A different school

di _Colours_ of the _Music_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - When Bad Luck follows you ***
Capitolo 2: *** Chapter 1 - Students are a bit strange ***
Capitolo 3: *** Chapter 2 - Sudden Meetings ***
Capitolo 4: *** Chapter 3 - First Day ***
Capitolo 5: *** Chapter 4 - Mission 'Friendship' ***
Capitolo 6: *** Chapter 5 - New Discoveries ***
Capitolo 7: *** Chapter 6 - New Friends ***
Capitolo 8: *** Chapter 7 - Arthur's story ***
Capitolo 9: *** Chapter 8 - Romano's story ***
Capitolo 10: *** Chapter 9 - Kiku's story ***



Capitolo 1
*** Prologo - When Bad Luck follows you ***


 
A “Different” School
 


Prologue – When bad luck follows you

Era una normale giornata invernale. Da pochi giorni aveva cominciato a nevicare, ma ormai tutta la città era ricoperta di bianco. Stavo tornando a casa dopo sei pesantissime ore scolastiche, un incubo.
E non lo dico solamente perché era stato tutto terribilmente noioso, ma anche perché quel giorno non mi sentivo affatto bene. La testa mi girava, avevo la nausea e l’unica cosa che avrei voluto fare era infilarmi sotto le coperte, indisturbata e soprattutto al caldo. Se c’era una cosa che in assoluto odiavo più di tutte le altre dell’inverno era il freddo pungente, dal quale nemmeno trenta cappotti ti avrebbero potuto salvare.
Insomma, il mio pensiero fisso in quel momento era “Voglio immediatamente tornare a casa.”
Non avrei nemmeno lontanamente potuto immaginare cosa sarebbe successo pochi minuti più tardi.
Ricordo solo che il cuore cominciò a battermi così velocemente da farmi male al petto, un dolore tremendo. La testa cominciò a martellarmi, mi sentivo malissimo. Penso che alla fine caddi, anzi svenni. Ricordo la neve fredda mista al ghiaccio che ricopriva il marciapiede contro la guancia, poi più nulla. Tutto si fece buio.
Non so nemmeno ora per quanto tempo rimasi incosciente, prima di svegliarmi e ritrovarmi in quella che mi sembrava la camera di un ospedale. Una stanza spoglia, anzi, quasi completamente vuota. E la prima cosa che vidi fu mio padre, accanto al lettino su cui ero sdraiata.
-Cosa è successo..?
Queste furono le mie prime parole. Mio padre sembrò illuminarsi, per poi ritornare quasi subito cupo come prima.
-Angel, tu… Hai avuto un problema.
“Bel modo di iniziare” mi dissi.
-Che tipo di “problema”?
-Diciamo che sei stata fortunata a essere stata portata subito qui..
Più mio padre parlava e meno capivo. Cosa intendeva dire? Cosa mi era successo di così grave? Ma prima che potessi chiedere niente, ricominciò a parlare.
-Il dottore ha detto che hai avuto un problema al cuore… Si chiama aritmia. Succede quando-
-Lo so cos’è, papà, ho diciassette anni ormai.
Lo sentii sospirare, anche se in quel momento ero troppo occupata a guardarmi intorno per guardarlo in faccia. Veramente stavo pensando a quello che mi era successo. Mi fingevo disinteressata, ma… aritmia? Avevo sempre creduto che fossi sanissima, che non avrei mai avuto problemi di quel genere.
-Dovrai restare qui ancora una o due settimane…
-Cosa?!
Non avevo mai avuto un rapporto molto “amichevole” con gli ospedali, a dire la verità. E il solo pensare di dover rimanere chiusa lì dentro per quasi quattordici giorni mi opprimeva.
In quel momento entrò proprio il dottore.
-Tuo padre ha detto la verità, Angel. Il tuo è un caso molto particolare. Sei stata fortunata ad essere arrivata qui in tempo. Se non ce l’avessi fatta, sarebbe stata praticamente la fine per te…
“Ma questo tipo è Mister Finezza in persona?”.
-Bello…
-E’ per questo che preferiamo tenerti d’occhio per almeno due settimane… E quando saranno terminate, vorremmo che tu ti trasferissi in una nuova scuola.
-Che? Quale nuova scuola?!
-Una scuola speciale, Angel.
Intervenne mio padre, cercando di calmarmi.
-Una scuola in cui sarai completamente sotto controllo, con uno staff di infermieri disponibili ventiquattro ore su ventiquattro- continuò il dottore.
“Di bene in meglio…”.
Data la posizione in cui mi trovavo, l’unica cosa che potei fare fu sospirare e lasciare che il dottore mi spiegasse la struttura della nuova scuola in cui sarei stata trasferita. Una tiritera infinita, alla fine della quale disse:
-Insomma, cara Angel, avrai capito anche tu che questa è una scuola molto diversa rispetto a tutte le altre. Per molti motivi. Capirai molto presto il perché…


Angolo dell’Autrice
GOD SAVE THE QUEEN, you all (?).
Cosa dire… Innanzitutto mi dispiace moltissimo per non essermi fatta viva in questo lunghissimo periodo, ma ci sono stati… diversi problemi. E, ovviamente, mancanza di ispirazione. Prometto che cercherò di continuare al più presto la fic “Watashi wa Ireland desu~”, ma nel frattempo spero che vi piaccia questa nuova long.
Ci tengo a precisare che questa è una fic basata sul gioco “Katawa Shoujo”, spero vivamente che qualcuno di voi lo conosca perché, a mio parere, è fantastico.
Comunque sia, non sono molto esperta di medicina ma da quel che so l’aritmia è un’alterazione del battito cardiaco, che può rallentare, accelerare o essere irregolare. E può colpire anche coloro che apparentemente hanno un cuore sanissimo. Nella maggior parte dei casi non dovrebbe essere grave, ma in alcuni sì (come in questo). Devo essere sincera con voi, mi sto affidando completamente al gioco, non sapendo NIENTE di medicina, quindi se ci sono delle incongruenze, scusatemi tanto ^^’’’
Nel caso in cui qualcuno volesse sapere qualcosa in più sull’aritmia, guardi qui: http://www.farmacoecura.it/malattie/aritmia-cardiaca-cuore-sintomi-trattamento/
Ci vediamo al prossimo capitolo (:
Bye~

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Capitolo 2
*** Chapter 1 - Students are a bit strange ***


Chapter 1 – Students are a bit.. strange
 
Finalmente era arrivato il momento di lasciare l’ospedale. Non aspettavo altro, la vita lì era dannatamente noiosa.
Avrei dovuto prendere medicine su medicine, cambiare scuola e adattarmi completamente alla mia “condizione”, ma avrei fatto di tutto pur di uscire da quel posto.
-Hai capito tutto, vero?
Era ormai da più di quaranta minuti che il dottore continuava a ripetermi sempre le stesse cose. E ancora pensava che non avessi afferrato il concetto.
-Sì, dottore… Può smettere di chiedermelo? Non si deve preoccupare, ho tutto sotto controllo!
Sbuffò.
-E va bene… Ma se ci fosse un qualsiasi problema non esitare a contattarmi.
-Lo farò.
Finalmente mi fece un lieve sorriso.
-Allora buona fortuna per la tua nuova vita, Angel.
 
Pochi giorni dopo mi ritrovavo di fronte al cancello della mia nuova scuola, pronta per ricominciare. Dall’esterno sembrava un bell’edificio, anche se non vedevo niente di speciale. Era veramente molto grande, e aveva un cortile immenso, quello era vero. Ciò che più mi colpì, pero’, fu che in giro non si vedeva nessuno.
“Dove saranno finiti tutti?”
Camminai per il vasto cortile, fino all’ingresso. Quando vi entrai, mi sembrò quasi di essere ritornata in ospedale. Tutto del corridoio che mi si parava davanti era così… simile a quelli che avevo percorso un’infinità di volte in ospedale. Il tutto era talmente malinconico e triste che per poco non mi venne il latte alle ginocchia, come si suol dire. Tanto che mentre camminavo sussurrai “ma che posto è questo?” senza nemmeno rendermene conto. Per un secondo mi chiesi se non stessi sognando e se quello che stavo vivendo non fosse altro che una specie di incubo.
Alla fine del lungo corridoio trovai una sorta di reception e, incuriosita, decisi di avvicinarmi. Non avevo comunque molto altro da fare in quella situazione, no?
Non feci in tempo a fare pochi passi che dal bancone spuntò un uomo che doveva avere quarant’anni o poco più, con una leggerissima barba sul mento, i capelli castani e gli occhi del medesimo colore, solo di qualche tonalità più chiara.
-Mh? Oh, tu devi essere la ragazza nuova!
Sfoderò un sorriso caloroso e molto rassicurante, come se fosse abituato a tranquillizzare le persone. Superò il bancone e si avvicinò a me. Aveva indosso un camice da medico, il che in un primo momento mi lasciò parecchio sorpresa. Solo più tardi mi ricordai di ciò che mi aveva riferito il dottore all’ospedale riguardo il famoso staff di infermieri disponibili ventiquattro ore su ventiquattro.
-Ehm, sì… Buongiorno, mi chiamo An-
-Angel, giusto? – mi interruppe lui.
-Esatto. Ecco… Pensavo di aver sbagliato indirizzo, non c’è nessuno in giro.
-Oh, quello è perché qui le lezioni iniziano più tardi rispetto alle altre scuole!
Mi sentivo leggermente confusa. Perché mai le lezioni avrebbero dovuto cominciare più tardi? Cosa aveva quella scuola di così speciale da avere uno staff di infermieri apposta, orari differenti e, soprattutto, cosa aveva di diverso da aver indotto il dottore a decidere di trasferirmi qui?
Per adesso decisi di non chiedere niente, lo avrei scoperto da sola.
-Mh… Sa per caso dirmi dove sia la mia camera?
Ebbene sì, in quella scuola c’erano i dormitori. Era una specie di collegio, insomma. Ma nessuno mi aveva ancora riferito in quale stanza avrei dovuto dormire e comunque vivere per il resto della mia vita scolastica.
-Certo! Aspetta solo un secondo…
Cominciò a frugare tra alcune carte non ben ordinate e tirò fuori un foglio e un oggetto che mi sembrava essere in tutto e per tutto una confezione di pastiglie.
-Ecco qui il tuo fascicolo! – Lesse velocemente.
-Mh… Ah, trovato! Tu sei nella stanza 206, al piano di sopra! E qui c’è scritto che ti sono state prescritte queste pastiglie e che devi cercare di stare molto attenta a non affaticarti troppo.
Ancora raccomandazioni. Annuii e presi la confezione. Feci per salire le scale che l’uomo stesso mi indicò, ma dopo pochi secondi riprese a parlare.
-A proposito… Puoi chiamarmi Nonno Roma! – Mi lanciò un sorriso ancora più caloroso di prima. Dopotutto mi sembrava un uomo affettuoso e su cui avrei potuto contare, perciò ricambiai il sorriso (per la prima volta da quando mi risvegliai in ospedale), cercando di non riflettere troppo sul significato che quel buffo soprannome poteva avere.
-Ricevuto.
Arrivata al piano di sopra, sentii degli strani rumori. Un grande caos, a dirla tutta.
“Ma che..?!”
Cercai di trovare la stanza da cui provenivano le urla, e scoprii che era proprio la 205, quella accanto alla mia. Bussai senza pensarci e il caos si fermò d’un tratto. Ad aprire la porta fu un ragazzo dai capelli biondi di una tonalità leggermente scura e dagli occhi blu, che appena mi vide sorrise senza un particolare motivo.
-Ehi!
Disse – anzi, mi urlò contro – senza smettere di sorridermi. Sembrava avere un accento americano, ma non ci feci molto caso. E cercai di tralasciare il fatto che mi avesse quasi rotto un timpano…
-E-Ehi..
-Tu devi essere la ragazza nuova di cui tutti parlano! Angel, giusto?
Dovevo supporre che ormai in quella scuola tutti conoscessero già il mio nome. Non avevo nemmeno bisogno di presentarmi.
-Esatto. E tu sei…?
Sorrise ancora più di prima e gonfiò il petto come se fosse fiero di sé o che so io.
-Alfred, Alfred F. Jones!
-Alfred, ma chi è?
Una voce proveniente dall’interno della stanza ci interruppe e da dietro il ragazzo biondo di nome Alfred ne apparve un secondo dai capelli chiarissimi e gli occhi rossi. Notai solo in quel momento che mentre Alfred indossava il pigiama, l’altro era quasi completamente vestito.
-Ma questa non è quella nuova?
Beh, non si poteva certo dire che avesse buone maniere.
-Sì, sono io, Angel. Sono venuta qui perché avevo sentito delle grida…
-Oh, io e Gilbert stavamo lottando!
-Ehi, tu, non rivelare il mio magnifico nome agli estranei!
Per un attimo non seppi se prenderla come una frase sarcastica o se stesse facendo sul serio, quindi evitai di ridere.
-Ehm.. “Lottando”?
-Sì! – ovviamente fu Alfred a rispondermi – Ci stavamo prendendo a cuscinate in faccia!
Vidi Gilbert profondamente in imbarazzo.
-Basta! Vieni dentro, Alfred, ti avevo detto di non dirlo a nessuno! Adesso il Magnifico Me vivrà nella vergogna!
Nei tre secondi successivi Alfred riuscì a salutarmi, a stringermi la mano e a sorridermi ancora una volta, il tutto mentre Gilbert lo tirava dalla maglia per farlo rientrare in camera e gli sbraitava contro che avrebbe dovuto prepararsi per le lezioni.
Un po’ confusa, ricambiai la stretta di mano e, appena la porta fu chiusa, mi diressi verso la mia stanza, la numero 206. Ancora non avevo scoperto molto su quella scuola. Per quella mattina non sarei andata a lezione, avevo troppe cose a cui pensare e i bagagli da disfare. Ma dentro di me pensai che nonostante tutto avrei dovuto dare il meglio di me, anche se i primi due studenti che avevo incontrato erano un po’.. strani. In tutta sincerità, dato l’inizio non molto tranquillo, non sapevo cosa mi sarei dovuta aspettare da quel momento in avanti.

Angolo dell'Autrice
Hola todos (?) C':
Cominciamo, mi scuso per il leggero ritardo, avrei voluto pubblicare questo capitolo prima ma con le migliaia di verifiche che ho avuto in questa settimana (*coff* sono state tre, ma due erano di matematica, e valgono il doppio) nemmeno la buona volontà è servita e.e''
Comunque sia, ringrazio DC_otaku (sei un'idiota tu, e lo sai.) per aver recensito lo scorso capitolo, e spero che questo nuovo vi piaccia e vi abbia resi un po' curiosi di cosa succederà dopo e del motivo per il quale Alfred e Gilbert si trovino in quella scuola. Ovviamente non ci saranno solo loro, siete avvertiti (?).
Alla prossima
~

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Capitolo 3
*** Chapter 2 - Sudden Meetings ***


Capitolo 2 – Sudden meetings

La mia camera era molto grande e spaziosa, dovevo ammetterlo. Certo, non era il massimo dell’allegria, ma del resto niente di quell’edificio poteva essere definito tale.
Appoggiai le valigie sul letto che mi era sembrato dal primo sguardo parecchio comodo e le aprii per poi mettere in ordine le mie cose. Dopodiché posai la confezione con le pastiglie sul comodino di fianco al letto e solo allora mi accorsi che sopra c’era anche appiccicato un foglietto. Lo staccai per leggerlo:
-“Prendere due volte al giorno”. Come se non me lo avessero già detto un milione di volte…
Rimisi il foglietto sopra la confezione e, dopo una rapida doccia, mi sedetti sul letto.
-E così è qui che dovrò stare…
Pensavo che il peggio fosse passato, ormai. Ma mi sbagliavo. Dicevano che era una scuola “speciale”, e io ancora non ne capivo il motivo. Ma un perché doveva pur esserci, no? E questo pensiero era fisso nella mia mente, non riuscivo a distrarmi. Sentivo come se ci fossero ancora tante di quelle cose che dovevo scoprire e che mi aspettavano dietro ogni angolo, così tante che non potevo restarmene lì con le mani in mano.
Guardai l’orologio. Le tre.
“Ormai le lezioni saranno finite…”
Decisi di alzarmi e di fare un giretto nella mia nuova scuola.
Uscì dalla camera. Mi aspettavo di trovare studenti che affollavano i corridoi, che parlavano e discutevano su ciò che avevano fatto quella mattina, invece non c’era nessuno.
“Tutti bravi bambini, eh…”.
Percorsi il corridoio che si trovava fuori dalla mia stanza. Non potei non sentirmi in soggezione, tutto quanto mi ricordava l’ospedale in cui ero stata fino al giorno prima.
Feci per svoltare l’angolo ma senza accorgermene sbattei contro qualcuno. Fortunatamente né io né il ragazzo che in quel momento mi trovavo di fronte eravamo di corsa, altrimenti saremmo finiti entrambi per terra in un batter d’occhio.
No, probabilmente ci sarei finita solo io, visto che il ragazzo in questione era più alto di me di quasi dieci centimetri.
-Mh..? Mi dispiace..!
Si scusò subito, ma non mi guardò negli occhi, e trovai la cosa molto strana, dato che sembrava fissare il vuoto.
-Scusami tu… Non ti avevo visto.
Lui accennò un sorriso e fu allora che notai un particolare che mi colpì parecchio: i suoi occhi erano… strani. Non sapevo perché, ma li trovavo diversi. In quel momento capii che quel ragazzo era.. cieco.
Per un attimo restai immobile, indecisa su cosa avrei dovuto fare. Sapevo che non avrei dovuto fargli capire quanto questo mi mettesse in soggezione o in difficoltà, ma non era semplice per me. Non avevo mai avuto a che fare con un ragazzo non vedente.
Dopo un minuto di silenzio più totale (che per me fu a dir poco imbarazzante), il ragazzo ricominciò a parlare.
-Oh, che sbadato che sono… Il mio nome è Arthur Kirkland, felice di conoscerti!
Mi risvegliai anche io da quella specie di coma in cui ero caduta e scossi la testa, come per riprendermi.
-I-Il mio è Angel…
Cercai di trovare il lato positivo.
“Beh, ha una bella voce…”.
In effetti mi piaceva molto, sebbene non avesse detto che poche parole. Aveva i capelli biondi, corti, che gli si addicevano perfettamente. Poco dopo mi ritrovai a guardargli nuovamente gli occhi, ma tutto ciò a cui riuscii a pensare era il loro colore. Fino a pochissimi minuti prima mi sembravano solo vuoti, ma in quel momento notai che erano di un bellissimo verde, come non li avevo mai visti.
Mi ritrovai a ringraziare che fosse cieco, così non mi avrebbe vista mentre lo scrutavo da cima a fondo. Se mi fossi trovata davanti ad un ragazzo qualsiasi non avrei di certo agito in quel modo. Ma in quel caso ero.. incuriosita, ecco.
Ero sempre stata una ragazza che non faceva discriminazioni, in nessun caso, e che cercava di trattare tutti in modo uguale, ero semplicemente affascinata da come quel ragazzo potesse girare per i corridoi in modo così “normale”, quasi non preoccupandosi di niente e di nessuno.
-Sei qui da poco?
Chiese poi. Decisi di smetterla di osservarlo e di iniziare una sorta di conversazione.
-A dire la verità sono qui solo da stamattina… E a quanto pare tu sei il primo che non sappia già tutto di me.
-Mh?
-Ah, scusa… E’ che stamattina ho incontrato un ragazzo che sapeva già il mio nome nonostante fossi già arrivata, e mi ha confuso un po’.
-Intendi Alfred?
-… Come fai a saperlo?
Arthur sospirò per poi portarsi una mano sul viso.
-Quel ragazzo non cambierà mai..
-Mi è sembrato un tipo a posto…
-Non è che sia un cattivo ragazzo o cose di questo genere… E’ solo “leggermente” esuberante.
Scoppiai a ridere senza quasi accorgermene.
-Leggermente dici?
Gli scappò una risatina.
-Te ne sei accorta anche tu, eh?
Continuammo a parlare per una manciata di minuti. Non pensavo che potesse essere così piacevole (e facile) parlare con un non vedente. Avremmo anche continuato, se solo non fosse arrivato un secondo ragazzo. Beh, “arrivato” per modo di dire, dato che si nascondeva dietro ad uno dei pilastri e se non avessi avvertito Arthur della sua presenza non ce ne saremmo neanche accorti.
-Mh? Kiku? Sei tu?
Al richiamo del biondo, dal pilastro sbucò un ragazzo  poco più basso di me, con i capelli neri a caschetto e l’aria spaventata.
-Ti chiami Kiku?
Sapevo che non avrebbe mai iniziato un discorso, così cominciai io. Mi sembrava terribilmente timido, fin troppo. E il solo fatto che si fosse nascosto per non farsi vedere da noi mi aveva convinta ancora di più.
Annuì solamente.
-Ha detto di sì, quindi…
Arthur sorrise.
-Non ti devi preoccupare, Kiku. Questa ragazza è nuova, ma ti puoi fidare di lei.
Non sapevo se considerarlo un complimento… o essere offesa dal fatto che potessi far paura a qualcuno. La cosa positiva era che Kiku si era avvicinato (seppur con i suoi tempi…). Purtroppo pero’ era così “impaurito” che si nascose dietro la schiena di Arthur appena poté.
-Non faccio male a nessuno…
Arthur, che aveva evidentemente sentito la presenza di Kiku nascosto dietro di sé, sorrise lievemente e un po’ triste.
-Beh Kiku è.. timido. Molto timido. L’unico con cui parla sono io, ma per il resto della scuola è come se non esistesse.
Al primo impatto mi sembrò normale, visto come si nascondeva agli occhi degli altri. Ma più Arthur mi raccontava di Kiku, più mi sembrava una cosa ingiusta. Mi sembrava solo molto timido, tanto al punto di non riuscire a parlare con nessuno al di fuori di Arthur. Semplicemente non capivo come potessero essere tutti così meschini.
-E Alfred? Mi sembra un ragazzo che potrebbe coinvolgere tutti, no?
Arthur fece un segno di diniego con il capo, segno che nemmeno a lui importava di Kiku.
Guardai il ragazzo in questione, che in quel momento teneva il capo basso e evitava di guardarmi negli occhi.
In un certo senso mi dispiaceva per lui, nonostante lo avessi appena conosciuto. Purtroppo ero appena arrivata e non avrei potuto fare niente per lui, per il momento. Perciò mi limitai a posargli una mano sulla spalla per cercare di rassicurarlo e di conquistare la sua fiducia.
-Vedrai che presto le cose cambieranno.
Finalmente mi guardò, seppur per pochi istanti, e sussurrò un “grazie”.
 
Passai il pomeriggio insieme ad Arthur e a Kiku, e fui felice quando ottenni un sorriso (seppur lieve) da parte di quest’ultimo nonostante ci fossimo appena conosciuti.
Ci lasciammo dopo aver preso un the, come ci suggerì più o meno alle cinque Arthur, che scoprii essere inglese. Feci per tornare in camera, ma sulla via del ritorno sentii un uomo chiamarmi. Mi voltai e vidi l’uomo in questione che mi si avvicinava. Saresti stata quasi spaventata, se non fosse stato su una sedia a rotelle.
-Devi essere Angel, vero?
L’uomo biondo e dagli occhi blu mi sorrise e mi tese una mano.
-Io sono il tuo nuovo professore, Françis Bonnefoy!
-Ah… Beh, in questo caso, buonasera prof.
Gli strinsi la mano, cercando di non badare troppo alla sua condizione.
Era per quello, allora, che quella era una scuola speciale? Perché dentro di essa c’erano ragazzi che si trovavano in situazioni come quella di Arthur, di Kiku, o addirittura del prof?
-Vieni con me, voglio parlarti…
Così cominciammo a camminare (si fa per dire) lungo i corridoi del dormitorio.
-Allora… Hai capito perché il dottore ti ha fatta trasferire qui?
-Penso di sì…
Lui mi sorrise. Dopotutto sembrava una persona per bene.
-Mi dispiace per tutto quello che stai passando in questo periodo…
-Non si preoccupi, ormai sono abituata alle sorprese.
-Spero che ti troverai bene qui! Hai fatto già qualche amicizia?
Passai un po’ di tempo con il “prof Bonnefoy”, parlando di come sarebbero andate le cose e di quali fossero state le mie prime impressioni. Insomma, cose da primo giorno di scuola.
Più o meno alle sei ci congedammo.
-Ci vediamo domani a lezione, Angel.
-A domani, prof.
Potei finalmente tornare in camera, stanca ma, nonostante tutto, felice di sapere che quella scuola, dopotutto, non era così male.
 
Angolo dell’Autrice
Hi there! Innanzitutto, auguri a tutti voi (un po' in ritardo *coff*)~
Spero che abbiate passato un buon Natale e un felice Capodanno :3 Penso che scriverò una fic per celebrare il 2014! Pero' non credo sarà di Hetalia u.u''
Ma tornando a questa... Veramente ero un po’ in crisi sulla scelta dei personaggi che sarebbero dovuti entrare e ho dovuto pensarci un po’ su. Alla fine ho scelto Arthur, Kiku e Françis per vari motivi. Prima di tutto perché avevo già la mezza idea di inserirli a questo punto della storia. Secondo perché Arthur è il mio preferito, se non si fosse notato, e Kiku e Françis  sono i preferiti di due mie care amiche (?), che non ho bisogno di nominare perché sanno bene a chi mi riferisco. Vero? u_u
E che sicuramente vorranno uccidermi per l’attesa (?).
Chi ha giocato ad HetaOni saprà perfettamente perché ho scelto la cecità per Arthur *coff*.
Detto questo… Vedrete che presto entreranno gli altri personaggi e in particolare uno che potrebbe essere “inaspettato” per molti (spero).
Grazie a chi è arrivato fino a qui e a chi recensirà, davvero **
Continuate a seguirmi, mi raccomando (?)! E ancora auguri, scrittori e lettori~

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Capitolo 4
*** Chapter 3 - First Day ***


Chapter 3 – First Day

Era appena suonata la sveglia. Non che avessi dormito più di tanto. Il letto era comodo solamente in apparenza, e non ero riuscita a chiudere occhio. La testa mi martellava e non avevo alcuna voglia di alzarmi ma purtroppo per quel giorno non avevo scuse, dovevo andare a lezione. Perciò mi alzai di malincuore e mi preparai, per niente certa riguardo a ciò che avrei dovuto portare.
Uscii dalla mia camera svogliata e soprattutto assonnata. Mi sorpresi nel vedere la quantità di studenti presente nei corridoi, quando appena il giorno prima non c’era anima viva.
Poco dopo arrivai di fronte a quella che sarebbe dovuta essere la mia futura classe e presi un bel respiro. In quel momento mi ritrovai a desiderare con tutto il cuore che Arthur o Kiku fossero in quella classe, così avrei potuto parlare con qualcuno, perlomeno.
Aprii la porta e lo scenario che mi si presentò davanti non era poi così “diverso”, al contrario di come avevo immaginato.
C’erano ragazzi che parlavano tra di loro – tra cui avevo riconosciuto subito Gilbert e Alfred -, altri che stavano tranquillamente seduti al loro banco a leggere o a usare il telefono, altri ancora che guardavano fuori dalla finestra. Tra questi ultimi notai Kiku, e dentro di me saltai di gioia. Certo, Kiku non era uno di quei ragazzi a cui piace parlare ininterrottamente del più e del meno, ma lo conoscevo. Non eravamo proprio amici, ma sapevamo dell’esistenza uno dell’altro. Era già qualcosa.
Feci per avvicinarmi al suo banco per salutarlo, ma appena entrai in classe dietro di me sentii una voce familiare.
-Oh, buongiorno.
Mi voltai e vidi il professore, sulla sua sedia a rotelle, che mi sorrideva.
-Vedo che sei puntuale.
-Beh, non mi sembrava il caso di arrivare in ritardo il primo giorno, prof.
-Mi sembra un ragionamento più che giusto…
Detto questo, si diresse verso la cattedra e mi presentò alla classe, indicandomi il mio posto.
-Ti siederai vicino a Feliciano.
-Ve~
Volsi lo sguardo verso il ragazzo dai capelli castano chiari che aveva fatto quello strano verso.
-Ve? Cosa significa?
Il ragazzo in questione sorrise dolcemente e solo allora notai due particolari di lui a cui all’inizio non avevo fatto caso.
Il primo era uno strano ricciolo che in qualche modo gli dava un’aria tenera e che non potei fare a meno di fissare.
Il secondo era che..
-Feliciano, probabilmente ti conviene alzarti e sederti nel posto accanto, vicino alla finestra. In questo modo eviteremo troppi spostamenti.
-Mh? Ah, giusto~
A Feliciano mancavano le braccia.
… Ancora adesso non capisco come feci a non notarlo prima. Forse fu proprio il fatto che si fosse dovuto alzare – e quindi “mostrarsi per intero” – che mi fece soffermare su quel… particolare.
Rimasi lì, a fissarlo, per parecchi secondi. Lui continuava a guardami con uno sguardo un po’ troppo innocente, quasi come se non capisse cosa ci fosse di strano.
-… Piacere.
Mi sedetti vicino a lui tentando di sembrare il più possibile a mio agio. Davvero ogni studente aveva qualche condizione particolare? E io avrei dovuto stare con loro come se nulla fosse? Come se fosse… normale?
-Bene, e ora cominciamo la lezione.
Il prof cominciò a scrivere sulla lavagna e guardai Feliciano.
-Vuoi che prenda appunti anche per te?
Lui sembrò non capire inizialmente, poi mi sorrise e fece segno di no con la testa, spiegandomi sottovoce che aveva insegnanti apposta che lo aiutavano durante le lezioni.
-Spero che diventeremo presto amici~
 
Le lezioni passarono più in fretta di quanto avessi potuto immaginare. Il prof Bonnefoy era simpatico e spiegava molto bene. Per un attimo mi era sembrato di tornare alla mia vecchia scuola, ma ci volle ben poco per ritornare alla realtà.
Alla fine suonò la campanella e tutti gli studenti uscirono dalla classe, fatta eccezione per me, Feliciano e Kiku. Alfred e Gilbert mi salutarono prima di uscire e il biondo mi disse che mi avrebbe aiutata se avessi avuto bisogno di qualcuno che mi mostrasse la scuola o per altro.
Lo ringraziai dell’aiuto e li salutai. Ero sul punto di uscire, ma non mi sembrava che Kiku avesse intenzione di andarsene tanto in fretta. Feliciano si avvicinò a lui e con il suo solito sorriso dolce gli chiese se aspettasse Arthur prima di tornare in camera.
“Quindi anche Feliciano conosce Arthur…”
Kiku annuì.
-In questo caso potrei restare e aspettarlo con te.
Dissi. Non avevo molte cose da fare quel pomeriggio e mi sarebbe dispiaciuto lasciarlo in classe da solo. Per tutta risposta il ragazzo arrossì e riprese a guardare fuori dalla finestra con il suo solito sguardo timido e assente, mentre Feliciano scoppiò in una leggera risata.
-E’ sempre così… E’ il suo modo per dirti che per lui va bene! Resterò anche io qui~
Per un secondo mi era sembrato di notare un lieve sorriso comparire sulle labbra di Kiku, ma decisi di non infierire e mi sedetti al banco davanti a quello del ragazzo cercando di iniziare una qualche sorta di conversazione. Non ero brava in quelle cose e ad aggravare la situazione c’era il fatto che avevo appena conosciuto entrambi e non sapevo niente di loro, per il momento.
-Mh… Quindi ci sono altre classi oltre a questa?
Fu ovviamente Feliciano a rispondermi.
-Sì! Questa è la classe con più ragazzi. Poi c’è quella in cui studia Arthur e..
Il ragazzo si rabbuiò improvvisamente.
-… E beh.. Un’altra ancora…
Kiku sembrò preoccupato per lui e sussurrò “non devi pensarci”, o qualcosa del genere. Ero sempre più confusa. Cosa tenevano nascosto, ora?
-Tutto ok?
Lui annuì solamente accennando ad un piccolo sorriso che mi sembrò più triste che altro. Ma non feci in tempo a dire nulla, poiché sentimmo delle voci provenire dall’esterno della classe.
-Com’è andata oggi, Françis?
-Bene, fortunatamente… Anche se sono un po’ preoccupato per alcuni dei ragazzi…
Feliciano si avvicinò alla porta e si mise ad ascoltare con attenzione, nel tentativo di capire chi fosse la persona con cui il prof stesse parlando.
-Stai facendo un ottimo lavoro invece…
-D-Deve essere lei..
Sussurrò Kiku.
-Lei chi?
Fui costretta a parlare a bassa voce anche io, per non farci scoprire.
-Mh… Ehi, ti va se… andiamo a mangiare qualcosa insieme, più tardi?
Sentimmo la donna ridere. Aveva una bella voce.
-E’ un appuntamento?
-Beh.. Se vuoi che lo sia, per me va benissimo!
La donna rise di nuovo.
-Sei sempre il solito, Françis… Allora vado a prepararmi…
Feliciano chiede a Kiku di aprire di poco la porta e sbirciò senza farsi vedere. Poco dopo gli chiede di richiuderla.
-E’ come pensavo!
Perlomeno gli era tornato il sorriso.
-V-Vuoi dire che…?
Il ragazzo annuì.
-Ehm.. Scusate, ma credo di non aver capito molto.
I due si guardarono e annuirono. Poi Feliciano iniziò a spiegare.
-La donna con cui parlava il prof si chiama Jeanne. È un’infermiera che lo aiuta spesso e con cui passa parecchio tempo. E secondo noi c’è qualcosa tra loro… Ogni tanto alla fine delle lezioni lei viene qui e lo aspetta fuori dalla classe come ha fatto oggi~
-E-E adesso hanno un appuntamento…
-Sono già usciti insieme qualche volta?
-Ancora no! Perciò sono felice che il prof glielo abbia chiesto~
Feliciano era tornato allegro come prima e questo mi aveva rassicurata. Lo conoscevo solamente da quella mattina, ma avrei preferito non vederlo cupo un’altra volta.
Continuammo a parlare del prof Bonnefoy e di Jeanne, immaginando come sarebbe andato l’appuntamento, di cosa avrebbero parlato, se si sarebbero baciati e altro. Feliciano sosteneva che presto il prof le avrebbe chiesto di sposarlo. Avevo capito ormai che era un ragazzo romantico e dolce, di come non se ne trovano quasi più.
Erano all’incirca le tre quando Arthur arrivò in classe.
-Kiku? Sei qui?
Kiku si alzò dal banco e andò verso di lui. Il biondo sorrise.
-Sì, sei tu.
-Ciao Arthur~
-Mh? Feliciano, ci sei anche tu!
-Non è da solo.
-Ci siete tutti, allora…
Arthur sorrise e dopo avergli spiegato l’intera faccenda decidemmo di tornare nelle nostre camere. Accompagnammo Kiku e Arthur, e scoprì che le loro stanze erano anche vicine. Così restammo solo io e Feliciano.
-Mi sono divertito oggi~
-Anche io… Sai, all’inizio non credevo che mi sarebbe piaciuto trasferirmi qui..
-Mh? Davvero? Ma stare qui è bellissimo~
-Non credo di essermi ancora abituata… Pero’ penso che mi troverò bene. Voglio dire, siete simpatici e mi state aiutando.
-Noi la pensiamo così… Bisogna aiutare quelli nuovi, perché… beh, all’inizio hanno più difficoltà di noi.
Feliciano era sincero. E dopotutto aveva ragione. Mi sentivo spaesata, non avevo amici prima di conoscere loro e non sapevo ancora quasi niente della scuola.
-Feliciano…
-Sì~?
-Ecco… Vorrei ringraziarvi per quello che avete fatto…
Lui sorrise mentre giravamo l’angolo.
-Non ti devi preoccupare… Siamo quasi arrivati!
Ma proprio nel momento in cui finì la frase si fermò di colpo, fissando un punto davanti a lui, nel corridoio.
-Mh? Feliciano?
Guardai di fronte a me e in lontananza notai un ragazzo che non avevo mai visto prima e che stava camminando verso di noi.
Ci passò di fianco quasi senza notarci e Feliciano sembrò rabbuiarsi di colpo. Chi era quel ragazzo? E perché Feliciano si era fermato a fissarlo ed era diventato cupo tutto ad un tratto? Che c’entrasse qualcosa con l’altra classe di cui ci aveva parlato?
 
Angolo dell’Autrice
Buonsalve a tutti~ Ok, un paio di considerazioni.
Primo: ci saranno coppie in particolare?
Sì, ci saranno. Perciò preparatevi~
Secondo: si scoprirà qualcosa in più sui ragazzi?
Certo! Questi capitoli potrebbero sembrare inutili, ma servono per far entrare in scena i vari personaggi. Con il tempo si scoprirà molto di più, per esempio come hanno fatto a diventare così eccetera.
Terzo: quanti personaggi ci saranno?
Ehm, questo non ve lo posso dire, lo scoprirete da soli C:
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito il precedente capitolo. E ovviamente anche tutti coloro che recensiranno questo qui.
Grazie mille <3
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Capitolo 5
*** Chapter 4 - Mission 'Friendship' ***


Capitolo 4 – Mission ‘Friendship’

-Si chiama Ludwig. Noi lo chiamiamo Lud.
-Cosa? Ludwig? Da dove viene?
-E’ tedesco.
C’era un bellissimo sole quel giorno. In più era sabato, quindi non c’erano lezioni. E Alfred mi aveva offerto di andare con lui a fare un giro per i giardini (immensi, tra l’altro) della scuola. Stavamo camminando da un’oretta all’incirca, parlando del più e del meno, e ad un tratto mi era passata per la mente l’immagine del biondino che io e Feliciano – che avevo già cominciato a chiamare Feli – avevamo incontrato pochi giorni prima in uno dei corridoi.
-Ecco… Ha qualche collegamento con.. insomma, lui e Feli si conoscono?
-Well… E’ una storia lunga…
Ebbene sì, Alfred aveva la strana abitudine di aggiungere parole in inglese quando parlava. Infatti, lui era nato e cresciuto in America, fino al momento in cui si era dovuto trasferire. Per il momento ignoravo, pero’, i motivi. Ero ancora un po’ scossa dai cambiamenti e dovevo assimilare bene il tutto.
-Abbiamo il pomeriggio intero.
-Mh… I dunno… Dovrebbe essere Feliciano a parlarne…
-Su questo hai ragione…
Dopo un paio di secondi di silenzio, pero’, Alfred sbuffò.
-… Oooooh, va bene. Se insisti tanto te lo racconterò. You see, quel ragazzo è.. beh.. sordo.
-Davvero?
L’americano annuì. Non avrei mai pensato che quel ragazzo potesse essere sordo. Ma ancora non riuscivo a capire cosa c’entrasse questo con Feli.
-Un tempo lui e Feliciano erano amici. Anzi, migliori amici. Pero’ un giorno… ecco… Ludwig ha fatto un incidente e da quel giorno non sente più nulla.
-Pensi che c’entri con il fatto che Feli non ha più le braccia?
-Questo non te lo so dire… Non so nemmeno se quello sia colpa di un incidente o se sia nato così… Fatto sta che da quel giorno non hanno nemmeno più potuto parlarsi. Feliciano non è più riuscito a farsi capire da lui. E sebbene Ludwig all’inizio abbia provato a scrivere biglietti non sono più stati amici come prima e si sono allontanati sempre di più.
-Capisco… Feli è senza braccia, quindi non possono comunicare in alcun modo…
-Vedi, Gilbert è il fratello di Ludwig. All’inizio aveva provato a fare da “interprete” tra i due.
-Ma qualcosa non ha funzionato…
-Dopo poco tempo si è accorto che era proprio Ludwig a non voler più nemmeno provarci.
-Insomma, ci aveva rinunciato…
-Esatto… Ma tutti noi sappiamo che Lud non avrebbe mai abbandonato Feli, quindi siamo convinti che ci debba essere qualcosa sotto… Un qualche motivo che lo ha costretto ad allontanarsi da lui. Erano grandi amici, da quanto ci ha raccontato Gilbert…
Abbassai lo sguardo. Quindi era così che stavano veramente le cose. Ludwig e Feli erano migliori amici e a causa di uno stupido incidente si erano dovuti allontanare.
-Ma Feliciano mi era sembrato così… felice.
Alfred sospirò passandosi una mano tra i capelli e chiudendo gli occhi.
-Feli ha un grande problema, che va ben oltre il semplice fatto di non avere le braccia.
-Mh? Che intendi?
L’americano socchiuse gli occhi azzurri.
-Lui è convinto che fingersi felice davanti agli altri possa farli preoccupare di meno. E che possa tirarlo un po’ su.
-Non c’è niente che possiamo fare per aiutarlo?
-Non si parlano più.. L’unico modo è trovare una soluzione che li porti a parlarsi di nuovo, come facevano una volta.
-Mh, hai detto che Gilbert faceva da interprete, vero?
-Sì, perché?
Alfred mi guardò con aria interrogativa.
-Potrebbe darci una mano…
-… Hai un piano?
-Forse, ma dobbiamo cercare un po’ di aiuto.
Non mi rispose, quindi lo guardai.
-Alf-
-L’OPERAZIONE “SALVIAMO L’AMICIZIA” HA INIZIO~
-Operazione… cosa?
Alfred era cambiato radicalmente. In quel momento gli brillavano gli occhi e sembrava determinato ad ascoltare la mia idea e a fare di tutto pur di aiutare Feli e Ludwig. Chissà perché, ma ero certa che non avrebbe accettato obiezioni da parte di nessuno…

Nemmeno da parte mia, che avevo ideato il piano.
Fatto sta che poco dopo mi ritrovai senza fiato in uno dei corridoi della scuola, chissà come e chissà perché. Mi faceva leggermente male il polso.
-Visto? Non ci abbiamo messo tanto~
-Alfred, cosa stai facendo? Mh? Oh, ciao Angel!
Guarda caso eravamo finiti proprio davanti alla camera di Alfred e Gilbert, la cui porta era completamente aperta.
-Gilbert, Alf-
-So cosa stai per chiedermi e no, non è la prima volta che Alfred trascina qualcuno in giro per la scuola…
Rispose con tono sconsolato, segno che ne aveva visti tanti, di ragazzi trascinati dall’americano.
-Gilbert, ci serve il tuo aiuto!
-Mh? Kesese, sembra interessante~
-Dobbiamo procedere con cautela, qualcuno potrebbe sentirci.
-Cos-?!
Alfred mi trascinò – di nuovo – dentro la stanza richiudendosela immediatamente dietro di sé.
-Cosa stai combinando, Alfred?
-Stiamo per iniziare una missione top-secret.
-… Missione? Top-secret? Kesese~ Hai attirato la mia attenzione~
Ne ero certa, una gocciolina si era formata dietro la mia testa. Sì, ne ero sicura.
-Dobbiamo aiutare tuo fratello e Feliciano a tornare amici.
-Mh…
Gilbert, che era seduto su una di quelle sedie girevoli, si appoggiò allo schienale e si allungò più che poté incrociando le braccia e assumendo un’espressione semi-seria.
-Lo sai che potrebbe essere una missione rischiosa?
-Ehm..
-Sì, lo so bene. Ma dobbiamo farlo, per il bene della scuola.
-Ragazzi…
-Mh… Mi hai convinto. Facciamolo, per il bene dell’umanità.
-Ragazzi, non stiamo per andare sulla Luna a sconfiggere gli alieni, eh…
I due si guardarono. Poi il biondino guardò me.
-Alieni, eh… Ottima idea~
-… No, nessun alieno. Piuttosto, spiega per bene a Gilbert quello che dobbiamo fare o qui non ce la caviamo più..
-Yup~
Alla fine, riuscii a riportare la discussione su un piano quasi serio, come avrebbe dovuto essere in ogni caso. Conoscevo da poco Feli, ma già sentivo che avrei dovuto prendermi cura di lui. Avevo capito che era un ragazzino fragile e indifeso, che non avrebbe mai voluto far preoccupare gli altri.
Dissi a Gilbert che avrebbe dovuto fare da interprete e basta, ma lui sembrava già emozionato e completamente immerso nella parte.
-Bene, allora lunedì iniziamo l’operazione.
Ebbene sì, Alfred aveva votato affinché il piano fosse denominato “operazione” e ovviamente vinse, dato che ottenne l’approvazione di Gilbert.
 
Il giorno arrivò. Finite le lezioni, io, Alfred e Gilbert ci guardammo d’istinto. Poi quest’ultimo si alzò e uscì dalla classe per andare in quella del fratello, poco distante.
Io cominciai a parlare con Feli per distrarlo, affinché non sospettasse nulla né di Gilbert né di Alfred, che era uscito poco dopo.
-Oggi le lezioni sembravano non passare mai, vero?
-Lo pensi davvero??
Annuii. Davvero non riuscivo nemmeno ad immaginare Feli giù di morale. Non sapevo come facesse a fingere così bene.
-Vuoi stare un po’ con me oggi? Sai, vorrei fare un giro per la scuola…
-Per me va benissimo~
Sorrisi e ci alzammo. Uscimmo dalla classe e cominciammo a percorrere il lungo corridoio.
-Sai..
Abbassò improvvisamente lo sguardo.
-Mh? Che c’è, ti senti male?
Scosse lentamente la testa. Ci eravamo fermati.
-Cosa succede, Feli?
-Ecco, io… Non ti ho raccontato una cosa…
-Cioè?
-Ti ricordi quel ragazzo biondo che abbiamo visto l’altro giorno in corridoio..?
-Intendi forse… Ludwig?
Lui mi guardò, sorpreso. Io sorrisi lievemente.
-Me ne ha parlato Alfred.
-Oh…
-Gliel’ho chiesto io, scusami…
-Non ti preoccupare…
-Pero’ non mi ha detto tutto. Ci sono ancora delle cose che non ho capito…
Feli sospirò.
-Come ti avrà già detto, io e Ludwig eravamo molto amici, da piccoli… Lo siamo rimasti per molti anni, ma quando abbiamo iniziato il liceo, Ludwig stava cambiando. Aveva cominciato a frequentare bulli e brutte compagnie… Un giorno venni a sapere che aveva un appuntamento con un gruppo di ragazzi, quelli più odiosi della scuola. Così decisi di andare con lui, ero preoccupato. Quei ragazzi frequentavano la quarta, uno di loro, il capo, la quinta. Avevo paura che volessero fare del male a Ludwig. Lo seguii nonostante sapessi che non me lo avrebbe mai permesso e che, se lo avesse saputo, mi avrebbe ucciso con le sue mani. Quei ragazzi volevano… volevano convincere Ludwig ad andare in moto, nonostante avesse solo quattordici anni…
Io lo ascoltavo, attenta, curiosa di sapere cosa veramente fosse successo. La voce di Feli cominciò a tremare. Ero certa che stesse per piangere.
-C-Così non ce l’ho più fatta, a nascondermi… Mi sono fiondato sulla moto su cui Ludwig era salito e anche se lui mi ripeteva di scendere io sono rimasto lì… Tutti gli altri ragazzi continuavano a dire che non c’era nessun problema… C-Che non ci saremmo fatti niente e che era completamente sicuro…
-Ma non lo è stato, non è così?
Feli scosse la testa mentre piccole lacrime cominciavano a scendere sul suo viso candido.
-Ehi, va tutto bene…
Lo abbracciai d’istinto. Non sapevo cos’altro avrei potuto fare. Lui cominciò a piangere sul serio e a scusarsi perché mi avrebbe rovinato la divisa. Rimanemmo così per un po’, finché non si calmò leggermente e continuò a parlare.
-I-Io non volevo che Ludwig ascoltasse quei ragazzi… Ma a quanto pare ci teneva molto d-dato che è partito senza dare importanza a quello che gli dicevo… Alla fine a-abbiamo fatto un incidente e ci siamo ritrovati così…
Per poco non ricominciò a piangere. Anzi, per poco non mi mettevo a piangere io. Così lo strinsi più forte cercando di farlo calmare di nuovo.
-Adesso è tutto finito, Feli… Ci siamo noi, no..?
Lui annuii, tra i singhiozzi.
-Vieni con me, ti abbiamo preparato una sorpresa…
Gli scompigliai i capelli dopo avergli asciugato le lacrime. Dopodiché lo portai nell’aula di Ludwig, completamente vuota, fatta eccezione per Ludwig stesso, Gilbert e Alfred, che ci aspettavano impazienti. Appena lo vide, Feliciano distolse subito lo sguardo, un po’ titubante. Ludwig assunse un’espressione tra l’arrabbiato e il deluso e fece per uscire, ma Alfred chiuse prontamente la porta, bloccando l’uscita. Presi un foglio che un ragazzo aveva fortunatamente lasciato sul banco insieme ad una matita, e scrissi a caratteri cubitali ‘Feli vuole solo tornare ad essere tuo amico’.
Poi glielo mostrai. Lui osservò a lungo il foglio, poi guardò Feliciano, quasi a chiedergli una conferma, e quest’ultimo annuì.
Il tedesco fece degli strani segni a Gilbert, che a voce “tradusse”.
-Non sei arrabbiato con me?
Feliciano sembrò sorpreso nel sentire quella frase. Io capii al volo e scrissi sul retro dello stesso foglio ‘non lo è mai stato’.
Ludwig lesse con la stessa attenzione di prima. Poi, successe tutto in fretta. In un paio di secondi il biondino si fiondò su Feliciano e lo abbracciò come probabilmente non avevano fatto da anni.
Sorrisi e sussurrai a Feli un “è dispiaciuto” nell’orecchio.
Mi era dispiaciuto solamente il fatto che non avremmo potuto lasciarli soli in ogni caso. Avevano bisogno di qualcuno che li aiutasse.
Feliciano ricominciò a piangere, ma questa volta dalla gioia.
E per un attimo mi era sembrato che anche a Ludwig fosse scappata qualche lacrima.
 
Angolo dell’Autrice
OMG che fatica—
Bene, eccomi qui con un nuovissimo capitolo, incentrato su Feliciano e Ludwig. No, non è proprio GerIta. Dispiace anche a me, credetemi ;w;
E’ solo che mi sarebbe piaciuto scrivere di loro come due amici, tutto qui.
Ovviamente i nuovi personaggi non sono finiti, no-no.
Probabilmente il prossimo sarà un capitolo “intermezzo” per spiegare qualcosa sui personaggi. Ma presto ne entreranno altri ^O^
Ringrazio coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questo capitolo. E ovviamente un grazie va a chi sarà così santo da recensirlo <3
E soprattutto un grazie speciale a DC_otaku che ha recensito fino ad ora tutti i capitoli C:
Allora alla prossima ^O^
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Capitolo 6
*** Chapter 5 - New Discoveries ***


Capitolo 5 – New discoveries

-Sembra che tra Feliciano e Ludwig si sia aggiustato tutto, vero?
-Già, sono felice per loro.
Eravamo in classe, Alfred ed io. A breve sarebbero cominciate le lezioni, ma c’era ancora parecchio caos, perciò non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Il biondo annuì, stiracchiandosi lievemente.
-Anche io lo sono…
In quel momento la porta si aprì. E ovviamente si scatenò il finimondo. Gente che bestemmiava, ragazzi che saltavano da un banco all’altro per arrivare prima, altri che urlavano al resto della classe di muoversi.

Falso allarme, era solamente Feli.
-Mh? Cosa succede?
Alcuni tirarono un sospiro di sollievo, altri imprecarono contro il ragazzino che, naturalmente, non aveva ancora capito nulla, altri ancora che tornarono al loro colorito originale, dopo essere sbiancati tanto da far invidia ai fantasmi.
Per tutta risposta il moro alzò le spalle e si girò, quasi come se stesse parlando con qualcuno.
-Mh? E’ Lud!
-Riesci a vederlo?
Alfred si dovette sporgere un po’ prima di rispondermi con sicurezza.
-Sì! Probabilmente sono arrivati qua insieme.
Non potei trattenere un piccolo sorriso soddisfatto. Ero davvero felice. Ero riuscita a fare qualcosa per Feli e anche per Ludwig.
-Meno male che sei arrivata a sistemare le cose…
-Mh?
-Beh, dispiaceva un sacco a tutti vederli così, you know
D’un tratto, sentimmo la voce del prof Bonnefoy che ci salutava e che ci annunciava ciò che avremmo fatto quel giorno.
 
-Ehi!
Mi girai. Erano da poco finite le lezioni, e Alfred ed io ci eravamo appena salutati. Chi mi aveva chiamata era stato Gilbert.
-Che ne dici se andiamo a prenderci un gelato?
-Un gelato? A quest’ora? E dove andiamo a prenderlo?
-Piano, piano! Primo, il gelato si può mangiare a tutte le ore del giorno e della notte~
Mi sa che avrei dovuto aspettarmela da uno come Gilbert, una risposta così.
-E secondo, possiamo scendere in città e andare in gelateria!
-Possiamo lasciare la scuola?
Lui mi guardò con un’espressione tra la confusa e l’incredula.
-Ovvio! Pensavi forse che fossimo in una prigione?
-Non so ancora molto di questo tipo di scuole…
-Beh, non ti devi più preoccupare, c’è il Magnifico con te da adesso~
“Non mi ci abituerò mai a questo qui” pensai, lì per lì.
-E va bene.
Uno strano ghigno – quasi malefico, direi – si dipinse sul viso di Gilbert.
-Non te ne pentirai~
 
Non andavo in città da moltissimo tempo, anche a causa del periodo passato in ospedale. Per questo motivo, appena ci arrivammo, cominciai a guardarmi intorno come se non ci fossi proprio mai stata. Come se fossi una specie di turista in una luogo sconosciuto.
-Non sei mai stata in città?
-Eh?
Guardai Gilbert. Mi stava osservando incuriosito, come se fossi un alieno appena sceso sulla Terra.
-Ecco, in verità è da tanto che non facevo un giro qui.
La sua espressione si fece sempre più incredula.
-Sul serio? Perché?
-Beh..
Mi fermai di scatto. Mi accorsi solo in quel momento che non avevo ancora parlato con nessuno della mia permanenza in ospedale.
-Va tutto bene?
-Sì… E’ solo che si tratta di una storia molto lunga e non abbiamo tutto questo tempo.
Inclinò la testa. Poi alzò le spalle.
-Capisco.
-Cosa?
-Non sei la prima persona che incontro che non vuole parlare del suo passato.
-Vedi, io…
-Non ti fidi ancora, vero?
Smisi di camminare e lo guardai. Lui si fermò pochi metri dopo e si voltò.
-Anche per mio fratello è stata dura, all’inizio.
-Per Ludwig?
Annuì e riprese a parlare.
-Sono venuto qui insieme a lui per fargli da interprete, ma anche per non lasciarlo solo. Non è stato facile per lui abituarsi al fatto di non poter più sentire nulla del mondo che lo circonda.
Prese un sospiro e continuò, senza guardarmi.
-C’è stato un periodo, quando era in ospedale, in cui non voleva vedere nessuno. L’unico a cui permetteva di entrare nella sua camera ero io.
Lo vidi sorridere amaramente.
-Anche adesso, sono veramente poche le persone di cui si fida. Per questo motivo, io… beh, non ti ho ancora ringraziata per quello che hai fatto.
-Ho solo sentito che avrei dovuto fare qualcosa per loro. Non volevo che la situazione peggiorasse ancora.
-Ludwig sta molto meglio ora, grazie a te.
Si avvicinò e riprese a guardarmi, con aria seria.
-Posso capire come ti senti, nemmeno io mi sentivo molto a mio agio all’inizio… Ma credimi se ti dico che farai grandi cose, in questa scuola.
Gilbert aveva c’entrato in pieno. Eppure non credevo che avrei fatto le “grandi cose” di cui parlava. Insomma, avevo solo aiutato Ludwig e Feliciano, niente di che.
-Beh.. Grazie?
-E non ti preoccupare… Nessuno qui ti obbligherà a raccontare quello che hai passato. Dovrai essere tu a decidere se e quando parlarne.
L’atmosfera si fece pesante e il silenzio calò su di noi.
-Ehm.. Andiamo a prendere questo gelato?
-Gelato sia.
Il gelato lo mangiammo pochi minuti più tardi, quando arrivammo alla gelateria, ma per tutto il pomeriggio non feci che pensare a ciò che aveva detto il ragazzo. “Dovrai essere tu a decidere se e quando parlarne”.
Per me era ancora difficile ripensare ai giorni in cui ero chiusa all’interno dell’ospedale. A dirla tutta, avevo avuto una paura tremenda e nemmeno io in un primo momento avevo accettato di ricevere visite. Parlarne mi metteva ancora i brividi.
-Si sta facendo tardi, non credi?
Guardai l’orologio appeso alla parete. Segnava le cinque del pomeriggio. Davvero era passato così tanto tempo?
-Hai ragione. Faremmo meglio a tornare a scuola o si farà troppo buio.
-E io devo controllare che Ludwig stia bene…
Ci alzammo e uscimmo dalla gelateria, diretti verso la scuola. Parlammo poco o niente, e questo non mi aiutò per niente a distrarmi.
 
-Angel, Gilbert, dove eravate finiti?!
Ad accoglierci trovammo un agitatissimo Alfred in piedi, sulla soglia della propria camera.
-Vi ho cercati in lungo e in largo!
-Calmati Alfred, io e Angel eravamo solo andati a fare un giro e a prenderci un gelat-
-Non voglio sentire scuse, la prossima volta dovete avvertirmi!
Era proprio agitato… Non capivo il perché.
-Adesso siamo qui, Alfred. Non ti devi preoccupare.
-Gilbert, non capisci, ti devo parlare! Scusa Angel…
Dopo pochi secondi Alfred afferrò il braccio di Gilbert trascinandolo nella stanza e chiuse la porta.
Inclinai la testa, parecchio confusa.
-Ma che…?
Restai lì qualche minuto a riflettere sull’accaduto. Poi appoggiai l’orecchio alla porta. Sentii Alfred parlare con Gilbert, in preda al panico.
-L’ho fatto di nuovo Gilbert, l’ho fatto di nuovo!
-Adesso calmati, Alfred! Sei andato a parlarne con il dottore?
-Ma quello mi uccide se lo sa! Gilbert, non so cosa fare!
-Innanzitutto, non farti prendere dal panico… Dopotutto non è successo nulla la scorsa volta, no?
-Questo sì, ma il dottore mi aveva chiaramente detto che non l’avrei dovuto fare di nuovo!
Non sapevo di cosa stessero parlando. Ma Alfred era davvero preoccupato, lo sentivo dal tono della voce. E nemmeno Gilbert sembrava tanto calmo.
-Dobbiamo andarci, Alfred.
-Non posso, Gilbert… E se il dottore mi dicesse che non si può fare niente? Cosa succederà?
Sentii Gilbert sospirare, rassegnato. A quel punto bussai. Ormai non potevo tornarmene tranquillamente in camera mia, ma mi sembrava comunque sbagliato stare lì ad origliare.
-Chi è?!
Non avevo mai sentito Alfred gridare in quel modo.
-Sono io, Angel… Posso entrare?
-Entra.
Questa volta fu Gilbert a parlare. Aprii la porta e la richiusi subito dopo essere entrata nella stanza.
-Ho sentito tutto…
Alfred abbassò lo sguardo, così guardai Gilbert.
-Cosa succede?
-Non sono affari tuoi.
-Alfred, potrebbe aiutarti.
-E tu cosa ne sai?!
-Lo so e basta. Prova a fidarti, una volta tanto. La situazione sta peggiorando, non puoi tenerti tutto dentro.
Calò il silenzio. Dopo pochi minuti, Gilbert si rivolse a me.
-Angel, immagino che tu non sappia perché Alfred si trova qui.
Mi limitai a scuotere la testa in segno di diniego.
-Come pensavo…
Gilbert sospirò quasi per prendere fiato e continuò.
-Alfred è diabetico. Soffre di diabete di tipo uno.
Mi si gelò il sangue nelle vene improvvisamente.
-Diabete di tipo uno…?
-Sì. È un tipo di diabete in cui il pancreas non riesce a produrre abbastanza insulina rispetto al livello di zuccheri che vengono ingeriti. E, beh, dura tutta la vita…
-Non c’è nessuna soluzione?
-Una sì, ma non so se si può proprio definire tale…
Gilbert si alzò e prese una piccola scatola da un cassetto. La aprì e il suo contenuto mi fece rabbrividire. C’erano delle siringhe.
-Queste servono ad immettere insulina nell’organismo…
Richiuse subito dopo la scatola rimettendola al suo posto. Guardai Alfred.
-Allora è di questo che stavate parlando prima?
Gilbert annuì.
-In verità c’è dell’altro… Qualche piccola complicazione…
Alfred sorrise amaramente.
-Non troppo piccola…
-Cosa intendi?
-Vedi…
Riprese a parlare Gilbert.
-Chi soffre di diabete deve stare molto attento alla salute, deve fare parecchia attività fisica e..
-E deve stare attento all’alimentazione.
Alfred si alzò e mi rivolse il primo sguardo da quando ero entrata nella camera.
-E’ proprio questo il problema.
-Che intendi?
-Alfred ha qualche… problema a controllarsi…
In quel momento Alfred si sedette sul letto e riprese a parlare, con voce cupa.
-Io sono nato in America… E non sapendo a cosa sarei andato incontro, i miei genitori non si preoccupavano molto di quello che mangiavo… Quando non erano in casa andavo in cucina e mi rimpinzavo di porcherie… Un bel giorno scoprimmo che avevo il diabete.
Il suo tono si era fatto quasi ironico.
-Da quel giorno i miei genitori mi tennero sotto stretta sorveglianza, ma la situazione non fece che peggiorare, dato che continuavo a mangiare di nascosto. E arrivò il momento in cui il dottore decise di spedirmi in questa scuola. Le iniezioni sono la punizione per aver mangiato troppo, come un ingenuo.
-Non c’è una cura?
Il biondo scosse la testa.
-Quel che è peggio è che anche qui ogni tanto non riesco a controllarmi, ed esagero. Come oggi…
-Io sono l’unico a saperlo. Perché questo testone non ne vuole parlare con il dottore…
-Gilbert, non ce la faccio a parlarne con il dottore, cosa potrà mai fare lui, oltre a rompermi con la sua solita ramanzina?
-Alfred, non puoi stare comunque zitto…
Mi sedetti accanto a lui.
-Non devi…
Lui sospirò. Restammo alcuni minuti in silenzio, sapevo che Alfred stava pensando seriamente a cosa fare.
-E va bene…
Sbuffò, rassegnato.
-Ci andrò domani, dopo le lezioni…
Io e Gilbert ci guardammo e sorridemmo soddisfatti.
 
Il tempo passò come un fulmine, e calò la sera. Una volta convinto Alfred a promettermi che sarebbe veramente andato dal dottore, e salutati entrambi i ragazzi, tornai in camera, sbadigliando. Ero così stanca che non mi accorsi nemmeno di aver saltato la cena. Mi preparai per andare a dormire, dopo una chiamata veloce ai miei genitori.
Mi sedetti sul letto, stiracchiandomi, ma subito dopo…
-Ma cosa..?
Sentii una specie di… colpo, come se il cuore avesse fatto un battito più forte degli altri. Rimasi immobile, probabilmente ero anche impallidita. Mi alzai e feci due passi per la stanza respirando profondamente. Cos’era quella… cosa?
Mi calmai abbastanza in fretta e sospirai. Probabilmente me lo ero solamente immaginata.
 
Angolo dell’Autrice
Ehilà, mondo! Mh… so che molti di voi vorranno uccidermi per l’incredibile ritardo ma in questo periodo la connessione mi sta giocando davvero brutti scherzi e ho avuto difficoltà ad usare Internet. Di conseguenza non ho potuto continuare molto in fretta la fic, dato che dovevo prima documentarmi per bene sul diabete. A proposito, mi dispiace se c’è / ci sarà qualche imprecisione, ma vi giuro che per me è parecchio difficile cercare informazioni su malattie come il diabete. Sono piuttosto… sensibile su questi argomenti.
Beh, spero che il capitolo vi piaccia e che ci sarà qualche anima pia che vorrà recensire C:
Thank you all~


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Capitolo 7
*** Chapter 6 - New Friends ***


Capitolo 6 – New friends

-Che noia.
-Avanti Angel, sta per finire!
-Come fai a stare attento, Feli?
Era l’ora di matematica. E mi stavo annoiando. Non mi era mai piaciuta.
Quel giorno Alfred non era venuto a lezione.
“Sarà andato a dormire dopo essere tornato dall’infermeria…”
Conoscevo da poco Alfred, tuttavia eravamo diventati amici fin da subito, e avevo quasi la sensazione di sapere tutto di lui. Quel ragazzo era un libro aperto e il fatto che fosse pigro era una cosa risaputa.
Feli intanto aveva la testa fra le nuvole. Anche quando me ne accorsi e lo fissai, non si mosse di un centimetro. In più, aveva uno strano sorriso, come se fosse in pace con il mondo e completamente al settimo cielo.
Sorrisi inconsciamente.
-Tutto bene, Feli?
-E-Eh?
Come se fosse stato appena svegliato da un sogno, il moro mi guardò, mentre le guance gli si colorarono leggermente di rosso.
-Ho chiesto se stai bene…
-A-Ah, c-certo..!
Sembrava veramente imbarazzato e mi fece tenerezza, tanto che decisi di lasciarlo stare.
Guardai l’orologio sulla parete. Mancavano – ancora – dieci lunghissimi minuti alla fine della lezione. Ma proprio nel momento in cui stavo per sprofondare nella certezza che sarei morta, il prof Bonnefoy chiuse il libro e ripose il gesso che aveva usato per scrivere alla lavagna.
-Bene, ragazzi. So che ormai non riuscite più a seguirmi, e che continuare a spiegare è completamente inutile. Perciò userò questi dieci minuti rimasti per presentarvi due nuovi alunni che frequenteranno questa classe.
In quel momento si potevano chiaramente sentire i mormorii dei miei compagni che si stavano chiedendo chi potessero essere questi “nuovi arrivati”. Del resto, me lo stavo chiedendo anche io.
-Potete entrare.
Continuò il prof in direzione della porta, che in quello stesso istante si aprì, mostrando due ragazzi. Il più basso entrò in classe deciso e si fermò vicino alla cattedra. La prima cosa che notai fu uno strano ricciolo che spuntava ribelle dai capelli. Mi ricordava qualcosa… Guardai in direzione di Feliciano, che aveva lo stesso ricciolo, ma dal lato opposto.
-Io mi chiamo Romano.
Ringhiò il ragazzo appena entrato.
-E sono qu-
-Fratelloneee~
Feliciano si alzò di scatto e corse verso quello che aveva definito suo fratello. Sì, in effetti la somiglianza era impressionante.
-F-Feliciano, cosa stai facendo?!
In quello stesso istante sentii una sonora risata provenire dall’esterno.
-Romanito~ Non trattare male il tuo fratellino!
Il secondo ragazzo aveva fatto la sua comparsa in classe. Sembrava molto meno scontroso del primo, aveva un sorriso solare e la voce calda.
-Scusatelo, può sembrare piuttosto irascibile, ma è una brava persona…
-Antonio, smettila!!
-Andiamo Romanito~ E’ solo la verità, io ti conosco bene, dopotutto!
Il ragazzo che aveva  detto di chiamarsi Romano divenne rosso all’istante dall’imbarazzo.
Parlando del loro aspetto, Romano era leggermente più alto di Feli. Aveva i capelli castani, di una tonalità più scura rispetto al fratello, e gli occhi verdi. Mentre per quanto riguarda il ragazzo di nome Antonio, era più alto di Romano e aveva anch’egli capelli castani e occhi verdi.
Ero certa che avrebbero iniziato a litigare, se solo il prof non si fosse intromesso, dividendoli.
Era evidente che dovessero avere una qualche sorta di “problema” per essere finiti in quella scuola, ma fino a quel momento non avevo ancora trovato niente che non andasse in loro. Non che mi volessi immischiare nella vita privata di ogni studente, ma mi sembravano davvero due ragazzi normalissimi.
-Cercate di stringere amicizia con loro e di trattarli bene, ok?
Dopo aver ottenuto l’ovvia risposta affermativa, il prof Bonnefoy assegnò a Romano e Antonio i due posti liberi in fondo alla classe. Effettivamente, non avevo ancora notato quei due banchi, ma lì per lì pensai subito che dovevano averli messi quella mattina stessa.
-La spiegazione è finita e mancano ancora cinque minuti, non fate troppo rumore!
A quel punto Feli, che era momentaneamente tornato al suo posto, si rialzò e si diresse al banco del fratello. Per questo lo seguii.
-Fratellone, non sapevo che saresti arrivato oggi~
A questo punto capii che Feliciano conosceva il problema di Romano e che sapeva bene che sarebbe arrivato nella scuola, prima o poi.
Romano in tutta risposta sbuffò sonoramente e cercò in tutti i modi di evitare lo sguardo visibilmente emozionato di Feliciano.
-Diciamo che volevo farti una.. s-sorpresa?
Gli occhi di Feli cominciarono a brillare – forse più del necessario – ed ero sicura che se solo avesse potuto gli sarebbe saltato addosso e lo avrebbe abbracciato talmente stretto da strozzarlo.
Intanto Antonio era già stato assalito dalle ragazze della classe. Dal suo accento avevo subito capito che doveva essere spagnolo.
Ma alla fine riuscì a togliersi di mezzo le sue nuove fan e ad avvicinarsi a noi.
-Hola Feli~
-Ciao Antonio~
C’era da dire che in quanto a carattere si assomigliavano.
-Perché non mi avete avvertito?
Si lamentò quasi Feliciano, con un broncio che avrebbe fatto invidia persino ad un cucciolo. In ogni caso, chiunque si sarebbe potuto accorgere di quanto era felice.
-Mi dispiace Feli, ma Romanito ha insistito tanto affinché non ti dicessi nulla! Ci teneva proprio tanto!
-Ehm..
-Ah, scusa Angel~ Fratellone, Antonio, questa è Angel! È arrivata anche lei da poco!
-Piacere di conoscerti, Angel~
Lo spagnolo mi rivolse uno dei suoi sorrisi più calorosi e mi porse la mano, che strinsi quasi immediatamente.
-Piacere mio!
-Fratellone, perché non dici niente?
Romano mi guardava come se mi stesse studiando attentamente, poi mi chiese:
-Tratti bene Feliciano, non è così?
Quella domanda mi lasciò perplessa, ma quando provai a rispondere, Feliciano riprese a parlare, leggermente arrabbiato.
-Fratellone, ma che dici? E’ ovvio~ Anzi, mi ha aiutato tantissimo!
-Ah davvero?
-Ha fatto tornare amici me e Ludwig~
In quel momento sentii come una strana aura nera proveniente dal ragazzo al quale erano rivolte quelle parole. Antonio gli pose subito una mano sulla spalla, ma non sembrò cambiare nulla.
-Questa sì che è una buona notizia, sono contento per voi~ Non è così, Romanito?
Non ne ero sicura, ma mi sembrava che fosse cambiato qualcosa nel tono di Antonio. Quasi come se l’ultima frase fosse una minaccia.
Romano sospirò, ritirando l’aura nera.
-Suppongo di sì. Basta che non ti faccia soffrire, quel mangia-patate.
Da quanto avevo potuto capire, Romano non solo conosceva Ludwig, ma lo odiava a morte. “Suppongo che sia una cosa normale, dopo quello che è successo” pensai.
Così, passò quel poco tempo rimasto della lezione e suonò la campanella. Feli non aveva smesso di parlare un secondo, così come Romano non aveva smesso di tenere il broncio e Antonio di sorridere.
Quando, qualche ora più tardi, arrivò il momento di tornare nelle camere, Feli propose a Romano e ad Antonio un veloce giro della scuola. Stavo per uscire dalla classe, quando Feli mi chiamò, avvicinandosi.
-Angel, vuoi venire anche tu~?
-Mh… Va bene!
Tornammo da Antonio e Romano, ma poco prima che il discorso riprendesse, sentii chiaramente Antonio chiedere al ragazzo qualcosa come “andrà tutto bene se restiamo così indietro?”. Lì per lì non riuscì a trovare una spiegazione logica, così lasciai correre. Feli sembrava non essersi accorto di nulla, da quanto era felice.
Uscimmo dalla classe tutti insieme, ma Feli volle prima andare a salutare Ludwig. Ovviamente lo seguimmo, sebbene non fossi sicura di quanto potesse essere una buona idea, considerando l’odio di Romano nei confronti del tedesco.
Fortunatamente appena arrivammo trovammo anche Gilbert, che “parlava” con il fratello.
Appena ci vide, ci venne incontro.
-Oh, ma guarda, Feli e Angel! Mh?
L’albino osservò Antonio e Romano, confuso.
-Loro chi sarebbero?
-Io mi chiamo Antonio, e lui è Romanito~
-Romano!
Lo corresse il secondo, infastidito.
Gilbert sorrise.
-Piacere di conoscervi! Siete appena arrivati, immagino.
Mentre noi quattro parlavamo, Feli andò da Ludwig, e li vidi abbracciarsi poco dopo, non potendo parlare. Decisi di non dire nulla, approfittando del fatto che Romano era impegnato a parlare – e litigare – con Gilbert e Antonio.
Poco dopo Feli uscì dalla classe e salutammo i tedeschi.
-Allora, da dove possiamo cominciare..?
Si chiese Feli.
Così iniziammo il “giro turistico” per la scuola. Aiutai Feli a fare da guida, e mi assicuravo che Antonio – che era il più vivace tra i due – non combinasse guai.
 
-Bene, adesso ci manca l’ultima classe~
Informò Feli. Ed era vero: mancava poco alla fine.
Feci per seguirlo, ma sentii una presa al braccio, quasi come se qualcuno mi trattenesse.
Mi girai di scatto, e ciò che vidi mi pietrificò.
-A-Antonio, ma che fai?!
Dietro di me c’era Antonio, sì, ma non lo riconoscevo più. Aveva una specie di ombra sugli occhi, come se si fosse rabbuiato di colpo, e non parlava. In più la presa sul mio braccio era forte, non riuscivo a capire come un ragazzo gentile e allegro come lui potesse fare una cosa simile.
Romano sembrò preoccuparsi in un lampo e gli si avvicinò facendogli mollare la presa.
-Adesso basta scherzare, Antonio! Mi senti?!
-Mh… Cosa..? Romanito? Cosa è successo..?
Di colpo Antonio sembrò tornare quello di prima, quasi come se si fosse svegliato da un sonno profondo. Romano sospirò, sollevato.
-Niente, niente. Continuiamo il giro?
Come se non fosse veramente successo nulla, Romano disse a Feli di continuare a mostrare loro la scuola.
Cosa era successo ad Antonio?
E perché Romano aveva reagito in quel modo?
“Non ti devi intromettere” pensai. Ma avrei fatto qualsiasi cosa pur di arrivare in fondo alla faccenda.
 
Angolo dell’Autrice
… C’è ancora qualcuno, non è così?
Ah, non so davvero come farmi perdonare. Sono spregevole, lo so ç_ç Beh, uhm, spero che il capitolo vi sia piaciuto comunque! E che vi abbia incuriosito un po’.
Ebbene sì, ci tenevo a scrivere questo capitolo in particolar modo, perché arrivano due personaggi che mi piacciono moltissimo, Antonio e Romano.
A proposito, vorrei chiarire un paio di cose proprio sull’italiano. Dato che il nome “Romano” mi piace più del nome “Lovino” userò quello, anche se sono consapevole che in teoria si dovrebbe usare il secondo.
Per l’aspetto fisico ho deciso di mettere, nella descrizione di Romano, gli occhi verdi e non marroni. In verità vi devo confessare che nemmeno io so per certo quale sia il colore dei suoi occhi *tristess (?)*.
Vi auguro anche una buona Pasqua, incredibilmente in ritardo!
Mi raccomando, recensite e ditemi cosa ne pensate~
Al prossimo capitolo!


_¢σℓσυяѕσf тнє _мυѕι¢_
 

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Capitolo 8
*** Chapter 7 - Arthur's story ***


Capitolo 7 - Arthur’s story

Finalmente si stava avvicinando la primavera. Mi sembrava che nella scuola e nei dormitori ci fosse molta più vitalità, se così si poteva definire.
-C’è qualcosa che non va, Angel?
-Eh? Ah, no… Va tutto bene, Arthur.
“Nonno Roma” – ormai mi ero abituata a chiamare così il dottore, che mi faceva sempre un sacco di domande ogni qualvolta ci incontravamo per i corridoi – mi aveva raccomandato tanto di non stare troppo fuori dai dormitori durante l’inverno, a causa della bassa temperatura. Ma l’ultima volta che lo vidi…


-Allora, Angel, come ti trovi qui? C’è qualche problema?
-No, va tutto benissimo… Mi sto ambientando bene.
-Perfetto! Sono davvero contento per te. Ah, visto che le temperature cominciano a salire, ti informo ufficialmente che puoi restare in giro quanto vuoi!
-... 
Definisca “quanto vuoi”…
-Ovviamente, non più in là del calar della sera.
-Lo immaginavo…
-So che per te è difficile, Angel. Ma ricordati che lo dico solo per il tuo bene.
-Ne sono consapevole.
-Ah, meno male. Sapevo che eri una ragazza intelligente! Ascolta, hai per caso parlato a qualcuno del motivo per cui sei stata trasferita qui?
-Veramente…
-Capisco… Voglio solo avvisarti che il tuo problema non è come quelli che hanno tutti gli altri, perciò devi agire con cautela. Spero che tu ne sia consapevole…
-… Posso andare, adesso?
-Sei testarda, huh? E va bene, scusa per averti trattenuta così a lungo.

Sospirai senza nemmeno rendermene conto. Cosa che fece allarmare Arthur, seduto accanto a me.
-D’accordo che sei qui da – relativamente – poco, ma si capisce subito quando hai qualcosa che ti preoccupa, Angel…
-Non è niente, stavo solo pensando.
-Scommetto che se Gilbert fosse stato qui avrebbe risposto “tu pensi?!” completamente sconvolto.
-Come se facesse ridere.
Risposi con tono visibilmente poco serio, cosa che fece ridacchiare Arthur.
-Non è così male…
-Non mi dire che stai dalla sua parte!
-Può darsi…
-E-Ehi!!
Alla fine Arthur scoppiò a ridere. Per quanto riguarda me, non riuscivo a non pensare alla conversazione con Nonno Roma.
-Arthur, posso chiederti una cosa?
-Mh? Tipo?
-Ecco… So che è una domanda un po’ personale, ma… come hai perso la vista?
Nessuna risposta. Mi girai verso di lui e lo vidi improvvisamente rabbuiato. Mi sentii incredibilmente in colpa e distolsi subito lo sguardo.
-Mi dispiace… Se non vuoi parlarne ti capisco.
-Io non ho perso la vista… Sono nato così.
Seguì un minuto di silenzio. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Frasi come “non volevo” o “scusa” non valevano più. Potevo solo stare zitta. Parlare avrebbe peggiorato la situazione. Ma l’atmosfera pesante mi rendeva nervosa e alla fine non potei tenere la bocca chiusa.
-Ecco, io…
-Va tutto bene.
-Ne sei sicuro?
Era palese che stesse mentendo.
-Sì.
Rispose solamente.
-… Sarà meglio tornare dentro, si sta facendo buio…
Lui si alzò e così feci anche io. Cominciammo a camminare, diretti verso i dormitori. Alcune volte dovetti avvertire Arthur degli ostacoli lungo la strada e questo non fece che appesantire maggiormente l’atmosfera.
Tuttavia arrivammo presto ai dormitori e accompagnai Arthur nella sua stanza.
-Beh.. Ci vediamo domani.
Non feci nemmeno in tempo ad aprire la porta.
-No, aspetta…
Così mi voltai verso di lui.
-Mi dispiace per prima.
-No, è stata colpa mia. Non avrei dovuto chiederti una cosa tanto person-
-Ho deciso…
-Cosa intendi dire?
-Ti racconterò tutto…
Mi allontanai dalla porta, lievemente sorpresa.
-Sei sicuro? Non sei obbligato, se non vuoi.
-Lo avresti scoperto comunque, prima o poi.
-Se ne sei convinto allora va bene…
Mi sedetti sul letto subito dopo di lui, sebbene non fossi sicura di quello che stava per accadere. Dentro di me pensai che non avrei mai dovuto iniziare quella conversazione.
-Vedi, io…
Lo sentii chiaramente sospirare, come se volesse prepararsi psicologicamente prima di proferire qualsiasi parola.
-Come ti ho già detto, sono nato così. Niente incidenti, o altro… Da un lato trovo che sia una cosa positiva.
Seguì una leggera risata ironica.
-Meglio non aver mai avuto la vista che averla persa, dopotutto. Ma non voglio star qui a parlare troppo di questo…
Ci fu un momento di silenzio.
-Sai, da piccolo ho sempre desiderato solo una cosa… Ogni giorno sentivo gli altri bambini che ridevano e scherzavano su cose che io non avevo mai potuto vedere. Ogni giorno i miei mi dicevano che ero proprio un bel bambino ma io non ho mai potuto vedermi. I miei genitori… Ah, i miei genitori, se solo sapessi come sono fatti…
Gli posai una mano sulla spalla.
-Tutto ciò che ho sempre voluto è poter vedere… Anche solo per pochi minuti… Scoprire tutti questi colori che sembrano essere così belli, poter finalmente sapere cosa sono il “blu”, il “giallo”, il “rosso”… Poter avere un colore preferito, come tutti gli altri…
-Arthur…
-Che tu ne abbia uno è scontato…
-Non devi abbatterti così, posso sempre..!
-Descriverlo? È questo che stavi per dire?
Feci per replicare, ma mi ero accorta che effettivamente aveva ragione…
-Non si può descrivere un colore, Angel… E’ impossibile, impossibile!
La sua voce cominciava a tremare, quasi come se fosse sull’orlo del pianto.
-Perché devo essere diverso dagli altri?! Perché? Tu… puoi dirmelo? Puoi spiegarmi perché devo vivere nel buio?!
Si prese la testa tra le mani.
-Io… non lo so, Arthur…
Sospirò sconsolato e si alzò.
-Nessuno può saperlo…
-Pero’…
Mi alzai e gli posai entrambe le mani sulle spalle.
-Io ti sono vicina. E sono sicura che anche Kiku e gli altri lo sono…
-Cosa farò se un giorno non ce la farò più a sopportare tutto questo? Cosa farò se non sarò più abbastanza forte? Deluderò te, deluderò Kiku… Non voglio più vivere nel buio, Angel…
In quel momento vidi chiaramente una lacrima scivolargli sulla guancia.
-… Non devi temere, Arthur. E sai perché? Perché qualsiasi cosa tu dica, non ti permetteremo mai di fare delle sciocchezze. Ti aiuteremo sempre, che tu lo voglia o meno.
Un sorriso amaro si dipinse sul suo volto.
-Che differenza fa?
-Fa molta differenza. Arthur… non sarai mai solo, questo lo so per certo. E sai una cosa? Credo che persino Alfred sarebbe disposto ad aiutarti, se tu glielo chiedessi.
Sospirò.
-Forse… forse hai ragione, ma…
-Ma?
-Il buio diventa sempre più buio… Secondo te sarò in grado di… vedere la luce, anche così?
-Certo che ce la farai. Devi fidarti di noi, di me. Pensi di potercela fare?
-Credo… Credo di sì.
Arthur era forte, non si sarebbe lasciato abbattere facilmente, sebbene le sue parole dicessero tutt’altro.
-Angel..?
Senza accorgermene ero rimasta in silenzio, senza dire o fare nulla. Probabilmente Arthur aveva pensato che me ne fossi andata.
-Sono qui.
-Posso chiederti un favore..?
-Qualsiasi cosa.
-Ecco, potresti… non dire niente a nessuno di questa discussione? Soprattutto a Kiku… Nemmeno agli altri, chissà Alfred e Gilbert cosa penserebbero. E cosa direbbero, anzitutto…
Senza volerlo scoppiai a ridere. Forse il motivo era l’estenuante silenzio in cui ero rimasta per tutto quel tempo, o più semplicemente avevo bisogno di alleggerire l’atmosfera. Mi sentii come se mi fossi improvvisamente tolta un peso. Ero sollevata e allo stesso tempo felice che Arthur si fosse confidato con me.
-E-Ehi, non ridere, è una cosa di massima importanza!
Ma non riuscivo a smettere.
-Ma cosa sta succedendo qui?
D’un tratto sentii la voce di qualcuno alle mie spalle. Era Alfred, che come al solito girovagava per la scuola senza una meta ben precisa.
Arthur sembrò riconoscere al volo quella voce e diventò rosso come un peperone dall’imbarazzo, mentre poggiava le mani su tutta la superficie della scrivania accanto a sé per cercare un pacchettino di fazzoletti.
Tentai di trattenere le risate e salutai tranquillamente Alfred, mentre sentivo le imprecazioni a bassa voce di Arthur.
Era stata una giornata normalissima, dopotutto...

Angolo dell’Autrice
Wow, mi stupisco della mia velocità (?)! Anyway, buonasera a tutti (o buongiorno, se state leggendo di mattina o pomeriggio manonimporta) ~
Bene, inizio subito con il dire che.. questo capitolo l’ho voluto incentrare completamente su Arthur, perché a mio parere la cecità è una delle peggiori “condizioni” in cui un uomo si ritrova a vivere. Uhm, a dir la verità speravo in un risultato migliore. Voglio dire, avrei voluto che fosse più drammatico, ma a quanto sembra non riesco ad esprimere molto bene i miei sentimenti nello scritto. Avrei voluto raccontare di più sulla vita di Arthur prima che finisse nella scuola, ma poi ho finito con il dilungarmi – forse troppo – sulla tristezza che prova. Ma dico, io non riuscirei a sopravvivere se un giorno diventassi cieca a causa di un incidente o quant’altro. Ho cercato in tutti i modi di esprimere al meglio i sentimenti del nostro povero inglese, ma questo è il risultato, I’m sorry T_T
Comunque sia, da questo momento in poi ci saranno (salvo eccezioni) i capitoli in cui si racconterà della vita dei personaggi, che si intitoleranno “Nomedelpersonaggio’s story” (?).
Beh, mi dispiace se vi ho delusi, ma vi giuro che ho provato di tutto, anche ascoltare le canzoni più tristi che conosco mentre digitavo.
Per finire ringrazio Mary-chan (Mary99Grace) per aver recensito il capitolo precedente e invito quelli di voi che sono riusciti coraggiosamente ad arrivare fino a qui (?) a recensire!
Ommioddio, a momenti quest’angolino diventa più lungo del capitolo :’’
Beh, io termino qui! Thank you all ~
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** Chapter 8 - Romano's story ***


Capitolo 8 – Romano’s story

Quel giorno faceva caldo. Anzi, fin troppo caldo.
Girovagavo per la scuola in cerca di qualcosa che potesse distrarmi, anche perché con il caldo diventavo parecchio irascibile.
All’improvviso, qualcuno mi finì praticamente addosso.
-Ehi, stai attento a dove metti i piedi!
Ma appena alzai lo sguardo vidi Antonio.
-Ah, Antonio, sei tu…
Solo allora pero’ mi accorsi che era agitato, piuttosto agitato.
-Antonio, che succede? Sei pallido, hai visto un fantasma, per caso?
-Peggio!!
-Cos-
Senza che io potessi dire nulla, Antonio mi prese per un braccio e mi trascinò fino a quando non giungemmo davanti ad una porta.
-Cosa ci facciamo qui, Antonio? Mi vuoi dire che ti prende?
Cominciavo a preoccuparmi seriamente. Poi lessi il numero sulla porta della camera.
-Ma questa non è la stanza tua e di Romano?
Lui annuì solamente.
-… Beh, perché mi hai portata qui?
-Romano ha bisogno di aiuto!!
Era ancora più agitato di prima, ma non ne capivo il motivo. Così bussai alla porta.
-Romano? Romano, sei qui dentro?
Nessuna voce si alzò dietro la porta.
-Romano, apri!!
Antonio tentò in tutti i modi di aprire la porta che pero’ era chiusa a chiave dall’interno.
-Lasciatemi in pace!
All’improvviso sentimmo la voce del ragazzo dall’interno della camera.
-Ma che succede qui?
Mi girai e vidi Gilbert che si avvicinava a noi.
-Antonio, ma che ti succede?
Il ragazzo interpellato pero’ non ci rivolse nemmeno uno sguardo.
-Romano, è colpa mia, vero? Ti ho fatto del male, non è così?!
Io e Gilbert ci guardammo, confusi.
In quel momento esatto sentimmo una voce provenire dal corridoio. Era Feli.
-ROMANO!
Il castano corse verso di noi. Evidentemente aveva capito cosa stesse succedendo, al contrario di Gilbert e me.
-Ah, Feli! Romano non vuole uscire dalla camera, sono preoccupato!!
-N-Non preoccuparti, Antonio..! Troveremo un modo per farlo uscire!
-Ehi ragazzi, non c’è bisogno di agitarsi in questo modo…
Gilbert non l’avrebbe mai dovuto dire. In quel momento Antonio gli afferrò il polso in un battito di ciglia.
-Lì dentro c’è Romano. Da solo. Ti rendi conto della scemenza che hai detto?!
-Antonio!
Al sentir pronunciare il suo nome da Feli, Antonio si bloccò e lasciò il polso a Gilbert abbassando lo sguardo.
Per pochi minuti non si sentì più volare una mosca. Eravamo tutti come impietriti.
-Ehi, Antonio…
Gilbert tentò di scusarsi con il ragazzo, ma Feli lo precedette.
-Non ti preoccupare, faremo uscire Romano in un mondo o nell’altro…
Lo disse con la sua solita voce gentile e affettuosa, ma mi sembrava comunque strano che Feliciano non avesse chiamato Romano “fratellone”, come aveva fatto per tutto il tempo, il giorno del suo arrivo a scuola. E mi stupì ancora di più la frase che disse dopo.
-Pero’ ora è meglio che tu ti allontani… Va bene?
Mi sarei aspettata una reazione esagerata da parte di Antonio, e invece dopo pochi secondi di riflessione annuì.
-Gilbert, potresti andare con lui e fargli compagnia?
-Come vuoi…
Gilbert obbedì e seguì Antonio.
-Ma cosa sta succedendo?
Alla mia domanda, Feli sospirò.
-Ci penserò io a fare uscire Romano. O almeno proverò a convincerlo a farmi entrare.
-Ti voglio aiutare anche io, Feli!
-Non c’è alcun problema, Angel… Ci riuscirò. Ma devo essere da solo.
-Andatevene, tutti e due!
-Ma Romano…
-Non cominciare, Feliciano! Vattene anche tu!
-Romano, piantala di fare così, non ti accorgi che stai facendo preoccupare un sacco di persone? Compreso tuo fratello!
-Problemi loro. Non voglio vedere nessuno.
A quel punto mi rivolsi a Feliciano.
-Dovremmo chiamare un infermiere? O il prof?
-Non possono fare niente finché Romano non apre la porta…
-Feli, ma che gli prende? Non pensavo che si potesse arrivare a questo punto…
Sospirò.
-Non ti posso dire niente… Solo che se non fosse così non sarebbe venuto in questa scuola.
Ci fu un minuto di silenzio, o forse di più. Poi Feliciano mi guardò e sorrise come se non ci fosse nessun problema.
-Dimentica quello che ho detto… Dovrebbe essere Romano a parlarne, e lo farà quando e se ne avrà voglia…
Mi sembrava più che giusto. Pero’ avrei voluto aiutarlo, in ogni caso.
-Mh? Ah, Vargas!
-Eh?
Feli si girò e vide il prof Bonnefoy.
-Buongiorno prof!
-Qualcosa non va?
-Ah… No, no…
Il prof non sembrò credergli, ma sorrise ugualmente.
-Puoi seguirmi un secondo in infermeria? Il dottore ha detto che devi fare i tuoi controlli.
-Proprio ora?
-Non bisogna far aspettare il dottore!
Feli ci dovette pensare un attimo su ma alla fine si arrese.
-Va bene… Mi raccomando Angel!
-Non preoccuparti, Feli!
Il ragazzo annuì e si allontanò. Il prof pero’ prima si girò verso di me e mi disse, sorridendo:
-Ho fiducia in te, Angel.
Detto questo seguì Feli, senza neanche aspettare una mia risposta. Avevo capito cosa il prof intendesse dire con quelle parole. E cominciai anche a pensare che la storia del controllo fosse solo una scusa.
A quel punto cominciai a Romano. O almeno, ci provai.
-Romano, perché fai così?
Nessuna risposta.
-Sai, non è bello parlare alla porta.
-Non è un problema mio.
-Lo sarà presto se non ti decidi ad aprirla.
Nessuna risposta, di nuovo. E nessun tipo di movimento. Sospirai, non sapendo bene cosa dire.
-Romano… Non vuoi proprio parlarne? Dire cosa ti sta succedendo?
-No.
Era ovvio che avrei dovuto fare un discorso coi fiocchi. Così mi preparai.
-Ah, non sai quanto ti capisco.
Lo sentì alzarsi e avvicinarsi alla porta.
-Non puoi capire. Né tu, né gli altri.
-Non abbiamo mica bisogno degli altri.
Avvertì il suo stupore alla mia affermazione. Poco dopo la porta si aprì di pochissimo.
-Cosa intendi?
-Siamo forti, vero? Lo siamo abbastanza da non aver bisogno degli altri.
-Hai ragione, quindi capisci che devi andartene.
-Pero’, sai, io fossi in te non farei preoccupare proprio Antonio e Feli.
Dovetti aspettare un po’ di tempo, ma alla fine mi aprì la porta. Entrai nella sua camera. Era incredibilmente buia. Le tende coprivano la luce del sole. C’era il silenzio assoluto.
-Romano… Perché ti sei chiuso qui dentro?
Mi richiusi la porta alle spalle.
-Chiudi a chiave.
Obbedii.
-Posso sedermi?
-… Ok.
Mi sedetti sul letto. Lui era seduto su una di quelle sedie girevoli da ufficio. Si portò le gambe al petto e se le abbracciò.
-Cosa succede?
-Perché sono fatto così?
-Così come?
Lui sospirò e girò la sedia fino a che non potessi più guardarlo in faccia.
-Sono un disastro.
-Non è vero…
-Invece sì! So solo fare in modo che gli altri si preoccupino di me, e basta.
-Ed è per questo che ti sei rinchiuso qui dentro?
Scosse la testa.
-Romano, ti da’ così tanto fastidio far preoccupare gli altri per te?
Non ottenni una risposta, perciò continuai.
-… Sai, io non credo nelle persone che dicono “non voglio far preoccupare gli altri” o “non ti dico cos’ho che non va perché altrimenti ti preoccuperesti per niente”. Anzi, si può dire che le odio.
-…
-Pensano di sembrare ingenue e altruiste, ma a mio parere solo le più egoiste.
-Come fai a dirlo?
-Una volta, ho sentito dire che gli esseri umani non fanno mai qualcosa per puro altruismo. In verità credo proprio che quelle persone dicano così per far preoccupare ancora di più gli altri. Non lo pensi anche tu?
-…
-Adesso ti racconto il motivo per il quale sono qui, in questa scuola… Non l’ho detto a nessuno ancora, quindi ritieniti fortunato, eh!
All’improvviso mi guardò.
-Perché dovresti farlo?
-Perché tu hai bisogno di qualcuno che ti appoggi, adesso.
Dopo pochi secondi pero’ scossi la testa.
-Aaaah… No, non è per questo. In verità voglio solo che tu mi racconti di te. Ho pensato che probabilmente dicendoti qualcosa su di me l’avresti fatto, perciò…
-… Ok, allora. Se mi prometti che non rivelerai a nessuno ciò che ti dirò ti racconterò tutto.
Sorrisi e allungai una mano.
-Promesso! Ah, e vale anche per te, eh!
Mi strinse la mano, un po’ titubante, e annuì.
-Vediamo… Da dove cominciare?
Gli raccontai praticamente minuto per minuto quello che mi era successo, escludendo pero’ i leggeri colpi che cominciavo ad avere.
Alla fine della mia storia lui sembrò un po’ scosso.
-Ah, ma ora che sono qui sono lievemente più tranquilla…
-E tu non hai detto a nessuno questa cosa?
Scossi leggermente la testa. Davvero era così strano?
-Alla fine l’hai fatto anche tu, mi pare.
Lui sembrò bloccarsi di colpo a quell’affermazione. Poi, distolse lo sguardo, nuovamente.
-Hai ragione…
-In base alla promessa, adesso devi raccontarmi di te, ricordi?
Lo vidi annuire nell’oscurità della stanza e prese un bel respiro.
-Non voglio che gli altri comincino a guardarmi con occhi diversi…
-… Beh, è vero, hai fatto preoccupare parecchie persone, ma non cred-
-Non è per quello.
Solo allora mi resi conto che non avrei dovuto interromperlo.
-… Scusa.
Ci volle ancora qualche secondo, ma poi finalmente Romano cominciò a parlare.
-Quando ero più piccolo, ho rischiato di cadere in depressione. È stato grazie ad Antonio se ne sono uscito.
Dopo un attimo di smarrimento, capii che era quello il motivo per il quale erano così amici.
-Probabilmente è anche per colpa mia che ora è così…
Rimase un attimo zitto, poi si accorse di ciò che aveva appena detto e si affrettò a scuotere la testa.
-Non badare a quello che ho detto, non è importante ora..
-Mh… I tuoi genitori non lo sapevano, vero?
-Ovviamente no. Loro erano impegnati a coccolare Feliciano…
-Quindi è “colpa” di Feli?
-… No, non è colpa sua.. E’ colpa di quel tedesco se Feliciano ha fatto quell’incidente… Per colpa sua è dovuto rimanere in ospedale per tutto quel tempo!
-Anche tu eri preoccupato per lui, non è così?
-Certamente… Pero’ i nostri genitori non se ne accorgevano, è come se in quel periodo per loro non fossi esistito. È stato proprio in quei mesi che io… avevo cominciato a pensare di tagliarmi.
Sbiancai all’istante.
-Non l’hai fatto, vero?!
-Ci stavo per provare seriamente, un giorno…I nostri genitori erano entrambi all’ospedale, e mi avevano lasciato con nostro zio ma ero riuscito comunque a recuperare un paio di forbici senza farmi scoprire.
-Conoscevi già Antonio, vero? Lui lo sapeva?
-Quello stupido si faceva sempre rimproverare perché tentava di stare più tempo possibile insieme a me… Anche alla sera tardi. E tutto perché temeva che potessi crollare.
Un leggero sorriso apparve sulle labbra di Romano.
-Quel giorno non ho fatto in tempo a fare nulla, si è immediatamente fiondato nella mia stanza e mi ha preso le forbici di mano.
-Quindi si era risolto tutto, no? Cosa è successo dopo?
-Ovviamente no, non si è risolto un bel niente. È proprio perché nessuno mi ha capito che adesso sono così. Per colpa di queste stupide crisi che mi vengono di tanto in tanto, mi devo rinchiudere, o rischierei davvero di fare male a qualcuno per colpa della rabbia. Io non voglio fare male a nessuno, non voglio fare del male ad Antonio…
-Lui e Feli lo sanno, da quanto ho potuto vedere prima.
-Sì ma loro non capiscono quanto sia difficile per me. Loro provano a fare di tutto, ma non capiscono che sono io quello che ha più difficoltà. A volte rischio di avere delle crisi di rabbia e loro non se ne accorgono nemmeno, altre volte sono fin troppo protettivi, cosa pretendono che faccia?! E poi, Antonio è…
Si bloccò all’improvviso e si alzò di scatto.
-Adesso sai perché mi sono chiuso qui dentro.
-Non serve a nulla…
-Cosa vuoi che faccia?! Odio quest’atteggiamento, odio quando Feliciano e Antonio evitano di parlarne, odio quando cercano di rifilarmi un “devi cercare di calmarti”! Sei esattamente come loro, odio voi, odio questa scuola, odio tutti!!
-Romano.
-Che c’è?!
Non so come mai, ma in quel momento avvertii la strana voglia di abbracciarlo. Capivo come si potesse sentire, ci stavo male anche io. Quindi d’impulso mi alzai e gli posai una mano sulla spalla.
-Andrà tutto bene…
Sapevo che aveva bisogno di sentirselo dire. Ne aveva veramente bisogno. Infatti non disse più nulla, rimase solo con un’espressione sorpresa in volto lì, a fissarmi.
-E adesso apriamo queste tende, eh? Diventerò cieca a forza di stare qui al buio!
Gli scompigliai i capelli e sorrisi.
-Non lo pensi anche tu?
-Perché l’hai fatto? Credi che andrà tutto bene solo perché lo dici tu? O stai cercando di concludere il discor-
-Io non so se andrà veramente tutto bene. So solo che so come ti senti. Quindi, basta fare quel muso lungo e usciamo, devi chiedere ancora scusa a Feli e Antonio, giusto?
-Cosa faccio se mi verrà un’altra crisi di rabbia?
-Beh.. Io ti consiglierei prima di tutto di non chiuderti in camera…
-Non.. chiudermi in camera?
Aprii le tende e entrambi ci dovemmo coprire gli occhi.
-Perché, vedi, se ti chiudi al buio in camera poi succede questo!
Dopo alcuni secondi Romano scoppiò a ridere.
-Ehi! Dico sul serio!
Inizialmente misi il broncio, ma non potei evitare di sentirmi sollevata guardando Romano divertito. Così, mi finsi offesa e incrociai le braccia.
-Adesso usciamo, neh?
 
Angolo dell’Autrice
… L’ho fatto di nuovo. AAAAAAAAAH, mi odio così taaanto—
EHI, ma mi perdonerete, vero?

Oh, ma quanta rabbia repressa c’è in questo capitolo :’ Ebbene sì, un po’ di sfogo :’)
Inizialmente avrei voluto scrivere il capitolo di Kiku, ma poi non ho resistito – date le condizioni (s)favorevoli – e ho scritto questo qua~
Spero che vi sia piaciuto e che sia riuscita a trasmettere le giuste emozioni! Lasciate anche una piccola recensione se il capitolo vi è piaciuto!
A proposito, ringrazio Mary99Grace e DC_otaku per aver recensito il capitolo precedente!
Alla prossima, belli, e passate una bella estate~

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Capitolo 10
*** Chapter 9 - Kiku's story ***


Capitolo 9 – Kiku’s story

Alla fine, con un po’ di difficoltà, ero riuscita a far uscire Romano dalla stanza. Come pensavo, il suo “problema” non c’entrava affatto con il suo aspetto fisico. E sapevo anche che il suo era un atteggiamento condivisibile. Dopotutto anche io mi sarei chiusa in camera mia, se avessi avuto crisi di rabbia di quel genere. Tuttavia c’era ancora una cosa che non capivo. “Romano, è colpa mia, vero? Ti ho fatto del male, non è così?!”, questo è ciò che Antonio aveva detto. Eppure, non mi sembrava che fosse lui la causa.
E poi, anche Romano… “Probabilmente è anche per colpa mia se ora Antonio è così…”.
Sospirai.
-Credo che la faccenda sia più complicata del previsto.
Senza accorgermene avevo parlato a voce alta.
-Eh?
Gilbert, che stava tornando insieme a me nelle nostre rispettive stanze, era rimasto confuso dalla mia affermazione improvvisa.
-Cosa? Ah, scusa, pensavo ad alta voce…
-Certo che sei proprio incredibile, Angel…
-Mh?
-Voglio dire, stai aiutando tutti! Mi spieghi come fai?
Per poco non scoppiai a ridere. Ma la sua domanda mi fece riflettere. Era vero, da quando ero arrivata a scuola avevo provato a dare una mano ad Alfred, ad Arthur e a Romano. Ma alla fine gli unici che ero riuscita veramente ad aiutare erano stati Feli e Ludwig.
-Tutto bene?
Ero così immersa nei miei pensieri che non mi ero accorta di Gilbert che aspettava una risposta.
-Certo…
-Ho trovato, perché non lasci che siamo noi a darti una mano?
-Darmi una mano?
-Già! Avrai di sicuro qualche problema! Altrimenti non saresti nemmeno qui!
-Un problema…
-Esatto! Pensaci bene, sei sicura di non avere niente di cui parlare?
Non ci avevo fatto caso fino a quel momento. Io non avevo parlato con nessuno dei miei problemi. Ma cosa avrei dovuto fare? Sbandierare al mondo intero ciò che mi era successo? E per ottenere cosa, poi? No, molto meglio non dire niente.
-Ci ho pensato.
-E?
-Non ho nessuno problema.
Sul suo viso si dipinse un’espressione che non era tanto stupita, quanto delusa.
-Come? Assolutamente niente?
Stavo per rispondergli, quando sentii un battito più forte degli altri e non riuscii a dire più nulla, e nemmeno a muovermi.
-Angel?
Gilbert mi guardò, preoccupato.
-Va tutto bene? Angel, rispondi!
-… Scusa, devo andare.
Riuscii a dire almeno quello, poi corsi più veloce che potei, fino a seminarlo.
-Dannazione…
Avevo il fiatone, ma perlomeno stavo un po’ meglio e non c’era nessuno nei dintorni. O così pensavo.
-A-Angel..?
Alzai lo sguardo e vidi con mia grande sorpresa Kiku.
-Ah, Kiku, sei tu… Mi hai spaventata…
-V-Va tutto bene..?
-… Sì, stavo solo… scappando da Gilbert, niente di che.
-Perché scappavi..?
-…
Un silenzio tombale ci avvolse. Decisi di cambiare discorso, prima che lui cominciasse a fare domande. Non che fosse il tipo, ma non si può mai sapere.
-Allora, Arthur non c’è?
Di colpo abbassò lo sguardo rabbuiandosi.
-No.
Era il primo “no” secco che sentivo in quella scuola, e non avrei mai pensato che l’avrei sentito proprio da Kiku.
-Kiku, va tutto bene?
-Perché? C’è qualcosa che non dovrebbe andare bene? Solo perché non c’è Arthur?
Quelle domande e il tono con cui Kiku parlò mi lasciarono spiazzata.
-N-No, non c’è niente di male…
In quel momento Kiku sembrò accorgersi di cosa fosse successo e si riprese, ma evitò di incrociare il mio sguardo.
-S-Scusa…
Mi avvicinai a lui.
-Cosa c’è che non va? Non ti ho mai visto reagire così…
-E’-E’ una lunga storia, i-io…
-Tranquillo, non c’è fretta. E poi non ti sto obbligando. Parlane solo se ti senti di farlo.
Lui annuì. Dopotutto avevo bisogno di una distrazione.
-M-Ma non qui.. Andiamo in biblioteca…
Non ero mai stata in biblioteca, quindi dovetti seguirlo per tutto il tragitto. Ci arrivammo dopo pochi minuti ed entrammo. Come immaginavo, non c’era nessuno.
Ci sedemmo ad un grande tavolo in un angolo della biblioteca, che tra l’altro era enorme e apparentemente ben fornita.
-Allora? Che c’è?
Kiku era estremamente titubante, quasi come se si stesse ancora chiedendo se dovesse raccontare tutto oppure no.
-E-Ecco…
-Non preoccuparti, non dirò niente a nessuno.
Se c’era una parola segreta, o per meglio dire una frase segreta, in quella scuola era proprio quella.
Dopo una manciata di secondi Kiku sospirò e cominciò a parlare, evitando di guardarmi.
-A-Avrai già capito perché sono qui..
-In parte. Per la tua timidezza, giusto?
Annuì, ma in un sussurro lo sentì dire “o è quello che voglio far credere”.
-Immagino che Arthur non ti abbia raccontato nient’altro…
-Niente di niente.
-Almeno ha mantenuto la promessa…
Rimanemmo qualche minuto in silenzio. Sentivo che con Kiku avrei dovuto essere paziente e aspettare che fosse pronto, non come con Romano.
-Adesso ti racconterò perché sono così…
Prese nuovamente un bel respiro e socchiuse gli occhi per evitare di sentirsi troppo in soggezione.
-Quando ero piccolo, i miei genitori si sono separati. Avevo circa cinque anni… All’inizio fu bruttissimo per me. E poi..
Lo vidi stringere i pugni.
-Io fui affidato completamente a mia madre… Non potevo più vedere mio padre, e non capivo perché…
Nella mia mente si era già fatta avanti una teoria, ma speravo con tutto il cuore che non fosse quella giusta.
-A farmi aprire gli occhi fu mia madre, un anno dopo. Mi disse che le faceva del male, che non era molto… sano…
Sospirai. Avevo indovinato.
-Aveva mai fatto del male a te?
Lui scosse la testa.
-N-Non avrebbe mai fatto una cosa simile! Ne sono sicuro!!
Si alzò all’improvviso, e mi accorsi che stava tremando.
-Kiku, calmati…
Si fermò di colpo e si risedette, ma non parlò.
-Te la senti di continuare?
Annuì e ricominciò a parlare con un tono quasi infantile, tenendo la testa bassa.
-Non mi ero mai accorto che papà facesse male alla mamma… Lei non mi aveva mai detto niente…
Poi, la sua voce si fece cupa.
-Una voce nella mia testa aveva cominciato a dirmi “voleva solo ferirti, non era tuo padre”.
Non osai dire nulla, non sapevo cosa pensare.
-E poi, la paura. La paura di essere ferito dai miei stessi amici. “Non devi parlare con gli altri d’ora in poi”, la voce continuava a dirmi questo. Io continuavo a ripetere che non era possibile, che dovevo parlare con gli altri bambini, con i miei amici. Non volevo restare da solo. “Quelli non sono tuoi amici, nessuno è tuo amico. Non devi fidarti di nessuno. Finiranno tutti con il ferirti”.
Rimasi in silenzio, ancora.
-Diventai così chiuso da non sapere più cosa volesse dire parlare con qualcuno. A stento parlavo con mia madre. Tuttavia, volevo uscirne a tutti i costi. O meglio, voglio uscirne…
-E’ per questo che ti sei fatto trasferire qui?
Annuì.
-L’unica persona di cui sia riuscito a fidarmi è Arthur…
All’improvviso mi guardò. I suoi occhi in quel momento erano così vivi, al contrario di come glieli avevo sempre visti.
-Io voglio essere di nuovo capace di fidarmi degli altri, Angel..! Non voglio più vivere con la paura di essere ferito! E voglio anche smetterla di dipendere solo da Arthur, ecco perché oggi sono da solo…
-Non devi aver paura che gli altri ti facciano del male.
-Ma è più forte di me…
-Io sono convinta che prima o poi si debba essere feriti dai propri amici. Beh, non intendo essere pugnalati alle spalle, qualcosa di meno grave.
Mi fissava parecchio confuso, quindi continuai a parlare.
-Intendo dire che prima o poi tutti vengono feriti. Da chiunque. Pensaci bene, preferiresti litigare con Arthur e quindi essere ferito da lui, oppure che Arthur sparlasse di te alle tue spalle? In quest’ultimo caso non saresti ferito direttamente, perché saresti all’oscuro di tutto.
-… P-Penso la prima…
-Se vuoi essere amico di qualcuno devi accettare il fatto che potreste ferirvi l’un l’altro. In un certo senso è come se gli amici facessero un patto. “Io sottoscritta Angel sono disposta a diventare amica di Kiku anche a costo di rimanere ferita”.
Il lato positivo è che in un qualche modo lo feci ridere.
-Prova a dirlo anche tu.
-“Io sottoscritto Kiku sono disposto a diventare amico di Angel, anche a costo di rimanere ferito”.
-Facile, no?
Annuì. Poi mi tese la mano, un po’ titubante.
-D-Dopotutto è un patto…
Rimasi un po’ sorpresa, ma gliela strinsi sorridendo.
-E’ un patto. Che ne dici di farlo anche con Arthur? Sono sicura che ne sarebbe felice!
Lui arrossì all’idea, ma lo vidi molto più rilassato. Infatti, non ci volle molto perché ricominciò a parlare.
-D-Dovrebbe essere in camera ora..
Mi alzai.
-Allora andiamoci subito!
Dopo poco si alzò anche lui. In breve arrivammo davanti alla porta della camera dei due. Il ragazzo bussò, e appena sentì la voce del biondo, entrammo.
Arthur era seduto sul letto, sembrava preoccupato per qualcosa.
-Kiku, sei tu?
L’interpellato biascicò un “sì”.
Arthur sospiro pesantemente, ritornando al suo colorito originale. Sembrava quasi un sospiro di sollievo.
-Credo proprio che tu abbia perso un compagno di stanza.
-Angel, allora sei tu che l’hai riportato qui!
-M-Mi dispiace…
Fu quello che mormorò Kiku, visibilmente dispiaciuto.
-Pensavo che te ne fossi andato in quel modo per colpa mia, Kiku…
Arthur fece per alzarsi con l’aiuto del suo bastone, ma io lo fermai.
-Stai pure seduto, Kiku ha una.. sorpresa per te.
Kiku deglutì, nervoso, e si avvicinò al biondino ripetendo la “frase del patto”. Inizialmente Arthur rimane sorpreso, ma poi rispose con la stessa frase, ridendo. Dopodiché ci fu la stretta di mano finale.
Fu strano e allo stesso tempo emozionante vedere un Kiku quasi sorridente afferrare la mano di Arthur e stringerla forte. In quel momento pensai che quel ragazzo sarebbe potuto “guarire”, con un po’ di aiuto.
-Allora, andiamo a fare un giro?
Disse Arthur, dopo un po’. Era molto più sollevato. Feci per rispondere che mi sarebbe piaciuto, ma mi sentì improvvisamente fiacca. Potevo sentire distintamente i battiti del mio cuore.
-Angel?
-C-Che succede..?
-…Scusate ragazzi, si sta facendo tardi…
Tentai di riderci su un po’, probabilmente era solo la stanchezza.
-Sicura di stare bene?
-Certo che sì, sono solo un po’ stanca. Sapete, girare tutto il giorno per la scuola porta a questo.
-Mh… Allora sarà per un’altra volta. Mi raccomando, riposati!
-Certo, adesso andrò in camera mia..
Ci salutammo, e riuscì ad uscire da quella stanza nonostante i due continuassero a ripetermi di andare immediatamente a dormire un po’.
Mi richiusi la porta della mia camera alle spalle sospirando. Dopodiché mi buttai letteralmente sul letto, e cominciai a fissare il soffitto, con le cuffie nelle orecchie. Di certo un po’ di musica mi avrebbe aiutato…
 
Angolo dell’Autrice
Ciaossu~
Allora, come andiamo? Come promesso, ho scritto il più in fretta possibile il capitolo~
Devo ammettere pero’ di aver avuto non poca difficoltà nel tentare di esprimere al meglio i miei pensieri nei confronti della fiducia tra amici. Spero che sia comprensibile ciò che intendevo dire ;3;
Dedico in particolar modo questo capitolo a Mary-chan (Mary99Grace), povero il tuo maritino, eh? Spero che ti piaccia ;w; Ah, ho letto solo ora il tuo messaggio (LOL), ti rispondo immediatamente~
Beh, allora ci si vede~
Alla prossima!
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