Kira

di Alex Wolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


KIRA.
 
 

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Il sole sorgeva alto sul villaggio di Carvahall, un anonimo insieme di case fatte di pietra dal tetto di legno  paglia che si trovava nella Valle Palancar. Il nostro era l’unico villaggio nelle vicinanze oltre quello di Therinsford. Entrambi erano aggirati da montagne, come la Grande Dorsale, e altre terra che qualcuno definiva meravigliose. Ma in pochi ci si avventuravano e non facevano sempre ritorno, quasi mai.

L’aria fresca era inquinata dall’odore della carne cruda che proveniva dal negozio di Sloan. Passandoci vicino mi saliva sempre in gola un conato di vomito che rigettavo indietro, ogni volta.

« Tuo padre dovrebbe decidersi a dare una bella, bellissima, ripulita a quel coso che chiama negozio.» avevo pensato di dire tante volte a Katrina ma mi ero sempre astenuta.

Non volevo rovinare l’ amicizia che avevo instaurato con lei negli anni. Avevo persino paura che magari litigandoci avrebbe chiesto al padre di avvelenare quella poca carne che compravo.  Anche se ammetto che a volte mi passava per la mente che lei sapesse ciò che pensavo. Bhe, se lo sapeva non l’aveva mai dato a vedere.

« Buon giorno Horst» canzonai, entrando nella fucina del fabbro.

L’uomo smise di battere il metallo e alzò lo sguardo scuro su di me sorridendo. Dalla scollatura della camicia che portava sotto il grembiule di cuoio graffiato s’intravedeva una foresta di peli neri, come i capelli.

«Kira.» Si asciugò la fronte sudata con un pezzo di stoffa «Come mai da queste parti? »

Mi toccai la treccia color cioccolato che mi poggiava sul collo e alzai le spalle imbarazzata.

«Baldor mi aveva chiesto di passare» ammisi diventando improvvisamente dello stesso colore del fuoco che bruciava nel forno.

« Ah capisco.» Mi fece l’occhiolino divertito e gettò la testa nella direzione alle sue spalle. « I miei ragazzi sono li.»

Alle sue spalle sentivo sferragliare vivacemente. Evidentemente Albriech e Baldor si stavano divertendo a fare qualche gara, oppure lavoravano e basta.

« Grazie mille.» Feci un passo nella sua direzione quando una voce candida mi fece bloccare sul posto.

«Mi dispiace dover disturbare, Horst» mormorò flebilmente Katrina «Ma avrei bisogno di un aiuto. Mio padre e Eragon stanno discutendo e non so come io potrei intervenire così…»

«Ci penso io.»

Il fabbro gettò da una parte gli utensili e ci sorpassò entrambe. Io e l’altra ragazza ci scambiammo uno sguardo indagatore e corremmo dietro all’uomo.

Baldor avrebbe capito… oppure peggio per lui.

Con la sua statura e le sue spalle larghe Horst non aveva problemi a farsi spazio fra la gente, che si faceva da parte e lo salutava benevola quando lo vedeva.

Mentre io e Katrina, probabilmente, venivano prese come cagnolini da compagnia curiosi.

Arrivati davanti al negozio del padre di quest’ultima Horst prese un respiro profondo e spalancò d’impeto la porta.

«Non vuole…» gracchiò Sloan ma il fabbro tuonò più forte di lui.

«Taci.» Horst fece schioccare le nocche.

Me ne rimasi leggermente in disparte lasciando che gli uomini discutessero tra loro. A me bastava guardare Eragon perché tutto si facesse improvvisamente più leggero, meno opprimente.

«Questa è la mia bottega e faccio quello che mi pare» ululò il macellaio risvegliandomi dalla sfilza di pensieri che aveva iniziato a vorticare nella mia mente.

In quel momento Katrina si fece avanti, gettando i capelli castani dietro le spalle, consigliando al padre di accettare ciò che il cacciatore gli offriva.

Sloan gli rispose in malo modo e la cacciò via.

«Vecchio acido» sibilai seguendo la ragazza. Lui mi maledisse in modo poco garbato.

Nella sera buia e fredda – quanto tempo avevo passato con Horst e Katrina? – illuminata dalle torce accese che emanavano una luce flebile e allungavano le ombre sui muri delle case, persi di vista la sagoma della giovane.

Mi fermai nel mezzo della strada, non la chiamai neanche sapendo che tanto mi avrebbe mandato al diavolo, per quanto questo si addicesse poco a una ragazza.

«E… sono di nuovo sola.» Schioccai la lingua lanciando in alto lo sguardo.

La luna se ne stava li, in cielo, ferma dove sempre a contemplare le sciocchezze di noi comuni mortali. E le stelle erano ben felici di farle da testimone visto come brillavano. Quanto avrei voluto toccarla. Mi era sempre piaciuta l’idea di poter riuscire a volare in alto, per potermi beffare a mia volta delle misere vite umane. Ma lo sapevo, la fantasia di una ragazza è solo fantasia.

«Kira?» borbottò un uomo comparendo dal nulla.

Trattenni un urlo di spavento ma sobbalzai appena.



Il fuoco danzava sulla sua pelle che accennava ormai alla vecchiaia. Gli occhi neri si mossero sulla mia figura esaminandola dopo di che rilassò le spalle.

« Zio Brom.» Lasciai uscire l’aria dai polmoni. «Cosa ci fai in giro a quest’ora di notte?» mi avvicinai a lui poggiando la mia mano sul suo braccio. La stoffa liscia dei suoi vestiti da uomo mi rinfrescò il palmo.

«Mi stavo preoccupando per te, Kira.» I suoi occhi si fissarono nei miei senza lasciarli, come la rete che imprigiona un pesce. «Era tardi e non tornavi. Si può sapere cosa ha fatto Baldor per trattenerti tanto? »

«Nulla zio, non l’ho neanche visto» ammisi mentre ci incamminavamo verso casa. «A dire la verità mi sono soffermata a fissare la rissa sventata da Horst fra Sloan e Eragon.»

«Kira» la sua voce divenne severa. «Non è bene per una ragazza immischiarsi in certi affari, specialmente se c’è quel rintronato di Sloan in mezzo. Magari potrebbe partigli quell’unica rotella che gli è rimasta e accoltellare qualcuno» borbottò, rallentando leggermente l’andatura per permettermi di raggiungerlo.

«Sciocchezze» ribattei io con un gesto della mano tenendomi con l’altra l’orlo del vestito. La gonna era troppo lunga e io troppo impacciata per portarla come si deve. «E poi, lui dice la stessa cosa di te.» E continuai a camminare avanti alla sua figura.

Lo sentii sospirare e ricominciare a seguirmi.

«Tale e quale a tua madre» affermò.

«Anche a lei da giovane piacevano le risse?» chiesi non curante mentre armeggiavo con la porta di casa.

«Anche lei da giovane era cocciuta» borbottò lo zio tirandomi uno scappellotto sul collo. « Non ascoltava quando le si diceva qualcosa e non era in gradi di aprire una porta senza distruggerla» concluse indicando uno dei sostegni che teneva in piedi l’uscio.bEra leggermente piegato nella mia direzione e sembrava gridarmi «Colpa tua, colpa tua

«La cosa dovrebbe rallegrarti, no?» ironizzai dopo che lui aprì la porta e mi fece entrare in casa. «Almeno hai un ricordo di lei ancora in vita. Non il migliore ma è già qualcosa, non trovi?» sussurrai, ma lui non rispose.

Quando il silenzio divenne insistente decisi di voltarmi per affrontare di petto la questione ma Brom era scomparso.

Espirai. Faceva sempre così.

Quando si parlava di sua sorella – ovvero mia madre, Lexie – lui scompariva come il caldo in inverno.

Ci ero abituata.

Mia madre era morta l’anno prima a causa di una malattia che l’aveva fatta delirare.

In preda alla febbre farneticava su Cavalieri che possedevano magnifici animali quali erano i draghi. Diceva che il suo fedele compagno di battaglia Tristan, un enorme drago dalle squame verdi e gli occhi grigi, era perito nella battaglia dei Cavalieri dei Draghi e che lei portava ancora il simbolo che stava a significare la loro unione il  “gedwëy ignasia” o una roba simile.

Povera mamma.

Odiavo vederla in quello stato e quando alla fine la malattia me l’aveva portata via mi ero sentita fino sollevata dal sapere che finalmente poteva riposare, come diceva lei, assieme al suo adorato Tristan. In quanto a mio padre, dopo la morte della mamma si era impiccato a causa dei debiti… più che altro l’avevano impiccato.

Era stato un duro colpo per me, ma sapevo sarebbe successo.

Faceva fatica a saldare i conti anche quando c’era la mamma ad aiutarlo, figuriamoci se ce la poteva fare da solo. Avevo provato con tutte le mie forze a cercare di arrotondare quel poco che guadagnavo e darglielo, ma il destino aveva deciso che la sua ora era giunta. Ed era giunta nel fienile.

Fatto stava a significare che lo zio Brom era l’unico familiare che mi restava.

«SEI UN IMMATURO!» gridai nella direzione del suo letto. «Immaturo e antipatico» specificai poco dopo.

Mi avvicinai alle fiamme che danzavano nel camino e mi sedetti a terra poggiando le braccia su una sedia li accanto.

Il silenzio che regnava nella nostra abitazione mi metteva i brividi.

«Zio…» mormorai.

«Cosa c’è?» grugnì lui.

Sicuramente stava dormendo e io l’avevo disturbato.

«La mamma parlava sempre di questo gedwëy ignasia.» i miei occhi scuri continuarono a fissare il rosso delle fiamme anche mentre nella mia mente si faceva strada l’immagine degli occhi castani di mia madre mentre si chiudevano. « Diceva che era il legame tra Cavaliere e Drago… » aspettai che dicesse qualcosa ma non lo fece così continuai. «Tu.. Secondo te è vero? Si, insomma questa cosa dei draghi e dei cavalieri dei draghi

«Certo che è vero, Kira.» disse deciso lui, stupendomi. «Ma sono storie vecchie che risalgono ai tempi in cui il Galbatorix prese il comando del regno uccidendo chiunque si mettesse sulla sua strada... e questo comprendeva anche i suoi alleati, i cavalieri come lui.»

Le mie orecchie ascoltavano estasiate quelle parole che fluivano dalla sua bocca come l’acqua sgorga da una sorgente. Erano, in un certo senso, ipnotizzanti.

«I tempi dei draghi e dei loro cavalieri sono lontani, dici, ma non è possibile che…» lo zio mi bloccò con un cenno esausto della mano.

«Dormi Kira, si è già fatto molto tardi e domani sarà una giornata impegnativa.» concluse rigettandosi sul letto.

«Ma zio.» protestai. «Io voglio sapere.»

«Dormi. Kira.» ordinò e non proferì più altra parola.

M’imbronciai ma non ribattei più.

Quando Borm diceva basta era basta, lo sapevo.

Con un sospiro teatrale, che feci sperando che mi sentisse, girai le testa in direzione della piccola finestra che si affacciava sull’esterno e feci vagare lo sguardo sul cielo.

Le stelle sembravano perle di una collana che è cascata a terra e ha riversato il suo splendore ovunque. E la luna, come l’occhio solitario del mondo che si ergeva sopra le nostre teste era la perla più bella di tutte.

M’immaginai ancora una volta di poter toccare le nuvole, e prendere tra le mani una di quelle perle lucenti prima di chiudere gli occhi e crollare.




 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


KIRA.
 
 

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Il vento negli ultimi giorni si era fatto più freddo e insistente sulla valle. Dalle montagne accingevano ad arrivare i primi sospiri d’aria fredda.
 
«Raccogli la legna Kira, se tutto è come previsto la neve sarà abbondante» continuava a dirmi lo zio.
 
«E’ già» rispondevo io, in un automatico tono annoiato.
 
Pochi giorni dopo le raffiche di vento si erano infittite e la neve che trasportavano gli conferiva un colore bianco grigiastro. Sembrava di stare in uno strano dipinto confusionario in cui l’unica cosa certa era la casa dentro la quale vivevamo.
 Lo zio, dopo la sera in cui avevamo discusso sui Cavalieri dei Draghi, aveva deciso di non tirare più  in ballo l’argomento e di lasciare che la barba crescesse bianca e incolta.
 
«Gli erranti non verranno più?» domandai, gettando altra legna nel focolare.
Gli erranti erano un gruppo di commercianti che ritornava al villaggio ogni inverno, ma con il brutto tempo in continuo mutamento non si sarebbero avvicinati. Nemmeno io l’avrei mai fatto.
La corteccia sfrigolò fra le fiamme aggraziate e vive, portandomi ad avvicinarmi; il fuoco mi era sempre piaciuto, i suoi colori e quel calore rassicurante erano stati fin dalla mia infanzia un richiamo sommesso nella mia anima.
Le ombre danzanti si riversarono sui muri infondendo un senso di pace e tranquillità. Mi crogiolai per qualche minuto ancora nel loro tepore aspettando una risposta, ma quando questa non arrivò mi voltai.
Il viso dello zio sembrava essere invecchiato di quasi cinque anni, oppure ero io che non avevo mai fatto molto caso alle sue rughe, ora marcate.
Lui mi guardò silenzioso mentre nei suoi occhi le fiamme si riflettevano come fossero state un anima viva. Si contorcevano oppresse da un rimorso, un peso che non mi avrebbe mai rivelato.
«Certo che verranno, Kira.»

«E tu racconterai le storie dei Cavalieri dei Draghi?» Una parte di me sperava in una risposta positiva, l’altra parte si era già arresa. Molto probabilmente Brom avrebbe scosso il capo e avrebbe detto «No» con un tono che non ammetteva repliche.
«Non lo so. Probabilmente si» ammise con la voce distorta da uno sbadiglio. Sbattei le palpebre sorpresa.
«Davvero?» sorrisi, battendo le mani come una bambina. «Non vedo l’ora, zio.» Lo abbracciai stretto, avvolta da un impeto d’infanzia repressa.

Lui ricambiò leggermente la presa, forse sorridendo, e dopo poco mi allontanò facendomi sedere sul pavimento davanti al camino come quando ero piccola.

Incrociai le gambe e poggiai il mento sul palmo di una mano contemplando l’unica famiglia che mi rimaneva. Un po’ burbera. Un po’ speciale. Non avevamo molto ma ero dell’idea che ci fosse chi avesse molto meno di noi pur possedendo di più.

«Raccontami di Tristan e della Mamma.» Schioccai le nocche della mano libera ricevendo una sgridata. Perché una giovane donna non doveva fare quelle cose siccome risultavano volgari e blablabla.

«Ti racconterò dei draghi la sera in cui gli erranti saranno arrivati e io tornerò a fare il cantastorie» puntualizzò.

«Ma tu fai sempre il cantastorie» brontolai. «E’ il tuo lavoro ma a me non ne racconti mai.»

Brom alzò gli occhi al cielo e sbadigliò. «Non te ne racconto perché ho promesso a tua madre di non farlo.»

«Ultimamente, però,  mi stai rivelando tutto. E comunque, se non me le racconterai tu potrò sempre chiedere a qualcuno in città. Loro ti ascoltano sempre –bene o male- e ormai conoscono le tue vecchie storie a memoria.» Incrociai le braccia al petto assottigliando lo sguardo.

«Si, è vero. Ma nessuno conosce i draghi come me.» Ritrasse le labbra in una linea sottile e poi le lasciò andare. Fecero un suono sordo e breve.

«Zio, ti prego» mormorai. Non riuscivo a comprendere l’avversione che provava dentro di se, quel sentimento che lo spingeva ad allontanarsi dal mondo che nascondeva tra le costole, nel cuore.

«Kira.» I suoi occhi erano severi. Sembrava turbato, in un certo senso, dalla mia cocciutaggine.

«Ok, allora se non vuoi raccontarmi dei Cavalieri raccontami solo di Tristan. La mamma ha accennato a lui durante la malattia.»

«Come sei ostinata » borbottò, sistemandosi sulla sedia.

«Con questo intendi che mi racconterai del Drago?»

Bevve un sorso dal suo boccale e si pulì la barba con la manica. Gli occhi scuri vennero coperti da un’ombra. «Si chiamava Tristan, ma questo lo sai già» cominciò a narrare, dopo aver preso un bel respiro. «Il suo uovo si schiuse fra le mani di tua madre e il piccolo essere le salì sulla spalla come un uccello. A quel tempo non era più grande che di un piccolo gatto, ma nel giro di pochi mesi crebbe fino a raggiungere un altezza improponibile. Ma sono andato troppo veloce, scusa.
Nel giro dei primi mesi Lexie instaurò un rapporto profondo con il cucciolo fino a che questo non le donò il gedwëy ignasia, ovvero il simbolo concreto che significava la loro unione. »

Le sue parole sembravano volteggiare serene nell’aria attorno a noi colorandola. Mi gettò un occhiata curiosa per vedere se l’ascoltassi e quando se ne fu accertato continuò.

«Andando avanti col tempo tua madre imparò a parlare con quell’essere tramite il pensiero e da allora non smisero un attimo di conversare; ricordo che a tavola sembrava sempre assente a causa dei loro discorsi. Dopo poco tempo Lexie decise che era arrivato il momento di scegliere un nome al dragone e, che tu ci creda o no, ci pensò tutta lo notte, finché insieme scelsero Tristan. » sbadigliò.
« Tristan crebbe e raggiunse dimensioni enormi. Aveva le squame dello stesso colore delle foglie più verdi in primavera e gli occhi grigi come i ghiacciai dei monti più alti. Tua madre diceva sempre che la sua voce era dolce e gentile.»  Si sporse leggermente verso di me. «Ma i suoi ruggiti e il modo in cui sputava fuoco lasciavano questo commento a desiderare.»  Tornò allo schienale della sua sedia e si rabbuiò. «Venne scelta e portata fra i ranghi dei cavalieri e quando la guerra contro Galbatorix scoppiò lei e Tristan lottarono duramente finché il drago non cadde a terra morto. Nella sua mente, diceva Lexie, continuava a sentire la sofferenza e le grida del povero animale.» 

«Ma com’è possibile che sia vissuta tanto a lungo?» 

«I draghi sono esseri magici, Kira, e stando al loro fianco i cavalieri avevano scoperto di poter vivere più a lungo e poter usare la magia» mi spiegò pazientemente. 

«Da come lo dici sembra che tu ci sia passato»  sorrisi.

«No, io non ci sono mai passato»  mormorò con voce assorta. Nei suoi occhi nacque una foschia che andò ad oscurare le ombre.

 
 
 
«Zio stasera io mangerò da Horst, va bene per te?» 

Brom alzò lo sguardo dal vecchio tomo che stava leggendo e mi esaminò da capo a piedi. «Te l’ha chiesto Baldor?» Imbarazzata annuii.

«Allora va, ci vediamo stasera. Sarò con i trovatori a narrare la storia che tanto attendi. » Ammiccò, sistemando malamente un libro sul tavolino. Annuii incoraggiata da quelle parole.


Era bello pensare che lo zio provasse a farmi felice raccontando in pubblica piazza quello che avrei voluto sentire. Brom era conosciuto come il cantastorie di Carvahall ma, a quanto mi diceva lui, quello che stasera avrebbe raccontato era una cosa speciale, in un certo senso. Infilandomi la mantella lo salutai sorridente e uscii in strada.
La neve era stata ammassata ai lati del cammino, ormai era un insieme di acqua e fango e aveva un brutto colore grigiastro. Gli erranti erano arrivati e le loro bancarelle erano gremite di persone.

«Kira.» Mi voltai e una folata di vento improvvisa entrò dal cappuccio e si diffuse in tutto il mio corpo, strisciando sottopelle.

«Ciao Roran»  sorrisi nel riconoscerlo.
Roran, il cugino di Eragon, era sempre stato un ragazzo alto e muscoloso ma non avendolo visto molto spesso negli ultimi mesi trovavo qualche dettaglio nuovo nella sua figura. «Quanto sei diventato… grosso» constatai. Lui sorrise annuendo con il capo.


Accanto al ragazzo c’era Katrina. I capelli castani legati in una lunga treccia le scendevano morbidi quasi fino a metà schiena.

«Ciao Katrina» salutai educatamente. Lei fece lo stesso e lasciò che fosse Roran a parlare.

«Baldor ha invitato anche te a cena?» 

«Si»  annuii, abbassando lo sguardo. Il vestito azzurro che indossavo sembrava essere diventato la cosa più interessante al momento. «A essere onesti, ha insistito molto anche Horst»  ammisi.

Roran annuì, gettando pigramente la testa verso sinistra. I soffi d’aria facevano dondolare i suoi capelli in mille modi diversi. «Capisco. Bhe, allora ci vediamo la» gioì.

«Oh, va bene.»  Tornai a guardarlo negli occhi. «Ci sarà anche tuo padre?» 

Annuì, improvvisamente più distratto di prima. «Si, e anche Eragon.» 

«Sarò felice di rivederli. E’ tanto che Garrow non si fa vivo.» 

«Già.»  Roran si accarezzò la nuca guardando verso l’alto. «Allora a dopo»  si congedò , seguito poi da Katrina.

 
La porta della casa di Horst si aprì di fronte a me. Il fabbro sorrise amichevole lasciandomi entrare e io lo ringrazia dell’ospitalità. Dentro l’abitacolo c’era caldo, un caldo benevolo che spazzò via dalle mie ossa tutto l’umido che vi era entrato prima. Appena uscita di casa non mi ero gettata sulla strada principale per arrivare da Horst, bensì mi ero fermata a più bancarelle degli erranti. La mia curiosità mi aveva trascinata fra le vie che ben conoscevo più a lungo del previsto.

«Basta qualche mese di lontananza e guardati», mi attirò una voce familiare, «sei diventata ancora più bella.»  Il padre di Roran mi strinse in un abbraccio, continuando a ripetere complimenti che mai prima di allora gli avevo sentito pronunciare.
Garrow era stato un buon amico di mia madre prima che lei morisse e, di conseguenza, io ero cresciuta giocando con il figlio e il nipote dell’uomo. Crescendo le nostre strade avevano preso sentieri diversi:  io ero rimasta a Carvahall mentre  i due ragazzi in quella casa lontana dal paese.
«E’ bello rivederti, bambina.» L’uomo si allontanò un poco per scrutarmi meglio. «Se solo Lexie fosse quì» sospirò improvvisamente nostalgico «sarebbe fiera di te.» Spostai lo sguardo e unii le mani al ventre, annuendo. Quella piccola affermazione mi aveva resa triste e stranamente fiera al tempo stesso.
Garrow si allontanò da me poco dopo, impegnandosi ad aiutare Horst in qualsiasi cosa. Rimasi seduta accanto al focolare per poco tempo, giusto gli istanti di osservare cosa mi succedeva attorno. Il tempo esatto per imprimere a fuoco nella mente la figura alta che si stava avvicinando con passo deciso.

«Ciao Kira»  sorrise Eragon, una volta fermatosi a pochi passi da me.

«Eragon.»  Fui lenta ad alzarmi; ma lo feci più per la paura d’inciampare nell’orlo dell’abito che l’imbarazzo di mostrarmi euforica della sua presenza. Una volta che gli fui davanti, mi strinse in un abbraccio da togliere il respiro.

Ricambiai il gesto felice di quella stretta e del calore che il suo corpo emanava, gustandomi il profumo che gli inzuppava i vestiti. Restammo così poco tempo, l’istante di un battito di ciglia, ma a me bastò per sentirmi stranamente in pace con me stessa. Dopo di che ci sedemmo a tavola.

La cena fu gustosa e ricca di risate e al momento di sparecchiare mi offrii di aiutare, la moglie di Horst  rifiutò categoricamente di farmi alzare da tavola.

«E’ tanto che non ci vediamo. Raccontami di quello che hai fatto»  sbiascicò Eragon, mentre gettava fra le mascelle un pezzettino di pane.

Eravamo seduti in fondo alla tavolata e lui mi stava affianco sorridente. I suoi occhi castani erano ricchi di vivacità e le sue labbra piegate verso l’alto formavano due fossette ai lati delle guance.

«So che tra non molto sarà il tuo compleanno, perciò… sarai più piccolo di me, eh? » ridacchiai, attaccando un nuovo argomento di dialogo. Non mi piaceva molto parlare di me stessa, perciò tendevo a sviare quasi sempre i temi principali della conversazione. Qualunque essa fosse.

«Esatto» espirò. «E io so che tu li compirai a breve, giusto?» 

«Fra qualche settimana. A dir la verità , non sarai poi così più piccolo di me» m’imbronciai.

«Oh, mi scusi, non credo di aver capito molto bene. Lei si sta, per caso, scusando con me? » scherzò, prendendomi una mano nella sua e baciandola leggermente sulle nocche. Un piccolo fremito mi salì su per la schiena.

Lasciai che fosse lui a slegare le nostre dita, io non ne avrei mai avuto il coraggio. Prendendo un ambio respiro mi alzai e corsi a infilarmi la mantella. «Bhe, è quasi ora delle storie dei trovatori, andiamo?» 

«Certo.» 

Uscimmo dalla casa salutando Horst e famiglia – Baldor non sembrava pienamente contento della serata, forse a causa del fatto che l’avevo praticamente ignorato concentrandomi su Eragon e Roran, che non avevano smesso un secondo di parlare e raccontare le cose divertenti che gli erano successe – e ci dirigemmo verso l’accampamento degli erranti.



I racconti dei trovatori erano splendidi e carichi di magia.
 Quando arrivò il turno di Brom feci un passo avanti assieme a Eragon e ascoltammo le sue parole melodiose. Narrò la storia di Galbatorix. Raccontò di come aveva tradito i suoi compagni dopo che il suo drago era morto, di come era diventato pazzo e aveva conquistato il regno.

Quando se ne fu andato e la folla dispersa, Garrow borbottò qualcosa ai due ragazzi a cui io non feci molto caso perché ancora ammaliata dal racconto dello zio. Ero riuscita a immaginare ogni scena completa, vivida e chiara nella testa. Era stato come osservarla nel momento stesso in cui si svolgeva.

Avevo notato che mentre lo zio parlava sembra  che stesse provando tutte le emozioni che aveva descritto a me la sera prima, mentre aveva raccontato la storia di Tristan e Lexie.

«Questo è stato strano»  borbottai a me stessa, sorpresa delle mie abilità d’osservatrice momentanee.
«Allora…»  Eragon si mise davanti a me e dondolò sui talloni. «Ci rivedremo presto. » 

«Mh.» Schioccai la lingua, portandolo a guardarmi con le sopracciglia alzate . «Sicuramente si, cacciatore.» 

«Ne sono felice, donna.» 

Aggrottai le sopracciglia e .i morsi il labbro inferiore per frenare l’istinto di rispondergli che io, pur essendo una donna, potevo fare benissimo quello che faceva lui con arco e frecce. Anzi non ne avrei neanche avuto bisogno visto i pericolosi mutamenti dell’umore femminile durante certi periodi.

«Cercavi forse di prendermi in giro?» sputai velenosamente fuori. 

«Ammettiamolo, Kira, si.» Si avvicinò un poco, prendendomi la mano sorridente. Poi, l’urlo di Garrow ci fece sobbalzare. «Devo andare»  borbottò. «Ciao madama.»  Mi riportò a se per un abbraccio. I suoi capelli mi solleticarono una guancia.

«A presto cacciatore.»  
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Kira
 





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« Ehy Zio Brom. »  esclamai entrando in casa. « La storia è stata fantastica.  »  sorrisi.
 
Lo zio era intento a gettare legna nel camino e mi dava le spalle.
 
Alla calda luce delle fiamme, danzanti sul suo viso, mi parve di notare lacrime.
 
Così dissi: « Zio, tutto bene?. »
 
E lui accennò un “si” col capo.
 
 « Comuque… è stata una storia davvero bella. »  ripetei.
 
« Non era una storia, Kira, era la verità. »  mi riprese con voce rigida.
 
« Non intendevo quello, Zio. Lo sai anche tu. »  ribattei poggiando le mani sui fianchi.
 
« Kira sono stanco, ed è ora che pure tu vada a dormire. »  quella frase mi sembrò più un ordine che un consiglio.
 
« Ma zio… » 
 
« Vai Kira. »  ringhiò e per un attimo ebbi paura che potesse trasformarsi  Urgali, li su due piedi.
 
« Vado, vado. »  borbottai entrando in camera mia.
 
Era una piccola stanza dalle pareti di legno resistente. Oltre al letto c’erano due mensole, dove sostavano dei libri e un piccolo pupazzo di pezza a forma di coniglio, uno specchio e una bacinella d’acqua.
 
Mi sedetti tristemente sul letto di paglia e rimasi a pensare per qualche secondo a tutto quello che potevo. L’immagine di Tristan, che non avevo mai visto, il volto di mia madre, quello di mio padre e dello zio si fermarono sotto le mie palpebre chiuse.
 
Poi si dissolsero come fumo nell’aria.
 
Gli occhi di Eragon, scuri come le tenebre ma raggianti come il sole, mi sorrisero e la sua bocca si sollevò verso l’alto.
 
Arrossii violentemente accorgendomi a cosa – o meglio a chi – stavo pensando e mi sdraiai cercando di dormire.
 
Dopo qualche ora mi svegliai leggermente scossa dal freddo che entrava dalla finestra che non avevo chiuso.
 
Strofinai gli occhi, sbadigliai e mi stiracchiai poi poggiai i piedi a terra e mi diressi verso la finestra per serrarla.
 
Doveva essere notte inoltrata perché la luna se ne stava ferma in cielo bianca come il sale e circondata da stelle.
 
« Un giorno tu, mia cara amica, mi vedrai scorrazzarti al fianco. »  borbottai sognante appoggiandomi al perimetro della finestra.
 
Il vento freddo mi scompigliò i capelli disordinati e mi accarezzò la pelle.
 
I miei occhi continuarono a scrutare il cielo rapiti.
 
Chissà cosa starà facendo Eragon ora… Sicuramente starà dormendo, pensai.  Oh Kira smettila, ora.
 
Mi imposi.
 
Intanto mi sembrò di scorgere una piccola luce provenire dalla strada. Allungai il collo curiosa e vidi una pietra, abbastanza grande e candida rotolare sul terreno sporco e fangoso.
 
Era un vero peccato che una cosa così bella si rovinasse, pensai.
 
Facendo in fretta, pensando che magari così le travi non avrebbero scricchiolato, uscii di casa lasciando l’uscio aperto. Prima di aprire scorsi Brom accoccolato su una sedia davanti al fuoco, con in grembo un tomo e la bocca socchiusa con della bava che colava sulla copertina rigida del libro.
 
L’aria mi sferzò il viso, il fango m’imbratto i piedi e l’orlo del vestito ma la mia mente correva al sasso ovale che  stava rotolando in strada.
 
Quando il mio sguardo lo scorse, ancora intento a rotolare, accelerai il passo e lo presi fra le braccia sporcandomi le maniche e il ventre.
 
Era abbastanza pesate, ma non così tanto da non poterlo sopportare. La superfice era liscia ed aveva  il colore delle perle spezzato da un intenso ventricolo di fili più chiari che lo attraversavano.
 
Lo guardai ancora accertandomi che non fosse rotto o rovinato e poi tornai verso casa dove una volta arrivata in camera lo lavai nell’acqua fredda della bacinella e lo riposi sul piccolo comodino accanto a quest’ ultima, leggermente nascosto.
 
Gettai il vestito sporco nella cesta che avrei poi portato al fiume per lavare la roba e mi sciacquai tutta cambiandomi.
 
Feci solo qualche passo verso il letto quando un energia spaventosa mi colpì lasciandomi senza fiato. Arrancai respirando a fatica e mi aggrappai a una mensola per restare in piedi.
 
Portai la mano  libera alla gola come per riuscire a respirare meglio e trattenni la calma.
Pochi secondi e tutto era finito.
 
La porta si spalancò e Brom entrò come posseduto.
 
I capelli scompigliati, la barba incolta, gli occhi che per poco non uscivano dalle orbite.
 
« Zio, cos… cos’è stato?. »  chiesi impaurita.
 
« Nulla Kira, nulla. »  si guardò attorno sospettoso e poi aggiunse « Cos’eri andata a fare fuori, prima?. » 
 
Come diavolo facevi a saperlo? Dormivi, pensai.
 
« Nulla. »  mi morsi la lingua per la bugia.
 
Non mi piaceva mentire a Brom, era mio zio, però c’era qualcosa che mi spingeva a proteggere il sasso di perla. Qualcosa che non avrei saputo spiegare.
 
« Kira. »  disse rizzando le spalle e alzando il mento in tono imperiale.
 
« Nulla zio, nulla. »  mentii ancora ma in quel momento il sasso rotolò a terra e cominciò a sbattere con forza contro il legno delle pareti e i piedi del letto.
 
Brom mi strinse il polso nella sua mano e fece un passo indietro portandomi con lui.
 
Il sasso cominciò a venarsi pesantemente finché non si gettò sotto il letto e tutto tacque per vari secondi.
 
« O mio Dio. »  sussurrai sorpresa mentre lo zio mi teneva stretta per un braccio e ringhiava:
 
« Dove diavolo hai trovato quel… quel… quell’uovo?. » 
 
Mi voltai ancora confusa dalla sua affermazione e sbattei le palpebre.
 
La mascella di Brom era rigida e lo sguardo inchiodato sul mio letto.
 
« Un uovo?.  »  ripetei con voce stridula che andava a salire man mano che parlavo. « Era un sasso quando l’ho preso prima, almeno credevo lo fosse. »  mi giustificai staccandomi con forza dalla sua presa.
 
Quando il sangue riprese a circolare mi accorsi che le sue dita avevano lasciato aloni viola sulla mia pelle chiara. Cercai di fulminarlo con lo sguardo ma lui non mi degnò di attenzioni come invece fece con la metà del sasso che si fermò ai nostri piedi.
 
« Stai ferma li, dove sei. »  mi ordinò avanzando verso il mio letto.
 
Bollendo di rabbia – per i miei gusti quel giorno avevo già ricevuto troppi ordini – disobbedii e lo sorpassai inchinandomi e sporgendo la mano sotto il materasso.
Sfiorai il sasso, che si rivelò essere sottile some stoffa ma rigido e mi mossi ancora per riuscire a prenderlo.
 
« Kira, no. »  mi riprese Brom, come si fa con un bambino di cinque anni. « Metti la mano a posto e lascia fare a me. » 
 
« No. »  mi opposi e allungai ancora di più il braccio verso il fondo della parete.
 
Qualcosa di viscido e squamoso mi sfiorò il palmo, poi ci si premette contro mandandomi la pelle in fiamme.
 
Gridai e mi riversai sulla schiena mentre lo zio si gettava su di me, allontanandomi dal letto e tappandomi la bocca per non svegliare i pochi vicini che avevamo intorno.
 
Una lacrima mi solcò il viso, scivolando sul collo.
 
« Andrà tutto bene, Kira. »  mi tranquillizzò Brom. « Resisti al dolore, passerà. » 
 
Avrei voluto gridare che faceva male, troppo per essere sopportato, ma la sua mano non me lo permetteva. Avrei voluto contorcermi ma la sua presa attorno al mio ventre non me lo permetteva.
Così mi limitai a stringere forte la mano destra dolorante e chiudere gli occhi.
Dopo qualche minuto, che mi sembrò interminabile, il dolore sparì.
 
« Ora siamo finiti. »  borbottò lo zio lasciandomi e chinandosi sotto il materasso come avevo fatto io.
 
« Fermo c’è qualcosa li sotto!.  »  gridai gettandomi in avanti ma lui scosse il capo zittendomi.
 
Fu allora che mi guardai il punto dolorante della mano e vi scoprii una specie di ovale argenteo che brillava, come la luna.
 
« Dobbiamo nasconderlo, Kira. »  sussurrò lo zio alzandosi in piedi sempre dandomi la schiena.
 
« Nascondere cosa?. »  borbottai alzandomi dal pavimento.
 
« Il tuo drago. »  esclamò lui voltandosi con tranquillità.
 
Fra le sue braccia si agitava un esserino grande come un gatto. Aveva la pelle color perla – o meglio dire squame – il viso era a triangolo e la mascella scendeva rigida ed elegante.
Lo scrutai ancora e lui scrutò me.
 
I suoi occhi avevano il colore del ghiaccio, inquietanti ma splendidi al tempo stesso.
 
Si divincolò ancora dalla stretta di Brom e cadde a terra sulle quattro zampe.
 
Aprì le ali.
 
Erano larghe, fatte di una membrana bianca latte e le parti in cui le ossa andavano a unirsi avevano artigli chiari, affilati e leggermente ricurvi che avevano un aria alquanto… pericolosa.
 
« Il mio… drago?. »  borbottai chinandomi verso l’esserino.
 
« Esatto. »  gracchiò lo zio.
 
Il piccolo, squamoso, drago mi si avvicinò e salì sulla mia spalla, restando in equilibrio.
 
« Speravo di non doverci passare di nuovo. »  sospirò Brom accarezzandosi la barba ispida.



*  *  *
 

Ma ciau :D 
La vicenda comincia ad animarsi, eh???

Riepilogando: 


 

In questo capitolo:

Kira si accorge di pensare troppo a Eragon. 
Brom è un pò suscettibile ( non trovate anche voi ? ).
Viene trovata una pietra ovale e alquanto grande color perla venata da striature color sale.
Kira e Brom avvertono la nascita di Saphira ( Kira si sente male ).
Brom trova la pietra/uovo nella camera della nipote.
L'uovo si schiude molto presto.
Kira viene marcata con il 
 gedwëy ignasia
Per questo capitolo mi sono rifatta a quello che nel libro si chaima: Un dono del fato.


Nel prossimo capitolo
:

Le cose si fanno interessanti non trovate?

Spero di avermi almeno un pò stupiti... DITEMI DI SI T.T

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Kira
 




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« Questo è pazzesco. »  borbottò Brom corrucciato. « Pensavo di aver finito con queste cose ed ecco che devo ricominciare, fantastico. »  poi tacque per qualche secondo e infine disse. « Non bastava averne uno ora me ne toccano due da allevare. »  e prese a camminare attraverso le piccole stradine secondarie di Carvahall.
 
Io e “ la lucertola troppo cresciuta” – ovvero il draghetto – come lo chiamava Borm gli stavamo dietro.
 
Tenere in braccio quell’esserino squamoso, con collo e schiena ricchi di aculei e un temperamento alquanto vivace era un’impresa. Per non parlare del fatto che continuava a emettere strani versi, che a mio parere sembravano ruggiti, anche se gli chiedevo di fare silenzio.
 
A un tratto lo zio si fermò voltandosi nella mia direzione con sguardo tagliente e disse in tono tagliente:
 
« Maela. » 
 
Il piccolo drago lo fissò spingendosi contro il mio petto e nascondendo il muso sotto una della mie braccia. Riprendemmo a camminare.
 
« E’ la lingua antica vero?. Cos’hai detto? Me la puoi insegnare?. »  chiesi esaltata.
 
Avevo già sentito parlare della lingua antica ma non l’avevo mai udita prima. Era una lingua praticamente scomparsa in Alagaésia.
 
« Si, è lingua antica ma ora taci o ci scopriranno. » mi riprese burbero.
 
Socchiusi le labbra e arcuai le sopracciglia indignata e continuai imperterrita con le domande.
 
 « Dimmi, che cos’hai detto?. » 
 
« Gli ho detto che doveva tacere. » 
 
« Mh… mi insegni la lingua antica?. » 
 
« No. » 
 
« Perché no?. »   accarezzai la testa dell’animale.
 
« Ora come ora non è il momento… »  mi spinse contro un muro e voltò la faccia in direzione della strada.
 
Da li provenivano risate e frasi allegre, probabilmente qualche ubriaco.
 
Brom imprecò sottovoce e si slegò il mantello porgendomelo.
 
« Indossalo. »  disse. « E nascondici  quella lucertola sotto, io vedrò che posso fare per tenere occupati quegli ubriachi. » 
 
« Ma zio, dove potrei portarlo?. » 
 
« Lungo il fiume, il più lontano possibile da qui. »  poi si guardò attorno e aggiunse. « La c’è un cavallo sellato, probabilmente è di uno di questi ubriachi. » 
 
« Lo dovrei rubare?. »  domandai confusa.
 
Non era da Brom dirmi queste cose, anzi di solito mi diceva di fare tutt’’altro.
« Io direi più… prendere in prestito. »  mi spinse verso l’animale e lui andò nella direzione opposta.
 
Lo guardai allontanarsi e mischiarsi con i tre uomini ubriachi per strada, poi poggiai il draghetto a terra, mi legai il mantello e ripresi l’essere coprendolo con la stoffa. Arrivata al cavallo, un grigio pomellato di nero, sistemai le staffe il più in fretta possibile, lo staccai dal palo a cui era legato e lo condussi in una delle vie laterali.
 
« Posso farcela. »  mi dissi a voce alta, per convincermi.
 
Montai in sella con facilità e legai i lembi del mantello attorno al cucciolo per tenerlo coperto e facendo si che non cadesse.
 
« Partiamo. »  mormorai spronando il cavallo che s’impennò e partì successivamente.
 
Galoppare per il villaggio si rivelò un impresa ardua. Io e i due poveri animali ci ritrovammo a fare lo slalom tra le case e le piazze finché non uscimmo e cominciammo a seguire il corso del fiume Anora.
 
Rallentai l’andatura del cavallo e mi concessi il lusso del trotto.
 
« Sai, ti rivelerò una cosa. »  dissi decisa al piccolo drago che aveva messo la testa fuori dal suo involucro di stoffa. « Non avevo mai creduto molto alle storie dei Cavalieri dei Draghi anche se sapevo che erano vere… Tu mi hai fatto ricredere. »  mi leccai le labbra screpolate. « Sei proprio un bel segno del destino. » 
 
Fermai il cavallo quando ormai eravamo lontani dal villaggio, le levai la sella per farla rinfrescare e la portai al fiume per abbeverarsi.
 
Il piccolo drago ci osservava seduto su una roccia da lontano.
 
Quando mi voltai lo trovai intento a grattarsi il collo con una delle zampe posteriori, con vitalità. Poi lo vidi starnutire una nuvola nera dalle narici.
 
Era davvero adorabile per essere un drago con denti lunghi e affilati come rasoi.
 
 
« Ci vediamo presto. »  mormorai accarezzando la testa del mio drago.
 
Lui mi fissò con i suoi occhi grigi e poi si rintanò nel grande albero cavo che avevamo trovato e riempito col mantello di lana pesante di Brom.
 
Ok, lui non sarebbe stato contento ma non avrei permesso al mio cucciolo di rimanere li senza qualcosa di caldo.
 
« Stai qui, tornerò domani. »  lo rassicurai.
 
Mi avvicinai alla cavalla - si era rivelata tale- e montai in sella. Il freddo vento notturno scivolò sulle mie braccia, sul mio collo e sul volto facendomi rabbrividire.
 
Kira.
 
Mormorò una voce nella mia mente. Fu come se un qualcosa di viscido, come un anguilla o un serpente, si fosse attorcigliato al mio cervello e non lo volesse lasciare andare.
 
Sto’ impazzendo, pensai.
 
Mi voltai un’ultima volta verso il cucciolo, che se ne stava con il muso fuori dal tronco e gli occhi spalancati nel guardarmi andare via.
 
 
Tornata a Carvahall legai nuovamente la cavalla e mi diressi verso il gruppetto di ubriachi per cercare lo zio. Se ne stava li, con un boccale in mano e lo sguardo fisso sulla mia figura.
 
« Ciao zuccherino. »  mi salutò uno di loro prendendomi per un fianco.
 
Lo fissai male e ringhiai:
 
« Questo non è il momento adatto per chiamarmi così. » 
 
E non lo era, infatti. Il fatto che mi ero dovuta allontanare dal mio drago mi aveva scosso parecchio e aveva spedito il mio umore sotto i piedi.
 
« Qual è il propleeema succheeerino?. »  ripeté l’ubriaco trascinando le lettere.
 
Sbuffai e con forza gli tirai un pugno in volto. Questo barcollò all’indietro e cadde con un tonfo rovesciandosi addosso la birra.
 
« Kira. »  si stupì lo zio alzandosi e venendo al mio fianco.
 
« Ascolta zio io non… » 
 
« Bel colpo. »  sorrise stupendomi.
 
Ricambiai felice e lo ringrazia, poi ci avviammo a casa.
 
 
 
Il giorno successivo, di buon ora, mi reca dalla giumenta che trovai legata dove la sera prima, chiesi in giro ma tutti mi risposero che l’animale non era loro ed era stata abbandonata, felice della cosa la presi e la tenni con me. Un cavallo non avrebbe guastato di certo.
 
Mi procurai della carne da Sloan, sebbene questo fosse contrario a lasciarmela e curioso di sapere dove avevo preso la cavalla, dopo di che mi diressi da Garrow.
Gli avevo promesso che l’avrei aiutato con i suoi animali.
 
« Ciao Roran. »  salutai mentre lasciavo la grigia nella stalla.
 
« Ciao Kira, Eragon è nei campi te lo chiamo. »  si affrettò a rispondere prontamente.
 
« C-cosa? Che c’entra Eragon in tutto questo? Io ti ho solo detto ciao non intendevo chiamalo e…  »  dissi tutto d’un fiato scatenando la risata del cugino.
 
« Lo chiamo perché credo che sarà felice di vederti. »  si allontanò dalle stalle.
 
Sbuffai imbarazzata e presi a pulire uno dei cavalli di Garrow con delicatezza finché due braccia mi cinsero la vita e mi allontanarono dall’animale che nitrì.
 
« Ciao Eragon. »  dissi divertita quando mi lasciò.
 
Guardai il suo viso e notai delle occhiaie appena accennate ma gli occhi scuri erano vispi e sembrano sorridere.
 
« Ciao donna. »  scherzò lui. « Non si avverte quando si arriva?. » 
 
« Non fare l’offeso, cacciatore. Neanche tu avevi avvertito quando sei tornato dalla Grande Dorsale, o sbaglio?. » 
 
« Arg, colpito e affondato. » si portò una mano al cuore e cadde sulla paglia dietro di lui con gli occhi chiusi.
 
« Mi sembri molto di buon umore oggi… »  constatai riprendendo a pulire Birka.
 
« Si nota tanto?. »  chiese mettendosi su un fianco e gettando la guancia sinistra sul palmo di una mano.
 
Annuii sorridente. Mi piaceva vederlo sorridere, o ridere, era una cosa che mi scaldava il cuore e lo faceva battere come le ali di un colibrì.
 
« E’ bello vederti da queste parti, sai?. »  canzonò lui mettendosi dalla parte opposta dell’equino per spazzolarlo.
 
« E a me piace stare da queste parti. » 
 
« Potresti venire a trovarci un po’ più spesso… A Garrow e Roland fa piacere vederti. » 
 
« Ah… »  mormorai leggermente imbarazzata. « E a te no?. »  abbassai lo sguardo sul manto baio del cavallo.
 
« Io lo adoro. »  sorrise appoggiandosi alla groppa dell’animale. « Mi piace stare in tua compagnia. Sei… diversa dalle altre ragazze… » 
 
« Intendi dire che sono diversa perché prendo a pugni gli uomini?. »  sussurrai senza rendermene conto.
 
« Hai… Hai preso a pugni un uomo?. »  scosse la testa lui ridendo. « Quando?. » 
 
« Ieri sera. »  sorrisi.
 
« Ah, avrei voluto esserci!. »  fece il giro del baio e si mise di fianco a me. « Mostrami come hai fatto. » 
 
Qualche minuto stavo morendo dal ridere nel vedere Eragon riverso a terra e un bastone puntato alla gola. Aveva insistito nel vedere come avessi fatto a sferrare un pugno che aveva messo K.O un uomo e poi era voluto passare ai bastoni. Ora era riverso a terra come una tartaruga ribaltata.
 
« Ok, ok mi arrendo.  »  borbottò.
 
Senza smettere di ridere buttai il bastone fuori dalla stalla e gli porsi una mano per aiutarlo. L’afferrò saldamente e mi tirò giù gettandomi sulla paglia e tenendomi fermi i polsi con entrambe le mani.
 
« Mai dare aiuto al nemico. »  sorrise trionfante e avvicinò il suo volto al mio.
 
I nostri occhi rimasero in contatto senza staccarsi gli uni dagli altri.
 
« Lo terrò a mente. »  mormorai impacciata ingoiando un fiotto di saliva.
 
« Ne sono felice. »  sussurrò poggiando le sue labbra sulla mia guancia, troppo vicino all’angolo della mia bocca.
 
Arrossii violentemente e mi alzai in fretta quando lui fece lo stesso.
 
« Devo andare. »  dissi in tutta fretta sellando la grigia.
 
« Così presto?. »  domandò lui avvicinandosi di nuovo.
 
« Si, il sole è già alto e manca davvero poco al tramonto, Brom mi aspetta. »  tirai giù le staffe dalla sella spingendole verso il basso per vedere se reggevano.
 
Non avevo mentito sul fatto che dovevo andare, perché dovevo andare sul serio dal mio drago. E speravo che così facendo, allontanandomi da Eragon il mio volto avrebbe preso il suo colorito normale.
 
« Ci vediamo presto. »  borbottai salendo in sella.
 
Lui si precipitò in avanti afferrando le redini per tenere ferma la giumenta.
 
« Quanto presto?. »  i suoi chiesero. Ma le sue labbra formularono un saluto triste e sconsolato.
 
« Presto… presto. »  ripetei accarezzandogli una guancia. « Ciao Eragon. »  lui liberò le redini dalla presa e sorrise.
Diede una leggera pacca al didietro della cavalla e io partii.
 
Era un susseguirsi di immagini di quel momento nella mia mente. Non era stato altro che un bacio sulla guancia…
 
Passai il resto della giornata con drago e scoprii di poter riuscire a parlare con lui attraverso la mente, certo la sua conoscenza letterarie era alquanto scarsa ma parlarci era splendido e al tempo stesso strano.
 
 
 
Il primo mese dalla schiusa passò velocemente, troppo forse.
L’animale mi superava già, le sue spalle arrivavano alla mia testa e i suoi ruggiti erano simili a tuoni in una tempesta.
Cacciava da solo la notte, il più lontano possibile dal villaggio, avventurandosi sulla grande dorsale.
Il pomeriggio lo andavo a trovare e gli portavo della carne per sfamarlo anche se con la sua grossa stazza era impossibile con così poco cibo.
Stando insieme per molto tempo avevo avuto modo di insegnarli cosa significassero le parole e le parole stesse.
 
 
 
 
« E’ cresciuto davvero molto, è uno splendido drago albino, Kira. »  mi sorrise Brom aggirando l’animale.
 
Ogni tanto veniva con me a fargli visita e ogni volta costatava diversi cambiamenti. Mi aveva insegnato che lo spazio libero fra le scapole era ottimo per sedersi e cavalcare, e mi aveva anche detto che in pochi giorni potevamo recuperare la sella che mi madre usava per Tristan i primi tempi perché sembrava potesse andare bene al mio animale.
 
« Il tuo è il primo esemplare bianco che vedo sai?. Credo che nella storia c’è ne siano stati su per giù uno o due. Il tuo drago è… molto raro nipote mia. » 
 
Ne sono onorato. Ruggì l’animale nella mia mente.
 
La sua voce era forte e potente, al contempo elegante.
Lo guardai negli occhi accarezzandogli il collo e sentendo sotto i miei polpastrelli il freddo e il duro delle squame.
Avevo già in mente il nome perfetto per lui.
 
Sei maschio o femmina?

S
ono un maschio.

Il mio sguardo s'illuminò.
Avevo un drago maschio e questo mi portò a sorridere felice.

« Come si dice “destino” nella lingua antica?. » 
 
Brom si accarezzò la barba ispida e poi disse: « Wyrda, perché? » 
 
Ti piace?  Chiesi al drago.
 
Si.  

Sarà il tuo nome.

Lui gettò la testa in aria e ruggì felice muovendo la coda e tagliando l’aria con schiocchi poderosi.
 
« Lo chiamerai fato? Wyrda?. »  lo zio si avvicinò all’animale accarezzandogli il grosso muso.
 
« Si. »  annunciai decisa.
 
« Benvenuto fra i draghi e i cavalieri, Wyrda. » mormorò.

Wyrda ruggì ancora e dispiegò le alì sollevando un vento impetuoso caricò di neve.

Spiccò il volo lasciando sotto di se una nube bianca turbinante e sparì nel cielo azzurro fra le nuvole bianche per poi ricomparire e atterrare al mio fianco permettendomi di abbracciargli il collo troppo largo persino per le mie braccia. 
L'albino era uno splendido animale ed era il mio drago.


*  *  *
 

Ciao bella gente Likeapanda è quì presente.

Ricapitolando

 

In questo capitolo:

La nostra Kira è manesca non trovate? Dare un pugno ad un uomo... nah nah nha.
Trova una cavalla grigia che tiene con se e porta il drago lontano da Carvahall, lungo il fiome Anora.
Batte Eragon in cun combattimento amichevole con i bastoni e quest'ultimo le lascia un bacio raso angolo labbra che la arrossire e praticamente scappare dalla vergogna.
Passa un mese e l'albino drago di Kira viene chiamato Wyrda, ovvero destino.

Nel prossimo capitolo:

Eh eh, mistero :D

*SorrisoallaBoedeiSimpson*

Recensite se vi va e ditemi cosa vi è piaciauto e cosa no, datemi anche consigli se vi va ne terrò presente :D

P.s: Ho trovato una bella fotuzza che rappresenta in pieno il nostro Wyrda ( Quanti di voi si erano accorti che il drago di Kira era quello nella foto iniziale e che la ragazza che gli sta vicino è Kira? )




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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Kira
 





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«  Zio Brom, sono a casa. » sorrisi felice.
 
Chiusi la porta alle mie spalle senza degnarlo di uno sguardo e poggiai la roba che avevo comprato sul tavolo.
 
«  Non sai quanto Sloan mi ha fatto pagare questa maledetta carne. Spero che almeno W… » lo zio improvvisò un colpo di tosse.
 
Mi voltai nella sua direzione  e scorsi le fiamme del camino danzare sul suo volto avanti d’età e su quello giovane di Eragon. Entrambi mi fissavano confusi.
 
« Non saresti dovuta rientrare più tardi, questa sera tipo…?. » Brom inarcò un sopracciglio e lasciò che uno sbuffo di fumo gli uscisse dalla bocca e si disperdesse per l’aria.
 
« No. » risposi irrigidendo le spalle. « Mi dispiace di avervi disturbato. » borbottai tornando alla porta.
 
« No, non ci hai disturbato. » Eragon si alzò in fretta dalla sedia e mi raggiunse bloccandomi l’uscita. « Anzi è bello avere un volto giovane da guardare. » poi si rivolse a Brom con un sorriso. « Senza offesa. »
 
L’uomo si accarezzò la barba ispida e sbuffò altro fumo scocciato dall’affermazione del giovane.
 
« Di cosa parlavate?. » m’incuriosii poi quando la mano del ragazzo trovò la mia e mi condusse accanto al fuoco.
 
Presi una sedia liberandola da tutte le pergamene dello zio, che mi borbottò di stare attenta, e mi accomodai accanto ai due.
 
« Tuo zio mi ha raccontato la storia degli Shur’tugal. »
 
« I Cavalieri dei draghi. » mormorai io, assolta,  ricevendo in cambio un occhiata curiosa da parte del vecchio.
 
« Esatto, come facevi a saperlo?. » sorrise Eragon poggiandomi una mano sulla spalla.
 
Lo guardai e ricambiai il sorriso amichevolmente.
 
« Mio zio è Brom, te ne sei dimenticato?. » domandai fissando l’uomo che faceva uscire dalle labbra fumo grigio.
 
« A volte non ci penso neanche, scusa… è che non vi somigliate per nulla. » allontanò il contatto fisico e si distese sulla sua sedia.
 
« Tuo zio ha chiarito molte delle mie domande. »
 
« Ah si?. » alzai un sopracciglio. « Illuminami. »
 
« Mi ha parlato dei Cavalieri, dei Draghi e degli Elfi, e un po’ del mio nome. »
 
« Questa storia la so anche io. » m’illuminai. « Hai lo stesso nome del primo cavaliere, giusto?. »
 
Lo zio non rispose mentre Eragon annuì.              
 
« Continuate pure a parlare, io non disturberò. »
 
« Ho sentito dire che le loro squame brillavano come gemme. » sussurrò il moro.
 
« Hai sentito bene. » sussurrò lo zio avvicinandosi a Eragon quasi non volesse farsi sentire da me.
 
Da lontano notai che i due avevano la stessa linea della mascella.
Oh forse era solo la mia fantasia.
 
« Erano di ogni forma e colore. Si diceva che un gruppo di draghi avesse l’aspetto di un arcobaleno vivente, sfolgorante, in perenne movimento. Ma chi te ne ha parlato?. »
 
Già chi?.
 
« Un mercante. »
 
Kira.
 
La voce di Wyrda si insinuò nella mia testa escludendomi dalla discussione di Brom e Eragon.
 
Dimmi.
 
Ho fame, quando arriverai?.
 
Lanciai un occhiata ai due e scoprii che lo zio stava elencando una lista di nomi.
 
« C’erano Jura, Hi’rador, e Fundor che combatterono contro il gigantesco serpente di mare. Galzra, Briam, Ohen il Gagliardo, Gretiem, Beroan, Roslarb… » e fu un susseguirsi di nomi, alcuni impossibili da pronunciare. Quando giunse all’ultimo, però, mi parve di scorgere uno scintillio nei suoi occhi. « … e Saphira. »
 
Kira!.
 
Cosa?!.
 
Ho fa-me! Non vorrai far morire di fame un povero, raro, innocente, adorabile, dolce cucciolo di drago albino.
 
Hai dimenticato stressante.
 
Sospirai.
 
« Abbiamo finito?. »
 
« Per il momento.  » rise il ragazzo. « Ho saputo quello che volevo e anche di più. » si alzò e io e lo zio facemmo lo stesso.
 
Lo zio lo accompagnò alla porta e dopo essersi salutati Eragon se ne andò.
 
Brom si voltò accigliato verso di me e ringhiò:
 
« Come sapevi quella parola?. »
 
« Quale?. » feci la finta tonta. « Shur’tugal?. »
 
« Non si scherza con l’antica lingua. Se Eragon scoprisse che sei un cavaliere non so cosa… »
 
« E’ un cavaliere anche lui, non è così?. » mormorai.
 
« Cosa dici Kira? No, certo che no. »
 
I miei occhi lo trafissero mentre mi legavo il mantello attorno al collo con facilità e fretta.
 
« Basta mentire, Brom. Se tu non sapessi che Eragon è un cavaliere non gli racconteresti tutte quelle cose. » misi il cappuccio e aprii la porta. « O mi sbaglio?. » e uscii nel pomeriggio freddo.
 
Mentre camminavo tranquilla verso le stalle del villaggio dove avevo portato la mia cavalla un ragazzo mi si affiancò.
 
« Avrei giurato che te ne fossi andato da Roran. » sussurrai senza fermarmi.
 
« Tra poco, Kira, ci andrò. Per ora mi accontenterei di passeggiare con te, se me lo permetti. »
 
Tentennai un poco ma poi gli sorrisi e annuii.
 
« Dove vai con il cappuccio, Kira?. » rise il ragazzo togliendomelo dalla testa e rivelando i miei capelli alla luce del sole.
 
Erano dello stesso colore dei suoi.
 
« Dove vai?. » poi chiese.
 
« Alle stalle a prendere la grigia. » sorrisi. « Ho voglia di fare un giro. »
 
« Mh… sembra bello. Posso venire?. »
 
« Ma non hai un cavallo. » osservai.
 
« Uno basterà per entrambi. » ammiccò e procedette a passo svelto, per fortuna così potei evitare che vedesse il rossore sulle mie guance.
 
Wyrda.
 
Si?.
 
Farò tardi.
 
Tu fai sempre tardi.
 
Antipatico.
 
Ritardataria.
 
Scordati il pranzo.
 
Mangerò di più a cena.
 
Bene.
 
Perfetto.
 
Ok.
 
Stupendo.
 
Ciao!.
 
Ciao!... Ah Kira.
 
Si?.
 
Ti voglio bene, stai attenta con Eragon.
 
Ti voglio bene anche io.
 
 
 
Mentre ci lasciavamo il villaggio alle spalle e Eragano mandava la grigia a per di fiato io ero circondata dalle sue braccia che si allungavano per arrivare alle redini. Il calore del suo corpo era così rilassante che mi abbandonai alla sua schiena e chiusi gli occhi fino ad appisolarmi.
Quando mi risvegliò eravamo fermi in riva al fiume e la cavalla si stava abbeverando.
 
« Mi sono addormentata, scusa. » borbottai imbarazzata irrigidendo la schiena. « Per quanto ho dormito?. »
 
« Un quarto d’ora, niente di più… e comunque è tutto ok, mi piace vederti riposare. » mi accarezzò le braccia con le sue per scaldarmi e mi rinchiuse in un abbraccio stretto.
 
Era bella quella sensazione che avevo quando stavo in sua compagnia.
Mi faceva stare… bene.
 
« Sei comodo. » mormorai gettando la testa sulla sua spalla. « Eh si, proprio comodo. » sorrisi.
 
Prima che potessi aggiungere altro le sue labbra furono sulle mie. Erano delicate e si muovevano dolci come le mie mani fra i suoi capelli e quando si staccò da me tenne gli occhi chiusi mentre io battevo le palpebre stupita.
 
Ti ho vista, sai? Ci dai dentro, e io che credevo fossi una ragazza imbarazzata…
 
Oh Wyrda, taci peggiori il mio stato.
 
Bha, sarà…
 
« Scusa… » Eragon girò la cavalla e la rindirizzò al villaggio.
 
« N-non fa nulla… » abbassai lo sguardo sulla criniera nera della cavalla che ora stringevo fra le mie mani.
 
« Non volevo… aspetta io volevo ma non così… alla sprovvista. » si mangiò le parole mentre fermava la cavalla all’entrata del villaggio e scendeva dalla groppa.
 
Tenne le redini in una mano aspettando che le prendessi.
Sul suo palmo scorsi lo stesso identico ovale argento che avevo io, causato dal legame che si ha con un drago.
Allora non mi ero sbagliata, Eragon era un cavaliere l’unica cosa era scoprire dove fosse il suo drago.
 
« Ci vediamo presto. » mormorò lasciando i finimenti.
 
« Eragon!. » lo richiamai allungandomi e bloccandogli una spalla.
 
« Si?. » mi guardò.
 
Poggiai la mia mano sulla sua guancia e allungandomi ancora un poco poggiai le mie labbra sulle sue ritraendomi dopo poco.
 
« Grazie della passeggiata, e scusa se mi sono appisolata. » girai il cavallo e gli gettai un ultima occhiata, ora era lui quello rosso in volto.





*  *  * 
 

Hello everyone!

Ricapitolando: 

 

In questo capitolo:

Brom e Kira hanno delle divergenze.
Wyrda si diverte a stuzzicare il suo cavaliere.
Finalmente un bacio da parte di ERAGON!

Capitolo ispirato a: Té per due.


Nel prossimo capitolo:

Ah Bho.

* SorrisoallaBoe*

Alcune di voi mi hanno chiesto di postare una foto di Kira. Ecco, non ne ho trovata neanche una che si addicesse al mio ideale per lei, che è una ragazza forte e decisa però vi postrò una foto che le va vicina (immaginatevela con gli occhi scuri e senza lentiggini): 



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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Kira
 



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Wyrda si accostò a me mentre con calma mi sedevo sulla coperta che avevo piazzato a terra.
 
Davanti a me avevo poggiato qualche dolce e dell’acqua che prima di partire avevo messo in una borsa assieme alla carne per l’albino, che si stava abbuffando.
 
L’aria pomeridiana era fresca e la neve attorno a noi era stata sciolta e spazzata via dalla prima prova che Wyrda aveva fatto nel cercare di sputare fuoco.
 
Non era andata male, infondo…
 
Ti… ti è piaciuto?.
 
« Cosa?. » domandi a voce alta con fare trasognato.
 
Non fare la finta tonta, Kira… lo sappiamo entrambi di cosa ho parlato.
 
Per avere solo un mese e poco più Wyrda era già molto bravo a discutere. Ed era tutta colpa mia che mi ero affrettata a fargli imparare presto. Ma lo zio Brom mi diceva che lui era diverso dagli latri, che lui stava crescendo troppo velocemente e che presto sarebbe arrivato ad una stazza troppo elevata e si sarebbe dovuto allontanare ancora dalla città per non esse visto, o addirittura volare sopra la grande dorsale e nascondersi tra le montagne, a mimetizzarsi, per cercare di non essere visto.
 
« E’ stato… è stato… » arrossii violentemente ripensandoci. « Devo essere sembrata una stupida!.  » esclamai nascondendo il volto fra le mani.
Mi tornò in mente anche il piccolo bacio a stampo che gli avevo lasciato prima di allontanarmi e le parole che gli avevo detto e mi sentii ancora più stupida.
 
« Cosa penserà ora di me?.  » mi allarmai voltandomi verso il mio drago che era intento a grattarsi il collo con una zampa, tipo un cane. « Crederà che io sia solo una stupida bimba innamorata? Oh mio Dio, Wyrda, cos’ho fatto?. » mi portai le mani ai capelli accarezzandomi la punta della treccia come fosse una specie di anti stress.
 
Di certo non penserà che tu sia casta.
 
Mormorò nella mia testa la voce calda e graffiante del drago.
 
« Grazie tante, eh. » borbottai gettandomi a pancia in su sulla coperta.
 
Abbiamo visite.
 
Sviò il discorso lui alzando la testa e sbuffando fumo nero e denso come inchiostro dalle narici.
Dal folto del bosco fece capolino il volto di Brom. Indossava un lungo mantello rosso scuro che si stendeva sulla schiena del cavallo nero che aveva. Il cappuccio era calato sul volto e lo lasciava in ombra quasi non volesse essere riconosciuto e in vita portava un fodero dal quale sbucava l’impugnatura di una spada.
Osservandola bene notai che incastonata nell’elegante elsa – che presumevo fosse d’argento – c’era uno smeraldo circondato da splendidi motivi raffiguranti eleganti rampicanti che s’intrecciavano andando a formare fra loro attorno alla pietra una sorta di rosa dei venti.
 
Non. Mi. Piace.
 
Sussurrò Wyrda mettendosi dietro di me.
La sua ombra sovrastò la mia e persino quella di cavallo e cavaliere.
 
« Sapevo di trovati qui. » sorrise l’uomo scendendo dal cavallo che non si era voluto avvicinare di più. « E sono felice di constatare che il tuo bestione è cresciuto, molto, dall’ultima volta che l’ho visto. »
 
« Avevi dubbi a riguardo?. » domandai più gelida di quanto pensassi.
 
La cosa sembrò ferire Brom perché mi guardò per qualche secondo prima di slacciarsi il mantello e farlo ricadere ai suoi piedi mostrando l’elsa.
Era proprio come avevo supposto che fosse. Splendida ed elegante.
 
Continuo a pensare che questa sua visita non porterà nulla di buono, Kira.
 
Wyrda, fa silenzio per un minuto!.
 
« No, nessuno dubbio nipote mia. » sospirò le ultime due parole come se gli pesassero e poi slacciò la cintura alla quale era appeso il fodero della spada.
 
« Questa era di tua madre. » spiegò avvicinandosi a me. « Si chiama Aiedail. »
 
Stella del mattino.
 
Tradusse per me Wyrda.
 
Grazie.
 
Dissi sorpresa del fatto che lui conoscesse la lingua antica…
 
« La forgiarono gli elfi per tua madre quando concluse l’allenamento. » la sguainò con destrezza e quando il sole la colpì il verde pallido della lama brillò come lo smeraldo dell’impugnatura.
 
Trattenni il fiato ammagliata da tanta bellezza racchiusa in un’arma micidiale.
 
« So che sei brava con la spada, Kira, ti ho insegnato io. » alzò i suoi occhi dalla lama e li gettò nei miei che erano ricchi di domande. « E ora non posso permettermi di sbagliare, di tenerti nascosto qualcos’altro, non più. » prese un bel respiro e mi invitò a sedermi assieme a lui sulla coperta.
 
Wyrda si accucciò e poggiò la testa accanto alle mie gambe incrociate lasciando che accarezzassi le  squame lucenti e fresche che aveva sulla testa.
 
« Dimmi allora cos’è che non puoi più tenermi nascosto, zio. » mormorai.
 
L’ansia assaliva la mia voce. E se mi avesse detto che sapeva del bacio che Eragon mi aveva dato? E se mi avesse riferito che quella stessa spada aveva ucciso Tristan?
 
« Tua madre era un grande Cavaliere, ragazza, e sarebbe stata felice di vederti ora così. » indicò me e il drago assopito al mio fianco. « Lei non desiderava altro che anche tu intraprendessi la sua stessa via, per quanto lei stessa sapesse che essa era ricca di pericoli e intrighi che si tessono tutt’ora. » accarezzò il fodero nero che ricopriva la spada e successivamente aggiunse: « Prima di andarsene mi aveva chiesto di tenere la spada al sicuro e dartela nel caso tu fossi divenuta Cavaliere. Sapeva che i tempi dei veri cavalieri erano finiti, ma non ha mai dubitato che di nuovi potessero nascere e tu e Eragon ne siete la prova. Galbatorix dovrà stare attento. »
 
Una domanda mi sorse spontanea all’improvviso.
 
« Una volta mi dicesti che Galbatorix possedeva tre uova di drago, zio. Se una l’ha Eragon e l’altra io allora al re ne rimane una. »
 
Lui scosse il capo energicamente e poi mi rivelò una cosa che mai mi sarei aspettata:
 
« L’uovo che hai trovato quella sera, non era del re… era… era di tua madre. »
 
« Che co…???. » la mia voce si era alzata di molte ottave e mi ero quasi strozzata con la saliva trasalendo.
 
« Ha rubato un uovo all’ordine dei Cavalieri prima che infuriasse la battaglia, ma l’ha fatto solo per te perché voleva avessi la sua stessa emozione di volare in groppa a draghi come… come Wyrda. »
 
Sentendosi chiamato in causa l’enorme lucertolone aprì un occhio rivelando l’iride chiara come neve e tagliente dalle venature ancora più bianche.
 
« Mia madre era… una ladra. » constatai sotto shock.
 
« No, no. Non lo era lei voleva solo… »
 
« Ma cosa sarebbe successo se Wyrda non mi avesse scelto come Cavaliere? E poi come ha fatto l’uovo a rotolare giù dalla strada?. » avevo troppe domande da porre e la testa in fiamme.
 
« L’ho fatto rotolare io giù dalla collina quando ti ho sentita svegliarti. »
 
« Ma, ma com’è possibile tu dorm… » una lampadina si accese nella mia testa. « L’uovo, l’hai tenuto in casa nascosto per tutto questo tempo! E’ per questo che si è schiuso così presto! » trassi le conclusioni che lui mi rivelò essere giuste. « L’hai gettato per strada perché stava per schiudersi e volevi che io lo trovassi. » la mia voce era nuovamente alta e questo fece alzare Wyrda a sedere.
 
Kira.
 
Sussurrò con la sua voce calda e rassicurante avvicinando il muso al mio volto per tranquillizzarmi. Passai una masso sotto la sua mascella e lo accarezzai con dolcezza mentre prendevo a tremare.
 
Lui ha mentito.
 
Gli confessai.
 
Lo so, ho sentito.
 
Mia madre era una ladra.
 
Lo so. L’ho sentita sollevarmi quella notte quando mi ha preso e ti ho sentita per tutti questi anni aspettando il momento giusto per schiudermi.
 
Mi hanno mentito.
 
« Non piangere Kira. » mi riprese Brom avvicinandosi.
 
Solo quando sentii la sua voce nei miei timpani richiamarmi all’ordine mi accorsi che delle piccole lacrime mi avevano rigato le guance.
Con tutta fretta le asciugai e mi alzai in piedi cercando di riacquistare il mio autocontrollo.
 
« Altro che dovrei sapere?. » domandai con voce di ghiaccio.
 
« No, per ora no. Più avanti nel tempo. Sapere tutto assieme ti distruggerebbe e ti porterebbe a fare azioni avventate. » si alzò anche lui. « Però almeno accetta questa. » mi porse il fodero con la lama verde. « Se non per me e per tua madre, fallo per te e Wyrda, una misura di sicurezza in più. » annuii e presi la spada senza toglierla dal fodero sebbene la tentazione fosse molta.
 
« Eka elrund ono, Ebrithil. »
 
« Atra gulai un ilian tauthr ono un atra ono waise skölir fra rauthr. »
 
« E’ ancora un po’ presto per questo, non trovi zio?. »
 
« Ah, Kira, le benedizioni non arrivano mai troppo presto. » sorrise riprendendo da terra il mantello e ripoggiandolo con velocità sulle spalle. « Si è fatto buio, nipote, sarebbe meglio che tu tornassi con me al villaggio. »
 
Per quanto questa cosa mi duole, il vecchio ha ragione.
 
Annunciò Wyrda facendo un passo indietro.
 
Ci vediamo domani Cavaliere dei Draghi.
 
Mi salutò mentre me ne andavo e lui spiccava il volo ben oltre le nostre teste e sparì nell’altro dei cieli.
 
« Manca poco perché la sella sia di nuovo usabile, poi potrei montarlo. »m’informò Brom mentre galoppavamo contro il vento che faceva frusciare i nostri mantelli. « E non vorrai fare più nient’altro, credimi. »




*  *  *


 

Hello peipe :3

Ricapitolando:

 

In questo caaaapitolo :

Timori di Kira riguardanti i pensieri di Eragon per il loro bacio.
Alcuni ( dei tanti ) segreti che Brom teneva nascosti alla ragazza sono venuti alla luce.
Verso la fine del capitolo Kira e brom si scambiano delle frasi nell'antica lingua che stanno a significare:
Kira: Ti tingrazio, maestro.
Brom: che la felicità e la fortuna ti assistano e che tu sia una protezione contro la sventura.
  
Preso spunto dal capitolo: Il potere di un nome.


Nel prossimp capitolo :

*Colonna sonora de: Pirati dei Caraibi*
*Rullo di tamburi*

NON NE HO LA PIU' PALLIDA IDEA :D.

*SorrisoallaBoe*

Ci si vede dopo domani peipiii :D
 


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Kira
 








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Era già buio quando rincasammo e io non avevo parlato per tutto il tragitto.
 
Il vento era diventato impetuoso colorandomi il naso e le guance di un rosso acceso in netto contrasto al mio incarnato chiaro
 
Tutto quello che avevo scoperto era pazzesco, e altro ancora doveva essermi rivelato!
 
Slegai il mantello dal collo e lo gettai sulla scrivania ricoperta di carte di Brom per poi dirigermi in gran carriera verso la mia camera.
 
« Non risolverai niente tenendomi il broncio, Kira! » mi gridò quest’ultimo.
 
« Non m’importa! » gridai esasperata chiudendogli la porta in faccia.
 
« Scommetto che t’importerebbe se ci fosse Eragon al mio posto non è così?! » rispose gridando.
 
Sgranai le palpebre e repressi un altro grido accasciandomi contro la porta con la schiena scivolando giù, fino a toccare il pavimento e restarci coricata nascondendo il volto fra i capelli sciolti poco prima.
 
« Sparisci! » sibilai quando tentò di aprire la porta. « Vatteneee!. »
 
« Non fare la bambina, Kira, e esci di li!. »
 
« Vattene via, Brom! » sibilai gelida aprendo di colpo la porta e guardandolo negli occhi.
Sentivo crescere dentro di me un insormontabile rabbia che mi imponevo di spingere sempre più a fondo e alla fine aggiunsi:
« E quello che faccio con Eragon non è affare tuo, vecchio » e richiusi la porta.
 
 
 
Passai la mia serata in quella stanza deserta finché a tarda notte un idea malsana mi balenò nella mente.
Aprii la finestra e mi gettai giù, non era un salto troppo alto e toccai il suolo con agilità.
Quando cominciai a correre nella notte il gelo cancellò i brutti pensieri e le mie gambe parvero rinvigorite dal movimento. Salii la strada che conduceva alla fattoria di Eragon e non mi fermai, mai, non guardai indietro.
Lo feci solo quando la finestra della camera del giovane si presentò davanti ai miei occhi.
 
Entrare o tornare indietro?, mi chiedevo mentre le mie mani aprivano le ante e mi issavo sulle braccia gettandomi sul pavimento di legno.
Con prontezza tornai in piedi e guardai il ragazzo che stava steso sul letto con gli occhi chiusi e provai un moto di tenerezza nel constatare che tremava a causa del vento che veniva dalla finestra.
« Cos’hai? » dissi, spaventandolo.
 
Oh, cielo, è svegliooooooooo!
 
« Oh mio Dio » si portò una mano al cuore « Mi hai spaventato a morte, cosa ci fai qui?. » rizzò la schiena e si mise a sedere con gli occhi fuori dalle orbite.
 
Sospirai e cominciai a giocare con le mani ansiosa e col pensiero di aver fatto male ad andare a trovarlo.
 
« Mi dispiace » riuscii solamente a dire.
 
Ed era vero, insomma mi dispiaceva davvero per tutto. Mi dispiaceva di essermi addormentata sul cavallo assieme a lui, di averlo baciato e aver creduto che lui potesse provare qualcosa per me, perché chi mi diceva che provava qualcosa per me? Mi dispiaceva soprattutto del fatto che non potessi fare altro che dire quella frase.
 
« Kira, stai… bene? » sussurrò allungando una mano per poggiarla sul mio braccio.
 
Trasalii leggermente e annuii « Mi dispiace non volevo farti preoccupare o spaventare. »
 
Di nuovo quella frase. Quante altre volte in quell’incontro l’avrei ripetuta?
 
« Non hai una bella cera… »
 
« Ah no? » feci la finta tonta.
 
« Cosa c’è che ti turba?. »
 
Con delicatezza mi fece sedere sul letto accanto a lui.
 
Tante cose non vanno, per prima cosa questa specie dinoi. Che poi noi, siamo un noi o siamo soltanto Kira e Eragon?.
 
« Ho litigato con mio zio » dissi soltanto e prima che potessi rendermene conto stavo singhiozzando come una bambina.
 
« Oddio » dissi alzandomi in piedi « Scusa, scusa, mi dispiace non volevo mi vedessi così! » gli voltai le spalle e asciugai repentinamente le lacrime con la manica del vestito.
 
« Non scusarti, è normale piangere » mi rassicurò « E’ un modo per sfogarsi, un po’ come prendere a pugni qualcuno… o a schiaffi… » cercò di rubarmi un sorriso alludendo alla scena in cui picchiavo l’ubriaco qualche tempo prima.
 
Ci riuscì in pieno.
 
« Vado via… non volevo svegliarti. »
 
« No, no, no. Resta, non ti lascerò andare di notte per quelle strade. » si alzò dal letto e mi gettò di peso sul materasso « E poi ho freddo. »
 
Risi divertita e lo lasciai fare mentre si accomodava al mio fianco e io l’abbracciavo lasciandomi cullare dal sonno che arrivò presto.
 
 
La settimana che venne e quella successiva la passai nel silenzio, rinchiusa in me stessa ignorando Brom che pareva scocciato, deluso, amareggiato e cocciuto.
Peggio per lui, io non avrei ceduto alla mia maschera di desolazione e rabbia nei suoi confronti.
Wyrda intanto cresceva e ormai, a mio dispiacere, era diventato troppo grosso per restare così vicino al villaggio perciò non poté fare altro che nascondersi il più lontano possibile al sicuro sulla Grande Dorsale e comparire davanti a me nella notte.
Ci parlavamo telepaticamente e la cosa mi rincuorava, ma non era come vederlo tutti i giorni.
Con Eragon non avevo ancora chiarito la storia del bacio e lui non sembrava volesse discuterne, ma prima o poi gli avrei chiesto il perché di quel gesto avventato.
Magari non subito ecco… l’indomani quando sarebbe tornato al villaggio per accompagnare Roran prima della sua partenza, allora gli avrei parlato ma fino a quel momento mi sarei goduta la compagnia del mio drago che se ne stava li ad aspettarmi pensieroso.
 
Dubbi irrisolti?.
 
Troppi.
 
Magari una bella cavalcata ti farà bene, non trovi?.
 
Già… magari.
 
Trova quella sella Kira, io sono qui che fremito dalla voglia di portarla.
 
Domani, Wyrda. Domani, ora va e stai attento.
 
 
 
 


Sciaooooooooo bampoleeeeeeee.
Cooome staaate?
Questo non è uno dei miei migliori capitoli, scusatemi ma come sapete un intoppo capita a tutti e io ho scritto con fretta queste righe oggi.
 
Ricapitolando:
 

In questo capitolo :

Nah, nha, nha Brom, non ci siamo proprio! Come si fa a parlare così ad una ragazza di quindici anni?!
Che zio snaturato!
La prima volta che vediamo Kira piangere, e dovremo tenercela a mente perché ho idea che non accadrà più molto presto.
Dolce Eragon portatore di sorrisi, non trovate?
 
Capitolo estratto da: Il futuro mugnaio.
 
Nel prossimo capitolo :
 
Ormai lo sapete che non lo so cosa accadrà… sbagliatoooooo! Per una volta voglio anticiparvi una cosa:
Scoperta shock per i nostri Ra’zac.

 

*SorrisoallaBoe*
Vi amoooo tutti.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Kira
 




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Quando mi svegliai il cielo era ancora nero e le nuvole lo coprivano come una coperta. Facendo attenzione a come muovermi sgusciai via dalla presa di Eragon, che si era fatta protettiva durante la notte, e aprii la finestra. Un venticello fresco mi scompigliò i capelli arruffati. Gettai un’ultima occhiata al ragazzo che, ora, si era stretto alle coperte e poi saltai dall’altra parte richiudendo le ante. Il sentiero buio mi accolse abbracciandomi con i rumori soliti della foresta. Due piccole volpi mi tagliarono la strada, qualche cornacchia gracchiò infastidita dalla mia figura, facendomi rizzare i capelli sulla tempia, e qualche gufo volò sopra di me con le prede strette tra le fauci o negli artigli.
Rabbrividii per una folata più intensa che alzò il mio mantello facendolo danzare.
 
Non. Dovresti. Girare. Da. Sola. La. Notte.
 
Wyrda scandì bene quelle parole nella mia mente, come un rimprovero. All’inizio sobbalzai impaurita poi mi rilassai guardandomi attorno in cerca della sua presenza.
 
Sono troppo grosso per stare giù. Guarda su.
 
Alzai il volto e lo trovai che girava in tondo sulla mia figura. Le grandi ali bianche sembravano un allungamento del cielo nuvoloso, ma tutto era tradito dagli artigli che concludevano nelle articolazioni.
 
Non dovresti essere qui!, lo ripresi, Se ti vedessero ci caceremmo nei guai.
 
E tu non dovresti girare sola… ho notato due uomini che si avvicinavano al villaggio dalla parte opposta alla nostra e non mi sono sembrati pacifici. O con intenzioni pacifiche. Puzzavano di morte e dolore, e sono riuscito a sentirlo da qui!.
 
Starò attenta, ma tu vola via ora! Siamo troppo vicini a Carvahall perché nessuno ti veda.
 
Non è neanche mattino!, protestò lui.
 
La gente di qui non ha bisogno che sia mattina per svegliarsi…
 
Va bene, va bene, ho capito! Stai attenta però.
 
Anche tu.
 
Lo guardai volare via tra le nubi e scomparire. Con una piccola stretta al cuore per la sua lontananza alzai il cappuccio della mantella e ripresi la mia camminata solitaria.
Quando raggiunsi il piccolo villaggio tutto era immerso in un silenzio glaciale, come se il tempo si fosse fermato e nulla fosse andato avanti. In lontananza, vicino alla Grande Dorsale, la luce del sole andava a rischiarare la volta stellare. Con uno sbadiglio aprii la porta di casa e la richiusi alle mie spalle.
Poggiai il mantello sullo schienale di una sedia e accesi il camino, con l’idea che un po’ di calore mi avrebbe fatto bene alle ossa.
 
« Dove sei stata? », Brom comparve dalla porta della sua stanza. 
 
Aveva il volto serio e la barba ispida che, a mio parere, aveva bisogno di una tagliata bella e buona.
 
« A prendere la legna », risposi innocentemente.
 
« Non mi piacciono le bugie, lo sai ».
 
Arg! Colta in fragrante.
 
« Sparisci nel bel mezzo della notte e poi ti ripresenti quando l’alba deve ancora sorgere », mi guardò circospetto « Perciò, ripeto, dove sei stata? ».
 
 « Sono… sono stata… ecco… », mi morsi la lingua e mi torturai le mani. « Wyrda. E’ che voleva vedermi e io volevo vedere lui, così mi ha portato con se in groppa ».
 
« Hai… volato? » alzò le sopracciglia lui entrando nel piccolo salotto. « E dimmi.. com’è stato? ».
 
Sa che mento.
 
« Perfetto… »
 
« Avevi una sella o sei andata a pelo? ».
 
« A pelo », gettai un’occhiata fuori dalla finestra da dove la luce proveniva.
 
Il sole era sorto e il villaggio era sveglio. Il rumore dei primi carri in partenza, dei saluti della gente, delle chiacchiere mi arrivò alle orecchie. L’odore di cibo mi inebriò le narici e fece brontolare la mia pancia.
 
« Devo andare », sorrisi e velocemente mi rifugiai in camera mia dove mi lavai,  mi cambiai e indossai un vestito semplice e azzurro. Legai i capelli in una treccia che appuntai poi in cima alla testa e successivamente ripresa la mantella uscii veloce fuori dalla porta ignorando Brom che mi chiamava.
 
 
Camminai per il villaggio guardandomi in giro in cerca dei due forestieri. Puzzavano di morte e dolore, aveva detto Wyrda. Forse sarei dovuta stare attenta ma ero talmente curiosa di vederli che persino le sue raccomandazioni andarono a farsi fottere.
Mi ritrovai a camminare vicino alla fucina di Horst e così decisi di entrare.
All’interno vi trovai il fabbro, i suoi figli, Roran e un altro uomo. Non appena Baldor mi vide sorrise e mi salutò con un felice “buon giorno Kira”, che fece voltare tutti nella mia direzione.
 
« Buon giorno », mormorai imbarazzata.
 
« Questa splendida ragazza chi sarebbe? », chiese l’uomo a me sconosciuto baciandomi una mano.
 
Arrossii, imbarazzata ancora di più ma non dissi nulla.
 
« Lei è Kira, una mia cara amica. E’ come un’altra cugina. ». spiegò Roran portandomi un braccio attorno alla spalla e stringendomi a lui. « Kira, lui è Dempton, il mio nuovo capo. Andrò via con lui. ».
 
Senza pensarci alzai il volto verso di lui e sgranai gli occhi domandando con impeto:
 
« Tu parti? », la mia voce si alzò di svariate ottave. « E quando pensavi di dirmelo, cugino? » calcai l’ultima parola.
 
Non era il fatto che partisse che mi dava fastidio, anzi ero contenta per lui, era il fatto che avesse deciso di andarsene così… senza avvertire. E poi il pensiero di un Eragon triste e solitario mi faceva dolere il cuore. Sapevo quanto erano legati l’uno all’altro e questa cosa, di per certo, l’avrebbe distrutto.
 
« Non ti arrabbiare », mi riprese dolcemente lui accarezzandomi la spalla con la mano. « Non starò via per molto… qualche mese », poi abbassando la voce per non farsi sentire dagli altri chiese, « Ti prenderai cura di Eragon, vero? ».
 
« Certo », sospirai silenziosa abbracciandolo all’improvviso, « Ma tu stai attento e torna integro. Non credo che Katrina sarebbe felice di sposarsi con le tue ossa ».
 
Rise di gusto e mi stritolò ricambiando l’abbraccio.
 
« Come sei tragica, cugina. Tornerò intero, prometto »
 
« Promesso? », alzai un sopracciglio.
 
« Lo prometto », gli battei una pacca sulla spalla per poi allontanarmi.
 
« Scusate il disturbo, ora vado. Fai buon viaggio Roran », successivamente guardai il mugnaio e sorrisi « Arrivederci ».
 
« Arrivederci, presto spero », si chinò a baciarmi entrambe le mani.
 
Sorridendo me ne uscii in strada lontano da quell’uomo che si prendeva troppe libertà, con le mie mani. Rabbrividii e scossi leggermente le spalle scacciando quell’immagine dalla mia testa e svoltare l’angolo.  Ricordandomi che dovevo comprare della carne per Wyrda decisi di dirigermi da Sloan, sebbene l’uomo fosse odioso.
Camminando tranquillamente per le vie del villaggio, ascoltando silenziosamente i discorsi degli altri, giunsi a pochi passi dal negozio del macellaio e il palmo destro prese a formicolarmi tremendamente, quasi fino a farmi del male. Lo alzai e notai l’ovale argenteo che s’illuminava. Impaurita da cosa sarebbe potuto succedere mi nascosi dietro un muro e osservai la scena servitami su un vassoio d’argento davanti agli occhi: due uomini incappucciati si guardarono e poi avanzarono con calma verso una direzione. Le mani guantate si erano poggiate sulle loro spade ma qualcosa, qualcuno li trattenne.
Sentii qualcuno urlare il nome di qualcun altro, ma non distinsi bene chi chiamava chi perché in quel momento il palmo bruciava troppo, come se la carne tra non molto sarebbe caduta a terra staccandosi dalle ossa.
Rabbrividii al solo pensiero e uscii dal mio nascondiglio tentando di sembrare normale.
 
« Mi scuuuusssi », richiamò la mia attenzione una voce sibilante, strascicata quasi. « Avremmo bissssogno di un infformassione ».
 
Presi un bel respiro e mi voltai sorridente. Il mio sorriso però si perse nel vento quando davanti a me comparvero i due incappucciati di prima. Sotto il loro nascondiglio intravidi gli occhi, piccoli e neri, spaventosi e quello che mi sembrò un becco.
Ma come poteva essere un becco?.
 
« D-ditemi pure », balbettai.
 
Uno dei due lanciò lo sguardo al mio palmo, rivolto verso il basso, e grugnì mentre l’altro si apprestò a parlargli.
 
« Vorremmo sssapere ssse poteva accompagnrsssi in un osssteria viciiina ».
 
Raggelai. Certo che no, che non li accompagnavo.
 
« C’è n’è una proprio dietro l’angolo, signori. Ora vogliate scusarmi ma ho da fare », gli diedi le spalle camminando velocemente. Voltai l’angolo tirando un sospirò di sollievo.
 
« Non cosssì veloce, cavaliere », sibilò uno degli esseri col becco.
 
L’ultima cosa che mi vidi prima di cadere a terra, svenuta, era la corsa di mio zio verso Eragon, non molto lontano da noi, e l’uomo che tornava indietro fischiettando.

 
 
Hello piopleeeee ( XD )
Ricapitoliiiiamo :
 
In questo capitolo :

Abababa, Kira troppe bugie dette allo zio che non ti crede ( e fa bene ).
Kira che si arrabbia con Roran perché parte, non è adorabile? .
L’incontro ravvicinato con i Ra’zac?  Impressionante. Se me li fossi trovata davanti io avrei gridato.

Capitolo tratto da: Stranieri a Carvahall

Nel prossimo capitolo :
 
La nostra Kira si trova a fare una scelta difficile.
 
*SorrisoallaBoe*
Alla prossima :D
 
Ah gente volevo dirvi una cosa: io Eragon me lo sono sempre immaginato come lui. Lo so che in teoria avrebbe i capelli mori e gli occhi scuri però io non posso fare a meno di immaginarmelo come lui.
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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Kira
 



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E’ buio intorno a me. Tutto è scuro e le ombre non sembrano aver voglia di scomparire. Un dolore bruciante circonda le mie braccia, fermandosi al gomito. Grido, grido come un’ossessa, ma nessuno mi sente. E’ come se fossi imprigionata in una seconda dimensione, sola, persa, preda di tutto e cacciatrice di nessuno. Il mio primo pensiero va a Wyrda. Non lo vedo, non lo sento, non percepisco i suoi pensieri, sono come in coma. Il dolore alle braccia diventa più forte, mi dimeno ma nulla, non diminuisce. E’ come se le mie braccia stessero andando a fuoco, così come le mani. Il buio mi attanaglia nelle sue grinfie. I suoi artigli mi tagliano la carne come coltelli. Il silenzio entra nella mia testa come un tentacolo viscido e appiccicoso al tempo stesso. Urlo, ma nessuno mi sente.
Fui risvegliata da suoni strani, ringhi sommessi. La testa mi girava e quando tentai di alzarmi mi trovai polsi e caviglie legate. Le braccia mi dolevano, e il ventre mi faceva male. Il sole mi batteva in fronte e l’aria mi faceva il solletico al collo. Mi mossi ancora ma le corde non mi permisero molto movimento, anzi mi crearono ancora più dolore. Presi un bel respiro e smisi di muovermi, impaurita e ancora scossa a causa di quel sogno strano. E se fosse stato un segno del mio futuro? Magari voleva dire che sarei morta presto, tra le grinfie di quei cosi che mi avevano preso.
 
Ben tornata, ragazza voltolespalleaiRa’zacinmodochemicolpiscanoemirapiscanotranquillamente.
 
Sibilò Wyrda nella mia testa. Sorpresa, sbattei le palpebre, voltandomi in ogni direzione possibile finché non lo vidi poco lontano da me. Le grandi ali bianche erano state strette ai fianchi con delle funi robuste, il muso chiuso in un’enorme museruola metallica e le zampe inchiodate a terra, come la forte coda, da catene metalliche. I suoi occhi, freddi come il ghiaccio, mi trapassarono da parte a parte severi. Un senso di amarezza mi circondò nella sua morsa letale e mi tenne stretta senza volermi lasciare.
 
I Ra cosa?.
 
Ra’zac, Kira. Esseri stupidi, idioti, cretini, sanguinari, che sarebbero da uccidere senza pensarci due volte.
 
Quanto ho dormito?.
 
Qualche ora.
 
E da quanto sono legata?.
 
Qualche minuto. Sembravi un pesce lesso mentre ti legavano. Hai gridato e ho provato a parlarti ma tu non mi hai lasciato entrare nella tua mente, eri come bloccata. In stallo. Cosa stavi sognando?.
 
Socchiusi le labbra e dilatai la mente pronta a rispondere ma un essere mostruoso si affacciò alla mia vista. Aveva, davvero, un becco e il corpo simile a quello di un uccello. Gridai spaventata, rotolando su un fianco e dimenandomi, quando mi prese in spalla. Tirai calci causandomi dolore, ma non m’importava, volevo solo che mi lasciasse. Le sue mani erano ferme sulla mia schiena e mi reggeva, stritolandomi. Mi sentivo un salame, un trofeo da portare in giro per tutto il loro accampamento.
 
E’ inutile. E’ tutto inutile, ora, Kira.
 
Mormorò Wyrda, abbassando il muso a terra con fare triste e rassegnato. Lo guardai smettendo di lottare e mi sentii stringere il cuore. Il mio drago, il mio compagno, era deluso da me? Era… deluso da me. Il mio migliore amico si stava arrendendo, dopo così poco tempo?.
Il Ra’zac con voce strascicata sibilò:
 
« Portatela dal Re Galbatorix ».
 
Dal re?!.
 
Wyrda alzò d’impeto il muso con occhi strani. Mi allarmai subito quando vidi due esseri avvicinarsi a lui e tirare le corde per riportarlo a terra, con un tonfo. Ringhiò contrariato da quella mossa e tentò di spiegare le ali, inutilmente. Dal naso, libero, uscì una nuvola nera e densa, fumo. Voleva sputare fuoco? Così si sarebbe solo fatto del male visto che aveva la bocca sigillata di metallo.
 
« Lasciatelo! Lasciatelo stare! » , urlai facendo voltare l’essere che mi teneva in spalla nella direzione del drago. « Falli smettere! », gli ordinai.
 
Lui ghignò qualcosa e successivamente mi lasciò cadere a terra, con un tonfo. Lo guardai mentre si dirigeva dai due che tenevano il drago e li allontanava con mano pesante.
Una folata di vento mi percosse da capo a piedi e qualcun altro mi caricò in spalla. Prima che potessi ribattere riconobbi la stretta forte dell’uomo e non potei fare a meno di sorridere.
Brom era arrivato, mi aveva trovata. Certo non sapevo come ma l’aveva fatto, ma l’importante era che mi aveva trovata, ovunque fossi finita.
 
« Tu non sai quanto, in questo momento, io ti adori », dissi.
 
Lui borbottò qualcosa e ci nascose dietro un albero. Tirò fuori dal fodero Aiedail e con un colpo secco tranciò le corde che mi legavano. Mossi i polsi indolenziti e guardai le ferite che avevo su di essi. Profondi solchi rossi li cerchiavano e si diramavano per tutto il braccio fino ad arrivare al gomito, come se un serpente mi avesse stritolata e io non me ne fossi resa conto. Forse era stato quello il dolore che avevo sentito nel sogno. Certo. Con un grugnito, Brom, posizionò le mani su di essi e cominciò a recitare parole nell’antica lingua. Ogni tanto lanciava sguardi eloquenti alle mie spalle per accertarsi che nessuno ci avesse trovati.
Il dolore diminuì velocemente, e quando le ferite furono rimarginate mi trovai a sospirare di sollievo. Una folata d’aria fredda fece muovere le foglie sopra di noi e mi accarezzò la pelle, rinfrescandola.
 
« Resteranno le cicatrici », disse Brom, alzandomi un braccio per farmi notare che le solite diramazioni di poco prima erano diventate chiare, ma c’erano.
 
Inorridii e riabbassai con un gesto secco il braccio, concentrandomi sugli occhi di mio zio.
 
« Perché? », domandai soltanto. L’idea di dovermi portare dietro per tutta la vita quelle cose mi faceva ribrezzo. Come avrei potuto, d’ora in avanti, guardarmi su qualche superfice riflettente, senza inorridire?. Come avrei fatto a essere sicura di me?.
 
« Devono aver usato qualcosa di potente », si limitò a dire, poi con dolcezza poggiò le mani sulle mie spalle e  mormorò,« Questo probabilmente non è il momento più adatto, lo so, ma c’è una cosa che devo darti ».
 
I suoi occhi corsero per la vegetazione dalla quale cominciavano a provenire strani rumori.
 
« Si sono accorti che non ci sono », esclamai cominciando a respirare velocemente.
 
L’idea di dover affrontare quei cosi, dentro di me si presentava come un mix di paura e pensieri negativi. Se non c’è l’avessi fatta e mi avessero ricatturato? Se mi avessero ucciso? Se avessero deciso di fare del male a Wyrda?.
 
« Wyrda! Zio, Wyrda è ancora la! », mi allarmai alzandomi velocemente, ma lui mi tenne bloccata alla corteccia dell’albero dietro il quale stavamo.
 
« Ascoltami », ordinò, « Libera Wyrda, con la spada di tua madre, io mi farò inseguire e li distrarrò ».
 
« No, no zio! E’ una cosa… una missione suicida! ».
 
 « No, non la è se mi ascolti », si passò la lingua sulle labbra e respirò a fondo.
 
I versi dei Ra’zac si facevano più vicini e io mi guardavo attorno spaesata e impaurita.
 
 « Devi andare via di qui, mi hai capito Kira? Tu e il tuo drago dovete andarvene! La sella di tua madre è pronta, l’ho portata dove prima tenevi Wyrda. Mettigliela e andate via. Usa la cavalla, per destare meno sospetti e vattene. »
 
Mi portai una mano ai capelli, cercando di ignorare la ragnatela di cicatrici che l’adornava. Gli occhi scuri di Brom erano imploranti, ma non lasciavano trapelare nient’altro.
 
« Come farò ad andarmene se saprò che tu sei qui, a lottare con quei cosi? », chiesi cercando di riprendermi.
 
 « Io starò qui, salverò Eragon, ti raggiungeremo », poi mi prese una mano e la strinse forte, baciandone il dorso,  « Ti troveremo, è una promessa. Ma tu devi andartene, per il tuo bene. Ok? ».
 
Annuii rizzando la schiena e alzando il mento poi presi la spada che era a terra e sfilai il fodero dalla cintura di Brom, legandolo nella mia. Quando ormai i passi dei mostri erano troppo vicini a noi, Brom, senza aspettare nemmeno un attimo, cominciò a correre velocemente nella direzione opposta all’accampamento e loro lo seguirono. Li sentii gridare e sguainare le spade, poi i rumori si attenuarono e rimase solo il suono del mio respiro. Cominciai a correre velocemente verso l’accampamento e quando arrivai non mi feci problemi a sfogare la mia frustrazione contro le catene che imprigionavano il mio drago. Con un urlo spezzai quelle che gli tenevano le ali, che lui alzò al cielo. Gettando la mia rabbia nella lama di Aiedail, gridai ancora, spezzando quelle sulle zampe e la coda. Per l’ultima, presi un bel respiro e portai indietro le ciocche ribelli, poi tranciai le catene che sigillavano l’enorme museruola.
 
Bel lavoro, bimba.
 
Sorrise, a modo suo, Wyrda, issandosi sulle zampe maestose e ruggendo verso il cielo. Scosse le spalle e sbatté le ali, stiracchiandosi. Mi guardai attorno. Nessuno era rimasto all’accampamento.
 
Torno al villaggio, prendo la cavalla e ci vediamo al fiume.
 
Spiegai velocemente.
 
Cosa?.
 
Fai come ti dico, lucertola cresciuta. Dobbiamo andarcene. 
         
Wyrda mi rifilò un occhiata, borbottando, e spiccò il volo lasciando dietro di lui una scia turbinante di vento, terra e foglie. Mi coprii gli occhi con le braccia e quando tutto cessò presi a correre. Non ero mai stata brava nelle corse, anzi, avevo avuto molti problemi sin da bambina, ma non potevo arrendermi ora.  Respirando a fatica raggiunsi casa, dove entrai decisa a cambiarmi. Non potevo fuggire con addosso un abito da donna, ingombrante. Frugai fra la roba di mio zio, nella sua camera, quando un baule saltò ai miei occhi. Era un normale baule, ma sopra c’era inciso il nome di mia madre. Mi gettai ai suoi piedi e l’aprii. Un forte odore di vecchio si propagò per la stanza mentre spostavo i vestiti dal contenitore al pavimento. Quando le mie dita toccarono della pelle mi affrettai a scavare più a fondo. Sorridendo, alzandomi in piedi, rimasi intenta a guardare la divisa che avevo davanti.
 
Datti. Una. Mossa.
 
Sibilò Wyrda insinuandosi nei miei pensieri.
 
Scusami, arrivo.
 
Con fretta mi tolsi il vestito, sporco e distrutto, e infilai, saltellando, i pantaloni di pelle e la camicia coprendola con un mantello verde cristallo. Indossai, anche, un paio di guanti rigidi che arrivavano sopra il gomito, in modo da poter nascondere le cicatrici. Recuperai il fodero della spada, legandomelo in vita, e saltai giù dalla finestra, atterrando leggera in un turbine di stoffa color foglia. Presi a correre, sotto gli sguardi incuriositi della gente, e svoltai, rischiando di cadere, quando raggiunsi le stalle. Trovai la cavalla sellata, segno che Brom era già stato li, e montai spronandola a perdi fiato.
 
 
 





Piccola mia,
Non ho molto tempo.
Mi piacerebbe dirti quanto tengo a te, quanto ti vorrei vedere crescere, ora più che mai. Sei un tassello importante di questa storia, Kira, resta tale. Brom si occuperà di te. Ci sono segreti, piccola mia, che devono restale tali, ma altri che devono essere svelati. Mi rendo conto che non dovrebbero essere svelati così, come sto per fare io, ma è importante che tu li sappia: L’uovo che ora custodisci, o il drago che sta al tuo fianco, l’ho rubato. Volevo per te quello ce ho vissuto io. Essere un cavaliere, Kira, è una cosa tanto bella quanto pericolosa. Tieni stretto a te il tuo drago, proteggilo come faresti con un gioiello. Lui proteggerà te, a costo della sua vita. Ricordati che se un drago muore il cavaliere vive, ma se il cavaliere muore anche il drago ha lo stesso destino. Piccola mia, c’è un ultima cosa: Brom non è mio fratello, e questo vuol dire che non è tuo zio. Non odiarlo per averti mentito, io gli ho chiesto di farlo. Non volevo sapere, non volevo credere, che dopo la mia morte, perché se stai leggendo questa lettera vuol dire che mi è accaduto qualcosa di molto grave, tu saresti cresciuta con quell’inetto di tuo padre. Un uomo abbandonato al gioco e al vizio. Brom è sempre stato come mio fratello, e io mi fidavo solo di lui, come dovresti fare tu. Fai quello che ti dice.
Se hai questa lettera, vuol dire anche, che lui te l’ha fatta trovare e vuole sapere dove andrai.
Dirigiti verso il deserto di Hadarac, tieniti lontana dalla capitale e da Galbatorix, prosegui ai monti Beor e segui il corso del fiume Zannadorso. Arriva a un lago e procedi finché non troverai una cascata. Batti tre volte con una pietra su un masso e grida “  Ai’ varden abr du Shur’tugalas gata vanta ”. Fidati dei Varden, ma stai lontana dalla guerra piccola mia. Brom ti raggiungerà li, ne sono sicura. Lui non manca mai a una promessa data. Abbi fiducia in quell’uomo. Abbi fiducia in te e ricorda che io ti amo. Ti amo con tutto il mio cuore.
 
Con amore,
mamma.  
 





Hola piople.
Ricapitoliamo? Ma si!

Ricapitoliamo :
In questo capitolo :

L'ho dovuto riscrivere, circa, 10 volte perché il mio genio di computer non lo salvava mai. Perciò la mai voglia di scriverlo è andata a farsi benedire! Qindi presumo sia uno schifo.

La nostra Kira ha segni indelebili sulle braccia, ora. Chissà chi di voi indovinerà cosa c'era sulle funi con cui è stata legata.
Brom la salva, dolce no? Le fa trovare anche la cavalla sellata e la lettera... bhe quella scopriremo poi.

Capitolo sipirato da: Sulle ali del destino.

Nel prossimo capitolo :

S-O-R-P-R-E-S-A.

*SooorisoallaBoe*


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Kira
 
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« Dobbiamo andare via », dissi in tutta fretta, allacciando l’ultimo sottopancia della sella di Wyrda. Era molto simile a quella di un cavallo, con la differenza che era grande il triplo e aveva due sottopancia e un pettorale giganteschi. Lui mi squadrò con i suoi occhi enormi, che avrebbero potuto mettere timore nel cuore del più grande guerriero, prima di alzare il muso al cielo e annusare l’aria.  La volta stellata sopra di noi era una coperta, per la notte. Avrebbe coperto le nostre tracce, e non desideravo altro. Montai in groppa alla grigia e sospirando rivolsi un ultimo sguardo a Carvahall, che nel buio era illuminato da poche torce. « Muoviamoci. Prossima tappa Therinsfords », sospirai.
Torneremo, un giorno, mi rassicuro Wyrda.
 « Non torneremo mai. Da quello che ho capito Galbatorix è alleato dei Ra’zac e perciò, se quei mostri erano li, ed erano così tanti, non credo che il nostro villaggio resterà in piedi ».
Sei tragica, è? Ti ricordo che la speranza è l’ultima a morire.
Un ruggito si propagò per i boschi dietro di noi. Ci voltammo velocemente ma prima che me ne rendessi conto qualcosa, di duro e piatto, mi colpì il cranio facendomi partire la testa. Chiusi gli occhi e crollai sul collo della cavalla. L’ultima cosa che vidi fu Wyrda ringhiare, e poi pensai a quanto stupida fossi stata a restare per ancora così tanto tempo vicino al villaggio. Avrei dovuto pensare che ci avrebbero trovato. E ora, cosa ci restava da fare?
 
 
C’è tanto buio attorno a me. Ancora le ombre, ma niente più dolore. Sento un ronzio. No, non è un ronzio è… è un respiro. E’ un respiro forte e carico di tensione e rabbia. Provo ad aprire gli occhi ma sono troppo stanca per riuscirci e mi fa male la testa.
 
 
 
Wyrda si lasciò legale le ali, e il muso e guardò gli strani esseri legare sulla schiena della cavalla Kira. Una rabbia gli ribolliva dentro, una grande rabbia repressa che avrebbe scatenato nel momento opportuno. Mentre il gruppo di mostri cominciava a camminare, una figura oscurò il cielo in lontananza. Era grande, quasi quanto lui, forse leggermente di più, ed era nera, più nera di una notte senza luna. Con i suoi occhi di ghiaccio scrutò l’ombra muoversi silenziosa e planare su di loro, con abilità.  Un grosso drago nero si piazzò sulla traiettoria dei Ra’zac, e loro indietreggiarono, leggermente spaventati. Un uomo saltò giù dalla groppa del grosso animale, e restò nell’ombra, accanto al bestione nero, accarezzandogli tranquillamente le squame.
« Sono venuto a vedere cosa combinavate », iniziò il discorso una voce possente e sicura,  « A quanto pare avete adempito al vostro compito », continuò, riferendosi con un cenno del capo a Wyrda.  « Ma non vedo il cavaliere, dov’è? ».
« R-rre Galbasssstorix », balbettò uno dei mostri facendosi avanti rispetto al resto dei compagni,  « La ragassssa è svenuta », e mostrò con un ampio gesto della mano, ala… cosa Kira, priva di vita sulla sua cavalla.
Il re irrigidì la mascella e lasciò il fianco del drago nero, che si era messo a scrutare  l’albino con circospezione, tramite i suoi occhi azzurri e freddi. Wyrda alzò il muso e il collo, con fare intimidatorio e scoprì di essere grande quanto la cavalcatura del re.
« E sentiamo… come mai è… svenuta? », Galbatorix girò attorno alla cavalla finché non arrivò dalla parte opposto, dove la guancia di Kira poggiava sui crini grigi dell’animale.
« Una gesto avventato da parte di uno dei miei compagni, sire ».
Il re rugghi’: « Gesti avventati! Ne state facendo troppi per i miei gusti! », poi spostò una ciocca di capelli dal volto del cavaliere e sospirò.  « Slegatela, presto! E montatela su Shruikan! », indicò il drago nero,« E badate di non farle altro male ». Poi con un mezzo giro di tacchi gli occhi del sovrano si posarono su Wyrda, ancora intento a freddare il nero drago con gli occhi chiari.
E tu, devi essere la cavalcatura di…
Kira, ringhiò l’albino voltando con velocità il capo e abbassandolo tanto da raggiungere la testa del re, Non le è ai stato detto che parlare con un drago altrui è disdicevole, sire?
Oh, ma guarda un po’ un draghetto tutto pepe, l’uomo rise a voce alta e si avvicinò ancora, arrivando davanti a uno degli occhi bianchi dell’enorme drago. « Sei più grosso di quello che mi aspettavo, anzi non sei proprio quello che mi aspettavo », scrocchiò le dita.
Infatti, non lo sono. Io sono Wyrda e sono il secondo drago di Carvahall.
 « Il secondo? », Galbatorix sbarrò le palpebre, sorpreso.
Azzurro è il suo manto, azzurri sono i suoi occhi. Lei è femmina e non è donna chi la cavalca. Eragon è il nome del giovane che ha scovato il primo uovo.
 « Quanti mesi hai? », s’incuriosì allora il re.
Non molti.
« E sei già così grosso? », il sovrano armeggiò con la grande museruola di ferro che teneva la bocca di Wyrda serrata e la sganciò, sorprendendo il drago bianco e anche quello nero. « Facciamo un accordo, drago », sussurrò Galbatorix, sfilando di poco la gabbia delle sue mascelle, « Io ti libero, e tu ci seguirai nella capitale e convincerai il tuo cavaliere ad unirsi a me, e me soltanto. Sennò, se si rifiuterà, le pianterò io stesso un coltello nel cuore, e tu sai che quando un cavaliere muore, muore anche il suo drago. E poi, cosa ci otterrei io a uccidere una tale bellezza, mh? E non sto parlando solo di te, drago ».
Wyrda lo fissò, poi spostò lo sguardò su Kira che era maldestramente trasportata da due Ra’zac che borbottavano fra loro. Si sentì stringere il cuore, non solo perché, in un qualche strano modo, riusciva a sentire i sentimenti di lei, ma anche perché non aveva altra scelta.
Lo farò, si ritrovò a dire in tutta fretta, ma tu di ai tuoi esseri di trattare bene Kira!
Il re sfilò del tutto la museruola, lasciando così libere le fauci del bianco, e poi guardò i mostri trasportare la ragazza verso il suo drago nero, che camminava nella loro direzione, per diminuire il percorso che i due dovevano fare, e forse anche perché gli dispiaceva per lei.
  « Oh lasciatela a me! », ringhiò il sovrano. Accorse dai due e prese la giovane fra le braccia, stringendola al petto come se fosse stata un oggetto prezioso e inestimabile. « Branco di stupidi, certo che non avete proprio tatto con le donne! », aggiunse mentre la issava sulla sua sella.
Ehy!, lo richiamò Wyrda attirando la sua attenzione, come potrò seguirti se le mie ali sono legate?
Hai ragione, Wyrda. Mi dispiace, provvederò subito.          
E detto fatto, dopo un ordine dato, le ali del giovane drago erano libere di spalancarsi e fendere l’aria.
 
 
 
 Devi essere un lontano parente di Bid’Daum, il primo drago del primo cavaliere, Eragon,  fu la prima frase che Shruikan disse a Wyrda. La sua voce era possente e aveva potere. I loro occhi s’incontrarono per un breve istante e si scontrarono. Si sarebbe potuta definire l’incontro del mare con la spiggia.
Dici davvero?
Bhe, Bid’Daum era bianco, e di draghi bianchi non c’è stato che lui. E ora tu, e sei molto grosso per avere pochi mesi. Pensandoci bene potresti essere uno dei figli di Belgabad, uno dei draghi caduti in battaglia. E’ molto probabile che sia così. Quando saremmo nella capitale indagheremo.
Ma se ci vedessero?
Possiamo viaggiare nei suoi dintorni, la gente sa che io esisto.
Tu non ti sei mai nascosto?
Non ne ho mai avuto bisogno.
Dopo quelle parole Wyrda tornò a concentrarsi sul volo. Nella mente gli ronzava l’idea di poter andare in giro a curiosare e volare senza doversi nascondere, e in più con un suo simile ora. Magari, in fondo, Galbatorix non era così malvagio come tutti dicevano, come la lettera della madre di Kira diceva. Forse era solo un incompreso.

 





Hola pimpe :3
Ricapitolando :
 
In questo epis… capitolo:

Kira è pronta a fuggire ma I Ra’zac le fanno un’imboscata.
Wyrda scende a patti con Galbatorix, tradendo tutti I suoi ideali.
Il re dimostra interesse per la giovane, tanto che la tiene con se in sella.

 Preso spunto da: Sulle ali del destino.


Nel prossimo capitolo :
Un risveglio davvero inaspettato.
Ragazze/ragazzi, ho deciso che d'ora in avanti aggiornerò la storia una/due volte a settimana, in modo che i capitoli siano più lunghi e strutturati meglio.
*sorrisoallaBoe*

Ecco una foto del drago nero di Galbatorix (immaginate che gli occhi siano azzurri)

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Kira
 






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Quando ripresi conoscenza attorno a me c’erano delle mura. Ero in una stanza dai muri di pietra, arredata come se fosse stata parte del castello di qualcuno d’importante. Io ero stesa su un letto, di fianco, con i capelli sciolti e mossi sul cuscino. La testa mi faceva male, proprio dove mi avevano colpito, e facevo fatica a tenere gli occhi aperti. Prima che avessi tempo d’ambientarmi la porta della camera si spalancò e una donna, di bassa statura e con una divisa da cameriera, vene verso di me. Reggeva fra le braccia un fagotto di vestiti dai mille colori, che andavano a fare contrasto con la sua divisa nera e bianca. I capelli neri, filati di bianco, fuggivano dalla cuffietta che aveva in testa e sul volto aveva una smorfia di dolore. Mi alzai poggiando la schiena alla testata di legno lavorato e piegai la testa di lato. Povera donna, mi faceva pena.
« Buon giorno… pomeriggio… » mormorai accarezzandomi una guancia imbarazzata. Quella mi fissò, bloccandosi al centro della stanza e sorrise leggermente.  « Buon giorno a lei miss », disse facendo un leggero inchino. « Dove siamo? » chiesi lanciando un’occhiata fuori dalla grande finestra a lato della stanza. Da essa arrivavano urli di venditori, grida di bambini e ordini per i soldati. Il sole entrava da essa attraversando le fini tende verdi pastello e gettandosi sulle venature della pietra del pavimento.  « Siete nella capitale di Re Galbatorix, mia signora », poggiò il fagotto di vestiti su una sedia. Sbattei le palpebre incapace di come interpretare quell’informazione. « S-scusi può ripetere? » sussurrai allungando il collo verso di lei. La cameriera prese fra le mani un vestito e lo distese davanti a se, per poi voltarsi a mostrarmelo.  Sembrava essere di soffice velluto, era grigio e aveva delle decorazioni nere che impreziosivano il tutto partendo dalla scollatura a semi cerchio, continuando sui fianchi e concludendosi sull’orlo. La schiena aveva un profonda scollatura che avrei coperto con i capelli. « Mia signora, siete a Uru ‘baen, la capitale dell’impero », mi ripeté lei.
Come cavolo ci sono arrivata qui?!, mi gridai, e dov’è Wyrda?!
« Il mio drago? », domandai. La donna alzò gli occhi chiari verso di me e sorrise, inaspettatamente. « Il vostro drago è a caccia con quello del re. Il sovrano ha pensato che sarebbe stato… utile al vostro animale imparare a riconoscere questi posti ». « Come sono arrivata qui? ». « Quante domande, mia signora. Siete proprio una ragazzina curiosa », sorrise divertita, « Ora, prego, alzatevi e io vi aiuterò a vestirvi ». Imbarazzata, mi alzai e l’asciai che la donna di servizio mi aiutasse. Parlai con lei, incuriosita da tutto e scoprii che il re stesso mi aveva portata in quella camera, che ero arrivata svenuta e che il mio drago non era potuto entrare nel castello perché troppo debole e bisognoso di cure. Wyrda provava il mio dolore, a detta di Clarisse ( il nome della donna ) più di qualsiasi altra creatura avesse mai visto. Venni a sapere anche che avevo dormito per tre giorni buoni perché la botta che avevo ricevuto era stata bella forte.
 
 
Questa me la pagherai, Wyrda, ringhiai mentre Clarisse mi scortava nella stanza del trono. Attorno a noi i corridoi erano ricchi di arazzi e quadri, oggetti preziosi e guardie armate. Se solo ripensavo a quello che mia madre aveva scritto nella lettera non potevo sentirmi che male, dopo tutto avevo, Wyrda aveva praticamente abbandonato i sui consigli. Inciampai sul mio stesso abito e caddi a terra proprio mentre arrivavo a destinazione. Una mano si protese verso di me ma la ignorai e mi alzai da sola con uno sgarbato: “Faccio da sola”. Quella si ritrasse non appena fui in piedi e mi misi a pulire l’abito. « Che caratterino », rise il ragazzo che avevo davanti. Alzai lo sguardo, spostando i capelli che mi erano ricaduti sugli occhi indietro e socchiusi le labbra. Davanti a me si ergeva un corpo allenato, reso ancora più grosso dagli abiti che portava, di un ragazzo dai capelli scuri come l’ebano e gli occhi castani. La sua bellezza era disarmante e fin troppo conosciuta ai miei occhi: assomigliava a Eragon in un modo impressionante. Forse il ragazzo che avevo baciato non era alto e forte come lui ma alcuni tratti del viso erano identici ai suoi. Oh cielo, pensai.
« Perdonatemi la domanda, miss, ma avete perso la lingua? », rise. Mi ripresi immediatamente e gonfiai il petto. « Quello che perdo non è affar vostro, signore ». « Siete aggressiva », mi punzecchiò quando  lo superai. Non risposi e continuai a camminare in direzione del trono, vuoto. Di sicuro sua grandiosità maligna Re Galbatorix doveva ancora bearci della sua presenza: e come farlo meglio se non facendosi attendere? Il ragazzo mi seguì mettendosi al mio fianco.  « Io sono Murtag », si presentò bloccandomi la strada. Lo guardai prendermi la mano e sfiorarla con le labbra.
Murtag… non male, sorrisi. « Io sono Kira. Cavaliere di Draghi », dissi aggiungendo l’ultimo appellativo come se potesse rendermi più importante.  « Lo so. Ho avuto modo di vedere il vostro animale proprio questa mattina. Lasciate che mi complimenti con voi, mia signora. Per l’età che dice d’avere è sorprendentemente grosso e loquace ». « Si, lo so. Wyrda è un esemplare a se, come potete aver notato », mi vantai io. Presi la gonna fra le mani, in modo da camminare meglio e lo scansai ancora.  « Anche voi siete un cavaliere, Murtag? » m’incuriosii.  « No, mia signora », rispose abbassando il capo. Aprii la bocca per aggiungere altro ma la porta in fondo alla sala si aprì con impeto e una figura si diresse da noi in gran carriera. « Oh Murtag! » esclamò l’uomo fermandosi davanti a noi, « Vedo con piacere che hai già conosciuto la nostra inaspettata ospite ». Poi si rivolse verso di me con una piccola riverenza e mi baciò la mano.  « Mia cara, non sai che felicità vederti finalmente in salute. Coloro che ti hanno fatto del male sono periti per mano mia », m’informò. Lo scrutai e nei suoi occhi scuri lessi la bugia, l’odio e la tirannia. Rabbrividii dentro di me, sapevo solo di una persona che poteva nascondere tutto quello al loro interno e non mi piaceva per nulla: Re Galbatorix.  « Sire », m’inchinai stando al gioco, « E’ un piacere poter vedere il volto del mio salvatore, e al contempo salvatore del mio drago », mentii. Anzi avrei preferito morire piuttosto che stare li. Gli occhi del sovrano s’illuminarono alle mie parole e lui sorrise. « Dimmi, mia cara, come ti senti? » domandò accarezzandomi una guancia. D’istinto cercai gli occhi di Murtag, uguali a quelli di Eragon, e racchiusi nei miei tutto il dolore e la paura che potevo. « Molto bene, mio signore », abbassai per un attimo il capo. « Questo vestito ti dona molto, sai mia casa? », sorrise l’uomo mettendomi una mano sotto il mento per far si che lo guardassi negli occhi. I suoi erano diventati gelidi, ma in qualche modo dolci da far rabbrividire chiunque. Porsi nuovamente una svelta occhiata al ragazzo. Il giovane, diciottenne sicuramente, fece un passo avanti e toccò la spalla al re, sorridendogli ingenuamente. « Mio signore, che ne dite se portassi la giovane ospite a visitare la città? ». Di di si, di di si!, pregai. « No, mio caro Murtag. La nostra Kira si è appena ripresa e credo preferisca stare nel castello ad aspettare il ritorno del suo drago », poi si voltò verso di me e disse ( con un tono che non lasciava repliche):  « Non è forse così, mia signora? ». Ingoiai un fiotto di saliva  e annuii, tenendo lo sguardo basso.
Ora capivo cosa mia madre intendesse con “stai lontana da lui”. Quell’uomo aveva la capacità d’incuterti terrore, ed essere fermo nella voce quando voleva che le cose andassero come desiderava.  
 « Allora che ne dice se la portassi a visitare il castello? Scommetto che alla nostra ospite andrebbe », tentò di nuovo Murtag allungando una mano verso di me. Mi affrettai a prenderla e la strinsi forte, infondendoci tutta la mia paura. Gli occhi scuri di Murtag si rabbuiarono e mi tirò leggermente verso di se, incrociando le nostre dita come ragnatele. Gli occhi del sovrano si posarono su quelle e così mi lasciò andare, controvoglia. « Come desideri » disse l’uomo,  « Ma stasera gradirei avervi a cena, entrambi » . Scambiai uno sguardo con il ragazzo e poi tornai al re. « Ne sarei onorata, mio signore », sorrisi, mentre dentro morivo di paura e tristezza. Quando Wyrda sarebbe tornato l’avrei ucciso con le mie stesse mani per averci messo in quel pasticcio. 
       




Scusate il ritardoooo e l'orrendezza di questo orrido capitolo!!!
Ho iniziato la scuola l'11 e sono già piena di compiti, mannaggia ai professori cazzoooo! W la finezza.
Vi voglio bene <3                                                                                                                                                                                                                                                                  

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Kira
 








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Le pareti di roccia del castello ci sovrastavano e accompagnavano nel nostro percorso. Eravamo appena usciti dalla sala del trono e le nostre dita erano ancora intrecciate fra loro, tremavo leggermente per l’incontro ravvicinato con il re. Scossi le spalle e dondolai la mano per staccarla da quella di Murtagh. Lui mi fissò sbattendo gli occhi scuri, tanto simili a quelli del “mio” cavaliere. Mi mancava così tanto, troppo. Sospirai e mi passai una mano sul polso. L’intricata coreografia di cicatrici sopra la pelle si disegnò sopra le mie dita. « Maledizione », sussurrai interrompendo o bruscamente la presa su me stessa. « Cosa c’è? », domandò curioso il ragazzo lanciandomi un’occhiata. « Nulla, nulla… », lo guardai senza vergogna e gli sorrisi. Forse le mie guance si colorarono di rosso, perché lui allungò una mano e mi diede un buffetto dolce sulla guancia. Borbottai leggermente, e voltai la testa ritrovandomi davanti ad un quadro raffigurante una figura severa. Mi bloccai e, congiungendo le mani al ventre, cominciai a guardarlo curiosa. Era una figura alta, dalla costituzione magra ed elegante. Il volto era rigido e contratto in una smorfia di vittoria silenziosa. In mano reggeva una spada verde dall’impugnatura d’argento brillante. Aveva i capelli lunghi e scuri e gli occhi erano come due buchi neri, pericolosi e minacciosi. Indossava un’armatura d’argento molto stretta, sebbene in teoria dovessero essere molto larghe e pesanti, ma lei non sembrava farci caso. Alle sue spalle si ergeva una figura gigantesca ( non paragonabile a Wyrda, certo. Ma faceva la sua figura), che risplendeva sotto il sole, di un verde brillante e gli occhi di ghiaccio. « Parlami di lei, Murtag », gli chiesi sebbene avessi riconosciuto la figura, « E di cos’è fatta quell’armatura? Sembra così… leggera ». Il ragazzo mi si accostò e indicò per prima cosa le vesti della ragazza. « Questa è un’armatura fatta su misura dagli elfi. Era stata forgiata da uno speciale argento, intrisa di una sostanza unica, che non permetteva alle lame nemmeno di scalfirla. Era… magica, se così si può definire », ritrasse la mano e piegò leggermente la testa verso di me. I suoi capelli s’intrecciarono coi miei ma nessuno dei due ci fece caso più di tanto. « Lei era Lexie, l’amante di Galbatorix. Credo che tu sappia come e perché Galbatorix divenne re, giusto? », domandò fissandomi. Io lo guardai e annuii, così lui continuò: « Diciamo che dopo un po’ di tempo le cose fra i due andarono davvero male e così… bhe, Lexie scelse di allearsi con i cavalieri contro Galbatorix, e persero… Per quello che ne so, circa quindici anni fa Galbatorix, l’unica volta che uscì da palazzo la rincontrò e ».  « Quasi sedici », intervenni io. « Come? », sbatté le palpebre lui. « Fra qualche mese saranno sedici anni ».  « Come lo sai? », s’incuriosì. « Perché, credo che quando si rincontrarono lui la stuprò, e la mise incinta », mormorai persa nel nulla dei miei pensieri. « Bhe, se fosse così, e io fossi il frutto di quella cosa », rizzò le spalle Murtagh, « Non vorrei sapere di vivere col sangue di quel pazzo nelle mie vene. E io me ne intendo di sangue pazzo ».  « Allora siamo in due ».  « Cosa, perché? ».  « Perché credo di essere la figlia illegittima del re », dissi, convincendomi da sola. Insomma, mia madre l’aveva scritto nella mia lettera (sottintendendolo) che mio padre era un pazzo, e non era quello che avevo “conosciuto” da bambina. « Cosa, come?! ».  « Lei era mia madre », ammisi allungando una mano verso il dipinto, per accarezzarlo. La stoffa sotto le mie mani era liscia, a causa dei colori a olio, e delicata. Sentii le lacrime affiorarmi agli occhi, talmente in fretta che non riuscii a fermarle. Abbassai il volto, in modo da coprirlo con i capelli e repressi un singhiozzo. « Tutto… tutto bene? », domandò indeciso il giovane. Poggiò una mano sulla mia spalla e io lo guardai, vedendo il mio riflesso nei suoi occhi. Avevo guance e occhi arrossati ma sorridevo, nonostante tutto.
 
Il resto della giornata passò velocemente. Murtagh mi portò in giro per il castello e io riuscii a imparare le varie strade per arrivare alla mia camera. Mi insegnò i nomi dei Cavalieri dei Draghi che avevano servito il re, nella sua folle conquista. Mi portò alle stalle e mi fece conoscere il suo servo Tornac. Un uomo, che a dire del giovane dai capelli scuri, era fidato e leale. Mi parlò anche di sua madre, senza mai farne il nome. Mi disse che lei era stata innamorata di Morzan, più fidato cavaliere del re, e che poi era rimasta incinta. Mi aveva rivelato che suo padre l’aveva costretta più volte a fare la spia, e che lei, per tenere al sicuro il figlio, aveva fatto un incantesimo agli altri rinnegati in modo che non sapessero dell’esistenza del giovane. Poi eravamo passati ad argomenti più delicati: mi aveva detto, e mostrato, la cicatrice che suo padre gli aveva fatto, quando lui aveva solo tre anni, durante un attacco d’ira. A quel punto non ero riuscita a trattenermi oltre e l’avevo stretto a me, sebbene lui fosse leggermente più alto. Lui, sorpreso non aveva potuto fare altro che ricambiare. In quel poco lasso di tempo non avevo potuto fare a meno di notare quanto la sua presa potesse sembrare così simile a quella di Eragon. Erano presso che identiche. Ma come possono due persone così diverse, e sconosciute, avere tanto in comune ai miei occhi?, pensai. 
 
La sera mi cambiai: indossai un abito di stoffa morbida e rossa, che non riconobbi, dai ricami bianchi e dalla gonna liscia. La domestica mi intrecciò i capelli in due complesse trecce e poi li tirò in alto, fermandoli sulla testa. Percorsi, poi, in tutta fretta gli svariati corridoi, essendo già in ritardo, e mi fermai solo quando davanti a una stanza vidi due guardie appostate. Mi avvicinai cautamente e gentilmente chiesi: « Voliate scusarmi, signori. Sapreste dirmi in quale ala del castello sta cenando il Re? », poi notando che i due mi lanciavano solo strane occhiate aggiunsi, « Avrei dovuto cenare con sua maestà, questa sera, ma mi sono persa ». Le due guardie si guardano ancora e poi una di loro disse: « Sua maestà è dietro questa porta, chi siete voi? ».  « Kira, la ragazza che possiede il drago bianco. Sono un cavaliere », annunciai con fierezza. Loro rimasero muti e poi abbassarono il capo. Uno aprì la porta permettendomi d’entrare.
Dentro la stanza era pieno di candele, e un grosso candelabro pendeva sopra un tavolo rotondo. Dentro dei buchi al suo interno sostavano enormi ceroni neri, che illuminavano tutto a giorno. Sul piano d’appoggio era stata stesa una suntuosa tovaglia, piatti ricamati da intricati disegni, che si univano sui loro bordi, e cibi di tutti i generi. Vino in abbondanza e niente acqua, purtroppo per me. M’inchinai leggermente quando fui davanti al re e mi accomodai alla sua sinistra. Quando mi guardai attorno notai che Murtagh ancora non c’era. M’insospettii, ma non domandai. Iniziammo a mangiare, silenziosi. Tutto era muto, imbarazzante finché l’uomo non decise di rompere il ghiaccio. « Allora, cara », Galbatorix intrecciò le proprie dita difronte al volto,  « Com’è andato il giro del castello con Murtagh, oggi? ».  « Oh, bhe… è stato molto istruttivo, Sire. Ho imparato davvero molte cose. Ma l’unica parte che non ho visto sono state le prigioni », punzecchiai un po’ il cibo che avevo nel piatto con la forchetta,  « Ed è strano, perché di solito sono le prime cose che vorrei vedere. Ma Murtagh me l’ha proibito ».  « Vorresti visitare le prigioni, e perché mai? », s’incuriosì.  « Mi sento attratta da quel posto », ammisi, « E’ come se ci fosse qualcosa che mi chiama, qualcuno… ma lasciamo perdere le sembrerò una pazza. Piuttosto, dov’è Murtagh? ». « Perché ti interessa? », domandò fin troppo bruscamente.  « Oh,bhe mio signore. I-io ero soltanto curiosa, mi dispiace di averla irritata », mi scusai subito.  « No, scusami tu. Non volevo, mia cara ». Prima che riuscissi a rispondere una nube si materializzò di fronte alla tavola. Da essa comparve un corpo, dalla pelle marmorea e le vesti nere e rosse. Le unghie talmente lunghe da sembrare artigli, e gli occhi talmente rossi da parre di sangue, come i capelli. Gridai spaventata, non riuscii a trattenermi e rabbrividii difronte all’essere degli inferi. Il Re si affrettò ad alzarsi, strusciando la sedia sul pavimento che stridette e mi tranquillizzò dicendo: « Non avere paura, mia cara. E’ un fedele alleato e amico », gli andò vicino e lo guardò negli occhi, « Con strane entrate in scena ».  « Ma mio signore, è uno spettro ».
 
 
 
 
 
WELA’
Ricapitolando:
 
In questo capitolo:
Argh, problemi per Kira.
Compare Durza, ma non si presenta  Wyrda.
 
Nel prossimo capitolo:
Bho, salterò vari capitoli dell’opera originale per velocizzare la vicenda. Ho deciso che aggiornerò ogni LUNEDI’.

AGGIORNERO' NON PIU’ DOMENICA MA LUNEDI’!

E scusatemi se è orrido, e sono in ritardo, ma la scuola mi svena già.
Love you all.                                           

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Kira
 
 



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« Vi ho spaventata, mia cara? » Chiese l’essere, la pelle di porcellana illuminata dalle candele mi faceva venire la pelle d’oca. Tutte le ombre che gli si disegnavano sopra non mostravano imperfezioni, era un essere etereo e perciò non ne aveva. La cosa era spaventosa. « Ne sono mortificato », tentò di avvicinarsi per il bacia mano, ma io mi ritrassi spingendo la sedia all’indietro per poi alzarmi. L’abito rosso che indossavo sfregò il pavimento.
« Mia signora », intervenne il re sorpreso.
« Non c’è la faccio, mi dispiace mio singore. » Ammisi io, specchiandomi negli occhi di rubino dello spettro.
Galbatorix mi fissò, il cipiglio del sul suo volto si appesantì fino a creare delle rughe sulla fronte. Le sue labbra si contrassero in una linea sottile e rosea. Congiunsi le mani al ventre, come facevo di solito, e alzai il mento. Gli occhi scuri di Galbatorix ebbero un lampo momentaneo. Che gli ricordassi mia madre, con quel suo carattere da femmina alfa? Probabile.
« Volgiate scusarmi sire, non pensavo che la mia presenza fosse così poco gradita », intervenne lo spettro. Entrambi rivolgemmo a lui lo sguardo e io tramai ancora. Era così cadaverico, e i suoi capelli erano così rossi, gli occhi brillanti e freddi.
« Non crei alcun disturbo, Durza, amico mio. Siediti e mangiamo. » Indicò l sedie attorno al tavolo, poi guardandomi aggiunse: « Tutti e tre. » Sospirai e facendomi forza mi accomodai al tavolino. L’unico rumore che emettevo era causato dalle mie stoviglie che sbattevano leggere contro i piatti, per il resto erano le voci del re e l’altro essere a riempire le mura di rumore. Tenevo lo sguardo basso tentando di non incrociare quello di Durza.
Wyrda.
Al rapporto, capitano. La voce giovane e possente del mio drago vagò per le pareti della mia testa, calmandomi. Dimmi tutto.
C’è uno spettro a tavola.
Ma è norma… Un che?
Spettro. Devo farti lo spelling? S-p-e-t-t…
Lo so cos’è uno spettro, donna. Non capisco cosa ci faccia li.
E’ un alleato del re. Wyrda, ho paura.
Alleato del re? Questa cosa non mi piace. Dobbiamo andare via di qui, Kira.
Non è tutto. Ho scoperto altre cose, devo restare per scoprire se quello che penso sia vero.
Cose tipo?
Potrei essere la figlia illegittima di Galbatorix.
Ok… cosa ti ha fatto quello spettro? Parlando da drago a ragazza: che cosa ti ha realmente fatto quello spettro?
Nulla. Murtagh mi ha raccontato la storia di Galbatorix e la sua amante, che ho scoperto essere mia madre, e così ho pensato fosse lui mio padre. Nella sua lettera Lexie diceva chiaramente com’era mio papà, e di certo non era quello che avevo al villaggio.
Non l’ho mai conosciuto… Ma…
Beato te, Wyrda. Non ti sei perso nulla.
Ma…
« Kira, mi stavi ascoltando? » Galbatorix mi pizzicò la mano.
Devo andare Wyrda. A dopo.
« Mio signore? » Alzai il capo all’improvviso. Gli occhi rossi dello spettro mi scrutarono interessati. Lo fulminai con un’occhiata e poi fissai il re.
« Sembravi persa nei tuoi pensieri, mia cara. » Strinse la mia mano nella sua e piegò la testa di lato. La sua stretta calda era rigida, e mi metteva a disagio. Dov’era quello stupido di Murtagh quando serviva?
« Vostra grazia, stavo pensando a Murtag: non è ancora arrivato. Comincio a preoccuparmi. »
« Kira, mia cara, mi è passato di mente: Murtagh non verrà. Ha preferito restare nelle stalle con Tornac. » Il mio cuore si fermò. Perché non ci avevo pensato prima? Lui non era mai in ritardo, anzi era sempre nel posto sbagliato al momento giusto. Non avrei dovuto meravigliarmi di non vederlo arrivare.
« Capisco. »
« Sembri delusa, mia cara. Questa cosa ti ha scosso? »
« Leggermente, mio signore. Se permettete, vorrei andare a trovarlo. » Galbatorix ritirò la sua mano e si pulì la bocca con il tovagliolo.
« Perfetto », sembrava scocciato, « vai pure mia cara. »
 
 
 
« Si può sapere perché non eri a cena? » Ringhiai frustrata a Murtagh, non appena misi piede nella stalla. Lui poggiò a terra la sua spada e Tornac lo colpì con il piatto della sua sul collo. Il ragazzo si voltò a guardarlo.
« Auch! Dovevi proprio farlo? » Chiese all’uomo. Il servo alzò le spalle e si poggiò l’arma su una di esse.
« Mai voltare le spalle al tuo nemico. Neanche se è una bella fanciulla a chiedertelo. » M’indicò con un cenno del capo. Io sorrisi e ricambiai il saluto con un cenno, a mia volta.
« Questa non è una bella fanciulla; questa è una piattola. » Murtagh si passò una mano fra i capelli e li scompigliò.
« Ma come ti permetti? » Sborbottai io, rossa di rabbia.
« Ok, me ne vado. Problemi in vista. » Tornac mi passò accanto e scomparve.
Aspettai di non sentire più i suoi passi e poi mi rivolsi al ragazzo.
« Non eri  a cena, ma ad allenarti! Ti sembra un comportamento adeguato, per un ragazzo di corte? » Lui m’ignorò e si sedette su una pila di paglia, asciugandosi il sudore della fronte con un fazzoletto. Ammetto che era estremamente sexy, ma per questo non potevo lasciargli passare il fatto che non era a cena.
« Ma che problemi hai? Mh? Non ero a cena, e con questo? Il re non spasima la mia compagnia, quanto la tua. »
« Non dire cavolate, Murtagh. Il re vuole te, come desidera me. Sei cresciuto con lui, come puoi credere che non ti voglia bene? » Presi le gonne fra le mani e mi sedetti accanto a lui. Era sera inoltrata e la luce lunare entrava dalle porte aperte della stalla, disperdendosi sul pavimento cosparso di paglia come un’onda argentea. Qualche filo illuminava persino il volto di Murthag, donandogli un aspetto più oscuro di quello che aveva di solito. « Mur… », lo richiamai in un sussurro.
« Impara una cosa riguardo la ita di corte, questa vita, la mia: nessuno potrà mai volerti realmente bene, Kira. »

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