San Valentino ...Gioie e dolori.

di LORIGETA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima. ***
Capitolo 2: *** 2 parte. ***
Capitolo 3: *** 3 parte. ***
Capitolo 4: *** 4 parte. ***
Capitolo 5: *** 5 parte. ***
Capitolo 6: *** Parte sesta. ***
Capitolo 7: *** Buon San Valentino. ***



Capitolo 1
*** Parte prima. ***


San Valentino …Gioie e dolori.

Parte prima.

 

Aveva attraversato con il suo corpo scultoreo dense nubi, avvertendo la sferzata del vento gelido bruciargli la pelle, affrontando gli ultimi chilometri aumentando l’aura e giungendo finalmente a destinazione. 
Goten discese rapidamente, posando le suole delle scarpe sulla superficie umida di un vicoletto, tossì un istante e, tutto sudato, pettinò la lunga chioma arruffata con due dita, risistemando anche la camicia, che durante la trasvolata gli era sgusciata fuori dai pantaloni scoprendogli parte della corpulenta schiena.
“Ah …questa giacca non ne può più. Dovrò decidermi a comprarne una nuova, solo che sono sempre a corto di zeni.”  sì lamentò a voce alta, mentre con la mano sforzava la zip incastrata e la tirava su fino al collo, sentendosi pervaso da un brivido di freddo.
Doveva fare in fretta se voleva trovare in giornata qualcosa di adatto da regalare alla sua ragazza e voleva impegnarsi per riuscire a meravigliarla.  
“San Valentino: che festa insulsa! Chissà a quale sciagurato è venuta la brillante idea di dedicare un'intera giornata agli innamorati.” pensò con uno sbuffo.
“Cosa le compro? Uffa, che strazio girare per i negozi! Abbiamo appuntamento alle 18.30 e non posso presentarmi a mani vuote, non oggi!” esclamò messo alle strette da quell’angoscioso dilemma.
Intrecciò nervosamente le dita, spremendo le meningi e facendo un attento riassunto dei loro dialoghi più recenti, ricordandone uno in particolare. Sul momento non aveva preso in considerazione quel rigiro di parole di lei, quella lunga conversazione che portava ad un unico epilogo: desiderava un anello, non v’era alcun dubbio.
Un anello! Era rimasto stupito nell’accorgersi che gli tremavano le gambe; conosceva il significato di quel cerchio d’oro: equivaleva quasi ad un giuramento, ad un impegno e, in cuor suo, temeva fosse troppo presto per assumerlo, non si sentiva ancora pronto al grande passo, nonostante volesse bene a Valese.   
Stava giusto riflettendo sul da farsi, quando gli giunse all’orecchio un rumore secco che lo fece voltare e mettere sulla difensiva. 
Goten si avvicinò quatto al cono d’ombra: da lì proveniva un inquietante cigolio metallico, che lo indusse a fermarsi e a stringere gli occhi.
“Per Diana! Non sei un pericoloso, ahaha…ma guarda che briccone!” sorrise, scrollando la testa d’ebano nell’appurare chi fosse il responsabile.
Un gatto randagio aveva fatto capolino da un bidone dell’immondizia, riuscendo poi a rimanere in bilico sul bordo di metallo e lo fissava con le sue iridi oblunghe e dorate, assumendo un'aria minacciosa.   
“Ciao bello. Micio, micio, vieni qui …” il saiyan si avvicinò con cautela, muovendo prima un piede e poi l’altro, ma si fermò non appena vide il felino incurvare la schiena in una gobba e rizzare il pelo sporco e ispido.
“Amico, non ti faccio niente. Dura la vita in città, vero? Ti consiglio un lungo soggiorno in montagna, magari nelle vicinanze di casa mia: ci sono un sacco di pesci squisiti nel ruscello e prati verdissimi dove potresti rotolarti a non finire …” disse con entusiasmo, come se il randagio potesse comprende il significato del suo monologo. 
L’animale, per un momento parve starlo a sentire, al che aprì le fauci sbadigliando e mosse lievemente un orecchio, prima di balzare giù per dileguarsi nell’oscurità di una strettoia.
“Beh fai come vuoi, io appena posso me ne torno nel mio eden! Vorrei già che fosse domani.” a giudicare dall’espressione, il giovane sembrava infastidito; difatti non gli piaceva respirare quell’aria carica di smog e neppure amalgamarsi a quel fiume di gente che scorreva incessante per le vie del centro.
Lui amava la montagna, quel profumo di terra umida e di fiori, quel cielo così terso che pareva infinito e avvolgeva come un amorevole abbraccio l’imponente catena dei Paoz.
L’improvviso pensiero gli provocò un turbamento: erano molto diversi lui e la sua ragazza, era assurdo sperare che un giorno anche lei avrebbe apprezzato quella vita fatta di cose semplici, giacché le piaceva troppo la frenetica routine cittadina.
Il saiyan sospirò rassegnato e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni, avviandosi verso l’uscita della viuzza che scorgeva poco distante e dalla quale filtrava un rassicurante raggio di luce.
Il cuore della metropoli distava solo pochi isolati e lo avrebbe raggiungo in un baleno: avrebbe dovuto acquistare qualcosa di carino, tenendo conto delle proprie disponibilità, visto che erano piuttosto esigue. 
Goten attraversò la strada, fermandosi di scatto al sopraggiungere di una moto e scattò poi verso l’altro lato del marciapiede. Camminò a passo svelto sempre nella stessa direzione, finché ad un incrocio svoltò sulla destra e incurvò le labbra in una smorfia alla visuale che gli apparve davanti.
Dinanzi ai suoi occhi v’era il centralissimo “salotto” della capitale, con le sue due file di negozi e i famosi ristoranti, mete abituali dei facoltosi industriali e dei rampolli delle famiglie benestanti.
Non era pane per i suoi denti, ma non gli importava, anzi.
Nessuno a suo parere, eccelleva nell’arte culinaria come sua madre e per nulla al mondo avrebbe rinunciato a quel piacere: neppure per tutti gli zeni di quegli elegantoni. 
Fissò confuso le centinaia di passanti che sembravano automi impazziti, mentre le Air Car gli sfrecciavano affianco, facendogli svolazzare la capigliatura.
Il Son si sentiva un pesce fuor d’acqua ad osservare tutte quelle vetrine alla moda, cosicché decise di recarsi subito in una gioielleria, che ricordava fosse ubicata all’angolo di una piazza, nota per la sua monumentale fontana.
Rise all’arguzia della sua idea; difatti, poco dopo, si ritrovò lì davanti. Le strade parallele gli erano tornate utili: aveva speso solo una decina di minuti per raggiungere la meta, senza incrociare quasi nessuno. 
Ora non gli restava altro che guardare l’esposizione nelle teche di vetro e notò compiaciuto che v’era l’imbarazzo delle scelta: gioielli di ogni fattura, alcuni cesellati finemente e altri meno preziosi, erano stati allineati con cura su un drappo di raso rosso e scintillavano alla luce dei faretti, specchiandosi nelle sue iridi d’onice.
“Wow…dunque vediamo, ho duecentoquaranta zeni e …” pensò mordendosi un labbro.
Con quella cifra, la possibilità di scelta calò vertiginosamente; rimasero solo tre creazioni molto semplici: un anello con incastonata un'acqua marina, una fascia d’oro con inciso un cuoricino bianco e un'altra intrecciata con un filo d’argento.
Chissà quale di quei monili sarebbe potuto piacere a Valese: lei sfoggiava spesso abiti sofisticati e accessori d’alta moda e Goten tentò di focalizzare nella mente la sua mano sottile con indosso gli anelli, ma deglutì amaramente, pensando che ne sarebbe rimasta molto delusa.
“Per la miseria, gli altri costano troppo. Non voglio chiedere soldi in prestito!” si sforzò di non cedere all’impulso di estrarre il cellulare dalla tasca e di chiedere aiuto all’amico d’infanzia: Trunks Brief, presidente della Capsule Corporation, sarebbe stato disponibile a prestargli qualsiasi somma, essendo uno degli uomini più ricchi del pianeta.
“No! Non è corretto; se Valese mi ama accetterà anche questa cosuccia e poi, quando finirò l’università, sarà tutto diverso: potrò comprarle un vero gioiello non appena troverò un lavoro. Manca solo un anno ormai…”
Il saiyan inciampò nel primo dei cinque scalini che conducevano all’entrata della oreficeria, imprecando contro San Valentino e odiando con tutto se stesso quell'insensata festività, che lo stava oltremodo stressando.
Stava per pigiare il campanello, mentre scrutava dal vetro il lussuoso interno, sennonché dietro alle sue spalle sentì una voce familiare, che lo fece voltare di scatto.
Poco distante, la piccola di casa Brief sembrava fosse sul punto di mettere in atto una memorabile scenata, incurante dei numerosi passanti pronti a svolgere il ruolo di spettatori.
Il Son decise di rimandare l’acquisto e di godersi quella rappresentazione di pura isteria; scese gli scalini e si appoggiò con la schiena al muro del palazzo, con le braccia conserte.
“Sei solo un egoista! Non voglio più saperne di te, lasciami in pace, stronzo!” gridò la ragazza sporgendosi in avanti e assumendo un'aria minacciosa.
L’interessato ribatté subito alle accuse, portandosi ad un palmo da lei.
“Sei una bambina insicura e non meriti le mie attenzioni! Chi ti credi di essere, con quell’aria da finta santarellina?!” nonostante cercasse di tenerle testa, ben presto si trovò in difficoltà: era impossibile avere la meglio e si limitò a muoversi avanti e indietro sul selciato, mentre lei strillava.
“E’ finita Erik, non voglio più vederti! Trovati una puttanella: è quello che ti meriti.”
All’ennesimo insultò, il giovane dai lunghi capelli biondi non riuscì a frenare la rabbia e la colpì alla guancia con un leggero schiaffo, rimanendo poi immobile con la mano sollevata e tremante nell’osservare le lacrime sgorgare dalle sue iridi cristalline.
“Scusami Bra, io non volevo, ti prego perdonami!” la verità era solo una: il loro rapporto si era ormai sgretolato e non aveva più nessuna speranza di essere ricostruito.
Goten aveva assistito senza fiatare, meravigliato nell'accorgersi di quanto lei gli apparisse diversa: non aveva mai notato quanto fosse cresciuta, se non proprio in quel preciso momento.
Indossava una mini gonna rossa e le lunghe gambe affusolate erano fasciate in sottili calze nere, interrotte sotto le ginocchia dagli stivaletti di pelle in tinta.
Ora, adirata, si stringeva nella giacca di panno color antracite, con il viso arrossano e i capelli spettinati dal vento, che le ricadevano sulle spalle in tante piccole onde. 
Era uno schianto e il figlio di Goku faticò a toglierle gli occhi di dosso, stupito da quell’inaspettato spettacolo, ma anche molto affascinato. 
La spiegazione più credibile poteva essere una sola: non aveva mai preso in considerazione che lei fosse diventata donna, l’aveva sempre considerata un'insopportabile mocciosa e per di più altezzosa e arrogante.
Si incantò a guardarla : era così bella, triste, indifesa e decise di intervenire; non sopportava che quel ragazzino dall’aria snob l’avesse fatta piangere e poi come si era permesso di alzare le mani?
“Ehi tu! Dico a te, moscerino!” esclamò brusco facendoli voltare entrambi verso di lui, fiondandosi poi davanti al ragazzo, che lo squadrò da capo a piedi diverse volte.
“E tu chi saresti? Un super eroe? O forse sei solo uno che non sa farsi i cazzi suoi? Sparisci!” gli rispose Erik con insolenza, ma sbarrò gli occhi non appena si sentì sollevare per il lembo della giacca, come fosse un piuma.
“Sono uno che, se si arrabbia, può farti tanto male; quindi ti conviene sloggiare, pivellino.” quella minaccia sortì l’effetto sperato, giacché il giovane si mise a tremare come una foglia e si scusò, implorandolo a mani giunte di lasciargli posare i piedi a terra. 
Bra, immobile, incrociò le braccia, disgustata dalla codardia del suo ex fidanzato e seccata per l’intervento non richiesto dell’amico di suo fratello.
Alzò un sopraciglio, pronta a sfoderare tutta la grinta ereditata da entrambi i genitori.
“Goten! Come ti sei permesso? Potevo benissimo cavarmela da sola, pensi mi serva il tuo aiuto? E poi cosa ci facevi qui? Te lo ha chiesto Trunks di pedinarmi?” protestò a gran voce mentre lui, divertito, osservava l’altro svignarsela a gambe.
Era furibonda ed ebbe voglia di insultarlo, ma rimase zitta aspettando che le desse delle spiegazioni. 
“Coraggioso il tuo boyfriend! Complimenti. Non credevo bastasse un'innocua minaccia per farlo sparire! E’ stato un puro caso che mi trovassi nei paraggi: devo comprare un regalo nella gioielleria e sono giorni che non sento tuo fratello.” con gentilezza le porse un fazzolettino, notando che le sue ciglia fossero ancora inumidite dalle lacrime.
La giovane mise il broncio e ne sfilò uno dal pacchetto stropicciato, spostando lo sguardo verso un albero di magnolia che abbelliva la piazza.
“Grazie, oggi sono raffreddata…”  mormorò tirando su con il naso e, nello stesso instante, si rese conto che lui stava trattenendo una risata. 
“Raffreddata, eh? Mah, veramente mi sembrava che stessi piangendo.” concluse il Son tranquillamente, curvando le labbra in un irritante sorriso, mentre lei sentì la testa pulsare.  
Dannazione a lui! Perché si era intromesso? Come si permetteva di deriderla?
Il sangue le affluì rapido al cervello, facendola diventare color porpora, gli occhi sembravano emanare lampi di rabbia.
“Non piangevo! Non piango di certo per un ragazzo! Non piango mai, io! E tantomeno per uno così egoista, uno che voleva solo portarmi a letto. Sai cosa ti dico? Che nemmeno con te voglio parlare, anche tu fai parte della categoria: grandi scopatori.Vai al diavolo!” gridò voltandogli con stizza le spalle e fulminando con un'occhiata il gruppetto di gente che si era fermata attorno a loro per ascoltare. 
Chi era mai Goten per dovergli dare delle spiegazioni? Si disse mentre accelerava il passo.
Solo un imbecille! Con il sorriso perennemente stampato in faccia. Un esponente maschile della peggior specie , visto con quante ragazze lo aveva visto uscire negli ultimi anni.
Il mezzosangue aveva ingoiato amaramente: non voleva lasciarla andare via in quelle condizioni, perciò le corse dietro zigzagando tra le tante persone che si trovava davanti, afferrandola per una mano quando la raggiunse. 
“Aspetta un momento, Bra. Non volevo offenderti, scusami…” ebbe un attimo di titubanza, prima di mollare la presa, sentendola irrigidirsi.
“Non ho bisogno del tuo conforto, voglio solo svagarmi: magari faccio un po’ di shopping, così mi passa il nervosimo.”  si sforzò di essere distaccata, ma in realtà era palese che stesse soffrendo, gli occhi le brillavano di lacrime.
“Senti, perché non andiamo a bere qualcosa? Così mi parliamo un po’: sei troppo prevenuta nei confronti dell’altro sesso e non mi sembra giusto. Non siamo tutti uguali, noi uomini, e non vogliamo solo quello…”
Sembrava sincero.
La cosa che la sorprese fu che non riuscì a negarsi a quell’invito ed annuì. Soddisfatto della risposta, lui ammicco prendendola sottobraccio con affetto.
Affetto? Goten sentì una crescente ed impiegabile palpitazione; man mano che camminavano gli sembrò di cadere a terra, vittima di un infarto.
Il suo profumo lo stordiva: sapeva di fiori, di miele, di ogni delizia che gli venisse in mente.
“Guarda, quello mi sembra un bar…” disse scostandosi da lei con le guance in fiamme. 
Erano in pieno centro, c’era molto traffico in quel punto e, tra un negozio e l’altro, spiccava un originale locale: un caffè dall’insegna rossa che, a caratteri cubitali, riportava una scritta che fece strabuzzare gli occhi del saiyan: Valentino Caffè.
Che ribrezzo, quel nome! Quasi mi stavo dimenticando del regalo, pensò grattandosi il capo.
Bra, però, scrollo la testa.
“Non ho voglia di parlare con te e neppure di sedermi ad un tavolino.” lui però non intendeva desistere e si sporse in avanti, in modo che i loro visi fossero vicini.
“Dai. Facciamo quattro chiacchiere davanti ad una cioccolata fumante: con questo freddo come fai a dire di no? Ti farà bene sfogarti, ci fermiamo solo dieci minuti.” con quegli occhi grandi e neri come la pece riuscì ad incantarla, le sorrise con dolcezza, impedendole di ribattere.  
Quando entrarono rimasero a bocca aperta; v’erano disegni di cuori ovunque: stampati sulle tovagliette, smaltati sulla ceramica delle tazzine, persino dipinti sui muri. Cuori di ogni forma e colore: dal soffitto ne pendevano a decine in legno dipinto a mano. 
Il barista li salutò strizzando l’occhio: aveva tatuato sull’avambraccio un gigantesco cuore trafitto da una freccia e i capelli erano dritti, di un rosso acceso, e parevano fare pandan con l’arredamento. 
“Che posto particolare, pensa che non c’ero mai stato.” ammise il giovane prima di sedersi. Si sentiva un po’ a disagio: sopra al tavolo, una candela aspettava di essere accesa per illuminare i loro volti.
Quell’ambiente così eccentrico aveva colpito Bra, che si guardava attorno incuriosita. 
“Strano, non c’è nessuno a parte noi due. Eppure a quest’ora è difficile trovare un bar che non sia affollato.” sedette di fonte al ragazzo, che teneva già la lista stretta tra le mani e sembrava impallidito. 
“Mmh, io voglio…ecco…”  leggendo i prezzi si sentì mancare e fece una smorfia di dolore, non poteva sperperare troppi soldi: pensò all’anello e riuscì a trattenersi.
“Un caffè, grazie.” ordinò sentendo lo stomaco brontolare, il cameriere scrisse su un taccuino e poi si rivolse verso la ragazza.
“Lei, miss? Cosa desidera?” chiese sorridendole fin troppo gentilmente, con voce profonda. 
La principessa si concentrò sul menù, leggendo con attenzione ogni parola, poi con decisione sollevò lo sguardo e ricambiò il sorriso, parlando d’un fiato.
“Una cioccolata con panna e dei pasticcini, ah…anche un bicchiere d’acqua. Grazie.”
“Bene miss, subito.”  l’uomo fece un accenno di inchino e con un accendino diede vita alla fiamma della candela.
La disperazione si abbatté su Goten, poiché mentalmente fece la somma del conto. Sudando, arrotolò le maniche della camicia sentendo nel corpo un insopportabile calore.
Come poteva arrivare dalla fidanzata a mani vuote? Quanto gli sarebbe rimasto il tasca, dopo quello snack imprevisto?
“Dieci zeni un caffè: è assurdo! Costa quanto una pizza, che ladri! Lo credo che il locale è vuoto!”  pensò dilaniato da quel tormento.  
Cercò di deglutire e, sentendo il cervello andargli in corto circuito, sfoderò un sorriso da imbecille, sbattendo un po’ di volte le palpebre.
La giovane esplose in una risata, rallegrata da quella strana, ma così buffa espressione.
“Che faccia che hai! Sembra che ti sia caduto un macigno sulla testa. Fortuna che dovevi consolarmi!” rise ed aprì la borsetta per frugarci dentro. Nella mano teneva stretta una piccola busta bianca, che posò sul tavolo e la spinse verso Goten.
“Leggi. Leggi che pretese, quel porco!” esclamò risentita, mentre l’ansia di lui cedeva il passo alla curiosità.
Il Son alzò un sopraciglio e scosse la testa dopo aver appurato il contenuto di quelle poche righe, scritte con una calligrafia frettolosa.
“Così voleva proprio che gli facessi un bel regalo, oggi! Aveva già organizzato tutto: mister ti trombo il giorno di San Valentino.” accennò un sorriso vedendola arrossire, mentre il cameriere tornava con un vassoio in mano per servire con garbo le loro ordinazioni, rivolgendo a lei un’altra occhiata ammirata.
“Buon San Valentino.” disse malizioso prima di allontanarsi, facendo imbarazzare entrambi.
“Ehm…ci ha preso per fidanzati.” Goten non riusciva a distogliere lo sguardo da lei: si era sfilata la giacca e la maglietta rossa che indossava tracciava la linea morbida dei suoi seni.
Il suo istinto da seduttore tornò a manifestarsi all’improvviso: una vocina stridula gli rimbombava nella testa e gli diceva di provarci.
Grazie al cielo riacquistò subito il controllo, sentendosi un verme: lei era la sorella di Trunks e la figlia di Vegeta e poi lui era fidanzato. Già, fidanzato. Deglutì.
La ragazza affondò il cucchiaino nella panna e lo portò alle labbra, rivolgendo lo sguardo sull’espressione sconsolata di lui che stava mescolando lo zucchero nel caffè, appoggiando un gomito sul tavolo.
“Capisci?” disse ritornando al discorso fatto pocanzi.
“Sono solo tre mesi che usciamo assieme e questo di oggi è stato una specie di ultimatum: o me la dai o ti mollo!” continuò, ingoiando quella soffice bontà.
“Beh, è certamente un tipo da lasciar perdere, se ti avesse voluto bene non ti avrebbe costretta: è egoista fino al midollo.” il giovane sollevò la tazzina e la portò alle bocca, finendo in un solo sorso la bevanda.
“E tu? Anche tu sei egoista con la tua ragazza? Avete mai fatto sesso? Sei innamorato di lei?” domandò a raffica la Brief, accesa da un impeto improvviso, sistemandosi i lunghi capelli azzurri dietro le spalle.
Goten spalancò gli occhi: non si aspettava delle domande simili; a dire il vero non sapeva cosa risponderle, nessuno glielo aveva mai chiesto.
Ma era davvero innamorato di Valese?
“Ehm…io ..beh …” tartagliò stringendo forte un tovagliolo nella mano e, inavvertitamente, spinse la tazzina verso il bordo del tavolo, facendola cadere e frantumare sul pavimento. 
“Oh no! E adesso quanto mi costerà?” si domandò portandosi una mano sulla fronte, mentre Bra scoppiava a ridere di gusto.

 

Continua …

 

Ciao raga …questa fic con la mia adorata coppia Bra & Goten la dedico a tutti quelli che domani festeggeranno San Valentino...

Io? Io penserò a Trunks, l’unico maschio ( anche se di cartone!) che desidero e che non mi darà mai delusioni …

A parte queste follie…cose ne pensate della storia, vi piace? Volete leggere la seconda e ultima parte? Cosa mi dite ??

Fatemi sapere a gran voce, io sono qui al pc e sto scrivendo…^_^ anche per voi …

VVB

Ciao …a presto.

 

LORIGETA ^^

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Capitolo 2
*** 2 parte. ***


 

San Valentino …Gioie e dolori.

 

 

Goten cercò di trovare una ragione sensata per giustificare quel pizzico di sfiga che si portava sempre appresso, senza trovarne una che lo soddisfacesse.
Sospirò e le sue dita corpose iniziarono a tamburellare sulla tovaglia. L’unica cosa certa era che quella giornata stava prendendo una piega disastrosa. 
Nel suo portafoglio sarebbero rimasti ben pochi quattrini dopo aver pagato quel danno. Quale scusa convincente avrebbe potuto inventarsi per evitate lo stratosferica scenata di Valese?
La sua bocca s'increspò.
“Ehi Goten, dai non fare quella faccia, vedessi come sei buffo.” lo interruppe la principessa, facendogli sollevare il capo per scontrasi con le sue iridi cristalline.
La vide morsicare di gusto un pasticcino a forma di cuore, che ricordò costasse la bellezza di quattro zeni, notando quanto fossero vermiglie le sue labbra e vellutate come i petali di una rosa.
Il mezzosangue sorrise e sentì l’ansia scemare. Ogni secondo che trascorreva guardando il suo viso, così bello e radioso, avvertiva un piacevole calore sulla pelle, una sensazione simile alla carezza della brezza primaverile.   
Ad un tratto, però, udì sopraggiungere dei passi. I due si voltarono all’unisono verso il bancone e videro il barista avvicinarsi al loro tavolo con uno sguardo poco cordiale. 
“Cos’è successo? Ha rotto qualcosa, per caso?” domandò rivolgendosi al giovane con tono sgarbato e sollevando un sopraciglio.
“Sì, mi scusi: ho rotto una tazzina! E’ scivolata giù senza che me rendessi conto. Mi dispiace. ” spiegò rassegnato. 
L’uomo sembrò infuriarsi, le gote gli divennero rosse come il fuoco, sembravano ardere.
“Una tazzina di finissima porcellana, un servizio rovinato!” decretò con rammarico chinandosi per raccogliere un coccio appuntito.
Bra voltò il viso di lato, mordendosi il labbro per evitare un'altra fragorosa risata: era davvero comica la situazione, ora Goten si grattava il capo.
“A me sembrava una normalissima tazzina, comunque mi dica quanto ... quant’è il danno?”
Il barista incrociò le braccia, sicuro di aver captato nella voce del ragazzo un accento di arroganza che non riusciva a tollerare. 
“Certo che …”  e lo squadrò da cima a fondo due volte, “Non sei un bell'esempio di bon ton. Non credo tu possa maneggiare certe finezze, o sbaglio?” sentenziò con evidente allusione, spostando subito lo sguardo sulla ragazza e sfoderando poi un sorriso sarcastico.
Il saiyan si incupì, quel tono così denso di doppi sensi lo aveva irritato profondamente.
“Non sono affari suoi e poi penso di essere il grado di maneggiare qualsiasi cosa, non ho certo problemi, io! Quanto le devo?”  dopo aver riformulato la domanda si sollevò d’impeto, facendo arretrare la poltroncina, e lo fulminò con gli occhi estraendo il portafoglio dalla tasca della giacca.
Lo sguardo del proprietario del locale si fece assorto, vibrava appena le labbra, come se stesse contando mentalmente.
Arrivò subito la pesante sentenza.
“Sono ottantacinque zeni.” disse indicando con il dito i resti della ceramica.
“Compreso il danno.” precisò come se il ragazzo potesse avere dei dubbi in proposito.
“Ah! Ottantacinque zeni.” ripeté Goten e restò un istante a bocca aperta, lasciando trasparire un'espressione di disperazione sul suo volto virile.
I due si scrutarono in cagnesco, visto che il Son sembrava avesse gli arti immobilizzati e non riuscisse ad aprire il portafoglio.
“Ehm, scusate …” Bra li fissava perplessa, parlò con decisione mostrando loro la decina di carte di credito tirate fuori dalla borsetta e poste nella custodia a fisarmonica.
“Prego.” ne porse una al proprietario, ma il giovane prontamente le bloccò la mano, facendo cenno di no con il capo.
“Stai scherzando, vero? Non è ancora arrivato il momento in cui dovrò far pagare il conto ad una ragazza, piuttosto mi metto dietro il banco a lavare i bicchieri!” tale esortazione la fece sorridere e scatenò in lei un senso d’ammirazione; non era rimasta immune al fascino adulto e sicuro dell’amico di suo fratello.
Non l'aveva mai guardato con così tanto interesse, era rimasta affascinata di fronte a tanto orgoglio; in un certo senso le ricordava la fierezza di suo padre.
“Tenga e non voglio il resto.”  riprese Goten senza pensarci troppo, sentendosi prossimo ad una sincope vedendosene andare così novanta zeni. L'altro invece  ghignò soddisfatto, porgendo un inchino alla ragazza e voltando le spalle ignorò il saiyan, che incrociò le braccia.
“Razza di cafone; può ringraziare che so controllare i miei istinti, altrimenti vedi dove glielo facevo il cuoricino.” si morse la lingua, non era il caso di essere volgare davanti ad una ragazza.
“Dobbiamo proprio andare?” chiese lei assaporando l’ultima goccia di cioccolata.
“Non hai risposto alle mie domande, però.” cercò di non badare al fatto che lui continuasse a scrutare l’orologio da polso, si stava facendo tardi e per di più era quasi al verde.
“Scusa, ma non ho molto tempo e poi, ecco, se vuoi saperlo cerco di non essere egoista con Valese, o perlomeno non come il tuo ex ragazzo. Mi piace avere rispetto delle idee altrui, non abbiamo ancora fatto nulla in quel senso.”
Lo sguardo di Bra s'illuminò, quelle parole le parvero inverosimili: Son Goten, ritenuto un instancabile sciupa femmine, praticava l’astinenza per amore?
Era una notizia da prima pagina, sconvolgente, ma, si rese conto, anche molto piacevole per lei. A cosa stava pensando?  Quegli occhi neri l’accesero di desiderio e ciò la fece arrossire dalla vergogna.
“Bra? Ti senti male?” domandò vedendola paonazza, dello stesso colore della maglietta, ma lei negò e senza fiatare si sollevò indossando la giacca.
“Hai ragione: è tardi, andiamo via.” quel cambiamento improvviso d’umore insospettì Goten, che si portò al suo fianco con slancio e la prese per mano. 
“Se vuoi ti accompagno verso casa, così poi …ehm …vado a comprare quel famoso regalino.” spiegò esasperato, ormai poteva permettersi ben poco con centocinquanta zeni.
Lei si incuriosì e non frenò la lingua, cominciando a parlare velocissima, con l’intento di stordirlo. 
“Posso venire con te a scegliere il regalo? Ti farò da consulente, dai, ti prego!” si comportò come una bambina capricciosa, insistendo fino allo sfinimento, congiungendo i palmi della mani per pregarlo.
Lui, malgrado l’invadenza, non poté ritenersi dispiaciuto. L’unico rammarico era che si accorgesse di quanto poco denaro disponesse: l’erede della Capsule Corporation era abituata ad un alto tenore di vita.
Parlò senza staccarle gli occhi di dosso, calamitato da quel sorriso caldo, da quelle iridi che aveva fatto ritornare gioiose, dimentiche delle lacrime.
“Se proprio insisti, ma sicura che non ti annoierai? Sono molto indeciso e perderai del tempo, magari avevi altri progetti.” quell’astuta tecnica di persuasione non sortì l’effetto desiderato; più convinta di prima, la principessa lo esortò a sbrigarsi, uscendo e trascinandolo fuori dal locale.
La via brulicava di gente, centinaia di persone erano pronte a consumare le ultime ore di quella fredda giornata per glorificare una festa all’insegna dell’amore.
“San Valentino.” pensò amaramente Goten a denti stetti, maschiandosi alla bolgia mano nella mano con la giovane ninfa dai capelli azzurri.
“Dove si va?” domandò lei ad un certo punto, dopo aver percorso un breve tragitto e notando lo sguardo sempre più confuso di lui.
“Torniamo alla piazza, voglio vedere una cosa nella gioielleria.” forse poteva optare per un ciondolino o magari un paio d'orecchini.
Attraversarono la centralissima strada e se la lasciarono alla spalle per imboccarne una meno trafficata; la percorsero a passo svelto finché Bra, ad un tratto, si fermò per ascoltare l’eco di una musica che giungeva da chissà dove.
“Senti? Sembra qualcosa di divertente, andiamo a dare un’occhiata?” schizzò gli occhi celesti nella direzione opposta, da dove giungeva quell’allegra canzone e, lasciandolo di stucco, prese una rincorsa facendogli cenno con la mano di seguirla.
Il Son sbuffò e, senza troppo entusiasmo, esaudì la richiesta mettendo in crisi la propria razionalità. Cosa stava facendo? Tremende vertigini lo assalirono al pensiero di perdere altro tempo.
Le ore che lo separavano dall’appuntamento con Valese si stavano accorciando, non aveva altri minuti da sprecare.
Eppure camminava dietro di lei, che talvolta si girava e ridacchiava nel vederlo alzare gli occhi al cielo. Sembrava ipnotizzato, come le se sue gambe si fossero animate di vita propria e non riuscisse a governarle. La seguì passo dopo passo, allorché giunsero di fronte al cancello dell’immenso parco pubblico, ove da qualche giorno sostava un animato Luna Park.
“Wow, che bello! Curiosiamo un attimo?” prima che potesse reagire, lei era già dentro, in mezzo alla confusione e alle grida gioiose dei bambini.
“BRA! Dobbiamo andare! Ma tu guarda questa! Chi me l'ha fatto fare?” Goten fece una smorfia e varcò il cancello, lanciando uno sguardo alle numerose attrazioni e ai botteghini, vedendola immobile davanti ad un tiro a segno.
“Eccola là!” sbottò. Un tuono improvviso e profondo lo fece sobbalzare, annunciando l’imminente arrivo della pioggia.
“Bene, ci manca solo un diluvio per finire in bellezza; tra poco verrà giù il finimondo."
L’aria gelata gli frustava prepotentemente la pelle e sollevava alcune cartacce, facendole volteggiare in una danza frenetica, e muoveva le insegne delle giostre che cigolavano incessantemente. 
“Guarda Goten, non è tenero?” con pochi passi l’aveva raggiunta e lei, con la sua spontaneità, era riuscita a scioglierlo come neve al sole. Stava guardando sognante un orsacchiotto di peluche, dai grandi occhioni un po’ tristi ed era deliziosa.
Quant’era dolce, aveva voglia di accarezzare la sua pelle così fresca, di sfiorare quelle labbra rosate, era così aggraziata, così vera.
D'istinto lui allungò una mano per scostarle una ciocca di capelli dal viso; lo fece con naturalezza, fissandola negli occhi.
Bra rimase immobile. Non si aspettava tanta delicatezza da quelle mani così grandi e, quando le venne ancora più vicino, il cuore le arrivò in gola. 
Non si era mai accorta della bellezza del suo viso, dei lineamenti perfetti eppure così maschili.
“Go-Goten, mi piacerebbe quell’orso. Pensi di riuscire a vincerlo?” chiese cercando di alleggerire la tensione.
Perché gli chiedeva una cosa così ovvia? Per lui era scontato, aveva dovuto affrontare sfide molto peggiori.
Il giovane sorrise e la Brief incrociò le braccia al petto, imbronciandosi a quel tentennamento, visto che non le aveva ancora risposto.
“Bè, tu cosa ne pensi? Forse potrei farcela.” sornione estrasse il portafoglio per l’ennesima volta, salutando amaramente una banconota da cinque zeni, che finì rapida nelle mani del barbuto gestore.
“Giovanotto, preferisce il fucile oppure il martello per la prova di forza?” gli mostrò gli attrezzi appoggiandoli sul bancone.
Al saiyan scappava da ridere, lo fissò un momento e finse di pensarci.
“Mmmh…mi dia il martello: voglio far arrivare il cilindro in cima e far suonare la campanella.” si voltò e fece l’occhiolino alla ragazza, che senza muoversi fissava con attenzione ogni sua mossa.
Il Son strinse nelle mani il manico dell’attrezzo, mentre l’uomo gli spiegava brevemente i vari punteggi da accumulare per poter aspirare ad un premio.
“Quindi se faccio 10.000 punti l’orso sarà mio?” domandò con aria innocente, fremendo dalla voglia di donarlo alla principessa, mentre l’altro annuiva poco convinto.
“Non è facile ragazzo, ma buona fortuna.”
Il mezzosangue si passò una mano nei capelli, traendo un profondo respiro. Avrebbe dovuto fare molta attenzione o avrebbe rischiato di distruggere la struttura: sarebbe bastato perdere un briciolo di controllo per fargli esplodere un eccesso di forza.
Sollevò il grosso martello verso l’alto e indugiò un momento, prima di abbassarlo per sfiorare appena la base metallica, ma ciò fu più che sufficiente. Vide schizzare il peso fino in cima, dove colpì con forza la campana, che suonò in segno di vittoria.
“Ci sono riuscito!” esultò felice come un bambino.
In un attimo lei gli andò vicina e rise a gran voce, lo ringraziò, complimentandosi con un tono melodioso che lo fece imbambolare e meccanicamente grattare la testa.
In quel momento Goten era il ritratto di Goku: emergeva in lui tutta la semplicità infantile, tipica di suo padre, e in egual misura quell’innata bontà che imprimeva un piacevole ricordo a chiunque lo avesse conosciuto.
“Complimenti: un vero record, non mi era mai capitato!” il vecchio proprietario si complimentò porgendogli la mano, poi si diresse verso lo scafale e prese il pupazzo, offrendolo alla giovane.
“Presumo lo abbia vinto per la signorina, heheh…oggi è San Valentino, che bello l’amore.”  di colpo lei arrossì e nascose il viso con i capelli, mentre Goten tartagliava una sorta di spiegazione poco convincente.
“Questi giovani, sono così restii ad ammettere un sentimento, va bè buon proseguimento e ... buona serata.” quell’ultima parola fu sottolineata con tono malizioso e li fece allontanare alla svelta, timorosi di altre allusioni. Si ripararono poco distante e su di loro troneggiava la gigantesca ruota panoramica.
La figlia di Vegeta abbozzò un sorriso.
“Grazie, è così tenero. Sai, non pensavo di ricevere un regalo così bello oggi, dopo quello che è successo con Erik.” abbassò lo sguardo tristemente, ma le dita di lui si posarono delicate sul mento e lo sollevarono, obbligandola a guardarlo.
“Tu meriti molto di più: non lasciare che uno sbruffone insensibile ti faccia soffrire. Vedrai che conoscerei un ragazzo sincero, che saprà amarti con tutto se stesso.”
S'interruppe, accorgendosi di quanto fosse emozionato; avrebbe voluto abbracciarla, ma come poteva? Imprecò contro il destino, che sembrava burlarsi di lui, poiché gli mostrava un lato di lei sconosciuto che gli piaceva da impazzire.
“Sei così dolce, ti auguro di essere felice.” mormorò infine.
La sua voce era così calda, piacevole, così maschia.
Bra si accorse di non udire altro, nemmeno il rumorio incessante delle giostre, nè tantomeno la musica assordante e neppure il vociare allegro delle tante persone, ma solo la voce di Goten.  
Che fantastica giornata, pensò, non aveva il coraggio di dirgli quanto si sentisse felice.
Avrebbe voluto rimanere lì vicino a lui, sotto le prime gocce di pioggia, a fissare i suoi occhi grandi e profondi senza mai stancarsi, mentre un fuoco di passione mai provata le ardeva nel petto, facendole aumentare il battito del cuore.  
“Bra?” la chiamò vedendola in trance, avvicinando il viso al suo notando che avesse lo sguardo perduto nel vuoto.
“Bra, ci sei?” ripeté scompigliandole con tenerezza la capigliatura.
Le palpebre della Brief si dischiusero; la sua pelle nivea appariva arrossata, ma non solo dalla brezza pungente, bensì da quei pensieri così inusuali che l’avevano sconcertata. 
“Scusami, stavo pensando a …” s'interruppe senza trovarle le parole per giustificarsi. Era inconcepibile potergli dire la verità, si sentiva così sciocca: Goten la riteneva solo una ragazzina. Sicuramente, se fosse stata sincera, si sarebbe fatto una bella risata.  
“A…?” continuò lui incuriosito. La sua espressione era così intensa che la stordì e la indusse a parlare di getto, facendole dire la prima cose che le frullò nella mente.
“Ti manca tuo padre?” quella domanda suscitò in lui un brivido. Era così ogni qualvolta sentisse nominare il genitore: il ricordo di quell’addio era ancora troppo vivo e doloroso.
Goten incurvò le labbra; avrebbe voluto alzare gli occhi e gridare verso il firmamento che gli mancava da morire, ma si limitò ad annuire, mentre le mani di lei sfioravano le sue.
“Mi dispiace, non dovevo chiedertelo. Non so cosa mi abbia preso…” Bra si sentì immediatamente in colpa per averlo rattristato; rammentò il grande dolore che aveva pervaso tutti loro, alla partenza di Goku con il drago Shenron.
“Fa niente, tanto ci penso spesso, ma sono forte e supererò anche questa sofferenza. E' molto più dura per mia madre!” stava incarnando alla perfezione un modello di altruismo. Era questo il vero Goten e non il rubacuori incallito, che aveva sempre creduto che fosse.
La principessa si rese conto di provare invidia per la sua ragazza, giacché doveva essere meraviglioso farsi avvolgere dalle sue braccia così robuste, calde e confortanti.
La voce di lui, però, la riportò alla realtà, mettendola di fronte all’evidenza: se ne sarebbe andato di lì a poco e quella sera avrebbe festeggiato con Valese.
“Purtroppo si è fatto ormai troppo tardi.”  con rammarico, le indicò l’uscita e la giovane lo seguì senza ribattere, stringendosi nel cappotto per ripararsi dal freddo intenso. Camminarono l'uno accanto all’altra lungo la strada affollata, nel mezzo delle attrazioni.
Ostentavano indifferenza, ma entrambi si sentivano turbati: era davvero piacevole passeggiare così vicini e parlottare anche delle cose più banali.
“Ragazzi, scusate!”  ad un tratto un'alta figura si stagliò a pochi metri da loro: portava sulla testa un strambo cappello di colore lilla, simile ad una tuba, e dei pantaloni larghi e altrettanto stravaganti. Si avvicinò con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, mentre i due interessati si scambiarono uno sguardo perplesso, chiedendosi chi fosse.
“Dica. Ha bisogno?” domandò Goten dando l’ennesima occhiata all’orologio, mentre lui lo invitò a battere un cinque con la mano. 
“Complimenti! Oggi è una giornata speciale, ma prima di tutto voglio presentarmi: sono il direttore di questo Lunapark e voi due, giovani piccioncini, siete stati scelti per un tour gratuito nel mio regno fantastico. Festeggerete il vostro amore gustandovi ogni attrazione senza spendere nemmeno uno zeni.” ammiccò e poi rivolse un complimento gentile a Bra, che ascoltava con aria incuriosita.
Chissà perché la fortuna capita sempre nei momenti meno opportuni, pensò il saiyan scrollando la testa, tradendo l’apprensione per quegli ulteriori minuti che stavano scorrendo veloci e gli trasmettevano un'ansia indicibile.
“Vi vedo indecisi. Avanti, coraggio, non siate timidi.”  il gestore li incitò a gran voce attirando una piccola folla di curiosi.
“Ecco, mi dispiace, ma non possiamo.”  spiegò lui. Era impossibile accettare e, anche se dispiaciuto, Goten si vide costretto a rinunciare.
“Ehi, aspetta un momento!” Bra scattò in avanti ponendosi in mezzo ai due.
Sul viso di lei apparve un sorriso sfavillante, poi con foga strattonò il Son tanto forte che per poco non lo fece ruzzolare a gambe all’aria sul lastricato.
“Goten, dai facciamo un giro! Uno solo, per favore. Scegli tu dove.” era su di giri e si allacciò al suo braccio. A lui parve avesse dei tentacoli al posto delle dita: non v’era speranza che lo liberasse dalla presa, almeno finché non avesse accondisceso alla sua richiesta.
“Non posso: è tardissimo. Rischio di litigare con Valese, ti ho spiegato che devo ancora comprarle il regalo.” il ragazzo si lasciò andare ad una brillante spiegazione, ma invano: lei aveva la testa dura quanto il piombo. 
“Suvvia giovanotto, non vorrete deludere una così bella signorina? Vi consiglio subito il tunnel dell’amore, è una meraviglia.”  l’uomo si voltò per indicare la struttura che scintillava al gioco delle innumerevoli luci intermittenti ed era di un rosso acceso, puntinato dal nero di tanti cuoricini impressi con la vernice.
“No! Per favore …Bra!” 
Goten borbottò qualcosa d'incomprensibile, facendo presente alla ragazza che lo stava mettendo in un grosso guaio, senza riuscire a farla desistere.
Dopo pochi secondi, però, loro due e l’orsetto di peluche erano pronti a salire in una delle sgargianti vetture a forma di cuore che scorrevano su una rotaia d’acciaio. Li avrebbe trasportati all’interno in un caleidoscopio di tenui colori, accompagnati dalle note di una romantica canzone. 

************

 

 

Valese si era sottoposta con piacere ad ogni genere di delizia estetica e, soddisfatta, si apprestava ad uscire dall’istituto di bellezza, dandosi però un'ultima occhiata nel grande specchio che occupava buona parte della parete.
“Un po’ di rossetto e sono perfetta! Chissà cosa mi dirà Gotenuccio e cosa mi porterà di regalo. Mi auguro che abbia capito il mio desiderio: voglio un bellissimo anello di fidanzamento.”
La giovane indossò il morbido giaccone giallo canarino, tirò indietro i capelli castani con una fascia dello stesso colore e fece l’occhiolino alla sua immagine riflessa.
“Sei uno splendore.” si sussurrò e, in meno di un istante, fu pronta ad uscire. Si trovò sotto al cielo rannuvolato e si rabbuiò sentendo alcune di gocce di pioggia caderle sulla pelle truccata del viso.
“No! Mi rovinerò l’acconciatura! Accidenti, non ci voleva: il centro è distante.” sbirciò il raffinato orologio e si morse il labbro.
Doveva sbrigarsi: mancava solo un'ora all’appuntamento.
Una strombazzata risuonò decisa dietro alle sue spalle: un auto sportiva aveva accostato al marciapiede ed un giovane dai capelli corvini, facendo scendere il finestrino, s’era sporto ammiccando.
“Ciao. Sei sola, bellezza? Vuoi un passaggio?” chiese arditamente.
La ragazza si finse indignata e voltò il viso da un lato, ma lui continuò a adularla con una lunga serie di complimenti.
“Sta piovendo, dai sali! Non ti mangio mica.” Valese cercò di non badarci, tuttavia non poté restare indifferente a quel fascino e all’eleganza che ostentava: sicuramente era molto benestante, così decise di accettare.
“D’accordo: devo andare vicino al grattacielo di cristallo, vai da quelle parti?” domandò umettandosi le labbra.
“No, però posso fare uno strappo e accompagnarti.” detto ciò lui, con portamento aggraziato, scese per aprirle la portiera, mostrandosi molto galante.
Lei sorrise e si sollevò appena la gonna per sistemarsi sul sedile di pelle, si allacciò la cintura e guardò il lussuoso cruscotto, che rifletteva le luci nei suoi occhi nocciola.

 

Continua …

Odio Valese!!!XD  

Non divaghiamo però, mi ero preposta di non dilungarmi troppo e invece come al mio solito quando comincio a scrivere non riesco più a fermarmi. ^^

Va bè …prometto che il prossimo capitolo sarà l’ultimo e chissà...ci sarà un bel finale? Lo sapete... sono imprevedibile XD

Un bacione a tutti i lettori e uno grande a chi ha lasciato un commento:

Rayn_88, nana987, Goten87, miacaracara, sem0305, miss miyu 91, bebbina,

favola88, nicichan, Alan_k1, giada_chan, WiseG, sarapastu.

 

GRAZIE a tutti e mi raccomando fatemi sapere la vostra impressione sul capitolo.

Ciao, VVB.    

 

 

LORIGETA ^^

 

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Capitolo 3
*** 3 parte. ***


San Valentino …Gioie e dolori.

 

Bra aveva le guance in fiamme e il cuore le batteva a mille, mentre sentiva il respiro di Goten sulla pelle.  
Le sue braccia robuste la circondavano e la facevano sprofondare in fantasie tutt’altro che innocenti. 
Desiderava restare a lungo in quel piccolo abitacolo, che li costringeva ad un contatto così ravvicinato.
“Cavolo, è troppo stretto qua dentro, ti do fastidio Bra?” chiese lui dopo essersi accorto che la stava stringendo un po’ troppo, con la fronte madida di sudore.
“No, tranquillo, fai pure …”  un piccolo sorriso si delineò sulle labbra scarlatte della principessa. Avrebbe voluto aggiungere che quello che stava provando non era fastidioso e che, anzi, poteva definirlo molto piacevole. 
Nuove sensazioni stavano nascendo nella sua giovane anima; tuttavia sapeva di non potersi illudere: era la sorella di Trunks, la ragazzina vivace e guastafeste che spesso Goten aveva dovuto sopportare durante le sue visite nella loro casa.
Sospirò e si lasciò cullare da quell’abbraccio al suono di una canzone dolcissima, mentre avanzavano lungo la rotaia e venivano travolti da una miriade di cuoricini fluorescenti che spiccavano sulle pareti scure. Era un vortice di luci e colori che ad un tratto però scemava per dar spazio ad un buio profondo.
Ecco, quello era il momento giusto per un bacio. Già, un bacio.
La ragazza alzò gli occhi al cielo; per la terza volta consecutiva aveva sperato inutilmente che accadesse qualcosa di eccitante, senza che lui nemmeno avvicinasse le labbra alle sue.
Sembrava fatto di marmo, guardava dritto davanti a sé con una faccia inebetita, quasi la indispettiva.
Non aveva mai provato dei brividi così intensi stando vicino ad un ragazzo e la prospettiva di baciarlo divenne troppo allettante, cosicché all’ennesimo calo di luminosità decise di agire d’istinto. 
Agilmente si voltò e si mise a cavalcioni sopra di lui, adagiò il seno contro i suoi muscoli sodi e torniti poi, soddisfatta della bravata, lo guardò dritto negli occhi scoccandogli un sorriso civettuolo. 
Lui la guardava sbigottito, “Ehm…” tossicchiò mentre cercava di capire dove volesse arrivare.
“Bra? Ma cosa stai facen…”
Prima che se ne rendesse conto, lei si avvicinò e posò le labbra sulle sue, dischiudendole per sentire il calore della sua lingua.
Sentirono ardere le guance e i loro cuori presero a tamburellare.
Goten si lasciò sfuggire un sussurro rauco, ma non riuscì a trattenere il proprio impeto e le trasmise delle sensazioni di intenso piacere, assaporandola con passione. 
Bra ebbe l’impressione di trovarsi seduta su una roccia, sentendo la sua portentosa erezione sformargli il bassoventre, incurante dell’orsacchiotto ormai dimenticato sul bordo del sedile e che rischiava di scivolare a terra.
Il mezzosangue sentì il corpo teso; era troppo eccitato e tentò di allontanarla, accorgendosi di essere ebbro del suo profumo.
Se fosse stato per lui, l’avrebbe fatta sua lì dove si trovava, tanto la desiderava. 
Allontanati da lei, gli consigliò una vocina saggia nella sua testa. 
Nel caso fosse finita in quel modo, rischiava di essere abbrustolito per mano di Vegeta.
“Cosa sto facendo? Non posso permettere che accada!” si disse, spaventato dalla sua reazione inconsulta, sentendosi un verme.
Non poteva approfittarne, dopo si sarebbe logorato dal rimorso. 
Con un movimento rapito si staccò dalle sue labbra e riprese fiato, guardandola arrossire violentemente, suo malgrado.
La luce era tornata all’improvviso e la Brief si sentiva a disagio. Si rannicchiò in basso e sprofondò il viso nella pancia dell’orso per evitare di guardarlo. 
“Scu-scusa, non dovevo…” farfugliò con voce soffocata, rifiutandosi di abbandonare quella posizione innaturale, sentendolo borbottare parole incomprensibili.
“Bra, ehi tirati su, non fare la bambina!”  lui deglutì cercando di non pensare al sapore delle sue labbra, sapevano di deliziosa vaniglia.
“No! Voglio restare così, non mi alzo.” rispose capricciosa, stringendosi ancor più al pupazzo.
Il saiyan, spazientito, si chinò su di lei per strapparle il peluche dalle mani, poi le sollevò il mento con due dita costringendola a guardare i suoi occhi nerissimi.
La ragazza aveva la pelle violacea e si mordeva il labbro; c’erano così tante cose che avrebbe voluto dirgli, ma restò in silenzio. 
Goten si sforzò di dare una spiegazione su quanto era accaduto e si grattò il capo. 
“Bra, perché lo hai fatto? Dammi almeno una motivazione …” 
Per tutti gli Dei, stava perdendo la ragione? Invece di rimproverarla come avrebbe fatto un fratello maggiore, sperava di sentirla ammettere che si era innamorata di lui. 
“Scusa, ho sbagliato, cioè volevo solo giocare, festeggiare a mio modo San Valentino!” fece spallucce, pensando che una scusa più cretina non avrebbe potuto trovarla. Se fosse stato indetto un concorso per la più grossa fesseria della giornata, si sarebbe aggiudicata il primo premio.
“Un gioco?” lui alzò un sopraciglio.
Lei giocava così, di solito, con i ragazzi?  Accennò una smorfia di disappunto e capì che l’atteggiamento da donna vissuta che ostentava non gli andava a genio.
Scrollò il capo con l’intento di andare a fondo alla questione; forse la piccola non lo conosceva abbastanza bene per comprendere che non si sarebbe accontentato di una banale scusa. 
“Quando usciremo di qui mi dirai tutto.” la avvertì severo, facendola sbiancare.
Sprofondarono nuovamente nell’oscurità e questa volta il Son imprecò a voce alta.
“Quanto dura questa stupida giostra? Voglio scendere, dannazione!” esclamò non riuscendo a sciogliere la tensione. 
Non era prudente restare ancora così vicini, sentiva il bisogno di una boccata d’aria fresca sulle guance e non solo.
Starle accanto gli procurava un senso di annebbiamento al cervello, giacché si rendeva conto di provare un sentimento che andava ben oltre l’amicizia.
Procedettero svoltando a destra e la macchinina rallentò improvvisamente.   
Dal soffitto iniziò a scendere un diluvio di palloncini e apparve un cupido di cartapesta, che dondolò a pochi centimetri dal viso di Goten.
Il tutto condito con un allegro ritornello che augurava loro un buon San Valentino.  
“Basta!” sbottò il Son, strappando quel fantoccio dalla fune a cui era ancorato e gettandolo a terra con stizza, decapitandolo. 
Bra rimase a bocca aperta, incapace di proferire parola. Di rado aveva visto Goten nervoso, forse doveva dirgli la verità, spiegargli che non si era trattato di uno scherzo.
Il giovane continuò a sbuffare e si calmò solo dopo aver intravisto il cartello che indicava l’uscita e li invitava a ripetere il romantico viaggio.
Sbucarono all’aperto, il vento era gelido e raccoglieva le prime gocce di pioggia. 
Dovettero abbassare le palpebre, infastiditi dal riverbero del sole che battagliava contro nembi densi e minacciosi, mentre la voce del tuono rimbombava ostile e induceva i numerosi visitatori ad avviarsi verso il cancello dell’uscita.
L’aveva aiutata a scendere dal veicolo, porgendole una mano, e ora la guardava camminare. 
Poteva bastare quel faccino avvilito per farlo così stare male? 
Decise che la ramanzina l’avrebbe rimandata, cambiando strategia. 
La ragazza non riusciva quasi a respirare, l’unica via di scampo era fuggire il più lontano possibile da lui, poiché sentiva una gran voglia di piangere.
“Bra, non voglio assillarti, ma se vuoi un consiglio: cerca di stare attenta e frena la tua impulsività. Vedi, un altro avrebbe potuto approfittare del tuo comportamento.”
Gli sembrava di ascoltare Trunks, così serio e composto, sbandierava un'aria matura e responsabile.
Era palese che la giudicasse una sciocca, una che passava il tempo a stuzzicare i ragazzi seduta sulle loro gambe.
La Brief si irritò e sfoderò la sua grinta innata: gli si parò di fronte con le mani sui fianchi.
“Stammi bene a sentire, sapientone: forse hai capito male. Pensi che mi faccia sbattere così facilmente dal primo venuto? Sono ancora vergine, cosa credi?” urlò così forte che gli sguardi di una decina di persone sfrecciarono verso di loro.
Lui si portò una mano sulla fronte per l’imbarazzo.
Era imprevedibile e sfacciata, la principessa, ma così bella mentre il vento le sollevava i capelli. Bastava incrociare i suoi occhi per sentirsi rapire da quell’azzurro simile al cielo dei monti Paoz.   
“Shhh…non è il caso di gridarlo ai quattro venti. Cerca di capire: mi hai baciato e non è stato facile resistere.” 
Lei sorrise al piacere di quelle parole. Non si pentiva dell’azione che aveva compiuto, ma una punta di tensione le fece tremare le mani: era indubbio che si fosse innamorata di Goten.  
“Scusa…” mormorò, sembrava davvero avvilita e i pensieri del Son inconsciamente si diressero al momento in cui l’aveva stretta fra le braccia.
Le si accostò per sfiorare la sua pelle d’avorio con un gesto dolcissimo.
La soluzione al loro problema era semplicissima: sarebbe bastato dimenticare quel bacio, poiché non era il caso di tuffarsi in una storia senza sbocco; troppe circostanze li dividevano. Tra loro v’era una barriera impenetrabile.    
“Facciamo finta che non sua successo niente…” disse il mezzosangue rivolgendole un sorriso forzato.
Preoccupato, sbirciò il quadrante dell’orologio. 
Se voleva riuscire a comprare il regalino per Valese, doveva essere più veloce della luce: mancava meno di un'ora al loro appuntamento. 
“Sono d’accordo, non parliamone più.” rispose Bra rassegnata e conscia dell’impossibilità di mantenere quella promessa. 
Le sembrava giusto continuare a sognare: chiusa nella sua stanza, avrebbe ripensato a quelle labbra così ardenti.
“E’ meglio che vada a casa. Ti ho rovinato la giornata e pensare che volevi solo aiutarmi. Non ho scusanti… a presto.” aveva allungato il passo, scattando con decisione al di là del cancello, verso il rettilineo trafficato con la speranza di dileguarsi, ma era stata solo una vana illusione. 
La sua espressione si fece meravigliata quando vide Goten dinnanzi a sé, appoggiato con la schiena ad un palo della luce.  
“Ehi, ma come hai fatto a superarmi?” era inevitabile ammirarlo, sembrava scolpito nella pietra: il suo fisico, costruito con estenuanti allenamenti, lo rendeva magnifico come un Dio greco.
“Ehehehe…è un vecchio trucco. Funziona sempre, anche con tuo fratello!” la sua risata la contagiò. 
Era incredibile che perdessero ancora tempo, rischiando di far saltare i nervi a Valese.
“Come mai sei qui? Non dovevi raggiungere la gioielleria?” domandò, seppur si sentisse al settimo cielo nel riaverlo accanto.
“Appunto e tu non dovevi farmi da consulente?” rispose alzando un sopraciglio, suscitando in lei un'altra risata.
“Davvero posso venire? Pensavo non mi sopportassi più!” soggiunse ironica e irriverente, dandogli una pacca sulla spalla.
“Non farmene pentire, intesi? Sei come una bomba ad orologeria, ma cerca di non esplodere, almeno per oggi.” si mosse lentamente e la prese per mano. Nessuno dei due  fiatò e, nel giro di pochi minuti, arrivarono di fronte alla gioielleria.
“Cosa le regalerai?” provava un enorme gelosia, anzi odiava Valese. 
“Volevo comprarle un anello. Sai, lo desidera, me l'ha fatto capire …” non avrebbe dovuto essere così schietto, la vide impallidire.
“Ah, un anello. Dunque è una cosa seria.” una fitta al cuore, Bra raggelò.
“Sì.”  fu dura digerire quella risposta. Si sentì crollare il mondo sulle spalle; le parve di essere stata investita da un autotreno.
“Ok, auguri per il vostro amore. Vogliamo entrare?” provava solo rabbia, così fece un pausa per calmarsi: “ Mmmh solo una cosa …la cifra?” con gli occhi lucidi di lacrime mostrò indifferenza, ignara di aver toccato un tasto molto dolente.
“Ci-cifra?” ripeté il giovane e si sentì svenire, sapendo di dover affrontare l’argomento.
L’imbarazzo lo aveva bloccato, emise uno strano verso gutturale e gli venne la pelle d’oca. 
“Oh Santo Dende. Hai cambiato colore: sei giallo come un limone!” la giovane si meravigliò. In quel momento la parola "bellissimo" non era certo l’aggettivo perfetto per descriverlo: assomigliava ad uno spauracchio.
Il batticuore di Goten aumentò, giacché stava cercando di farsi coraggio, mentre con la mano estraeva il portafoglio dalla tasca e lo apriva per contare ciò che gli era rimasto.
Lei attese a braccia conserte; era certa che ci avrebbe messo un’infinità di tempo: sembrava un bradipo, per non parlare dell’espressione tra l’agitato e il rincitrullito. 
“Ehm…pensi di riuscire a contarli prima di domani? Perché non li tiri fuori dal portafoglio, così fai prima?!” non capiva il motivo di quella segretezza, s’era voltato e le dava le spalle.
“Ok, ci sono riuscito.” disse lui dopo aver preso un profondo respiro.
“E hai?” chiese la Brief con insistenza, rivolgendogli un sorriso. 
Ecco, era il momento adatto: il saiyan parlò d’un fiato incurvando le spalle.
“Centoquaranta …” stava per affondare nella più cupa vergogna e aspettava che la ragazza scoppiasse in una fragorosa risata.
“Centoquaranta zeni?” domandò perplessa, ma seria, mentre lui, pallido come un morto, annuiva. 
“Già …ehehehh un vero capitale!”  gocce di sudore gli scendevano sul viso fino ai peli ispidi della barba appena accennata.
Gli occhi azzurri avevano cercato i suoi, una pausa di qualche secondo e si ritrovarono vicini, faccia a faccia.
“Senti, se vuoi ti presto qualcosa io: non ti offendere, poi me lo restituisci. Purtroppo non penso che nella gioielleria troverai un anello che costi così poco.”
Goten rabbrividì al suono della parola prestare, mentre muovendo la testa faceva cenno di no.
“Grazie per l’offerta, ma preferisco pensarci io. Comprerò un cosetta semplice, tanto per darle un pegno. Poi, quando avrò un lavoro, sarà tutto diverso.”  ritrovò il suo sguardo un po’ stupito, ma anche ammirato davanti a tanto orgoglio.
Solo qualche secondo dopo, il mezzosangue pigiava il campanello dell’elegante oreficeria. 
Ingoiò pesantemente nel scorgere, al di là del vetro, lo sguardo snob e indagatore del proprietario. Trasalì allo scatto della porta, sentendo le mani di Bra posarsi sulla schiena per spingerlo dentro.
Gli era già capitato di trovarsi in ambienti lussuosi, ma l’arredamento del locale toglieva il fiato: il pavimento in lastre di marmo nero luccicava come uno specchio. Accanto ad una pianta immensa, a ridosso della parete, sotto ad un dipinto d’aurore, vi erano delle poltroncine rivestite in seta; il banco in legno pregiato era un’opera d’arte, un intarsio d’altri tempi bordato d’oro; appeso al soffitto troneggiava un lampadario sfarzoso di un noto designer. 
Goten si irrigidì e rimase a bocca aperta: un velo d’amarezza scese sul suo viso; cosa ci faceva lì dentro, con centoquaranta zeni in tasca?
Guardò il titolare, i cui lineamenti si piegavano in una smorfia disgustata.
“Desidera?” chiese andandogli incontro.
Era un uomo di mezza età, tiratissimo e piuttosto robusto: sfoggiava un completo griffato di colore scuro, ai piedi calzava una paio di mocassini di coccodrillo.
Lo squadrò da capo a piedi, arricciando il naso. 
“Ehm, devo fare un regalo. No, anzi, un regalino alla mia fidanzata e …”  l’uomo era immobile con gli occhi sgranati; avendo riconosciuto l’ereditiera della Capsule Corporation, un sorriso a trentadue denti si allargò sulla sua faccia abbronzata dalle lampade.
“Miss Brief! Oh, miss Brief che piacere.
Ma ... ma questo signore è con lei?” si inchinò per baciarle la mano e Bra alzò gli occhi al cielo, conosceva la sua ipocrisia e la innervosiva.
“Sì, il
signore è con me.” disse guardando Goten negli occhi. Era adorabile con quello sguardo da cucciolo smarrito, così diverso dal quel damerino imbalsamato.
“Molto bene, mi dedicherò subito a voi. Oggi abbiamo molto lavoro. Sapete, per San Valentino, ma prego accomodatevi sulle poltrone. Intanto le posso chiedere che cosa desidera regalare alla fortunata?” gentilissimo porse la mano al Son e gliela strinse con grinta, poi fece strada e lo invitò a sedersi, indicando con un dito la grande cassaforte muro.”
“Vede, signor ...?” chiese estraendo un paio di chiavi color oro dal taschino e facendole oscillare davanti al suo naso. 
“Son, signor Son.” rispose il saiyan sbuffando leggermente. Quei convenevoli lo mettevano a disagio e il tempo era ormai agli sgoccioli: mancavano venti minuti.
“Dicevo, signor Son, dentro quella cassaforte ci sono un’infinità di gioielli che possono far gioire una ragazza.
Mi dica cosa vuole regalarle.” 
Il prurito del cuoio capelluto di Goten aumentò, si grattò a lungo prima di rispondere.
“Un anello.” mormorò. Gli sembrava di essere avvolto dalla nebbia, poichè Bra era seduta di fronte a lui e aveva incrociato le lunghe gambe; lo sguardo corvino continuava ad indugiare su quegli arti perfetti fasciati nelle calze nere.
“Oh, bene, molto bene: un anello! Ha scelto il posto giusto caro signor Son, cosa ne dice di una riviere di brillanti? Oppure avrei uno smeraldo splendido, davvero spettacolare. E poi costa decisamente poco.”
concluse serissimo.
“Poco? Quanto scusi?” che avesse una concezione tutta sua del valore del denaro era palese, ma Bra era curiosa di sapere il prezzo.
“Miss Brief, costa solo ventimila zeni: una bazzecola.” disse con aria grave e poi posò una mano sulla spalla del saiyan.
“Cosa dice giovanotto, glielo mostro? Giovanotto? Mi sente?”
Il ragazzo era tachicardico. Spremette le meningi alla ricerca delle parole giuste, ma riuscì solo a balbettare e scivolò lentamente sul pavimento, fradicio di sudore.
“Presto! Ha avuto una sincope, Frederik aiutami.” l’uomo chiamò il commesso che accorse all'istante. 
Si stava seriamente preoccupando, ne andava del buon nome della gioielleria. Non intendeva finire sulle testate dei più importanti quotidiani per colpa di quel morto di fame.
“Goten, ehi, tutto ok?” era scioccato, glielo leggeva in faccia. La principessa s'inginocchiò accanto a lui e gli sbottonò la giacca, mettendo in evidenza la fodera 
sgualcita.
Due teste dietro di lei commentarono aspramente e lei digrignò i denti, poi si sollevò e trafisse il gioielliere con uno sguardo infuriato.
“Senta: non abbiamo altro tempo da perdere. Mi faccia vedere subito un anello, che non superi i centocinquanta zeni.”
Non stava scherzando: su quello non v’erano dubbi. L’uomo barcollò, prima di annuire con rassegnazione, rammentando i cospicui acquisti mensili della famiglia Brief.
Sfrecciò verso il banco e tornò con un cofanetto di velluto in mano, lo posò sul tavolino di cristallo e dopo aver sollevato il coperchio estrasse alcuni monili in argento. 
“Questo è quello che le posso offrire costerebbero di più, ma visto e considerato che la conosco da tempo miss Brief le farò un po’ di sconto.” mise allineati cinque anelli: ognuno aveva incastonata un'imitazione di una pietra preziosa.
Il mezzosangue si sforzò di sorridere; si era sollevato e ora stava in piedi titubante, guardava attentamente i monili e non sapeva quale scegliere. 
C’erano molte ragioni per cui avrebbe voluto lasciar perdere e una gli era affianco.
“Quale ti piace Bra? Scegli tu.” la pregò mentre il suo stomaco si mise a gorgogliare, facendo rabbrividire l’orefice. 
“Scusate, ma è da parecchio che non metto cibo sotto i denti. ” si giustificò imbarazzato, peggiorando la situazione.
Bra si mise a ridere. Era buffo e ingenuo: un adorabile bambinone.
“Se fosse per me ...” e sospirò. “Sceglierei senza dubbio quello con la pietra azzurra: è così lucente! Bellissimo.” era sincera. 
Lo sfiorò con la mano, prima di sollevarlo e di infilarselo all’anulare.
“Mi piace davvero…” ammise sfilandolo per posarlo sul palmo della mano di Goten, che aveva guardato con attenzione i suoi movimenti e si era convinto: lo avrebbe comprato.

 

 Continua …

 

Ehm …sono sempre la solita, dovevo scrivere solo due capitoli e invece non me ne sono bastati tre …

XD Mi dilungo sempre troppo, spero solo di non annoiarvi.

Allura …cosa ne pensate del capitolo? 

Ditemi le vostre opinioni perché sono importantissime per me. ^^

Ringrazio i miei recensori che spero continueranno a seguirmi :

Rayn_88, sarapastu, nicichan, sem0305, miss miyu 91, Amina_chan, mary, carol2112, Goten87,nana987, giada_chan, WiseG, Alan_k1, Ishyna, bra94.

Grazie di cuore a Nira Malfoy per i suoi consigli.

Messaggi per :

miacaracara- Ciao, senti toglimi una curiosità, ma segui anche la “Scelta del cuore”?

nichichan- Tesoro …me preoccupata, ti sei persa un aggiornamento:de La Scelta del cuore …ho postato rapidamente e ti è sfuggito: Trunks è tornato XD

lisa- mi manchi…registrati. ^^

ciao, un bacio.       

LORIGETA ^^

 

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Capitolo 4
*** 4 parte. ***


San Valentino …Gioie e dolori.

 

 
“Cosa diavolo mi sta succedendo? Non m'importa niente di Valese in questo momento, ho solo voglia di rimanere accanto a te, Bra.”
L’inaspettato desiderio di Goten si stava trasformando in frustrazione.
La splendida diciottenne, figlia del principe dei saiyan, aveva fatto breccia nel suo cuore e, se fosse stato un tantino più impulsivo, avrebbe urlato al mondo intero che si era innamorato di lei proprio il giorno di San Valentino.
Era rimasto colpito dalla sua semplicità, dall’ entusiasmo che aveva acceso i suoi occhi  nel scegliere l’anello, dal modo in cui era riuscita a mettere a tacere l’arrogante orefice.
Si sforzò di respirare con calma, ma la solida massa del petto si muoveva a ritmo veloce non appena Bra si avvicinava e gli sorrideva.
Un sorriso radioso, dolce, ma intrigante, che faceva ardere in lui nuove emozioni, come se fosse stato ancora un ragazzino.
La magnifica sensazione che aveva provato stringendola fra le braccia lo stava spingendo a porsi un angosciante dilemma: stava facendo la cosa giusta ad impegnarsi con Valese?
D’altronde, come poteva sperare che la giovane ninfa dai capelli azzurri lo prendesse seriamente in considerazione? In fondo lei stessa aveva ammesso di averlo baciato solo per soddisfare un capriccio.  
Il saiyan si diresse verso il banco e cercò di non badare allo sguardo beffardo dell’orefice, che con palese svogliatezza stava eseguendo la lucidatura dell’anello prima di riporlo in una custodia di pelle.
“Sono sicura che le piacerà.” la voce della principessa era un sussurro malinconico e lo costrinse a socchiudere gli occhi. 
Si sentiva lusingato dai suoi apprezzamenti, ma un po’ a disagio a parlare della fidanzata.
L’idea di sposarla adesso gli sembrava lontana anni luce, provava un senso di smarrimento che si stava allargando a dismisura.  
“Prego giovanotto, ecco il suo regalo. Sono centotrentacinque zeni, con lo sconto!” sottolineò l’uomo con voce tagliente liberando un piccolo sbuffo d’impazienza.
Aveva sprecato fin troppo tempo per esaudire quella ridicola richiesta e non poteva di certo ritenersi soddisfatto. Si era finto cortese solo per non irritare la giovane ereditiera, evitando così d'inimicarsi una delle famiglie più importante dell’intero pianeta. 
“Tenga, li ho contanti: sono giusti.” il Son lo guardò dritto negli occhi prima di posare il denaro sul ripiano di cristallo del banco.
Il proprietario protese una mano verso la cassa e fece scattare l’apertura, poi volutamente spalancò il cassetto per mostrargli che traboccasse di zeni. 
Il mezzosangue deglutì pesantemente, cercando d'ignorare quel gesto di pura arroganza, ma fece uno sforzo immane per evitare di colpirlo con un pugno; avrebbe tanto voluto cancellargli quel sorriso irritante dalle labbra. 
“Sono tutte banconote di piccolo taglio. Ha per caso rotto il salvadanaio, signor Son?”  rise a gran voce facendo voltare alcuni clienti, ma rabbrividì alla vista di quelle iridi d’ebano che sprizzavano scintille di fuoco, cosicché decise di astenersi dal fare altri commenti ironici.
Bra vide nello sguardo di Goten rabbia e delusione cosicché si avvicinò sorridendo, prendendolo sottobraccio. 
“Vieni Goten andiamo via.” gli occhi fissi nei suoi.
Il ragazzo sentì la rabbia scemare e si accorse di non essere mai stato così bene, di non aver mai visto niente di più meraviglioso.
“Arrivederci e grazie per la sua gentilezza.” disse la Brief rivolgendosi al gioielliere, che non captò l’allusione sarcastica e prontamente scattò fuori dal banco per accompagnarli verso l’uscita.
La giovane ad ogni passo sentiva aumentare l’ansia: era quasi giunto il momento di salutarsi e le sembrava di non poter sopportare quel distacco.
“E’ stato un vero piacere, Miss Brief. E mi raccomando, porga i miei saluti alla sua affascinante mamma.” l'elegantone fece uno scenografico inchino e rivolse un ultimo sguardo a Goten, bisbigliando qualcosa di poco gentile, poi alzò una mano per pigiare il pulsante posto al lato della porta.  
I due ragazzi scesero spediti i quattro scalini, respirando a pieni polmoni l’aria frizzante e carica di pioggia, lasciandosi alle spalle quell’ambiente troppo pomposo. 
“Mi dispiace, è davvero odioso quell’individuo. Stai certo che avviserò mia madre del suo comportamento.” una nota d’amarezza le incrinava la voce. Abbassò gli occhi, ma la mano di lui istintivamente le sfiorò la guancia, scivolando giù con lentezza sulla pelle bianca e vellutata per donarle una tenera carezza. 
“Tranquilla non importa. E' solo un cafone, non ci metterò più piede là dentro, neppure se vincessi ad una lotteria.” emise un rauco sbadiglio per scaricare la tensione accumulata, facendola tornarne di buon umore.  
Bra infilò una mano nella borsetta e vi frugò per un’ istante, prima di estrarre il cellulare e accenderlo per controllare i messaggi.
L’ultimo era quello di Erik e risaliva ad una mezz’ora prima.
Lo aveva letto tutto d’un fiato, ma quelle parole sdolcinate non le suscitarono alcuna emozione.   
“Problemi?” chiese il saiyan notando che fosse assorta sul display.
Lei scrollò la testa con decisione. 
“No, è solo Erik: il mio ex ragazzo. Si scusa e dice che mi ama alla follia, che è molto pentito e vuole che stasera esca con lui per festeggiare San Valentino.”
Il Son la guardò sconsolato; il pensiero che finisse negli artigli di quell’avvoltoio gli fece provare un brivido pari ad una scossa elettrica.
La raggiunse a piccoli passi, aggrappandosi alla fragile speranza che potesse rifiutare quell’invito. 
“Ah…e tu? Tu ci vuoi uscire? Sei sicura di riuscire a perdonarlo?” provò una tremenda gelosia, lo stomaco fece una capriola, lo sguardo si perse nel vuoto: desiderava soltanto ridurre quello smidollato a brandelli. 
Dannazione, non voleva che lui potesse inspirare il suo profumo, che ora alleggiava nell’aria e lo stordiva.
Si fissarono, incapaci di parlare, sotto quel cielo minaccioso e, oppressi dal peso di una profonda insicurezza, non riuscirono a dar voce ai loro sentimenti. 
“Accidenti Bra, meriti di meglio. Non buttarti via così, voglio che tu sia felice piccola.” pensò stringendo i pugni, sentendo le unghie conficcarsi nella carne: senza dubbio era pazzo di lei. 
“Pensaci bene, ricorda quello che vuole da te. Non fidarti delle sue promesse, ti giurerà il falso pur di arrivare al suo scopo.” le mormorò incupendo i bei lineamenti, mentre ascoltava il suo respiro agitato.
La sua facciata da seduttore si stava sgretolando e mostrava la sua vera natura.
Non parve preoccuparsene, al momento: gli importava solo di proteggerla.
Conosceva fin troppo bene le subdole tecniche di corteggiamento per portarsi a letto una donna.
“Ti amo tanto Goten, ma non riesco a dirtelo. Non m'interessa niente di Erik: è te che voglio, il tuo sorriso, la tua voce, le tue mani così grandi. gli accennò un sorriso e le venne l’assurdo desiderio di abbracciarlo.
Voleva sentire il calore del suo corpo e il sapore delle sue labbra così maschie.
Fece un breve sospiro e lui lanciò un’occhiata nervosa all’orologio: erano giunti ormai all’epilogo e, a malincuore, dovevano dividersi. 
“Devo andare: ho giusto cinque minuti per raggiungere il grattacielo. Valese mi starà già aspettando.” quel saluto gli pesava da morire. Non riusciva a staccarsi, ma il suo intuito gli suggerì di muoversi, ricordandogli cosa si era ripromesso.
“Ciao e grazie per la bellissima giornata. Scusami ancora per quella cosa.” disse sollevandosi in punta di piedi per scoccargli un sonoro bacio sulla guancia.
Lui si sentì elettrizzato, gongolò un’istante e si grattò il capo: era un’adorabile creatura, la principessa.   
“Ciao Bra, a presto.” sconsolato, la guardò allontanarsi tenendo l’orsacchiotto stretto fra le braccia. Arrivò quasi in fondo al viale prima di voltarsi per fargli un ultimo cenno di saluto, poi scomparve in mezzo alla folla.     
Goten chiuse gli occhi, le lunghe ciglia scure s'inumidirono: per un momento aveva avvertito una tremenda fitta al petto. 
“Bra …” quante parole inespresse sentiva nella gola, quanto rimpianto per non averle saputo dire: ti amo.
Non erano passati neanche due minuti e già desiderava rivederla.     
Attraversò la strada di corsa; nessuno dei passanti che lo vedeva sfrecciare verso il centro poteva immaginare cosa celasse nel cuore.
Il traffico era bloccato, i fari delle numerose autovetture in coda rischiaravano la strada ormai buia.
 “Ci sono …eccolo là, il grattacielo.” si fermò un momento per riprendere fiato, alzando gli occhi verso l'imponente struttura che dominava gli edifici sottostanti.
Restò immobile, come se avesse paura di proseguire e si sentì pervadere dall’angoscia. Avrebbe potuto mostrarsi gentile e premuroso con Valese? Baciarla con lo stesso ardore di sempre?
Poteva dirle che l’amava? Che desiderava trascorrere con lei il resto della vita?
Sarebbe finita così?
La gioia e la serenità che avevano animato quel pomeriggio erano ad un tratto scomparse, lasciando posto ad una profonda amarezza. 
Non era giusto tenersi tutto dentro e soffrire in quel modo, frugare nella memoria come un disperato per rivivere il suo sorriso, i suoi gesti delicati, le sue forme seducenti.
“Bra … piccola, è impossibile. Cosa posso darti, io?”    
Sospirò allacciandosi la cerniera della giacca fino alla gola e s'incamminò lungo il marciapiede, con le mani in tasca e la testa bassa.
In pochi minuti giunse ai piedi del gigante di cristallo, ma fece una smorfia poiché della fidanzata non v’era nemmeno l’ombra.
“Beh meno male, così eviterò di doverle dare troppe spiegazioni.” si limitò ad aspettare paziente, passeggiando intorno alla fontana posta su uno spesso basamento di cemento al centro della piazza, guardando il putto scolpito nella pietra e l’acqua che gli zampillava dalla bocca.
Ad un tratto si lasciò cadere stancamente sul muretto della scultura: probabilmente era accaduto qualche imprevisto. Cominciò ad impensierirsi guardando l’orologio. 
“Provo a telefonarle; di solito è puntuale, non vorrei che le fosse successo qualcosa.”
Il rombo di un motore potente lo fece voltare. 
Un’auto sportiva aveva inchiodato a pochi passi da lui, i fari gli centrarono il volto e lo costrinsero a socchiudere le palpebre.   
“Ehi, ma cosa significa? Chi è quell’incosciente che mi ha quasi investito?” il mezzosangue sollevò un sopraciglio e guardò con sospetto il conducente scendere dall’auto . Lo vide raggiungere la portiera del lato passeggero e sfoderare un sorriso smagliante, prima di aprirla galantemente. Gli mancò il fiato quando riconobbe la fidanzata, che fece capolino con un’espressione radiosa. 
Goten, perplesso, si limitò a guardarli. Una pioggia fine picchiettava sul suo viso e scivolava sulla sua pelle abbronzata, come tante piccole lacrime.
“Ehi, Valese…”  il tipo la stava trattenendo per un braccio ed aveva avvicinato il viso al suo, per bisbigliarle in un orecchio e la sentì ridacchiare compiaciuta.  
“Valese, sono qui.” disse a gran voce, tentando di distoglierla da quelle palesi attenzioni. A quel punto era una questione d’orgoglio, casomai dopo sarebbe stato lui a mortificarla, dicendole che tra loro era finita.
Lei non ci badò e continuò la conversazione con il giovane manager, stringendosi nel cappotto color canarino.
Un campanello d’allarme suonò nella testa del saiyan, per avvisarlo che il livello di pazienza era giunto al limite. Sarebbe bastato un niente per farlo esplodere di rabbia.
 “Ma tu guarda! Sto facendo la figura dell’idiota: mi sembra di essere trasparente.” stava per perdere il controllo; ormai l’impulso di afferrare quel tipo per il bavero della giacca era incontrollabile. Gli avrebbe fatto passare la voglia di fare il cascamorto. 
Fu allora che la vide voltarsi. Sembrava disorientata, gli occhi nocciola incontrarono i suoi. 
“Goten, arrivo! Solo un secondo.” fece un passo in avanti, sebbene non mostrasse troppo entusiasmo.
Non riusciva ad ignorare quel ragazzo che, a braccia conserte, si era appoggiato alla carrozzeria della propria vettura e lanciava al Son delle occhiate accigliate. 
Goten ringhiò leggermente: non v’era spazio per le imprecazioni verbali, troppa gente stava calpestando in quel momento il mosaico del lastricato, ma mentalmente dette libero sfogo a tutto il suo repertorio. 
“Chi è quello? Cosa significa? Io sono qui ad aspettarti sotto la pioggia e tu fai la sdolcinata con lui? Bè, non è divertente.” ormai esasperato, diventò furioso.
 In quell’ attimo, però, si rese conto di non essere dispiaciuto, ma tutt’altro: vederla così distaccata gli procurò un senso si sollievo, era scomparso ogni dubbio dal suo cuore.
Qualcosa era cambiato, ormai la sua mente era invasa da una certezza che non poteva ignorare: era Bra la donna che avrebbe voluto accanto per tutta la vita. 
Lei spalancò gli occhi, indignata, e sistemò una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
La sua reazione l’aveva scioccata: come si era permesso di giudicarla così severamente?
Non avrebbe sprecato un giorno di più della sua vita con un simile incivile. Si sarebbe meritato un sonoro ceffone. 
“Come ti permetti? Jeson mi ha dato gentilmente un passaggio. Senza secondi fini! Ho evitato quella lunga strada e per giunta stava diluviando in quel momento, non ci vedo nulla di male e dovresti scusarti!” era in attesa di sentirlo parlare ed osservava seria il suo volto tirato.
“Ehm, forse ho esagerato. Scusa, ma sono nervoso: ho impiegato molto tempo per scegliere il tuo regalo e…” fece una pausa e improvvisamente si sentì dispiaciuto, l’aveva aggredita senza ragione: “Spero che ti piaccia: è un anello.”
“Davvero?!” l’idea di ricevere un prezioso gioiello la fece esultare.
 Gli fu subito accanto in un balzo. Scoraggiato, il giovane ammiratore era risalito al posto di guida, quantunque non si decideva a dar vita al motore. Forse poteva ancora sperare in un ripensamento, gli piaceva troppo per rinunciare.   
“Oh Goten, sono così contenta. Un anello, un anello!” esclamò Valese cantilenando, sconcertandolo con quell’inattesa manifestazione d’entusiasmo, che appariva fuori luogo dopo il loro diverbio.
“Bè …non ti aspettare grandi cose. Come sai non lavoro e non ho potuto fare di più, ma spero lo apprezzerai comunque.” aveva sentito un freddo intenso attanagliarlo nel profondo, mentre estraeva il regalo dalla tasca e lo porgeva verso la mano di lei.
Cosa stava facendo? La guardò con aria intontita; era davvero quello che desiderava?
Angosciato, si passò una mano sui capelli umidi.
Stava commettendo un grosso errore, ma si sforzò di farsene una ragione.
Sempre più pallido, sentì il bisogno di fuggire: era certo di non volere donarle il proprio cuore, giacché apparteneva ad un’altra.
La giovane sfasciò la carta e, con impazienza, sollevò il coperchio della custodia. Guardò per qualche secondo il monile per poi sollevare gli occhi colmi d’incredulità.
“E’ uno scherzo, vero?” chiese dimenticandosi di ogni buona delicatezza.
Il volto rifletteva chiaramente la sua delusione, era troppo sperare che non lo schernisse.
“Ahahhah…e questo sarebbe un anello di fidanzamento? Non è nemmeno d’oro, ma ti rendi conto?” la sua risata gli penetrò nelle ossa, quella reazione così temuta adesso arrivata come una liberazione; non c’era più niente da aggiungere.
“Sì, mi rendo conto di molte cose: anzitutto che non siamo fatti per stare assieme. Tu meriti ben altro. Voltati: ti sta ancora aspettando, il tuo amichetto.” la sua voce la colpì duramente.
La ragazza era furibonda. Lo guardò disgustata e gli restituì l’anello, prese fiato per rispondere, prima di voltargli le spalle. 
“Non voglio più aver niente a che fare con te: sei una nullità, uno squattrinato, non puoi far felice nessuna.”  si sentiva piena di fascino e meritevole di qualcuno che potesse soddisfare i suoi continui capricci: era convinta di aver fatto la scelta giusta.
Goten rimase zitto, facendo rivivere solo per qualche istante i loro ricordi ormai senza importanza, mentre la portiera si chiudeva e il rombo del motore ruggiva impaziente, un istante dopo erano già lontani.
“Buon San Valentino, Valese.” disse stringendo il pugno, mentre il sangue gli rifluiva veloce al cervello. In fondo aveva ragione: era solo un morto di fame.
Gli occhi nerissimi si ridussero a fessure, mentre avanzava senza meta per le vie quasi deserte. Era stato umiliante e le sue parole gli echeggiavano nella mente, si guardò attorno con in cuore in gola, inoltre aveva una fame da paura.
L’insegna di un fast-food attirò la sua attenzione, attraversò di corsa la strada per raggiungerlo, ma il sollievo si dileguò quando sbirciò la lista dei prezzi: il sandwich meno costoso richiedeva cinque zeni, praticamente ciò che gli era rimasto nel portafoglio.
D’Altronde lo stomaco gli doleva e, sicuro di non potersi più reggere sulle gambe, si avviò verso il banco per fare l’ordinazione.
“Prego?” chiese una ragazza dalla chioma bionda, parzialmente coperta da un capellino con la visiera rossa.
“L’economy, grazie, se me lo può scaldare…” chiese e si fermò ad aspettare, le mani giocherellavano con la cerniera e inavvertitamente ne staccarono il gancio.
Gli sfuggì un’imprecazione, che fece voltare di scatto la commessa e il proprietario.
“Scusate …”  prese il panino e si affrettò ad uscire.
La luna alta nel cielo splendeva nella sua pienezza, riflettendosi nei suoi occhi pieni di tristezza.
Ci pensò su e venne alla conclusione che il riassunto della sua vita non lo soddisfaceva: suo padre se n'era andato lasciandogli un vuoto incolmabile, doveva ancora studiare parecchio prima di laurearsi e amava una ragazza irraggiungibile; sarebbe bastato condire il tutto con il fatto che non avesse un soldo in tasca per farlo precipitare nella depressione totale.
“Papà, dove sei? Ho bisogno di te …”
Stava delirando e camminava, bruciava per la disperazione.
Sentiva il bisogno di ritrovare fiducia in se stesso, era stufo di sentirsi nessuno, di rincorrere un fantasma per cercare il suo conforto.
Scosse il capo e sorrise, inconsciamente era giunto nello stesso vicoletto che parecchie ore prima aveva accolto il suo arrivo dai monti Paoz. 
Si fermò per appoggiare la schiena al muro, respirò forte cercando di calmarsi: il cuore gli usciva dal petto, di malavoglia svolse la carta del panino e lo portò alla bocca per addentarlo.
“Mmm…il profumo è invitante.” gettò un'occhiata verso l’angolo proprio dietro al bidone dell’immondizia e si bloccò: due fluorescenti occhi gialli lo stavano fissando.
Era una vecchia conoscenza, una palla di pelo arruffata che, con un balzò, gli fu tra le gambe. Sembrava affamato e dietro di lui apparve la numerosa prole.
“Ehi, ti sei dato da fare …ma quanti figli hai? E quella è la tua compagna? Mmm…carina.” sembrava lo stesse a sentire, mentre un filo di bava gli uscì dalla bocca.
Il felino miagolò rauco, curvando la schiena e muovendo la coda. 
“Ho capito cosa vuoi: tanto oggi non me ne va una dritta. Tieni, mangiatelo tu il panino, ma lasciane un po’ anche per loro.” lo gettò a terra e rivolse lo sguardo verso l’alto.
Era inutile lottare contro il destino: Bra sicuramente avrebbe trovato un buon partito e a lui non restava altro da fare che rifugiarsi sui suoi amati Paoz.

 

Continua…

 

Ehm…mi devo scusare, mi dilungo troppo e anche questa volta non sono riuscita a scrivere la parola fine. Mi perdonate ? XD

Vedremo se ci riuscirò nel prossimo …

Inoltre questo periodo ho davvero mille cose da fare e non riesco ad aggiornare velocemente tutte le mie fic, quindi pazientate. ^^

 

Ringrazio :

 

Ishyna- Condivido che Goten sia adorabile anche se squattrinato è impossibile non innamorarsi di lui XD Spero che il capitolo ti sia piaciuto. Baci.

Amina_chan- Grazie sei molto gentile, i tuoi complimenti mi hanno fatto nascere un sorriso. Bacio.

Rayn_88- Wow sei gentilissima…spero di non averti deluso. Kiss.

ary22- Grazie …sei sempre gentile e mi fa piacere che la fic ti piaccia. Fammi sapere …un bacio.

rosy_ge- Ciao carissima è sempre un piacere trovare le tue rece …cosa ne dici del cap? Un Bacio.

miss miyu 91- Ciao ^^ sono contenta che non ti annoi a leggere le mie storie, un bacione.

nicichan- Ciao tesoro …bè anche Gotenuccio è bello come un Dio Greco, ma comunque tu non sai quanto vorrei farmi mordere da Cullen…mmmh!! Va bè ti saluto. TVB.

GOGETA – Grazie del complimento…me felice. Baci.

nana987- Wew tesoro, sono contenta se riesco a farti apprezzare una Bra&Goten …mmmh per i capitoli aggiuntivi sono indecisa, non vorrei dilungarmi troppo. Ciao TVB.

bra94- Ciao ^^ mi fa piacere che la ff ti piaccia, fammi sapere se questo capitolo è stato di tuo gradimento. Baci.

miacaracara- carissima …guai se manca la tua rece XD mi manca troppo…eheheh. Un bacione grande.

carol2112- Ciao ^^ grazie per il complimento, cosa ne dici del seguito?  Fammi sapere …Baci.

giada_chan-  Hai visto Valese? Ç_ç Peggio di così non la potevo descrivere XD Grazie per la rece. TVB

Alan_k1- Sei gentilissimo, grazie. 

 sakuraharunox92- Grazie per la rece ^\^ spero continuerai a seguirmi ...baci. 

Un bacione a tutti e ditemi se la storia vi piace …^^ 

 

   LORIGETA ^^

 

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Capitolo 5
*** 5 parte. ***


San Valentino …Gioie e dolori.

 

 

 

 “Ciao, sono arrivata…” la porta di casa venne richiusa con forza.
La principessa aveva fatto il suo ingresso sotto la cupola color crema, nell’ampio ed elegante soggiorno. 
“Ciao tesoro, tutto bene?” Bulma distolse lo sguardo dalle pagine della rivista scientifica che stava leggendo con interesse e sorrise, a prezzo di un intenso sforzo la figlia annuì.
“Tutto perfetto, una giornata fantastica.” gli occhi della scienziata si accesero di curiosità, impaziente di conoscere ogni particolare di quella romantica giornata.
Bra sarebbe stata costretta a dare il via ad un’ incessante “bla, bla”, sfoderando un’ aria disinvolta e felice, malgrado di sentisse in tutt’altra maniera.   
In quel momento non riusciva a raccontarle che Erik era solo un maledetto egoista, che in realtà le piaceva un altro ragazzo, forse un po’ sballato e donnaiolo, ma che sapeva anche essere tenero e comprensivo, uno che l’aveva fatta stare bene, tanto bene che ora desiderava solo rivederlo.
Non era affatto semplice dirle: “Sai mamma mi sono innamorata di un certo Son”! Indubbiamente l’avrebbe vista piombare a terra svenuta.
Bra sospirò e mise a sedere l’orsacchiotto sulla poltrona, pensando che presto gli avrebbe dato un nome, le sarebbe piaciuto chiamarlo Goten.  
“Che dolce quel pupazzo! Dai raccontami tutto sono curiosa.” Bulma le fece cenno di accomodarsi, pur avendo un compagno che incarnava l’ antitesi del romanticismo aveva conservato l’animo d’ una sognatrice e le piaceva sentir parlare la figlia di colui che credeva fosse il suo primo amore.   
“Tutto bene, Erik è stato molto carino.” la ragazza incrociò le dita, pensando alla colossale bugia che le aveva appena propinato, ma il motivo che l’aveva spinta a farlo era una questione seria, molto seria.
Amava il figlio di Goku che per giunta era fidanzato e in procinto di convolare a nozze con un' insopportabile e frivola snob.
“Una bella situazione non c’è che dire .”pensò avvilita.   
Sedette sul divano e appoggiò la schiena contro l’imbottitura, le mani le tremavano mentre contorceva la stoffa della gonna, si sforzò di apparire serena ma bastò che chiudesse gli occhi per rivedere il suo viso.
Quel sorriso splendido, i suoi occhi nerissimi, i capelli perennemente arruffati, a conti fatti gli piaceva tutto di lui, trovava divertente persino il suo insaziabile appetito e i brontolii del suo stomaco.
Non le importava che fosse senza un soldo, nutriva molta stima nelle sue capacità e una volta laureato avrebbe potuto svolgere la professione di dirigente in una della tante filiali della Capsule Corporation. 
Sogni, nient’altro che sogni, che strazio vederli sfumare, erano come tante bolle di sapone, destinate a scomparire al primo alito di vento.
Gli occhi della ragazza si persero nel vuoto, con la mente immaginò le reazioni dei congiunti se mai avesse rivelato loro quel sentimento e rabbrividì. 
Ed eccola la famiglia Brief al gran completo.
La madre e il fratello stavano sbandierando decine di motivi per metterla in guardia dalle grinfie del memorabile playboy, si prodigavano per farla ragionare, mettendo in rassegna tutti i suoi difetti.
Le parve di sentire le loro voci rimbombarle nella testa e poi c’era l’ incognita di suo padre che alla notizia avrebbe potuto reagire in modo del tutto irrazionale.
“Scusa mamma, mi sono ricordata di una cosa importante, salgo in camera mia.” spiegò d’un fiato alzandosi e sentendo le ginocchia piegarsi, come avrebbe fatto a sostenere un simile dolore?
La voglia di averlo accanto la stava dilaniando, cosa c’era di peggio che saperlo tra le braccia di un'altra?
Forse in quel momento stava ridendo di lei o stava baciando Valese ?
Avrebbe dovuto smetterla di tormentarsi, ma sembrava aver abbandonato completamente la ragione mentre a passi veloci saliva le scale per raggiungere la propria camera da letto.
Vi entrò e subito richiuse la porta rimanendovi appoggiata con la schiena, finalmente poteva sfogare le lacrime, nessuno si sarebbe accorto che stava così male.  

 

***********

 

 

“Ciao micio e mi raccomando fai attenzione ai pericoli e vedi di darti una regolata, voglio dire non farti abbindolare troppo dalle femmine, quando meno te lo aspetti tirano fuori gli artigli! ” Goten protese una mano verso il randagio che infastidito rizzò il pelo ed emise un verso gutturale per difendere il boccone che stava masticando. 
“Tranquillo amico, continua pure a sbaffarti il mio panino tanto ora me ne vado, ti capisco sai, è dura la vita.”
Con un movimento deciso il saiyan si staccò dal suolo e sfrecciò verso l’alto, si concentrò per aumentare l’ aura e in un baleno si immerse in quel cielo rannuvolato:solo la luna era riuscita a fare capolino e splendeva di luce argentea. 
Il ragazzo fissò per qualche secondo il panorama notturno sotto di lui e sentì la necessità di allontanarsi, non aveva più nessuna voglia di restare, poiché non nutriva alcuna speranza di essere corrisposto dalla bella principessa.
La sola idea di rivederla gli faceva battere forte il cuore, si torturava ad immaginarla insieme ad un altro, sarebbe stato un dispiacere troppo grande da sopportare, voleva essere il solo ad assaporare le sue deliziose labbra.
“Io non valgo niente. Il mio posto non è qui, ma sulle mie montagne, ho bisogno di respirare l’aria dei Paoz, devo dimenticare questa giornata.”  l’insicurezza lo spingeva a reprimere quel desiderio che sarebbe rimasto irrealizzato.
Solo le sue montagne ora potevano essergli di conforto, voleva rifugiarsi nel boschetto e perdersi nell’azzurro del lago, ascoltando solo il sibilo del vento, beandosi di quella pace impagabile. 
Goten puntò verso est con tutta l’energia che aveva in corpo, dando sfogo al massimo potere concessogli dal sangue saiyan e, sforzandosi di non pensare più a lei, cercò di assaporare appieno l’ esaltazione di sfidare il vento.
Volava sempre più veloce, i capelli tinti d’oro, il corpo luminescente nella notte, oltrepassò in un soffio la periferia e poi la pianura, mano a mano che si allontanava però sentiva un dolore crescente, una necessità impellente di rivederla, strinse i denti accorgendosi che il nodo alla gola era sempre più opprimente, soffocante.
 “No, è tutto inutile, la mia vita è un vero schifo!” non faceva parte del suo mondo, non avrebbe mai potuto offrirle il benessere con cui era cresciuta.
Di colpo ritornò a sentirsi una nullità, un fannullone che troppe volte in passato aveva goduto di privilegi che non gli appartenevano: le carte di credito di Trunks Brief, le sue vetture sportive, l’attico con vista impagabile. Non c’era mai stato niente di vero, solo apparenze.  
“Complimenti signor Son lei è un perfetto parassita con tanto di bollino D.O.C.” si disse con autoironia.
Continuò quella corsa carico di rabbia e delusione benché con l’andar del tempo fosse molto cambiato non si perdonava quegli anni in cui si era spesso comportato come un perfetto egoista, quei soldi accettati senza il minimo orgoglio. 
D’improvviso arrivò una folata di vento freddo che come una lama gli trapassò il petto e lo fece vacillare, sentiva un peso schiacciarlo verso il basso, venne trascinato in un vortice d’aria fino a terra, si ritrovò a faccia in giù con le labbra socchiuse sull’erba.
Goten scrollò la testa, di solito non veniva atterrato così facilmente, c’era qualcosa nell’ aria, sentiva un odore familiare, d’istinto fissò il cielo e si accinse ad alzarsi, ma si paralizzò nell’udire una voce nota.
“Ehi Goten…”  qualcuno lo chiamò come in un sogno, era un eco lontano eppure così reale, così piacevole, così a lungo cercato.
Il mezzosangue tentò di riprendere fiato, ma a dispetto della temperatura piuttosto rigida sentì un calore quasi insopportabile, gli indumenti fradici di sudore che aveva addosso si asciugarono in un momento.
Gli occhi neri si spalancarono d’incredulità, le mani bruciavano, la sua pelle ardeva, il suo cuore era in fiamme.
“Papà …”  rabbia, collera, felicità, sgomento, paura, era difficile comprendere cosa provasse in quel momento, gli parve di destarsi da un sonno durato anni, ricordò quell’addio che tanto lo aveva segnato nell'anima.
“Figliolo…”   adesso udiva distintamente la sua voce che gli trasmise un’emozione intensa, temeva di perdere il controllo, respirava a fatica, la sua mente lo trascinò in un turbinio di ricordi.
“Papà …sei qui!”  sotto le folte sopracciglia gli occhi divennero lucidi, succube della memoria.
“Dove sei? Fatti vedere se sei davvero tu, oppure sei soltanto uno stramaledettissimo incubo, uno dei soliti che mi tormentano!” In passato aveva goduto poco del suo affetto e ora sperava solo che non si trattasse di un’ allucinazione. 
“Sono qui, voltati. Ci sono sempre stato, al tuo fianco in tutti questi lunghi anni. Ho sempre vegliato su di te.”
Un lampo di luce rischiarò il cielo, un luce abbagliante similare a quella di una stella lo costrinse a coprirsi il volto con le mani.
Goten non era pronto per vivere quel momento, stava accadendo troppo in fletta perché potesse aprirgli il cuore come avrebbe voluto.
Aggrottò la fronte, ripensò allo sconforto, alle lacrime di sua madre, al dolore che si portava dentro da troppi anni pesante come il piombo, si era ripromesso che se mai ne avesse avuto l’occasione gli avrebbe rinfacciato tutto, gli avrebbe urlato parole di puro rancore.
“Te ne sei andato senza farti troppi problemi! Non hai pensato alla mamma? A Gohan, a Pan e a me? Sei solo un fottuto egoista! Cosa vuoi adesso?”  esplose sprezzante, è vero, covava una punta d’odio per essersi visto negare il diritto di avere un padre, qualcuno su cui appoggiarsi, una spalla dove piangere nei momenti difficili.
Cosa ne sapeva lui di quanto fosse stato complicato tirare avanti, bruciare le giornate a chiedersi cosa stesse facendo, dove lo avesse condotto il drago e per quale motivo.
La sua voce lo interruppe, pacata, soave, quasi irritante.
“Capisco cosa provi figliolo, ti potrò sembrare egoista, ma era il prezzo da pagare. Non ho potuto rifiutare me lo ha imposto Shenron, ma ora vedi mi ha dato il permesso di tornare, anche solo per brevissimo tempo, ti prego voltati Goten.”
Voleva farlo, oh per tutti gli Dei se voleva, resistette ancora pochi istanti, pulendosi la giacca imbrattata di terra, sbattendo le palpebre, ma il desiderio era snervante cosicché cedette e si volse con estrema lentezza fino a che non incontrò la sua figura possente. Emanava una luce abbagliante, l’espressione era immutata, infantile e sorridente, i capelli assurdamente sparati in ogni dove.
 “Pa-papà.” adesso fremeva per gettarsi fra le sue braccia, stringerlo forte e non lasciarlo andare mai più, gli arti però erano come paralizzati, non riusciva a battere ciglio, all’improvviso si sentì una scultura di pietra.
Un sorriso radioso, sincero, lo liberò dalla tensione, Goku aveva proteso le braccia verso di lui, le sue mani così grandi e potenti, capaci di salvare l’universo, adesso lo stavano cercando in un gesto d’affetto.   
Non ci credeva, non riusciva a crederci, lo voleva abbracciare.
Goten tentennò prima di gettarsi contro il suo petto, ma il padre lo incitò andandogli incontro e quando gli fu di fronte lo accolse fra le sue braccia, mentre lui con gioia ispirò il suo odore dopo tanto tempo. 
Cielo, quanto gli era mancato, non gli sarebbero bastate miliardi di parole per esprimere l’emozione di quel momento, socchiuse le palpebre e con furia liberò i singhiozzi a lungo repressi, sentì una carezza leggera sfiorargli il viso.
Restò in balia di quella stretta e sollevò appena lo sguardo per cercare quegli occhi neri, così simili ai suoi.
“Voglio aiutarti Goten, ho sentito la sofferenza del tuo cuore e non ho resistito…”
“Io non capisco, perché proprio oggi? Mi sono sentito tante volte nella merda e non ti sei mai fatto vivo, cos’è cambiato?” si stava struggendo dal bisogno di sapere il motivo della sua venuta, voleva parlare e parlare, per ore, giorni, anni, aveva troppe cose da chiedergli. 
“E’ vero, ho percepito molte volte la tua angoscia, ma sapevo anche che saresti riuscito a superarla, sei un ragazzo in gamba e ho sempre creduto nelle tue capacità.”
“Taci! Cazzo, tu non sai niente di me, niente!” si scostò da lui bruscamente, chinò il capo e poi lo rialzò fulminandolo con uno sguardo d’ira, dando voce ad uno sfogo tremendo. 
Goku restò in silenzio, paziente ascoltò gli insulti, le recriminazioni, le ansie del suo giovane figlio, poi quando ebbe finito gli posò una mano sul braccio, fece una faccia buffa per assicurarsi almeno un accenno di sorriso.
“Goten sono tornato per darti un suggerimento, so che in fondo non ne avrei alcun diritto, ma credimi anche se pensi il contrario mi preme molto la tua felicità.”  lo guardava con aria sicura e riflessiva, non la solita burlona, era un lato del suo essere che non aveva mai conosciuto.
“Beh sentiamo cos’hai da dire, anche se è un po’ tardi per fare il genitore, l’età dell’adolescenza l’ho passata da un pezzo, non mi servono più i tuoi consigli” con occhi turbati cercò di sottrarsi al suo sguardo, indurì i lineamenti, malgrado sentisse il cuore colmo di felicità, poiché non poteva fare a meno di amarlo immensamente.
“Eheheh…vedi Goten, non sono molto bravo in queste cose, ma penso che faresti meglio a tornare indietro, la Capsule Corporation è a quella parte!”  asserì deciso e con l’ indice indicò verso ovest, mentre le rughe appena accennate si infittivano al largo sorriso. 
Ma quel consiglio non bastò a dissipare i dubbi del giovane benché fosse rimasto a bocca aperta.
Pareva che il padre potesse leggergli nella mente, che riuscisse addirittura a predire il futuro, tuttavia si chiese quanto e cosa sapesse in realtà, quanto potesse essere attendibile.
“Cosa centra la Capsule Corporation? Cosa stai farneticando?!”  la voce amabile del saiyan maturo spezzò la sua.
“Ehm…qualcuno ti sta aspettando, una bella ragazza dalla chioma azzurra piange per te.” quelle parole lo fecero vacillare, infuocare, accalorare, ma mostrò un’espressione perplessa.
“Ebbene? Sei ancora qui?” chiese l’angelica voce, poi si chinò per sussurrargli in un orecchio.
“Fidati di me e sii felice, va da lei e poi se non sbaglio hai un anello da regalarle!” ammiccò e Goten capì che stava per andarsene, si trattava ancora di pochi attimi, forse non l’avrebbe più rivisto.
“Un momento papà! Tu come lo sai?” l’uomo lo guardò di nuovo con un largo sorriso e prima che potesse protestare gli voltò le spalle.
“Eehehh, lo so.” non aveva altro tempo a disposizione, alzò la mano per salutarlo.
 “Aspetta, e Vegeta? Come reagirà? Cosa gli dirò?” era sconvolto al pensiero di doverlo affrontare, anche se a dire il vero a questo punto non gliene importava molto, gli dispiaceva soltanto finire a brandelli ad un passo dalla felicità.
“Lascialo brontolare Vegeta e poi sono sicuro che sotto sotto non gli dispiacerà, sei un saiyan, non può che essere soddisfatto se sposerai sua figlia.”
Dopo aver ascoltato quelle parole il ragazzo vide levarsi una fitta nebbia, si accorse di avere le guance bagnate dalle lacrime, non si sarebbe ripetuto quel miracolo e ora dinnanzi a lui v’era solo l’oscurità, suo padre se ne era andato per sempre, svanito nel nulla. 
Goten sentì un brivido intenso lungo la schiena e aprì gli occhi di scatto, solo ora si accorse di essere rimasto a lungo svenuto, la testa gli doleva, era disteso sul dorso e stringeva forte con la mano un ciuffo d’erba.
“Ho, ho sognato …era solo un sogno.” gemette, eppure sentiva ancora il suo odore, la sua voce, il suo respiro.
“Ti ho visto, tu c’eri!” urlò con disperazione. 
Quelle emozioni lo stavano inebriando di nuova energia e lo spinsero ad alzarsi per levitare fino al cielo, voleva dirigersi là dove gli aveva indicato suo padre nel sogno, verso la città, dove Bra forse lo stava aspettando.
Si aggrappò alla speranza che potesse essere vero, che le parole di Goku non fossero solo frutto del proprio subconscio, gli avevano dato coraggio e adesso era deciso ad andare fino in fondo.    

 

Continua …

 

Ehm …riuscirò ad arrivare alla conclusione?

Mi ero prefissata due capitoli e siamo a quota cinque …andiamo bene! XD

Comunque tranquilli il prossimo porterà anche la parola fine... 

Purtroppo ho davvero poco tempo e mi cruccio di non poter aggiornare con più frequenza, ora mi voglio dedicare alla “Scelta del cuore” quindi a breve leggerete il nuovo capitolo.

Ho già pronto l’aggiornamento di “Una moglie per Goten…” che posterò nei prossimi giorni…

Cosa ci volete fare…XD appena posso scrivo, scrivo, scrivo…^^

Ringrazio i mei adorati recensori …

Ishyna, Gobra1095, ary22, Rayn_88, miss miyu 91, giada_chan, miacaracara, Amina_chan, Evelyn_L nicichan, Swwtcicia, Alan_k1, rosy_ge, carol2112, nana987.

Grazie di cuore e mi raccomando fatevi sentire …datemi la carica per continuare.

Un bacio grande. 

 

 

LORIGETA ^^

 

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Capitolo 6
*** Parte sesta. ***


San Valentino …Gioie e dolori.

Parte: sesta.

Goten rivide tutto come in un lampo: l’incontro casuale con Bra nella piazza di fronte alla gioielleria, la loro capatina al bar e l’emozionante bacio all’interno del tunnel dell’amore, la romantica attrazione del Luna Park cittadino.
Erano stati momenti a dir poco emozionanti, che gli avevano fatto scoprire qualcosa di nuovo, giacché prima d'allora non si era mai reso conto di quanto lei fosse dolce e sensibile, oltre che bellissima.
In poche ore si era innamorato perdutamente della sorella del suo miglior amico e, inoltre, non smetteva di pensare all’abbraccio ricevuto dal proprio padre.
Era difficile capacitarsi d’aver solo sognato, poiché sentiva ancora un piacevole velo di calore sulla pelle ed era certo che fosse stato proprio quel contatto ad avergli fatto rifluire forza e coraggio nelle vene.
Goku gli aveva dato quell’appoggio che per anni gli era mancato, una stretta paterna a lungo voluta; ed era grazie a lui se adesso stava sfrecciando a tutta velocità verso la capitale per raggiungere la Capsule Corporation.
Il bisogno di rivedere la sua principessa stava accrescendo ad ogni istante e gli sembrò di esplodere di gioia, quando si accorse di essere arrivato. 
Bra aveva appoggiato le braccia sul parapetto di cemento della grande terrazza: di fronte a lei si stendeva il giardino, che appariva privo di colori, avvolto dall’oscurità della notte. I raggi lunari donavano appena qualche riflesso alle foglie degli alberi e ai petali dei cespugli di rose, che abbellivano le tante aiuole.
Il suo viso era pallido: il ricordo di quel pomeriggio con Goten le stava scavando dentro l’anima e le sembrava inaccettabile non potergli dare tutto l’amore che le divampava nel petto. 
Tante volte, negli anni passati, aveva litigato con lui anche per questioni banali ed altrettante volte si era limitata ad ignorarlo ritenendolo egoista e superficiale.
Adesso però qualcosa era cambiato e, per ironia della sorte, proprio nel giorno di San Valentino.
Ogni gesto, ogni movimento, ogni parola che si erano scambiati durante la giornata trascorsa assieme le avevano fatto comprendere la sua vera natura: sotto quella maschera da seduttore incallito v’era in realtà un ragazzo dolcissimo e pasticcione, che lei adorava.
La giovane tornò a guardare i fiori e cercò qualche stella tra nuvole che veleggiano sospinte dalla brezza, che ad un tratto però la fece rabbrividire.
Con quella temperatura piuttosto rigida rischiava di prendersi un malanno e, tremante di freddo, decise di rientrare al calduccio. Sarebbe stato meglio rifugiarsi sotto al piumino, dove già giaceva l’orsacchiotto regalatole dal Son e che adesso voleva stringere fra le esili braccia.
Sospirò, pensando che avrebbe potuto far uso della fantasia per immaginare di fare l’amore con Goten, per sfuggire ad una realtà che la faceva soffrire, poiché lui certamente, in quello stesso momento, si stava deliziando in compagnia della sua ragazza.
Entrò spedita e richiuse la portafinestra facendo ruotare alla svelta la maniglia d’ottone, camminò fino alla specchiera e sedette sullo sgabello rivestito in tessuto lilla, osservò la propria immagine riflessa e poi afferrò la spazzola, che cominciò a far scorrere sui lunghi capelli color dell’oceano.
Con la prontezza di un esperto equilibrista, Goten scavalcò la ringhiera del terrazzo: era levitato lentamente, timoroso d’affrontare quel momento tanto agognato e si bloccò dinnanzi al vetro appannato, rimanendo a guardarla seduta, mentre si spazzolava la folta chioma.
Il mezzosangue aveva dei brividi incessanti in tutto il corpo, ma non poteva dar colpa al freddo; protese un braccio e chiuse a pugno la mano per bussare, ma appena sfiorò la finestra sentì l’impulso di allontanarsi e deglutì rumorosamente.
Che imbecille! Cosa stava aspettando? Che sopraggiungesse l’alba per farsi avanti?
Lei era lì, a pochi metri da lui, e sarebbe semplicemente bastato farsi avanti, eppure sembrava imbalsamato: una mummia millenaria avrebbe mostrato più vitalità, era paragonabile ad una statua di cera.
“Non ci riesco, lei riderà di me!” si disse scrollando il capo, poiché l’insicurezza tornò a manifestarsi e lo avvolse come in una morsa. Le ginocchia gli tremavano e non riusciva quasi a reggersi in piedi; sconfortato, ripensò al semplice anello che aveva riposto nella tasca della giacca.  “Sono uno scapestrato, senza un soldo e per giunta troppo adulto per lei. Cosa potrei offrirle? Non può funzionare e non credo al detto: due cuori e una capanna. Lei è abituata ad una vita agiata, a togliersi ogni capriccio: non potrei mai renderla felice.”  
Affranto, voltò le spalle: si era illuso di poterle aprire il cuore, ma era stato uno sbaglio. Se ne sarebbe andato in punta di piedi e a testa bassa.
Goten si mosse verso la ringhiera e guardò vero l’alto, pronto a spiccare il volo, ma fu in quel momento che d’improvviso si alzò un vento tremendo: era talmente forte che riuscì a sospingerlo all’indietro senza fatica, facendolo barcollare.
Una tromba d’aria gli ruotava vorticosamente attorno e gli spettinava l’increspata chioma scura, obbligandolo a socchiudere gli occhi.
“Perdinci, ma cosa sta succedendo? La fine del mondo! Possibile che…papà sei tu, per caso?” esclamò cercando di muovere un passo in avanti, ma invano.
Pareva che una grande mano gli premesse sul petto e volesse farlo indietreggiare a tutti i costi, spingendolo con forza contro l’ampia finestra, che all’impatto si spalancò di colpo, facendolo ruzzolare all’intero.
Goten cercò di reprimere un'imprecazione: l’ultima cosa che avrebbe voluto accadesse era di ritrovarsi a gambe all’aria sul pavimento di parquet. Bianco come la morte, imbarazzato oltre l’inverosimile, liberò qualche colpetto di tosse.
“Oh cielo! Bra, scusami tanto!” disse poi con aria smarrita.
Lei si era voltata con estrema lentezza, sgranando prima gli occhi e poi spalancando la bocca: vederlo lì disteso le aveva tolto il fiato e la indusse a sollevarsi di scatto, la spazzola le sfuggì dalla mano e cadde a terra con un tonfo secco.
“Go-Goten!” pronunciò a fatica, avvicinandosi poi con incedere esitante, quasi avesse paura che lui scomparisse da un momento all’altro.
Sbattè le palpebre più volte: forse era solo un sogno, oppure, per qualche arcana ragione, era riuscita a materializzare il proprio pensiero. Aveva desiderato così tanto di rivederlo, che se l’era ritrovato in camera da letto.
Il Son tentò di alzarsi anche se aveva i muscoli completamente irrigiditi; si mise prima in ginocchio con i palmi appoggiati a terra e infine si sollevò con un colpo di reni per mettersi in piedi.
“Ehm, scusami tanto. Io…” raschiò con la gola, mentre una vocina nella sua testa si complimentava con lui per la figura da imbecille che aveva appena fatto.
Una lieve risata sfuggì dalle labbra della ragazza, che si sforzò di combattere alla tentazione di gettargli le braccia al collo.
La camicia da notte color pesca che indossava era un velo leggero, la stoffa aderiva alle forme del corpo e la stringeva un poco sul seno, facendo scorgere i capezzoli turgidi.
Il giovane la stava ammirando, incantato da tanta grazia.
Se le avesse detto che era bella sarebbe stata un torto; non c’era aggettivo che potesse descriverla e renderle ragione a sufficienza: nella penombra della stanza sembrava una dea giunta a far visita ai comuni mortali.
“Bra…” la scrutò ancora con intensità da capo a piedi ed il sangue nelle vene cominciò a scorrere troppo veloce, facendolo accalorare. 
Temette di perdere la ragione, di farsi dominare dall’istinto, e si chiese se fosse colpa delle loro origini affini se stesse avvertendo una voglia così impellente di farla sua.  
Non riuscì a proibirsi di guardarla e lei abbassò la testa di lato, incapace di nascondere il turbamento provocatole da quei grandi occhi scuri, così ardenti, che scivolavano su di lei e che, se ne avessero avuto la capacità, l’avrebbero spogliata senza indugi. 
“Pensavo fossi con Valese.” disse in modo spontaneo cercando di scambiare qualche parola con lui.
Il cervello del Son rischiava di andare in corto circuito: doveva spiegarle l’accaduto con la massima urgenza. 
“Beh, è andata molto male: quando ha visto l’anello mi ha riso in faccia!” ammise con sincerità e lei lo vide alzare le spalle con indifferenza, come per mostrarle di non essere dispiaciuto.  
Sul viso dai tratti delicati nacque un timido sorriso, quasi di soddisfazione, che immediatamente si affrettò a celare. 
Bra era allietata all’idea che avesse rotto con quella smorfiosa e ancor più che fosse andato a trovarla, anche se in un modo così inconsueto. 
“E… visto che avete litigato, hai pensato bene di far irruzione nella mia stanza come una meteora. Originale come entrata, ma un po’ plateale.” scoppiò a ridere nel guardare la faccia buffa di Goten, che si era colorata di rosso. 
A volte la stupiva: sembrava emozionato come un ragazzino al primo appuntamento.
“A dire il vero non era previsto che venissi qui, solo che ho incontrato una pe-persona e  …”  fu tutto quello che riuscì a sussurrare, lasciando posto ad un lungo silenzio, infranto solo dal fruscio dell’indumento da notte di Bra, che era in piedi di fronte a lui: la sfumatura dei suoi occhi aveva assunto una tonalità più intensa.
“Ti senti bene? Voglio dire: sei così strano! Non capisco dove tu voglia arrivare e se cerchi conforto posso solo dirti che hai sbagliato finestra: quella di Trunks, lo sai, è dall’altro lato della facciata.” scosse la testa e si mise a riflettere un poco irritata.
“Beh, scusa ma vorrei andare a dormire …vedrai che tutto si aggiusterà, riavrai presto la tua ragazza!” era certa che fosse sconvolto per la reazione antipatica della fidanzata e che cercasse solo un sostegno morale: provò un senso di vertigine all’idea di essere considerata solo un'amica.
“Non vorrà per caso che mi metta a consolarlo? A dirgli: oh, povera Valese, sii comprensivo, forse era solo un po’ stressata, ma ti vuole molto bene. Domani risolverete tutto! Eh no, caro Goten, arrangianti! Ho i miei problemi da risolvere e, guarda caso, sei tu la causa!” dedusse tristemente, mentre il giovane a sua volta meditava in silenzio.
“Non sono dispiaciuto perché mi ha lasciato.” l’interruppe improvvisamente. 
Mancava mezz’ora alla mezzanotte e gli sarebbe piaciuto dichiararsi in quella giornata: cominciava a detestare meno quella festa; in fondo San Valentino poteva anche finire in bellezza.
“Non sei dispiaciuto?” ripeté Bra mordendosi un labbro. 
Accipicchia, questa sì che era una notizia! La storia era imbrogliata, ma stava prendendo un risvolto interessante.
“No, anzi, mi reputo fortunato: solo oggi ho capito quanto fosse superficiale quella ragazza. Non mi ha mai voluto veramente bene, ero solo un diversivo. Nemmeno io però ne ero innamorato, me ne sono accorto poco prima di arrivare all’appuntamento. In verità amo un’altra e …” le gambe non lo reggevano più, barcollò e si appoggiò sul ripiano della scrivania, una goccia di sudore scese lenta sulla pelle del viso fino al leggero velo di barba. 
Bra dovette sedersi: sprofondò di peso sul materasso ed avvertì un giramento di testa quando vide lo sguardo di Goten accendersi in un largo sorriso.
“Tu ami un’altra? Chi è questa ragazza?”  l’atmosfera si riscaldò, lui la inchiodò con i suoi occhi magnetici.
Avrebbe voluto inginocchiarsi e farle una dichiarazione a regola d’arte, ma si accorse di essere a corto d’ispirazione: l’emozione gli stava giocando brutti scherzi, riusciva solo a balbettare.
“Io…mi- mi sono accorto di am- amarti. Lo giuro, non mi sono mai sentito così: il mio cuore non ha mai avuto certi sussulti. E' la pr- prima volta che provo un tale coinvolgimento.” era spontaneo come un bambino e all’improvviso il tempo parve essersi fermato. Non attese risposta, ma si avvicinò: voleva disperatamente stringerla tra le braccia.
Lei, con un gesto rapito e istintivo, aveva portato una mano sulle labbra, frenando così un'esclamazione di gioia e stupore.
Ora tutto girava: i mobili, le lampade appese alle pareti, i libri poggiati sulle mensole, persino il tappeto sembrava essersi sollevato per compiere assurde evoluzioni.
Era così felice che stava per mettersi a piangere di gioia, sentiva le ciglia umide e un fiume di lacrime pronto a sgorgarle dai grandi occhi azzurri.
“Dimmi qualcosa, ti prego. Mandami a quel paese se vuoi, ma non stare in silenzio, fammi sentire la tua voce ...” era preoccupato nel vederla così immobile, prossimo ad un attacco di panico. 
“Facile a dirsi, mio caro!” si disse lei con un pizzico d’ironia. Cosa ci poteva fare se le parole le restavano impigliate nella gola? Se non riusciva a spiccicare nemmeno una frase banale, sebbene sentisse il bisogno di urlargli che anche lei lo amava?! 
“Goten…” mormorò alzandosi in piedi.
“Sì?” chiese con nervosismo il mezzo saiyan, giocherellando con la stoffa della giacca. 
“Oggi pomeriggio quando ero con te…” la giovane si fermò per prendere fiato, ma si accorse di quanto lui fosse agitato e cercò di arrivare al dunque.
“Anch’io mi sono accorta di …” non era pronta e dovette chiudere gli occhi, respirava il suo profumo maschile che la stava inebriando.
“Di?” continuò lui, giacché non resisteva più: gli sembrava di essere di fronte ad una giuria, pronto a ricevere un verdetto da cui dipendeva la propria vita e faceva la differenza tra l’ essere felice o vivere nella più cupa disperazione. 
“Anch’io mi sono accorta di amarti.” riuscì a dire tutto d’un fiato, lo sguardo fisso su di lui che, incredulo, ma felice, aveva spalancato gli occhi colto da un leggero tremore.
“Oh, Bra!” sembrava vacillare, cercava le parole giuste ed era indeciso se prenderla per stringerla al petto, ma superato il primo momento non esitò oltre: l’avvolse fra le braccia con delicatezza e cercò le sue labbra donandole un bacio interminabile.
Ogni ostacolo fra loro sembrava finalmente rimosso: avrebbero potuto amarsi e scoprirsi liberamente, essere felici insieme.
Volevano accarezzarsi e restare a lungo in quella stretta, che dava loro una commozione ed una contentezza indescrivibili.
“Ti amo piccola, mi dispiace se non sono il partito che ti saresti meritata, ma ti prometto che riuscirò a laurearmi e a farmi strada nel mio campo, sarai fiera di me.” le baciò la fronte e prese fra le dita i suoi capelli azzurri, che tanto gli piacevano e le asciugò una lacrima: una delle tante che le rigavano il volto.
“Sono già fiera di te Goten. Non vorrei nessun altro al mio fianco, ti adoro, adoro la tua spontaneità, la tua allegria e persino la tua sfiga. Amo tutto di te.” rispose Bra, ma non fece in tempo a continuare giacché tornarono a baciarsi, non erano mai sazi.
Totalmente presi dal loro trasporto non si accorsero che qualcuno aveva spalancato la porta ed osservava la scena rigido e impettito, una vena sulla sua fronte spaziosa pulsava in modo preoccupante.
Accadde tutto in pochi attimi, non ebbero nemmeno il tempo di rendersene conto: Bra si ritrovò seduta a terra, gli occhi chiusi e lo sguardo angosciato. Il suo respiro si fece ansante: era stato come essere travolti da una tempesta.  
“Papà!” urlò e per un istante, prima di sollevare le palpebre, pregò di essersi sbagliata, ma c’era un solo individuo capace di emanare una tale energia: Vegeta, suo padre, il principe dei saiyan.  
“Lascialo stare papà, no, ti prego!” vedeva Goten oppresso dal corpo del guerriero, veniva colpito con forza e non riusciva a difendersi, ad ogni fendente stringeva i denti e un nuovo livido violaceo gli spuntava sulla pelle.  
“Brutto schifoso! Ti spezzo le ossa, come ti sei permesso di toccarla?! Ti faccio ingoiare la palle! Rimpiangerai amaramente quello che hai fatto!” Vegeta tuonava, gli sbraitava in faccia e sputava insulti via via più feroci.
Lo percuoteva con estrema violenza, sfogando tutta la propria furia.
Immagini di gioia e dolore confondevano la mente di Goten: venire ucciso dopo aver appena assaporato la felicità era una terribile beffa, uno scherzo del destino. 
“No, fermo!” la vista di Bra iniziava ad annebbiarsi ed ebbe la sensazione di svenire.
“Basta! E' venuto per dirmi che mi ama, ci siamo fidanzati. Smettila di fargli male, ti prego!” lo implorò, resasi conto che lui dopo due minuti era già conciato molto male e lei temeva seriamente per la sua incolumità.
Vegeta fece una risata cupa e profonda, facendola rabbrividire.
“Fidanzati? Ma non dire eresie: questo è un buono a nulla, è solo un donnaiolo, ma la sua carriera di seduttore è giunta all’epilogo! Ti faccio passare io la voglia d'importunare le ragazze!” urlò fuori di sé e gli centrò in pieno lo stomaco, facendolo contrarre dal dolore.
Il giovane strinse i pugni e ripensò alle parole del padre, al suo sguardo sereno, al suo sorriso che aveva saputo rassicurarlo.
“Papà…fa qualcosa, altrimenti finisce male: sono troppo debole per reagire!” non se la sentiva di opporsi alla forza di lui, non era in condizioni di tenergli testa.
“Ve-Vegeta, lasciami spiegare: ho intenzioni serie con tua figlia! Sono innamorato di lei e non volevo approfittarmene.” cercò di spiegargli, ma peggiorò solo la situazione: il principe lo sollevò e lo gettò con forza contro l’armadio, le ante cedettero al violento urto e il mezzosangue si ritrovò all’interno del mobile che, ormai traballante, stava per crollare su se stesso. Un reggiseno di pizzo della sua amata si era posato sul suo viso terrorizzato.  
“E’ finita, mi ammazza! Papà, santo cielo, se puoi vedermi datti una mossa!” la disperazione prese il sopravvento e pregò gli Dei a mani giunte quando vide Vegeta risplendere d’oro, invaso della potenza di supersaiyan.
Goten si pentì d’aver oziato per anni, evitando di allenarsi e, offuscato dal dolore, non poté far altro che abbandonarsi alla rassegnazione ed accettare l’amara sorte.
“Addio, amore mio …” mormorò lottando per non scoppiare a piangere.   
Gli occhi del principe bruciavano di rabbia ed erano assetati di vendetta: stava per decretare la fine della sua breve esistenza. 
Allargò il palmo della mano dando vita ad una sfera d’energia luminescente che cresceva a dismisura. 
“No!” Bra non sapeva cosa fare per salvare Goten, urlò a squarciagola e poi si gettò addosso al padre e lo afferrò per la vita, cercando di trattenerlo; cominciò a singhiozzare, ma venne allontanata con un semplice movimento: non c’era modo di fermarlo.
“Addio, rammollito!” Vegeta scoccò un’occhiata sussiegosa al figlio di Goku e non esitò a puntargli contro la propria energia. 
Ancora pochi istanti e tutto sarebbe finito.
“Nooo!”  urlò lei, provata dall’immenso dolore.
Le palpebre del giovane si abbassarono, la voce di Bra gli sembrava così melodiosa anche se spezzata dai singhiozzi: poteva sentire il suo profumo in mezzo a tutti quei vestiti, sarebbe morto, ma non avrebbe mai smesso d’amarla.
 “Muori!” gridò il saiyan maturo, ignaro di ciò che stava per accadere.
“Ehi…Vegeta! Uuuhhh!”
Per un attimo lunghissimo il principe trattenne il respiro.
Era solo il sibilo del vento, eppure sembrava una voce distorta, lontanissima, familiare.
“Tu?” era sconvolto come mai in vita sua: spalancò gli occhi e, travolto dallo stupore, strinse la mano per soffocare l’energia.
“Kakaroth!” disse poi ad alta voce .
Un brivido percorse la schiena di Goten nell’udire il nome di suo padre, percepiva la sua aura immensa ed anche se non poteva vederlo, si sentì rasserenato.  
La sua presenza lo stava liberando da un tormento covato per troppi anni e lo faceva sentire finalmente amato.
“Papà, sei qui! Lo sapevo di non aver sognato.” mormorò commosso.
“Ma cosa stanno blaterando quei due?” di colpo lei apparì incredula, ma sollevata.    
Le sembrò che stessero delirando, guardò incredula le loro figure e poi cercò gli occhi neri del ragazzo e li vide lucidi.
Egli aveva le guance inondante dalle lacrime e i capelli scompigliati gli scendeva sul volto tumefatto.
“Goten, papà: cosa centra Goku? Volete spiegami?”
Nessuno dei due proferì parola, si guardavano seri, restando immobili, come in un solenne raccoglimento. 
“Trunks: devo andare da lui! E' l’unico che forse può fermare il folle gesto di papà.” approfittando di quell’attimo di apparente tregua, la ragazza uscì con decisione dalla stanza e attraversò il lungo corridoio, per dirigersi verso la camera del fratello: l’ultima sulla destra.
Le parve di metterci un’eternità: le gambe erano pesanti, la mano stringeva con forza la stoffa della camicia da notte, mentre correva e si mordeva un labbro dall’ansia.
Spalancò la porta senza bussare e, spedita, arrivò dinnanzi al letto dove il congiunto sonnecchiava a braccia allargate, ignaro dell’accaduto. Accanto a lui era rimasto spalancato il fascicolo con illustrate le caratteristiche di una nuova navicella, poiché la stanchezza gli aveva impedito di portare a termine la visone.
“Ehi Trunks, sveglia! Presto! Papà sta per uccidere Goten!” le mani esili di lei scrollavano il corpo muscoloso del presidente, che indossava un comodo pigiama scozzese.
“Bra? Ma cosa…” Trunks aprì lentamente le palpebre e le sbattè più volte, subito non si rese conto di quanto fosse impaurita, delle sue guance inumidite da un torrente di lacrime.
Ragionò alcuni secondi prima di balzare a sedere e di sgranare gli occhi.
“Cosa sta per fare papà?” chiese sperando si trattasse di uno scherzo, le iridi limpide alzate verso di lei, che confusamente cercava di metterlo al corrente su ogni particolare della vicenda. 
“Noi ci amiamo, capisci? Vogliamo fidanzarci e sposarci al più presto!” sconvolto, lui sprofondò il viso fra le mani, rabbrividendo in ogni centimetro del corpo, anche internamente. 
Percepiva l’aura di suo padre e sinceramente dovette ammettere di non avere speranze: chi mai avrebbe potuto fermare una simile furia? Sarebbe stato capace di devastare l’intera capitale con pochi gesti.
“Muoviti, cosa aspetti? Devi tirare fuori Goten dai guai: lo amo, capisci?” ora sembrava una monella capricciosa, lievemente contrariata: come quando da bambina si ostinava a volere che lui la facesse giocare.  
“Farò il possibile, ma Santo Dende, proprio di notte ed in camera tua si doveva infilare Goten? Non poteva aspettare domani, per dichiararsi?” la risposta che poteva darsi era una sola: aveva una sorella troppo bella ed un amico troppo irresponsabile.
“Sbrigati! Se non vuoi che lo troviamo ridotto ad un ammasso di carne fumante, abbiamo poco tempo!” quanto avrebbe dato Trunks per non sentire quelle parole, ma in effetti Bra aveva stramaledettamente ragione.

**********


Era tornato per prendersi gioco di lui!
“Kakaroth!”
L’irritazione gli era salita fino alla cute dell’appuntita capigliatura. 
Vegeta camminò verso il balcone spalancato e guardò dritto davanti a sé, mentre l’aria fredda penetrava con forza ed aveva un qualcosa di sopranaturale.
“Dove sei? Esci fuori! Mi devi ancora una sfida! Avanti, altrimenti faccio secco tuo figlio.” chissà perché al pensiero di vederlo gli si allargava il cuore. Ripensava a quel sorriso e a quella voce infantile; erano passati lunghi anni, ma nemmeno un giorno in cui non avesse desiderato di rivederlo.
Per tante ragioni lo detestava, ma per altre gli mancava da morire. 
Scese uno scalino e si ritrovò sulla terrazza. Istintivamente sollevò il capo e vide il cielo totalmente trapunto di stelle: mai ne aveva ospitate così tante e brillavano tutte di un’intensità quasi accecante. 
In quel momento così carico di tensione, il saiyan fu pervaso da un inspiegabile senso di pace ed era una contraddizione assurda, poiché pochi minuti prima era a dir poco furibondo e ansioso di far fuori Goten. 
Il giovane Son avanzò a passo incerto e si fermò dietro alle sue spalle, a malapena si reggeva in piedi: gli doleva ogni muscolo del corpo e dovette appoggiarsi allo spigolo del muro per non cadere a terra.
Il labbro inferiore bruciava e sanguinava copioso, gocce di plasma avevano sporcato la sua giacca, ormai irrimediabilmente strappata in vari punti.
Un misto di meraviglia e turbamento apparve sul suo volto pallido.
Un sorriso, però, gli affiorò sulle labbra, mentre osservava attentamente quello stupefacente miracolo.
“Papà …oh, papà …” 

 

 

Continua …

 

 

Ciao, vi chiedo scusa per il ritardo, ma ieri ho avuto dei problemi con internet e non sono riuscita a pubblicare il capitolo.

L’ho diviso in due parti, era davvero lunghissimo e avevo paura vi stancasse, il pezzo finale lo posterò domani sera.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, aspetto i vostri commenti.

 

Grazie di cuore ai miei recensori:

 

 
Evelyn_L- Cara Lisa ^^ le tue rece mi fanno davvero piacere, sono lusingata di averti come lettrice. Grazie. TVB

Ishyna- Ciao ^^ sei sempre gentilissima, spero di non deluderti, un bacio.

nana987- Grazie per il tuo commento, sei sempre gentile. ^^

Rayn_88- Ti ringrazio tanto, mi fa piacere che la fic ti piaccia, grazie di cuore. ^^

 rosy_ge- Ciao carissima, sono contenta che la fic ti interessi, spero che il finale non ti deluda. TVB

Alan_k1- Ciao Alan, beh, mi sono convinta che la fic ti ispiri poco, ma comunque grazie per la rece. Ciao.

Gokussola4ever- Ciao cara ^^ piaciuto l’aggiornamento? Spero di sì …a domani per il finale. Un bacio.

miss miyu 91- Wew, ma ciao tesoro…sei sempre gentilissima, grazie. ^^

 giada_chan- Ciao Giadina ^^ tutto bene? Spero di sentirti, grazie per la rece, TVB.

Gobra1095- Ciao ^_^ sei stata gentile a mettere la fic nei tuoi preferiti, grazie e spero di sentirti.

Dream_River- Sei davvero gentilissimo, grazie per le belle parole. TVB

dubhe_91- Te ami le mie storie? E io amo sentirmelo dire, non per vantarmi, ma perché sapere che qualcuno apprezza il mio lavoro mi sprona a cercare di migliorarmi. Grazie di cuore. ^^

carol2112- Grazie per la tua bella rece, mi fa piacere che la fic ti piaccia, spero che sarà così anche per il finale. Un bacio.

nicichan- Nico! Sigh …è un po’ che non ci sentiamo, mi manchi tanto ç_ç spero a presto. TVB.

 

 Un bacio, a domani sera.

 

 

LORIGETA ^^

 

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Capitolo 7
*** Buon San Valentino. ***


San Valentino …Gioie e dolori.


“Papà …oh, papà, sei tu.” 
Fu come essere trasportati in un mondo onirico: l’amarezza e la rabbia si sciolsero, liberando il loro cuore.  
Tante piccole sfere luminose nacquero dalle tenebre e cominciarono a volteggiare nell’aria, come se stessero danzando: ognuna seguiva l’altra finché, ad un certo punto, si allinearono e formarono un grande cuore splendente.
Ancora una volta la sua voce arrivò delicata, celestiale, capace di riempire anche l’anima più vuota.  
“Vegeta, loro si amano: dovresti esserne contento. Sii ragionevole e non ostinarti a dividerli. Sarebbe un grave errore.” Goku ridacchiò prima di riprendere a parlare.
“Pensaci, mio figlio è l’unico saiyan rimasto: non sei fiero che sposi tua figlia? Preferiresti un terrestre, per lei? Uno senza un briciolo di forza?” aveva sparato nel verso giusto e colpito il bersaglio.
Il principe provò una sensazione di vuoto allo stomaco, nel dover ammettere che quel sempliciotto avesse ragione.

“Fatti vedere! Vieni qui, che ti do una lezione! Voglio combattere con te!” sbraitò Vegeta contro il nulla, contro quel cuore che stava perdendo d’intensità, ormai prossimo ad amalgamarsi a quel buio, ritornando ad essere parte di esso.
“Non hai torto, ma non l'ammetterò mai! Mai, Kakaroth!” pensò serrando i pugni, ma la cosa strana era che non avesse più voglia di uccidere il ragazzo, che ora gli stava affianco e che teneva la bocca spalancata.
La voce risuonò ancora, mentre la luna, sbucando da una nuvola, irradiava il giardino con la sua tenue luce. 
“Pensa che avrai dei bei nipotini. Urcaaa, quante cose potrai insegnare a quei monelli! Toccherà a te allenarli e non avrai tempo di annoiarti…” la risata argentina del grande guerriero rimbombò per un’ultima volta nel silenzio. 
Adesso nel cuore di Vegeta regnava una specie di pacata rassegnazione: si spinse verso la ringhiera, capacitatosi dell'insensatezza di contrastare quel sentimento.
Goten poteva far felice sua figlia, nessun altro sarebbe riuscito a tenere a freno il suo temperamento: lei portava in dote i geni di una grande stirpe, proprio come il giovane di cui si era innamorata. 
Il mezzo saiyan deglutì senza riuscire a smettere di piangere, sentiva di nuovo nell’aria l’odore di suo padre e quel calore così piacevole.
Sconvolto, realizzò che fosse l’ultima volta che poteva averlo vicino, così decise di dar voce ai propri sentimenti.   
“Papà, ascolta: prima sono stato duro con te, io …”  mormorò con grande sforzo, approssimandosi al parapetto ed oltrepassando la figura di Vegeta, che lo scrutava senza fiatare.  
Goten chiuse gli occhi e fu pronto ad aprire il cuore a quel padre enigmatico, che tanto lo aveva deluso in passato. 
L’immagine di lui gli apparve per un attimo: era un piccolo frammento di memoria, che la mente custodiva come un dono prezioso, era l’unica opportunità che gli veniva concessa, così prese respiro per poi gridare a squarciagola.
“Ti voglio bene papà! Te ne voglio tanto!” lo aveva perdonato, non gli era rimasta la benché minima traccia di rancore nel cuore, anche se avrebbe sentito la sua mancanza per sempre, ma adesso la radice dell’incertezza era stata sradicata: quella che per lunghi anni gli aveva fatto ingoiare solo amarezza al pensiero di non essere amato.
Voleva dirgli molte cose, ma gli era particolarmente difficile parlare in quel momento e così chinò il capo. 
“Lo so, figliolo, e anch’io te ne voglio tanto. Sii felice con la tua ragazza; come promesso vi sarò accanto per sempre. Vegeta, li lascio a te e mi raccomando!” furono le sue ultime parole, non era rimasta traccia di lui, solo il nulla.
Il giovane era disperato, si asciugò le lacrime con il dorso della mano quando udì dei passi sopraggiungere dall’interno, si voltò di scatto e la vide, ferma sulla soglia della finestra: bellissima e arrossata come se avesse corso per ore.
“Goten, stai bene?” domandò Bra con apprensione.
Zoppicando lui le andò incontro e incrociò lo sguardo benevolo di Trunks, che si scostò per permettergli di abbracciarla.
Vegeta represse una fitta di gelosia e li scrutò con aria seria, ma non infuriata; per la verità cominciava a non dispiacergli l’idea della loro unione.
Altri passi li richiamarono all’interno.
“Che succede? Bra, Trunks, Vegeta!” Bulma lanciò al gruppo uno sguardo preoccupato: era avvolta in una vestaglietta di seta verde, i capelli tirati indietro da una spessa fascia, le rughe sottili si notavano appena.
Dopo essersi svegliata aveva udito dei rumori sospetti giungere dalla camera della secondogenita e si era allarmata.  
“Goten? Cosa ci fai qui a quest’ora?" chiese accorgendosi dell’atmosfera tesa.
Bra si fece avanti e, con sguardo innocente, la mise al corrente della motivazione di tutto quel trambusto.
“Mamma, io e Goten ci amiamo e ci siamo fidanzati!” l’aveva detto con enfasi e Bulma pensò che si sarebbe preparata una tazza di camomilla, non appena fosse scesa in cucina.
“Oh cielo! Beh, questa è una grande notizia. Ma cos’è successo? Chi lo ha ridotto in quel modo? E' pieno di escoriazioni; penso abbia bisogno di una medicazione.”
Vi fu silenzio, nessuno fiatò; Vegeta, per calmare i nervi scossi, si voltò verso il giardino: non v’era bisogno di troppa arguzia per arrivare a capire che fosse lui l’artefice di tutti quei lividi violacei che sfiguravano il giovane viso.  
Il principe decise di allontanarsi, necessitava di solitudine, di restare solo con i propri pensieri. 
Troppe erano state le emozioni che s’erano susseguite in quel frangente e la più intensa era stata quella di poter riascoltare la voce del suo eterno rivale.
Lo videro levitare a braccia conserte, accigliato e composto, e poi lanciarsi verso il cielo scuro per scomparire verso l’ignoto.
Bulma sospirò.
“Beh, immaginavo che sarebbe andato via, però se non ha finito di massacrarti è già un buon segno…”  aggiunse con una punta d’ironia.
“Il merito è solo di mio …” Goten era stato sul punto di dire la verità, come se avesse un disperato bisogno di far sapere a tutti che suo padre si era prodigato per lui, ma non riuscì a proseguire. 
Carezzò la guancia della sua ragazza e avvertì l’ennesimo brivido al contatto della morbida pelle.  
I neofidanzati, erano stretti l’uno nelle braccia dell’altra e gli sguardi che si rivolgevano erano colmi d’amore.
“Bene, dobbiamo festeggiare…” commentò la scienziata con voce rotta dall’emozione, la sua bambina era una donna ormai e lui non vedeva l’ora di renderla felice.
“Aspetta Bra, mi stavo dimenticando.” disse il Son rosso d’imbarazzo. 
Estrasse dalla tasca una custodia nera e l’aprì per tirare fuori l’anello, la guardò negli occhi e poi delicatamente glielo mise al dito: era tempo di parlar chiaro, di fare sul serio.
“Goten, è meraviglioso. Conta davvero molto questo regalo: ho desiderato con tutta me stessa che fosse mio…”  lui era completamente rapito dal suo viso, da quelle labbra che bramava far sue, era come se non riuscisse a dimenticare il loro dolce sapore così gradevole.
“Ne sono felice, vorrei darti molto di più, ma sappi che il mio cuore ti appartiene.” a quanto pareva i sogni potevano avverarsi. Bra si fissò la mano, il modesto anello sembrava splendere di viva luce, come se ci fosse stato un pizzico di magia in quella pietra azzurra.
I suoi occhi si riempirono di lacrime.
Trunks infranse quell’incanto:
“Cosa ne dite di uno spuntino? Mi è venuta fame e dopo esserci rifocillati, Goten ed io dobbiamo fare un discorsetto.” il Brief appoggiò una mano sulla spalla dell’amico d’infanzia che si limitò ad annuire: l’idea di mettere qualcosa sotto i denti lo rincuorava.
In effetti, se fosse rimasto ancora un po’ a stomaco vuoto, avrebbe rischiato di stramazzare al suolo.
Pochi minuti dopo le luci dell’ampia cucina di casa Brief erano state accese e il frigorifero svuotato, era decisamente piacevole essersi seduti attorno al tavolo per chiacchierare.
“Spero che tu sia convinto del tuo sentimento; sappi che se dovessi far soffrire mia sorella te lo farò rimpiangere e così mio padre.” 
Trunks porse un bicchiere a Goten, stavano parlando seriamente, approfittando del fatto che madre e figlia stessero già discutendo per trovare un accordo su come organizzare il ricevimento del matrimonio.
“Tranquillo, sono davvero innamorato e farò di tutto per farla felice.”
Era certo che dicesse il vero, riuscì a leggerglielo negli occhi grandi e nerissimi.  
“Beh, allora brindo a te Goten, futuro cognato, e al vostro amore.” Trunks sollevò il calice, imitato dall’ altro mezzo saiyan, li sfiorarono provocando un tintinnio come a siglare conferma della loro grande amicizia.
“Ora è meglio che vada: mia madre sarà in pensiero e poi è giusto che sappia subito che mi sono fidanzato.” il Son si alzò in piedi e prese la mano di lei per baciarla con dolcezza.
“A domani, amore…” seguì un lungo, lento sospiro.
“Aspetta, ti accompagno fuori…” Bra ammiccò, cosa credeva? Di salutarla così? Senza nemmeno baciarla?
Il saiyan ne fu ben lieto e, dopo aver salutato il resto della famiglia, la seguì verso la porta del soggiorno, quella affacciata sul giardino.
Le stelle brillavano in lontananza come tante lucciole; dopo poco cammino si fermarono dietro ad un cespuglio e lei con enfasi gli gettò le braccia al collo.
“Goten, che bello siamo soli, adesso voglio baciarti, lo desidero.”
Lui la strinse forte.
“Anch’io lo desidero.” con la punta delle dita le tracciò i contorni delle labbra, poi avvicinò le proprie e la baciò con vera passione.
Staccarsi fu alquanto difficile e molto doloroso.
“Bra, volevo dirti…buon San Valentino, piccola.”
I capelli azzurri le incorniciavano il volto arrossato, un bel sorriso era apparso come risposta.
“Ti amo.” mormorò mentre lui a malincuore si sollevava dal suolo, pensando che già desiderava rivederlo.
“Ti amo.” rispose rimanendo a fissarla per alcuni istanti, prima di puntare verso l’alto e dirigersi a gran velocità verso le amate vette dei Paoz.
Volava ed era raggiante, appagato. 
Aveva finalmente ritrovato la fiducia in se stesso e, malgrado il dolore fisico causato dalle ferite, non era mia stato così bene come in quel momento.
Erano lontane le giornate trascorse nella disperazione, con la testa fra le mani, pur essendo perso nell’immensità del cielo, sapeva di non essere solo. 
Sapeva di essere amato da una ragazza splendida e anche da suo padre.
Goku di certo avrebbe mantenuto la promessa, rimanendogli accanto e accompagnandolo in ogni momento della sua vita, che si prospettava lieta. 
Era stato lui a spronarlo e a fargli capire di dover dichiarare l’amore che provava per Bra, a farlo tornare tra le braccia di colei che sarebbe divenuta la sua compagna di vita e, per questo, gli avrebbe serbato eterna gratitudine.
Era stata una grande giornata e sicuramente d’ora in avanti Goten avrebbe apprezzato molto la festa degli innamorati: ci sarebbero stati tanti altri San Valentino da festeggiare e non ne era dispiaciuto, ora che al suo fianco c’era finalmente la donna giusta.

 

 

 

Fine.

 

 

Ciao ^^ sono riuscita a scrivere la parola “fine” non ci credo! XD

Mi sento più leggera stasera ( ne ho solo altre 30 da finire ndMe!)

Sinceramente avrei voluto fare di meglio, ma la stanchezza gioca brutti scherzi, spero di non avervi deluso troppo …

Vi piacerebbe un seguito? Ci sto pensando …

Vabbè ringrazio di cuore chi ha recensito lo scorso capitolo e faccio molto presto visto che sono pochissimi…

Dove siete finiti tutti? Me molto triste!

 

Gobra1095- Sei gentilissima e ti ringrazio tanto. Un bacione.

 
Rayn_88
- Ciao mia fedele lettrice, sai sempre come farmi felice. Grazie.

 
Gokussola4ever
- Ciao, spero che il finale non ti abbia deluso, ti ringrazio per le belle parole. Baci.

 
miacaracara
- Ciao ^^ come sempre spendi delle belle parole per le mie storie, ti ringrazio e spero di sentirti. Piaciuto il finale? Baci.

 
nicichan
- Wow WeW WuW …la Nico è tornata, la Nico è tornata! Me Felice saltello impazzita. Mi sei mancata Tanto. TVB

 
carol2112
- Ciao ^^ sei davvero troppo gentile, ti ringrazio di cuore e spero di non averti deluso con il finale. Un bacio.

 
miss miyu 91
- Ciao, sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo, cosa mi dici del finale? Un bacione.

 

Grazie a tutti quelli che hanno letto questa fic e che seguono anche le altre che scrivo, sono lusingata dal vostro interesse e felice di poter condividere con voi i miei sogni …

 Vi saluto, domani grande scampagnata con gli amici lontana dal mio PC …mi farà bene staccare un po’…

Ci sentiamo presto, ma purtroppo non garantisco aggiornamenti veloci, ho tantissimo da studiare e poco tempo per scrivere, ma farò il possibile.

 
Se volete( e mi farebbe piacere...) lasciate il vostro commento, ci tengo tanto a conoscere il vostro parere. 

Ciao, baci e Buon 1° maggio. 

 

 

 

LORIGETA ^^

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