Il Segreto

di kishal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mysteria ***
Capitolo 2: *** Phoebus ***



Capitolo 1
*** Mysteria ***


Vivo in un mondo tempestato dalla guerra

 

 

Il Segreto

 

 

 

 

 

Sono nata in un mondo tempestato dalla guerra, immersa fra dolore e angoscia, depressione e morte. Sono cresciuta nell’inferno, circondata da anime dannate e diavoli feroci.

Eppure fu proprio negli occhi di uno dei peggiori demoni che vidi riflesso, per la prima volta, l’amore.

 

 

E’ passato tanto tempo, ma ricordo ancora quel giorno come fosse oggi. Ero solo una bambina allora, un’insignificante bambina a cui piaceva guardare le stelle della notte dal tetto del suo orfanotrofio. Le regole vietavano di rimanere là sopra, perché qualora ci fossero stati attacchi da parte dei Deatheaters, non ci si sarebbe potuti salvare. Ma io poco badavo a tali questioni: la morte non mi spaventava, c’ero nata dentro e la sentivo scorrere nelle mie vene più veloce e intensa che il sangue.

 

Quella notte la nostra villa fu presa come bersaglio dai seguaci di Lord Voldemort. Gli Auror, che non si aspettavano un tale colpo, tardarono a giungere.

La direttrice fu uccisa per prima, e la gran parte dei bambini subito dopo, mentre ancora dormivano fra le sgualcite lenzuola di cotone. Penso che siano passati dalla vita alla morte senza neanche accorgersene, così, all’improvviso….

Io, seduta sul tetto, lo sguardo fisso nel cielo, non mi ero accorta di nulla. Il silenzio della foresta intorno a me non era stato turbato da un fiato. I Deatheaters avevano fatto davvero un ottimo lavoro….

 

Ad un certo punto tuttavia – non so ancora per quale strano motivo – abbassai il capo, e i miei occhi si poggiarono su un’alta e possente figura nera in piedi davanti a me.

Si trattava di un uomo giovane, con in una mano la bacchetta e nell’altra la maschera d’argento simbolo di morte. Non avevo dubbi su chi fosse, avevo sentito molto parlare di lui e avevo visto anche molte sue foto: tutti lo ricercavano, era uno dei seguaci di Voldemort più potenti. Draco Malfoy, l’ultimo erede della casata più potente d’Inghilterra. Solo in quel momento mi resi conto che la mia sicura dimora era stata attaccata.

Tuttavia, non mi scomposi. Primo, perché come ho già detto non avevo paura di finire lì la mia esistenza. E poi… e poi ero rimasta del tutto rapita dalla sua figura. Sembrava quasi un angelo, dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio, e mi guardava con tanto accanimento, con tanta concentrazione, con tanto sentimento… con così tanto amore… che perfino io, innocente creatura, capii che, in un modo o nell’altro, lui sapeva chi ero.

E fu quella consapevolezza a farmi aumentare il ritmo del battito cardiaco, giacché nessuno, prima d’allora, aveva saputo dirmi chi ero e da dove venivo.

Ma proprio mentre lui si stava per avvicinare, un rumore secco alla mia destra mi costrinse a voltarmi, e questa volta mi ritrovai a fissare la sagoma di un auror dal volto mezzo coperto da un ampio cappuccio.

Malfoy…” Pronunciò una voce di donna.

 

Il giovane angelo nero abbassò la bacchetta che aveva sollevato non appena si era accorto che qualcuno si era materializzato, e i suoi grigi occhi si spalancarono quando l’auror scostò il cappuccio dal suo capo, mostrando una chioma color rubino dalla bellezza impressionante e due splendenti occhi zaffiro, capaci di togliere il fiato perfino ad un demonio come lui.

Ginevra…” Disse, atono.

“Opera di grande coraggio colpire un orfanotrofio pieno di bambini indifesi, non è vero?” Si affrettò a dire aspra la giovane.

L’angelo corrugò la fronte, e il suo sguardo divenne raggelante. “Sono quasi tutti mezzosangue, non si meritano di vivere.

“Sempre delle stesse idee, eh? Non ti decidi proprio a cambiare.”

“Neanche tu, se è per questo.”

“Io combatto per proteggere la vita. Tu combatti per distruggerla.”

“Ti sbagli. Io pure combatto per proteggere la vita: quella pura, quella vera, quella degna di esistere. Come anche tu combatti per distruggere, per disintegrare me e le persone che hanno la mia stessa mentalità.

Non osare più paragonare l’operato di voi sporchi Deatheaters a quello di noi Auror, Malfoy! Non mi spingere a fare quello che avrei dovuto fare anni fa!” Gridò la rossa, camminando con rabbia verso lui e alzando un braccio per mollargli un sonoro ceffone.

Ma Draco parò il colpo prima che arrivasse a segno, e tenendo ferma la mano di Ginevra, la strattonò fino a farsela cadere sul petto. “Peccato che allora ti piacesse di più venire a letto con me che puntarmi una bacchetta alla gola.”. Le sibilò, fissandola con due occhi di fuoco.

 

Rimasero infinitamente a guardarsi, l’uno perso nell’altra. Poi lei gli accarezzò il viso, e a lui altro non rimase che gettar giù la maschera che ancora teneva in mano e abbracciarla stretta a se. ”Pensavo fossi morto… ti davamo per morto al Ministero, era da tanto che non ti facevi vivo.

“Ed io ero certo che ti avessero ucciso nella battaglia di tre mesi fa a Dover.

“Perché non vieni dalla nostra parte, Draco?”

“Perché io credo nella mia guerra, Ginevra.

Lei sospirò, appoggiando il capo sul petto di lui. “Come ho fatto ad innamorarmi di uno come te?”

“Non lo so… e non so nemmeno perché io ami te. Ma ora, c’è qualcos’altro di più importante su cui dobbiamo portare la nostra attenzione. Lei alzò il capo, guardandolo interrogativamente. “La bambina.” Le rispose lui, in un sussurro.

 

La vidi voltarsi, seguendo la direzione indicata dallo sguardo di lui, e poggiare i suoi begli occhi meravigliati su di me, che la guardavo con tranquilla curiosità.

“Da quando è qui?” Chiese al ragazzo.

“Da prima che arrivassi.”

La paura si fece spazio nei suoi occhi. “Oh no! ma Ora… ora ci ha visto! Se dirà qualc…” si bloccò improvvisamente, mentre un’espressione di completo sbigottimento le trasformava il viso. Rimase immobile per un tempo che mi parve infinito, con migliaia di emozioni che a velocità incredibili le attraversavano lo sguardo.

Non è possibile… non può essere….” Sussurrò poi, aggrappandosi di più al petto del giovane, quasi impaurita da me.

“E’ così invece, altrimenti l’avrei già uccisa.”.

“Ma… no! E’ assurdo! Non doveva stare in Inghilterra!”

“Le burocrazie non fanno mai ciò che devono. E’ lei Ginevra, il Richiamo del Sangue che ho fatto non può sbagliare.

 

A quel punto la donna si allontanò lentamente dall’uomo e con passo incerto mi venne incontro, inginocchiandosi al mio cospetto.

Tremante allungò una mano e mi accarezzò i capelli neri, mentre io la fissavo sempre in silenzio.

Vista da vicino era ancora più bella, ancora più dolce, ancora più… impressionante.

Soprattutto i suoi occhi, che ora erano coperti di lacrime: incantavano. Erano di un colore talmente intenso che per tutto il tempo non feci altro che chiedermi come potessero esistere cose così belle in un mondo tanto brutto.

Ciao…” Mi disse, gocce di pianto che le cadevano dagli occhi e le estremità della bocca che le tremavano in un doloroso sorriso.

Io, che con il mio agile e fantasioso cervello di bambina mi ero già costruita un puzzle tutto personale rimettendo insieme i pezzi di ciò che era successo poco prima, senza minimamente pensare se quello che dicevo fosse una sciocchezza oppure no “Anche io da grande sarò bella come te?“ le chiesi.

 

Draco, poco distante da noi, scoppiò a ridere. “Diventerà una strega davvero brillante, Gin!”

La donna invece mi aveva guardato senza fiato, mentre l’ultima lacrima le scivolava giù per la rosea guancia. “Tu…tu … tu hai…capito?!

“Cosa ho capito?” Le chiesi io, arricciando le labbra.

Lei sospirò, alzandosi in piedi, e Draco le venne subito al fianco, ponendole un braccio attorno alle spalle e dandole un bacio sulla tempia. “E’ meglio che ce ne andiamo ora, Ginny. Non voglio che nessuno si insospettisca.”

“Ma lei…”

“Lei sa. Non è necessario spiegarle nulla in più. Lei sa. E quando tutto sarà finito, forse, anche gli altri potranno sapere.

 

“No. Neanche quando sarà tutto finito, il nostro mondo sarà pronto ad accettare una realtà del genere. Replicò addolorata lei. E Draco non poté fiatare a quel ragionamento, purtroppo era tutto vero. La mascella gli si contrasse per la rabbia, e i suoi occhi s’incupirono.

“In tale caso, lasceremo questo mondo che non ci capisce. Esistono tanti altri posti in cui potremmo vivere una volta aver concluso la nostra guerra.

Ora, però, l’importante è che ciascuno di noi faccia il possibile per sopravvivere.

“Allora lei è in pericolo qua. Se non ci fossi stato tu l’avrebbero uccisa.

“Non preoccuparti: quando il tuo caro Ministero verrà a sapere dell’attacco, confinerà tutti gli orfani in un posto molto più sicuro, probabilmente perfino in terra straniera, e lei avrà la possibilità di crescere.”

“Sì… forse hai ragione.” Disse la strega dai capelli rossi in un sussurro, appoggiando la testa sulla spalla dell’uomo che le stava dietro. “Però, adesso è davvero tempo di lasciarci.

 

Sentendo ciò, io mi alzai, attirando la loro attenzione, e arrivata loro davanti strinsi le braccia attorno alle loro gambe.

“Sono contenta di avervi conosciuto.” Dissi, alzando il viso per incontrare i loro sguardi.

Il sorriso che mi rivolsero in quel momento Draco e Ginevra rappresenta uno dei ricordi più belli di tutta la mia vita. Mai prima di allora avevo sentito un tale affetto nei miei confronti. Mai prima di allora qualcuno mi aveva ritenuto tanto importante da dedicarmi uno sguardo del genere… come se fossi davvero l’unico fine per cui continuare ad esistere.

 

Pochi istanti dopo scomparvero. E, da quel momento in poi, io non sentii più parlare di loro.

 

 

Crebbi in Francia, dove la forte presenza di druidi assicurava una prevalenza della magia bianca rispetto a quella nera, e dove dunque gli orfani come me potevano stare al sicuro.

Non incontrai mai più Draco Malfoy e Ginevra Weasley. In seguito, seppi dai libri di storia che entrambi erano deceduti in quella che viene nominata l’Ultima Battaglia, lo scontro finale con cui si pose fine ad un conflitto che devastava il mondo magico già da quasi dieci anni.

Ma ora, all’età di diciotto anni, sono libera finalmente di tornare in quello che so essere il mio paese natio, e andare ad onorare la memoria delle due persone che mi consideravano la cosa più importante della loro vita, e che avevano dato un senso alla mia stessa esistenza.

 

 

 

Il Ministero di Minerva McGonogall fu il fautore della stabile pace che si creò con la fine del conflitto. Una volta che i due grandi della magia, Harry Potter e Voldemort, erano morti, ora non rimaneva altro da fare se non lasciare che i maghi normali vivessero.

Ma vivessero col ricordo di ciò che era successo, nel bene e nel male: per questo fu creato un Cimitero dei Caduti, dove furono deposti i corpi di chi aveva lottato per l’una e per l’altra parte.

Era un luogo particolare, quasi spettrale. Un enorme struttura architettonica di pietra, che ricordava tanto gli antichi palazzi egizi dove venivano sepolti i corpi dei faraoni prima del periodo delle piramidi, conteneva al suo interno un numero impressionante di stanze, ove ogni famiglia poteva andare a pregare il proprio morto.

Non sembri strano che anche i passati Deatheaters ricevano visite: anche loro, una volta, erano uomini, e come tali sono stati sia odiati che amati da coloro che avevano intorno. E il loro errore di essersi uniti al Male, anche se grave, può capitare che non basti per eliminare il dolce sentimento.

 

Non fu difficile trovare le tombe di Ginevra e Draco: per qualche strano motivo erano state poste vicine, distanti da quelle dei loro parenti consanguinei.

Due grandi foto incorniciate da un ovale erano state poste sulle strutture parallelepipede entro cui si trovava il sarcofago, e ritraevano due giovani di circa trent’anni che sembravano possedere due caratteri completamente contrapposti: lui altero, minaccioso, dagli occhi duri e la postura impeccabile. Lei dolce, con un sorriso incantatore e due occhi azzurri che sembravano racchiudere in se le profondità dell’oceano più misterioso.

Erano stati così diversi… davvero troppo diversi. Questo doveva essere uno dei motivi per cui sapevano che la loro relazione, anche una volta finita la guerra, non sarebbe stata accettata da nessuno. Lei un dolce angelo, lui un tremendo demonio; lei solare, lui tenebroso; lei che lottava per la vita, lui che dominava con la morte; lei auror, lui Deatheters.

Lei Weasley, lui Malfoy.

 

Automaticamente, poggiò una mano là dove le due tombe s’incontravano, sospirando.

 

Poi, però, un sordo rumore alle sue spalle la costrinse a voltarsi, scostando per riflesso la mano dalla liscia superficie di marmo.

Una donna di circa sessant’anni, inginocchiata a terra, con mano tremante raccoglieva i fiori che le erano caduti, rimettendoli nel bouquet. Senza neanche pensarci, la ragazza si inginocchiò davanti a lei, aiutandola nella sua operazione.

L’ultimo fiore che raccolse era un tulipano rosso, che si portò al naso prima di riconsegnarlo alla sua proprietaria.

“E’ un fiore molto bello.” Disse, porgendole la mano per aiutare la donna a rialzarsi.

“Sì… anche a lui piaceva.” Replicò con voce flebile quella, accettando dopo un po’ d’esitazione l’aiuto che le si stava dando.

“Ha un parente qua dentro?” Chiese innocentemente la ragazza, una volta in piedi. L’anziana signora che aveva davanti le aveva procurato uno strano tuffo al cuore: era così gracile, così debole, un fuscello che sembrava attendere anche il minimo soffiare della più lieve brezza per spezzarsi. I suoi occhi celesti erano opachi, e i suoi lisci capelli bianchi, raccolti in un’elaborata acconciatura sopra il capo, quasi avevano lo stesso colore della sua diafana pelle.

La donna, senza staccare lo sguardo dal suo volto, fece cenno di sì col capo. “Due uomini, che entrambi hanno lottato dalla parte del Male. Ma solo uno di loro ho veramente amato.”

“Oh…” Fece lei, allontanandosi di un passo. La conversazione stava prendendo toni troppo intimi che la infastidirono: non aveva voglia di sentir parlare di mariti, amanti, intrecci amorosi vari di una persona che neanche conosceva.

“Se avessi conosciuto anche l’altro, pure tu saresti stata del mio stesso avviso. Era difficile provare qualcosa che non fosse odio per Lucius.”

 

A quel nome, la ragazza spalancò gli occhi, deglutendo a fatica. “Lucius?!” Chiese improvvisamente senza frenarsi. “Lei è la vedova Malfoy?

La donna sorrise a quella sue reazione, ma rimase in silenzio. “Capelli neri, occhi azzurri, pelle rosea, fascino innegabile: sei stata fortunata piccola, hai preso le caratteristiche migliori dai tuoi genitori.

“Lei… lei sa…”

“Mio figlio è davvero l’unico uomo che nella mia vita ho amato. E lui amava me. Mi amava tanto da fidarsi nel rivelare perfino i suoi segreti più intimi, come la sua relazione con la piccola di casa Weasley.

Sapevo di quell’amore che entrambi avevano tentato invano di distruggere, e sapevo a cosa esso aveva portato. O, per meglio dire, a chi aveva portato.

Come ti chiami?”

La ragazza rimase in silenzio per un po’, fissandola sconvolta senza riuscire a risponderle. Era cresciuta con la consapevolezza che ogni legame col suo passato fosse rappresentato dal solo ricordo di quell’unica, incredibile notte… ed invece, ora si ritrovava davanti, in carne ed ossa, la possibilità di potere sapere molto di più sui suoi genitori, sulla loro vita, sulla sua stessa nascita….

Lei non era sola.

Deglutì a vuoto, poi, con voce flebile, riuscì finalmente a rispondere al semplice quesito postole. “Mysteria.”

 

La donna, in uno slancio dettato dalle intense emozioni che provava, sorrise, e allungò una mano tremante per accarezzare la guancia di lei. “Mysteria… i nomi parlanti sono sempre piaciuti alla mia famiglia. Poi ritrasse l’arto velocemente, quasi si fosse scottata, e abbassò lo sguardo, sospirando tristemente.

E in quel momento, parve che il peso dei suoi anni e delle sofferenze patite le fosse caduto sopra mille volte più grave di prima.

“Ogni tanto mi chiedo quando la guerra finirà davvero… quando la verità potrà finalmente essere detta… Dimmi Mysteria, vuoi tu conoscere il tuo passato?”

“Più di qualsiasi altra cosa.”

“Allora vieni con me, questo è un luogo insicuro per un segreto come te. Così dicendo strinse forte il mazzo di fiori che teneva ancora fra le braccia, e con passo deciso, altero, e con quella postura elegante che pareva innata in lei, si diresse verso la tomba di Draco, riempiendone il vaso vuoto. Si fermò un attimo, giusto il tempo di accarezzare la foto del figlio e lanciare uno sguardo a quella di Ginevra, e tornò dalla ragazza, facendole segno di seguirla fuori della costruzione.

Una volta arrivati nel cortile la fissò dritta negli occhi, le prese la mano… e con un sonoro poff, entrambe scomparvero.

 

 

 

La luce bianca attraversava la grande vetrata della graziosa veranda che dava al parco, ricco degli esuberanti colori della primavera. I mobili bianchi, di ferro battuto, riflettevano la luminescenza esterna, rendendo l’ambiente quasi anestetico, senza dubbio irreale. Eppure, paradossalmente, era in quel posto che lei, vigile più che mai, stava per scoprire la sua realtà.

Si erano accomodate già da dieci minuti, ma nessuna ancora aveva osato pronunciare parola.

Fu Narcissa a rompere quel silenzio pieno di aspettative.

Draco mi raccontò di averti vista, una notte. – sorrise, abbandonando la postura rigida e poggiando la testa su una mano – Lo ricordo ancora, rimase a parlarne per giorni! Era così felice, così… orgoglioso di te!

Ha i capelli neri, come una Black, mi disse… è bellissimaed è molto intelligente. Sarà una strega brillante… Raramente ho visto mio figlio così espansivo. E’ sempre stato molto introverso, molto contenuto… solo in due occasioni l’avevo visto così entusiasta: quando volò per la prima volta con la sua scopa, e quando… quando s’innamorò di tua madre. Sussurrò quasi, mentre il sorriso si faceva più duro… ma non scompariva dal suo stanco volto.

“A lei non piaceva mia madre?” Chiese, cauta. Seduta davanti a quella che doveva essere a tutti gli effetti sua nonna, si contorceva nervosamente le mani in grembo, e fissava la sua ospite con attenzione, studiando ogni suo minimo movimento, pendendo dalle sue labbra per assimilare fino alla fine ogni sua singola parola.

Narcissa si prese qualche attimo prima di risponderle. “Eravamo diversi. Due famiglie purosangue che, però, avevano scelto vie opposte, e perciò, nemiche. Loro erano poveri, non disprezzavano affatto il mondo babbano, e spalleggiavano Silente. Noi, tutto il contrario.

Draco e Ginevra sono cresciuti come due avversari, influenzati dalle esperienze delle proprie famiglie… quando però impararono ad essere indipendenti dai giudizi altrui, e decisero di giudicare con la propria testa il mondo, le cose cambiarono.”

“La mia nascita rappresenta un compromesso fra due fazioni avverse?!” Chiese, storcendo il naso.

“Se così vuoi chiamare l’amore…!” Ghignò la saggia Black.

Mysteria sorrise, mentre quelle parole le scaldavano il cuore, facendole tornare alla mente il ricordo di quella notte passata, degli sguardi di quei due stranieri, del palpabile legame che li univa, nonostante la distanza. Non v’erano dubbi che i suoi genitori si fossero amati.

“Quando fu la svolta?”

“L’ultimo anno di Draco… quindi il penultimo di Ginevra. Non chiedermi i particolari, non li conosco. So solo che, a partire dal Natale di quell’anno, vidi mio figlio cambiare progressivamente, diventare sempre più calmo, più pacato, più sorridente… E poi, una sera di giugno, finite le scuole, approfittando dell’assenza di Lucius, portò qui tua madre: mi disse che l’amava, e che era incinta di sei mesi.- la donna ridacchiò lievemente, riassaporando quei vecchi momenti – Ricordo ancora il mio stupore in quel momento!

Eppure… vedere mio figlio così felice fu un’emozione talmente grande da impedirmi di ribattere… e, anzi, spingermi ad aiutarlo.

“Cosa successe poi?” Domandò impaziente.

“Ginevra non poteva rimanere a casa sua, se avessero scoperto della gravidanza… e soprattutto, se avessero saputo chi era il padre del bimbo che portava in grembo, avrebbe passato molti guai. Del resto, però, non potevo neanche nasconderla qui a Malfoy Manor, perché se Lucius avesse scoperto quanto succedeva avrebbe ucciso sia lei che tuo padre.

Così, decidemmo che la scelta migliore era che entrambi si allontanassero, rifugiandosi in una delle nostre numerose ville: la scelta ricadde su una tenuta in Danimarca, molto lontana da qui…e soprattutto molto isolata.

“Nessuno si accorse della gravidanza di mia madre?”

“No… tua madre non ingrassò più di tanto, e grazie ad un incantesimo apposito la sua figura si liberò del piccolo ingombro sospetto sul ventre. Perciò nulla impedì ai genitori di “mandarla a studiare per tutta l’estate da una sua amica di penna”…”

“Quindi… sono nata in Danimarca?”

“Sì. Ero presente anch’io quel giorno, feci da levatrice poiché dovevamo tenere la discrezione più assoluta.

“Loro erano felici?”

“Infinitamente.”

“Avevano già deciso di darmi in adozione?”

“La guerra era scoppiata due settimane prima della tua nascita, e i due eserciti avversari richiedevano la presenza dei tuoi genitori. Ci furono litigi, pianti, notti insonni… poi decisero che era meglio separarsi, ognuno per la propria strada, sperando, nel futuro, di rincontrarsi.

Fui io a portarti in un orfanotrofio di Diagon Alley, chiedendo espressamente che fossi data in adozioni in un paese lontano dalla Gran Bretagna.

“Nessuno si stupì di vedere la signora Malfoy in un orfanotrofio con una bambina fra le braccia e una richiesta del genere da fare?”

Polisucco, mia cara… all’apparenza sembravo una donna di malaffare. Ghignò, fiera della sua astuzia.

 

“E così, questa è la mia storia?”

“Questo è il tuo passato… è solo l’inizio della tua storia… il resto, è tutto ancora da scrivere.

“E chi sarò, in futuro?” Domandò Mysteria, apparentemente impassibile, nel cuore un tumulto di speranze e sentimenti.

Narcissa la fissò in silenzio, il mezzo sorriso triste non abbandonavail suo volto. Pareva ormai un suo segno caratteristico, quella sorta di rassegnata tristezza che aleggiava in ogni sua minima espressione, e che andava via solamente quando parlava del figlio deceduto. “Non lo so. Ma voglio che tu rimanga qua, con me. E pretendo che tu sia forte, tesoro mio, perché io non riesco più ad esserlo. E’ stata una sofferenza immane vivere per tutto questo tempo dopo la morte del mio amato Draco, ma l’ho fatto solo perché gli avevo promesso che avrei atteso il tuo ritorno. Tu sei l’ultima discendente dei Malfoy, e l’ultima rappresentante della casata Weasley. In questo momento, in cui la pace è resa instabile dai rancore ancora vivi, ciò che sei può non essere accettato.”

“Sono abituata a vivere nell’ombra.”

“Lo so. Ma oramai, alla mai vecchia età, sono giunta alla conclusione che è giusto che la verità si mostri. Dunque preparati, Mysteria Malfoy, perché la tua guerra sta per cominciare. Il segreto deve essere svelato.”

 

 

 

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Capitolo 2
*** Phoebus ***


In un certo senso, la invidio

Phoebus

 

 

 

Adoro vagare per la notte. Adoro quell’aria fresca e frizzantina che la caratterizza… mi sveglia, mi fa sentire vivo… e mi rende capace di capire la vita che mi circonda. Lo ammetto, non sono un santo, anzi, risulto effettivamente molto affezionato a qualche peccato capitale… del resto, come dico sempre, le aureole stanno bene solo in Paradiso, non qua sulla Terra.

Ma di notte, sotto la luce delle stelle, cambio totalmente… E’una mutazione di cui mi sono sempre reso conto, ma di cui non ho mai trovato causa.

Mi reputo figlio delle tenebre… tra esse, riesco ad essere una creatura celeste.

Essere un angelo dalle ali di cera è stato il mio destino, e non lo rimpiango. Sono un ossimoro, una contraddizione vivente, e per questo mi reputo superiore a tutti.

Sono nato nel caos, della confusione sono figlio, e, anche non volendo, intorno a me riesco sempre e solo a creare scompiglio.

Ironia della sorte, il mio nome è Phoebus. Luminoso. Uno degli attributi principali del greco Apollo, dio del sole….

Ma la mia luce non è quella che dà vita. La mia luce abbaglia, stordisce, rende vulnerabili.

 

Chissà che faceva mia madre quando mi diede questo nome…

 

Alzo gli occhi al cielo, sorridendo nel vedere lo splendido manto stellato che lo copre.

 

Dicono che mia madre somigliasse ad una stella. Chissà perchè, allora, lei, così alta nel cielo, fu attratta da un comune mortale… da un babbano che la portò al ripudio e alla morte….

Che creature sciocche sono le stelle.

 

Inspiro, riempiendomi i polmoni di aria fresca, sentendo ogni mia piccola cellula risvegliarsi a tal gesto.

 

Sono un bastardo, in tutti i sensi. Ma anche per me è giunto il momento di fare rientro a casa. Nonostante tutto, lì c’è una donna che mi attende, una madre acquisita a cui devo tutto… la mia vita, e l’esistenza del mio cuore.

Tre notti di assenza possono non essere sufficienti per il mio animo libertino, ma per il suo sono anche fin troppi.

E’ giunto il momento.

 

Torna a casa Phoebus.

 

 

Tre del mattino.

La gelida atmosfera della notte ricopre l’enorme tenuta dei Malfoy, completamente addormentata.

Tuttavia, nel vasto viale alberato circondato da scuri cipressi cammina tranquillo un giovane dai superbi lineamenti gitani. I brillanti occhi lillà si guardano attorno, riempiendosi dello splendore di quel paesaggio notturno.

Davanti a lui, si erge in tutta la sua magnificenza Malfoy Manor, la reggia dei nobili purosangue più noti nell’isola.

La sua casa.

Il fedele elfo domestico, sentendolo arrivare, apre silenziosamente i battenti del grande portone di legno.

La padrona dorme, meglio non farla svegliare.

Con passo felpato il moro raggiunge la sua stanza preferita al primo piano. Non ci andava spesso, giusto le volte che tornava molto tardi e non voleva fare baccano salendo le scale che conducevano al secondo piano, dove si trovavano i suoi appartamenti… Narcissa aveva un udito incredibilmente fine.

Quella stanza, comunque, gli era sempre piaciuta, fin da piccolo. La chiamavano la Stanza degli Elfi. Era difatti stata progettata e concepita da artigiani elfici, la cui abilità aveva prodotto una struttura dalle forme armoniose, incantevoli, quasi soprannaturali, e il cui colore principale – un chiaro violetto- ricordava tantissimo quello dei suoi occhi. Niente di più appagante per la sua vanità.

 

Ma una sorpresa lo attende.

Lì, sdraiata nel suo letto, si trova una ragazza.

Dorme tranquilla.

E lui, incantato dalla sua aura pacifica, non riesce a far altro che sedersi al suo fianco e osservarla riposare.

 

 

 

Narcissa entrò cauta nella camera buia.

Erano appena passate le cinque del mattino, ma quella notte aveva avuto un sonno molto disturbato. Ricordi di vita passata, paure per quella futura avevano riempito di immagini tumultuanti la sua stanca mente. Alzarsi, seppur a tale ora, era stata una scelta obbligata.

 

Nonostante la luce del crepuscolo fosse più che lieve, e a malapena riuscisse a passare dai lievi tendaggi che oscuravano le finestre nella stanza degli elfi, riuscì tuttavia a scorgere una figura seduta sul bordo del materasso.

La riconobbe all’istante, e si incupì.

“Che ci fai tu qui?” Chiese sottovoce.

Il ragazzo si voltò, incontrando gli occhi sconvolti della donna.

“Chi è?” Chiese, atono, intendendo ovviamente la ragazza che giaceva al suo fianco. Narcissa si avvicinò a lui. Aveva gli occhi cupi, come mai glieli aveva visti. Non pareva arrabbiato… ma era strano. Aggrottò la fronte, e lanciò uno sguardo alla nipote, che dormiva tranquilla. Poi fissò di nuovo Phoebus.

“Da quanto sei arrivato?”

“Un paio d’ore.”

“Gradirei che facessi rientro in orari più accettabili. Possibilmente, quando sono ancora sveglia.

“Come volete.”

“E gradirei che tu stia alla larga da lei. Ora, vieni via.” Ordinò imperiosa, stringendosi la vestaglia candida alla vita e avviandosi verso l’uscio, aspettandosi di essere seguita da lui. Ma dopo qualche passo si accorse che, ovviamente, così non era. Si voltò, trovandosi gli occhi seri del moro ad accoglierla.

“Non chiedermi questo. Non ci riuscirei.”

Narcissa ispirò profondamente, abbassando lo sguardo e deglutendo quel boccone amaro che, si aspettava, sarebbe arrivato. “Ti voglio bene Phoebus… ma non voglio che le accada niente di male. La sua è già una posizione difficile. E non ti posso permettere di distruggerla.

 

Il ragazzo sentì il cuore tremare a quelle parole… a quelle dette e alle altre nascoste sotto di esse. Ma non fece una piega, perché Nacissa aveva ragione.

Si voltò, e guardò incantato il volto serafico della dormiente sconosciuta.

“Allora, se questo è un addio, lascia almeno che le dia un bacio.

 

Narcissa sbarrò gli occhi, accorrendo verso di lui. “No, Phoebus! Se si svegliasse e ti vedesse…”

“Non accadrà. Dorme come un angelo.”

“Lasciala, scordati di lei! Và via da questa stanza!” Gli ordinò, reprimendo a stento l’impulso di gridargli contro, per timore di svegliare Mysteria e fare ancor più danni.

Lui non l’ascoltò. Sapeva di essere un mostro, ma quella ragazza lo aveva stregato.

Si chinò leggermente su di lei, poggiando le labbra sulle sue.

Morbide. Dolci. Serene.

Sorrise lievemente, e si riempì gli occhi della sua immagine.

Poi si alzò in piedi e, col suo passo calmo e superbo, uscì dalla stanza, lasciando Narcissa a reprimere a stento lacrime di rabbia.

 

 

 

“Deve starle alla larga.” Disse la bianca signora, camminando nervosamente su e giù per la stanza.

Blaise, seduto davanti a lei, la guardava con amarezza. Poco prima era rimasto allibito ascoltando il racconto di Narcissa. Seppur migliore amico di Draco, lui non gli aveva detto nulla della sua relazione con la piccola Weasley… e tanto meno gli aveva parlato di una figlia.

Capiva che questa era una situazione molto delicata. Davvero troppo. E capiva anche perché la donna fosse così preoccupata della possibile intromissione nella faccenda di Phoebus, anche se non accettava totalmente questo atteggiamento così ostile nei suoi confronti.

Lui non era cattivo… aveva solo un animo turbato da una vita troppo amara.

Ma adesso Narcissa, accecata dal desiderio di ricreare la famiglia che la guerra le aveva distrutto, non si accorgeva di questo piccolo particolare.

“Lo farà, gli parlerò.”

“Non ascolta mai nessuno!”

“Non è un ragazzo stupido, capirà.”

“Non intendevo dire che è stupido, ma che è molto egoista!”

“E da egoista qual è, cosa pensi farà?!

Narcissa si fermò di botto, fissandolo. “La circuirà, la farà innamorare, la lascerà e la farà soffrire! E un cuore distrutto non è l’ideale per affrontare l’ingresso in una società piena di nemici!”

Blaise scoppiò a ridere. “Suvvia, Cyssa, stai esagerando ora! Sei decisamente iperprotettiva! Lascia che la gentil fanciulla se la cavi da sola! Considerando i geni che ha, non deve essere così indifesa e vulnerabile come la disegni! Anzi, tutt’altro!”

Lei si portò una mano davanti agli occhi, rimanendo qualche attimo in silenzio. “Sì, è vero. Ma preferisco essere previdente e prendere ora le giuste precauzioni, piuttosto che piangere sopra una fossa dopo.

Sono stanca di soffrire. Ora, voglio un lieto fine.”

 

Quelle parole scossero l’animo del moro, che la fissò ad occhi sbarrati mentre il sorriso se ne andava celermente dal suo volto, e lei, con passo stanco ma sicuro, si allontanava dal salotto, dandogli le spalle.

Qualche attimo prima pensava ancora di poter porre un limite a quel fiume in piena. Ora, però, si rendeva pienamente conto che era già straripato.

 

“Và da tuo nipote e parlagli.

Questa sera ci sarà un ballo. E lui non dovrà parteciparvi.”

 

 

 

Le pesanti tende nere coprivano le grandi vetrate della camera, non permettendo alla luce di entrare e illuminare l’ambiente, un vasto appartamento costruito con la bicromia del bianco e nero.

Il lettone, al centro della stanza, era gigantesco, e circondato da morbidi tappeti e soffici cuscini. Nonostante l’apparenza rilassante, quel luogo nascondeva una natura nervosa, vigile, instabile. Esattamente come il suo proprietario, steso sul materasso a rimirare i raffinati stucchi del soffitto a botte.

 

“Dovresti dormire, ogni tanto.” Disse, pacato, come un padre che da consigli ad un figlio.

 “Non ci riesco.” Secco, deciso. Nulla su cui ribattere.

Blaise si avvicinò. “Narcissa è molto nervosa.”

“Lo so.” Questa volta gli parve più scocciato. La faccenda lo infastidiva più di quanto volesse far intendere.

“Vuole che tu le stia alla larga.”

“So anche questo.”

“Ed io, come anche lei, so che non lo farai.

“Starò attento, zio.” Sospirò lui.

Lui ridacchiò. “Lo farai ugualmente ma starai attento?! Non mi pare che Narcissa fosse dell’umore di accettare compromessi!”

“E’ tutto quello che le posso dare. E, per come sono, è già troppo.”

“Mi ha detto che l’hai baciata.”

 

A quelle parole, qualcosa si mosse nel petto del giovane. Si alzò a sedere di scatto, fissando i rabbiosi occhi lillà su quelli identici, ma pacati, del parente.

Tu non l’hai ancora vista, vero?Non ti rendi conto di come sia

“Ci sono tante belle donne al mondo, và dietro a loro.

“La voglio conoscere.”

“Non puoi. Non ora.”

“Perché?! Chi è?! Da dove è venuta fuori?! E’ mia sorella… è mia cugina?! Perché le devo stare alla larga?!?! Chi è, dannazione!” Gridò, furioso.

“Non te l’ha detto?”

“No, mi ha cacciato via senza darmi risposte!”

 

“E’ la figlia di Draco Malfoy e Ginevra Weasley. Disse, dopo aver sospirato pesantemente. Ancora faticava ad adattarsi a quella verità che gli era cascata addosso tanto improvvisa quanto inaspettata.

Cosa?!” Sussurrò, allibito.

“Ora capisci perché Narcissa è così nervosa…”

“Non sapevo che…”

“Non lo sa nessuno. Fino a poco fa, neanche io…”

“Ma… da dove è saltata fuori?! Così, all’improvviso? E’ venuta a riscuotere l’eredità?!

Narcissa l’ha incontrata ieri mattina al cimitero dei caduti. E l’ha riconosciuta subito. Ha poi fatto il richiamo del sangue, per sicurezza, e quello ha dato esito positivo.

 

Phoebus si mise seduto, le braccia a stringere le ginocchia piegate. A sguardo basso, analizzava la situazione. Senza dubbio, era più delicata che mai.

Corrugò la fronte. Non era per niente contento. Avere un muro a sbarrargli la strada per la sua meta lo rendeva insofferente.

“Come si chiama?”

Mysteria.”

Scosse la testa, vagamente divertito. “I Malfoy hanno sempre avuto un gusto particolare per i nomi. Chissà se s’impegnano, o se gli viene naturale storpiare il proprio prossimo!”

Lui rise. “Hanno, tuttavia, la forza e la sfrontatezza necessaria per farlo sembrare comunque più che adatto a loro!”

“Per questo non posso darti torto.” Commentò con un nodo alla gola, sdraiandosi di nuovo fra le nere coperte, l’immagine di lei che, prepotente, gli invadeva la testa.

 

Blaise capì che era ora di andarsene, e lasciarlo solo a pensare. “Un’ultima cosa Phoebus, stasera ci sarà un ballo.

“Ottima mossa il ritorno alla mondanità, devo darne atto. Mugugnò lui, disinteressato.

“Già, Narcissa è un’abile calcolatrice…”

“Io non sono invitato, vero?”

“No.”

“Va bene.”

 

 

 

Chiuse la porta alle sue spalle, poggiando poi la fronte sopra di essa. Anche se l’apparenza diceva tutt’altro, sapeva bene che Phoebus era a dir poco furioso. Sia con Narcissa, che improvvisamente lo aveva declassato da figlio prediletto a nemico di famiglia, sia con quella straniera, che voleva e che non poteva avere. E, sicuramente, era adirato perfino con se stesso, perché non riusciva ad essere diverso, a instillare fiducia in quella che considerava una madre, e a non desiderare il suo tesoro proibito.

Si voltò, passandosi una mano fra i capelli.

E’ proprio vero che l’arrivo di un Malfoy genera sempre scompiglio!

Ridacchiò, avviandosi verso la scalinata principale, che lo avrebbe condotto ai piani bassi. Era ora di conoscere la nuova venuta.

 

Aveva appena girato l’angolo del lungo corridoio, quando, improvvisamente, qualcosa andò a sbattergli sopra.

Ma che…” Mugugnò, chiedendosi cosa potesse essere successo. Il respiro gli si bloccò in gola mentre lo sguardo veniva imprigionato da due incredibili iridi azzurre.

Gli occhi di Ginevra.

Con uno sguardo veloce la squadrò dall’alto al basso, il cuore che martellava ferocemente nel petto. Capelli lunghi, neri. Pelle diafana. Viso ovale, dal naso diritto, le labbra grandi e due zaffiri ad impreziosire infine la sublime opera d’arte.

Ed ecco, qui, la Malfoy più bella che avesse mai visto.

 

Mi scusi… non l’avevo vista…” Sussurrò la fanciulla, dispiaciuta.

 

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