Blu e oro : i colori del mistero

di Ineki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. Il guanto. ***
Capitolo 2: *** 1. Tigre. ***
Capitolo 3: *** 2. Passeggiata. ***
Capitolo 4: *** 3. Evento Positivo. ***
Capitolo 5: *** 4. Nuovo Inizio. ***
Capitolo 6: *** 5.Scoperta notturna. ***
Capitolo 7: *** 6. La lettera. ***
Capitolo 8: *** 7. Coniglietto. ***
Capitolo 9: *** 8. Colori. ***
Capitolo 10: *** 9. Verità. ***
Capitolo 11: *** 10. Assemblea. ***
Capitolo 12: *** 11. Orecchino ***
Capitolo 13: *** 12. Consultazione. ***
Capitolo 14: *** 13.Lampadina. ***



Capitolo 1
*** Prologo. Il guanto. ***


PROLOGO. Il guanto .

Scendevo le scale, piano, come se avessi tutto il tempo del mondo. Il legno non faceva il minimo rumore. Passavo davanti alla cucina e la porta socchiusa non rivelava nulla di sospetto. Molte volte la mamma si scordava di chiuderla. Continuavo ad avanzare verso una direzione precisa, attraversando il tappeto blu fino ad arrivare alla porta di legno verniciato di nero. Le venature erano marcate, disegnavano spirali appena percepibili all'occhio, ma appena le vedevi, potevi fissarle per ore. Stringevo nella mano la maniglia e spingevo lievemente. Si stava aprendo come al rallentatore: porta, esterno,sagoma. Sono queste le cose che riuscii a vedere prima che iniziasse tutto. Una mano guantata , forte e inaspettata si premette sulla mia bocca.
 'Cosa diavolo sta succedendo?!'urlai nella mia testa. 
Trasportata di peso fuori dalla casa in cui ero cresciuta, cercai in tutti i modi di divincolarmi dallo sconosciuto ,ma tutti i miei sforzi sembravano nulli al confronto del mio assalitore. Sapevo di essere un schiappa in autodifesa; nel corso che avevo fatto a scuola sarei stata sicuramente bocciata se si fosse trattato di dare un giudizio ai miei fallimenti. E infatti si vedeva. Dopo neanche un minuto ero gia distrutta e il panico si stava trasformando in terrore puro. 
'Perche mi sta succedendo questo? 'pensai ormai sull'orlo delle lacrime. 
-Chiedi perché? È molto semplice: Tu sei una...- sussurrò il ragazzo al mio orecchio....

Suonò la sveglia e balzai giù dal letto. 
Mi guardai intorno e non vidi nessuno. Ero da sola nella mia stanza. 'Aspetta, era tutto un sogno? '. Sorrisi e feci un sospiro sollevato. Tutto a posto, era una qualunque domenica mattina e il cielo plumbeo oscurava l'interno della mia camera. Erano di un colore che ricordava l'erba estiva e che stonava co il resto del mio arredamemto: centinaia di libri erano ammucciati dappertutto con un ordine preciso, che solo io potevo capire; i miei vestiti erano impilati su due sedie senza braccioli ,ovviamente tutti ammucchiati. Disordinata ma in modo controllato. Andai in bagno per rinfrescarmi e dopo una doccia bollente mi cambia il pigiama a fiori bianchi e neri su sfondo grigio, con un paio di comodi pantaloni della tuta blu scuro e un magione bianco largo, morbido e caldo che trovai nel mio armadio di fattura antica, un regalo della mia nonnina. Lo specchio, attaccato nella parete opposta all'armadio e di fianco alla parete con la finestra, era ondulato e rispecchiava la mia figura. Il viso ,stanco a causa dell'incubo ,era pallido. Gli occhi, uno blu e l'altro dorato, erano circondati dalle occhiaie viola. I miei capelli neri e umidi erano lisci, tremendamente lisci. Infatti presi un elastico dal comodino di fianco al letto sfatto e mi feci una coda veloce. 
Non mi accorsi del guanto tra le lenzuola, mentre scendevo al piano di sotto, ignara di quello che sarebbe successo da quel giorno in poi.

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Capitolo 2
*** 1. Tigre. ***


1.Tigre.
 La cucina , il luogo dove la mia fame mattutina veniva placatata, era molto confortevole. Gli armadietti di legno color miele scuro , il bancone da lavoro in marmo e l'isola in mezzo alla stanza rendeva tutto molto funzionale e le pareti arancione chiaro rilassavano gli occhi. 
In silenzio bevetti la mia solita tazza di tisana per calmarmi i nervi. Con un bel po' di miele. E due fette di pane e nutella. 
Quando ebbi finiti risalii in camera mia , convinta di poter passare la giornata a rilassarmi e fare quel che mi pareva. Essendo figlia unica, non avevo una sorella o un fratello con cui passare il tempo e i miei avevano deciso di fare una vacanze per le feste natalizie, visto che ormai stavo per compiere diciotto anni. 
Il che significa che avevo casa libera!
 Mi stavo per infilare le mie adorate cuffie nere e rosse quando suonò il campanello. 
'Chi può mai essere? Forse è Mia.' 
Mia, una ragazza fantastica e mia migliore amica, era inarrestabile. L'unica che veniva a trovarmi nel bosco in cui vivevo. Esattamente, casa mia era circondata da favolosi alberi altissimi: pini con gli ampi rami storti dalla neve, pioppi alti e flessibili ,querce maestose e possenti, betulle alte e cespugli di bacche non commestibili. Adoravo quando tutto veniva coperto dal bianco brillante della neve perché i contorni delle cose diventavano marcati , tanto da pensare di essere in un mondo incantato. 
Mi diressi verso la porta e stavo già pensando a cosa avremmo potuto fare insieme quel giorno e i prossimi, però le mie previsione si infransero quando lo vidi. 
Lo sconosciuto. 
Lo sconosciuto del mio incubo era lì, davanti a me. Non sapevo cosa fare.
 'Devi chiudere la porta, ,idiota!' Mi urlo una vocina spaventata e incavolata nella mia testa. D'accordo con la vocina, chiusi la porta in faccia allo sconosciuto. 
Appoggiai la schiena al duro legno della porta e fissai scandalizzata il vuoto davanti a me. Il mio cervello non connetteva più. 
Come ci si dovrebbe comportare quando trovi davanti alla porta di casa l'assalitore dell'incubo che hai fatto la notte prima? 'E che assalitore!' pensai distrattamente. Dovevo essere impazzita se mi affacinavano quei capelli scuri, quel corpo da nuotatore e quei tranquilli occhi arancioni. 
Arancioni?! Guardai dalla finestra e non c'era nessuno. 
'Ho sognato a occhi aperti?'. 
Mi allontanai velocemente per prendere la mega padella di mia mamma e appena la presi in mano risuonò il campanello.
'Ma che assalitore è se suona il campanello?' Ancora con la padella in mano, aprii un po' la porta e...
'Mia?' 
-Buon giorno anche a te! Mi fai entrare, si o no? Perché tieni una padella come una mazza da baseball?- chiese divertita e un po' stupita la ragazza. Mi guardai la mano e appoggiai imbarazzata la padella sul mobiletto di fianco all'entrata, vicino alle chiavi. 
-Scusa, è che ho avuto una mattinata un po'strana, tutto qua.- biascicai mentre l'abbracciavo. Era completamente coperta da strati di vestiti. Gli occhi, dolci e divertiti, avevano il colore del sottobosco in primavera, un misto di verde foglia e castano scuro. I capelli, erano un insieme di boccoli morbidi di un castano ramato, che al sole diventavano ancora piu luminosi. Una sciarpa e un berretto bianco le incorniciavano il volto arrossato dal freddo invernale e il giubbotto rosso mi ricordava sempre il mantello di cappuccetto rosso. Peccato che il suo carattere combattivo avrebbe domato qualsiasi lupo cattivo. Gli stivali neri e i jeans blu scuro erano sicuramente foderati con uno strato di pelo. Anche se molto attiva, Mia soffriva molto il freddo, al contrario di me che mi ritrovavo molto a mio agio con le temperature sotto lo zero.
-Sicura che sia tutto ok? Sembra che tu abbia visto un fantasma! - esclamò ridendo. Come c'era andata vicina!
-Ho solo bisogno di uscire un po', devo prendere delle cose in centro. Così ti racconto tutto a pranzo e se non sei ancora soddisfatta ,puoi venire a cena da me stasera.- 
Accettò di buon grado, sapendo che parlavo molto di piu davanti a del cibo. Andai in camera a vestirmi velocemente. Indossai un paio di jeans neri, un maglione verde scuro con un gatto rossiccio stamparo sul davanti e i miei stivali preferiti. Blu, con intarsi argentati e le rifiniture dorate. Li adoravo! Uscimmo di casa a tempo di record e mi preoccupai di chiudere bene la porta di casa. Finalmente potevo passare una domenica senza pensare a quei occhi arancioni...mi ricordavano quelli di una tigre che avevo visto in un documentario da piccola.
 Una tigre in gabbia. 

Girammo per negozi e dopo aver preso dei maglioni e l'occorrente per la cena a base di sushi, andammo a mangiare qualcosa in un piccolo ristorantino dove facevano dei panini fantastici. 
Mentre addentavo il mio panino, Mia entrò in argomento: - Racconta.- 
Dopo aver mandato giù il boccone che mi era rimasto in gola, le raccontai dell'incubo e della visita immaginaria di stamattina. Era visibilmente preoccupata. Stava per dirmi qualcosa quando squillò un telefono. Mia rispose irritata, ma subito cambiò espressione. Ascoltò qualche minuto in silenzio e poi chiuse la comunicazione.
 Sua madre non si era sentita bene e l'aveva chiamata il padre dicendole di tornare a casa per stare con lei perché lui doveva andare al lavoro. La mia amica si scusò mille volte ma sapevo in che condizioni viveva e le dissi di stare tranquilla e di andare a casa. 
-Salutami i tuoi , spero che tua mamma si riprenda presto. Ci sentiamo stasera .- le dissi mentre le davo un bacio sulle guance morbide.
 - Va bene, ma tu promettimi di chiudere bene tutto e di fare la brava. - 
- Prometto.- le feci una linguaccia per allentare la tensione. La guardai camminare verso casa fino a che non la vidi più, poi mi indirizzai verso casa. Non avevo fatto neanche mezzo passo che mi sentii osservata. Mi girai di scatto e intravidi una sagoma ferma in mezzo alle persone che camminavano. Subito dopo non c'era più. 
'Ma oggi è la giornata delle allucinazioni?! Devo piantare di pensare che un qualsiasi ragazzo possa essersi interessato a me e ,ancora di più, devo togliermi dalla testa quell'incubo! È solo un incubo ! ' 

Mezz'ora dopo, con solo i lampioni della strada che si insinuava nel bosco camminai per il vialetto sterrato che portava a casa mia.
 'Ancora poco e potrò riposarmi al sicuro con pop corn, film e una scatolina di pesce fresco. Ok , forse l'ultima opzione sarà per un'altra volta. ' ragionai. 
Casa mia era molto simile a una baita con un porticato. Rustica ma utile. La trovavo molto bella, ma forse perche ci ero nata. I miei mi avevano sempre detto che mi avevano tenuta in braccio per la prima volta nel salotto di casa, infatti era la mia stanza preferita. Salii i piccoli scalini che mi portarono all'ingresso e già con le chiavi in mano cercai di aprire la porta. 
Purtroppo non si può aprire qualcosa che è gia aperto.
 Mi paralizzai.
 'Impossibile.'pensai mentre tornavo mentalmente al momento in cui avevo chiuso la porta. Entrai piano piano accendendo la luce. 
Nessuno. Forse avevo fatto girato la chiave nel senso sbagliato, ma mi ricordavo di aver sentito scattare la serratura. Che strano... Appoggiai le borse di fianco al divano beige , poi presi un respiro profondo per lasciarlo uscire piano. Stanca e agitata chiusi la porta e controllai tutte le finestre. Misi i pop corn nel microonde e decisi quale film vedere. Mi incamminai di sopra per mettermi comoda. Dato che davanti alla porta aperta avevo sudato freddo mi convinsi di fare un'altra doccia bollente per togliermi le preoccupazioni di dosso. 
Ero ancora in accappatoio quando, uscita dal bagno e spostando le lenzuola, lo vidi. 
Il guanto.
 Il guanto che sicuramente non era mio. 
Potava appartenere solo ad una ragazza con le mani sorprendentemente grandi o ad un ragazzo. Un ragazzo con gli occhi dinun felino cacciatore. 
-Nononononono!- urlai. 
Non è possibile che fosse reale! Ma allora...l'incubo...lo sconosciuto di stamattina...la sagoma in centro... la porta aperta... 
-Oh ecco dov'era, grazie tante per avermelo ritrovato, fiorellino.- mormorò la voce ormai familiare al mio orecchio. Così feci l'unica cosa che mi venne in mente. 
Mi infuriai. 

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Angolo autrice: Ciao a tutti voi,lettori! Come vi sembra la storia? Vi piace o almeno vi incuriosisce? Recensite pure apprezzo molto sia i commemti positivi e negativi, perche so di essere una novellina come scrittrice e devo imparare molto ._. Ineki ♡

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Capitolo 3
*** 2. Passeggiata. ***


2. Passeggiata.
"Chi sei tu?! Perché mi perseguiti? Cosa potrebbe volere un ragazzo che mi assalisce in un sogno, mi perseguita nella realtà e mi fissa con quei odiosi e bellissimi occhi da gattone?!" pensai nella mia testa. 
Invece urlai solo: - Chi sei tu?!- .
Lui , tranquillissimo, non mi rispose continuando a fissarmi. Ancora più arrabbiata, gli lanciai contro tutto quello che avevo sotto mano: un cuscino, la mia spazzola preferita , la foto di classe dell'anno scorso, il caricabatterie del cellulare, seguito dalla forchetta che usavo come segnalibro nei casi di emergenza. Tutto, perfino la forchetta, fu prontamente schivato.
Senza fiato e amareggiata mi resi conto che con il mio sfogo non avevo risolto nulla, anzi, quel tizio si stava divertendo alla grande! Quel sorrisetto irritante gli arricciava le magnifiche labbra e si avvicinò con la stessa espressione dicendo solo tre parole: - Vieni con me.-
- Ma sei pazzo?! Io non ti conosco, non vado con te da nessuna parte e esci da casa mia!- 
- Speravo proprio che non dovessimo arrivare a questo punto.- Fece una pausa fermandosi una spanna da me. 
Troppo vicino.
 Non potevo arretrare, l' armadio mi bloccava la strada, ero in trappola. Tutto quello con cui avrei potuto difendermi era dalla parte opposta della stanza. Il profumo inebriante che era comparso nella stanza mi stava facendo girare la testa, ricordava l' odore del pane appena sfornato e di cioccolato. Per fortuna il mio stomaco non brontolò, ma dovetti tornare a concentrarmi sul ragazzo davanti a me quando iniziò di nuovo a parlare.
- A dir la verità né sono contento, così possiamo divertirci un po', non credi? Ragazzina, ora ti porterò con me caricandoti su una spalla e mentre tu griderai io minaccerò di toglierti quello straccetto che usi per coprirti se non la pianterai immediatamente. Tu, da brava, obbedirai e se proverai a darmi fastidio in qualche modo, quando saremo arrivati a destinazione ti farò pentire amaramente di qualunque cosa tu abbia fatto, chiaro fiorellino?- chiese con finta dolcezza. 
Vuole uccidermi? Questo tipo è venuto qui per rapirmi e poi torturarmi e infine uccidermi? Oppure cosa? Non ho mai fatto male a nessuno, perché sono in questa situazione? In più devo vestirmi , non voglio stare un minuto di più mezza nuda davanti a questo matto e di certo non ho intenzione di essere ricattata! 
- Uno: adesso vado a vestirmi. Due : non mi trasporterai come un sacco di patate dove vuoi tu. Tre : cosa vuoi da me?- chiesi decisa, mettendo le mani sui fianchi. 
All'improvviso non lo vidi più , era scomparso così mi voltai preoccupata di ritrovarmelo alle spalle. Mi sentii afferrare le gambe e tirare su di peso da braccia snelle ma muscolose e con la testa in giù sbattei contro la sua schiena. Stavo per urlargli contro quando mi ricordai cosa aveva detto.
 Sapevo inconsciamente che tutto ciò che mi aveva detto non era affatto una minaccia a vuoto. Fumante di rabbia riuscii solo ad afferrare la mia borsa mentre il ricattatore scendeva giù per le scale facendomi sbattere i denti. 
- Non sto gridando, sto solo parlando, quindi puoi rispondere alla mia domanda? Inoltre vorrei sapere chi e perché tu mi stia portando in un luogo non conosciuto.- mormorai.
 Mi sentivo depressa , spaesata , non capivo come potevo essere finita in una situazione simile. Non avrei mai immaginato che sarei stata rapita. Non ero una di quelle ragazze che piaceva ai ragazzi. Passavo inosservata, tenevo sempre gli occhi bassi e la mia classe era interamente formata da ragazze. 
Infatti lo sconosciuto era il primo ragazzo con cui parlavo davvero... che fortuna! Probabilmente Mia mi dirà che questo episodio mi traumatizzerà a vita se non esco un po' con dei ragazzi.
 Mi raggelai.
 Forse non avrei più rivisto la mia amica, la mia famiglia, le mie compagne di classe e i professori, non avrei potuto più ridere con loro e neanche andare a studiare alla Università del Disegno Psico-Pedagogico. 
Non avrei potuto formare una famiglia tutta mia.
 Il mondo mi crollò addosso in quel momento, mentre il ragazzo continuò la sua marcia imperterrito. 
Si immerse nelle profondità del bosco dietro casa mia, passò un piccolo fiumiciattolo e poi una distesa immensa d'erba; non sapevo dell'esistenza di quella vasta prateria. Anche al contrario la vista era stupenda. Avevo vissuto tutta la mia vita tra quei alberi ,ma mai avevo incontrato quel posto incantato nelle mie varie passeggiate. 
La neve aveva coperto l' area dinanzi a noi, come se ci fosse un confine che separava due mondi diversi,ma cosi simili da sembrare gemelli. Quel bianco luminoso facilitava la visibilità notturna così, intuii che stava succedendo qualcosa d'importante. 
Mentre il ragazzo senza nome passava su quella coperta bianca sentii sulla pelle una pressione sconosciuta, come se stessi passando in un cunicolo strettissimo. Strinsi di più la tracolla della mia borsa, preoccupata che potesse cadermi o che facesse inciampare quell' idiota che, sicuramente, l' avrebbe gettata via.
 Il freddo lieve che sentivo inizialmente scomparve totalmente. Sapevo di sentire a malapena il freddo nelle stagioni invernali, ma non mi era mai successo di trovare confortante il tepore della neve; non sentii neanche un brivido mentre venivo trasportata con noncuranza con solo un accappatoio. 
Decisi di chiedere al mio "veicolo" cosa fosse successo poco fa, ma ci ripensai intuendo che non mi avrebbe risposto. 
Sto iniziando a capirlo? Sperando di non arrivare ad avere la sindrome di Stoccolma solo perché è il primo ragazzo che mi sta così vicino. Non deve assolutamente succedere! 
Anche se i miei pensieri sembravano molto convincenti le mie guance erano bordeaux , mi sentivo esposta, ma non me ne ero accorta prima del "sentiero- pressa"... sembrava che, dopo aver messo piede in quel posto, io fossi diventata molto più consapevole del corpo che mi teneva stretta per non cadere e la sua mano sulle mie gambe. 
"Ok Anita, prendi un bel respiro profondo e inizia a pensare ad un piano per tornare a casa. Lui non può sapere che la neve al suolo potrebbe essere la mia possibilità di fuga ....oppure è proprio per questo che non mi ha fatto toccare il suolo. Come fa a conoscere cosi tante cose di me? Come faccio ha conoscere qualcosa di lui? E cosa più importante: chi diavolo è questo dannato maniaco degli ordini che mi ha rapito?!"
 Troppi interrogativi affollavano la mia mente, e prima che me ne accorgessi, caddi in un sonno profondo, come se fossi svenuta, cullata dal passo del ragazzo.

 Calore. 
Un dolce calore mi avvolgeva. Un profumo invitante aleggiava nell'aria intorno a me e riuscivo a sentire il battito cardiaco regolare contro al mio orecchio. Cercai di rannicchiarmi di più in quella che credevo fosse la mia copertina preferita, blu, rossa e verde, ma tutto quello che trovai fu stoffa e ....pelle? 
Aprii gli occhi di scatto. Ero coricata su un mantello per non essere a contatto con il terreno, ma questo valeva solo per la parte inferiore del mio corpo. L'altra era tranquillamente appoggiata sul petto caldo e marmoreo di un ragazzo che mi teneva vicino a sé con un braccio muscoloso. 
"Un ragazzo! Aspetta ma io....È quel bastardo!" 
Dopo vari tentativi di liberarmi da quel' abbraccio dovetti rinunciare, così decisi di guardare più da vicino il bel' addormentato. 
Il viso ricordava le bellezze virili dell'antichità : un naso dritto e forte, labbra carnose schiuse appena ,le ciglia lunghe che si posavano sugli zigomi alti e i capelli morbidi e ondulati più corti dietro e più lunghi davanti. Mio Dio non è affatto da buttare...
"Concentrati, osserva se ha qualche punto debole, poi liberati e scappa!" urlò la vocina nella mia testa.
 Lo stavo ancora guardando quando lui aprì gli di scatto.
 Arancione, rosso e nero si fissarono nel blu e oro.
 Un sorriso pigro si stiracchiò sulle sue labbra mentre proferiva queste parole: - Hai smesso di fissarmi con quei occhi sognanti, fiorellino? Oppure stavi pensando ad un modo per ringraziarmi visto che ti ho scaldato con il mio corpo? Ti posso dare qualche suggerimento piccante. Perché quella faccia? Perfetto, vorrà dire che esigerò il mio compenso come e quando voglio.
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 Angolo autrice: mi scuso sinceramente per come viene caricata la storia, ma vi prego di portare pazienza e spero che vorrete comunque leggere i prossimi capitoli. Giusto, ma qualcuno l' ha letta? Una recensione per capire se devo continuare oppure aspettare di essere..beh per essere di più .-. Depressa ma piena di speranza. Ineki vi manda un bacio.

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Capitolo 4
*** 3. Evento Positivo. ***


3. Evento positivo.
 
Toc. Toc. Toc.
 Il rumore ritmico non aveva intenzione di smettere. Cercai di concentrarmi su qualcos'altro, tipo il paesaggio cristallizzato tutto intorno, ma quel stramaledetto suono continuava incurante del mio mal di testa.
"Quel ragazzo mi fa decisamente saltare i nervi!" pensai arrabbiata più con me stessa che con lui.
Avevo commesso l'errore di mostrarmi ancora più vulnerabile facendomi beccare a fissarlo la scorsa notte...
- Hai smesso di fissarmi con quei occhi sognanti, fiorellino? Oppure stavi pensando ad un modo per ringraziarmi visto che ti ho scaldato con il mio corpo? Ti posso dare qualche suggerimento piccante. Perché quella faccia? Perfetto, vorrà dire che esigerò il mio compenso come e quando voglio.-
Balbettai qualcosa di incoerente, prima di arrossire di botto e serrare i denti con forza.
Non seppi cosa dire. Mi viaggiavano in mente tutte le cose che avrebbe potuto farmi il mi-...il rapitore.
Uccidermi? L'avrebbe già fatto , in molte occasioni dovevo ammettere; a meno che non fosse un membro di qualche setta che compiva sacrifici umani. Torturarmi? Poteva essere un'idea più veritiera, vista la sua capacità  di stancare e distruggere i miei poveri nervi. Tenermi prigioniera per un riscatto? I miei non erano ricchi e erano in viaggio solo per aver vinto un concorso su un pacchetto di patatine.
Allora cosa vuole da me?!
-Rispondimi una buona volta: perché hai rapito me? Cosa vuoi tu o chiunque altro da me?! Non ho niente , niente degno di nota, solo questi due odiosi occhi strani che mi fanno allontanare dalle persone! Tu sai cosa significa quando hanno paura di guardarti negli occhi? Quando capisci dai loro volti che sono carini con te solo perché sono brava a scuola o perché ti vogliono chiedere un favore ? Hai mai assistito a..!- mi bloccai con il cuore in gola, prima di dire 'quella cosa'.
Non doveva succedere.
Calma.
Inspira. Espira.
Inspira. Espira.
 Non funzionava!
 Mi alzai di scatto, respirando affannosamente, cercando a tentoni la mia borsa. Quando l'afferrai avevo le lacrime che scorrevano come fiumi e il peso opprimente al petto faceva malissimo e la solita paura mi faceva tremare le mani convulsamente.
 Una mano aprii la cerniera e trovò il mio inalatore. Dopo aver aperto il tappo e premuto lo stantuffo respirai quell'aria fresca che ricordava l'ospedale e medicine . Il dolore e la paura scemarono pian piano con il mio respiro che tornava regolare.
Stanca, mi accorsi di essere seduta tra le braccia del ragazzo con gli occhi da tigre e che era lui che teneva il mio salvavita vicino al mo viso. Mi aveva aiutata. Indifesa come non mai dopo un attacco d'asma, girai appena la testa a guardarlo e intravidi un volto preoccupato, prima di addormentarmi sfinita.
 
Toc. Toc. Toc.
 'Basta!' urlai nella mia testa.
Era da quando mi ero svegliata che continuava, desideravo con tutta me stessa che questa storia finisse. Come se qualcuno mi avesse ascoltata, ci fermammo.
 -Eccoci arrivati.- affermò semplicemente, ribaltandomi in posizione verticale con i piedi per terra.
Prima di farmi girare verso il posto in cui eravamo giunti, mi fissò nei gli occhi intensamente. Io , purtroppo, incatenata e incantata dal suo sguardo, percepii solo un gelo ai polsi e un clic. Lui continuava a guardarmi... aveva la stessa espressione preoccupata, ma prima che potessi dire qualcosa, sentii uno strattone che mi fece voltare voltare di scatto e inciampare.
Davanti a me, un enorme lago ghiacciato si estendeva senza limiti in tutte le direzioni : una patina azzurrina biancastra riluceva sulla superficie e il cielo completamente bianco rendeva tutto surreale e cupo. Esatto, quel bianco non rifletteva le luce come faceva la neve. Sembrava un paesaggio malato, stupendo e terrificante , nella sua glaciale bellezza. Non si vedeva anima viva, né un riparo, ma continuai a guardare.
All'improvviso una sagoma comparve in lontananza. Arrivava a tutta velocità  e si ingrandiva a vista d'occhio. Sentii il rumore inconfondibile di artigli sul ghiaccio e un'ombra scura si fermò inchiodando, rilasciando una nuvola brillante tutt'intorno.
Quando riuscii a smettere di tossire, alzai gli occhi sulla bestia davanti a me.
 Una pantera nera, con striature blu cobalto, ricambiava il mio sguardo dall'alto dei suoi tre metri e mezzo con due occhi gialli e verdi. Mi accorsi di avere gli occhi sgranati e la bocca semi aperta. Il mio rapitore stava per aprire la bocca, probabilmente avvertendomi di non avere paura, mentre io mi gettavo verso...la pantera.
 Le saltai addosso, coccolandola e accarezzando il pelo morbido, riuscendo a mormore complimenti e vezzeggiativi per quella splendida creatura. La gattona si girò e mi leccò la faccia con la sua lingua enorme e ruvida. Faceva le fusa per me e il ragazzo ancora fermo al suo posto ci guardava sconvolto.
'Finalmente un risvolto positivo!' gongolai con un sorriso a trentadue denti in groppa alla mia nuova amica.

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Capitolo 5
*** 4. Nuovo Inizio. ***


4.Nuovo inizio.
                
L’aria fredda era un toccasana. Okay, gli occhi lacrimavano a causa dell’alta velocità e i miei capelli erano tutti tirati indietro in una massa informe, ma quasi non me ne accorsi. L’ebbrezza di essere in groppa a una creatura che non avrei mai pensato di vedere e toccare, a circa quattro metri d’altezza, aggrappata a un pelo morbidissimo e colorato mentre essa correva ad una velocità folle. Scattava a destra, poi a sinistra, poi saltava come se incontrasse un ostacolo. Non capivo il perché di tutti questi cambi di direzione, ma lo avrei scoperto in futuro. Dietro di me, il mio rapitore mi teneva ferma, o per meglio dire, mi inchiodava con una presa ferrea al dorso della gattona. La sua presa rigida, mi fece ripensare a ciò che era successo al limitare del lago ghiacciato…
 
-No .- concluse.
Lo fissai corrucciata. -Se pensi che mi farò tutta questa landa desolata e ghiacciata a piedi, quando abbiamo invece un “mezzo” più veloce e sicuro, come tu hai dovuto ammettere, non capisco perché tu ti ostini a rifiutare.- dissi esasperata .
Non so da quanto tempo eravamo lì a discutere. Quella testa così bella e cocciuta non voleva salire su quella creatura-gatto gigante. Può sembrare insensato, ma ero molto più sicura con la gattona , con denti e artigli, invece che con quei occhi arancioni e felini che mi fissavano inespressivi. Non sapevo dove voleva portarmi, ma se fossi riuscita a trovare qualcuno che mi aiutasse a tornare alla mia vita, avrei avuto più possibilità di scappare di quante ne avevo adesso. Senza aspettare una sua risposta , anche se non sono molta sicura che volesse rispondermi, mi arrampicai maldestramente sulla schiena del nostro trasporto.
Prima di cadere con il culo per terra, la gattona si appiattì sulla lastra cristallizzata e due mani mi afferrarono la vita, depositandomi a “cavallo”. Lo guardai stupita, ma il suo volto non faceva trasparire nessuna emozione. In quel momento notai una cosa: le sue orecchie, a punta, avevano dei piccoli spasmi. ‘Che fosse nervoso? O addirittura spaventato?’ Gongolai tra me e me, ma non durò molto.
Mi irrigidii di colpo. ‘Se lui era davvero spaventato per qualcosa, allora era una mia probabile via di fuga o… un guaio ancora più grave e pericoloso?’ Non riuscii a continuare i miei pensieri perché mi sentii sollevare e , dopo averci guardato con i suoi immensi occhi, la creatura striata partii spedita.
 
Ora non potevo guardare le sue orecchie, a causa della posizione scomoda, io seduta all’amazzone e lui dietro di me che mi circondava con le braccia , tenendo la mia testa nella parte opposta alla sua. Non capivo il perché di quella postura assurda, ma riuscivo a sentire i muscoli tesi e l’atmosfera pesante che si era creata.
Speravo solo di non doverne pagare le conseguenze al nostro arrivo. Giusto: qual era la nostra meta?
Era da ore che viaggiavamo e la notte era calata velocemente. Non riuscivo a distinguere niente se non il pelo blu fosforescente ( esatto, fosforescente!) che illuminava il felino per tutta la sua lunghezza. Era stato a dir poco sorprendente quando al crepuscolo si era acceso come una lampadina al neon, facendomi sussultare e facendo grugnire lo scorbutico rapitore. Dopo un po’ ero riuscita a farci l’abitudine , se così si può dire. All’improvviso Gattona, il nome molto fantasioso che avevo dato alla nostro mezzo di trasporto, inchiodò. Anche questa volta ,se non ci fosse stato il rapitore, sarei stata catapultata in avanti , sfracellandomi contro il muro massiccio che si ergeva d’innanzi a noi. ‘E questo dove spunta fuori?!’ pensai sgomenta. Eravamo ancora sulla patina ghiacciata del lago ed ero abbastanza sicura che non si poteva costruire un maledetto muro di tredici metri di chissà quale materiale, senza che esso non incrinasse la lastra sottostante. In più se c’era una cinta muraria, c’era anche una città. ‘Ma dove caspita sono finita?!’ Il portone , il quale ero certa non esistesse fino a qualche secondo fa, si aprii. Prima ancora di poter dire qualsiasi cosa, anche “oh mio Dio”, “oddio” o “oh”, ci trovammo investiti da una marea di persone, tra cui delle guardie armate di lance appuntite e luminose. In pochi secondi sentii la punta fredda di una di esse sotto il mento, e per non farmi male fui costretta ad alzare la testa incrociando gli occhi della guardia che mi teneva in ostaggio. Vidi del verde nei suoi occhi scuri come la notte mentre lui stirava le labbra in un sogghigno soddisfatto. Sentii una fitta al collo e poi il buio mi inghiottì.
‘Questo significa andare “dalla padella alla brace”? preferivo la mia bella e scorbutica padella.’
 
Solletico. Qualcuno mi stava facendo il solletico. Per chi non lo sa, io lo soffrivo in una maniera tremenda. Infatti, schizzai in piedi sfregando la parte colpita dall’attacco che mi aveva svegliato dal mio sonno senza sogni. Ero confusa, persa e molto arrabbiata con chiunque mi avesse svegliato in quel modo odioso e con me stessa per essermi fatta scappare una risatina isterica che ricordava più il guaito di un animale morente. Mi guardai intorno a scatti e trovai la fonte del mio malumore : una guardia. Anzi, la guardia! Riconobbi i strani occhi scuri con screziature verdi e il sorriso inquietante. Comodamente seduto su una sedia di fianco a una brandina, la quale immaginai fosse il posto in cui mi avevano portata dopo avermi fatto perdere i sensi, vestiva di tutto punto, a parte l’elmo che scopriva solo occhi e bocca. La stanza era piccola e insignificante, come una cella senza nessun genere di mobilio. L’unico accenno di colore che non fosse un grigio topo sporco, proveniva dall’abbigliamento della guardia : armatura brillante azzurro chiaro, calzari bianchi, maglia e pantaloni celesti. Sembrava una copia più muscolosa e azzurra di un gelataio. Non aveva però la stessa aria tranquillizzante. I capelli chiari, ricordavano le piume candide di quelle oche cattive e odiose che ti beccano se solo le guardi. La pelle sembrava traslucida, soprattutto quella delle mani, grandi e forti a causa dei probabili allenamenti. Ovviamente mentre io riprendevo coscienza della mia situazione e fissavo il nuovo sconosciuto, non mi accorsi che un’altra guardia comparsa dal nulla mi stava legando con una corda, come se fossi un cane disubbidiente.
-Che stai facendo? Lasciami andare!- urlai rivolta alla guardia dietro di me, divincolandomi.
- Cos’è questo posto? Perché sono qui? Cosa volete da me?! Ho sopportato troppo dopo essere stata rapita da casa mia e trascinata in questo luogo contro la mia volontà senza che mi venisse spiegato alcunché! Voglio delle spiegazioni ed essere portata immediatamente a casa!- esclamai rivolta al tipo seduto, infuriata e stanca, dopo tutti i piccoli shock che avevo subito. Lui mi guardò sorridendo. Si alzò. – Va bene, va bene. Che grinta! Mi scuso da parte del mio popolo per come sei stata tratta; ti porteremo subito nella tua casa.- mormorò tranquillamente, incatenando il suo sguardo con il mio.
 Rimasi interdetta. Tutto così semplice? La fortuna girava dalla mia parte finalmente? Mi allontanai ,staccando lo sguardo da quell’individuo un po’ ambiguo e mi diressi verso la porta. Affiancata dalle due guardie, come se fossero la mia scorta, percorsi un lungo corridoio completamente bianco e asettico, senza finestre. Dopo varie svolte , arrivammo a uno spiazzo immenso con un porticato che si affacciava su un piazzale ancora più grande. Era ancora notte ( o era passato più tempo mentre dormivo?), ma la citta era illuminata a giorno. Costruzioni immense, slanciate e fosforescenti si ergevano fiere, fino al soffitto. ‘Soffitto?’ Mi accorsi così, che il buio era dovuto all’immensa caverna in cui era racchiusa la città. Solo nella parte di cielo a est si vedevano i piccoli puntini luminosi delle stelle. Con la bocca completamente spalancata in modo davvero poco fine, giravo in mezzo alle stradine fredde e pulite , in mezzo a quei palazzi importanti ed elaborati che non avevo mai visto nemmeno in un documentario di chissà quale città per il mondo. Sentii una mano sulla schiena che mi spingeva gentilmente verso l’entrata di un edificio imponente e con una torre sul lato nord; il colore era indefinibile a causa di quella strana luce, la quale sembrava essere emanata dalle pietre stesse che componevano la medesima struttura. Passammo per una vasta navata, circondata da colonne intarsiate di immagini complicate e minuscole, per poi salire su un’infinita scala a chiocciola. Arrivammo all’ennesima porta, che si aprii cigolando. Tutto il tragitto l’avevamo passato in silenzio e solo in quel momento mi accorsi che non aveva nessun senso portarmi fin lì. ‘Forse hanno messo qua la mia borsa, poi potrò tornarmene a casa, senza dover pensare a quei occhi arancioni.’ pensai ragionevole e, sinceramente, forse un pochino triste di non poterlo rivedere…solo per non potergliene dire quattro per ciò che mi aveva fatto passare, ovviamente!
 Dopo aver oltrepassato l’uscio, tutto si fece buio.
-Ecco la tua nuova casa.- disse la voce soddisfatta della guardia al mio orecchio.
Rabbrividì, la paura mi congelò il sangue nelle vene e trattenni il respiro. La luce si accese e vidi … una gabbia dorata.
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Buona sera a tutti i lettori! Mi scuso sinceramente per il ritardo * si inchina ripetutamente cercando perdono* Ho appena finito di scrivere e ho dato solo una riletta veloce, perciò se ci sono errori, fatemelo sapere che rileggerò e correggerò al più presto! Un grazie a hippylove  che ha recensito la storia e invito chiunque a lasciare un commento, per sapere se vale la pena continuare, modificare o se va bene così come l’ho immaginata nella mia testolina.
Spero che si veda bene e che questo capitolo piaccia a tutti quelli che seguono la storia!
Ineki
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 6
*** 5.Scoperta notturna. ***


5. Scoperte notturne.
Fui spinta nella stanza che, da quanto avevo capito, sarebbe divenuta la mia nuova casa. Cercai di riprendere l’equilibrio e di fuggire, ma la porta mi venne sbattuta in faccia e sentii distintamente il rumore di diversi lucchetti e altrettante chiavi. Gridai frustrata.
“ E’ mai possibile che non avessi notato tutti quei lucchetti prima? Odio i miei riflessi tardivi!” pensai affranta e arrabbiata con me stessa mentre mi sedevo sul tappeto. Tappeto? Mi concentrai sulla mia nuova stanza-prigione. Non sapevo ancora perché mi avessero rapita, ma chiunque avesse arredato quella gabbia mi conosceva. Un tappeto nero morbido e spesso copriva il pavimento, probabilmente di pietra dura e freddo. Le pareti, che dovevano essere inizialmente spoglie e anonime erano state colorate con toni verde foglia e verde smeraldo che incorniciavano una finestra alta; un letto a due piazze con una trapunta color crema e la mia borsa appoggiata sopra era situato al centro della camera; non c’era altro mobilio a parte una scrivania di legno scuro con sei cassettoni. Un centinaio di candele erano raccolte tutt’intorno allo spazio circolare che la gabbia lasciava tra il muro e le sbarre dorate. Si, ero inciampata letteralmente dentro il mio inferno personale: una gabbia luccicante e, da una prima occhiata, resistente. No, non sto scherzando. Quattro lati di sbarre mi circondavano, burlandosi di me, solide e perfette; delle catene pendevano minacciose dal soffitto della gabbia, anch’esso composto da sbarre. Sapevo perfettamente che un mio inutile sfogo su quelle pareti costruite apposta per intrappolare un essere vivente, non avrebbero avuto nessuno sforzo a sopportare i miei colpi. Iniziavo a capire come si sentivano gli uccellini che rimanevano a vita nelle loro gabbie. Beh, all’incirca visto che erano passanti neanche cinque minuti e mi ero autocommiserata e arresa in modo davvero poco dignitoso. Tentare qualche piano del momento era da evitare, perciò mi accascia esausta, sul letto. Mi addormentai velocemente, pensando di poter trovare pace nel mondo di Morfeo.
Mi sbagliavo.
 
Un richiamo. Camminavo su delle mura di cristallo, circondata da nuvole candide e leggere. I miei passi erano sicuri, sentivo un alito di vento indicarmi la via e, quando saltai nel vuoto dissolvendo le nuvole vicine a me, mi sentii libera. Nessuna paura mi opprimeva il cuore, il mio corpo precipitava leggero, cullato dal vento verso quel suono sconosciuto e conosciuto. Una vasta massa d’acqua immota rispecchiava il cielo notturno e prima di schiantarmi contro di essa, mi fermai a mezz’aria, senza increspare quelle acque millenarie. Non so come, ma sapevo che ognuna di quelle gocce era unita con le altre da tempi immemori, sapevo che erano importanti. Sapevo di averle già viste, ma la mia mente non ricordava. Una mano emerse, afferrandomi una caviglia. La paura che prima non mi apparteneva, adesso mi stringeva in una morsa potentissima, come la mano che mi trascinava sotto quell’acqua misteriosa. Aprii gli occhi sott’acqua e due labbra morbide si posarono sulle mie. Il viso vicinissimo al mio mi era familiare, ma una maschera ne nascondeva la parte superiore. Mi bloccava le braccia lungo i fianchi con le sue robuste e i suoi capelli avevano un colore cangiante a causa dei riflessi di una luce, la quale proveniva da sopra la superficie dell’acqua. Quando il ragazzo staccò le labbra dalle mie sentii il richiamo: era lui a emanarlo! Sembrava come una sinfonia di suoni e profumi che mi attraevano pericolosamente verso di lui, contro di lui. Mi sporsi e… ma cosa stavo facendo?! Mi ritrassi per pensare lucidamente, ma iniziai a cadere, sprofondando nell’oscurità di quel bellissimo e immenso oceano. Pensai di essere salva chiudendo per un’istante gli occhi. Un bruciore e una fitta acuta mi trapassarono la schiena e gli occhi. Urlai disperata cercando sollievo, ma più il tempo passava e meno il dolore diminuiva, persisteva, torturandomi. Qualcosa di bollente mi scorreva sul viso incendiandomi la pelle del viso, del collo, del busto e infine di tutti gli arti. Una forte scossa mi fece voltare. La maschera del ragazzo mi si parò davanti sogghignando trionfante.
 
 
Seduta ,stavo urlando come un’ossessa. Quando me ne resi conto cercai di smetterla e ci riuscii a fatica. Mi faceva malissimo la gola e perciò cercai di alzarmi per prendere un bicchiere in cucina. Quando misi i piedi per terra non sentii il pavimento fresco della mia camera, ma qualcosa di morbido che inizialmente non riuscii a decifrare. Tutto mi venne in mente. Il rapimento, il viaggio, la città e la mia nuova “camera”. Mi presi la testa tra le mani, sconfortata da come era cambiata la mia vita in poco tempo. Mi immaginai il volto di Mia, seduta davanti a casa mia mentre veniva interrogata dalla polizia e spiegava ai poliziotti che ero sola e si dava la colpa dell’accaduto. Era una ragazza forte e non avrebbe pianto, ma so di certo che si sarebbe data la colpa a vita se non fossi tornata a casa. Una lacrima solitaria scese lungo il mio volto, quando un ticchettio improvviso proruppe dalla finestra. Balzai in piedi correndo all’indietro fino a toccare con le spalle le sbarre. Trattenni il fiato, cercando di non fare rumore.
“Che me lo fossi immaginato?” Tic. Mi irrigidii.
“Perché mi spavento? Anche se qualcuno entrasse io sono chiusa qui dentro, perciò se non posso uscire io non può entrare nessuno.” mi convinsi. La finestra si aprii e una figura entrò agilmente nella stanza. Mi appiattii ancora di più alle sbarre cercando di confondermi con l’oscurità. Dovete sapere che se si trattiene troppo il fiato, la mancanza d’aria si fa sentire, ed espirare silenziosamente per una asmatica è un compito quasi impossibile. Perciò la sagoma mi sentii, voltandosi nella mia direzione e fissandomi con dei profondi , luminosi e , purtroppo bellissimi, occhi arancioni.
-Che ci fai tu qui?!- esclamai irritata e sollevata. Una dopo l’altra varie candele si accesero, illuminando la stanza con le loro tremule e fioche luci. Il viso del mio rapitore si presentò di fianco a me oltre alle sbarre che ci separavano, facendomi sobbalzare.
-Dovevo vederti.- mormorò con una voce profonda e uno sguardo serio che mi fece rabbrividire. Non sapendo cosa dire, decisi di sedermi davanti a lui per fargli capire che lo avrei ascoltato. “Perché sarà venuto fin qui per parlare di qualcosa, giusto?” Anche se non sapevo assolutamente cosa volesse dirmi. Non conoscevo nemmeno il suo nome! Come se mi avesse letto nel pensiero, si presentò:
- Tu mi conosci solo come la persona che ti ha portato via dalla tua famiglia, dai tuoi amici, dal tuo mondo. Io però non sono una persona che rapisce la gente, non solitamente; sono stato costretto a fare ciò che ho fatto.- Fece una pausa, scrutandomi intensamente.
 - Io sono un fabbro. Aiuto il mio popolo a sopravvivere con il mio lavoro, cerco di non intralciare il nostro Tkuga nei suoi affari per amministrare il regno e mantengo i miei fratelli e le mie sorelle con la mia fatica tutti i giorni. Tu non hai mai sofferto la fame, non ti sei mai dovuta frantumare le ossa per salvare le persone a cui tenevi, non hai nessun diritto di giudicarci, di giudicarmi. Tu d’ora in poi, dovrai seguire io che io ti dico se vuoi rimanere incolume e sopravvivere qui; se ti ordinerò di stare zitta sarà quello che farai, se ti ordinerò di dirmi tutto quello che sai su una determinata cosa me la dirai, se ti dirò di saltare da quella finestra, tu lo FARAI. Ti prometto che se farai tutte quello che dirò, non ti accadrà nulla di male, ma se mi disubbidisci te la vedrai con me. Intesi?- concluse.
In tutta risposta, cercai di colpirlo. Lui si mise a ridere e si alzò. Furiosa con lui per il suo discorso in cui io chiaramente ero la parte debole che aveva bisogno di lui e che doveva essere la sua serva, ci misi un po’ a capire quello che stava per fare. A mia discolpa avevo visto solo i  gatti fare una cosa del genere. Mise la testa tra le sbarre e spinse piano piano tutto il corpo attraverso il poco spazio che c’era di esse, fino a trovarsi nella cella con me. Lo stavo ancora fissando a bocca aperta, quando lui mi prese il mento e me la richiuse facendo un odioso sorrisetto.
-Ci sarà da divertirsi con te.- sussurrò nel mio orecchio. Mi prese i polsi in una stretta ferrea e me li lego alle catene del soffitto, senza che i miei tentativi di ribellarmi andassero a buon fine; la paura e la frustrazione mi fecero venire gli occhi lucidi, mentre lui si sistemava nel mio letto e io rimanevo inginocchiata, legata e stanca accanto al mio letto usurpato.
Mi risvegliai a causa di una luce debole che proveniva da fuori dalla finestra. Il mio rapitore mi stava osservando attentamente. O per meglio dire, fissandomi ostinatamente. Ero nel mio letto e lui era sdraiato di fianco a me. Cercai di tirarmi su, ma un giramento di testa me lo impedì.
-Sei debole, hai bisogno di riposarti veramente per recuperare le forze di cui avrai bisogno. E ne avrai bisogno molto presto.- affermò con serietà. Non ci capivo più niente, avevo la testa pesantissima e vedevo la sua figura allontanarsi da me. Si fermò, girandosi verso di me:
-Giusto, la cella è una mia invenzione. Se vuoi sfogarti su di me, implorare il mio aiuto o voler vedere il mio splendido viso, basta che chiedi di Lyard.- disse uscendo dalla cella e poi buttandosi dalla finestra.
“ Ma non ero su una torre alta come uno stramaledetto grattacielo?!”
 
 

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Capitolo 7
*** 6. La lettera. ***


6. La lettera.
Dopo la visita del fabbro che si dilettava a infilarsi tra spazi angusti e lanciarsi da altezze vertiginose, ricevetti solo due visite nell’arco della mattinata. La prima, portò informazioni utili: avevo una specie di cameriera personale. Quella vecchia signora, con i capelli spettinati e la faccia spaventata, si presentò come Stedla, la mia domestica. Rimasi sinceramente stupita. Come poteva essere? Era uno scherzo di cui non comprendevo i possibili risvolti? Comunque mi diede dei vestiti puliti, mi cambiò le candele e portò via i miei vestiti ormai sporchi e laceri; notai che era rimasta rigida per tutto il tempo, come se fossi un animale feroce in una gabbia…cosa vera sola a metà. I miei indumenti comprendevano una camicia rossa di uno strano tessuto morbido e caldo, una gonna lunga a due strati e delle scarpette che ricordavano quelle di chi pratica arrampicata. Anche mentre mi cambiavo, voltata dalla parte opposta alla sua, sembrava credesse le avessi staccato la testa a morsi se non fosse stata almeno un metro dalle sbarre. Mah, che tipa strana; però poteva essere un indizio, così decisi di ricordarmelo : mi raffigurai una cartellina mentale dentro un archivio su cui c’era scritto “piano di fuga” e memorizzai l’informazione. O almeno così speravo.
La seconda visita fu di una guardia. Essa mi comunicò che le mie giornate d’ora in poi saranno così organizzate: dovevo svegliarmi all’alba, mangiare ciò che mi veniva portato e poi seguire la guardia che sarebbe venuta a prendermi, la quale mi avrebbe condotta dal Tkuga, poi sarei rimasta al suo palazzo fino al pomeriggio a studiare dei polverosi e vecchi libri e infine al “cielo nella terra”. Non sapete come mi sono spanciata dalle risate, quando quel ragazzo tutto impettito avevo finito il suo discorso autoritario. Come se credesse davvero che avrei obbedito a quella stupida routine!
 Non mi svegliavo alle 6:00 del mattino neanche se mi trascinavano per i piedi, e la mia povera mamma lo sapeva bene. Più volte mi aveva trasportata in uno stato di semi-sonnambulismo sulla corriera della gita scolastica, solo per non farmi perdere le poche uscite che facevamo. Sul cibo ero purtroppo schizzinosa. Soprattutto quando riguardava i piatti sconosciuti dei miei carcerati, ancor di più se era una poltiglia gialla con chiazze grigie e verdi.
O si mangiavano le muffe, o l’aspetto era di gran lunga peggiore del sapore.
 Il fatto di avere come baby-sitter una guardia armata non spiegava se il suo compito fosse proteggermi o proteggere gli abitanti del posto. “Cosa pensano che sia? Quasi tutti hanno potuto vedere la mia poca abilità nel difendermi, soprattutto quel fabbro.” I miei pensieri convergevano sempre lì: di conseguenza mi irritavo come un gatto a cui si tirava la coda dopo essere caduto in una vaschetta d’acqua fredda. Leggere libri per tutti i pomeriggi seguenti non mi sembrò un compito così brutto, almeno finché non realizzai che molto probabilmente avrei dovuto imparare la lingua di quel popolo. Le lingue straniere erano sempre state il mio tallone d’Achille insieme alla matematica; perciò potete immaginare come mi avesse avvilita quella situazione. L’unica nota positiva fu il fatto che alla fine della giornata avrei scoperto cos’era il luogo che secondo loro univa il cielo alla terra. Dopo le mie considerazioni interiori, mi resi conto di essere rimasta sola, il che poteva essere una cosa positiva o negativa.
 
 
 La porta si aprii di scattò all’incirca verso l’ora di pranzo e Stedla accompagnata da svariate guardie entrò con un vassoio, riempito da una ciotola colma di una pappetta liquida  e una lettera. Aprirono la cella con una velocità impressionante, ma non vidi nessun tipo di chiave o apertura, così mi ritrovai in men che non si dica fuori dalla mia “stanzetta”, circondata da omoni e da quella donna isterica. Erano in quattro, tutti muscolosi e con la pelle chiara, ma di tonalità diverse. Parlavano tra loro in una lingua musicale su a tratti: per il resto sembrava il rumore di un fumatore che tossiva. In quel momento, forse, ero un po’ di parte, ma non me ne curai.
Senza attendere un minuto di più entrarono in azione simultaneamente. Mi costrinsero a mangiare quella sostanza, fissandomi in modo inquietante e facendomi deglutire a forza prima che la sputassi. A metà ciotola mi sentivo male. Avevo i sudori freddi e mi tremavano le mani. Stedla mi tolse la scodella di mano e quello che doveva essere il capo di quel piccolo manipolo di uomini si fece avanti aprendo la lettera. Era alto, con occhi seri e scuri, un volto duro nascosto dall’elmo; vestito con quell’armatura azzurrina non faceva ridere, anzi sembrava fin troppo letale. Non riuscii a cogliere altri dettagli perché dovetti concentrarmi sulle sue parole, chiare e decise :
-Io, Tkuga del popolo Ghtera, ti comunico che dopo che avrai finito il tuo pasto sarai condotta alla mia presenza. Ti assicuro che dopo la nostra chiacchierata tutto ti sembrerà molto più chiaro.
Cordiali saluti, dal tuo nuovo signore.-
“Cos’è questo? Un avviso, una minaccia e un incentivo? Tutto insieme? Deve essere un vero portento con carta e penna se è riuscito a farmi capire di non alzare troppo la cresta con poche righe e usando sempre un linguaggio formale e regale.” Pensai ammirata e intimidita. Probabilmente in quella pappetta era stata messa un qualche tipo di droga che mi rendeva arrendevole e rimbecillita come non mai. Per quanto potevo saperne forse era addirittura la pappetta ad essere una droga! Sentii delle mani stringermi le braccia e trascinarmi a passo sostenuto fuori dalla mia camera, giù per le scale, fino al grande salone e alla porta d’uscita. Il percorso dalla mia “residenza” al palazzo mi parve così confuso che, se tutt’ora ci penso, non riesco a ricordarlo. Troppi incroci, viottoli, fontane e facce sospettose. Ripresi coscienza di me quando i miei accompagnatori mi fecero sedere su una sedia imbottita d’innanzi ad una poltrona vuota, riccamente decorata con colori tendenti all’argento e al verde. Mi girava ancora la testa, perciò non mi sarei dovuta stupire della mia caduta repentina verso il basso.
Ad essere sinceri non mi stupii per quello.
Mi stupì la mano che mi prese al volo , reggendomi come se pesassi niente.
La mano del signore di quel popolo.
“Dovevo immaginarmelo: la sfiga arriva sempre accompagnata da altra sfiga.”
 
Mi depositò sulla mia sedia con gentilezza e fermezza. Sicuramente il messaggio implicito era quello di non tentare nessuna fuga, se no non sarebbe stato altrettanto gentile, ma non sapevo come facessi a saperlo. Intuito o istinto di sopravvivenza?
Quei occhi verdi si burlavano di me! Sapeva di avermi colta di sorpresa e gongolava con quella faccia perfetta e vagamente irritante; ero debole, alla sua merce e avrei dovuto sottostare ai suoi ordini fino a quando…già, forse per sempre. “ No non deve pensarla così! Riuscirò a tornare a casa!” pensai decisa e disperata. Si mese a sedere sulla sua poltrona, appoggiando una guancia sul palmo della mano sinistra.
-Bene bene, finalmente ci possiamo presentare come si deve. Io sono Mrefeth, Tkuga del popolo Tlewe: sono l’equivalente di un vostro re, perciò mi aspetto di essere trattato come tale. Per via eccezionale potrai rivolgerti a me con il mio nome, ma solo quando sarai con me, da sola. Il tuo soggiorno qui è stato deciso da vari fattori, ma capirai tutto con il tempo. Fino a quel momento seguirai il programma che la mia guardia ti ha gentilmente descritto questa mattina; imparerai la nostra lingua dalle persone del mio popolo e leggerai e scriverai grazie ai miei insegnamenti. Le lezioni inizieranno domani.- fece una pausa, per farmi digerire le informazioni, studiando le mie reazioni.
“ Un re?! Capirò in futuro?!”pensai sconcertata.
E poi: “Lezioni?! Vengo rapita da un popolo sconosciuto e devo studiare e andare a lezione lo stesso?”. Che sfortuna. Ancora.
Vedendo che non parlavo troppo presa dal monologo che si stava svolgendo nella mia testa, continuò il suo discorso, dopo aver sistemato le gambe distese davanti a sé.
-Dopo il nostro colloquio verrai portata nella nostra fonte purificatrice : Cielo nella Terra. Dovrai seguire le istruzioni delle saxf, le sacerdotesse della cascata sacra, come se i loro ordini fossero miei. Si prederanno cura di te e ti daranno abiti consoni alla tua situazione; stasera ci sarà una festa. Una festa in tuo onore. Vedilo come un rito d’iniziazione per vivere pacificamente nella nostra società, dovrai abituar-… - Si bloccò con gli occhi sgranati. Sentii la mano bruciare, e immaginai che anche la sua guancia fosse in fiamme. L’adrenalina scorreva veloce nelle mie vene e i muscoli erano pronti per scattare, vigili come mai prima, grazie alla forza donatami dalla rabbia improvvisa.
-Adesso tu ascolterai me! Non mi importa se tu sei un re, un imperatore o chissà cos’altro, ma io non eseguirò i tuoi ordini come un animaletto ammaestrato! Sarò io a decidere ciò che farò, fino a quando non scoprirò un modo per andarmene da qui! Non ho intenzione di andare ad una stupida festa, con degli sconosciuti che mi hanno rapita e drogata per delle ragioni che nessuno vuole spiegarmi, e di certo non ho intenzione di farmi prender in giro da te o da quel fabbro! Ora, me ne andrò in giro per la città e non voglio nessuna delle tue guardie tra i piedi; non mi importa niente, qualunque cosa vorrai da me non l’avrai se ne vedo anche solo una! Spero, ti faccia male ancora a lungo! - Urlai decisa e infuriata indicando la sua guancia arrossata. Girai i tacchi e mi diressi verso la porta con passo sicuro. Stavo ringraziando mentalmente il fatto che l’effetto della droga fosse sfumato velocemente, quando credetti di sentire il re imbecille dire qualcosa.
- Avevi ragione. Ci sarà da divertirsi con lei.-
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Ciao a tutti i lettori! Avete visto? Sono riuscita a mettere a posto la pagina! Spero che questo capitolo piaccia almeno un pochettino, e che qualcuno recensisca se ha un po’ pietà di me * non pretende troppo, crede * Un saluto a tutte le persone che mi seguono e ai lettori silenziosi!
Un bacio, Ineki <3

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Capitolo 8
*** 7. Coniglietto. ***


7. Coniglietto.
 Dopo essere uscita come una furia dal palazzo del Dispotico Rompipalle, mi incamminai in mezzo alle viuzze di quel luogo a me poco familiare. Mi fermai all'improvviso. "Ops,adesso dove vado?"
 Mi guardai intorno cercando di orientarmi. Mi diedi uno schiaffo mentale : proprio io dovevo orientarmi in un posto che avevo visto due volte se mi andava bene, quando riuscivo a orientarmi a malapena nella mia città natale. Avrei dovuto unirmi agli scout, altro che anonimo club del libro! 
Guardai a destra e a sinistra, ma nessuna lampadina si accese nella mia testolina. Rimasi sola in mezzo ad un incrocio ,tra due edifici altissimi e due bassini, senza avere una pallida idea di cosa fare per cinque minuti buoni. Poi mi accorsi che a parte me non c'era anima viva in giro. Finestre chiuse,nessuna voce portata dal vento, atmosfera desolata. Solo il rumore dell'acqua che scorre. Come attirata da esso, seguii il suono tra le vie della città sorpassando svariate case, piazze e negozi, fino ad una parete.
 La parete della montagna.
 Una grotta si apriva come una ferita nella roccia, scura e umida . Lì il suono era molto più forte, rimbombava come un tuono continuo, rendendolo rilassante e inquietante allo stesso tempo. Incerta, feci qualche passo in avanti piano, pronta a scappare al qualsiasi accenno di pericolo. Qualche tempo dopo e una buona dose di coraggio, arrivai a uno spiazzo luminoso,circolare e...bellissimo.
 Un luogo da favola: erbetta fresca sotto i piedi, pareti perlacee riflettevano la luce che proveniva dall'alto e una cascatella nata dalla roccia a tre metri d'altezza si accumulava in un piccolo laghetto. Esso era limpido, come le acque dei Caraibi che avevo visto in un documentario, calmo e invitante.
 Senza aspettare che il cervello capisse cosa il mio corpo aveva già deciso di fare, mi spogliai velocemente e mi immersi in quelle acque paradisiache. Era pure calda! Mi godetti la sensazione del terreno morbido sotto i piedi e poi nuotai fino al centro del laghetto godendomi la vista della cascata. Sarei potuta rimanere lì per sempre, se non fosse stato per il rumore improvviso che sentii. Mi voltai di scatto, appiccicandomi i capelli fradici in faccia per alcuni secondi. Dopo essermi liberata da quella massa nera, vidi due donne vestite di arancione fissarmi senza espressione al limitare dello specchio d'acqua.
 Una era bionda e l'altra castana.
 Una aveva gli occhi scuri e l'altra chiari.
 Una indossava una collana verde e l'altra una spilla a piuma gialla. 
Non riuscii a spiccicare parola. Avevo fatto qualcosa di male? Preoccupata e imbarazzata dalla lora presenza, cercai di coprirmi il più possibile in quell'acqua cristallina. Loro, sempre senza alcun accenno di coscienza nei loro volti inespressivi, appoggiarono una veste bianca sul limitare del laghetto e gettarono un sassolino nell'acqua. Essa iniziò a bollire e...a fare le bolle di sapone. 
"Mi stavano preparando il bagno." constatai stupefatta. 
- Il cielo e la terra ti purificheranno dallo sporco del tuo mondo. Ora rilassati, l'acqua di Yryse penserà a tutto e non abbiamo tempo da perdere.- affermarono simultaneamente le donne. Non erano gemelle ma erano comunque riuscite a parlare in perfetto coro. Altamente inquietante. Alt! Un passo indietro! -Mi state dicendo che questo è il famoso luogo in cui si collega il cielo e la terra e dopo devo prepararmi per quel fottuto ballo di ci parlava quello stronzo del vostro comandante? Ma neanche per sogno! Io adesso...- fui interrotta mentre cercavo di alzarmi perché entrambe mi spinsero di nuovo in acqua. Ovviamente in sincrono. -Tu eseguirai gli ordini del nostro Tkuga, perché ha così deciso. Se ubbidirai non ti sarà fatto alcun genere di male, se invece disubbidirai una persona a te cara morirà.- esclamarono lapidarie all'unisono.
 Il sangue mi si gelò nelle vene. Avrebbero davvero potuto? 
"Non posso permettere loro di far del male alle poche persone a cui voglio bene!"
In sintesi: mi avevano incastrato con crudele facilità.
 La minaccia che avevano prontamente riferito è sempre usata nei film, ma purtroppo fin troppo efficace. Si pensa sempre che sia dei cretini i protagonisti che cedono le armi per salvare i loro cari, ma quando ti ritrovi in una situazione simile anche tu non riusciresti a sacrificarli.
 Problema numero uno: questo non è un film.
 Problema numero due: qui non si vede via di uscita. 
Problema numero tre: se le richieste diventassero sempre più pericolose, chi mi assicurerebbe che non mi stiano mentendo?

 Rimasi nell'acqua fino a quando le mani divennero raggrinzite e i muscoli si rilassarono. Con calma uscii dall'acqua e mi avvolosi velocemnte nel tessuto leggero ma caldo. Le due Sacerdotesse, come avevo iniziato a chiamarle nella mia testa, mi pettinarono scortarono in un angolo della grotta, facendomi sedere su una pietra. Mi ordinarono di restare ferma, mentre passavano uno strano unguento profumato sul mio corpo, distendendo e massaggiando i muscoli. Mi pettinarono i capelli bagnati con un bastoncino rosso unito a dei aghi piccoli e smussati, riuscendo a asciugarli. Dopo avermi fissata in silenzio presero una decisione nello stesso istante (o almeno così mi sembrò). Dopo vari passaggi complicati che non saprei rifare neanche se dipendesse dalla mia vita, finirono di farmi un'acconciatura complicatissima, ma che a causa dell'assenza di uno specchio, non potei vedere. Senza aspettare un attimo di più mi alzarono in piedi. Camminammo lungo il tunnel oscuro che mi aveva condotto fin lì, ma sviando verso un'altra direzione ad un certo punto. Prima ancora che potessi lamentarmi ad alta voce, arrivammo da vanti ad una porta enorme di legno. Essa si aprì da sola e all'interno una luce intensa pervadeva gli spazi. 
Era una stanza grande e riccamente decorata; c'erano specchi, sedie dall'aspetto comodo, finestre colorate e pareti coperte d'arazzi antichi . 
In mezzo alla stanza, su un palchetto c'era un esserino piccolino dentro ad una gabbietta. 
Mi avvicinai curiosa, e quando lo vidi meglio rimasi scioccata : sembrava un coniglio,ma dai colori cangianti e, cosa sorprendente, non sembrava fatto di una sostanza definibile. 
La gabbietta si aprì all'improvviso e urlai.
 L'esserino mi saltò addosso e si attaccò alla veste e..."Oddio!" 
L'assalto mi aveva fatta voltare proprio davanti allo specchio e ciò che vidi mi mozzò il fiato.
 Il coniglietto impazzito era scomparso; al suo posto c'era una vestito bellissimo: lungo fino ai piedi color rosso sangue scuro; aveva uno scollo a cuore e un busto stretto ma morbido che delineava le mie curve; la gonna era dello stesso tessuto del corpetto e seguiva ogni mio movimento facendo brillare gli intarsi preziosi che raffiguravano delle fiamme ardenti. I ricami erano dappertutto, ma non appesantivano il vestito : lo completavano.
 La mia pelle riluceva a causa del contrasto con il vestito e i miei capelli sembravano un'opera d'arte: sciolti sulle spalle il colore nero dei miei capelli sembrava riflettere i colori invece di assorbirli, creando un gioco di luci. 
Infine i miei occhi sembravano...belli. Per la prima volta non vedevo le prese in giro, la solitudine, la stranezza dei miei occhi. Anzi, erano brillanti e misteriosi. 
 "E' mai possibile che devo sembrare una strafiga solo quando sono prigioniera di un popolo sconosciuto al mondo?!"
 Le Sacerdotesse mi staccarono dallo specchio e mi sollevarono di peso verso un'altra porta: anch'essa si aprì da sola e una grande scalinata si srotolò davanti a noi.
 In fondo ad essa una folla di persone si girò simultaneamente nella mia direzione.
 Giusto, perché ora ero sola e a fianco a me c'era il Dispotico Rompipalle. 
"Sarà una lunga,stressante, serata." pensai amaramente.

 X-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------X Ciao lettori e lettrici! Non uccidetemi! Perdonatemi, mi piacciono troppo i finali in sospeso! ._. Spero che questo capitolo vi piaccia, anche se come gli altri è sempre molto breve... Spero di migliorare con la scrittura e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, ma non insisto troppo! Non vorrei stressarvi xD non sono riuscita a ricontrollare bene e mi scuso se i miei aggiornamenti sono così discontinui (si è pure rotto il computer).
Alla prossima e un bacio, Ineki <3

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Capitolo 9
*** 8. Colori. ***


8. Colori.
La sala era gremita di gente.
Il mio braccio era bloccato dalla forte presa del Tkuga,il quale sorrideva semplicemente con cortesia a chiunque incontrassimo.
Lo spazio in cui passeggiavamo era ampio: costituito da una tettoia vasta e riccamente decorata, con una versione innovativa degli arazzi; infatti invece di essere attaccati alle pareti formavano morbidi tendaggi sul soffitto, come affreschi mossi dal vento.
Al posto delle pareti si vedevano un'infinità di specchi: varie forme, cornici colorate o assenti abbelivano la sala con il riflesso degli invitati.
Non c'era bisogno di uscire all'esterno per prendere un po' d'aria: già c'eravamo. Tra uno specchio e l'altro si scorgeva il paesaggio esterno, un campo scuro che si confondeva nella notte.
"Notte? Quanto tempo è passato?" pensai sgomenta.
E se il tempo che passo qui insieme a questi esseri fosse diverso da quello che scorre dove si trovano i miei cari?
La paura mi salì su per la colonna vertebrale fino a farmi rizzare i peli sulla nuca.
Uno strattone violento mi fece ridestare dai miei pensieri.
Una donna rossa in viso per la rabbia mi fissava con odio. Non mi accorsi dello schiaffo finché non lo vidi. Scioccata, guardai la sconosciuta tenersi la guancia e irrigidirsi nel suo abito abito blu cobalto. Il quale, all'improvviso, divenne viola vinaccia.
"Ho le allucinazioni?"
In un attimo la situazione cambiò come il vestito della tizia che mi stava di fronte.
-Devi controllarti meglio Karsa. Non tollero simili stati d'animo alle mie feste.- minacciò il mio accompagnatore.
Lei in risposta si inchinò come le dame dell'ottocento e con la stessa rigidità se né andò con lo sguardo basso facendosi largo tra gli invitati.
-Credo di essermi persa qualche passaggio. Chi era? Perché sembrava odiarmi o comunque che la mia sola presenza la insultasse? Non l'ho mai vista prima d'ora!- esclamai stupefatta e sconvolta. Oltre che irritata e guardinga.
Il Tkuga rise. 
-Quante domande! Questa tua curiosità ti sarà utile quando dovrai assolvere il tuo compito; per il resto è meglio se chiudi quella tua bella bocca fino alla fine della festa. Potresti inimicarti altri invitati, e noi non vogliamo che avvenga, giusto? - domandò con un bagliore nei occhi chiari. Non aspettò la mia risposta, e si rimise in moto per 'salutare e incantare'. Forse perché era una domanda retorica e io dovevo solo fare la brava. Avevo però tutta l'impressione che stesse complottando qualcosa e a me sarebbe toccata la parte peggiore.
Ma quando questa arriverà, saprò riconoscerla?

Passai un'ora a fare la bella statuina al fianco di quel' imbecille dalla faccia falsa. Non riuscivo a capire come potessero credere a tutta quella facciata , diplomatica e gentile, quando in realtà è solo un bastardo calcolatore.
Tutti pendevano dalle sue labbra.
Almeno fino a quando il loro sguardo non si soffermava su di me.
Nessuno proferiva parola contro di me, ma se gli occhi potessero uccidere, probabilmente sarei stata trucidata in mille modi diversi.
Per spezzare quella monotonia di sguardi omicidi, mi concentrai sull'aspetto della serata : gli abiti degli invitati non cambiavano come quello della pazza, ma il mio sì.
Il mio bel vestito rosso era diventato verde e con le maniche lunghe quando avevo sentito uno spiffero freddo sfiorarmi la pelle; blu scuro e corto fino al ginocchio quando ho dovuto velocizzare il passo per star dietro al Deficiente Patentato; giallo canarino e con un mantello quando delle vecchie signore tutte impettite mi fissavano il vestito precedente: era arancione fosforescente con una minigonna pantalone ( un vero pugno in nell'occhio, lo ammetto).
Nel frattempo quel presuntuoso se la rideva sotto i baffi per i miei continui sbalzi di colore.
"Idiota." pensai digrignando i denti. E se mi fossi vendicata un pochino?
All'improvviso sentii una porta aprirsi ( dov'era spuntata fuori? Quello da cui ero uscita io era scomparsa!) e sentii un coro di esaltazione levarsi dal fondo della sala.
La folla si aprì mostrando i nuovi arrivati: un gruppo di soldati, viste le armi che si portavano appresso.
Incuriosita, guardai chi era riuscito a conquistare tutta quella massa di persone e incontrai i suoi occhi.
"Perché devo sempre incappare in quei bellissimi e odiati occhi da tigre?"
Allo stesso tempo vidi un volto mascherato girato nella mia direzione, sulla stessa linea del mio rapitore. Sembrava mi stesse fissando; difficile dirlo visto che non si vedevano gli occhi.
Un secondo dopo regnò il silenzio.
Non un comune silenzio, come quelli creati dalle situazioni imbarazzanti o di paura.
No, era qualcosa che avevo provato solo una volta; un misto di pericolosità e aspettativa permaneva l'aria, come se il mondo si fosse fermato.
Mi girai per capire cosa fosse successo e mi riflettei in uno specchio semplice e arricchito solo di una sottile cornice argentata.
Il mio abito ora era bianco, aderente con dei ricami indaco e oro sui guanti lunghi e delle piume morbide e nere sul corpetto.
" Mmmh ... credo di essermi cacciata nei guai senza saperlo e sena aver fatto niente. Tutto nella norma allora."

X-------------------------------------------------------------------X

Angolo autrice: eccomi qua! Scusate per la lunga attesa ho avuto una specie di blocco dello scritto e solo oggi sono riuscita a scrivere questo capitolo al computer e a caricarlo! Spero vi piaccia e aspetto qualunque tipo di recensione; avverto che ho messo a posto i capitoli precedenti per quanto riguarda il layout! Ultima cosa: a quanti piacerebbe leggere un pezzo dal punto di vista di un altro personaggio? Fatemi sapere!
Un grazie alle tre persone che seguono la mia storia e alle due persone che mi hanno recensito: hippylove e alba TH !
Un bacio,
Ineki <3

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Capitolo 10
*** 9. Verità. ***


9. Verità.
 
Indietreggiai lentamente. Tutti continuavano a fissarmi, in silenzio. Si era formato il vuoto intorno a me e il freddo era calato come una coperta familiare e da tempo dimenticata. Il mio respiro si condensò davanti a me e poi accadde.
Un boato fece tremare gli specchi mandandoli in frantumi; grida di paura e di dolore si susseguivano e la folla si muoveva come disperata. Sentii distintamente solo una voce.
-Sono arrivati! Guerrieri andate subito alle mura, dovete salvarle tutte!- gridò il Tkuga.
“Chi sono arrivati? Chi dovevano salvare? ”pensai stordita. Mi spostai lontano dalla folla, ma finii sui vetri rotti. Il mio abbigliamento era cambiato, sembrava tanto una camicia da notte color crema, ma non c’erano scarpe incluse questa volta e in poco tempo il mio sangue scorreva sul pavimento. Non sentivo dolore, probabilmente ero sotto shock. Vedevo tutte quelle persone sfrecciarmi davanti ma non sapendo cosa succedeva non potevo reagire di conseguenza. In sintesi: non ci capivo niente.
Il mio punto di vista cambiò drasticamente e mi trovai più in alto. Qualcuno mi aveva preso in braccio e mi stava portando via.
Verso dove?
E chi era?
 
Staccò il resto delle cornici vuote per crearsi un passaggio e sentii il vento gelido della notte passarmi sulla pelle. Uscì velocemente portandomi con sé nella foresta che si apriva lì davanti. Alberi alti e flessuosi restavano fermi sulle loro radici sane e forti come guardie addestrate contro le intemperie. Il colore delle loro chiome era indistinto a causa dell’oscurità, ma ero certa che non fosse nella gradazione del verde. Chiamatela istinto visivo per i colori, presentimento o come volete voi, però ero quasi certa che quelle grandi foglie dai bordi seghettati fossero rosse. Sinceramente non seppi mai perché in quel momento mi concentrai più su quelle stramaledette foglie piuttosto del caos che mi circondava. Non durò molto comunque.
Fui gettata per terra fra le radici rugose e spesse di una pianta e un corpo caldo e pesante si stese sulla mia schiena coprendomi completamente.
-Adesso sta giù e non fiatare per nessun motivo. Se hai capito, annuisci. - mi sussurrò al mio orecchio una voce familiare.
-Lyard?- mormorai stordita senza fare come mi era stato appena ordinato.
La terra sotto di noi tremò e un verso spaventoso si propagò per tutta l’area circostante. Mi fece rotolare velocemente con lui al riparo di un’altra radice appena in tempo da poter vedere le foglie spostarsi al passaggio di una creatura immensa. Essa si spostò velocemente nella direzione delle mura della città, se non mi sbagliavo.
-Vuoi farci ammazzare?! Tu e la tua boccaccia! La prossima volta ti lascio alle loro grinfie così non dovrò più preoccuparmi di farti da balia.- mi disse irato. –Adesso dobbiamo aiutare gli altri a mettere in salvo la popolazione e le Skuinje. Fai esattamente ciò che ti dico e potrai ritornare alle tue stupide feste al fianco del Tkuga.- continuò con disprezzo. Si alzò e si avviò nella stessa direzione della creatura. Mentre lo seguivo rabbrividii per il freddo anomalo e il pizzicore ai piedi feriti e persi la pazienza.
-Come posso seguire i tuoi ordini? Sei uno sconosciuto che mi ha rapito da casa mia e mi ha portato in un incubo! Non so cosa volete da me, non capisco questo modo strano con creature terrificanti e persone che mi fissano con odio e diffidenza quando sono state loro stesse a portarmi qui. Se vuoi che ti segua in questa missione di salvataggio voglio sapere tutta la verità, adesso!- esclamai fumante di rabbia.
Si bloccò di scatto facendomi sbattere il muso contro la sua schiena forte e larga. Ancora voltato mi disse con voce tetra e calma: -Sicura di voler sapere? Poi dovrai accertarne le conseguenze.-
-Si!- urlai.
Girandosi verso di me mi tenne ferma le spalle con le sue mani e fissandomi negli occhi mi disse le quattro paroline che mi cambiarono per sempre la vita.
-   Non sei umana Anita.-
Rimasi senza fiato.
COSA?!
 
Camminai silenziosamente per tutto il tragitto fino alle mura. La foresta in cui c’eravamo nascosti finiva proprio nella parte est delle mura a quanto aveva detto Lyard ed era il modo più sicuro per arrivare a dare soccorso e aiuto agli altri. Non avevo detto niente per tutto il tempo. Alcune volte mi lanciava delle occhiate per vedere se c’ero ancora ma per il resto mi lasciò nella solitudine che mi si era creata in testa.
La desolazione regnava sovrana nella mia testa.
Potevo sentire il soffio del vento che faceva girare quelle palle di arbusti e polvere che si vede nel deserto e nei cartoni animati. Oppure il rumore delle cicale estive che è così insistente da non farti pensare. Con quelle magiche paroline era riuscito a smontare tutte le mie certezze, semplice e veloce come quando tiri il filo che ti pende dalla maglia e la rovini irrimediabilmente stracciando le cuciture principali.
La mia vita ora era come un ammasso di fili scombinati che non hanno un senso logico, né un inizio né una fine.
Ora cosa avrei dovuto fare?
-Siamo arrivati.-
Davanti a noi non c’era più erba e legna, ma alte pietre grigie grosse e spesse come megaliti, incastrati tra loro con maestria. Sembravano avere una forza propria, come se stessero lì a difendere quel popolo da tempi immemori. Io che pensavo che le nostre costruzioni fossero insuperabili. Anche se dire “nostre” ormai non è più giusto…
In silenzio costeggiammo la parete e ci nascondemmo in un anfratto appena in tempo: due creature immense saltarono le cinte murarie atterrando a neanche tre metri da noi; riconobbi la Gattona che ci aveva portati fin lì dal lago ghiacciato con un’ imbragatura al livello del dorso. L’altra creatura mi era sconosciuta anche se assomigliava molto alla Gattona per alcune caratteristiche: le dimensioni, il fatto di essere delle sottospecie di felici e i colori strampalati. Di fatto il nuovo arrivato aveva un manto sfumato, dal rosso al viola scuro con scaglie verdi sul muso,come una corazza. Improvvisamente si attaccarono ferocemente: Scagliette ( un modo buffo per smorzare la situazione ci vuole al momento) balzò verso la gola dell’altro felino ma ella riuscì a scansarsi in tempo e a dare una zampata all' avversario. Centrando il fianco di quest’ultimo , si mise sulla difensiva, ringhiando, in modo tale che riuscii a vedere l’omino che portava con sé; uno dei guerrieri di Lyard stava dando manforte alla Gattona grazie a delle frecce lunghe che si conficcavano nella pelle dura di Scagliette. Ipnotizzata dalla scena non mi resi conto di essermi avvicinata al combattimento fino a quando la voce che insistentemente cercava di richiamarmi a sé non fece breccia nella mia mente.
-Torna qui! Pazza che non sei altro!- urlava come un ossesso il guerriero-fabbro-rapitore lanciandosi verso di me. Troppo lento. Scagliette, a cui forse dovevo cambiare nomignolo, l’aveva preceduto sul tempo afferrandomi per la stupida camicia da notte, tirandomi sul suo dorso correndo via mentre urlavo spaventata. L’arciere smise di attaccare la bestia per non colpirmi dopo aver visto la scena e spronò la sua “cavalcatura” a inseguirci.
“Ora che succederà?” ragionai aggrappata al pelo morbido del mio nuovo rapitore.
 
Dopo dieci secondi pensai che mi avrebbe ucciso mangiandomi.
Dopo un minuto pensai che mi avrebbe ucciso e basta.
Dopo dieci minuti ebbi paura che potesse portarmi chissà dove e lasciarmi in balia di quel mondo sconosciuto.
Dopo trenta minuti iniziai ad aver sonno.
L’andatura della fiera era armonioso e ritmico, ricordava il moto di una culla, il che mi portava a chiudere gli occhi e rilassare i muscoli. Forse a causa dei troppi shock ricevuti durante la giornata/nottata, ma l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era dormire. Quando stavo per crollare del tutto nel mondo dei sogni, ci fermammo.
“Non ne va dritta una, eh?” pensai affranta.
Chinandosi con le zampe anteriori, mi fece scivolare velocemente sulla neve fresca, atterrando in ginocchio davanti a un paio di scarponcini marroni.
Senza forze, tirai su lo sguardo e vidi qualcosa di bianco simile a una sciarpa.
Sgranai gli occhi. Era impossibile!
Senza forze, svenni. Oppure a causa del colpo che mi colpì la nuca.
L’ultima cosa che vidi fu il volto dell’ultima persona che mi sarei aspettata in quel mondo di ghiaccio e gelo.
 
X------------------------------------------------------------------------------X
Angolo autrice: eccomi qua!
Mi scuso per il ritardo e spero che il capitolo sia un pochino più lungo( non ho il senso della misura); se avete visto gli altri capitoli sono stati messi a posto per quanto riguarda il layout e mi auguro che questo nuovo capitolo chiarisco un dubbio e ne apra altri dieci ( so di essere un po’ sadica, me ne scuso)!
Chi sa chi è la persona che ha visto Anita?
Alla prossima e un bacio a tutte: lettrici silenziose, a chi commenta, a chi segue la storia e alle future lettrici/lettori e commentatrici/commentatori!
Ineki <3
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** 10. Assemblea. ***


10. Assemblea.
 
Qualcosa di morbido sotto la testa.
Qualcosa di caldo e soffice che mi copriva.
Qualcuno sdraiato dietro di me.
Aprii gli occhi di scatto e mi voltai con il cuore in gola trovando... niente.
"Com'è possibile? Stavo forse sognando ancora?" ragionai intontita. Meglio non indagare subito, c'erano questioni più importanti da risolvere.
Ad esempio dove mi trovavo questa volta.
Non avevo mai viaggiato tanto in vita mia, mi sentivo come un piccione viaggiatore o un pacco postale che non riesce ad arrivare a destinazione.
In quella tappa del mio tour in quel mondo strano ero sdraiata su un letto a due piazze con delle coperte arancione chiaro e una struttura di legno massiccio che sorreggeva il materasso spesso. La stanza accogliente, con i suoi tappeti e quadri floreali, era però sprovvista di finestre e l'ambiente era illuminato da delle lampade colorate di mille colori che si riflettevano sulle mura. La porta non si vedeva immediatamente, ma se si faceva attenzione, si poteva scorgere il luccichio del pomello che sbucava da un finto quadro nella parete est della stanza.
Il quadro in questione era grande e disposto verticalmente: raffigurava una caccia, con i cacciatori e delle bestie che correvano all'inseguimento delle loro prede; in alto a sinistra s’intravedeva una figura di donna che alzava un braccio, come se avesse dato lei stessa il via alla caccia.
Per qualche motivo quel volto fu inquietante, ma decisi di non poter star lì a continuare a fare bella statuina davanti alla mia via d'uscita. Il piano era di trovare Mia e uscire da lì. Naturalmente mentre mi spiegava perché eri in questo guaio insieme con me!
 
Dopo essere uscita dalla Camera dei Riflessi (devo pur trovare una routine in questo mondo di matti e la mia è scegliere nomi strampalati a qualsiasi cosa!) percorsi un'infinità di corridoi. In quel luogo adoravano i labirinti da quanto avevo visto finora e la cosa preoccupava me e il mio senso dell'orientamento.
Per fortuna non avevo incrociato nessuno e la mia ricerca continuò per un tempo indefinito quando arrivai a scontrarmi letteralmente con la mia amica.
-Mia!-
- Anita!- gridammo all'unisono mentre ci riprendevamo dalla botta presa.
Entrambe sedute sul pavimento ci guardavamo per controllare che stessimo bene e poi andai ad abbracciarla. Lei mi strinse forte e feci altrettanto. Mentre ci staccavamo e ci rimettevamo in piedi mi disse velocemente: -Adesso dobbiamo toglierci da qui, non sopporto questo freddo e abbiamo molto di cui parlare. -
Sembrava preoccupata, ma non stavamo correndo da nessuna parte come mi aspettavo. Così esposi il mio dubbio, ma lei reagì nel modo più imprevisto: distolse lo sguardo.
Mia è una ragazza dolce, premurosa e… non sa mentire. Quegli occhioni verdi non riuscivano a mentire credibile se si guardava negli occhi, così aveva preso l’abitudine di non guardare le persone negli occhi con una scusa per non sostenere la verità.
Il sangue mi si gelò nelle vene. Eravamo imprigionate lì? Da chi?
-Mia? Sai che puoi dirmi tutto. Come mai sei qui? Ti hanno rapito? Ti hanno fatto del male?-
Silenzio.
- Parlami per favore !- esclamai con la paura che strisciava e mi mozzava il fiato. Oltre che alla rabbia per chiunque avesse osato mettere le mani addosso alla mia amica. Poiché non mi rispondeva, mi piazzai di fronte a lei e girai la testa in modo che mi guardasse negli occhi, ma prima che potessi aprire bocca e convincerla a dirmi cosa fosse successo sentimmo delle voci provenire dal corridoio da cui era venuta Mia. Entrambe ci immobilizzammo. Penserete sia una stupidata, ma alcune volte la tecnica del “coniglio” funzionava, come in quel caso. Ci passarono davanti delle guardie che ridevano sguaiatamente e non si accorsero minimamente di noi.
1 a zero per noi!
Purtroppo succede sempre che appena si pensa di averla fatta franca i problemi vengono a cercarti… dall’altro angolo.
Vidi la ragazza castana sollevarsi sempre di più e non è a causa di qualche crescita rapida o di un avvallamento del terreno, dove mi trovavo io. No, la ragione era un uomo immenso che la teneva per il cappuccio del suo giubbotto invernale a un metro da terra, mentre lei cercava di toccare il pavimento prima di soffocare.
Urlai e lo colpii al braccio teso e mi ci aggrappai per fargli mollare la presa; anche quando lo morsi lui, rimase imperturbabile. Il suo sguardo morto prometteva sofferenze. Non gli avrei mai permesso che ne facesse alle persone che mi era stata affianco tutti quegli anni!
Senza aspettare ancora, gli diedi un calcio nel punto più sensibile dell’universo maschile. Lasciò la presa con un urlo e si premette le mani nel punto leso, liberando Mia.
Le presi la mano e corremmo in direzione opposta al nostro assalitore; quando iniziammo a sentire i passi pesanti che ci inseguivano e le urla di rabbia capimmo che era ora di trovare un nascondiglio.
In fretta.
La ragazza mi spinse in una porta semi-aperta sulla nostra sinistra.
Ci ritrovammo dentro a uno stanzone scuro e non si vedeva niente. L’unico rumore che riuscivo a sentire era quello del mio cuore che mi rimbombava nelle orecchie.
L’unica cosa che sentivo era la mano tremante di Mia nella mia. Finì tutto quando una luce accecante illuminò il salone… pieno di soldati, mercenari e uomini su scranni regali. Eravamo finite nel bel mezzo di una discussione, anche se si era interrotta a causa delle urla del pazzo in corridoio. Erano pronti per un agguato in piena regola, non a due ragazze in fuga.
Mia si allontanò da me di un passo. Poi di un altro.
Che cosa stava facendo?
I suoi occhioni mi guardavano addolorati.
-Mi dispiace, è per il tuo bene. - mi sussurrò con un filo di voce.
Si spostò a fianco di un uomo alto e dagli occhi chiari, con i capelli ingrigiti dall’età. Suo padre.
Spostai lo sguardo da lei a lui, da lui a lei e guardai di nuovo il salone.
Ero in trappola, di nuovo, e la mia amica con me prigioniera era in verità un’esca in accordo con il nemico.
Sentii una stretta al cuore, mentre mi legavano e mi portavano al centro dell’assemblea. Un dolore pungente mi percorse il corpo e la consapevolezza di essere sola mi colpì all’improvviso.
 
-Possiamo riprendere il discorso ora che siamo tutti presenti. - proclamò un vecchietto vestito come un senatore romano.
Un forte brusio si sollevò quasi subito, un miscuglio di voci contrarie ma due prevalsero sulle altre con i loro toni.
Erano un uomo e una donna.
Lui sembrava un generale medievale, con corazza di metallo e maglia di ferro. Lei invece sembrava un incrocio tra un’amazzone e una dama dell’ottocento: abbigliamento della prima, ma la pettinatura della seconda.
-Non sarò responsabile di un conflitto tra noi e i Temperati! Deve andarsene!- urlò l’uomo con voce possente.
-Assolutamente no! Qui è meglio che in quel luogo d’ignoranti e non sapranno mai l’esistenza del nostro mondo, non risuccederà! Perciò è molto più utile che resti prigioniera nelle nostre mani, così da poterla controllare e tenerla lontana da quegli schifosi esseri delle caverne!- urlò di rimando la donna.
Altre urla si unirono a spalleggiare i due rivali.
“Sbaglio o stanno parlando di me?” pensai. Non avevo più il controllo su nulla e stavano decidendo della mia vita come se niente fosse.
Stanca e ancora scombussolata per gli avvenimenti, mi estraniai dal dibattito in corso. Guardai la parete nord del salone, dove si trovavano delle collezioni di armi: archi, scudi, alabarde, asce, fruste, lance, balestre, pugnali e spade. Mi soffermai su due spade gemelle incrociate tra loro. Erano coperte di ragnatele e polvere, però c’era qualcosa di affascinante nella loro fattura.
Divenni consapevole del silenzio calato sulla stanza all’improvviso.
Un ragazzo non più grande di me si era alzato dal suo posto a sedere. Indossava una specie di tuta mimetica bianca, con una pelliccia di un qualche essere sconosciuto su una spalla. Il viso era ricoperto da segni colorati: verde scuro, marroncino, nero e bianco sporco. Quel volto si girò verso di me, ma senza guardarmi veramente; i suoi occhi ciechi mi scrutavano l’anima mentre proferiva queste parole.
-Lei non deve tornare nel mondo oltre la Pianura Ghiacciata. Starà qui, con noi. Non sarà prigioniera. Sarà protetta e diventerà parte del nostro popolo. Dovrà solo essere … educata. - affermò con voce ferma e chiara. Nessuno fiatò.
- Alla fine capirà chi è. - mormorò infine con un sorriso inquietante.
Quelle parole mi svegliarono dal mio stato catatonico e inizia a urlare furiosa.
-Ditemi cosa sono! Ditemi la verità o giuro che non farò mai qualunque cosa voi mi chiediate!-.
Tutta la sala mi rispose in coro.

Sei l’alba della creazione, sei la notte dell’apocalisse.

Sei la prima stella esistita e l’ultima che si estinguerà alla fine dei tempi.

Risorgerai, combatterai e proteggerai !

Tu sei nostra e noi siamo tuoi.

Ritorna a noi, Cyener!

 
Mi zittii.
Presi fiato ed esclamai: - Pensavo peggio. -
Detto ciò, svenni davanti a tutti con nonchalance.
 
 
X------------------------------------------------------------------------------X
Angolo autrice:
Buona sera! Ecco il nuovo capitolo, spero che non vi deluda!
Se così fosse sono pronta alle critiche e cercherei di migliorare la storia!
So di pubblicare in modo discontinuo e proverò a darmi delle scadenze XD
Un bacio e ringrazio tutte le persone che mi scrivono,che mi stanno seguendo e che leggono solamente !
Ineki <3

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Capitolo 12
*** 11. Orecchino ***


11. Orecchino.
 
Un dolce profumo mi stuzzicava la narici. Aprendo gli occhi, mi misi a sedere lentamente come se i muscoli non funzionassero a dovere. Ero in una stanza che non conoscevo, ma non potevo definirla propriamente tale visto che non riuscivo a vedere neanche una parete. Galleggiavo in  una sostanza gelatinosa rosa perlato e una fetta di pane spalmata di nutella era ferma davanti alla mia faccia. La presi in mano incuriosita e …mi morse. Quella maledetta aveva i denti! Mentre guardavo la mia mano, la Fetta Con I Dentini Aguzzi scomparve nel nulla. Sul dorso della mano si potevano vedere quattro punture da cui usciva un liquido viscoso e dal colore simile al miele. La ferita faceva un male cane! Non volendo essere azzannata da altro cibo mi costrinsi a mettermi in piedi e a proseguire in quel mare di gelatina, simile a delle sabbie mobili. In lontananza riuscivo a vedere una luce. Mi diressi in quella direzione, ma la distanza non sembrava diminuire, al contrario: la luce adesso era molto più in alto! Una scala a chiocciola senza corrimano comparsa dal nulla si innalzava davanti a me , così uscii dalla gelatina e riinizia ad avanzare. Quando ero ormai arrivata a metà, gli scalini scomparvero e caddi nel vuoto. Gridai per la paura e…mi trovai in piedi, davanti alla fonte della luce che avevo visto prima. La luce proveniva da dentro ad un portagioie semitrasparente, sospeso in aria come il cibo di prima. Stando attenta alla comparsa di possibili denti affilati o altro aprii il piccolo contenitore e trattenni il fiato: un orecchino riluceva come un diamante, aspettando di essere preso. Poteva essere scambiato per un anello a causa della forma circolare, ma l’aggancio per assicurarlo al lobo dell’orecchio era inconfondibile. Affascinata lo presi in mano e improvvisamente scomparve e tutto si fece buio. Prima ancora che potessi spaventarmi l’ambiente intorno a me si illuminò e mi trovai davanti a uno specchio: i miei capelli erano cortissimi mi incorniciavano il volto pallido, gli occhi erano luminosi, sicuri, determinati e al mio orecchio sinistro si intravedeva l’orecchino, il quale sembrava fosse sempre stato lì.
 Guardai il mio riflesso e questo mi sorrise.
‘Svegliati e capirai. Svegliati e ricorderai. Svegliati e combatterai.”
 
‘Anita! Ho detto che ti devi svegliare!’ urlò una voce femminile al mio orecchio.
Volai giù dal letto pesantemente, schiantandomi contro il pavimento duro. Aprendo gli occhi mi trovai davanti Mia che con un sorriso nervoso mi guardava preoccupata. Eravamo nella stanza in cui mi ero svegliata prima della scoperta del tradimento di Mia e il mio umore non era per niente migliorato.
‘Tutto ok?’ chiese con calma.
‘Secondo te come sto?’ domandai stizzita e abbattuta. La mia migliore amica mi ha tenuto nascosto un segreto grande quanto un continente e probabilmente io sapevo solo un pezzo marginale di tutta quella storia. Da quanto avevo capito finora sono stata rapita perché lei e tutti gli esseri di questo pazzo mondo alternativo pensavano che io sia una creatura da temere o qualcosa di simile e mi definiscono Ceyner . Annotazione mentale: chiedere al più presto ulteriori informazioni in merito.
‘So che può sembrare destabilizzante ma sono sicura che appena imparerai di più su di noi, capirai perché è successo tutto questo. Non volevo ferirti, ma dovevo tenerti lontana da quei cavernicoli e l’unico modo era vivere con te nel mondo degli umani.’ Mia fece una pausa e poi riprese.
‘Fidati di me e non cacciarti nei guai mentre sarai qui; ci sono ancora molte persone che non sono sicure di volerti qui come hai sentito durante il Consiglio e potrebbero volerti fare del male. Ho bisogno che tu mi ascolti Anita e… non voglio perdere la tua amicizia, ma immagino che adesso tu abbia bisogno di tempo e non abbia voglia di vedermi perciò me ne vado.’
Mia aveva uno sguardo mortalmente serio, e mentre mi diceva questo si girò verso la porta. Qualcosa nel mio profondo si scosse e reagì d’impulso. Mi alzai di scattò e l’abbracciai.
‘So che può sembrare stupido ma anche se mi tenuto all’oscuro di tutto tu rimani sempre la ragazza che mi ha accettata come sono veramente. A dir il vero forse conosci aspetti di me che neppure conosco ma sei comunque rimasta al mio fianco, non ho intenzione di perderti. Dovrai solo avere pazienza nel tempo in cui cercherò di capire tutta ‘sta faccenda…riuscirai ad aspettarmi?’ mormorai contro la sua schiena.
Avevo paura di guardarla in faccia, che potesse vedere le lacrime che stavo cercando di trattenere e di vedere la sua espressione dopo aver sentito le mie parole. Lentamente si girò verso di me e mi abbracciò anche lei. Restammo ferme a rincuorarci per circa dieci secondi prima che bussassero alla porta : ‘Allora, siete pronte?’.
Ci staccammo e io mi vestii velocemente con gli indumenti che mi porgeva Mia. Entrambe sorridevamo, complici e contente di esserci ritrovate ma consapevoli che dovevamo ancora parlare di tante cose. Il nostro vestiario del giorno era molto simile : una maglia di lana sformata, lillà per lei e grigia per me, pantaloni di un tessuto aderente e morbido e stivali comodi e neri. Uscimmo dalla stanza e ci trovammo davanti a due ragazzi poco più grandi di noi : quello alla nostra sinistra era alto all’incirca un metro e settanta e somigliava in modo impressionante a Mia, stessi lineamenti morbidi senza però dargli un aspetto femminile e castano scuro capelli corti, invece gli occhi erano di un profondo rosso cupo; il suo compare era più alto di lui di una spanna e risaltava ancora di più con quei capelli lunghi e chiarissimi e gli occhi come fogli bianchi. Sembrava la tela intoccata di un pittore indeciso, come se fosse incompleto.
‘Questo bel ragazzo dagli occhi da vampiro è il mio fratellino troppo cresciuto, si chiama Styrd . Invece l’altro è il suo amico e compagno di armi Ardyt ; entrambi erano curiosi di vederti visto che non potevano presenziare al consiglio e perciò sono riuscita a convincere nostro padre di renderli le tue guardie del corpo . Tranquilla sono affidabili e se ti danno problemi ci penso io’ dichiarò facendo l’occhiolino.
Styrd sembrava contrariato e imbarazzato dalla presentazione della sorella e Ardyt al contrario continuava a fissarmi ma entrambi mi salutarono con un inchino e un flebile “ciao”.
‘Ciao anche a voi, ehm io sono Anita ma forse già lo sapete, spero andremo d’accordo, o-ok?’ Ci mancava che iniziassi a balbettare!
Percorremmo dei corridoi spogli fino a raggiungere quella che doveva essere la sala dove consumavano i pasti, infatti brulicava di persone affamate che si riempivano la pancia con croissant, biscotti, pane, cioccolata e tante prelibatezze da leccarsi i baffi. Prendemmo posto su una panca e alla mia destra c’era Mia con Styrd e alla mia sinistra c’era Ardyt. Iniziammo a mangiare in silenzio, i ragazzi si avventarono su tutto ciò che vedevano, invece io e Mia optammo per the e biscotti da vere dame inglesi quali non eravamo. Ad un certo punto Mia mi chiese perché non volessi prendere una fetta di pane e nutella visto che c’era, sapendo che ne andavo matta, ma dovetti rispondere che in quel momento volevo stare leggera. La verità è che mi ricordava il mio sogno strano… e il profumo di una certa persona. Giusto : il sogno! Prima che potessi anche solo cercare di ricordare meglio il prodotto del mio inconscio, una mano sbatté sul tavolo davanti a me, facendo versare un po’ del mio prezioso the mattutino. Guardai con gli occhi sgranati a chi apparteneva quella mano enorme e fissai gli occhi scuri di un guerriero che mi rimandava uno sguardo pieno di astio a malapena trattenuto. Sentii il rumore metallico di spade che venivano sfilate dal fodero come succedeva nei film e mi accorsi che le mie guardie del corpo erano armate e pronte a combattere. Anche Mia era in piedi, in posizione di difesa con una mano sulla mia spalla.
‘Non puoi mangiare tra noi come se fosse nulla. Questo non è il tuo posto, se vuoi rimanere devi guadagnartelo. Sappi che finché non ti rivelerai utile io farò tutto quel che posso per far diventare la tua vita un inferno. È una promessa.’ affermò con sicurezza  il guerriero. In quel momento lo riconobbi come l’uomo che durante il dibattito continuava a volere che io me ne andassi.
Ripresi fiato solo quando si allontanò con il suo seguito, mentre il suo mantello volteggiava sbeffeggiandomi con la sua regalità.
La situazione andava complicandosi sempre più, ma girandomi notai che ora non ero più sola perché avevo la mia amica e le mie guardie del corpo al mio fianco.
‘Il suo comportamento è stato inappropriato, ma ciò che ha detto è vero.’ disse il ragazzo bianco. Né Mia né suo fratello replicarono.
Forse dovevo davvero iniziare a fare qualcosa per sopravvivere in queste terre. Al più presto. Ma cosa si aspettavano da me?
 
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------x *Un eternità di scusa dopo *
Salve a tutti, si sono tornata a scrivere dopo tanto tempo con un nuovo mini capitolo della nostra Anita ! Mi dispiace sinceramente per la mia assenza ingiustificata che cercherò di giustificare come posso, grande controsenso, me ne rendo conto. Vari fattori si sono messi in mezzo tra me e la scrittura : problemi di creatività (blocco dello scrittore e autostima scadente), mancanza di tempo produttivo, problemi tecnici (malfunzionamenti) e di scuola. A causa della mia condotta imperdonabile capirò la mancanza di commenti o di commenti negativi, spero meschinamente di essere mancata a qualcuno e in modo più positivo di riuscire a continuare a scrivere con regolarità e non aspettare un anno e passa ! Grazie e scusate ancora L
Un bacio, Ineki!
 
 

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Capitolo 13
*** 12. Consultazione. ***


12. Consultazione.
 
Dopo la colazione, venni scortata attraverso vari corridoi tutti uguali ( un labirinto vero e proprio), finché non arrivammo in una stanza con dei macchinari strani.
Ipotizzai fosse una palestra, anche se non c’ero mai stata.
 Avevo visto qualcosa del genere solo nei film o nel ripostiglio della palestra scolastica. Un cumolo di ferraglia che potenziava svariati muscoli del corpo funzionavano splendidamente mentre venivano usati da uomini e donne.
 Oltre a questi c’erano dei materassini sparsi a formare un tappeto gigante al centro della stanza e altre persone stavano lottando facendo schivate, prese e altri attacchi per sconfiggere l’avversario.
 Non so se si vedeva la paura che stavano provando i miei muscoli mentre assistevo a quella scena. Non sono una ragazza molto fissata con i muscoli e anche se non posso essere definita grassa, non posso neanche essere catalogata come “magra”. La mia ciccia e io siamo molto unite, perciò non ho molta voglia di iniziare un allenamento massacrante…perché è l’unica ragione per essere qui, giusto?
Passammo a fianco ad una ragazza che prendeva a pugni un sacco da boxe come se le avesse fatto un terribile torto, a due uomini che si divertivano a colpirsi fino a sputare sangue e a un ragazzino serissimo che lanciava dei pugnali contro una parete di mattoni.
Rimasi a bocca aperta e mi fermai perché il ragazzino era riuscito a incastrare la lama nella fenditura tra i mattoni a vista e…wow.
I pugnali formavano una scritta : “CHIAMAMI TALENTO”. Aveva i capelli biondi e corti, un fisico atletico ma non ancora formato del tutto. Sicuramente la forza non gli mancava per incastrare fino all’elsa quei pugnali nella pietra.
‘Ancora con questa storia?! Quante volte ti ho detto di non rovinare le pareti e qualsiasi altra cosa per le tue manie di protagonismo?! Adesso toglili subito da lì oppure te li lancio contro mentre sei legato. Sai bene che mi trema la mano quando mi fai arrabbiare, non ti conviene provocarmi.’ minacciò scuro in volto Ardyt . Il Talentuoso Ragazzino rispose con un sorriso malvagio e iniziò a togliere i pugnali…solo per rilanciarli contro il muro nella stessa identica posizione.
‘Sinceramente non mi va di rovinare la mia opera d’arte, credo proprio che la farò restare così ancora per un po’ così tutti potranno vedere chi è il meritevole di combattere.’ ribatté con un tono di sfida e si allontanò con calma.
Non si sentiva neanche una mosca volare tanto c’era silenzio, nemmeno il più lieve dei respiri. Ardyt  non aveva espressione.
Si girò bruscamente e mi disse solo ‘cammina, dobbiamo raggiungere gli altri.’ Senza fiatare lo seguii mentre ci affiancavamo ai nostri compagni, anche loro silenziosi. Solo quando oltrepassammo una porta in fondo alla palestra e rimanemmo soli gli altri espirarono simultaneamente. Stryd avvolse un braccio intorno al collo dell’amico e  disse : ‘Vheris ci è andato giù pesante questa volta, eh? Almeno tutti gli altri ci sono cascati.’
‘È vero, nessuno penserà mai che in verità i fratelli Whitethorn vanno d’accordo.’ aggiunse Mia con un sorriso.
‘Forse non sono affari miei ma, se potete, potreste spiegare cosa è appena successo di là?’ chiesi insicura e scandalizzata. Sembrava che dovesse iniziare un duello mortale, ma loro dicevano che era tutta una farsa e che loro erano fratelli! A parte l’assenza di qualunque somiglianza tra i due, perché dovevano fare certe sceneggiate davanti a tutti?
‘È una storia complicata, ma in breve è meglio che mio fratello sia in disaccordo con me davanti agli altri. Comunque quel messaggio era rivolto a te, è davvero un’esibizionista.’
 Il sorriso che alleggiava sulle labbra del ragazzo pallido era colmo di una tristezza infinita. Non volendo approfondire ancora per non vedere ancora quel sorriso, continuammo a camminare fino a un locale a malapena illuminato con al centro un anello di divani color del sangue. Al centro del circolo formato dai materassi c’era un tavolino, con sopra un telo bianco. Non è che faremo una seduta spiritica o simili? Ci manca solo una sfera di cristallo o un tavoletta ouija e il gioco è fatto! 
‘Bene, questa è la nostra stanza privata. Qui possiamo parlare senza che nessuno ci senta. Ora dobbiamo assolutamente spiegarti ciò che avverrà d’ora in poi, in modo che tu possa sopravvivere…ma prima dobbiamo farti qualche domanda. Pronta?’ mi chiese il fratello di Mia.
‘Credo di non aver scelta, comunque va bene, vai con l’interrogatorio.’ Mormorai facendo una smorfia e sedendomi su un divano. Era davvero comodissimo!
Anche gli altri si sedettero e formammo una specie di circolo. L’idea della seduta spiritica continuava ad aleggiarmi in testa quando all’improvviso la luce che illumina la stanza si spense e mi accorsi solo in quel momento che non c’erano finestre nella stanza. Un senso di claustrofobia iniziò a impossessarsi di me, ma poi mi accorsi che le pareti erano costellate da diverse linee vorticose che emanavano una sorte di luce soffusa come miele d’acacia. Tutti quei segni si riflettevano sui volti davanti a me e la mia mente si faceva sempre più confusa con il passare del tempo. Grazie alla mano di Mia non mi prese il panico quando la vista mi si offuscò del tutto.
 
Tutto. Tutto nero.
‘Mi senti?’
Una voce?
‘Se mi senti, muovi il mignolo della mano sinistra.’
Cercai di capire dove fosse la mia mano, e provai a muovere il dito.
‘Okay, perfetto. Stai andando benissimo Anita. Ora ti farò delle domande : tu risponderai sinceramente e prontamente, senza dimenticarti niente. Capito?’
Mossi l’ipotetico dito. Non vedevo niente, ma quella voce mi confortava. Era paziente anche se autoritaria. Però non sapevo come rispondergli. Chissà chi era. Ma forse la domanda giusta è…
‘Chi sei?’ mi chiese la voce.
…chi sono io?
All’improvviso vidi qualcosa : dal nulla una sagoma era apparsa, come se fosse se fosse stata lì a osservarmi da sempre. Riluceva di una luce oscura, brillante ma tetra. Ma non spaventava, intimoriva. Non aveva un corpo definito, ma si distingueva solo un gioco di rampicanti, almeno sembravano tali, sulla sua figura. Ad istinto potevo dire che qualunque cosa fosse , era sicuramente femminile. La mia intuizione risultò corretta quando l’essere rispose con voce di donna alla domanda della voce confortante. Ma perché rispondeva lei?
Sono e non sono.
Sono gentile e furiosa. Proteggo e attacco.
Sono umana e ultra-umana.
Sta a voi scoprire con chi avrete a che fare.
L’inizio e la fine si susseguono nel Cielo Dorato e nel Mare delle Vite : solo io posso attraversare il-‘
La figura tremò violentemente e sentii un dolore acuto. Non sapevo cosa stava succedendo. La figura prese corpo all’improvviso nella posa di una donna rannicchiata. Il viso, nascosto da mani tatuate ,era irriconoscibile. Dalla sua schiena si intravedeva uno squarcio terribile che si apriva sul…nulla.
‘Svegliati! Se no sarà tutto inutile!’ mi urlò la voce di donna.
Nell’urlare alzò il viso. In quel momento mi ricordai chi ero e vidi il mio volto incorniciato nei capelli corti come quelli che avevo visto nel mio sogno. La mia faccia era tatuata da sottili disegni simili a linee a quelli nella stanza con…
Altro dolore mi scosse nel profondo finché…
 
‘Anita! Oddio Anita! Come stai? Cosa diavolo è successo?! Avevi detto che non era pericoloso!’
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti il volto preoccupato di Ardyt . Mi stava tenendo la testa sollevata e mi tolse quello che sembrava essere un fazzoletto dalla bocca. Era macchiato di sangue.
Mia era sull’orlo delle lacrime e passava lo sguardo da me al fratello vicino a lei. Anche Stryd aveva il volto preoccupato, ma in lui si poteva notare anche l’ansia da senso di colpa. Decisi di provare a parlare e tranquillizzare tutti.
‘Tranquilli , sto bene adesso, anche se non ho capito molto di cosa è successo come mio solito. Non ti arrabbiare con tuo fratello, è ovvio guardando la sua faccia che non si aspettava che succedesse una cosa del genere.’
Sarei stata molto più credibili ed eroica se la mia voce non fosse stata così impastata, ma almeno ero riuscita a fare un discorso.
‘Ho preso una paura! Sono così felice che stai bene! Non farmi prendere mai più così paura chiaro?’ mi minacciò con un sorriso e la paura ancora nei suoi grandi occhioni. Mi alzai lentamente a sedere aiutata dal ragazzo pallido e l’abbracciai.
‘Mi dispiace davvero, non avevo mai visto nessuno reagire così alla Consultazione. Mia ci ha detto che non soffri di epilessia, perciò ci siamo molto stupiti quando sei crollata come un sacco di patate in preda alla convulsioni.’ 
Scese il silenzio.
Ecco, mi mancava solo questa.
‘Siete sicuri che fossero convulsioni e che non mi stessi tipo togliendo un insetto di dosso o altro?’ Mi rendevo conto che la mia ipotesi era impossibile ma non potevo accettare così tranquillamente anche questo!
Ardyt mi porse un bicchiere d’acqua e lo ringrazia. ‘Ora inizia l’interrogatorio che io farò a voi, perciò mettetevi comodi e aspettatevi un fiume di domande. Ah giusto : finché non mi darete delle risposte soddisfacenti non usciremo da questa stanza, mi sembra il minimo dopo quello che è successo, vi pare?’ dissi con fare sarcastico. Loro annuirono con espressione colpevole. Beh i fratelli si, Il pallido invece continua a guardarmi con un sguardo guardingo che prima non aveva.
‘Bene, cominciamo!’ affermai mentre mi si disegnava un sorriso sulle lebbra e sfregavo le mani. Finalmente avrei ottenuto le mie risposte. Ma chissà se le mie domande sarebbero finite. La curiosità può essere una brutta bestia se è senza controllo.
Hai proprio ragione. È meglio se impari a controllarla se no la bestia ti divorerà.
Mi raggelai.
La voce proveniva dalla mia testa oppure alle mie spalle?
 
X-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------X
Salve a tutti!
Ho finalmente postato questo nuovo capitolo , una fatica assurda se si pensa al periodo precedente agli esami! Secondo voi da dove proviene la voce che sente Anita? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! Grazie a tutte le persone che leggono e commentano la mia storia <3
Un bacio, Ineki
 

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Capitolo 14
*** 13.Lampadina. ***


13. La lampadina.
Avete presente quel momento nella vita in cui sentite che sta per succedere qualcosa di importante, qualcosa che avrebbe sconvolto la vostra esistenza per sempre…? Io ne avevo sentito parlare nei film e in alcuni libri, ma non avevo idea che mi sarebbe successo davvero. C’è da dire che l’ultimo periodo poteva essere definito in tanti modi ma sicuramente non noioso.
 Bene, quando sentii quella voce capii subito che ci sarebbe stata una svolta importantissima e definitiva, che avrebbe condizionato il mio futuro. Ma a quel tempo sapevo così poco…
Riuscivo a percepire distintamente la presenza di un essere alle mie spalle…e nella mia testa. Come se fossi  immobilizzata, i miei tentativi di  girarmi a guardare non funzionavano né con l’ausilio della vista né con gli occhi della mente.
Chi o cosa c’era alle mie spalle?
 Una paura folle risalì su per la mia colonna vertebrale e mi gelò il sangue nelle vene.
 
Non vuoi essere divorata, vero?
Non vuoi che i tuoi amici assaggino il loro stesso sangue mentre giacciono morenti al suolo, giusto?
Allora fai la brava e tutto andrà per il meglio…non te ne pentirai. Forse.
 
Con una risata la voce scomparve.
Ritornando a respirare normalmente mi accorsi che anche gli altri avevano delle facce sconvolte.
‘Avete sentito anche voi quella voce?’ chiesi con filo di voce.
Mi fissarono attoniti.
‘Hai sentito la sua voce?’ domandò con voce tremante Mia.
Annuii confusa. Forse loro avevano visto l’essere ma non avevano sentito le sue parole?
‘Noi abbiamo solo percepito un intenso potere; non avevo mai sentito una presenza così letale e immensa, sembrava come quelle che descrivevano i saggi dei nostri antenati.’ Mia rabbrividì vistosamente.
‘Una cosa è certa: qualunque cosa fosse non voleva che Anita sapesse alcunché da noi. Il che porta a pensare : cosa non voleva che sapesse? Perché si è manifestato adesso? Non sarà per…’ Stryd s’interruppe e scambiò un’occhiata con gli altri due.
La mia confusione continuava a crescere. Quanto ancora non sapevo? Dopo questo avvenimento non avrei avuto mai le mie risposte ? Non potevo accettarlo! Se dovevo confrontarmi con qualcosa come quello dovevo almeno sapere cosa fosse! Oppure…
‘Ehm visto che sembra che la mia presenza sia un disturbo forse è meglio se mi portaste a casa, sicuramente non vorrete altri problemi e tutti saremmo felici. Io tornerei alla mia solita routine e potrei vedere qualche volta Mia in ogni caso e voi sareste al sicuro, giusto?’ domandai.
 Cercai di dirlo con il tono più convincente che trovai, ma il “no” esclamato in coro dai presenti non fu molto positivo. A quel punto iniziai seriamente ad irritarmi.
‘La mia pazienza sta raggiungendo il limite! Se devo rimanere qui devo almeno sapere delle cose fondamentali se non tutto, per ora. Sono stata rapita ,chiusa in gabbia e tutti hanno fatto come pareva loro senza darmi la possibilità di capire un accidente di niente! La maggior parte delle persone vuole farmi fuori e l’altra a malapena mi sopporta, tutto per una ragione che neppure so! Che diavolo ho fatto di male a questo dannato mondo?!’ La mia voce si era alzata di un’ottava e appena mi accorsi di gridare cercai di calmarmi senza riuscirci molto.
‘Bene allora : ti dirò io cosa vogliono tutti da te.” Ardyt aveva uno sguardo inquietante, vuoto. Le parole che pronunciò dopo furono una stilettata nel cuore. “Tutti ti vogliono per usarti, nascondi qualcosa che tutti gli abitanti di questo mondo parallelo bramano e temono dal profondo delle loro anime. Molto sono disposti a incatenarti per sempre sotto il loro volere, altri cercheranno di ucciderti per non farti cadere nelle mani altrui oppure proveranno a ricattarti e piegarti con ogni mezzo. Noi facciamo parte della schiera di persone che vogliono proteggerti, ma anche noi dovremo sfruttarti per il bene del clan. Sei come un oggetto e nelle mani sbagliate potrai essere pericolosa. Non posso dirti di più e non provare a scappare perché aggraverai soltanto la tua posizione. Contenta adesso?’
Non sapevo cosa dire. Non avevo neanche una sillaba da poter dire perché la mente era completamente vuota. Stava ancora cercando di registrare il contento del discorso. Che ci fosse qualche problema di comunicazione? Le parole “usarti”, “ucciderti”, “incatenarti”, “oggetto” continuavano a rimbalzarmi nella scatola cranica come palline da biliardo.
Mi girai verso Stryd e Mia. Il primo non mi guardava negli occhi, invece Mia sembrava infuriata.
‘Non permetterò che ti usino come vogliono loro e non lascerò che ti facciano del male!’
‘Non puoi dire sul serio! Sai benissimo che non avresti alcuna chance di vincere contro di loro anche se sei figlia di uno dei capi! Sarebbe un suicidio e basta. E sai perfettamente del giuramento che ha fatto la tua famiglia: sicura di volere la vostra estinzione? Di macchiarti il sangue di tutta la tua famiglia?’ gli ricordò gelido Ardyt.
Mia guardò il volto di suo fratello e si morse il labbro inferiore cercando una soluzione.
Come siamo arrivati a questo? Ero sconvolta. L’unica amica che avevo non può far niente per aiutarmi se non vuole perdere tutto e i miei alleati più vicini in realtà erano fedeli solo a loro stessi e al loro clan.
Un dolore al petto. Il mio cuore si strinse dalla tristezza di quella situazione.
Non c’è proprio niente che possa fare? Quale tipo di cosa dovrei nascondere? pensai sgomenta e affranta.
All’improvviso una lampadina si accese nella mia testa.
‘Va bene’ affermai decisa.
Tre paia di occhi mi fissarono stupiti.
Cosa va bene ?’  chiese con fare sorpreso e guardingo Stryd.
‘Starò dalla vostra parte e farò in modo di aiutarvi senza darvi problemi, di fatto siete gli alleati di cui ho bisogno, o almeno una sottospecie. È l’unica soluzione che mi avvantaggi, no? Perciò state tranquilli non scapperò.’ Sorrisi rassicurante.
Con tono ancora sorpreso Stryd mormorò : ‘Non mi sarei mai aspettato che la prendessi cosi bene.’ Sistemandosi meglio a sedere riprese a parlare. ‘Questo ci aiuta enormemente, andiamo d’accordo d’ora in poi!’
‘Spero tu non ci voglia fregare.’ Ardyt sembrava dubbioso, ma qualcosa nella mia espressione gli disse che non volevo scappare. Infatti era così.
Mia non disse niente. Mi abbracciò all’improvviso, cosa strana per lei che anche se molto affettuosa non si lasciava trasportare molto spesso. Tenendomi stretta, segnò con le dita velocemente delle lettere sulla mia schiena.
Staccandosi all’improvviso, sussurrò : ‘ Grazie per aver accettato la situazione.’
Le sorrisi e le dissi: ‘Certo, puoi contare su di me.’
Mentre lasciavamo la stanza, ricomposi nella mente il messaggio.
Mia. Stanza. 23. Stanotte. Ti aiuterò.
Le mie labbra si distesero spontaneamente dalla soddisfazione.
Ora dovevo solo riuscire a passare la giornata senza che scoprissero il mio piano.
 
Ore 21 dello stesso giorno, all’incirca…
Sfinita mi accasciai nel letto che mi avevano assegnato. Oltre alla mattinata sconvolgente , il resto era passato abbastanza tranquillamente. Durante i pasti tutti i presenti a parte i miei tre (o un?) difensori mi ignorarono largamente come se non volessero avere a che fare con me. Stessa cosa per tutti gli altri posti in cui mi avevano scortata : il giardino interno che assomigliava più all’area ricreativa di un vecchio carcere, le docce comuni vicino a una delle sei palestre attrezzate nel complesso labirintico dove si nascondevano e le stanze dei ragazzi e di Mia. Mi sconcertò non poco la lontananza tra la mia camera e quella di Mia, visto che di mezzo, a parte i dodici corridoi c’erano anche le stanze dei ragazzi. Probabilmente le avevano assegnate con un gioco a sorte, ma per un colpo di fortuna la sfiga madornale che mi perseguitava aveva preso una vacanza finalmente, così che potei memorizzare efficacemente il percorso.
Mai sottovalutare il potere di una caramella gommosa trovata in un cassetto! Grazie alla sua consistenza gommosa ero riuscita a farla a pezzi, attaccandola negli anfratti tra le rocce delle pareti per trovare la strada giusta. Ringrazia mentalmente ancora Hansel e Gretel, sperando che nessuno le vedesse e le tirasse via, o peggio se le mangiasse! Inoltre grazie all’orologio che mi aveva gentilmente prestato Mia , ora sapevo che momento della giornata fosse, il che era molto rincuorante. Dovevo assolutamente parlarle del mio lampo di genio: sarei stata con loro finché non avrei appreso tutto l’indispensabile per sopravvivere in quel mondo di matti e poi saremmo fuggite insieme, facendo finta che io l’avessi rapita così nessuno avrebbe potuto incolparla di niente. Proprio un ottimo piano ma dovevo prima mettere a posto i dettagli con lei.
Decisi di riposarmi un  po’ da tutta la tensione causatami dal tenere il segreto. Meno male che potevo contare sulla mia amica! Più tranquilla, distesi i muscoli e scivolai nel sonno.
 
Un sole splendente rischiarava il panorama.  Una sensazione indefinita mi colmava. Sembrava un incrocio tra tristezza, gioia, rabbia, una frenesia soverchiante che mi serrava la gola. I miei occhi erano spalancati mentre guardavano le vette innevate delle montagne e lo sconfinato deserto di sabbia che si perdeva nell’orizzonte. Riuscivo a sentire sulla pelle l’aria secca e aspra che mi assaliva a causa dell’altitudine.  Le mie mani stringevano qualcosa con forza senza che me ne accorgessi. Guardai in basso e per prima cosa vidi che ero in equilibrio su un masso gigantesco che si affacciava su uno strapiombo.
Non ebbi paura all’inizio. Poi tutto cambiò quando lo vidi.
Sangue. Del sangue scivolava dalle mie mani che stringevano senza sosta qualcosa di bianco. Cercai di allentare la presa e come succede spesso nei sogni , tutto avvenne con una lentezza estenuante per poi precedere speditamente. Senza sforzo riconobbi la mano di Mia dai piccoli nei sul palmo della mano. Con orrore sempre maggiore mi accorsi che le montagne non erano fatte di sassi e minerali ma di cadaveri. Un’intera catena montuosa di corpi senza vita. Lo stesso masso su cui ero posizionata era in realtà un’enorme ammasso di scheletri sapientemente incastrati. Il deserto venne inondato da un liquido viscoso…si formò così un oceano di sangue. Senza via di scampo, chiusi gli occhi e feci un passo indietro. Scelta sbagliata: precipitai. Gridando sconvolta e terrorizzata per tutto ciò che mi circondava , pensai cha al quel punto mi sarei svegliata.
Tutto il paesaggio raccapricciante sparì, ma al suo posto, nella più mera oscurità mi si presentò davanti un specchio incrinato. Come se emanasse luce riuscivo a vederlo chiaramente e la mia immagine mi veniva rimandata riflessa centinaia di volte. In sé era un comune specchio rotto ma qualcosa mi fece indietreggiare.
Mi concentrai e poi capii.
Urlai e urlai con tutto il fiato che avevo in gola.
Quelle centinaia di facce erano il rifesso del mio volto. Mi guardavano sorridendo. Sorridendo con la bocca sporca di sangue e occhi di colori impossibili, spiritati e selvaggi. Quella creatura, lo sapevo, non aveva mai ucciso per fame ma solo per divertimento. Non sapevo come, ma lo sapevo con una certezza schiacciante.
‘È ovvio che tu lo sappia, visto che tu sei me e io sono te. Mi raccomando, attenta a ciò che fai , non vorrai perdere di nuovo tutto, no? In caso contrario ci divertiremo un sacco!’
Rise a squarcia gola.
Risi.
Ridemmo immerse nel sangue caldo e invitante.
‘Finalmente a casa.’
 
Mi svegliai così velocemente che sbattei la testa contro il comodino mentre mi giravo. Il dolore mi blocco per un istante, poi mi alzai di scatto e mi avvicinai al primo specchio che trovai nella stanza. Il mio volto sconvolto e cinereo mi fissava. Nessuna faccia sorridente o sangue in vista.
Tirando un sospiro di sollievo mi lasciai scivolare per terra. Riprendendo fiato pensai che non mi era più neanche concesso di fare sogni normali. Dopo essermi calmata guardai l’orario e per fortuna ero ancora in tempo. Mi cambiai d’abito e trovai dei pantaloni della tuta neri con un morbida felpa extra large abbinata. Visto che non c’era mai fine alla sorprese mi misi degli scarponcini grigi, anche se al momento non avevo intenzione di scappare o fare una passeggiata nel giardino interno. Quando fui pronta, presi coraggio e socchiusi la porta quel tanto per veder se c’era qualcuno in giro.
Nessuno. Perfetto!
Con passo felpato, seguii le tracce che avevo seminato e riuscii ad arrivare a destinazione senza incidenti. Finalmente la ruota della fortuna stava girando nel verso giusto.
Bussai con decisione alla porta e una mano fulminea aprì la porta e mi trascinò dentro.
‘Ehi, okay che non dobbiamo farci beccare ma non credi di essere stata un po’ brusca?’ chiesi con tono finto offeso. Ma quando la mia vista si abituò alla poca illuminazione della stanza capii che c’era qualcosa che non tornava. Tipo il fatto che Mia fosse svenuta o peggio su una poltrona e una mia odiosa conoscenza fosse tra me e lei.
‘Chi non muore si rivede, eh fiorellino?’ mi canzonò Lyard con il suo sorrisetto da schiaffi.
‘Hai proprio ragione. Infatti adesso mi sincererò definitivamente di vedere il tuo cadavere se hai fatto del male a Mia!!’ gli urlai contro afferrando la prima cosa che mi capitò a tiro : un tagliacarte a forma di pugnale. Senza pensarci molto, mi scagliai contro il ragazzo, ma lui schivò il colpo con semplicità.
Tutto secondo il mio micro piano, pensai trionfante.
Non mi fermai e corsi verso Mia. Ora dovevo solo vedere se stava bene e cercare di difenderci dal pazzo che si era intrufolato tra le linee del nemico. Vedendo il suo petto che si alzava e abbassava e niente sangue in vista mi rasserenai un po’, ma poi tornai subito concentrata. Mi misi davanti alla ragazza con le gambe leggermente divaricate per mantenermi stabile e il tagliacarte stretto con entrambe le mani.
Potevo farcela!
Con un’espressione curiosa e un po’ scocciata, il mio ex- rapitore mi fissava con le braccia incrociate sul petto. Aveva un bel fisico ed era purtroppo un figo pazzesco con quei maledetti occhi da gattone , ma ora dovevo concentrarmi su come tenerlo lontano da noi.
‘Sei diventata più agguerrita e un filo più intelligente, ma non riuscirai mai a battermi. Per prima cosa, tremi come unna foglia.’ dichiarò facendo un passo avanti con un sorriso sicuro di sé.
Era vero, ma potevo ancora farcela.
‘Seconda cosa : sono molto più forte e ho più esperienza di te.’ Continuava ad avanzare.
P-potevo farcela…
‘Ultima cosa… ’ mormorò ad un passo da me.
 ‘… non riesci a proteggere te stessa e credi di riuscire a farlo anche per un’altra persona?’
Come un lampo mi disarmò e mi fece volare per terra dopo avermi dato un calcio dietro alle ginocchia che nemmeno vidi. Mi bloccò braccia e gambe con il suo peso.
Era tutto finito in pochi secondi. Ma come era possibile?! Non potevo farcela in queste patetiche condizioni!
Dalla paura e dalla frustrazione i miei occhi si riempirono di lacrime che cercai in tutti i modi di non far versare. Volevo tenere almeno un po’di contegno, fintanto che mi era possibile. In più, finché fosse stato concentrato su di me non avrebbe fatto male a Mia… Forse lei avrebbe potuto avvertire qualcuno quando si fosse svegliata mentre lo trattenevo…
‘Stai pensando di poter scappare quando la tua amica si sveglierà? Mi dispiace dirtelo , ma non sono uno sprovveduto e l’ho legata con dei fili metallici, se cercherà di liberarsi, soffrirà molto. Ma tu non vuoi che soffra, perciò fai la brava e si salverà.’
‘Perché tutto mi devono dire di fare la brava?’ pensai con stizza.
Quel farabutto aveva pensato a tutto! Riuscivo perfettamente a vedere le sfumature dei suoi occhi arancioni da quella distanza ravvicinata e le mie stupide guance non persero tempo ad arrossire senza tenere in conto della situazione. Per qualche oscuro motivo Lyard smise di sorridere e tornò serio improvvisamente.
‘Devi aiutarmi e non accetterò un no come risposta. Se lo farai l’altra ragazza sarà salva. I fili metallici sono avvelenati e sono l’unico che ha l’antidoto. Avrai tempo tre giorni prima che lei muoia e in quel lasso di tempo tu dovrai aiutarmi come, quando e dove vorrò io. Non scapperai né cercherai aiuto, intesi?’ concluse con tono mortalmente serio.
Le lacrime mi scivolarono lungo le guance.
Annui, arrendendomi momentaneamente. Ma i miei occhi in quel momento fecero trasparire qualcosa che turbò il ragazzo. Forse intuì i miei pensieri.
‘Appenai ti avrò aiutato, niente e nessuno potrà salvare chiunque faccia del male a Mia, tu compreso.’
Per la prima volta in vita mia sentii una fredda e gelida consapevolezza che mi assicurava che ciò che avevo pensato sarebbe stato fatto.
Fu l’ultima cosa che percepii prima di perdere conoscenza a causa di un puntura sul collo.
 
 
 
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Ciao a Tutti!
Mi scuso per la mia lentezza da record spero che questo capitolo sia più comprensibile dell’altro …spero che piaccia a tutti voi che leggete e a volte commentate!
Un bacio da Ineki, che si scusa ancora!

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