Hope

di Oldwhatsername_24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In your head they're still fighting. ***
Capitolo 2: *** Dreaming, I've been only dreaming. ***
Capitolo 3: *** ¡Viva la Gloria! ***
Capitolo 4: *** Blue ***
Capitolo 5: *** Tell me the story of your life. ***
Capitolo 6: *** Do you know what's worth fighting for? ***
Capitolo 7: *** Should I stay or should I go? ***
Capitolo 8: *** It's just a spark, but it's enough. ***
Capitolo 9: *** Last Hope. ***
Capitolo 10: *** Memory. ***
Capitolo 11: *** Stay the night. ***
Capitolo 12: *** If I lose everything in the fire. ***
Capitolo 13: *** I'll be home for Christmas. ***
Capitolo 14: *** Better Days. ***
Capitolo 15: *** Demons. ***
Capitolo 16: *** The hell in me. ***
Capitolo 17: *** The reason. ***
Capitolo 18: *** Now that it's over, I just wanna hold her. ***
Capitolo 19: *** One, 21 guns. ***
Capitolo 20: *** Love is our resistance. ***
Capitolo 21: *** You're a stray for the salvation army. ***
Capitolo 22: *** Please, don't leave me. ***
Capitolo 23: *** Beth. ***
Capitolo 24: *** It seems like forever ago. ***
Capitolo 25: *** Let it go. ***
Capitolo 26: *** For the first time in forever. ***
Capitolo 27: *** Christian's Inferno. ***
Capitolo 28: *** Give up the fight. ***
Capitolo 29: *** Rain. ***
Capitolo 30: *** Throw up your arms into the sky. ***
Capitolo 31: *** I'll stop the whole world from turning into a monster ***
Capitolo 32: *** Blackbird. ***
Capitolo 33: *** May you stay forever young. ***
Capitolo 34: *** Hallelujah ***
Capitolo 35: *** All over again. ***
Capitolo 36: *** Murder City. ***
Capitolo 37: *** The cracks of my skin can prove as the years will testify ***
Capitolo 38: *** Heroes ***
Capitolo 39: *** Just let it happen. ***
Capitolo 40: *** She holds my malachite so tight so... never let go. ***
Capitolo 41: *** Favourite son. ***
Capitolo 42: *** Beauty and the Beast. ***
Capitolo 43: *** We might be dead tomorrow. ***
Capitolo 44: *** Never going back. ***
Capitolo 45: *** Man in the mirror. ***
Capitolo 46: *** Keep Holding On. ***
Capitolo 47: *** One love, One life. ***
Capitolo 48: *** Il linguaggio segreto dei fiori. ***
Capitolo 49: *** With me ***
Capitolo 50: *** Last night on earth. ***
Capitolo 51: *** EPILOGO: See the light ***



Capitolo 1
*** In your head they're still fighting. ***


In your head they’re still fighting.
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
La candela Bianca, abbandonata sulla mia scrivania, continua a sciogliersi piano sotto il calore della sua fiammella.
Io? Io invece mi sono sciolto da molto più tempo, talmente tanto che ormai ho perso la cognizione delle mie azioni, la cognizione del tempo e di quel che mi accade attorno.
Prendo dal cassetto della scrivania il piccolo quadernetto nero e lo apro alla sua prima, immacolata pagina.
Sono ancora più che convinto che questa cosa non funzionerà, ma il medico ha detto che è l’unico modo per “andare avanti”, e lo devo ad Adrienne, lo devo ai miei figli, a Mike e Trè, lo devo a loro, lo devo un po’ anche a me stesso.
Tengo stretta tra le mie dita la penna, cercando le parole con cui cominciare il racconto della mia finte, cercando di trovare un modo per spiegare a un pezzo di carta come mi sono ridotto in questo stato.
Né vivo, né morto, più che altro esistente, ecco tutto.
Sospiro e butto il viso tra le mani, stropicciandomi gli occhi, poi prendo un sorso di birra, ritrovando un minimo di lucidità, perché ormai è solo questo che riesce a darmi lucidità.
Le dita stringono la penna talmente forte da diventare bianche, mi mordo le labbra fino a farmi male, perché è questo quel che merito, è questo quel che merito per essermele lasciate sfuggire da sotto le mani.
Scrivo in corsivo la data e l’ora di oggi in alto a destra sul foglio.
Poi, quasi di getto, comincio a vivere quello che più che un diario sembra un testamento.
 
“Sono passati trentuno anni, dal primo momento in cui l’ho vista.
Ventidue dal nostro primo bacio.
Più di quindici da quando lei se n’è andata.
Eppure mi sembra ancora di sentire il profumo di vaniglia della sua pelle, il suono della sua risata, la sua voce che mi dice di continuare a lottare, mi sembra ancora di percepire lo sguardo luminoso dei suoi occhi neri, il fruscio dei suoi capelli tra le mie mani, le sue labbra morbide che sfiorano le mie.
Ma è solo un inganno, una chimera, un miraggio.
Perché lei è morta, e io sono morto con lei.”
 
Mi blocco, perché la mano trema troppo e ho sporcato quasi metà del foglio di inchiostro e lacrime, perché è troppo difficile anche solo pensarle quelle parole, e non riesco a continuare.
Bevo ancora, mentre tutti i ricordi che tenevo segregati in una parte del mio cervello tornano a galla.
 
“Avevamo appena finito il liceo, il nostro tour in giro per l’America andava benissimo,
eravamo giovani, costantemente ubriachi di alcol e musica,
io e lei eravamo ubriachi di amore…
Poi, quando eravamo via da due mesi e lei era al settimo di gravidanza, scoprì la malattia.
La stessa fottuta malattia che già mi aveva portato via mio padre, adesso stava per portarmi via lei.
Piansi, urlai, spaccai qualsiasi cosa mi capitasse a tiro e pregai i medici di fare qualsiasi cosa in loro potere per salvarla.
Per salvarle.
Ma come curi qualcuno che non vuole essere curato?
W si rifiutò di sottoporsi alla chemio, perché questa non avrebbe permesso a nostra figlia di nascere, quindi rimase a prosciugarsi della sua essenza vitale per i due mesi di gravidanza che le rimanevano”
 
Il mio cervello torna a quella sera in ospedale, alla figura di W in quel letto bianco, molto più emaciata e magra, con il pancione ben pronunciato, che mi sorride con le poche forze che le rimangono.
E io, inginocchiato ai piedi del suo letto, che neanche sapevo cosa chiederle.
“Ti prego, ti prego, lascia che ti curino… avremo altri figli, se vuoi anche dieci, ma non lasciarmi solo, non andartene…”
W alzò gli occhi al cielo, spronandomi a guardarla.
“Non essere sciocco, Billie Joe, io non vado proprio da nessuna parte! Soprattutto perché con questa mega pancia i movimenti sono abbastanza difficili”
La guardai, troppo stanco anche per ridere, ma lei sembrava così leggera, così… consapevole, diceva di aver sognato nostra figlia, diceva che la conosceva e non poteva disfarsene come se non fosse mai esistita, ma io sapevo solo che non potevo resistere senza di lei.
 
“Andrea Armstrong nacque l’ultimo di settembre mentre eravamo nei pressi di New York,
lei nacque e sorse il sole.
Era talmente piccola, talmente bella, talmente identica a me… con i capelli castani e i miei occhi, con le labbra di W e il mio naso, con le lunghe ciglia e le mani piccole e paffute…mia figlia.
Avevo una figlia.”
 
Dal piano di sotto di casa mia provengono rumori di passi e voci, Adie e i ragazzi stanno preparando la cena, come una vera famiglia.
Già, la famiglia che mi sono dovuto ricreare.
Io e W non ci siamo mai sposati, lei diceva che tra il tour, la bambina e l’ospedale non c’era il tempo e che non ne aveva bisogno dato che tutto quello che desiderava già l’aveva ottenuto, ma io sapevo benissimo che il vero motivo per cui non aveva voluto sposarmi era che la clausola “finché morte non ci separi” non avrebbe tardato ad arrivare.
Perché l’avevamo programmato, di sposarci, quando eravamo ancora convinti che potesse durare per sempre, lei aveva addirittura preso il vestito.
 
“Cominciò a perdere i capelli subito dopo l’inizio della chemio.
Usava cappelli, bandane, veli, foulard, ma anche senza io la trovavo sempre bellissima, mentre portava nostra figlia in braccio e seguiva i pochi corsi che riusciva a reggere all’università, riuscendo comunque a mantenere una media eccezionale.
Adrienne la conobbi durante la nostra tappa in Minnesota.
Lei venne a chiedermi dove poteva comprare un nostro cd, e io la trovai subito carina e simpatica.
Le presentai W e la bambina che aveva solo pochi mesi, ed Adie andò subito d’accordo con entrambe.
W le parlò in privato, dopo qualche tempo, non volle mai dirmi cosa le aveva detto quella sera, l’ho scoperto soltanto dopo il matrimonio con Adrienne.
Le aveva detto di prendersi cura di me.
È come se lei sapesse, è come se lei avesse sempre saputo tutto.”
 
Le avevano dato due mesi di vita, poco prima che Andrea compiesse un anno, era anche più di quello che lei si aspettava.
Allora non si diede pensa, spronava me a scrivere le nove canzoni per Kerplunk! e, un giorno come un altro, prese una telecamera e me la mise in mano, usandomi come cameraman per un video che non poteva permettersi di non girare.
 
“A che serve la telecamera?”
“Per friggerci le patatine. Secondo te a cosa serve una telecamera?”
“Coi capelli se n’è andata anche la dolcezza, tesoro?”
“Zitto e fai partire la registrazione, BJ, finché ho ancora le parole nella testa”
Accesi la telecamera e lei si sedette su di uno sgabello, sistemandosi al meglio il foulard bianco e azzurro pieno di girasoli che indossava quel giorno.
“Andrea…” cominciò, e io capii tutto “… bambina mia…”
Ne registrò uno per ogni compleanno di Andrea fino ai diciotto anni, ogni anno che credeva si sarebbe persa, ogni anno che io mi rifiutavo di credere che lei avrebbe perso.
L’ultima notte che passammo insieme lei neanche era più in ospedale, ormai era inutile, se ne sarebbe andata in un modo o nell’altro, tanto valeva lo facesse a casa.
Fuori faceva freddo, le luci della città in settembre erano ancora accese, sebbene l’ora tarda della notte.
Io la stringevo a me, cercando di non farle male, lei era così fragile, ma ancora così dannatamente forte.
 
“A che pensi?” mi chiese all’improvviso, vedendomi stranamente silenzioso.
“Penso che dovrei cancellare il mese di settembre dal mio calendario”
W ridacchiò, interrompendosi per due brutti colpi di tosse.
“Non credo che Andrea te lo perdonerebbe facilmente”
Le baciai la fronte, sentendola sobbalzare al tocco delle mie labbra, avrei voluto fare l’amore per sentirla mia almeno un’ultima volta, ma era troppo fragile, e quel contatto tra di noi, quell’abbraccio così pieno ma allo stesso tempo così povero di vita, era molto più intimo di quanto potesse esserlo il sesso.
“Ti amerò per sempre, W…”
“Ti aspetterò per sempre, Billie Joe”
La stringo ancora, sento il suo cuore battere piano, come con sforzo.
“Billie?”
“Si?”
“Voglio che tu mi faccia tre promesse, puoi?”
La guardai negli occhi, stracolmi di lacrime, e non riuscii a far altro che annuire.
“Certo”
“Prima promessa: voglio che dai a nostra figlia la vita che lei sceglierà di fare, qualsiasi cosa questa sia, va bene?”
“Lo prometto”
“Seconda promessa: Voglio che tu ti rifaccia una vita, che tu ami ancora, che tu abbia tanti bambini e una bella casa, un cane e tutto quello che si può desiderare dalla vita. Voglio che continui con la musica e che la mia morte non ti impedisca di fare nessuna di queste cose”
“W, io…”
“Promettimelo!”
“Va bene, lo prometto”
“E terza promessa: Voglio che tu non perda mai la speranza, non lasciare che la morte sia l’ostacolo che ti frenerà definitivamente. Sii forte, Billie, sii forte per me, per nostra figlia, per te stesso….”
“Lo prometto”
“Grazie”
“W?”
“Si?”
“Posso chiederti io una cosa, adesso?”
“Certo”
“Lascia che io non ti dimentichi”
 
Morì all’alba del ventitré settembre.
Questa volta non mi sarebbe bastato che settembre finisse per svegliarmi.
Decise di essere cremata, metà delle sue ceneri vennero sepolte nel cimitero di Berkeley, l’altra metà le spargemmo in mare.
Io, i suoi genitori, sua nonna, Mike e Trè.
Insieme fino alla fine.
Andrea rimaneva in silenzio tra le mie braccia, non aveva ancora realizzato che sua madre non sarebbe più tornata.
Solo una settimana dopo cominciò a piangere, piangeva ogni notte, anche il giorno del suo primo compleanno, si calmò soltanto quando le lascia vedere il video che W aveva registrato per l’occorrenza.
Lascia che quel video girasse nel videoregistratore per tutto il giorno e per tutta la notte”
 
La porta del mio “ufficio” di apre, il viso di Adrienne mi sorride e fa un cenno verso l’esterno.
“La cena è in tavola, Bill”
“Arrivo subito, ho quasi finito”
Prendo un respiro profondo, pensando a quello che sto per scrivere, a quello che non voglio rivivere.
 
Lui lo chiamavano il giocattolaio.
Lo chiamavano così perché rapiva i bambini, attirandoli a sé con dolci, giocattoli e musichette accattivanti.
Rapiva i bambini, e poi gli uccideva.
Bastò solo un secondo di distrazione, bastò perdere di vista la mia bambina che giocava nel box di sabbia per un solo secondo, e lui me la portò via.
Ero rimasto solo.
Non ero riuscito a fare neanche le poche cose che lei mi aveva chiesto di prometterle.
Ero riuscito a crescere da solo mia figlia solo per sei miseri mesi, prima che lui me la portasse via.
Pagai i migliori investigatori del paese, vivevo nella centrale di polizia, le ricerche erano inesorabili.
E poi la trovarono.
La trovarono insieme a altri undici corpi inceneriti di bambini di altri, di vite rubate ad altri come me, che ormai erano morti dentro.
Mi chiusi in casa senza voler vedere nessuno.
Avevo perso tutto.
Dopo un mese e mezzo arrivò Adrienne, a sollevarmi dal mio abisso.
Piano piano ricominciai a vivere, o almeno ad esistere, lei usciva da una relazione disastrosa e io avevo perso tutto.
Decidemmo che avremmo sofferto insieme.
Ci sposammo e nacquero Joseph e Jakob, io impedivo a me stesso di pensare al passato.
Fino a quel giorno di quasi cinque anni fa in cui ci pensai.
E scrissi American Idiot, un successo mondiale.
L’ennesima prova che non riuscivo a ammettere con me stesso che lei, che loro non sarebbero tornate mai più”
Poso la penna sulla scrivania, chiudo il quaderno, mi asciugo gli occhi, e scendo di sotto per cenare.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Pensate un po’, riesco a sentire le vostre minacce di morte fin da qui!
Davvero, non odiatemi T.T anche se avete ogni motivo per farlo ç_ç
Va bene, ho dovuto far morire sia Andrea che W… per questa storia verranno sostituite dai due nuovi personaggi di Christian e Gloria, e verrà tutto incentrato sulla loro di storia.
Detto questo aspetto recensioni e giudizi, oltre ai pacchi bomba e alle minacce di morte :D
Sempre vostra,
Rage & Lol :3
P.s. Non ho usato una canzone dei Green Day come titolo del capitolo, ma “Zombie” dei Cranberries. 

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Capitolo 2
*** Dreaming, I've been only dreaming. ***


Dreaming, I’ve been only dreaming.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Ragazzi, mi dispiace sparecchiare?”
“Lascia mamma, faccio io”  dice Joey prendendo i piatti e mettendoli nel lavandino.
Jakob invece sta ancora finendo il suo gelato, ha la faccia tutta sporca di cioccolato, è molto buffo.
Io rimango seduto al mio posto fissando una pagina bianca. In cosa cavolo spero?! In una rivelazione divina?
Accartoccio il foglio e lo getto nel cestino, dove già ne riposano altri cento, anche Dio è contrario a me che scrivo un’altra canzone.
Adie mi carezza i capelli e scocca un bacio sulla mia fronte, in un dolce gesto materno.
“Non fare troppo tardi, Bill”
“Stai tranquilla, buonanotte”
“ ’notte”  dice Joey praticamente scappando in camera sua.
Maledetti quattordici anni e maledetti maschi in pubertà!
Jakob invece viene ad abbracciarmi, forse dovrei godermi di più la sua età.
“Jake?” gli chiedo mentre lui è ancora stretto a me “Ti va se domani io, tu e tuo fratello ci facciamo una partita a baseball?”
Jake sorride e annuisce energicamente, correndo anche lui in camera sua.
“Ma perché non parla?!” Adrienne alza le spalle.
“Forse non ha nulla da dire”
 
Un’ora dopo fuori piove a dirotto e io sono rimasto solo con due bottiglie di vino vuote, certo che Novembre fa proprio schifo. Anche qui in California a Novembre piove sempre, e poi è un mese dove non accade praticamente nulla, a parte il giorno del ringraziamento forse.
Prendo un’altra bottiglia dal frigo e mi verso un bicchiere di vino rosso, rimango a fissare il terzo cassetto dall’alto del mobile accanto al frigo per dieci minuti buoni.
Lo apro, e prendo la scatola con quelle piccole pillole rosse; i sonniferi.
Ne sono diventato dipendente dopo Insomniac.
Ne prendo due insieme a un’abbondante sorsata di vino.
I ricordi mi tornano in mente, ma il sonnifero li rende meno dolorosi, quasi sopportabili.
Barcollando come uno zombie vado verso l’unica stanza dove posso urlare senza che il mondo abbia paura, la mia camera insonorizzata.
Lì, insieme a tutte le mie chitarre, c’è anche il pianoforte che veniva da casa di W, una delle poche cose che mi rimane di lei, le altre le ho quasi tutte nascoste in soffitta, rievocare ricordi fa sempre più male.
Mi siedo al pianoforte, cercando di sfruttare la poca lucidità che mi rimane, poso le dita sui tasti immacolati e comincio a cantare l’unica canzone che da quattro anni a questa parte sono riuscito a scrivere.
 
“I text a postcard, sent to you 
Did it go through? 
Sending all my love to you. “

 
Le pareti si rimpiccioliscono, mi sento soffocare dalla stanza, e vorrei soltanto urlare e scappare via e andare di sotto e scolarmi altre dieci bottiglie di vino e un flacone intero di sonniferi.
 
“You are the moonlight of my life every night 
Giving all my love to you 
My beating heart belongs to you 
I walked for miles 'til I found you 
I'm here to honor you 
If I lose everything in the fire 
I'm sending all my love to you.”

 
Cerco con tutte le mie forze di non piangere, perché l’ho già fatto fin troppe volte.  
 
“With every breath that I am worth 
Here on Earth 
I'm sending all my love to you. 
So if you dare to second guess 
You can rest assured 
That all my love's for you “

 
La mente si annebbia, forse sono I sonniferi chef anno effetto, o forse è il mio corpo che ha definitivamente deciso di perdere le speranze.
 
“If I lose everything in the fire 
Did I ever make it through?...”
 
Alle mie spalle, sento un sospiro.
Mi giro staccando le mani dal pianoforte,  Adrienne è poggiata allo stipite della porta e mi guarda con un sorriso quasi…triste.
“E’ una bella canzone, Billie, ma è sempre la stessa da anni”
Apro la bocca, cercando qualcosa di sensato da dire, ma tutto ciò che mi esce sono dei rantoli sommessi e lacrime, le lacrime che trattengo da troppo tempo.
Adie si avvicina e mi abbraccia forte, lasciando che io pianga sulla sua spalla.
“Andiamo a letto, Bill”
 
ANGOLO AUTRICE
Capitolo introspettivo su Billie, spero che vi piaccia, e grazie mille delle recensioni\minacce di morte sul capitolo precedente :D



 

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Capitolo 3
*** ¡Viva la Gloria! ***


¡Viva la Gloria!
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Continuano gli atti di vandalismo ai danni della casa farmaceutica ‘East J.’, nell’ultimo mese triplicate da parte di una banda di giovani con il viso coperto da maschere antigas che si firmano con uno slogan singolare” gracchia la presentatrice della televisione, inquadrando il muro di una fabbrica dove, scritto con una vernice rossa inquietantemente simile a sangue, spiccano le parole “ ¡Viva la Gloria!”
L’inquadratura scorre per tutto il muro della casa farmaceutica, mostrando una serie di disegni bellissimi e inquietanti: c’è il viso di una ragazza di profilo, con una pistola stretta in mano; c’è un bambino seduto a gambe incrociate davanti ad una televisione dalla quale fuoriesce una mano tesa verso di lui, ci sono un ragazzo ed una ragazza in piedi uno davanti all’altra, anche loro hanno indosso una maschera antigas, lui dietro la schiena ha un mazzo di fiori, lei una mannaia sporca di sangue.
 
“Era ora che qualcuno di ribellasse a quello schifo! Sono anni che quei bastardi scaricano rifiuti in mare senza che nessuno glielo impedisca!”
“Dai, Bill, spegni quell’affare  e vieni ad aiutarmi con l’albero!”
Spengo la tv e vado da Adie, in equilibrio sulla scala per cercare di mettere il puntale sull’albero di natale, sorrido e le faccio segno di scendere , per quanto io sia basso almeno sulla scala ci arrivo alla punta dell’albero.
Prendo in braccio Jake e lascio che sia lui a infilare il puntale sull’albero, poi appendiamo le altre decorazioni tutti insieme, come una vera famiglia.
È il tre dicembre ma c’è già aria di Natale.
Metto su’ un po’ di musica con il giradischi, qualcosa di Elvis, Adie mi si avvicina ballando e la faccio roteare, dandole un bacio durante il casqué.
“Bleah!” mugugna Joey uscendo di casa.
“Ma che gli prende?”
“Travis è malato e devono trovare un sostituto in tempo per il ballo d’inverno, se no non possono suonarci”
“Perché non me l’ha detto?” Adie alza le spalle, tornando concentrata sull’albero.
Esco di casa senza cappotto, venendo investito da un’ondata di freddo, e inseguo Joey verso il garage.
“Joey” lui si volta, guardandomi perplesso.
“Che c’è?”
“Perché non mi hai detto delle audizioni?Posso darti una mano…” Joey sembra sorpreso “…sempre se ti va”
Joey ci pensa un secondo, poi sorride leggermente e annuisce.
“Va bene, vieni, ma non metterti a fare la superstar!”
“Uffa! Va bene, parola di boy scout”.
Andiamo a sederci in garage, dove solitamente prova il gruppo di Joey, infatti Max e Cole Baker sono già lì.
Mi siedo accanto a lui, salutandoli tutti, è il primo ragazzino si presenta per l’audizione.
Ha i capelli rossi e due enormi occhiali tondi, si presenta con una canzone dei Doors, ma a quest’ora molto probabilmente Jim Morrison si sta rivoltando nella tomba perché non ha NESSUN talento nella musica.
Dopo la settima audizione andata incredibilmente anche peggio della prima, Joey comincia a prendere a testate la sua batteria, mentre io ridacchio.
Dopo un po’ comincio a pensare che potrei proporre a Joey di suonare io insieme a lui, ma non me lo lascerebbe mai fare.
“Manca Gloria” dice Cole guardando Joey e facendogli l’occhiolino, lui diventa subito color porpora.
“Chi è Gloria?” chiedo incuriosito.
“Una che quando eravamo più piccoli ha organizzato un concerto clandestino in mensa”
“Forte!”
“E Joey ha una cotta storica per lei da anni”
“Sta zitto, Baker!”
“E bravo Joey!”
Mio figlio si nasconde dietro i piatti e io rido, per noi due l’argomento ragazze era ancora tabù in casa.
“Beh, intanto che aspettiamo questa misteriosa ragazza ritardataria, io vado a ritirare la posta, ragazzi voi prendete pure da bere da quel frigo laggiù”
Max e Cole si lanciano sul mini frigo e io esco dal Garage, stranamente né Cleo né Rocky sono nei paraggi, quindi percorro il vialetto di mattoni in santa pace.
Qualche minuto dopo invece Rocky mi trova e comincia ad abbaiare, prendendomi per i pantaloni, mentre cerca di portarmi verso il cancello.
“Rock? Ma che ti prende?! Si, ci sto già andando verso il cancello!”
Poi, non appena mi avvicino, capisco perché Rocky aveva avuto quella reazione.
Poggiata al cancello, contro il muretto di mattoni, c’è una ragazza.
Mi avvicino lentamente, perché ormai ci sono abituato alla gente che si apposta davanti a casa mia, e ogni volta mi da’ un fastidio assurdo, perché quando lo chiedono io rilascio tutte le interviste del mondo, ma almeno a casa mia vorrei stare tranquillo!
Lei indossa un giubbotto di lana grigio scuro abbastanza lungo, dei jeans blu scuro, una maglia a mezzemaniche bianca su di una a maniche lunghe marrone.
Ha i capelli neri, a caschetto, lunghi poco sopra le spalle con un paio di ciocche azzurre e sta masticando una chewingum molto rumorosamente.
“Hey tu!”
La ragazza si gira, aprendosi in un bel sorriso, ha anche un piercing al naso, un piccolo cerchietto d’argento.
“Ehilà, allora c’è qualcuno di vivo in questa casa! Le uniche due forme di vita che ho incontrato erano cani, ho chiesto al Bulldog di sedersi ma lui è scappato via, non è molto ubbidiente”
Rimango glaciale.
“Ubbidisce al padrone” rispondo secco.
Lei alza lo sguardo verso la casa e fischia, forse guardandone le dimensioni, poi ritorna con gli occhi su di me.
Sono chiari, forse grigi.
“Il cane bianco e nero invece è adorabile, gli ho detto di cercare i padroni ed è subito corso via abbaiando, ad un certo punto pensavo di aver sbagliato casa”
“Strano, di solito Rocky non si fida degli sconosciuti”
“Magari io gli sto simpatica”
La ragazza mi fa l’occhiolino, poi poggia le mani, coperte da guanti senza dita beige, sul cancelletto.
“Allora, mi apri o devo rimanere qui a congelare tutta la sera? Ho preso tre autobus per arrivare qui”
Alzo gli occhi al cielo e sbotto, forse ho bevuto troppo.
“Senti un po’ carina, lo so già cosa stai per dire: sei il mio idolo, mi hai cambiato la vita, ho sognato ogni notte in camera mia di essere io Whatsername! E solitamente sono molto disponibile per queste cose ma oggi ho da fare quindi…”
“No, aspetta, credo che tu non abbia…”
“Quindi adesso ti faccio un autografo…” prendo un pezzo di carta dalla tasca e lo firmo, quasi lanciandoglielo in mano “…e tu vai via, okay? Tieni, ti ridò anche i soldi dell’autobus, mi dispiace tanto per l’antipatia ma oggi ho proprio troppo da fare per essere l’idolo di qualc…”
“Gloria! Ce l’hai fatta!” urla Joey dall’altro lato del giardino, mentre Rocky trascina anche lui.
“Ciao, J, Almeno tu mi apri il cancello?”
Joey preme il pulsante e lascia che la ragazza, a quanto pare Gloria, entri.
Lei mi fa un sorriso maligno, io sono ancora pietrificato, totalmente allibito dalla figura che ho appena fatto.
“Grazie del tuo tempo prezioso, signor Rockstar…” Gloria mi schiaccia il foglio autografato e le banconote contro il petto “…ora, se non ti dispiace “idolo”, ho un’audizione da vincere”
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Vi giuro che mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo, anche perché volevo trovare un modo per lasciare Billie stupito da Gloria, visto che all’inizio non gli starà molto simpatica xD
E ci ho messo anche gli Emily’s Army *-* Anche se ho fatto ammalare il povero Travis ahahah!
Alla prossima!
Rage & Lol :3
 
 

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Capitolo 4
*** Blue ***


Blue.
 
 
 
 
 
 
-B-
Rimango seduto nel garage in silenzio, rosso come un peperone, cercando di sparire dentro me stesso dopo la figura di merda che ho appena fatto.
Gloria saluta i ragazzi abbracciandoli, e forse l’unico ad essere più rosso di me è Joey, che non le stacca gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.
Gloria è alta, più di me di sicuro, ed è anche più grande di Joey di almeno quattro o cinque anni, da quanto vedo.
Mentre lei chiacchiera con Joey, Cole e Max vengono a sedersi accanto a me, sorridenti.
“Come vi siete conosciuti?” chiedo facendo l’indifferente.
“Lei si è diplomata l’anno scorso, e siccome era l’unica musicista decente in tutta la scuola l’hanno messa a fare un corso di musica pomeridiano l’anno dopo, era l’insegnante di Travis”
Bene, insegnante a quest’età, ma effettivamente anche Trè insegnava a sedici anni, non dovrei sorprendermi.
Quindi è anche diplomata, uno a zero per lei.
“Scusate il ritardo, ma il pullman da Berkeley ha fatto tardi”
“Vivi a Berkeley?”
“Più o meno, considerata l’assurda quantità di tempo che ci passo”
“Gloria ha vinto una borsa di studio per l’università di Berkeley, papà”
Bene, bella e anche intelligente, se è anche brava mi batte per tre a zero. Joey viene a sedersi accanto a me, mentre lei finisce di accordare una vecchia Stratocaster di un celeste qualche tonalità più chiaro di quello di Blue.
Su di un fianco troneggia la scritta argento brillanti nato: “Silver”.
“Allora, cosa vi suono?” chiede lei con un sorriso felino, i ragazzi alzano le spalle e Gloria arriccia le labbra come se quella fosse proprio la risposta che desiderava ricevere.
“Okay questa è una canzone abbastanza nuova dei Cranberries, spero vi piaccia”
Gloria chiude gli occhi, poggiando quasi le labbra sul microfono, le dita cominciano a scorrere sulle corde e lei comincia a suonare magnificamente, un riff totalmente improvvisato ma che sembra essere stato costruito apposta per quella canzone, e senza neanche guardare la chitarra nemmeno per un secondo.
Ha una bella voce, in un certo senso mi ricorda quella di Janice Joplin.
I Cranberries li conosco, sono bravi, e se non sbaglio questa canzone si chiama “Zombie”.
 
“And the violence caused such silence,
Who are we mistaken?
But you see, it’s not me, it’s not my family…”
 
Questa qui è una canzone di denuncia, e lei la sta cantando vivendoci dentro, i tempi in cui anche io denunciavo ciò che non mi piaceva del mondo mi sembrano così lontani… così irraggiungibili.
Guardandola cantare e suonare, con le dita che scorrono quasi disperatamente sulle corde, comincio a pensare alla musica e a cosa è cambiato negli ultimi anni tra me e lei, forse sono io quello che è cambiato.
Gloria canta, gli occhi stretti come se quella per lei fosse più di una semplice canzone.
 
“In your head, in your head, they are fighting!
With their tanks and their bombs,
And their bombs, and their guns.
In your head, in your head they are crying!”
 
La mia testa, cosa sta accadendo nella mia testa? Sono forse diventato anche io uno zombie?
I ragazzi sono rapiti, stregati, e forse ho capito perché Joey ha una cotta per lei: Perché Gloria, per quanto odiosa, è fenomenale.
Suona l’ultimo accordo ed apre gli occhi, mostrando le iridi chiare, poi fa di nuovo quel sorriso felino, e accanto alla bocca spuntano due fossette molto pronunciate.
I ragazzi le saltano subito addosso.
“Cavolo, Gloria, sei anche meglio di quanto ricordassi!”
“Fantastica!”
“Fenomenale, fenomenale!”
“E tu cosa ne pensi, papà?” mi chiede Joey cogliendomi alla sprovvista. Mi sveglio dal mio coma vegetativo.
“eh? Oh, si, molto brava” Gloria non mi sembra convinta, arriccia ancora le labbra e piega leggermente il viso.
“Beh, forse per convincere la rockstar devo osare di più e venire a giocare nella casa del giocatore, Joey puoi seguirmi con la batteria?”
Joey scatta e lei gli sussurra qualcosa nell’orecchio, con un mezzo sorriso sulle labbra.
Joey annuisce energicamente e prende posto e prende in mano le bacchette, Gloria si prepara per un nuovo accordo e il suono esplode nella stanza.
Here we go again infatuation touches me….”
La riconosco immediatamente, Going to Pasalaqua, e mi ritrovo a sorridere perché la giornata in cui ho scritto questa canzone è stata una delle più belle che ho mai vissuto.
Would I last forever? You and I together, hand in hand we run away, far away”
D’improvviso mi ritorna la voglia di comporre musica, di suonare, di andare in tour o di andare da W e dirle che…
Mi blocco.
Che stai dicendo, Billie Joe? Sei definitivamente andato fuori di testa?
Lei è morta, è morta un sacco di tempo fa, e tu sei in rovina.
Gloria continua a suonare e cantare, ridendo e divertendosi da morire, e mi sembra di rivedermi a diciotto anni, ancora innamorato di quello che facevo.
La guardo, perché io questa ragazza non ho la più pallida idea di chi sia, non so dove vive, non so quando è nata, non so neanche il suo cognome eppure sta suonando una mia canzone con la stessa anima con sui l’avrei suonata io.
La canzone finisce e lei e Joey stanno ancora ridendo, applaudo forte e stavolta lei mi sembra soddisfatta.
“Beh, direi che a questo punto è inutile sentire chiunque altro?”
“Avevate dubbi, matricole?” scherza lei scompigliando i capelli ai Baker.
“Noi dobbiamo andare, Joey, ci vediamo dopo domani per le prove, ciao Gloria, salve Mister Armstrong!”
“Ciao ragazzi”
Rimaniamo in tre nel garage e ci guardiamo negli occhi, indecisi sul da farsi, fino a quando la porta non si spalanca e una voce rompe il silenzio.
“Chi è che stava suonando “Going to Pasalaqua” alla batteria senza il mio permesso?! Chi?! Chi?! Voglio saperlo!”
Trè irrompe con la sua solita delicatezza, mentre Mike, dietro di lui, si batte una mano sulla fronte rassegnato.
“Ciao, zio Trè” ridacchia Joey mostrando le bacchette, in segno colpevole.
“Oh, eri tu, giovane Skywalker, ne hai ancora da imparare per diventare un Jedi, ma sei sulla bona strada!”
“Ciao Trè, ciao Mike”
Mi alzo per raggiungerli e Mike mi abbraccia, è un po’ che non ci vediamo dopo il tour mondiale e gli altri sporadici avvenimenti dopo American idiot.
“Ringraziami, Bill, ho dovuto dargli cinquanta dollari per non farlo venire qui vestito da renna”
“Guastafeste!”
Gloria, che è ancora nella stanza, è praticamente pietrificata.
“Chi è quella?” mi sussurra Trè cercando di non farsi sentire.
“La nuova chitarrista del gruppo di Joey”
“Tu sei Trè Cool!” esplode lei all’improvviso, facendomi sobbalzare, poi si lancia su Trè.
“Mio Dio, tu sei una leggenda!”
Metto un finto broncio.
“Certo, lui è una leggenda e se io penso che vuoi chiedermi un autografo ti arrabbi”
“Senza offesa, Armstrong, ma lui è Trè Cool! È stato nominato uno dei migliori batteristi ancora in vita”
Trè mi guarda con il mento alto.
“Esatto, Billie, io sono Trè Cool! Impara a stare al posto tuo!”
“E tu!” urla poi lanciandosi contro Mike “Sei uno dei pochi bassisti al mondo a potersi vantare del fatto che nella tua musica il basso si sente, e senza non sarebbe la stessa cosa!”
“In poche parole tutti bravi, tranne io”
Gloria alza gli occhi al cielo e mi fa una linguaccia, e in quel momento ho voglia di cacciarla a calci da casa mia.
Adie bussa alla porta e si affaccia, sorridendoci.
“Oh, siete tutti già qui, ragazzi. La cena è in tavola, Joey vuoi chiedere alla tua amica di restare per cena?”
Cerco di intervenire prima che sia troppo tardi: “Oh no, di certo lei avrà già qualcosa da far…”
“Rimango volentieri, Adrienne”
E Gloria, con il solito sorriso felino, segue il mio gruppo e la mia famiglia in casa mia.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Chiedo umilmente perdono per l’attesa ç_ç Purtroppo il mio computer se n’era andato ai pesci! Ma adesso sono tornata :D Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e alla prossima :DD
Aspetto recensioni numerose :D

Rage & Lol :3

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Capitolo 5
*** Tell me the story of your life. ***


Tell me the story of your life.
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Ne vuoi ancora un po’, Gloria?”
“Oh, si grazie! È davvero buonissimo!”
Gloria prende ancora un’abbondante cucchiaiata di purè e altri due pezzi d’arrosto, questa ragazza mangia quanto uno scaricatore di porto eppure probabilmente potrei sollevarla senza il minimo sforzo con un braccio solo.
Adrienne è molto strana, sembra soddisfatta che qualcuno faccia un sacco di complimenti alla sua cucina ma allo stesso tempo evita lo sguardo di Gloria da quando lei è entrata nella stanza e arrossisce a dismisura ogni volta che lei le rivolge la parola.
Forse Adrienne è a conoscenza della cotta di Joey, e mamma chioccia non è ancora pronta a vedere il suo passerotto spiccare il volo.
Io sto zitto da quando siamo tornati dal garage, rispondendo alle domande con qualche grugnito solo quando serve, intanto Trè, Mike e Gloria conversano animatamente su qualsiasi cosa, principalmente musica, sulla qualche Gloria sembra essere abbastanza ferrata.
“Quindi suoni la chitarra” mugugna Trè sputacchiando pezzi di verdure sulla tovaglia.
“A dire il vero suono un po’ di tutto, principalmente chitarra, basso, violino e me la cavo anche alla batteria, ma non ai livelli di Joey ovviamente”
Joey, sentendosi nominare, quasi si strozza con una carota, poi fa a Gloria un mezzo sorriso e beve un sorso d’acqua.
“Questo piccolo genio potrebbe insegnarmi tranquillamente e ha un bel po’ di anni in meno di me”
“Quanti anni hai, Gloria” chiede Adrienne fissando con molto interesse la salsiera.
“Ne ho compiuti diciotto la sera di Halloween”
“Sei nata ad Halloween?” ridacchia Mike, beccandosi un mio guardo omicida. Gloria alza le spalle.
“Così dicono, non è tanto diverso dagli altri trecentosessantaquattro giorni”
C’è un momento di silenzio, tutti stanno guardando Gloria, anche Jakob che, come sempre, non ha spiccicato parola per tutto il giorno.
Gloria finisce il suo piatto, poi guarda Jake, aprendosi in un sorriso dolce, almeno per i suoi standard.
“Tu quanti anni hai, piccoletto?”
“Lui ha…” comincia Joey, ma Gloria lo interrompe quasi subito.
“Hey, non fare il maleducato Joey, l’ho chiesto a Jakob”
Gloria gli sorride ancora, e Jakob sgrana gli occhi, infilandosi in bocca un cucchiaio di purè.
“Inutile perdere tempo, lui non…”
“Ne ho dieci”
Rimango per qualche secondo con la bocca spalancata, mentre Gloria continua a parlare tranquillamente con Jakob del più e del meno, e lui le risponde a ogni singola domanda, straordinario.
“Allora Gloria, Joey ha detto che studi all’università di Berkeley, che facoltà?”
“Psicologia”
Il viso di Adrienne si illumina all’improvviso, finalmente un discorso di cui può essere padrona.
“Oh, davvero?! Hai appena cominciato, suppongo, sei già a buon punto? Hai dato qualche esame? I professori come sono?”
Gloria ridacchia e calma Adrienne con un gesto della mano.
“Qualche esame l’ho già dato, ma solo perché sono abbastanza avanti con gli studi, con la borsa di studio ho cominciato qualche mese prima degli altri con un corso intensivo, è molto difficile anche perché tutti gli altri del corso sono delle specie di geni figli di papà che possono pagarsi anni all’estero, master e tutto il resto.
Io mi arrangio”
Le cose vanno avanti a lungo, e tutti adorano quella ragazza, mentre io in questo momento adoro soltanto la bottiglia di vino che ho davanti.
O meglio, le tre bottiglie.
Alla fine Gloria aiuta Adrienne a sparecchiare, insieme ai bambini, mentre io rimango solo con Mike e Trè a vedere la tv sul divano.
“Ma dove l’ha trovata Joey una così”
“Non lo so, ma dovunque sia spero che la riporti indietro il prima possibile”
“E dai, Bill! Non puoi prendertela perché non ti idolatra come tutte le altre nostre fan”
Gloria torna in soggiorno, ha addosso la giacca con cui l’ho incontrata solo poco prima, e guarda un vecchio orologio che porta al polso.
“Mmh, se mi sbrigo prendo l’autobus di mezzanotte, a piedi non è tanto lunga di lì”
“Non se ne parla!” sbottano contemporaneamente Joey e Adrienne.
“E’ molto tardi, cara. Chissà cosa può succederti a quest’ora in giro da sola, Bill ti accompagna volentieri. Vero, Billie?”
Solo qualche secondo dopo mi accorgo che sta parlando con me.
“Eh, si va bene”
Sospiro e mi metto la giacca, prendendo le chiavi della macchina e salutando Mike e Trè. Gloria mi segue sul vialetto senza dire nulla, si siede sul sedile del passeggero e allaccia la cintura, guardando fuori dal finestrino le luci che scorrono.
“Allora, dove devo portarti?”
“Hai presente il vecchio hotel Fiamma?”
“Si, ho capito”
“Ecco, lì vicino, il ventuno di di Guns Street”
Per evitare i silenzi imbarazzanti accendo la radio, non conosco la canzone che stanno trasmettendo ma Gloria arriccia il naso, cambiando di continuo stazione fino a quando non raggiunge una canzone che le piace.
Una nostra canzone, Jesus of Suburbia per la precisione.
Gloria muove la testa a ritmo e canticchia, mimando gli accordi con le dita.
“Devo concedertelo, Arsmstrong, questa è proprio una canzone coi contro cazzi”
“Dove hai imparato a suonare la chitarra?”
Gloria ridacchia e mi guarda.
“Avevo qualcosa come quattro anni, la casa famiglia dove vivevo aveva una piccola tv scassata che trasmetteva ancora in bianco e nero, e precisamente ha trasmesso una band Californiana e un loro concerto dove è cominciata una battaglia di fango. La loro era bella musica e rimasi colpita dal ragazzino biondo che suonava la chitarra in modo straordinario. Al mio quinto compleanno le suore hanno fatto una colletta e mi hanno comprato una vecchia chitarra scassata. Immagina, avevo le mani piccolissime e nemmeno riuscivo a fare gli accordi ma ero determinata, ho imitato le mosse di quel ragazzino per anni. Col primo lavoretto ho comprato Silver ed eccomi qua.”
Rimango sbigottito.
“Ma… pensavo che la mia musica non ti piacesse…”
“Non dovresti credere a tutto quello che la gente ti dice, Billie Joe”
All’improvviso, mi viene da ridere.
“Tu.. piccola maledetta…”
“Hey! Abbassa le mani e abbandona la battaglia, bello! “
Continuo a guidare e intanto Gloria rovista tra i cd che ci sono in macchina annuendo compiaciuta.
“Tutto molto punk, Armstrong”
“Sai com’è, dal frontman di una band Punk ci si aspetta che ami il punk”
“Ti senti ribelle, Billie Joe”
La guardo per un poi, lei aspetta ancora una risposta.
“Anche se fosse?”
Gloria volta lo sguardo verso il finestrino, perdendosi nelle luci notturne della città.
“Cosa nascondi?” mi chiede all’improvviso.
“Come?”
“Hai sempre lo guardo perso nel vuoto e eviti qualsiasi discorso si ricolleghi anche solo minimamente al tuo passato, cosa nascondi? Cerchi un posto dove nasconderti, forse? O qualcuno ti ha spezzato il cuore, hai perso il controllo, i tuoi pensieri hanno preso il sopravvento, la tua fede sta camminando sopra vetri rotti…qualsiasi cosa ma tu, cosa nascondi?”
Rimango in silenzio, incapace di parlare, incapace di rispondere, mentre lei ha ancora lo sguardo perso.
“Tu invece chi sei?”
“Mmh… vediamo. I miei erano due drogati assurdi, sono stata chiusa in casa famiglia dai servizi sociali molto piccola e lì mi hanno cresciuto le suore, a tredici anni ho cominciato a cantare nei bar per soldi, a sedici ho trovato un lavoro da una tatuatrice che si fa chiamare ‘Lady Cobra’ e ho suonato in qualche gruppo. Appena compiuti diciotto anni me ne sono andata e adesso vivo da sola, beh io e Christian”
“Il tuo ragazzo?”
“Amico, principalmente, che poi sia anche collega, amante e compagno è un’altra storia”
Annuisco, e la osservo bene.
“Credi in Dio?”
“Quando uno ha qualcosa da perdere, ha bisogno di credere in qualcosa”
In quel momento la canzone che la radio stava trasmettendo si blocca, mentre una donna comincia a parlare.
Si indaga ancora su chi possano essere i membri della banda che continua a imbrattare i muri della casa farmaceutica”
“Alza! Alza!” dice Gloria estasiata.
La banda “Viva la Gloria” così nominata per lo slogan che lasciano in ogni loro colpo, ha già distrutto molti dei camion di trasporto della casa, accusandola di scaricare rifiuti tossici in mare e di fare test sugli animali”
“Che forza! Parlando anche alla radio, pensavo che la tv fosse l’ultimo stadio!”
Le parole mi arrivano al cervello e ci metto un po’ a collegare lettere a azioni.
“Tu! Tu sei Gloria, quella Gloria! La Gloria della banda”
Se moi! Non avrai mica l’intenzione di denunciarmi alla polizia?!”
“Potrei farlo, ragazzina”
Gloria alza gli occhi al cielo e sospira, mettendo i piedi sul cruscotto.
“Lo sai ancora per cosa vale la pena lottare, Billie Joe?”
“Basta con le domande da corso di psicologia!”
“Beh, vuol dire che la mia borsa di studio non è andata sprecata, no? Fermati qui”
Gloria scende dalla macchina, poi si affaccia al mio finestrino, facendomi la linguaccia.
“E’ il momento di vivere e lasciar morire, Armstrong! La musica ha ancora bisogno di qualcuno che la prenda a calci in culo come hai fatto con American Idiot,”
“E’ passato tanto tempo, non credo mi daranno un’altra possibilità in questa generazione”
“Beh, se non te la danno allora createla da solo, no? Buonanotte, rockstar”
“Notte…”
Poi, così come è arrivata, Gloria sparisce in un baleno oltre un vecchio cancello in ferro battuto, io guardo il cartello che indica il nome della via, e per la prima volta dopo quasi cinque anni, ho di nuovo un’idea.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Tadaaaaaaaaaaaaaaa finalmente un po’ del passato della nostra Gloria, insieme alla prima volta in cui viene nominato Christian :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che almeno a questo lasciate qualche recensione LL
Rage & Lol :3
 

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Capitolo 6
*** Do you know what's worth fighting for? ***


Do you know what’s worth fighting for?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
 
Tornando a casa, nella mia macchina, con le luci  notturne della città che mi sfrecciano accanto, ripenso a tutto quello che mi ha detto Gloria.
Per le prima volta dopo diciannove anni ho finalmente il parere di qualcuno che non ha niente da perdere.
Parcheggio l’auto nel vialetto e per qualche secondo rimango seduto lì, con la fronte poggiata contro il volante a pensare.
Penso ai miei fantasmi del passato, penso alle necessità del mio presente, penso alle paure del mio futuro.
È come se io fossi lontano un milione di anni luce da tutto ciò che mi circonda, come se fossi rinchiuso da solo in un bunker nel bel mezzo del deserto, e mi mancano tutti perché sono tutti irraggiungibili!
Mi mancano Mike e Trè, mi mancano Adrienne e i ragazzi, mi manca la mia famiglia, mi mancano i vecchi amici del Gillman che mi hanno cacciati a calci in culo dopo l’aver scelto di firmare per una major… mi manca W… e mi manca la figlia che non ho potuto crescere o conoscere.
Ma dopo aver parlato con Gloria, dopo che quell’odiosa ragazzina mi ha aperto gli occhi, per la prima volta dopo diciannove anni mi sento di nuovo vivo.
Mi sento di nuovo capace di fare qualcosa, di dire qualcosa.
Esco dalla macchina sbattendomi la portiera alle spalle, è quasi l’una di notte, Mike e Trè devono essere già andati via, le loro auto non ci sono, ed entro in casa.
Le luci sono spente, Adie e i ragazzi devono essere a letto, ma io so che non riuscirei a dormire, perché quell’idea non riesce ad uscirmi dalla testa.
In un impeto di furore prendo Blue quasi scardinando la teca dove l’ho riposta, perché non posso comporre una cosa del genere senza di lei, corro nella stanza insonorizzata e accendo tutti i microfoni, amplificatori, e strumenti di registrazione con una mano, poi mi infilo le cuffie e attacco Blue all’amplificatore.
Prendo una matita e scrivo sulla prima cosa che mi capita a tiro, un muro, sfogando tutti i sentimenti che mi soffocano e che sento montarmi dentro come una valanga.
Le parole vengono così, di getto, quasi brutali, anche se il ritmo nella mia mente risuona più come una marcia, una di quelle marce commemorative che fanno per i soldati morti in guerra.
E immagino tutti i militari, vestiti nel modo migliore, che alzano le loro armi in alto sparando i ventuno colpi che segnano la loro definitiva resa, il loro definitivo arrendersi alla morte che, ancora una volta, ha vinto su tutto.
E poi penso alla mia, di guerra interiore, che sto combattendo da troppo tempo e penso a quanto anche io ho voglia di sparare ventuno colpi di pistola e smetterla di lottare.
Lottare contro cosa? Lottare contro chi? Me lo ricordo ancora per cosa vale la pena lottare? Me lo ricordo ancora per cosa non vale la pena morire? E vale davvero la pena?
Gloria aveva ragione, e io sono il peggior nemico di me stesso.
Prendo tra le mani Blue e guardo le parole incise sul muro bianco, il rosso spicca così vivo, sembrano fiamme, e comincio a suonare, cantando l’inno di questo secolo disperato.
 
Do you know what’s worth fighting for?
When it’s not worth dying for?
Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating?”
 
Prendo un profondo respiro, e penso che le parole vanno bene, ma ho voglia di un sound diverso per la musica.
Prendo la chitarra classica e provo ad arrangiare qualche accordo, vedendo che si accosta benissimo all’idea che voglio dare, almeno per la prima strofa.
 
“Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide?
Did someone break your heart inside?”
 
Serve un modo forte, un modo secco e deviso per finire questa strofa, per mettere fine alla Guerra.
 
“You’re in ruins.”
 
I miei occhi si spalancano, lancio la chitarra sul divanetto, sono quasi le due di notte ma non mi importa, manca qualcosa, non può essere finita senza gli altri strumenti, prendo in mano il telefono e seleziono il tasto di chiamata multipla sui due numeri più chiamati della mia rubrica.
 
“…mhh… pronto?” risponde la voce di Mike assonnata.
“…chiunque cazzo sia a chiamare a quest’ora come minimo deve essere incinta, su punto di morte o deve aver visto risorgere Elvis davanti ai suoi occhi”
Ecco, questo è decisamente Trè.
“Trè?”
“Mike? Sei tu che hai chiamato?”
“No, la chiamata è di Billie Joe, Billie?”
“Dovete venire qui immediatamente”
“Che cosa? Billie non so cosa tu ti sia fumato ma nel mio universo sono le due di notte, e Trè Cool ha bisogno di almeno dieci ore di sonno per essere così bello”
“Cosa è successo, Bill?”
“Ho scritto una canzone”
Mike e Trè rimangono in silenzio per un momento poi, quasi simultaneamente, rispondono:
“arriviamo”.
 
“One, twenty-one guns
Lay down your arms
Give up the fight
One, twenty-one guns
Throw up your arms into the sky,
You and I…
 
When you’re at the end of the road
And you lost all sense of control
And your thoughts have taken their toll
When your mind breaks the spirit of your soul…
 
Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn’t pass
Nothing’s ever built to last
You’re in ruins….”
 
Mike e Trè, ancora in pigiama, sono corsi a casa mia non appena gli ho chiamati, e mentre  il resto di Oakland dorme noi ricominciamo.
 
“Did you try to live on your own?
When you burned down the house and home?
Did you stand too close to the fire?
Like a liar looking for forgiveness from a stone…
 
When it’s time to live and let die
And you can’t get another try
Something side this heart has died
You’re in ruins…
 
You and I….”
 
Ripeto per due volte le quattro note con cui ho cominciato e mi blocco, la canzone è finita, ho deposto le armi.
Mike e Trè mi fissano per qualche secondo, aspettando una spiegazione, ma effettivamente io una spiegazione non ce l’ho.
“Bill..”
“E’ venuta così, va bene? Non so cosa sia cambiato”
In effetti quel che è cambiato lo so, ed è una ragazza dai capelli neri.
“Quindi si ricomincia!” Trè batte le mani prima di aprirsi in un sonoro sbadiglio.
“A cosa pensavi?”
Effettivamente non lo so.
“Non saprei… ma credo che questo sia l’inizio di una storia…”
“Bene! Squadra che vince non si cambia, che storia?”
“Non ne ho idea”
“Almeno una mezza trama”
“Non lo so”
“Ma allora su cosa ci basiamo?”
“Sui personaggi”
“E sarebbero”
Guardo dritto davanti a me, e tutto mi sembra sensato.
“Una ragazza, Gloria”
 
ANGOLO DELL’AUTRICE!
Sappiate che se anche questo capitolo non riceve recensioni io smetto di punto in bianco la storia U_U si! Sono passata alle minacce! Ve lo meritate :P
Bene! 21th century breakdown sta prendendo forma! E la nostra Gloria è diventata la nuova musa ispiratrice di BJ! A presto :DD 

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Capitolo 7
*** Should I stay or should I go? ***


Should I stay or Should I go?
 
 
 
 
 
 
 
 
-Gloria-
 
L’hotel Fiamma doveva essere un posto bellissimo, prima del fallimento, qualche anno fa.
Ricordo che le ragazze più grandi, all’orfanotrofio, raccontavano di feste e balli principeschi organizzati nei saloni di specchi con candelabri di cristallo dell’hotel nell’era del suo massimo splendore.
Fin da bambina, per tutta la vita, non ho fatto altro che sognare quel posto, quel momento, quei candelabri di cristallo e il poter vivere tra il sole che riflette sugli specchi e illumina tutta la stanza.
E tecnicamente ci sono riuscita, o almeno in parte.
Non capisco proprio perché nessuno abbia mai scelto di rilevare questo posto e di ricostruirci sopra, forse la memoria di un passato così sfavillante rende difficile il confronto con qualcosa di nuovo.
Dovrei dire a Billie Joe di comprarlo, con tutti i soldi che ha potrebbe anche usarlo come camera degli ospiti.
Già, lo strano complessato Billie Joe con il blocco dello scrittore talmente visibile da sembrare scritto a caratteri cubitali sulla sua fronte, che sembrava odiarmi eppure mi ascoltava.
Mi piacciono le persone che mi ascoltano.
Mi guardo attorno per accertarmi che la via sia libera, almeno per stasera nessuno dei ragazzi sembra avere bisogno di un posto dove dormire, io e Christian saremo soli.
Sempre che lui torni.
Spingo il cancello di ferro battuto e scavalco il piccolo muretto di pietra ritrovandomi nel vecchio giardino abbandonato, con l’edera e le piante nella più totale anarchia che circondano le vecchie statue simil-greche.
Il vecchio portone di legno è aperto ma lo ignoro, stasera ho voglia della vista panoramica, se proprio devo affrontare ventisette piani di scale.
Faccio il giro largo perché l’aria della California in dicembre mi piace, il tempo fa quasi finta che faccia freddo.
Arrivata all’imbocco delle scale anti incendio mi sistemo la custodia di Silver sulle spalle e comincio a salire le scale una dopo l’altra, Oakland diventa sempre più piccola, la luna è sfavillante e per un momento comincio a credere che potrei tenere tutto in una sola mano.
Arrivata al paino giusto mi volto per guardare il mare, risplende del chiarore della luna ed è talmente giusto che sia così, se solo tutto il resto fosse calmo come lui sarebbe tutto più semplice…
Diamine, Gloria, non vorrai ritirarti dalla battaglia così presto? No, certo che no, sono io ad aver scatenato questa lotta, sono io a darle il nome e il volto, e sono io che devo finirla.
Anche a costo di pagare con la mia vita.
La finestra della mia stanza è aperta, la luce è spenta, questo vuol dire che Christian non c’è e se c’è dorme.
Scavalco il cornicione e mi lancio nella stanza, atterrando su vecchie coperte e qualche bottiglia di birra vuota.
Sospirando raccolgo la spazzatura che quei maledetti lasciano in giro e la butto, poi accendo la luce, oggi tocca agli inquilini del terzo piano del palazzo accanto, quelli del quinto stavano per accorgersi che qualcuno li rubava la corrente.
La stanza viene illuminata, e mi sento di nuovo come una di quelle attrici degli anni venti che alloggiano al grand hotel, anche se la mia suite si trova in un hotel abbandonato da quasi dieci anni.
Funziona tutto, lo giuro, certo rubiamo la corrente dal palazzo accanto e l’impianto idraulico l’hanno fatto dei ragazzini dell’orfanotrofio ma è tutto ancora come se questi dieci anni non fossero mai passati.
I divani di raso rosso, il lampadario dorato ed elaborato, i quadri di paesaggi primaverili e le grandi specchiere, anche l’angolo cottura funziona, anche se a tentoni.
Esco dal soggiorno per andare in camera da letto, anche questa vuota, sono ufficialmente sola, nel bagno della camera apro l’acqua della doccia e mi spoglio, lanciando sul letto i vestiti vecchi.
Sulla cassettiera, come se mi stesse fissando, la maschera antigas che usiamo per i colpi è tremendamente inquietante, la ignoro e vado in bagno.
Davanti allo specchio le mie dita tracciano il profilo dei miei fianchi, e quelle lentiggini che mi coprono leggermente le guance sembrano intonate ai nei che mi solcano la pelle.
Mi lascio andare sotto il getto dell’acqua e un po’ di henné nero scivola nello scarico, non sono mai stata brava con le tinte, ma i capelli neri sono poco riconoscibili dalla polizia.
Tiro la testa indietro ritrovano un senso di pace con l’acqua sempre più bollente che cadendo forma piccole nuvolette di fumo accarezzandomi la pelle.
Sento il rumore della porta che si apre e poi si richiude, è tornato.
Esco dalla doccia avvolgendomi in un asciugamano ed esco anche dal bagno, ritrovandomi faccia a faccia con un Christian stravolto.
“Chris… che è successo?”
Lui fa una mezza smorfia, poi indica il soggiorno.
“Ho dovuto rubacchiarlo, l’albero di natale”
Alzo gli occhi al cielo e gli do’ un colpetto, l’albero è addirittura già addobbato e nel nostro “salotto” ci sta bene in effetti.
Torno in camera e indosso slip e t-shirt, una sua t-shirt che a me va estremamente lunga e larga, nel mio metro e settanta e qualcosa non competo minimamente con il metro e novanta di Christian.
Lui i capelli neri li ha al naturale, e gli stanno molto meglio che a me, anche se da rossa facevo ridere anche di più.
Christian si sfila la maglietta e i pantaloni, indossandone un vecchio paio di una tuta, ma rimanendo comunque a torso nudo, eppure io provo un freddo allucinante.
“Il riscaldamento non funziona, vado a controllare”
Vorrei dirgli di non andare e rimanere, perché fa sempre più freddo e i rumori della città sono troppo forti e mi tolgono il sonno.
E non voglio che Christian soffra, perché lui soffre troppo spesso.
Christian torna poco dopo e già sembra che faccia più caldo, gli sorrido.
“Dove sei stata oggi?”
“Con gli Emily’s army, suonano al ballo della nostra vecchia scuola, almeno sono soldi “
“Le lezioni come vanno?”
“Università molto bene, quelle che do’ al liceo anche meglio”
“All’Inferno si stanno organizzando per una prossima data”
“Di già?!”
“Non puoi non mettere fretta alla rivoluzione”  
Sospiro e mi getto sul letto, coprendomi con il piumone, Christian si stende accanto a me.
Non vicino, accanto.
Perché lui ha la sua parte e io la mia, com’è sempre stato.
Lo sento stringersi in se stesso e tremare, e vorrei tanto chiedergli di cosa ha paura, ma forse lo so anche io.
“Buonanotte, Gloria”
“Buonanotte, Christian”
Le luci della città sembrano spegnersi, mentre i rumori nella mia testa aumentano, aumentano e aumentano a dismisura.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Siete stati così bravi con le recensioni (minacce) che ho pubblicato due capitoli oggi :D Questo è il primo capitolo scritto dal punto di vista di Gloria che ci mostra il modo e il posto in cui vive, con CHI vive e in che modo è strutturata la loro “relazione” che poi non è per niente tale… al momento :P Si mostra il lato battagliero di Gloria, quello di una ragazza decisa e potente, una che legge libri romantici solo per poterne poi parlare male! E poi il suo lato fragile, quello che prova qualcosa per Christian… Spero vi sia pisciuto, fatemelo sapere al più presto J

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Capitolo 8
*** It's just a spark, but it's enough. ***


It’s just a spark, but it’s enough.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
 
Con l’avvicinarsi del Natale anche la California aveva deciso di dedicarsi ad un vero e proprio inverno, alternando giornate di gelo intenso a qualche sporadica schiarita che faceva ricordare a tutti noi che vivevamo ancora nella terra del sole perenne.
Il vialetto di casa Armstrong era coperto di sale, anche se si notava che i lati erano ancora ghiacciati, ma fortunatamente i miei anfibi, sebbene riparati in più punti dal nastro isolante, mi proteggevano da eventuali scivoloni e dal freddo penetrante.
Gli autobus non passavano oggi, quindi avevo dovuto fare mezza Oakland a piedi rannicchiata nel mio giubbotto con due sciarpe e un vecchio cappello di lana rosso a ripararmi i capelli.
Passando davanti la stazione di polizia mi era quasi sembrato che qualche agente avesse preso a fissarmi intensamente, ma probabilmente era dovuto alle calze e i pantaloncini corti, oppure erano solo scherzi che mi faceva la mia mente deviata.
Non potevano avermi riconosciuto, era impossibile.
Cambiavo colore di capelli dopo ogni colpo e il nero era praticamente troppo banale per essere riconosciuto.
Il mio colore naturale di capelli un po’ mi manca, ma sono cose alla quale bisogna rinunciare per una rivoluzione come si deve.
Oggi i capelli li ho lasciati sciolti, mi piace quando mi ricadono ad onde sul cappotto da sotto il cappello, fa tanto effetto Biancaneve.
Anche perché ultimamente sono cresciuti parecchia, adesso sono già arrivati alle spalle, rispetto al caschetto che avevo poco prima.
Suono il pulsante accanto al cancello nero, rimettendo subito le mani in tasca, ho decisamente bisogno di un nuovo paio di guanti, magari questa volta senza buchi.
La faccia di Billie Joe sbuca dalla finestra, dopo che questo ha scostato una tenda bianca, e stranamente mi sorride.
Forse il natale rende davvero le persone più buone, se Billie Joe comincia a sorridermi.
Lo saluto con un gesto della mano e il cancello si apre, mi precipito su per il vialetto seguita a ruota dal cane bianco e nero, Rocky se non sbaglio, e Billie mi apre la porta.
Mi fiondo subito dentro casa al caldo, esalando un sospiro di sollievo al contatto con l’aria riscaldata della casa.
“Cazzo, fuori sembra di essere in Siberia!”
“In tv dicono che è la perturbazione peggiore da dodici anni a questa parte” dice lui alzando le spalle, poi mi aiuta a sfilare la giacca e la appende a un attaccapanni insieme al cappello e la sciarpa.
“Clash?” chiede guardando la mia t-shirt.
“Ovviamente”
“Ottimi gusti, ragazzina”
“Grazie, vecchietto”
Billie ridacchia e io mi guardo intorno, non c’è praticamente nessuno.
“Dov’è Joey?”
“E’ andato a comprare i regali di Natale con Adie e Jake, ogni anno li faccio promettere di non comprarmi nulla per Natale e loro puntualmente vanno insieme al centro commerciale a comprarmi qualcosa”
“E’ un classico”
“E a te? Piace il Natale?”
“Mi chiedi se sono una specie di Grinch? Beh no, il Natale non mi dispiace, anche perché quando eravamo nella casa famiglia era l’unico giorno in cui ci regalavano qualcosa, oltre il compleanno ovviamente, anche se erano giocattoli da quattro soldi era fantastico. Lì condividevamo tutti tutto, quindi per venti bambini il giorni di Natale significava venti giocattoli nuovi da poter usare, e per venti adolescenti erano duecento dollari da spendere per divertirsi”
Faccio un mezzo sorriso, perché mi piace ricordare quei momenti, non sono mai stata una di quelle che vive di autocommiserazione perché la sua infanzia non è stata piena di denaro, bei vestiti e cenoni sostanziosi, la mia vita non è mai stata una merda semplicemente perché io mi impegnavo affinché non fosse tale.
Billie Joe sorride di rimando, accennando al divano leopardato, ci sediamo entrambi e il camino mi riscalda i piedi.
“A casa mia il giorno di Natale, dopo la morte di mio padre, era praticamente l’unico giorno che passavamo tutti insieme, mamma lavorava un sacco e i miei fratelli idem, io chissà perché ero quello sfaccendato e ossessionato dalla musica”
“beh, non mi sembra ti abbia mai portato male. Lo portavi tu Gesù bambino in processione?”
Billie ride e io faccio lo stesso, sfilandomi le scarpe per dare tregua anche ai calzini congelati.
“Non sono mai stato molto credente”
 
-B-
 
“Strano” risponde Gloria sedendosi sulla moquette, con i piedi puntati al camino e le mani che quasi tracciano il contorno delle fiamme scoppiettanti.
“Perché? Ho la faccia da cherubino?”
Gloria alza le spalle, avvicinandosi ancora di più al camino, quasi ipnotizzata dalle fiamme.
“No, solo che in American Idiot…insomma le tue canzoni sembrano così…”
“Così come?”
“…preghiere, ma preghiere cattive e pretenziose, come se fossero fatte per qualcosa che sai già di non poter avere”
Rimango in silenzio, Gloria ha capito proprio tutto, e penso a 21 guns e a quanto invece questa sembri una preghiera molto più spirituale, molto più intima e disperata.
“Ho smesso di credere in Dio quando mi ha levato tutto”
Chiunque altro mi avrebbe detto che sono un ipocrita, che sono ricco e ho una famiglia e il lavoro che sognavo quindi non dovrei dire questo, ma Gloria si limita ad annuire, senza chiedere ulteriori spiegazioni.
“Io non lo so se Dio esiste, ma sono convinta che se proprio esiste non sia una persona con una lunga barba bianca come si vede nei cartoni, più che altro è un…. Motivo”
“Un motivo?”
“Si, nel senso che lo so che noi siamo qui grazie al Big Bang e all’evoluzione e tutto il resto, ma pensaci bene, la teoria del Big Bang si basa sul fatto che prima di tutto questo c’era il nulla e ad un certo punto della storia il nulla è esploso ed è diventato tutto. È difficile da credere tanto quanto un serpente parlante che vuole far mangiare una mela magica a due uomini nudi coperti da foglie di fico”
Rido, ma effettivamente il ragionamento di Gloria non ha tutti i torti.
“Insomma, chi l’ha causata questa mega esplosione? Chi ha deciso che un giorno il mondo doveva svegliarsi ed esistere? Come è possibile che un ammasso di roccia riuscisse a collocarsi nella posizione perfettamente distante dal sole da rendere la vita possibile? Credo che la religione nasca da questo, dalle domande alla quale dare una risposta fa troppa paura, e quindi si vuole dare il merito a qualcun altro. Ma un motivo deve esserci, ne sono convinta.”
“E fanculo gli scienziati?”
“Pensa all’amore, è l’esempio più calzante. Insomma magari la scienza può spiegarti perché siamo fisicamente attratti da una persona, perché sentiamo la necessità di accoppiarci eccetera. Ma perché proprio quella persona? Perché proprio quella persona tra i sette miliardi che vivono nel mondo è quella che vogliamo? Se lo scopo fosse solo la riproduzione basterebbe una a caso. E perché andiamo sempre a sceglierci quella persona che in un modo o nell’altro ci farà del male”
Gloria si rannicchia, le ginocchia vicine al petto, ma ha ancora quello sguardo fiero di chi sa di cosa sta parlando.
“E pensa all’odio…” il suo tono di voce si affievolisce, i suoi occhi riflettono le fiamme “senza di esso non si potrebbe percepire… l’amore.”
La porta di casa si spalanca e Adie e i ragazzi entrano ridendo pieni di bustoni.
“Oh, ciao Gloria! Sei in anticipo”
“Si, lo so, ho fatto una passeggiata e sono arrivata prima del previsto”
Adrienne guarda gli anfibi lasciati accanto al fuoco e ridacchia.
“Umido?”
“Da morire”
“Ti presto un paio di mie ciabatte”
“Sarebbe davvero fantastico”
Gloria e Jake intanto, dopo che lei ha preso le ciabatte, vanno in garage a provare e io e Adrienne li seguiamo, oggi sono solo loro due perché i Baker sono fuori città.
Joey passa a Gloria lo spartito della prima canzone interamente scritta dagli Emily’s Army, “Rain”, e lei sorride.
“E’ buona! È molto buona, Joey!”
Insieme provano gli assolo e lei è fenomenale, riesce a far risaltare la parte di ogni strumento senza strafare.
Più la guardo, più penso che quello che sto per chiederle non sia assolutamente fuori di testa, che magari potrebbe starci, o magari no.
Forse troverà 21 Guns orribile e non vorrà aiutarmi, forse capirà.
Ma effettivamente sono pochi quelli che capiscono, basti pensare che nessuno ha ancora capito che dietro Whatsername si nasconde una persona che  ha fatto sempre parte della mia vita e un enorme rimpianto, lo stesso rimpianto che si rispecchia in tutte le altre canzoni dopo la sua morte.
Non lo so se questa canzone l’ho scritta per W, forse l’ho scritta per me, e per come mi sento perso ancora dopo tutto questo tempo, e forse il suo fantasma non mi lascerà mai ma a me va bene così.
È una linea che voglio portare avanti.
È una preghiera che voglio finire di recitare.
Non voglio più sentirmi in rovina.
Joey va ad aiutare Adrienne a preparare la cena, mentre Gloria rimette Silver nella custodia e si sistema i capelli in una coda di cavallo.
“Hem…Gloria?”
“Si?”
Lei si gira a guardarmi, e quasi mi scordo tutto il discorso che mi ero preparato.
“Hem… devo chiederti un favore… o un lavoro… dipende da come lo intendi”
“Non vado a letto coi padri dei miei amici, Armstrong”
“Cosa?! No, no certo che no”
“Era un test, continua pure”
“Io… ho bisogno di una consulenza, musicale intendo”
Gloria si risiede su di uno sgabello, braccia e gambe incrociate e uno sguardo vigile.
“Ti ascolto”
“E’ per il nuovo disco, stavamo pensando di riproporre una rock opera, qualcosa di più… spirituale, quasi. E…”
“E…?”
“E tu sei uno dei personaggi, insomma, Gloria”
Lei sgrana gli occhi incredula.
“Non puoi usare il mio nome in una canzone! La polizia mi ricerca abbastanza già così come sto!”
“Esatto! La banda che porta il tuo nome sarebbe un espediente fantastico per non far capire che quella di cui si parla è una persona vera e non solo un nome che simboleggia forza!”
“Molto carino ma no, mi dispiace, troppo rischioso”
Gloria prende la custodia e comincia a incamminarsi fuori dal garage.
“Gloria, aspetta! Ti prego”
Lei si ferma e si volta per osservarmi.
“Ti prego, non scrivevo nulla da quasi quattro anni”
Lei sospira e continua ad osservarmi.
“Ascolta la canzone che ho scritto, almeno, dammi una sola possibilità e poi potrai decidere.
Gloria sospira e annuisce.
“E va bene, una sola però”
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Tadaaaaaaaaaaa nuovo capitolo tutto per voi :D recensioni pliz ^^

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Capitolo 9
*** Last Hope. ***


Last Hope.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
 
Questo non era nei piani.
No, il patto era che avrei dovuto suonare con i ragazzini al ballo, mi avrebbero pagata e poi sarei tornata con il cervello alla mia rivolta e la mia università.
No, questo non era assolutamente nei piani.
Non potevano chiedermi di punto in bianco di aiutare una rockstar con il blocco dello scrittore che voleva mettere la mia bella faccia sulla copertina di un cd.
E poi, il diciassette dicembre, a soli tre giorni dal ballo, l’unica cosa a cui avrei dovuto pensare era proprio imparare i brani da suonare e riuscire a essere coordinata con tre quattordicenni.
Eppure, incredibile ma vero, mi ritrovo alle prime luci dell’alba in una sala registrazione ad aspettare quei tre bifolchi dei Green Day.
Che poi che cazzo di ora è questa per registrare? Come se una persona normale avesse voglia di sentire musica alle cinque di mattina.
Se Christian fosse stato in casa, si sarebbe arrabbiato parecchio.
Ma lui non c’era.
Non torna a casa da tre giorni.
Probabilmente è con gli altri della banda, mi dico tra me e me, devono organizzare il prossimo colpo e adesso che io sono “in ferie” è tutto più lungo.
Non sono mai stata modesta, e lo ammetto senza mezze misure, perché secondo me se uno è bravo in qualcosa è quasi un insulto non ammetterlo.
Insomma, pensate che Mozart si facesse troppi problemi a dire che era bravo al piano? Oh che Neil Armstrong andasse in giro dicendo “ma si, insomma, camminare sulla luna è una passeggiata come un’altra!”?
Ecco, io sono un po’ il Mozart e il Neil Armstrong dell’organizzazione.
Se c’ero io di mezzo, un colpo non lo sbagliavamo mai, partendo dai furti nella mensa quando avevamo sette anni.
Ero quasi maniacale nella mia precisione.
Nell’ultimo avevo passato una settimana appostata davanti alla casa farmaceutica a segnare i turni dei guardiani di notte e il sistema d’allarme dell’edificio.
Una volta lì disegnare i graffiti sui muri nel mezzo tra un cambio di guardia e l’altro era stato un gioco da ragazzi.
Ancora più facile era stato disattivare l’allarme elettrico dei cancelli per forare le ruote ai camion, bastavano una calamita, del fil di ferro e qualcuno di buona volontà.
Un po’ quelli della banda mi invidiavano, erano sempre tutti terrorizzati prima di un colpo, mentre io sono sempre tranquilla.
“La quiete prima della tempesta”, forse perché ormai non ho nemmeno più niente da perdere.
Io son quella sicura, Christian no.
Lui non lo so cosa ha, eppure lo conosco da tutta la vita, sembra che si tenga un mostro dentro e ogni volta che fa qualcosa meritevole di lode questo mostro ricompaia a dirgli che non è degno di essere felice, quindi meglio tornare nell’oscurità.
Neanche so dove va quando sparisce per ore, giorni, anche settimane a volte.
Però torna sempre, forse perché io sono l’unica casa che gli è rimasta.
Negli ultimi mesi è anche peggio, credo che questa cosa lo stia assorbendo troppo, sembra più che altro una guerra invece che un pretesto ambientalista.
Ogni tanto lo sento piangere, di notte, non lo so perché, lui non me lo dice e io non mi azzardo a chiedere.
A volte è così anche quando lo facciamo, sono i momenti peggiori.
Eppure io non gli ho mai chiesto nulla.
Non ho mai preteso di essere la sua ragazza né mi interessa esserlo.
La gente vede una relazione come una prigione, noi due invece siamo soltanto Christian e Gloria, e la gente lo sa che è così, che è così e basta.
La porta dello studio si apre con uno scatto, Mike Dirnt entra sbadigliando e mi fissa abbastanza sconvolto.
“Come hai fatto ad entrare?”
“I sistemi di sicurezza delle finestre di questo posto fanno ridere i polli”
“Touchè, piccola ladruncola”
“Spero che Armstrong abbia un buon motivo per avermi fatto venire qui a quest’ora “
Mike sorride, appendendo la giacca ad un gancio attaccato alla parete.
“Credimi, ce l’ha”
Dieci minuti dopo arrivano anche Trè, ancora in pigiama, e Billie, che invece sembra non essere proprio andato a dormire.
È euforico, come se avesse bevuto un ettolitro di caffè, continua a battere le mani e a sfregarsele, spalancando i grandi occhi versi vero me e gli altri due membri della band.
Jason non c’è, è tipo in vacanza o qualcosa del genere.
“Allora, cominciamo? Vediamo di fare una bella figura, signori, abbiamo una ragazza da convincere”
“Se volevi una bella esibizione non mi buttavi giù dal letto alle cinque di mattina, Armstrong”
“Concordo con il signor Cool”
Trè mi strizza l’occhio, sistemandosi poi dietro la sua amata batteria, Mike testa i microfoni e qualche cavo e Billie prende in mano una chitarra acustica.
Se vuole dare il mio nome a questa cosa, la sua storia farebbe meglio a rispecchiarmi.
Billie comincia a suonare, pizzicando le corde come se da esse dipendesse la sua stessa vita, e mi piace, sembra quasi il suono di una sirena sentita a rallentatore, oppure il suono delle campane di una cattedrale da molto molto lontano.
 
“Do you know what’s worth fighting for?”
La prima frase mi lascia di sasso.
Lo sai ancora per cosa vale la pena combattere?”
No, forse non lo so più nemmeno io.
“Lo sai ancora per cosa non vale la pena morire?”
Certo che lo so, non vale la pena morire per chi non morirebbe per te.
“Ti toglie il fiato e ti senti soffocare?”
Le parole fanno male, ma è un effetto necessario, quasi un sermone per chi predica bene e razzola male.
qualcuno ha rotto il tuo cuore dall’interno? Sei in rovina”
Immediatamente penso a Christian, ma poi mi ricordo che Billie Joe nemmeno sa chi sia, quindi non può aver pensato a lui.
Mi ritrovo a pensare a chi si riferisca Billie Joe, perché di sicuro non è Adrienne, e la storia della punk di nome Amanda non me la bevo nemmeno tra cent’anni.
Cosa nasconde quel bambino troppo cresciuto dietro capelli troppo lunghi tinti di nero e due occhi verdi?
La canzone continua, ed è allo stesso tempo piacevole e cattiva, ma forse lo è solo per chi ha qualcosa di cui pentirsi.
“Abbassa le armi e abbandona la lotta”
Non posso, Billie Joe, perché il mio combattimento è appena cominciato.
La canzone finisce, e tutti e tre mi osservano, non ho mosso un muscolo né detto una parola per tutto il tempo.
Alla fine sospiro.
“E va bene, ci sto”
Euforia, in quel momento è euforia allo stato puro.
Una bottiglia di champagne viene aperta e, come tre ragazzini, loro cominciano già a farsi film sulle prossime canzoni e sui titoli e su come chiamare l’album, quindi io decido di accendere la tv, dove le immagini devastanti dell’uragano Katrina continuano a riempire ogni telegiornale d’America.
Sospiro ancora.
“Assistete, signori miei, alla decadenza del ventunesimo secolo”
Billie Joe sgrana gli occhi.
“Cosa hai detto?”
Io alzo le spalle.
“Ho detto assistete…”
Il volto di Billie Joe è solcato da un enorme, inquietante sorriso, gli è venuta un’idea.
“…la decadenza del ventunesimo secolo, Gloria sei un genio!”
“Ma cosa…io?”
“Cosa, Bill?”
“Non capite? Abbiamo un nome! 21th Century Brakedown!”
 
Angolo autrice!
Siete scomparsi? Fatevi sentire insomma :DD spero vi sia piaciuto, tra poco vacanze :D programmi per questo bianco (o verde, qualsivoglia) natale?

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Capitolo 10
*** Memory. ***


Memory.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
È il giorno del ballo, e credo di non aver mai visto Joey più nervoso di così.
Jakob invece è sempre più felice dell’avvicinarsi del natale e dell’odore di biscotti che si sente in continuazione per casa, da quando Gloria passa i pomeriggi da noi Adie sta dando sfogo a tutte le sue arti culinarie (dice che è perché Gloria è troppo magra per essere vera, ma a parer mio vuole solo fare bella figura) e in più ha tirato fuori tutti i suoi vecchi libri del college e non fanno altro che parlare di psicologia.
A quanto pare, qui a casa Armstrong Gloria è servita un po’ a tutti.
Finisco di fare a mio figlio il nodo della cravatta azzurra, perché lui non ci riusciva, e poi ridacchio.
“Stai calmo, andrai alla grande”
“Tu verrai, vero?”
“Pensavo non mi volessi al tuo ballo della scuola”
“Beh, tecnicamente no, ma per una volta non voglio mio padre a vedermi, voglio il membro dei Green Day proprietario dell’Adeline records che mi dia un parere e mi fermi nel bel mezzo dell’esibizione se sto facendo schifo”
“Impossibile, sei un Armstrong, ce l’hai nel DNA”
“Beh, ce ne sono un sacco di Armstrong! Potrei avere nel dna il fare l’astronauta, o il jazz o il ciclismo!”
“Frequentare troppo Gloria ti sta facendo male, figliolo”
“Stavate parlando di me?”
Ripete una voce squillante troppo familiare alle nostre spalle.
“Caspita, ragazzino, sei uno schianto!”
Joey diventa di un rosso cremisi e risponde con un mezzo grugnito e un’alzata di spalle.
Sorrido a Gloria ma poi, mi accorgo di com’è vestita.
Ha indosso i suoi vecchi jeans e una maglietta nera a righe bianche, niente di strano se solo stasera non dovessero andare ad un ballo e non in pizzeria.
I capelli sono legati in una coda di cavallo alta, il trucco si riduce alla semplice matita nera attorno agli occhi (come sempre) e non sembra aver portato con se nient’altro che Silver e se stessa.
“Hem… Gloria?”
Chiede Joey, quasi come se mi avesse letto nel pensiero.
“Si?”
“Hai bisogno del bagno per cambiarti?”
“Cambiarmi? No, perché?”
 
-G-
“No! Nooo io mi rifiuto! Questo non era da contratto” Billie Joe e Joey si sono messi in combutta contro di me, perché vogliono farmi mettere uno stupido vestito che io comunque non ho e anche se ce l’avessi non metterei!
Mi stanno trascinando in bagno tenendomi uno per un braccio e uno per l’altro mentre io lotto per divincolarmi, intanto Adie sta cercando se ha qualcosa che mi vada nel suo armadio.
“Non se ne parla!”
“Piantala, ragazzina, non è poi così tragico!”
“Non chiamarmi ragazzina!”
“Bill, non credo di avere vestiti che possano entrarle”
“Sei una stilista, no? Adattali!”
mi lasciando andare per un secondo e io mi metto in piedi, guardandoli con tutto l’odio di cui sono capace.
“Mi arrendo, ma scelgo io cosa mettere!”
Billie Joe sbuffa e allarga le braccia.
“Questa intera casa è a tua disposizione, usa anche le tende se ti va’”
Mi guardo intorno cercando ispirazione, sono sempre stata abituata a usare vestiti usati e riusati o a farmeli addirittura da sola, ma non sono mai stata legata a questo genere di cose.
Poi guardo di nuovo Billie Joe, e ho la rivelazione che cercavo.
“Forse non sarà necessario attentare alle tende!”
Billie alza un sopracciglio, visibilmente preoccupato.
“Togliti la camicia” gli ordino.
Billie mi guardo con la bocca aperta, abbastanza sconvolto, e Joey insieme a lui.
“Insomma vuoi che indossi un vestito si o no?”
Billie deglutisce ed esegue, sbottonandosi la camicia blu notte e porgendomela.
Fischio.
“Però, da vecchio ti mantieni in forma, rockstar!”
“Ho solo trentasei anni!”
“Adie? Puoi darmi una mano?”
urlo verso il salotto mentre mi chiudo in uno dei bagni.
 
-B-
 
Sono lì dentro da un’ora, i Backer sono già arrivati, anche loro vestiti di tutto punto, e la Limousine con le loro ragazze è parcheggiata nel vialetto.
Forse Joey è nervoso anche per questo, la sua ragazza al ballo è Gloria stessa.
Ho messo un’altra camicia, non mi andava di rimanere a torso nudo davanti a dei ragazzini.
Guardo Joey, lui continua a tormentare un bouquet da polso fatto di lavanda e orchidee da un bel po’.
Poi, la porta del bagno si apre, e sentiamo dei passi dirigersi verso le scale, sia io che Joey ci alziamo guardando in alto, proprio nel momento in cui Gloria appare.
Ed è bellissima.
Non so in quale modo, ma la mia camicia è diventata un vestito.
Il colletto è stato ripiegato verso l’interno e le spalle sono diventate la parte che circonda il sottile busto di Gloria, con tanto di scollo a cuore, le maniche invece sono state cucite sulla scollatura in parte, mentre l’altra metà (quella più grande) è stata allacciata attorno al suo collo.
Adrienne  le ha raccolto i capelli in uno chignon alto, con due riccioli che le ricadono sul viso, il nero dei capelli fa risaltare gli occhi chiari e la carnagione lattea, e anche le lentiggini che ha sulle guance.
Ha un rossetto di un rosso acceso, che fa sembrare le labbra a forma di cuore ancora più belle.
Sotto un paio di calze nere smagliate e i suoi inseparabili anfibi.
È sempre Gloria, anche se non è vestita come lei.
“Contento?” mi chiede lei con aria di sfida.
“Sei una visione”
Gloria sorride e arrossisce leggermente, forse era un commento fuori luogo, mentre Joey non le ha levato gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.
Senza dire una parola, le infila il bouquet al polso e lei prende la custodia di Silver, poi sfila una delle orchidee e se la incastra tra i capelli, il tocco finale che mancava.
Respiro piano, lanciandomi sulla poltrona, i ragazzi suoneranno tra un’ora quindi fino a quel momento lascerò che si godano la loro serata.
Mi mancano i balli del liceo.
O meglio, era sempre la solita festa odiosa piena di gente con la puzza sotto il naso, ma mi manca la compagnia che avevo lì.
Mi mancano Al e Sienna, mi manca anche Mary Jane forse.
E mi manca W, sempre più profondamente.
Mi manca aspettarla sotto le scale di casa, chiedermi che vestito indossasse, vederla talmente bella e talmente giovane, talmente viva…
Mi manca fare l’amore nella casetta sull’albero.
Mi manca la mia punk preferita.
Adrienne si siede accanto a me, prendendomi la mano tra le sue, poi mi guarda, e nei suoi occhi leggo un dispiacere che dura da quattordici anni.
Lo capisce sempre quando sto pensando a W, è una specie di sesto senso che ha raffinato in questi anni.
Il tempo passa così, con noi due seduti mano a mano che ci guardiamo.
Fino a quando l’orologio non segna che ormai sono le nove e mezza.
“Andiamo” dice Adie prendendo le nostre giacche “questa è la loro serata”.
 
ANGOLO AUTRICE.
Vi siete dimenticati di me?Eh, nemmeno una recensione piccina allo scorso capitolo ç_ç, confido in voi almeno per stavolta! Spero vi sia piaciuto :D

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Capitolo 11
*** Stay the night. ***


Stay the night.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Joey-
 
“Perché no?”
“E’ una regola ferrea di Joey, niente cover dei Green Day ai nostri concerti”
“Ma non ha davvero senso! Insomma, ci vivi! Chi meglio di te potrebbe farne una cover?”
Gloria è letteralmente impazzita, super esaltata per il nostro concerto.
Continua a voler aggiungere canzoni a caso, e cover, e assolo e vuole far cantare anche me che sono stonato come una campana.
Sembra l’opposto di mio padre prima di un concerto, considerato che solitamente a lui prendono le crisi isteriche.
“Gloria, se io suono una canzone dei Green Day, continueranno a mettermi a paragone con mio padre per sempre, e credimi, non è una situazione piacevole”
Gloria mi sorride, accidenti quanto è bella stasera, e mi posa una mano sulla spalla.
“Joey, quando Billie, Mike e Trè avevano la tua età, suonavano probabilmente come i bambini dello Zecchino D’Oro. Voi siete bravi, davvero! E io ne ho sentiti davvero tanti di gruppi, ve lo assicuro. Potreste fare cover di qualsiasi band senza sfigurare minimamente. Beh, certo, a parte i Doors, nemmeno I Doors di azzardavano a fare cover dei Doors”
I ragazzi mi guardano, so che anche loro avrebbero voluto fare qualche cover di mio padre, ma mi era sempre sembrato… inopportuno.
Ma forse oggi, con Gloria, su questo palco, era il momento di sfruttare a pieno la mia eredità.
“Soltanto una”
“E canti tu! Insomma, sul cambio del nome avevi ragione, quindi ci fidiamo” Aggiungono Cole e Max all’unisono.
“D’accordo, d’accordo, non ve ne pentirete”
Gloria si apre in un sorriso felino e mi abbraccia.
Rimango paralizzato.
Lei avvicina le labbra al mio orecchio e mi sussurra: “Andrai alla grande, ragazzino”
Poi, dopo l’annuncio del vicepreside, saliamo sul palco.
 
-B-
 
Conciato così mi sento una specie di poliziotto in borghese, con gli occhiali da sole al chiuso, ma questa è la serata di mio figlio, e non credo una folla di ragazzini inferociti che viene a chiedermi un autografo sia esattamente quello che ci vuole a farlo sentire meglio.
Adrienne invece è tranquilla, almeno fino al momento in cui non salgono tutti sul palco.
Gloria è quella con l’abbigliamento più adatto a un concerto pop-punk, con calze strappate e anfibi, i ragazzi sono molto divertenti, soprattutto Joey che suona la batteria in smoking.
Lo vedo asciugarsi le mani su di un canovaccio, è molto nervoso, fortunatamente si è portato almeno due paia di bacchette di riserva (del resto Trè glielo diceva sempre).
Gloria imbraccia Silver, Joey le bacchette, i Baker si posizionano ai loro strumenti e il gruppo si presenta.
“Siamo gli Emily’s Army”
Army? Questa è nuova, fino a pochi giorni fa erano soltanto gli Emily’s… c’è sicuramente lo zampino di quella ragazza sotto questa storia.
Cominciano a suonare, e sono davvero bravi, ma davvero davvero.
Guardo Adrienne e lei mi sorride, forse sta pensando la stessa cosa che sto pensando io, e cioè che l’Adeline potrebbe aver trovato un nuovo successo da lanciare.
Mio figlio, mio figlio che pubblica un cd.
Suonano “Rain” e il pubblico è in delirio, voglio vedere più da vicino, voglio ascoltare meglio e capire cosa provano.
Mi avvicino al palco levando gli occhiali da sole, lo sguardo estasiato, canzone dopo canzone, piacciono, piacciono e sono bravi, piacciono e sono bravi e si divertono.
Gloria si porta la chitarra dietro la schiena e continua a suonare, ridendo come una matta, e mi sembra di rivedere me stesso vent’anni fa che faccio il buffone al 7.11 con Mike e Trè.
I bei vecchi tempi.
Poi, all’improvviso, sento quello che mai e poi mai avrei voluto sentire in quel momento.
“HEY! MA QUELLO E’ BILLIE JOE ARMSTRONG!”
 
-G-
Merda. Merda merda merda merda.
Pensavo che in questo cazzo di posto ci fossero abituati a lui!
Dio santo, rock star, come diamine ti è venuto in mente di levarti gli occhiali da sole? Errore in buona fede, ovvio, ma pur sempre un’idiozia colossale.
Un gruppo di ragazzine lo assale, e Billie è visibilmente sconvolto, guardo Joey.
Il suo viso è una maschera di odio e imbarazzo, ma imperterrito continua a suonare da Dio.
È il momento di dare una svolta, altrimenti questo ballo si trasforma in una rissa.
Guardo Cole e Max e gli faccio segno con la testa, loro sgranano gli occhi, poi si girano vero Joey.
“E’ il momento!”
“Cosa? Adesso?!”
Annuisco, e vado al centro del palco, so cosa devo fare, lancio a Billie Joe uno sguardo eloquente che spero lui colga per un: “Appena comincio, filatela via finché sei in tempo, bello”
Mi avvicino al microfono e comincio a suonare.
L’inizio è inconfondibile, considerando che è stato uno dei cult degli ultimi cinque anni.
Tutta la sala si volta a guardarmi, e finalmente riacquistiamo la loro attenzione.
Billie se la fila nascondendosi dietro alcune colonne, anche sul suo viso leggo che è sbalordito, probabilmente anche lui sapeva che Joey non vuole suonare canzoni dei Green Day.
“Oh Holiday!” urlo poco prima di iniziare a cantare la prima strofa della canzone.
 
Hear the sound of the falling rain
Coming down like an Armageddon Flame
The shame
The one who dies without a name!”
 
La mia voce, a dire il vero, non è poi così diversa da quella di Billie Joe, probabilmente solo di un ottava più alta (sono donna, insomma) quindi il risultato è decente, poi I ragazzi sono davvero bravi e questo aiuto.
Billie mi fa segno con il pollice alzato, e a me scappa un sorriso.
 
I beg to dream and differ from the hollow lies,
This is the downing of the rest of our lives,
ON HOLIDAY!”
 
-
 
“Mio Dio, siete fenomenali!” urla Billie Joe non appena usciamo dalla palestra della scuola.
Joey è tutto rosso per l’imbarazzo e l’eccitazione, o forse ancora per il lento che gli ho concesso a fine serata.
“Quasi meglio dell’originale” ridacchia Adie dando a Billie Joe una spinta.
“Non scherzarci, donna! Mi sa che tra poco mi ritroverò senza lavoro”
Sorrido e guardo l’orologio, è molto tardi… Christian sarà tornato?
“Ti va di venire da noi a festeggiare, Gloria?”
“No, ragazzi, mi dispiace devo tornare a casa. E poi il mio lavoro qui è finito, Travis starà bene in tempo per farvi registrare il vostro primo disco”
Ah, già, forse Joey era tutto rosso anche per la notizia di suo padre dell’ingaggio degli Emily’s Army nella Adeline.
Naturalmente tutto a suo tempo, dovevano prima scrivere abbastanza canzoni da inserire in un cd e fare un po’ di gavetta.
Billie mi sorride, pieno di gratitudine, forse.
“Ci vediamo lunedì?”
Annuisco, avevo quasi dimenticato il mio lavoro da consulente.
Poi, salutando tutti, mi dileguo per la strada.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Chiedo perdono per il ritardo ma il mio computer si è rotto (di nuovo) e continua a spegnersi senza preavviso, avrò riscritto questo capitolo circo 234652 volte!
Comunque, buona vigilia e buon Natale a tutti :3 

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Capitolo 12
*** If I lose everything in the fire. ***


If I lose everything in the fire.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
Ho levato le scarpe, avevo ancora molto da camminare e alla lunga mi fanno male.
E poi stranamente la serata è piacevole, fa anche abbastanza caldo, anche perché l’inverno in California è un po’ come l’estate in qualsiasi stato del nord.
Il freddo è durato solo tre giorni, come era prevedibile.
Respiro profondamente, assaporando l’aria sulla pelle, ho ancora addosso la camicia di Billie Joe.
Poi, imbocco la strada di “casa”, accertandomi che nessuno mi stia seguendo.
La casa famiglia non è lontana da qui, vado spesso a trovare le suore, o almeno l’unica che era buona con me, perché le altre che mi prendevano a bacchettate non è che adesso le sopporti di più di quanto le sopportavo qualche mese fa.
È stato strano andare via di lì, ma in un certo senso liberatorio.
Spingo con forza il cancello di ferro battuto e cammino fino al muretto di pietra dove, con mia grande sorpresa, è poggiata una ragazza.
“Beth?”
“Gloria” risponde lei fredda.
Beth era quella bella della “cucciolata” (alla casa famiglia chiamavano così tutti i bambini nati lo stesso anno, per esempio io ero la cucciolata del novanta, Christian dell’ottantasei, Beth della grande ondata del novantadue) aveva i capelli di un biondo chiarissimo, gli occhi chiari ma diversi dai miei, i suoi erano grigio cemento, spenti e freddi come il ghiaccio secco.
A dire il vero l’ho sempre detestata, troppo per benino per unirsi alla banda, oltretutto non le era mai andato a genio il nome che avevamo scelto (per la cronaca, non per mia volontà) perché credeva che io facessi un po’ troppo la “capo rivolta”.
E certo che facevo la capo rivolta! Se non ci fossimo stati io e Christian, loro sarebbero ancora nei loro bei lettini a succhiarsi il pollice.
E poi Beth si era arresa ai lavori che ti trovano gli altri, faceva la cameriera in una tavola calda, e nemmeno aveva lottato per cambiare, dal mio punto di vista era una pappamolla, ma lei pensava lo stesso di me, quindi eravamo pari.
Mi avvicino a lei guardandola con sospetto, è quasi venti centimetri più bassa di me, quindi l’intimorire funziona.
“Hai parlato con Christian?” mi chiede dopo qualche secondo, sempre con lo stesso tono freddo.
Non vedo Christian da un sacco di tempo.
“No”
“Bene, ti parlerà presto, hanno deciso la data del nuovo colpo. Niente di troppo vicino, siamo già abbastanza sotto tiro, ma sarà una cosa grossa, Gloria, bisogna organizzarci”.
Annuisco, sperando che lei si levi dai piedi una volta per tutte.
Ma, naturalmente, non lo fa.
Continua a fissarmi con le braccia incrociate al petto e quello sguardo glaciale.
“Non puoi sparire di nuovo, Gloria”
“Non sono sparita, lavoravo. E a meno che tu e gli altri non abbiate imparato a cacare soldi dalle vostre belle chiappette regali, le attrezzature e la corrente vanno pagate”
Lei rimane in silenzio, ma non schioda e non parla.
“Quando?” le chiedo infine.
“Verso la fine di gennaio, quando arrivano i nuovi rifornimenti”
Annuisco, poi la supero senza aspettare che lei vada via, scavalco il muretto e percorro il giardino a grandi falcate entrando dritta nel portone.
La luce d’emergenza che lasciamo sempre nell’ingresso è accesa, salgo le scale a due a due sperando di allontanarmi da lei il più velocemente possibile, poi arrivo nella mia stanza.
 
-
 
Un’ora dopo sono seduta sul divano, in pigiama, a scroccare la tv via cavo dai vicini.
In onda c’è un film in bianco e nero francese, una di quelle sdolcinate storie d’amore a lieto fine.
Lei ha una buffa acconciatura e indossa quasi sempre lo stesso vestito, lui ha i capelli in gelatinati e un bel sorriso, ma si guardando come nessuno si è mai guardato prima.
Però, sono bravi questi attori francesi, ma come diamine fanno? Forse prima per girare un film d’amore c’era la clausola che dovevi innamorarti davvero del tuo partner, così tanto per dare credibilità alle scene.
Li guardo, e comincio a desiderare che qualcuno guardi me in quel modo.
La porta si apre sbattendo e trema nei cardini.
Christian è a casa.
Mi alzo di scatto, rimanendo in canotta e mutande (il mio pigiama, per intenderci) di fronte a lui, quasi paralizzata. Lui mi guarda e, senza dire una parola, quasi mi salta addosso.
Chiude la porta con un calcio, mentre con entrambe le mani mi ha circondato la vita per attrarmi a sé, io sono scioccata. Christian mi bacia con violenza e le sue labbra danno di alcol, è ubriaco?
Le sue mani vanno sotto la mia canotta, tastandomi i seni non esattamente con delicatezza.
Sono combattuta tra la volontà di dargli un calcio in culo e la necessità quasi impellente di quel contatto.
Christian mi sfila la canotta, poi si toglie la maglia e mi spinge contro la parete, continuando a baciarmi sul collo e poi sulle labbra senza un attimo di tregua.
“Chris…”
“Sh…”
“Chris io…”
“Sta zitta, non ti vedo da una settimana”
Mi afferra per le cosce, sollevandomi da terra, ancora contro la parete.
Poi mi sfila gli slip, e si abbassa i boxer, e non ci vuole un detective per capire cosa succederà dopo.
Non era la nostra prima volta, per niente, andiamo a letto insieme da quando io avevo a malapena sedici anni, e nessuno dei due nemmeno ha mai preteso di definire la nostra come una relazione seria.
Nessuno l’ha mai definita nemmeno una relazione, a dire il vero.
Ma questa volta è diverso, lui non ha mai fatto così, e non capisco cosa gli prenda.
Continua a muoversi avanti e indietro, sospirando e reggendomi per le gambe. Io butto la testa contro la sua spalla, nascondendomi nei miei stessi capelli, con le braccia avvinghiate al suo collo, e mi fa male, ma non voglio dirglielo.
Questa è la prima volta che siamo vicini da un mese a questa parte.
Christian mi mette giù, ma continua a baciarmi, portandomi poi sul letto.
Io sto sotto, lui sopra, ed almeno così, sul letto, tra le lenzuola, è più comodo.
Comincia a muoversi più lentamente, e diventa piacevole, mentre mi accarezza i fianchi e bacia i miei seni, per poi risalire dal collo al viso.
Il mio corpo comincia a sentire l’ebbrezza del piacere, tranne il petto.
Lì mi sento come se avessi un macinio, un grosso peso dritto sul cuore che continua a riempirmelo di spilli e a pulsare in continuazione.
E non sono stupida, lo so il perché.
Il perché è che è da quando avevamo dieci anni che io sono innamorata persa di Christian mentre per lui sono solo una “collega” o, in questo momento, uno sfogo per le voglie di entrambi.
Pensavo potesse andarmi bene così, ma evidentemente mi sbagliavo.
Ma sono forte, e resisto, e mi adatto come ho dovuto fare sempre nella vita.
E un uomo cosa farebbe per me? Sarebbe solo un peso in più da portare, qualcos’altro di cui dovermi preoccupare, un ulteriore pensiero che non mi farebbe dormire la notte per l’agitazione.
Noi siamo rivoluzionari, e ai rivoluzionari non è concesso di innamorarsi.
Christian rotola al mio fianco, addormentandosi quasi subito, mentre io guardo fuori dalla finestra le luci della città.
Dall’altra stanza proviene ancora la musica del film che stavo guardando prima, dolce e ritmata, come in un sogno.
E mi capita di ripensare ai film francesi, e alle storie d’amore.
E penso che lì non succede mai di fare sesso con qualcuno che ami ma che non ama te.
Nemmeno riesco a frenare l’unica, solitaria, lacrima che mi sporca il viso.
La musica continua.
Però, deve essere bello, vivere in uno di quei romantici film francesi.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE (D’ORA IN POI ADA)
Sono tornata :D ma voi no L nemmeno una recensione, e menomale che a Natale siamo tutti più buoni! Spero di risentirvi :D

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Capitolo 13
*** I'll be home for Christmas. ***


I’ll be home for Christmas.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Allora?” chiede lei trascinando la o, con aria di sfida.
“D’accordo, hai vinto. Avevi ragione, made of honor è il film più grandioso di tutti i tempi”
“Lo sapevo! Ma c’era d’aspettarselo, Patrick Dempsey rende tutto migliore”
I titoli di cosa finiscono, e parte la pubblicità di “Mamma ho perso l’aereo” che verrà trasmesso tra qualche minuto.
Gloria si alza e si stiracchia, lasciando cadere sul pavimento il pile che teneva sulle gambe.
Rocky, che era steso ai suoi piedi, si alza e comincia a vagare per la stanza con il pile addosso cercando di levarselo, facendoci ridere entrambi.
Poi Gloria va’ ad aiutarlo, prendendolo in braccio.
L’orologio a pendolo comincia a suonare, annunciandoci che sono le sette di sera.
“Bill?!” mi chiama Adie dalla cima delle scale, con un accappatoio addosso e i capelli bagnati.
“Si?”
“Gli altri saranno qui tra un’ora e tu sei ancora in pigiama! Non pensi sia ora di sbrigarti?”
“Ai suoi ordini, capitano!”
Gloria lascia Rocky sul pavimento e prende la sua giacca dall’appendiabiti, poi la borsa a tracolla di lana colorata e infine il cappello fatto a maglia che Joey le aveva regalato per natale.
“Forse è ora che io vada, non è bello avere un’estranea in casa la vigilia di Natale”
“Tu non sei un’estranea, ragazzina”
Lei mi sorride e io rispondo nello stesso modo, mentre Joey e Adrienne scendono le scale per controllare l’oca in forno, tutta la casa profuma in un modo sconcertante.
“Gloria, tu che programmi hai per stasera?” chiede Joey cercando in tutti i modi possibili di aggiustarsi il papillon.
Gloria ridacchia e lo aiuta, facendo un nodo perfetto, e effettivamente mi chiedo dove l’abbia imparato.
“Niente di che, casa-tv-cibo cinese, loro non hanno il natale quindi il take away è sempre aperto”
Rimaniamo tutti e tre immobili in silenzio a guardarla, sperando che stia scherzando.
Ma conoscendo Gloria, non sta scherzando affatto.
Io e Joey ci giriamo di istinto vero Adrienne, probabilmente abbiamo entrambi la stessa idea in mente, ma è il grande capo che deve dare l’okay.
Adrienne ci guarda ad uno ad uno, poi sospira e sorride.
“Ti va di rimanere a cena da noi, cara?”
Gloria si infila le mani in tasca e continua a fissarsi i lacci delle scarpe con parecchio interesse.
“Oh, non potrei mai. Non voglio dare fastidio e poi non posso lasciare Christian da solo a casa.”
Di nuovo sguardi puntati su Adrienne.
“Può venire anche lui, se ti va. Insomma, che siamo nove o undici non cambia molto.”
Gloria si apre in un dolce sorriso rivolto soprattutto ad Adie.
“Sarebbe meraviglioso, ma solo se mi permetti di aiutarti con la cena”
Adie ridacchia e con un gesto la invita all’interno della “sua cucina”.
“Lascia solo che chiami Chris per avvisarlo”
Gloria si dirige al telefono di casa e compone il numero, massacrandosi le unghie mentre aspetta. Perché mai è nervosa? Mi avvicino facendo finta di cercare qualcosa nella scrivania e la sento parlare, la voce leggermente tremante.
“…si, te ne ho già parlato, no? Dai Chris, sempre meglio di vedere brutti film in tv! Si, io ci voglio venire, e anche molto. Loro sono davvero simpatici, certo che non lo sanno! E non faranno domande indiscrete, sta tranquillo. O ma insomma! Non posso mica stare sempre ai tuoi ordini! Senti, fai quello che ti pare, ma non contare su di me. Okay, okay, l’indirizzo è scritto su un biglietto sul frigo, ti aspettiamo”
Gloria chiude la chiamata e si massaggia le tempie, sembra molto più adulta di quel che è in questo modo, poi torna a sorridere e corre ad aiutare Adrienne con il dolce.
 
Alle otto e mezza sono tutti qui. Mike, Brittany e il piccolo Brixton, Estelle passa il natale con la madre. Poi Trè e Ramona, perché anche Frankito è con sua madre.
Ramona corre subito da Joey, è diventata una bellissima ragazza, decisamente più simile a una teen-ager che ad una bambina adesso.
I due si buttano davanti alla tv a sfidarsi in un videogioco di corse automobilistiche, mentre Gloria è rapita da Brixton, che ha a malapena un anno.
Adrienne, quasi leggendo nel pensiero a Gloria, leggermente in soggezione perché eravamo tutti eleganti mentre lei era in jeans e felpa, le aveva comprato un vestito rosso, corto fino al ginocchio stile anni cinquanta, senza maniche.
Che con i suoi capelli neri ci stava d’incanto, un regalo di natale molto azzeccato.
Adrienne ha cercato di convincerla a levarsi la catenella che aveva sempre al collo ma lei non ha ceduto, infilandosela dentro il vestito alla prima occasione.
Poi, alle nove in punto, hanno bussato alla porta.
Gloria sobbalza, io vado ad aprire.
Davanti a me c’è un ragazzo di circa vent’anni, capelli neri ritti in testa, una vecchia camicia nera e un paio di jeans sbiaditi, sul volto un’espressione in grado di uccidere.
Gli occhi azzurri fissi nei miei.
“Ehilà”
“Tu devi essere Christian” dico sorridendo, lasciando che entri.
Gloria si precipita alla porta, e lui la guarda dalla testa ai piedi, facendo un sorrisetto compiaciuto.
Mi sembra di guardare il me stesso odioso di quando avevo quindici anni.
Christian dirizza la schiena e si presenta a tutti i presenti, leggermente sbigottiti da quell’entrata in scena.
Durante la cena rimane quasi sempre in silenzio, guardando Gloria senza mai staccarle lo sguardo di dosso, e non riesco a capire se è perché gli piace o perché la detesta.
Un po’ dell’una un po’ dell’altra, forse.
Gloria ride e scherza con tutti, ma la vedo agitarsi in continuazione senza capire il perché.
Ad un certo punto si dilegua in bagno e quando torna sembra molto più tranquilla, cosa diamine….
Rischio di strozzarmi con il vino che sto bevendo.
Si è tolta le calze.
La guardo ridacchiando e lei mi mima un “Prudevano!”.
Dopo la cena vado al pianoforte, Gloria si siede accanto a me e ci guardiamo, Mike e Trè hanno già capito tutto.
“E’ il momento?” chiede lei sottovoce.
Annuisco, e Gloria corre a prendere la mia chitarra classica, mentre io prendo Blue dalla sua custodia.
Christian è poggiato contro una parete con una birra in mano, ancora quello sguardo cattivo negli occhi, leggermente più dietro degli altri.
Non appena Gloria torna, mi schiarisco la gola e assumo un tono autorevole.
“Signore e signori, benvenuti in casa Armstrong! Sono fiero di presentarvi il primo singolo del nostro futuro album, “21th century brakedown’ in collaborazione con la nostra signorina qui accanto, speriamo davvero che vi piaccia, e se non vi piace… beh, andate a farvi fottere”
Tutti ridono e Gloria comincia a suonare, i primi accordi li aveva decisi lei, diceva che davano un senso di speranza.
 
“Born into Nixon I was raised in hell
A welfare child
Where the teamsters dwelled
The last one born
The first one to run
My town was blind form refinery sun.
 
My generation is zero
I never made it as a working class hero
 
21th century brakedown,
I once was lost but never was found
I think I am losing what’s left of my mind
To the 21th century deadline.
I was made of poison and blood
Condemnation is what I understood
Videogames of the towers fall
Homeland security could kill us all
 
My generation is zero,
I never made it as a working class hero!
 
Oh Dream, America dream
I can’t even sleep, from the light’s early down.
Oh scream, America scream
Believe what you see
From heroes and cons?”
 
Gloria chiude la canzone, e tutti applaudono.
“Bill, ma è fantastica!” Adrienne mi getta le braccia al collo baciandomi.
Gloria guarda Christian e lui ha un sorrisetto sul volto, ma questa volta non è cattivo.
“Allora?” chiede lei.
“Può funzionare”
Gloria sorride e lo abbraccia, Christian rimane immobile e poi la stringe a se, affondando il viso nei suoi capelli.
A mezzanotte brindiamo, ma io non ho voglia di festeggiare, la malinconia torna su di me.
Mi verso un altro bicchiere di vino e vado alla porta finestra, uscendo in giardino e sedendomi sulla panchina fuori.
Qualche minuto dopo sento dei passi e Gloria si siede accanto a me.
“Niente voglia di Jingle Bells?”
Ridacchio, ma lei è seria.
“Il Natale non ha più lo stesso sapore da un po’, per me” rispondo alla sua domanda silenziosa.
“Brutti ricordi?”
Sospiro.
“Al contrario, ricordi troppo belli”
Gloria sembra perplessa, mi guarda alzando un sopracciglio, poi sospira e posa la testa sulla mia spalla.
“Io… avevo una ragazza, una volta… lei… amava il Natale… beh a dire il vero lei adorava tutte le feste. Eh beh, organizzava sempre qualcosa di speciale… una volta le dissi che non avevo mai visto la neve, vivendo in California sai è piuttosto raro… e lei mi portò bendato fino al villaggio di Babbo Natale al centro commerciale, aveva uno zio che lavorava come addetto alla sicurezza lì quindi era riuscita a procurarsi le chiavi… e abbiamo passato il Natale facendo un pic-nic tra la neve artificiale del villaggio di babbo Natale in un centro commerciale chiuso…”
Gloria ascolta rapita, e la sento ridacchiare ogni tanto.
“…lei… credeva nella magia del Natale e che tutti diventavano sempre più buoni e tutto il resto… e credo che lei fosse…fosse…”
“Fosse cosa?”
“La cosa più magica che io abbia mai conosciuto.”
Gloria alza la testa dalla mia spalla e mi osserva, senza dire parola, aspettando che io continui, ma so benissimo cosa vuole che le dica.
“E’ morta molti anni fa”
Lei rimane a bocca aperta, incapace di dire nulla, eppure Gloria non è tanto diversa da me.
O forse mi sbaglio, forse Gloria è il mio esatto opposto.
Io avevo tutto e l’ho perso, lei non ha nulla da perdere e cerca di guadagnarsi qualcosa.
“E quindi lei è Whatsername” dice Gloria quasi come un’affermazione.
“Bingo”
“Ora si spiegano molte cose”
“Del tipo?”
“Del tipo perché ti commuovi quando canti quella canzone e tendi a non proporla quasi mai, o del tipo che non regge aver scritto tutto un album di canzoni bellissime su di un’ipotetica ragazza conosciuta in un locale per una settimana e che poi oltretutto ti ha dato buca”
ridacchio, effettivamente la storia di Amanda non reggeva molto.
“Sei furba, ragazzina”
“Sono solo sveglia”
Adrienne si affaccia nel giardino e ci guarda.
“Ragazzi, c’è il dolce, entrate”
Mi alzo e Gloria insieme a me, e guardo con nostalgia al ciliegio nel mio giardino, che W aveva piantato quando è nata Andrea.
“Buon Natale, Gloria”
“Buon Natale, Billie Joe”
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
In realtà questi dovevano essere due capitoli separati ma non ho voluto dilungarmi troppo quindi li ho uniti in uno solo . Spero che questo nuovo anno faccia ricomparire tutti i recensori misteriosamente scomparsi, altrimenti ricomincio con le minacce! Buon anno a tutti, ragazzi, spero che vi sia piaciuto :D

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Capitolo 14
*** Better Days. ***


Better Days
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
“E’ sempre un rischio fidarsi di te, Gloria”
“E’ un lavoro, Christian, un lavoro come qualsiasi altro lavoro”
Christian sbuffa e si avventa contro i bottoni sul polsino della sua camicia, che non ne vogliono sapere di abbottonarsi. Ridacchio e gli do’ una mano, evitando il suo sguardo imbronciato.
“Sarà, ma è pur sempre un lavoro per la famiglia dei tuoi amichetti ricchi”
Sospiro, dandogli uno spintone.
“I miei ‘amichetti ricchi’ mi pagano cinquecento dollari la settimana per il mio di lavoro, e ne daranno quasi il doppio a te solo per dipingere una stanza, riesci davvero ad odiarli”
Christian si imbroncia ancora di più mettendosi a sedere con le braccia incrociate come un bambino.
“Si.”
“Posso ricordarti che sono anche le stesse rockstar per la quale hai preso a pugni due ragazzini pur di accaparrarti un biglietto per il loro concerto?”
“Odio anche te”
“Questa non è una novità”
Gli do un bacio sul naso, è a casa da più di una settimana ormai, mi piace pensare che forse non andrà più via.
“Va bene, ma non capisco proprio perché dobbiamo passare con l’oro anche la vigilia di capodanno”
“Vuoi che ti ripeta i duecento motivi”
“Oh no, ti prego”
“Perché sono simpatici, perché fanno buona musica, perché ci pagano, perché ho suonato con loro figlio, perché pagano sia me che te, perché il cibo sarà ottimo, perché giù all’inferno stasera non ci sarà nessuno, perché la nostra zona a mezzanotte sembra Baghdad, perché ci saranno vino e champagne a volontà, perché se un mese fa ti avessi chiesto di cenare con i Green Day pur di farlo avresti cenato vestito da Messicano… devo continuare?”
“No, no ti prego, hai vinto”
“Grazie”
Indosso un paio di jeans scuri e una maglia a righe argento e nera, lego i capelli e metto la giacca”
“Aspetto solo lei, signorina”
Christian esce di casa a passi pesanti continuando a sbuffare, poi prendiamo l’autobus fino a casa di Billie Joe, che troviamo in giardino a lanciare il bastoncino a Rocky, che però invece di prenderlo e riportarlo continua a guardare imbambolato Billie Joe con sguardo interrogativo.
Oltrepasso il cancelletto ridendo e Rocky comincia a correre contro di me, leccandomi e mangiucchiandomi i lacci delle Converse.
“Sbagli tattica, Billie Joe, devi farglielo desiderare, deve credere che tu non voglia darglielo”
Billie incrocia le braccia al petto e in quel momento mi ricorda Christian.
“Allora vediamo quanto sei più brava tu, ragazzina”
Prendo un bastoncino dal giardino e comincio a fissarlo, Rocky invece fissa me.
“Waaaao, guarda che bel bastoncino, penso proprio che me lo porterò a casa, senza nemmeno farlo annusare a Rocky, mmm…” lo lancio.
Rocky rimane fermo a fissarmi.
“Ci rinuncio, questo cane è proprio stupido”
Poi, sia io che Billie vediamo Rocky correre, afferrare un bastoncino, e correre di nuovo verso Christian, che riprende il bastoncino e lo lancia di nuovo.
“Che c’è?” chiede lui alzando le spalle.
Entriamo in casa e Christian prende dal suo zaino i suoi pennelli, le suore glieli avevano regalati lo stesso anno in cui regalarono Silver a me, un anno in cui si sentivano particolarmente benevole nei confronti delle arti.
Billie ci porta nella stanza di Jakob, l’unica dalle pareti completamente bianche.
Lui è seduto sul pavimento con un libro di Harry Potter in mano, l’ultimo se non sbaglio.
“Piton è buono e ha sempre protetto Harry”
Jakob alza la testa dal libro e mi guarda in cagnesco.
“Ringrazia che io abbia già letto quella parte, Gloria, altrimenti ti avrei uccisa”
Rido e mi inginocchi accanto a lui, Christian e Billie sono poggiati agli stipiti della porta.
“Allora, io vado a vestirmi e vi lascio soli, Jake a carta bianca per qualsiasi cosa vuole. A meno che non voglia il mondo di Patty, in quel caso vi autorizzo a diseredarlo”
Billie va via dalla stanza e noi due guardiamo Jake, che fa un sorriso larghissimo e guarda Christian.
“Riusciresti a rifare sulle mie pareti i graffiti della fabbrica?”
Christian si paralizza, poi guarda me, io guardo lui e poi guardo Jake.
Lui sa?! Billie gliel’ha detto?!
“L’ho capito da solo” dice poi lui chiudendo il libro.
“E come?”
“Sei belle anche sui graffiti, Gloria, non è stato difficile”
Arrossisco e guardo Christian, lui è ancora un po’ titubante.
“Non lo dirò ad anima viva, tranquillo, oltretutto già di mio non parlo un granchè”
Christian tira un sospiro di sollievo, e comincia a dipingere con mille diverse tonalità di nero, rosso, giallo ed arancione una città in fiamme.
 
-
 
“Che meraviglia” esclamano Joey, Billie e Adrienne entrando nella camera, dove molti dei graffiti della fabbrica adesso asciugano sulle pareti.
Christian arrossisce, ma lo so che è soddisfatto, Billie invece ha il solito sguardo di chi ha avuto un’idea.
“Gloria, posso parlarti in privato?” mi sussurra poco dopo in un orecchio, io lo seguo verso la sala insonorizzata, dove lui prende Blue e mi infila un paio di cuffie sulle orecchie.
“Che cavolo fai?”
“Ti do il tuo regalo di Natale, un po’ in ritardo”
“Non dovevi farmi un regalo!”
“E’ un po’ un regalo ad entrambi, zitta e ascolta”
Billie comincia a pizzicare le corde, e una melodia veloce e allegra mi riempie la testa, dalle cuffie sento la registrazione delle parti di Mike e Trè.
 
“She puts her makeup on
Like graffiti on the walls of the heartland
She’s got her little book of conspiracies
Right in her hand
She is paranoid like
Endangered species headed into extinction
She is one of a kind
She’s the last of the American Girls
 
She wears her overcoat
For coming of the nuclear winter
She is riding her bike
Like a fugitive of critical mass
She’s on a hunger strike
For the ones who won’t make it for dinner
She makes enough to survive
For a holiday of working class
 
She’s runaway of the establishment incorporated
She won’t cooperate
She’s the last of the American girls.
 
She plays her vinyl records
Singing songs on the eve of destruction
She’s a sucker for
All the criminals breaking the laws
She will come in first
For the end of western civilization
She’s an endless war
Like a hero for the lost cause
Like an hurricane
In the heart of the devastation
She’s a natural disaster
She’s the last of the American girls!”
 
Billie suona l’ultimo accordo e anche la base nelle mie orecchie smette di suonare, io incredibilmente mi ritrovo a ridere di gusto.
“Tu sei tutto matto, Armstrong!”
“Opera sua, madame”
“Mi piace, davvero, ma mi descrivi troppo positiva”
“Positiva? Ma allora non hai capito niente! Devo risuonartela?”
Ridiamo entrambi e poi lui fa una cosa che non mi sarei mai aspettata, mi abbraccia.
E anche io lo abbraccio.
Niente di erotico, nessun doppio senso, solo un abbraccio, un abbraccio che potrebbe darti un nonno o un padre, forse.
Ma che ne posso sapere io?
“Coraggio, andiamo alla festa”

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Capitolo 15
*** Demons. ***


Demons.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Dove credi di andare? Mancano solo venti minuti a mezzanotte!”
“Cerco Gloria, è sparita”
“L’ho vista andare da quella parte” mi indica Jakob prima di tornare concentrato sui fuochi d’artificio .
Prendo il cappotto ed esco in strada, si sentono i rumori dei fuochi d’artificio e, da lontano, dei passi.
Vedo Gloria girare l’angolo di fretta, guardandosi attorno e continuando camminare frettolosamente verso non so dove.
Vado in quella direzione fino a quando non vedo Gloria entrare in un vecchio portone di legno massiccio, la seguo a ruota sperando di non essere visto.
Dove sta andando? Chi sta incontrando a quest’ora la sera della vigilia di capodanno? Comincio ad essere preoccupato fino a quando non spingo anche io il pesante portone e non mi ritrovo nell’ultimo posto nella quale mi sarei aspettato di ritrovarmi.
È una chiesa.
Una piccola chiesa dalle pareti di pietra, con l’altare posto davanti a una grande finestra che affaccia sulla città.
L’ dentro il tempo sembra essersi fermato, è tutto talmente calmo e silenzioso…
Non ci sono neanche luci elettriche, solo enormi candele dappertutto, la luce gialla invade la stanza dando un senso di calore e accoglienza, non ho mai visto niente di simile.
Gloria è inginocchiata su una delle panche, le mani giunte e il capo posato contro il legno.
Mi avvicino a lei, inginocchiandomi accanto, e guardandola.
Lei alza lo sguardo, ma neanche sembra sorpresa di vedermi lì.
“Ehilà” sussurra lei con un filo di voce.
Non rispondo, continuo ad osservarla mentre tiene le mani giunte e le sue labbra si muovono sussurrando parole ad un Dio alla quale, a quanto pare, lei crede.
E io ci credo?
No, non dopo quello che è successo tanti anni fa.
Come potrei crederci ancora?
Se esiste un Dio, se davvero lui esiste, allora mi odia.
Gloria smette di sussurrare, poi si gira verso di me, e si mette a sedere sulla panchina, io la seguo subito dopo.
“Allora, perché mi hai seguito? Dice lei, ma nella sua voce non c’è più la solita nota glaciale.
Sembra soltanto…stanca.
“Io… ti cercavo, tra poco è mezzanotte”
“Lo so, è per questo che sono qui”
Alzo un sopracciglio, e lei abbassa la testa sospirando.
“Ci… ci portavano sempre qui, da bambini, quando stavamo alla casa famiglia. Per la messa di Natale e anche per il capodanno… aspettavamo la mezzanotte e poi salivamo sul campanile per guardare i fuochi d’artificio. E… adesso noi non viviamo più lì ma non credo di essere ancora pronta a dire addio alle vecchie tradizioni”
Le sorrido, stringendole una mano, perché so che non è solo questo.
Lei sospira, mordendosi le labbra per non piangere.
“Io ero l’unica, lì dentro, che ci credeva davvero, in Dio intendo”
“Gli altri no?”
“No, certo che no. Non ne avevano motivo, solo chi ha qualcosa da perdere ha bisogno di qualcuno in cui credere. E lì dentro praticamente tutti non avevano niente da perdere”
“E’ per questo che avete cominciato con i colpi?”
“Ci crediamo tutti, in quella causa, è per questo che abbiamo cominciato con ‘gli attentati’, ma man mano che andiamo avanti diventa sempre più difficile! Sembra essere diventato un obbligo invece che una volontà. Ma io sono Gloria! E la banda porta il mio nome, io e Christian siamo sui dipinti, siamo sulle tv, dobbiamo guidare gli altri e io… io non so più in cosa credere”
Le circondo le spalle con un braccio, e lei posa la testa sulla mia spalla.
“E Christian lo sa di quello che pensi”
“Figuriamoci, lui è il primo fanatico queste cose, non ne sa niente”
“Potresti dirglielo, no?”
Gloria mi guarda arricciando le labbra.
“Lui non è come gli altri, lui ne fa una questione di vita o di morte… era così anche quando eravamo bambini, ma c’è da immaginarselo”
Christian mi sera sempre sembrato un silenzioso, e anche abbastanza...fragile.
“cosa è successo ai suoi, di genitori?”
Gloria si rimette dritta, gli occhi chiari riflettono le fiamme delle candele, e lei sembra fatta di fuoco.
“La maggior parte di noi era rimasta orfana dalla nascita o comunque molto piccoli, quindi nessuno ricordava i propri genitori, compresa me. Ma Christian, Christian aveva sei anni quando è stato abbandonato. E non ha mai saputo il perché… certo quasi nessuno di noi lo sa, ma per esempio se i miei erano dei drogati allora non mi è difficile immaginarlo il perché, mi piace persino immaginare sia stato per il mio bene…. Ma i suoi erano gente normale, credo c’entri qualcosa col fatto che lui era figlio di un tradimento, quindi il padre lo ha portato in orfanotrofio e ce l’ha lasciato lì a marcire. E lui se li ricorda bene i suoi, immagino ci pensi di continuo. O almeno, io farei così se fossi in lui.”
Per tutta la vita ho pensato che perdere qualcuno a cui teniamo fosse la cosa peggiore che possa mai accadere, ma come mi sarei sentito invece ad essere rifiutato da una delle persone che amo? Sarebbe stato più facile? Al contrario sarebbe stato molto più doloroso?
“E’ più grande di te, no?”
“Quasi cinque anni, a dire il vero. Quando sono arrivata lui aveva qualcosa come sette anni, quasi otto… ed era già il capo di tutti. Mi ha protetta, per un bel po’ di tempo, e mi ha insegnato tutto quello che sapeva. Io ero la musicista e lui il pittore, e quando siamo diventati grandi abbiamo dovuto crescere altri cinquanta bambini ed erano un po’ come figli nostri. Ma lui se l’è sempre portata dietro questa cosa dei suoi genitori, è sempre stato restio nei rapporti, nelle amicizie , negli affetti…. Nell’amore”
La guardo, lei sembra nervosa.
“Non è il mio ragazzo”
“Io non ho detto nulla”
“Ma lo stavi pensando”
“Lo ami?”
“Ti stai spingendo un po’ troppo oltre, Armstrong”
“Scusa”
“Non lo so cosa siamo io e Christian, ma qualsiasi cosa sia, ho paura non potrà mai essere niente di più”
La abbraccio forte, non credevo avrei mai affrontato un discorso del genere con nessuno, almeno non dopo… aver perso mia figlia.
Gloria schiaccia il viso contro il mio petto, reprimendo i singhiozzi, e capisco quanto la canzone che le ho scritto avesse ragione su di lei, ma capisco anche quanto ho dimenticato.
Quanto ci sia di più dietro questo viso.
E forse è questa la linea da seguire, forse è questo il percorso spirituale che devo portare avanti con 21st Century Brakedown… quello che c’è dentro. Quanto una leader possa essere fragile, quanto un ragazzo che ha perso tutto possa scoprirsi forte… e forse parlare anche di me stesso, forse credere che dopo tutto anche io posso rinascere.
Dodici rintocchi squarciano la mezzanotte, e anche i nostri demoni se ne sono andati.
“Buon anno, Billie Joe”
“Sarà il nostro anno, Gloria”
 
ADA
 
Eccomi qui :D Grazie mille delle recensioni ragazzi, siete mitici! Questo capitolo vuole mostrare un po’ quello che davvero i Green Day (al di là della fan fiction) volevano intendere con il loro disco, e cioè un percorso anche più “spirituale” (parole di Trè Cool) che analizza le figure di Christian, di cui parlo in questo capitolo, e di Gloria… e di Billie che si descrive in loro due. Spero vi sia piaciuto : )

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Capitolo 16
*** The hell in me. ***


The hell in me.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Ma dove diamine stiamo andando?”
“Aspetta e vedrai!”
“Gloria, credi che sia una buona idea portarli qui?”
“Sta zitto, Chris! Lo conoscono tutti questo posto, non è mica un segreto di stato!”
“Si ma… non hai paura della reazione degli altri?”
“Ho messo un messaggio in bacheca per avvisarli, non dovrebbero esserci troppe ragazzine urlanti”
“Va bene, attento alla buca!”
Sento Trè imprecare e capisco che deve essere inciampato da qualche parte.
Gloria e Christian ci hanno bendato e adesso ci stanno portando da qualche parte perché hanno detto che devono mostrarci qualcosa “di vitale importanza e ispirazione per il cd”.
Alla fine anche Christian ha accettato di far parte del progetto, ha detto che sarebbe stato un perfetto manifesto della loro rivolta, arrivando anche dall’altro capo del mondo con noi come mezzo.
Una canzone che riesce a smuovere le masse, sarebbe un po’ il sogno di chiunque.
Ci blocchiamo, e sento che uno di loro due sta armeggiando con una serratura.
“Potete levarvi le bende”
Mi levo dal viso il tovagliolo che mi copriva gli occhi e sono abbastanza sorpreso, davanti a noi c’è solo un palazzo fatiscente e una porta di acciaio con un sacco di fiamme perfettamente dipinte sopra di essa.
Su di essa, troneggia una scritta a lettere cubitali nere con delle “x” all’interno.
“Benvenuti all’inferno, Green Day!”
 
-
 
-G-
Billie, Mike e Trè sono esterrefatti, di certo non si aspettavano un vecchio portone con delle fiamme disegnate sopra, ma io e Christian ce la ridiamo di gusto, spalancando le porte del nostro regno.
Insieme scendiamo le scale di pietra, fino ad arrivare all’interno del locale. Noi lo sappiamo che non è un granché, ma almeno è molto grande, e poi è tutto quello che siamo riusciti a rimediare.
“Che posto è questo?” sussurra Billie Joe sorridendo.
Ci sono all’incirca una ventina di ragazzi oggi, e sono già tutti impegnati in qualcosa, la mia lezione dovrebbe iniziare tra qualche minuto, ma ho intenzione di mettere al lavoro anche quei tre scansafatiche.
“Questo qui è il nostro quartier generale, ragazzi! Noi lo chiamiamo ‘l’inferno’, non c’è un motivo preciso. Qui noi combattiamo il nemico”
“Bin Laden?” urla Trè con gli occhi fuori dalle orbite. Scoppiamo tutti a ridere.
“No, cari miei, noi combattiamo il VERO nemico”
“Che sarebbe?”
Sorrido, mostrando con un gesto del braccio l’intera stanza alle mie spalle.
“Il mondo dalla quale vogliono tenerci fuori. Qui noi combattiamo l’ignoranza, insegniamo ai ragazzi più giovani di noi come cavarsela lì fuori, manteniamo vivo l’interesse, viva l’arte! E facciamo mente locale su tutto quello che non insegnano nelle scuole.”
I tre si guardano intorno, ammirando ogni singolo angolo d’interesse all’interno dell’inferno.
Christian si è già dileguato per la sua ora di pittura, stanno dipingendo una delle poche pareti rimaste ancora bianche lì dentro, e hanno deciso di riprendere il motivo della città in fiamme e delle maschere anti gas.
Prendo Mike per un braccio e faccio segno agli altri due di seguirmi, verso una grande bacheca di sughero.
“Qui mettiamo tutte le foto fatte ai dipinti della classe di Christian, alla fine di ogni anno rimbianchiamo le pareti per farne di nuovi, ma è un peccato non conservarne un ricordo. Laggiù infondo invece ci sono cucito, elettronica ed idraulica. Lì sulla destra diamo ripetizioni, qualcosa tipo doposcuola, ma parliamo anche delle rivoluzioni e della politica attuale, c’è anche una specie di mini laboratorio lì infondo, ci facciamo le nostre “armi”, ma in realtà si riduce a vernici indissolubili e roba del genere. Qui sulla sinistra invece ci sono le classi di strumento, purtroppo non abbiamo un pianoforte ma il resto si, e non pensate che oggi starete con le mani in mano! Ognuno di voi insegnerà agli altri ragazzi il proprio strumento, così vediamo se siete bravi davvero. Io ho la classe di violino, se volete scusarmi”
Billie, Mike e Trè sono ancora increduli, mi avvicino a Billie Joe dandogli un colpetto con la spalla.
“Allora, superstar? Cosa ne pensi?”
“Penso che tutto questo è fenomenale”
“Beh, allora ti conviene fare in fretta, la classe di chitarra ti sta aspettando proprio laggiù”
Billie si volta per osservare i cinque ragazzi seduti sugli sgabelli con le loro chitarre in mano, poi guarda me.
“Perché mi hai portato qui?”
Mi viene da sorridere.
“Tu lo sai qual è il tuo nemico?”
Billie non mi risponde, ma vedo che gli ingranaggi del suo cervello si stanno mettendo in moto, mentre lui si siede sullo sgabello davanti ai suoi “studenti” e comincia a presentarsi e poi a spiegare gli accordi più semplici.
Lo ha capito.
 
-Mike-
 
Come biasimarla? Aveva ragione, tremendamente ragione.
Billie è al settimo cielo, erano anni che non lo vedevo così. Certo, sul palco lui era un’altra persona, non era più sé, era Billie Joe Armstrong il frontman dei Green Day, ma fuori era vuoto…dopo tutto quello che era successo.
Ci eravamo passati tutti, da quel periodo, Trè era partito senza dire niente a nessuno e non lo avevamo visto per tutta l’estate.
Non abbiamo mai saputo dove fosse stato, non ha mai voluto raccontarcelo, ma a parte Billie lui era quello più legato a W, quindi nessuno si è mai azzardato a fare domande.
Io non sapevo nemmeno cosa pensare, la morte di W era stata talmente tragica…ma dopo tanti mesi di malattia ci eravamo quasi preparati alla notizia, per quanto qualcuno possa mai prepararsi a una notizia del genere… ma Andrea… lei fu uno shock per tutti.
Billie non è mai più stato se stesso da allora.
E adesso, con quella ragazza, lo vedo di nuovo sorridere, lo vedo di nuovo scrivere musica per il semplice gusto di farlo e di provarne piacere.
Lo so che Billie ci pensa ancora a loro, ma quello è inevitabile, ma forse Gloria gli sta insegnando a convivere con se stesso.
Trè mi si avvicina, e ha la faccia di quando (molto raramente) vuole dire qualcosa di serio.
“Non so se pensare che sia un bene o un problema” annuncia quasi rassegnato.
Alzo un sopracciglio aspettando spiegazioni.
“Si sta costruendo un surrogato di W”
La chewingum che ho in bocca per poco non mi strozza.
Fisso Billie, Gloria è accanto a lui e ridacchiano, lui le aggiusta una ciocca di capelli dietro le orecchie e lei sorride arrossendo, poi insieme cominciano a cantare suonando la chitarra insieme agli altri ragazzi.
“Adie la pensa come me” dice ancora lui.
“Falla finita, Trè. Adie è sempre stata di parte, per lei qualsiasi cosa si ricollega a W e ad Andrea e alla vecchia vita di Billie Joe.”
“Puoi biasimarla?”
Sospiro.
No, non posso biasimarla.
Non è facile vivere con chi è innamorato di un fantasma.
E lo so bene anche io, siamo entrambi sulla stessa barca.
“Guarda al di là di quello che provi, Mike! Lo abbiamo sempre saputo tutti che lui non l’ha mai dimenticata, né W né tantomeno sua figlia. E adesso gli capita un’adolescente identica a lei  quando aveva quell’età tra le mani, Billie ci rivede dentro una nuova possibilità”
“Billie non ci sta provando con Gloria! Lei è una ragazzina, e poi non assomiglia per niente a W, anzi è identica a Billie Joe”
“Magari per te può essere così, ma ci sono alcuni aspetti… alcuni aspetti che scommetto che hai notato anche tu! La voglia di cambiare il mondo, la forza d’animo davanti alle avversità, anche solo il modo in cui cammina. E hai sentito Bill l’altra sera, Gloria non ha mai toccato droga in vita sua, e sta aiutando dei ragazzini a superare i loro problemi coi brutti voti. Ha vinto anche una borsa di studio…”
Mi mordo le labbra, desiderando di non aver mai sentito quello che sto sentendo.
“merda…”
“D’altro canto sta molto meglio da quando lei è entrata nella sua vita…”
“Pensi che lei e Billie finiranno per….”
“Non lo so, ma se succedesse?”
“Non sarebbe la prima volta” sospiro, e alcuni ricordi proibiti mi invadono la mente, ma li caccio subito dopo.
“Sarebbe diverso, credo. Ma Mike, forse per la prima volta non sono quello pessimista”
Guardo Trè, prima mi mette il verme in testa e poi si tira indietro?
“Potremmo tornare a essere felici, se mi sbaglio. Lei potrebbe rendere tutto possibile. Come fece W”
“…come fece W”
Ci guardiamo e scappa un sorriso, è sempre bello pensare a lei con un ricordo felice.
“Quindi qual è il piano adesso?”
“Suppongo scrivere bella musica, sopravvivere, far mettere ufficialmente insieme Gloria e Christian così da evitare inutili triangoli e sperare per il meglio, no?”
“Sbagliato” risponde la voce di Gloria alle nostre spalle, spero con tutto me stesso non abbia seguito l’intero discorso.
“Eh…?”
“Dovete ancora capire chi è il nemico” dice facendoci l’occhiolino.
 
ADA
 
Eccomi qui! Scommetto che ho messo il verme in testa anche a voi oltre che a Mike… :D Beh, era il mio intento *bwahahahaha* , poi ho presentato “l’inferno”, che mi sembrava tanto un progetto molto “alla Gloria”
Spero vi sia piaciuto, a presto :D 

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Capitolo 17
*** The reason. ***


The reason.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Manca una settimana alla fine di gennaio, ed effettivamente le cose vanno avanti con il disco.
Abbiamo un sacco di idee per la mente, un sacco di impostazioni da voler seguire.
Eppure nessuno di noi riesce a levarsi dalla testa le parole di Gloria, e quella sua maledettissima domanda che continua a ronzarmi nel cervello come un insetto che sbatte contro la finestra.
“Chi è il tuo nemico… Chi è il tuo nemico… Che diamine vorrà dire?”
Guardo il tavolino davanti a me, smettendo di giocare con le chiavi della macchina che ho in mano da un’ora buona, sopra di esso c’è una bottiglia di vodka mezza vuota… sarà rimasta lì da qualche sera in cui non ho retto.
Sospiro.
Mi odio quando sono così debole, ma so benissimo che anche oggi succederà.
Succederà soprattutto oggi, sarò di nuovo debole, mi odierò ancora.
Nemmeno mi faccio la barba da una settimana, precisamente il tempo da cui non vedo Gloria.
Sto diventando di nuovo il fantasma di me stesso?
Poi capisco.
Era così semplice da essere quasi stupido.
Quasi scaravento a terra il cassetto della scrivania per la violenza con cui lo tiro fuori, prendendo un pezzo di carta qualsiasi e una penna.
Le frasi mi vengono quasi spontanee, escono dalla mia penna come sono uscite dalla bocca di lei, come sono uscite dal mio cervello.
Immagino già la melodia, semplice e diretta, come una di quelle propagande che urlando all’esercito.
Chiamo di fretta e furia Trè e Mike urlandogli di venire subito in studio, mentre io mi attorciglio una sciarpa attorno al collo, indosso un cappello e prendo la mia macchina verso lo studio.
 
-Trè-
 
“Overthrow the effigy!
The vast majority
Burning down the foreman control!
 
Silence is the enemy
Against your urgency
So rally up the demons of your soul!”
 
Canta Billie Joe prima di chiudere con un mezzo urlo.
È fenomenale! Davvero incredibile! Ha scritto una canzone in trenta minuti scarsi e per di più su uno scontrino di una lavanderia!
La canzone naturalmente parla della domanda che Gloria continua a ripeterci, e questo non fa che dar credito alla mia teoria… ma non voglio pensarci, oggi.
21st century brakedown sta nascendo e crescendo, e tra poco potrà quasi camminare sulle sue gambe!
Con l’andamento che sta tenendo Billie Joe tempo sei mesi e avremo finito tutto.
Cerco con tutto me stesso di non guardare l’orologio, di non guardare il cellulare o il calendario, perché se solo i miei occhi incontrassero uno di questi oggetti… se solo anche qualsiasi cosa mi ricordasse di che giorno è oggi… so che tutta l’euforia che covo dentro si infrangerebbe come un bicchiere che cade sul pavimento.
Trentasei.
Nemmeno questo numero dovrebbe ronzarmi in testa.
Guardo Billie e gli lancio una bacchetta contro, lui prontamente la schiva e scoppia a ridere, Mike lascia il basso poggiato contro una delle pareti del nostro studio di Jingletown  e va a prendere delle birre dal frigobar.
“E quindi una canzone sul nemico? Ce l’hai ancora con George W. B?”
Billie ride e prende un sorso di birra, con lo sguardo perso nel vuoto.
“No, stavolta lui non c’entra, ma finalmente ho capito cosa intendeva Gloria. Con tutta la storia di ‘chi è il nemico’, intendo”
“Beh, allora illuminaci! Chi è il nemico”
Billie fa un mezzo sorriso, poi abbassa lo sguardo.
“Io.”
Io e Mike lo guardiamo perplesso, lui lascia dondolare la bottiglia già mezza vuota dalla sua mano, e incrocia le braccia sulle ginocchia.
“Quindi… vediamo se ho capito bene, Mike… il nemico che stiamo cercando di combattere…. È Billie Joe?”
Mike ride e circonda le spalle con un braccio al suo migliore amico.
“Non credo intendesse quello, Frank”
“Oh mamma, quando mi chiamate Frank c’è sempre qualcosa che non va”
Mi siedo accanto a loro, gambe incrociate di fronte a Billie Joe.
“Intendevo che ho capito cosa voleva dirmi Gloria, ho paura che lei abbia capito di me più di quanto io volessi mostrare. Il nemico che tutti dovremmo combattere siamo proprio noi stessi, inutile dare la colpa a terzi. È colpa mia se bevo come una spugna, è colpa mia se tra dieci anni la mia voce farà schifo per quanto fumo, è colpa mia se non ho scritto nulla per cinque anni. Ed è colpa mia se sono diventato un vegetale insensibile dopo la…”
Secondo di fiato sospeso.
“..la morte di W”
L’ha detto. Non ci credo, l’ha detto.
La parola “morte” accanto al nome di W è un po’ come Voldemort in Harry Potter, tutti hanno paura a nominarla, nessuno si azzarda, nessuno nemmeno vuole pensarlo.
“Inutile prendermi in giro, dare la colpa alla sua morte e a quella di Andrea è da egoisti. Perché la colpa non è né loro, né mia. La colpa è del cancro, la colpa è di un pazzo maniaco, la colpa non mi importa nemmeno più di chi è. Ho solo voglia di rendere onore a questa cosa, invece che di piangermi addosso cercando qualcuno da incolpare del mio dolore. Ho deciso io di fare il vegetale, di fare l’ubriacone, ho deciso io tutto questo. Lei non avrebbe voluto.. oh no..”
“Certo che no” mi ritrovo a dire io sorridendo “…lei ti avrebbe preso a calci nel culo per farti alzare e scrivere musica e ti avrebbe fatto ingoiare le sigarette ad una ad una per vedere se poi smettevi”
Ridiamo tutti e tre, poi un altro secondo di silenzio.
“Sarebbero stati trentasei, oggi avrebbe compiuto trentasei anni. E invece è rimasta congelata a diciotto. Ma forse è meglio così, forse è proprio così che la devo ricordare”
Billie chiude gli occhi, e capisco che per lui non è ancora il momento di lasciarla andare.
 
-B-
 
Tecnicamente li odio, i cimiteri.
Ma effettivamente chi non li odia? Sono così tetri, e scuri e pieni di… beh, di gente morta, in effetti.
Eppure sono le dodici di mattina, e il sole splende alto e luminoso, e nemmeno sembra pieno gennaio.
La zona dove…riposa… W invece è molto bella.
Non è lontana da dove è sepolto mio padre, lei aveva sempre detto che le piaceva… dietro la sua lapide avevamo piantato un pesco, identico a quello del mio giardino, due peschi identici che ogni volta che fiorivano mi sembravano lei che mi sorrideva.
La sua lapide non era diversa dalle altre, era bianca e luminosa sotto i raggi del sole, con la sua foto dell’ultimo anno di scuola che mi sorrideva nello splendore dei diciotto anni.
Aveva i capelli marroni sciolti su una maglietta a maniche lunghe versi, con dei bottoncini sul seno, e il viso era messo in mostra da un cerchietto per capelli dello stesso colore.
Gli occhi grandi e neri sorridevano insieme alla sua bocca, le sue labbra a cuore erano rosse come le sue guance…
Poso il mazzo di margherite e orchidee accanto agli altri fiori freschi, è sempre pieno di fiori qui.
Non sono l’unico che non ha mai smesso di pensare a lei.
Sull’albero, il pesco, è stata appesa una grande bacheca di sughero… gli amici e i parenti ci hanno appeso foto, biglietti, pensieri, fiori e altri ricordo…
Ci sono dei peluche di quando era bambina… ci sono delle foto di ogni anno di età… c’è la foto che Trè fece incorniciare e lasciare poggiata accanto alla lapide… con noi quattro il giorno del diploma… lei col pancione… e ci sono le mie mille lettere.
Poi, accanto a lei, c’è una lapide più piccola, ugualmente bianca… ma su di essa c’è la foto di una neonata…
Mia moglie e mia figlia che riposano l’una accanto all’altra.
Lo so che non eravamo sposati, ma conta qualcosa? W rimane sempre la mia prima moglie, anche Adrienne, per quanto io possa amarla, ha imparato a convivere con questo pensiero.
Lascio dei girasoli accanto alla foto di un’Andrea nata da appena un giorno, la foto più bella che avevano mai potuto mettere sulla sua lapide.
“Ciao… ragazza”
Il vento fa frusciare le foglie del pesco, e io capisco che è la loro risposta.
“… ho in mente un nuovo progetto, sapete? È stata una ragazza a ispirarmi… niente paura, W, nulla di sentimentale… sono convinto che Gloria sarebbe piaciuta molto anche a voi. È forte, sapete? Lei e il suo ragazzo, Christian, mi ricordano molto il tira e molla che facevamo noi due da ragazzini, ricordi? E il nuovo disco sta venendo fuori una meraviglia, lo abbiamo chiamato ‘21st century brakedown’… bel nome, eh? Oh, quasi dimenticavo, buon compleanno, tesoro. I tuoi anni li porti di certo meglio di me… spero che vada tutto bene, dove siete voi. Spero siate tranquille e felici… perché…” la voce mi si spezza, le lacrime cominciano a scendere “… perché qui mancate un sacco”
Prendo un respiro profondo per calarmi, poi una mano si posa sulla mia spalla.
Alzo lo sguardo.
“…Joey?Jakob?”
I miei figli sono in piedi sopra di me, che invece sono in ginocchio di fronte alla lapide, ognuno di loro ha in mano un mazzo di bei fiori colorati.
Si inginocchiano accanto a me e posano i fori accanto a quelli che ho appena messo io.
Sono sbigottito e anche abbastanza perplesso. Che ci fanno qui? Mi hanno seguito? Perché hanno dei fiori? Sanno chi è W? Forse gliel’ha detto Adrienne… o Trè o Mike…
“E così questa è mamma numero due” sorride Joey accarezzando la foto.
“Caspita quanto era bella” sussurra invece Jakob.
Li guardo, e subito dopo li abbraccio.
Loro ricambiano, e sento di essere il padre più fortunato del mondo per almeno un attimo.
“Come lo sapete?” Joey ridacchia.
“Lo abbiamo sempre saputo, anche se tu e la mamma non ne parlate mai. Io l’ho scoperto circa a quattro anni, andai a giocare in soffitta e trovai un sacco di foto di te e questa ragazza, crescendo ho capito… lasci i tuoi diari un po’ troppo incustoditi… e poi in American Idiot era abbastanza evidente…”
“A me l’ha detto Joey” alza le spalle Jakob.
“Forse a questo punto dovrei spiegarvi bene chi è, però…”
“E ci spiegherai anche chi è lei?” chiede Jakob indicando la foto di Andrea.
Sospiro.
“Oggi lei avrebbe compiuto trentasei anni, uno in meno di me. L’abbiamo chiamata W per così tanto tempo che alla fine è diventato il suo nome… suo padre era italiano, lei aveva preso molto da lui ed era… era la mia migliore amica. Siamo cresciuti insieme, le nostre camere comunicavano attraverso un grosso albero con una casetta che ci abbiamo costruito sopra. Siamo praticamente cresciuti insieme, lei mi ha tirato fuori da un sacco di guai, io l’ho cacciata dentro altrettanti… ha suggerito lei il nome Green Day, sapete? E di lei parlano tutte le canzoni del primo album… ed è anche grazie a lei che abbiamo avuto la nostra prima serata al Gillman… era un po’ il nostro angelo custode… Trè le era molto legato, quasi quanto me…”
Prendo un respiro profondo, i miei figli mi guardano senza giudicarmi, come se stessi raccontando una favola.
“… forse sono stato sempre innamorato di lei, fatto sta che lo ammisi a me stesso abbastanza tardi. Ci mettemmo insieme, e lei vinse una borsa di studio per Princeton. Rimase incinta di una bambina, e venne con noi in tour per l’estate prima di frequentare l’università…”
Indico la foto di mia figlia appena nata.
“Lei era nostra figlia, si chiamava Andrea, come vostro nonno. W si ammalò, un cancro fulminante, morì prima che Andrea potesse compiere un anno. Mia figlia invece me la portò via un uomo che probabilmente adesso marcisce ancora in prigione… è passato talmente tanto tempo… ho passato talmente poco tempo con lei che ne ricordo a malapena il viso… per me rimarrà un’eterna neonata…”
Sento che i miei figlio sospirano, Joey tira su con il naso.
“Per tutto questo tempo… mi sono chiesto perché tu fossi così distante… così distaccato… avresti dovuto dircelo, papà. La mamma lo sa?”
“Si, lei e W si sono conosciute. W le chiese… le chiese di prendersi cura di me”
Jakob sorride, poi si avvicina di più alla foto di W.
“Mi scusi, signorina, può dire a mia madre che il suo polpettone fa schifo e non lo deve cucinare più? Pare che lei sia l’unica che ascolta nell’intera California”
Scoppiamo tutti e tre a ridere.
La mia nuova famiglia.
E per un attimo, forse a causa del frusciare delle foglie, mi pare che rida anche quella vecchia.
 
ADA
Scusate il ritardo ma anche voi potreste sforzarvi un po’ con le recensioni : ( capitolo un po’ triste… o anche commovente, dipende da come lo vedete! È il compleanno di W, Billie ha capito chi è il suo nemico e prova a sconfiggerlo… e finalmente ha capito che in questa guerra ha qualche alleato : )

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Capitolo 18
*** Now that it's over, I just wanna hold her. ***


Now that it’s over, I just wanna hold her.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Buio.
Lo sapevo che non avrei retto, ci avrei giurato, era impossibile.
Nulla era abbastanza forte, non conoscevo ancora un tipo di amore che riuscisse a tirarmi fuori dal mio tunnel.
È tutto così schifosamente freddo.
Non so quanto ho bevuto, ma almeno so di essere ubriaco marcio.
E sinceramente è una cosa che detesto, quella di essere comunque cosciente e razionale anche da ubriaco.
Io vorrei solo trovare un fottuto modo per ignorare quelle maledette voci nel mio cervello!
Quelle voci strisciano, mi graffiano, piantano le loro mani ossute nella mia testa e continuano a urlarmi che lei è morta e non tornerà più indietro e non posso fare niente per cambiarlo.
Non ho mai potuto fare niente.
E adesso è una questione tra me e Dio.
Non so nemmeno come si sono finito qui, nello studio di registrazione.
Sono passati tre giorni dal suo compleanno, ed è sempre da tre sere che mi addormento in un posto e mi sveglio in un altro.
Ma è sempre così quando arriva questo periodo, nemmeno Adrienne si preoccupa più.
E adesso mi ritrovo qui, seduto davanti ad un pianoforte, coi postumi orrendi di una sbornia, alle sei di mattina del ventisette di gennaio a suonare ‘Last night on earth’ cercando di ricordarmi cosa si provava a sentire il calore dei suoi baci sulla mia pelle.
Mi manca tremendamente, e suono come se i tasti del piano scottassero e ogni nota e ogni parola facesse più male della precedente.
Quando la canzone è finita, il mio demone smette di tormentarmi.
Mi accascio con il viso sulle note del piano, che stridono sotto il mio peso, e lascio che lacrime e singhiozzi vadano per conto loro.
“Dovresti metterci anche chitarre e batteria” annuncia una voce alle mie spalle.
“Gloria?”
 
-G-
 
È in uno stato pietoso.
Perché è sempre in uno stato pietoso?
Diamine, non pensavo di trovarlo qui, quale persona sana di mente andrebbe in uno studio di registrazione alle sei di mattina?
Effettivamente Billie Joe non mi sembra esattamente la definizione di “sano di mente”, in questo momento. E poi ci sono venuta anche io, quindi sarebbe un po’ da ipocrita commentare quello che fa lui.
Fatto sta che però lui è ubriaco marcio e io no, e se non è ubriaco marcio allora lo era qualche ora fa.
Mi avvicino, dopo tutto la canzone era bellissima.
Lui mi guarda ancora, gli occhi verdi solcati da profonde occhiaie e ancora lucidi e rossi dal pianto, sembra molto più vecchio dei suoi anni adesso.
E la cosa è strana, perché per un po’ di tempo ho cominciato a pensare che lui fosse immortale.
Mi siedo accanto a lui sullo sgabello.
“E’ bellissima”
È la verità.
Non credo di aver sentito mai una canzone più ricca di sentimento e sofferenza e per un momento mi viene da mandare a fare in culo i film francesi per una vera confessione d’amore.
Perché, in qualsiasi modo, se qualcuno dovesse dichiararsi a chiunque, dovrebbe usare queste parole.
Ma allo stesso tempo capisco la sofferenza che c’è dietro.
Tre giorni fa era il compleanno di Whatsername, me lo aveva detto Joey, quindi non mi stupisce trovarlo così.
“Lo pensi davvero?”
“Ti ho mai detto una bugia, Billie Joe?”
Billie sorride leggermente.
“Hai smesso di chiamarmi rockstar”
“Non farci l’abitudine”
Poggia di nuovo il viso sui tasti, sospirando quasi con rassegnazione.
Lo prendo per un braccio cercando di sollevarlo, lui un po’ riluttante si mette in piedi.
Che strano, sembra appena uscito da una rissa ma si è comunque fatto la barba.
“Adesso la registriamo questa, ma come dico io”
“Non credo che per l’album sia…”
“Non ho detto per l’album, ho detto che la registriamo e basta”
Porto Billie nel bagno dello studio prendendolo quasi a secchiate d’acqua in faccia, lui si sciacqua il viso e leva la giacca, rimanendo solo con una t-shirt a maniche lunghe bianca e nera.
Si è di nuovo tinto i capelli di biondo, anche se la ricrescita scura si nota parecchio.
Così sembra di più un ragazzino, ma forse è proprio quello che voleva.
Billie si lascia condurre da me nello studio, gli metto davanti una pianola e la imposto su quella strana tonalità dei tasti che mi piace parecchio. Gli infilo le cuffie e posiziono il microfono dietro la pianola.
Poi prendo la mia chitarra e ripeto davanti a un microfono la melodia che ha cantato Billie Joe con qualche accordo arrangiato in un modo leggermente diverso, registrando la base, in questo caso la mia memoria fotografica è servita parecchio.
Prendo anche il basso e faccio la stessa identica cosa, per poi mettermi dietro la batteria e dare a Billie Joe il segnale per iniziare nello stesso momento in cui facevo partire tutte le basi.
L’effetto era grandioso, sembrava quasi una lettera a qualcuno di molto lontano.
Oh meglio, a qualcuno di molto vicino… ma allo stesso tempo terribilmente distante.
O forse questo è solo quello che voglio vedere io.
Rimaniamo in quello studio per tutto il giorno, e quando leviamo le mani dagli strumenti è quasi mezzanotte.
Guardo fuori dalla finestra, piove a dirotto e casa di Billie è troppo lontana per arrivarci a piedi.
Sospiro, forse è il momento di fargli vedere il mio castello.
 
-B-
Last night on earth non è mai stata così bella, e nemmeno così toccante.
Fuori piove, e io ho anche lasciato la cappotta della macchina aperta, magari quando tornerò a prenderla ci saranno anche i pesci dentro.
Gloria mi ha rimesso il cappotto e alzato il cappuccio, e mi sta portando verso non ho idea dove.
Passiamo per il portone dove la lascia la prima volta che ci vedemmo, poi arriviamo ad un muretto e scavalchiamo, fino ad arrivare ad un enorme palazzo abbandonato.
Lo conoscevo, era un hotel, anche un bell’hotel in effetti.
Gloria entra dentro con nonchalance e noto con piacere che la luce è accesa.
La luce è accesa?!?! Ma che diavolo…
Gloria comincia a salire le scale, facendomi segno di seguirla, e io non ribatto.
Fin troppi piani più tardi lei apre una porta, e ci ritroviamo in una vecchia suite rimessa a nuovo. Lei vive qui?? In un hotel abbandonato?
Mi guardo intorno, non c’è nessuno oltre a noi, Christian  non c’è.
“Non torna da un po’” risponde lei come se mi avesse letto nel pensiero.
Si leva la giacca e la appende a un gancio, ha i capelli completamente fradici, le attecchiscono al viso come la sua canotta bianca attecchisce al suo corpo.
È davvero bella.
Quando la luce è accesa noto che ai suoi piedi si sta formando una chiazza di un colore nero… la guardo.
“Oh, non farci caso, è solo il colore della tinta che viene via”
“Hai i capelli tinti?”
“Da che pulpito parte la predica!”
“Perché li hai tinti?”
“Perché i capelli neri sono meno riconoscibili se i poliziotti mi vedono durante i colpi e perché coi capelli rossi la gente davvero simpatica non si risparmiava odiose battutine”
“Hai i capelli rossi?”
“Già, ho chiamato Adrienne prima, le ho detto che sei qui e non deve preoccuparsi, nella stanza lì in fondo a destra c’è un letto, se hai sonno”
Guardo Gloria negli occhi e mi sembrano più profondi di quanto ricordassi, potrei annegarci dentro…
Mi sembra a disagio, forse non è abituata ad avere altri uomini che Christian qui… o forse è proprio l’assenza di lui che la mette in allerta.
Ma io non potrei mai farle del male…
“Va bene, buonanotte”
“Buonanotte, Billie Joe”
ADA
Grazie mille per le recensioni :DD siete fantastici :*

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Capitolo 19
*** One, 21 guns. ***


One, 21 guns.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Trè-
“Un musical?!”
“Si, proprio un musical, hai sentito bene”
“Buch, sei sicuro che funzionerà? Insomma, è musica punk… non so quanto possa andare d’accordo con le calzamaglie…”
“Oh Armstrong, puoi ascoltarmi almeno per una volta? Quando mai ti ho dato consigli negativi?”
“La scimmia”
“Okay, l’idea della scimmia non è stata proprio geniale, ma Trè era d’accordo!”
“Hey!” sbotto io sbucando dal frigorifero “ voi lo sapete benissimo che non dovete ascoltarmi! Non cercare di dare la colpa a me”
“E va bene, l’ultima volta ho provato a mettere una scimmia sul palco ad un vostro concerto e lei ha gettato i suoi escrementi dentro il sassofono di Jason… ma questa volta vi assicuro che funzionerà. La storia di American Idiot è troppo bella per lasciarla segregata lì dov’è, e voi avete detto che non siete ancora pronti per renderla un film, quindi… un musical!”
Billie Joe comincia a sfregarsi il mento con indice e pollice, guarda Buch, poi guarda me, poi guarda Mike, poi guarda di nuovo il vuoto.
“Mmh…” mugugna ogni tanto, per poi tornare allo stesso procedimento di prima.
Io lo so che Billie Joe ci tiene ad American Idiot… dopo tutto parla di LEI, e nessuna attrice o cantante sarà mai abbastanza per interpretare LEI.
E ha ragione, nessuna sarà mai abbastanza per imitare W, anche se solo per uno spettacolo.
Io e Mike guardiamo Billie Joe, forse questo musical è proprio quello che ci vuole per fargli voltare pagina, per farlo andare avanti, per far andare avanti anche me…
Billie sospira, nascondendo il viso tra le mani, poi guardò il tatuaggio a forma di cuoricino nero che aveva sul dito. Non ci aveva mai detto cosa volesse dire e perché l’avesse fatto, ma la mia teoria era che, siccome lui e W non si erano mai sposati, quel tatuaggio era un po’  come la sua “fede”.
“Va bene”
“Cosa?”
“Ho detto che va bene, facciamolo. Ma ho delle condizioni”
“Ti ascolto” dice Buch prendendo un blocchetto per gli appunti.
“Ci sarà una leggera variazione nella trama, e aggiungeremo qualche canzone del nuovo album, per prepararlo abbiamo bisogno almeno di un anno perché deve essere perfetto, voglio che la musica sia il fulcro di tutto e curare personalmente le audizioni, con Mike, Trè e Jason, ovviamente”
Buch storce un po’ la bocca, come fa quando è contrariato, ma poi annuisce, perché sa che Billie Joe in questi casi non ammette compromessi.
Quando è andato via io e Mike ci sediamo accanto a Billie, ancora pensieroso, e ci scappa un sorriso.
“Andrà alla grande”
“Lo spero…”
“Beh, magari per le audizioni possiamo chiedere una consulente esterna” dico io guardandomi le unghie.
Mike e Billie mi fissano in attesa di spiegazioni, ma a me viene solo da sorridere.
“Hey mezze seghe?! C’è qualcuno in questo posto o mi avete fatto prendere l’autobus a vuoto?!”  urla Gloria dall’ingresso.
E loro capiscono di cosa parlavo.
 
-B-
30 Gennaio 2009
 
“Spiegami ancora una volta qual è il mio ruolo qui”
“Tu sei qui per darmi una mano a scegliere gli attori per il musical”
“Quindi non faccio un cazzo, un po’ come ‘ l’aiuto ’ che vi do per il nuovo disco”
“Qualcosa del genere” ridacchio prendendo posto nella terza fila del teatro che abbiamo affittato.
Gloria si è fatta una treccia, adesso che le sono cresciuti un po’ quasi si vede la ricrescita rossa, in contrasto coi capelli neri. Mi tiene ancora il broncio per averla svegliata presto di domenica, stende i piedi sul sedile davanti e comincia a mangiare ad uno ad uno gli orsetti gommosi che le ho preso al bar del teatro. Questa è forse la prima volta, da quando la conosco, che mi sembra sul serio una ragazzina.
“Ti saresti risparmiata un bel po’ di audizioni femminili se avessi accettato di fare Whatsername” borbotto aprendo la lattina di birra che mi sono portato da casa.
Gloria mi lancia uno sguardo omicida.
“Va bene il nome nelle canzoni, va bene anche recitare nel video, con una parrucca sia chiaro, altrimenti sono troppo riconoscibile, ma anche nel musical sarebbe troppo”
Sospiro. Il mio cervello aveva già un bel po’ di problemi ad accettare che un'altra ragazza potesse interpretare W.. ma non so perché non riuscivo a immaginarmi nessuna che non fosse lei a recitare quella parte.
Arrivate le dieci in punto un uomo pelato con una t-shirt nera e una cartellina in mano si avvicina alle nostre sedie, piegandosi verso di me.
“Signor Armstrong, i ragazzi sono pronti dietro le quinte, posso far cominciare le audizioni?”
Annuisco e lui mi passa la cartellina, dove ci sono gli elenchi di nomi, età e città dei ragazzi che stanno per sostenere l’audizione.
“E quindi hai anche cambiato la storia” commenta Gloria facendo un palloncino con la gomma da masticare “ perché?”
“Dovevo renderla adattabile ad un musical, e poi questa versione è più… appropriata”
“Che vuol dire appropriata?”
“Che questa volta avevo una scusa per parlare di me stesso…”
Gloria fa un mezzo sorrisetto.
“Allora è vero che è una biografia!” alzo un sopracciglio.
“Non lo avevi capito?”
“Si, ma aspettavo conferma. Ma in che senso una scusa?”
“Nel senso che dovevo creare più personaggi… e ho diviso tutte le parti di me che odio… tutte le possibilità che ho avuto”
Gloria mi guarda sempre più confusa, e io comincio a spiegarle cosa intendo.
“In questa storia ci sono tre ragazzi: Jhonny, Tunny e Will. Jhonny era il me ribelle di quando avevo diciassette anni, quello che voleva cambiare il mondo, quello che sognava la grande città e odiava la società in cui era cresciuto… il Billie Joe dei bassi fondi che si è lasciato fottere la vita da alcol e droga e che dopo vent’anni non è cambiato nemmeno di una virgola… il Billie Joe che avrebbe mandato a fanculo tutto ciò a cui teneva. Poi c’è Tunny, lui è la mia parte che crede che vuole cambiare le cose ma si lascia manipolare da tutte le altre persone… infatti si arruola nell’esercito… ed è anche il Billie Joe che, pur di avere qualcuno che lo conforti, finisce per innamorarsi di chiunque. L’ultimo è Will… quando avevo diciotto anni la mia ragazza rimase incinta…”
Gloria sussulta, non le parlo quasi mai del mio passato.
“….quindi la sua ragazza rimane incinta… esattamente come successe a me alla sua età… con l’unica differenza che Heater, la sua ragazza, è diversa da come fu W con me.”
Un altro sussulto, di solito non le parlo mai neanche di chi fosse realmente Whatsername.
“…W non voleva frenare i miei sogni, incinta di cinque mesi partì con noi in tour pur di non farmi perdere l’occasione… invece Heater è un po’ come un normale adolescente si immagina la sua ragazza incinta, Will diventa una specie di vegetale e la incolpa di non avergli fatto realizzare i suoi sogni… era la mia paura quando ho scoperto che W era incinta… e alla fine ho fatto succedere proprio quello che è successo a me. Li ho fatto perdere tutto. Heater si porta via il bambino di Will, Tunny viene ferito e desidera solo tornare a casa, Jhonny capisce che Sant’ Jimmy era solo la parte cattiva di se stesso e perde l’unico amore della sua vita… tornano tutti a casa e si ritrovano. Un po’ come sto cercando di ritrovarmi io… “
Gloria annuisce piano, si mordicchia il labbro inferiore e da questo capisco che vuole dire qualcosa.
“E… la storia di Whatsername?”
Mi viene da sorridere.
“Come nell’album. Lei lo amava con tutto il suo cuore, lui amava troppo se stesso e la perde”
Gloria sospira, ma mi guarda ancora intensamente.
“Ma tu non l’hai persa così, Billie Joe”
“E’ la stessa cosa”
“No, no che non lo è. Magari hai fatto le migliori puttanate nella tua vita ma non puoi darti la colpa per una malattia, non è stata colpa tua come non è stata colpa di nessuno. Non è per colpa tua che lei è andata via.”
Guardo Gloria e dentro di me c’è una lotta tra la parte che dice che Gloria ha ragione e l’altra che urla che magari, se non sono la causa della morte di W, sono comunque quella della morte di Andrea.
“Hem…hem…” sussurra una voce dal palco.
Ci giriamo entrambi a guardare, sul palco c’è una ragazza bionda molto magra e altra, con le braccia incrociate sul petto.
“Nome?” chiedo alla ragazza, che si avvicina al microfono per parlare.
“Mary Faber” annuncia la ragazza con una voce squillante.
“Bene, signorina Faber, cosa ci canta oggi?”
“Time of your life”
Gloria sbuffa, probabilmente pensa che questa sia una di quelle ragazze che di noi conosce solo due canzoni, oppure le dà un po’ fastidio l’aria sfacciata di questa ragazza.
Ma lei comincia a cantare, ed ha una voce dolce e melodiosa, adatta alle tonalità di quel brano, anche se forse non agli acuti.
Penso che Gloria pensi la stessa identica cosa, infatti segna il suo nome accanto al personaggio di Heater.
Dopo di lei si susseguono altri sette ragazzi, tutti molto bravi (tranne una, che era un disastro) e vestiti assolutamente STRANI, e a due di loro assegniamo le parti di Will e Tunny, mentre gli altri come parti corali e ballerini.
Ancora nessuna Whatsername, né un St.Jimmy o un Jhonny.
L’audizione che segue è un ragazzo coi capelli neri e gli occhi spiritati che si chiama Tony Vincent, che però a metà dell’esibizione se ne va via bestemmiando contro non so cosa.
Gloria mi guarda e ridacchia, alzando le spalle, però tiene comunque il nome vicino alla casella St.Jimmy.
Dopo si susseguono cinque esibizioni femminili, a una diamo la parte della ‘Extraordinary Girl’ di Tunny, ma le altre solo parte del coro.
Dopo due ore e sette caffè di seguito sul palco sale un ragazzo, i cappelli castani talmente arruffati da rimanere in piedi in una posizione impensabile.
“Nome?”
“Jhon Gallagher….Junior”
Mi viene da ridacchiare, esiste ancora gente che chiama i suoi figlio con il suo stesso nome? Guardo Gloria e vedo che lei sta disegnando un coniglio ubriaco sul blocco per gli appunti.
Il ragazzo comincia a cantare, ed entrambi ci giriamo. Sta cantando Are we the waiting. E ci sta anche mettendo l’anima. Io e Gloria ci scambiamo uno sguardo d’intesa, perché abbiamo trovato il nostro Gesù dei Sobborghi.
L’ultima a esibirsi è una certa Rebecca Naomi Jones… entra sul palco a passi svelti e si posiziona sotto il riflettore.
È bassina e abbastanza in carne, un seno prorompente e arruffatissimi capelli ricci marroni, ha gli occhi neri e la pelle scura, forse è ispanica o qualcosa del genere… una ciocca dei capelli è di un fuxia molto acceso, la cosa mi fa sorridere ricordando l’anno in cui W si fece le punte dei capelli azzurre.
Lai sorride leggermente, evidentemente molto imbarazzata, e io le faccio segno di cominciare a cantare, ho solo voglia di tornare a casa.
Poi un esplosione, ma non una bomba, la sua voce.
Rebecca sta cantando Letterbomb, e sul suo viso c’è la rabbia che io volevo fosse espressa da quella canzone.
Rebecca chiude Letterbomb con un acuto fenomenale, poi torna a guardarci.
È lei.
L’abbiamo trovata.
 
ADA
Un’ulteriore prova di quanto io ami il musical realizzato da American Idiot e di quanto io non veda l’ora di vederlo, un giorno! Non sparite con le recensioni, mi raccomando :D

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Capitolo 20
*** Love is our resistance. ***


Love is our resistance.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
 
“È ora” annuncia Christian affacciandosi in camera da letto. Io guardo la luna poggiata alla finestra, è piena e splende sulla città. Avrei preferito non ci fosse, avrei preferito una notte senza stelle e senza luna così da poter agire nell’oscurità. Così da non dovermi sentire osservata.
Respiro lentamente.
Christian è già pronto, per i colpi usiamo sempre gli stessi vestiti, così da non dare alla polizia un identikit più completo con cui identificarci. Lui ha indosso una camicia rossa a quadri, un giubbotto di jeans scuro e un paio di jeans, quei vestiti potrebbe averli chiunque, siamo irriconoscibili.
Chiudo gli occhi e indosso la maglietta a righe rossa e nera, i pantaloncini neri e il giubbotto di pelle, poi mi sciolgo i capelli, che ricadono sulle spalle in onde morbide.
Ho paura, non ho mai avuto così tanta paura prima di un colpo in vita mia.
Cosa succede se ci scoprono? E se mi prendono? Andrò in prigione? E cosa succede se mi riconoscono mentre vado da Billie Joe? Lui finirà nei guai?
No, questo non posso permetterlo.
Apro un cassetto e ci frugo dentro, ho bisogno di trovare qualcosa che non mi renda riconoscibile, dato che le maschere anti gas oggi le devono indossare altri due della banda.
Poi la trovo, una vecchia bandiera dell’America sgualcita, la piego a metà e ne faccio una bandana che mi lego attorno alla bocca.
“Sei pronta?”
Mi giro verso Christian.
“Ora si”
-
La casa farmaceutica è un edificio che potrebbe essere tranquillamente utilizzato come set per un film dell’orrore. È un palazzo a tre piani totalmente bianco e con le finestre tutte uguali disposte lungo le quattro facciate, nei sotterranei ci sono i parcheggi e i magazzini, è circondato da un muro altro almeno due metri e mezzo che fa molto muro di Berlino per i graffiti che lo ricoprono, ed è totalmente circondato da filo spinato elettrificato.
Ci sono diversi ostacoli da superare, per riuscire ad entrare, e dobbiamo inventarci una cosa nuova ogni volta.
Il primo ostacolo sono le sentinelle che girano di fronte agli ingressi, poi c’è il muro e il filo spinato o le serrature a doppia mandata delle porte, poi il parcheggio all’aperto con le altre sentinelle e i cani, il sistema di allarme del magazzino e, ultimo ma non meno importante, la fuga, che è sempre la parte più complessa.
I rifornimenti arrivano questa notte, quindi la sorveglianza è quadruplicata, anche perché probabilmente questa è anche la notte in cui vanno a scaricare tutte le loro schifezze in mare.
Guardo Christian, lui è quello che porta le… le armi.
È una cosa che mi ha sempre fatto paura, il fatto che possedessimo armi vere, gli altri dicono che sono solo per autodifesa ma in effetti siamo noi quelli che stanno attaccando, l’autodifesa non regge come scusa.
Lui è tranquillo, continua a far roteare quello stramaledetto coltello nella sua mano, e guarda ai muri come se volesse solo correre e saltarci sopra.
Ma, per sua sfortuna, la mente sono io, e se non dico che tutto è tranquillo, nessuno si muove.
Faccio un respiro profondo e mi nascondo dietro il lampione principale della strada, mentre tutti gli altri rimangono indietro, poi premdo dalla tasca il cacciavite e apro il pannello di controllo.
Com’era? Filo blu, giallo e rosso, scambiare i primi due. Stacco i fili e li riattacco come avevo già provato con i lampioni della nostra strada e fortunatamente funziona. Tutti i lampioni si spengono e la strada rimane al buio.
È un espediente  fantastico, penseranno che sia saltata la corrente e non si accorgeranno di nulla.
Faccio segno agli altri di proseguire e mi avvio verso l’unico ingresso della struttura che ha il sistema di controllo elettrico.
Faccio segno a Christian di avvicinarsi e ad altri due di controllare se le guardie tornano, poi studio la situazione.
Il pannello di controllo è facile da aprire, basta lo stesso cacciavite di prima, ma non ho la più pallida idea di come si faccia a staccare la corrente.
Poi mi viene un’idea, non sarà necessario staccarla.
Prendo dallo zaino di Christian il fil di ferro e lui continua a osservarmi, stacco uno dei fili e ne attacco l’estremità a un capo del fil di ferro, poi levo la punta da uno dei due cacciavite che ho in tasca e attacco l’altro capo del filo.
“Hai la fionda?” sussurro a Christian, inginocchiato accanto a me a osservarmi mentre lavoro. Lui annuisce e la tira fuori dallo zaino, la situazione sembra ancora tranquilla.
Guardo gli altri pregando che funzioni, e gli faccio segno di allontanarsi, anche perché io sono quella con la mira migliore. Indietreggio di qualche passo e spero che non faccia troppo rumore, la sentinella successiva è a soli duecento metri da qui, non ci metterà molto ad arrivare.
Chiudo gli occhi, gli riapro e scaglio la punta del cacciavite col fil di ferro attaccato contro il filo spinato elettrificato.
Un secondo, e una pioggia di scintille mi cade addosso.
Mi accuccio a terra proteggendomi il viso e qualche secondo dopo tutto finisce, fortunatamente non ha fatto molto rumore, ma le scintille ci hanno resi visibili, dobbiamo fare in fretta.
Guardo gli altri, tutti a bocca aperta, poi con cautela mi avvolgo la mano nella manica del giubbotto e abbasso la maniglia della porta che, grazie al cielo, si apre.
-
Superare quei buffoni all’interno è stato più facile del previsto, sono tutti corsi a vedere cosa erano quelle scintille e noi siamo sgattaiolati da dietro alcune auto prima che potessero vederci.
Christian apre la porta del magazzino con un pezzo di ferro ricurvo, i camion sono già lì dentro, ci guardiamo e mi sento di nuovo bene, di nuovo potente, sento che potremmo farcela senza conseguenze.
Lentamente e senza fare il minimo rumore ci posizioniamo ognuno vicino ad uno dei camion e cominciamo a forare le ruote, manomettere cavi e fili e Christian comincia a disegnare sulle superfici bianche dei camion, lasciando anche la nostra impronta di stile, poi si avvicina a me, che mi sto concedendo un attimo di riposo.
“Sei carina con quella bandana” mi sussurra in un orecchio, io sorrido ma credo che lui non se ne sia accorto.
“Ancora pochi minuti e sarà finita, Gloria” poi mi da un leggero bacio sulla fronte.
In quel momento, la porta si apre.
“Chi diavolo c’è qui?!” urla la voce di un uomo, poi un sacco di passi dietro di lui.
Codice rosso. Bisogna scappare, e anche il più velocemente possibile.
Cominciamo tutti a correre, sparpagliandoci tra i camion verso l’uscita, cercando di seminarli senza farci sparare, ma loro sono tanti e continuano a correrci dietro.
Sento che nelle mie tasche tintinnano il cacciavite, alcune monete e il cellulare che mi ha regalato Billie Joe per Natale, così da rendermi reperibile quando mi cercava.
Mi infilo tra lo stretto corridoio tra due camion, la porta è a soli pochi metri da me, riesco quasi già  ad assaporare il profumo della libertà, quella porta esce direttamente sulla città, non appena varcata saremo liberi.
Poi sento la tasca diventare più leggera, continuando a correre.
Mi volto ed è lì, il mio cellulare è per terra. Il mio buon senso mi dice di continuare a correre e salvarmi la pelle ma so che se lo trovano ci indagheranno sopra e allora troveranno tutte le chiamate di Billie Joe e lui finirà in guai grossi per colpa mia.
Torno indietro di corsa prendendo il telefono, loro sono sempre più vicini, Christian di è girato verso di me e mi urla qualcosa contro ma io non lo ascolto, ho levato la batteria del cellulare e l’ho distrutta con il piede.
Guardo Christian, e so che non c’è più niente da fare, lo leggo nella rabbia e rassegnazione nel suo sguardo.
Perché lui va via, e loro mi prendono.
 
ADA
Lo so che avete atteso molto ma il mio computer funziona una volta si e 327845182 no ç_ç comunque almeno vi ho dato un capitolo bello movimentato :D

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Capitolo 21
*** You're a stray for the salvation army. ***


You’re a stray for the salvation army.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
A svegliarmi è una secchiata gelida di acqua sul viso.
Apro gli occhi, sento ancora il tessuto bagnato della bandana stretto attorno alla mia bocca, solo che questa volta non è un simbolo di ribellione, è un bavaglio.
Mi hanno messa su di una brutta e scomoda sedia da ufficio, fortunatamente non ho le mani legate, ma davanti a me c’è un uomo enorme con gli occhi cattivi fissi su di me, ha sul volto un sorriso felino e cattivo.
Dietro di lui ci sono altri due a controllare la porta d’ingresso.
Incrocia le braccia al petto e comincia a battere col piede.
Lo trovo molto molto snervante.
Non so dove siamo, non ho mai visto questa stanza prima d’ora, so solo che è tutta grigia, le persiane sono abbassate e sono esattamente sotto una grossa lampada di quelle da ospedale con una luce troppo forte.
L’uomo si sporge verso di me, poggiando le braccia sui braccioli della sedia fino a circondarmi.
Il suo alito è un misto di alcol e patatine, davvero rivoltante.
“Proprio quello che mi aspettavo, una… ragazzina”
Stringo i denti per evitare l’impulso di morderlo da un momento all’altro, meglio non aggravare la situazione.
Lui mi carezza il viso con un dito e a me vengono i brividi, mentre si china si di me e prende un lembo della bandana con i denti e me la sfila.
“Per tua fortuna sei anche molto carina”
Non dico nulla, rimango zitta a fissarlo con tutto il disprezzo di cui sono capace.
Lui mi afferra i polsi, stritolandoli contro i braccioli della sedie e mi fa male, il suo viso è talmente vicino al mio da potersi toccare.
“Dimmi subito il nome tuo e di tutti gli altri tuoi amichetti che giocano a fare i ribelli, ragazzina, o le conseguenze potrebbero essere devastanti”
Non mi controllo più e gli sputo in faccia.
Lui mi molla una sberla talmente forte che l’occhio destro comincia a pulsare e sento un rivolo di sangue colarmi sulla guancia, forse è un taglio causato dall’anello che quell’energumeno ha al dito medio.
Si china leggermente ai lati della sedia e prende un altro secchio.
Altra secchiata gelida d’acqua addosso, ma sono troppo fiera per permettergli di vedermi tremare.
L’uomo continua ad avvicinarsi a me, e gioca con una ciocca dei miei capelli.
“Ingegnoso il trucchetto per entrare, lo hai studiato tu?”
Senza volerlo incurvo leggermente la bocca, lui lo prende come un sorriso d’assenso e si allontana verso una valigetta.
“Proprio come immaginavo”
Si gira, in mano ha uno di quegli aggeggi che si usano per ridare corrente alle macchine.
“Ti sei messa contro le persone sbagliate, ragazzina”
Attacca una di quelle mollette a un generatore, poi mi si avvicina con l’altra in mano, quasi giocherellandoci.
“Sarebbe facile farlo passare per un incidente, dire che sei rimasta folgorata quando avete fatto saltare l’impianto elettrico. Ma sai a me non piace proprio questo lavoro, è un lavoro sporco ma qualcuno deve pur farlo. Certo, a meno che tu non mi dica chi c’è sotto tutta questa storia”
Sono bagnata e quella è elettricità, le due cose non sono mai andate d’accordo, so che non ci vorrà molto prima di farmi fuori, ma non ho intenzione di cedere.
Lui guarda i due a guardia della porta e fa un gesto con la mano.
“Andate, voi, ci penso io”
I due ragazzi escono, e riesco a intravedere cosa c’è al di là della porta: il mare.
Mi hanno portato nel deposito sul mare che usano per scaricare la loro robaccia, mi basterebbe varcare quella porta per essere libera.
Lui mi si avvicina, posa una di quelle “mollette” sul tavolino accanto alla sedia e mi prende il mento tra indice e pollice.
“Beh… potrei sempre lasciarti andare come innocente… ma certo, tu dovresti darmi qualcosa in cambio…” prende la mia mano e se la posa sul cavallo dei pantaloni.
Sconvolta tiro indietro la mano e cerco di morderlo, ma lui si allontana troppo in fretta.
“Bene, visto che vuoi le maniere forti”
La molletta mi tocca la pelle, e una scossa mi fulmina lasciandomi paralizzata.
Dura solo un secondo, ma è il secondo più lungo della mia vita, sento che tutti i miei muscoli stanno andando a fuoco e la testa mi scoppia, lui ride sguaiatamente.
“Allora, adesso vuoi parlarmi?”
Senza neanche un secondo di attesa, faccio la prima cosa che mi passa per la testa: comincio a cantare l’inno americano.
“Oh, say can you see, by the dawn’s early light! What so proudly we hailed at the twilight’s last gleaming? Whose broad stripes and bright stars, through the perilous fight, O’er the ramparts we watched, were so gallantly streaming?!”
Altra scossa.
Fa un male cane, quasi insopportabile, e cerco di nascondere la maggior parte possibile del mio corpo infilando le mani in tasca.
Quando lo sento.
Ho ancora in tasca il cacciavite sano.
Lui mi si avvicina, è l’ultima occasione che mi è rimasta, mi rigiro il cacciavite nella mano mentre quel mostro mi guarda coi suoi occhi orribili e spiritati.
“Che c’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
Gli pianto il cacciavite nella gamba.
Lui si accascia al suolo per il dolore, io riprendo la bandana e corro fuori dalla porta, cercando di orientarmi in pochi secondi.
Corro come una matta tra le case, cercando il primo posto dove nascondermi, per poi gettarmi dentro un vecchio ripostiglio degli attrezzi di una piscina.
Rimango lì per ore, fino a quando i passi sulla strada, finalmente non finiscono.
 
-
 
Non ricordo di aver mai avuto tanta voglia di tornare a casa in vita mia, né mai le scale mi sono sembrate tanto lunghe e il tempo tanto lento a scorrere.
È l’alba, sono le cinque del mattino, quasi quattro ore dopo il colpo, e io mi sto trascinando come un fantasma verso l’ultimo piano dell’hotel sperando che non mi abbiano già dimenticata.
Che cosa avrebbero avuto intenzione di fare gli altri? Mi avrebbero cercata? Sarebbero andati dalla polizia? No, certo che no, non si va dalla polizia per denunciare il rapimento di una tua amica durante un’incursione notturna in una proprietà privata.
Ho solo voglia di tornare a casa mia, mettermi a letto, buttare questi vestiti e poi, solo poi, dopo una sana dormita, ricominciare il cambio dei capelli per non essere riconoscibile.
Il corpo mi fa ancora male, tra le botte, la scossa e la folle corsa finale sono tutta un dolore.
Poggio la mano sulla maniglia e apro la porta.
Christian mi salta quasi addosso, afferrandomi per le spalle e scuotendomi con fervore.
“CHE DIAVOLO TI E’ SALTATO IN MENTE, GLORIA?! SEI FORSE IMPAZZITA?! POTEVI FARCI SCOPRIRE! POTEVI MANDARE MESI E MESI DI PIANI A MONTE PER UN CELLULARE! TI PREGO, DIMMI CHE ALMENO NON HAI RIVELATO NULLA”
Niente “stai bene?”, niente “che ti hanno fatto?”, niente “come sei riuscita a scappare?” o “ho avuto paura per te”.
Pensa solo al suo piano, pensa sempre e solo al suo fottutissimo piano e a cosa possa o non possa ostacolarlo.
È sempre la solita storia, soprattutto oggi, che è primo febbraio, ma scommetto che lui nemmeno si ricorda che oggi, sedici anni fa, ci siamo conosciuti.
“Se trovavano il telefono trovavano anche tutte le chiamate di Billie Joe, ci sarebbe andato di mezzo lui”
“non è un buon motivo per mandare mesi di pianificazione a monte! Billie Joe, Billie Joe, Billie Joe, ormai non sai parlare di altro! Sempre e solo Billie Joe!”
Sono adirata, sento la testa scoppiarmi e il corpo diventare bollente come se avessi ricevuto un’altra scossa.
“Smettila, Christian! Smettila di fare il rivoluzionario al cazzo e ascoltami per una volta”
Christian, stranamente per i suoi standard, ammutolisce. Sento che il taglio che ho sul viso ha ripreso a sanguinare, ma non mi importa, perché anche le mie parole sanguinano.
“Non ti importa niente di nessuno! Non ti importa niente di tutto quello che ti circonda a meno che non sia per tuo tornaconto! Credi che bucare un paio di ruote possa fare la rivoluzione? Si, magari è un inizio, ma la vera rivoluzione deve essere dentro di TE! Dentro di NOI! E come puoi pretendere di cambiare il mondo se non cambi te stesso? Come puoi pretendere di cambiare il mondo se rifiuti di provare amore per qualsiasi cosa che non sia una tua stessa idea? Nemmeno ti sei degnato di chiedermi come stavo? Vuoi sapere cosa è successo quando mi hanno presa? Accontentato! Sono stata imbavagliata e picchiata da un uomo che pesava tre volte me, ha cercato di molestarmi e mi ha preso a schiaffi riempiendomi di lividi e tagli! Poi mi ha lanciato delle secchiate di acqua gelida addosso e ha cominciato a torturarmi con scariche di elettricità! E vuoi sapere cosa ho fatto io? Nulla! Non ho parlato! Sarebbe stato più facile, ma non l’ho fatto! Sentivo che ogni parte del mio corpo pregava di morire ma ho resistito, gli ho sputato in faccia a quel bastardo! E sai perché? Perché speravo di riuscire a scappare, speravo di non dover far male a nessuno, speravo di poter tornare a casa. Non ho parlato perché ci credo anche io in questa cosa, contrariamente a quanto pensate tutti, non ho parlato perché credo in qualcosa che amo… in QUALCUNO…che amo”
Christian mi guarda a bocca aperta, poi cerca di avvicinare la mano al taglio che ho sul viso. Ma quel movimento, quella scena, mi ricorda terribilmente l’uomo dal quale sono fuggita poco fa.
Indietreggio.
“Sono passati sedici anni, da quando mi conosci. Dieci da quando promettemmo che ci saremmo sempre presi cura l’una dell’altro. Cinque dal primo bacio. Due dalla prima volta. Uno da quando viviamo insieme…” le lacrime cominciano a scendere sul viso mischiandosi con il sangue, ma fanno molto più male “… eppure non mi hai mai detto di amarmi. Nemmeno mi hai mai detto che ci tieni a me. Beh, io sono stufa di tutto questo. Perché io ti amo… ma tu ami solo uscire di notte e infilarsi dentro fabbriche a imbrattare muri e sabotare aziende. Beh, divertiti, ma fallo da solo. Perché questa è la prima volta in vita mia in cui ho qualcosa da perdere.”
Prendo lo zaino vicino all’entrata, quello che tengo sempre pronto per le emergenze, poi mi giro a guardare Christian, ancora in silenzio.
“Tu, invece, hai solo te stesso. Come hai sempre voluto”
Scappo via.
 
-Adrienne-
 
Chi diavolo può suonare in una proprietà privata alle cinque del mattino?
E soprattutto, come diavolo hanno fatto a superare i cani e il cancello?
Billie Joe mugugna qualcosa poi si gira dall’altro lato, come al solito toccano a me i lavori sporchi.
Mi allaccio la vestaglia e metto le ciabatte, correndo già per due rampe di scale fino ad arrivare nell’ingresso. Una lieve luce filtra dalle finestre, l’alba si sta avvicinando, il rumore di qualcuno che bussa continua per qualche secondo poi, d’improvviso, si blocca.
Mi avvicino riluttante alla porta e la apro di scatto, nel momento esatto in cui Gloria sviene ai miei piedi.
 
ADA
ZANZANZAN! Due capitoli in un giorno perché siete stati meravigliosi con le recensioni :D Grazie mille a Roxylilly per aver consigliato la mia fan fiction :D Io vi consiglio DA IMPAZZIRE ‘Brutal Life, Brutal Love’ il suo seguito di ‘Blue’, una delle migliori storie che io abbia mai letto :D
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto \ vi abbia lasciato sconvolti :P a presto!

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Capitolo 22
*** Please, don't leave me. ***


Please, don’t leave me.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Billie!” urla Adie dal piano di sotto.
“mmh..” mugugno girandomi dall’altra parte, con il cuscino piantato sulla testa per cercare di riprendere sonno.
“Billie!” urla più forte lei, con un certo tono di disperazione. Giro che se è di nuovo per il cane che l’ha fatta sul tappeto la uccido.
Come minimo per avermi svegliato a quest’ora ci dev’essere qualcuno in fin di vita.
“Billie!” urla ancora lei, e questa volta mi sembra quasi che singhiozzi.
Mi metto seduto sul letto, sono le cinque e mezza di mattina, cosa diamine può essere successo? Adrienne urla ancora, e io comincio a preoccuparmi, solitamente dopo due o tre tentativi ci rinuncia.
Indosso la vestaglia e le ciabatte ed esco dalla camera, cominciando a scendere le scale.
Arrivato alla seconda rampa, vedo dall’alto l’ultima cosa che avrei desiderato vedere: Adrienne è inginocchiata sul pavimento, con il viso di una Gloria priva di sensi poggiato sulle ginocchia e del sangue bagna il pavimento.
“Gloria!!” urlo precipitandomi giù dalle scale per inginocchiarmi accanto a loro.
Adrienne è scossa dai singhiozzi, accarezza convulsamente i capelli di Gloria, visibilmente sconvolta e incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
“Che è successo?” cerco di chiedere con tutta la calma di cui sono capace in quel momento.
“Io… non lo so… bussava forte e io… io ho aperto la porta e lei… mi è caduta addosso ed è…” altro singhiozzo, altre lacrime che le rigano il viso, le accarezzo le spalle cercando di calmarla “… Non capisco come sia potuto succedere… è piena di scottature e ferite e tagli…. Ha un sacco di lividi… e un grosso taglio sul torace che non smette di sanguinare… io credo… credo che sia stato lo sforzo di correre fino qui….”
Cerco di ragionare sul da farsi, altri passi si muovono dentro casa, lungo le scale.
“Che accidenti succede qui?!” urlano in coro Jakob e Joey, anche loro ancora in pigiama e con il viso di chi è stato svegliato di soprassalto.
“Oh mio Dio!” Joey e Jakob si precipitano giù dalle scale, sedendosi accanto a noi, Gloria è ancora priva di sensi, ma ogni tanto ha qualche convulsione.
“Dobbiamo chiamare un’ambulanza!” urla Joey in preda al panico.
Una parte del mio cervello pensa che Joey abbia detto l’unica cosa sensata da fare, ma un’altra invece mi dice che non è così, Che se Gloria è arrivata qui di corsa e piena di ferite un motivo c’è, è non è un motivo da poter raccontare ad un ospedale o ad una stazione di polizia.
Poi mi ricordo di che giorno è oggi, questa notte hanno colpito di nuovo… e questa sembra essere la tragica conseguenza.
“…non possiamo”
Jakob mi guarda e annuisce, lui ha capito, e mi sembra fin troppo tranquillo per la sua età. Del resto mio figlio è sempre stato vent’anni più grande della sua età anagrafica.
“A scuola ho frequentato un corso di pronto soccorso” dice pacatamente, spostandosi accanto ad Adrienne “…mamma, puoi per favore prendere asciugamani, acqua fresca, disinfettante e bende? Dovrebbe esserci tutto nel kit di pronto soccorso, quello sotto il lavello del bagno”
Adrienne guarda Jakob per qualche secondo a bocca aperta, esattamente come tutti noi, poi annuisce ed esegue, io prendo il suo posto e tengo la testa di Gloria sulle mie gambe.
Jakob si alza e prende un paio di forbici da un cassetto della cucina, poi comincia a tagliare la maglia di Gloria.
“Che diamine stai facendo!?” sbotta Joey distogliendo lo sguardo.
“Bisogna vedere dov’è ferita, preferisci sfilargliela tu?”
Joey ammutolisce, Jakob finisce quello che ha iniziato, senza mostrare il minimo imbarazzo nell’avere una ragazza in reggiseno svenuta davanti a lui.
“Sembrano… bruciature… ma non da fiamma…” Jakob si morde il labbro, ma torna concentrato “… serve un medico, papà. Non credo di poter fare miracoli, non hai qualcuno di cui puoi fidarti?”
Annuisco. L’unico medico di cui mi fido è sempre lo stesso, lo stesso che ha assistito alla nascita dei miei tre figli e alla convalescenza di W…
“Chiamerò Carter il prima possibile, intanto facciamo quel che possiamo”
Adie arriva con il kit di pronto soccorso, asciugamani, acqua e bende e Jakob, nello stupore di tutti, si mette all’opera.
Pulisce le ferite di Gloria con l’acqua fresca, poi bagna un secondo asciugamano più piccolo e glielo stende sulla fronte, mette un cerotto dalla forma strana sul taglio che ha sulla guancia, che fortunatamente non sembra essere profondo. Arrivato alle bruciature di blocca, ma dopo qualche secondo comincia a versarci sopra u po’ d’acqua, Gloria ha un sussulto.
“Jakob, sei sicuro di quello che fai?”
“Con le ustioni da fuoco si fa così, serve per fermare l’ustione prima che raggiunga livelli troppo avanzati, per poi mettere qualche pomata… ma non so cosa bisogna fare con questo tipo di ustione… ci sto provando”
“Vai alla grande, figliolo” gli sorrido, non abbiamo una conversazione così lunga da… mai, credo. Jakob mi sorride a sua volta, contento di potersi rendere utile, suppongo, poi torna concentrato su Gloria.
Comincia a spalmare sulle ustioni una pomata per le bruciature e lei si rilassa leggermente, il suo corpo sembra provare sollievo, Jake prende delle garze, le disinfetta e le posa sulle ferite, per poi fasciarle l’intero torace (con il nostro aiuto per sollevarla leggermente) con le bende.
“Per i lividi non credo ci sia molto da fare, comunque suppongo bisognerà imbottirla di antidolorifici e antibiotici”
“Dirò al dottore di portarli al più presto… ma come le sai tutte queste cose?”
Jakob alza le spalle.
“Vorrei fare il medico”
Adrienne sorride, finalmente più tranquilla, e sentiamo che anche Gloria sembra stare meglio, adesso il suo respiro è più regolare e sembra che si sia addormentata.
“Jake?”
“Si, papà?”
“Sei stato fenomenale”
 
-
 
Il dottor  Thomas Carter esce dalla stanza dove abbiamo lasciato Gloria, si passa una mano tra i capelli, ormai diventati grigi, e aggiusta gli occhiali a mezza luna su naso.
“ Se la caverà” annuncia infine, e noi tutti tiriamo un sospiro di sollievo.
“Certo, avrei preferito tenerla sotto osservazione in ospedale, ma visto che mi hai detto di no…”
Stringo la mano a Carter e ci abbracciamo, dopo tutto quello che abbiamo passato insieme mi sembra di rincontrare un amico che non vedevo da tempo.
“Cosa le è successo, Billie Joe? Una ragazzina non si procura tutti i giorni ustioni da elettricità, se l’è vista davvero brutta, è fortunata a non aver riportato contusioni interne gravi, probabilmente la scarica era debole”
“Non ne ho la più pallida idea, Tom, davvero.”
“Suppongo di non poter fare domande, no?”
“Te ne sarei infinitamente grato” Carter sospira.
“Cosa devo scrivere sulla cartella clinica” alzo le spalle,
“Qualsiasi scusa sia credibile, suppongo”
“Calo di tensione, due cavi della tua stanza di registrazione sono saltati e lei è stata colpita, fortunata ad essere viva. Ti piace?”
“Ti devo un favore”
Tom Carter sorride leggermente, nei suoi occhi qualcosa di triste si fa spazio, come del rammarico.
“Adesso siamo pari…”
Carter non si era mai perdonato di non essere riuscito a salvare W, lo sapevo da tempo, aveva condiviso lo stesso sentimento per un sacco di tempo. Erano bastati pochi mesi in clinica per farla adorare anche da lui, e averla persa in quel modo non era stato facile anche per uno che è abituato a vedere gente morente ogni giorno.
Carter mi da’ una pacca sulla spalla “Continua a somministrarle le medicine che ti ho dato, Bill, si rimetterà. Ora se vuoi parlare, è sveglia, e dì a tuo figlio che ha fatto un ottimo lavoro, e che un giorno non mi sorprenderei se dovessi ritrovarmi a chiamarlo capo. Prenditi cura di te, Billie Joe”
E dicendo questo, si dilegua oltre la porta.
Entro in camera facendo il minor rumore possibile, Gloria è distesa sul letto, la schiena poggiata contro una montagna di cuscini, i capelli leggermente arruffati, mi fa un mezzo sorriso.
“Ehilà!”
“Non hai una bella cera, ragazzina”
“Stavo per dirti la stessa cosa, rockstar”
Mi siedo accanto a lei su letto, prendendole la mano tra le mie, adesso è leggermente più calda.
“Suppongo che chiederti cosa è successo sarebbe inutile”
Gloria ridacchia, fermandosi per un colpo di tosse.
“E’ stato un delirio! Erano così arrabbiati! Ahah, avresti dovuto vederli, uno spettacolo! Soprattutto quel ciccione con i cavi elettrici” altra risatina soffocata, altro colpo di tosse, lei si porta le mani sulle costole per il dolore.
“Cavi elettrici?”
“Mi hanno presa, e un pazzo con le manie da serial killer ha cercati di farmi parlare, torturandomi con l’elettricità. Ma non è riuscito a cavare niente dalla mia bocca, fosse l’ultima cosa che facevo! Beh, niente a parte…” altra risatina “… a parte l’inno americano!”
“L’inno americano?”
“E’ una luna storia”
La accarezzo il volto, lei chiude gli occhi e posa la sua mano sulla mia, premendola ancora di più contro il suo viso, mentre una lacrima scivola tra le nostre dita intrecciate.
“Abbiamo tutto il tempo del mondo per parlarne, adesso devi solo riposare e lasciarti imbottire di farmaci”
“Bleh, quel dottore era uno a posto, però” le sorrido piano.
“Lo so, mi fido di lui, non dirà nulla”
Gloria sgrana gli occhi.
“è passata la polizia?”
Annuisco piano, lei sembra terrorizzata.
“Cosa? Che ti hanno detto? Mi hanno vista? Sei nei guai?”
Sorrido.
“Non hai ancora dato un’occhiata al tuo nuovo look, vero?”
Gloria alza un sopracciglio, afferrando il piccolo specchio poggiato sul comodino e guardando il suo riflesso.
“Però! Niente male!”
Prima dell’arrivo del dottore, io e Adrienne avevamo capito che, se chiunque di loro l’avesse riconosciuta, Gloria sarebbe finita dritta filata in prigione, quindi avevamo chiamato Brittney, la fidanzata di Mike, per un intervento della massima importanza.
Avevamo tagliato i capelli di Gloria in un caschetto preciso, rifinito il ciuffo, levato il riflesso blu al colore, adesso solo nero pece, dei suoi capelli  e eliminato la ciocca colorata.
Con un po’ di trucco e diversi vestiti, non avrebbero potuto accusarla, anche perché noi avevamo sostenuto fino alla fine che lei era rimasta a casa nostra tutta la notte.
Anzi, Joey, per rendere il tutto più credibile, aveva persino detto al poliziotto che era sicuro che Gloria non fosse uscita perché avevano passato la notte insieme, e lui e Adrienne avevano inscenato una finta lite sul fatto che Joey fosse troppo giovane per andare a letto con chiunque.
Dopo questo, credo che mio figlio oltre che il musicista possa fare anche l’attore.
“Grazie…” sussurra lei infine.
“Non dirlo a me, dillo a Jakob o al dottore… mi hai fatto davvero prendere un bello spavento, piccola”
Lei sorride, ma questa volta senza strafottenza, solo un sorriso dolce e colmo di gratitudine.
“Posso farti una domanda, Gloria?”
“Spara!”
“Dove sono tutti i tuoi documenti? Insomma la tessera sanitaria, la carta d’identità, il passaporto?”ria
“Ancora alla casa famiglia, mi riprometto sempre di andargli a prendere ma in effetti non mi servono a nulla, anzi renderebbero solo più facile essere scoperta! E poi ogni volta che vado lì quelle matte delle suore cercano ancora di organizzarmi incontri con famiglie che vogliono adottare ragazzi già grandi, manco fossi un cucciolo da dover piazzare al canile!”
Ridiamo insieme e le scosto dal viso una ciocca di capelli.
“Adesso riposa, tra qualche ora sarà pronto il pranzo, ti chiamo quando è tutto in tavola”
Gloria si sporge leggermente per baciarmi una guancia, avremo tempo dopo per parlare di cosa è successo tra lei e Christian.
Perché, in effetti, è davvero evidente che tra lei e Christian è successo qualcosa.
Scendo le scale, chiudendomi la porta alle spalle, e vado da Adrienne, che sta pelando delle patate in cucina.
Il pensiero che mi è balenato in testa poco prima non mi abbandona, e non credo lo farà per un po’.
“Adie?”
“Si, Bill?”
“Devo proporti una cosa”
 
ADA
Tadaaaaaaaaaaaaa, un urrà per Jakob ! Gloria se l’è vista brutta, è vero, ma almeno adesso è in un posto accogliente, in una casa : ) si accettano scommesse su cosa ha in mente Billie Joe!

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Capitolo 23
*** Beth. ***


Beth.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
(Immaginatevi la canzone “Beth” dei Kiss, e se non la conoscete, beh che aspettate ad ascoltarla?!)
 
“Cosa?!”
“Esattamente quello che ho detto”
“Spero che sia solo uno scherzo di cattivo gusto, Bill”
“No, ci ho pensato bene e mi sembra un’ottima soluzione”
“Un’ottima soluzione? E secondo quale criterio?”
“Secondo il criterio del doverla proteggere!”
“Affittale una guardia del corpo, ma non questo!”
“Cosa cambierebbe? Comunque passa un sacco di tempo a casa nostra”
“Si, ma ADOTTARLA è tutta un’altra storia! Significa avere la sua piena responsabilità legale, significa che dovrà vivere con noi sempre, e dovremo pagarle l’università e significa avere un terzo figlio! Non hai pensato a come potrebbero prenderla i ragazzi? Insomma, Joey ha anche una cotta per lei!”
“I ragazzi capirebbero, a loro Gloria piace e poi è una situazione di emergenza”
“Non lo so, Bill. Lo sai cosa fa Gloria tutto il giorno! Hai davvero voglia di rivivere situazioni come quella di ieri mattina?”
“No, ed è esattamente per questo che voglio adottare Gloria, per assicurarle un futuro migliore, per tenerla al sicuro. Guardaci, Adie, quando avevamo diciotto anni avresti mai detto che saremmo finiti così? Quando ci siamo conosciuti io giravo su un furgone mezzo scassato suonando in dei locali per pizza e birra! E adesso abbiamo una casa grande quanto una reggia e un sacco di soldi che non sappiamo nemmeno come spendere! Voglio solo dare una possibilità a chi non ha nulla da perdere”
Adrienne poggia le mani al bancone della cucina, il viso basso e i capelli disordinati.
“Sei sicuro che non ci sia… altro?”
“Cosa intendi?” le chiedo incrociando le braccia al petto, lei si passa una mano tra i capelli raccolti e respira profondamente, cercando le parole.
“Sei sicuro che… che tu non stia solo cercando di… recuperare… una figlia?”
Mi blocco, e per qualche secondo penso solo che odio Adrienne con tutto il mio cuore per quello che ha appena detto. Come può soltanto pensare una cosa del genere? Come può parlare di Andrea in questo modo? Come può solo pensare che io stia cercando un surrogato di mia figlia?
“Ritira subito quello che hai detto”
“Lo vedo che ci pensi ancora, Bill! E vedo anche che adesso che c’è lei nella tua vita ti senti meglio, come se avessi riacquistato un pezzo di te. Ti sembra di aver ripreso una parte della tua vita che avevi perso”
“RITIRA QUELLO CHE HAI DETTO!”
“GLORIA NON E’ ANDREA, BILLIE!”
“Basta…” sussurra una voce dalla cima delle scale, prima che io finisca per perdere la pazienza.
Joey scende piano gli scalini, gli occhi quasi lucidi, ma ha comunque un’espressione fiera, e capisco che ha ascoltato tutto quello che abbiamo detto fino ad adesso.
“Joey…” sussurra Adrienne, asciugandosi le lacrime dal volto.
“Si”
“Che cosa?”
“Si, dobbiamo farlo, dobbiamo far diventare Gloria parte della nostra famiglia”
Io e Adrienne ci guardiamo, lei è sbigottita tanto quanto me.
“In questa ci sono dieci stanze per ogni persona, in quella dove viveva Gloria ci sono dieci persone per ogni stanza. C’è qualcosa di eticamente sbagliato in tutto questo…”
Adrienne si avvicina a nostro figlio e gli cinge le spalle con un braccio, sorridendo leggermente.
“Sei sicuro?”
“Certo che sono sicuro! E poi… se non abbiamo legami di sangue non è illegale se ci provo con lei, vero?”
Ridiamo tutti e tre e Adrienne mi guarda, il volto leggermente più addolcito.
“Va bene, facciamolo”
“Facciamo cosa?” chiede Gloria, scendendo le scale ad uno ad uno con le sue stampelle, facendo un piccolo saltello con il piede sano ogni volta che scendeva un gradino.
Nella corsa di quella sera, era riuscita anche a lussarsi una caviglia. Mi precipito ad aiutarla, cingendole la vita con un braccio e portandola al piano terra, Adrienne e Joey mi guardano.
“Gloria, ti va di fare quattro chiacchiere?”
Gloria arriccia le labbra e guarda la mia chitarra, ancora buttata sul divano nel tentativo della sera precedente di comporre qualcosa.
“Mmm… a dire il vero no… adesso ho voglia di suonare… vieni con me”
le sorrido e annuisco, portandola verso il divano, ma lei si svincola dalla mia presa e si siede per terra a gambe incrociate, con la schiena poggiata al divano e gli occhi che corrono sulle corde.
“Allora..” mi chiede “… cosa ti va di suonare?”
Ci penso e subito mi torna in mente una delle canzoni che cantavo ad Andrea per addormentarsi, una volta che W non c’era più, e mi viene anche da pensare che forse Adrienne non avesse tutti i torti.
Ma non in modo negativo, in modo positivo, oggi è possibile che io abbia di nuovo trovato una figlia.
Perché io non lo so come sarebbe stata Andrea all’età di Gloria, probabilmente non lo saprò mai, ma mi piace pensare che, tra i miliardi di possibilità, ci fosse anche quella che mia figlia sarebbe stata esattamente come la ragazza che ho di fronte in questo momento.
E so perfettamente cosa ho bisogno di cantarle.
 
“Beth, I hear you calling
But I can’t come home right now
Me and the boys are playing
And we just can’t find the sound…”
 
Gloria mi sorride radiosa, evidentemente conosce la canzone, perché subito dopo comincia a intonare con la sua voce melodiosa, gli occhi chiari che si uniscono ai miei.
 
“Just a few more hours
And I’ll be right home to you
I think I hear them calling
Oh, Beth what can I do?
Beth what can I do?”
 
Adrienne, Joey e successivamente anche Jakob entrano in salotto e si siedono accanto a noi, a sentire me e Gloria cantare la nostra (forse) prima canzone padre-figlia. Basterà solo chiederlo a lei, chiederle se vuole far parte della mia famiglia, se vuole far parte della nostra vita per il resto della sua.
 
“You say you feel so empty
That our house just ain’t a home
And I’m always somewhere else
And you’re always there alone
 
Just a few more hours
And I’ll be right home to you
I think I hear them calling
Oh Beth, what can I do?
Beth, what can I do?”
 
Guardo Gloria mentre suona la chitarra e si scosta una ciocca di capelli scuri dietro il viso, e mi sembra di essere tornato a suonare al 7.11 insieme a W le nostre canzoni preferite, con nessun’altro se noi stessi come pubblico.
 
“Beth I know you are lonely
And I hope you’ll be alright
‘Cause me and boys will be playing
All night”
 
Molti anni prima, quando avevo cantata questa canzone alla culla di Andrea, l’avevo fatto perché speravo, in qualche modo, di far capire a mia figlia neonata che era dura stare con lei, era dura convivere con i ricordi, era dura dover essere la rockstar sbarazzina e senza pensieri e tornare a casa e dover affrontare tutto insieme.
Ma adesso, adesso che la sto suonando a Gloria, il significato è cambiato, è cambiato tutto.
Stavolta le sto chiedendo di aspettarmi, di aspettare che io sia stato me stesso, e abbia smesso di suonare, e di smettere di piangere perché, qualsiasi cosa accada, io tornerò sempre a casa per stare con lei e accertarmi che sia felice e abbia tutto quello che si può desiderare da una vita.
 
Oh Beth, what can I do?
 
 
 
ADA
Capitolo dolce e romantico, ora sapete qual’era l’idea di Billie : )

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Capitolo 24
*** It seems like forever ago. ***


It seems like forever ago.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
La casa famiglia “Foster & sons” sembra una normalissima casa di periferia, un prefabbricato di tre piani che contiene un mucchio di ragazzini e sembra avere il nome di un negozio di scarpe.
Eppure, il cinque di febbraio, in un soleggiato giovedì pomeriggio, ad approfittare dell’assenza di Gloria a causa università per fare quello che sto posticipando ormai da cinque giorni.
Percorro il vialetto di cemento fino ad un vecchio cancello sverniciato e pieno di ruggine, nascondendo il viso nel colletto del cappotto più per non essere riconosciuto che per freddo, e spingo leggermente il cancello che si apre al minimo tocco.
Mi richiudo quest’ultimo alle spalle, entrando in un giardinetto abbastanza curato dove, sparsi in giro per l’erba, ci sono un bel po’ di giocattoli, un’altalena, una giostrina e, in fondo, un box di sabbia.
Distolgo lo sguardo velocemente, concentrandomi sugli altri tesori sparsi per quel prato verde, come biciclette arrugginite e yo-yo e qualche libro qui e lì.
Salgo le scale del porticato, arrivando sotto una tettoia di mattoni blu scuro, poi suono il campanello, attendendo mentre mi tormento i lacci delle scarpe.
Un paio di minuti dopo la porta si apre, oltre di essa c’è una ragazzina di qualcosa come sedici anni: i capelli sono di un biondo slavato, raccolti in una crocchia sgangherata, e indossa un paio di jeans logori e un vecchio maglione, sopra di essi un grembiule bianco sporco di qualcosa di verde.
“Desider… Oh, mamma!”
Non appena mi riconosce la ragazza rimane quasi pietrificata, con gli occhi che quasi le escono delle orbite, poi tenta in malo modo di sistemarsi il vestito e leva il grembiule, aprendosi in un sorriso imbarazzato.
“Hem…io… insomma… tu… cioè volevo dire lei… qui?”
“Vai a finire in cucina, Leann, qui ci penso io” le dice una donna più anziana, posandole una mano sulla spalla.
“Ma…”
“Niente ma, cara, vai…”
Leann mi guarda, sperando che io dica qualcosa in contrario, poi sbuffa e va via, rimettendosi il grembiule.
“Desidera?” mi chiede l’altra donna, con un tono che non ammette repliche.
“Sono Billie Joe Armstrong, avevo un appuntamento con Miss Foster” la donna si rilassa e mi fa quello che, almeno secondo i suoi standard, dovrebbe essere un sorriso. Gloria mi aveva detto che questo posto era gestito dalle suore, ma la donna di fronte a me non lo sembra, o almeno credo. Ha i capelli grigi raccolti in un chignon perfetto, un seno abbondante anche se è molto magra, leggermente più bassa di me, con due occhi color del ghiaccio. Assomiglia molto alla professoressa McGranitt di Harry Potter.
“Sono io, si accomodi pure, meglio parlare nel mio ufficio. Suppongo che adesso Leann sia corsa a raccontare a tutte le altre ragazze che lei è qui, quindi non passerà molto prima che uno stormo di ragazzine urlanti le sia alle calcagna”
Annuisco e seguo la donna lungo due rampe di scale, fino ad arrivare ad una porta dipinta di bianco con un piccolo spioncino sopra.
Lei la apre con una chiave che tiene appesa al collo ed entriamo in quello che pare essere il suo ufficio.
È una stanza abbastanza sobria, come tutta la casa del resto, le pareti sono coperte da una vecchia carta da parati a fiori, c’è qualche tappeto, una scrivania e due poltrone, l’unico altro mobile nella stanza sono un’infinità di mensole piene di foto di ragazzi e ragazze di ogni età.
Mi soffermo per un po’ a fissare le foto, tutti ragazzini sorridenti, alcune foto risalgono anche a vent’anni prima.
“Vedo che ha trovato il nostro ‘annuario’ “
“Come scusi?”
“Conservo una foto di ogni ragazzo o ragazza che è stato qui da noi, sono stati anche un po’ miei figli, spero che lei questo lo capisca bene, signor Armstrong. Ma ora bando alle ciance, si sieda”
Obbedisco.
“Suppongo lei non sia qui per parlare di un concerto, vero?”
“No, a dire il vero io volevo parlare di un’ ado…”
“Un’ adozione, certo, certo… ha un avvocato?”
“Come scusi?”
“Beh, non è semplice, non basta timbrare un cartellino per avere un bambino in affido. Potrebbero volerci mesi, anni anche…”
“ANNI?”
“Abbassi la voce, per piacere, se ci sentono scoppia il delirio. Allora, potrei fissarle un incontro per conoscere i nostri ragazzi entro luned…”
“Mi scusi, signora Foster”
La donna alza lo sguardo dalla cartella che ha tra le mani e mi scruta per un momento, le labbra arricciate nella frustrazione per essere stata interrotta.
“…forse non mi sono spiegato, al telefono. Ma io so già chi voglio faccia parte della mia famiglia, ed è una ragazza abbastanza grande…”
“Oh, è sempre un piacere sentirlo, nessuno vuole figli già grandi e…”
“ e lei non vive più qui, è stata una delle vostre ragazze fino all’anno scorso”
La donna si blocca, fissandomi interdetta.”
“Come ha detto, prego?”
“Ho detto che lei ha già diciotto anni, e volevo sapere qual è la procedura da adottare in questi casi”
“Beh, non vedo come poterla aiutare, allora, non è il campo di mia compete…”
“Si tratta di Gloria“
Lo sguardo della donna si illumina, e sento che ha perso ogni freddezza nei miei confronti.
“Gloria?”
“Proprio lei” confermo sorridendo.
“Come sta?”
“E’ stata meglio, ha avuto un brutto incidente un po’ di temp…”
“Continuano ancora con quella buffonata delle rivolte?”
Rimango per un po’ con la bocca semi aperta, incerto su cosa rispondere, poi annuisco.
“Oh, quei maledetti ragazzi! Credo di averli visti più volte in punizione di quanto io li abbia visti senza! Christian e Gloria, il dinamico duo! Due ragazzi di un’intelligenza senza eguali, ovviamente, è stato un tale orgoglio quando lei ha vinto quella borsa di studio! Ma tu come l’hai conosciuta?”
“Ha suonato con mio figlio”
“Oh, lei aveva una voce bellissima! E suonava divinamente, si era fissata col tuo gruppo e le regalammo una chitarra, a dodici anni sapeva già suonare tutto il repertorio musicale americano e inglese a memoria. Ha detto che sta male?!”
“Ha una caviglia lussata e qualche bruciatura, ma si rimetterà presto”
“Oh, menomale, con tutte le volte che si è ingessata una parte del corpo mi stupisca che abbia ancora ossa da farsi aggiustare!”
“Quindi… lei può aiutarmi?”
“Ad adottare Gloria? Ma certo! Perché non l’ha detto subito?” la donna apre un cassetto e ne esce fuori un plico di documenti che si piazza davanti.
“Bam! Basta compilare tutto…” lo fa in fretta e furia, firmando nella casella che recava il suo nome, poi lo porge a me “… basta al sua firma e quella di Gloria, poi lo porta da un notaio e il gioco è fatto”
Lo prendo e lo metto nella valigetta (che ho comprato apposta per l’occasione)
“Non so come ringraziarla…”
“Oh, sono io che devo ringraziare lei, Billie Joe! Finalmente Gloria avrà una famiglia, povera piccola… dopo quello che le è successo se lo merita…”
“Lei ricorda quando avete trovato Gloria?”
“Certo, l’ho trovata io! Aveva un anno all’incirca, una bambina di una bellezza straordinaria… stavo uscendo per ritirare il bucato quando ho visto Gloria in braccio a suo padre, un uomo orribile!, e non appena lui mi ha vista è scappato via, lasciando davanti alla mia porta la bambina… l’abbiamo portata subito al pronto soccorso, era talmente piena di sedativi che avrebbe potuto morire… va bene drogarsi da sé… ma farlo anche sui proprio figli… quale mostro potrebbe fare una cosa del genere?”
Alzo le spalle, ricordando che anche Adrienne aveva rinunciato ai nostri “sbandi” non appena incinta di Joey.
“Lei ha… ancora effetti personali di Gloria?”
La donna sorride, aggiustandosi una ciocca di capelli argentei sfuggita allo chignon.
“Lei è come tutti i futuri padri che vedo qui, signor Armstrong, desideroso di conoscere di più sulla persona con la quale si accinge a vivere il resto della sua vita…solitamente non mostro gli effetti personali dei ragazzi, ma per questo caso… potrei anche fare un’eccezione”
La donna apre con la stessa chiave un armadio sul fondo della stanza, estraendone una scatola di cartone che sembra essere abbastanza pesante. Mi alzo per aiutarla e ci sediamo entrambi per terra, sul tappeto, a guardare i reperti nella scatola.
“Questo qui è un ricciolo di capelli rossi, della sua prima visita al parrucchiere… questo il suo primo dentino… mi dicono sempre che ho la mania di conservare qualsiasi cosa, ma a me piace!... questa qui invece…” dice prendendo una foto di una Gloria bambina, accanto ad un altro ragazzino, con un enorme tonno tra le braccia “… è quando portammo i ragazzi a pescare al porto… lei e Christian presero il pesce più grande e il pescatore ce lo regalò, quella sera fu una cena da gran signori! E questa invece…” dice prendendo un’altra foto, una Gloria di dieci anni, i capelli rossi lunghi fino alla vita, con una chitarra classica in mano, attorno ad altri bambini seduti a cerchio “… è Gloria con la sua chitarra, le piaceva molto cantare per gli altri bambini, e a loro piaceva ascoltarla! Ha sempre avuto questo potere, incantava le persone… avrebbero potuto rimanere lì ad ascoltarla cantare per ore senza annoiarsi…”
La donna tira fuori molti oggetti: uno yo-yo azzurro acceso che a quanto pare era il portafortuna di Gloria, un vecchio paio di minuscole scarpette, una paperella di pezza, una copertina a stelle e un sacco di libri e quaderni e diari scritti a mano da Gloria, che ci annotava pensieri, storie e canzoni…
Tira fuori anche un sacco di foto; Gloria il primo giorno delle elementari, Gloria al diploma, Gloria e Christian nel giardino e quando aprirono l’inferno per la prima volta…
Arrivate le dodici rimettiamo tutto dentro la scatola e io faccio per riportarla all’armadio, quando la donna mi blocca.
“Oh no, adesso diventerà lei suo padre, può prenderla. Ma deve consegnarla a Gloria e soltanto a lei”
“Certo”
“Signor Armstrong?”
“Mi chiami Billie Joe”
“Bene, Billie Joe, me la può fare una promessa?”
“Ovviamente”
“Si prenda cura della mia bambina” 

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Capitolo 25
*** Let it go. ***


Let it go.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Tornando a casa continuo a passarmi tra le mani le foto di Gloria, la più vecchia risale a quando lei aveva quattro anni, a quanto pare quelle di quando era più piccola le tengono ancora lì, forse ci sono troppo affezionate.
La verità è che sto guidando dieci volte più lento di quanto non farei di solito, ma so che non appena tornerò a casa dovrò parlare con Gloria e non ho la più pallida idea di cosa potrei dirle, considerando i miei precedenti rischierei di fare un disastro e perdere per sempre anche lei.
Chiudo la scatola dei ricordi, lasciandola in pace sul sedile del passeggero, e per perdere ulteriormente tempo mi fermo al ristorante cinese.
Magari se credo la serata perfetta per Gloria allora le sarà più facile accettare quel che sto per chiederle.
Il cibo cinese è il suo preferito, compro pollo alle mandorle, riso al cantonese, anatra funghi e bambù, spaghetti di riso e altra roba che lei adora ma che io non ho nemmeno mai sentito nominare, poi prendo anche dei biscotti della fortuna.
Il primo che apro dice: lascia spazio ai nuovi inizi.
Rassicurante, direi.
Dopo il cinese compro della birra e affitto il dvd di “Juno” , l’unico film da adolescenti che mi è venuto in mente in quel momento, poi prendo del gelato al triplo cioccolato (il gusto preferito di Gloria) e, infinte, torno in auto, avendo letteralmente finito le scuse per non tornare a casa.
La strada mi sembra troppo corta, parcheggiò l’auto fuori dal cancello invece che in garage giusto per recuperare il tempo di traversata del giardino.
Ma, inevitabilmente, arrivo alla porta e mi costringo a tirare fuori le chiavi dalla tasca per aprire.
La casa è buia, non si sentono rumori, poi mi ricordo: cazzo, oggi Adrienne porta Joey e Jakob a teatro!
Quindi io e Gloria siamo soli.
Poggio sul bancone della cucina le buste con la spesa e metto le birre in frigo, forse è troppo presto, forse sto accelerando i tempi, dopo tutto io e Adrienne avevamo deciso di fermarci al secondo figlio…terzo, per me…
Butto il viso tra le mani, affondandole nei capelli.
Ma che sto dicendo? Voglio che quella ragazza abbia il meglio che la vita può offrirle.
“Billie? Sei tu?”
Chiama una voce dal soggiorno, è lei.
“Si, sono appena tornato. Sei in soggiorno?”
“Sono stesa sul tappeto, impossibile non riconoscermi!”
Apro una birra e una coca e vado in soggiorno.
Gloria è stesa a pancia in su sul tappeto, le cuffie sulle orecchie, un blocchetto per appunti e una decina di matite sono sparsi attorno a lei, i capelli le ricadono attorno al volto come raggi di sole e Silver è poggiata contro il divano.
La ragazza si sfila le cuffie e si poggia ai gomiti per potermi guardare, poi sorride mentre le passo la coca cola.
“Sei davvero convinto che io non beva birra, BJ?”
“Vuoi una birra?”
“Per ora questa andrà bene, ma sappi che potrei reggere l’alcol il triplo di quando lo fai tu”
“E’ una sfida?”
“Una scommessa, più che altro”
Gloria mi fa l’occhiolino e si mette seduta a gambe incrociate, prendendo Silver mentre cerca di non posarla sulla caviglia ancora fratturata.
“Credo di aver abbozzato qualcosa di buono sullo spartito che hai lasciato di sopra”
Mi siedo accanto a lei.
“Ah si? Sentiamo”
Gloria si schiarisce la voce e suona un paio di note, canticchiando piano :
A fire burns today…
Of blasphemy and genocide
The sirens of decay
Will infiltrate the faith fanatics!
“Molto buono! Tutto qui?”
“Non vengo pagata per fare il tuo lavoro, Armstrong!”
Ridiamo entrambi e lei mi da’ una spinta leggera.
“Mi aiuti ad alzarmi?”
“Che vuoi fare?”
“Che domande, suonare, ovviamente! Forza, rockstar, abbiamo un cd da finire”
Aiuto Gloria a mettersi seduta sul divano, poi prendo il blocco di appunti e cominciamo a buttare giù un paio di strofe, anche se per le cose più blasfeme lei mi lancia un’occhiataccia degna delle peggiori di Adrienne.
Anche se, dai sorrisi che mi fa, devo intuire che le piaccia.
Poi lei si va a sedere alla batteria mentre io prendo Blue 2 e cominciamo a suonare.
 
“Raise your hands now to testify
Your confession will be crucified
You’re a sacrificial suicide
Like a dog that’s been sodomized
Stand up! All the white boys
Sit down! All the black girls
You’re the soldiers of the new world!
 
Put your faith in a miracle
And it’s non-denominational
Join the choir we will be singing
In the church of wishful Thinking!”
 
Cantiamo il ritornello insieme ridendo come matti, per poi ritrovarci stesi sul tappeto, un’ora dopo, a mangiare cinese e a vedere Juno commentando quando la pancia di Ellen Page sia tremendamente finta.
 
“Non abbiamo ancora deciso come chiamare la canzone”
Dove vuoi andarli a cercare? A East Jesus Nowhere?” gracchia la televisione.
“Così!”
“East Jesus Nowhere?”
“Esatto! È stat oil fato a darci questo nome!”
 “Mi piace”
Gloria comincia a ridere sguaiatamente, rotolandosi sul tappeto e io non riesco a fare a meno di ridere a mia volta.
“Tu sei tutta matta, ragazzina”
È la prima volta che la vedo così allegra, da quando è qui, di solito non appena cala la notte si rinchiude in camera sua e mi sembra di sentirla singhiozzare, credo che le manchi Christian.
Lui è convinto che lei tornerà, e lei è convinta che lui la verrà a cercare.
Adolescenti, non sei più uno di loro da poco tempo e già non li capisci più.
Gloria si mette seduta con la schiena contro il divano e io mi metto accanto a lei, che poggia la testa sulla mia spalla, rilassandosi.
È il momento.
“Gloria?”
“Si Billie?”
“Devo farti una domanda… non sei tenuta a rispondere di si, ovviamente”
Lei mi scruta a fondo alzando le sopraciglia.
“Spara”
“Mi chiedevo se… se verresti stare da noi… “
“Io sto già da voi, Billie Joe”
Mi mordo le labbra.
“Io intendevo… per sempre”
Gloria sgrana gli occhi, è il momento della verità.
“Intendi… vivere qui…”
“Esatto”
“E… mangiare qui, dormire qui…andare a scuola da qui…”
“Suppongo faccia tutto parte del pacchetto ‘vivere qui’ “
“Ed essere…”
“Parte della famiglia, Gloria. Ti sto chiedendo di diventare mia figlia”
Gloria si apre in un sorriso, ma è ancora perplessa, continua a scuotere la testa e a sorridere e ad aprire la bocca cercando di dire qualcosa per poi richiuderla, poi si butta il viso tra le mani, poi lo alza, mi guarda, e ricomincia tutto daccapo.
“…Perché?” mi chiede dopo qualche minuto.
Il le carezzo i capelli, portandole una ciocca dietro un orecchio, poi le cingo le spalle con un braccio e la stringo a me.
“Sei stata mia figlia dal primo momento che ti ho conosciuta”
“E…come?”
“Sono stata alla tua casa famiglia oggi”
lei alza subito lo sguardo.
“tu…che?”
“Volevo sapere se era possibile adottare una ragazza già diciottenne, e a quanto pare si può, la signora Foster è stata molto disponibile…”
“ Miss Foster!” ripete lei, e i suoi occhi vagano tra i ricordi della sua infanzia.
“Serve solo una tua firma…”
Prendo dalla valigetta i documenti e li faccio vedere a Gloria, lei prende la prima penna che trova e firma di getto, senza neanche fermarsi a guardarmi o a pensare.
Poi alza lo sguardo verso di me, e mi sembra più bambina che mai.
“Ho… ho una famiglia… adesso?”
Che strano, il mio cervello si stava facendo la stessa identica domanda.
“Sempre”
 
ADA
RIECCOMI! Scusate il ritardo, ma ieri era il mio compleanno (tanti auguri a me!) quindi mi sono presa una pausa! Capitolo che prende il nome dalla mia canzone preferita del film “Frozen” (lo consiglio a tutti, qualsiasi età) e che vede finalmente le due persone più sole della nostra storia (eccezion fatta per Christian) diventare una vera e propria famiglia : )
Detto questo vado, perché stasera c’è la festa per i miei diciassette anni e un giorno !
Rage & Lol 

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Capitolo 26
*** For the first time in forever. ***


For the first time in forever.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
“Siete pronti?”  chiede Jakob, guardandoci dall’angolo del tavolino con un tovagliolo stretto nel braccio sollevato.
Guardo i venti bicchierini di Vodka e assenzio in fila davanti a me, poi guardo i venti davanti a Billie Joe e sorrido.
“Mai stata così pronta”
Trè comincia con il rullo di tamburi, Joey, Mike e Adrienne sono tutti seduti attorno a noi.
“Credi che sia prudente, Bill?”
“Certo che no, è proprio questo che lo rende divertente”
Billie alza un sopracciglio e muove la mano a scatti vicino ai bicchierini.
“Non piangere troppo se ti batto, tesorino di papà”
“Magari se facciamo più spesso queste gare potrai smetterla di rubare alcolici dal mobiletto dei liquori quando Adie non guarda, ops…. Dimenticavo, non sei abbastanza alto da arrivarci”
Mike e Trè scoppiano a ridere e Billie li fulmina con uno sguardo glaciale, ma poi ride anche lui.
È già da un po’ che sono qui, siamo al dieci di febbraio e, non appena torneranno i documenti timbrati dal giudice, sarò ufficialmente una Armstrong!
Finalmente un cognome tutto mio che non sia “Foster”, lo stesso di tutti gli altri bambini della casa famiglia.
Io e Billie ci guardiamo, ed è un po’ come guardarsi allo specchio.
“….VIA!”
Impassibile, bevo un cicchetto dietro l’altro, arrivando a dieci senza battere ciglio, continuando a guardare Billie Joe con un moto di sfida.
Queste gare erano frequenti all’inferno, anche perché offrivamo la cena a chi vinceva, e io ero una delle migliori.
Arrivati al numero quattordici, Billie sta rallentando molto e a me la gola comincia a bruciare, ma la ignoro e continuo, arrivando al numero diciassette mentre Billie è ancora alle prese con il quindicesimo.
Mi fermo per un secondo a braccia incrociate per ridere di lui, che mi guarda arcigno e continua.
Con una sola mano prendo i tre bicchierini rimasti e li vuoto in un solo soffio.
“E Gloria vince!”
Billie crolla con la faccia sul tavolo, rovesciando i due bicchieri rimasti pieni, tutti ridono e io li guardo con il sorriso stampato sulle labbra.
“Di già? Ho ancora sete!”
Puliamo il tavolino e vado ad aiutare Adrienne con la cena, apparecchiando la tavola e infilando il pollo in forno.
Sono ancora divertita per la sfida di poco prima, cavolo! Avrei tanto voluto che Christian fosse lì a guardarmi!
…Christian.
Il suo nome fa male come una badilata sul petto.
Non mi ha cercata, non gli importava che fossi ferita e malata e fossi appena stata rapita da dei maniaci…
No, una volta che non gli servivo più… mi ha dimenticata.
Scommetto che adesso sta scopando con Beth nello stesso letto in cui dormivamo noi due.
Lei gli è sempre morta dietro, e lui di certo non disprezzava.
Suppongo che l’unica cosa che li ha fermati era sapere che, se mai li avessi visti, avrei spaccato la faccia a entrambi.
Ma cosa importa adesso? Ho una famiglia. Ho qualcuno che mi vuole bene così come sono e ha deciso di salvarmi.
Loro sono stati la mia ultima speranza, quella che è riuscita a farmi rimanere viva, a farmi continuare.
Eppure, anche durante la cena, dove tutti chiacchierano dei progetti per il cd e della neonata creazione di “Pacemaker” e “East Jesus Nowhere”, non riesco a smettere di pensarci.
Non mi è venuto a cercare neanche quando sono tornata a prendere le mie cose al fiamma, certa che lui non fosse in casa, e ho svuotato il mio armadio e tutti gli oggetti a cui ho voluto bene nella mia vita.
Questo avrebbe dovuto fargli capire due cose: primo, sono ancora viva e secondo, non ho alcuna intenzione di tornare indietro strisciando.
A fine cena aiuto a sparecchiare e vado subito a letto, fingendo di essere molto stanca, e invece rimango a guardare quella che adesso è camera mia.
È fin troppo grande, con un letto a due piazze rosso ed arancione, con tanto di struttura con baldacchino… c’è una scrivania e un lampadario molto elaborato, una cabina armadio e un bagno personale, un divanetto di fronte alla televisione e, sulla terrazza, un piccolo dondolo bianco.
Più che una stanza sembra un appartamento.
Quando mi sono definitivamente trasferita qui, qualche giorno fa, Billie mi ha detto che avevo cinquecento dollari da spendere come mi pareva e piaceva per arredare la stanza.
Circa trecento sono stati usati in tutti i libri che ho sempre sognato comprare, che adesso riempiono le mie due librerie, poi ho comprato dei quadri da alcuni amici artisti di strada molto bravi, un sacco di cd e vinili e una maglietta esattamente identica a quella che ho perso la sera del colpo.
Certo, poi Adrienne si è presentata in camera con dieci buste piene di abiti nuovi, ma questa è un’altra storia.
Prendo la mia vecchia chitarra classica, ironicamente chiamata Foster, e comincio a strimpellare qualcosa.
Ma ogni singola nota di ogni singola canzone mi ricorda di lui, e mi ritrovo a piangere.
Odio farlo, ma da quando non c’è più lui mi ritrovo in questa situazione più spesso di quanto vorrei.
Alla fine decido che non me ne frega un cazzo, e piango quanto mi pare e piace.
Piango tutte le lacrime che ho trattenuto per un infanzia senza genitori, per la consapevolezza di essere stata abbandonata, piango perché non ho mai avuto un uomo che mi amasse veramente, piango perché non ho mai conosciuto nessun tipo di amore…
E poi, come un’ancora di salvezza, un braccio mi circonda le spalle.
Non dico nulla, non serve nemmeno chiedere chi sia, nascondo semplicemente il viso sulla sua spalla e continuo a piangere.
Perché forse, in questo momento, un po’ di amore lo conosco.
 
-B-
 
Piange, lo avevo sospettato, e so anche benissimo perché, inutile chiedere.
Rimango abbracciato a lei fino a quando non sento che si è calmata.
Gloria si asciuga le lacrime dal volto con una mano, prende un respiro profondo, e continua a suonare, con me che la guardo leggermente perplesso.
“Sai cosa manca alla tua storia, Billie Joe?” sussurra poi lei, continuando a suonare la chitarra a casa.
“Che cosa?”
“Una storia d’amore, ma una di quelle vere.  Perché qualcuno dovrebbe parlare di una storia d'amore reale, basta cuori e amori, una alla Sid e Nancy, cazzo quella si che è una bella storia!"
"Sei volgare per essere una ragazza"
"E tu troppo per bene per essere una rock star"
Le sorrido, e lei mi sorride di rimando.
“Una favola dove alla fine emergono le debolezze di entrambi… e va bene così… perché siamo tutti deboli da soli, ma insieme… insieme e tutto un altro paio di maniche”
Dal piano di sotto, sento qualcuno bussare forte alla posta d’ingresso.
Chi diamine può essere a quest’ora?
Il rumore continua, Gloria mi guarda, curiosa quanto me, e scendiamo al piano di sotto per controllare.
Con cautela, apro la porta, ritrovandomi davanti per la seconda volta in una settimana un ragazzo debole e col fiatone, e gli occhi pieni di lacrime.
 
-G-
 
Rimango impassibile.
“Che ci fai qui?”
“…Gloria…” biascica Christian, crollando in ginocchio davanti a me.
“Si, è il mio nome, mi sorprende che te lo ricordi ancora”
“…Gloria… io… ti prego…”
Mi allontano di un passo, impedendogli di toccarmi la caviglia, intanto Billie continua a spostare lo sguardo da me a lui in continuazione, decidendo come dovrebbe comportarsi.
“… ti ho cercata per giorni…”
“Ma non farmi ridere, sapevi benissimo dove sarei andata, ma non sembrava ti importasse molto, dieci giorni fa”
“Sono stato un idiota “
“E’ un aggettivo troppo gentile”
Christian alza gli occhi azzurri verso di me, poi poggia la fronte contro la mia gamba, continuando a singhiozzare.
“Un idiota, un coglione, un figlio di puttana, un bastardo, un deficiente, un reietto, un cane, un imbecille…”
Non intenerirti, non intenerirti, Gloria.
“Ti prego… perdonami”
“E perché dovrei farlo”
Billie si è dileguato, e sta facendo finta di prendere qualcosa in cucina.
“Perché ti amo”
Rimango immobile.
Non ci posso credere, l’ha detto davvero.
Christian si alza in piedi, adesso sono io a guardarlo dal basso verso l’altro.
Mi prende il viso tra le mani.
“…ridillo” sussurro con un filo di voce.
“… ti amo, ti amo, ti amo”
“… e perché dovrei crederti?”
Christian fa un sorriso spento.
“Come potrebbe essere il contrario? Io ti ho amata per tutta la vita, Gloria. Ho avuto così tanta paura per te… ma non avevo il coraggio di mostrare quel che provavo… non sono mai stato un tipo coraggioso”
Senza aspettare altro, mi alzo sulle punte dei piedi e lo bacio, zittendo qualsiasi protesta.
Dalle scale dietro di noi sento un rumore di passi e Adrienne entra nella stanza ridacchiando.
“Dobbiamo adottare anche lui?”
io e Christian ci guardiamo e sorridiamo, fronte contro fronte.
“Allora? Cosa faremo adesso?”
“Io adesso vivo qui, Chris, faccio parte di questa famiglia. Credo che il Fiamma per un po’ di tempo dovrà essere soltanto casa tua”
Christian si rabbuia.
“Come, non l’hai saputo? Gloria, l'hotel Fiamma non esiste più, l’hanno bruciato tre giorni fa”

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Capitolo 27
*** Christian's Inferno. ***


Christian’s Inferno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
*Clap!*
 
Christian sbatte una rivista sul tavolo del soggiorno, rompendo il silenzio che regna nella casa alle dieci di mattina.
Joey e Jakob sono a scuola, Adrienne è da una sua amica e Billie Joe sta ancora dormendo, come sempre.
Alzo lo sguardo dal “Grande Gatsby”, il libro che sto leggendo, guardandolo un po’ contrariata.
“Si?”
“Guarda!” esclama lui, sbattendo ancora una volta la rivista sul tavolo.
Sospiro, rassegnandomi a chiudere il libro, inserendoci un fiore colto in giardino come segnalibro, e prendo in mano la rivista tanto torturata.
Sulla copertina, sotto il titolo “il volto della rivolta?”, c’è il mi viso.
O meglio, c’è una foto di me la sera del colpo, con la bandiera americana sulla bocca, i capelli sciolti sulle spalle, la ciocca celeste ancora ben visibile, e gli occhi che guardano dritti verso la telecamera.
“Cavolo, non ricordavo che avessero scattato foto”
Poso di nuovo la rivista sul tavolo e torno al mio libro.
Christian me lo strappa dalle mani, lanciandolo sul divano e ignorando le mie proteste, poi gira la mia sedia, inginocchiandosi davanti a me.
“Forse non ti rendi conto della gravità della situazione, Gloria. La tua foto è su di una delle riviste più vendute in California! Potrebbero riconoscerti!”
Sospiro, massaggiandomi le tempie con due dita.
“Chris, stai calmo, ho quasi tutto il volto coperto dalla bandana e dai capelli, e poi guarda gli occhi!”
Christian riprende in mano la rivista, la studia per qualche secondo, poi la getta via.
“Già, hai ragione, non è il loro colore”
“Esatto, l’avranno modificata con qualche programma per farmi sembrare più bella, e adesso sembra che ho gli occhi celesti invece che il mio vero colore. Poi ho cambiato taglio e tutto il resto, sono al sicuro”
Lui sorride leggermente, ma non mi sembra molto convinto.
Le cose vanno bene, siamo all’undici di febbraio, Christian sta da noi per il tempo di trovarsi un appartamento dove poter vivere da solo, e siamo felici.
Lui ha trovato un posto fisso come insegnante di arte in una scuola, a quanto pare se Billie Joe Armstrong  dice che sei bravo, non c’è bisogno di una laurea particolare.
Io continuo il college, insegno ancora nei corsi pomeridiani di chitarra nella scuola di Joey e, quando capita, frequentiamo ancora entrambi l’Inferno.
Ma mi sembra passato un milione di anni da quando vivevamo all’ultimo piano del Fiamma, e sono ancora leggermente scossa dall’incendio, sono anche abbastanza sicura che non sia stato casuale… ma non mi importa.
Ho una famiglia.
Ho un padre, una madre, due fratelli… e un ragazzo.
Forse quella è la cosa più eclatante.
E oltretutto il disco continua! Procedendo così sarà pronto prima dell’inizio dell’estate, a dire di Billie Joe.
Tra le notizione c’è anche l’imminente matrimonio di Mike con Brittany, che ha lasciato tutti di stucco, quindi una foto modificata su di una rivista è l’ultimo dei miei problemi in questo momento.
Ridacchio verso Christian e mi alzo in piedi.
“Posso tornare al mio libro, adesso?”
Lui mi liquida con un gesto della mano e sale in camera sua, qualche minuto dopo sento il suono della sua chitarra inondare la casa.
Circa per le undici Adrienne torna a casa con una busta piena di frutta e verdura, la aiuto a mettere tutto in ordine, decisa a farle la domanda che mi vortica in testa da un po’.
“Adie?”
“Si, tesoro?”
“Mi chiedevo… tra meno di una settimana è il compleanno di BJ”
Adrienne si gira di scatto.
“Come hai detto….?”
“Ho detto che tra meno di una settimana è il compleanno di Billie”
“no, no, intendevo come l’hai chiamato…”
“BJ?”
Adie scuote la testa, tornando concentrata sulle mele che sta disponendo in una fruttiera.
“Che succede?”
“Nulla, nulla cara… solo che… sono passati molti anni da quando ho sentito una persona chiamarlo così l’ultima volta…. Dicevi?”
“Chiedevo se avevi già in mente di organizzare qualcosa… che so una piccola festa, o una festa in grande stile! Trentasette anni sono un bel traguardo per uno che si mette nei guai un giorno si e l’altro pure”
Adie mi sorride.
“Mi ricorda molto qualcuno”
Alzo gli occhi al cielo, dandole una spallata amichevole.
“Comunque potremmo invitare qualche amico a casa, e preparare una torta… magari far suonare Joey e il suo gruppo! Scommetto che gli piacerebbe tantissimo!”
Adie ci pensa per un po’, poi annuisce sorridendo.
“Penso che sarebbe un’idea meravigliosa! Stasera chiamo Mike, Trè e Jason per chiedergli di venire e di invitare tutti gli amici di Billie… io magari chiamo i suoi fratelli e sorelle e qualche amico di famiglia! Tu potresti parlare con Joey e Jakob, potreste fare un numero di famiglia”
L’ultima parola mi fa sobbalzare, non ci ho ancora fatto l’abitudine.
“Perfetto!”
Soddisfatta, torno a sedermi sul divano, chiedendomi cosa mai potrei regalare all’uomo che mi ha salvata, in qualsiasi modo potessi essere salvata.
 
 
-B-
Sono le due passate, quando sento quel rumore.
Adrienne ha imparato a ignorarlo, del resto quando Christian non era ancora qui da noi, Gloria piangeva spesso.
Ma io non ci riesco, il rumore del singhiozzare tipico di un pianto non mi fa prendere sonno.
Esco da camera mia, chiudendomi piano la porta alle spalle, per non essere sentito.
Cosa può esserle successo? Pensavo andasse tutto bene, era anche sembrata soddisfatta quando le avevo detto che domani, oggi in effetti, avremmo avuto una delle prime prove con il coro del Musical di American Idiot.
E adesso piange ancora? strano, molto strano.
Eppure il suo pianto è diverso, più rauco…
Apro la porta di camera di Gloria, constatando con sorpresa che lei dorme beatamente come una bambina, avvolta tra le coperte rosse e arancioni come fossero nuvole, più che fiamme.
Ma allora chi è?
La risposta arriva al mio cervello prima che sia in grado di sviluppare altre domande, e mi avvicino all’ultima porta a sinistra del corridoio, leggermente socchiusa.
Mi avvicino piano e in silenzio, poggiando l’occhio sull’unico spiraglio aperto della porta.
La camera sembra appena devastata da un ciclone, i divani sono rivoltati, i libri gettati per terra, le coperte appese dappertutto e poi, contro i piedi del letto, mentre quasi si tira i capelli dalla rabbia, c’è Christian che piange.
E forse il perché l’ho sempre saputo.
Quella rivista ha messo in agitazione tutti tranne Gloria stessa, che pare considerare impossibile l’idea che lei non possa essere al sicuro qui, che non possano portarla via.
Io farei tutto ciò che è in mio potere per impedirlo, ma se la scoprono la situazione diventerebbe tragica.
Penso che non dovrei essere qui, a guardare le pene dell’inferno che sta passando questo ragazzo, legato a lei da un amore forse anche più profondo di quello che potrò mai provare io come “pseudo-padre”
Loro sono cresciuti insieme, e proprio io dovrei sapere bene che è un legame che non può essere spezzato nemmeno dal tempo.
Decido d’impulso che è meglio andare via, non disturbarlo in questo momento di sfoco, ma mentre indietreggio inciampo in una piega del tappeto, e il rumore del mio braccio che va a sbattere contro la balaustra delle scale riecheggia per tutta la casa.
C’è solo una cosa da fare, adesso: essere scoperto o uscire allo scoperto.
Decido di essere coraggioso, e di aprire la porta.
Christian alza lo sguardo, ancora rosso e colmo di lacrime, verso di me.
Ma nei suoi occhi non c’è lo stesso disprezzo che leggevo prima, credo che adesso abbia capito che, in questa battaglia, stiamo combattendo con dalla stessa parte per lo stesso obiettivo: proteggere lei.
“Bill… io… rimetto subito a posto… solo che…”
Non lascio che finisca di parlare.
“Ti va di suonare qualcosa, solo io e te?”
“… lei…”
“Finché avrò vita, non permetterò mai che le accada niente di male”
Christian mi sorride, annuendo energicamente, ma io non riesco a smettere di pensare che le ultime due persone alla quale ho fatto questo giuramento le ho perdute per sempre.
Eppure, in quella notte di febbrai, mi sembra di essere tornato ad avere diciotto anni, quando pensavo di non aver nulla da perdere, e invece avevo così tanto…
Saliamo nella stanza insonorizzata, senza dire una parola, eppure le parole mi escono spontanee, scritte in mille fogli in inchiostro rosso, per la canzone che presenterà i demoni del Christian della storia, così come di quello vero.
Ma questi demoni dono davvero suoi, oppure sono miei?
Ho troppa paura per rispondere a questa domanda.
 
“Maybe you’re the chemical reaction
I am the atom bomb
I am the chosen one
Toxin your reservoir
And then return man to ape!
Oh, Christian’s Inferno…..”
 
ADA
Siete scomparsi?! Sono seriamente preoccupata! Ahah, comunque eccomi qui, finalmente un capitolo sui tormenti di Christian e Billie… ma anche su Gloria e sul suo desiderio di ricominciare tutto da capo!
Aspetto recensioni ; )

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Capitolo 28
*** Give up the fight. ***


Give up the fight.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
*Boom*
Gloria sbatte un mazzo di peonie sul tavolo, e qualche petalo vola via.
“ah-ah. Molto divertente, buon San Valentino anche a te, Billie Joe”
Alzo gli occhi dagli spartiti di “Before the lobotomy”, ultima creazione in casa Green Day, per guardare Gloria che, con le braccia incrociate al petto, mi guarda come se quelli non fossero fiori ma cuccioli arrosto.
“Buongiorno anche a te, tesoro”
“Non chiamarmi tesoro, come ti è venuto in mente di prendermi dei fiori?! Dovresti prenderli a tua moglie! Non a me!”
Il suo rifiuto per i regali mi ricorda un sacco W, e mi viene da ridere tra me e me.
“Guarda che io non ho fatto proprio nulla, Gloria”
“Come sarebbe a dire che non hai fat….”
“ ’Giorno!” dice Christian entrando nella stanza e versandosi un bicchiere di succo d’arancia.
Tornando verso il salotto lui si ferma, ci guarda, e poi scuote la testa ridacchiando.
“Sai, Gloria? Ai miei tempi si mettevano nei vasi, i fiori, non ci si pulivano i tavoli” poi sale le scale tornando in camera sua.
Gloria rimane immobile, la bocca spalancata, e con uno scatto riprende i fiori e li aggiusta, sistemando i petali un po’ storti e raccogliendo quelli caduti, quasi nel tentativo di rincollarli insieme.
“Pensavo non ti piacessero quei fiori…”
“Oh, sta zitto Armstrong!”
Gloria prende un vaso e ci mette dentro i fiori, continuando a guardarli in silenzio con occhi sognanti.
“Suppongo che siccome adesso state insieme io dovrei odiarlo e prendermela senza motivo con lui, no?”
Gloria nemmeno mi ascolta, va in giro per casa canticchiando e mettendo in ordine (cosa che mi fa davvero capire quanto la situazione sia preoccupante)
“Beh, se è il tuo ragazzo non dovrei proprio essere contento del fatto che viviate sotto lo stesso tetto. Insomma, lui dovrebbe mantenere una certa distanza da te, almeno in mia presenza! Non pretendo molto… qualcosa come…cinquanta metri basteranno!”
Gloria va in cucina e comincia a preparare lo zabaione, e a me viene da sorridere.
“Mi sembra incredibile che tu abbia pensato che quello potesse essere un mio regalo, Gloria!”
Finalmente lei si gira a guardarmi e sorride.
“Mi dispiace, solitamente Christian non mi fa regali, quindi non sapevo proprio a chi altro pensare”
“Si, certo! Diamo sempre la colpa al povero Billie Joe! Insomma, un mazzo di fiori non è un regalo che ti farei!”
Metto la mano sotto il bancone e ne tiro fuori la custodia impacchettata “…QUESTO, è un regalo che ti farei!”
Gloria si gira e riconosce subito la forma del pacco, inconfondibile, e senza neanche degnarmi di uno sguardo lo prende tra le mani, rigirandolo con la massima cautela.
“Non ci credo”
“Buon San Valentino!”
“Non ci credo!”
“Che aspetti, non la apri?”
Gloria continua ad accarezzare la carta da regalo, senza dare il minimo cenno di volerla strappare.
“Posso farlo io?!” chiede una vocetta dall’ingresso della cucina.
Gloria si risveglia e sorride a Jakob, nel suo pigiama con le astronavi, porgendogli il pacco con cautela e permettendogli di scartarlo, fino a quando la chitarra non è ben visibile.
 
-G-
 
È in fiamme.
O meglio, la chitarra è nera ma su di essa cono dipinte nei minimi particolari delle fiamme, in tutte le loro sfaccettature arancioni e gialle e rosse, sembra quasi che toccandola io possa scottarmi.
Poi, in alto, vicino al manico, c’è un piccolo cuore bordeux.
“E’ meravigliosa… io… io non so come ringraziarti! “
“Non devi ringraziarmi, consideralo una anticipo per quando 21st century brakedown sarà in commercio”
Billie mi sorride, poi comincia a guardare verso la finestra, come se stesse aspettando qualcosa.
Torno a pensare al fatto che tra tre giorni è il suo compleanno e io non ho ancora la più pallida idea di cosa dovrei regalargli.
Billie comincia a camminare avanti e indietro, vicino alla porta, dove rimangono poggiati due grandi mazzi di fiori: uno è di margherite e dalie, l’altro sono soltanto rose bianche.
Forse sono per Adrienne… no, impossibile, le rose rosse di Adrienne erano sul tavolo del soggiorno già stamattina presto.
Ma allora quelli per chi sono?
Forse sono per sua madre… ma anche se fosse, i mazzi sono due, sua madre è soltanto una…
E, oltretutto, il mio cervello continua a dirmi che quei fiori non c’entrano un bel niente con la sua famiglia.
Scaccio quel pensiero dalla mia mente e salgo in camera per cambiarmi, Billie Joe intanto mi urla dalla fine delle scale: “Fai in fretta! Tra mezz’ora dobbiamo essere al teatro per le prove del musical!”
“Si signore!”
Salgo le due rampe di scale fino ad arrivare in camera mia, ma poi mi ricordo che i miei vestiti stanno ancora asciugando sulla veranda al piano di sopra, quindi mi costringo a fare un’altra rampa di scale di corsa.
Nella fretta, inciampo nell’ultimo gradino della scala, finendo a pancia all’aria e con la schiena dolorante.
“Ohi…”
Piano piano la vista comincia a tornare meno sfocata e mi accorgo che, appesa al soffitto, c’è una cordicella.
Mi rimetto in piedi e la guardo meglio, effettivamente è proprio una corda, con un cerchietto di plastica attaccato alla fine, una di quelle che servono per aprire….
La tiro, e la scala di una soffitta della quale non ero a conoscenza scende silenziosamente fino a toccare il parquet.
Mi guardo intorno, accertandomi che nessuno mi abbia vista, non so perché ma mi sembra che non dovrei essere qui… che è sbagliato che io sia qui, ma non riesco a frenarmi, salgo le scale fino a ritrovarmi in una stanza buia che puzza di chiuso.
Tasto la parete fino a quando non trovo un interruttore, una serie di lampadine, poste ai lati della stanza, si accendono, mostrando quella che quasi sembra… una camera da letto per bambini.
Mi guardo intorno, abbastanza turbata, perché oltre alle solite cose che si tengono in una soffitta come scatoloni, o vecchi quadri o oggetti che non userai mai più… qui ci sono un sacco di cose strane.
In fondo, contro la parete con la finestra, c’è una culla di pizzo giallo canarino, con tanto di baldacchino e giostrina con delle stelle colorate di vetro.
Sulla parete di destra ci sono tre manichini coperti da lenzuola azzurre, un mobile fasciatoio e un sacco di vecchi libri per bambini, oltre a una libreria intera e anche molto fornita.
Nell’angolo c’è un vecchio letto matrimoniale con coperte multicolore, una chitarra gialla poggiata sul suo sostegno, un sacco di quadri trai quali uno molto grande di una ballerina e un soldato… quelli della favola, forse?
C’è un armadio di legno scolpito che sembra essere chiuso da anni, e delle decorazioni fatte con vecchi vetri di diversi colori, che riempiono la stanza di luce colorata, rendendola non meno inquietante, però.
Comincio a camminare con cautela, cercando di non rompere nulla, e in effetti non so neanche cosa sto cercando.
Dall’altra parte della soffitta, poggiato contro la parete, noto un enorme baule di legno, con una “A” ricamata in caratteri dorati sul coperchio.
Probabilmente è la “a” di Armstrong. Forse questi sono i vecchi giocattoli e mobili di Jakob e Joey quando erano bambini, ma sembrano arredamento femminile… forse Adrienne credeva di aspettare una femmina…
Mi inginocchio davanti al baule, accarezzandone la scritta, e mi sento sempre più a disagio perché mi sto intrufolando nella vita di qualcun altro e non ne ho alcun diritto.
Lo apro.
La prima cosa che vedo sono videocassette, un sacco di videocassette, quasi una ventina, forse.
Le metto in una pila ordinata fuori dal baule, ricontinuando la mia ricerca di non so che cosa.
Nel baule ci sono delle tutine da bambina, ciucci, peluches e bavette… poi, più nel fondo, trovo un album di foto.
Ma questa volta non c’è la “A” ricamata sopra, c’è una “W”.
Lo apro, e nella prima pagina trovo la foto di due bambini di circa 4 anni totalmente sporchi di vernice, abbracciati, che ridono verso l’obiettivo.
La bambina a sinistra ha i capelli ricci e scuri, e ha un bel sorriso, mentre il bambino a sinistra… beh, lui ha due occhi verdi difficili da non riconoscere.
Le pagine dopo sono una cronaca della vita dei due bambini, ci sono loro il primo giorno delle elementari, ci sono loro sulla spiaggia, il primo giorno di scuola, su una barca con quello che riconosco essere Mike, ci sono anche delle diapositive della ragazza che dorme mentre Trè, Mike e Billie scattano foto attorno a lei… ci sono le foto di tanti balli della scuola, lei è davvero bellissima… e Billie la guarda come… come… beh, non lo so spiegare come, ma improvvisamente comincio a desiderare che qualcuno mi guardi in quel modo.
Ci sono foto di Billie e questa ragazza durante una recita di Grease, credo, e durante un ballo in maschera terrificante… e c’è una di quelle foto a più scatti che fanno nelle macchinette… ci sono lui, Mike e questa ragazza totalmente bagnati.
Tutte quelle foto, tutti qui ricordi… credevo di conoscere Billie Joe abbastanza bene e invece mi accorgo che ha alle spalle una vita della quale non conosco praticamente nulla.
E poi, capisco per cosa sta la “W” sopra l’album… lei è Whatsername… è la fidanzata di Billie che è morta quando erano giovani…
Improvvisamente una tristezza enorme si impossessa di me, ricordandomi ancora una volta che non dovrei essere qui a farmi i fatti che non sono i miei.
Oltre all’album ci sono un sacco di altro foto sparse, ma a catturare la mia attenzione non sono quelle, ma una piccola scatola blu in mezzo ad un’altra pila di roba.
La prendo, rigirandomela tra le mani, indecisa se aprirla oppure no, ma ormai…
Dentro, c’è un anello di fidanzamento.
La richiudo immediatamente rimettendola al suo posto, non sono cose che mi riguardano.
Ci sono due corone, nel baule, di quelle che danno al ballo per re e regina, e ci sono fogli con testi di canzoni… tutte canzoni degli attuali Green Day…. Forse scritte per la prima volta proprio su quei fogli.
E poi c’è una sequenza di polaroid, attaccate su di un pezzo di compensato, nove polaroid della pancia di una ragazza, che si ingrossa sempre di più fino a quando lei, W, non ha una bambina in braccio.
Prendo l’ultima foto rimasta nel baule, e cado all’indietro.
Il lettino non era di Joey. Il fasciatoio non era di Jakob. La “A” non stava per Armstrong.
Nella foto Billie ha in braccio la bambina, che avrà circa sei mesi, ed è seduto su di un lettino d’ospedale, accanto alla stessa ragazza di prima… ma molto più magra, quasi senza capelli….
La a stava per Andrea… la figlia di Billie Joe.
Billie Joe ha una figlia.
Come può avere una figlia?! L’ha data in adozione? È rimasta coi genitori di lei? Se è una di queste cose, allora perché qui c’è tutta questa roba per bambine?
Poi, il pensiero si forma nel mio cervello, perché forse lo sapevo dall’inizio che non poteva essere ancora viva, che Billie non avrebbe mai lasciato andare sua figlia, l’ultimo legame rimasto con la donna che amava.
Billie ha perso molte più cose di quanto io possa capire.
Rimetto tutto nella scatola, piegando la toga del diploma e aggiustando le foto in pila, per poi rimettere anche le videocassette e i libri di favole nel baule.
“Fai con comodo, non c’è fretta” dice una voce glaciale alle mie spalle.
Mi giro e, dietro di me, c’è Billie Joe con il volto rigato di lacrime.
 
ADA
Zan zan zan! Capitolo sentimentale per il girono di San Valentino ormai alle porte, aspetto recensioni numerose!

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Capitolo 29
*** Rain. ***


Rain.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Non so cosa provare.
Dovrei essere arrabbiato? Dovrei essere triste? Dovrei essere rassegnato? Essermelo aspettato.
Gloria è mia figlia, adesso, non avrei comunque potuto tenerglielo nascosto troppo a lungo.
Anche questo pensiero è come uno spillo dritto nel cuore.
Sto davvero tenendo nascosta W come se fosse una cosa di cui vergognarsi?
E adesso Gloria è lì, con le mani nel mio passato, con le mani in tutto quello che ho perso, e magari ha capito, e penserà che sono stato un padre orribile, che non ho fatto niente per salvarle, forse andrà via anche lei, forse andranno via tutti e mi lasceranno solo ancora una volta.
Muovo un passo dopo l’altro verso di lei, cercando di mantenermi in piedi senza traballare, ma con scarsi risultati.
Forse non avrei dovuto bere così tanto.
Alla fine arrivo dove si trova Gloria, che si alza in piedi di scatto, ritrovandosi oggi negli occhi con me.
“Billie…”
“Mi odi anche tu, adesso, vero?”
“…Billie, sei ubriaco?”
“Ti prego non odiarmi….”
Gloria mi abbraccia, ma è sconvolta, forse mi odia ma fa finta di non farlo…
Alzo gli occhi e incontro il suo sguardo, e mi sembra di vedere la mia parte buona guardarmi allo specchio.
 
-G-
 
Pensavo si sarebbe arrabbiato, pensavo mi avrebbe urlato contro che non dovevo essere lì, e forse l’avrebbe anche fatto se fosse stato sobrio, invece adesso mi sta abbracciando e mi chiede di non odiarlo.
Mi inginocchio ancora sul pavimento, portandolo con me.
“Billie… perché mai dovrei odiarti?”
“Perché io le ho uccise… è stata colpa mia… sono morte per colpa mia”
Mi blocco.
No, non l’ha detto davvero. Billie ha… fatto fuori qualcuno?!
“Tu… tu le hai… uccise?”
“E’ stata colpa mia… è stata tutta colpa mia… dovevo trovare un modo per guarirla… doveva per forza esserci un modo…”
Sospiro di sollievo, era impossibile che Billie avesse davvero ucciso qualcuno.
“Billie… nessuno decide di ammalarsi.. non è colpa tua come non è colpa di nessuno! La tua ragaz…” forse non dovrei chiamarla così, Billie è pur sempre sposato da più di dieci anni “…W, lei e tua figlia sono morte per un motivo che tu non potevi controllare, non puoi darti la colpa per questo”
Billie inspira profondamente, e smette di piangere, scommetto che per un uomo non deve essere facile buttare tutto fuori. Poi mi guarda con aria colpevole, quasi supplice.
“Avrei potuto salvare Andrea, lei avrei potuto salvarla…”
“Una malattia non si può contr…”
“Andrea è stata ammazzata!” mi urla in faccia “Non è stata una malattia! Me l’hanno ammazzata! Me l’hanno ammazzata sotto i miei occhi!”
Il respiro mi si paralizza in gola.
Non so cosa dire, cosa si dice in questi casi? Mi dispiace? No, no di certo.
Forse ha solo bisogno di sfogarsi ancora.
“Tu… ti va di raccontarmi la loro storia?”
Billie sospira ma annuisce, prendendo forza.
“W… la conosco da sempre… è la mia migliore amica… ha visto ogni parte di me e le andava bene, mi amava comunque… e io amavo lei. Non riuscivo persino ad essere triste quando è rimasta incinta, perché anche se giovanissimo io la amavo davvero… e siamo partiti per un tour, il primo tour, ma lei si è ammalata. Non ha voluto le cure per salvare la bambina.” Prende un’enorme boccata d’aria “… è morta quando Andrea non aveva nemmeno un anno. Mi dicevo che dovevo essere forte per mia figlia, ma avevo già cominciato a lasciarmi andare. Dio, se non avessi avuto Mike e Trè… probabilmente mi sarei ammazzato anni fa. E poi l’hanno rapita. La mia bambina… e io me ne sono accorto troppo tardi. Era già troppo tardi”
Trema ancora e io lo abbraccio.
“Billie….”
“Non riesco ancora a rendermene conto. Era così piccola…”
“Mi dispiace di aver messo il naso in affari non miei, non avrei dovuto, non succederà più”
Billie alza lo sguardo, e i suoi occhi, all’improvviso, mi sembrano molto più verdi.
“Una volta una mia amica ha detto che dimentichiamo solo le cose che ci hanno fatto male”
“E infatti tu stai mal…”
“No, la loro morte mi ha fatto male. Ma la loro vita, ricordare loro quando erano felici, non potrà mai farmi stare peggio”
 
Quindi adesso so la verità, eppure non mi sento meglio, che bella fregatura.
Dovrebbero dirtelo prima, in certi casi, che sapere la verità non serve proprio a nulla.
Billie si è ripreso, ha fatto una doccia veloce e adesso stiamo andando al teatro per la prima prova del musical.
Un po’ mi inquieta, ha in faccia un sorriso stampato, finto quanto il naso di Paris Hilton.
Parcheggia la macchina appena fuori dal teatro ed entriamo direttamente nelle quinte, dove una folla di ragazzi super eccitati ci sta aspettando.
Billie è spento, ma non è difficile indovinare il perché, sta chiedendo ai ragazzi di fare degli esercizi vocali per esercitare la voce a un certo tipo di pressione, sta spiegando la trama del musical e distribuendo i copioni, ma niente di più.
Niente battute, niente aneddoti, è un po’ il suo stesso fantasma.
Alla fine prendo io in mano la situazione, provando a dividere in parti la prima canzone: “American Idiot” tra quelli che saranno i tre protagonisti, che hanno voci molto diverse quindi sono praticamente impossibili da unire.
Eppure se la cavano molto bene, sanno seguire gli ordini e, una volta allenati, sono sicura saranno fenomenali.
Si fa tardi, e tutti prendono le loro cose per tornare a casa, mentre io mi ricordo che ho lasciato la giacca nella platea, quindi sono costretta a vagare al buio tra le sedie per cercarla.
“Eccoti qui!” dico, infilandomi tra due sedili per recuperarla dal pavimento.
All’improvviso, un riflettore sul palco si accende.
Una figura ben riconoscibile sale sul palco, guardandosi attorno per accertarsi che non ci sia nessuno.
Mi accuccio ancora di più dietro la sedia per non essere vista.
Billie va dritto verso il pianoforte, sono abbastanza vicina da sentire quel che dice, posa un mazzo di fiori (lo stesso visto in casa) sulla coda del piano e si siede, posando le mani sui tasti.
“Buon San Valentino, W” sussurra al pianoforte.
“E da un po’ che non ti canto qualcosa… ma oggi mi sei tornata in mente… come ogni giorno… e credo che non mi farebbe male cantare qualcosa”
Billie comincia a suonare una melodia molto famigliare, ma certo! Questa è Whatsername, ma una versione diversa dall’originale… più lenta, al pianoforte, più… rassegnata.
Chiudo gli occhi per concentrarmi sulla musica e tentare di capire i cambiamenti.
È davvero bellissima.
E piena di dolore.
Quando la canzone finisce, Billie poggia la testa sul piano e rimane lì, in silenzio.
Questo è il momento adatto per fuggire.
Ritorno dietro le quindi e finalmente ho capito cosa devo regalare a Billie Joe per il suo compleanno.
Una cosa di cui aveva bisogno già da molto tempo, ma che non ha mai avuto il coraggio di fare.
“Hey, tu! Si, tu! Tu che interpreti Jesus!”
Il ragazzo di cui non ricordo il nome, quello che fa il protagonista, si gira.
“Dici a me?”
“Si, proprio tu! Aspetta, devo chiederti una cosa molto importante….” 

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Capitolo 30
*** Throw up your arms into the sky. ***


Throw up your arms into the sky.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Shhhh….non svegliatelo!”
“Questo dove lo metto?!”
“Ahia! Quello era il mio piede!”
“Sai solo lamentarti, tu?”
“Ma quanti sono?!?!”
“Adrienne ci ammazza”
“Sono dietro di te, Trè”
“….merda”
“Appendi queste, sono le ultime”
“Shh shh shh, si sta svegliando!”
Apro leggermente gli occhi e la luce del sole, che filtra dalla finestra, mi acceca.
“Mmhhh….” Mugugno, cercando di abituarmi a tutta quella luce.
Dove sono? Ah, già, nel mio letto. Effettivamente dove altro dovrei essere?
Cerco a tentoni Adrienne tra le lenzuola ma sento soltanto qualcosa di… gommoso? Balzo all’indietro guardandomi intorno.
Era un… palloncino?
No, non uno, sono circa cinquecento palloncini sparsi sul mio letto!
Mi metto seduto ridendo… ma che diavolo…?
Guardando in alto rimango scioccato: dalle pareti e dal soffitto e dalla tv, dal baldacchino, dal lampadario e da ogni superficie della stanza, pendono fili pieni di polaroid.
Sono foto di qualsiasi cosa: i miei cani, Joey e Jakob a ogni età possibile, Gloria e Christian, il mio studio a Jingletown, la mia macchina, la casa, io e Adrienne nelle varie vacanze, il mio matrimonio, ci sono anche delle foto di me e W da bambini, i miei fratelli e sorelle, mio padre e mia madre, i miei nipoti, io e Mike e Trè da giovani, i nostri concerti, dai più piccoli ai più grandi, gli attori del musical e tutte le premier dei nostri album.
Trentasette anni di ricordi.
Sento un rumore dalla cabina armadio e un attimo dopo ne cadono fuori Gloria, Christian, Adrienne, Joey e Jakob, Mike, Trè e Jason.
“Sorpresa! “ urlano tutti insieme “buon compleanno, BJ!”
Rido forte e non riesco a fare altro, avevo anche dimenticato che oggi era il mio compleanno.
Cerco le ciabatte nella baraonda di palloncini e mi metto in piedi, abbracciandoli tutti.
“Trentasette è un bel traguardo!”
“Buon compleanno, papà!”
Adrienne mi prende per mano e fa un cenno verso la porta: “Andiamo di sotto, Christian e Gloria hanno fatto una torta, intanto Trè metterà a posto tutto questo”
“Perché sempre io?!?!”
Tra le risate generali scendiamo in cucina dove una mastodontica torta identica a Blue mi aspetta con due candeline a forma di tre e di sette sopra.
“Voi siete tutti matti, ragazzi!”
“Ci conosci da quasi trent’anni e ci sei arrivato solo adesso?!”
Gloria infila un muffin in bocca a Trè per farlo stare zitto e mi abbraccia forte, io affondo il viso tra i suoi capelli e le voglio più bene di quanto potessi immaginare.
“Abbiamo un regalo!”
sbuffo.
“Pensavo di essere stato abbastanza chiaro sul fronte regali”
“Si, ma questo non è solo per te “ esclama Jakon, correndo a prendere un cilindro incartato con un fiocco sopra.
“E’ da parte di tutti noi, per tutti voi” dice Gloria indicando me, Mike, Trè e Jason.
“Tutti noi?”
“Si, tutti voi Green Day! È una cosa che vi manca”
“Chiudi gli occhi”
Adrienne posa le mani sui miei occhi e sento qualcuno che strappa la carta, poi un fruscio di fogli.
“Sei pronto?”
“Prontissimo”
“Uno, due, tre… GUARDA!”
Apro gli occhi.
Un bacio.
È il disegno di un bacio.
Grande quanto un poster, dei colori delle fiamme, appassionato e pieno di odio e amore e rimpianto e sentimento.
I due ragazzi ritratti non sono difficili da distinguere, e i colori arancione, rosso, giallo, bianco e nero mi fanno pensare ad un solo artista che possa averlo realizzato.
Le braccia di Gloria cingono il collo di Christian, Christian cinge la vita di Gloria, lei indossa il giubbotto della sera in cui arrivò qui moribonda e ha i capelli tirati nella coda di cavallo che mi piace tanto.
Le figure sono in bianco e nero, lo sfondo è un muro di mattoni colorato da vernice rossa, gialla e arancione e da graffiti che poi sfumano nel nero.
Sopra le due sagome troneggia la scritta  “Green Day” in bianco, come se fosse stato scritto con una bomboletta spray e la vernice stesse colando.
Sotto le due sagome il nome “21st Century Brakedown”.
È la copertina dell’album, ecco cos’è.
“ragazzi… ma è meravigliosa!”
D’istinto passo lo sguardo su Joey, poggiato contro il bancone della cucina a cercare di guardare quel disegno il meno possibile. Lui incrocia il mio sguardo e gli viene da ridere.
“La cosa triste è che è stata anche una mia idea” annuncia con un finto tono di disperazione.
“Abbiamo invitato qualche amico qui per stasera, Billie, niente di che” dice Adrienne cingendomi la vita.
“Anche perché tu sarai fuori per un po’”
“Ah davvero?”
“Già, Gloria vuole rapirti”
La guardo, Gloria ha di nuovo il sorriso felino di quando l’ho conosciuta.
“Devo mostrarti il mio regalo, BJ”
 
-
 
“Perché siamo venuti qui?” le chiedo non appena entriamo nella platea del teatro.
Ci sono solo poche luci accese, quindi camminiamo a tentoni fino a quando Gloria non mi fa accomodare nel posto centrale della prima fila.
Da quando siamo usciti di casa mi sembra un po’ più nervosa, continua a torturarsi le unghie e le labbra, mordicchiandole in continuazione.
“Il tuo regalo è qui”
Alzo un sopracciglio.
“Qui… nel teatro?”
“Esattamente, ora tu stai qui buono e non ti muovere”
Gloria si arrampica sul palco e sparisce dietro le quinte.
Mi guardo intorno, anche le ultime luci si sono spente e rimango quasi totalmente al buio, fino a quando un unico, piccolo, riflettore non si accende sul palco, illuminando Gloria davanti ad un microfono.
Lei si avvicina titubante, battendo con due dita sul microfono per testare il suono.
“Prova? Prova? È acceso questo coso? Si, okay. Beh, buongiorno signori e… Insomma, Billie Joe”
Ridacchio, sporgendomi verso di lei sorridendole.
“Benvenuti all’eccezionale spettacolo organizzato unicamente per il compleanno di Billie Joe Armstrong qui dalla sottoscritta! Speriamo sia di vostro gradimento e che… insomma, che funzioni”
Gloria fa un mezzo sorriso e il riflettore si spegne, la sento camminare sul palco per poi fermarsi.
La musica parte, riconosco subito le prime note, suonate con leggerezza su una chitarra, probabilmente da Gloria.
Poi una voce comincia a cantare, è quella di Rebecca, la ragazza che interpreta Whatsername.
 
“Do you know what’s worth fighting for?
When it’s not worth dying for?
Does it take your breath away
And you feel yourself suffocating?”
Alla voce di Rebecca si aggiungono altre, ma sono solo sussurri, che rendono il tutto molto più musicale.
 
“Does the pain weigh out the pride?
And you look for a place to hide?
Did someone break your heart inside?
You’re in ruins…”
 
Un’altra voce comincia a cantare, sovrapponendosi a quella di Rebecca e di un’altra ragazza, riconosco la tonalità della ragazza che interpreta Heater.
E parte anche il suono di violini, i riflettori illuminano i visi dei ragazzi che cantano, le seconde voci continuano, i violini suonano.
 
“One, twenty-one guns
Lay down your arms
Give up the fight
One, twenty-one guns
Throw up your arms into the sky,
You and I…”
 
E poi parte una voce che conosco molto bene.
La mia voce.
 
“When you’re at the end of the road
And you lost all sense of control
And your thoughts have taken their toll
When your mind breaks the spirit of your soul
 
Your faith walks on broken glass
And the hangover doesn’t pass”
 
La voce di Jhon Gallager si aggiunge alla mia.
 
“Nothing’s ever built to last
You’re in ruins”
I riflettori si accendono, illuminando di mille colori diversi il cast del musical, in schieramento a V, che cantano con l’anima e il cuore sincronizzati.
La loro sembra un’unica voce, e dico a me stesso che era proprio questo l’effetto che volevo ottenere, e che Gloria ci è riuscita ancora una volta.
 
“One, twenty-one guns
Lay down your arms
Give up the fight
One, twenty-one guns
Throw up your arms into the sky,
You and I…
 
DID YOU! Did you try to live on your own?
WHEN YOU! When you burned down the house and home?
DID YOU? Did you stand too close to the fire like a liar looking for forgiveness from a stone….”
 
L’acuto di Rebecca risuona nella sala.
Poi canta ancora la voce delle tre ragazze, sole insieme al suono della chitarra di Gloria e ad un pianoforte e poi ai violini e alla batteria e poi ricomincia il ritornello e loro si circondano le spalle con le braccia a vicenda, cantando con tutto il cuore possibile.
Mi alzo in piedi, avvicinandomi al palco, perché è la cosa più bella che ho mai ascoltato.
La canzone finisce, e io batto le mani.
Il più bel regalo di compleanno di sempre.
Sto per dire qualcosa ma all’improvviso la musica ricomincia, e io mi blocco.
Perché mi aspettavo tutto, ma non le note che mi rimbombano tra le orecchie.
La formazione del cast si è aperta, adesso sono tutti disposti a scacchiera, lasciando Jhon Gallager (Alias Jimmy) da solo al centro del palco, illuminato da un riflettore dalla luce bluastra.
Ha i capelli scompigliati, giacca, cravatta, sguardo basso e mani in tasca.
Poi comincia a nevicare. Neve finta, ovviamente, che cade su di lui che sembra non accorgersene nemmeno.
Gloria è al pianoforte, riconosco il suo tocco sfiorarne i tasti, anche perché non riesco a immaginare chi altro possa avermi sentito suonare quella melodia, che in quella versione esiste solo nella mia testa.
 
“Thought I ran into you down on the street,
Then it turned out to only be a dream…
I made a point to burn all of the photographs…
She went away and then I took a different path…
I remember the face but I cant recall the name…
Now I wonder how Whatsername has been…”
 
Ci sono solo il pianoforte e la sua voce, tutto il resto è immobile, gli altri attori non muovono neanche le palpebre, e sembra come un ricordo, una fotografia impressa nella mente di chi quel momento l’ha vissuto tanto tempo prima e lo ricorda dopo anni e anni.
Esattamente come me.
Un violino comincia a suonare la melodia della canzone, e ogni nota mi trafigge l’anima, perché è proprio così che l’avrei voluta, è proprio così che avrebbe avuto significato, così RASSEGNATA.
 
Quando Jhon riprende a cantare si aggiungono anche le seconde voci.
 
Seems that she disappeared without a trace
Did she ever marry ol’ Whathisface?”
 
Si aggiungono anche le voci delle ragazze.
“I made a point to burn all of the photographs
She went away and then I took a different path
I remember the face but I can’t recall the name
Now I wander how whatsername has been”
 
E adesso il suono di una chitarra, come nella versione originale, rompe il silenzio e l’immobilità di quella scena.
E poi luci.
Quasi psichedeliche, quasi come le luci da discoteca, le luci bianche a intermittenza invadono il teatro e le chitarre e la batteria cominciano a suonare molto forte e il cast comincia a ballare, chinandosi verso il basso e battendo i piedi e la testa a tempo.
Le voci si affollano nella mia testa insieme alle luci, e vedo volti, sento voci, i ricordi si susseguono con la stessa intensità con cui la luce cambia. E vorrei urlare, strapparmi i capelli , rotolare per terra e piangere e farla finita con questa buffonata che chiamo vita.
 
“Remember! Remember!
Whatever! Whatever!
It seems like forever ago!
Remember! Remember!
Whatever! Whatever!
It seems like forever ago!”
 
Tutti I ballerina si piegano, soltanto Jhon rimane in piedi.
 
“The regrets are useless in my mind
(remember, whatever, it seems like forever ago)
She’s in my head I must confess
(remember, whatever, it seems like forever ago!)
The regrets are useless in my mind
(Remember, whatever, it seems like forever ago!)
She’s in my head form so long ago!
Go… go… go… go…”
 
Si alzano tutti in piedi, mentre Jhon si piega su se stesso, come se sopportare tutti quei ricordi e quell dolore fosse troppo per lui, come se stesse per spezzarsi, come me.
Esattamente come me.
Sento una battaglia infuriare nella mia testa e in tutto il mio corpo, e una parte di me mi urla di lasciarla andare, e un’altra parte di me mi dice che non posso dimenticare perché è tutto colpa mia! È continuano a tirarmi e tirarmi e a farmi scoppiare la testa tra voci e ricordi e accuse e luci intermittenti che mi accecano e il rumore che mi fa impazzire!
Le luci intermittenti diventano sia bianche che rosse, e sta volta tutti sono in piedi.
 
“And in the darkest night, If my memory serves me right
I’ll never turn back time…”
 
Tutti si bloccano, rimane soltanto la voce di Jhon.
 
“Forgetting you, but not the time….”
 
Poi il suono di un solo, unico, violino, chiude la canzone.
E mi sembra come se la guerra sia finita.
Ma non ho idea di chi sia il vincitore.
Poi, una voce sussurra nel microfono: “lasciala andare….”
E mi sembra la voce di W… lei mi ha parlato? No, non è W, è Gloria. Lei mi ha chiesto di lasciarla andare, di andare avanti.
Cado sulle ginocchia, totalmente sfinito, ma è come se un macinio fosse svanito dal mio cuore.
E sono libero, così come lo è W.
 
-G-
 
Spero che abbia funzionato, Dio, spero davvero che abbia funzionato.
Il mio regalo era la libertà, Billie se la meritava, e non avrebbe mai potuto raggiungerla se prima non lasciava andare W, se prima non accettava che la vita va avanti e la colpa non è mai stata sua, se prima non accettava che magari l’avrebbe amata per tutta la vita, ma doveva lasciarla libera di continuare così come lei aveva lasciato libero lui.
Billie è crollato sulle sue ginocchia, ma subito dopo è scappato via verso i camerini.
E adesso io sto andando da lui, con le ginocchia traballanti e la coda tra le gambe.
Busso piano alla porta rossa.
Nessuna risposta, ma apro comunque.
Billie è di fronte a un tavolo, con un foglio molto vecchio piegato tra le mani, si gira verso di me e mi sorride tra le lacrime, camminandomi incontro.
Poi mi tende il foglio, ci sono delle strofe di una canzone scritte a matita, la data risale al 1990, in gennaio.
Il titolo che spicca è : “When it’s time”
Billie mi guarda e una lacrima solitaria gli riga il viso, bagnando anche il sorriso che increspa le sue labbra.
“Sono pronto a lasciarla andare”
 
ADA
 
Ho aspettato un po’ per questo capitolo, perché a dire il vero ci tengo parecchio.
Billie non ha mai smesso di amarla, e forse mai lo farà, ma adesso l’ha lasciata andare. Si è concesso una possibilità di andare avanti. E questo non vuol dire dimenticare, vuol dire soltanto andare avanti.
Che è una delle cose migliori che si può fare nella vita.
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, aspetto commenti : )  

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Capitolo 31
*** I'll stop the whole world from turning into a monster ***


I’ll stop the whole world from turning into a monster.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
“Sveglia e sorgi, bel sole!”
“mmh….”
“Sul serio, Gloria, sono le dieci passate, siamo in ritardo”
“mmmmmmmh….”
“Mugugnare non ti servirà a nulla, potevi pensarci prima di passare tutta la notte a ridere delle mie foto da quattordicenne”
Mi metto seduta sul letto, passandomi una mano tra i capelli che, contro ogni legge della fisica, sono ritti in tutte le direzioni.
“Ne avevi tredici e portavi i capelli lunghi, smettere sarebbe stato pressoché impossibile”
La verità era che non era tanto Billie Joe che mi interessava, nelle foto, ma Whatsername.
Mi sembrava sempre che mi sfuggisse qualcosa, riguardo a quella ragazza, mi sembrava sempre che fosse un passo avanti a me e non riuscissi mai a raggiungerla completamente.
Billie l’aveva lasciata andare, io avevo cominciato ad esserne ossessionata.
Guardo Billie, da quel giorno nel teatro ha sempre il sorriso in volto, e io comincio a pensare che, se avessi conosciuto W, mi sarebbe stata grata per questo.
Billie è quasi sopportabile, quando è felice.
Mi passa un enorme tazzone di caffèlatte che bevo in meno di due sorsi, poi lo fisso con tutto l’odio di cui sono capace.
“Cosa c’è di così importante da svegliarmi NEL BEL MEZZO DELLA NOTTE?!”
“Sono le dieci e venti del mattino!”
“Appunto! È notte fonda, per me!”
Billie ride e mi lancia il paio di jeans e la t-shirt poggiati sulla mia scrivania.
“Vestiti, oggi si girano i video!”
Ah, già, vero, i video.
Billie me l’aveva accennato una settimana fa, e anche in quel momento non mi sera sembrata una buona idea, considerando che ero ricercata in tutta la California e che quel video, con molta probabilità, sarebbe stato trasmesso da tutte le reti nazionali e internazionali per mesi, se non anni.
Ma Billie aveva insistito, e in quel momento ero troppo felice per la notizia dell’imminente matrimonio di Mike e Brittany, per non accettare.
E poi anche Christian aveva detto di si, e considerando che lui è quello sano di mente dei due, vuol dire che non lo considera un potenziale pericolo per la mia incolumità.
Billie esce dalla camera e io mi cambio, cercando di dare una forma ai miei capelli, il rosso comincia di nuovo a essere visibile alla radice, sarebbe stata necessaria una tinta al più presto.
Indosso la magiletta e in jeans, trascinandomi giù per le scale di casa, alla disperata ricerca di altra caffeina.
Christian è già pronto e raggiante, nei suoi nuovi vestiti presi col suo primo stipendio, sta suonando sul pavimento del salotto insieme a Jakob, e stanno ridendo di qualcosa che lui ha appena detto.
“Buongiorno, bella addormentata!”
Gli grugnisco contro, ancora mezza addormentata, e sorrido a Jakob.
Christian non vive più qui da tre giorni, ha affittato un bell’appartamento da un amico di Billie Joe, e io faccio finta di non sapere che Billie gli paga metà dell’affitto a sua insaputa, dopotutto anche Christian ci sta dando una mano per il nuovo album, quindi se lo merita.
A pranzo e cena è comunque sempre qui, quindi per me non è cambiato praticamente nulla, a parte che non posso più sgattaiolare in camera sua quando ne ho voglia.
Per la suprema felicità di Billie Joe, aggiungerei.
In cucina Adrienne sta preparando le frittelle, Billie le circonda la vita, baciandole la nuca, poi la fa roteare su se stessa e, con un casquè, la bacia sorridendo.
Anche tra di loro le cose vanno meglio, da quando Billie ha lasciato W libera.
Prendo una ciotola e la riempio di cereali e latte, poi bevo un ettolitro di caffè e metto la giacca, seguendo Billie Joe nel vialetto, insieme a Christian.
Saliamo in macchina e ci fermiamo di fronte allo studio di Jingletown soltanto per prendere anche Mike e Trè, poi un furgoncino bianco con quella che suppongo essere la troupe di ripresa ci segue, mentre ci dirigiamo verso le campagne.
Dove diamine stiamo andando? E quale maledetta idea vortica nella mente malata di Billie Joe?
Dopo venti minuti siamo arrivati in aperta campagna, davanti a noi c’è solo una pianura piena di erbacce molto desolata, con colori che vanno dal verde acceso a un giallo grano, tutti di erbacce dalle varie forme e dimensioni.
Camminiamo per un po’ tra l’erba secca, all’orizzonte noto delle figure che ancora non riesco a riconoscere, dietro di noi ci sono un sacco di tizi con telecamere e microfoni e roba del genere, in più due ballerine con parrucche bionde e un paio di truccatori.
Qualche minuto dopo capisco cosa sono le figure che avevo visto prima.
Sono… mobili? Che ci fanno dei mobili nel bel mezzo del nulla.
Indosso gli occhiali da sole e sbadiglio, girando tra quel bizzarro arredamento: c’è un letto a due piazze, un tavolo con quattro sedie, un angolo cottura, una libreria, una poltrona con televisione, un lavandino e una vasca da bagno.
Tutti abbastanza nuovi e nessuno con un motivo ben preciso per essere lì.
Più in là vedo che è montato una specie di palco improvvisato, la batteria di Trè è già montata lì sopra e, poco più in là, c’è un vecchio catorcio celeste che mi chiedo come possa essere stato guidato fin qui in quelle condizioni.
“Allora, cosa hai in mente?”
Billie indica con un gesto del braccio tutto quello strano caos.
“Questo è il set!”
“…Questo?”
“Si, esatto. È stata un’idea di Trè. L’ultima delle ragazze americane, volevamo dare l’idea di una specie di scenario post-apocalittico e questo posto calzava a pennello, però ci serviva anche che nel video sembrasse che tu mantieni una routine normale…. Ecco perché i mobili. Vedrai, ti piacerà?”
“E le due Lolita lì dietro?”
“Sono ballerine, ti ronzeranno intorno mentre sarai semplicemente te stessa, fai finta di non vederle”
“Non sarà troppo difficile. Ora parliamo di cose serie, come faccio a non essere riconosciuta?”
“Qui entro in gioco io”  dice una ragazza biondo cenere, con una lunghissima cosa di cavallo.
“Gloria, lei è Lana, la cugina di Brittney, nonché la migliore truccatrice che io conosca”
“A Billie piace fare complimenti gratuiti, coraggio, siediti, non ci vorrà molto”
Mi metto seduta su una di quelle sedie pieghevoli e Lana mi tira indietro i capelli con una fascia, per poi passarmi del fondotinta un po’ più chiaro del mio colore di pelle sul viso, sul collo e anche su braccia e altre parti scoperte. Ho capito cosa vuole fare, vuole farmi sembrare più chiara di carnagione. Poi passa alle sopracciglia, torturandomi con una pinzetta per dieci minuti buoni. Mi trucca leggermente gli occhi e mette un po’ di rossetto di un rosso molto molto scuro”
“Hai delle labbra di una forma davvero bellissima, è tremendo doverla modificare”
“Grazie…”
Mi scioglie i capelli e comincia a spruzzarci sopra un spray e poi pettinandoli.
Mi guardo allo specchio.
Wow, l’effetto è proprio strano.
Cioè, sono io, ma non sono io. Mi ha allungato leggermente la forma del labbro superiore con una matita per labbra, facendolo sembrare meno carnoso, lo spray sui capelli li ha resi di un colore più simile al marrone che al nero, coprendo la ricrescita.
Può andare.
Billie mi dice di mettermi una canotta blu scuro e dei pantaloncini e poi infilarmi nel letto, e non me lo faccio ripetere due volte.
Poi parte la musica, che serve solo a darci i tempi per le scene, ed effettivamente mi diverto un sacco.
Devo solo far finta di essermi appena svegliata, non particolarmente difficile, poi mettermi seduta sul letto, lavarmi i denti e stare a fissare la tv spenta, sulla quale poi verranno aggiunte delle immagini al computer, sulla poltrona e poi ascoltare musica da un paio di cuffie.
La scena più bella, però, è decisamente quella in cui faccio saltare il aria quel catorcio di macchina mimando una pistola con le mani.
Le altre parti del video saranno occupate dai ragazzi che suonano, e sono sicura sarà spettacolare.
Quando abbiamo finito torniamo in città, per girare il video di 21 guns, ed è già pomeriggio inoltrato. Billie è alla guida, ma la zona che stiamo percorrendo la conosco come le mie tasche, è il mondo mio e di Christian, e non mi è neanche tanto difficile immaginare dove siamo diretti.
-
L’hotel Fiamma doveva essere un posto bellissimo, prima di essere abbandonato.
E lo era ancora, prima dell’incendio.
Adesso invece è solo un cupo e tetro edificio totalmente diroccato e dalle pareti nere per i segni delle fiamme.
Ma noto con piacere che è ancora accessibile.
Superando l’ormai inesistente porta ci facciamo largo tra le macerie fino a raggiungere le scale, puntando all’ultimo piano che un tempo ho potuto chiamare casa.
Il nostro piano non è stato quasi per niente toccato dalle fiamme, se non qualche segno nero sulle pareti esterne della stanza. Apro piano la porta, ma mi sembra di essere entrata nella vita di un’altra, che quella Gloria che voleva cambiare il mondo, cresciuta tra quelle pareti, fosse bruciata insieme al resto del palazzo.
Perché adesso la mia vita mi piace,e  voglio proteggerla.
E sono disposta a rinunciare ai miei ideali per farlo? Non lo so, ma ho una paura matta.
Entriamo nella stanza piano, controllando ogni passo per paura che il pavimento ci crolli sotto i piedi.
“Gloria, se non te la senti di Girare qui, possiamo anche andare da qualche altra parte”
Penso al testo di 21 guns, e all’improvviso il fatto che qualcuno con una telecamera mi filmi nel luogo che racchiude praticamente tutta la mia vita non mi da’ più fastidio.
Così, quando Billie mi posa la mano sulla spalla, io non mi ritraggo.
“No, è perfetto”
E, per il testo e il messaggio della canzone, lo è davvero.
Per il video indosso i vestiti che avevo la sera del colpo e mi lego i capelli, chiara provocazione per quei tizi della casa farmaceutica e, soprattutto, per il mostro che mi ha torturata quella notte.
Nel video io e Christian siamo in casa, lui si rigira un proiettile tra le mani, fino al momento in cui cominciano a spararci addosso e noi, dopo una paura iniziale, ci baciamo, quasi ignorando tutto ciò che viene distrutto intorno a noi.
È un po’ una sintesi della nostra storia, in effetti.
Invece i Green Day gireranno le loro scene in una delle stanze che più è stata colpita dall’incendio, sempre per dare l’idea di quello scenario post-apocalittico.
Mi fa un po’ impressione baciare Christian davanti a una telecamera, soprattutto se mio padre adottivo è lì a guardarci, ma in effetti il nostro bacio è anche la copertina dell’album.
Finiamo il video in pochissimo tempo, e io giro per la casa.
Penso di recuperare qualche oggetto per poterlo portare a casa… ma non ci riesco. Questa stanza deve rimanere così, esattamente come l’ho lasciata.
Immobile, congelata, ferma a metà tra la Gloria che ero e quella che diventerò.
Usciamo in silenzio, e Christian mi prende per un braccio, spingendomi dietro un muro.
“Lo stanno progettando”
Mi sussurra, bloccandomi contro una parete per non farsi sentire da nessun altro.
Non c’è bisogno di chiedere di chi stia parlando o a cosa si riferisca, lo so già di mio.
Parla del colpo finale, della nostra ultima possibilità.
Riuscire o morire provandoci.
Era questo il piano.
Ma adesso? Sono ancora pronta a rischiare tutto il mio monto?
Non riesco a dire nulla, rimango con la bocca spalancata senza essere capace di aggiungere altro, ma Christian continua, ancora coinvolto fino in fondo, come un treno a tutta velocità o un cavallo imbizzarrito.
“è tutto un’idea, ovvio, ma abbiamo due mesi per recuperare materiali e studiare un modo per entrare senza essere visti, ci servi tu, Gloria! Potremo davvero riuscirci, questa volta! Abbiamo un’idea, facciamo una soffiata anonima ad un giornalista poco prima di entrare, così quando avremo finito vedranno tutti che quel che dicevamo a proposito di loro è vero, e saranno costretti a chiudere!”
Rimango in silenzio, costringendomi ad annuire, e Christian va via entusiasta.
Cammino piano, scalino dopo scalino, cercando di ingoiare il boccone amare, perché ancora una volta la stabilità che mi sono conquistata con i denti sarà messa a rischio.
Arrivati per strada dico a Billie e a Christian che ho bisogno di fare una camminata per schiarirmi le idee, loro acconsentono e io comincio a camminare verso l’Inferno.
Magari i ragazzi sono lì, magari loro sapranno ricordarmi per cosa vale la pena lottare in questo modo.
Quando arrivo lì noto che la porta è aperta, ma la luce all’interno è spenta.
Mi avvicino alla porta di metallo… il lucchetto è stato rotto con delle pinze e la porta sembra essere stata stradicata.
“Ma che ca….”
Un paio di enormi braccia mi afferrano per la gola, bloccandomi le braccia e tappandomi la bocca, fino a quando un’orribile, profonda e spettrale voce non mi sussurra nell’orecchio: “è un piacere rivederti, ragazzina”
 
ADA
ZAN ZAN ZAAAAAAAAAAAN sappiate che non pubblicherò nulla se non ho almeno tre recensioni, sia chiaro u.u dovete farvi perdonare per l’assenza! Tranne la nostra (neo) Whatsherface che è sempre fedele :’) prendete esempio ù_ù

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Capitolo 32
*** Blackbird. ***


Blackbird.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
 
Un ceffone in pieno viso, e quando riapro gli occhi sono legata ad una sedia all’interno dell’inferno, completamente raso al suolo.
La stessa bandana che portavo come segno di ribellione la sera del colpo adesso mi tappa la bocca, impedendomi quasi di respirare.
I tavoli sono stati buttati all’aria, le librerie ribaltate, gli oggetti rotti.
Soltanto i dipinti sono rimasti intatti, le fiamme disegnate da Christian divampano ancora sulle pareti.
Il mio cervello ha già accettato l’idea che, con molta probabilità, morirò stasera, quindi quelle fiamme sono l’unica cosa che mi fa anche solo minimamente sentire a casa.
Il mostro è davanti a me, ancora la mano tesa, e un orribile sorriso compiaciuto gli incurva il volto.
“Stavolta non avrai il lusso di addormentarti, ragazzina”
Si piega leggermente, fissandomi dritto negli occhi, che a me danno un fastidio tremendo.
Poi ricorda, effettivamente mi danno fastidio perché porto ancora le lenti a contatto castane che ho usato per il video!
Forse ho una speranza, forse penserà di aver sbagliato persona, dopotutto ho i capelli più corti e gli occhi di un colore diverso e tutto il trucco.
Effettivamente, però, non ci credo molto neanche io.
Si avvicina al mio viso, inspirando a fondo tra i miei capelli, poi mi guarda negli occhi.
Ti prego, fa che non si accorga che sono lenti a contatto.
“Allora, sei sicuro che sia lei?” chiede un’altra voce da un angolo del locale.
Altri due uomini escono alla luce, sono molto più giovani del mostro e sembrano sinceramente spaventati, decido di rinunciare al mio orgoglio per interpretare la parte di quella che non ha la più pallida idea del perché si trovi lì.
Comincio a urlare, per quanto il bavagli possa concedermelo, e ad agitarmi, a guardare quei due ragazzi con l’aria più supplichevole che riesco a produrre.
Loro indietreggiano di qualche passo, sempre più a disagio, e il mostro mi molla un altro ceffone.
“Ma certo che è lei, non la dimenticherei mai, e poi guardate dove siamo! Siamo incappati nella tana dei ratti!”
“Io ricordavo che avesse gli occhi verdi…” dice quello più basso, avvicinandosi al mio viso.
“…questa li ha marroni”
Anche l’altro lo raggiunge, io mi agito ancora un po’, guardando solo loro.
“E’ vero capo, poi questa ha i capelli un po’ più chiari e corti… e non ha le ciocche blu”
Il mostro si piega su di me, sento il suo fetido alito sul collo.
“Se vi dico che è lei è perché ne sono sicuro, avete capito?! Adesso chiamate la base, dite che l’abbiamo trovata”
I due ragazzi spariscono, e con loro anche la mia ultima possibilità di sopravvivere, l’unica cosa che rimane fare è affrontare a testa alta qualsiasi cosa mi aspetti.
“Allora, potrei semplicemente ucciderti e farla finita… ma questo non aiuterebbe la mia causa. Tutti quegli altri ratti dei tuoi compagni… loro continuerebbero a lottare… diverresti qualcosa come una martire, per loro”
Respiro profondamente, guardandolo dritto negli occhi senza batter ciglio.
“…quindi, magari ti torturo fino alla morte e poi ti lascio qui come avvertimento. Ma con voi animali servirebbe solo a farvi arrabbiare di più. La mia idea è questa, adesso io ti faccio sopravvivere, tu continuerai a progettare con i tuoi amichetti il vostro piano per salvare il mondo e io farò finta di essere girato dall’altra parte per tutto il tempo… ma tu dovrai fare anche qualcosa per me, principessina. Mi fornirai un resoconto dettagliato di tutti i loro movimenti, piani e di qualsiasi cosa loro abbiano trovato, così che io possa incastrarli e farti passare da simbolo della ribellione a….” mi accarezza la guancia “…docile cagnolino a mio servizio, intesi?”
Il mostro mi slaccia la bandana dalla bocca, per permettermi di rispondergli, e io gli sputo in faccia.
“Piuttosto muoio!”
Eccola qui, la vecchia Gloria che riaffiora, perché anche se adesso ho una vita stabile non posso permettere che gli altri pensino questo di me, non posso permettermi di essere io la causa della loro rovina.
Lui muove il dito a destra e a sinistra davanti la mia faccia, sempre con la stessa voce calma e serafica,facendo schioccare la lingua come si fa coi cani o coi bambini.
“No no no, non si fa, dolcezza. Dovremo insegnarti con le cattive ad essere più educata. Vedila un po’ così, non ti sto dando la possibilità di scegliere, tu lo farai e basta! E vuoi sapere perché lo farai?”
Rimango immobile, i denti stretti in un odio senza eguali.
Lui si avvicina al mio orecchio, sento la barba pungermi la pelle.
“Perché altrimenti io ammazzo sia il tuo amato Christian che quella famigliola di rockstar del cazzo che ti trascini dietro.”
Fine.
Non posso fare altro.
Mi hanno trovata.
È la mia vita, contro quella di tutti quelli che amo.
“…c…cosa succederà agli altri?”
Il mostro si apre nel peggiore dei suoi sorrisi malvagi, che gli occupano da un capo all’altro della faccia.
“Ora si che cominciamo a ragionare. Non temere, è te che voglio. I tuoi amichetti se la caveranno facilmente con un mese di riformatorio e due sculacciate. Ma immagine, quando vedranno la loro leader tradirli in quel modo… non ci daranno mai più fastidio”
Trattengo le lacrime nell’angolo più remoto della mia anima, accanto all’odio che covo per quest’uomo.
Eppure non posso fare altro, devo acconsentire.
“Capo, hanno chiamato dalla base, dicono che stanno scaricando adesso, poi chiuderanno l’accesso fino a domani mattina”
Il mostro mi guarda, io rimango impassibile e lui torna a parlare con il ragazzo.
“Bene, digli che non c’è bisogno della sentinella, passiamo noi tra un’oretta. E dite di chiudere i depositi, non rischiamo che qualche altro cretino voglia passare a fare controlli”
Analizzo mentalmente tutte le informazioni che ho appena acquisito.
1 Stanno parlando del tubo di scarico con cui buttano in mare la loro merda, che a quanto pare è sorvegliato.
2 C’è un deposito che non vogliono sia controllato.
Ma il mio animo battagliero si è spento, e per la prima volta in vita mia ho davvero paura di quel che può accadere.
Escono dalla stanza e io rimango sola, al buio, finalmente libera di piangere quanto mi pare.
Sto per tradire tutte le persone che amo, ma lo faccio per salvarle.
Christian mi odierà dopo questo, e allo stesso tempo non posso parlargliene perché lui si sacrificherebbe, direbbe che non importa cosa gli fanno, che il nostro fine è più importante.
Questa volta, questa è una battaglia che devo combattere da sola.
E l’ho già persa.
La porta dell’Inferno si apre, e uno spiraglio di luce entra nella stanza.
Alzo lo sguardo, e non so se essere felice o disperata.
“Billie….”
Billie Joe corre giù per le scale e, senza dire nulla, mi slega, trascinandomi fuori dall’inferno e continuando a correre lungo la strada fino a quando non siamo molto lontani dall’Inferno.
Arriviamo in una strada abbastanza appartata e Billie mi abbraccia, accarezzandomi i capelli violentemente.
“Ho avuto così paura! Avrebbero potuto farti chissà che cosa!”
La verità è che so benissimo che mi avrebbero liberato presto, perché in quel momento servivo più da viva che da morta, ma sono comunque grata a Billie per avermi portato via di lì.
Lo abbraccio ancora più forte, devo trovare una scusa convincente, qualcosa che non gli faccia capire che è in pericolo.
“Hanno trovato l’inferno, mi hanno presa perché mi sono affacciata a guardare… ma non credo mi abbiano riconosciuto, credevano fossi soltanto una della banda”
Billie mi guarda un po’ titubante, ma sembra credermi, mi prende per mano e camminiamo lungo la strada, questa volta illuminata dai lampioni.
“Coraggio, andiamo a casa”
Già, casa.
La casa che ho appena ritrovato.
La casa che mi sono conquistata lottando con le unghie.
Un’altra delle case che, ancora una volta, sto per perdere.
 
Ada
Siete stati meravigliosi con le recensioni e vi meritate un altro capitolo! Lo so, è un capitolo un po’ triste, ma ci voleva una svolta! A presto!
Rage & Lol!

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Capitolo 33
*** May you stay forever young. ***


May you stay forever young.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
I giorni seguenti le cose non migliorarono. O almeno non per me, che ero a conoscenza di quello che “il Mostro” stava organizzando.
Le ore si susseguivano senza sosta e io camminavo per casa come un zombie cercando di non farmi notare, o magari di scomparire letteralmente.
Billie, probabilmente, credeva che fossi ancora scossa per il quasi-rapimento, e io glielo lasciavo credere volentieri.
Per un momento avevo pensato di parlargliene, di dirlo almeno a qualcuno, ma sotto quell’aspetto Billie avrebbe reagito esattamente come Christian, si sarebbe volentieri sacrificato per la mia incolumità.
Perché, anche questo lo sapevo molto bene, quello che il Mostro mi aveva concesso non era la salvezza eterna, ma solo un po’ più di tempo per dire addio a tutti quanti.
Con molta probabilità, alla fine di giugno sarei morta, oltretutto con la fama di quella che ha tradito tutti i suoi amici e la sua famiglia.
Ma almeno loro sarebbero stati tutti salvi, non avrebbero fatto male a nessuno di quelli dell’inferno, né a Christian, né ad Adrienne, a Joey, a Jakob o a Billie Joe.
Era la mia vita in cambio della loro, e a me andava più che bene così.
Non avendo voglia di pensare a nient’altro, ultimamente mi sto impegnando molto di più nello studio, tanto che i miei professori del college hanno cominciato a dirmi che, se avessi continuato così, mi sarei laureata nella metà del tempo previsto.
E poi c’è il matrimonio, soltanto tra una settimana, e Brittany e Mike sono letteralmente fuori di testa per i preparativi!
Sento qualcuno bussare alla porta e mi giro, chiudendo il diario sulla quale stavo scrivendo.
“Gloria” Billie entra nella stanza, lasciandomi una tazza di cioccolata sulla scrivania.
“Buongiorno, superstar”
“Lo sai cosa ti aspetta oggi, vero”
Sospiro, e mi viene quasi da ridere.
“Lo so, sarà dura”
“Estremamente dura”
La porta si spalanca, tremando nei cardini, e una Britt in preda all’euforia pre-matrimonio arriva con le braccia cariche di tessuti, trascinandosi dietro due ragazzine dall’aria traumatizzata.
“E’ il giorno, ragazze, è il giorno!”
Britt lancia allo stesso modo tessuti e ragazzine sul mio letto, prendendomi di forza per la t-shirt per farmi alzare in piedi.
“Mio dio, ma quanto sei alta?”
“Hem… non saprei… un metro e settanta…settantacinque?”
Billie sbuffa, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Già, Britt aveva avuto la spiacevole idea di chiedermi di farle da damigella, per il matrimonio, e al momento mi era sembrata anche una buona idea! Era il primo matrimonio alla quale partecipavo, e non avevo idea di come una dolce e pacata ragazza potesse diventare uno SPOSOSAURO dopo neppure un mese.
Mi lancia tra le mani un campione di tessuto color pesca, avvolgendomi come una salsiccia.
“Adorabile!”
“Starai scherzando, spero”
Britt arriccia le labbra e mi libera, buttando il color pesca tra i tessuti scartati, poi esce dalla stanza, dicendo che chiama un taxi per portarci a fare un po’ di shopping.
Una condanna a morte, insomma.
Rimango da sola in stanza con le due ragazzine, e decido di interagire, Billie è ancora poggiato ad osservarmi dallo stipite della porta.
“Quindi, anche voi siete cadute nella sua trappola”
La ragazzina bionda ridacchia, mentre quella bruna tiene ancora il broncio.
“Io sono costretta” dice “sta per diventare la mia matrigna!”
“Non credere a tutto quello che ti dicono sulle matrigne” le dico, sedendomi a gambe incrociate davanti a loro, poi guardo Billie Joe e gli sorrido “a volte sono delle persone davvero deliziose”
“Lo so, ma…”
“Ma Estelle non ha ancora accettato il divorzio dei suoi, né il nuovo fratellino” conclude quella bionda.
“Ramona!”
“Che c’è? È la verità! E poi non lamentarti, mio padre l’ha fatto già due volte! E anche a me è nata una peste imprevista”
Le due ragazzine si guardano e ridacchiano ancora, poi tornano a fissare me.
“Quindi tu sei la figlia di Mike” dico indicando Estelle “e tu…”
“La figlia di Trè”
“QUALCUNO HA AVUTO UN FIGLIO CON TRE?!”
Entrambe scoppiano a ridere, e io con loro, poi faccio due più due. Questa ragazza avrà più o meno l’età di Joey. Si chiamano Joey e Ramona, molto simile a Joey Ramone, l’idolo di Billie e Trè.
“Quanti anni avete?”
“Io quattordici” risponde Ramona “Estelle invece è più piccola, anche se non sembra”
“Molto piacere, ragazze, io sono la Gloria”
Ramona ed Estelle si guardano, visibilmente sconcertate, poi continuano a fissarmi.
“Tu sei Gloria?”
“Hem… si?”
“Insomma, tu sei QUELLA Gloria? Quella delle canzoni?”
“In carne ed ossa”
“Te l’avevo detto che non potevano essersela inventata!”
Guardo Billie in cerca di aiuto, ma lui continua a fissarci ridacchiando, quindi decido di passare alle maniere forti.
“Chi vuole che le faccia delle ciocche di capelli colorate?”
Estelle e Ramona dimenticano qualsiasi cosa stessero dicendo poco prima e mi assalgono, assalgono letteralmente!
Mi ricorda quando dovevo badare alle ragazze alla casa famiglia, e un po’ mi scalda il cuore, aggrapparmi a quel ricordo.
Faccio sedere le ragazze, ad una ad una, sulla sedia della mia scrivania, e recupero un po’ di tinta per capelli colorata, avanzata da quando vivevo al Fiamma, cominciando a colorare qualche ciocca di capelli.
Non quelle più esteriori, così da non causare l’ira funesta di Britt.
Per par condicio me ne faccio un paio anche io e, per un momento, si sembra quasi che tutto questo non cambierà.
 
-B-
 
Christian è di nuovo in camera di Jakob, non so perché ma ci passa un sacco di tempo ultimamente, e sembra proprio che siano diventati buoni amici.
Quando entro nella stanza, sono entrambi seduti sul pavimento, con due chitarre in mano, che cercando di suonare delle note scritte a casaccio su di uno spartito.
“Hey ragazzi, che fate?”
“Christian mi sta dando una mano ad imparare” risponde Jakob, stringendo la lingua tra i denti per riprodurre un accordo particolarmente difficile.
“Non sapevo volessi imparare, avresti potuto dirmelo”
Jakob alza le spalle, ma diventa rosso come un peperone.
“Non voleva disturbarti” risponde Christian al posto suo “E comunque, tanto di guadagnato se puoi insegnargli tu! Io sono davvero negato, è Gloria la musicista, tra i due”
Christian si alza e mi  passa la chitarra, facendomi l’occhiolino, e io gliene sono grato.
In questi anni sono stato un padre pressappoco inesistente, e questa volta ho l’opportunità di riscattarmi, ho smesso di autocommiserarmi e adesso sono pronto ad essere per Joey e Jakob il miglior padre possibile.
Christian esce dalla stanza, affacciandosi a guardare Gloria che tinge i capelli a Estelle e Ramona.
“E’ brava con i bambini”
“Già, considerando come tratta gli adulti non si direbbe, ma quando eravamo in comunità era lei che badava praticamente a tutti, la chiamavamo Wendy”
“Wendy?”
“Si, insomma, come quella di Peter Pan… lei ci raccontava le favole, ci faceva da madre… e noi eravamo i bambini sperduti”
“E fammi indovinare, tu eri Peter Pan”
Christian ride e si passa una mano tra i capelli, come fa sempre quando è nervoso, poi mi guarda.
“Lo so cosa pensi, ma io ci tengo davvero a lei, e non permetterò che le accada niente di male, fosse l’ultima cosa che faccio”
Annuisco.
“Lo so”
Poi mi inginocchio sul pavimento, spiegando a Jakob dove deve mettere le dita, lui mi ascolta rapito, e mi ricordo di quando fu mio padre a insegnarlo a me.
Mi ricordo di tutte le cose che avrei voluto fare con lui, tutte le cose che avrei voluto dirgli, e  faccio promettere a me stesso che non lascerò mai che i miei figli abbiano i miei stessi rimpianti.
Quando Britt torna, insieme ai taxi che ci porteranno al centro commerciale, io, Jakob, Joey e Christian andiamo a chiamare le ragazze.
“Siete pronte?”
Aprendo la porta mi aspettavo di vedere tre ragazzine con i capelli colorati, invece Gloria ha fatto un lavoro coi fiocchi.
Estelle ha i capelli tirati in una coda di cavallo alta e, man mano che si arriva alle punte, i suoi capelli diventano sempre più gialli, fino al giallo vivo finale.
Gloria invece, che è tornata ai suoi capelli neri, ha delle ciocche rosse e arancioni sparse qui e lì, richiamando l’idea delle fiamme del nostro album.
A Ramona invece ha lasciato i capelli sciolti, e visto che i suoi capelli sono ondulati le ciocche verdi, azzurre e celesti che ha colorato, sembrano essere onde del mare.
Joey accanto a me è immobile, con gli occhi fuori dalle orbite.
“…Mona!”
“Ciao Joey” saluta Ramona con un cenno della mano, arrossendo a dismisura.
Gloria guarda Joey alzando un sopracciglio, per poi scoppiare a ridere.
“Che succede qu…. OH SANTO CIELO!”
“Britt… calma… non url…”
“Ma è fantastico!”
Ci guardiamo tutti un tantino perplessi.
“Ogni damigella indosserà un colore diverso! Così richiameremo i fiori, che sono il tema del matrimonio!”
Gloria alza le spalle, seguendo Brittany nel taxi, insieme a tutti gli altri.
 
-
 
“Vai a provare questi, Gloria, dovrebbero starti bene, Billie la accompagni?”
Annuisco e io e Gloria andiamo verso i camerini, dove trovo un divanetto che sembra avere il mio nome scritto sopra.
Siamo qui dentro da ore, comincio a dubitare che ne usciremo mai, tra poco perderò anche la concezione di spazio e tempo.
Gloria esce dal camerino con un abito corto a tubino di un rosso slavato.
“Mmm…”
“Fa schifo”
“Si, decisamente si”
Disperata, lei torna nel camerino, e una commessa mi si avvicina con un sorriso materno.
“Siete qui per l’abito del ballo?”
“Cosa… oh, no! Io non…”
“Non si preoccupi, un sacco di padri accompagnano qui le figlie a trovare un abito per il ballo, quasi più che le madri! Ma si sa, è un passo importante vedere la propria figlia in quel modo”
Sorrido, e non riesco ad aggiungere altro.
Gloria esce dal camerino con un vestito leggermente più lungo, che la fa sembrare molto alla versione rossa di Marylin Monroe.
“No.”
Lei torna dentro e la commessa rimane accanto a me.
“Cosa cerca la ragazza, in particolare?”
Ci penso su.
“Qualcosa che richiami le fiamme”
la commessa si apre in un sorriso e i suoi occhi guizzano da una parte all’altra del negozio.
“Ho esattamente quel che fa a caso vostro!”
 
-G-
 
“Ti va se ti aiuto con i capelli?”
“Oh, certo”
La commessa, di nome Karen, comincia ad armeggiare con i miei capelli, infilandoci una forcina dopo l’altra, per poi aggiungere un fermaglio fatto da cristalli rosso e arancio a forma di fiore, ma che assomiglia più ad una fiamma.
“Ecco fatto, adesso sei perfetta”
Esco dal camerino, salendo sulla pedana per guardarmi allo specchio.
Billie Joe, dietro di me, non ha detto neanche una parola, è non mi è difficile immaginare il perché.
È meraviglioso.
L’abito è lungo ben oltre le caviglie, di un rosso fuoco che diventa sempre più arancione, dando l’idea di una vera fiamma. Non ha le spalline, scollatura a cuore che lascia il collo scoperto.
I capelli me li ha raccolti in uno chignon, e le ciocche colorate sono ben visibili, ma non stonano minimamente.
“Con un abito così mi ruberai la scena, il giorno delle nozze”
Britt è poggiata alla parete, dietro di lei ci sono Ramona ed Estelle, con i loro abiti Giallo e Azzurro.
“E’ perfetto” proclama la sposa in coro con Billie.
 
-
 
Due ore dopo siamo stati lasciati liberi, e Billie mi ha portato a fare una passeggiata in una zona nella quale non ero mai stata, da lui soprannominata Pasalaqua.
Siamo su di un vecchio pontile di legno, solo l’oceano davanti e la luce del sole che ne colora la superficie.
“Quindi è da qui che prende ispirazione la canzone?”
“Già, ci venni con il gruppo per un concerto e finimmo in un’impresa di pompe funebri di nome Pasalaqua. Fu esilarante”
Mi viene spontanea la domanda se anche Whatsername ci fosse, ma mi sembra stupido chiederlo, anche perché, da quel che ho capito, lei c’è sempre stata.
Eppure sembra che Billie mi abbia letto nel pensiero.
“Questo posto le piaceva, ci venivamo spesso, a lanciarci dal pontile e a fare foto in quella vecchia cabina laggiù. Credo che sia stato uno dei momenti più felici della mia vita, in effetti”
Annuisco, e mi sento in colpa senza motivo, perché mi sembra quasi che sia colpa mia, se lui ci ha ripensato.
Ancora una volta, lui mi legge nel pensiero.
“Ho smesso di darmi la colpa per quel che è successo a W, ho deciso di conservare solo i ricordi belli, e di riportarli alla mente ogni volta che ho voglia di pensare a lei come un meraviglioso momento della mia vita.
Ho ricominciato ad avere fiducia in me, e anche un po’ in questo paese, da quando ci sei tu. Guarda, ho scritto questa”
mi passa un foglio stropicciato dove spiccano le parole “American Eulogy”, titolo decisamente singolare, ma che mi fa pensare che Billie è tornato se stesso.
Dopo aver letto le parole glielo ripasso, ma lui è distratto, continua a guardare il mare intensamente.
“E’ a mia figlia, che penso, la maggior parte delle volte”
Lo immaginavo.
“Lei ha avuto troppo poco tempo, avrei voluto potergliene concedere di più. Avrei voluto guardarla crescere, guardarla camminare, parlare, insegnarle a leggere e scrivere, a suonare uno strumento, poterle fare le foto la sera del ballo e filmare il suo diploma. Avrei voluto raccontarle le favole e cantare per farla addormentare…”
Mi mordo le labbra, cercando di non pensare a cosa Billie mi sta dicendo, e a cosa a me toccherà fare tra qualche mese.
“… ma sai, se Andrea adesso fosse viva, se io avessi una figlia… avrei voluto che crescesse esattamente come te”
Il cuore mi si stringe in una morsa, e vorrei solo urlare a Billie Joe che non me lo merito, che anche lui tra poco penserà che non me lo merito… e vorrei anche dirgli che sto solo cercando di proteggerlo.
Invece rimango in silenzio, e guardo il mare.
 
Ada
Che dire, spero vi piaccia : )
 

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Capitolo 34
*** Hallelujah ***


Hallelujah
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
È un appartamento estremamente luminoso, in uno dei palazzi più antichi di Oakland.
Christian l’ha arredato a regola d’arte, ma qualcosa mi dice che c’è lo zampino della sua padrona di casa.
Siamo all’ultimo piano, praticamente la mansarda, il soffitto è di legno a cassettoni e dalle travi pendono lampade in ferro battuto molto antiche.
La “casa” si compone di quattro camere , più bagno, balcone e tetto: Una cucina \ sala da pranzo, un salotto, una camera da letto e un’ultima stanza che Christian usa come studio di pittura.
Billie ha fatto il suo nome al curatore di una mostra, e pare che i suoi quadri abbiano riscosso successo.
Quando entro in casa, con il mio personale mazzo di chiavi, la prima cosa che noto è la luce. Sia la stanza sulla destra dell’ingresso, la cucina, che quella sulla sinistra, il salotto, hanno almeno metà delle loro pareti composte solo da enormi porte finestra.
Non è un palazzo molto alto, ma il mare si vede comunque, e il suo profumo riempie tutte le stanze.
Britt mi aveva mandato a portare a Christian uno smoking di Mike, così avrebbe avuto qualcosa da mettere per il matrimonio, stasera, e io ne avevo approfittato per dare un’occhiata alla sua nuova tana.
Lo ritrovo a dipingere le pareti della camera da letto di diverse tonalità di arancio, e penso che stia ancora dipingendo fiamme, invece no: è il tramonto sulla nostra spiaggia.
Ogni parete rappresenta una diversa parte del giorno in un diverso luogo di Oakland, tutti collegati in qualche modo al mare. Una, l’unica non di Oakland, rappresenta persino il fondale della barriera corallina, piena di pesci e coralli, alghe e un raggio di luce che filtra dalla superficie.
Sembra vivo.
“Sei passato dal dipingere fiamme a dipingere l’oceano, hai avuto una qualche crisi mistica, ultimamente?”
 
Christian si gira verso di me e mi sorride, ha i capelli sparati in ogni direzione e il viso sporco di vernice azzurra. Non mi è mai sembrato così attraente e così… felice.
“Ogni tanto anche le fiamme hanno bisogno di essere spente. Ah, e buongiorno anche a te, Wendy”
Santo cielo, credo che non mi chiami Wendy da quando avevamo dodici anni.
Mi inginocchio accanto a lui, osservando come rifinisce le sfumature arancio dell’acqua,  ho sempre amato osservarlo dipingere, e oggi per la prima volta non lo sta facendo in modo… disperato.
“E’ un posto bellissimo, ti è venuto il pollice verde?”
Chris ride, effettivamente la casa, oltre che di luce, è anche piena di piante e fiori in ogni dove.
“E’ opera di Lisa, la padrona di casa, ha insistito per darmi una mano con l’arredamento, perché’sono mesi che desidero affittare questo posto e non ci riesco!’ “
“Beh, allora sei capitato a fagiolo”
“non sei brava come bugiarda, Gloria, e Billie è peggio di te. Lo so che Lisa è la madre di un amico di Billie Joe e so anche che lui mi paga metà dell’affitto. Mi sono offerto di ridipingerle tutta casa e di aiutarla con i lavoretti di falegnameria e idraulica, così almeno mi sento meno in colpa”
Rido e poggio la testa sulla sua spalla, Christian mi bacia la fronte, dandomi degli affettuosi colpetti col naso.
Sono più che turbata, non è mai stato così.
“Ti vedo molto tranquillo”
“Beh, perché non dovrei esserlo? Ho un lavoro, una casa, una causa per cui combattere…” mi guarda e sorride ancora “… e una ragazza”
“ooooh quindi adesso io sarei la tua ragazza!”
“Hai qualcosa da ridire a riguardo?”
“Beh, non mi è mai sembrato che tu me l’abbia chiesto”
Christian ride e si lancia su di me, cominciando a sporcarmi con il pennello, ci rotoliamo sul parquet lottando a colpi di vernice, fino a quando non mi ritrovo su di lui a guardarlo negli occhi.
“Vuoi una cosa ufficiale?”
“Mh, si, sarebbe carino da parte tua”
Chris ride e si mette in ginocchio davanti a me, seduta a gambe incrociate sul materasso per terra al centro della stanza (non so perché, ma è sempre stata una fissa di Christian dormire con il materasso adagiato per terra).
“Hem Hem… Gloria, vuoi essere la mia ragazza?”
“mmm… no!”
“Che cosa?!”
“Beh, tu me l’hai chiesto e io ti ho detto di no!”
Ridiamo ancora e lui mi salta addosso di nuovo, facendomi il solletico.
“Voglio farti vedere una cosa, è un lavoro per l’album”
Christian prende da una borsa il suo album da disegno, sfogliandone qualche pagina fino ad arrivare ad alcuni disegni fatti col carboncino.
La maggior parte ritraggono me, ma molti sono anche dei ragazzi dell’Inferno, e sono tutti in stile “graffiti”, come il resto dell’album.
Quello più grande mi ritrae con le mani giunte, quasi in segno di preghiera, è davvero molto bello.
“Billie ha detto che saranno nel libretto con i testi delle canzoni, nel cd insomma…”
“Sono meravigliosi”
“Lo pensi davvero?”
“Lo penso sempre”
Mi alzo in piedi e lascio l’abito nell’armadio di Christian, per salvarlo dalle macchie di colore che ci riempiono entrambi.
Christian mi segue, e insieme guardiamo fuori dalla finestra, verso il mare.
Lui mi stringe, poggiando il mento sulla mia spalla, e comincia a baciarmi centimetro per centimetro, fino al collo e poi alle orecchie, mordicchiandone i lobi.
“Sarai bellissima oggi”
“Già, non sei molto abituato a vedermi con un vestito del genere”
“Sarà, ma per quanto mi riguarda preferisco molto di più vederti senza”
Mi giro, incrociando le braccia al petto.
“Ci sta provando con me, signore?”
“Ci sto riuscendo?”
Mi bacia, è un sacco di tempo che non abbiamo un po’ di tempo per noi, così rispondo al bacio nel moto più dolce che mi è possibile.
Allontano dalla mia mente il pensiero di quello che mi toccherà fare, per un momento mi dimentico anche che dopo averlo fatto Christian mi odierà, e mi abbandono a quel bacio.
Le mani di Christian scivolano sotto la mia maglietta, accarezzandomi la pelle e stringendomi ancora di più a lui, fino a infilarsi sotto il reggiseno.
Gemo, lanciandogli le braccia al collo per prolungare il bacio.
Poi lui si Blocca, rimettendo a posto le mani e guardandomi dritto negli occhi, con i suoi meravigliosi occhi azzurri…
“Che succede?” chiedo un po’ preoccupata.
Possibile che lui sappia? Possibile che sappia che tra poco tradirò la loro fiducia? No, non può saperlo.
“Insomma tu…. Vuoi? Cioè… ti va?”
Spontaneamente scoppio a ridere, baciandolo di nuovo. Christian che mi chiede il permesso? Mio Dio, qualcuno deve averlo sostituito con la sua copia che conosce il galateo.
Sento le sue labbra incurvarsi in un sorriso contro le mie, e il t-shirt che indosso scivola sul pavimento insieme ai pantaloncini.
Poco dopo i suoi vestiti fanno la stessa fine, ma a nessuno importa nulla.
Christian chiude la finestra e accende la radio per poi venire a stendersi accanto a me sul materasso, continuando a baciarmi senza sosta ogni centimetro del corpo.
Le sue mani scorrono sulla mia pelle, i brividi non mi abbandonano mai, attorciglio le dita tra i suoi capelli lanciando la testa all’indietro.
La voce di Rufus Wainwright che canta Hallelujah ci accompagna tra le carezze e i baci e i sospiri.
“Cazzo… mi sa che non ho il… beh il…”
“Tranquillo, ne ho uno io… ma da quando sei così timido?”
“Da quando tu hai un padre capace di prendermi a calci in culo”
Ridiamo ancora, e mi viene in mente che fare l’amore tra le risate è molto più bello e appagante che farlo tra le lacrime.
Christian si posa su di me, cercando di non pesarmi addosso, e i suoi movimenti accompagnano i miei.
Lo sguardo vaga fino al soffitto, dove c’è un dipinto che non avevo notato.
Quando c’era la luce era azzurro come il cielo di giorno, ma non appena la spegnevi diventava del blu scuro della notte, disseminata di stelle dipinte con la vernice visibile al buio.
Non calcolo il tempo, cerco di ricordare ogni singolo attimo di questa mattinata, mentre lui viene a coricarsi accanto a me e ci guardiamo, incapaci di aggiungere altro, perché le azioni hanno già detto tutto quello che era possibile dire con le parole.
“Ti amo, Gloria”
Credo che questa fosse l’unica cosa che non avrei potuto prevedere.
Non me l’aveva mai detto, non credo l’avesse mai detto a nessuno, e adesso invece mi guarda negli occhi e mi dice che mi ama, dopo aver fatto l’amore nel modo più bello possibile.
E mi odio, mi odio perché Christian mi ama e anche io lo amo, ma lui mi odierà, e questo vuol dire che tornerà a rifiutare l’amore che si merita.
Eppure non riesco a non rispondergli che lo amo anche io, con tutto il cuore possibile, perché è questa la verità.
E tra tutte le bugie che sono stata costretta a dire, almeno questo piccolo guizzo di verità voglio concedermelo.
 
-
 
“La parrucchiera è qui, Gloria”
“Arrivo!”
Corro fuori dalla doccia, raggiungendo Adrienne in camera da letto.
Lei è già pronta, indossa un abito nero molto elegante e ha i capelli sciolti, la trovo molto carina.
Billie, Joey e Jakob sono da Mike, insieme a Trè e Jason, probabilmente per convincerlo a non fuggire via.
Ridacchio a quel pensiero, e mi siedo davanti alla specchiera, lasciando che la ragazza mi raccolga i capelli, incastrandone fiori di varie tonalità di rosso e arancio, intonati al vestito.
Quando ha finito di pettinarmi e truccarmi indosso l’abito, cercando di non far notare che sotto porto un paio di ballerine e non i tacchi.
“Sei una meraviglia”
“Anche tu, Adie, adoro il tuo abito”
“Oh, ma io non parlavo solo del tuo look! Hai la faccia soddisfatta di chi ha appena fatto sesso”
“Adrienne!”
“Che c’è?”
Ridiamo forte entrambe, sedendoci sul letto.
“Insomma, adesso sono tua madre… no? Dovresti potermi parlare di queste cose”
“Invece non dovrei parlartene proprio per questo! Insomma, come ti sentiresti se Joey ti venisse a parlare della sua vita sessuale”
“Joey non avrà una vita sessuale fino a quando io non sarò morta, e da almeno tre giorni, giusto per assicurarsi che io sia morta davvero”
Rido ancora, e un ricciolo sfugge all’acconciatura, cadendomi sul viso.
“Lascialo così, ti sta bene. Allora, quindi tu e Christian…”
“Siamo cresciuti insieme, è il mio migliore amico! Ci siamo presi cura l’una dell’altro per tutta la vita, credo fosse impossibile che alla fine non finissimo per innamorarci”
Adrienne abbassa lo sguardo, e mi accordo che, in effetti, ho appena raccontato una storia esattamente identica a quella di Billie e W.
“Sai cosa pensavo, un po’ di tempo fa?” dice lei all’improvviso, e la sua voce non è cattiva, è consapevole.
“Cosa?”
“Pensavo che Billie volesse scrivere una storia su te e Christian perché aveva bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, in cui credere. Una storia d’amore diversa dalla sua normalissima vita coniugale, probabilmente…
Poi ho cominciato a pensare che volesse scrivere di voi perché tu gli ricordavi di W… e io lo so benissimo che lui non l’ha mai dimenticata sul serio, come avrebbe potuto? Ho conosciuto quella ragazza e la sua bambina per nemmeno due settimane, e anche io faccio fatica a levarmele dalla testa, da quasi vent’anni. Mi sembra sempre di essere una sostituta indegna… mi sembra sempre di essermi appropriata di quella che doveva essere la sua… di vita”
“Adie… lo sai che non è così, anche lei te lo direbbe, se fosse qui”
Adrienne alza lo sguardo, velato dalle lacrime, ma sta sorridendo.
“E invece sai che cosa ho capito adesso? “
Faccio di no con la testa, e Adrienne prende un respiro profondo.
“Ho capito che tu non sei W, nella storia… tu sei Billie Joe. Voi due siete talmente simili… tutte quelle canzoni potrebbero tranquillamente chiamarsi Billie’s Inferno e Last of the American Boys o Viva la Billie Joe!... e Christian… anche lui è Billie… ma il suo demone… quello che tutt’ora fatica a distruggere, quello che riesce a sopprimere solo da quando ci sei tu, Gloria.”
Rimango in silenzio, mentre Adrienne mi spiega quello che probabilmente so da tempo.
“Ma entrambi siete anche W. La parte che prova amore di Christian… la parte che ha paura di Gloria….  Billie mi ha scritto un sacco di canzoni, così tante che ho perso il conto, e tutte bellissime…. Ma non smetterà mai di scrivere di lei… e poi ho capito un’ultima cosa. Tu nel disco non sei solo Gloria, non sei solo Billie e non sei solo W…”
Lo so cosa sta per dire, e mi preparo mentalmente alla batosta.
“…sei anche Andrea”
Brittany irrompe nella stanza vestita di tutto punto, con la sua sottana bianca e la veletta già tra i capelli.
“L’auto è arrivata! Dobbiamo andare ragazze, è il momento!”
Io e Adrienne ci guardiamo e lei mi abbraccia forte, sussurrandomi in un orecchio “Mi ricordi di lui quando aveva diciotto anni, e sono felice che tu sia nella nostra vita, adesso”.
Poi, insieme alla futura sposa, scendiamo le scale fino alla macchina.
 
Ada
Sono rimasta sveglia fino a orari improponibili per scrivere questo capitolo, quindi farete bene a farvelo piacere e a riempirmi di recensioni ù_ù

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Capitolo 35
*** All over again. ***


All lover again.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Beth-
 
Vorrei proprio sapere cosa cazzo hanno nel cervello, quei due.
Due mesi passano nemmeno in un secondo, se hai una sottospecie di attentato terroristico degno di Greenpeace da organizzare! Ma loro no, vanno ad un matrimonio! Vanno ad indossare abiti da ricchi, in una sala da ricchi, con musica da ricchi, cibo da ricchi, champagne, caviale e tutta quella roba lì.
Già, poi ci sono i Green Day.
Ecco, questo sì che mi da al cazzo.
Gloria non è fan loro più di quanto non lo fossimo tutti, eppure chi vive in casa di Billie Joe Armstrong?
Wendy ce l’aveva fatta, non è più una bimba sperduta.
Adesso ha una casa, una famiglia, ed è anche fidanzata col ragazzo che io sogno di farmi da più o meno sempre.
Sospiro, se tanto mi da tanto a questo punto non serve a nulla lamentarmi.
E poi Gloria non è malaccio, dopotutto.
Eppure stasera non è qui! La rivolta porta il suo nome, e lei non è qui!
Mi guardo intorno, la strada è deserta come sempre a quest’ora, prendo il mio mazzo di chiami e apro l’Inferno, accendendo la luce.
MA CHE CAZZO?!?!?!
È tutto distrutto, sottosopra, gli oggetti sono rotti e ogni centimetro del pavimento è coperto da macerie e pagine di libri.
Qualcuno cercava qualcosa, o forse cercava qualcuno.
Mi muovo lentamente, cercando di non calpestare nulla, una delle poche cose rimaste intatte è lo specchio sulla destra dell’entrata, forse erano ladri scaramantici.
Mi guardo, e vorrei sospirare ancora un milione di volte.
Mi avevano sempre detto che ero quella bella della cucciolata, e forse prima di me Gloria era stata quella bella della sua.
Ma la mia era una bellezza stanca, sciupata, una bellezza che avrebbe decisamente bisogno di cure per risplendere: i capelli, una volta del colore grano, adesso sono di un biondo sporco e slavato… gli occhi grigi come il cemento, spenti e privi della loro vitalità, le labbra piccole e carnose…. La carnagione lattea, o semplicemente molto bianca, mi fa sembrare una bambola di porcellana dimenticata in soffitta per anni.
Gloria invece… a lei è proprio la stanchezza a far risplendere la sua bellezza, Gloria è bella quando ha i capelli arruffati, il trucco sciolto, gli occhi sempre vivaci che mi ricordano tanto gli alberi che circondavano la casa famiglia, le labbra quasi sempre incurvate in un sorriso… pagherei oro, per poter avere quel tipo di bellezza.
E invece io mi sono arresa.
Un rumore proviene dalla stanza che usavamo come laboratorio, e dei passi pesanti schiacciano quel che rimane di tutti i nostri averi.
Di istinto mi nascondo dietro un tavolo ribaltato, appiattendomi contro le mie ginocchia per non essere vista.
Respiro piano, col nasco, sperando di non essere sentita.
“Trovato niente?” la voce dell’uomo è fredda, glaciale, fa paura come il rumore dei suoi passi.
Alzo lo sguardo verso lo specchio, dove vedo la sua figura riflesse… è un uomo enorme dagli occhi malvagi… sembra un mostro.
“No, signore, non c’è nulla che faccia pensare che qualcuno abbia dormito qui…. Sembra più qualcosa come un oratorio”
Pff, un oratorio, figuriamoci! Questi idioti credono davvero che qualcuno di noi dormirebbe qui? Saremmo troppo facili da individuare.
“E allora lei dove porca puttana è?!”
Lei? Ho sentito bene? Stanno cercando una ragazza?
“Non saprei… forse dorme dal fidanzato… ma perché ha deciso di infrangere il patto?”
“Pff, credi davvero che l’avrei lasciata viva solo per qualche informazione su due ragazzini che giocano a fare i rivoluzionari?”
Gloria.
Parlano di Gloria.
Gloria è d’accordo con questi tipi, voleva venderci a loro, magari l’avrebbero pagata o qualcosa del genere… LEI. Lei che ha capeggiato la rivolta adesso ci tradisce.
Si meriterebbe che io adesso uscissi di qui e raccontassi dove si trova a questi tizi.
“E cosa ne farà dei suoi amici?”
Deglutisco, rimanendo in ascolto.
“Pff, cosa dovrei farne secondo te? La ragazzina credeva davvero di salvarli, con il suo eroico sacrificio! Mi ha addirittura chiamato, stamattina, ha detto ‘è me che vuoi, lascia stare tutti gli altri, prendi me, fammi quel che ti pare ma non far del male a loro’ ci pensi?”
Il mostro ride, dopo aver imitato la voce di una Gloria disperata.
Trattengo il fiato.
Gloria aveva provato a salvarci, ecco perché aveva un accordo con quest’uomo.
Lui l’aveva minacciata di farci del male, e adesso la stava cercando per occuparsi di lei prima di passare a noi.
Ma, fortunatamente, non sapeva dov’era.
Merda.
Lui non lo sapeva, ma noi tutti si! Aveva scritto un biglietto su dove trovarla sulla bacheca di sughero dell’Inferno.
Alzo lo sguardo, la bacheca è ancora lì, appesa al muro accanto all’entrata, e il biglietto azzurro spicca sopra tutti gli altri bianchi.
Se la trovano, lei morirà, e se lei muore, moriamo anche noi.
Mentre sono assorta nei miei pensieri, sento un dolore allucinante alla nuca e una mano enorme e ghiacciata mi afferra per i capelli, trascinandomi allo scoperto e alzandomi, fino a quando non mi ritrovo faccia a faccia con quell’uomo orribile.
“Vediamo un po’ cosa ha trovato il gatto…” le sue mani si muovono sul mio viso, in quella che dovrebbe essere una carezza, ma che a me sembra solo viscida e gelida.
Rimango impassibile, con le labbra serrate e lo sguardo fiero.
“Ciao, ragazzina, come ti chiami?”
“Amanda” mento io.
“Beh, Amanda, capiti proprio a fagiolo! Magari puoi aiutarci, stiamo cercando una tua amica… da queste parti la chiamano Gloria… tu lo sai dove si trova? Vorremmo fare due chiacchiere con lei”
Pensa, Beth, pensa, dove puoi mandarli senza che nessuno di faccia male?
“Gloria è… è al vecchio hotel Fiamma… quello abbandonato… lei… vive lì… all’attico”
Fortunatamente sia lei che Christian avevano levato le tende da lì già un po’ di tempo prima.
L’uomo mi afferra per i fianchi, stringendomi il sedere con una mano ed attirandomi a se, l’altro dietro di lui se ne sta a guardare impassibile.
“Sei molto bella…”
Passa la lingua sul mio collo, io rimango immobile mentre le sue mani vagano sul mio corpo.
Mi sono abituata, lo hanno fatto spesso… almeno prima che Gloria mi facesse entrare a far parte dell’Inferno.
La parte più coraggiosa di me mi dice che devo restituirle il favore, che devo salvarla.
Con uno scatto degno di un gatto, mollo una ginocchiata nello stomaco di quell’uomo, voltandomi senza guardare indietro verso la porta, afferrando il biglietto azzurro dalla bacheca e correndo per la strada.
Corro senza fermarmi e senza guardare dietro di me, dove so loro mi stanno inseguendo, mi getto in una strada e prendo l’accendino dalla tasca, dando alle fiamme il biglietto e così anche l’ultima possibilità di trovare Gloria.
Non riesco più a correre, il fianco mi fa male e le gambe cedono.
Ma quando cado, almeno so che oggi, per la prima volta nella mia vita, ho fatto la differenza.
 
 
 
 
 
-G-
 
“Fate un applauso per gli sposi!”
Mike e Britt percorrono a larghi passi il giardino, allontanandosi dal gazebo sotto la quale, nemmeno qualche minuto fa, si sono sposati.
Accolti dalla pioggia di petali e riso, entrano nell’auto d’epoca che avevano affittato per l’evento e sfrecciano lungo la strada, baciandosi con passione mentre le lattine attaccate al paraurti della macchina battono contro l’asfalto.
Mi piacciono i matrimoni, adesso che sono stata almeno ad uno posso dirlo con certezza.
Christian mi circonda le spalle con un braccio, sorridendomi dolcemente, magari i matrimoni piacciono anche a lui.
La festa si sposta in un bellissimo gazebo decorato da luci e lanterne, nel giardino di una villa molto antica, dove c’è l’aperitivo e poi la cena.
Billie sale sul palco, saluta i presenti e sorride a Mike.
Per anni ho pensato che tra quei due ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia, ma devo ammettere che adesso sono molto confusa: loro hanno assoluto bisogno l’uno dell’altro, e non so se questo possa definirsi amore… perché secondo me lo supera di gran lunga.
“Oggi la nostra grande famiglia ha accolto un nuovo membro… Britt, Mike, vi auguro tutta la felicità possibile, questa è per voi due”
Billie comincia a cantare Last Night on Earth, mentre gli sposi si dedicano al loro primo ballo.
Man mano che la musica continua le varie coppie iniziano a ballare, Christian mi prende per mano e mi porta in pista, accennando a qualcosa di simile al valzer.
Quando Billie finisce di cantare attacca la band ingaggiata per le nozze.
“Hem hem” dice Billie picchiettando sulla spalla di Christian.
“Mi concede un ballo con mia figlia?”
Christian annuisce e io e Billie cominciamo a ballare, poggio la testa sulla sua spalla e mi lascio guidare dalla musica.
È una serata perfetta.
 
-
 
Quando torniamo a casa è piena notte, il matrimonio è andato una meraviglia!
Billie ha preso una strada secondaria per tornare a casa, tende a farlo spesso da quando sono stata aggredita giù all’Inferno, vuole controllare la situazione.
Quando imbocchiamo lo stradone principale per tornare a casa Armstrong, vediamo delle luci rosse e blu lampeggiare.
“La polizia?”
“Forse stanno facendo dei controlli”
Billie accosta la macchina accanto ad un agente e abbassa il finestrino.
“Cosa è successo?”
“Dovete prendere la parallela, è stata sparata una ragazza”
Le ultime parole quasi non le sento, sono troppo impegnata a guardare un lenzuolo che copre il copro di una ragazza, una ragazza dai capelli biondi.
 
Ada
Non so se vi ricordavate di Beth, ma lei è stata l’eroina di questo capitolo…
Lei e Gloria non si erano mai state troppo simpatiche, eppure ha sacrificato la sua vita pur di salvarla.
E cosa farà adesso Gloria?
Aspetto ipotesi.
 
 
 

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Capitolo 36
*** Murder City. ***


Murder City.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
La pioggia cade sottile, triste, cattiva, sopra la terra appena smossa, sopra gli ombrelli aperti degli spettatori e quelli dei passanti, sopra quella bara bianca che racchiude una persona che poco tempo fa io conoscevo.
Che poco tempo fa era viva, respirava, combatteva per qualcosa.
E adesso invece non c’è più, non vive, non respira, non può più combattere.
Io un ombrello non ce l’ho, non l’ho voluto, esattamente come tutti gli altri ragazzi dell’Inferno, tutti i ragazzi e le ragazze della casa famiglia.
Ci sono tutti, anche le suore.
Beth era sempre chiusa in se stessa, ma era intelligente, e tutto quello che pensavo di lei si era dissolto in un foglietto azzurro bruciato.
Gliel’avevano trovato nella mano, ciò che c’era scritto ormai illeggibile, ma io sapevo benissimo cosa c’era, sapevo benissimo cosa quel biglietto bruciato, insieme all’Inferno mezzo distrutto, volesse dire.
Beth mi aveva salvata, e io per tutto questo tempo l’avevo creduta una persona arrendevole, mentre in realtà era molto più coraggiosa di quanto io non fossi mai stata.
I capelli mi attecchiscono al volto, un po’ di tintura cola sul vestito nero, ma non mi interessa, il freddo che sento non può essere portato via, penetra nelle mie ossa e in ogni fibra del mio corpo.
Billie, Adrienne, Joey e Jakob sono venuti, ma rimangono in una fila in fondo, sanno anche loro che ho bisogno di stare sola.
Christian è accanto a me, mi stringe la mano, ha le labbra serrate e non ha detto una parola da quando abbiamo scoperto che lei… che lei era stata uccisa.
Era stata uccisa per proteggere me.
E io invece? Io stavo per tradirli tutti, per consegnarli nelle mani del nemico, e non importa se l’avevo fatto per salvarli, era comunque un tradimento.
Nella mia mente si affollano ancora le immagini del mostro, le sue parole, la sua lingua biforcuta… avrebbe avuto pane per i suoi denti.
Adesso io non ho intenzione di arrendermi, e non mi importa se muoio nel tentativo, morirò sapendo di aver fatto la cosa giusta e di aver dato filo da torcere ad un uomo talmente orribile.
Le fiamme stanno per divampare, e non risparmieranno nessuno.
La bara viene calata nella fossa e le suore lanciano delle rose bianche all’interno, insieme a delle vecchie fotografie e ai ricordi alla quale lei teneva di più.
Noi dell’inferno ci guardiamo, sapendo bene cosa avrebbe voluto lei, lì dentro, e ci lanciamo una delle nostre maschere anti gas, dipinta come se fosse in fiamme.
Beth non è morta invano, lei ha acceso la miccia di una bomba che non tarderà ad esplodere.
 
-Christian-
 
“…Ti prego, dimmi che scherzi”
“Cosa ti è saltato in mente?!” urla Billie Joe, saltando dalla sedia della camera da pranzo, allibito quanto me.
Si porta le mani tra i capelli e poi ci butta la faccia, camminando avanti e indietro sul tappeto dove è seduta Gloria a gambe incrociate.
“Io… io volevo proteggervi”
“Proteggerci?! Pensi davvero che un uomo del genere si farebbe scrupoli? Potevi farti ammazzare!”
“Ha ragione, Gloria, avresti dovuto dircelo! Rischiare di morire non è mai stato un problema!”
“Voi due avete deciso di diventare suocero e cognato affiatati solo per mettervi contro di me?!”
“Noi non siamo contro di te, Gloria, solo che devi capire di aver fatto una cosa molto stupida!”
Billie si inginocchia davanti a lei e la afferra per le spalle, guardandola negli occhi, lei distoglie subito lo sguardo, torturandosi le unghie.
“Lo so, va bene? Avrei dovuto dirvelo… ma avevo paure che lui potesse farvi del male”
Io e Billie ci guardiamo e sospiriamo, lei ha solo cercato di proteggerci in effetti .
“Quindi ora che si fa?”
Gloria fa un mezzo sorriso, è ancora molto scossa per il funerale, ma dai suoi occhi capisco che le è venuta un’idea.
“Adesso si mantiene il doppiogioco”
“Che cosa?”
“Si! Gli faremo credere che io sono ancora dalla loro parte, gli diremo il giorno del colpo e anche l’ora…”
“E poi non ci presentiamo?”
“Al contrario, non ci presentiamo proprio come da copione”
Contemporaneamente io e Billie Joe alziamo un sopracciglio, decisamente perplessi.
“E in cosa consiste il piano…?”
“Loro crederanno che colpiamo da fuori… e invece noi interverremo da dentro!”
“E come ci arriviamo dentro?”
Gloria fa il suo miglior sorriso felino.
“Pensaci, per cosa stiamo attaccando quell’azienda?”
“Beh… per il suo impatto ambientale… no?”
“Si, vero, ma di preciso per cosa?”
“Per il fatto che scarica in mare… oooh”
Capisco.
Gloria vuole invertire il processo.
Se scaricano nel mare vuol dire che quel tubo è collegato alla fabbrica.... questo vuol dire che….
“… se qualcosa ne può uscire, qualcosa ne può entrare…”
“… o qualcuno” conclude lei.
“Potranno aprirci dall’interno!”
Billie sembra anche più esaltato di noi, in volto ha lo stesso sguardo che ha Gloria.
“Vi serve un diversivo, per entrare quando vi apriranno dall’interno”
lo guardiamo, lui è sempre più entusiasta.
“Idee?”
“Un concerto!”
“Che cosa?”
“Non capisci? È geniale! Faremo finta di fare un concerto per lanciare il nuovo album, e che per propaganda pubblicitaria lo facciamo lì di fronte ai graffiti. Con la folla che ci sarà non avrete problemi ad infilarvi dentro senza essere visti”
Gloria mi guarda, è un’idea geniale.
“Fantastico, Billie”
“Ce la faremo”
“Per Beth”
“Per Beth”
 
-B-
 
Quando decidiamo di andare a letto lo sconforto mi assale di nuovo, non sono mai stata ad un funerale prima, e speravo di non doverci andare ancora per molto.
Ho levato le scarpe, le porto in mano lasciandole dondolare a ritmo con i miei passi.
Una dolce musica proviene da una delle camere del corridoio del secondo piano, forse Billie sta studiando.
Mi blocco.
Impossibile, sia Billie che Joey sono ancora di sotto, in cucina.
Ma allora chi…?
Apro la porta, ancora socchiusa, ritrovandomi di fronte a Jakob, ancora con l’abito addosso, seduto a gambe incrociate sul tappeto a suonare una vecchissima chitarra classica.
“Jake, sei ancora sveglio?”
Lui annuisce.
“non riuscivo a dormire”
“Non sapevo che tu sapessi suonare”
Jakob alza le spalle, distogliendo lo sguardo, che vaga tra le foto appese alle pareti.
“Non lo sa praticamente nessuno, non sono molto bravo… papà ha cominciato a insegnarmi qualche giorno fa”
“A me non sembrava male, ti dispiace se ti ascolto?”
Jakob alza ancora le spalle e io mi siedo accanto a lui, guardando il foglio dove spiccano le parole “Murer City” in stampatello.
Leggo le poche righe scritte, e le parole descrivono perfettamente il mio stato d’animo.
“Jakob… ma è meravigliosa.”
“Già… vi ascolto, sai? Quando provate… mi piace il nuovo lavoro, anche più di tutti quelli vecchi… e beh… dopo quello che è successo… mi sembrava sempre che mancasse una canzone tra i vostri pezzi… eh beh… ecco Murder City…”
“Mi stai dicendo che possiamo usarla per il disco?”
“Beh… non so se è abbastanza buona… la musica è pressoché inesistente…”
“Ma a quella ci pensiamo noi! Cavolo, Jake, grazie!”
Lui mi fa un sorriso lieve, e io mi calmo, circondandogli le spalle con un braccio.
“Non ho mai trovato occasione di dirti grazie” gli sussurro in un orecchio, i capelli mi solleticano il volto.
“Per cosa?”
“Per avermi salvata, la sera in cui sono arrivata qui”
“Beh… di nulla, insomma, era il minimo… non potevo mica lasciarti lì sul tappeto… non è stato niente di che”
“Invece è stato molto… sei il mio eroe, Jake… ma dove hai imparato a fare tutte queste cose”
Alzo lo sguardo, alle pareti dipinte da Christian sono appesi disegni molto belli, probabilmente fatti anche questi da Jakob.
“Beh… papà era sempre via per i tour e Joey aveva il suo gruppo… io sono stato con mamma… e ho imparato a fare tutte queste cose…”
“ma?”
“Ma la musica è la mia passione”
“Sembra essere di passione”
“Già, ma papà non aveva mai avuto il tempo di insegnarmi quindi ho fatto da solo. Insomma, o non c’era o quando c’era si chiudeva nel suo ufficio a ricordare quella ragazza con gli occhi belli…”
ci metto un po’ a capire di chi parla, ma alla fine ci arrivo.
“Tu.. tu sai di W?”
“Non è stato difficile scoprirlo, anche la nonna ne parla ogni tanto, era la migliore amica di papà… e aveva dei bellissimi occhi marroni… “
Jakob si alza e prende un vecchissimo libro dalla sua libreria, è un libro di Hans Christian Andersen, lo apre e ne tira fuori una foto di una ragazza di circa sedici anni.
È seduta a gambe incrociate davanti ad un muro bianco, di fronte all’obiettivo, ha una gonna lunga e un maglione verde molto semplice, i capelli ricci e scuri tirati indietro da un cerchietto dello stesso verde del maglione, ha gli occhi grandi, marrone molto scuro, con ciglia lunghissime e nere e un sorriso dolcissimo.
W.
“Tu…”
“Non mi da fastidio che mio padre amasse un’altra ragazza, Gloria, non sono stupido, anche se piccolo. Lui e mamma si amano, e anche molto, ma è diverso da quello di lei” dice indicando la foto “… mamma e papà si amano perché hanno bisogno l’una dell’altro… lui e W si amavano non perché ne sentissero la necessità, ma perché in questo modo avevano qualcuno con la quale combattere… mi ricordano tanto te e Christian”
Sorrido e Jakob rimette a posto la foto nel vecchio libro.
“Questo libro era suo… papà non sa che ce l’ho io, quindi non dirglielo… tende a nascondere tutta la sua roba…”
“Non temere, il tuo segreto è al sicuro con me”
tendo a Jakob il mignolo e lui ci stringe attorno il suo.
Ed è la buonanotte migliore che potessi desiderare.
 
Ada
Sono tornata, scusate l’assenza ma sono dei giorni davvero frenetici! Fatemi sapere cosa ne pensate :D

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Capitolo 37
*** The cracks of my skin can prove as the years will testify ***


The cracks of my skin can prove as the years will testify.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
“Ne hai ancora per molto?!”
“Se magari tu la smettessi di muoverti, sarebbe molto più facile!”
“Non è colpa mia se tu ci stai mettendo un’eternità?”
“Se non la smetti ti tatuo un pene lungo tutto il braccio”
“Okay, sto zitto”
Era stata una mia idea, in effetti, e Gloria era anche tra le attuatrici più meticolose che io avessi mai incontrato… certo, da quando viveva con me aveva smesso di lavorare part-time per la così detta “Lady Cobra”, ma lei aveva comunque accettato di buon grado quando avevo insistito per farmi fare un tatuaggio da lei.
“…Beh?”
“Billie Joe!”
“Beh, se permetti il braccio è mio! E nemmeno so cosa ci stai tatuando sopra! Per quanto mi riguarda potrebbe benissimo essere un cammello con sei zampe!”
Gloria si lascia sfuggire una risatina, poi torna concentrata su di me.
“Ti piacerà, hai chiesto qualcosa che ti ricordi di 21st Century Brakedown ma che non sia comunque riconoscibile… no? Allora lasciami lavorare in pace”
Decido di rilassarmi un po’ (per quanto sia possibile rilassarsi durante un tatuaggio) e torno mentalmente alle poche strofe che mi vorticavano in mente da un po’ di tempo.
È già maggio, e credevamo davvero che il nuovo album sarebbe stato pronto a breve… ma non mi spiego perché, ancora non riusciamo a deciderci a pubblicarlo.
Manca qualcosa, manca l’esplosione finale.
La verità è che tutti neghiamo a noi stessi che, prima di finire l’album, dovrà finire la battaglia di Christian e di Gloria.
Dovranno realizzare il loro ultimo colpo e mettere fine alla loro guerra.
L’Inferno si sta organizzando, e da un momento all’altro mi sono ritrovato una ventina di ragazzini che confabulano su come rovesciare una casa farmaceutica multinazionale.
Adrienne dice che per Joey e il suo gruppo non è molto salutare, ascoltare certi discorsi, ma a me sembra che si stiano divertendo un mondo e che abbiano anche cominciato a scrivere canzoni.
Del resto l’Inferno, come avevo già potuto constatare, era un tale vulcano creativo che era davvero impossibile non prenderne ispirazione.
Stavano progettando tutto nei minimi particolari, e Gloria aveva preso il comando, appendendo una foto di Beth sulla loro vecchia bacheca di sughero, per ricordare a tutti uno dei motivi per cui stavano combattendo.
Era un tantino inquietante, ma c’era bellezza, in ciò che facevano.
“Ecco, ho finito”
Gloria mi passa il disinfettante sul tatuaggio e poi me lo mostra.
Guardandolo, scoppio a ridere immediatamente.
“Il logo di Jesus Christ Superstar?”
“Oh, andiamo, Billie! Non stai guardando oltre l’immagine!”
Guardo attentamente il logo, di un nero molto accentuato, ben eseguito ma… rimane il logo di Jesus Christ Superstar… certo, adoravo quel musical… ma perché proprio quel disegno?
Lo sguardo ancora, sono due angeli con le mani congiunte in segno di preghiera… i loro busti sono uniti, e guardandolo di sfuggita sembrano un paio di cuffie.
Ma poi capisco, è la posizione delle loro mani… la cosa che collega il tatuaggio a 21st century brakedown… è la stessa che ha Gloria in uno dei graffiti…
“Mi piace”
“Fantastico!”
“Sai, è da un po’ che me lo chiedo… hai tatuaggi?”
Gloria ride e, con mia grande sorpresa, si gira e solleva il maglione, mostrandomi la schiena.
È un lupo, un lupo con gli occhi verdi e il pelo bianco e grigio, le occupa gran parte della schiena.
“Il disegno lo ha fatto Christian, è uno dei primi regali in assoluto che mi ha fatto… e poi c’è questo”
si solleva una ciocca di capelli mostrandomi i piccoli tatuaggi in fila attorno al suo orecchio: Peter Pan, Wendy e i suoi tre fratelli, insieme a campanellino.
“Tutto qui, dovrebbe essere facile capirne il significato”
“Abbastanza”
“E invece i tuoi? Insomma, ne hai un sacco, cosa vogliono dire?”
Mi sfilo la t-shirt, cominciando ad indicare ad uno ad uno i miei tatuaggi come se fosse una cartina geografica.
“Allora, su questo braccio ci sono un sacco di giocattoli con il nome di Jakob, c’è un tatuaggio con il nome di Joey… uno con quello di Adrienne… 80 è il soprannome di Adie… poi ci sono i vari Punx, che vuol dire punk in slang…… il logo dell’Adeline Records… questa è solo una tigre, mi piacciono le tigri… questa è una serie di fotogrammi sempre di Adrienne…. Il 27 è il logo di Riverdales… EBPM vuol dire East Bay Punk Mafia… lo so, è di cattivo gusto, ma avevo perso una scommessa con Trè… che praticamente è la causa di metà dei miei tatuaggi…. E così via”
Vedo che lo sguardo di Gloria è perso tra i suoi pensieri, e mi chiedo che cosa stia pensando.
“Ne… ne hai anche qualcuno su di… lei?” non mi è difficile capire di chi parli.
Le sorrido leggermente, ma un po’ fa ancora male, parlarne.
“Avevo i suoi occhi tatuati sul cuore… ma…. Non lo so, dopo che lei è mor… se n’è andata… io non ci riuscivo, a guardarli di continuo… così li ho coperti… forse uno dei miei più grandi errori… però forse con questo ho rimediato”
Alzo la mano sinistra, dove spicca il piccolo cuore nero tatuato sul dito.
“Dovevamo sposarci, prima che lei si ammalasse… quindi questa è qualcosa come… la mia fede”
“E’ sul dito medio, BIllie”
“Errore del tatuatore, non hai idea che odio…”
Gloria ride, ma mi guarda ancora le braccia, decido di prenderla sul ridere.
“Riesci a indovinare quale dei miei tatuaggi parla di Andrea?”
Lei arriccia le labbra, girandomi attorno con occhio clinico, poi si butta sulla sedia, incrociando le gambe.
“Le stelle”
Sorrido.
“Esatto”
“Perché?”
“ Ero un ragazzino quando ho scoperto che la mia fidanzata aspettava un bambino, e per giunta non sapevo nemmeno se lei si sarebbe mai ripresa dall’incidente… ero così terrorizzato che non avevo la più pallida idea di cosa fare… così sono praticamente fuggito via dall’ospedale e sono andato a fare un giro in centro… dopo un po’ mi sono fermato davanti ad un negozio di articoli per neonati e… mio Dio, se me lo ricordo sono ancora in imbarazzo… beh, ci sono entrato. La commessa pensava fossi lì per mia madre o mia sorella, quando le ho detto che era per il mio futuro figlio o figlia per poco non sveniva. Volevo prendere qualcosa, ma non avevo idea di cosa avesse bisogno un neonato… e poi l’ho visto”
Mi perdo nei mie pensieri, ricordando quel giorno nei minimi particolari.
“Era una di quelle giostrine che si appendono alle culle dei neonati, c’erano appese un sacco di stelline in vetro soffiato, di diversi colori e grandezze, e quando la luce le colpiva la stanza si riempiva di colori… mi ha ricordato i lavoretti che faceva W da bambina, e ho speso tutti i miei soldi per comprarla. Andrea ne andava matta, non faceva altro che guardarla tutto il tempo e allungare le sue manine per cerare di acchiappare le stelle… si, la sua mi è sempre sembrata la metafora perfetta di quello che volevo per lei dalla vita… che cercasse di prendere le stelle…. Credo sia ancora in soffitta, quella giostrina… oltre che sulle mie braccia, ovvio”
Gloria mi guarda, ma nei suoi occhi non c’è lo stesso sguardo pietoso di chi solitamente conosce la mia storia, lei sembra… comprendere.
“Torniamo a casa, ti va?”


-G-
 
La storia delle stelle mi aveva davvero lasciata di stucco, comincio a pensare che Adrienne abbia ragione, riguardo alla storia di Andrea.
Anche se sono passati quasi due mesi da quando l’ha detto.
I ragazzi dell’Inferno sono tornati a casa, e io mi godo il mio momento di relax guardando programmi spazzatura sulla tv, stravaccata sul divano.
“Al lavoro!” urla Billie Joe, interrompendo la mia pace.
“è troppo tardi per il lavoro”
“Devi dirmi che ne pensi della nuova canzone! Beh, almeno delle prime tre strofe della nuova canzone”
Mi metto dritta e guardo Billie Joe, seduto a gambe incrociate sul pavimento con la chitarra in mano.
“Sorprendimi”
Comincia a suonare una melodia veloce, cantando praticamente da subito.
 
Gloria, Viva la Gloria
You blast  your name

In graffiti on the walls
Falling through broken glass that’s
Slashing through your spirit
I can hear it like a jilted crowd…”
Billie si blocca, smettendo di suonare e cantare.
“Tutto qui?”
“Sono in carenza creativa, ultimamente”
“mmmh… non lo so, mi sembra che manchi qualcosa… è come urlare buon anno senza aver fatto il conto alla rovescia… colpisce ma le manca quel non so che…”
Scendo dal divano per sedermi di fronte a lui.
“Sai qual è il tuo problema, secondo me?”
“No, per questo mi servi tu”
“Il tuo problema è che scrivi pensando ad una sola ragazza” rispondo cercando di provocarlo, per scoprire se le supposizioni di Adrienne sono fondate.
 
-B-
 
“Dovrei parlare di più donne?”
“Non nel senso che dovresti inserire un nuovo personaggio, nel senso che non dovresti dare a Gloria le caratteristiche di una persona sola!”
Sono confuso, parecchio confuso.
“Mi spiego… tu parli di me, nelle tue canzoni, ma non dovresti parlare SOLO di me. Hai un sacco di altre donne che fanno parte della tua vita dalla quale prendere ispirazione: c’è Adrienne, c’è W, c’è Andrea, c’è tua madre e ci sono le tue sorelle. Parla di loro, di tutte loro. Se vuoi un’eroina, creane una nella quale possano riconoscersi tutte.”
Immagino come sarebbe una ragazza che fosse insieme W, Adrienne, Andrea, Gloria, mia madre e le mie sorelle.
Di certo non una contro la quale sarebbe possibile vincere!
Ci penso a fondo, sarebbe anche una donna con un sacco di demoni da combattere.
Ed è forse la donna della quale ho sempre voluto scrivere, pur riuscendoci in malo modo.
Prendo una penna e abbandono Gloria di punto in bianco, salendo in soffitta per cercare l’ispirazione.
 
Ada
Sono tornata! Scusate l’assenza, ma questi giorni sono tremendi, letteralmente! Comunque, questo è l’ultimo capitolo “di stallo” prima del GRANDE IPER MEGA CAPITOLO FANTABOLANTE DEL COLPO FINALE.
Okay, super spoiler.
Spero vi sia piaciuto :3

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Capitolo 38
*** Heroes ***


We can be Heroes, just for one day.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
L’acqua del rubinetto scorre nel lavandino, eseguendo movimenti circolari ancora e ancora, trasportando via quello che rimane del trucco attorno ai miei occhi.
Respiro profondamente, affondando ancora il viso nell’acqua.
Alzando lo sguardo mi ritrovo ad osservare una Gloria che non conosco, o forse che conosco troppo bene.
Lego i capelli in una coda di cavallo, indosso la maglia a righe, e la gonna e il giubbotto di pelle.
Indosso la mia uniforme.
Niente maschere, stasera può finire solo in due modi.
Se riusciremo, i nostri visi saranno salutati come eroi.
Se falliremo, che qualcuno conosca il mio volto sarà l’ultimo dei miei problemi.
Indosso i miei vecchi anfibi, che sono riuscita a tenere lontani dalla donna delle pulizie, e mi sposto in camera.
È quasi il tramonto.
Tra poco dovremo uscire, il concerto inizierà, inizierà la guerra.
Eppure sono stranamente calma, salgo le scale che portano sul tetto con una lentezza che non mi si addice, sedendomi sul baratro della balaustra a guardare il sole che tramonta, tuffandosi nel mare.
 
-B-
Non so perché, ma questa ragazza è fissata con i tetti.
Non mi sono neanche sprecato a cercarla da qualche altra parte.
E non è un fattore positivo, per la mia paura delle altezze.
Mi siedo accanto a Gloria, osservando il tramonto in silenzio per qualche secondo, anche io sono già vestito di tutto punto, pronto per il grande show, anche abbastanza ubriaco, in effetti.
“Ehilà”
Gloria non risponde, continua a guardare il tramonto, e nei suoi occhi leggo la guerra interiore che sta combattendo.
Ripenso a Viva la Gloria!, e mi balenano per qualche secondo in mente dei versi… ma più lenti, più dolci, come questo momento… il momento che precede l’inizio della guerra.
E forse ho trovato quel non so che di cui parlava Gloria.
“E’ strano se mi metto a pregare?” chiede lei dopo un po’.
Le sorrido.
“No, per niente”
Gloria sospira.
“Non ho paura, e forse questo dovrebbe spaventarmi”
“Se ti può consolare, io ho abbastanza paura per entrambi”
Gloria mi sorride, allunga la mano verso la mia e la stringe.
“Comunque vada, ti voglio bene”
“Non dirlo neanche per scherzo, signorinella! Azzardati a morire e sei in punizione a vita!”
Gloria ridacchia, ma sento che la sua mano trema leggermente.
È ora di andare, lo sappiamo entrambi, quindi ci godiamo a pieno questo ultimo momento di pace.
 
-G-
 
Timothy era il ragazzo di Beth, ma l’hanno scoperto tutti solo dopo il funerale di lei.
Strano, non l’avrebbe immaginato mai nessuno.
Beth era più una da giocatore di football, mentre Timothy è piccolo, bassino, molto magro e con una passione smisurata per Woody Allen.
Eppure, stasera è molto più importante di tutti noi.
È lui che, dal tubo, ci aprirà la porta dall’interno.
Billie Joe mi sta ancora stringendo la mano, Adrienne e Joey e Jakob non la smettono di guardarmi, e lei piange, forse perché tutti sanno che ho solo il 50% di possibilità di riuscire in questa impresa.
Il palco per i Green Day, invece, è pronto da un pezzo, e la folla si accalca per le prime file da questa mattina, come aveva previsto Billie Joe.
Noi dell’inferno ci siamo confusi tra di loro, nessuno potrebbe in qualche modo trovare differenze.
“Allora, tutti gli impianti elettrici sono collegati illegalmente a quelli della fabbrica, questo vuol dire che, non appena iniziamo a suonare, il tuo amico dovrà essere all’interno e aprire, perché la recinzione elettrica non funzionerà più. Avete più o meno quattro minuti, il tempo della prima canzone” spiega Trè, nello stupore generale.
Annuisco e abbraccio forte la mia famiglia, poi Mike e Trè e Jason e Brit e tutti quanti.
“E’ ora di iniziare lo show, rockstar”
 
-
 
Sono passati cinque minuti, da quando Tim è partito. Il concerto inizierà tra pochi secondi.
E non appena l’ultima nota di Letterbomb rimbomberà nella piazza, noi daremo inizio alla guerra.
Guardo Christian e lui guarda me, avevamo promesso di non dirci addio, avevamo promesso di non considerare nemmeno l’eventualità di non rincontrarci.
Eppure adesso, mentre abbiamo entrambi una molotov in mano, è piuttosto difficile pensare a qualcosa che non sia la morte imminente.
Mi rigiro la bottiglia nella mano, tenendola saldamente, avevamo naturalmente concordato di lanciarle il più lontano possibile dalla gente, giusto per distrarre lo sguardo per qualche secondo, così da permetterci di entrare e poi farle passare per effetti speciali del concerto dei Green Day.
Sento le dita di Christian intrecciarsi attorno alla mia mano libera, e nel nostro linguaggio quello risuona molto come un addio.
La musica comincia, la canzone continua, i miei occhi non si staccano da quelli di Christian, la mano che regge la moltov pericolosamente vicina alla maniglia della recinzione elettrica.
È il momento della verità, letterbomb sta giungendo al termine, so che Billie mi sta guardando, e forse anche Trè e Mike, devo abbassare la maniglia, ora o mai più.
Tic.
Sospiro, è il rumore più bello che io abbia mai sentito.
Guardo tutti gli altri, sanno che è arrivato il momento, faccio un cenno con la testa e la prima molotov parte, molto lontano dalle persone, che si girano subito verso il fuoco che, fortunatamente, non ha fatto danni.
Ci fiondiamo all’interno e altre bottiglie partono, una cade proprio nel parcheggio, creando molte fiamme tra un’auto e l’altra.
Io e Christian saliamo su una delle macchine, con le fiamme dietro di noi e tutta la città alle spalle, ammirando il nostro regno.
Lo guardo e lui guarda me, e credo che in quel momento entrambi i nostri cervelli mandino a fanculo le promesse che ci siamo fatti e tutte le regole.
Mi lancio tra le sue braccia, e ci abbandoniamo ad un dolce bacio.
Un bacio su di una macchina tra le fiamme durante un attentato.
Il bacio più bello che io abbia mai dato.
Cinque secondi dopo ritroviamo lucidità, correndo verso l’interno con gli altri, sento nelle tasche la telecamera che mi ha dato Joey, un’idea così geniale che mi stupisce arrivi da un quattordicenne.
So dove andare.
Mi separo da Christian senza che lui se ne accorga, mentre loro vanno dritti a rompere il macchinario che scarica in mare, io scendo tre piani di scale fino ad arrivare alla stanza con la porta rossa.
Il mostro ne aveva parlato.
Apro la porta, fortunatamente non chiusa a chiave, e mi fiondo dentro.
Appesi alle pareti ci sono un sacco di fogli di carta, mi faccio luce con una torcia per leggere, notando che sono tutti contratti che attestano lo smaltimento di rifiuti tossici illegalmente nel mare.
Ho fatto bingo.
“Sapevo di trovarti qui, ragazzina”
Mi giro lentamente, senza paura, sapendo già chi è alle mie spalle.
“Buonasera” aggiungo educatamente, sorridendo al mostro.
“Non ti arrendi mai, tu, eh?”
“Che vuoi farci, vizi di famiglia”
“Tu? Famiglia? Quale cane bastardo ammetterebbe di essere tuo padre”
Ho un groppo al cuore, ma mi passa subito.
Premo il pulsante della telecamera, sperando che lui non se ne accorga, sperando che funzioni, sperando che a tre piani da qui, in questo momento, le sue parole siano proiettate sul megaschermo dei Green Day, visibili a tutti quanti.
“Come hai fatto a trovare questa stanza?”
“Me ne hai parlato tu, non ricordi? Ultima porta a destra del magazzino, quella rossa.”
“Sei furba, ragazzina… ma chi pensi che ti crederà?”
Alzo le spalle.
“Credere a cosa?”
“A una ragazzina che va dicendo che un’importante casa farmaceutica scarica rifiuti in mare”
“Quindi, è vero?”
“Certo che è vero! Anche un’idiota come te lo capirebbe. Ma sai qual è la cosa migliore? Che tu non puoi farci nulla, che nessuno può farci nulla perché io non ne parlerò, e tu non uscirai viva da questa stanza”
Vedo tra le sue mani una pistola, e dico a me stessa che devo farlo continuare a parlare.
“Come fate a farlo senza che se ne accorgano?”
“Mazzette a qualcuno della sicurezza e agendo di notte, dovresti saperlo bene”
“Non ti vergogni nemmeno un po’?”
Il mostro scoppia a ridere.
“Vergognarmi? Principessa, il mondo non gira come crede la tua banda di ladruncoli, noi controlliamo l’intera California e nessuno può farci nulla!”
Annuisco piano, fingendomi sconfortata.
“Hai un ultimo desiderio, ragazzina?” mi dice il mostro avvicinandomi.
Sento dei passi lungo le scale, e prego con tutta me stessa che sia chi credo che sia.
“Solo uno”
“E sarebbe?”
“Un sorriso per la stampa” sibilo spalancando la porta.
Venti uomini armati si riversano nella stanza, mettendo il mostro in manette.
Eppure sento una fitta atroce, un dolore lancinante.
Guardo verso il basso, il rumore dello sparo è stato attutito dalle grida e dalla musica dei Green Day in lontananza, ma il sangue che macchia le mie mani, dello stesso colore delle fiamme, non mente.
 
Ada
Zan zan zan! Recensioni o niente seguito ù_ù

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Capitolo 39
*** Just let it happen. ***


Just let it happen.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
“In tutta la mia carriera non ho mai conosciuto una ragazza fortunata come lei, signorina Armstrong” dice il dottore, scorrendo ancora una volta i fogli che ha nella cartellina tra le mani.
Guardandomi al di sopra dei suoi occhiali a mezzaluna, mi lancia un lieve sorriso.
“Può tornare a casa stasera stessa, non appena le avremo tolto i punti”
“Grazie mille, dottore”
“Si figuri, grazie a lei per…” mi sorride ancora, più forte adesso “…per tutto il resto.”
Il medico esce dalla stanza e io mi metto seduta a gambe incrociate sul letto, prendendo la rivista di gossip che le infermiere mi hanno lasciato sul comodino.
Tutti i giornali non parlano d’altro da una settimana.
Banda di ragazzi con degli ideali sventa complotto, sotto accusa  tutti i dirigenti della nota ditta farmaceutica East Bay, implicati in spacci di droga che facevano passare come vendita di farmaci, oltre allo scarico illegale di rifiuti tossici in mare.
Scoperti almeno due omicidi da ricollegare alle loro azioni, tra cui quello della sedicenne Beth Cooper.
Eroina della città proietta il video della confessione sul megaschermo di un concerto, rischiando di essere uccisa da un proiettile.
A dire il vero non avevo idea del traffico di droga, io credevo scaricassero in mare e basta, e non avevo idea neanche dell’altro omicidio… ma tutto è bene quel che finisce bene.
Il nome di noi tutti dell’inferno è stato riabilitato, ai ragazzi è stata offerta una borsa di studio per ciascuno, a seconda delle loro capacità, io e Christian abbiamo ricevuto una medaglia dal sindaco e il comune ci manderà dei fondi per riaprire l’inferno, estendendolo a più persone.
Stiamo rinascendo dalle nostre ceneri.
La porta si spalanca, facendo entrare Billie Joe con l’ennesimo mazzo di fiori, più che una camera di ospedale questa sembra una serra!
Lo posa sul mio comodino, accarezzandone morbosamente i petali, sono delle peonie davvero molto belle.
“E questo invece chi lo manda?” chiedo spazientita, prendendo una bottiglietta d’acqua dal comodino.
“Il presidente”
Quasi mi strozzo con l’acqua che stavo bevendo.
“Che cosa?!”
“Hai capito bene, ha letto di te sul giornale, voleva farti tutte le sue congratulazioni e i suoi auguri di pronta guarigione”
“Il presidente….Obama? Quel presidente?!”
“In persona”
Afferro il bigliettino sul mazzo di fiori, esaminandone la grafia piccola e lineare, insieme al sigillo inconfondibile.
“Oh mio Dio!”
Billie mi afferra per le spalle, rimettendomi stesa.
“Devi riposare”
“Ma sono guarita!”
“Non ti hanno ancora levato i punti!”
“Billie, il proiettile mi ha colpito di striscio, non è stato poi così grave! Il dottore dice che la cicatrice sarà praticamente invisibile”
Billie mi sorride, accarezzandomi una guancia.
“Siamo fortunati che non abbia avuto il tempo per prendere la mira”
“Beh, avrà molto più tempo per allenarsi, visto che non uscirà di prigione per un po’”
Qualche minuto dopo un’infermiera entra nella mia camera, portando un paio di forbici, dell’ovatta e una bacinella con dell’acqua calda e disinfettante.
Con mano esperta mi sfila i punti, disinfettando la mia spalla, dove rimane solo una piccola cicatrice rotonda, increspata, che sembra tanto un minuscolo sole.
“Mi piace, mi da’ quel non so che di macho”
Torniamo a casa dieci minuti dopo, siamo tutti troppo stanchi degli ospedali, e Christian viene a casa con noi, sedendosi sul divano accanto a me.
Billie Joe ha scritto una nuova canzone, mentre ero in convalescenza, si chiama Restless Heart Syndrome, e chissà magari potrebbe essere la chiusura tanto agognata per questo album.
Credo che quando l’ha scritta, Billie Joe pensasse che quello sparo sarebbe andato decisamente peggio, che forse sarei morta o qualcosa del genere…
Comunque, è una delle mie canzoni preferite, ora come ora.
La trovo davvero meravigliosa, perfetta per un cuore infranto o una serata a farsi spinelli.
Però mi fa un po’ paura, mi ricorda dei fantasmi contro cui Billie Joe sta combattendo da così tanto tempo… mi ricorda che, effettivamente, non se ne andranno mai… non se ne libererà mai completamente.
“Allora, Billie, qual è questa grande sorpresa? Per l’amor del cielo!”
Siamo tutti qui, Adrienne ha preparato cibo per un reggimento intero (dice che in ospedale sono dimagrita troppo) ci sono i ragazzi della band, Joey e Jakob, e io e Christian.
Eppure Billie Joe continua a fare il vago e a cambiare discorso alla prima occasione.
“Prima, io Mike,Jason e Trè dobbiamo farvi sentire una cosa. Siete pronti ragazzi?”
Mike e Trè scattano sull’attenti, invece Jason si alza pacatamente e imbraccia la chitarra, mentre gli altri due vanno alle loro postazioni, e Billie joe si siede al pianoforte.
Una canzone al pianoforte?
Non ne fa una da Last night on earth…
Mi avvicino al pianoforte, Billie mi guarda negli occhi e mi sorride, poi comincia a cantare:
 
Hey Gloria,
Are you standing close to the edge?
Lookout to the setting sun
The brink of your vision
Eternal youth is
A landscape of the life
The cracks of my skin can prove
As the years will testify”
 
Una nuova canzone.
E parla del momento di pace, quello passato sul tetto, poco prima che la battaglia cominciasse. Sento il ghiaccio di tanti anni, quello che ho sempre avuto stretto attorno al cuore, sciogliersi finalmente.
Almeno per una volta.
 
Say your prayers and light a fire
We’re gonna start a war
Your slogan’s a gun for hire
It’s what we waited for…
 
Hey Gloria,
This is why we’re on the edge
The fight of our lives been drawn to
This undying love.”
 
Billie Joe si alza. Tutto qui? Finita? Bellissima, ma un po’ cortina per una traccia.
Poi, invece, Billie prende la sua chitarra e guarda gli altri, cominciando a suonare tanto forte da mandarmi il cuore in gola.
Questa volta riconosco la melodia, me l’ha fatta già sentire una volta, ma adesso ha un significato.
Adesso, quest’esplosione, è la battaglia che comincia.
 
“Gloria, Viva la Gloria! You blast your name
In graffiti on the walls
Falling through broken glass that’s
Slashing through your spirit
I can hear it like a jilted crowd!
 
So Gloria,
Send out your message of
the light that shadows in the night.
Gloria, where’s your undying love?
Tell me the story of your life…”
 
L’ultima frase mi lascia di stucco.
“Raccontami la storia della tua vita” e mi accorgo che è una delle prime cose che ci siamo chiesti io e Billie Joe.
Questa canzone è un resoconto di tutto quello che abbiamo combattuto insieme.
Perché non è solo la mia, di battaglia.
È anche quella che ha dovuto combattere lui, quella contro i suoi fantasmi, e forse questa canzone parla di Billie Joe più di quanto parli di me.
Si, è così.
Billie fa un mezzo inchino, siamo ancora tutti sbigottiti, io ho le lacrime agli occhi e mi getto tra le sue braccia per stringerlo forte a me.
“Suppongo che questo voglia dire che ti è piaciuta”
“Tu dici, rockstar?”
Billie mi stringe la mano e si dirige al centro della stanza, poi fa un cenno a Mike e Trè, che ridacchiano in un angolo.
“Adesso devo passare al grande annuncio della serata!”
Cosa? Non era la canzone, il ‘grande annuncio’?
Guardo Adrienne e Joey, sperando che loro sappiano qualcosa, ma hanno le mie stesse espressioni stupite.
Billie si apre in un enorme sorriso, felice della tensione che ha creato.
“Andiamo a Parigi” proclama infine.
Mi ci vuole qualche secondo per metabolizzare quello che ha detto.
“Che cosa?!”
 
ADA
Scusate, capitolo corto, ma ci voleva :D e poi, ho lanciato l’inizio della nuova avventura parigina della nostra banda!!

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Capitolo 40
*** She holds my malachite so tight so... never let go. ***


She holds my malachite so tight so… never let go.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
 
“Non ci posso credere! Non-ci-posso-credere!” continua a ripetere Gloria, andando avanti e indietro per il salotto.
Ancora un po’ e comincerà a scavare solchi nel pavimento.
“Parigi!”
“Parigi!” ripeto con lei, scoppiando a ridere.
Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta davvero.
“Siamo stati invitati lì per una serata di beneficenza, hanno saputo che presentavamo il nuovo album e ci hanno chiesto di cantare un paio di canzoni, tutto qui”
“E verremo anche noi?” chiede Christian, accennando con il viso a Gloria (che sta ancora camminando).
“Certo, tecnicamente vi presenteremo come gli attori del video”
“Non ci posso credere” ripete lui, lasciandosi andare contro il divano.
Adrienne ritorna dalla cucina, portando con se tramezzini e limonata.
“Ma quando dovremmo partire?” chiede Jakob, ancora più entusiasta di Gloria.
“Stasera stessa! La serata è domani”
“Una serata di gala!” ripete Adrienne, cingendomi le spalle con le braccia.
“Ma io non ho un vestito” proclama Gloria bloccandosi.
Ci blocchiamo tutti.
Oh mamma, a questo non avevo pensato.
Insomma, Christian può mettere l’abito che aveva al matrimonio di Mike e noi tutti abbiamo un sacco di vestiti.
Ma Gloria?
“Potrebbe mettere il suo vestito da damigella…” suggerisce Brittany, con un’alzata di spalle e voce titubante.
“Non può mettere lo stesso vestito” risponde Adrienne, dal tono di voce con cui lo dice riesco quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello che si muovono in cerca di un’idea.
“…i miei vestiti non le andranno mai” proclama in fine, rassegnata.
“…ed è troppo alta per metterne uno dei miei” finisce Brittany.
Gloria si getta sul divano, con il viso tra le mani, era molto divertente vederla preoccupata per una cosa talmente quotidiana come un vestito, mentre solo qualche giorno prima aveva paura di morire nel bel mezzo di un attentato.
Eppure, almeno in quel momento, l’abito di Gloria sembrava il problema peggiore da risolvere.
Nel silenzio generale, mentre tutti cercavano un’idea, mi accorsi che io sapevo benissimo dove trovare un abito.
Non so neanche perché non ci ho pensato prima.
“So dove trovarne uno” annuncio con un filo di voce, infine.
 
-
 
Rimango fermo sull’ingresso per qualche secondo, non metto realmente piede qui dentro da anni. Ci sono andata vicino soltanto quando ho scoperto Gloria a frugare nel baule di W, ma neanche in quel caso sono entrato qui dentro più di quanto io non stia facendo adesso.
“Stai bene, Billie?” mi chiede Gloria, posando una mano sulla mia spalla.
Siamo saliti solo io e lei, quando hanno capito quale fosse la mia idea gli altri hanno capito.
“Si, si, tutto okay, andiamo”
Muovo un passo all’interno, sentendo sotto di me il pavimento che scricchiola, continuo a camminare, anche adesso, dopo quasi vent’anni , ricordo perfettamente dove si trovi qualsiasi oggetto.
Gloria mi segue a ruota, guardandosi intorno, come se fosse lì per la prima volta.
Anche se io so bene quanto lei frequentasse questo posto più di me.
“Ecco, siamo arrivati” dico fermandomi davanti ai manichini coperti dai teli bianchi.
“Che ne dici se apro un po’ le finestre?” suggerisce lei, con un alzata di spalle.
Annuisco, e Gloria va a spostare per la prima volta da anni le tende dal loro posto, inondando la stanza di luce.
Si possono vedere i granellini di polvere galleggiare nella stanza.
Guardo in alto, cercando di calmarmi, ma quel che vedo non fa altro che mettermi più ansia.
Sul soffitto, grazie alla luce appena entrata nella stanza, sono sparpagliate luci di colori diverse, e non mi serve immaginare da dove provengano.
Gloria continua a mordersi convulsivamente le labbra.
“Vuoi che le richiuda?”
“No, va bene così, mi piace il loro colore”
Prendendo un lungo respiro, afferro due dei teli che coprono i manichini e li sfilo, poi tiro anche il terzo, lasciando volutamente coperto il quarto sulla sinistra.
Quello no, non riuscirei a sopportarlo.
Gloria rimane a bocca aperta, camminando lentamente davanti ai vestiti.
Quello giallo, del primo ballo al quale andrò W, insieme a Tyler, quando poi conobbe Trè, e forse le nostre vite in quel momento cambiarono totalmente.
Poi il vestito verde oliva che indossò al matrimonio di mia madre, non uno dei miei ricordi preferiti, anche se ricordo con molto divertimento quando fece finta di essere la mia ragazza.
Infine Gloria si pianta di fronte alla sottana color argento, quella della sera in cui andai al ballo con Mary Jane perché W fece finta di stare male, quella che le fasciava perfettamente il corpo, con il tessuto della scollatura che formava morbide onde.
Vedo Gloria sorridere compiaciuta.
“Ti va di provarlo?” chiedo indicando un vecchio separé.
Lei annuisce, incapace di dire qualsiasi cosa, sfila il vestito dal manichino sfiorandolo come se potesse rompersi, poi si rintana dietro il separé per qualche minuto.
Io continuo a guardare le luci riflesse sul soffitto, non ricordavo che la giostrina fosse rimasta nella vecchia culla di Andrea, effettivamente non ricordo molto in generale, di quel periodo.
“Come sto…?” sussurra Gloria, uscendo in punta di piedi dal separé.
Ha legato i capelli, il vestito le fascia le curve perfettamente, le onde della scollatura le mettono in risalto il collo lungo, è leggermente più bassa di W ma le sta un incanto.
Me la ricorda molto, vedendola così.
“Sei meravigliosa”
“Credo di aver trovato il nostro uomo” ridacchia lei, specchiandosi in tutte le posizioni.
“Direi proprio di si”
“Questo invece cos’è?” chiede lei afferrando un lembo del lenzuolo, sull’ultimo manichino rimasto.
“No, quello…!”
Troppo tardi, ha levato il lenzuolo, rimanendo pietrificata di fronte al vestito, esattamente come me.
“E’ un… un…?”
“Abito da sposa? Più o meno…” rispondo torturandomi le unghie.
“Io… mi dispiace, non credevo che… oh mio Dio”
Già, non ci voleva un genio per capire che quello non era l’abito di Adrienne.
“A dire il vero è stato il suo vestito del ballo dell’ultimo anno, quando ci mettemmo insieme. Era di sua madre e ci è rimasta talmente affezionata che non se l’è sentita di lasciarlo in soffitta a marcire. Quando decidemmo di sposarci, prima che si ammalasse, sostituì il pizzo rovinato e cambiò qualche particolare, rendendolo il suo abito da sposa…”
Guardo l’abito, il pizzo bianco ancora candido, e quella parte sul fianco di pizzo nero che lei aveva trasformato in un uccellino, il suo Blackbird, come la chiamava Mike…
“… non è mai riuscita ad indossarlo”
Gloria rimane spiazzata, ricopre il manichino e prende l’abito argento tra le mani.
“Coraggio, Billie, abbiamo un volo che ci aspetta”
 
-
 
-Parigi-
 
A me viaggiare non è mai piaciuto granché, ed è un bel problema quando sei un musicista e devi muoverti in giro per il mondo per tre quarti del tuo tempo, ma credetemi; anche un santo perderebbe la pazienza con un volo di dieci ore insieme a Gloria che urlava di eccitazione per tutto il tempo, considerando che era la prima volta che volava.
E ha continuato così anche per il giro in taxi per Parigi, e anche quando ha visto la stanza d’albergo.
Molto esilarante, a quanto pare aveva sempre sognato vedere Parigi.
Arrivate le otto avremmo già dovuto essere lì, ma Brittany ha sequestrato Gloria e si rifiuta di ridarcela.
“Ho quasi finito!” sbraita da quasi un’ora.
Dopo una decina di minuti dal tredicesimo ‘ho quasi finito’, la porta del bagno si apre, mostrandoci Britt nel suo vestito verde acido, e poi Gloria.
Ha accorciato ancora di più i capelli, portati indietro dal gel per mostrare il suo bel viso, con gli occhi truccati d’argento e brillantini e il rossetto rosso.
L’abito le sta una meraviglia, con le scarpe alte risalta ancora di più.
“Camminare sarà un problema” dice Gloria, incespicando nei suoi stessi piedi.
“Ti daremo il braccio noi” dice Mike sorridendo.
Gloria sorride, soprattutto quando entra Christian in smoking, e siamo pronti per partire.
 
-
 
Il palazzo dove si terrà la serata è già super affollato, con una marea di fan che si accalcano contro le barriere del red carpet per riuscire a scattare una foto.
Gloria è calma, come sempre prima di qualcosa di particolarmente difficile, una dote di lei che ammiro e invidio parecchio.
Scendiamo dalla macchina e tendo il braccio a lei e ad Adrienne, cominciando a camminare per il tappeto rosso, tra i riflettori e i flash dei fotografi, inginocchiati agli angoli delle scale.
Gloria rimane indietro, probabilmente non abituata a quel tripudio, si ferma quando una ragazza le chiede un autografo, e piuttosto perplessa ne firma un paio, per poi continuare a camminare, seguita a ruota da Christian.
Davanti a noi c’è già qualche faccia conosciuta, un paio di attori e gli U2, che mi salutano con un grande sorriso.
Gloria li guarda paralizzata, ed effettivamente non avevo considerato che lei potesse essere fan anche di qualcun altro qui.
Entriamo nel salone, dove una platea enorme è già ghermita di gente, e un palco con le luci accese attende solo noi.
Lascio la mia famiglia al loro posto, per andare sul palco con i ragazzi.
Avevamo deciso di suonare 21 guns e Know your enemy, come testimonianza del nuovo album, e Gloria era stata totalmente d’accordo.
Quando il presentatore chiama il nostro nome, e noi corriamo sul palco, sento la luce su di me e cerco tra la folla lo sguardo di Gloria.
Persino l’alcol che ho bevuto prima di venire qui, non brucia più.
Tutto andrà bene.
Ne sono sicuro.
Non può essere altrimenti.
 
-
 
“Quaaaaaaaaaand il me prend dans ses braaaaaaaaas, Il me parle tout baaaaaas, Je vois la vie en roooooose” urla Gloria, mentre camminiamo per il corridoio dell’albergo.
Christian è rimasto a festeggiare al bar con Trè e Mike, mentre Adrienne e i ragazzi sono già in camera nostra, io mi sono offerto di accompagnarla in camera, con lei che continua a cantare a squarciagola “la vie en rose”, non è ubriaca, è soltanto su di giri per la serata.
Questa qui è la canzone della mia prima volta con W, ma non voglio farglielo notare, è una serata troppo perfetta per rovinarla con i fantasmi del mio passato.
Apro la porta della camera e Gloria va dritta verso la finestra, guardando la Tourre Eiffel tutta illuminata, una Parigi notturna bellissima.
Adesso ha smesso di cantare, almeno, ma è ancora visibilmente su di giri.
“Devo presumere che tu ti sia divertita, stasera”
“Divertita?!” urla lei, passandosi le mani sul viso come se si fosse appena svegliata “è stata la serata più spettacolare di tutta la mia vita! Insomma, hai visto chi c’era lì dentro? Non ho mai visto così tanta gente famosa neanche in foto!”
Comincia a sventolarsi con la mano, e io non posso fare a meno di ridere.
Il suo sorriso risplende più delle luci di Parigi.
“Sono contento che ti sia piaciuta la mia idea”
Gloria mi coglie alla sprovvista, saltandomi addosso in un lungo abbraccio, facendomi male con la collana che ha al collo.
“Io… mio dio, sono felice. Non credevo sarei mai riuscita a dirlo, ma sono felice davvero! Insomma… voi… questa è la mia vita… ho una vita e… ho una famiglia”
Mi sorride e io le rispondo con un sorriso ancora più grande.
“Hai una famiglia che ti ama da impazzire”
Gloria prende un respiro profondo, come se dire quel che sta per dire le costasse uno sforzo tremendo, e mi sembra che, forse, è la prima volta che dice una cosa del genere.
“Insomma, io… è tutta la vita che so di essere stata abbandonata… e ritrovarmi con una famiglia dopo tutto questo tempo è.. insomma… non ci sono abituata… ma mi piace. Eppure io…” si morde le labbra, passandosi ancora le mani sul volto “… eppure non riesco a credere che i miei veri genitori non mi amassero, ecco.”
Dubbio ragionevole, penso tra me e me, nessuno vorrebbe credere una cosa del genere.
“Insomma, magari loro lo hanno fatto per il mio bene… perché sapevano che io sarei stata meglio… e poi se non mi avessero amato, non mi avrebbero mai lasciato un ricordo di loro…  e una persona che lascia alla propria figlia una cosa così bella, non può di certo essere una persona cattiva.”
Non capisco cosa voglia dire, fino a quando Gloria non posa le sue mani sulla catenina che, ogni giorno da quando la conosco, porta al collo, tirandone fuori un medaglione.
Rimango pietrificato, mentre Gloria si rigira tra le mani un medaglione di malachite che conosco fin troppo bene.
E così, all’improvviso, gli occhi di Gloria mi sembrano molto più verdi.
 
ADA
Vi giuro, vorrei avere una macchina fotografica per immortalare le vostre facce in questo momento.
Vi avverto, niente seguito se non ho un sacco di recensioni\minacce\pacchi bomba :D

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Capitolo 41
*** Favourite son. ***


Favourite son.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Non può essere.
No, è letteralmente impossibile.
Andrea è morta, è morta quasi diciotto anni fa.
E questo è solo l’ennesimo scherzo del mio cervello, che non vuole rassegnarsi. Potrebbero esserci altri mille medaglioni, uguali a quello.
Potrebbe essere solo una coincidenza.
Gloria continua a guardare il medaglione aperto, con un mezzo sorriso sul volto, e io mi chiedo quale foto stia guardando.
Se, la foto che sta guardando, è proprio quella.
Mi avvicino lentamente, ho paura di quel che potró vedere.
Ho paura che sia vero.
Ma ho ancora più paura che sia falso.
Arrivo alle spalle di Gloria e chiudo gli occhi, posando la testa sulla sua spalla per poterlo vedere bene.
Poi li apro.
Sbiadita dal tempo, leggermente bruciata ai lati, ma comunque la stessa foto.
Andrea appena nata, con le mani di W che la sorreggono.
L’altra foto,  quella di me e W da bambini, invece, era andata totalmente distrutta dal tempo.
Naturale che Gloria non ci avesse riconosciuti, non aveva prove e nella foto del medaglione era troppo piccola per essere confrontata con quelle che a me rimanevano di Andrea.
“…p-posso?” chiedo, prendendole il medaglione di mano.
C’è un’ultima cosa che devo controllare, la prova definitiva.
Chiudo il medaglione, girandolo dalla parte d’argento senza malachite, dove W aveva fatto incidere il nome di nostra figlia.
Ne tocco le poche lettere rimaste impresse, perché è quasi tutto coperto dai graffi, praticamente illeggibile.
Tranne il secondo nome di nostra figlia: Gloria.
Come avevo fatto a non pensarci prima?
Era un’eventualità talmente improbabile, che non mi aveva mai neanche sfiorato il cervello.
Gloria è mia figlia.
Gloria è Andrea.
Andrea è viva.
Cado sulle ginocchia, incapace di rimanere in piedi un secondo di più, e mi abbandono alle lacrime di gioia.
Gloria si china su di me, con aria preoccupata.
“Tutto bene, Billie?”
Come faccio a dirglielo? Come si dice una cosa del genere?
“La… la foto… nel tuo medaglione…”
Gloria lo riprende dalle mie mani, guardandola ancora.
“Beh, sono io da piccola, e quindi?”
Con le mani tremanti, prendo il mio portafoglio dalla tasca, sperando che quella foto sia ancora lì dove l’avevo lasciata.
La sfilo da una delle tasche interne, guardandola.
Intatta.
Andrea neonata, sorretta dalle mani di W che le sorride, io dietro di lei che l’abbraccio e non stacco lo sguardo da nostra figlia.
Lentamente, incapace di fare altro, la passo a Gloria.
Lei la prende dalle mie mani, studiandola attentamente, e nei suoi occhi leggo lo stesso stupore che poco fa era nei miei, si morde le labbra e la stringe ancora di più, poi mi guarda.
“Come fai ad avere questa foto?”
Prendo un respiro profondo.
“Questa è una foto di me e W… il giorno in cui nacque nostra figlia, Andrea” respiro ancora, chiudendo gli occhi “…Andrea Gloria Armstrong.”
Gloria lascia cadere la foto per terra, portandosi le mani alla bocca.
Poi, terrorizzata, spalanca la porta e scappa via.
 
ADA
Scusate, è molto breve, ma purtroppo non ho tempo di scrivere. Quindi per adesso dovete accontentarvi :P

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Capitolo 42
*** Beauty and the Beast. ***


Beauty and the beast.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Mi ci vuole un minuto buono per realizzare che Gloria è scappata via.
Sono troppo sconvolto.
Mi sembra tutto ancora così irreale, come se dovessi risvegliarmi da un momento all’altro.
Quando rinsavisco, mi guardo intorno per la stanza vuota, sentendo tutto il peso dell’assenza di Gloria sulle mie spalle.
È andata chissà dove, nel bel mezzo della notte, in una città che non conosce.
Potrebbe essere ovunque, qualcuno potrebbe farle del male.
Non posso permettermi di perderla di nuovo.
Corro fuori in corridoio, scendendo le scale per fare più in fretta, non ho tempo per aspettare l’ascensore.
Passando davanti al bar, noto che Tre,Christian e Mike sono seduti lì e guardano verso l’uscita, visibilmente sconvolti.
“Che diavolo succede, Bill?”
“Gloria è scappata, dobbiamo trovarla” urlo, continuando comunque a correre.
Sento dei passi dietro di me, e capisco che i ragazzi mi stanno seguendo.
Mi volto per un attimo, giusto per urlarli di separarci e di rincontrarci tra un’ora nella hole.
In meno di un secondo, le loro voci sono state sostituite dai rumori del traffico Parigino, è buio e i riflettori delle auto e le luci delle insegne di bar e ristoranti mi accecano.
I clacson suonano all’impazzata, mentre cerco di attraversare una strada con il rosso, e mi stordiscono, lasciandomi inerme nel bel mezzo di Parigi come un cervo che sta per essere investito.
Mi riparo in una piazzola, guardandomi intorno.
Se fossi in Gloria, dove scapperei dopo una notizia del genere? Non ne ho idea.
Provo a cambiare strategia.
Lei è mia figlia.
È figlia mia e di W.
Dove andavamo io e W quando avevamo una brutta notizia?
Istintivamente mi viene in mente la giornata dopo la morte di mio padre.
Il mare.
Quando eravamo sconvolti, non andavamo a guardare l’acqua del mare.
Mi guardo intorno per orientarmi, sono stato già un sacco di volte a Parigi, ma non è facile nel bel mezzo del traffico.
Una volta trovata la strada per la Senna, comincio a correre come un matto, cercando il fiume che passa per Parigi.
Arrivato all’acqua, non so più da che parte andare.
Ci sono un milioni di posti da dove si vede la Senna, un milione di posti dove lei potrebbe essere.
E poi chiudo gli occhi, cercando di pensare che Gloria ha una sua personalità, diversa da quella mia o di W, e a cosa potrebbe farla sentire a casa.
Nella mia mente, per un attimo, torna il ricordo di quando eravamo seduti sul tetto del Fiamma, e lei guardava verso l’orizzonte.
Le luci.
Quello che Gloria cerca, sono le luci.
Le luci la facevano sentire a casa.
Cammino velocemente lungo la strada che costeggia il fiume, fino a quando non arrivo ad un antico ponte di pietra, estremamente vicino alla torre Eiffel tutta illuminata.
Lì, seduta sul muretto, con lo sguardo dritto davanti a se, c’è Gloria.
Prendo fiato, cercando di ignorare il dolore al fianco dovuto alla corsa, e respirando a fatica continuo a camminare verso di lei, senza neanche sapere cosa potrò dirle.
Quando ormai sono a pochi metri da lei, Gloria si accorge di me, girandosi e scendendo dal muretto.
Ho paura che scappi di nuovo, che non voglia né vedermi né parlarmi, invece lei mi corre incontro, con la rabbia sul volto.
Mi spinge con entrambe le mani, continuando a spingermi fino a quando non sono contro il muretto.
“Che cazzo vuol dire questo?!” urla, strappandosi il medaglione dal collo e dondolandolo davanti alla mia faccia.
“EH?! Che cazzo vuol dire quella foto?!”
Sono spiazzato, mi aggrappo al muretto mentre lei mi assale come un leone su di una preda.
“Rispondi!” urla esasperata tra le lacrime.
“…sei mia f-figlia… “ biascico, non sapendo cosa altro dire.
“No! Io non POSSO essere tua figlia! Non va bene, così! Io non ce li ho dei genitori! Non posso aver vissuto una vita a dover accettare questo per poi scoprire l’esatto opposto! Non ci riesco! È troppo anche per me!”
Gloria scoppia a piangere, rannicchiandosi per terra, con le ginocchia strette al petto.
Poi, sofferente, alza lo sguardo su di me.
“Dove sei stato?” pronuncia infine tra le lacrime.
“Perché hai rinunciato? Perché non mi hai cercata? Perché mi hai abbandonata, se quello che dici è vero?”
Cado sulle ginocchia, circondandola con le braccia, la fronte posata contro la sua, mentre le lacrime scendono cattive contro le mie guance.
“Mi dispiace… io ti ho cercata per anni… pensavo fossi morta… pensavo ti avessero portata via per sempre…”
Gloria alza lo sguardo, e i suoi occhi verdi brillano alla luce dei lampioni, ancora accesi sul ponte.
In quel momento, con quell’espressione così fiera sul volto, nonostante le lacrime, mi ricorda terribilmente sua madre.
“…c-cosa?” chiede poi, con un filo di voce.
“Un uomo… lui rapiva i bambini, ha rapito anche Andrea…cioè, te… quando lo hanno catturato nella sua casa c’erano i corpi bruciati di dieci bambini… hanno dato per scontato che anche tu fossi tra di loro, il tuo zainetto era nella casa”
Gloria deglutisce, guardandomi ancora, con tutto il corpo scosso dal pianto.
“io…” comincia a dire, prima che le parole le si strozzino in gola “io… lo so che è assurdo ma… ma io mi ricordo le luci”
Rimango un tantino perplesso, Gloria continua a rigirarsi il medaglione tra le mani, accarezzandone i contorni.
“le luci colorate… quelle delle stelle della giostrina… io me le ricordo… è praticamente l’unico ricordo che ho della mia infanzia… prima della casa famiglia, ovvio”
Si morde le labbra, continuando a giocare con il medaglione.
Nel mio cuore, si accende qualcosa, e forse anche le mie luci hanno ricominciato a splendere.
Forse è solo questo che mi serviva: vedere la luce.
Voglio solo vedere la luce.
È questo il mio motivo, è per questo che vale ancora la pena combattere.
Gloria si alza in piedi, ancora nel suo abito da sera, e si asciuga le lacrime con il dorso della mano.
Poi prende un respiro profondo, e mi rivolge quello che pare essere un sorriso, poi mi tende la mano.
La afferro, ritrovando il mio legame con il mondo, e intreccio le dita con le sue.
E sono di nuovo a casa.
 
-G-
 
Hanno dato tutti di matto.
Inutile dire che nessuno ci ha creduto, almeno non subito, e sembrano tutti essere più sorpresi di me dalla notizia.
Ho trascorso gli ultimi tre giorni a Parigi piena di gente che mi fissava come se fossi appena tornata dall’oltretomba.
Che, in un certo senso, è proprio quello che ho fatto.
Anche Christian mi guarda con occhi diversi, e la parte egoista di me pensa che lo faccia perché adesso io ho un passato e lui no.
Ma capirai che gran cosa! Non so praticamente nulla di più di quel che sapevo prima, a parte chi sono i miei veri genitori.
Nessuno vuole dirmi niente, e io non capisco proprio perché.
Cosa vorrebbero fare? Evitarmi uno shock? Beh, troppo tardi, quello mi è già venuto quando ho scoperto che mio padre adottivo  è anche mio padre biologico!
Dio santo.
È incredibile anche pensarlo.
Ma tra tutti, quello che più è rimasto sconvolto dalla notizia, è stato Trè.
Non capisco perché, insomma sarebbe stato comprensibile da Adrienne o Joey o Jakob, sono loro che adesso si ritrovano una parente in più.
Ma perché Trè?
Continua a non parlarmi, e ad evitare il mio sguardo e a fissare il vuoto perso nei suoi pensieri.
Non ha ancora fatto una battuta sconcia, da qui a tre giorni, ed è seriamente preoccupante.
Adesso siamo in aeroporto, ad aspettare che aprano il gate per il nostro volo, e tutti fanno finta di fare qualcosa che non sia fissarmi cercando somiglianze con mio padre o mia madre.
Già, mia madre.
A lei ci penso spesso.
Billie mi ha dato una sua foto per intero, e non faccio altro che guardarla tutto il giorno, cercando di ricordare qualcosa.
Ma è impossibile, avevo a malapena un anno quando è morta.
Però il suo sorriso è uguale al mio, ed è una bella sensazione.
Adesso che la vedo, adesso che so chi è e che mi hanno raccontato la sua storia, ho capito che Whatsername non potrebbe essere altri che lei.
Seduta sulla scomodissima sedia di plastica dell’aeroporto, il mio sguardo vaga da una parte all’altra cercando qualcosa da fare.
Trè è seduto accanto a me, ancora con lo sguardo nel vuoto, quindi decido di tentare.
“A cosa pensi?”
Trè si gira verso di me, ha gli occhi leggermente lucidi. Prende un respiro profondo e chiude gli occhi, poi li riapre, facendomi un lieve sorriso.
“Io… io penso che… che quando ti ho conosciuta ho pensato di rivedere davanti a me Billie Joe a diciotto anni. E penso anche che, conoscendoti meglio, è solo un lato di te. Perché quando tu ti perdi nei tuoi pensieri, quando chiudi gli occhi per ritrovare la calma anche se vorresti urlare dalla paura, quando provi verso gli altri un amore talmente forte da mettere in gioco tutta te stessa, quando sproni tutti a seguire la propria strada a tutti i costi… sei identica a tua madre. Diversa, perché tu hai la tua personalità, ma estremamente simile”
Rimango a bocca aperta.
Insomma, immaginavo che Trè conoscesse W, perché lei era la ragazza di Billie Joe, ma non pensavo la conoscesse bene.
“Io… ero il tuo padrino, al battesimo” annuncia infine, giocherellando con un anello che ha al dito medio.
“…d-davvero?”
“Volevo bene a tua madre, più che ad ogni altra persona al mondo. Era una donna fantastica, un’amica meravigliosa, una splendida confidente, era tremendamente divertente e tutta matta. Ed è stata la mia cotta da quattordicenne.”
Sono sempre più scioccata.
“Credevi che io non la conoscessi, eh?”
“Io… no, in effetti no”
“Beh, Billie non è l’unico che ha sofferto per la sua morte. Anche io ero lì, e porto ancora i segni dentro”
Questa era una variabile che non avevo considerato.
“Lei ti amava tremendamente, Gloria. Ti diede quel nome, oltre ad Andrea, proprio perché voleva per te questa vita. Voleva che tu diventassi una donna forte e indipendente, altrimenti non avrebbe fatto quello che ha fatto”
“Perché, cosa ha fatto?”
Trè mi guarda, alzando un sopracciglio.
“Non te l’ha detto?”
“Detto cosa?”
“Forse io non dovrei…”
“E’ mia madre. Ho il diritto di sapere qualsiasi cosa la riguardi.”
Tré sospira.
“Lei scopri di avere un cancro, mentre ti aspettava, e rifiutò la chemio per permetterti di nascere”
Il mio cuore si blocca, e sento il freddo tornare un’altra volta.
Mia madre è morta per me.
Magari adesso, se io non fossi nata, lei sarebbe ancora viva.
“Sarebbe successo comunque” mi dice la voce di Trè, posandomi la mano sulla spalla.
Sospiro.
Non so se ha ragione, ma averlo accanto mi rincuora, e adesso capisco perché era così distante.
Billie Joe ci raggiunge, porgendomi una bottiglia di Coca Cola.
“Credo che a questo punto dovremo liberare la soffitta”
Sorrido, pensando ai milioni di ricordi sconosciuti ancora lì sopra.
“Penso proprio di si”
“Ho qualcosa da mostrarti”
 
Ada
Scrivere questo capitolo è stata UN’IMPRESA TITANICA. Vi giuro, ci ho messo una vita! Scolasticamente parlando non ho tempo di fare praticamente nulla. Spero vi sia piaciuto, mi raccomando con le recensioni!

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Capitolo 43
*** We might be dead tomorrow. ***


We might be dead Tomorrow.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(Vi prego, ascoltate la canzone che da’ il titolo al capitolo, mentre lo leggete. Senza non è la stessa cosa)
 
-G-
Dormo in soffitta, adesso.
È stata una mia decisione.
Billie ha fatto realizzare una scala che collega la mia vecchia camera a quest’ultima, e adesso io dormo tra i ricordi della vita che non ho mai avuto.
Nel giro di tre giorni abbiamo dato una ripulita, ma nessuno ha avuto il coraggio di buttare nulla.
Gli abiti sono stati riposti nell’armadio, quello da sposa accuratamente conservato, e tutti i lavoretti di vetro sono stati appesi alle pareti, insieme al lampadario.
Tranne la mia giostrina di stelle, quella l’ho appesa sul mio letto.
Mi piace guardarla prima di andare a dormire, e contare le mille sfaccettature di luce che si formano sul soffitto quando il sole la illumina.
Ho recuperato tutto di lei, di mia madre, ogni minimo oggetto che lei aveva portato qui con se.
Ho recuperato la scrivania che comprò quando lei e Billie decisero di venire a vivere insieme, ho recuperato il carillon che suona il lago dei cigni, la sua intera collezione di libri e il bouquet che le cadde sulle gambe, il giorno del matrimonio della mamma di Billie Joe (mia nonna, a quanto pare).
Ho recuperato i suoi vestiti e il suo armadio, il suo vecchio giradischi insieme a tutti i vinili e i cd, il suo walkman, i suoi nastrini per capelli e la chitarra, tutte le foto, le collane, i tappeti e le coperte.
Le cose di quando ero neonata, invece, le abbiamo portate in garage.
E adesso, in qualsiasi modo possibile, sto cercando di scoprire chi era mia madre.
Billie mi ha raccontato la loro storia, in ogni minimo dettaglio, ed è un po’ come se me l’avesse raccontata anche mia madre, dato che ho letto anche i suoi vecchi diari.
Nessuno l’ha ancora detto ai miei nonni, però, a quanto pare vogliono darli la notizia di persona e io non mi oppongo.
Rimango qui, ancora immersa nella lettura del suo diario dei diciassette anni, al momento in cui scoprì di aspettare me, e mi sembra che qualche filo del mio passato si stia ricongiungendo.
Torno alle origini.
Christian è accanto a me, steso sul letto, non ha il permesso di leggere i pensieri che, un tempo, erano stati di mia madre, ma io gli ho raccontato tutta la storia.
Ne è rimasto affascinato anche lui, dice che, da quel che gli ho letto, io e lei avevamo lo stesso modo di esprimerci.
E forse ha un po’ ragione.
Quella sera stessa, quando Christian è andato via, bussano alla mia porta.
Chiudo il diario che sto leggendo e lo ripongo sotto il letto, insieme a tutti gli altri.
Billie Joe entra in camera, e io tiro un sospiro di sollievo.
È dura, parlare con chiunque altro che non sia lui o Trè, perché sembra sempre che mi guardino come se fossi un’aliena (oh, in questo caso, un fantasma).
Billie viene a sedersi accanto a me, si passa una mano tra i capelli e mi sorride, so che fa fatica a chiamarmi ancora Gloria, dopo quello che abbiamo scoperto, e non mi dispiacerebbe dirgli che, per quanto mi riguarda, può chiamarmi Andrea quanto gli pare.
“Buonasera…” comincia lui.
Io mi avvicino, gattonando sul materasso, e mi siedo accanto a lui, poggiandogli la testa sulla spalla.
“Come stai?” mi chiede, come ogni sera da quando siamo tornati da Parigi.
“Bene, mi piace come abbiamo resto questo posto”
“Già, c’è il tuo tocco di stile”
La verità è che non abbiamo soltanto recuperato i vecchi oggetti di mia madre, ho aggiunto anche tutte le mie cose e i miei poster, e dipinto le pareti, quindi la stanza è una fusione di stili.
“Sei venuto a darmi la buonanotte?”
“In un certo senso si, ma non siamo soli”
Alzo un sopracciglio e, in quel momento, bussano ancora alla porta.
“Si può?” chiede la voce di Mike, facendosi largo nella stanza. Dietro di lui c’è Trè, con una scatola in mano.
Mi sporgo dal letto per guardare cosa c’è dentro: sono vecchie videocassette senza etichetta.
“Avete deciso di rievocare vecchi ricordi del passato?” chiedo, spallandomi contro la parete.
“Qualcosa del genere”
Billie tira fuori le videocassette ad una ad una, accarezzandole con le dita, soffiandoci sopra per pulirle dalla polvere, come se queste ultime potessero provare sentimenti, come se contenessero qualcosa di vivo.
Trè le guarda allo stesso modo, e io comincio a sospettare che non si tratti di vecchi video del liceo.
O almeno, non del tutto.
Mike, invece, si è seduto in un angolo della stanza e si sta torturando i laccetti dei pantaloni da ginnastica, tenendo lo sguardo costantemente basso.
“Che cosa sono?” chiedo infine, facendo ritornare i due uomini alla realtà.
Trè sospira, mentre Billie mi prende una mano e la stringe tra le sue, accennando con un gesto del viso alle videocassette.
“Questi video li ha girati tua madre molti, molti anni fa, Gloria”
Rimango sbigottita per un momento, e comincio anche io a fissare le cassette allo stesso modo.
Ne prendo una in mano.
Dietro di essa, sul lato posteriore, c’è una minuscola targhetta con il numero sette scritto sopra.
“Cosa vuol dire questo numero?”
“Ne ha girato uno per ogni tuo compleanno, fino ai diciotto anni, quando ha scoperto della sua malattia…”
Trè di alza e si avvicina alla televisione, prendendo da uno scatolone un vecchio videoregistratore e armeggiando con dei cavi per attaccarlo alla televisione.
Non appena ci riesce, Billie Joe prende la cassetta con il numero uno e la infila nel videoregistratore, spegnando le luci.
Io mi siedo a gambe incrociate sotto la televisione e, qualche secondo dopo, le immagini partono.
E c’è lei: mia madre.
Ha indosso un abito giallo a fiori, il viso è giovane e sembra avere a malapena la mia età, la testa è coperta da un foulard bianco con dei girasoli.
Ha gli occhi vispi e luminosi, le labbra carnose e due bellissimi occhi neri.
Le sue labbra si inarcano, formando un dolce sorriso.
“Andrea…” comincia lei, e il suono della sua voce mi fa sussultare.
L’avevo immaginato un sacco di volte, in quei giorni, ma nessuna ipotesi era lontanamente vicina alla realtà.
La sua voce ha un suono allegro, cristallino e melodioso, sembra il suono di una campana, sembra la voce che si usa quando si da’ la buonanotte.
“…bambina mia…” continua lei, e il suo tono è sempre più dolce.
“Lascia che io ti racconti una storia: C’era una volta, in un regno molto lontano, una donna che, per colpa di una maledizione e di tante sofferenze in amore, vide tramutarsi il suo cuore in ghiaccio. Lei divenne la regina delle nevi, e viveva nel paese d’inverno, nel suo palazzo di ghiaccio. Il suo cuore di ghiaccio le impediva di provare alcun sentimento, soprattutto l’amore. Molti anni dopo, dall’altra parte del mondo, in una piccola cittadina, c’erano due palazzi che condividevano una grande veranda. Su di essa, ogni giorno, si incontravano due bambini: Kay e Gerta. Curavano le loro rose insieme, si volevano bene, e un giorno, quasi per gioco, sfidarono la regina delle nevi. Lei, dettata dal suo cuore di ghiaccio, rapì Kay, portandolo nel suo palazzo di ghiaccio e colpendogli il cuore con una scheggia di ghiaccio….”
Si ferma un secondo per tossire, la voce di Billie Joe le chiede se tutto va bene e lei sorride, chiudendo gli occhi per un secondo.
“… Gerta non si diede pace fino a quando non lo trovò. Attraversò il giardino fiorito di una strega, il regno di un re e una regina, la strade dei briganti, le gelide distese di neve… ed arrivò al palazzo della regina. Lì ritrovò Kay, ma lui, per colpa della scheggia nel cuore, non riusciva più a provare sentimenti. Gerta, disperata, si gettò tra le sue braccia piangendo, e il suo amore sciolse il cuore di ghiaccio. I due bambini tornarono a casa”
Sento un sospiro di Billie Joe, ma W non si ferma.
“Ho sempre amato questa storia, ma c’è una cosa che nessuno si è mai chiesto, una domanda che a me ronza continuamente in mente. Si sono sempre soffermati su quel che accadde dopo a Gerta, su quel che accadde a Kay… ma mai sulla regina. A me piace pensare che l’amore della bambina abbia sciolto anche il suo, di cuore.
Quel che voglio dirti, bambina mia, è di non lasciare MAI che una delusione di qualsiasi tipo possa rendere il tuo cuore di ghiaccio. Perché l’amore c’è, esiste ed è meraviglioso! E saprà sciogliere qualsiasi tipo di dolore, perché a volte vale la pena sciogliersi per qualcuno…”
W sorride alla telecamera, in grembo ha il libro che ho visto qualche settimana fa nella camera di Jakob.
Una delle sue mani, estremamente magra e pallida, si tende ad afferrare le dita di Billie Joe, e così il video si interrompe.
Billie si alza e infila un’altra cassetta nel video registratore, altre parole, altre immagini, altri sentimenti e consigli, tutti i consigli che una madre dovrebbe dare a una figlia nel corso della sua vita.
Nel giro di due ore, che passano come se fossero secondi, arrivo all’ultimo video.
Mi rigiro la cassetta tra le mani, indecisa se guardarla o no, perché mi sembra di aver già pianto tutte le lacrime che avevo, perché mi sembra che, una volta vista, non avrò più nessun appiglio con lei.
Eppure la infilo nel videoregistratore, e aspetto che il video parta.
Quel che mi ritrovo davanti non è quel che mi aspettavo, però.
Il video che comincia sembra molto più vecchio dei precedenti: ci sono video di una bambina appena nata, poi lei che fa i primi passi, poi c’è un video della stessa bambina, mia madre, insieme ad un ragazzino che riconosco come Billie Joe. C’è lei insieme a suo fratello, a Billie, poi crescendo insieme a Mike e altri due ragazzi che non conosco, e cresce e diventa più bella. È una recensione di tutti i momenti più importanti della sua vita: c’è anche un video di mia madre e Billie che ballano insieme al ballo di fine anno, lei ha il vestito bianco che ho visto qui in soffitta e sorride come se il domani fosse solo una cosa lontana e inimmaginabile. Il video successivo è una sequenza di immagini della sua pancia che si ingrossa, ma lei comincia a diventare più pallida e magra e debole. Ci sono delle immagini di Princeton, altre del loro tour. E poi eccomi: una neonata rosea e cicciottella con qualche capello rosso in testa e due enormi occhi verdi, come quelli di mio padre. E lei mi tiene in braccio, accarezzandomi e non distogliendo lo sguardo nemmeno per un secondo…
“Hai diciotto anni, adesso, e sei cresciuta. Spero che tu possa rimanere per sempre giovane, bambina mia, spero che tu possa essere coraggiosa e che tutti i tuoi desideri possano realizzarsi. Ti auguro di avere una vita anticonformista, ti auguro di trovare ostacoli e di superarli, ti auguro vedere la vita in ogni cosa, perché la vita c’è sempre! E vale la pena viverla…  Vale la pena di vivere per le videocassette della Disney, vale la pena vivere per la prima volta in cui ti tengono la mano, per i libri, per le unghie mangiate, il rossetto rosso e le camice a quadri. Vale la pena di vivere per i viaggi, e per tutte le volte in cui, guardando fuori dal finestrino, ti viene da sorridere e da piangere, per la musica, per le canzoni ascoltato con la persona che ami, e per il momento in cui speravi che quest’ultima capisse che ogni singola parola del testo era rivolta a lei. Vale la pena vivere per le calze smagliate e per gli anfibi, per la neve a Natale, per la cioccolata calda, la pasta e il caminetto. Vale la pena vivere per gli sguardi rubati nel corridoio della scuola, per i diari segreti e le parole sussurrate all’orecchio, per la prima sigaretta e per i ricordi incancellabili. Vale la pena vivere per il mare d’estate e d’inverno, per l’Italia,  per quella volta in cui, guardando dal baratro di un burrone, ti sei sentita libera, per la nutella e le patatine fritte. Vale la pena vivere per la matita nera e per la propria mamma e nonna, per le polaroid e per gli occhiali da sole vintage. Vale la pena vivere, per il cinema, il teatro, le frasi si Shakespeare e le favole di Andersen, per i piercing e i tatuaggi, per gli innamoramenti lampo in treno, in pullman, in biblioteca o dal dottore, per le fiamme e per l’odore dei libri nuovi, per il sorriso dopo il pianto, per quell’amica che ti sarà sempre accanto, per le feste del liceo, per i fuochi d’artificio, per l’estate e gli amori che porta con sé. Vale la pena di vivere, per la prima volta in cui hai fatto l’amore, poi la seconda e la terza e la quarta, per le calze rotte e sgualcite, per la sensazione di avere un bambino che cresce dentro di te… vale la pena di vivere per i cuori rotti e curati dall’alcol o da un abbraccio, per le rivolte, per i baci sotto le stelle e sotto le coperte, per i viaggi attorno al mondo, per i concerti che fanno venire i brividi, per le luci di Natale, per quel ragazzo che saprà riconoscere le tue ferite e baciare le tue cicatrici, vale la pena di vivere per essere quella giusta, per quella volta in cui sarai presa per mano. Vale la pena di vivere per i si e per i no, per quella volta in cui non desideravi altro che morire e ora, poi, ci pensi a quanta vita avresti perso? Vale la pena di vivere, sempre.
Ti voglio bene, Andre”
Il video si interrompe e lo schermo della televisione diventa nero.
Mi mordo le labbra, le lacrime sgorgano inesorabili e neanche ci provo a fermarle, anche perché nella stanza stiamo tutti nello stesso modo.
Eppure capisco che mia madre ha ragione, e io ho voglia di vivere.
 
Ada
Spero che almeno questo capitolo vi convinca a recensire : ‘ (

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Capitolo 44
*** Never going back. ***


Never going back.
 
 
 
Ndr. Il mio computer ha cancellato questo capitolo QUATTRO volte, ecco spiegato il ritardo di pubblicazione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
 
Quando torno alla casa famiglia, per la seconda volta nella mia intera vita, mi sembra che almeno lì il tempo si sia bloccato.
E’ una bella giornata, il sole è alto ed il cielo azzurro, Gloria è a fare surf con Jake e Joey, per allontanare almeno un po’ i pensieri dalla mente.
Apro il cancelletto e percorro a piccoli passi il viale d’accesso, preparandomi un piccolo discorso su quel che sto per dire e su come avrei dovuto dirlo.
Appena suono il campanello ad aprirmi è proprio la donna che cercavo: Miss Foster.
Il sorriso, fino a pochi secondi prima sul suo volto, scompare all’istante.
“Signor Armstrong, cosa ci fa lei qui?”
Prendo un respiro profondo.
“Ho assoluta necessità di parlarle, miss Foster, in privato…”
La donna annuisce, conducendomi lungo le scale nella stessa stanza dell’ultima volta, per poi chiudersi la porta alle spalle.
Non appena entriamo nella stanza, capisco subito che l’atmosfera è più tesa rispetto all’ultima volta che sono stato qui, Miss Foster continua a guardare il cortile fuori dalla finestra, senza proferire parola, e non mi ha neanche invitato a sedermi.
“So bene perché lei si trova qui, Signor Armstrong, l’ho già visto più di una volta”
Rimango leggermente perplesso, ma rimango in ascolto.
“Forse lei non lo sa, ma prima di arrivare a casa sua, Gloria è stata affidata a sette famiglie diverse. E tutto quante, ad una ad una, senza eccezioni, sono poi tornate qui dopo poco tempo, chiedendo di potermi ‘parlare in privato per una questione della massima urgenza’, inutile dirle che nemmeno due settimane dopo la ragazza era di ritorno qui da noi”.
Sconvolto, non riesco neanche a dire una parola.
Pensa che io voglia cacciare di casa Gloria?
“….ma lasci che le dica che lei sta facendo la cosa sbagliata, sotto tutti i fronti. Sono la prima a sapere che Gloria, alle volte, può essere una ragazza problematica, ma è sveglia, ed estremamente…umana. È una delle persone più legate alla famiglia e agli affetti che io conosca, e non ne conosco di più intelligenti! E chiunque pensi che…”
“Signora Foster, io non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro sull’adozione di Gloria!”
La donna alza un sopracciglio, per poi aprirsi in un dolce sorriso.
Rilassate le spalle, si siede nella sua poltrona di pelle marrone, invitando me a fare lo stesso sulla sedia posta di fronte a lei.
“Scusi la poca discrezione, Billie Joe, ma se lei non è qui per tirarsi indietro sull’adozione, che cosa vuole?”
Faccio un respiro profondo, cercando di mettere ordine tra i pensieri che mi vorticano in mente.
“Signora Foster, lei sa bene che io ho altri due figli, oltre Gloria”
“Certo, Jakob e Joseph, era scritto nella sua scheda”
“Beh, quello che però lei non sa è che io avevo un’altra bambina, prima di loro”
La signora Foster rimane immobile per un secondo, totalmente in silenzio, e io continuo.
“Io e la mia ragazza eravamo molto giovani, quando nacque Andrea, e sua madre morì per una malattia quando lei non aveva neanche un anno”
La donna sobbalza leggermente, mordendosi il labbro inferiore.
“Andrea, invece, fu rapita da un uomo che rapiva i bambini, li uccideva e li bruciava per liberarsi dei corpi”
Questa volta si porta la mano alla bocca, soffocando un urlo di spavento.
“Buon Dio…”
“O almeno questo è quello che credevo, fino a poche settimane fa…” prendo un altro respiro “… lei ricorda il medaglione che Gloria porta sempre con sé, vero Miss Foster?”
“Oh certo, lo aveva al collo quando la trovammo… non l’ha mai abbandonato da quel giorno, sembrava esserci già molto affezionata”
Prendo dalla tasca il medaglione, porgendolo alla donna che se lo rigira tra le mani, aprendolo e guardando l’unica foto ancora sana.
Poi prendo il mio portafoglio dalla tasca, estraendone la foto che, già una volta, ha rivelato l’impossibile.
Senza aggiungere nulla, la porgo alla donna di fronte a me, che la studia attentamente con un’espressione incredula sul volto.
“….questa… è?”
“è il giorno in cui nacque mia figlia Andrea, e quelli siamo io e sua madre… è il giorno in cui nacque Gloria, Miss Foster”
La donna barcolla leggermente, e per un momento ho quasi la sensazione che stia per cadere dalla sedia.
“Le sto dicendo che Gloria è mia figlia, Miss Foster, Gloria è Andrea”
“Buon Dio… ma… ma… com’è possibile?”
“E’ quello che voglio sapere da lei… ricorda il giorno in cui avete trovato Gloria?”
La donna annuisce, cercando di ricomporsi. Si alza, prende la chiave che porta appesa al collo e apre l’armadio di legno, estraendone uno scatolone consunto.
“Ricordo quel giorno come se fosse accaduto meno di un secondo fa, Billie Joe…”
Miss Foster apre la scatola, estraendone lo zaino a forma di coccinella che Andrea portava il giorno in cui fu rapita, estraendo i suoi vecchi vestiti, le sue minuscole scarpette rosse… e le foto che la ritraggono appena trovato, stavolta molto più riconoscibile… tocco le scarpette, e all’improvviso mi sembra tutto più reale.
“… ero fuori a stendere il bucato e un uomo enorme e orribile è passato di fronte alla nostra casa con una bambina in braccio, lei scalciava e piangeva e si dimenava… lui aveva gli occhi quasi spiritati… si è fermato a riprendere fiato e mi ha vista. Il cane della vicina ha abbaiato, e credo che lui in quel momento abbia pensato fosse la polizia, perché ha lasciato per terra la bambina ed è fuggito via. Il resto lo sa…”
Annuisco, prendendo il medaglione e rificcandomelo in tasca.
Se voglio risposte, risposte precise, c’è solo una persona alla quale devo rivolgermi.
L’assassino.
 
 
 
-
 
 
Non sono mai stato in un carcere.
Il massimo a cui sono arrivato è stata la stazione di polizia di Oakland, e quella volta ero io ad essere dietro le sbarre.
Quando mi presento lì le guardie mi guardando in modo strano, almeno fino al momento in cui non mi riconoscono e cominciano a chiedermi foto e autografi per figlie e familiari.
Acconsento di malavoglia, non voglio farmi già dei nemici qui.
Mi avvicino a quello che penso essere il sorvegliante, chiedendo se era ancora possibile fare delle visite.
Mi risponde di si, ma solo per altri venti minuti.
Basteranno.
Spero bastino.
Firmo un milione di pratiche e vengo perquisito tre volte, prima di passare sotto il metal detector ed entrare in una grande stanza rettangolare.
Le due metà sono identiche, occupate da una fila orizzontale di sedie, separate da una parete di vetro dove sono attaccati dei telefono, simili a quelli a gettoni.
Non conoscevo neanche il nome dell’uomo con il quale stavo per parlare.
Le guardie ricordavano il caso, hanno capito subito chi cercassi, e mi hanno guardato tutti con pietà.
Rimango seduto al mio posto per cinque minuti buoni, prima che il prigioniero mi si piazzi davanti.
Lo guardo, e cerco di capire cosa sto provando, cerco di capire se sono ancora arrabbiato.
Ma non succede nulla.
Non provo niente, per questo mostro seduto di fronte a me, forse solo schifo.
È un uomo massiccio, ma non è vecchio, avrà al massimo un paio di anni in più di me, barba lunga e capelli neri unticci.
Due occhi color del petrolio.
Sta sorridendo, e mi verrebbe voglia di rompergli quei denti gialli ad uno ad uno.
Prende la cornetta con le mani ammanettate, e se la porta all’orecchio, io faccio altrettanto.
“Che sorpresa vederti qui, sono passati quasi vent’anni”
“Troppo pochi, per quanto mi riguarda” rispondo a denti stretti.
“Non mi sembra tu te la stia passando male, Billie Joe”
“Non chiamarmi in quel modo, bastardo”
“ooooh quanta maleducazione, è questo il modo di salutare un vecchio amico?”
Lo guardo con tutta la cattiveria che ho in corpo, ma rimango calmo, ho bisogno di risposte.
“Perché?” chiedo infine, secco.
“Mi sorprende che tu non me l’abbia chiesto prima, Armstrong”
Rimango in silenzio, aspettando che lui risponda alla mia domanda.
Lui stringe i denti, e la sua voce si fa più cattiva.
“Tu e la tua puttanella avete fatto perdere tutto a me, così ho deciso di levare a voi ciò che avevate di più caro. Avrei ammazzato anche lei se non ci avesse già pensato da sola”
La rabbia mi monta dentro, ma la ricaccio indietro, lasciando spazio alla confusione.
“…cosa…?”
“Andiamo, Turner, il tempo è finito” dice la guardia, prendendo il carcerato per la divisa arancione.
Lui mi sorride ancora, e nei suoi occhi riconosco con chi sto parlando.
“Ci si vede, Two Dollar Bill”
 
Ada
Chiedo umilmente perdono in ginocchio per la LUNGHISSIMA attesa, ma il mio computer ogni tanto decide di odiarmi.
Comunque, capitolo con colpo di scena! (colonna sonora tragica)
Aspetto commenti numerosi!

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Capitolo 45
*** Man in the mirror. ***


Man in the mirror
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Mike-
 
“Non posso crederci…”
“Già, questa va ad aggiungersi alle varie cose incredibili successe questo mese”
“Ma… c’è una cosa che non ho ancora capito…” dice Trè alzandosi in piedi, per poi sedersi accanto a Gloria, che è rimasta zitta e immobile per tutto il tempo.
“… insomma, se l’obbiettivo era Andrea, per quale motivo è l’unica ad essere ancora viva?”
“Potreste smetterla di parlare di me in terza persona, come se non fossi qui con voi?! È piuttosto snervante!” sbotta Gloria, per poi tornare con la faccia sepolta tra le braccia.
“Scusa, tesoro…” la tranquillizza Billie “… solo che abbiamo parlato per così tanto tempo di Andr…di te al passato che è davvero strano cominciare a farlo al presente, e con un nome diverso per giunta”
Gloria alza le spalle e comincia a torturarsi le unghie.
“Non avete ancora risposto alla mia domanda”
Billie si alza per prendere in mano una chitarra , poi torna seduto e comincia a strimpellare qualcosa.
“Io… credo che lui non se ne sia accorto….”
“Cosa?”
“Nel senso che… quando sono  andato a parlare con lui… credeva di averla uccisa… quindi credo che quel giorno abbia rapito più di una bambina, e che quindi abbia creduto che quella abbandonata non fosse Gloria ma qualcun’altra…”
La risposta sembra soddisfare Trè, e in questo momento mi sento vicino a Gloria più di chiunque altro.
Anche io non ho saputo chi fossero i miei veri genitori per anni, ed è una sensazione che non scompare mai.
Little girl… Little girl why are you crying? Inside your restless soul your heart is dying…”
“Mi piace” dice Gloria, sorridendo verso Billie che sta suonando ancora.
“Questo disco non uscirà mai, se continuiamo ad aggiungere brani”
“Se una cosa si fa, la si fa per bene!”
“Avete visto Christian?”
“No… sono tre giorni che non lo vedo”
Gloria comincia a guardare fuori dalla finestra, e capisco di aver toccato un tasto dolente. Christian sparisce molto più spesso, ultimamente, e non capisco proprio dove possa essere andato.
 
-C-
 
Non credevo l’avrei mai più rivista.
Non credevo nemmeno che sarei riuscito a riconoscerla, dopo tutto questo tempo.
Ma, dopotutto, questa è casa mia.
E non c’è nessun posto come casa, quando non sai dove andare.
Sono passati quasi quindici anni, eppure mi sembra che questo posto non sia cambiato di una virgola.
Il vialetto è ancora di ciottoli, le siepi ancora quadrate e il prato verde e disseminato di fiori… la cassetta delle lettere è cambiata, adesso è blu invece che rossa, e la casa è stata ridipinta di bianco, mentre il tetto è ancora nero…
Muovo quale passo, sentendo le scarpe scricchiolare sul vialetto, mentre la luce del crepuscolo lascia definitivamente spazio al blu della sera, dandomi almeno il vantaggio di non essere visto.
La finestra del salotto è illuminata, e si sente della musica, e il rumore di alcune risate.
Mi avvicino ancora, respirando profondamente, poi mi blocco.
Che cazzo ci faccio qui?
Non vedo quest’uomo, l’uomo che mi ha abbandonato quando non ero niente più che un ragazzino, da quindici anni.
Cosa cerco, adesso?
Cosa spero?
La verità è che ho il sogno recondito di essere riconosciuto, di essere accettato almeno da lui, la mia famiglia.
Oppure la verità è che sono semplicemente geloso del fatto che Gloria abbia ritrovato il suo passato.
Almeno, prima, eravamo bimbi sperduti insieme.
Adesso, invece, Wendy è tornata a casa, e Peter Pan è rimasto solo.
Sospiro ancora.
Avevo cercato anche notizie su mia madre.
Ma, a quanto pare, lei è morta sette anni fa.
E io non lo sapevo, non sono neanche andato al suo funerale, non so più nulla.
Continuo a camminare fino a quando non arrivo alla finestra, e posso gettare lo sguardo su quel che accade all’interno.
La stanza è diversa da come la ricordavo, per terra c’è un tappeto persiano e il divano è nuovo, color crema, c’è un camino spento e una grande tv, ma non è questo quel che mi fa bloccare.
È lui.
Mio padre.
Che balla insieme ad una donna una canzone che proviene dal giradischi nell’angolo.
Lei ride, lanciando la testa all’indietro, per poi porgersi verso di lui e baciarlo con passione.
Dall’altra stanza, la cucina, arrivano una ragazza sui sedici anni e un Golden Retriver con una palla in bocca.
Poi arriva anche un altro ragazzino, intorno agli otto anni.
Mio padre lascia la donna e fa un inchino alla ragazza, invitandola a ballare, lei ride e accetta, volteggiando insieme a lui per il salotto.
Non posso fare a meno di notare che mi somiglia, che entrambi somigliamo a lui.
Chiudo gli occhi.
Lui ha un’altra vita, un’altra famiglia, di cui io non faccio più parte da tempo.
Indietreggio, sedendomi sui gradini dell’ingresso, per poi abbandonare il viso tra le mani.
Che cosa speravo di ottenere?
Io non sono nessuno.
Non ce l’ho una famiglia.
Sono solo, così come sono sempre stato.
In preda alla rabbia, lancio un sasso contro la cassetta delle lettere, colpendola in pieno.
Poi, all’improvviso, la porta dietro di me si apre.
 
Alzo lo sguardo, incrociando due occhi identici ai miei.
Rimango con la bocca semiaperta come un idiota, mentre la ragazza alza un sopracciglio ed esce nell’ingresso.
“Desidera?” ha una voce dolce e melodiosa, lunghi capelli castani e labbra piccole ma carnose, è abbastanza alta e molto magra, ma con un seno abbondante, e delle belle mani.
Non so perché, ma è una delle prime cose che ho notato.
Mi alzo di scatto, finendole praticamente addosso.
“Hem… io… io… volevo solo…”
La ragazza mi blocca, alzando una mano, poi si avvicina lentamente, posandomi le dita sul viso.
I suoi occhi si spalancano non appena incontrano i miei.
“Tu… tu sei Christian?”
“Tu… come fai a sapere il mio nome?”
La ragazza si guarda intorno, chiudendosi la porta alle spalle e posando il sacchetto della spazzatura che ha nell’altra mano.
“Ti ho cercato”
“…davvero?”
“Certo, sei mio fratello! Ho trovato delle foto in soffitta… non posso crederci che mio padre abbia… santo cielo, ti ho visto in tv qualche settimana fa e beh… non so forse è un sesto senso ma… ti ho riconosciuto… sei praticamente identico a quando eri bambino!”
Mi viene spontaneamente da sorridere, e lei risponde allo stesso modo.
“Molto piacere, io sono Casey”
Ha un bel sorriso, largo e luminoso.
“Casey, tesoro, chi è alla porta?”
Il viso di Casey si rabbuia.
“Oh mamma, devi andare via! Non devono vederti qui per nessuna ragione al mondo!”
la porta si apre, e mio padre si presenta a noi.
Molto più vecchio, di quanto lo ricordavo, ma ancora con la stessa profonda ruga al centro della fronte.
“Con chi stai parland… tu.”
Tu.
Non mi vede da più di quindici anni, e mi chiama in questo modo.
Tu.
Ma, dopotutto, lui è ancora convinto che io sia figlio di un tradimento, nonostante sia evidente come la luce del sole che sono figlio suo.
La verità è che quest’uomo mi ha rifiutato perché doveva trovare una ragione valida per abbandonare mia madre.
“Che ci fai tu qui?”
“Io…”
“Viene a scuola con me” corre in aiuto Cacey “… insegna arte.”
Ecco, questo deve averlo letto da qualche parte.
Lui non le crede, la scansa con un braccio e si avvicina a me, siamo alti uguali.
Lo guardo negli occhi, anche questi uguali ai miei, e spero di leggerci un po’ della compassione che cercavo, un po’ dell’amore che Billie dimostra sempre a Gloria.
E invece niente, sono freddi, arrabbiati, sono gli stessi occhi che mi hanno abbandonato da bambino.
“Perché sei venuto qui?” mi chiede di nuovo, e io sento un macinio gettarsi sul mio cuore.
“Non lo so più, adesso”
“Vattene” Dice secco, ed è peggio di una pugnalata.
“Papà, forse dovre….”
“Vattene” Ripete di nuovo, ma io non riesco a muovermi, sento le lacrime pungermi gli occhi e vorrei solo gettarmi in ginocchio e pregarlo di riprendermi con se e ridarmi delle radici e delle certezze, almeno per una volta.
“Papà, ti prego…”
“Torna subito in casa, Cacey. E tu, non so cosa tu sia venuto a fare qui, ma stai lontano da mia figlia. Se vuoi dei soldi, puoi anche scordarteli.”
“Papà, lui è tuo…”
“Lui non è niente, per me. Non è mio figlio, non lo è mai stato. E adesso sparisci”
Mi mordo il labbro fino a quando non sento il sapore del sangue tra le labbra, poi annuisco, giro i tacchi, e vado via.
 
 
-
 
 
Sono quasi quattro ore che Gloria continua a chiamarmi, e altrettante che io non le rispondo.
Il cellulare è lì, abbandonato sul comò, mentre io sono sul pavimento, sommerso da bottiglie dei più svariati alcolici, nell’oscurità più totale, lì dove ho sempre vissuto.
Sento il corpo sempre più pesante, pieno di merda, inutile e inconsistente.
Sono solo un’ombra.
Niente.
Nessuno mi vuole.
A nessuno importa di me.
Prendo un altro sorso di qualsiasi cosa io abbia in mano, e l’alcol brucia contro la gola, facendomi sentire vivo per almeno un’altra manciata di secondi.
Barcollando, mi alzo per raggiungere il bagno, e apro l’acqua calda fino a quando la vasca non si riempie, per poi fiondar mici dentro ancora vestito.
L’acqua continua a scorrere, allagando anche il pavimento, ma io la lascio scorrere… lascio che almeno quella mi accarezzi il viso.
La bottiglia mi sfugge dalle mani, frantumandosi in grossi cocci.
Che senso ho, io, qui?
Qual è il mio scopo?
Lei, penso quasi subito.
Era lei, il mio scopo.
Ma adesso lei sta bene, ha quel che ha sempre meritato, ha una famiglia, è felice.
E io chi sono per intromettermi?
Chi sono per piombare all’improvviso nella vita di una persona e pretendere di farne parte?
Lui aveva ragione, io non sono suo figlio, io una famiglia non ce l’ho.
Abbasso lo sguardo fino a quando non incontro uno dei cocci più grandi e non lo prendo in mano.
È triangolare, leggermente ricurvo, eppure mi sembra perfetto.
Chiudo gli occhi, e avvicino la mano tremante ai polsi, senza chiedermi cosa sto facendo.
Sarà tutto così semplice, in questo modo.
Sarà tutto più veloce.
Basta soffrire un momento, per poi smettere del tutto di provare dolore.
Il vetro mi perfora la pelle, e per solo un secondo mi sento trafitto, ma poi il sangue che sgorga mi rende più leggero, più libero.
E mi sembra di volare, volare vero l’isola che non c’è, insieme a tutto gli altri bimbi sperduti.

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Capitolo 46
*** Keep Holding On. ***


Keep Holding on.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
Non risponde alle mie chiamate, non risponde MAI alle mie chiamate!
Ma cazzo, per cosa lo usa quel cellulare? Come segnalibro?
Credo che Billie sia un tantino alterato, considerando che l’ho costretto ad accompagnarmi qui a tarda sera, e ad aspettarmi nel parcheggiò fino a quando non avrò capito perché quella testa di cazzo non mi risponde.
Ma amen, è uno degli spiacevoli compiti da padre che ha scampato per diciannove anni, e adesso gli tocca.
Fortunatamente ho un doppione della chiave, così apro il portone e salgo le scale, cercando di non svegliare la padrona di casa.
Non appena arrivo al piano di Christian, rimango leggermente confusa: la moquette del corridoio è completamente bagnata, dalla casa proviene una leggera musica, come se uno stereo fosse stato lasciato acceso, e si sente il rumore dell’acqua che continua a scorrere.
Noto che la porta è socchiusa, la scosto leggermente e l’acqua mi bagna i piedi.
Ma che diamine…?
La stanza è uno sfacelo, c’è roba buttata ovunque e i colori di Christian macchiano il tappeto, la porta sembra essere stata scassinata.
Forse ci sono i ladri, forse Christian è fuggito.
Provo a convincermi di una di queste due ipotesi, ma nel mio cuore so benissimo che nessuna di queste giustifica nulla.
Mi dirigo verso il bagno, dal quale arrivano rumori di singhiozzi sommessi.
Apro la porta.
La padrona di casa di Christian è piegata sul pavimento, in ginocchio, ancora con la vestaglia addosso.
Tra le sue braccia, con la testa rivolta verso l’alto e gli occhi chiusi, c’è Christian, totalmente primo di sensi.
Sul pavimento, l’acqua è una pozza di sangue.
 
 
-B-
 
Un urlo squarcia la notte.
Santo cielo, cos’altro può essere successo?
Chiudo velocemente l’auto e mi precipito verso casa di Christian, la finestra del suo appartamento è accesa e non c’è traccia di Gloria nelle vicinanze.
Salgo velocemente le scale, la porta dell’appartamento è aperta e il pavimento pieno d’acqua, sento altre urla e altri singhiozzi.
E non ci vuole molto per capirne il motivo.
 
-
 
La corsa è lunga e sfiancante, tra i corridoi immacolati dell’ospedale, nella tranquillità della notte.
Inseguiamo quella barella bianca, macchiata della vita di quel ragazzo che nessuno ha mai davvero considerato.
Eppure io ero a conoscenza dei suoi demoni.
E non ho fatto nulla, non ho fatto assolutamente nulla per aiutarlo.
Quando Christian sparisce dietro la porta della sala operatoria, tra di noi cala il silenzio.
Gloria è sotto shock, continua a fissare davanti a se senza dire una parola, le mani ancora bloccate nella stesa posizione con cui, poco prima, reggeva il viso di Christian.
I medici hanno portato Lisa, la padrona di casa, a stendersi su di un lettino e a prendere un calmante, ma per Gloria non c’è stato verso.
Lei rimane ferma, immobile, ad aspettare che le diano un responso.
Mi siedo accanto a lei, circondandole le spalle con un braccio, cercando di consolarla.
In cuor mio ho paura che possa essere troppo tardi.
Rimaniamo seduti lì per tutta la notte.
-
 
Quando ormai il sole è sorto da almeno un’ora, e Gloria si è addormentata con la testa posata sulle mie ginocchia, il medico che ha soccorso Christian appena siamo arrivati esce dalla stessa stanza.
Si sta asciugando le mani con un fazzoletto, si aggiusta gli occhiali sul naso e poi si avvicina.
“Non è ancora del tutto fuori pericolo, ma penso che se la caverà”
Un sospiro di sollievo.
“Signor Armstrong, lei sa che non è stato un incidente, vero?”
“Lo avevo intuito”
“Sa cosa può averlo portato a fare una cosa del genere?”
“Non ne ho davvero idea… lui… aveva un sacco di fantasmi dentro, da molto tempo… credo che… sia semplicemente esploso”
il medico annuisce, tirando fuori dal taschino un biglietto da visita bianco.
“Questo è il numero di uno psicologo di mia conoscenza, ritengo che il ragazzo dovrebbe frequentare qualche seduta. Non si preoccupi, è un uomo molto discreto”
Annuisco, stringendogli la mano per ringraziarlo, poi accarezzo piano i capelli di Gloria, sussurrandole in un orecchio:
“Gloria? Tesoro, Christian sta bene… se la caverà”
Lei si sveglia di colpo, mettendosi subito in piedi.
“Po…posso vederlo?”
 
-C-
 
Apro gli occhi.
Non credevo sarebbe più successo, non credevo avrei avuto ancora la forza per farlo.
A quanto pare non sono neanche capace di ammazzarmi.
Apro gli occhi e lascio che questi vaghino per la stanza, fino a quando non incontro due smeraldi bagnati dal sole.
Gloria è in piedi, accanto al mio letto, la finestra dietro di lei le illumina il corpo, facendola sembrare solo un’apparizione.
E forse è così, forse sono morto e questo è una specie di paradiso.
La guardo negli occhi, talmente belli, talmente profondi, e poi leggo il dolore sul suo viso.
Lo vedo segnato dalle lacrime, vedo le occhiaie e i segni della notte insonne, i capelli arruffati e le labbra rotte dai morsi continui.
Lei deglutisce, avvicinandosi leggermente.
E comincio a chiedermi quanto crudele devo essere per averla ridotta in questo modo.
“…perché?” chiede con un filo di voce, prima di chinarsi sul mio letto, posando la testa sulle mie gambe.
Provo a muovere la mano per accarezzarle i capelli, ma le cicatrici sui polsi mi mettono paura, e non mi azzardo neanche a toccarla con queste mani.
Rimaniamo così per molto tempo, le lacrime di Gloria smettono di scorrere, tra di noi c’è solo il silenzio.
Ma quel contatto, quella sensazione che credevo di aver dimenticato, comincia a riaccendersi.
“FATEMI ENTRARE!” urla all’improvviso una voce dal corridoio.
La porta della camera si spalanca, e Casey irrompe nella stanza correndo verso di me.
“Christian! O santo cielo, come stai? Ti ho cercato per tutta la città! Mi è quasi preso un infarto quando mi hanno detto che eri qui!”
Gloria guarda me, poi lei, poi di nuovo me, sempre più confusa.
“Chi è lei, Christian?”
“Sono sua sorella”
Ancora espressione confusa.
“E’ una lunga storia…” provo a dire, cercando di parlare normalmente.
Ma con Gloria non c’è mai stato bisogno di spiegare, lei capisce subito tutto, i suoi occhi diventano più grandi e mi guarda.
“Sei andato a cercare tuo padre” dice.
E non è una domanda, è un’affermazione.
Penso a quello che lui mi ha detto, e abbasso lo sguardo.
“… io non ce l’ho un padre”
Gloria mi molla un ceffone.
Sia io che Casey la guardiamo con la bocca aperta.
“Beh, forse è vero, un padre non ce l’hai! Ma sai che c’è? Questo non vuol dire che tu non abbia una famiglia! Hai una sorella!” urla indicando Casey “ e hai una ragazza” indica se stessa “ e lì fuori ci sono una trentina di ragazzi che ti considerano un fratello maggiore, oltre a tre uomini che ti vedono come un figlio  e una signora che per poco non si faceva venire un infarto, per soccorrerti!”
Deglutisco.
“Tu non sarai mai solo, Christian. La luce è lì fuori, devi solo avere il coraggio di vederla”
 
Ada
Perdono per il ritardo, aspetto recensioni :) 

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Capitolo 47
*** One love, One life. ***


One love, One life.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Batto in continuazione le dita sul comodino, una dopo l’altra, in una sequenza ordinata e continua, mentre mi mangio le unghie dell’altra mano, guardando nel vuoto.
Sono successe davvero TROPPE cose per una vita sola, ultimamente, ultimo il tentativo di suicidio di Christian, adesso seguito in ogni momento da Gloria o Adrienne.
Domani saranno passati esattamente sei mesi da quando Gloria è entrata nella mia vita, da quando l’ha stravolta completamente, da quando lei mi ha salvato, esattamente come mi aveva salvato sua madre prima di lei.
E in un amore sbagliato, goffo e senza radici abbiamo saputo ritrovare in noi il padre che lei non aveva mai conosciuto e la figlia che io avevo perso.
Eppure mi sembra sempre che manchi qualcosa, mi sembra di dover ancora fare un passo in avanti, prima di considerarmi salvo del tutto.
Continuo a tamburellare.
“Ne hai ancora per molto?” sbotta Adrienne, posando il libro che tenta di leggere da ormai un’ora, continuando a fissare la stessa pagina per colpa mia.
“Scusa, sono pensieroso stasera”
“Per l’album”
“No, non per l’album… cioè, anche per l’album”
“Che succede?”
“E’ praticamente pronto, ma ci sembra che manchi qualcosa, e non ci decidiamo a farlo uscire”
“Ci riuscirete, Bill, avete fatto tutti un grande lavoro”
Le sorrido, e lei mi guarda con il suo sguardo indagatore.
“E quell’altra cosa, invece?”
“Pensavo a Gloria”
Adrienne posa il libro e indossa gli occhiali di quando vuole psicanalizzare me o i ragazzi, così almeno usa la sua laurea per una ragione utile.
“Christian è più tranquillo, adesso, ha ripreso i rapporti con sua sorella e mi sembra felice, e anche Gloria, da quanto vedo.”
“Lo so, non sono preoccupato per lei, so che se la caverà egregiamente… ma non riesco ancora a capacitarmi di quello che abbiamo scoperto… ora come ora sento il peso di questi anni da totali sconosciuti più di ogni altra cosa”
“Quindi, se ho capito bene, non ti senti del tutto tuo padre, vero?”
“Mi fai paura, quando indovini in questo modo….”
Adie ride e si accoccola contro la mia spalla.
“Allora fai qualcosa per recuperare il tempo perso, no?”
Ci penso su.
Qualcosa per recuperare il tempo perso.
Recuperare il tempo perso.
“Ho un’idea”.
 
-G-
 
“C’è nessuno?”
La casa è stranamente silenziosa, Jakob e Joey sono a scuola per gli ultimi giorni e non ho la più pallida idea di dove si siano cacciati Billie Joe e Adrienne.
Cammino lentamente nell’ingresso, chiudendomi la porta alle spalle, per poi controllare se sono in cucina o in salotto: niente, totalmente vuoto.
Ormai è piena estate in California, sebbene il resto del mondo non la pensi esattamente allo stesso modo, il sole filtra dalle finestre e illumina le pareti della stanza, rendendo visibili anche i granelli di polvere.
Stanotte ho dormito da Christian, ma abbiamo deciso di comunque accordo che lui è fuori pericolo e che io potevo tornare a vivere dagli Armstrong (anche se, dopo tutto, anche io sono un’Armstrong adesso).
Beh, lui era decisamente più d’accordo di me, ma l’ho lasciato in buone mani, sua sorella minore non lo lascia solo un momento, e loro due meritano un po’ di solitudine per ricostruire un passato ormai perduto.
Un po’ come sto cercando di fare io da un po’ di tempo.
Sbadiglio, dopo tutto non ho dormito granché stanotte, quindi decido di andare in camera mia per un pisolino.
Salgo le due rampe di scale e tiro la cordicella per far calare la scala.
Salgo piano i pioli, ma rimango leggermente perplessa di fronte a camera mia, che non sembra neanche più camera mia.
Sul pavimento, sulla scrivania, sulla libreria e sul mio letto sono disposti degli enormi pacchi regalo, tutti incartati e con una coccarda di un colore diverso per ogni pacco, ed ognuno contrassegnato da una targhetta con un numero sopra, da zero a… diciannove, credo.
Mi guardo intorno, forse Adrienne li ha posati qui mentre non c’ero e ha dimenticato di toglierli.
Poi, sul pacco con il numero zero, vedo che c’è scritto il mio nome.
No, sono proprio per me.
Apro il primo pacco, sfilandone un coniglietto di pezza bianco che porta ricamate sul cuore le iniziali “A.G.A”; me lo rigiro tra le mani, sfiorandone il tessuto morbido, per poi prendere il ciuccio e il sonaglio ancora all’interno della scatola.
Sempre tenendo il coniglio in mano, mi muovo verso il pacco numero due, sollevandone il coperchio con attenzione: all’interno trovo un carillon a forma di ballerina, che suona “Clare de Lune” di Debussy.
Nel pacco numero tre c’è un triciclo rosa, con il manubrio cosparso di brillantini.
Nel numero quattro ci sono dei libri di favole, qualsiasi tipo di favola esistente al mondo.
Nel cinque c’è un grembiule da asilo e un paio di scarpette rosse.
Nel sei ci sono dei libri più avanzati, come il giardino segreto e il piccolo principe.
Nel sette c’è un album di foto con della colla e della porporina.
Nell’otto un vestito da principessa con una corona.
Nel nove c’è una chitarra, Blue 2 per la precisione, che poso sul letto accarezzandola come se fosse un bambino.
Nel dieci c’è una canna da pesca.
Nell’undici una macchina fotografica.
Nel dodici una collanina a forma di nota, che allaccio subito al collo.
Nel tredici c’è una serie infinita di fumetti, e mi viene da ridere nello sfogliarli.
Nel quattordici il casco di una moto.
Nel quindici un braccialetto con dei ciondoli.
Nel sedici un abito meraviglioso, blu come il mare, l’abito del mio ipotetico sedicesimo compleanno…
Nel diciassette c’è una foto di me e la mamma incorniciata, la stringo forte al cuore e mi mordo le labbra.
Nel diciotto c’è l’ultimo video che lei ha girato, insieme ad una boccetta di profumo e una carta di identità stampata su un vecchio foglio.
Nel diciannove, l’ultimo pacco, trovo un disco con la scritta “21st century brakedown” e un foglio di pergamena: il mio certificato di nascita.
Con le braccia cariche di oggetti, mi inginocchio sul pavimento, posando la fronte contro il letto per non cedere alla tentazione di piangere.
“Ti piacciono?” mormora Billie Joe alle mie spalle, non lo avevo neanche visto arrivare.
“io… non so davvero cosa dire… sono… santo cielo” alzo lo sguardo verso di lui “…Perché?”
“Perché ho voglia di sapere com’era mia figlia a due anni e a tre, quattro, cinque, sei e in tutti gli anni che non ho potuto vivere con lei”
Sorrido.
“Sarà un cammino lungo”
“Abbiamo tutto il tempo del mondo”
“Gelato?”
“Aspettavo soltanto che me lo chiedessi tu”
“Qual è il tuo gusto preferito?”
“Nocciola, e il tuo?”
“Vaniglia”
“Colore preferito?”
“Il rosso”
“Animale preferito?”
“Il lupo”
“Numero di scarpe?” rido ancora.
“Trentanove”
“Il momento più imbarazzante della tua vita”
“Una volta sono inciampata bestemmiando nel piede del commissario esterno della maturità”
Billie mi tende la mano, aiutandomi ad alzarmi, e insieme ci dirigiamo all’esterno, scrutandoci a fondo per imparare a conoscerci.
 
ADA
Scusate l’assenza, ma anche voi dovreste farvi perdonare l’assenza di recensioni! U_U

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Capitolo 48
*** Il linguaggio segreto dei fiori. ***


Il linguaggio segreto dei fiori.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
Non ho idea del perché io abbia bisogno di un fioraio, ma è stata un’idea nata così per caso e l’esperienza mi ha insegnato a far tesoro di questo tipo di idee, perché sono sempre le migliori.
Chiudo gli occhi.
Sono fuggita a San Francisco perché adesso ad Oakland la voce si sta spargendo, la gente comincia a parlare della misteriosa ragazza che vive dagli Armstrong, e io non posso andare in giro senza essere fissata da chiunque.
Sto girando per le strade più interne da almeno due ore, ma di fiorai nemmeno l’ombra.
Mi siedo sul marciapiede e lancio il viso tra le mani, non sono pronta per questo, non sono pronta per conoscere i miei nonni, non sono pronta per conoscere le persone che hanno cresciuto mia madre.
Rimango immobile per molto tempo, fino a quando un rumore non attira la mia attenzione:
un camion dove troneggia la scritta “Renata’s”  ,insieme ad un’enorme giglio, sta partendo da una stradina interna.
Mi alzo, dirigendomi verso quella strada, dove in effetti trovo il negozio con lo stesso nome, ancora aperto.
Il sole illumina le vetrine stracolme dei fiori di stagione, grosse dalie di ogni colore spuntano dai secchi stracolmi.
Entro, accompagnata dal suono di una campanella attaccata allo stipite della porta, e mi guardo intorno: il negozio ha le pareti verdi e gialle, ma sono a malapena visibili sotto i cumuli di piante e fiori che le circondano.
Mi piace, e c’è un profumo meraviglioso.
Qualche secondo più tardi una ragazza varca la porta dietro il bancone di spalle, con le braccia cariche di garofani recisi, poi si volta e li lascia sul bancone.
Nel momento in cui i nostri guardi si incontrano, scoppiamo immediatamente a ridere.
Santo cielo, potremmo essere gemelle!
Ha i capelli neri come i miei, forse solo un po’ più corti, e gli occhi di un azzurro-grigio molto particolare, il mio stesso naso leggermente all’insù e le labbra della stessa forma delle mie, solo un po’ più sottili.
Oltretutto siamo anche vestite uguali, t-shirt azzurra e jeans.
“Hem… salve” dice lei, tornando assorta tra i suoi garofani.
“Ehi…”
“Come posso aiutarti?”
Sospiro, guardandomi intorno.
“Sai far parlare i fiori?”
La ragazza alza lo sguardo, ho attirato la sua attenzione, poi mi concede un lieve sorriso e mette da parte i garofani.
“Lo fanno già da soli, basta solo saperne leggere il linguaggio”
“Come?”
Lei scavalca il bancone e si avvicina ad un secchio pieno di tulipani.
“Un messaggio d’amore?”
Sbuffo.
“Decisamente no”
La ragazza sembra sollevata, ci guardiamo per qualche secondo e decido di dirle tutto.
“Che fiori si regalano quando non hai mai avuto una famiglia per tutta la tua vita e poi scopri di averne una tutto d’un tratto?”
“Fiori di nocciolo”
“Come?”
“Ho detto fiori di nocciolo, vogliono dire “riconciliazione”
Sono alquanto perplessa.
“Quindi… i fiori vogliono dire qualcosa?”
Lei alza gli occhi al cielo, mantenendo sempre le distanze.
“Durante l’epoca Vittoriana i fiori venivano usati come veri e proprio messaggi, impossibili da intercettare, e dal mio punto di vista lo hanno ancora”
Sorrido.
“Sono nelle tue mani”
“Proverò a fare quel che posso, ma non ho una grande esperienza in fatto di famiglie”
Ridacchio.
“A chi lo dici, diciannove anni da orfana e poi tutto insieme…”
Poi penso alle parole della ragazza: “Durante l’età Vittoriana”… Vittoriana…. Vittoriana…
“Victoria!”
Lei sobbalza, lasciando cadere le camelie che aveva in mano.
Sono scioccata, come ho fatto a non accorgermene prima? Ci scambiavano per sorelle già quando eravamo bambine, e ora non è cambiato molto.
Victoria mi guarda e anche lei capisce.
“…Gloria? Gloria!”
Ridiamo entrambe, ma evito di abbracciarla, so che non è mai stata una grande estimatrice del contatto fisico.
“Dove sei stata negli ultimi dodici anni?”
Victoria è stata alla nostra casa famiglia per quasi due anni quando ne avevamo sette, era una bambina sociopatica e molto scontrosa, ma io ero più testarda di lei, e alla fine diventammo amiche.
“Ho girato per case di accoglienza fino a quando non mi hanno cacciata fuori, ora lavoro qui”
“Beh, vedo che ti sei sistemata bene!”
“E tu? Come stai? Ho sentito di te alla televisione!”
“Già, a quanto pare ho svelato un complotto del quale non avevo idea, ma è stato divertente!”
“E con Christian?”
Sorrido.
“Lui è sempre con me”
Victoria è sconvolta, poi rimane a bocca aperta.
“Hai detto che hai ritrovato i tuoi genitori?!”
“Già, chi l’avrebbe mai detto…”
“E chi sono?!”
Ridacchio un po’, non mi piace dirlo in giro, ma lei è Victoria, e mi è mancata da morire.
“Billie Joe Armstrong”
Victoria scoppia a ridere, reggendosi la pancia con le braccia.
“Si, certo, e ti ho mai detto che io invece sono stata adottata da Nonna Papera?”
“Sono seria, Victoria”
Lei continua a ridere, ma poi incontra il mio sguardo e capisce che faccio sul serio.
“Che cosa?! Davvero?”
“Già, ha turbato parecchio anche me all’inizio.”
“Ma… come?!”
“E’ una lunga storia…”
Sfioro con le dita il medaglione, sempre al suo posto, poi guardo il cielo azzurro all’esterno.
“Potrei raccontartela davanti ad un panino, prima non rifiutavi mai un pasto”
“E’ ancora così. Finisco il tuo mazzo e andiamo, okay? Quanti te ne servono?”
“Due, a dire il vero”
Victoria sorride.
“Perfetto”.
 
Un’ora dopo ha finito, e sono meravigliosi.
In uno ci sono: camelie ( il mio destino è nelle tue mani), bucaneve (consolazione e speranza), celidonia (Gioie future)  e corniolo (amore che sfida le avversità).
Nell’altro ci sono: dalie (dignità), fiori di avena (musica), biancospino( speranza), dafne (non ti vorrei in nessun’altro modo) e acetosa (affetto dei genitori).
Pago Victoria lasciandole una mancia più che abbondante, io adesso ho fin troppi soldi e sono quasi sicura che lei ne abbia bisogno.
Poi, accompagnate dal sole che tocca le sei di sera, usciamo immerse tra i ricordi.
 
-
 
Quando torno a casa il sole è tramontato da un pezzo e tutti sono già a tavola per la cena. Mi pulisco le scarpe sullo zerbino ed apro la porta, lasciando i fiori in un vaso nell’ingresso.
Li raggiungo in cucina ma rimango sulla soglia della porta, guardandoli mangiare.
Adrienne è in piedi e lava i piati, Billie dietro di lei le massaggia le spalle, Joey e Jakob sono a tavola e giocano con le forchette.
Una famiglia.
Senza farmi sentire, scivolo lungo le scale fino ad arrivare in camera mia.
Mi lancio sul letto e provo a ricordare il profumo di quei fiori meravigliosi, e le belle parole che portavano con sé.
“Tesoro, sei qui?”
Mugugno in risposta a Billie Joe e lui viene a sedersi accanto a me sul letto.
“Com’era San Francisco?”
“calda e solitaria, proprio come piace a me”
“Ho visto i fiori, sono molto belli”
“Opera di una vecchia amica”
“Sono per domani?”
Non rispondo, ma mi giro sulla pancia e affondo il viso nel cuscino, degna delle migliori quindicenni.
“Hai paura?”
Muovo la testa per far segno di si.
“Anche io, dovremo trovare un modo delicato per dirlo”
Mi volto.
“Non esiste un modo delicato per dire una cosa del genere”
Billie mi accarezza i capelli con dolcezza, per poi prendermi il meno tra indice e pollice per portarmi a guardarlo.
“Ma esistono tanti modi belli per conviverci”
“Ti ho incasinato la famiglia”
“Sei anche tu la mia famiglia, Gloria”
Sorrido e lui mi accarezza ancora.
“Cerca di dormire stanotte, okay?”
“Se non ci riesco posso sempre venire a cercare te, vero papà?”
Billie si blocca, guardandomi per un secondo. Oh santo cielo, l’ho chiamato papà? L’ho davvero chiamato in quel modo? Mi sorride e io rispondo allo stesso modo.
Ma sì, anche così va bene.
 
-
 
Billie è già andato via da mezz’ora quando bussano di nuovo.
Alzo lo sguardo dal mio libro, credendo che lui abbia scordato qualcosa o voglia avvisarmi dell’ora della partenza di domani.
“Entra pure” rispondo ad alta voce.
La porta si apre e Adrienne, Jakob e Joey entrano inciampando l’una nell’altro.
“Ahià! Quello era il mio piede Joey!”
Ridacchio e loro si dispongono a schiera sul mio letto.
“A cosa devo questa visita?”
“Non possiamo venire a dare la buonanotte a nostra figlia\sorella?”
“E’ stato Billie a dirvelo, vero?”
“No!” risponde Adrienne, ma sta chiaramente mentendo.
“E va bene, è stato lui, ma noi non credevamo pensassi quelle cose! Insomma, noi ti vogliamo bene, Gloria! Sei parte della nostra famiglia dal momento in cui hai messo piede in questa casa.”
“Per Joey però è ancora traumatico” risponde Jakob ridendo.
“Sta zitto!” gli urla Joey dandogli una gomitata.
“Se non fossi tua sorella sarei già caduta ai tuoi piedi, Joey”
Ridiamo insieme, e vado a dormire tranquilla.
Almeno fino a quando non mi ricordo che domani conoscerò i miei nonni.
 
ADA
Capitolo lungo, apprezzatelo :3  Come alcuni di voi avranno notato, ho unito la nostra storia ad uno dei miei libri preferiti: “il linguaggio segreto dei fiori”, facendo diventare amiche Gloria e Victoria, aspetto recensioni!

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Capitolo 49
*** With me ***


With me.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-G-
Ho immaginato questa casa in molti modi, ma nessuno neanche paragonabile a questo qui.
Perché è l’esatto ritratto di dove una come mia madre potrebbe vivere.
La casa ha le pareti bianche, in parte ricoperte dall’edera di un verde brillante che ci si arrampica sopra, e il tetto è spiovente.
I balconi del piano superiore sono in ferro battuto e decorato, e su di uno c’è una sedia a dondolo in legno con una vecchissima chitarra lasciata a riposare sopra.
Il giardino è ben curato e strapieno di fiori e alberi, lo steccato è bianco e di legno.
Sulla destra un enorme albero, con sopra una casetta, collega il balcone con la chitarra alla finestra della casa accanto: casa di Billie Joe.
Billie apre il cancello con una mano, facendomi segno di entrare, e io muovo qualche passo incerto sul vialetto di mattonelle di terracotta, beandomi del profumo delle camelie e dell’albero di mimosa.
Billie mi prende la mano, stringendola forte.
Aveva chiesto alla sua famiglia di andare a casa di mia madre, così da dare la “notizia bomba” a tutti quanti nello stesso momento.
Guardo i fiori che porto nell’altra mano e spero che il messaggio arrivi come ha detto Victoria.
Chiudo gli occhi e lui bussa il campanello, rompendo la quiete di quel quartiere.
La porta si apre, e una signora sulla sessantina, con i capelli marroni raccolti in una crocchia, apre la porta guardandosi intorno.
Riconosco la corporatura in quella di mia madre.
“Chi è?...OH SANTO CIELO!” esclama lei, portandosi una mano alla bocca quando mi guarda.
Faccio un timido sorriso, salutando con la mano che intanto Billie ha lasciato.
Lei alza una mano e la avvicina al mio viso, gli occhi totalmente persi nel vuoto.
Lascio che mi sfiori la guancia.
“Entriamo, Macy, lascia che ti spieghi tutto”
 
-
 
Seduta sul divano, con tutta la famiglia di fronte a me, mi sento tremendamente in soggezione.
Billie non mi lascia neanche per un secondo, e aspetta che tutti siano estremamente concentrati.
“Chi è questa ragazza, tesoro?” chiede Olly, la madre di Billie Jo…mia nonna, chiede mia nonna.
Billie prende un respiro profondo.
“Andrea. Lei è Andrea”
Nella stanza cala il silenzio.
Poi, qualche secondo dopo, Macy sviene ai nostri piedi.
Mi lancio su di lei in un secondo, sventolandola con la prima cosa che mi capita a tiro, e dandole dei deboli schiaffetti sul viso per farla rinvenire.
“Ehi?! Ehi?! Tutto okay?! Sveglia!”
La donna riapre gli occhi, e le sue iridi azzurre mi osservano a lungo.
Poi si mette seduta e posa ancora le mani sul mio viso.
“Andrea….”
Faccio un mezzo sorriso “Mi chiamano Gloria, adesso”
Lei mi abbraccia, lanciandomi le braccia al collo e cominciando a singhiozzare, e io la stringo forte a me.
Un attimo dopo mi abbracciano tutti quanti, e un sacco di mani mi sfiorano il viso, i capelli ormai tornati completamente rossi, le braccia…
Mio nonno sorride, e capisco che mia madre ha ereditato da lui il sorriso, e con lei anche io.
“Le somigli molto”
“Davvero? Secondo me assomiglia a Billie” dice Olly, senza mollarmi il braccio nemmeno per un secondo.
Conosco i miei cugini, mio zio materno e tutti quanti gli zii paterni, conosco il nuovo marito della madre di Billie e i miei nonni materni.
“Ma com’è possibile?” chiedono tutti, una volta superata l’euforia del momento.
Io vado a sedermi in un angolo del salotto, accanto a Christian, mentre BIllie Joe racconta ancora una volta l’assurda storia della nostra vita, nei minimi particolari.
Mentre loro continuano a parlare, io e Christian ci lanciamo in esplorazione della casa, puntando direttamente al piano di sopra.
La sua camera la trovo subito, sarebbe stato impossibile non riconoscerla: la porta è decorata da un meraviglioso dipinto di un ramo di ciliegio in fiore, la vernice è leggermente rovinata ma è disegnato magnificamente.
Apro la porta.
Non sono mai stata qui, ma qualcosa mi dice che questa camera non sia mai stata modificata da quando lei non c’è più.
C’è ancora un letto ad una piazza e mezzo con una coperta patchwork di un sacco di colori, poster di gruppi anni ottanta, un vecchio stereo, un armadio bianco pieno di adesivi e polaroid.
Dal soffitto pendono altre polaroid e molte decorazioni ricavate da vecchi cocci di vetro, che illuminano la stanza di mille sfumature una volta toccati dal sole.
Luce, questa stanza è piena di luce, così come era lei.
Così come vorrei essere io.
“Mi sarebbe piaciuto conoscerla” dice Christian, andando a guardare le polaroid sull’armadio, che ritraggono per lo più lei insieme a Billie, Mike, Trè e altri tre ragazzi che non conosco.
“Anche a me”
Apro la finestra e mi affaccio verso l’esterno.
Poi, con un salto, atterro sul ramo più grande dell’albero e cammino fino a raggiungere la casetta.
“Gloria? Dove cavolo vai?!”
Christian mi segue a ruota e alla fine siamo qui, nella casetta sull’albero dove vent’anni fa c’erano mia madre e mio padre, pieni di sogni e speranza come sanno esserlo solo gli adolescenti.
Nel silenzio degli alberi, Christian dice l’unica cosa che riesce a spaventarmi.
“Allora, ci stai ancora?”
Lo sguardo, inghiottendo l’amaro che mi è rimasto in bocca per pensare alla risposta da dargli.
“Non lo so”
Christian sospira, torturandosi le unghie della mano sinistra.
“Lo immaginavo”
“Ho appena ritrovato casa mia, Christian, non posso partire come se niente fosse poco dopo”
Lui mi guarda, prende la mia mano tra le sue e ne bacia le dita.
“E’ ancora il tuo sogno?” mi chiede poi.
Chiudo gli occhi e ci penso, Gloria, ma non puoi rinunciare ai tuoi sogni”
Abbasso lo sguardo verso il pavimento di vecchie tegole della casetta.
“Un anno è un sacco di tempo…”
Christian mi sorride.
“Abbastanza da cambiare il mondo”
“Tu cosa ne pensi?”
“Penso che quell’anno di volontariato in Africa sarebbe l’unico modo in cui possiamo lasciare un vero segno, l’unico modo per cambiare realmente la vita di qualcuno”
Annuisco, poi Christian capisce come mi sento e mi lascia da sola, tornando in camera di mia madre dal ramo.
“Gloria?” chiede qualcuno dal basso, qualche minuto dopo.
Mi affaccio dalla finestrella della casetta, la famiglia al completo mi sta aspettando ai piedi dell’albero.
“Cosa c’è?”
“Ti va di incontrare tua madre?”
 
-B-
 
Gloria si siede a gambe incrociate sull’erba, di fronte al marmo bianco, ancor più luminoso in questa bella giornata.
L’albero fa un po’ di ombra, ma il sole filtra tra i suoi rami illuminandole il viso.
Accanto alla lapide di W adesso c’è solo erba, perché la polizia sta cercando di rintracciare chi fossero i veri genitori della bambina che credevamo fosse Gloria.
Gloria sorride all’immagine di W e posa un fiore ai piedi della lapide.
“Ciao, mamma”
E in quel momento, vedendole finalmente riconciliate, penso che tutto vada bene.
E che almeno ho rispettato le promesse che le avevo fatto, e che farò in modo che Gloria viva la vita che ha sempre sognato in ogni modo possibile.
E così lei vedrà la luce, e anche io.
 
Ada
Finalmente questo tanto sofferto capitolo è arrivato! Chiedo davvero perdono per l’attesa, ma è un periodo stressante! Cercherò di essere più presente in futuro !

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Capitolo 50
*** Last night on earth. ***


Last night on earth.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
Gloria è stesa accanto a me, le ginocchia leggermente rannicchiate e il bel viso posato sul cuscino, ma non sta dormendo, esattamente come non sto dormendo neanche io.
La notte sta terminando ormai, la casa è silenziosa e l’unica luce che illumina i nostri corpi proviene dalla luna.
E oggi, l’ultima notte che la mia bambina passerà con me prima di partire per tutto quel tempo, mi sembra di rivivere l’ultima notte che passai con sua madre tanti anni prima.
Ho dato leggermente di matto quando me l’ha detto, non riuscivo a capacitarmi di doverle di nuovo dire addio, dopo averla ritrovata da così poco tempo…
Poi ho pensato alla mia promessa, a quelle parole sussurrate a W nello stesso letto in cui adesso sono insieme a Gloria, e ho pensato al fatto che sognavo per mia figlia ogni bene e che lei realizzasse i suoi sogni, qualsiasi essi fossero, anche se la porteranno lontano da me.
Così, mentre lei era chiusa in camera a suonare, ho comprato i biglietti d’aereo per lei e per Christian, lasciandoglieli sotto la porta, insieme ad una foto di me, lei e sua madre il giorno della sua nascita.
La mattina dopo ci siamo alzati entrambi all’alba, incontrandoci giù in cucina, e lei mi ha sorriso, abbracciandomi forte.
Ho pensato che rendere mia figlia felice fosse l’unica cosa che realmente contasse in questo mondo.
E ora siamo qui, alle quattro e mezza di notte passate, stesi nel letto che prima era stato di sua madre, a guardarci negli occhi e a passare la nostra ultima notte insieme.
L’ultima notte sulla terra.
“A cosa pensi?” le chiedo, notando l’espressione corrucciata sul suo viso.
“Penso che non posso andare via lasciando un progetto incompiuto”
Alzo un sopracciglio , ma Gloria continua a sorridere e penso che, qualsiasi cosa mi dica, io sarà d’accordo.
Gloria si alza, prende Yellow, la vecchia chitarra di W, dalla sua custodia e mi indica Blue con un gesto della mano libera.
Mi alzo anche io, eseguendo i suoi ordini.
“Dobbiamo terminarlo” dice soltanto, e io capisco al volo.
Parla di 21st Century Brakedown, il nostro progetto, l’album che non mi decido ancora a pubblicare perché “manca qualcosa”.
Accarezzo Blue e mi siedo accanto a Gloria, ancora con lo sguardo perso verso l’orizzonte, dove l’alba da’ qualche segno di avvicinarsi.
“Penso che dovremmo terminare con l’inizio”
“Come?”
“Le prime note dell’ultima canzone, dovrebbero essere le stesse della prima”
Ha ragione, penso tra me e me, ha tremendamente ragione.
E poi penso che questa canzone deve parlare di noi, di me e di lei, e di come abbiamo ricominciato a vivere, di come siamo riusciti a riportarci alla vita dopo tutto questo tempo.
Le parole mi balenano in mente veloci, insieme alle note di questa ultima, necessaria canzone.
Suono le prime note di 21st Century Brakedown, continuando con qualcosa di nuovo.
I crossed the river
Fell into the sea
Where the non-believers
Go beyond belief
Then I scratched the surface
In the mouth of hell
Running out of service
In the blood I fell….”
 
Gloria mi sorride, seguendomi a ruota.
“Ci siamo, è la strada giusta”
Alza lo sguardo verso la finestra, l’alba sta cominciando e le tenebre lasciano spazio alla luce, perfetta metafora della nostra vita, perfetta metafora di quello che siamo.
“Vedo le luci…” sussurra Gloria, e capisco che per lei quelle tre parole hanno molto più significato di quanto sembri.
“Anche io, tesoro, le vedo anche io”
Penso alle parole di Gloria,  e a quanto vorrei che la mia musica trasmettesse questo, a tutti i ragazzi che credono di aver perso, di aver finito prima di cominciare, vorrei che tutti loro vedessero la luce.
 
“Well I, I just want to see the light”
Gloria sorride più che mai e mi segue, continuando a cantare.
“And I, I don’t want to lose my sight”
“Well I, I just want to see the light…”
“… And I, I need to know what’s worth the fight”

 
“I’ve been wasted
Pills and alcohol
I’ve been chasing
Down the pool halls
I drank the water
From a hurricane
I set fire
Just to see the flame…”


“I crossed the desert
Reaching higher ground
Then I found the pavement
To take the liars down
But it’s gone forever
But never too late
Where the ever after
Is in the hands of fate…”
 
Guardo mia figlia, la mia meravigliosa figlia, e cantiamo e suoniamo insieme, dicendoci tutto quello che non abbiamo potuto dirci in vent’anni di solitudine.
 
“Well I, I just want to see the light
And I, I don’t want to lose my sight
Well I, I just want to see the light
And I need to know what’s worth the fight…”
 
Suoniamo insieme le ultime e prime note di questa canzone, le ultime e prime note di questo album, le ultime e prime note della nostra storia.
L’alba è ormai alta nel cielo, colorandolo tutto di rosa e giallo e arancione, facendolo sembrare quella fiamma perpetua che brucia nel cuore di Gloria, e che, mi accorgo solo adesso, mi mancherà da morire.
È quasi ora di andare.
“E’ finita” dice dolcemente Gloria “adesso è finita”
Ed ha ragione.
 
-
 
“Starai bene senza di me?” mi chiede Gloria, con quell’enorme zaino sulle spalle sembra più piccola di quello che è.
“No”
Mi sorride, baciandomi sulla guancia.
“Almeno provaci, okay papà?”
“Va bene, tesoro, ci proverò”
“Salutami la mamma”
Sorrido.
“Certo”
Ci abbracciamo forte, e Trè scoppia in lacrime almeno dieci volte, raccomandando a Gloria tutto il raccomandabile.
Joey le ha preso un braccialetto con il numero 17 inciso sopra, dice che lui e i ragazzi hanno avuto un’idea per il loro primo album grazie a Gloria, quindi le ha lasciato un ricordo.
Jakob la abbraccia a lungo, e Christian continua a dargli consigli da fratello maggiore fino all’ultimo secondo.
Adrienne le bacia la fronte, e fa lo stesso anche con Christian.
Mike le accarezza il viso, per poi accarezzare anche il medaglione.
“Lei sarebbe fiera di te”
Ed è la cosa migliore che avrebbe potuto dire.
Gloria mi abbraccia a lungo, con gli occhi chiusi.
Poi mi porge un sacchetto di velluto dorato.
Dentro c’è un medaglione d’argento con la lettera B incisa sopra.
“Ci sono le stesse foto che ho io nel mio”
Le bacio la fronte.
“Sono fiero di te, Andrea”
“Hai battuto il nemico, Billie Joe”
Poi, tra le lacrime e i sorrisi, lei va’ via.
 
-
 
Il vino scende lungo la mia cola, bollente e tremendamente appagante, portandosi via tutti i pensieri e le paure.
Mi manca Gloria, anche se chiama ogni giorno non è come averla qui
E mi manca anche W, perché oggi non riesco a fare a meno di pensare che lei è morta e non tornerà e che mi manca e che tutti quelli che amo in qualche modo vanno via.
Bevo ancora e sento la gola bruciare.
Da qualche parte un altoparlante sta chiamando il mio nome, dicendomi di salire sul palco.
Un minuto.
Avremo solo un fottuto minuto per presentare la nuova canzone del nostro album.
Tutto per colpa di un ragazzino spocchioso che si sente il dio della musica.
Un altro sorso giù lungo la gola.
Il mio nemico sta continuando a vincermi, la luce si è spenta.
Prendo la chitarra in mano e ho un’assurda voglia di romperla da qualche parte, magari contro di me.
Poi, dopo l’ultimo sorso che svuota la bottiglia, salgo sul palco.
 
Ada
Penultimo capitolo!
Si divide tra la parte romantica\dolce e quella dove torna il demone di Billie Joe, questa volta nel famoso concerto dove ha rotto la chitarra sul palco :P
A presto per il gran finale! :3

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Capitolo 51
*** EPILOGO: See the light ***


See the light
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
 
Quando apro gli occhi vengo accecato dalla luce di una lampada al neon.
Mi basta respirare soltanto una volta dal naso per capire che sono in ospedale, quel’odore di disinfettante e medicine, quel maledetto rumore proveniente dall’elettrocardiogramma.
E da quando W è morta che non sopporto gli ospedali.
Cerco di mettermi seduto ma sento il corpo sedere sotto un peso più grande di me e la testa mi sta scoppiando.
Cosa è successo?
Ricordi confusi si affollano nella mia mente, non riesco a mantenere i pensieri lucidi, ricordo solo molto rumore, e urla, e luci abbaglianti e ricordo di aver bevuto molto e ricordo di aver fumato molto e ricordi di aver ingerito non so quale sostanza.
Giro la testa, Adrienne è accanto a me e mi tiene la mano, come ho fatto a non accorgermi prima che lei era lì?
Mi fa un sorriso leggero.
Comincio a ricordare qualcosa: Usher ci aveva rubato del tempo per l’esibizione, ci rimaneva solo un minuto per presentare le nostre nuove canzoni, la nostra trilogia di cd, ero arrabbiato…. Quel piccolo figlio di puttana che chiama musica quella merda che vende…. Ero arrabbiato ed ho….ho… ho spaccato una chitarra in diretta televisiva mondiale imprecando contro Dio e Justin Bieber.
Deglutisco.
“E’ stato brutto?” chiedo ad Adrienne.
Lei, ancora con le lacrime agli occhi, fa un mezzo sorriso e annuisce.
“Molto”
Sospiro.
“Mi dispiace…”
“Che succede, Billie? Insomma, sapevo del tuo vizio ma non pensavo che fosse così tragico…”
Chiudo gli occhi, quei rumori assordanti continuano a tormentarmi e la testa mi scoppia.
Cerco di ricordare i motivi del mio crollo.
La donna che amavo è morta.
Non vedo mia figlia da più di tre anni.
Sono un ubriacone.
Non scrivo canzoni da anni e i nuovi cd sono stati criticati malissimo.
I miei figli mi credono un fallito.
Non riesco ad essere un marito decente con mia moglie.
Ho litigato con i miei migliori amici.
Ho improvvisamente di nuovo voglia di alcol.
“…mi dispiace”
Adrienne mi abbraccia forte e sento le sue lacrime bagnarmi il viso, la stringo per quanto mi è possibile e le bacio il viso.
Cinque secondi dopo entrano nella stanza come una mandria impazzita Jason, Trè e Mike.
“E’ sveglio!”
“Finalmente!”
“Ha già scolato tutta la flebo?”
Rido ma vengo subito interrotto da un conato di vomito, che fortunatamente riesco a controllare.
“Ragazzi, io…”
“Sta zitto, Billie, non c’è bisogno di dire nulla”
Mike si siede accanto a me, gambe divaricate e un sorriso sornione sul viso.
“E’ stato un brutto periodo”
“Già, come gli ultimi vent’anni!”
“Sta zitto, Trè!”
Rido ancora, ma questa volta non mi fa male.
“Quindi… cosa ho detto di preciso?”
“Che non sei un fottuto Justin Bieber del cazzo, molto appropriato”
“Non siamo arrabbiati con te, Billie, ma hai bisogno di aiuto…”
“io…”
“Niente io e niente ma e niente se, abbiamo paura per te”
Sospiro.
Entrano anche Joey e Jakob, e mi accorgo solo adesso di quanto siano incredibilmente cresciuti e di quanto Jakob assomigli a mio padre.
“Ehi, vecchio, come stai?”
“Come un vecchio”
“E’ stato fantastico!”
“Jakob!” urla Adrienne, ma nella sua voce si sente che vorrebbe ridere.
Mi guarda e leggo nel suo sguardo un amore quasi materno nei miei confronti.
“C’è anche qualcun altro che vorrebbe salutarti”
Chi può essere?
Hanno chiamato anche mia madre e i miei fratelli? Impossibile, sono finito così tante volte in ospedale da adolescente che mia madre neanche se ne preoccupa più.
Qualcuno bussa alla porta della camera, che lentamente si apre.
Sorrido.
Mio Dio quanto e cresciuta, e quanto assomiglia a sua madre.
Gloria entra nella stanza e subito mi sembra che questa sia stata inondata dalla luce del sole.
Indossa un vestito bianco con dei fiori di ciliegio, decisamente diverso dal suo solito stile punk, ha i capelli molto lunghi, quasi fino alla vita, e adesso si nota decisamente che sono rossi.
Gli occhi verdi, come i miei, sono luminosi e ha un sorriso smagliante sul volto.
“Ciao, papà”
Ha la pelle molto abbronzata, grazie al periodo trascorso in Africa, e nella sua voce leggo l’accento che ha preso nel tempo passato in Italia dopo la laurea, a trovare i parenti della madre.
“Ehi, little girl”
“Non hai proprio una bella cera”
“Non mi trovi in uno dei miei momenti peggiori”
Gloria si inginocchia accanto al letto e mi abbraccia forte, baciandomi sulla fronte.
“Mi dispiace non essere tornata più spesso”
“Dovevi vivere la tua vita e lo hai fatto, hai fatto qualcosa di buono per il mondo”
“Già, e ho anche due sorprese per te”
Gloria sorride, ed in effetti mi chiedo dove sia finito Christian.
“Chris? Potete entrare?”
Potete?
Christian entra, anche lui è molto cambiato, decisamente cresciuto.
E con lui, mi si blocca il respiro, c’è una bambina.
Christian la tiene tra le braccia e lei lo guarda sorridendo, è bellissima.
Christian fa scendere la bambina dalle sue braccia e lei si avvicina camminando a Gloria, potrà avere due anni al massimo.
Tutti nella stanza sono ammutoliti, compreso il sottoscritto.
“Saluta il nonno, tesoro”
“iao” dice piano la bambina, ancora troppo piccola per pronunciare la “c”.
Mi posa la mano sul viso e io chiudo gli occhi, è così morbida e dolce.
Guardo Christian, sorridendo.
“Prima vi siete sposati, vero?”
Scoppiano tutti a ridere, compresa la bambina, anche se lei non ha capito di cosa parliamo, e la sua risata manda via tutto il dolore che portavo addosso.
“Ufficialmente no, ma ci siamo sposati con un rito Africano mentre eravamo lì”
Molto nello stile di Gloria.
“E tu come ti chiami, tesoro?” chiedo alla bambina, che continua a sorridermi.
“Willow” risponde Gloria “ma noi la chiamiamo W”
Sento il ghiaccio attorno al mio cuore sciogliersi lentamente, Gloria è tornata, è tornata davvero.
“Per quanto resterai”
“Oh, non ho alcuna intenzione di andare via, mi è mancata la California”
Festeggiamo a lungo, fino a quando le prime luci dell’alba non filtrano dalla finestra, illuminando il viso di mia figlia, mia moglie e di mia nipote, tutte sedute  sul mio letto a dirmi quanto mi vogliono bene, insieme ai miei migliori amici, a mio genero e ai miei figli.
E mi sembra quasi che ci sia anche lei, W, accanto a me a tenermi la mano.
Ed ho voglia di ricominciare.
Perché la vita è questo, no? Un eterno ricominciare.
Mi immagino lei in un vestito a fiori, con i capelli raccolti e il viso inondato di luce, mi immagino i suoi grandi occhi marroni e il suo sorriso.
Mi immagino la sua voce cristallina che mi dice: “andrà tutto bene, Billie, e sarò fiera di te, ne sono sicura. Grazie per aver mantenuto le promesse, ti amo”
E così, circondato da tutto l’amore che potrei mai ricevere, mi sento felice per la prima volta dopo anni.
“Allora, che ne dite di un gelato?”
“Io ci sto!”
“Non è un po’ troppo presto?” dico ridacchiando.
Gloria si gira verso di me con un enorme sorriso sul volto.
“Oh, papà, non vorrai rischiare di arrivare tardi il primo giorno!”
“Il primo giorno di cosa?”
Gloria si china su di me, i suoi occhi verdi dritti nei miei, mia figlia.
“Ma come il primo giorno di cosa?”
Sorrido, perché so esattamente cosa sta per dire, ed ha pienamente ragione.
“Oggi è il primo giorno del resto della nostra vita”
 
Ada
NON CI POSSO CREDEREEEEEEEE è finita! È finita sul serio! Quasi mi viene da piangere, perché Gloria è anche un po’ figlia mia hahahaha, l’ho vista nascere, crescere, formarsi e adesso diventare una donna adulta. Come già annunciato in precedenza ho intenzione di concludere letteralmente la storia di W, Billie e Gloria con un ultima One Shot, quindi non vi libererete così presto della sottoscritta! Che dire, spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto emozionare : ) e aspetto numerose recensioni, anche di chi non si fa sentire da un po’ :P 

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