Pure Red Fire

di Pure_Red_Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ecco la fenice ***
Capitolo 2: *** Corallo e sabbia bianca ***
Capitolo 3: *** Alba rossa e pennellate ***
Capitolo 4: *** A red moonlight ***
Capitolo 5: *** Rose rosse ***
Capitolo 6: *** Distorta ***



Capitolo 1
*** Ecco la fenice ***


Pure Red Fire - Autobiografia
Capitolo 1 - Ecco la fenice




E la vedi passare con quella cascata di capelli, da poco diventati rossi come la sua anima, rossi come fuoco.
La sua passi
one.
La noti, credi che sia strana.
Ha idee strane per i suoi quindici anni.
Non da peso alle cazzate delle altre ragazze, come: "Oddio non ci credo! Ho 15 anni e sono ancora vergine!! Help!", lei da peso solo ai sentimenti.
É vestita di scuro, poco trucco, indossa degli anelli, almeno uno per mano.
I suoi orecchini quasi sempre spaiati, al collo una catena c
on un teschio.
La guardi, anche per quei motivi la trovi strana.
Lo vedi, ha qualche ombra negli occhi, capisci che non é felice, perché quei pozzi neri non riflettono più alcuna luce.
Potrebbe essere senza sogni, ad un primo sguardo, ma non è così.
I suoi sogni sono tanti, troppi.
Lei vorre
bbe solo essere felice.
Quando la vedi sorridere sembra sempre sconfitta, e se la vedi sorridere devi ritenerti fortunato, perché ha smesso da tempo.
Ogni tanto la vedi lanciare frecce col suo sguardo di fuoco, come se dicesse: "Voglio avvolgerti con le fiamme della distruzione, voglio farti disperare, sentire l'odore del tuo corpo bruciare e le tue grida alzarsi da terra come un lamento di pietà."
Non si può dire che sia gentile.
Nemmeno educata, o fine.
Non é capace a camminare in modo discreto, i suoi neri stivali stringati segnano ogni suo passo.
Quel rumore somiglia al suono di una campana a morto.
E a lei piace sentire i suoi passi, avvolta nel suo cappotto grigio scuro, in una fredda giornata d'inverno.
Una di quelle giornate così maledettamente belle che, Dio, lei vorrebbe passare con qualcuno di speciale, qualcuno la cui presenza annienti il freddo.
E a puttane tutto, una cioccolata calda con quella persona speciale sarebbe perfetta.
E invece si accontenterà di entrare in un posto caldo e attaccarsi flebilmente a un termosifone.
La sua pelle é troppo chiara, troppo sottile.
Sembra quasi un fiocco di neve insanguinato, lei.
Pare finta, di porcellana, appare così fragile e debole.
Sembra che se il vento dovesse alzarsi lei cadrebbe, e si frantumerebbe in centinaia di cocci appuntiti.
A volte le persone si fermano a fissarla.
 Lei non sa il perché, ma lo odia, odia quando le persone la fissano a quel modo.
Non è aggraziata, non appare dolce, e quando inciampa impreca in dialetto.
Però lei è vera, è vera dentro.
Non ha paura di esternarlo.
E senti che c'è qualcosa in lei che ti incuriosisce.
É strana, vuoi capirla.
Pazza, dice qualcuno.
Invece è solo scontenta, scontenta e profonda.
Ascolta quello che dici, e con i suoi occhi neri ti penetra dentro, in tutti i modi possibili lei cerca di capire te, proprio te che vuoi capire lei.
Ti entra dentro, vuole analizzarti.
La mente umana la incuriosisce, così come i pensieri degli altri.
Non é la classica ragazza di quindici anni, lei.
É così simile a una fenice, così strana.
Cade e si rialza, brucia e risorge.
Anche se ci vuole sempre del tempo perché accada.
Ama l'inverno, è la sua stagione preferita, ma fanculo al freddo, lei è fuoco puro, vive del calore che le nasce dentro quando inizia a fare freddo. I suoi pensieri corrono su lingue di fuoco, é impetuosa.
Dalle una giornata d'inverno, la sua persona speciale e un modo per scaldarsi: la vedrai sorridere, e per una volta non sarà sconfitta.

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Capitolo 2
*** Corallo e sabbia bianca ***


Pure Red Fire - Autobiografia

Capitolo 2 - Corallo e sabbia bianca

Distrutta. 
Dopo questa giornata lei é semplicemente distrutta, fisicamente e psicologicamente.
Vorrebbe chiudere gli occhi ed addormentarsi, ma non riesce, ha troppi pensieri per la testa.
Eccola, si butta rovinosamente sul letto, sotto alle coperte, come un sacco di sabbia bianca e corallo.
In momenti come questi capisce davvero il valore della vita, quando stanca per essere semplicemente stata sveglia tutto il giorno, la sua schiena si distende, e i suoi pensieri vagano, e vagano, e vagano...
Così scrive il suo diario, perché non riesce a dormire.
Diario, poi. 
Lei non lo considera propriamente così, é più una strana accozzaglia di parole, sono storielle e stati d'animo che qualcuno a volte si azzarda a chiamare "poesie".
E con forse un po' di presunzione anche lei, ogni tanto, si é azzardata a chiamarle così.
Apre il suo quaderno rosso (di che colore, altrimenti?) e comincia a scrivere, a buttare giù frasi dolorose, a farsi male.
Questa é la sua forma di autolesionismo, scrivere.
E le piace maledettamente sentire quel dolore che si affievolisce, anche solo per un istante, quando dopo aver scritto ciò che doveva finisce di piangere.
Oh, se le fa male.
Ma non riesce a smettere, e forse dovrebbe davvero seguire i consigli di chi le dice di sfruttare questo presunto "talento" nel soffrire.
Riesce a trasmettere le sue sensazioni, a farle sentire sulla pelle. 
Usa parole che spesso danno forti colpi.
Vuole rompere la sua prigione di ghiaccio, perché lei non può più sopportare quel cazzo di freddo.
Lei é scocciata, arrabbiata, delusa.
E piano piano inizia a farlo capire anche a chi le sta intorno.
Ha gli occhi davvero stanchi, vorrebbe chiuderli e lasciarsi tutto indietro. 
Il punto è che non riesce, non ne é capace, e questo la irrita, perché Dio santissimo, com'è possibile non riuscire a lasciarsi il passato alle spalle?!
Di giornate così, giornate pesanti, ne ha molte. 
L'unica soluzione é dormire.

                  

                       ***

Si era addormentata?
Sì. 
Quindi quello che aveva visto era tutto un sogno?
Esatto.
Niente persona speciale, non si era avvicinata al suo viso per baciare ancora una volta le sue labbra, come tante volte aveva fatto in passato.
È sveglia ora. 
Sola in casa, suo padre tornerà tra poco. 
Stanca morta.
Sa che deve alzarsi e miracolosamente trova la forza di farlo. 
Si guarda allo specchio, non sembra così distorta, oggi, l'immagine.
É solo un viso stanco, troppo bianco, come un piatto di ceramica, con due pozzi neri troppo pieni d'acqua, che a volte esce sottoforma di lacrime.
E tutt'intorno a quel viso c'è una complicata decorazione di corallo.
Pare esangue, da quanto é pallida.
La sua magrezza, inversamente proporzionale a quel che mangia, (che é molto, fidatevi) é dovuta a un metabolismo frenetico, troppo veloce.
Tutto in lei é piccolo e veloce.
Il suo viso, spesso confuso con un viso appartenente ad un'età maggiore, ha dei tratti minuti, delineati, precisi. 
Non si trova di certo bella, anche se qualcuno ogni tanto lo dice.
Ha sempre fame, una fame nervosa, compulsiva.
Ha voglia di parlare di sé ma teme di diventare noiosa, quindi evita di farlo con le persone che ha intorno, e scrive.
Non le importa se sei maschio o femmina, sei una persona ed hai le stesse probabilità di piacerle e non piacerle, e di farla o no innamorare che hanno tutti.
Sei una persona, punto.
Se ti ama, ama te.
Ama come sei dentro.
Che le importa se fuori sei maschio o femmina?
Ora esce lentamente dalla stanza, si dirige in cucina per mangiare.
Sono appena le nove del mattino, é domenica.
É affamata, la sua fame nervosa la tormenta.
Distrattamente tira fuori la pastella dal frigo e si prepara la colazione.
Esagera, come sempre.
Mangia troppo, e così le viene la nausea. 
Ma lei non vomita, non vomita mai, fortunatamente.
Di solito le torna fame cinque minuti dopo aver finito.
Nausea-lampo, nausea nervosa.
Ora avrebbe voglia di mangiare qualcosa di più simile ad un pasto, ma sa che dovrà aspettare.
Sono già le dieci e suo padre non è ancora tornato.
Vuole bene a suo padre, un bene immenso, ma contemporaneamente la infastidisce da morire. 
Ha la presunzione di sapere tutto di sua figlia, eppure la conosce appena.
Non saprebbe nemmeno dare con certezza una motivazione all'ansia che lei prova.
Certo, perchè non bastava essere strana, essere analitica, distratta ed irritabile.
No.
Doveva anche soffrire di stati ansiosi, che ovviamente manifestava anche con sintomi fisici, come capita a tutti.
E suo padre non lo capiva questo, perchè l'anno prima la ragazza, che è anemica e microcitemica, aveva avuto un pesante calo di ferro. 
Così ora per ogni giramento di testa secondo suo padre lei DOVEVA ASSOLUTAMENTE farsi gli esami del sangue.
Cioè: dato che li deve comunque fare due volte all'anno poteva starci, ma farli a distanza di due settimane dopo un riscontro positivo le sembrava eccessivo.
Comunque lei sapeva che anche oggi sarebbe stata la classica giornata da proiettile in bocca. 
Aveva voglia di buttare tutto in fondo al cesso e tirare la catena.
A puttane, a puttane tutto.

Ma davvero ne vale la pena?

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Capitolo 3
*** Alba rossa e pennellate ***


Pure Red Fire - Autobiografia 

Capitolo 3 - Alba rossa e pennellate

 

 

 

Apre la doccia, regola sul caldo, bollente.
Ha bisogno di scaldarsi, oggi ha fatto freddo.
Il suo viso viene macchiato da rivoli neri.
Quel poco trucco che aveva, giusto un gioccio di mascara, scivola lungo la sua guancia.

Uno schifoso impasto di acqua, lacrime e mascara.
Oggi l'ha perso per sempre.
Se ne é andato, sparito definitivamente.
Non le vuole più nemmeno parlare.
Non vuole nemmeno restarle amico.
Nel giro di due mesi gran parte delle sue certezze si sono sgretolate, come il gesso che cade a terra.
Polvere, cenere.
É in guerra con se stessa, non trova nemmeno più un momento di tranquillità, e le sue notti si dividono in quattro categorie:
La notte del pianto triste, disperato;
La notte del pianto isterico, nervoso;
Le notti in cui sogna che tutto é perfetto;
Le notti in cui dorme poco e niente.
E tutte le mattine ha da alzarsi.
Come può dimenticare?

Non si può dimenticare la persona per cui ha lottato, per cui ha pianto, per cui ha vissuto, cazzo!
Appoggia un braccio alla parete della doccia e piange.
Così fragile da potersi spezzare.
Si sta chiedendo il perché.
Perché continua a vivere se nulla ha un senso?
Perché aspetta che un senso a tutto questo ritorni, anche se sa che sarà faticoso.
Magari un senso non fatto solo di speranza e ricordi, un senso come quello che c'é stato per la prima fottuta volta a luglio.
Ricorda quel giorno.

La prima volta in cui si é innamorata davvero.
Oh, sì, le erano piaciute altre persone, ma non si era mai innamorata seriamente.
Il giorno del suo primo bacio, la prima relazione.
Era il quattro di luglio.
Dopo quel bacio ebbe la certezza assoluta di essere innamorata, ed ebbe un'ulteriore conferma quando dovette tornare a casa.
Separarsi da lui fu come separarsi da una parte di sé.
Fu tutto perfetto fino al 22 di settembre, tre giorni prima del suo quindicesimo compleanno.
Che poi, minchia che tempismo, come regalo di compleanno un "Non ti amo più" é favoloso.
Ma in realtà era un "Non ti ho mai amata".

Anche lì ebbe la certezza di amarlo, pianse tutta la notte.
Uno dei giorni peggiori della sua vita.
Possiamo amabilmente metterlo insieme a tutte le volte in cui ha pensato: "Ecco, sapevo che sarebbe arrivato questo momento, ma io così non posso andare avanti."
Ogni volta era la perdita di una persona.
Varie morti, un trasloco di una delle sue migliori amiche, e l'abbandono di lui.
Averlo perso ancora di più, averlo perso definitivamente, la distruggeva.
E nemmeno si sprecó a farglielo sapere, tanto non gli sarebbe importato.
Il suo Arcangelo, il suo cuore.
La sua vita.

Distrutto, tutto distrutto con una frase.
Uno schiocco di dita.
Bussano alla porta del bagno, le intimano di sbrigarsi.
Si trascina verso l'accappatoio, lo indossa per ripararsi dall'aria pungente.
Corre ad accendere la stufetta, ed appena il bagno é abbastanza caldo, sfila l'accappatoio e passa alla biancheria.
Cercando di fare il più velocemente possibile, si veste e mangia.
Stranamente non ha fame, ma preferisce non far preoccupare i suoi, così mangia tutto.
Finalmente può chiudere gli occhi e dormire.

 

***

 

Alba rossa.
Coll'azzurro del mare su cui poggia, é veramente un bello spettacolo.
Guarda distrattamente il mare dal finestrino del pullman, come tutti i giorni.
Le piace guardalo, mentre scivola via in lontananza.
I suoi amici la chiamano, le parlano.
Lei si volta nella loro direzione, accenna un debole sorriso a sguardo basso, asseconda controvoglia le risate di tutti.

Un occhio esperto capirebbe subito che non ride in modo spontaneo, basterebbe guardarle gli occhi.
Si perde nelle sue riflessioni con la musica nelle orecchie, pensando che tra poco meno di un mese sarà a Sanremo.
Adora Sanremo, lei.
Anche se è una città che, come dice suo padre, mette angoscia.
Adora anche Genova, Alassio, Apricale, Portovenere, il molo di Loano.
Tutto sommato è felice di vivere in Liguria.
Ma il paese che vive nel suo cuore si trova in Sardegna.
Cosa non darebbe per vivere là…
Le parole della canzone le scorrono veloci nella mente, non vede l’ora di sentirla dal vivo, aspetta con ansia il 20 dicembre solo per quello, per entrare all’Ariston, sedersi comodamente al suo posto e sentire Vecchioni cantare.
Oh, è una sua grande fan da quando è nata.
Strano per un’adolescente.
All'improvviso si ricorda che oggi si farà interrogare di poesia, la sua materia preferita.
La ama con tutto il cuore, ci s perde, ci si ritrova, si sente una parola, un verso, si sente lei stessa dentro la poesia.
Vive dentro a quelle strofe, dipinte perlopiù con rossi colpi di pennello, legge con gioia i versi di Saba, Montale, Quasimodo, Ungaretti.
Ama l’ermetismo.
Difficile da comprendere, come lei.
Pieno di metafore, come il suo vivere.

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Capitolo 4
*** A red moonlight ***


Pure Red Fire - Autobiografia
Capitolo 4 - A red moonlight

Si consiglia di ascoltare il primo movimento di ''Moonlight Sonata'' durante la lettura.



Si trova all'improvviso catapultata su un marciapiede, e dalle sue labbra escono la colazione e la merenda di metà mattina.
Schifo fuori e dentro di lei, non le piace vomitare.
Quando é di cattivo umore, però le capita, ed oggi era il caso.
Vorrebbe che al posto del vomito uscisse da lei tutto lo schifo che sente, vorrebbe uscisse il suo dolore.
Vomitare non le serve, la fa stare male ed é deleterio.
Per questo non le piace.
E dire che oggi le mancherebbe solo una cosa per stare bene.
Non è chiedere tanto, eppure é già troppo.
A volte vorrebbe accasciarsi a terra e restare là, coperta dal fango, dagli insulti, dalla sofferenza, dalla neve.
Dal freddo del ghiaccio, e fregarsene di tutto.
Ma ciò che desidera in realtà è una fredda serata d'inverno, a Cabras, su una spiaggia di sabbia chiara e fine.
La luna piena in alto, che proietta una luce pallida su di lei, e non sentire freddo, perché c'è qualcuno lì a scaldarla.
Fa maledettamente male quest'immagine.
Perché lei é sotto alla neve.
E vorrebbe essere su quella spiaggia, a guardare la luna.
Con te...
Con te che non stai leggendo, perché non se la sente di mandarti questo scritto.
E poi, le hai imposto l'addio.
Che sensazione di impotenza che prova.
Ma nonostante tutto cerca di scavarsi un passaggio attraverso quella spessa coltre bianca che soffoca i suoi sogni.
Il suo sogno.
E mentre gli occhi le si riempiono di lacrime lei rivorrebbe ciò che ha perso.
La musica cresce e si fa forza, cammina lungo il marcipiede e torna in macchina da sua madre, afferma che non c'è nulla di cui preoccuparsi, massaggiandosi le tempie.
Vorrebbe urlare, distruggere tutto e tutti con quello che pensa, invece di bruciare nel suo dolore come un pezzo di carta in un camino, nella sua dolorosa e misera fine, contorto consumato, bruciato fino a sparire.
Distrutto, distrutto da qualcosa di più grande. 
Sembrano stilettate incadescenti, come se il fioretto che le buca il petto, la pelle e il cuore fosse stato arroventato.
Lei è distrutta come quel pezzo di carta, lo vedi.
Stende impercettibilmente le sue mani verso un velo che non è più lì.
E lei lo sa che stende le sue mani a vuoto, eppure quando non tocca il velo soffre.
Fa comunque male.
Vorrebbe danzare un valzer con te, vestita di rosso, con una maschera in viso, e dirti che ti ama, poi voltarsi ed andarsene in mezzo alla folla, correre via per il timore di essere raggiunta e di dover ancora e ancora soffrire.
Le bruciano gli occhi, trattiene le lacrime.
Tanto arriverà un momento in cui potrà sfogarsi e piangere.
Vorrebbe essere lì fuori, alla luce della luna, vorrebbe che i suoi raggi si adagiassero sui suoi capelli e tingessero tutto di rosso.
Vuole tingerti col suo dolore, dato che quando ti ha tinto col suo amore è stato inutile.
Lei è consapevole del male che si sta facendo, ma non sa come fermarlo, la tormenta, giorno e notte.
Fa freddo.
Lei rivuole indietro il calore.
Per quanto l'azzurro ghiaccio sia bello e perfetto, lei desidera avere di nuovo dentro sè quel rosso fuoco che tanto le appartiene.
Non tornerà mai più.
Non tornerà mai più.
Non tornerà mai più.
Datele qualcosa per cui sperare, vi prego.
Ridate la vita a quella ragazza.
So che non potete, mi scuso.
Non importa, farà finta che non sia niente, o almeno ci proverà.
Non ce la farà, ma forse starà meglio, prima o poi.
Ridatemela.
Ridatemela, solare come prima.















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Capitolo 5
*** Rose rosse ***


Pure Red Fire - Autobiografia
Capitolo 5 - Rose rosse


Giorni, mesi, settimane passate a pregare che tornasse. 

Non ce la faceva più.
Infine, quindi, pregò di smettere di amarlo, pregò in lacrime.
Attese il miracolo.

  ***

Si sveglia. 
Che giorno é, oggi?
Oh già, 27 dicembre... Ha un impegno, é sicura. 
Ora ricorda. Uscirà con quel ragazzo, Giacomo. Ha qualcosa di interessante, che la spinge ad avvicinarsi a lui, poco a poco.
C'è qualcosa in lui, una bellezza interna ed esterna, qualcosa di indecifrabile. 
Calore.
Più ci pensa e più si sente strana, quasi febbricitante, quasi felice.
Ed ora non vede l'ora di parlare con lui.
Si prepara, esce di casa, quasi corre per giungere al luogo dell'incontro. 
É un'attesa assurda, snervante, sono solo cinque minuti e non se ne capacita. 
Eccolo che arriva sorridendo. 
Nel momento esatto in cui lo vede sorride e gli va incontro. 
Ha addosso una felpa rossa, curioso, proprio il giorno prima avevano parlato di colori. 
Lei gli aveva detto di amare il rosso, e che i suoi fiori preferiti erano le rose di quel colore. 
Parlano, scherzano, lui le chiede di cantare.
Lei risponde ridendo che non avrebbe cantato solo dopo una cioccolata.
É inverno, e una cioccolata é l'unica cosa che manca. 
Sorride, sorride davvero. 
Incredibile, c'é riuscita.
E cantare per lui le viene bene, non si sente insicura. 
Qualcosa in lui la solleva. 
Improvvisamente qualcosa si muove in lei, e decide di portarlo in riva al mare, sulla passeggiata. 
Si ferma un momento a guardare i suoi occhi. 
Due grandi occhi color nocciola che si colorano di un verde intenso quando la luce li colpisce.
Occhi che la guardano con una nuova dolcezza. 
Rimane rapita, e la voce del ragazzo la riporta alla realtà. 
Sente qualcosa crescerle dentro.
Quasi non ci pensa e si avvicina alle sue labbra, lo bacia.
Sono stati quattro mesi disastrosi, quattro mesi di sofferenza e lacrime. 
Aveva dimenticato il sapore della felicità, riscoperto lentamente in quel bacio ricambiato.
Calore, altro calore.

                           ***

"Sai, io ho un giardino a casa."
"Davvero?"
"Sì. Lì ci crescono le rose. Rose rosse e rose gialle. Appena sbocceranno quelle rosse, ne taglierò alcune e te le porterò."

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Capitolo 6
*** Distorta ***


Pure Red Fire - Autobiografia

Capitolo 6 - Distorta




Sfioro le macerie che ho intorno, la pietra é fredda.

Sto cercando chi sono. Chi sono?
É il vuoto, quello che ho qui dentro, non mi riesco a consolare.
Ma mi dico che va bene, che andrà bene.
Ma alla fine, chi sono io, chi sono davvero?
Io non esisto, o forse é solo una mia percezione.
Io esisto, mi sento solo come se non esistessi, e cado.
E me ne rendo conto quando arrivo a terra.
E mi sento come se mi cadesse tutto addosso, seguendomi, freneticamente.
Tutto mi cade addosso, schiacciandomi.
Sono, infine, divorata dal mio vuoto.
Sono io, questo vuoto?
Cosa significa essere vivi?
É amare, soffrire, cos'é vivere?
Deve esserci di più, di più di questo vuoto, non può essere solo respirare.
Forse sono solo qualcuno che non sa come vivere davvero.
Sono forse un involucro, un patetico essere vuoto?
Deve esserci di più.
Ma merito di avere di più?
Forse no, ma non avrebbe senso allora essere in vita.
Perciò, se ora sto respirando, significa che lo merito, forse.
Perché ogni persona merita di sapere come vivere.
E io, io sono una persona? 
Dopotutto ultimamente la vera felicità l'ho toccata nei sogni e nei ricordi.
Nel mare, forse.
E allora cosa sono?
E perché non riesco a uscire da qui, cosa mi trattiene?
Non so neanche dove sono.
Se mi lasciassi cadere, allora cosa succederebbe?
Forse non riuscirei a tornare in piedi.
Forse sono fatta di ricordi, semplicemente  abbandonati al loro destino, o quel che resta di quello.
E continuo ad accarezzare le macerie nel mio cuore.
Cosa sono io?
Sono forse la malinconia?
Sembra regnare in me.
Ho bisogno di buttare fuori cose di cui non conosco nemmeno il nome.
Forse esploderò.
Magari invece scoprirò chi sono.
Non so nulla di me, eppure nessuno dovrebbe conoscermi meglio di me.
La mia immagine é distorta, ed é riflessa in uno specchio scheggiato.
Troneggia sulle macerie.
Distrugge la mia mente, non mi permette di respirare.
Qualcosa mi blocca il fiato.
Che cosa sono io?
Sono un frammento disperato di qualcosa di finito?
E queste lacrime, e queste mie mani tremanti, sono oggetto di un mio desiderio?
Forse é vero che non esisto.
Forse questo é un labirinto di specchi, e io sono l'immagine distorta che vedo sopra di me.
Ma capisco di essere reale. 
Vorrei distruggermi con le mie stesse mani, certe volte.
Non so cosa sono, non so che sto diventando.
Non so chi sono, non so chi diventerò.
E se un giorno i miei muri crolleranno del tutto, allora che accadrà? 
Morirò senza sapere come si vive realmente?
Finirò in un cespuglio di rovi.
Ho solo bisogno di capire chi realmente sono.
Chi sono?

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