalmente vestiti, come due scalmanati ma a quella coppia di amici, sinceramente, non gliene fregava minimamente di ciò che la gente potesse pensare di loro in quel momento.
Erano felici, si divertivano ed erano insieme e non potevano chiedere di meglio.
Quando si resero conto che erano conciati peggio di una spugna, decisero di tornare a casa e non avendo il cambio dietro dovettero camminare zuppi per le strade di Sydney, accumulando occhiatacce da parte dei passanti ma nonostante ciò, si sentivano padroni della vita, come se nessuno potesse più deriderli e buttargli cattiverie gratis addosso.
Luke e Kimberly erano ufficialmente amici.
Quella sera la stanchezza prese il sopravvento e dopo essersi lavati velocemente per togliersi il sale dal corpo si accucciarono vicini, abbracciati, cadendo immediatamente in un sonno pesante.






#spazio autrice
Holaaaaa gente! Come state? :)
Allora, noto che a molti di voi questa storia piaccia e sono davvero, davvero mooooolto felice :')
Ringrazio di cuore chi ha recensito, chi ha aggiunto tra le preferite, le seguite e da ricordare aww
Qui abbiamo finalmente i due protagonisti sicuri di sé e in questi due giorni che hanno passato insieme si sono divertiti come non mai lol (siate felici per loro u.u)
MA, a quanto pare il nostro meraviglioso Luke non è così ben accetto dalla famiglia :c
secondo voi cosa farà? 
Beh, non sto qui a rompervi con le mie chiacchiere, vi ricordo solo che se volete potete trovarmi sui twitter, sono @Vaffanluke ^^ se mi seguite ricambio volentieri asdfgh
Okay, ora vi lascio davvero lol 
ciao bellissimi <3

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Capitolo 5
*** Thank you ***


 
Is there a place for us?
Cap.5 - Thank you


Il ticchettio irrefrenabile dell'orologio attaccato al muro che picchiettava in camera sua, le urla che provenivano dal piano inferiore a causa dell'ennesimo litigio dei due genitori, il volume esorbitante dei videogiochi sparatutto dei fratelli provenienti dalla stanza accanto, il rumore del traffico e il continuo abbaiare dei cani dei vicini si sommavano prepotentemente nella testa del ragazzo, rassegnato ormai al fatto che nemmeno la musica avrebbe potuto isolarlo da quella realtà.
I suoni, quasi come se fossero amplificati, portarono il livello di sopportazione di quel povero martire al limite, costringendolo a scappare da quell'inferno.
Uscì con una velocità innaturale da quella stanza con un'insonorizzazione improvvisata, dirigendosi il più lontano possibile. Le strade affollate lo stavano soffocando, necessitava di scappare, staccare da quello schifo di mondo che lo circondava, ma un diciassettenne asociale e problematico dove sarebbe potuto andare?
Si sentiva disorientato, il passo era irregolare, prima veloce poi lento, scattoso, non sapeva nemmeno lui dove poteva andare finchè non si sentì trascinare pesantemente per un braccio.
Si voltò spaventato verso il suo presunto rapinatore quando si accorse che in realtà era tutt'altra persona.
Era lei, la sua ancora di salvezza e perciò cominciò a correrle dietro, totalmente inconsapelove di ciò che sarebbe successo.
Non ci furono parole fra i due, solo sospiri affaticati per la lunga corsa che ancora stavano intraprendendo e scivolando in mezzo alla gente si allontanarono sempre di più dal centro.
Il ragazzo notò che il posto in cui lo stava trascinando era sconosciuto ai suoi occhi, la vegetazione si faceva più fitta e i rumori della città erano praticamente scomparsi. In quel luogo regnava la calma totale e tutto ciò che si poteva udire erano solo i loro passi e i cinguettii misti degli uccellini che abitavano lì.
In quel momento Luke si sentì più tranquillo e nonostante fosse piegato in due per la stanchezza riuscì a seguire ancora la ragazza, che nel frattempo si era arrampicata su una casetta di legno facendogli segno di raggiungerla.
"Sai Luke" parlò Kim con lo sguardo rivolto verso il cielo bucato dalle chiome degli alberi. "Penso che tu mi abbia sconvolto totalmente la vita da quando ci siamo conosciuti" affermò sdraiandosi sul pavimento.
Il biondo la osservò pensieroso e dubbioso. Cosa significava quell'affermazione così diretta? 
"Potrei dire la stessa cosa" ribattè nascondendo i dubbi che abitavano la sua mente, prendendo la stessa posizione di lei e cominciando a studiare ogni suo piccolo particolare: il naso piccolino era abbellito da un piercing ad anello, le labbra carnose e rosse, anch'esse bucate da un piercing, erano vittime dei suoi continui stati d'ansia, gli occhi socchiusi permettevano la visione delle sue lunghe ciglia nere, la pelle chiara e candida dava una sensazione di morbidezza al tatto. 
Perfetta. 
Per Luke Hemmings era dannatamente perfetta e non riusciva a trovare nessun difetto abbastanza grave per poterla giudicare male. 
La definiva imprevedibile e intelligente, non la classica ragazza da esporre ma che in testa non ha nulla.
"Io non credo nei miracoli, anzi, non credo in nulla al di fuori della musica ma tu...tu sei stato l'eccezione e io non riesco a darmi pace per questo fatto perché non trovo una risposta!" ammise di punto in bianco lasciando di stucco il ragazzo per la seconda volta consecutiva.
"Il buio è più bello quando lo si vive in due, non trovi?" domandò lui lasciando momentaneamente in sospeso le parole di Kimberly. Questa si voltò nella sua direzione e "sì, hai ragione, ma è ancora più bello quando la persona accanto a te è speciale, aggiungerei" ridacchiò lei, provocando un sorriso compiaciuto sul volto di Luke, il quale si alzò velocemente, prese un pennarello nero indelebile trovato lì vicino e cominciò a scarabocchiare qualcosa sulla parete accanto a lui. Non appena terminò si spostò, facendo ammirare alla sua amica la sua opera: una frase che lasciò il segno su entrambi, una frase che avrebbero portato con loro per sempre.

Tu hai il mio cuore e io non scoparirò, avrai sempre me e se tutto il mondo qui non ci vorrà andremo contro corrente.
In questo buio pieno di avidità noi ci distingueremo, se questa gente ci farà male guariremo insieme.
Kimberly e Luke.

05/01/14.



Il cuore del ragazzo le piaceva, traboccava di gentilezza e di bontà, e con un abbraccio improvviso gli avvicinò il suo. Sentì il biondo irrigidirsi in un primo momento ma dopo un po' si sciolse anch'esso, ricambiando il gesto stringendola dolcemente a sè. Quello fu il loro primo contatto ufficiale, lei era consapevole di essere avara di gesti d'affetto dal momento che ne ha ricevuti troppo pochi da chi la circondava ma stava finalmente imparando ad amare e doveva ringraziare il suo migliore amico.
"Emh, Luke, c'è un motivo preciso se ti ho portato qui, in questo posto isolato" ridacchiò Kimberly stringendosi nelle spalle. "Questo luogo ha un significato importante per me, sei l'unico che ne è a conoscenza e vorrei dividerlo con te, se ti va" confessò con una sincerità fuori dal mondo. 
Lo sguardo del ragazzo le ricadde addosso, facendola volare in quel colore azzurro cielo delle sue iridi. 
Un sorriso diede spazio alla visione dei suoi splendidi denti bianchi e "non immagini quanto mi renda felice questa tua proposta. Non ho mai avuto l'onore di dividere qualcosa con una persona speciale e tu me ne stai dando l'occasione, per questo accetto volentieri!" rise di felicità Luke che dopo essersi aggiustato il ciuffo ribelle, avvolse tra le sue braccia la ragazza. Ormai ci avevano preso gusto entrambi e diventava sempre di più un gesto abituale.
Kimberly si sentiva protetta quando era stretta a Luke, era come se tutto il mondo, tutte le sofferenze e i brutti ricordi scomparissero e in più amava il suo profumo, odorava di oceano, di libertà, di felicità.
"Kim" le sussurrò Luke all'orecchio facendola rabbrividire. "Ti voglio bene" le confessò. 
Un dolce sorriso le nacque in viso, buttò le sue braccia al collo del ragazzo, il quale l'afferrò per la vita facendola roteare. 
Le risate si spargevano per quel bosco e si alimentarono ancora di più dopo che furono caduti sul pavimento in legno. 
Rimasero sdraiati a lungo senza proferire più parole e la ragazza si ritrovò a pensare che di persone ne aveva incontrare a centinaia, ma nessuna di loro l'aveva mai colpita veramente, poi un giorno arrivò lui e la sua vita cambiò di punto in bianco.
Passarono il loro tempo lì, a parlare, giocare o semplicemente tacere. Non avevano bisogno di nulla se non della loro stessa presenza.
"Il sole sta tramontando" affermò lei con lo sguardo alto al cielo.
"E' vero. C'è un posto in cui mi piace ammirarlo, ti va di andarci?" domandò Luke cominciando a scendere a terra.
La ragazza annuì e lo seguì. Dopo non troppo tempo si ritrovarono in spiaggia e "non vorrai mica buttarmi in acqua come l'altra volta, vero?" scherzò Kim allontanandosi furtivamente dal ragazzo che scuotendo la testa divertito "no, questa volta no, promesso!" rispose alzando le mani in segno di pace.
La riccia continuò allora a camminare al fianco di Luke, per poi ritrovarsi sulla scogliera. Si sedettero a gambe incrociate, osservando il Sole che piano piano, portandosi via la luce, lasciava spazio alla Luna e alle sue tenebre. Kimberly si sentì prendere il polso e notò che ad esso ora giaceva un braccialetto in corda colorata, dove al centro presentava una targhetta con inciso 'Save me, I'll save you'. Portò il suo sguardo in direzione del ragazzo che la osservava serio. 
"Perché?" riuscì solo a dire.
"Non c'è un perché" rispose Luke. "Non ti ho scelta, ti ho appena guardata e lì, beh, non potevo più tornare indietro. L'ho intuito immediatamente, dopo quel primo sguardo che ci siamo fatti sfuggire, che tu saresti stata la miglior cosa che potesse capitarmi. Sei la ragione che mi spinge ad alzarmi e affrontare il mondo, la certezza che, se dovessi fallire, ti troverei comunque al mio fianco ad aiutarmi a rialzarmi!" concluse asciugando una piccola lacrima che scendeva dalla guancia dei Kimberly.
Non sapeva cosa pensare. Era tutto così strano per lei, mai nessuno le aveva confessato parole simili e per una volta in vita sua si sentiva importante per qualcuno e capì che finalmente aveva trovato la via d'uscita da quel labirinto che la imprigionava da sempre. 
"Sì, sì, Luke io ti salverò, te lo giuro sulla mia stessa vita. Noi due vinceremo e se dovessimo fallire potremmo lo stesso girare a testa alta, perché ci metteremo tutti noi stessi, usando le armi che avremo a disposizione, non avremo rimpianti" affermò decisa come non mai, tendendo la mano verso il biondo per stringere il patto.
Ora avevano il compito di proteggersi l'un l'altro e niente e nessuno li avrebbe divisi.


Quando tornò a casa era mezzanotte passata e per evitare di svegliare i familiari camminò lentamente e in punta di piedi, stando bene attento a non scontrarsi contro qualcosa. Riuscì ad entrare in camera senza problemi, accese il lumino accanto al letto in modo tale da poter prendere il pigiama e cambiarsi tranquillamente.
Sorrise quando notò che in quel momento la situazione che si presentava quel pomeriggio, carica di rumori, si rivoltò completamente, dove non si sentiva una mosca ronzare. 
Quello era il momento giusto per sdraiarsi e rilassarsi con la musica nelle orecchie.
Batteva le mani sulla pancia a tempo di City Of Angels, dei 30 Seconds To Mars.
Los Angeles. E' sempre stato attirato da quella città e sperava un giorno di poterla visitare, magari con Kim, chi lo sa. 
Si addormentò con le cuffiette addosso e un sorriso sulle labbra.
-
"Luke, alzati e vestiti velocemente, dobbiamo andare dalla nonna!" strillò svogliatamente suo padre da fuori camera sua.
La nonna.
Quale orribile tragedia era quella di far visita a quella vecchia strega capace solo di giudicare male il mondo. Per lui era un trauma doverla incontrare, non le andava mai bene niente sul modo di essere di Luke, il quale veniva costantemente criticato senza pietà dalla donna.
Doveva diventare tutt'altra persona: niente jeans strappati, scarpe larghe, maglie volgari e capelli lasciati allo stato brado ma rigorosamente camicie, pantaloni eleganti associate alle scarpe e capelli pettinati a dovere.
Si sarebbe dovuto ricordare anche di levare il piercing se non voleva essere vittima delle ramanzine odiose della nonna più di quanto non lo fosse già.
Con una voglia di vivere inesistente scese dal letto, prese il completo usato apposta per la situazione e si cambiò. Diede una sciaquata veloce al viso, lavò i denti e si diresse nell'auto di suo padre, pronto per raggiungere il secondo piano dell'inferno.
Con le cuffiette nelle orecchie e il volume al massimo si perse fra i suoi pensieri, rappresentati per la maggior parte da Kim.
Erano ormai indivisibili, uguali e fragili e i suoi sentimenti verso lei crescevano a vista d'occhio.
Le voleva bene, le voleva bene davvero! 
Non aveva mai pensato di potersi affezionare così tanto ad una persona, aveva sempre creduto di essere destinato a morire solo, a vivevere una vita vuota e nera, senza riuscire a trovare più uno spiraglio di luce. Poi è arrivata lei, ed è come se fosse uscito da un coma lungo e profondo.
Un miracolo, direbbero i cattolici, un buon karma, affermerebbero i buddisti ma dal momento che lui era ateo non trovava una spiegazione adeguata a quella situazione e, sinceramente, non gli importava poi così tanto di dargli un nome. A lui bastava solo che, finalmente, qualcuno fosse entrato nella sua vita in modo pacifico, senza volerlo ucciderlo definitivamente.
Il viaggio durò troppo poco per i suoi gusti e non aveva ancora messo piede in quella casa che già voleva scappare.
La porta di quel grande abitacolo in pietra si aprì, lasciando intravedere una piccola donna bassa e paffuta dai capelli bianchi, raccolti in un elegante chignon, e vestita quasi come se dovesse prender parte ad una cerimonia.
"Buongiorno gente" gracchiò con quel suo tono antipatico e traballante.
Ogni componente della famiglia salutò con poca enfasi ed entrò in quella che sembrava un museo: vasi antichi ad ogni angolo delle stanze, tele enormi rappresentanti i più importanti movimenti artistici storici coprivano le pareti bianche, animali imbalsamati posti in bacheche di legno.
Raggiunsero silenziosamente il salotto, perfettamente arredato: un lungo divano di pelle bianca contro la parete, appena sotto la finestra aperta, due poltrone dello stesso materiale del divano davanti a un tavolino basso in vetro con sopra una ciotola di cristallo ripiena di cioccolatini e un tappeto abbinato.
"Allora, figliolo, come va il lavoro?" domandò la nonna al padre di Luke, che con un sonoro sbuffo rispose freddamente "bene".
L'anziana signora diede spazio ad un ghigno cattivo sul volto rugoso. Sapeva benissimo che significato portava quel 'bene'.
Il lavoro dell'uomo andava bene come andava bene il matrimonio, o il rendimento scolastico dei due figli, o il rapporto con Luke.
Bene.
Ormai quella parola si poteva definire come sinonimo di male, piuttosto che l'opposto.
Conosceva a memoria tutte le sconfitte di quella famiglia e da quanto poteva notarsi, i loro problemi procuravano in lei un certo senso di soddisfazione.
Si era raccomandata fin da subito col figlio di non frequentare quella donna quando erano giovani, ma lui, cocciuto com'era, non le diede ascolto e mise su famiglia, pentendosene amaramente.
Li avrebbe già abbandonati da un pezzo ma la voglia di non darla vinta a quella megera era più forte di lui e piuttosto avrebbe sopportato una vita che lui odiava.
"Certo, e dimmi un po' Luke...come va la vita?" continuò quello che sembrava un interrogatorio.
Il ragazzo prese un grosso respiro, alzò il capo verso sua nonna e <> rispose con tono talmente convinto che lasciò di stucco la padrona di casa, sperante in una risposta depressa e tipica di lui.
"Oh, come mai?" domandò curiosa e con una punta di fastidio.
Ormai era fatta, era riuscito ad uscire da quella cerchia di persone infelici e senza cuore e non poteva essere più fiero di se stesso.
"Ho conosciuto una ragazza e abbiamo fatto amicizia" rispose con tono di sfida e un sorrisetto compiaciuto sul viso. L'anziana parve aver perso ogni forma di felicità in quel momento, a differenza della curiosità, che invece la stava divorando.
"Ah sì? E raccontami un po' di lei. Studia? Lavora?"
"Ha finito di studiare e qualche volta lavora. Ha i miei stessi gusti e mi vuole bene, insieme siamo tanto felici e ci divertiamo come bambini. Dovresti conoscerla, sai? Non ti piacerebbe per niente!" sputò Luke con tono ironico.
"Signorino, non ti permetto di rivolgerti a me con quel tono da strafottente, ok?" si alzò incazzata la donna, ricoperta di occhiate stupite da parte degli altri ospiti. A Luke venne da ridere ma per non peggiorare la situazione e ritrovarsi poi in guai seri decise di trattenersi e tornare al suo posto, tanto la sua piccola vendetta l'aveva iniziata e ideò di concluderla un'altra volta.


Alle 03:27 del mattino Kim era ancora sveglia, colpa dell'insonnia. Era sdraiata a pancia in giù sul letto, intenta a riprodurre un ritratto di Jared Leto, quando sentì la porta d'entrata sbattere violentemente e due voci provenire dal piano inferiore. Una la riconobbe subito, sua madre. Ma l'altra?
Apparteneva ad un uomo ma il suo timbro le era totalmente sconosciuto.
Scese di corsa dal letto per cercare di origliare meglio la conversazione delle due persone che salivano al piano superiore, appoggiò delicatamente la testa sulla porta e tutto ciò che udì erano gemiti sommessi e risatine soffocate. Capì che erano entrati nella stanza di sua mamma dal rumore che avevano provocato chiudendo la porta in fondo al corridoio, Kim socchiuse la sua, notando versi alquanto strani provenire dall'interno di quella camera. Si avvicinò lentamente e più passi compieva verso quella porta, più i suoi pensieri prendevano forma: sua madre, ubriaca, stava andando a letto con un perfetto sconosciuto.
La rabbia le crebbe in corpo, lo schifo che le provocava quella donna era al limite e la voglia di spaccare tutto stava prendendo il sopravvento. Accecata dal disgusto irruppe nella stanza, trovando una scena piuttosto da voltastomaco. Lei posizionata a quattro zampre e lui dietro, pronto a darle il servizio.
"Che cazzo state facendo!" sbraitò Kimberly in preda ad una crisi di nervi. "Esci subito da questa casa, porco che non sei altro!" ordinò all'uomo, che nel frattempo si stava incamminando verso la ragazza e "zitta ragazzina, ci stiamo solo divertendo, non vedi? Ora fila in camera tua e vai a dormire che è tardi" la minacciò inchiodandola al muro bloccandola. Lei di tutta risposta gli sputò in un occhio, beccandosi così un ceffone in pieno viso.
La botta le bruciava, ma era niente in confronto a ciò che provava in quel momento. Non si arrese e inferocita come non mai tirò un calcio al signore, il quale si spostò in preda al dolore, così ne approfittò per svincolare da lui e prendere il telefono di casa.
"Giuro che se non esci di qui entro due minuti io chiamo la polizia" ruggì seria come non mai. Tutto ciò che ricevette come risposta fu una risata carica di ironia.
"Credi di spaventarmi? Beh, ti sbagli. Tua mamma si è offerta volentieri di svagarsi e pensi davvero che io non ne approfitti?" ammise con tono duro. Kim tentò di nuovo di tirargli una sberla, ma venne bloccata violentemente da quell'individuo viscido e puzzolente. Le strinse il braccio con una forza talmente esagerata che alla ragazza venne da piangere dal dolore. Girò lo sguardo verso sua mamma e notò che era sdraiata sul letto, impassibile.
Sua figlia stava subedo degli abusi da un uomo proprio sotto i suoi occhi e lei non faceva nulla?
A quella scena le si spezzò il cuore e da quel momento decise che sua madre, per lei, era morta.
Ritornò alla realtà solo quando si accorse che il bastardo l'aveva scaraventata per terra.
Si alzò tremolante, diede un ultimo sguardo a quella donna e uscì di casa.
Ci aveva provato, aveva cercato di difendere la sua reputazione e quello che rimaneva della parola famiglia, ma nulla...ormai era tutto svanito e lei non poteva più farci nulla.
Le lacrime le rigavano il viso rosso, il braccio dolorante stava dando spazio ad un livido sulla parte colpita e il cuore le si era spento. 
Per le vie non girava nessuno, era totalmente sola e questo diede il via al suo crollo emotivo.
La mente offuscata non le dava possibilità di trovare soluzioni adatte e si ritrovò a vagare a vuoto per le strade di Sydney. 
Si sedette su un muretto sulla spiaggia, portò le gambe al petto, ci appoggiò la testa e iniziò a dondolarsi, quasi come se volesse trovare un senso di affetto. Poi le venne in mente il luogo in cui amava stare.

Raggiungimi alla scogliera dove siamo stati l'altra sera.
Per favore, è importante!


Inviò il messaggio con fatica dal momento che le mani non cessavano di tremare e gli occhi di figurare i suoi sentimenti.
Il cellulare vibrò quasi subito.

Arrivo immediatamente, non preoccuparti.

Quella risposta le riscaldò un po' il cuore e decise di incamminarsi verso il luogo d'incontro.
Non passò molto da quando aveva inviato la sua richiesta d'aiuto e in lontananza poteva scorgere la figura alta e snella di Luke, illuminata dai numerosi pali lungo i marciapiedi, correre nella sua direzione.
Non appena fu di fronte a lei, non gli diede nemmeno il tempo di aprire bocca che si fiondò fra le sue braccia, sfogandosi sonoramente.
Sentì il ragazzo accarezzarle dolcemente i capelli e lasciarle soffici baci sulla testa e quando finalmente si calmò un po', lasciò che Luke le porgesse i suoi interrogativi sull'accaduto.
"cos'è successo Kim?" domandò preoccupato, facendola sedere accanto a sé.
La ragazza non riusciva a parlare, il magone le doleva alla gola e sentiva ricominciare il pizzichio agli occhi. Prese un grosso respiro e "non ce la faccio Luke, non ce la faccio più!" rispose con tono tremolante. "E' tutto una merda!" si sfogò in seguito. Il suo amico fece per accarezzarla ma involontariamente beccò la parte dolente, facendole scappare un lamento a causa del dolore.
"Tutto bene? Cos'hai?" intervenne Luke spaventato.
"Ho preso una botta, non preoccuparti" lo rassicurò lei togliendo il braccio dalle mani del biondo, il quale poco convinto della risposta "vieni con me, qui non si vede nulla" le impose serio.
Si allontanarono dalla spiaggia e quando finalmente raggiunsero il marciapiede il ragazzo potè scorgere il livido sull'arto della sua amica.
"Questo cos'è" chiese puntando il suo sguardo serio su quello della ragazza.
Kim distolse quel contatto visivo, non riusciva a reggerlo e si rassegnò.
"Ho trovato mia mamma a scopare con uno sconosciuto, ho cercato di mandarlo via ma lui si è incazzato, mi ha tirato una sberla, mi ha stretto il braccio e poi mi ha spintonata per terra. Ho avuto paura e sono scappata di casa..." ammise col cuore in gola. Una lacrima calda le scese sulla guancia, ma non fece in tempo a morire sulle sue labbra che venne fermata da un dito di Luke.
"Ora ci sono io con te. Non permetterò a nessuno di ferirti, okay?" la rassicurò portandola al suo fianco. "Adesso andiamo a casa mia e vediamo di calmarci un po', dai" propose infine.
Si incamminarono verso l'appartamento del biondo e camminando a braccietto, Kim gli sussurrò un flebile "grazie".





#Spazio autrice
Perdonate l'enorme ritardo ma non sapevo proprio che scriviere e poi non ho avuto molto tempo per stare al pc :-(
Comunque, mi scuso per gli eventuali errori, non l'ho riletto.
Poi, volevo farvi auguri di Buon Natale a tutti voi sdfghj come sono andati questi giorni? Avete ricevuto dei bei regali? Spero di sì ^^
Allora, premetto che questo capitolo non convince me per prima, quindi se non vi piacerà vi capirò lol me lo fate sapere in una piccola recensione? <3
Ringrazio chi ha recensito fino ad ora, chi ha aggiunto la ff tra le preferite, tra le seguite e le ricordate dfghjk vi adoro aw
Vi ricordo che potete contattarmi su twitter, sono @Vaffanluke :)
Beh, ora vi lascio lol ciao splendori!

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Capitolo 6
*** I'll be there for you ***


Is there a place for us?
Cap. 6 - I'll be there for you


Una piccola lingua ruvida e umida tracciava una scia di bava sul naso di Luke, il quale, dopo aver sentito un piccolo peso comprimergli il petto e un solletichio al viso, aprì gli occhi, ritrovandosi un musetto rosa davanti a lui.
"Max" disse Luke con tono ancora impastato dal sonno, dedicandogli una carezza sul capo.
Era il gatto della vicina, ogni tanto si intrufolava nella stanza del ragazzo quando trovava la finestra aperta. 
Il biondo si alzò lentamente stando bene attento a non disturbare la ragazza sdraiata al suo fianco, seguito dal micio color bianco neve. 
Si appoggiò ancora assonnato contro la porta e si fermò a guardare quel corpo esile avvolto dalle lenzuola leggere. I ricci le ricadevano delicatamente sul viso, contornandole gli occhi che in quel momento coprivano quella tonalità di blu che lui adorava, le labbra socchiuse le facevano emettere piccoli sospiri e quando lo sguardo di lui ricadde sul suo braccio il respiro gli si fermò un secondo: era ancora gonfio e viola.
Ora toccava a lui prendersi cura di lei e lo avrebbe fatto nei migliori dei modi.
Si diresse nel bagno e nell'uscire dalla stanza si accertò che non ci fosse nessuno.
Aprì l'armadietto dei medicinali, da dove ritrasse una pomata e ritornò da Kimberly, ancora persa nei sogni e nell'attesa del suo risveglio ingannò il tempo giocando alla playstation.
Verso le 11.35 a.m un sonoro sbuffo della ragazza catturò l'attenzione del biondo che, con uno scatto improvviso, si voltò verso di essa notando che aveva finalmente fatto ritorno nel mondo reale.
"Buongiorno splendore" disse Luke con tono dolce. Tutto ciò che ricevette come risposta fu un verso indecifrabile che interpretò come il ricambio al saluto.
Gli venne da ridere ma si trattenne, sapeva quanto fosse suscettibile la mattina ed era meglio non rischiare.
Lasciò il suo posto per occupare quello al fianco della riccia, la quale lo osservava inerme e impassibile.
Aveva ancora dei residui di trucco sbavato sotto gli occhi spenti. A quanto pare non si era ancora ripresa dalla sera precedente e lui lo capì al volo, per questo l'avvolse delicatamente a sé facendole appoggiare la testa sul petto.
Un sospiro lungo e pesante provenì da Kim che si aggrappò a Luke come una bambina e "Puoi portarmi a casa per favore? Devo prendere alcune cose" sussurrò.
"Certo, ora ci prepariamo e andiamo" l'assicurò accarezzandole una guancia. "Ma prima mettiti questa, servirà per far sgonfiare il braccio" le impose porgendole il tubetto di crema.
La ragazza ne prese una ditata e cominciò a spalmare la pomata, cercando di farla assorbire il più possibile.
Si vestirono con calma e quando furono finalmente pronti uscirono di casa, dirigendosi verso quella di lei.
Il silenzio del loro cammino era spezzato solo dai rumori della strada, che popolava già un fiume di gente. Non appena raggiunsero la destinazione Kim si immobilizzò davanti all'edificio.
Lo sguardo freddo puntato su quelle mura bianche, il respiro controllato.
Luke si sentì a disagio, non sapeva cosa passasse nella testa della ragazza in quel momento, così decise di intervenire e "se non te la senti possiamo andare da un'altra parte" propose.
Kimberly non si spostò di una virgola e "no" dichiarò. "Voglio entrare" soffiò seria.
Il biondo annuì solamente e si spostò per far passare la ragazza, che con cattiveria irruppe nell'abitacolo.


Kim inalò quell'odore di egoismo, superficialità, apatia che si respirava in quella casa da anni, ascoltò il silenzio che si celava fra quelle quattro mura, osservò ciò che la circondava.
Tutto le appariva diverso ormai: quel poco senso di 'casa' che le era rimasto era andato in frantumi la sera precedente.
"Accomodati pure, io devo prendere delle cose e poi andiamo a fare un giro" si rivolse al biondo affianco a lei. 
La ragazza si diresse verso camera sua strisciando i piedi sul pavimento in marmo. La sua voglia di vivere in quel momento era pari a zero.
Salire quelle scale era peggio che scalare una montagna a mani nude: faticoso e difficile. Le immagini galoppavano selvaggiamente nella sua testa, facendole appesantire il cuore ormai gonfio di dolore.
Quando arrivò al piano superiore il suo sguardo venne catturato dalla porta in fondo al corridoio lungo e stretto. Avrebbe voluto demolire tutto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro così, dopo essersi ripresa un attimo, aprì la porta di camera sua e...
"Kim"la voce traballante di sua mamma sembrava rimbombasse in quella stanza.
Occhiaie infinite, trucco sbavato e cuore stanco.
La donna le si avvicinò dopo essersi sollevata dal letto e aver posato una foto che osservava, porgendo una mano verso il viso della figlia, la quale si scostò velocemente regalandole una smorfia schifata.
"Non mi toccare" sputò fredda Kim.
"Tesoro, mi dispiace, io non..." 
"Non volevi cosa?" la interruppe la ragazza alzando leggermente il tono di voce. 
"Non volevi rovinarci la vita? Non volevi che finisse così? Spiegati meglio Miriam"
La donna era rimasta a bocca aperta e ogni volta che sembrava stesse per dire qualcosa le parole le morivano sul nascere. 
"Miriam?" domandò stupefatta sua madre.
A Kimberly scappò una mezza risata isterica e "perché, sei davvero così convinta di meritarti il nome di mamma? La convinzione fotte, te l'hanno mai detto?" le rinfacciò con tono ovvio.
Gli occhi sgranati di sua mamma riflettevano tutti i sensi di colpa, tutti gli errori commessi nei suoi 37 anni di vita, le delusioni, i tradimenti, i doveri mancati.
"Ti prego, perdonami" balbettò con un groppo in gola Miriam.
"Non posso, è troppo tardi ormai" soffiò la ragazza impassibile.
Sua madre soffocò un singhiozzo e con le lacrime che cominciavano a scendere lentamente sul suo viso pallido, tentò ancora una volta di persuadere sua figlia al perdono. 
"Ti prometto che cambierò, farò di tutto per migliorare la nostra vita ma per fare questo, devi fidarti di me" 
Kimberly rimase ad osservare quei suoi occhi blu così simili ai suoi e "tu mi hai perso. Non puoi più farci nulla" sibilò fredda, sbattendo più volte le palpebre per evitare di piangere.
"Ora, se non ti dispiace, devo prendere un paio di cose" e detto ciò, la ragazza sviò la madre, per poi cominciare a recampare gli oggetti che le servivano.
Uscì da quella stanza senza regalare un minimo sguardo a quella donna divorata dal dolore e con un "usciamo" imposto a Luke dopo averlo raggiunto, si catapultarono nel mondo esterno, pieno di gente ignara dello scombussolamento di quella diciassettenne ferita.
"Tutto okay?" domandò Luke curioso. "Ho sentito dei singhiozzi e delle urla" continuò preoccupato.
Kimberly scosse la testa e "mi dispiace" si scusò. "Non sapevo ci fosse lei, non avresti dovuto sorbire pure i miei di problemi familiari" ridacchiò amareggiata stringendosi nelle spalle.
Sentì il braccio del ragazzo accarezzarle lentamente la schiena, si voltò verso di lui e notò che il suo viso era ricoperto da un sorriso. Di rimando si fiondò fra le sue braccia, stringendolo più forte che poté.
"Non hai idea di quanto bene ti voglia, Luke" gli disse ricambiando con un sorriso meno triste di quelli precedenti. 
"Vale lo stesso per me e per dimostrartelo ti porto in un posto che penso possa essere di tuo gradimento. Ci distraiamo un po', ti va?" rise il ragazzo facendole l'occhiolino.
Kimberly annuì felice dell'offerta e prendendo a braccetto il suo amico cominciarono ad avviarsi verso il luogo previsto.


Karaoke Island citava la grossa insegna arancione e gialla posta al di sopra dell'edificio.
"Il karaoke?" disse sbalordita Kimberly, rimanendo a bocca aperta suscitando una risata soddisfatta del biondo.
"Già. Hai una voce stupenda e penso che dovresti allietare il pubblico con essa" scherzò il ragazzo dandole un pizzicotto sulla guancia.
Un pugno leggero colpì il suo avambraccio e "ma sei scemo? Un conto è cantare davanti a te e un conto è farlo davanti a degli sconosciuti!" si ribellò la riccia incrociando le braccia in segno di protesta.
Luke scosse il capo sbuffando, la prese per mano ed entrarono nel locale. 
Era stato un paio di volte in quel luogo, ci andava quando aveva bisogno di sfogarsi e quale modo migliore se non fare la cosa che amava di più?
Quel posto era molto frequentato, da giovani soprattutto, e anche molto ospitale.
Luminoso, arieggiato e con degli ottimi divanetti in pelle che ti facevano sentire in paradiso da quanto erano comodi, l'arredamento era moderno e giovanile, insomma, il luogo perfetto per passare una serata in compagnia.
"Vieni, sediamoci lì" disse Luke prendendo posto ad un tavolino vicino alla finestra.
Non appena il biondo voltò lo sguardo verso il palco il suo cuore smise di battere per un secondo. Rimase imbambolato ad osservare la ragazza seduta sullo sgabellino con in mano il microfono, pronta a cantare.
Una piccola spinta lo fece tornare alla realtà e la voce della sua amica lo richiamò con un "pianeta Terra chiama Luke, se sei vivo dacci un segno"
Si mise a ridere e "finiscila dai" le disse facendole la linguaccia.
"Okay, lo ammetto, è una bella ragazza" continuò Kim con sguardo superficiale.
La faccia di Luke si tinse di un rosso intenso e "non so di chi tu stia parlando" boffocchiò imbarazzato.
"Fai sul serio? Te la stavi mangiando con gli occhi!" ribatté Kimberly spazientita. "Non negarlo, ti ho visto come la osservavi" concluse decisa impedendogli di trovare altre scuse.
"E'...carina, sì" ammise vago il biondo mentre giocherellava con il portacenere presente al tavolo.
"Carina, certo. Perché non ti presenti?" gli chiese con un sorriso beffardo sul viso.
Luke era senza parole. Da quando Kimberly era così insistente?
Rifletté sulla sua offerta e "se mi presento a lei, tu devi ricambiare con qualcos'altro però" le disse voltandosi completamente verso la ragazza e mostrandole un ghigno di sfida.
La risposta di Kim comprese un broncio offeso e un "fottiti"
Il ragazzo non si diede per vinto e continuò a punzecchiarla fino allo sfinimento, finché non riuscì a farle pronunciare quel "va bene, hai vinto tu!" che tanto aspettava.
Soddisfatto della risposta, mise in moto il piano che gli aveva proposto la sua amica subito dopo, si alzò dalla sua posizione e si diresse al bancone del bar dove sedeva la sua preda che nel frattempo aveva terminato la sua esibizione.
"Una Coca-Cola, per favore" ordinò la bionda con tono gentile.
Il barista le porse la bibita e proprio mentre la ragazza stava per pagare, un "offro io" uscì dalla bocca di Luke. 
Gli occhi verdi della ragazza ricaddero su quelli azzurri di Luke e "non dovevi, davvero" disse sorpresa e imbarazzata. 
"Mi andava di farlo, non preoccuparti" la rassicurò il biondo mostrandole un sorriso dolce.
"Ti ringrazio..." disse cercando di sapere il nome del ragazzo.
"Luke, mi chiamo Luke" si presentò il ragazzo porgendole la mano che venne subito ricambiata.
"Io sono Chloe, piacere mio" rispose la bionda sorridendogli timidamente.
"Canti davvero molto bene!" si complimentò Luke cercando di instaurare un discorso più normale possibile.
Non aveva esperienza su come flirtare con una ragazza ma notando i pollici alzati e il sorriso enorme di Kim capì che stava andando bene. 
"Sei davvero dolcissimo" rispose Chloe arrossendo leggermente e abbassando lo sguardo.
"Ti va di cantare qualcosa insieme dopo?" propose il biondo balbettando buffamente, scatenando così la risata leggera della ragazza che "volentieri" accettò. 
"Ora però devo andare un attimo dalla mia amica, mi aspetta a quel tavolo laggiù! Ci vediamo tra poco, okay?" lo avvisò scendendo dallo sgabello alto.
Il ragazzo annuì e non appena Chloe se ne andò, raggiunse la sua compagna d'avventura che lo aspettava impazientemente per sapere tutti i particolari.
"Racconta, racconta, raccontaaaaa!" urlò esaltata Kim sedendosi comoda pronta ad ascoltarlo.
"Dopo cantiamo insieme" disse solamente, nascondendo il più possibile la sua felicità.
La riccia gli diede il cinque e nell'attesa dell'esibizione di Luke e Chloe, i due continuarono la loro animata chiacchierata.
Dopo circa mezz'ora Chloe si presentò al tavolo dei due amici e "Luke, andiamo?" domandò allegra e impaziente.
"Arrivo" rispose Luke alzandosi da posto e dirigendosi verso il piccolo palco con la ragazza. 
Entrambi si posizionarono sugli appositi sgabellini, il ragazzo prese una chitarra acustica che si trovava lì e diedero il via ad una versione acustica di Give me love.


Kimberly li osservava mentre cantavano e constatò che, nonostante lei fosse una bella ragazza, non sarebbero stati bene insieme.
'Troppo diversi', pensò.
L'unico motivo per cui aveva spinto il suo amico a provarci fu perché notò che lui portava un certo interesse verso di essa e tutto ciò che desiderava era vederlo felice. 
Quando terminarono la canzone tornarono al tavolo dove sedeva Kim e "lei è Chloe" disse Luke presentandole la bionda.
"Io sono Kimberly" ricambiò la presentazione sorridendole con non troppa enfasi. 
"Come ti siamo sembrati?" domandò Chloe curiosa.
"Siete stati molto bravi, sul serio" rispose giocando col bicchiere di Coca-Cola che aveva ordinato prima.
"Che carina, grazie!" cinguettò sorridente.
"Beh, Chloe" cominciò Kim notando lo sguardo storto di Luke. "E' da tanto che canti?" chiese cercando di rilassarsi e di essere gentile.
"Da quando avevo sei anni più o meno" 
"Hai una voce davvero stupenda" confessò sincera. 
Vide Luke più rilassato e questo la fece sentire in pace. 
Decise che si sarebbe scusata con lui per essere stata un po' fredda nei confronti di quella ragazza non appena fossero tornati a casa. 
"Sei bellissima, lo sai?" commentò Chloe tranquillamente.
A quell'affermazione Kim sgranò gli occhi e "emh, ti ringrazio..." rispose non troppo convinta. 
Si sentì a disagio e mille pensieri le passavano per la mente. 
La osservò attentamente ma non notò nulla che potesse farla sembrare lesbica. Solitamente le ragazze omosessuali si atteggiavano da maschiacci ma lei no, era tutto il contrario: capelli a caschetto, biondi e lisci, viso e corpo curato e vestiti molto femminili. 
"...comunque no mi spiace, non lo so" concluse seria. 
Era vero, non sapeva di essere bellissima e nessuno glielo aveva mai detto, quindi perché illudersi di piacere alla gente?
La suoneria di un cellulare richiamò l'attenzione dei tre ragazzi, Chloe rispose e dopo pochissimo tempo riattaccò.
"Scusate ma devo proprio scappare" disse loro lasciando un bacio sulla guancia di ognuno.
Tirò fuori dalla borsetta un pennarello, prese un foglietto e lasciò il suo numero ai due amici. "Mi raccomando, chiamatemi! Mi ha fatto piacere conoscervi" e detto ciò, scappò velocemente dal locale accompagnata dall'amica, lasciando Kim e Luke perplessi. 
"Che ragazza ti sei scelto, Luke?" lo riprese con tono stranito. 
Il ragazzo si strinse nelle spalle e "dai, sarà un po' strana ma non puoi dire che sia antipatica" ribattè convinto. 
"Va beh, come vuoi" disse con tono arreso Kimberly. 
Luke l'abbracciò delicatamente, sussurrandole "grazie" all'orecchio. Lei sorrise e "figurati" rispose. 
"Dai, andiamo via, non ho più voglia di rimanere qui" sbuffò il biondo recampando la borsa della ragazza e avviandosi verso l'uscita seguito a ruota da Kim.
Si erano fatte le quattro, il caldo afoso non li faceva respirare e così decisero di dirigersi verso la casetta nel bosco. 
"Secondo te dovrei chiamarla?" domandò insicuro Luke rigirando nervosamente il foglietto fra le dita. 
"Sì, ma non subito altrimenti sembri troppo preso da lei" rispose Kim disegnando qualcosa sulla parete della casetta. 
"Mi fido" disse Luke ridacchiando. "Cosa fai?" chiese in seguito notando l'attenzione che prestava la ragazza alla parete.
"Nulla di che, ho fatto un leone. Non chiedermi il perché"
"Ah okay. Posso vedere?" 
Kimberly si spostò, lasciando spazio al ragazzo per la visione del disegno e intravide uno sguardo sbalordito da parte di lui. 
"Wow, ma dove hai imparato a disegnare così?" chiese voltandosi verso di lei. 
"Tutorial su internet, corsi vari, fantasia..." elencò allegra la riccia.
"Più comunemente chiamato talento" scherzò scompigliandole i capelli causando un'incazzatura breve della sua amica. 
Finirono per farsi il solletico, piangendo dalle risate e quando, entrambi esausti, si sdraiarono con il fiatone sul pavimento Kim poté finalmente scusarsi per quanto successo quel pomeriggio.
"Luke, volevo chiederti scusa per oggi. Sono stata un po' antipatica con Chloe, non avrei dovuto"
Il biondo si voltò verso di lei e accarezzandole il viso "non preoccuparti, non è stato grave e soprattutto apprezzo il fatto che tu ne fossi accorta ed hai cercato di rimediare. Ha significato molto per me" la tranquillizzò baciandole una mano. 
"Cosa pensi succederà fra voi due?" domandò in seguito Kimberly con lo sguardo perso negli occhi del ragazzo.
"Non lo so e non voglio saperlo" rispose pensieroso. "Non voglio illudermi un'altra volta" concluse sospirando.
Kimberly avvolse il suo braccio sulla vita del biondo e "comunque vada, io non ti abbandono" gli promise appoggiandosi sul petto di lui.


 
#Spazio Autrice
Quasi un mese per aggiornare.
Mi faccio schifo da sola :-(
Perdonatemi ma durante le vacanze ho dovuto fare i compiti, poi è ricominciata la scuola e ho dovuto studiare e infine non sapevo proprio che scrivere, piango.
Comunque, a me non convince molto, non so voi!
Me lo fate sapere con una piiiiiiiiccola recensione?
Prometto che sarò più puntuale la prossima volta lol
Ringrazio chi ha recensito fino ad ora, chi ha messo la ff tra le preferite, seguite e le ricordate...siete l'amore sdfgtyuki <3
Boh, vi lascio, un bacio :*
p.s: potete trovarmi su twitter su @Vaffanluke

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Capitolo 7
*** Fuck you ***


Is there a place for us?
Cap.7 - Fuck you


La suoneria insistente del cellulare ripeteva in continuazione il ritornello di This is the end (for you my friend), una delle canzoni preferite di Kimberly.
Aveva ormai messo sotto sopra la stanza, ma del telefono nemmeno l'ombra. 
"Dove cazzo è, aiuto!" imprecò la ragazza cominciando ad alterarsi per aver perso l'oggetto.
Riuscì a trovarlo poco prima che smettesse di squillare e "pronto!" si affrettò a rispondere senza nemmeno guardare chi fosse.
"Kim, ho bisogno del tuo aiuto subito!" urlò dall'altro capo del telefono il suo amico.
"Cosa è successo?" domandò allarmata.
"Ho invitato ad uscire Chloe e non so né come vestirmi né di cosa parlare, puoi venire a casa mia un attimo?"  la implorò con tono da cucciolo.
La ragazza prese un grosso respiro, posò momentaneamente il telefono sulla scrivania e si diede una manata sul viso, esasperata dalle richieste del biondo.
"Mi hai fatto venire un colpo,  Luke!" gli rimproverò dopo aver recuperato il cellulare. "Pensavo fosse successo chissà quale catastrofe e poi te ne esci che devi vederti con quella ragazza, appena arrivo ti prendo a sberle, sappilo" lo raccomandò seria.
"Quindi è un sì? Ti aspetto" fu tutto ciò le rispose Luke esaltato prima di riattaccare.
Kimberly sbuffò e cominciò a prepararsi per l'appuntamento quando venne distratta da un messaggio.

 
Da: Lukey
A: Kim

"Scusa, prima ero troppo felice per la tua risposta che non ho avuto il tempo di dirti una cosa:
Grazie Kim, sei la migliore!
A tra poco, ciao :-)

Luke xx"

Alla vista del testo le spuntò un sorrisetto compiaciuto sul volto. Non doveva ringraziarla, era stata antipatica ma lo avrebbe fatto lo stesso con piacere.
In fondo Luke era il suo migliore amico e per lui avrebbe fatto di tutto, non avrebbe di certo rinunciato alla sua richiesta e vederlo felice era il suo principale obbiettivo.
Riprese i suoi servizi e non appena fu pronta si incamminò verso casa Hemmings.
Aveva calcolato che da casa sua a quella di Luke ci metteva più o meno il tempo di quattro, cinque canzoni e dal momento che quel giorno faceva particolarmente fresco se la prese con calma, godendosi la camminata al parco.
Arrivata a destinazione stentò un secondo a citofonare. L'ultima volta che lo aveva fatto non era avvenuto un bell'incontro.
Pigiò velocemente il campanello, sentì dei passi avvicinarsi e sperò col cuore in gola che non si trattasse di uno dei familiari di Luke e fortunatamente "Kim!" l'accolse il biondo circondandola fra le sue braccia e stampandole un bacio sulla testa.
Inizialmente lo guardò storto ma poi ricambiò l'abbraccio felicissima.
"Entra dai, la mia famiglia è andata al mare" l'avvisò Luke spostandosi per farla passare.
"Allora, a che ora dovete incontrarvi?" domandò Kimberly prendendo posto sul divano della sala.
"Alle 5:00 p.m, ai giardini" le rispose Luke imitandola.
La ragazza meditò sul da farsi e "Bene, abbiamo due ore" affermò alzandosi di nuovo. "Per i vestiti non c'è problema, sei un maschio" ridacchiò prendendolo un po' in giro. "Il problema è instaurare un discorso senza fare la figura dell'idiota. Che poi, detto tra noi, puoi prepararti tutti i dialoghi di questo mondo ma puntualmente non serviranno a nulla" fece sbrigativa Kim cominciando ad avviarsi verso la stanza di Luke per setacciare l'armadio. 
Aprì le ante e venne travolta da una montagna di indumenti spiegazzati. Lo sguardo serio puntò quello del ragazzo, che, a differenza di quello di lei, era imbarazzatissimo.
"Forse sarebbe stato meglio se avessi messo un po' a posto, credo..." sussurrò grattandosi il capo, desolato dell'accaduto.
"Già, proprio così" sibilò Kim cominciando a recampare quel casino. 
Dopo che terminarono di mettere a posto i vestiti iniziarono a sceglierne alcuni per l'uscita, finché non optarono per un jeans nero, canotta bianca dei Blink182 e Vans altrettanto nere. 
"Beh, io comincio a cambiarmi" avvisò Luke prima di chiudersi in bagno. "Faccio subito"
Kimberly si accomodò sul letto e mentre attendeva il ritorno del biondo cominciò ad ideare alcuni argomenti che avrebbero potuto aiutare Luke a non sentirsi a disagio.


Il ragazzo era finalmente pronto e raggiunse la sua ospite nella stanza affianco. La ritrovò sdraiata sul letto ad osservare il soffitto bianco con uno sguardo concentrato, giocherellando freneticamente con il piercing facendolo entrare e uscire ripetute volte dal labbro. Non si accorse della sua presenza finché non l'affiancò, prendendo la sua stessa posizione. Kim gli riferì tutte le sue idee per l'incontro con Chloe, che trovò assolutamente semplici ed efficaci. 

"Tu cosa fai oggi?" le chiese mentre si sedeva con le gambe incrociate sul materasso.
Kimberly fece spallucce ancora incerta sulla risposta e poi "non lo so, credo che mi farò un giro sullo skate" lo avvisò vaga. Luke annuì e le diede un bacio sulla guancia, creando quel sorriso che tanto adorava sul volto della sua amica. 
"Facciamo così, se sta sera non hai nulla da fare perché non andiamo a mangiare un panino da qualche parte?" propose Luke estasiato della sua idea. 
Finalmente poteva organizzare qualcosa per passare del tempo con una persona a cui voleva bene, poteva realizzare i piani che aveva sognato e vivere una vita da adolescente normale, esattamente come i suoi coetanei e tutto ciò era perché aveva un'amica al suo fianco.
Niente più sabati sera passati a guardare la tv da solo, niente passeggiate senza meta e significato, niente di niente che potesse farlo sentire un fantasma. 
Stava riassumendo la libertà, cominciava a prendere in mano la sua vita e piano piano assumeva sempre di più un briciolo di autostima in se stesso.
Kimberly accettò entusiasta e dal momento che avanzava ancora un po' di tempo prima dell'appuntamento, ne approfittarono per svagarsi un po' con la musica. 

"Si è fatta ora di andare, mi accompagni?" chiese Luke cominciando a scendere.
Kimberly lo seguì e con calma cominciarono ad avviarsi verso il parco.
Chiacchierarono del più e del meno, camminando a braccietto. Intravidero Chloe, seduta su una panchina poco distante da loro. Il ragazzo si bloccò di colpo, facendo assumere a Kim uno sguardo interrogativo.
Un senso di vuoto gli pervarse lo stomaco, creandogli un certo fastidio.
"Tutto okay?" domandò Kimberly stranita dal comportamento improvviso del suo amico. Luke annuì incerto e "non so se ce la posso fare. Insomma, mi fa strano uscire con una ragazza! Non ho mai avuto tanti appuntamenti e questo mi mette in soggezione" le confessò torturandosi le mani per l'ansia.
La ragazza afferrò le sue mani congiungendole alle sue, lo guardò fisso negli occhi azzurro cielo e "Luke, sei un ragazzo bellissimo, hai un cuore grande e se fossi io quella ragazza a cui hai dato appuntamento non vedrei l'ora di uscire con te. Ti consiglio di essere te stesso perché sei stupendo" lo incoraggiò sorridendogli fiera. 
"Io ci provo, ma se non sei al mio fianco mi riesce più difficile..." 
"Aspetta, ti do questa in modo che mi senti più vicina a te, va bene?" Kim si sfilò il ciondolo che portava al collo e lo appese a quello del ragazzo. Luke afferrò il plettro con il logo dei Rolling Stones fra le sue dita e l'osservò con sguardo più rilassato.
"Non so come farei senza di te" disse il biondo abbracciando la sua amica, che con tono scherzoso "hai ragione, sono indispensabile" lo prese in giro dopo essersi staccata dalla sua presa.
"Okay, non pavoneggiarti troppo ora" rise Luke. 
I due ragazzi raggiunsero Chloe che, non appena li notò, cominciò a corrergli incontro sorridente come non mai.


Ci volle circa mezz'ora per convincere Chloe a fare quella dannata uscita da sola con Luke.
Continuava ad insistere sul fatto che dovesse venire anche Kimberly con loro ma che, per rispetto del suo amico e per mancata voglia di stare in sua compagnia, preferì andarsene per gli affari suoi.
Dopo averli lasciati per conto loro, dedicò quel pomeriggio alle compere. Aveva adocchiato uno splendido vestito nero, senza spalline e con una gonna morbida al fondo, decorato con un nastro viola che si chiudeva a fiocco dietro la schiena. Entrò nel negozio e il tintinnio del campanello posizionato sulla porta attirò la commessa che le diede il buongiorno.
"Posso aiutarla?" chiese gentilmente una donna alta e snella, probabilmente sulla trentina.
"Emh, vorrei provare quel vestito che avete in vetrina se possibile" rispose timidamente Kim.
La signora, sempre sorridente, la indirizzò ai camerini e dopo aver preso l'abito con la taglia richiesta dalla ragazza glielo porse, attendendo che finisse di cambiarsi.
Kimberly sfilò i suoi indumenti, rimanendo in mutande e reggiseno e si infilò il vestito. Non appena uscì dal camerino poté notare lo sguardo stupito della commessa, si voltò verso il grande specchio alle sue spalle e "come mi sta?" chiese consiglio alla donna al suo fianco.
"Bambina mia, sembra fatto proprio per te!" si lasciò sfuggire la signora ammirandola con un sorriso talmente enorme che contagiò anche Kim, ormai convinta della sua scelta.
La ragazza, dopo aver pagato, lasciò il negozio per dirigersi a casa.
Sua madre era seduta in cucina, intenta a leggere un giornale e non appena si accorse che sua figlia era tornata si lanciò verso di lei.
"Kim, ho preso questa giornale degli annunci per trovare un lavoro!" le disse cercando di attirare l'attenzione della ragazza ma, per suo dispiacere, venne totalmente ignorata. 
Kimberly ormai non sentiva più nulla di ciò che le riferiva Miriam, perciò si chiuse in bagno, accese lo stereo ad alto volume e si buttò nella doccia per lavarsi. 
Non appena terminò di lavarsi cominciò ad aggiustarsi i capelli, per poi passare al trucco.
Quella sera sarebbe andata al cinema con Luke e Chloe. Quel cambio di programma, citato nell'ultimo messaggio da parte del ragazzo, la lasciò un po' delusa, era felice all'idea di passare un momento diverso con il suo migliore amico e nella sua mente aumentava sempre di più un senso di gelosia.
Verso le 06:30 p.m terminò di prepararsi e raggiunse il salotto per recampare il necessario per l'uscita.
"Sei stupenda" disse Miriam con tono imbarazzato e insicuro, giocherellando nervosamente con una ciocca di capelli. "Dove vai di bello?" domandò un po' più dolce, cercando lo sguardo della figlia, ma con scarsi risultati.
Alle orecchie di Kim arrivavano solo fastidiosi ronzii, le era impossibile ascoltare la madre.
Quella mezz'ora le sembrava interminabile, il silenzio era spezzato dal ticchettio dell'orologio, l'aria imbarazzante che si era formata si faceva sempre più pesante.
Kimberly sentiva lo sguardo della madre pesargli addosso, ma per nulla al mondo avrebbe alzato la testa per incrociare i suoi occhi, non aveva il coraggio di tuffarsi in quel blu agghiacciante delle iridi di Miriam, avrebbe letto troppe cose e non era pronta.
Accese il televisore poggiato sul comodino di fronte a lei e mise MTV, un po' di musica, anche se spesso non rientravano nei suoi gusti musicali, l'avrebbe rilassata e, con la coda dell'occhio, notò la donna voltarsi e ritirarsi in cucina. Un piccolo sospiro di sollievo le uscì automatico, chiuse un attimo gli occhi e si rifugiò nel buio dei suoi pensieri. 
Aspettava con ansia l'arrivo di Luke.


Era arrivato sotto casa di Kimberly con dieci minuti di ritardo e quando si fermò davanti al giardinetto della ragazza la trovò già fuori ad aspettarlo. 
"Kim" la chiamò per attirare la sua attenzione. 
La riccia si voltò nella sua direzione e con un lieve sorriso si diresse verso il biondo, pronto ad accoglierla con un caloroso abbraccio.
"Scusa il ritardo, ho avuto dei piccoli imprevisti" si scusò il ragazzo staccandosi dalla sua amica.
"Non preoccuparti, non è poi così tardi" ridacchiò sorridendogli.
Si accorse solo dopo una manciata di minuti del look di Kim e affascinato dalla ragazza si lasciò scappare un "sei bellissima" che provocò l'imbarazzo della sua amica, la quale ringraziò timidamente.
I due ragazzi si incamminarono verso il cinema, avrebbero poi cenato alla fine del film.
"Come è andata oggi?" chiese Kim puntando il suo sguardo perverso contro quello di Luke.
"Vuoi davvero saperlo?" domandò il biondo con tono abbattuto.
Kimberly annuì accigliata e così "non ha fatto altro che chiedermi di te! Ha voluto sapere tutto sul tuo conto, era ossessionata" sputò infastidito.
Sul volto dell'amica si fece spazio una smorfia interrogativa. "Ma che cazzo..." disse stranita dalla rivelazione di Luke. 
"Io avrei voluto passare la serata come l'avevamo programmata, ma lei ha insistito così tanto ad uscire con te che non ho potuto fare altrimenti" confessò sconsolato il biondo, tirando un calcio ad una pietra sul marciapiede.
"Vuoi che ci parli io?" sussurrò Kim porgendo la sua mano verso quella di Luke, il quale l'afferrò fortemente portandola vicino a sé. 
"Non lo so, vediamo cosa succederà sta sera" la rassicurò. 

Arrivarono a destinazione, ma di Chloe non c'era nessuna traccia. Decisero allora di cominciare a comprare i biglietti per il film. 
Proprio mentre stavano ritirando i biglietti, una voce affannata richiamò la loro attenzione.
"Scusate tanto ragazzi, ho avuto un problema col passaggio" sbuffò Chloe. Accolse entrambi con baci e abbracci e alla vista dello sguardo mezzo schifato di Kim, Luke scoppiò a ridere, beccandosi una linguaccia da parte della riccia. 
"Come state?" domandò estasiata la biondina mentre acquistava anche lei il biglietto.
Luke rispose con un "bene, grazie", mentre Kim annuì solamente, non troppo entusiasta. 
"Oh mio dio" disse Chloe rimanendo a bocca aperta. I due ragazzi non capivano il perché di quella sua esclamazione, ma liberarono tutti i loro dubbi dopo il "Kimberly, sei perfetta, davvero. Ti salterei addosso, sappilo" affermato senza disinvoltura.
A Kim le si spalancarono gli occhi e il viso le divampò, a Luke salì la rassegnazione al fatto di essere ignorato. 
"Entriamo" disse Luke con tono duro. 
Presero posto in fondo alla sala, disponendosi in ordine: Luke, Chloe e Kimberly. 
Il ragazzo stette tutto il tempo per le sue, Chloe rivolgeva la parola solo ed esclusivamente alla sua vicina e questo non fece altro che innervosirlo. 
Non solo aveva rovinato la loro prima uscita parlando sempre di Kim, ma aveva rovinato pure una serata che sarebbe dovuta essere solo fra i due migliori amici!
Non appena il film terminò, il gruppetto uscì per dirigersi in qualche bar per mangiare.
"Kimberly, ma tu sei fidanzata?" domandò Chloe appoggiando il braccio sulle spalle della ragazza. 
"Tu?" rispose Kim con un'altra domanda.
"Emh, più o meno..." disse incerta la bionda. 
"Cosa vuol dire più o meno? O lo sei o non lo sei, che risposta stupida e senza senso" sbottò Luke, in preda ad una crisi di nervi. 
Quell'affermazione lasciò di stucco entrambe le ragazze, ma più di tutte Chloe che amareggiata "perché sei così cattivo?" chiese tristemente. 
Una risata isterica provenì dal biondo e "io sono cattivo? IO?" cominciò ad alzare la voce. "Sei più o meno fidanzata ed esci con un altro ragazzo e mentre stai con me ti metti a parlare senza sosta di una ragazza, che non appena vedi cominci a corteggiarla. Spiegami i tuoi ragionamenti Chloe, perché non riesco ad arrivarci!" la sgridò esausto dei suoi comportamenti nei suoi confronti.
Chloe guardò intensamente Luke e dopo un po' rivelò le risposte attese dal ragazzo.
"Io sono bisex" sussurrò con le lacrime agli occhi. 
La situazione si era fatta imbarazzante, nessuno dei tre sapeva cosa dire, finché Chloe non ricominciò a parlare.
"Sono in crisi con la mia ragazza, ci siamo prese una pausa" disse la bionda con un nodo in gola. "Appena ti ho visto Luke, mi sei subito piaciuto, ma poi ho incontrato Kim e...mi è piaciuta di più" una piccola lacrima le scese sulle morbide guance rosee. "Mi dispiace, avrei dovuto dirvelo prima ma mi vergognavo! Non volevo usarti, Luke" singhiozzò la ragazza. 
"Beh, l'hai fatto. Scordati di me" sputò Luke prima di voltarsi e incamminarsi verso un posto senza meta. 
Kimberly gli corse dietro e non appena sentì le sue mani fermarlo, la scostò da lui urlandole "lasciami stare!" con la rabbia che gli ribolliva dentro.





#Spazio autrice
Eccomi splendori!
Come state? Spero bene aw
Allora, diciamo che questo capitolo mi fa leggermente schifo lol ma presentiamolo come un semplice capitolo di passaggio. Ancora un paio di capitoli (due o tre) e finalmente scriverò la svolta decisiva per questi due ragasuoli (?)
47 recensioni...
non me le aspettavo, giuro asdfghjk vi ringrazio tutti quanti!
Le persone che mettono questa ff tra le preferite aumentano e io vi sto amando, sappiatelo *^*
Mi rallegra il fatto che vi piaccia :')
Beh, secondo voi come continua? 
Chloe che fine farà?
E Luke si scuserà per aver trattato male tutte e due le ragazze?
Lo saprete nella prossima puntataaaa!
Okay, no ewe ahahah
Ora vi lascio, un bacione a tutti :*
Fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione pls <3

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Capitolo 8
*** Forgive me ***


 
Is there a place for us?
Cap.8 - Forgive me


Alle 06:00 del mattino l'alba, vista dalla spiaggia, era spettacolare. Un leggero venticello fresco sfiorava il viso stanco di Luke, seduto con le gambe al petto ad osservare il mare dal colore cristallino fare avanti e indietro con le sue esili onde. Il verso dei gabbiani faceva da sottofondo a quell'atmosfera calma e rilassante. La sabbiolina fine si infiltrava fra i piedi nudi del ragazzo, donandogli un senso di beatitudine. Per un momento avrebbe voluto che il tempo si fermasse. Solo lui e il paradiso, ma, come ben sapeva, nulla di bello nella sua vita era destinato a durare a lungo, perciò approfittò di quella situazione per schiarirsi le idee il più possibile. 
La sera precedente il suo cuore aveva ricevuto l'ennesima botta. Era stanco. Stanco di essere preso in giro, stanco di non essere considerato da nessuno, stanco di sentirsi inutile al mondo, ma soprattutto era stanco della sua vita. Doveva assolutamente dare una svolta a tutto ciò, doveva cambiare, doveva far qualcosa.
Chiuse gli occhi per la stanchezza, era stato tutta la notte fuori e non aveva chiuso occhio. Necessitava di riposare, così imboccò la strada di casa lentamente, riflettendo sui suoi perché.
Non appena raggiunse la sua destinazione si catapultò sul suo letto, sprofondando in un sonno pesante.


Luke, non lasciarmi, ti prego! Ho solo te, ho bisogno della tua presenza! 
Avevi promesso che saremmo stati sempre insieme, che ci saremmo salvati a vicenda!
LUKE, NON ANDARTENE, LUKE!


Il corpo sudato, la gola secca, il cuore che galoppava, gli occhi appannati e il fiato corto. 
Un incubo.
Forse il più brutto che avesse mai fatto in vita sua. L'immagine di Luke che si allontanava sempre di più e quella sua che non riusciva a raggiungerlo stavano uccidendo dentro Kimberly. 
Un pianto liberatorio pervase la ragazza ancora scossa dalla situazione, che riuscì a calmare solo dopo mezz'ora. 
Dentro di lei la rabbia e la tristezza facevano a botte per chi doveva sovrastare maggiormente le sue emozioni, facendola crollare. 
Non voleva perderlo, non poteva. Ormai era la sua via d'uscita, il suo sorriso, la sua medicina, il suo tutto. 
Prese il cellulare dal comodino.
Nessun messaggio, nessuna chiamata, niente di niente. 
La tentazione di scrivergli era tanta, ma in quel momento le idee erano a secco.
Digitava e cancellava in continuazione, ogni cosa che scriveva le sembrava stupido, banale e senza senso, un po' come si sentiva lei. 
Si era sdraiata di nuovo sul letto, ormai sconsolata, quando sentì il telefono squillare.
Perse il conto di quanti battiti aveva mancato il suo povero cuore, ma non appena lesse il nome che ricopriva il suo schermo, si bloccò subito. 
Chloe.
Se avesse risposto non si sarebbe presa alcuna responsabilità dal mandarla a fanculo o a eliminarla dalla faccia della Terra con la sola forza del pensiero. 
Prese un enorme respiro e, stringendo i pugni sulle lenzuola, accettò la chiamata.
"K-kim? Sono Chloe
Quanto la irritava quella voce, si maledisse mentalmente per aver spinto Luke a provarci con lei quel giorno. 
"Che vuoi" ringhiò duramente Kimberly, mentre si alzava dal letto per spalancare le finestre. 
Le mancava l'aria.
"Possiamo vederci per favore? Ho bisogno di parlarti e vorrei farlo di persona..." sussurrò pregante la ragazza dall'altra parte del telefono, deglutendo sonoramente.
Kimberly contò fino a dieci, riflettendo pesantemente sulla proposta della bionda.
Voleva chiudere quella situazione una volta per tutte, far uscire Chloe dalla vita sua e da quella di Luke.
"Dove e quando" sbuffò visibilmente incazzata, giocherellando con i suoi capelli per allentare la rabbia.
"Facciamo fra un'ora davanti ai giardinetti" propose Chloe, con tono mezzo interrogativo e mezzo affermativo. 
Kimberly accettò e riattaccò la chiamata senza salutare. 
Per una manciata di minuti si perse fra i suoi pensieri e non appena si risvegliò, scagliò la prima cosa che aveva sotto mano verso il muro. L'oggetto mal capitato era la sveglia, ormai disintegrata a terra.
Cominciò a prepararsi svogliatamente e non appena fu pronta uscì per l'appuntamento.
Si sedette su una panchina non lontana dall'ingresso del parco giochi ed attese l'arrivo dell'altra ragazza. 
Era in anticipo di venti minuti e per ingannare il tempo giocherellò con il cellulare. Dopo un po' il suo volto venne oscurato da un'ombra, alzò lo sguardo e si scontrò con quegli occhi verdi e tristi di Chloe.
Il silenzio regnava fra le due ragazze e nessuna di loro accennava ad iniziare la conversazione, finché un "mi dispiace" non scivolò dalla bocca sottile e minuta della bionda. 
Kimberly cominciò a ridacchiare piano, per poi aumentare il volume del suo tono. Si alzò dal posto in cui era seduta e si portò faccia a faccia con Chloe, che la osservava con sguardo interrogativo.
"Tu non hai idea di che cazzo hai combinato, va bene?" la riprese tornando seria. "Quel ragazzo è il mio migliore amico e tu lo hai preso in giro"
"Hai ragione, ho sbagliato a comportarmi così ma non voglio che mi odiate. Mi stavo affezionando a voi..." confessò Chloe abbassando il capo delusa. 
"Chloe, forse tu non hai capito, non ti ci devi più avvicinare a noi!" disse Kim con tono piatto e sguardo freddo. "Per colpa tua lui sta male e questo non te la perdono" 
Kimberly voltò le spalle per tornare a casa, ma prima "con noi hai chiuso...e non provare a farti di nuovo viva, altrimenti te la vedrai con me" avvisò duramente la sua povera vittima, ferma ad osservare la riccia camminare a passo deciso e veloce dalla parte opposta alla sua. 
Kim accelerava sempre di più la sua camminata, fino a ritrovarsi a correre per le strade di Sydney.
Non sapeva cosa fare, aveva bisogno di sfogarsi ma non trovava nessun modo per riuscirci.


"Luke!" la voce grave del padre lo richiamò sonoramente, bussando alla sua porta con forza facendolo svegliare di colpo. Si alzò veloce ed aprì all'uomo. 
"Io e tua madre partiamo per un paio di giorni per lavoro, i tuoi fratelli vanno dalla nonna. Tu rimani qui, ti lasciamo dei soldi e la spesa è già fatta, dovrebbe bastare" annunciò autoritario prima di tornare ai suoi servizi.
Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di ragionare sulla situazione che subito venne investito dalle numerose raccomandazioni della madre, le quali comprendevano: non organizzare feste mondiali, non distruggere la casa, seguire le istruzioni per cucinare e per lavare i panni.
Tutte cose che al biondo non interessavano. I party non erano un problema, sapeva cucinarsi un piatto di pasta e a fare il bucato non ci voleva un genio. 
Avrebbe approfittato di quei giorni per rilassarsi un po' e riflettere. 
Dopo aver salutato la famiglia, si buttò sotto la doccia. Ci stette più di un'ora e non gli importava se la bolletta dell'acqua fosse stata allucinante. Quello era il suo posto preferito per pensare e scaricare le preoccupazioni.
Cosa avrebbe dovuto fare con Kim? L'aveva trattata male senza motivo e ancora non si era scusato.
Si sentiva in colpa, stava restituendo il male che gli aveva fatto Chloe, facendolo pagare a chi non se lo meritava. La vergogna però gli impediva di fare il primo passo e di scusarsi, non sapeva come cominciare le sue umili scuse, ma più il tempo passava, più la possibilità di essere perdonato svaniva.
Doveva trovare una soluzione, ma nella sua mente vagava il vuoto totale. L'unica cosa che lo avrebbe potuto aiutare un attimo era la musica, così, dopo essersi asciugato e aver indossato solo un paio di boxer, cominciò a suonare la sua chitarra preferita.
L'assenza della sua famiglia si notava parecchio, in quella casa c'era il silenzio totale e Luke si ritrovò a girovagare per tutte le stanze, in cerca di qualcosa da fare.
Verso le 06:30 p.m. sentì la porta suonare ma non aveva la più pallida idea di chi potesse essere, così si affrettò a raggiungerla e non appena aprì, una figura piccola e snella si fece spazio davanti a lui.
In quel momento il biondo giurò di sentire solo il suo battito cardiaco, il tempo si era fermato di punto in bianco e la tensione si poteva tagliare col coltello.
Gli sembrò di rivivere quell'imbarazzo dei loro primi giorni, oppure di quando la volta prima era stato proprio lui a correre a casa della ragazza. 
Abbassando lentamente il capo e spostandosi leggermente fece segno a Kim di entrare.
La ragazza con passo leggero si diresse verso l'interno e Luke potè chiudere la porta.
Il silenzio ingombrante era fin troppo rumoroso per i due ragazzi, per questo Kimberly decise di spezzarlo.
"I miei genitori si sono conosciuti all'età di 16 anni. Quando mia mamma ne aveva 18 uscì incinta di me e mio padre decise che avrebbero costruito una famiglia come si deve, così si trasferirono insieme. Lui si trovò un lavoro e mia madre lasciò la scuola, per dedicarsi interamente a me. 
Tutto andava per il verso giusto, stavano crescendo insieme, prendendosi tutte le loro responsabilità, continuando così fino ai miei 14 anni. Mio papà cominciava ad essere sempre più freddo nei confronti di mamma, iniziarono i continui litigi ma lui mi ripeteva sempre 'è tutto okay, non preoccuparti!' e io ci credevo.
Illusa fin da ragazzina, visto?" ridacchiò amaramente prima di riprendere.
"Poi ecco che iniziò l'inferno. Lui se ne andò con un'altra donna, lasciando me e mia mamma da sole, senza preavviso. 
Per un periodo mia madre smise di parlare con tutti, soffocandosi nel lavoro. Non aveva nemmeno più tempo per me, era già tanto se mi cucinava un piatto di pasta. Ero diventata un peso per lei, e non faceva altro che farmelo notare!
Una sera si ritirò in casa ubriaca marcia, aveva tutto il trucco colato e piangeva come una pazza. 
Quel periodo era una merda, lei perse il lavoro, cominciò a bere e spesso passava le nottate fuori, buttando via tutta la sua dignità. Ovviamente a scuola iniziarono a girare le voci di ciò che faceva e i miei compagni iniziarono piano piano a vergognarsi di me, a schifarmi, quasi come se fosse colpa mia.
Non avevo molti amici nemmeno in quegli anni, ma quei pochi che avevo mi abbandonarono.
Inutile dire che dovetti trovarmi un lavoro estivo per mandare avanti la nostra famiglia, così cominciai a trovarmi quanti più possibili mestieri, iniziando dalla baby-sitter e finendo alla cameriera di un ristorante. 
A scuola andavo bene, mi piaceva studiare ma la condizione familiare ed economica non me lo permisero più, perciò lasciai anche io gli studi, dedicandomi a non far morire di fame mia madre e me. 
Un'adolescente non dovrebbe vivere certe cose, io ho sempre sognato di uscire con gli amici, prendermi un diploma, divertirmi!
Ma per colpa di mio padre e di mia madre non ho potuto fare nulla di tutto ciò.
Mi sono sentita sempre sola, uno scarto, poi ho trovato te e tutto ha iniziato a cambiare, a migliorare.
Quindi, sta sera sono qui, a casa tua, a confidarti il mio passato, solo per chiederti di non lasciarmi, per favore...
Perché io ho bisogno di te, perché sembra così giusto solo averti in piedi al mio fianco, perché hai la mia anima e io volevo solo che tu lo sapessi"


Aveva liberato il peso che le opprimeva il cuore, era riuscita a confessargli tutto, a donargli quella piccola parte nascosta di lei e ora sperava solo di non pentirsene, pregando di non essere rifiutata.
Gli occhi le pizzicavano ma riuscì a trattenersi. Osservava quelle iridi azzurre di fronte a lei, cercando di scrutare ogni minima emozione.
Il ragazzo lasciò andare un sospiro bloccato in precedenza e "perdonami Kim. Non meritavi quella mia reazione l'altra sera, sono stato solo un coglione!" biascicò sincero.
Kimberly diede spazio a un lieve sorriso, per poi catapultarsi fra le braccia di Luke.
"E comunque, ricominceremo tutto da capo, costruiremo noi il nostro futuro e finchè siamo insieme potremmo sorreggerci a vicenda, okay?" sussurrò il biondo alle orecchie della ragazza. "Non ti lascio, tranquilla" terminò infine baciandole la fronte dolcemente.
Kimberly si sentì di nuovo viva, aveva ritrovato il suo migliore amico, e questo era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Solo lei e Luke.
"E...Chloe l'hai più sentita?" domandò imbarazzato Luke, mentre si sedeva sul divano.
"A dire il vero sì. Mi ha chiamata sta mattina dandomi appuntamento al parco per parlare e..." Kim si fermò un attimo. 
E se Luke non fosse stato d'accordo con la sua scelta?
E se lui avesse voluto perdonare Chloe?
In quell'istante le vennero in mente tutti i dubbi possibili e la paura le risalì in un batter d'occhio.
"E...?" l'incitò Luke curioso della sua risposta.
"E...le ho detto di...non farsi più vedere..." soffiò tremante, cercando di nascondere la sua ansia.
Il suo amico annuì leggermente, giocando nervosamente con i numerosi braccialetti che gli coprivano parte del polso e dopo un secondo di silenzio "hai fatto bene" esordì serio.
A Kim riprese il battito cardiaco, aveva davvero paura di aver fatto una cazzata.
"Beh, hai da fare questa sera?" chiese il ragazzo, cambiando discorso.
"Io no, e tu?" 
"Idem. Potremmo fare il nulla più totale insieme, ti va?" ridacchiò Luke scompigliandole i capelli.
Kimberly accettò volentieri e subito dopo si ritrovò sollevata in aria e buttata sul divano, soffocando dalle risate causate dall'improvviso attacco di solletico da parte del biondo.
Passarono la serata insieme, giocando allegramente come bambini.
Ormai avrebbero abbandonato il passato, prendendo in mano il loro mondo e ricominciare con grandiosi progetti ed amari ricordi.






#Spazio autrice
Quasi due mesi per aggiornare e cosa pubblico? Un capitolo orribile ew.
Se volete mandarmi al rogo vi capirò, tranquilli!
Non ho scuse per giustificare questo immenso ritardo, semplicemente non sapevo che scrivere e avevo da fare.
Allora, questo è un capitolo proprio di passaggio, ancora uno o due e poi inizia la parte più bella (o almeno dovrebbe lol)

Vorrei ringraziare le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite, siete in 20 aw e quelle che l'hanno aggiunta alle seguite!
Ringrazio pure chi ha recensito, siete fantastici <3
Detto ciò, vi lascio e vi prometto che aggiornerò MOLTO prima :(
Un bacio!
p.s: potete trovarmi su twitter, sono @Vaffanluke.

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Capitolo 9
*** AVVISO ***


ATTENZIONE PREGO:



Allora, siamo a maggio e come sapete è uno dei mesi più importanti della scuola. Abbiamo le ultime interrogazioni e verifiche e quindi non posso permettermi di prendere insufficienze, perciò, con mio grande dispiacere, dovrò sospendere questa ff fino alla fine della scuola. Riprenderò appena posso, non prima di giugno ma non dopo luglio. Nel frattempo continuerò a scrivere quando ho tempo, in modo tale da portarmi avanti e non farvi aspettare troppo tra un capitolo e l'altro.
Detto ciò, buona fortuna anche a voi con la scuola, spero veniate tutti promossi :)



 
A PRESTO, CIAO!

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