Behind the Scenes

di Malika
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Problemi di crescita ***
Capitolo 2: *** Incontro (quasi) clandestino ***
Capitolo 3: *** Loneliness ***
Capitolo 4: *** Le indagini di Cenerentola ***



Capitolo 1
*** Problemi di crescita ***


Titolo: Problemi di crescita
Personaggi: I Sette Nani
Pairing: //
Genere: Comico, Commedia
Rating: Verde
Note: One-Shot
Avvertimenti: Nessuno
Contesto: Dopo la storia
Introduzione: Storia partecipante al contest “Diving into fairy tales” indetto da Aleyiah sul forum di EFP.
Sono passati 10 anni dal matrimonio di Biancaneve con il Principe, ma molte cose sono rimaste uguali; come i nani: Brontolo è sempre scontroso, Gongolo sorride troppo, Pisolo si addormenta facilmente. Eolo, invece, starnuta come al solito, Mammolo è sempre gentile e Dotto è sempre saccente.
Ma una cosa li tormenta: Cucciolo è cresciuto e, apparentemente, è diverso dal solito. Cosa turba il nano pasticcione?
NdA: In fondo.

«Dotto, sono preoccupato...»
«Eh, anche io, Mammolo, anche io!»
«Cosa possiamo fare?»
«Perché dovremmo fare qualcosa? Che s’arrangi, Eolo!»
«Etciù! Ma, Brontolo…»
«No! No e ancora no!»
«Shshshs!! Così lo sveglierai!»
«Ah, sta’ zitto, Pisolo! Che vuoi che m’importi?»
«Non è carino svegliarsi all’improvviso, io lo so bene!»
«Rimane il problema: cosa facciamo? Vorrei vedere di nuovo il suo sorriso!»
«Gongolo, credimi: il tuo basta e avanza!»
«Brontolo!»
«Shshshs!!»
Le voci filtravano nel suo subconscio, disturbandogli il sonno, che, purtroppo, era stato agitato tutta la notte a causa di strani sogni su cui, però, non aveva poi troppa voglia di soffermarsi.
Si girò tra le coperte, facendo sì che gli altri si zittissero. Sapeva che erano preoccupati per lui, quel discorso fatto mezzo sussurrando e mezzo urlando proprio a due passi dal suo letto gliel’aveva fatto capire piuttosto bene, anche se aveva potuto intuirlo già da qualche giorno; dopo tutto, ogni volta che era in casa con loro, o alla miniera, lo tenevano costantemente sott’occhio cercando di capire cosa avesse. Non ci sarebbero mai riusciti…
«Ragazzo, sei sveglio?» la voce di Brontolo lo riscosse, mentre le coperte spostate improvvisamente gli fecero spalancare gli occhi e rabbrividire leggermente; era pieno inverno, d’altronde!
Alzò lo sguardo sul nano che gli stava davanti e lo fulminò, strappandogli il piumino dalle mani e avvolgendoselo nuovamente intorno al corpo, per poi girarsi dall’altra parte.
Peccato che dall’altra parte il letto fosse finito e che, così facendo, cadde a terra con un grosso tonfo.
«Cucciolo!» esclamarono gli altri nani, soccorrendolo – tranne Brontolo, che incrociò le braccia sbuffando. «Stai bene? Ti sei fatto male? Hai sbattuto la testa?» chiesero i cinque, tutti in coro, cercando di togliergli la coperta, controllargli la testa e farlo alzare in piedi tutto contemporaneamente, con il solo risultato di sballottarlo rudemente.
Cucciolo cercò inutilmente di allontanarsi dai cinque che, più che uomini, sembravano nane intente a curare il loro unico figlio. L’unico che, strano a dirsi, sembrava avere un po’ di sale in zucca, era Brontolo!
Quando, dopo cinque minuti passati ad assicurarsi che non avesse ferite profonde, o comunque ben visibili, e a fargli domande senza lascargli il tempo di rispondere, Cucciolo riuscì a riacquistare una parvenza di indipendenza e si diresse in cucina. Inutile dire che gli altri lo seguirono… «Etciù!» o meglio, gli altri meno Eolo – volato fuori dalla finestra – lo seguirono.
Stava avvicinandosi a una mensola per prendere qualcosa da mangiare, prima di andare a cambiarsi per la giornata di lavoro, quando venne prontamente spinto verso il tavolo.
«Tu non ti preoccupare, Cucciolo, siebiti, ma che dico, siediti, che al cibo ci pensiamo noi!» esclamò Dotto, dirigendosi verso il lavabo, ancora pieno di piatti.
Cucciolo, obbligato dagli sguardi degli altri cinque, si sedette, sbuffando sonoramente; somigliava sempre più a Brontolo e la cosa non gli piaceva poi molto. Si ritrovò così a guardare Dotto, Gondolo e Mammolo affaccendarsi per preparare la colazione per tutti, mentre Brontolo si era seduto al tavolo con lui e Pisolo era caduto a terra, addormentato.
Il cibo, finalmente, arrivò e Cucciolo iniziò a mangiare voracemente, sotto gli occhi attenti degli altri; dopo qualche secondo, però, sentendosi osservato, alzò gli occhi dal piatto e incontrò quelli di Gongolo, che, sorridente, aspettava che finisse di mangiare.
Il nano più giovane alzò un sopracciglio, porgendo all’altro un pezzo di torta, ma l’altro scosse la testa: «No, grazie, ho già mangiato».
Fu in quel momento che cominciarono a nascere dei sospetti nella sua mente: se avevano già mangiato, cosa stavano aspettando? Perché, poi, non l’avevano svegliato prima per mangiare tutti assieme? Cosa avevano in mente? Cosa volevano fargli?
Si alzò di scatto, facendo cadere la sedia e rovesciando il piatto; non curandosene, però, fece un passo indietro e inciampò nel suo pigiama, cadendo per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Si sollevò in piedi, ma la sua fuga fu prontamente interrotta da Brontolo, che lo costrinse a sedersi nuovamente.
«Non essere sciocco, Cucciolo, non vogliamo farti nulla!» esclamò Mammolo.
«Vogliamo solo capire cosa c’è che non va!» aggiunse Gongolo, cercando di confortarlo un po’, ma ottenendo solo l’effetto contrario.
«Su, Cucciolo, facci capire cosa…» le parole di Dotto, che aveva cercato di rassicurarlo e di convincerlo a confidarsi, furono interrotte da un rumore sordo fuori casa e dall’improvvisa e rapida apertura della porta, che sbatté contro la parete per poi richiudersi con un sonoro rimbombo.
Poi, la porta fu aperta nuovamente da Eolo che, sfregandosi il naso, si rivolse a qualcuno fuori dal loro campo visivo: «Mi scusi. E aspetti qui qualche minuto, devo parlare con gli altri». Entrò in casa tranquillamente e, dopo aver accostato la porta, si sedette sulla sua sedia.
Gli altri lo fissarono in silenzio per un paio di minuti, poi Brontolo sbuffò: «E allora?»
«Ecco, qui fuori c’è una nana davvero molto carina. Brunilde, se non sbaglio. Ha detto che cerca Cucciolo» si riscosse l’interpellato, guardando, come tutti gli altri, il più piccolo della combriccola.
Non poté trattenersi dall’arrossire, ammettendo così di conoscere la nana di cui si stava parlando.
«E’ per questo che sei sempre così distratto?» chiese Gongolo, facendolo annuire leggermente. «Beh, in questo caso, ti dobbiamo dire una cosa…»
Mentre Dotto prendeva un respiro profondo, Cucciolo spalancò gli occhi, intuendo dove volevano andare a parare; cominciò a scuotere la testa.
«Devi sapere» cominciò Dotto. «Che quando un nano e una nana si vogliono molto bene, succede una cosa davvero speciale…»
Scuoteva la testa sempre più velocemente, mentre la sua pelle prendeva rapidamente una colorazione molto rossa; perché gli stavano facendo quel discorso? Che vergogna! Si tappò le orecchie, ma riuscì distintamente a sentire le parole di Dotto: «Su, Cucciolo, non fare il pambino, ma che dico, il bambino! Sei cresciuto!»
Il giovane nano, però, ormai incredibilmente teso, si alzò in piedi, riuscendo ad arrivare miracolosamente alla porta senza creare pasticci, e uscì di corsa, allontanandosi di qualche metro.
«Cucciolo?» una voce dolce lo richiamò, facendogli togliere le mani dalle orecchie e facendolo fermare di botto.
Era lei, Brunilde. Un sorriso si aprì sul suo volto, felice di rivederla. «Ciao, Cuc… Cucciolo, ma quello è il tuo pigiama?!»
Ora poteva sotterrarsi.

NdA: Dopo aver passato giorni a lambiccarmi il cervello per trovare qualcosa di adatto al tema, ho deciso di buttarmi su qualcosa di diverso rispetto a Biancaneve, con marito e figli, come l’immagine lasciava suggerire, per tentare qualcosa di diverso. D'altronde, a parte la scritta “10 anni dopo…”, non c’erano altre indicazioni.
Per questa storia mi sono ispirata a una scena di una fanficion inglese del Fandom di Harry Potter, Divergence di prone2dementia, che potete trovare a questo indirizzo: https://www.fanfiction.net/s/5220289/3/Divergence
E niente, spero vi sia piaciuta!

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Capitolo 2
*** Incontro (quasi) clandestino ***


Titolo: Incontro (quasi) clandestino
Personaggi: Ariel, Prince Eric
Pairing: Ariel/Eric
Genere: Fluff
Rating: Arancione
Note: Lime, FlashFic.
Avvertimenti: //
Contesto: Contesto generale/vago.
Introduzione: //
NdA: Non mi piace. Per nulla, ma non importa, la mando lo stesso e me ne lavo le mani!

«Cos’hai?» chiese Ariel, accarezzando dolcemente il viso del compagno silenzioso.
I due erano abbracciati stretti, seduti contro uno scoglio, da quando, due ore prima, si erano incontrati dopo diversi giorni passati ciascuno nel proprio regno: Tritone voleva che la sua ultimogenita passasse del tempo in famiglia, prima di sposarsi.
«Nulla, Ariel» mormorò Eric, seppellendo il viso nei capelli rossi di lei per poterne respirare il profumo.
«Sai che mi puoi dire qualsiasi cosa, vero?» gli sussurrò Ariel.
Lui sospirò e annuì, ma non aggiunse altro, cominciando semplicemente a lasciarle dei lievi baci lungo la curva del collo. Ariel piegò la testa all’indietro, lasciandogli maggiore spazio, mentre la sua mano, andava a raggiungere i capelli per trattenerlo contro di lei.
Le labbra di Eric cominciarono a scorrere lungo la sua mandibola vezzeggiandola con tutto l’amore che provava per lei; le sue mani raggiunsero la pancia, sfiorandola appena e provocando dolci brividi nel corpo della sirenetta.
Ariel si ritrovò a sospirare, immersa nelle sensazioni che Eric era capace di suscitarle. Poi si riscosse, ricordandosi del discorso che stavano facendo: «Non cercare di distrarmi!» esclamò, staccandosi dal fidanzato per tornare a guardarlo negli occhi. «Dimmi cosa ti turba!»
«Ariel, io…»
«Eric, confidati: sono la tua fidanzata ed è mio dovere e volere supportarti!»
Il giovane si adombrò a quelle parole, capendone la sincerità; sospirò: «Oggi ricorrono sei mesi dalla morte di mio padre…»
Ariel spalancò gli occhi: capiva come si sentiva e sapeva che nessuna parola, neanche da parte sua, avrebbe potuto essergli di conforto. Gli alzò teneramente il viso e gli sorrise tristemente, facendogli cogliere il suo supporto; poi si avvicinò per baciarlo.
Eric rispose immediatamente, stringendola possessivamente in vita e portandola a sdraiarsi sulla sabbia; le mani cominciarono a scorrere sul corpo dell’altra, vogliose di qualcosa in più, finché non raggiunsero le conchiglie che le coprivano il seno, immediatamente tolte. Il principe iniziò a massaggiarli, pizzicando i capezzoli mentre ascoltava Ariel gemere nel loro bacio; poco dopo si allontanò da lei, bisognoso d’aria, spostandosi sulla linea del collo che venne morsa e leccata fino a lasciare il segno.
Ariel, stretta a lui, muoveva la coda in preda al piacere; piano piano fece scorrere le mani lungo il corpo del futuro marito, fino ad arrivare al sedere a cui diede una pacca, facendogli alzare lo sguardo, reso cupo dal desiderio. Sorrise maliziosamente e riprese a muovere la mano, mentre lui cominciò a succhiarle un capezzolo massaggiando l’altro seno; la sirenetta, poi, raggiunse la durezza del compagno, iniziando a massaggiarla, mentre lui si spingeva nella sua mano in risposta.
Il suono improvviso del campanile, non molto distante, li fece fermare.
«Devo andare!» esclamò Ariel, sistemandosi velocemente.
«Cosa? Perché? E mi lasci così?» chiese Eric, urlando.
La rossa sorrise, imbarazzata: «Mio padre mi starà cercando…» sussurrò.
Il principe rimase in silenzio per qualche istante: «Non gli hai detto nulla, vero?» suppose poi, ridendo.
Lei scosse la testa, lasciandogli su una guancia un bacio.
«Sei impossibile!»
«È per questo che mi ami!» e si tuffò.

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Capitolo 3
*** Loneliness ***


Titolo: Loneliness
Personaggi: Il Genio
Pairing: //
Genere: Introspettivo, Triste
Rating: Verde
Note: Drabble
Avvertimenti: //
Contesto: Pre-film.
Introduzione: Una sola cosa era certa: da lì, non se ne sarebbe mai andato.
NdA: Probabilmente, l’altra drabble è meglio, ma ho deciso di pubblicare e presentare questa comunque, in quanto più introspettiva (secondo il mio errato punto divista). L'altra drabble la pubblicherò finito il contest! ^^

* * *

Accarezzò la parete, avvertendone la ruvidezza.
A volte, credeva di essere solo, poi ricordava che non sapeva cosa significasse essere solo: non aveva mai provato nulla all’infuori dell’abbraccio gelido di quelle mura. Non aveva avvertito le carezze di una madre, il calore di una donna, la fredda rabbia di un uomo… nulla, il vuoto più assoluto.
Non riusciva a sentirsi arrabbiato per la situazione, perché non sapeva contro chi arrabbiarsi. Forse era tristezza, quella che avvertiva nel cuore.
Appoggiò la testa contro la parete, chiudendo gli occhi.
Una sola cosa era certa: da lì, non se ne sarebbe mai andato.

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Capitolo 4
*** Le indagini di Cenerentola ***


Le indagini di Cenerentola
Cenerentola era stata molto contenta di sapere che presto avrebbe avuto una nuova madre e due nuove sorelle; non che volesse dimenticare la sua vera madre, quello non l’avrebbe mai fatto. Però, sentiva che mancava qualcosa nella sua giovane vita e sperava che l’arrivo di Lady Tremaine, Anastasia e Genoveffa avrebbe riempito il vuoto.
Così, al loro primo incontro, al matrimonio e nei giorni seguenti, aveva indossato l’abito migliore e si era comportata da piccola lady, sorridendo mentre giocava con le due future sorellastre, nonostante a volte cogliesse uno strano sguardo nei tre nuovi componenti della famiglia.
Ma non se ne preoccupò.
I problemi cominciarono un anno dopo, quando suo padre si ammalò e fu costretto a letto dal dottore di fiducia e dalla moglie, sinceramente preoccupata per la sua salute.
Cenerentola, Anastasia e Genoveffa aspettavano silenziose sedute sulle scale vicino alla porta, per conoscere il prima possibile cosa fosse successo; erano tutte e tre molto spaventate, perché ognuna di loro aveva già perso un genitore.
«Starà bene, vero?» chiese dopo qualche minuto alle sorelle, sperando in una risposta positiva.
«Non lo so» mormorò Genoveffa, mentre l’altra aggiungeva: «Anche nostro padre si è ammalato, prima di lasciarci».
Le lacrime si formarono immediatamente negli occhi di Cenerentola, che cercò di trattenerle in tutti i modi. «Ma lui è forte» si consolò. «Sono sicura che ce la farà!»
Rimasero in silenzio ancora un po’ e, mentre osservava di sottecchi le sorellastre stringersi tra loro per ottenere calore e conforto, si ritrovò a essere felice per loro: sperava di avere un rapporto simile, un giorno.
La porta si aprì, lasciando uscire Lady Tremaine che, vedendo le tre sedute con le lacrime agli occhi, esclamò: «Bambine! Cosa fate sedute per terra? Non comportatevi come delle poveracce!»
Immediatamente Genoveffa e Anastasia saltarono in piedi, spazzolandosi il vestito per rimuovere la polvere, mentre la povera Cenerentola si alzò più lentamente con una lacrima che scendeva lungo il viso. «Come sta mio padre?» chiese con voce tremante.
La donna sollevò un sopracciglio: «È per questo che siete qui? Non dovete temere: il dottore lo sta ancora visitando, ma sono sicura che è solo della febbre passeggera» rispose freddamente. «E ora andate, non disturbate la tranquillità di vostro padre» aggiunse, mentre scendeva le scale.
Mentre la più piccola sospirava, rasserenata da quelle parole, le altre due si scambiarono uno sguardo e si diressero rapidamente verso la loro camera, probabilmente per giocare.
Non era la prima volta che Cenerentola non era invitata, ma non se la prese: in quel momento, preferiva essere lasciata sola per poter pensare in tutta tranquillità, quindi si incamminò lentamente verso la sua stanza.
Sperava davvero che le parole della donna corrispondessero a verità, non avrebbe mai sopportato anche la perdita di suo padre.
Arrivata davanti alla porta, non poté trattenersi dal guardare indietro, giusto in tempo per vedere Lady Tremaine fermarsi davanti all’uscio chiuso con un vassoio in mano, versare qualcosa nel bicchiere ed entrare. “Cosa potrebbe mai essere?” si chiese la fanciulla, rifugiandosi in camera.
 
I giorni passarono senza notizie degne di nota.
Ormai Cenerentola trascorreva molto tempo in camera sua, pregando ardentemente che suo padre potesse rimanere con lei, che non morisse anche lui come la moglie, la sua vera madre. Era l’unica cosa che le restava, dopotutto.
Un lieve bussare alla porta la distolse dai suoi pensieri.
«Avanti» mormorò con voce flebile.
«Cenerentola» disse la nuova signora della casa. «Tuo padre è sveglio e vorrebbe vederti».
La piccola non aspettò altro: si alzò in piedi e corse verso la camera dell’uomo, felicissima per la notizia, tanto che aprì con violenza la porta, facendo spaventare il padre.
«Scusa, papà!» disse con un sorriso leggermente imbarazzato, ma lui agitò leggermente la mano, a indicare che non era successo nulla.
«Vieni qui, Cenerentola» le disse, allungando poi il braccio, e immediatamente la bambina fece quanto detto.
«Stai meglio, papà?» gli chiese, un poco in ansia.
L’altro sorrise tristemente: «Potrei stare meglio» le confidò. «Ma non preoccuparti, sono sicuro che si risolverà tutto. E ora, perché non mi dici come sono state queste ultime giornate?» le domandò, cercando di distoglierla da quei pensieri.
La piccola rimase con lui per oltre due ore, chiacchierando allegramente e facendo crescere in sé la speranza che l’unico uomo della sua vita sarebbe guarito presto. Poi, Lady Tremaine venne a chiamarla, ricordandole che il padre doveva riposare e dicendole che era pronto il pranzo.
Un po’ controvoglia, Cenerentola salutò l’uomo, che la congedò con delle strane parole: «Mi raccomando, piccola mia, fa attenzione. E ricorda: non tutto è come sembra».
Ma la bambina non ci pensò più.
 
Una settimana dopo l’uomo morì, lasciando dietro di sé una bimba inconsolabile, due figliastre singhiozzanti e una moglie piangente. Tutta la casa era in lutto.
Cenerentola si era chiusa in camera sua da un paio di giorni e non pensava nemmeno un po’ ad uscirne: il suo dolore non la faceva dormire bene e, da sveglia, non poteva fare altro che fissare il vuoto, mentre delle lacrime silenziose le scorrevano sul viso.
«Ma ne sei sicuro?»
«Certo! Ce n’era un sacco pieno!»
«Era solo una medicina…»
«No, ti dico! Altrimenti, perché assicurarsi che non ci fosse intorno nessuno?»
«Quella che stai dicendo è un’accusa grave, se qualcuno ti sentisse…»
«Ma chi vuoi che mi senta? Sono tutte rinchiuse in camera loro!»
«Povera Cenerentola!»
«Eh, già, povera bambina… da sola con una matrigna e due sorellastre! Sarà molto dura per lei!»
Quel dialogo risvegliò la piccola orfana dal suo torpore; aveva riconosciuto le voci, appartenevano al giardiniere e alla cuoca, ma non aveva capito di cosa stessero parlando. La curiosità, nonostante il suo attuale stato d’animo, si fece sentire, così corse alla porta, spalancandola e sorprendendo i due servitori: «Cosa state dicendo?»
I due si scambiarono uno sguardo, poi la donna le sorrise comprensiva: «Nulla, signorina, tornate in camera vostra a riposare!» cercò di blandirla.
Alla bambina vennero le lacrime agli occhi: «Perché volete tenermelo nascosto? Si tratta di mio padre, vero? C’entrano le sue medicine!» esclamò, picchiando un piede; era la prima volta che si comportava in un modo simile, ma voleva delle risposte, proprio perché esse riguardavano suo padre e la sua morte.
«Vedete, signorina…» cominciò il giardiniere, zittito da una gomitata della donna. «No, deve sapere!» le soffiò lui, arrabbiato, prima di rivolgersi di nuovo a Cenerentola: «Ho visto un sacco pieno di boccette sospette, signorina, e so per certo che è stato riempito dalla vostra matrigna! L’ho colta sul fatto io stesso, mentre lei si guardava attorno circospetta per assicurarsi che non ci fosse nessuno! Penso… ecco, signorina, io penso proprio che fosse veleno!»
La piccola trattenne il fiato, sgomenta, poi si ricordò di quando aveva visto Lady Tremaine versare qualcosa nel bicchiere del marito, prima di entrare nella stanza di    quest’ultimo. «L’ho vista! Versò qualcosa nel boccale di mio padre prima di entrare nella sua stanza!»
Il giardiniere annuì: «Dovete scoprire la verità, signorina!»
Cenerentola annuì, correndo verso la cucina e recuperando una delle boccette. “È una fortuna che nessuno le abbia ancora buttate!” si ritrovò a pensare, mentre tornava in camera sua.
«Cenerentola!» la voce della matrigna la fece immobilizzare.
La bambina, di solito incline a fidarsi degli altri, nascose dietro la schiena la refurtiva, sicura che se la donna l’avesse vista gliel’avrebbe presa per buttarla. «Sì, madame?»
«Vai a cambiarti: tra poco c’è la cena e sarà la tua ultima occasione di salutare tuo zio prima della partenza per il Nuovo Mondo» le ricordò la donna con voce severa.
L’orfanella annuì, avviandosi nuovamente verso la camera.
 
Quella sera, dopo cena, Cenerentola si ritrovò da sola con lo zio, che all’alba del giorno dopo avrebbe abbandonato la casa per un viaggio che sarebbe durato minimo sei anni.
«Zio, posso farvi alcune domande?» chiese la bambina, utilizzando tutto il suo coraggio per porgli quella questione e per portare avanti la conversazione.
«Ma certo, Cene, dimmi pure» la incoraggiò l’uomo.
Nonostante il loro rapporto non fosse dei più stretti, la piccola sapeva di potersi fidare. «Volevo sapere… se secondo voi mio padre era felice con Lady Tremaine. Si amavano, prima di sposarsi?» gli chiese a bassa voce, quasi per non farsi sentire.
«Che domanda inusuale… comunque, sì, cara, penso che tuo padre fosse felice; certo, non come quanto lo era con tua madre, ma lo era, e questo deve bastarci! Lui voleva bene alla sua seconda moglie, mentre lei… beh» titubò sulle ultime parole, mentre l’orfanella lo guardava con aspettativa. «Non sono sicura che lei lo amasse. A volte, aveva uno strano sguardo, anche nel pieno del corteggiamento, come se si interessasse di più a cosa lui avesse piuttosto che a chi lui fosse!» sospirò tristemente l’uomo.
Cenerentola abbassò gli occhi, pensierosa: quelle parole le dicevano poco di più di quanto già sapeva, non le bastava per capire cosa fosse accaduto. Fu distolta dalle sue riflessioni dallo zio, che le chiese il motivo di quelle domande; lei scosse la testa: «Nulla, zio, solo curiosità!» gli rispose scrollando le spalle. «Grazie mille, e buon viaggio!» lo salutò, dandogli un bacio sulla guancia, poi uscì diretta in camera sua.
Il giorno dopo si sarebbe diretta in paese, per parlare con il dottore.
 
Mentre si dirigeva all’uscita posteriore, il giorno successivo, Cenerentola colse una conversazione che occupò i suoi pensieri per tutta la strada fino al villaggio.
«Siete contenta, Lady?»
«Naturalmente! Ora non mi resta altro da fare che occuparmi di sua figlia».
«Cosa ne farete?»
«La farò lavorare; ci sarà molto utile, in quello!»
In quel momento, la bambina uscì di casa, cercando di allontanarsi il più velocemente possibile, mentre il suo animo era tormentato da quelle parole.
Quando arrivò all’abitazione del medico di famiglia, all’insaputa di chiunque, sorprese l’uomo nel suo studio mentre firmava alcune carte.
«Signorina Cenerentola, che piacere! Cosa posso fare per voi?»
«Vorrei sapere che medicine avete prescritto a mio padre, signore».
L’uomo alzò un sopracciglio, incuriosito, ma rispose: «Una pastiglia per abbassare la febbre, da prendere a metà mattina e a metà pomeriggio; uno sciroppo da diluire in acqua, durante i pasti, per ripristinare le protezioni del corpo; e una crema da spalmare sul viso, sotto le ascelle, sotto le ginocchia e sotto i piedi per mantenere stabile la temperatura».
Sapere che quello che aveva visto potevano essere le boccette dello sciroppo la tramortì: che suo padre fosse morto di morte naturale? Ma non si perse d’animo: tirò fuori quella che aveva rubato dal sacco e, quando il dottore non diede segno di averla riconosciuta, gliela porse: «Riuscireste a capire cosa conteneva?»
«Tornate tra un mese: saprò darvi la risposta che cercate, signorina».
Dopo veloci convenevoli, Cenerentola lasciò il villaggio; quando arrivò alla villa, trovò Lady Tremaine ad aspettarla e a guardarla con sospetto: «Eccoti qui, Cenerentola! Dov’eri? Ah, non importa! Sbrigati, va’ in cucina: aiuta la cuoca a preparare il pranzo! Poi dovrai fare il bucato!» e con quelle aspre parole la lasciò, attonita.
La piccola non poté fare nulla per cambiare la situazione e ogni giorno si svegliava all’alba, nella stanza più povera della casa e con l’unica compagnia di Tobia, dei suoi amici topini e degli uccellini, per poi dirigersi ai piani inferiori a svolgere quelle che, dalla morte del padre, erano diventate le sue faccende.
Gli anni passarono e a Cenerentola non fu mai permesso recarsi da sola al villaggio, poiché la matrigna era sospettosa e voleva tenerla sotto stretto controllo, così non ebbe mai la possibilità di scoprire la verità.
 
Quel giorno, Cenerentola entrò nel salone e si immobilizzò quando vide chi aveva davanti.
«Dottore!» esclamò, piacevolmente sorpresa.
«Maestà» la salutò l’uomo, inchinandosi. «Sono venuto per darvi un responso atteso tanto tempo fa».
La principessa sapeva di cosa si trattava, l’aveva capito non appena l’aveva visto; però, scosse la testa. «È trascorso molto tempo, dottore, lasciamo il passato dove sta».
«Ne siete sicura, Maestà?»
«Sì, dottore. Se è tutto, vi auguro buona giornata» lo accomiatò, uscendo.
L’uomo si avvicinò al camino, bruciandovi della carta, poi se ne andò anche lui.
 
The End

Malika's Room
Ecco qui il giallo su Cenerentola.
Sì, sì, lo so, non  è esattamente completo, ma non sarebbe il primo giallo a non esserlo giusto? Solo per fare un paio di esempi, anche Dieci piccoli indiani e Quel pasticciaccio brutto di via Merulana non lo sono, quindi a ognuno è lasciata la possibilità di immaginare il proprio finale; non vi dirò il mio, naturalmente, anche se gli indizi ci sono. Non so se sono abbastanza, ma ci sono...

Ah, lo zio è alquanto inaspettato, lo so, ma mi serviva un personaggio parente del padre di Cenerentola e ho immaginato che uno zio in partenza per il Nuovo Mondo avrebbe potuto fare al caso mio. Se ve lo state chiedendo, comunque, è morto in mare due anni e mezzo dopo, per questo non è mai tornato per occuparsi della nipote.
Ed è tutto! Un grazie alla giudiciA e alle altre partecipanti del contest, come sempre!

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