Eterna Dannazione di Lost Tsukiko (/viewuser.php?uid=137350)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio e la fine di tutto. ***
Capitolo 2: *** Il Sigillo ***
Capitolo 3: *** La Fame ***
Capitolo 4: *** Londra... ***
Capitolo 5: *** Rientro ***
Capitolo 6: *** Reazioni ***
Capitolo 7: *** Novità... ***
Capitolo 8: *** Debolezze... ***
Capitolo 9: *** L'Ombra Rossa ***
Capitolo 10: *** Richiamo di Sangue ***
Capitolo 11: *** Nero e Grigio ***
Capitolo 12: *** Dolore e Potere ***
Capitolo 13: *** Incontro ***
Capitolo 14: *** Fratelli ***
Capitolo 15: *** Veleno ***
Capitolo 16: *** Il Nome ***
Capitolo 17: *** Urla del Corpo, Urla del Cuore ***
Capitolo 18: *** Virtus Tenebrarum ***
Capitolo 19: *** Fallen Angel ***
Capitolo 20: *** Tears of An Angel ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** L'inizio e la fine di tutto. ***
Eterna Dannazione
Eterna Dannazione
Oscurità.
Silenzio.
Era dunque questa la morte? No forse no, almeno non per
tutti.
Lui non era uno dei tanti, oh no di certo.
Lui non era morto per malattia, incidente, suicidio o
omicidio. Soprattutto non era morto per omicidio.
Un uomo che toglie la vita ad un suo simile, nulla sarebbe
stato più lontano dalla realtà.
Da quel dannato giorno, da quando aveva stipulato il
contratto, non un solo uomo aveva potuto seriamente alzare le mani su di Lui,
figuriamoci togliergli la vita.
Qualcuno, tuttavia, se l’era presa la sua vita, oh se lo
aveva fatto! Ma ne aveva tutto il diritto, era il suo compenso.
Quel “qualcuno” era tutt’altro che paragonabile ad un infimo
e semplice essere umano.
Un sussurro...
Lui sussulta.
No, non è possibile… deve esserselo immaginato.
Lui ora è nel nulla, è Il Nulla.
O così dovrebbe essere… almeno è ciò che Lui pensa.
Come può pensare?
Come può ricordare ogni singolo istante della sua miserevole
vita?
Come può avere ancora coscienza di sé?
Lui è morto.
È stato divorato.
La sua anima è stata il cibo per quell’essere impuro.
Che sia la sua punizione eterna per aver sancito il
contratto?
Un sussurro… ancora…
“Chi è là” vorrebbe urlare.
Si… perché questa volta Lui sa di aver sentito.
Ma nulla risuona, se non un silenzio assordante.
I pensieri si susseguono frenetici, uno dopo l’altro, nella
sua mente.
Lui è morto.
Il dolore è scolpito nei suoi ricordi.
Lui ha sentito sulla sua anima ogni singolo straziante
“morso” di quell’essere.
Del suo Maggiordomo Nero.
Del suo Demone.
Ma allora come…
“Bocchan…”
Non udì più un sussurro, ma una flebile voce.
Chi lo chiamava?
Chi lo tormentava anche in quella sua eterna punizione?
Sì, perché era questo che lui pensava fosse.
“Bocchan…”
Quella voce. Più chiara. Di nuovo.
Era impazzito?
Sarebbe stato quello il suo tormento eterno?
Udire la voce del suo salvatore e carnefice?
Sentire quel suono tanto famigliare, ma così profondamente
odiato?
Piuttosto che udire ancora quella voce suadente e vellutata,
avrebbe preferito risentire per mille e mille volte il dolore conosciuto nella
morte.
Quel dolore che fu il grido della sua anima straziata dalle
fauci di quel Demone.
Quella voce gli riportava alla mente il ricordo di ciò che
fu la sua vita e che non sarebbe più stato.
“Riuscite sempre a divertirmi, Bocchan”
“Basta!”
Voleva urlare.
“Smettila!”
Voleva ordinare.
Ma la sua voce non risuonava.
“Povero piccolo Bocchan…”
Lo stava deridendo, come sempre.
“E voi siete permaloso come sempre, Bocchan…”
“Tu… come osi”
Avrebbe voluto urlargli contro.
“Oserò questo ed altro, Bocchan…”
I pensieri di Lui si fermarono.
Non poteva essere.
Era morto. Lui era definitivamente morto.
Non poteva impazzire, non poteva sentire, non poteva
pensare.
Lui non era più.
Come poteva allora quell’essere leggergli la mente se Lui ora
era il nulla?
Perché era questo ciò che stava accadendo.
Poco male, morto o non morto se il Demone voleva giocare,
Lui l’avrebbe accontentato.
E sconfitto.
“La vostra mente è proprio come la immaginavo, Bocchan…”
“Non hai forse già avuto la mia anima, Sebastian?”
“Mai gustato niente di più prelibato, Bocchan…”
“Cos’altro vuoi Sebastian?”
“La vostra Eternità, Ciel.”
“ La mia Eternità? Vuoi essere il mio eterno tormento nella morte,
Sebastian?”
“Quello non è più il mio nome, Ciel. Ora aprite gli occhi…”
“Sono morto! Come potrei farlo?”
“Questo non è del tutto esatto, Ciel…”
“Non li ho più gli occhi, idiota! Non ha senso ciò che dici!”
“Mph…”
“Cosa ci trovi di divertente?”
“Non ci avete nemmeno provato, Ciel… “
“Zitto! Non osare chiamarmi così!”
“Piccolo, sciocco Ciel…”
“Tu… Dannato Demone…”
“Mai Dannato quanto voi… Ciel…”
“C-cosa vuoi dire?”
“Fate ciò che vi è stato detto e lo saprete… Ciel…”
Qualcosa era cambiato.
Lui non sentiva più di essere nel nulla. Di essere il Nulla.
Sentiva il suo corpo.
Il suo cuore batteva.
Il petto si alza e si abbassava.
Era… Vivo?
Con tutta la forza che possedeva tentò di aprire le palpebre.
Niente.
“Vi arrendete così facilmente, Ciel?
Ma se è sufficiente una cosa del genere per fermarvi, avrei fatto
meglio a lasciarvi al vostro destino
e godere totalmente l’interezza della
vostra anima…
E io che ve ne ho lasciata a sufficienza per vivere…
Speravo di aver trovato chi mi tenesse testa per l’Eternità…”
“Che vai farneticando, la mia anima ti ha dato alla testa?”
“Se aprirete gli occhi lo capirete, Ciel…”
Lui non badò più alle parole di quell’essere, in quel
momento aveva altro a cui pensare.
Ritentò e riprovò più volte. Finché, finalmente, i muscoli
non risposero.
Un filo di luce gli ferì gli occhi.
Li richiuse subito.
Troppa luce dopo essere stato nel buio assoluto.
Riprovò e lentamente le palpebre si alzarono, liberando definitivamente
gli occhi dall’oscurità.
La figura nera di Sebastian
lo sovrastava con il suo solito indefinibile sorriso.
Ciel si alzò a sedere con enorme sforzo.
Osservò l’ambiente. Era una lussuosa stanza da letto dove il
rosso cremisi e il nero più profondo tingevano ogni oggetto.
Scese dal giaciglio che lo aveva ospitato fino a quel
momento.
Sentiva il suo corpo pesante e gli doleva in maniera
indicibile, ma non una smorfia comparve sui nobili tratti del suo viso.
Il Demone, dal canto suo, si limitava a guardarlo con la sua
solita espressione stampata sul volto.
Ciel vide uno specchio alla sua sinistra, vi si mise
davanti.
La sua esile figura si rifletteva altera e superba.
Percorse il suo riflesso dai piedi fino a arrivare al volto.
Ma non vi trovò quello che per anni aveva visto ogni singolo
giorno della sua vita.
Dietro di lui, quello che fu Sebastian, lo guardò negli
occhi attraverso lo specchio.
Cremisi nel cremisi, occhi di demone in occhi di demone.
“Siete morto come umano e rinato come demone...
Ora siete una
mia creatura…
Un essere
dall’anima corrotta…
Un
Demone…
Benvenuto nella vostra nuova,
dannata ed eterna vita, Ciel
Phantomhive…”
Colui che fu l’ultimo Conte Phantomhive, il cane della
Regina d’Inghilterra, il ragazzino che per vendetta strinse un patto con un
Demone, ora fissava con i suoi occhi cremisi il suo nuovo demoniaco riflesso.
Quello fu il giorno dove ebbe inizio la sua Eterna
Dannazione.
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Capitolo 2 *** Il Sigillo ***
Eterna Dannazione - Il Sigillo
Il Sigillo
Sei mesi.
Ventiquattro settimane
d’inferno.
Centosessantotto giorni da quando la
sua nuova dannatissima
vita era iniziata.
Si,
perché il Conte Ciel
Phantomhive, non esisteva più come
essere umano.
Da quando il suo Demone di
Maggiordomo ha deciso, di sua
spontanea iniziativa, di trasformarlo in demone, la sua esistenza era
cambiata.
Chi glielo aveva chiesto poi? Nessuno.
Lui
aveva avuto la sua vendetta e
avrebbe voluto morirsene
in pace, si fa per dire ovviamente. Non è che si aspettasse
chissà cosa, in
fondo aveva venduto la sua anima per ottenere la sua personale
“giustizia”.
Tuttavia ritrovarsi a fare
da
servetto o da animale da
compagnia, a dir si voglia, a quello che era stato il suo maggiordomo
era
troppo per Lui.
Lui è stato il
Conte Ciel
Phantomhive, e che diamine!
Uno dei personaggi con più
potere della corte inglese!
Era giunto al limite, il suo orgoglio
di nobile non avrebbe
mai accettato una situazione simile un solo secondo di più.
Uscì
dalle lenzuola di
seta blu notte.
Si diresse deciso verso
l’armadio per scegliere da sé i suoi
abiti, azione ormai consueta visto che non aveva servitù.
L’anta
dell’armadio era composta da un enorme specchio, dove
il giovane demone guardò, come tutti i giorni, il suo
riflesso.
Sembrava un normale essere umano.
Il corpo nudo, elegante e
ben
proporzionato faceva sfoggio
di sé sotto il suo sguardo.
I capelli, color petrolio, erano
sempre acconciati alla
medesima maniera.
Gli occhi, di un profondo blu
cobalto, percorsero la sua
figura e… lo vide.
Le iridi si accesero
d’improvviso di rosso cremisi.
Vide quel maledetto
simbolo nero, che
spiccava sulla sua
pelle nivea.
Vide quel maledetto simbolo inciso
sul suo petto all’altezza
del cuore.
Vide quel maledetto simbolo, che lo
marchiava come creatura
di proprietà di quell’Essere Dannato.
Ciel
portò una mano al
petto e puntò le unghie affilate come
artigli su quel simbolo.
Affondò nella sua stessa
carne, fino a lacerare la pelle
all’altezza del cuore.
Il sangue sgorgava dalla ferita e
macchiava la sua pelle
d’alabastro.
Lacrime vermiglie di un cuore
oltraggiato.
Ma, come ogni volta, dopo
pochi
secondi, la carne che era
stata lacerata si richiudeva e il sangue si fermava. Nessuna cicatrice
restava
su quella pelle perfetta.
E, come sempre, quel maledetto
simbolo ricompariva perfetto
come a prendersi gioco di lui.
Tirò un pugno allo
specchio, che andò in frantumi per poi
ricomporsi sotto i suoi occhi.
“Dannazione!
Chi voglio
prendere in giro? Io sono suo… per
l’eternità”
Guardò i suoi
occhi
riflessi nello specchio.
Quante volte aveva fatto quella scena?
Quante volte si era detto che non
avrebbe sopportato oltre?
Ormai ne aveva perso il conto.
Sospirò.
Aprì
l’armadio,
prese i suoi abiti e si vestì.
Uscì dalla sua stanza e
percorse il lungo corridoio.
Chi
avrebbe mai detto che il suo
maggiordomo, pardon ex
maggiordomo, possedesse una tale
meraviglia?
Quel palazzo lo aveva colpito fin dal
primo giorno, ma non
per le dimensioni, che potevano avvicinarsi alla sua ex residenza
cittadina di
Londra, bensì per lo stile e l’eleganza che
trasudavano da quei muri.
La magione Phantomhive, in confronto,
era quasi una casolare
di campagna.
Ogni elemento era composto da
materiali preziosi e nulla,
nemmeno un particolare, era costruito con materie dozzinali o di basso
valore.
I colori predominanti della struttura
erano il nero e le
varie tonalità del grigio.
Le stoffe variavano dal rosso rubino
al rosso cupo, colore
del sangue.
L’unica stanza che faceva
eccezione era la sua dove i
tendaggi e la biancheria da notte era di varie sfumature di blu.
I
suoi passi risuonavano nel
corridoio, il silenzio era
totale, come sempre.
Non c’era da stupirsi, era
l’unico occupante della dimora in
quel momento.
Arrivò
alle scale.
Prima di scendere, il suo
sguardo si
perse nel buio del
corridoio che continuava alla sua destra.
Quella era la Sua ala della villa.
Lì c’era la Sua
stanza da letto.
Solo
una volta era stato
lì.
Solo una volta era stato nella camera
di quell’essere.
Solo quel maledetto giorno.
Il giorno in cui era iniziato
quell’incubo.
I ricordi si risvegliarono
prepotentemente nella sua mente.
Flashback
“Ora siete
una mia creatura…
Un essere
dall’anima corrotta…
Un Demone…
Benvenuto nella vostra nuova, dannata ed
eterna vita, Ciel Phantomhive…”
Silenzio.
Un silenzio assordante riempiva
quella stanza da letto.
Il ragazzo sentì la
furia che montava sempre di più dentro di lui.
“Cosa mi
hai fatto Dannato?”
“Non
lo
vedete da solo, Ciel…?”
Quante volte aveva visto,
in passato,
gli occhi di Sebastian
tingersi di cremisi?
Troppe per non vedere che i suoi
occhi ora erano identici.
La sua testa era percorsa da mille
pensieri, ma non riusciva
a formularne nessuno di senso compiuto.
Chinò la testa in avanti,
fino a coprire gli occhi, che ora
lo ripugnavano, con
la frangia.
Prese un profondo respiro.
Doveva liberare la mente e far
funzionare il cervello.
Fortunatamente,
il dolore provato
fino a pochi istanti prima
era quasi del tutto svanito.
Il senso di pesantezza che lo
opprimeva era sparito.
Alzò lo sguardo nuovamente
sulla sua immagine.
I suoi occhi erano tornati di quello
splendido blu cobalto
che tutti ammiravano.
Non
si sarebbe arreso.
Lui era Ciel Phantomhive, che fosse
umano o demone erano
dettagli.
Quel Essere non l’avrebbe
avuta vinta. Mai.
Tumph
Le
sue pupille si dilatarono.
Tumph
Il
suo respiro divenne sempre
più corto.
Tumph
Il
suo cuore era impazzito
Tumph
Tumph
La
sua testa stava per scoppiargli
Tumph Tumph Tumph
Il
suo corpo stava come bruciando.
Tumph Tumph Tumph
Le ginocchia
cedettero.
Si accasciò contro lo
specchio.
Urlò.
Urlò come non aveva mai
fatto.
Il calore si era concentrato sul suo
petto, sul cuore.
Strappò
la camicia.
lo vide per la prima volta.
Sulla sua pelle lattea un sigillo
incandescente era
comparso.
Il simbolo che prima adornava il suo
occhio, ora, era sul
suo cuore.
“Anf…
anf… Che diavolo…”
Il
Demone maggiore si
avvicinò e si abbassò per mettersi
alla stessa altezza del più giovane.
Con due dita nude percorse le linee,
ormai scure, del
sigillo.
Un brivido attraversò la
spina dorsale del ragazzo.
Ciel
seguiva con le sue iridi blu i
movimenti di quella
mano.
Le dita affusolate di colui che fu il
suo maggiordomo
continuarono il loro percorso.
Passarono dal simbolo sul petto, alla
clavicola.
Poi al collo.
Giunsero infine al mento.
Con una leggera pressione,
quell’essere, obbligò colui che
era stato il suo padrone ad alzare il viso, così che
potessero guardarsi negli
occhi.
Cremisi
nel blu.
“Ora siete
uno dei miei Vassalli, o se preferite un mio Alfiere o un
Cavallo…
a voi la scelta Ciel”
“Non
sarò mai tuo!”
La
mano che aveva osato toccarlo fu
scacciata.
“Mph…
Povero sciocco Ciel… lo siete
già…”
Quanto
odiava quel sorriso.
La rabbia dentro di lui crebbe.
Il blu divenne cremisi.
I canini si appuntirono.
Le unghie si affilarono.
La
sua mano stava per avventarsi sul
collo di quell’odiato
essere.
Si bloccò di colpo, a
pochi centimetri dalla gola.
Dolore.
Dolore lancinante.
Il sigillo bruciava come il fuoco
dell’inferno.
“Non
potrete mai alzare la mano contro di me Ciel.
Il sigillo ve lo
impedirà fino ad arrivare quasi ad uccidervi se
necessario.
Rassegnatevi. Siete
mio. Per l’Eternità”
“M-mai.
N-non mi sottometterò mai a te…
mai…”
Dopo
quello il buio.
Fine
Flashback
Scosse la testa per
scacciare quei
ricordi maledetti.
Riprese il suo cammino e scese le
scale.
Si diresse verso la
biblioteca, dove
passava la maggior
parte del suo tempo. Stava dedicando ogni minuto possibile alla ricerca
di una
qualche scappatoia a quella situazione. In quella moltitudine di testi
umani e
soprattutto non umani doveva trovarsi una soluzione al suo problema.
Arrivò,
finalmente, alla
sua meta.
Afferrò la maniglia
d’argento.
Il sigillo reagì.
Un brivido gelido gli corse lungo la
spina dorsale.
Era tornato.
Quell’essere Dannato era
tornato.
Solo il sapere di vederlo lo faceva
andare ai pazzi.
E sia, scappare non
sarebbe stato da
lui, non era nemmeno
pensabile.
L’avrebbe affrontato a
testa alta, come sempre.
Fece un respiro profondo ed
oltrepassò la soglia.
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Capitolo 3 *** La Fame ***
Eterna Dannazione - 3 La fame
La Fame
Ciel entrò
nella grande biblioteca.
Non vide nessuno, ma sapeva che Lui si trovava lì.
Dopo due settimane era tornato.
Lo sentiva.
Era
una delle tante “capacità” demoniache.
Non si era ancora abituato, seppure fossero passati mesi.
Quel giorno, stranamente, i ricordi del “dopo
trasformazione”
riaffioravano in continuazione…
Gli tornarono in mente i giorni dove incominciò ad
“imparare”
ad essere un demone…
Flashback
I
primissimi giorni furono traumatici.
Tutte le abitudini umane come mangiare, bere o anche
semplicemente dormire avevano perso il loro significato. Un demone si
nutriva
di cibo comune, non aveva bisogno di bere men che meno di dormire,
anche se erano
tutte azioni che poteva compiere. Tuttavia, i sapori non erano gli
stessi e il
sonno era privo di sogni.
Nonostante
ciò, Ciel continuava a mangiare cibo umano ogni
qual volta ne avesse l’occasione, a bere e soprattutto a
dormire.
L’ex
maggiordomo lo scherniva per questo suo ostinato
attaccamento all’essere umano che era stato.
Il
Phantomhive sopportava, non gli dava corda.
Stringeva denti e pugni, ma non gli diede mai la
soddisfazione di vederlo andare su tutte le furie.
Fu difficile evitare di far uscire fuori il suo lato
demoniaco, ma ci riuscì.
Odiava
i suoi occhi da demonio.
Odiava il cremisi che si sostituiva al blu.
Odiava tutto ciò che rappresentavano.
Questi
sentimenti alimentarono la sua testardaggine.
Non uscì dalla sua stanza finché non fu in grado
di
mascherare l’ira più profonda.
In pochi giorni aveva acquisito una notevole capacità di
controllo sulle manifestazioni della sua nuova natura.
In
quei giorni sperimentò, inoltre, nuove sensazioni e nuovi
bisogni.
I suoi sensi erano più acuti.
La sua forza e resistenza fisiche erano aumentate.
Ma
non è tutto oro quello che luccica.
Le sue nuove capacità avevano un prezzo.
Più le utilizzava più la
“fame” aumentava.
Una
“fame” completamente diversa da quella umana.
Una “fame” che ti assillava.
Una “fame” che bramava di essere soddisfatta.
La
“fame” di anime.
Il
suo ex servitore non si sognò nemmeno lontanamente di
dargli delucidazioni a tal proposito, e lui, ovviamente per orgoglio,
non le
chiese.
Fu quella la causa scatenante la ricerca d’informazioni da
parte del ragazzo.
Esclusa
l’ala dove si trovavano le stanze del demone
maggiore, la villa non aveva limiti per lui.
Ogni volta che il suo padrone,
quanto odiava considerarlo tale ma era la realtà dei fatti,
usciva per “cercare
un pasto decente”, parole sue, il giovane esplorava lo
stabile in lungo e in
largo.
Fu così che, un
mese circa dopo la sua trasformazione, la
trovò.
Trovò un rifugio dove non sentirsi un abominio.
Trovò le risposte a molte domande.
Trovò la biblioteca.
La
“fame”, tuttavia, era ormai quasi insostenibile.
Da quando era rinato non si era mai nutrito come avrebbe dovuto.
Fortunatamente, nei testi demoniaci poté recuperare le
informazioni che gli servivano.
Lui
era un “demone incompleto”, in primis
perché prima era stato
un essere umano, secondariamente perché la sua anima non era
completa poiché
era stata per gran parte divorata.
In quanto tale, era destinato ad essere subordinato al suo
signore in eterno.
Ma, ebbene si c’era un “ma”, se fosse
riuscito a diventare
un demone completo la sua sudditanza sarebbe svanita.
Come
riuscire nell’impresa non gli era ancora dato saperlo.
Sfogliò libri su libri, rotoli su rotoli, pergamene su
pergamene.
Niente.
I
giorni passavano e la “fame” aumentava.
Non riusciva quasi più a ragionare.
Doveva mangiare.
Sapeva cosa e sapeva come.
Gli mancava solo la materia prima.
Non
era prigioniero, poteva lasciare la villa in qualsiasi
momento.
L’edificio si trovava in Inghilterra, o meglio in teoria.
In pratica era una costruzione fuori dallo spazio e dal
tempo in cui vivono gli essere umani.
Solo il proprietario della villa e i suoi vassalli potevano
accederci e lasciarla liberamente.
Seppur
restio a decidersi, per la prima volta, uscì per
cercare il suo primo pasto.
Saper di dover uccidere un essere umano lo disgustava, ma
non vi era altra soluzione.
Doveva nutrirsi.
Non farlo avrebbe solo significato star male per poi
diventare una belva senza raziocinio.
Non sarebbe certamente potuto morire di fame, nemmeno se lo
avesse voluto.
Non poteva morire se non ucciso da un altro demone o da uno
Shinigami.
Tch
stupida natura demoniaca!
La
sua prima vittima fu un semplice contadino.
Egli desiderava vendetta per l’abuso fatto sulla figlia.
Era
piuttosto consueto, nella profonda campagna inglese, e
non solo, che alcuni signorotti sfruttassero ancora la loro posizione
come nel
medioevo. Non era la “ius primae noctis”,
ma il funzionamento era molto
simile.
Fu
più semplice di quanto si aspettasse.
Vendicato l’onore di quella stolta contadinotta
reclamò il
suo pagamento.
E lo fece nel modo più violento.
La “fame” era troppa.
Il
lato demoniaco prese il sopravvento.
Trafisse con un sol colpo il cuore dell’uomo.
Ritirando la mano, gli strappò l’anima.
Divorò
l’anima come una belva divora la sua preda.
Con ingordigia e avidità.
Nemmeno
i piatti che cucinava Sebastian erano così… buoni.
Non aveva assaporato mai nulla di così delizioso.
Ne voleva ancora e ancora.
Ma
non era il momento, doveva rientrare e finalmente a mente
lucida, si fa per dire, avrebbe cercato una soluzione al suo stato.
Fine Flashback
Da allora erano passati
mesi, si era nutrito il necessario
per mantenere la lucidità.
Le ricerche non avevano dato frutto sul fronte “completezza
demoniaca”.
Tuttavia di recente stava scoprendo parecchie
cosucce interessanti sul suo “padrone”.
A quel pensiero un ghigno si formò sul suo volto.
I
suoi passi risuonavano tra gli scaffali della biblioteca.
Arrivò alla sala di lettura.
Era
illuminata solo da timidi raggi di sole che filtravano
tra i tendoni ancora tirati.
Una figura, tuttavia, si stagliava ugualmente in quel
leggero chiarore.
Era appoggiata alla scrivania in mogano.
Non si era sbagliato, come avrebbe potuto.
Lui era rientrato ed era lì.
In quello che considerava il suo rifugio.
Tipico comportamento di quell’essere.
Invadere i suoi spazi, come se niente fosse.
“A quanto pare siete
tornato…”
“Siete
perspicacie…”
Ciel
si morse la lingua.
Non era un masochista, o meglio non lo era fino a quel
punto.
Il dolore che s'infliggeva ogni mattina non lo faceva per
il gusto di farlo.
Era uno sfogo, un vano tentativo di togliere quella
“macchia”
dalla sua pelle.
Se
avesse reagito alle provocazioni del demone, lì si che
avrebbe
potuto definirsi masochista.
Il dolore che provocava quel dannato sigillo non era
paragonabile a nessuna ferita.
Ti divorava dall’interno.
Ogni singola cellula veniva attraversata da una scarica di
dolore.
Gli era bastato provarlo una volta.
“Avete trovato anime di vostro
gradimento…?”
“Per
nulla… dopo aver assaporato la perfezione tutto il resto
è privo
di gusto…”
Gli
occhi del demone si illuminarono a quel ricordo.
Inconsciamente si leccò le labbra.
Un
brivido percorse Ciel al ricordo delle fauci di quell’essere
sulla sua anima.
“Voi invece Ciel sempre gli stessi
rifiuti?
Dovreste impegnarvi un po’ di più… Non
eravate voi che volevate sempre
il meglio?
I prodotti di primi qualità? La cottura perfetta?
O forse, era solo un capriccio e non sareste stato in grado di sentire
la differenza?”
“Cercherò
di migliorare… Mi ricorderò delle vostre parole, My
Lord…”
Solitamente
le avrebbe quasi sputate quelle parole.
Quel giorno tuttavia, forse per disattenzione o per la poca
lucidità dovuta al ritorno della “fame”
le disse automaticamente, senza contare
il tono accondiscendente.
Che stesse inconsciamente accettando la situazione?
Dentro di sé si stava maledicendo in tutte le lingue
conosciute.
Il
Demone maggiore lo osservò attentamente.
Le pupille si ridussero a due punte di spillo.
Si alzò lentamente dalla scrivania alla quale era
appoggiato.
Chiuse il libro che stava sfogliando distrattamente fino a
pochi secondi prima.
Con il passo elegante che lo aveva sempre contraddistinto
superò il più giovane.
Le sue labbra lasciarono fuggire poche parole, ma furono pesanti
come macigni.
“È stata solo una perdita di
tempo, senza la tua vendetta non sei
nulla”
I
passi risuonarono nella biblioteca fino a sparire dopo la
chiusura della porta.
Il
giovane era rimasto gelato sul posto.
Quelle parole gli risuonavano nella mente.
Più i secondi passavano più il suo cuore
diventava pesante.
Una sensazione di inadeguatezza mai provata si fece strada
dentro di lui.
Cosa
gli stava succedendo?
Fece
un profondo respiro.
Era sicuramente la “fame”.
Le anime che cacciava non gli bastavano più.
Erano troppo “deboli” e non erano più
deliziose come all’inizio.
Il suo palato si stava affinando.
Quella
sera sarebbe uscito a cercare qualcuno di adatto a
diventare il suo primo pasto decente.
§----------§ NDA §----------§
Ciao a tutti!
Innanzitutto Hitomi voleva
ringraziare chi ha recensito la
storia, ossia ciel phantomhive98, Lucky08 e SaraMichaelis ^_^ Ringrazia
anche
voi che l’avete inserita nelle seguite , ricordate e
preferite!
Infine anche i lettori silenziosi…
Hitomi:
Anche Tsukiko il più delle volte è come voi!
Tsukiko: Taci o ti mollo il pc e ti faccio scrivere e
pubblicare la storia da sola! è_é
H: Nononono ti prego non saprei da dove iniziare T^T Scusa
scusa nee-chan …
T: Sarà meglio… una piccola rivincita ogni tanto
u_u Cooomunque
torniamo a noi…
Dopo
tutti questi ben ringraziamenti un paio di note( più
che dell’autrice sono mie ndTsuki).
La prima è che non dovete abituarvi a questi aggiornamenti
rapidi, Hitomi nee-san ora è ispirata, ma non so quanto
durerà conoscendola u_u
Farò del mio meglio per spronarla.
Fortunatamente ha già un paio di capitolo abbozzati, nel
weekend si è data parecchio da fare… quindi il
rallentamento delle pubblicazioni
sembra scongiurato, almeno a breve termine.
La seconda è che sono contenta, ma veramente tanto, che
stiate apprezzando questa fic.
Hitomi si è buttata non credendo che sarebbe piaciuta, ogni
lettore silenzioso per lei è un grande traguardo, non
parliamo poi di chi
commenta, segue o preferisce u_u
Ora basta cianciare… Vi saluto e vi do
appuntamento al
prossimo capitolo!
Tsukiko
P.s. Vere NDA
Se avete dubbi o
suggerimenti o correzioni o che ne so
ditemelo pure… le critiche costruttive sono SEMPRE ben
accette ^_^
Grazie ancora a tutti!
Hitomi
|
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Capitolo 4 *** Londra... ***
Londra...
Londra...
Era ormai
l’imbrunire quando Ciel lasciò la villa.
Le parole che aveva rivolto al demone maggiore gli
risuonavano nella mente.
Non era mai successo che gli si rivolgesse così.
Lui chiamare in modo così accondiscendente “My
Lord” quel
dannato…
Come aveva potuto abbassarsi a tanto?
Eppure non era quella la ferita che faceva più male al suo
orgoglio.
“È
stata solo una perdita di tempo, senza la tua vendetta non sei
nulla”
Era
vero?
Effettivamente ora non aveva più un obiettivo di tale
importanza che lo spingesse a vivere.
Non era più spronato dalla sua vendetta.
Per cosa viveva ora?
Per se stesso?
No, se fosse stato per lui avrebbe potuto morire all’istante.
Per farla pagare al suo carissimo ex maggiordomo per il tiro
mancino?
Forse… no nemmeno per quello.
Per cosa allora?
Non lo sapeva.
Aveva
l’obiettivo di diventare demone completo.
L’obiettivo di tornare ad essere il padrone della sua
esistenza.
L’obiettivo di essere libero.
Libero
di fare cosa poi?
Libero di vivere un’eterna esistenza senza uno scopo?
Che libertà era mai quella?
Immerso
in quei pensieri ad un certo punto rammentò le
parole del suo “padrone”.
Le parole che aveva pronunciato alla sua nascita demoniaca.
“Speravo
di aver trovato chi mi tenesse testa per
l’Eternità…”
Tenergli testa?
Come diamine avrebbe mai potuto con quel dannato sigillo?
Anche se fosse diventato più forte nutrendosi di anime di
qualità, cosa avrebbe mai potuto fare lui?
Mero Vassallo destinato all’obbedienza.
Voleva un passatempo, ecco cosa voleva.
Lo aveva trasformato per divertirsi a vedersi servire da
colui che lo aveva comandato.
Doveva
sciogliere quel marchio.
Non sarebbe più stato un divertimento per quel dannato.
Lui, nato Conte Phantomhive, sarebbe diventato un demone più
potente del suo creatore.
Con quella nuova
convinzione arrivò in vista della capitale.
Londra sembrava essere la
stessa di sempre, eppure qualcosa
nell’aria era diverso.
Era palpabile, che si fosse demoni o meno.
In fin dei conti non c’era da stupirsi, dopo quella notte
tutto era cambiato.
The Night
of Bloody Snow…
Mai nome fu
più adatto.
In quella notte, l’ultima della vita umana di Ciel, la neve
si era tinta di sangue.
Il puro candore di quel soffice manto venne insozzato di
tinte vermiglie frutto della morte.
Circa
la metà dei nobili appartenenti alla corte fu
trucidata.
Pensare che era lui, o meglio il demone che prima era al suo
servizio, la causa di tutto lo fece sorridere.
Sorrise di quella che la gente comune considerava una tragedia.
Quanto si sbagliavano…
Quella non fu mera violenza, ma un’epurazione.
La
notte del 7 febbraio 1895.
La notte in cui il Conte Ciel Phantomhive ebbe la sua
vendetta.
La notte dove la vendetta si tinse del colore del sangue.
Al
popolino, ovviamente, venne tenuto tutto segreto.
Gli venne rifilata la classica storia del pazzo
rivoluzionario antimonarchico.
Nulla seppero e nulla avrebbero mai saputo.
I problemi dei nobili non li riguardavano.
In fondo, il problema era nato tra loro e tra loro si era risolto.
“Affaire of the
White Rose” lo chiamavano gli aristocratici.
Un nome molto elegante per definire il tentativo di
sterminio di una famiglia scomoda.
Un nome quasi dolce per mascherare un progetto così empio,
che coinvolgeva bambini innocenti.
Un nome che indicava un piano così ben orchestrato che solo
grazie alla sua astuzia e al suo perfetto maggiordomo era riuscito,
finalmente
dopo dieci anni, a portare alla luce.
Tutti
i pezzi del puzzle ebbero un volto e un ruolo.
Ogni singolo colpevole fu trovato e giustiziato.
Tutta la documentazione fu recapitata alla Regina e al resto
della corte.
Tutti erano stati informati del perché tanto sangue fosse
stato versato.
Il
ricordo del dolce sapore della sua vendetta lo fece
fremere.
Era valsa la pena aspettare dieci lunghissimi anni.
“Ma
guarda un po’ chi abbiamo qui… il piccolo
Conte…”
No,
non era possibile.
Quella decisamente non era la sua giornata.
Quante probabilità c’erano di incontrare quel
pazzoide?
Cosa aveva fatto di male?
Ok, domanda idiota.
“Allora è proprio vero quello
che si dice sul tuo conto… Ora sei uno di
loro“
“Sparisci
Shinigami da strapazzo!”
“Ma
come siamo scontrosi… cos’è il tuo Padrone
ti ha fatto arrabbiare?”
Il
braccio di Ciel si mosse con una velocità impressionante.
Quasi senza sapere come, sbatté le Shinigami contro il muro
del vicolo tenendolo per il collo.
Il bellissimo blu cobalto dei suoi occhi divenne rosso cremisi.
“Ti ho detto di sparire”
Fu più
simile ad un ringhio che al suono della sua voce.
Gli occhi verdi del Dio della Morte si assottigliarono.
“Credi forse di spaventarmi moccioso?
Potrei farti fuori in tempo zero…
Anzi direi che è proprio quello che
farò… così potrò rivedere
il mio
adorato Sebas-chan…
Oh Sebas-chan…”
Ecco,
aveva iniziato a farneticare come al suo solito.
Ma in questo mondo un essere normale esisteva?
Ciel
mollò la presa.
Una forte emicrania prese a martellare la testa del ragazzo.
Ci mancava anche questa, un demone con il mal di testa.
Dannazione, voleva solo
mangiare.
Era un reato? Beh in un certo senso lo era…
Ma in natura il forte mangia il più debole, no?
Perfetto, stava perdendo il ben dell’intelletto.
La sola vicinanza con quell’essere vestito di rosso lo
rimbecilliva.
Lentamente il giovane si
diresse verso la strada principale.
Voleva mettere più spazio possibile tra se stesso e quello
Shinigami.
“Ehi,
aspetta un attimo!”
L’essere vestito
di rosso gli si parò davanti.
“Non ho tempo da perdere con una
nullità come te…”
“Eh no mio caro, qui la
nullità sei TU!”
Ciel lo
scartò di lato e lo superò.
“Sei tu che sei diventato un Vassallo
demoniaco non io…
Pensavo ti interessasse diventare completo, ma a quanto pare mi sono
sbagliato…”
Il
ragazzo si bloccò a quelle parole.
Lui era uno Shinigami come avrebbe mai potuto avere la
soluzione ai suoi problemi?
“Non so di cosa tu stia parlando
Grell…”
“Dici? Allora a
cosa devo la reazione di prima?
Sai perfettamente che il mio dolcissimo Sebas-chan è il tuo
padrone
ora.”
“Stai vaneggiando…”
“Affatto. La prova
è il sigillo su di te.
Ne sento la “puzza” da qui…”
“Non provocarmi Shinigami! Non sono
più un debole essere umano”
Ciel si
girò di scatto.
“Povero piccolo Conte… Che
destino crudele…
Diventare il servo del suo stesso
maggiordomo…”
Giurò
che un giorno o l’altro quel sorriso glielo avrebbe
distrutto.
Avrebbe fatto cadere uno ad uno tutti quei denti.
Poi, per rendere le cose più interessanti gli avrebbe,
perché no, cavato anche gli occhi.
Il
suo sguardo era terrificante.
“Sto tremando dalla paura Ciel-chan”
“Tu… Dannato…”
“No fermo! Qui il
dannato sei tu, non io di certo…
Comunque… se vuoi sapere come risolvere la tua questioncina
posso
aiut-“
Il
Big Ben batté le 22.00.
“Oh per tutti i me stesso! Sono in
ritardo… questa volta Will mi farà
lo scalpo!
Alla prossima Ciel Phantomhive… Ah salutami il mio caro
Sebas-chan!”
E
così com’era apparso se ne andò.
Il giovane era rimasto
gelato sul posto.
Quel Dio della Morte da strapazzo lo voleva
“aiutare”?
Magari senza avere niente in cambio, un buon samaritano
insomma.
Si certo, come no, infatti lui è ancora umano e vive
felicemente
con la sua famiglia!
Tch, non si sarebbe fatto fregare.
Ma avrebbe saputo far tornare tutto a suo vantaggio, come
sempre aveva fatto in passato.
Mentre
era perso nei suoi pensieri, la
fragranza di un’anima attirò la sua
attenzione.
Non aveva nulla a che fare con quelle di cui si era cibato
in precedenza.
Oh, no.
Sarebbe stato come paragonare un pasto di una bettola ad uno
preparato dal suo ex maggiordomo.
Non c’era confronto.
Aveva fatto decisamente
bene a tornare a Londra.
Doveva dare ragione, e gli bruciava terribilmente, a
quell’Essere Dannato.
Le anime che aveva assaporato fino a quel momento erano
veramente di infimo livello.
Uscì
dal vicolo e cercò il possessore di quella delizia.
Era lì, poco lontano da lui, in fondo alla strada.
All’ingresso della villa di un duca che fu una sua
conoscenza in vita.
Una ragazza graziosa ed elegante sui vent’anni.
Abbastanza alta e slanciata, dai capelli color cacao e lo
sguardo dorato.
Addobbata a festa, per un ballo sicuramente.
Ciel si umettò
leggermente le labbra pregustandosi quella
delizia…
§-----§
NDA§-----§
Ciao a tutti! Aveva parlato troppo presto, la nostra Hitomi
ha cestinato 3 capitoli pronti domenica... questo è quello
che ha partorito ieri ^_^
Mi si era completamente bloccata T^T
Hitomi: Senti non cominciare tu! A volte capita di bloccarsi o
riscrivere, eh!
Tsuki: Lo so... ringrazio solo che non avevo già trascritto
e formattato se no ti uccidevo è_é
H: Chi uccidevi scusa??? *arrotola i fogli e colpisce Tsuki in testa*
T: N-nessuno nessuno nee-san ^_^ *vigliacca*
H: Hai detto qualcosa?
T: Chi io??? Nono figurati... beh torniamo a noi...
Spero non ci siano troppi errori, l'ho riletto molto velocemente, nel
caso ne trovaste segnalatemeli che li correggo...
Beh al prossimo, Hitomi permettendo, capitolo!!!
Tsuki
§-----§VERE NDA§-----§
So che nello scorso capitolo è stato scioccante leggere
quelle due paroline dette da Ciel, ma era il punto di rottura
necessario al nostro Bocchan.
Spero vi piaccia anche questo capitolo, anche se non ne sono
convintissima...
Ringrazio ancora tantissimo chi ha recensito, chi segue e chi
preferisce! Vi adoro...
Alla prossima!!!
Hitomi
|
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Capitolo 5 *** Rientro ***
Rientro
Rientro
Fu sufficiente un solo
mese per potersi gustare quell’anima.
Meravigliosa.
Nessun’altra parola poteva descriverla.
Non aveva nulla a che spartire con i suoi pasti precedenti.
Si
sentiva, inoltre, molto diverso.
Come se quell’anima gli avesse dato della nuova forza
vitale.
Avrebbe potuto affrontare il mondo intero se fosse stato
necessario.
Ma non era il mondo che doveva affrontare, bensì un solo
essere.
Il
giovane non era molto propenso al ritorno alla villa.
Eppure doveva tornarci, incominciava a sentire il sigillo in
maniera fastidiosa.
Essere un Vassallo demoniaco lo obbligava a correre ad un
richiamo del padrone.
Più si ignorava il richiamo più il sigillo
bruciava.
Aveva
appena concluso il suo contratto.
Voleva godersi Londra almeno per qualche giorno.
Decise così di girovagare per i luoghi della sua vita umana.
Che il suo padrone aspettasse pure.
Sebbene
Ciel avesse da poco appreso l’arte del cambiare
aspetto, gli riusciva egregiamente.
D’altronde non avrebbe potuto girare liberamente con il suo
viso.
Essere demone non aveva solo lati negativi in fondo.
Durante
il contratto non aveva mostrato il suo vero aspetto.
Si era presentato alla
sua vittima come Sebastian fece a suo
tempo.
Era rimasto nascosto dall’aura demoniaca.
Non aveva mostrato la vera forma.
Non perché non fosse in grado.
Solamente perché non voleva sapere come fosse realmente il
suo corpo.
In
seguito aveva preso l’identità che il suo pasto
aveva
scelto per lui.
Una volta cibatosi della sua vittima ritornò al suo aspetto
umano.
Ora,
però, doveva mutare nuovamente per girare indisturbato.
L’aspetto del Conte Phantomhive era molto conosciuto e lui
non era scomparso che da qualche mese.
Lentamente
l’aria attorno al corpo del giovane divenne più
nera della notte più cupa.
Solo due rubini rosso sangue perforavano
quell’oscurità.
In
pochi secondi quell’alone opprimente iniziò a
dissolversi.
Lentamente emerse la figura un ragazzo sui venticinque anni.
Lunghi capelli color grano ricadevano sulle sue spalle.
Il verde foresta aveva preso il posto del cobalto nei suoi
occhi.
Lineamenti gentili ma ugualmente virili formavano il suo
viso.
Alto e slanciato, il suo corpo era fasciato da uno splendido
abito blu notte.
Con
passo elegante ripercorse i luoghi a lui un tempo
famigliari.
Giuse
quasi senza pensare a quella che fu la sua abitazione
di Londra.
L’aveva lasciata in eredità a coloro che furono i
suoi
domestici.
La sua vedova sicuramente avrebbe potuto farne a meno.
Già,
la sua vedova.
Chissà come se la cavava Elisabeth.
Non che le mancasse, ma in fondo le aveva sempre voluto
bene.
Non come avrebbe dovuto e meritato comunque.
Per lui era sempre stata un cugina e un’amica nulla di
più.
Gli
ritornò in mente il giorno del matrimonio.
Un brivido gli percorse la schiena.
Che ricordi terribili.
Non
aveva potuto sottrarsi a quel supplizio.
Compiuti i 18 anni non poté più rimandare il
matrimonio con
Lizzi.
Aveva già atteso troppo.
Se avesse tirato ancora, la corda si sarebbe spezzata.
I suoi zii e la stessa Regina premevano per quelle nozze.
Così, con sommo divertimento di Sebastian per i suoi
patimenti, il matrimonio ebbe luogo.
Recitò
la parte del novello sposo alla perfezione.
Un po’ troppo serio forse, ma fu convincente.
Elisabeth, dovette ammetterlo, era radiosa.
Si sentì quasi in colpa per tutta quella sceneggiata.
Ma quello che successe in seguito cancellò ogni senso di
colpa.
Non furono la cerimonia tediosa, il banchetto nuziale o
tutti gli obblighi che l’etichetta imponeva i momenti
peggiori.
Il vero orrore fu la prima notte di nozze.
Fu la penitenza per quella messinscena, ne era convinto.
Per aver sposato una donna che lo amava, ma che lui mai
avrebbe ricambiato.
Il
Phantomhive non era più fanciullo da tempo.
Sapeva cosa sarebbe accaduto, anche se non aveva esperienza
diretta in quel campo.
Non si poté dire che non fu piacevole, tuttavia il senso di
disagio batté tranquillamente il paciere provato.
Fu per questo che il fatto non si ripeté che poche volte in
due anni di matrimonio.
Solamente lo stretto necessario per non destare sospetti.
Brutti
ricordi, ma che stranamente lo rendevano quasi
nostalgico.
Non perché gli mancasse Lizzi o la vita matrimoniale.
Gli mancava la sua vita umana.
I disastri che combinavano i suoi servi.
I casi che gli venivano affidati dalla Corona.
E soprattutto, doveva ammetterlo, poter disporre come voleva
di una pedina come Sebastian.
Alla
fine tra vari luoghi e un ricordi trascorse una
settimana per le vie di quella città.
Il dolore portato dal sigillo stava aumentando
vertiginosamente.
Aveva rimandato anche troppo il suo rientro.
Il padrone lo stava decisamente richiamando.
Si
allontanò da Londra e riprese il suo aspetto.
Giunse in breve tempo in prossimità della sua meta.
Attraversò il confine spazio-temporale ed entrò
nella villa.
Il silenzio, come sempre, regnava in quel luogo.
Il
Phantomhive giunse nel salone principale.
Si diresse a passo deciso verso la poltrona che occupava
solitamente.
Ignorò bellamente l’altro essere presente nella
sala.
Si accomodò elegantemente accavallando le gambe.
Prese il libro che era stato lasciato, da lui stesso, sul
tavolino posto alla destra della poltrona.
Senza proferire parola iniziò a sfogliarlo.
Entrambi
sapevano che il ragazzo fingeva di non averlo
visto.
Ma solo uno di loro conosceva il vero motivo.
Sicuramente quell’uno non era colui che era stato conte.
L’ex
maggiordomo non poteva farsi sfuggire una simile
occasione ovviamente.
Adorava torturare la “sua creatura”.
Così iniziò...
“Finalmente mi avete
degnato della vostra presenza, Ciel”
Quanto
lo odiava quando usava il suo nome.
Un girono o l’altro gliele avrebbe fatte pagare tutte.
Già, ma quando…
“Senza la tua vendetta
non sei nulla…”
Quella
conversazione gli risuonava nella testa in modo
assordante.
“La
vostra caccia è terminata già da
tempo… incominciate ad avere buon
gusto, vedo…”
“Per
quale motivo mi avete chiamato”
Rispose senza
alzare gli occhi dalle pagine.
“Il
padrone non deve dare spiegazioni al suo servo…
Dovreste
saperlo…”
Si
prendeva gioco di lui come sempre.
Tch, con la coda dell’occhio vide il solito sorrisetto
sornione.
Lo
stesso viso da più di dieci anni,
Stranamente anche dopo la fine del contratto il demone aveva
mantenuto l’aspetto di Sebastian.
Ciel non lo aveva ancora visto nella sua vera forma.
Il
ragazzo alzò un sopracciglio.
“Capisco. Allora se
non avete altro da dirmi, se non vi dispiace mi ritirerei.”
Non
riusciva a stare oltre nella stessa stanza con
quell’Essere.
Si sentiva dannatamente inferiore.
Non lo sopportava.
Così posò il libro e senza attendere il permesso
Ciel sparì.
|
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Capitolo 6 *** Reazioni ***
Reazioni
Reazioni
I giorni si susseguirono.
Lenti, sempre uguali.
Tutto sembrava scorrere come sempre.
Sembrava, appunto.
Dal giorno del “rientro” di Ciel qualsiasi frecciatina,
sbeffeggiamento o provocazione da parte del demone maggiore non avevano effetto
sul ragazzo.
Eppure Sebastian era
un maestro nell’irritare il suo ex Bocchan.
Neppure punzecchiarlo per la scelta delle vittime, oppure
per la sua testardaggine nel restare ancorato alla sua umanità, e nemmeno per
le difficoltà che a volte il giovane conte incontrava a causa della sua nuova
natura, avevano effetto.
Era tutto inutile.
Era diventato una bambola, almeno in presenza dell’ex
maggiordomo.
Esternamente il ragazzo non faceva trasparire emozioni.
Dentro di lui, tuttavia in quelle occasioni, provava un
senso di delusione mista a dolore.
Il senso di inferiorità non era sparito, anzi era aumentato.
Nelle sue stanze, invece, sfogava la sua frustrazione
ferendosi o distruggendo oggetti.
Non per le prese in giro.
A quelle ormai era immune.
Stranamente non gli facevano né caldo né freddo.
A farlo andare in bestia erano quelle emozioni che non si
sapeva spiegare.
Nemmeno il nutrirsi con anime di qualità serviva a
schiarirgli la mente.
Dopo circa tre settimane, forse annoiato dal suo personale
giocattolo “rotto”, il demone maggiore aveva smesso di infastidirlo.
Di colpo Sebastian
divenne solo una presenza senza voce.
Nemmeno una parola, non che la cosa infastidisse Ciel anzi,
ma la situazione non gli piaceva per niente.
La normalità era essere tediato da quell’Essere e restare
impassibile.
Il suo sesto senso gli diceva che qualcosa non andava.
I conti non tornavano.
Il vecchio Sebastian non avrebbe mai rinunciato ad
infastidirlo, anche in mancanza di reazioni.
Soprattutto in
mancanza di reazioni.
Tuttavia si godette quel periodo di pace per affinare le sue
capacità.
Da quando aveva iniziato a cibarsi di anime decenti i suoi
poteri erano aumentati e richiedevano maggiore attenzione.
I giorni passarono e divennero settimane.
Le settimane divennero mesi.
La situazione non sembrava mutare.
Il demone maggiore non fiatava e il più giovane si
esercitava nella arti demoniache
Dopo quasi quattro mesi Ciel accese finalmente il cervello e
ripercorse i vari comportamenti dell’ex maggiordomo.
Tutta questa calma cominciava ad irritarlo.
Doveva concentrarsi su qualcosa.
Tenere la mente occupata gli avrebbe fatto sicuramente bene.
Quanto si sbagliava.
Partì dall’inizio.
Era sempre più convinto che la motivazione “ho trovato
qualcuno che mi tenga testa” non reggesse.
Non aveva senso.
Cosa voleva quell’Essere da lui?
Perché lo aveva trasformato in demone?
Perché non aveva gustato completamente la sua anima?
Era convinto che volesse solo divertirsi con lui, allora
perché smettere di punzecchiarlo?
Perché non gliela dava vinta non manifestando reazioni?
No, quello non lo aveva mai fermato.
Poi ripensava ancora a quella frase “… senza la tua vendetta
non sei nulla”.
Quella frase lo aveva ferito.
Si, era giunto a quella conclusione.
Orgoglio o meno quella era la verità, anche se difficile da
ammettere.
E quel maledetto se ne era accorto.
Ma perché non aveva
messo il dito nella piaga?
Anche arrovellandocisi il cervello, Ciel non ne era venuto a
capo e ciò lo indisponeva alquanto.
Inoltre, non riusciva a trovare informazioni per evolvere.
Grell non l’aveva più cercato.
Quello Shinigami sicuramente aveva in mente qualcosa.
Il non sapere cosa lo innervosiva.
Conclusione: grazie alla sua idea di accendere il cervello
ora aveva un diavolo per capello.
Con l’umore più nero che mai il ragazzo si aggirava per i
corridoi della villa.
Perso nei suoi pensieri non si rese conto di essere giunto
in biblioteca.
Non si rese nemmeno conto di non essere più solo
nell’edificio.
“Mph… Ancora offeso, Ciel?”
Il ragazzo si bloccò sul posto.
Il suono della Sua voce, la Sua risatina, gli erano mancati.
Un campanello di allarme risuonò nella sua mente.
No fermi tutti.
Non poteva averlo pensato.
“Siamo ancora addormentati vedo…”
“C-cosa…?”
“Cos’è vi si è atrofizzato il cervello a forza di cibarvi di anime di
terza categoria?
Vi ho chiesto se fate ancora l’offeso…”
ncata.Ciel si riscosse.
Lui non aveva il cervello atrofizzato.
Lui non si cibava più di anime di terza categoria.
E soprattutto lui non faceva l’offeso.
“Per quale motivo dovrei esserIo?
In ogni caso i miei stati
d’animo non devono riguardarvi,
ora se non vi spiace avrei da fare”
“Sentiamo, sentiamo…
cos’è che avreste da fare che vi impedisce di accogliere il Vostro
Signore come si dovrebbe?”
E no, questo era troppo.
Se ne sta zitto per mesi e quando finalmente si decide ad
aprire bocca lo fa così?
In un altro momento sicuramente avrebbe lasciato correre.
Avrebbe fatto come sempre l’indifferente.
Quel giorno però non ci riuscì.
Il tono con cui vennero pronunciate quelle parole fu troppo arrogante.
L’umore nero del ragazzo aveva contribuito ad abbassare il
suo, già esiguo, livello di sopportazione.
Qualcosa finalmente scattò in Ciel.
Il giovane strinse i pugni.
Digrignò i denti.
I suoi occhi divennero due tizzoni ardenti.
La fiamma del suo orgogli aveva ricominciato a bruciare.
Al diavolo il sigillo, la sottomissione e tutto il resto.
Si girò lentamente.
Portò un braccio in avanti e uno rimase lungo il corpo.
Si fletté leggermente, in un timido accenno d’inchino.
“Bentornato nella Vostra casa, Lord Aleixo Agapios…”
Il nome fu scandito con estrema cura.
Il demone maggiore si avvicinò al giovane a passo deciso.
Il sorrisino di scherno era sparito dalle sue labbra.
La tensione nell’aria era palpabile.
“Come… osate? Come
conoscete quel nome…? Ciel, guardatemi…”
Lui non alzò la testa.
Mantenne la posizione d’inchino.
Un ghigno si disegnò sul giovane volto.
Un brivido di piacere gli attraversò la spina dorsale.
“Guardami!”
Non si mosse.
Il demone maggiore gli sollevò la testa facendo leva sul
mento.
Le iridi di Ciel furono immediatamente catturate da quelle
rosse dell’altro.
“Ti sembro forse un
Difensore dell’Amore Divino? Eh?”
“…”
“Rispondimi!”
Non gli si era mai rivolto così.
Seppure i ruoli si fossero invertiti, il demone aveva sempre
mantenuto il “voi”.
Non gli aveva mai dato ordini diretti.
Il sorriso di scherno fu ancora più marcato sulle labbra del
ragazzo.
Aveva colpito nel segno.
Lo aveva fatto andare fuori dai gangheri.
Non si ricordava che la cosa fosse così divertente e
appagante.
Aveva deciso.
Non avrebbe più chinato la testa davanti a Lui.
Che quel maledetto simbolo lo uccidesse pure.
Gli aveva ordinato Lui di rispondergli, no?
E chi era lui, se non
un Vassallo che deve eseguire gli ordini del suo padrone?
Una luce, che da tempo non accendeva lo sguardo del
Phantomhive, era comparsa nelle iridi blu.
“È il tuo nome, no? O forse preferisci che ti chiami Cantet Animarum?
Effettivamente Corvo delle Anime ti si adatta di più, neh Sebastian?”
Era la prima volta dopo la sua nascita come demone che Ciel
teneva testa al suo ex Maggiordomo.
Era la prima volta da quel giorno che lo richiamava
Sebastian.
Era la prima volta che gli ridava del “tu”.
Aleixo ruggì.
I suoi occhi divennero come lava incandescente e si
strinsero in due fessure.
Il sigillo sul petto del demone incompleto incominciò a
scaldarsi.
Il giovane era pronto alla scarica di dolore che sarebbe
arrivata di lì a breve.
Non gli importava.
Avrebbe tenuto testa a quell’essere in eterno a tutti i
costi.
Poi… il Nulla.
Non successe assolutamente nulla.
Il calore sparì.
Una nube nera avvolse Agapios.
La temperatura della stanza precipitò.
Il tutto durò pochi secondi.
Colui che fu Sebastian si era volatilizzato.
|
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Capitolo 7 *** Novità... ***
novità
Novità...
Ciel era rimasto senza
parole.
Alexio se ne era andato lasciandolo lì.
Certo aveva immaginato una reazione.
Si
era preparato ad un attacco di collera.
Si era preparato al dolore del sigillo.
Si era preparato al peggio.
Perfino alla violenza.
Ma non era accaduto nulla
di tutto ciò.
Non si aspettava assolutamente una cosa del genere.
Il demone se ne era andato semplicemente.
Si
era alterato quello era vero, anzi era furioso
nell’immediato.
Ma quando lui lo aveva schernito ricordandogli il suo secondo
nome qualcosa era successo.
I
loro sguardi dopo quella battuta si erano incrociati solo
per pochi secondi.
Aleixo aveva immediatamente voltato il viso.
Tuttavia
l’ex conte aveva visto il cambiamento dello sguardo
del demone.
Tutta l’ira che traboccava da quegli occhi carmini era
svanita.
Il suo posto era stato preso da… malinconia, dolore,
delusione?
Il ragazzo non avrebbe saputo dirlo.
Ripensando
a quell’espressione Ciel si sentiva strano.
Sentiva dentro di se di aver “spezzato” qualcosa.
Che lo avesse ferito?
Impossibile.
Lo
aveva chiamato per nome… e lo aveva fatto irritare.
Già il suo nome, Aleixo Agapios.
“Difensore dell’Amore Divino”.
Nome non molto adatto ad un essere demoniaco.
Che Sebastian non fosse chi diceva di essere?
O meglio, che in precedenza fosse stato qualcos’altro come
lui era stato umano?
Agapios era un dei demoni più potenti che vivevano sulla
terra.
Antico più della stessa civiltà occidentale.
Poi
lo aveva chiamato con il suo soprannome o nuovo nome… Cantet Animarum .
Sui libri demoniaci era dipinto come un essere superiore
persino tra i demoni.
Il suo nome era leggenda per i suoi simili.
Antico e potente, Aleixo era stato ribattezzato.
Animarum
era un “titolo” dato solo ed
esclusivamente
ai Demoni Superiori.
Un
Demone Superiore era un essere che si era cibato di
migliaia di anime.
Non anime qualsiasi, ma speciali, potenti… prelibate.
Questo significava che aveva subìto una trasformazione.
I loro poteri erano quasi
al pari di uno Shinigami o forse di poco
inferiori.
Come
avrebbe mai potuto ferire un simile essere?
Se poi avesse mai potuto essere ferito nell’animo.
Magari nemmeno la possedeva un’anima.
Ora
stava vaneggiando.
Decisamente.
Ciel
si massaggiò le tempie.
Probabilmente era l’unico demone che soffriva di mal di
testa.
Respirò profondamente.
Si schiarì la mente.
Riaffiorò
prepotente il ricordo di “quella” meravigliosa
scarica
di piacere.
Quella scarica di piacere avuta nel prendersi gioco di quel
demone.
Finalmente
dentro di sé aveva “ricordato” chi era.
Ciel Phantomhive, non si sarebbe più fatto mettere i piedi
in testa da nessuno.
Gli occhi gli si illuminarono.
Un ghigno era comparso sul suo volto.
Che
Sebastian, Aleixo o come diamine voleva farsi chiamare
cucinasse nel suo brodo.
Si
era divertito a provocarlo?
Ora ne avrebbe dovuto sopportare le conseguenze.
Mai stuzzicare il "cane" che dorme.
I giorni passarono e del
demone maggiore nessuna traccia.
Ormai erano due mesi che era sparito nel nulla.
Non che al ragazzo gliene importasse molto, ma lui era un
Vassallo e aveva degli obblighi.
Nel caso il suo padrone fosse stato in pericolo avrebbe dovuto
accorrere.
Certo non avrebbe fatto chissà cosa per salvarlo, ma non
voleva mancare ai suoi doveri.
Il
Phantomhive si affacciò alla finestra.
Dalla sua camera poteva godersi appieno il tramonto rosso
sangue.
Finito
quello spettacolo magnifico Ciel si preparò per la
notte.
Era davanti al suo armadio a specchio come sempre.
Tolse la casacca di pregiata fattura.
Sbottonò la bianca camicia di seta.
Quello
che vide lo scioccò.
Il sigillo era cambiato.
Si scoprì il petto per esaminare meglio il simbolo.
Passò
le sue dita sottili su quei segni che deturpavano la
sua pelle.
Il
sigillo era come sbiadito.
Per meglio dire era il pentacolo ad essersi schiarito.
Mentre un altro simbolo si era sovrapposto ad esso.
Tre linee semicircolari si intrecciavano per dare vita ad
una nuova immagine.
Cosa
significava tutto ciò?
Quella dannata sensazione di aver
“rotto” qualcosa tra lui e
Agapios ritornò.
Non si era mai sentito così.
Dannato
Sebastian, perché lo aveva trasformato, perché?
La sua vita umana era stata rovinata da dei bastardi.
Aveva accarezzato l’idea di godersi la pace nella morte
cadendo nell’oblio assoluto.
Ma no, sua signoria il “Corvo delle Anime” aveva
avuto la
brillante idea di rovinargli anche quella.
Infine,
dopo averlo fatto rinascere, averlo schernito e
ferito dicendogli che non era niente senza la sua vendetta…
sparisce!
Dopo che lui, Ciel Phantomhive, aveva dimostrato che poteva
“tenergli testa” lui fa il bambino e scappa!
Ora
era stufo, ne aveva piene le tasche.
Lo avrebbe trovato anche in capo al mondo.
Niente più sotterfugi, mezze frasi, prese in giro.
Voleva la verità.
Doveva
trovarlo.
Già ma come?
Il
sigillo che aveva sul petto funzionava esattamente come
il contratto.
Lui poteva essere trovato e seguito a distanza dal suo
padrone.
E, purtroppo, come il contratto non era valido il contrario.
Il Vassallo non poteva rintracciare a distanza il suo
padrone.
Poteva percepirne la presenza, ma non sapere dove fosse
esattamente.
Inoltre,
quel dannato segno stava svanendo.
Come se il controllo di Aleixo su di lui fosse diminuito.
Nei
giorni trascorsi ad aspettare il suo rientro Ciel non si
era accorto di nulla.
Sì perché lo stava aspettando.
Per
i primi giorni si era comportato come sempre.
Non aveva dato peso all’assenza del
“coinquilino”.
Anzi si sentiva quasi liberato da un peso.
Giorno
dopo giorno, però, la sua irritazione era cresciuta.
Ma non era cresciuta solo quella.
Uno strana sensazione di “mancanza” era nata dentro
di lui.
Tuttavia, non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno con se stesso.
Era più semplice pensare di volere solo delle spiegazioni.
Per
prima cosa si rivestì.
Corse in biblioteca, non sapeva da dove altro iniziare.
Ricordava di aver letto qualcosa a proposito di un modo per
rintracciare i demoni.
Quello
che doveva trovare però era un Demone Superiore.
Che seccatura.
Sarebbe stato più complicato, se lo sentiva.
Ma in quale occasione lui aveva avuto la vita facile?
Semplice.
Mai.
Trovò
il rotolo che gli interessava.
Era notte fonda.
In questo caso fu un bene che non fosse un umano.
Almeno non necessitava di dormire per riprendere le forze.
Le
parole scorrevano sotto i suoi occhi.
Man mano che la lettura procedeva l’espressione di Ciel non
mutò.
Finché non arrivò a quella frase.
“Condizione
necessaria per far sì che si possa rintracciare
il demone: il rituale deve essere eseguito da un essere di pari potenza
o
superiore.”
Sul
suo viso prima comparve stupore, poi incredulità e
infine ira.
Strinse i pugni fino a far
sbiancare le nocche.
Le unghie affilate penetrarono nella carne.
Gocce vermiglie caddero sul pavimento.
Chiuse
le palpebre e respirò profondamente.
Si doveva calmare.
Un
lampo gli attraversò la mente.
Ricordò la definizione di Demone Superiore.
Ricordò, che quando si veniva definiti tali, la potenza
raggiungeva quasi o era pari a quella di uno Shinigami.
Forse
era ora di tornare a Londra e attirare l’attenzione di
un essere rosso di sua conoscenza.
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Capitolo 8 *** Debolezze... ***
Debolezze...
Debolezze...
La pioggia cadeva senza
sosta quella notte.
Il rombo del tuono aveva fatto vibrare l’aria.
Il vento impetuoso urlava a gran voce.
Un
temporale stava scatenando la sua furia.
Un
lampo squarciò l’oscurità
Una figura alta ed elegante si stagliava sulla collina.
Ferma, immobile come una statua osservava la vallata ai suoi
piedi.
Quanti anni erano passati?
O meglio quanti secoli, sarebbe stato più corretto.
Un
altro lampo illuminò il volto della misteriosa figura.
Il suo profilo era affilato e raffinato.
Il suoi scuri abiti pregiati erano ormai fradici e aderenti
al corpo.
Il capelli più neri della notte erano incollati al suo volto
niveo.
Nuovamente
un lampo.
I suoi occhi,
d’un colore tutt’altro che terreno, si
accesero come tizzoni ardenti.
La rabbia lo invase.
Perché era tornato in quei luoghi dopo così tanto
tempo?
Perché il ricordo della sua “vita” lo
tormentava ancora dopo
secoli?
Perché erano bastate le parole di quel ragazzino
per… no,
non lo avrebbe mai ammesso.
Sul suo viso la pioggia aveva formato dei rivoli d’acqua.
Rivoli che seguivano una strada che secoli prima era stata
percorsa da lacrime.
Lacrime che ora, per sua natura e per sua scelta, non era
più in grado di versare.
Sebastian, uno dei Demoni
Superiori, si trovava a dover
affrontare il suo passato.
Passato che era stato riportato a galla da un giovane
demone.
Un semplice ragazzino che nemmeno sapeva di cosa stesse
parlando.
Per quel borioso nanetto quello che aveva pronunciato non
era altro che un nome.
In realtà era molto di più.
Serrò
i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Nessuno era più riuscito a portarlo così fuori di
sé da
tempo.
Nessuno. Shinigami, demone o umano che fosse.
In quel momento quasi rimpianse di non aver finito
quell’anima maledetta.
Un
turbinio di emozioni a lungo assopite si facevano strada
dentro di lui.
Emozioni rinnegate e odiate.
Emozioni che sopraffacevano il raziocinio.
Emozioni che tormentavano il suo cuore di demone.
Un cuore che era stato chiuso a quei sentimenti.
Un cuore che troppo aveva patito per restare integro.
Un cuore che voleva essere di pietra come può esserlo solo
quello di un demone.
La
tempesta non accennava a placarsi.
Sembrava che la natura leggesse il cuore di quella creatura
dall’animo nero come la notte.
Aveva da poco lasciato la
sua abitazione.
Come uno spirito errante e intangibile si era diretto in
quel luogo.
Luogo in cui non si era più recato da allora.
Dalla
sua posizione scrutava ogni singolo particolare del
paesaggio.
I suoi occhi anche nell’oscurità più
nera potevano scorgere
qualsiasi cosa.
Fece un respiro profondo per riprendere, o almeno provarci,
il controllo di sé.
Dannazione
era un dei Demoni Superiori.
Un essere millenario.
Un essere senza cuore e scrupoli… o almeno così
avrebbe
dovuto essere.
Il
demone lentamente si diresse verso un punto ben preciso.
Era passato del tempo, ma non avrebbe mai potuto perdersi in
quei luoghi.
Il corso del fiume era cambiato, ma era sempre presente.
Il bosco si era notevolmente ridotto, ma era lì.
Il
suo passo normalmente sicuro ed leggiadro era ora sempre
più incerto e sgraziato.
In quel luogo aveva trovato il dolore più grande.
Quel dolore era stato la causa di ciò che era diventato.
Sorrise.
Le sue labbra s’inarcarono come quando prendeva in giro quel
dannato ragazzino.
Che situazione assurda.
Lui un essere che in molti temevano ora stava arrancando
sotto una banale pioggia.
Ora avrebbe potuto essere lui l’oggetto degli scherni del
suo ex Bocchan.
Sentiva
già nelle sue orecchie la
voce di quel ragazzino schernirlo.
Oh, se avrebbe goduto nel ferirlo
e girare il coltello nella piaga.
In fondo, avrebbe avuto tutte le
ragioni per ferirlo il più possibile.
Se solo avesse scoperto i trascorsi di Aleixo…
No, nessuno avrebbe dovuto mai.
Soprattutto lui.
Avrebbe chiuso quella faccenda una volta per tutte.
Aveva
disceso il pendio della collina e seguito un sentiero
che si snodava nel bosco.
Il fiume fino a quel momento lo aveva accompagnato nei suoi
passi silenzioso.
Ora incominciava a sentirsi lo scrosciare dell’acqua del
fiume
che si tuffava in un lago.
Aveva
finalmente raggiunto la sua meta.
Gemma zaffiro in un mare smeraldo.
Tutto era iniziato lì e lì vi avrebbe posto fine
affrontando
il suo passato.
Si lasciò
andare ai piedi di una roccia bianchissima.
La pioggia, come avere
pietà di lui, cessò.
La luna fece capolino tra le nubi color piombo.
Il lago placido mostrava sulla sua superfice il riflesso
elegante del demone.
Un
raggio d’argento illuminò il profilo
dell’essere dannato.
La pelle nivea quasi risplendeva sotto la luce lunare.
I suoi capelli corvini rilucevano grazie a quei raggi.
Adagiato
mollemente a quel bianco sostegno osservava i
dintorni.
I suoi due rubini accarezzarono gentili la distesa di rose
poco lontane da lui.
Rose bianche screziate di lacrime nere che adornavano quel
luogo da secoli.
Lui
era la causa della nascita di quel fiore così bello ma
così terribile.
Fiori
unici al mondo e per strano scherzo del destino divenuti
la rappresentazione perfetta di ciò
che lui aveva fatto per secoli con molte anime.
Tuttavia, una sola anima
poteva essere considerata la
personificazione perfetta di quel fiore.
Colui che nacque Ciel
Phantomhive.
Un essere puro ed
innocente insozzato, ma non corrotto,
dalla violenza umana e marchiato indelebilmente dal suo tocco.
Rosa candida che avrebbe pianto lacrime di dolore in eterno.
Il
destino aveva veramente un gran senso dell’umorismo.
Non c’è che dire.
Si
sentiva esausto come non mai.
Doveva riposare.
Nessuno lo avrebbe trovato in quel luogo.
Chiuse i suoi occhi millenari.
Solo per un po’, si disse…
Ciò
che Sebastian non sapeva era che due occhi d’argento non
avevano smesso di osservarlo.
Due occhi di liquido metallo.
Due occhi più gelidi del freddo stesso.
Due occhi che sarebbero stati la fonte di molti problemi.
Due occhi che avrebbero stravolto i destini di molti.
§§§
NDA §§§
Chiedo perdono *s'inchina* sono in ritardissimo, lo so... ma
ero
bloccata T^T Fortunatamente grazie ad un maggiordomo, un
bocchan e
un amica con le sue pazzie ho ritrovato un po' d'ispirazione... Grazie
ragazze!
(Tsuki: Figurati non c'è di che u_u, io comunque sono la
pazza vero? -_-
Hitomi: Si cara... di certo non potresti mai essere IL Sebastian... tch
Tsuki: concordo... lei non si batte u_u
Hitomi: Ora taci e fammi fare ammenda
Tsuki: Certo dei prostrarti! Inginocchiati e flagell- ehm sto
esagernado scusate... vi lascio a Hitomi)
Questa volta abbiamo avuto a che fare con Sebastian... spero di non
essere andata troppo nell'OCC...
Sono onorata dei commenti che ho ricevuto e che mi venga richiesto il
seguito da alcune persone ^_^
Grazie mille ancora a tutti! Anche a chi legge solo... grazie grazie
>////<
Alla prossima... spero presto!
Ja ne!
Hitomi
T: Ehi quello è il mio saluto!!! Vabbeh per sta volta te lo
concedo e mi accodo... u_u Ja ne!!!
|
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Capitolo 9 *** L'Ombra Rossa ***
L'ombra rossa
L'Ombra Rossa
Il giovane demone percorreva le strade uggiose della
capitale inglese.
Pareva un signore dell’alta società nel suo completo blu
notte.
Tuttavia, anche se con la sua figura colpiva la vista, la
sua immagine non avrebbe lasciato alcun ricordo.
L’eleganza che emanava con i suoi movimenti avrebbe lasciato
solo il ricordo come di un sogno.
Contrariamente al suo incedere il ragazzo era tutt’altro che
tranquillo.
La mente del Phantomhive era in fermento.
Il suo piano era stato congeniato nei minimi dettagli.
Tuttavia, se quel giorno non fosse riuscito nel suo intento,
non ci sarebbe stato nessun piano.
Infatti, la parte più complessa era quella che si accingeva
a iniziare.
Attirare uno Shinigami.
Per meglio dire, attirare quello Shinigami.
Impresa assai complicata non avendo per le mani l’oggetto
del “suo” desiderio.
Ossia Sebastian.
Tch che razza di situazione.
La vita aveva proprio un gran senso dell’umorismo.
Trovare uno degli esseri che più detestava sulla faccia
della terra, per scovare quello che più odiava in assoluto.
Solo il pensare che stesse facendo tutto quello per quel
demone, gli mandava il sangue alla testa.
Ma si sarebbe sfogato una volta trovato.
Ah, se si sarebbe sfogato.
Sigillo o non sigillo gli avrebbe cambiato i connotati.
Ora, però, doveva calmarsi.
Si guardava attorno con aria disinvolta.
Erano ormai almeno due ore che girovagava per le vie
londinesi.
Iniziava a perdere le speranze.
Nessun umano sembrava adatto allo scopo.
Poi finalmente lo vide.
I suoi occhi color dell’oceano caddero su un possibile
obiettivo.
Un uomo sulla trentina.
Niente di speciale a dire il vero.
Tuttavia, il demone poteva sentire l’avidità della sua anima
lontana un miglio.
Ma poco importava.
Non avrebbe stipulato un contratto con lui. Mai.
Per due motivi.
Primo, un’anima così infima non lo avrebbe mai saziato.
Secondo, il piano aveva la priorità, in ogni caso.
La sua idea era semplice e sicuramente efficacie.
Cercare di cibarsi di un’anima senza stipulare alcun patto.
Sarebbe stato come mettere un’insegna con scritto “demone
qui”.
In altre parole era come attirare le mosche col miele.
Bisognava solo sperare di attirare la “mosca” giusta.
Avvicinò l’uomo.
Sfruttò l’avidità di cui la sua anima era intrisa.
lo condusse in un vicolo.
Era chino sul disgraziato e lo teneva per il colletto.
Nel momento esatto in cui era in procinto di strappare l’anima
di quel disperato, un fulmine rosso comparve a pochi metri dall’ex conte.
Con la coda dell’occhio il ragazzo vide lo Shinigami.
Senza muovere un muscolo allentò semplicemente la presa sul
malcapitato.
L’uomo non perse l’occasione e se la diede a gambe.
Un sorriso diabolico segnò il giovane viso.
A quanto pareva per una volta la fortuna era dalla sua
parte.
La “mosca ” era arrivata.
Probabilmente Sutcliff aveva pensato che fosse un modo per
attirarlo allo scoperto per continuare il discorso dell’ultima volta.
Si sbagliava, anche se il giovane avrebbe sfruttato l’occasione
a suo vantaggio.
La possibilità di ottenere informazioni su come smettere di
essere un Vassallo.
Non si sarebbe lasciato sfuggire una simile opportunità.
Tuttavia, ora, il suo obiettivo era un altro.
Lentamente il demone si alzò.
Si mosse con incedere calmo e misurato.
Si sistemò i guanti, molto lentamente, senza voltarsi e
senza fiatare.
“Ma guarda guarda chi
abbiamo qui”
Disse il rosso con voce allegra.
Con passo sicuro si avvicinò al giovane demone.
“Il tuo Padrone non ti ha spiegato come
funziona?”
Ciel continuò a fare come se lo Shinigami non ci fosse.
Ebbe solo una reazione.
I muscoli della mascella si contrassero al suono di quella
parola.
Padrone.
ch. Presto le cose sarebbero cambiate.
Grell gli arrivò alle spalle e gli sussurrò all’orecchio.
“Sebas-chan non
avrebbe mai tralasciato un simile particolare.
Inoltre, anche se sei
giovane, non sei uno sprovveduto….
Hai per caso pensato
alla mia proposta…? Neh… Ciel…?”
Con una calma che poco rispecchiava il suo reale stato d’animo.
“Tch, mai presa in
considerazione. Semplicemente mi servi… Devo trovare Sebastian…”
Lo Shinigami s’irrigidì.
Prima spalancò gli occhi, poi li assottigliò.
Ciel Phantomhive che chiedeva il suo aiuto?
C’era sicuramente qualcosa sotto.
“Io che servo a te?
Mhm, e poi, sentiamo,
perché lo staresti cercando?”
Senza scomporsi il ragazzo rispose.
“Questo al momento
non deve interessarti. Ti basti sapere che mi servi tu.”
“Potrei anche
aiutarti, a condizione che… una volta scovato potrò fare qualsiasi cosa con lui”
Un sorrisetto maligno si formò per un paio di secondi sul
volto pallido del giovane.
“Tch… potrai farci
quello che vuoi, non mi riguarda…”
“Oh yessss!”
Disse lo Shinigami, con gli occhi luccicanti, più a se
stesso che al ragazzo.
Subito dopo, però, divenne estremamente serio.
“Ok ci sto… voglio
solo sperare che non si riveli l’ennesima presa per i fondelli”
Ciel si voltò e lo guardò dritto negli occhi.
Blu nel verde.
Demone contro Shinigami.
“Non è forse quello
il tuo obiettivo… Grell-san?”
Rispose sarcastico il giovane.
Il rosso si mise una mano sul viso, per nulla divertito.
“Dovrei ridere,
adesso?”
“A tua scelta…
Shinigami”
Detto ciò si voltò e s’incamminò.
“H-hey, un attimo
aspetta! Dove vai senza di me!”
Lo raggiunse con uno scatto mettendogli una mano sulla
spalla con l’intento di fermarlo.
Il giovane demone si bloccò.
Si girò di scatto.
I suoi occhi erano più rossi del fuoco dell’inferno e disse:
“Non osare toccarmi,
Shinigami”
Il rosso rispose con uno sguardo altrettanto infuocato, schernendolo.
“Sappi che non mi
spaventi affatto… Ciel”
“Tch!”
Si girò stizzito, ma un ghigno comparve sul suo volto.
Il suo piano procedeva a gonfie vele.
Ora avrebbe potuto proseguire con la prossima fase.
Con passo lento ed elegante riprese a camminare.
Camminava seguito da un’ombra rossa.
Un’ombra che lo avrebbe aiutato a
trovare il suo Padrone.
Quello che Ciel non sapeva era che non sarebbe stato così
semplice come pensava.
Trovare Alexio sarebbe stato solo l’inizio…
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Capitolo 10 *** Richiamo di Sangue ***
Richiamo di Sangue
Richiamo
di sangue
La
luce pomeridiana filtrava tra i pesanti tendoni
della biblioteca.
Dei passi risuonavano tra gli scaffali ricolmi di libri.
L’eco si diffuse in tutta la stanza.
Il
giovane demone percorreva con calma ed eleganza il
tragitto che lo separava dalla sua meta.
Lo Shinigami lo seguiva guardandosi intorno.
Ogni volta che posava lo sguardo su un oggetto o una stanza
dava fiato alla bocca.
“ Sebas-chan
ha dei
gusti così virili… ”
“ Pensare che lui vive
qui… brrrr… tremo tutto… ”
“ Q-quello è il suo
studio? Fammici entrare... anzi no portami nella sua stanza!
Voglio vederla,
voglio aspettarlo tra le lenzuola, vogl- ”
La
pazienza del ragazzo arrivò al limite.
Si voltò di scatto con gli occhi cremisi.
“ Di
solo un’altra
parola e giuro che ti pentirai di averlo fatto ”
Parlò
con tono gelido, che avrebbe fatto venire i brividi
anche ad un pezzo di ghiaccio.
Il rosso si tolse dal viso l’espressione giocosa.
Divenne spaventosamente serio.
“ Ragazzino,
te lo
ripeto non mi fai affatto paura. ”
Il
Phantomhive si avvicinò al rosso fino ad arrivare ad un
soffio dal viso.
“ Allora
per
quale
motivo sento questo puzzo di paura, Grell ”
Un
sorrisetto di scherno si fece largo sulle labbra fini del
ragazzo.
“ Devi
affinare i tuoi
sensi demone. ”
“ Io
non
credo. "
Sai
perfettamente che
qui, in questa casa, sono io che comando in assenza di Sebastian.”
Il rosso stette in silenzio per qualche secondo.
“ Ma
io ti
servo, Ciel ”
“ Vero.
Tuttavia sei
tranquillamente rimpiazzabile. ”
“ Peccato
che io sia
l’unico Shinigami disposto ad aiutare un demone, Ciel. ”
Il
demone si allontanò e si girò.
“ Te
lo
concedo,
touché.
Tuttavia potrei scovare
un altro modo… ho tutta l’eternità per
trovarlo. ”
Riprese
a camminare seguito silenziosamente dopo pochi
secondi da Grell.
Giunsero nella sala di lettura.
Un
grande tavolo circolare di pesante legno d’acero
troneggiava al centro esatto della biblioteca.
La luce soffusa che filtrava dall’esterno aveva creato
un’atmosfera surreale.
Il legno brunito riluceva con un sinistro bagliore.
Lo
sguardo dello Shinigami percorse il piano lucido,
s’interruppe di colpo.
Assottigliò lo sguardo.
Ciel
aveva proseguito e ora di trovava oltre il tavolo,
rivolto verso il rosso.
Notò il cambiamento dello Shinigami.
Prese tra le dita sottili uno stiletto d’argento che fino a
pochi secondi prima era al centro del piano.
Con destrezza tracciò in pochi secondi sul resistente legno
il simbolo del sigillo del padrone di casa.
Lo guardò soddisfatto poi riportò lo sguardo
sullo
Shinigami.
“ Non
dirmi
che ti
spaventa questo ”
Passò
la punta della lingua sulla lama partendo dall’elsa
arrivando alla punta.
“ Suvvia
è solo un
lama… “
Glielo
lanciò contro puntando tra gli occhi.
Il rosso lo prese con due dita senza problemi.
Il guanto si lacerò nel punto esatto in cui l’uomo
teneva lo
stiletto.
Una goccia cremisi macchiò la stoffa bianca.
“ Solo
un lama, eh? ”
“Certamente
non è una
lama comune. Deve poter ferire uno Shinigami”
“ L’ho
notato ”
Prese
cautamente l’arma dall’elsa.
“ Ferire
uno
Shinigami? ”
“ Esatto.
Mi
serve il
tuo sangue. Ricopri il sigillo. ”
“ Ehhhhhh?
Aspetta un
momento.
dovrei
ferire il mio bellissimo corpo e darti il mio sangue?
M-ma come ti salta in mente! "
“ Vuoi
aiutarmi a
trovare Sebastian o no? ”
" Uff,
e va bene, e va bene! però, non farmi un taglio troppo
vistoso, rovineresti anni ed anni passati a curare la mia estetica! "
" Fattelo
pure da solo... Potrebbe… scapparmi la mano ”
Ghignò
per schernirlo.
" Mh,
si certo, scappare la mano... tsk, chi vuoi che ti
creda? "
Grell
prese con cautela la lama.
Si sfilò un guanto con i denti affilati.
Incise il palmo della mano.
Strinse il pugno e goccia dopo goccia il liquido
scarlatto iniziò a colare dalla ferita.
Lentamente
il sangue dello Shinigami ricoprì
interamente l’incisione.
Il rosso portò il palmo alla bocca e si lecco la ferita.
“ Risparmiami
simile spettacoli, Grell ”
“ Ma
se non
mi stai nemmeno guardando e comunque… adesso? ”
Già e adesso?
Niente, non stava succedendo niente.
Ciel sbatté il pugno accanto all’incisione.
“Dannazione
non è possibile! Ho seguito quel maledetto libro fino in
fondo!”
Fece uno scatto
verso la libreria e posò con molta poca
delicatezza un pesante tomo demoniaco sul tavolo.
Scorse velocemente la pagine fino a trovare quella che gli
interessava.
Con l’indice passò sulla pagina ingiallita dal
tempo riga
dopo riga e lesse a voce alta.
“ Per
eseguire il
rituale è necessario conoscere il sigillo del Demone da
invocare.
Incidere tale marchio
con un’arma dalla lama d’argento in grado di ferire
un essere demoniaco.
Successivamente
ricoprire il tutto con sangue fresco.
Condizione necessaria
per far sì che si possa rintracciare il demone:
il rituale deve
essere eseguito da un essere di pari potenza o superiore. ”
“ Aspetta,
aspetta…
vuoi dire che il ferirmi non è servito a niente? ”
“ Taci
devo
pensare ”
Il
ragazzo si lasciò cadere sulla poltrona accanto alla
finestra.
Teneva lo sguardo fisso davanti a sé.
Sutcliff si avvicinò al libro e lo osservò
attentamente.
“ È
inutile che provi
a leggerlo, non ne sei in grado. Solo i demoni possono comprendere quei
segni ”
“ Uhm
tu credi?
Vediamo un po’… ”
Effettivamente
il rosso vedeva solo segni senza senso e alzò
le spalle.
Poi la sua espressione cambiò e inclinò
leggermente la
testa.
“ Ehi
moccioso io non
capirò niente di questi scarabocchi, ma qui manca una
pagina… ”
Ciel
scattò in piedi e raggiunse lo Shinigami.
“ Impossibile!
Stai
farnetican- "
Sgranò
gli occhi e imprecò.
Aveva ragione, mancava una pagina.
Si passò una mano tra i capelli.
Doveva farsi venire un’idea.
Rilesse
il testo più volte finché ebbe
un’illuminazione.
Perché dovrebbe mai servire un arma che potesse ferire un
essere demoniaco?
Se solo lo si voleva si poteva essere tranquillamente feriti
anche da un foglio di carta.
Forse serviva del sangue demoniaco, senza contare che lui
era anche un Vassallo.
Il Suo Vassallo.
Prese
lo stiletto tra le mani e senza pensare s’incise il
polso.
Gli occhi verdi dello Shinigami sgranarono.
Le
gocce vermiglie sgorgarono dalle vene del ragazzo.
Mentre i due fluidi carmini si mescolavano il simbolo iniziò
a rifulgere.
Gli occhi del demone si assottigliarono carpendo ogni
singolo cambiamento.
Il sigillo era completamente illuminato da un bagliore
viola.
Sentì
come se si fosse aperto un canale e percepiva a stento
il suo Padrone.
Lo chiamava ma nulla, nessuna reazione.
Urlò nella propria mente il suo nome.
Niente, non lo sentiva.
Non lo percepiva nemmeno.
La rabbia crebbe nuovamente dentro di lui.
Scaraventò il libro a terra.
" Dannazione! Un idiota... non è altro che un idiota!
Come diamine fa a non sentirmi! "
"Ah
lo sapessi! Io sono anni mio caro che provo ad attirare la sua
attenzione... Oh Sebas-chan... Ma a quello interessano solo le anime
dei mocciosi. Non ho ancora capito cosa ci tr-. "
" Ma certo! "
Il volto di Ciel si illuminò.
Qual'era lunico modo per attirarlo se non usare un'anima fresca fresca?
Si passò la lingua sulle labbra.
“ E
poi sarei
io che
non devo dare spettacolo… tsk ”
Ciel
lo ignorò completamente.
“ Torno
immediatamente, non azzardarti a muoverti da questa stanza o puoi dire
addio al
nostro patto ”
Non
aspettò la risposta.
Uscì di casa e si allontanò in direzione
dell’unica anima
che percepiva nei dintorni.
Rientrò dopo pochi minuti, trascinando il corpo senza sensi
di un cacciatore.
Ironia della sorte.
Da predatore a preda.
Lo scaraventò sul tavolo esattamente sopra il sigillo.
Grell
in quei gesti non riconobbe il ragazzino che aveva
conosciuto anni prima.
Non aveva alcun riguardo per gli esseri umani.
Affascinante, pensò
“ Ora
vediamo
se così
attiro la tua attenzione, Padrone ”
Colpì
l’uomo al cuore con un colpo secco.
Davanti agli occhi di Ciel apparve un lampo di luce e poi il
buio.
Si
guardava attorno, ma era tutto svanito.
Poi lo vide.
A terra, rannicchiato in un angolo in posizione fetale.
Si avvicinò, gli sfiorò un braccio.
L’immagine svanì, ma lasciò il posto ad
una voce.
“ Bocchan…? ”
Un
brivido gli attraversò la schiena.
Da quanto tempo non lo chiamava così…
Le sue labbra si mossero da sole e la voce uscì.
“ Sebastian… ”
Silenzio.
Nessuna risposta.
Il nero lo avvolgeva.
Dannazione, lo aveva perso.
Tutti quegli sforzi erano stati inutili.
Aprì le labbra per chiamarlo nuovamente.
L'atmosfera di colpo si congelò.
Due
fari color vermiglio apparvero nel buio.
Il sigillo sul cuore di Ciel iniziò a bruciare.
Il giovane si portò una mano al petto, serrò gli
occhi e
cadde in ginocchio.
Si morse le labbra per non emettere suono.
“ Raggiungimi. Mere
da. ”
§§§§§_______§§§§§______
NDA
_____§§§§§_____§§§§§
Ehm saaaaaalve... quanto tempo eh?
Chiediamo venia, scusate.... abiiamo avuto dei
problemi e beh... la storia si è fermata, anche
perchè il momento è critico e abbiamo anche
dovuto chiedere un help a un'amica perchè c'era un
blocco grosso come una montanga u_u
Grazie millissime Hell!!! Nostro benedettiss- ehm
maledettissimo Diavolo della porta accanto u_u
Dobbiamo ringraziare anche un'altra persona che ci
ha aiutato quasi in ogni battuta di Grell... Jee grazie mille, il rosso
ci è proprio ostico, speriamo che continuerai ad aiutarci!
Per il resto speriamo che vi piaccia il nuovo
capitolo. A presto con il prossimo capitolo (sta volta è una
promessa perchè è quasi pronto u_u)
Tsukiko e
Hitomi
|
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Capitolo 11 *** Nero e Grigio ***
Nero e Grigio
Nero e
Grigio
Silenzio.
Immobilità.
Nulla.
L’aroma di
un’anima.
Quel
profumo gli solleticò l’olfatto.
Era uno
spirito infimo.
Nulla a che
vedere con l’anima che aveva agognato per anni.
La Fame
gli attanagliava le viscere come non accadeva da secoli.
Normalmente
non si sarebbe mai abbassato ad un tale pasto.
Ma la
Fame, quella Fame, lo stava divorando.
Assorbì l’energia
offertagli senza attendere un secondo di più.
Anche se
fosse stata una trappola non gli importava.
Lo stolto
che lo aveva sfamato se ne sarebbe eventualmente pentito.
Si passò
la lingua sulle labbra.
L’energia
vitale di quell’umano sacrificato per lui lo stava invadendo.
I suoi
sensi, fino a quel momento ovattati, si risvegliarono.
Sentì una
presenza e una voce in lontananza.
Parole
senza senso gli giungevano all’orecchio.
Tutto
tacque e il silenzio calò nuovamente.
Rilassò i
muscoli contratti.
Fece un
respiro profondo.
Le energie
gli stavano tornando.
Improvvisamente
sentì un lieve tocco sul braccio.
Un aroma
famigliare, dannatamente conosciuto, lo circondò.
La
fragranza di quell’anima tanto bramata lo stava stordendo.
Un brivido
gli percorse la spina dorsale.
Smarrito e
confuso con voce tremula lo chiamò.
“ Bocchan…? ”
Alzò la
testa di scatto e si guardò intorno.
Solo il
buio lo circondava.
Dove si
trovava?
Che posto
era quello?
Una voce
delicata e tremante gli rispose.
“ Sebastian… ”
Si mise in
piedi.
Si mosse verso l’unica cosa che si stagliava in quel nero assoluto.
La
sorgente di quel suono a lui tanto conosciuto.
Un figura
dai tratti sfuocati lo fissava.
Assottigliò
lo sguardo per metterla a fuoco.
I capelli
corti e scuri.
Due gemme,
una zaffiro e l’altra ametista, lo guardavano intensamente.
Un lieve
ghigno solcava le pallide labbra.
Cercò di
raggiungerlo.
Non ci
riusciva.
Stava
svanendo.
Allungò la
mano per afferrarlo, ma le sue dita si chiusero sull’aria.
Bocchan…
My Lord…
La sua
mente non formulava altri pensieri.
Tuttavia
un senso di disagio lo invase.
Perché
chiamarlo a quel modo lo disturbava?
Perché
sentiva che c’era qualcosa di sbagliato?
Chiuse gli
occhi cercando di capire la strana sensazione.
L’immagine
di un ragazzo sui vent’anni dagli occhi vermigli gli invase la mente.
I ricordi
lo raggiunsero come un fiume in piena.
No, Lui
non era più il suo Bocchan.
E lui non
era più Sebastian da tempo.
Era lui il
Padrone adesso.
Quel
ragazzino ora era solo il suo Vassallo.
Già solo
questo.
O almeno
tentava di convincersene.
L’anima
più deliziosa che avesse mai incontrato era al suo servizio.
Come aveva
potuto non divorarla completamente.
Cosa
diavolo gli era passato per la testa.
Non lo
sapeva nemmeno lui.
Spalancò
gli occhi accesi dall’ira.
Nuovamente
il buio totale lo travolse.
Il non
sapere cosa stesse succedendo lo fece infuriare ancora di più.
Una voce
dura e carica d’astio uscì dalle sue labbra.
“ Raggiungimi. Mere da. ”
Il
contatto si ruppe.
Il velo di
oscurità che lo circondava lentamente si diradò.
Era a
terra. Sdraiato.
Scrutò la
sala dove si trovava. Una cella.
O almeno
sembrava esserlo.
La sua
mente era ancora in piena confusione.
Cosa era
successo?
Chi
diamine aveva osato rinchiuderlo lì?
Ma, soprattutto,
come diavolo c’era riuscito.
Si
concentrò e schiarì i suoi pensieri.
Mise in
ordine tutti i ricordi ammassati nella sua testa.
Quello che
aveva vissuto iniziò lentamente ad acquistare un senso.
Un rituale
di localizzazione.
Il suo
Vassallo aveva tentato una simile impresa.
Stupido
ragazzino.
Come se un
demone del suo livello avesse mai potuto riuscirci.
Fatto sta,
comunque, che, almeno, lo aveva risvegliato da quel maledetto torpore.
Gli
bruciava ma doveva ringraziarlo.
O forse
no.
Non
l’avrebbe mai fatto nemmeno sotto tortura.
Un sorriso
amaro comparve sul suo volto.
Con quei
pensieri riuscì a mettersi seduto.
Ogni parte
del suo corpo gli doleva.
Appoggiò
la schiena alla parete fredda di pietra levigata.
Abbassò le
palpebre e si concentrò.
Gli ultimi
ricordi erano di lui sulle sponde del Lago.
Quelle
Rose lo circondavano.
Aveva
piovuto, poteva sentire ancora l’odore di terra bagnata nelle narici.
Si era
lasciato cullare dal senso di spossatezza che lo aveva invaso.
Un leggero
torpore si era fatto strada in lui.
Lentamente
aveva chiuso gli occhi…
Occhi…
occhi…
Un lampo d’argento
attraversò la sua mente.
Non lui,
non dopo tutto questo tempo.
Solo
ricordare il suo nome gli riportava alla mente il suo maledetto passato.
La nausea
iniziava ad attanagliargli lo stomaco.
Una
contrazione delle viscere gli fece vomitare acido.
Si era
sporto lateralmente.
Col
fiatone e il viso rigato da lacrime nere d’odio si pulì la bocca.
Sputò
qualche residuo che gli era rimasto tra le labbra.
Respirò profondamente.
Affilò lo
sguardo.
Con voce
ferma e profonda disse solo una parola
“ Coinìn ”
Una folata
di vento invase la cella.
Si formò
un piccolo tornado.
L’aria
lentamente si fermò e Lui era lì.
Un
bellissimo lupo candido dagli occhi grigi lo fissava.
Rubino
nell’argento.
Sangue nel
mercurio.
Odio nel
divertimento.
Il lupo
avanzò.
Lentamente
prese forma umana.
Un uomo
sulla trentina si stava avvicinando al demone.
I capelli
lunghi, leggermente ondulati, parevano una cascata di bronzo liquido.
I lineamenti,
trasformati da un sorriso di scherno, erano delicati ed efebici.
“ Aleixo, da quanto tempo…
Non credevo che ti saresti mai
ricordato di me…
Mi onori… ”
La sua
voce melodiosa sapeva incantare.
Quei suoni
accarezzavano dolcemente l’udito.
Alle
orecchie di Aleixo giungevano, però, come stridii.
Il demone
lo guardava con occhi fiammeggianti di puro odio.
“ Il tuo sguardo potrebbe uccidere. Comunque…
ben svegliato.
Non avrei mai creduto che l’avresti
fatto in così poco tempo.
Devo aver sottovalutato quel
moccioso ”
Aleixo
sgranò gli occhi.
Quel
maledetto parlava del suo Vassallo.
Ciel.
Dalle
sue labbra uscì una voce vellutata, ma gelida.
“ Non giocare con me Cherubino…
o sarebbe meglio dire… Angelo Caduto ”
Il grigio
avvicinò ulteriormente.
“ È solo uno stupido Vassallo
Demoniaco.
Oppure no… Sebastian? ”
Gli occhi
del demone dardeggiarono.
Ma la sua
espressione era immutabile.
“ Ti da fastidio… Coinìn? ”
Trattenne
a stento un altro conato di vomito.
L’Angelo
Caduto assottigliò lo sguardo e fece scomparire il sorriso dal volto.
“ Non ti troverà mai. Passerai il
resto dell’eternità qui.
Angioletto. ”
“ Mi dispiace deluderti,
Cherubino ma non sarò il tuo cagnolino come
lo fu Lei. Mai ”
Coinìn
quasi ringhiò a quel “Lei”.
L’aria si
fece pesante e nuovamente un turbinio avvolse l’angelo.
Il corpo
lentamente scomparve.
Fu la sua
voce l’ultima traccia della sua presenza.
“ Nulla di ciò che dirai cambia i
fatti, Aleixo.
Tu sei qui e sei nelle mie mani.
Non lo rivedrai mai più esattamente come è stato per Lei. ”
|
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Capitolo 12 *** Dolore e Potere ***
Dolore e Potere
Dolore e Potere
Ciel
respirava pesantemente tenendosi il petto.
Gli occhi
sgranati fissavano l’elegante pavimento in marmo.
“ Ehi, moccioso! Ehi tu! ”
Il rosso
lo stava scuotendo per farlo riprendere.
Ma quando
lo sguardo gli cadde sul petto del giovane fece dei passi indietro.
Gli occhi
verdi dell’uomo si assottigliarono.
Il demone
non udiva che suoni senza senso.
Il segno
sul cuore doleva immensamente.
Gli occhi
del suo Padrone erano ancora davanti alle sue iridi blu.
Dalle sue
labbra uscivano solo parole sconclusionate.
La
mano tremante stringeva la stoffa che copriva il petto.
Una
sensazione di freddo umido salì lungo il braccio.
La camicia
era bagnata.
Tolse la
stretta dalla seta e la guardò.
Sangue.
A fatica
si mise in piedi.
Le gambe
cedettero almeno due volte facendolo rovinare a terra.
Si
appoggiò al pesante tavolo accanto a lui.
Alzò il
viso guardandosi intorno.
Dava
l’impressione di non sapere più dove si trovasse.
Il
petto che si alzava e abbassava velocemente.
Diresse lo sguardo verso il
corridoio centrale.
Si mosse
in quella direzione.
Sostenendosi
prima al piano di legno poi alla libreria alla sua destra iniziò a camminare.
Un passo
dopo l’altro superò vari scaffali ricolmi di libri.
Arrivò
davanti all’ingresso della biblioteca.
Si
aggrappò alla maniglia.
Cadde in
ginocchio e il respiro era sempre più corto.
Strinse
gli occhi e facendo leva sul pomello si alzò.
Spalancò
la porta.
Si gettò
praticamente contro la parte opposta.
Sostenendosi
al muro dalla pregiata carta da parati si diresse all’atrio.
Tracce cremisi restavano ad adornare la parete dopo il suo passaggio.
Finalmente
raggiunse il suo obiettivo.
Il grande
specchio dell’entrata troneggiava davanti a lui.
La mano
destra era appoggiata alla lastra lucida
La
sinistra stringeva nuovamente la stoffa intrisa di sangue.
Sollevò il
capo e guardò la sua figura ansante.
Una
maschera di dolore copriva il suo volto.
Gli occhi
si posarono sul cuore.
Con un
gesto fece saltare i bottoni.
Il sigillo,
che fino a qualche ora prima era sbiadito, ora era più chiaro che mai.
Il
pentacolo faceva sfoggio di sé al centro della corona di spine.
I tre
segni semicircolari erano quasi del tutto svaniti.
La stella
a cinque punte sembrava essere appena stata incisa nella carne con una lama.
Rivoli
vermigli uscivano dalla ferita.
La rabbia
crebbe nel petto del Phantomhive.
Strinse gli
occhi.
Appoggiò
la fronte al freddo specchio.
Il pugno
destro serrato colpì la lastra.
Il potere di
Aleixo era tornato più forte che mai.
Lo
Shinigami apparve alle sue spalle e gli sussurrò all’orecchio.
“ Non credevo che lo avrei detto, ma
il rosso ti dona, Ciel. ”
Ciel alzò
la testa dalla superficie liscia.
Si era
dimenticato di “quello”.
Lo guardò
attraverso il riflesso.
“Vattene, il tuo compito è finito.”
Grell
stizzito fece un passo indietro ricambiò lo sguardo nella lastra.
“Non ci penso nemmeno moccioso.
Non ho ancora avuto la mia
ricompensa.
Voglio il mio Sebas-chan!”
Si ravvivò la folta capigliatura rossa.
Gli occhi
del Vassallo si accesero.
Il sigillo
s’illuminò.
Il dolore
aumentò nuovamente.
Ciel si
accasciò al suolo.
Suttcliff lo fissò intensamente.
Restò immobile in attesa.
Una
leggera foschia scura iniziò ad addensarsi intorno a lui.
Un muro
più scuro del nero stesso si formò.
Lamenti di
dolore provennero dall’interno.
Poi tutto
d’improvviso tacque.
Silenzio.
La coltre
nera si diradò poco alla volta.
Lentamente
la figura del demone apparve.
Il sigillo
era più elaborato e si estendeva su tutto il pettorale sinistro.
Sembrava un incisione a fuoco sulla candida pelle.
Solo un
paio di pantaloni logori coprivano il suo corpo.
Il volto
pareva rilassato.
Respirò
profondamente.
Riaprì i
suoi bellissimi occhi color zaffiro.
Guardò
Grell.
Il suo
sguardo era il più gelido che l’altro gli avesse mai visto.
“ Non osare chiamare il mio Padrone
col suo nome da schiavo, Shinigami. ”
La voce
era profonda e non aveva nulla di umano.
Il rosso
sentì un brivido percorrergli la pina dorsale.
Ciel si
mosse.
I canini
facevano bella mostra sulle sue labbra.
Fece
qualche passo fino ad affiancarsi a Suttcliff.
“ Lascia questa proprietà. È il mio
ultimo avvertimento. ”
Grell
squadrò l’essere accanto a lui.
Quello non
aveva più nulla del Phantomhive.
Probabilmente
il richiamo del suo signore era così forte da avere annientato il suo "Io".
Scosse la
testa.
Quando i
Vassalli erano in quella condizione nessuno poteva farli ragionare.
Senza
contare che erano tremendamente pericolosi.
Istinto
combattivo allo stato puro.
Solo il
loro Padrone avrebbe potuto qualcosa.
Un ghigno
si formò sul viso.
“ Tolgo il disturbo, Vassallo.
Salutami il tuo Master… e digli che
ci vedremo presto…
Devo riscuotere la mia ricompensa… hihihihi ”
Con
sguardo sognate se la diede a gambe.
Non voleva
essere nei paraggi quando il demone avesse rilasciato il suo potere latente.
Il ragazzo
liberatosi di quella piaga lasciò che l'energia che sentiva scorrergli nelle
vene fuoriuscisse.
Venne
nuovamente inghiottito dalle nube oscura.
Leggeri
lampi di luce azzurri e celesti percorrevano quella nebbia.
Questa
volta nessun lamento si poté udire.
Lentamente
quel bagliore sinistro scomparve.
Una gamba
fasciata dal pantalone nero uscì dalla foschia.
Il piede nudo
tocco il suolo.
Il demone
si voltò per guardarsi nuovamente allo specchio.
La lastra
d’argento rifletteva un essere oltre l’umano.
I capelli acquisirono dei riflessi blu e argento.
Due
piccole scure orecchie feline facevano capolino sulla sua testa.
Occhi grandi
di un cobalto splendente e gelido fissavano i suoi lineamenti.
Labbra
rosate impreziosite da canini leggermente sporgenti erano attraversate da un
ghigno.
Il torace
era più muscoloso del solito.
Una
seconda pelle nera dai riflessi bluastri lo fasciava dal collo fino alla vita.
Gli
avambracci erano adornati entrambi ciascuno da un bracciale spesso di cuoio.
Le unghie
nere, più simili ad artigli, erano più lunghe e temibili.
Le gambe tornite erano fasciate da un tessuto nero e logoro.
Un drappo
blu consunto dal tempo gli copriva un fianco.
Catene
lucenti pendevano dalla cintura seguendo il drappeggio della seta.
Una coda
nera si muoveva sinuosa alle sue spalle.
Ciel, o
quello che era stato Ciel, fissava curioso e scocciato il suo aspetto.
Alcuni
particolari lo indispettivano alquanto.
Il
richiamo pulsante del sigillo lo distrasse.
Gli occhi
dardeggiarono.
A piedi
nudi si diresse alla porta.
Chiuse l’uscio
dietro di sé.
Nemmeno il
tempo di un respiro che, di lui, non rimase traccia.
|
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Capitolo 13 *** Incontro ***
Eterna dannazione - capitolo 13 Incontro
Incontro
Molti secoli
prima dell’incontro tra Vassallo e Padrone, un altro incontro ebbe luogo.
L’incontro
di un’anima e di un demone.
Un demone
di nemmeno 100 anni.
Un essere…
Senza Nome.
Troppo
giovane per averne uno.
Lasciati a
sé stessi dopo poco tempo dalla nascita, i demoni vagano sulla terra soli.
Sono pochi
quelli che raggiungono il secolo, figuriamoci l’età adulta.
Solo al
compimento di 500 primavere avrebbero avuto diritto ad un nome.
Il nostro
Senza Nome era uno di questi.
Nel corso
degli anni era riuscito a sopravvivere grazie alla sua scaltrezza e
spietatezza.
Tuttavia,
molte volte aveva dovuto piegare la testa.
Troppo
giovane e troppo debole per essere orgoglioso.
E, ancora
molte volte avrebbe dovuto farlo.
Presto,
tuttavia, sarebbe sorta l’alba del suo centesimo anno.
Per
l’occasione aveva cercato un’anima a dir poco succulenta.
Se non
fosse stato per Lei avrebbe consumato un pasto da ricordare per secoli.
Lei, un
essere che era la sua antitesi in tutto e per tutto.
Lui uomo,
Lei donna.
Lui il
Male, Lei il Bene.
Lui
Demone, Lei Angelo.
Un Angelo,
esatto.
Un
Cherubino per essere corretti.
Uno degli
esseri più puri esistenti nell’universo.
Cosa la
portò ad agire in quella maniera resta ancora un mistero.
La sua
missione, come quella di ogni suo pari, era estirpare il male.
Quel Male,
tuttavia, l’affascinò al punto da farle perdere ogni cosa.
Qualcuno
scrisse “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”.
Nel nostro
caso galeotta fu l’anima e il suo possessore.
Quell’anima
fu la causa del loro incontro.
Due opposti
che finirono con l’attrarsi fino al punto di non ritorno.
Il Male
ormai aveva irretito il possessore della prelibatezza.
Il Bene
non poteva permettere a quell’anima di macchiarsi.
Il Male
stava per porre il sigillo del contratto.
Il Bene si
frappose tra loro.
Il Male
fissò il Bene con le sue iridi ardenti.
Il Bene
gelò il Male con i suoi occhi di ghiaccio.
“Non ti è consentito avere
quest’anima.”
Il demone
rimase qualche secondo inebetito da quel suono così cristallino.
“Stirpe del Male allontanati da
lui”
Stirpe de
Male.
Solo una
razza di creature chiamava in quel modo i Demoni.
A
quell’appellativo il “Senza Nome” si riprese.
“Non puoi interferire con il nostro
contratto, rifiuto dei Cieli.”
“Non esiste un contratto e mai
esisterà con lui”
L’Angelo
era rimasto calmo.
Normalmente
chiamare in quel modo uno di loro equivaleva ad un attacco.
A quanto
pareva a questo “angioletto” piaceva parlare.
“Ha già fatto la sua scelta. Non
può essere revocata, marchio o meno.”
La donna
toccò la testa dell’uomo proprietario dell’anima.
Una luce
si sprigionò dal quel contatto.
L’anima
era stata purificata.
“Il pagamento per l’attraversamento
del fiume è stato restituito.
Quest’anima è libera di tornare al
Padre.”
Il demone
digrignò i denti.
Quello che
aveva davanti non era un pennuto qualunque.
Solo un
Cherubino poteva tanto.
Gli Angeli
come da volere divino rispettano il libero arbitrio.
Se un
umano sceglie di “vendere” l’anima al diavolo non possono intervenire.
Solo in un
caso è concesso loro interferire.
Un futuro
Angelo.
“Ma bene… che onore.
Ho avuto il piacere di scomodare addirittura un Cherubino.
Tuttavia sei giunta un po’ in
ritardo, non credi…”
“Non venirmi ad insegnare il mio
lavoro, feccia”
Il demone
si avvicinò elegantemente all’orecchio dell’Angelo.
La sua
voce vellutata e suadente era in grado di irretire chiunque.
Tra gli
esseri umani almeno.
Chissà se
una del suo calibro avrebbe ceduto alla tentazione.
“Sarò anche feccia… ma…”
Stava
giocando col fuoco e lo sapeva.
Aveva
schernito un degli esseri più potenti che avessero mai calcato la terra.
Ora,
voleva persino farle mettere un pieno in fallo.
Una
piccola ricompensa per la sua perdita.
“Scommetto ciò che vuoi…
che riuscirei ad allontanare dal
tuo grande Padre chiunque…
persino te…”
L’angelo
s’irrigidì.
La stava
sfidando.
Nessuno
aveva mai osato.
Lui
l’oscurità sfidava Lei la luce.
“Io non rinnegherò mai il Padre!”
Sprigionò
un vapore luminoso che l’avvolse.
Il Senza Nome
fece un balzo indietro come scottato.
Troppo in fretta mia cara.
L’incertezza
traspariva da quell’affermazione assoluta.
“Hai così paura di me da
allontanarmi con la tua sacra aura, Cherubino?”
Rise.
Forse
sarebbe morto.
Ma ne
valeva la pena.
“Non ho paura di te!
Il tuo olezzo mi nausea, levati di
torno!
Non è il tuo ultimo giorno oggi e
se non vuoi che lo diventi sparisci dalla mia vista!”
Troppo facile,
dolcezza.
“Oh cielo… il Cherubino si è
alterato…”
Gli occhi
argentei lo perforarono fino infondo all’anima, se mai ne avesse avuta una.
L’aveva
colpita, ah se lo aveva fatto.
Angeli…
Imperturbabili.
Apatici.
Fedeli.
Incorruttibili.
Talmente
puri da sembrare una lastra di cristallo.
Un
cristallo talmente bianco e limpido da ferire lo sguardo.
Senza una
sola incrinatura.
Salvo Lei.
Un crepa.
Non si sa
come.
Non si sa
quando.
Ma c’era.
La sua
natura lo spinse ad approfittarne.
Dannare un
Cherubino.
Tentazione
irresistibile.
Sorrise
beffardo.
“Che sguardo intrigante”
Si passò
la lingua sulle labbra.
“Mi fai ribrezzo”
“Quale onore suscitare in un Essere
come te un sentimento…”
Le iridi
angeliche si assottigliarono.
“Mmmh, così mi fai arrossire…
Allora, ci stai?”
Si sentì
scrutato.
Analizzato.
“Dimostrami che mi sbaglio. Che tu
hai ragione.
Che mai rinnegherai il Padre… Se
ciò non accadrà…
Beh, lo scoprirai… contrariamente potrai
farmi ciò che più vorrai…”
“Scempiaggini!”
“Affatto… dovresti saperlo.
Se un demone prende una decisione…
non cambia idea…”
Avrebbe
potuto andarsene Lei.
Avrebbe
potuto tacere Lui.
“Sia. Ma non riuscirai... a… farmi allontanare
da Lui.”
“Continui a ripeterlo… non è che
vuoi convincere te stessa”
Cuore, di
Lei.
Impazzito.
Fragile.
Incerto.
Vulnerabile.
Passi, di
lui.
Lenti.
Eleganti.
Ammalianti.
Inesorabili.
Il Nero si
riavvicinò al Bianco.
La
tentazione all’imperturbabilità.
Niente più
aura.
Niente più
parole.
Solo
l’inesorabile destino.
Filo rosso,
come gli occhi di Lui, come il sangue di Lei.
§§§§§§ Angolo della pazza §§§§§§
Ehm... salve a tutti *si nasconde per evitare la fucilazione*.
Lo so... sono secoli che non aggiorno... volevo pubblicare il tutto entro la fine dell'annno ma non ci sono riuscita.
Il fatto è che ora la tiro avanti da sola... la storia è già finita, ma è da scrivere.
Hitomi ahimè ha perso interesse per Kuro e non ha tempo di
aiutarmi... quindi adesso (da qualche capitolo ormai) sono io che
scrivo sulla sua traccia della fic.
Comunque scuse a parte.. spero che vi piaccia il capitolo... nel weekend o magari domani ne posto un altro, giuro u.u
Ciaooooo
|
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Capitolo 14 *** Fratelli ***
Eterna Dannazione . Fratelli
Fratelli
Gli
occhi
cremisi correvano sulla pelle nivea.
Il Senza
Nome lentamente osservava il Cherubino.
Le girava
intorno.
“Cosa
stai cercando di fare?”
“Nulla.
Osservo.”
“Cosa?”
“Un
Essere Angelico sul bordo del
baratro del dubbio.
Occasione rara, anzi unica nel suo
genere.”
“Io
non ho dubbi!”
Sorrise.
Si sporse
nuovamente verso il suo orecchio da sopra la spalla.
“Davvero…?
Allora perché non mi hai
ancora ucciso?”
I
gelidi
occhi sgranarono.
Consapevolezza
dell’aver mancato al suo dovere.
Aveva
accettato il gioco del demone.
Perché?
Devo provare a me
stessa che sono… degna…
Di cosa…?
D’esser
un… Cherubino…
per Lui…
Serrò
le dita
in una stretta ferrea.
Le nocche
sbiancarono.
Scattò
fulminea e le sue dita si serrarono sul collo del demone.
“Mi
stai facendo alterare… feccia”
“Ti
piace violento… bene… abbiamo
qualcosa in comune”
Ghignò.
Lei lo
lasciò immediatamente come scottata.
“Idiota!”
In
un
battito di ciglia le fu nuovamente ad un soffio.
“Tra
simili ci si riconosce, neh?
Allora Angioletto…”
Le
lunghe
dita affusolate del demone le sfiorarono il mento.
Una scossa
la attraversò.
Lei s’irrigidì.
Il
Senza
Nome inclinò la testa.
Assottigliò
lo sguardo.
“Sicura
di essere un… Cherubino?”
Voce
vellutata e calda sfiorò l’udito angelico.
Gli occhi
di ghiaccio sgranarono.
Labbra
calde e peccaminose si posarono sul puro collo,
“Quanto
siamo sensibili…”
Canini
affilati marchiarono il collo alabastrino della donna.
Gocce
vermiglie sgorgarono dal morso.
Limpide
lacrime rigarono il volto dell’angelo.
“Per
quanto ancora intendi farti
toccare da quell’essere Aislinn!”
Senza
Nome
sorrise sulla pelle di lei.
“Mia
cara dovevi dirmi che avevi
invitato un amico…”
“F-fratello…”
Il
respiro
caldo di lui le sfiorò l’orecchio.
“Ma
quanto siamo depravati… un
incesto… interessante”
Morse
delicatamente il lobo.
Una forza
lo scaraventò lontano dall’angelo tremante.
Il giovane
vide solo un turbinio di capelli plumbei.
“Dannato,
come osi toccarla!”
Il
demone
si rialzò senza scomporsi.
“Ma
quanto ci scaldiamo… si stava
solo giocando, neh Angioletto?”
Sorrise
beffardo.
Ma il suo
sguardo era vigile e attento.
Davanti a
lui ora vi erano due Cherubini.
O meglio…
uno e mezzo.
Una
scarica d’aura angelica lo investì.
Lacerazioni
comparvero sulla pelle bianca dell’essere oscuro.
Bruciavano
come se fatte da una lama d’acido.
“Coinìn…
fratello… io”
“Zitta
stupida!”
La
strattonò
e la schiaffeggiò.
“Tu
saresti un Cherubino!
Cedere così facilmente a
quell’essere… Stupida ragazzina!”
“Io…Io…”
Si
teneva
il viso, sguardo basso, senza più fierezza.
La teneva
per un braccio pronto a percuoterla nuovamente.
Dolorante
il Senza Nome si mise in piedi.
Avrebbe
potuto scappare.
Non erano
affari suoi.
Sicuramente
il nuovo venuto lo avrebbe fatto fuori senza pensarci.
Si
voltò.
Fece un
passo.
Ma
guardò
indietro un ultima volta.
Vide
se
stesso a terra e non lei.
Un demone
anziano invece di lui.
Scosse il
capo e sorrise.
Sono veramente un
idiota…
In
un
batter di ciglia si trovò dietro al Cherubino chiamato
Coinìn.
Lo
trattenne per il polso.
Con voce
profonda lo schernì.
“Che
razza di maniere. Trattare
così una ragazza… che rozzezza”
Occhi
argentei lo puntarono.
Ira il
sentimento che li riempiva.
Poi quello
sguardo si assottigliò.
Lo scrutò.
Occhi
cremisi ricambiarono lo sguardo.
“Ti
consiglio di desistere… com’è
che ti chiami? Ah si…
Coinìn…”
Aislinn
era ammutolita.
Un demone
la stava… proteggendo?
No…
assurdo…
Come
leggerle nel pensiero il Senza Nome disse
“Non
travisare… non lo faccio per
te Angioletto…
Solo mi da molto fastidio chi si fa
grande
davanti ad essere palesemente
deboli.
Invece di perdere tempo nello
schernirli…
dovrebbero
semplicemente…
ucciderli…”
Gli
occhi
vermigli si accesero.
Strattonò
il Cherubino e lo lanciò lontano dalla sorella.
“Anche se devo
ammettere…”
Un
vapore
nero lo avvolse lentamente.
“…schernire
uno di voi debole o
forte che sia…”
Una
gamba avvolta
da uno stivale col tacco emerse dalla nebbia,
“… mi eccita
alquanto”
Quello
che
successe dopo fu il delirio.
Il
Cherubino Coinìn si scagliò contro il demone che
si difese.
Colpi
d’ala, di artigli e di aura risuonarono nei dintorni.
La
fine,
però, era scontata.
Un giovane
Demone contro un Cherubino.
Un
cucciolo di pantera senza denti contro una tigre adulta.
Pochi
minuti e tutto si zittì.
Un
nugolo
di piume nere e bianche si posò a terra e rivelò
la scena.
Il
Senza
nome giaceva atterra circondato dalle sue ali nere.
Una
chiazza vermiglia si estendeva sotto di lui.
La pelle
candida era macchiata di cremisi.
Le labbra
aperte lasciavo uscire respiri affannati.
Era
a
terra.
Il
Bene
troneggiava su di lui pronto per il colpo di grazia.
Vedeva
la
fine, ma il suo sguardo era fiero.
Un sorriso
di scherno era dipinto sul tuo volto.
“Finiscimi, ma
ciò che era puro non
lo è
più così tanto”
Spostò
le
iridi sulla donna.
“Taci!”
Coìnin
tese il braccio e un’aura bianca lo avvolse.
Il
demone
lo guardò nuovamente.
Non temeva
la morte.
L’odio
riempiva le angeliche iridi argentee.
Leggevano
lo scherno, l’orgoglio e non vedevano la paura nel cremisi.
Scagliò il
colpo, ma mancò il bersaglio.
Un
lampo
di luce e il demone era lontano da lui.
Il
fratello guardò la sorella con occhi sgranati.
Dagli
occhi glaciali di lei lacrime scendevano.
“Non
potevo permettertelo.”
Guardò
il
demone.
“Non
è altro che… una creatura del
Padre
che ha smarrito la via”
“Sciocca è un demone!
Nostro compito è eliminarli!
Estirparli!”
“No…
è di ricondurli al Padre…”
Solo
al
suono di quelle parole si rese conto di cosa era accaduto.
Ali
candide lo proteggevano,
Giaceva ad
occhi sgranati tra le candide braccia angeliche.
Tremò e
sentì una lacrima pura sulla sua pelle.
Si
riscosse.
Si spinse
via dall’angelo.
I
loro
sguardi s’incrociarono nuovamente.
Ma non
c’era più odio e ribrezzo nel ghiaccio.
C’era… il
demone non lo sapeva.
Una
nube
oscura lo riavvolse.
Un corvo
nero prese il volo.
Ferito e
scioccato giunse alla sua tana.
Riprese il
suo aspetto a terra in un lago di sangue.
Prima di
cadere senza sensi solo una cosa riaffiorava alla sua mente.
Occhi
azzurri e gelidi come il ghiaccio più puro,
Occhi che
fanno male, ma che non poteva dimenticare.
|
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Capitolo 15 *** Veleno ***
Eterna Dannazione - Veleno
Veleno
Le
lunghe
ciglia scure si alzarono di scatto.
I ricordi
stavano riaffiorando.
Il loro
primo incontro.
Dolore,
rabbia, frustrazione crebbero nel demone.
Era
imprigionato da quella feccia.
E quello
stesso bastardo gli aveva rammentato tutto.
Digrignò
i
denti.
Troppo
debole per distruggere ogni cosa intorno a lui.
Quei
ricordi bruciavano come lava incandescente.
Tutto
era
iniziato quel giorno.
La catena
di eventi che lo avrebbero portato quasi a diventare…
No… non
riusciva più nemmeno a pensarlo.
Troppo
giovane e troppo stupido per ragionare.
Come poteva
immaginare però le conseguenze possibili.
Che solo
ci fosse stata la possibilità di… non essere
più un demone.
Assurdità.
Scosse
i
folti capelli neri, scioccato da quelle memorie.
Eppure…
sarebbe
potuto succedere.
Non per scelta
d’amore o stoltezze simili.
Quello era
il prezzo per averla irretita.
Ci
volle
molto tempo… quasi 400 anni.
Ma lei
cedette… lo ricordava come se fosse appena accaduto.
Il
gioco
del gatto col topo era stato logorante.
Ma chi era
il gatto e chi il topo è rimasto un mistero.
Lei
da una
parte gli impediva di cibarsi.
Lui
dall’altra ad ogni loro incontro la stuzzicava.
Lei con lo
scopo di portarlo alla Luce.
Lui con
l’obiettivo di farla cadere in tentazione
Senza
che
se ne rendessero conto stavano cambiando.
Il
Nero
iniziava a pulirsi.
Il Bianco
cominciava a sporcarsi.
Probabilmente
avrebbero continuato in eterno.
Ma il
fato, o chi per esso, non volle così.
Esiste un
motivo se gli opposti non devono entrare in contatto.
Un
leggero
sorriso spento si dipinse sul volto di Aleixo.
Il ricordo
del sapore amaro della vittoria si fece strada in lui.
Chiuse
gli
occhi.
Il passato
lo travolse.
Iniziò
a
sentire l’acqua sulla pelle.
L’odore di
erba bagnata lo avvolse.
Quella
notte pioveva in riva al lago.
La notte
in cui Nero e Bianco si fusero.
Si
macchiarono reciprocamente, l’uno di luce, l’altra
di tenebra.
Non
importa come iniziarono ne come accadde.
Diventarono
un solo essere.
Vittoria
della tenebra sulla luce…?
Forse, no.
Da
quella
notte tutto cambiò.
Il
Senza Nome iniziò a provare cose che non doveva.
Il suo
cuore arido si stava scaldando e nascendo a nuova vita.
Lentamente
ma inesorabilmente arrivò al punto di non riuscire
più a nutrirsi.
Provava
rimorso per le sue azioni.
Si odiava
alla consapevolezza di ciò che era diventato.
Il
tempo
passava.
La fame
aumentava.
La forza
scemava.
Irretiva
anime su anime.
Davanti a
lui, ogni volta, una prelibatezza.
Pronta per
la sua fine.
Ma… non
riusciva a divorarla.
Dai
suoi
occhi lacrime iniziavano a scendere.
Una nausea
prepotente lo assaliva.
Quello che
era profumo e fragranza, diventava un olezzo maleodorante.
La
rabbia
cresceva.
Si
sforzava di assorbire le anime.
Ma il suo
corpo le rifiutava, sebbene le bramasse.
Per
la
frustrazione, ogni volta, uccideva.
Con un
fendente trapassava quello che doveva essere il suo pasto.
All’ennesimo
fallimento vagò senza meta.
Raggiunse
quel lago maledetto.
Quel lago
dove sulle sponde aveva giaciuto con lei.
Il
cuore
perse un battito al quel pensiero.
La sua
mente era nella confusione più totale.
Sentì un
calore invaderlo al pensiero di Lei.
Chiunque
avrebbe riconosciuto la causa.
L’Amore
era in lui.
Come un
veleno lo stava uccidendo.
Ma il
Senza Nome non conosceva quel sentimento.
“Aislinn…”
Fu
un
sussurro.
Carico di
dolore, rabbia, amarezza e… molto altro.
Nemmeno si
rese conto di averla chiamata.
Lei
apparve.
Il
destino
si prese ancora una volta gioco del Demone.
La
sua
mente ormai era storia.
Solo quel
calore comandava le sue azioni.
Sorrise
dolcemente.
La guardò.
Qualcosa
non andava.
La mise a
fuoco.
I suoi
occhi sgranarono.
Si
avvicinarono reciprocamente.
La
pelle
nivea del Cherubino era segnata da lividi.
Una mano
oscura si alzò.
Delicatamente
sfiorò il livido sul viso.
“Cosa…?”
“Coìnin…
mi ha colpito e io…
l’ho colpito a mia volta”
Il
suo
sguardo era impaurito.
Scioccato.
“Cosa mi hai
fatto? Io lo… odio…”
Lacrime
scesero dai suoi occhi limpidi.
Il cuore
nero perse un altro battito.
Ma la sua
mente ebbe uno sbalzo di lucidità.
“Io a te?
Io… non mangio da allora…!”
La
sua
voce era un po’ spezzata, ma gelida.
Il suo
tocco, tuttavia non lasciava il viso dell’angelo.
“Le anime mi
fanno… ribrezzo… ma
allo stesso tempo le voglio”
“Cosa…
cosa abbiamo fatto?
Non dovevo cedere alle tue…
lusinghe”
I
loro
volti si avvicinarono inesorabili.
La voce di
lei divenne un sussurro.
Le loro
labbra entrarono in contatto.
Il
bacio
all’inizio lento, prese vigore.
Il demone
inclinò la testa e lo approfondì.
Sentì la
fame calmarsi.
Un’energia
calda lo invase.
Sciolsero
il contatto.
Restarono
a pochi millimetri.
“Ancora… ne voglio ancora”
Un
sussurro.
Ma era un
preghiera.
I suoi
occhi cremisi la pregavano.
Si
baciarono nuovamente.
Lui la
strinse a sé.
Lei
avvolse le braccia al suo collo.
Il
Male e
il Bene nuovamente uniti.
Fu un
lampo argenteo a dividerli.
Aislinn
venne scaraventata lontano dal Senza Nome.
“Avrei dovuto
immaginarlo… Supida!
Perderai ogni cosa!
Ti sei fatta infettare!”
Gridava.
Ringhiava.
Coìnin era
furibondo.
L’Angelo
biondo si teneva il braccio destro.
Afferrandola
il fratello lo aveva rotto.
Guardava
l’altro con occhi sgranati.
“Cosa…?”
L’argenteo
respirò come un toro pronto alla carica.
“Stai
‘cadendo’ Aislinn…”
Si
voltò
verso il demone.
“Maledetto…
pagherai per
quello che hai fatto.
Non ti sarà concesso elevarti e
purificarti, mai!”
Il
Demone
non capiva.
Non
seguiva il discorso di quel pazzo.
La
confusione era totale.
Fu per
questo che non se ne accorse.
Ma
qualcuno lo fece per lui.
Il
cherubino
d’argento si scagliò contro di lui.
Una
cascata d’oro gli coprì la visuale.
Un
urlò
squarciò il silenzio della vallata.
“Aislinn!”
|
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Capitolo 16 *** Il Nome ***
Eterna Dannazione . Il Nome
Il Nome
Una
sola
voce.
Un coro di
opposti.
L’Argento
e l’Onice se ne resero conto all’unisono.
Lei
cadde
all’indietro.
Il Senza
Nome la prese tra le braccia.
La
circondò con le sue ali di pece.
Coìnin
retrocedette.
Il sangue
iridescente della sorella colava dalla sua mano.
“Perché…
perché… sorella…
perché”
Questa
volta non era riuscita ad allontanarsi.
Aveva
ricevuto il colpo in pieno stomaco.
Troppo
debole a causa della sua “caduta”.
Come
l’Amore stava infettando l’essere oscuro,
l’Odio stava avvelenando l’essere
puro.
Piume
bianche ancora cadevano intorno a loro.
Lentamente
si dissolvevano.
Le mani di
lui erano intrise di sangue angelico.
Bruciava
come acido.
Ma
non
l’avrebbe mai lasciata.
La
piccola
mano della ragazza si alzò.
Gli
accarezzò il volto.
Una goccia
più nera dell’onice macchiò la pelle
nivea.
Il
cielo
venne squarciato da lampi.
Le nuvole
iniziarono a piangere lacrime nere.
Il Padre
piangeva per la perdita di una figlia amata per mano del fratello.
“Perché
lo hai fatto…”
La
risposta.
Un soffio.
Potente
come un urlo.
“Perché
ti amo…”
Gli
occhi
rossi sgranarono.
Non per le
parole.
Ma per la
consapevolezza che condivideva quel sentimento.
La odiava,
ma la parte avvelenata del suo io l’amava.
Chiuse
le
ciglia scure.
Si chinò
su di lei e le sfiorò le labbra.
Fece
una
scelta.
Una scelta
che una parte di lui avrebbe rimpianto in eterno.
“Chiamami
per nome…
Battezzami”
Lei
sussultò.
Le forze
la stavano lasciando.
Gli occhi
chiari si riempirono di lacrime.
“Aleixo…
Agapios…”
Difensore
dell’Amore Divino.
Un
nome
che equivaleva ad una maledizione eterna per il demone.
Lui,
diavolo, aveva difeso lei, l’amore di Dio, un angelo.
Mai nome
fu più adatto.
I due
rubini la guardarono con un misto di ira e dolcezza.
“Divorami…”
La
sua
ultima richiesta.
La sua
ultima maledizione.
Lui
scosse
la testa.
“Non
posso… non più”
Le
anime
lo ripugnavano.
Non
poteva.
Ma… lo
voleva.
Per tutti
i gironi dell’inferno se lo voleva.
Bramava
quel premio con tutto se stesso.
400
anni erano
passati.
400 anni
erano serviti perché cedesse.
400 anni
per avere quello che nessun demone aveva mai avuto.
Ma
cosa
era?
L’anima
angelica o… il suo cuore?
L’indice
di lei si posò sulle sue labbra.
“Devi…
e puoi…
Riparerò al mio errore… se ti ciberai
della mia anima…
non ti sarà mai più concessa
redenzione…
Tornerai da essere il demone che
eri…
E mi permetterai di restare con te…
per sempre”
Il
suo
Cuore lo possedeva già.
Ora
avrebbe avuto anche l’Anima.
Lacrime
scesero dagli occhi del demone.
Lacrime
di
Odio.
Lei lo
obbligava ad ucciderla.
Lei lo
aveva maledetto con quel nome.
Lei gli
aveva fatto conoscere l’amore.
Lacrime
d’Amore.
Lei gli
stava salvando la vita.
Lei
rinunciava al suo eterno per ridargli il suo Io.
Lei era
“caduta” a causa sua.
Annuì.
Questa
volta non provò ribrezzo.
La nausea
non si sentì.
Scese
nuovamente sulle sue labbra.
Fu
un
bacio d’Amore.
Il Male
amò il Bene.
Fu
un
bacio di Morte.
Il Male
uccise il Bene.
Una
forza
sconosciuta lo invase.
La
coscienza della Cherubino lo assalì.
I
suoi
occhi ebbero un lampo d’argento.
La sua
testa scattò all’indietro.
Un urlò
squarciò il silenzio di quella notte di pioggia nera.
In
un
secondo quelle che furono le spoglie di Aislinn divennero piume.
Piume
bianche screziate di nero.
In pochi
secondi una distesa di rose bianche adornate di stille nere comparve.
L’urlo
straziante cessò.
Quello che
ora era Aleixo si alzò.
Guardò
l’angelo Coìnin come una fiera la sua preda.
Inclinava
la testa a destra e a sinistra.
Più
di un
Demone, ma meno di un Angelo.
Il
suo
“Io” cosciente lo aveva abbandonato per il troppo
dolore.
O forse
per la troppa purezza ed energia di quell’anima.
Artigli
avevano preso il posto delle dita.
Le ali
nere da corvo erano decadenti ma imponenti.
L’argenteo
non poté vedere altro.
Un
secondo.
Uno
scatto.
Una fitta
allo stomaco.
Altro
sangue angelico scorreva.
Il demone
si leccava le labbra questa volta.
I
neri
artigli gli avvolsero il collo e strinsero.
I canini
vennero scoperti.
Un
soffio
ed avrebbe avuto un altro lauto pasto.
Un soffio
e l’avrebbe vendicata.
Un soffio…
che rimase tale.
Thump…
Thump,
thump…
Il
cuore
del demone prese a impazzire.
Crollò
sulle ginocchia e si strinse il petto.
Un altro
urlo.
L’anima
che aveva ingerito era troppo.
Troppo
forte,
Troppo
pura.
Troppo
piena d’amore.
Libero
dagli artigli Coinìn lo scherì.
“Non
avrai la redenzione…
Ma ciò che era oscuro non lo è più
così tanto”
Gli
occhi
cremisi guardarono l’angelo.
Un ghigno
troneggiava sulle sue labbra.
Rise
l’essere puro.
Rise come
un pazzo.
Poi
l’argento si specchio nel rubino.
“Vivi
e ama demone…
E quando accadrà… io sarò
lì…”
I
contorni
di quel maledetto divennero confusi.
La testa
pulsava.
La gola
bruciava come ustionata.
Le forze
lo lasciarono.
Il
buio
avvolse Aleixo.
E, al suo
risveglio, non fu più lo stesso.
Aveva
una
Coscienza.
Frutto di
quell’Anima Pura.
Ma la
seppellì.
Seppellì
i
ricordi di Aislinn, Angeli e Amore.
Inizialmente
cercò quel dannato cherubino
Un angelo
caduto ormai.
Le sue
mani erano intrise di sangue angelico
Perché
lo
cercò?.
Voleva
vendetta?
Non lo
sapeva nemmeno lui.
Tuttavia
la condanna di Coìnin non si avverò.
Visse
ma
non amò.
Anzi,
odiò.
Anno
dopo
anno.
Secolo
dopo secolo.
Ogni volta
che il suo nome veniva pronunciato una vita cessava.
Solo
quel
nome poteva riportare tutto a galla.
Solo quel
nome poteva risvegliare la coscienza.
Solo quel
nome poteva fargli provare amore.
Non
voleva
udirlo.
La
scia di
sangue continuò senza fine per molto tempo.
Divenne
così uno dei Demoni Superiori.
Unico ad
essersi cibato di un Angelo.
Cantet
Animarum fu il suo nuovo nome.
Poi,
un
incontro.
Un’anima.
Un
piccolo
Conte orfano.
Il grande
demone decise di servirlo.
Fecero un
patto.
Il patto
venne rispettato.
L’anima
venne divorata… ma non completamente.
La
nausea,
all’ultimo morso, lo assalì.
Il
frammento vitale dello spirito.
Non poté
mangiarlo.
E
così il
corvo nero…………..
Un
vento
riscosse Aleixo dai ricordi.
Tempismo perfetto
Pensò
facendo un piccolo ghigno.
Ghigno che
si dissolse.
Terrore
invase gli occhi cremisi.
Coìnin
guardava il demone con un aria di vittoria.
Tra le
braccia un corpo inanimato
Capelli
petrolio, corporatura esile, pelle nivea.
Ciel.
|
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Capitolo 17 *** Urla del Corpo, Urla del Cuore ***
Urla del Corpo, Urla del Cuore
Urla del Corpo, Urla del Cuore
Correva nel folto del
bosco.
In
realtà non conosceva la meta.
Seguiva il
richiamo del suo Master.
Lanciato
come mai nella sua vita.
Il cuore batteva all’impazzata e i muscoli erano tesi.
Di colpo si fermò.
Vide
un lago…
Quel Lago.
Appena
in tempo…
Era stremato.
Troppo giovane per una trasformazione simile.
Troppo debole per mostrare il suo vero aspetto.
Come frantumi di specchio l’aura demoniaca che lo avvolgeva
svanì.
La
sua mente si schiarì.
La seta bianca, rossa del suo sangue, danzava col vento.
Danza che permetteva di intravedere il petto niveo.
Il sigillo era ritornato a coprire solo il pettorale
sinistro.
Gli
eleganti pantaloni che all’inizio di tutto gli
fasciavano le gambe erano ormai stracci.
Le scarpe costose non esistevano più.
Si
guardò intorno stranito.
Aveva solo un vago ricordo delle sue azioni da quando aveva
parlato con Lui.
Perché
era lì?
Lì non c’era nulla.
O meglio, c’era qualcosa.
Un pietra candida.
Quasi feriva gli occhi.
Sembrava normale calcare o marmo, nulla di importate.
Eppure… eppure dentro di lui sapeva che non era
così.
Doveva
avvicinarsi.
L’unico ostacolo era una distesa di fiori.
Passo dopo passo s’inoltrò nel roseto.
Incurante
delle spine che ferivano la sua pelle avanzava.
Finalmente
oltrepassò il mare fiorito.
Guardò la pietra.
La sfiorò.
Era levigata…
Troppo perfetta per essere naturale.
Sotto
i polpastrelli sentì come pizzicare.
Ma solo in certi punti.
Inclinò il volto a destra.
Assottigliò lo sguardo.
Si concentrò.
Le iridi zaffiro divennero cremisi.
Quello
che apparve… lo annichilì
Fu
il dolore bruciante a risvegliarlo.
I graffi delle rose sembravano essere cosparsi di acido.
Fece dei passi rapidi.
Entrò in acqua.
Lavò le ferite.
Niente.
Dolore.
Bruciore.
Risaliva dai piedi alle caviglie.
Dalle caviglie ai polpacci.
“È
inutile che ti
bagni demone…”
Una voce bassa lo
fece sussultare.
“Spargerai
solo il
sangue avvelenato”
Si
guardò intorno rapido.
“Quelle
ferite
guariranno solo dopo molto dolore…
E molto tempo”
Scattò
sulla difensiva.
Non aveva percepito nessuno avvicinarsi.
Gli occhi tornarono due pozzi di sangue.
I canini e gli artigli fecero nuovamente mostra di sé.
“Scusa
gattino… non
volevo spaventarti.”
Puntò
una specie di ombra.
Guardò la figura ammantata di nero.
Sembrava un vecchio.
Emanava una strana aura.
Pericolo.
La
sua mente venne assalita da quella sensazione.
Assottigliò lo sguardo.
La voce bassa e profonda del Vassallo si fece sentire.
“Chi
sei?”
L’essere
di fronte a lui ignorò la domanda.
“Non
sei stanco dopo
una corsa del genere Conte?
Dovresti riposare…”
Due
lampi s’intravidero nella penombra del cappuccio.
Un
dolore lancinante alla nuca.
Poi il buio.
------------------------------------------------------------
Freddo.
Ovunque.
Pietra.
Dietro e sotto di lui.
Metallo.
Alle caviglie e ai polsi.
Dolore.
La testa pulsava.
Le gambe bruciavano come il fuoco
dell’inferno.
Le
ciglia si alzarono.
Gli zaffiri tornarono a vedere.
Una
cella.
“Buongiorno
Piccolo…”
Dall’ombra
vide uscire un uomo.
Sbatté
gli occhi più volte.
Lo mise a fuoco.
Giovane…
Capelli scuri…
Occhi d’argento.
“Forse
ci sono andato troppo pesante… in fondo sei solo un Cucciolo”
Lo
fulminò a quell’appellativo.
“Ma
quanto siamo selvatici….”
L’uomo
ghignò.
“Così
non va bene… Vorrà dire che dovrò
addomesticarti.”
Un
brivido percorse la schiena
dell’ex nobile.
Le
parole non uscivano dalle
labbra.
Il corpo non gli rispondeva.
Ma, anche se lo avesse fatto non
sarebbe servito.
I
polsi erano incatenati insieme.
Era ammanettato.
Le caviglie, separate, ancorate da
anelli al muro.
Era
in ginocchio, appoggiato alla
parete della cella.
Passo
dopo passo l’ex cherubino si
avvicinava a Ciel.
Gli
occhi del giovane si
illuminarono.
Le manette e le cavigliere si
accesero.
Un
urlo straziante uscì dalle nobili
labbra.
“Fossi
in te…”
L’uomo
gli accarezzò il collo.
“Io
non evocherei la mia aura…”
Gli
strinse la presa sulla gola.
L’urlò cessò.
La luce sparì.
“Così
va meglio… vedi… se stai buono queste catene non
ti feriranno.
Sono
catene speciali, sai cucciolo.
Vengono
dal Regno dei Cieli e sono fatte proprio per custodire la feccia
immonda come
te…”
Passò
una mano, una volta
benedetta, su una guancia
nivea.
“N-non…
T-toccarmi…”
Le
parole briciavano.
Ogni sillaba era un dolore
indescrivibile.
Sorrise
il grigio.
Ma più che un sorriso era un
ghigno.
“Dimmi
cucciolo… Il tuo padrone… Ha mai giocato
con te?”
Gli
occhi blu cobalto sgranarono.
“S-stammi…
L-lontano”
Il
corpo iniziò a tremare.
Lacrime bollenti di fiele e dolore
cominciarono a scorrere.
Ricordi.
La
gabbia.
Le torture.
Le sevizie.
Le violenze.
L’odio
più puro si leggeva in quei
pozzi di cielo notturno.
“Desolato
Cucciolo, ma… devo
togliergli tutto…
come
Lui fece con me… e Tu…
Tu
sei… la sua nuova Anima.”
Niente
di quello che aveva provato
in passato fu paragonabile.
Urla disumane riecheggiarono tra
quelle mura.
Il suo corpo, il suo Io, vennero
straziati.
Chiese
aiuto.
Lo
chiamò con la voce.
“MY
LORD!”
Lo
invocò con la mente.
"MASTER!
Lo pregò di salvarlo col cuore.
…Sebastian…
Ma
non venne…
Ad ogni richiamo dalla risposta
mancata un velo calava sui due cieli.
Velo dopo velo, del blu originario,
non rimase che un azzurro sbiadito
Trascorsero
ore.
Ore di violenze.
Poi
come tutto era iniziato tutto
finì.
Il
Lupo aveva uno sguardo folle.
Soddisfatto si allontanò dalla sua
vittima.
Ciel,
o meglio, un corpo si
accasciò esanime sul pavimento.
Della
camicia non restava nulla.
Dei pantaloni rimase sono l’ombra.
La
pelle nivea era segnata da
cremisi e viola.
Il viso sporco era immobile con gli
occhi spalancati e vuoti.
Delle righe pallide erano scavate
sulle gote prima rosate.
Solchi delle lacrime versate.
Sembrava
una bambola…
Una bambola rotta.
A
quello spettacolo Coìnin rise di
soddisfazione.
“Ora
Cucciolo riposa…
Tra qualche ora
andremo a fare visita a qualcuno di importante.”
Nessuna
reazione.
Il Phantomhive restò esattamente come quella bestia angelica
lo aveva lasciato.
Nella
sua mente si alternavano preghiere, dolore, richiami
violenze.
Continuava a rivivere ogni singolo istante.
L’unico
segno di vita erano le lacrime.
Di tanto in tanto una stilla scendeva sul suo viso.
Non
si rese conto delle ore che trascorsero.
A dire il vero non si rese conto di nulla.
Era ormai chiuso del suo mondo.
Niente di ciò che accadeva fuori lo toccava più.
Quando
il Lupo lo prese in braccio.
Non se ne accorse.
Le
catene e la porta della cella si aprirono.
Non le sentì.
Il
rumore dei passi nei corridoi non giunse alle sue
orecchie.
Non si rese conto di arrivare da Lui.
“Ciel!”
La
Sua voce gridò.
Ma la bambola non udì nulla.
Venne
gettata ai suoi piedi.
Non una reazione.
Non
emise un suono.
Per troppo aveva urlato inutilmente.
Venne
raccolta in un abbraccio famigliare.
Non lo riconobbe.
Occhi
color rubino si specchiarono in… misere acquemarine.
Lo fissava, la bambola, ma non lo guardava.
Per
la prima volta, dopo secoli il cuore nero vibrò.
Battito dopo battito si rianimò.
E urlò nel petto del Corvo.
Di
quell’Angelo non sarebbe rimasta che polvere.
---§§§---NDA---§§§---
Salve a tutti...
mi rifaccio viva ogni tanto ^^'' Chiedo venia... è un
periodaccio.
Detto questo
probabilmente *si nasconde* molte persone vorranno linciarmi...
Ricordatevi che
ruolo Ciel, è stato un dolore personale farlo violentare
fino a farlo ridurre così.
A tal proposito
il capitolo sfora leggermente la "regola" delle mille parole... il
fatto
è che avrebbe dovuto esserci anche la violenza e quindi
sarebbero stati due capitoli. Tuttavia, ho deciso di non
pubblicare quella parte, in quanto avrei dovuto alzare il rating a
rosso... molto profondo.
Il "cherubino",
se così volete chiamarlo, non solo violenta il corpo di
Ciel, ma anche il suo Io, il suo frammento di anima. Lo spezza e lo
ricompone a suo piacimento. Insomma, un qualcosa di parecchio
pesante...
Detto questo...
beh... chedirechedirechedire
RINGRAZIO DI
CUORE chi legge... e resta in silenzio (lo faccio anche io molte volte
u.u)
RINGRAZIO chi ha
lasciato una parola per dirmi cosa ne pensa e aiutarmi a migliorare...
RINGRAZIO chi ha
inserito la storia tra le seguite e le ricordate.
Non vi
chiederò recensioni... non serve. Se si vuole dire qualcosa
non si può fare a meno di farlo. Per me è
così. Forse non vi ho colpito a sufficienza, ma
spero che vi piaccia ciò che provo a scrivere
almeno un pochino ^^
Bene e ora scappo
a nanna alla prossima...
Tsuki
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Virtus Tenebrarum ***
Virtus Tenebrarum
Virtus
Tenebrarum
Il tempo si
fermò.
Il mondo
divenne di ghiaccio.
Il corpo
inanimato ne divenne il centro assoluto.
Le iridi
cremisi videro quel “centro” volare verso di lui.
Istanti che
parvero secoli.
Eppure i
suoi riflessi non bastarono.
La bambola
rovinò a terra.
“CIEL!!!”
L’urlo
dell’essere risuonò tra le gelide mura.
Si
chinò e lo strinse a sé.
Forti
braccia accolsero con delicatezza infinita l’ex conte.
Solo
allora il tempo riprese a scorrere.
Dita
un tempo guatate scostarono i capelli.
Dolcemente
percorsero le gote di porcellana.
Cercò
quei due zaffiri che tante volte lo avevano guardato con
superiorità.
Non
trovò che limpidi specchi vuoti.
“Ciel…”
Nulla.
Nessun
gesto.
Nessuna
reazione.
Le dita
pallide e affusolate strinsero quel viso così fragile per
voltarlo.
Lo avevano
fatto anni prima.
Allora lo sguardo
che incrociò era colmo di terrore e orgoglio nobiliare.
Era irritato
il demone quella volta.
Un pasto
troppo cocciuto.
lo aveva
definito, come gli altri umani, un animale debole.
Ma
ora…
Le iridi di
Aleixo non erano più ferme e risolute.
Gli occhi di
Ciel non erano più quelli di un nobile.
Strinse quel
corpo di bambola al suo petto.
Il respiro
era veloce.
Le iridi
spalancate.
Un gelido
Fantasma
si era fatto strada dentro di lui.
Un’Ombra
incontrata realmente solo una volta.
Un Qualcosa
di pesante come un macigno.
L’Angoscia
e
il Dolore lo stavano invadendo.
Il suo cuore
nero atrofizzato batteva impazzito.
Continuava a
stringere disperato quel corpo che di Ciel aveva solo
l’aspetto.
Le labbra
sottili emettevano una litania.
Il Suo nome.
Finalmente
un suono lo riscosse.
Una risata.
Il cherubino
rideva.
L’angelo lo
scherniva.
L’essere
puro si beava del suo dolore.
Dolore.
Lui, demone
superiore temuto dai suoi stessi simili…
Lui, essere
dannato divoratore di misere anime umane…
Lui, capace
ormai solo di odiare…
Era
soffocato dal Dolore.
Lunghe
ciocche corvine coprirono il suo volto.
Con una cura,
rara in questo mondo, adagiò la bambola rotta a terra.
Le abili
mani, con gesti automatici, aprirono e tolsero la camicia che il demone
indossava.
La stoffa,
per misera che fosse, andò a fare da coperta a quel corpo
pallido e ferito.
Con una
carezza leggera chiuse gli occhi della bambola.
“Avete
visto a sufficienza…”
Lentamente
si alzò.
Un lieve
vapore inizia a diffondersi intorno ai suoi piedi.
L’argenteo
rise di più.
“Illuso!
Tu
qui non puoi nulla!”
La nube,
più
si condensava e andava verso l’alto, più diventava
chiara.
In pochi
attimi il bianco più puro circondò il demone.
La risata si
spense.
Sigilli e
barriere proteggevano quel luogo.
In quelle
pareti così consacrate, nessun essere impuro poteva qualcosa.
Nessuno…
o
forse no.
Lui non era
un demone normale.
Lui era
Colui che era sopravvissuto all’Anima di un angelo.
Lui era il
demone che non doveva esistere.
Il demone
che sapeva amare.
La candida
nebbia si dissolse di colpo.
Ali di corvo
candide e decadenti gli adornavano la schiena.
Alti stivali
col tacco lo mostravano più imponente di quanto
già non fosse.
Le lunghe
gambe erano fasciate da stretti pantaloni neri.
Il torace
ben scolpito era coperto con un sottile strato di stoffa onice.
Sul suo
cuore un simbolo tanto bianco da ferire gli occhi faceva mostra di
sé.
Il sigillo
di Aislinn.
Lo sguardo
scioccato del cherubino percorse la figura.
I loro occhi
si incrociarono.
Due opali
iridescenti lo fissavano.
Occhi che
solo un essere a questo mondo possiede.
Un’entità
che vive al fianco dell’Altissimo e che mai gli Angeli
possono incontrare.
Nella sua
lunga, lunghissima, vita non aveva mai visto una cosa del genere.
Mai.
Egli era una
virtù.
Ma… Egli era
anche un demonio.
Angelo.
Demone.
Bene.
Male.
Amore.
Odio.
Lui era
tutto questo.
Un essere
semplicemente inconcepibile.
Era
sopravvissuto ad un pasto angelico.
Aveva fatto
suo il potere sacro.
L’unione
degli opposti.
Potere
divino in corpo demoniaco.
La
Virtù
delle Tenebre fece un respiro profondo.
L’aria si
elettrificò.
Una pallida
mano si alzò.
Al movimento
elegante i sigilli si ruppero.
Lo sguardo
opalescente trafisse Coinìn.
Stille
carminie iniziarono a segnare le gote diafane.
L’espressione
era apatica, ma gli occhi…
Dolore.
Estremo,
enorme, profondo.
L’essere
si
chinò.
Le grandi
ali circondarono lui e Ciel.
Gocce di
sangue caddero sul ragazzo.
Una mano dal
tocco etereo iniziò a sfiorare la chioma impolverata del
giovane.
“Come hai
potuto…?”
Quella voce.
Era Aleixo,
e… non lo era.
Si potevano
chiaramente distinguere due timbri.
Uno maschile
e uno… femminile.
La voce di
lui era solo un sottofondo.
“Come
ha potuto l’odio ridurti così…
come?”
Le dita
affusolate scesero sul volto della bambola.
Si rivolse a
lui con voce amorevole.
“Dopo
centinaia di anni… la mia essnza è rinata in
te… ma…"
Alzò
lo
sguardo.
Occhi severi
incrociarono occhi sgranati.
“Tu.
Tu l’hai quasi distrutta.
Questo demone, Aleixo, ti ucciderà.
Credimi, lo farà.
Io non posso nulla e… sinceramente… non
voglio...”
Le lacrime
cremisi
sgorgavano copiose.
Le voci
erano spezzate.
“Non ti odio per la vita
che mi hai strappato…
Non per il dolore lacerante che hai causato a Lui, per ben due volte.
Io ti odio per tutta la sofferenza causata a quest’anima
persa…
Un’anima di un essere che con te non c’entrava
nulla…
Ancora semi umano… e tu
l’hai…”
Silenzio.
Non riuscì a
proseguire oltre.
Dovette
fermarsi.
I suoi occhi
stupendi lo poterono vedere.
“Videro” lo
stato in cui era ridotta l’essenza di Ciel.
Il piccolo
briciolo di soffio vitale che il demone non era riuscito a divorare.
Un respiro
profondo e riprese.
“Avresti
potuto redimerti.
Il Padre ti avrebbe accolto nuovamente…
Potevi salvarti.
Ora… invece… nemmeno l’angolo
più raccapricciante dell’inferno ti
prenderebbe.”
Lampi
cremisi si alternarono negli occhi opalescenti.
“Aislinn…
l’ho fatto per te…
solo per te… per quello che ti ha f-“
“NO! Lo hai fatto solo per te stesso!”
Le iridi
s’infiammarono.
“Non hai mai accettato la verità!
È stata tua la mano che ha attraversato il mio petto!
Tu mi hai uccisa!”
Si portò la mano nel punto esatto in cui fu ferita
mortalmente.
“Sei tu il colpevole!
Non Lui! E nemmeno Ciel!"
Le voce che
fino a pochi attimi prima erano distinguibili non lo furono
più.
Un urlo
all’unisono si formò al nome del ragazzo.
“Tu hai…”
Lo sguardo
iridescente brillò.
Il silenzio
più assoluto riempì la stanza.
L’essere
unione
degli opposti ansimava.
La sua furia
e il suo dolore si percepivano con chiarezza.
Uno
sfrigolio che risuonò come un tuono.
Nuovi vapori
si formarono.
Tenebra più
nera e nube candida e accecante.
Aura
demoniaca e Aura divina entrarono in collisione.
La
Virtù
delle Tenebre stava perdendo il controllo.
|
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Capitolo 19 *** Fallen Angel ***
Fallen Angel
Fallen
Angel
Le ali si
aprirono di scatto.
Un’onda
d’aura si propagò e i muri quasi cedettero.
Coinìn
incrociò le braccia.
Si fece
scudo con le sue ali ormai spiumate.
Sulle sue
braccia comparvero graffi carmini.
Dei miseri
detriti spinti dallo solo spiegamento delle ali della Virtù
lo avevano ferito.
Non era
più
come secoli addietro.
Non era più
lui il più forte.
Il
superiore.
L’intoccabile.
La luce
divina non proteggeva lui ora.
Lo sguardo
divino era puntato su di loro.
Impassibile.
L’essere
inconcepibile respirava affannosamente.
Il corpo
avrebbe presto ceduto.
Quell’aura
angelica lo stava avvelenando.
Riprese il
controllo.
Si guardò
intorno.
Doveva
uscire.
Raccolse
Ciel e lo strinse tra le braccia.
Le nebbie ripresero
a vorticare compattandosi.
Si formò uno
scudo intorno a loro.
Le ali si
mossero ancora.
Le sbatté
due volte.
Le pareti
cedettero.
La prigione
collassò su se stessa.
Un boato
risuonò.
Le polveri
lentamente si depositarono.
Il paesaggio
era apocalittico.
Un cratere
aveva preso il posto di una collina.
Una di
quelle che costeggiavano il Lago.
Il Loro
lago.
Le sue acque
assistevano come allora.
Placide e
limipide.
Il silenzio
ora era totale.
Poi un
piccolo rumore di una frana.
Le acque
avevano fatto cedere il bordo del cratere.
Iniziavano a
defluire in esso.
Aleixo era
leggermente sollevato da terra.
Maestoso e
decadente allo stesso tempo.
Lentamente
scese.
Delicatamente
toccò il suolo.
Il guscio di
aura si allargò.
La rotazione
cessò.
E i vapori
ripresero a fluttuare.
Pose il suo
delicato involto atterra.
Dolcemente
gli accarezzò il volto.
“Sarò da voi
presto… My Lord”
La voce era
maschile, ma più dolce del solito.
Ora aveva
capito perché bramasse così tanto quel ragazzo
Perché non
fosse riuscito mesi prima a divorarlo.
Non avrebbe
mai potuto uccidere quell’essenza di nuovo.
Non dopo
averla ritrovata.
La scintilla
vitale di Aislinn era rinata in lui.
Nel piccolo
figlio di un potente nobile inglese.
Era quello
il motivo.
L’anima pura
che nessuna oscurità aveva potuto intaccare.
“Esatto…
Aleixo…”
Una voce
famigliare.
Alzò la
testa di scatto.
Si guardò
intorno.
Nessuno.
“Sono qui…
in te…”
Gli opali
sgranarono.
“Non
può
essere…”
“Chiudi gli
occhi…”
Lo fece.
Tempo e
spazio si annullarono.
“Ai…
Aislinn?”
Era lei.
Davanti a
lui.
“Si
e no”
Rise.
Il cuore
nero sussultò per la seconda volta quel giorno.
“Come…?
Perché..?”
Lei si
avvicinò e lo abbracciò.
“Non
so
come… ma quel giorno hai sigillato il mio potere in te.
Ti
sei nutrito
dell’energia vitale e dell’essenza.
Tuttavia,
non potevi cibarti del mio potere…
Il tuo
immenso dolore oggi ha rotto i sigilli…”
La strinse a
sé.
Al solo
nominare il Dolore, il gentiluomo si ripresentò senza invito.
“Ti
odio… ho
passato la vita ad odiarti.
Per l’averti
incontrata.
Per il nome
che mi hai dato.
Per il
dolore di averti persa.
Tuttavia… ti
amo… non
posso farne a meno…”
Sussurrava
tenendola stretta a sé.
Occhi chiusi
e gota appoggiata alla sua fronte.
“Lo so…
“
Nascose il
viso sul suo petto.
Alcuni
istanti trascorsero.
Durarono una
vita.
Si scostò da
lui.
“Ora mi devi
salvare…
Ci devi
salvare”
Sorride.
Quel
sorriso…
Il suo
tormento e la sua benedizione.
Un’immagine
si sovrappose alla sua.
Occhi più
scuri, più blu che azzurri.
Capelli
corti color petrolio invece dei fili dorati.
Ma i
visi…
Minime
differenze…
“Ciel…”
Lei
annuisce.
Si fa seria.
“Non abbiamo
molto tempo se vuoi salvarlo…”
Gli
accarezzò il volto.
Quel volto
demoniaco tanto adorato e tanto detestato.
"Sai già cosa devi
fare... ne sei sicuro?
“Si… è il mio
dovere”
Lo dice con
un leggero sorriso sul volto.
“Allora
andiamo…”
Si sporge e
lo bacia.
“Alla…
prossima… vita… “
La voce si
affievoliva.
Tra le sue
braccia aria.
Di nuovo.
Era sparita.
Thump
Un colpo nel
petto.
Thump.
Gli stava
per scoppiare.
Thump.
Spalancò
gli
occhi d’opale.
Doveva fare
presto.
Non aveva
molto tempo.
Liberarsi di
quel dannato potere divino era vitale.
Alzò lo
sguardo.
Di fronte a
lui un relitto.
Il lupo
grigio dei Cieli.
Un essere
ombra di se stesso.
Inginocchiato.
Capelli
arruffati.
Ricoperto interamente
da calcinacci.
Stille
cremisi gli rigavano il volto e il corpo.
Rosse come
il sangue umano.
Segno che
non era più un angelo benedetto.
La
virtù lo
fissava.
Lo odiava.
Gli aveva
strappato Lei.
Gli aveva
annientato Lui.
L’argenteo
si
mise in piedi.
Lo guardò di
rimando.
Gli occhi
brillavano di una luce completamente folle.
Delle piume
grigie comparvero intorno alla mano destra.
Iniziarono a
vorticare.
Veloci,
sempre di più.
Una luce
prese vita.
Cresceva al
crescere della velocità.
Poi un bagliore.
Quello che
era rimasto del suo essere stato un Cherubino.
Una lancia
Angelica.
O quel che
ne restava.
Non aveva
nulla dello splendore di un tempo.
Thump.
Una gamba
della
virtù cedette leggermente.
Respirò
profondamente.
Ma non fece
in tempo a rimettersi perfettamente in piedi.
L’avversario
vide quel segno di debolezza.
Coìnin
si
scagliò contro di lui.
Aleixo si
riprese immediatamente.
Scartò di
lato.
Era veloce.
Era
avvelenato e stordito, ma era il più rapido.
Oggi attacco
veniva schivato.
Ogni affondo
evitato.
Ogni finta
prevista.
Thump.
Di nuovo.
La vista si
annebbiò.
Questa volta
l’angelo lo colpì.
L’affondo
era quasi andato del tutto a segno.
La lancia lo
ferì al fianco.
Dolore
bruciante.
Carne
demoniaca ferita da una lama benedetta.
Un bagliore
cremisi illuminò gli opali.
Strinse i
denti per non urlare.
Il sigillo
angelico di Ailsinn brillò.
L’argenteo
tornò alla carica.
Il corpo
della Virtù si ricoprì di aura benedetta.
La lancia
scivolò su di essa.
Con una
mossa rapida Aleixo afferrò l’asta.
La tirò a sé.
E poi…
Un solo
scatto.
Un solo
affondo.
Un braccio
trapassò Coìnin.
Il potere
divino venne completamente liberato.
Unico modo
per distruggerlo.
Non doveva
rimanere che polvere di quell’essere.
I loro
sguardi si incrociarono un’ultima volta.
Poté
giurarlo, le vide.
Lacrime.
Coìnin,
Cherubino caduto, lupo dei Cieli, li vide
Occhi di
ghiaccio al posto degli opali.
Piangevano.
“A-Aislinn…”
“Polvere alla polvere”
Una voce, un
coro.
Ma una voce
stonava.
Meno sicura.
Ma più carica
di dolore.
Dalla ferita
il sangue sgorgava.
Ma oggi
nessun cielo piangeva.
Nessun Dio
gridava.
Come fatto
di polvere l’angelo caduto si perse nel vento.
|
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Capitolo 20 *** Tears of An Angel ***
Tears of An Angel
Salve
a tutti! Della serie chi non muore si rilegge ^^''
Ci SARA' l'EPILOGO uwu
Avete
letto? ok...
posso proseguire u.u
Mi sono ispirata al titolo del capitolo alla canzone Tears of An Angel
e ne ho preso alcune frasi... vi consiglio di ascoltarla mentre leggete
tanto per aumentare l'allegria.
Qui
trovate un video con la lyric tradotta.
Beh... mi scuso per il ritardo ma siamo alla fine... buona lettura. uwu
ah ho detto che c'è un epilogo, vero? ^^''
Tears
of An
Angel
La nube
bianca si concentrò intorno a lui.
Divenne una
seconda pelle.
Poi esplose.
Si dissolse.
La
Virtù
delle tenebre se ne era andata con essa.
Aleixo cadde
in ginocchio.
Il fianco
bruciava da impazzire.
I suoi occhi
cremisi a stento restavano aperti.
Era lui.
Un mero e
semplice demone.
Non era più
null’altro.
Né
forma
semi divina.
Né forma
umana.
Solo un
demone.
Fece un
respiro profondo.
Con le gambe
malferme si alzò.
Si guardò
intorno.
Il cuore
cominciò nuovamente a martellare impazzito.
Non lo
vedeva.
Solo
desolazione e l’acqua che avanzava.
Poi eccolo.
Era lì dove
lo aveva lasciato.
Passo dopo
passo gli si avvicinò.
La distanza
che li separava non era molta.
Tuttavia fu
interminabile.
Si
lasciò
cadere sulle ginocchia.
Gli
accarezzò il viso pallido.
Il respiro
del più giovane era sempre più debole.
Si stava
lasciando andare.
Il Demone
Superiore si chinò in avanti.
Posò la
fronte contro quella del suo Vassallo.
“Starete
bene presto…”
Le unghie
nere affilate scivolarono sulle gote spente.
Un déjà vu.
Qualche mese
prima era successa la stessa cosa.
Più o meno…
Il ragazzo
era ancora umano.
Il demone
doveva strappargli l’anima.
Ora
invece… Due
demoni.
Uno ferito
fisicamente e l’altro ferito psicologicamente.
“Sarà
doloroso Ciel… perdonatemi…”
Allora non
gli interessò fargli provare dolore, anzi.
Lo voleva
sentire gridare.
Chiedere
pietà.
La morte.
Ma non
accadde.
Ora invece
non bramava quelle grida.
Né le
preghiere.
Né le
lacrime.
Ma… le
ottenne.
Come allora
posò il palmo della sua mano demoniaca sul suo cuore.
Le sue fauci
tuttavia rimasero lontane da lui.
L’aura del
potente demone si concentrò.
Fluì lungo
il braccio fino alla mano.
Il sigillo
che tante volte Ciel aveva tentato di cancellare…
Di
strapparsi di dosso…
Sarebbe
stato la sua salvezza.
Unico modo
per raggiungere la sua essenza.
Il suo Io
ridotto in briciole.
Frammenti
che l’energia vitale del demone poteva riunire.
Ci sarebbe
riuscito?
Non lo
sapeva.
Non sapeva nemmeno
cosa sarebbe successo al suo risveglio.
Se mai si
fosse risvegliato.
Probabilmente…
Non ci volle
pensare.
L’aura,
anzi
la vita di Sebastian fluì attraverso il segno.
Il potere
sprigionato da Aislinn lo aveva stremato.
Quel veleno
divino gli aveva infettato le carni.
Ci sarebbe
voluto tempo per guarire.
Non ne
aveva.
Quello che
stava per fare lo avrebbe prosciugato.
Sapeva che
quella sarebbe stata l’ultima volta che lo tirava fuori dai
guai.
Non lo
avrebbe più sentito dire il suo nome.
Né Sebastian…
Né Aleixo…
Né My Lord…
Sorrise
ricordando quel giorno.
Il giorno in cui credeva di aver sbagliato a lasciarlo in vita.
La reazione che poi ne scaturì.
Il Suo vero nome pronunciato dalle Sue labbra.
Il sigillo
sul petto di Ciel si accese.
Il Vassallo
rispondeva al suo Padrone.
L’energia
vitale iniziò a fluire nel giovane demone.
Avrebbe
voluto sentirlo ancora… e ancora.
Ottenne urla
tanto forti da ferire l’animo.
Avrebbe
voluto rivedere gli occhi blu brillare d’orgoglio.
Vide occhi
vuoti spalancati su un cielo limpido.
Lacrime
sgorgavano copiose dal blu e… dal cremisi.
Il loro
dolore era distillato nelle loro lacrime.
Lo chiamò
dall’oscurità.
Di nuovo.
Bocchan…”
La vista gli
si annebbiò.
Non era
spavaldo come allora.
“…Ciel…”
Le urla a
tratti si ovattano.
Il richiamo
era disperato.
“…
apri gli occhi…”
Chiuse gli
occhi per lo sforzo.
La sua mente
continuava a cercarlo.
Lo chiamava
disperatamente.
Il dolore
era lancinante.
Il fianco lo
tormentava, ma non era quello.
L’anima, la
sua essenza, se la stava strappando di dosso.
Quindi…
è questo che si
prova…
La mano
demoniaca si bagnò.
Sangue
Il sigillo
sul petto del ragazzo sanguinava.
Ma non era
quello di Sebastian…
Non più.
Quello era
svanito… Per sempre.
Ciel…
Non più
Anima Dannata.
Non più
Vassallo Demoniaco.
Solo Demone e
Master di sé stesso.
Silenzio.
Niente più
urla.
Lentamente
gli occhi rossi si aprirono.
Guardarono
quello che fu il loro padrone.
Occhi blu lo
fissavano.
Occhi vivi.
“Ciel…”
Un leggero
sorriso comparve sulle sue labbra fini.
La mano
scivolò dal petto del Phantomhive.
Le forze
vennero meno e rovinò a terra.
Le lunghe
ciglia scure si abbassarono sugli occhi cremisi.
Si alzarono
a fatica… un’ultima volta.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Oscurità.
Silenzio.
Finalmente
l’oblio.
Niente
più dolore.
Niente più sofferenza.
Niente più delusione.
Era dunque questa la
morte?
Si… ed era così dolce.
Un sussurro...
Dolore…
No, non è possibile… non di nuovo.
Finalmente era morto… o forse
no.
Un’altra
fitta, più forte.
Lui
è morto.
Non ha più un maledetto corpo.
Non ha più nulla che gli appartiene.
Un
sussurro… ancora…
“Basta”
vorrebbe urlare.
Ma nulla risuona, se non un silenzio assordante.
Di nuovo.
Déjà
vu.
“Ti prego!
Basta!” griderebbe con tutte le
sue forze.
Il dolore è straziante.
Insopportabile.
“Bocchan…”
Non udì
più un sussurro, ma una flebile voce.
Chi era?
Non gli importava.
Voleva solo la smettesse.
“Ciel…”
Quel nome…
così famigliare, ma così
sbagliato.
“Uccidimi!” voleva rispondere.
“…apri
gli occhi…”
“Pezzo
d’idiota non li ho gli occhi!”
Ma nulla, non riusciva a parlare.
Quella
voce continuava a risuonare nel
nulla.
Il dolore era pulsante.
Bruciante.
Poi…
Il
nero divenne blu.
Il nulla divenne un corpo.
Il silenzio divenne rumore.
Una
figura lo guardava.
Occhi rossi.
Un lieve sorriso.
“Ciel…”
Lo vide
rovinare a terra.
Non
riuscì a
prenderlo.
Era debole,
i movimenti lenti.
Si sporse
verso di lui.
Ogni
movimento era un doloroso.
Ogni respiro
una fitta.
Guardava
quel viso famigliare… troppo.
Ma qualcosa
era sbagliato.
Gli occhi
erano opachi, non lucidi.
La pelle
cinerea e non alabastrina.
Le labbra
rosate erano pallide e solcate da un rivolo di sangue.
Il ragazzo
sentì un nodo allo stomaco.
Il terrore e
il panico si fecero strada in lui.
Non sapeva
chi fosse il moro che giaceva davanti a lui.
Ma le
lacrime gli rigavano il viso.
“A
quanto pare…
La mia eterità…
È giunta al termine…”
Cover my eyes
Cover my ears
Tell me these words are
a
lie
It can’t be
true
That I’m
losing you
The sun cannot fall from
the sky
Non voleva
sentire simili parole non da lui.
Sconosciuto
o meno, non doveva morire.
Se Lui
glielo avesse ordinato non sarebbe morto.
Già,
ma Lui
chi era…?
Ciel… era
quello il suo nome…?
Ora non
importava.
“Non
provare a morire.
Vivi. È un ordine!”
Sembrava la
richiesta di un fanciullo viziato.
Qualcuno che
è abituato ad avere ogni cosa voglia.
Chi ha nel
sangue l’indole del comando.
Il morente
sorrise.
“Non…
funziona più…
My Lord…”
In cuor suo
sapeva che quell’essere aveva ragione.
Ma chi
diavolo era?
Perché lo
conosceva?
Perché lo
chiamava a quel modo…?
Perché…
perché… perché???
Una fitta
alla testa.
Un dolore al
petto.
Basta
domande.
Ora sapeva
solo che non poteva essere.
Non doteva
accadere, non poteva perderlo.
Stop every clock
The stars are in
shock
The river won't
run to the sea
I won't let you
fly
I won't say
goodbye
I won't let you
slip away from me
Una
mano artigliata gli sfiorò il viso.
“Siete
grande per piangere…
Bocchan”
Un
sorriso sghembo.
La voce incerta.
“Come
osi idiota”
La
risposta nacque da sola sulle sue labbra
Voce spezzata..
Sembrava la cosa più naturale del mondo, ma così
sbagliata.
Il moro sorrise.
“Si…
lo sono…”
Accadde
in pochi istanti.
Le
lunghe ciglia si chiusero un’ultima volta.
Il petto smise di muoversi.
“Sebastian…”
Quel
nome uscì dalle sue labbra con un sussurro potente come un
tornado.
Allungò la mano per sfiorarlo ma… non ci
riuscì mai.
Il
corpo di Aleixo si dissolse in una nuvola di piume.
Piume consumate in un attimo da fiamme nere.
Cenere
alla cenere, polvere alla polvere…
Del
grande demone non rimase che una singola piuma nera.
“E
ma che diamine!”
Il
ragazzo voltò la testa di scatto.
E… quel pagliaccio chi diavolo era?
“Cos’hai
da guardarmi così schifato tu?
Sei tu che sei indecente.
Io sono perfetto… non potevo mancare alla sua
dipartita.
Ma quell’idiota non mi ha nemmeno guardata!
Tch demoni… e copriti prassita!”
Un
soprabito rosso gli venne lanciato addosso.
Non si era reso conto di non avere che una camicia logora indosso.
“Ringrazia
Phantomhive che ho da fare…
Ma lo spettacolo è stato divertente…
Sebas-chan mi mancherai…”
Avrebbe
potuto giurare di vedere dei cuoricini uscire da quegli occhi
verdi.
Non sapeva perché ma detestava quell’essere.
Senza dar a vedere il dolore che provava nei movimenti si
alzò.
“Sono
proprio curioso di vedere come farai adesso che
lui è morto…
Non ti do un anno di vita cucciolo.
Contavi su di lui da umano e anche da demone.”
Umano?
Demone?
Di cosa stava parlando…?
Non diede a vedere la sua confusione.
Si limitò ad ignorarlo esteriormente.
In realtà carpì ogni singola informazione dalle
farneticazioni di
quell’essere rosso.
Si
mise quel soprabito.
Non sapeva perché ma aveva l’illusione che
qualcuno lo abbracciasse.
Un nome gli venne alla memoria.
Zia Ann… Angelina…
Ma null’altro.
Raccolse
l’unica traccia terrena rimasta del demone moro.
Le parole del rosso ormai erano vaneggiamenti.
Si voltò e iniziò ad allontanarsi.
Avrebbe
dato qualsiasi cosa per degli abiti…
Era
così concentrato che non si rese conto che la sua aura lo
stava
ricoprendo.
Lo aveva fatto così tante volte per cacciare che ormai
bastava solo il
desiderio.
Il
rosso soprabito divenne nero.
Le gambe nude si coprirono di stoffa onice.
La camicia logora ritornò nuova, ma rossa come
quegli occhi.
Occhi che aveva impressi
nella memoria.
Occhi che mai lo avrebbero lasciato.
Occhi che, non sapeva come, avrebbe ritrovato.
Ci fosse voluta tutta l’eternità.
Un
leggero ghigno si formò sul suo volto.
Era dolorante.
Senza memoria.
Ignorava chi e cosa fosse.
Però
aveva un obiettivo.
Questo bastava.
Ancora
non lo ricordava…
Ancora non lo sapeva…
Ma lui, Ciel Phantomhive,
era finalmente tornato.
§§§§§§
NDA part 2 §§§§§
Ok riponete i forconi e tutto il resto... Sebby ci ha lasciato... ma
Ciel è vivo, no? ^^''
Questa è la
fine.. tolto l'epilogo.
Ci si rilegge
prestissimo... non so se lo pubblico oggi o meno.
Ja neh ^^
Tsuki
|
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Capitolo 21 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
Chiuse
il libro di scatto.
Ma i
suoi occhi non erano sulle parole stampate
sui fogli.
Gli occhi zaffiro stavano percorrendo quelle
incisioni vecchie di decenni.
Elegantemente
si alzò e andò ad accarezzare legno massello.
Quanto
tempo era passato…?
Anni… Decenni… un’eternità.
Perché
quell’ondata di ricordi gli era tornata alla mente?
Ormai
il suo passato era quasi del tutto completo, escluso quel giorno.
Rammenta solo il suo viaggio, l’arrivo al lago e…
la Sua morte.
Nulla di più.
Sospirò.
Gli
ci erano voluti quasi cinquant’anni per ricordare solo la sua
vita
umana.
Un’altra decina solo per venire a capo
dell’identità del suo ex
maggiordomo.
Senza contare il tempo necessario per ritrovare quella casa.
La
casa del suo Master.
Ma
con tutti gli sforzi che fece, a nulla valsero, per rammentare quel
maledetto giorno.
Molto
gli era piombato addosso nell’istante esatto in cui era
entrato nella
villa..
Le tracce di sangue erano ovunque.
Era tutto come fu lasciato quell’infausto giorno.
Le sensazioni che lo investirono lo soffocarono quasi.
Allora pianse lacrime amare sul pregiato pavimento di marmo.
Accarezzò
il ciondolo con la piuma nera.
Era un gesto abituale ormai.
Non se ne separava per niente al mondo.
Aveva
scoperto la storia di Sebastian, anzi no, Aleixo e Aislynn.
Le leggende sul suo ex Master erano molte e diffuse tra i demoni.
Probabilmente fu grazie a quelle che nessuno ebbe il coraggio di
attentare
alla sua vita.
Capitò solo un paio di volte, ma… il cervello
ebbe la meglio sui muscoli.
Non
gli erano ancora chiari tutti i punti, ma quello che sapeva per ora gli
bastava.
Si
diresse alla sua camera.
Arrivato in cima alle scale volse il viso verso l’ala
riservata a Lui.
Ci aveva messo piede solo un paio di volte.
Non sa se per rispetto, ricordo, dolore, o cos’altro, ma
decise che non ci
sarebbe più entrato.
Entrò
nella sua stanza blu notte.
Aveva mantenuto l’arredamento originale,
anche se ormai erano alle soglie del ventunesimo secolo.
Si svestì e accarezzò il petto dove una volta
c’era un marchio.
Ora non c’è più nulla.
Non è servo di nessuno, è un demone libero.
Che sia prigioniero del suo passato è un altro discorso.
Aprì
l’armadio e scelse con cura gli abiti.
Non era un demone normale come abitudini.
Preferiva essere “umano” il più
possibile.
Scelse
un abito semi elegante, era ora di cercare un pasto.
Lasciò
la villa con l’intenzione di non tornarci per parecchio tempo.
Voleva un’anima degna di tale nome.
Sarà pure stato un cucciolo, ma resterà per
sempre un Lord.
Londra
era diversa.
Schifosamente diversa.
Non
aveva nulla di quando lui era nel mondo umano.
Le anime stesse erano per lo più pessime.
Lo stesso cane della Ragina era… inclassificabile.
Era un discendente della sua ex fidanzata, Elizabeth.
Persino lei si rivolterebbe nella tomba vedendolo.
Aveva
seguito qualche suo caso…
Gestiti in maniera indegna.
Mai affrontati in prima persona.
La
Funtom era stata assorbita di recente da un americano…
Se gliene fosse importato qualcosa sarebbe andato a tirargli volentieri
i
piedi, ma… no.
Alzò
lo sguardo e vide per l’appunto un cartello dell’ex
Funtom.
Il faccione del nuovo proprietario era grossa come il Big Ben.
Senso delle misure: zero.
I colori poi erano esasperati fino all’estremo.
I dolciumi sembravano psichedelici e il volto… quegli occhi
erano così
finti.
Nessuno al mondo avrebbe potuto avere quella tonalità di
rosso e lui ne
sapeva qualcosa.
Barbottò
insulti a caso e riprese il suo pellegrinaggio.
Sembrava un’ombra silenziosa.
Non lo si notava, non ci si ricordava di averlo incontrato.
Stava
seriamente pensando di lasciare l’Inghilterra…
Quando si ritrovò sbilanciato lateralmente col muro che lo
sosteneva.
Gli
occhiali scuri che portava erano rovinati a terra con un sonoro tac.
Stava seriamente per sbranare l’essere che aveva osato
“sfioralo” a tale
maniera.
Gli occhi tramutati in specchi gelati si voltarono sul colpevole.
Una
mano era tesa verso di lui con il cadavere degli occhiali.
“Chiedo
scusa…”
Un
giovane uomo, molto famigliare, gli sorrideva.
Il nuovo proprietario della Funtom.
Prese
con uno scatto le povere lenti rotte.
“Si
sta scusando per gli occhiali,
o per la sua capacità di camminare senza investire le
altre persone?”
Il
solo averlo riconosciuto lo urtava.
“Sono
desolato per averla fatta quasi cadere,
la prossima volta… mi impegnerò di
più”
L’uomo
si scoprì gli occhi dalla barriera scura che li celava alla
luce.
I loro sguardi si incrociarono.
Due
iridi color sangue lo fissavano.
Stava
per rispondere per le rime ma si gelò un istante.
Un
leggero ghigno si formò sulle sue labbra.
“Credete nei
demoni?”
§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Le Ultime NDA
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Shalve... bene con
questo EPILOGO (avevo scritto prologo ieri... dettagli) si conclude
questa mia prima long fiction... è stata un parto durato
più di un anno.
Mi scuso ancora con la
lentezza delle uscite dei capitolo, ma... non sono riuscita a fare di
meglio.
Spero che vi sia
piaciuta almeno un po'.... e che la fine fine non vi abbia del tutto
insoddisfatto.
La mia decisione di
far morire Sebastian è nata per caso, ma ha acquisito sempre
più senso ogni minuto che ci pensavo. Nella mia storia era
un essere col corpo da demone e potere divino... un qualcosa di
impossibile. L'unico ad essere sopravvisuto ad un anima angelica... per
un po' di tempo almeno. Quiell'anima è stato il suo
personale veleno, del cuore e del corpo.
Chiarito questo
concetto che dire... Ciel se l'è cavata con la sua
intelligenza e con il fondello di aver avuto Aleixo come Master. Senza
contare il fatto di essere sopravvissuto allo scontro con il Cherubuino
(stronzo, bastardo ecc). La memoria è stata una bella gatta
da pelare, ma ne è venuto a capo in un modo o in un altro.
Questo Epilogo da
spunto per le vostre fantasie. Mi sembra palese che il nuovo
proprietario americano altri non è che Sebastian
reincarnato. Ma questa volta riusciranno a stare insieme? Beh... questa
è una altra storia ^^
Alla prossima, se mai
ci sarà.
Grazie ancora a tutti...
...a che ha messo la storia tra le preferite:
1
- AngelOfSnow
2
- BlackClover
3
- Blu
Profondo
4
- ciel
phantomive98
5
- Emily
_S_ Goethe
6
- Genesis_Candeor_Diamond
7
- Kitsuna_dark
8
- Kuroneko_chan
9
- LadyStarKiller98
10
- pampam_17
11
- Sebastian_s_Lover
12
- sere96_XD
13
- violinista91
...a chi la messa tra le seguite:
1
- Angel
Devil
2
- Artemis97
3
- AsaYuni
4
- Blacasi
5
- BlackClover
6
- Brechen
7
- Callmerose
8
- Crystal
eye
9
- Dark_lady88
10
- diogene
11
- FM107
3 RADIOCAOS
12
- gatta1290
13
- glo9ria
14
- Haruka_Tenoh
15
- jeky_93
16
- Jenni
Skeletron
17
- jensen
girl
18
- Jill_chan
19
- Justine_Law
20
- kotokochan
21
- Mahiv
L Lawliet
22
- merrick
23
- MisaMichaelis
24
- MysticAsters
26
- Nomo
27
- N_Near
28
- pampam_17
29
- Pencil_Gray
30
- Raven
Cullen
31
- Sakura_Chan17
32
- SaraMichaelis_Ciel
33
- Shiran
34
- sosia
35
- Vengeance
Is A Life Style
36
- wolf90
37
- xamicachips
...e chi l'ha inserita nelle storie da ricordare:
1
- BlackClover
2
- Mad
Soul
3
- maryciel
E anche a tutti coloro che
hanno recensito o sono stati lettoiri silenziosi.
Grazie veramente
tanto, non sapete che emozione sapere che qualcuno legge e segue quello
che si scrive <3
Bacioni a tutti, a chi
mi ha sopportato nei miei scleri, a chi mi ha aiutato, a chi mi ha
sprontato ad andare avanti e anche a chi ha sopportato la mia lentezza
nel pubblicare.
Un bacio...
Tsuki
|
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