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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Joke ***
Capitolo 2: *** Kids and Drawings ***
Capitolo 3: *** Pizza Quattro Formaggi ***
Capitolo 4: *** Lessons ***
Capitolo 5: *** Latin and explanations ***
Capitolo 6: *** Fix a heart ***
Capitolo 7: *** It's not bad to be happy ***
Capitolo 8: *** The party ***
Capitolo 9: *** Bear in mind these words, old dolt! ***
Capitolo 10: *** Cats and Kisses ***
Capitolo 11: *** Chicken Spray ***
Capitolo 12: *** Expelled ***
Capitolo 13: *** I Ravioli Di Giovanni Rana ***
Capitolo 14: *** In the bathroom... ***



Capitolo 1
*** Joke ***


Cap 1- Joke.


“Dai Sarah! E’ solo un’uscita!”.
“No Nick, ti ho detto di no, e ora levati dalle palle”.
Eh no, la finezza non era proprio parte di me, specialmente se si parlava di quel coglione di Nick Fryn. Era tutto il giorno che mi rincorreva pregandomi di andare con lui al cinema, quel pomeriggio. Di certo avevo di meglio da fare che pensare a un cretino come lui. Che se ne tornasse dai suoi amichetti.
“Se esci con me oggi giuro che non ti infastidirò più”. Aspetta... cosa? Era per caso sceso lo Spirito Santo dal cielo? Mi girai di scatto e me lo trovai davanti.
“Cosa?”, chiesi incredula. Era un anno, cioè da quando mi ero trasferita in quella scuola di merda che mi tormentava per motivi che conosceva solo lui.
“Hai sentito bene Spancer. Esci con me oggi e ti lascerò in pace”. Che odio quando la gente mi chiamava con il mio cognome! E che cavolo il mio nome era una delle poche cose di me che mi piaceva, che lo usassero! Ripensandoci però l’idea di Nick non era male. Ci sarei uscita per un pomeriggio, e poi mi avrebbe lasciata stare.
“D’accordo Nick”, cedetti alla fine.
“Perfetto! Ci vediamo alle 17.00 davanti al cinema vicino casa tua, va bene?”.
“Sì, va ben... aspetta, come sai dove abito?”.
“Ehm... devo andare. Ci vediamo dopo!”, disse lasciandomi lì, con tutta la scuola che mi guardava. Nick Fryn era uno dei ragazzi più popolari e cagacazzo della scuola, ed io proprio non lo sopportavo, ma cosa non si fa per un po’ di pace? Aprii il mio armadietto e ci buttai i libri, senza preoccuparmi di prendere quelli che mi servivano per studiare. Io non conoscevo quella parola. Per fortuna casa mia non era molto distante dalla scuola e in 5 minuti di camminata veloce di solito riuscivo a tornare a casa. Come tutti i giorni il pomeriggio ero sola perché mio padre era a lavoro. Quando arrivai a casa mi organizzai per mangiare e poi mi sdraiai sul divano per guardare un po’ di tv. Sfortunatamente mi addormentai come un’idiota e venni svegliata da un tizio che urlava in tv molto più tardi. Controllai l’ora: 16.30.
“Cazzo!”.
Corsi di sopra per prepararmi per quella stupida uscita. Chissà perché quel cretino di Fryn voleva uscire proprio con me? Boh, non avrà avuto una ceppa da fare. Come al solito non sprecai il mio tempo a scegliere vestitini a tacchetti. Non era proprio il mio stile! Io preferivo di gran lunga un bel paio di jeans non troppo stretti o una tuta. Infatti indossai un jeans strappato sul ginocchio, una maglietta a maniche corte blu e una felpa abbastanza larga da poter appartenere ad un maschio. Entrai in bagno per sciacquarmi la faccia da mezza assonnata e per mettermi un filo di trucco. Non mi piaceva neanche truccarmi molto, ma lo facevo quel poco che bastava a non farmi assomigliare ad uno zombie. Quando fui pronta tornai in camera mia per prendere una borsa comoda e uscii, senza neanche guardarmi allo specchio. Tanto sapevo che avrei visto: Sarah Spancer, piuttosto bassa, capelli neri abbastanza lunghi e occhi marrone chiaro. Non mi piacevo per niente e non mi sforzavo di piacere agli altri. Non ero una di quelle popolari della scuola, anzi, diciamo che non mi si cagava nessuno, ma a me andava bene così. Mi piaceva stare sola e l’unica compagnia che accettavo volentieri era quella della mia migliore amica Carol. Ci conoscevamo ancor prima che io venissi a scuola da lei, anzi, diciamo che lei era il motivo per cui mi ero trasferita in quell’insulsa città per andare in quello schifo di scuola. Il mio carattere non era dei migliori, infatti a volte mi chiedevo proprio come faceva Carol a sopportarmi. Mentre mi incamminavo verso il cinema le mandai un messaggio.
“Sto andando al cinema per vedere quel cretino di Fryn. Se dopo questa non si leva dal cazzo gli ficco un palo in culo”. La risposta arrivò poco dopo.
“Sempre tanto fine te, eh? Comunque sta’ attenta, non mi fido di quello lì. Ti voglio bene”. Ecco, qui una persona normale avrebbe risposto “ti voglio bene anch’io”, ma io non ero normale, no? Non mi piacevano le dimostrazioni d’affetto, anzi le odiavo, anche se erano per messaggio. Al contrario di me Carol era una tenerona e ogni volta che poteva mi diceva che mi voleva bene o mi abbracciava. Ormai mi ci ero abituata, e la cosa non mi dava più così tanto fastidio, ma lei era l’unica che potesse farlo, almeno con me. Finalmente arrivai al cinema e vidi che Nick era già lì. Almeno aveva avuto la gentilezza di non farmi aspettare.
“Allora, andiamo?”, mi chiese.
“Mmm”, risposi. Ero di molte parole quel giorno. Una volta presi i biglietti entrammo nella nostra sala e notai con orrore che era piena di gente.
“Ehm... Nick? Sei sicuro che sia questa la sala?”, chiesi sperando in un “no”.
“Sì, perché?”.
“No, niente”, dissi continuando a camminare per trovare un posto per sedermi. Per fortuna il film iniziò subito e provai a distrarmi concentrandomi sulla storia, ma niente da fare. Quella sala era troppo piccola e c’era troppa gente! Stavo cominciando a sudare e non riuscivo a respirare bene. Stupida claustrofobia. Provai nuovamente a concentrarmi sul film, e per un po’ i miei sforzi sembravano utili, fin quando non si scoprì di cosa parlava davvero il film: una donna era rimasta chiusa in un ascensore e l’edificio in cui si trovava era in fiamme. No, questo non potevo sopportarlo. Senza neanche dire niente a Nick uscii dalla sala, praticamente correndo. Appena fui fuori cominciai a respirare affannosamente.
“Si può sapere che diavolo ti prende?”. Evidentemente Nick mi aveva seguita. Merda. Non potavo dirgli che soffrivo di claustrofobia, altrimenti lo avrebbe usato contro di me per il resto del liceo. Ma tantomeno potevo raccontargli il vero motivo per cui ero uscita dalla sala! E che cazzo però, un film diverso no eh?
“Devo andare in bagno”, dissi avviandomi verso i bagni. Lui, per mia sfortuna, mi seguì. Sperai che almeno lì avrei potuto stare da sola, ma no! Quel fottutissimo bagno, almeno la parte dei lavandini, era trasparente! Ora mi sarebbe toccato entrare in uno di quei cosi puzzolenti e angusti per fuggire allo sguardo di Nick. Merda. Entrai comunque in bagno e mi chiusi in uno di quei cosi. Dovevo fare presto, prima di avere un’altra crisi. Ormai convivevo con la claustrofobia da 10 anni, o per meglio dire, dal giorno in cui io e mia mamma avevamo avuto l’incidente. Mi ricordo che eravamo andate a far compere per Natale al centro commerciale. Avevamo preso l’ascensore ed eravamo rimaste chiuse dentro. Proprio in quel momento però il centro commerciale era andato a fuoco e... beh, basta dire che io mi salvai, ma mia madre no. Da quel momento ero cambiata. Non ero più la bambina gentile che tutti conoscevano. Cominciai a comportarmi male, e lo facevo tutt’ora, solo che cercavo di fare il minimo indispensabile per non far dispiacere mio padre. Dopo il liceo sarei andata a lavorare nella sua pizzeria. Lui era di origine italiana, e per questo faceva la pizza più buona dell’Inghilterra. Mi mancava la mamma, ma ormai ero cresciuta e mi ero abituata a non averla più con me. Dopo aver passato abbastanza tempo in quel buco puzzolente decisi di uscire, anche perché stavo cominciando a respirare di nuovo a fatica. Provai ad aprire la porta ma quella non si aprì. Strano perché non avevo chiuso a chiave. Riprovai ma niente. La strattonai, la presi a pugni, calci, testate, ma non si voleva aprire. Ero rimasta chiusa dentro.
“Merda”. C’era una sola cosa che potavo fare. Presi il cellulare per chiamare Nick, ma quella scatola con i tasti più vecchia di mio nonno non prendeva. Provai ad urlare a quel coglione di venire ad aprire la porta, ma nessuno mi sentì. Cominciai a sudare e le gambe non mi ressero più. Mi sedetti sul pavimento freddo continuando a chiamare qualcuno che potesse aiutarmi. Ma cavolo nessuno doveva pisciare in quel posto? Il respiro mi si faceva sempre più corto e finii completamente sdraiata su quello schifo di pavimento. Non riuscivo più a respirare, tra poco sarei svenuta. Usai il fiato che mi rimaneva per urlare un’ultima volta.

Harry’s POV

Come ci ero finito lì? Ah giusto, era stata un’idea di quel cretino di Louis.
“Dai! Usciamo un po’! Vedrai che ti dimenticherai di quella e ti divertirai!”. E avevo anche accettato! E ora quel coglione mi aveva chiamato scusandosi perché non poteva venire per colpa di un’insufficienza in matematica. Avevo anche già preso i biglietti! Però Louis aveva ragione, non potevo continuare così. Da quando avevo lasciato Kayla non ero più lo stesso. Certo, a nessuno farebbe piacere scoprire che la ragazza con cui eri felicemente fidanzato da ben un anno ti metteva le corna. Sbuffai ripensando a quanto tempo della mia vita avevo sprecato dietro a quella. Cosa dovevo fare ora? Louis non poteva venire e il film sarebbe iniziato tra 5 minuti. Non avrei avuto il tempo di chiamare nessun altro dei miei amici. Mandando tutto al diavolo mi infilai il biglietto di Louis in tasca e diedi il mio al signore che stava davanti alla sala dove sarei dovuto andare. Almeno avrei visto un film. Entrai e mi sedetti in una delle ultime file. Già non ne potevo più di quel posto, ma ormai ero lì e avevo pagato, quindi perlomeno dovevo vedere il film. Ma guarda te come si era ridotto il grande Harry Styles, ragazzo che tutte le ragazze volevano e che tutti i ragazzi invidiavano. E come biasimarli? Ero bello, ricco, intelligente... e decisamente poco modesto, come mi ricordava sempre Louis. Finalmente il film iniziò e potei concentrarmi su altre cose. Il sollievo però durò poco, giusto il tempo di rendermi conto che più che un film, quella era una purga. Gli effetti speciali facevano schifo e gli attori recitavano peggio dei cani. Sbuffando mi alzai ricevendo una serie di insulti dalle persone dietro di me. Uscii fuori dalla sala e mi guardai in giro per decidere cosa fare. Ormai non potevo tornare a casa. Avevo assicurato a sua sorella Gemma che sarei tornato tardi, così da lasciarla sola con il suo ragazzo. Al pensiero di cosa stessero facendo in quel momento quei due scossi la testa, cercando di cacciare via le immagini che mi avrebbero bloccato la crescita. Certo che lì faceva caldo! Mi avviai verso il bagno per darmi una rinfrescata. Ma a chi era venuta l’idea di fare dei bagni trasparenti? Certo che la gente era proprio strana. Stavo per andarmene quando sentii un grido. All’inizio pensai di essermelo immaginato, ma poi ne sentii un altro, più flebile, che proveniva dal bagno delle donne.
“Che faccio? Entro?”, mi chiesi. Decisi di entrare. Chissene fregava se avrei incontrato qualche vecchietta che mi avrebbe preso a borsettate? Avevo sentito urlare e dovevo controllare.
“C’è qualcuno?”, chiesi ad alta voce una volta entrato. Non ottenni risposta ma avanzai lo stesso verso i gabinetti.
“Ehi? C’è qualcuno?”, chiesi di nuovo. Chi aveva urlato doveva essere per forza in una delle cabine. Le aprì tutte, fino ad arrivare all’ultima. Quando provò ad aprirla questa non si mosse.
“C’è qualcuno qui dentro?”, chiesi. Nessuno rispose, ma doveva esserci qualcuno, sennò perché era chiusa? Contro tutte le norme dell’igiene mi misi in ginocchio per vedere dallo spazio sotto la porta se c’era davvero qualcuno e... avevo indovinato. Da quello che riuscivo a vedere c’era una ragazza sdraiata sul pavimento sporco della cabina.
“Ehi!”, cercai di chiamarla, ma lei non rispose. Doveva essere svenuta. Mi rialzai e cercai di riaprire la porta. Niente. Avrei dovuto buttarla giù. Presi abbastanza rincorsa e diedi una spallata abbastanza forte alla porta che vibrò un po’, ma non si aprì. Cavolo mi ero pure fatto male alla spalla. Ripresi la rincorsa e, stando attento ad usare abbastanza forza, riprovai a buttarla giù. Questa volta la porta si aprì, permettendomi di entrare nel bagno. La ragazza era completamente priva di sensi. Mi piegai in modo da poterla esaminare. Mia madre era un medico e mi aveva insegnato alcune cose che potevano essermi utili in situazioni come quella. Presi il polso della ragazza e riuscii a sentire il suo cuore. Mi accorsi però che non respirava bene. Imprecando la presi in braccio per portarla via da lì. Quando uscii dal bagno tutti i passanti mi guardarono incuriositi. Dare una mano no, eh? Continuando ad imprecare contro la mia vita scesi le scale, stando però attento a non agitarla troppo, come mi aveva insegnato mia madre. Una volta arrivato all’entrata del cinema provai a chiedere aiuto, ma in quel momento sembrava che tutte le persone del mondo fossero scomparse.  La portai fuori dal cinema, pensando che, in assenza d’altro, un po’ di aria fresca le avrebbe fatto bene. La feci distendere su una panchina proprio all’entrata del cinema e la ricontrollai. Notai che aveva preso un po’ di colore e che il respiro stava migliorando. Forse era rimasta chiusa dentro e presa da un attacco di panico era svenuta, o forse soffriva di claustrofobia. Ebbi quasi voglia di mettermi a fare un balletto quando vidi gli occhi della ragazza aprirsi, confusi.
“Che è successo?”, chiese senza però accorgersi di me.
“Ti ho trovata svenuta nel bagno”, dissi e vidi i suoi occhi girarsi verso di me. Aveva degli bei occhi. Non era bello solo il colore, ma anche il taglio, la forma. Davano un senso di mistero, il che mi piaceva molto.
“Merda. Sono rimasta chiusa dentro”, disse sempre guardandomi.
“Soffri di claustrofobia?”, le chiesi. La vidi pensare un po’ prima di rispondere, come se stesse pensando se dirmelo o no.
“Sì”, disse alla fine. La aiutai a mettersi seduta.
“Sei da sola?”.
“No. Un mio... amico mi aveva accompagnata”, si fermò prima della parola “amico”, come se stesse cercando un modo di definire la persona che l’aveva accompagnata.
“Davanti al bagno non c’era nessuno”, le dissi. Si sentì uno squillo e cominciò a cercare nella borsa per prendere in cellulare. Quando lo trovò lesse il messaggio. Più leggeva e più i suoi occhi e la sua bocca si aprivano, come se fosse stupita.
“Cos’è successo?”, le chiesi.
“Niente, non sono affari tuoi. Ora scusami ma devo andare. Grazie mille per avermi fatta uscire da lì...”.
“Harry”.
“Ecco, Harry. Grazie ancora. Ciao”, disse prima di scappare via. Certo che era strana forte quella ragazza!
 
Sarah’s POV
 
Non era possibile. Come poteva una persona fare una cosa del genere? Insomma, sapevo che si trattava di Nick, ma quello che aveva fatto non era normale neanche per lui!
“Dovresti controllare che quando qualcuno ti promette qualcosa non abbia le dita incrociate. Quanto ci hai messo ad uscire dal bagno? Ci vediamo domani, sfigata”.
Questo era quello che diceva il messaggio che avevo appena ricevuto da Nick. Ero arrabbiata. Se solo avessi saputo dove abitava sarei andata da lui e l’avrei preso a schiaffi. Gli avrei distrutto quella faccia da cazzo che si trovava. Tornando a casa chiamai Carol.
“Ehi Sarah! Avete già finito? Come va?”.
“Come va un cazzo, Carol! Quel coglione aveva organizzato tutto! Mi voleva solo fare uno scherzo!”. E che cazzo ma perché ogni volta che mi arrabbiavo dovevo scoppiare a piangere? Mi faceva apparire debole,e io certamente non lo ero.
“Calma Sarah! Cos’è successo?”, chiese Carol preoccupata al telefono.
“Ha aspettato che andassi in bagno e mi ha chiusa dentro”, dissi cercando di fermare le lacrime. Carol era a conoscenza del mio problema e sapeva anche a cosa era dovuto, quindi si preoccupò subito.
“Oddio Sarah! Ora come stai? Come hai fatto ad uscire?”.
“Ho urlato e qualcuno mi ha sentita. Un ragazzo ha sfondato la porta e mi ha portata fuori. Cazzo avrei potuto morirci lì dentro!”.
“Ma ora come stai? Come un ragazzo? E chi era?”. Ma che mi stava facendo un interrogatorio?
“Sto bene. Non so chi era, ma so che si chiamava Harry”. Cominciò a tossire come una cretina e per un attimo ebbi paura che sarebbe morta.
“Harry?! STYLES?”.
“Boh! Non mi ha detto il cognome! Però era alto, abbastanza muscoloso, occhi verdi e capelli strani”.
“O CAZZO CAZZO CAZZO!”, urlò. Il fatto che aveva usato parolacce mi spaventò ancora di più.
“Cosa c’è?”.
“Tu non hai idea del culo che hai!”.
“E adesso cosa c’entra il mio culo?”.
“SARAH! IL RAGAZZO PIU’ FIGO DELLA SCUOLA TI HA APPENA SALVATA!”. Oh merda.


Ciaoooooooooooooo!
Allora, parto dicendo che avevo previsto di postare questa ff solo dopo aver finito l'altra,
ma io non sono coerente neanche con i miei pensieri, quindi eccola qui.
Non la aggiornerò presto, anche perchè prima mi piacerebbe sentire il vostro parere.
Il primo capitolo non è un granchè, ma serve un po' per introdurre i personaggi.
CHE NE PENSATEEEEEEEEEEE?
Fatemelo sapere attraverso una recensione.
Poi se volete potete passare dall'altra mia ff su Liam.
Ecco il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1514064&i=1
Ora vado.
Vi prego fatemi sapere che ne pensate.
Ciaoooooooooo!

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Capitolo 2
*** Kids and Drawings ***


 

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Cap 2- Kids and Drawings

Harry’s POV

Dopo che la ragazza se ne fu andata decisi di andare a casa di uno dei miei migliori amici: Niall. Almeno ci saremmo divertiti un po’ guardando la tv e mangiando schifezze. Quando suonai alla porta mi aprì la madre, che mi accolse con un sorriso.
“Niall è in camera sua”, disse prima di tornare in cucina. Salii le scale che ormai conoscevo molto bene e mi avviai verso la camera di Niall. Bussai e, quando ricevetti un “avanti!” entrai.
“Ciao Harry! Che ci fai qui?”, mi chiese staccando per un attimo gli occhi dalla tv. Stava giocando a PES e, da quello che vedevo, stava vincendo.
“Non posso tornare a casa, e comunque mi andava di vederti”, dissi facendo spallucce. Dopo che ebbe finito di stracciare la squadra avversaria mi passò un Joystick e cominciammo a giocare. Diciamo che in quel gioco io facevo un bel po’ schifo, quindi quando la partita finì il punteggio era di 10 a 0. Beh, avevo fatto di peggio.
“Fai schifo”, commentò Niall.
“Che ci vuoi fare? Non si può essere sempre perfetti in tutto”, dissi fingendo un’aria di superiorità.
“Se lo dici tu. Ora che si fa? Mi rifiuto di fare un’altra partita con te”. Ma che dolce!
“Non lo so! A casa mia non si può andare, Lou è in punizione... andiamo da Liam?”, proposi
“Okay”, commentò. Dopo aver salutato la mamma di Niall ci incamminammo verso casa di Liam, che per fortuna non era molto lontana. Diciamo che quel pomeriggio sembravo un nomade, ma non ci potevo fare niente! Quando arrivammo suonammo alla porta e ci venne ad aprire direttamente Liam.
“Ehi! Che ci fate qua?”, chiese.
“Vendiamo i biscotti. Ne vuoi comprare un po’?”, scherzai io. Liam mi guardò strano, ma si tolse da davanti alla porta facendoci segno di entrare.
“C’è anche Zayn. Stavamo guardando la tv”, disse tornando a sdraiarsi sul divano vicino a Zayn, che si girò solo un attimo per mormorargli un “ciao” per poi tornare a guardare la tv. Zayn era un tipo un po’ strano, a volte.
“Allora? Che si fa?”, chiese Niall.
“Potremmo uscire”, propose Liam.
“Per andare dove?”, chiesi.
“Cinema?”. Voleva scherzare?
“No, no, e ancora NO!”, dissi alzandomi dal divano di scatto. Liam e Niall mi guardarono confusi mentre Zayn continuava a guardare la tv.
“Perché no?”, chiese Liam.
“Ci sono appena stato, e diciamo che l’esperienza non è stata delle migliori”, dissi sospirando.
“Perché? Che è successo?”, chiese Niall. Vidi Zayn voltarsi verso di me per ascoltarmi. Ma pure lui si doveva fare i cavoli miei?
“Avevo appuntamento con Louis, ma lui non è potuto venire perché è in punizione, allora ho provato a vedere il film da solo, ma faceva cagare. Sono andato in bagno è ho sentito qualcuno gridare. Così sono entrato nel bagno delle donne e ho preso a spallate una porta per portare fuori una ragazza che era svenuta perché era rimasta chiusa dentro e soffriva di claustrofobia”, raccontai. Li vidi guardarsi con gli occhi a palla, come se fossero sorpresi.
“Davvero?”, chiese Zayn parlando per la prima volta.
“No guarda, mi diverto a dirvi cazzate per vedere come reagite. Certo che è vero! Mi fa pure male la spalla”, dissi alzando gli occhi al cielo. Per tutta risposta Zayn fece spallucce e tornò a guardare la tv. Seriamente, quel ragazzo aveva dei problemi.
“E come si chiamava la ragazza? Era carina?”, mi chiese Niall.
“Non lo so, non mi ha detto il suo nome. Sì, era piuttosto carina, ma anche strana”.
“Perché?”, chiese Liam.
“Dopo aver ripreso coscienza le è squillato il cellulare e dopo aver letto il messaggio è praticamente scappata via, con la faccia sconvolta”.
“E perché?”, chiese Niall.
“Ma che ne posso sapere io? Avrà letto qualcosa nel messaggio!”.
“Va beh. Che facciamo ora?”, chiese di nuovo Niall. Controllai l’ora: erano le 19.30.
“Pizza?”, proposi. Annuirono tutti, perfino Zayn. Ci avviammo verso la pizzeria più vicina e ci sedemmo ad un tavolo aspettando che qualcuno venisse per prendere le nostre ordinazioni. Finalmente qualcuno arrivò, o meglio qualcuna.
“Cosa volete da bere?”, chiese con la cartellina per le ordinazioni davanti alla faccia. Quella voce mi sembrava familiare.
“4 Coca Cole”,  rispose Liam. La ragazza si tolse la cartellina da davanti la faccia per poggiarla sul nostro tavolo e scrivere l’ordinazione. La riconobbi: era la ragazza del cinema! Lei ci guardò, chiedendoci se volessimo altro, e quando puntò lo sguardo su di me si irrigidì, riconoscendomi.
“Ciao”, dissi sorridendole. Avevo ragione, era carina.
“C-ciao”, disse andandosene frettolosamente.
“La conosci?”, mi chiese Niall. Annuii.
“E’ la ragazza del cinema”. Immediatamente tutti e 3 si voltarono in direzione della ragazza per osservarla meglio.
“Hai ragione, è carina”, disse Zayn. Annuii sorridendo.

Sarah’s POV

E che cazzo però! Neanche lì potevo starmene in pace? Dopo essere tornata da quell’uscita del cavolo mio padre mi aveva chiamata, dicendomi che una sua dipendente aveva l’influenza e che gli mancava qualcuno che servisse ai tavoli. Io avevo accettato di aiutarlo, pensando che almeno così avrei potuto pensare ad altro, ma la sfiga sembrava rincorrermi.
“Jane! Vieni qui!”, urlai alla ragazza che stava asciugando le posate.
“Che c’è Sarah?”.
“Vedi quel tavolo con quei 4 ragazzi? Sarebbe uno dei miei, ma non posso proprio servirli. Potresti farlo tu?”, le chiesi e lei accettò felicemente. Sbuffando sostituii Jane e cominciai ad asciugare i piatti. Era meglio rimanere qui, almeno fin quando quei 4 non se ne fossero andati. Ma evidentemente mio padre non era dello stesso parere.
“Sarah! Non ti ho chiamata per asciugare i piatti ma per servire ai tavoli!”, mi urlò.
“Lo so papà ma...”.
“Ma niente, vai a servire ai tavoli”, disse spingendomi in sala. Ma vaffanculo! Gli stavo dando una mano e lui mi trattava così! Sbuffando cominciai a prendere le ordinazioni di una famigliola, seduta in un angolo della sala. Proprio mentre me ne stavo per andare uno dei due bambini mi parlò.
“Ti piace il mio disegno?”, mi chiese mostrandomelo. Diciamo che faceva cagare, ma era un bambino e voleva sentirsi dire “sì tesoro, è bellissimo”.
“Sì, è bellissimo. Sai disegnarli benissimo i dinosauri!”, dissi cercando di essere carina. Il bambino però si intristì e cominciò a piangere. Cosa avevo fatto?
“Non è un dinosauro! E’ mia mamma!”. E porco cactus sua madre non era alta tre metri!
“Mi dispiace, io...”. Il padre del bambino mi guardò malissimo e decisi che era meglio svignarmela. Sbuffando tornai in cucina per prendere le bibite che aveva ordinato la famiglia e gliele portai, cercando di sorridere.
“Ecco l’acqua e la coca cola”, dissi posando le bottiglie d’acqua sul tavolo e la coca cola davanti al bambino. Quest’ultimo però, da vero stronzo, mi pestò il piede quando avevo ancora la coca cola in mano, e me la fece cadere tutta addosso. Cominciò a ridacchiare e a prendermi in giro. Un fottutissimo marmocchio stava ridendo di me?! Tremando per la rabbia mi avvicinai al bambino con l’intento di cucirgli quella dannata bocca, ma venni fermata da mio padre che mi strattonò e mi portò in cucina.
“Si può sapere cosa diavolo stai combinando?”, chiese furente.
“Non è colpa mia! Quel marmocchio mi ha pestato il piede di proposito per farmi cadere la coca cola!”.
“Non mi importa! Dobbiamo sempre assecondare i clienti! Ora vatti a dare una ripulita e torna a casa. Più che aiutare stai complicando tutto”, disse andandosene e lasciandomi lì con tutti i dipendenti che mi guardavano.
“COSA CAZZO AVETE DA GUARDARE?”, strillai per poi correre in bagno. Quel giorno stavo passando più tempo in bagno che in altri posti, porca miseria! Cercai di togliere la grossa macchia di coca cola dal grembiule, ma non c’era niente da fare. Cercai almeno di salvare la mia maglietta, e  almeno lì un po’ la macchia si levò, ma non del tutto.
“Fanculo a tutti i bambini su questo pianeta!”, urlai infuriata.
“Tutto bene?”, sentii dire dietro di me. Mi girai e mi ritrovai davanti il ragazzo del cinema... Henry... Berny... o come cavolo si chiamava.
“Sì, a parte che se mi ritrovo davanti quel nanetto lo mando a Malibù con un calcio in culo”. Herny... coso ridacchiò.
“Cazzo ridi?”, chiesi arrabbiata.
“La... ahahahahah... la tua faccia! Ahahahaha”.
“Cos’ha che non va la mia faccia?!”, chiesi ancora più arrabbiata.
“Sei tutta rossa! Ahahahahah”. Ok, se non la smetteva subito gli avrei ficcato il rubinetto nel culo.
“Piantala”, dissi guardandolo storto. Vedendo la mia espressione si calmò.
“Ok, scusa...”.
“Sarah”,  dissi. “Hai deciso di seguirmi ogni volta che vado in bagno?”.
“Eh?”, chiese. Ma era idiota?
“Ahhh! Ho capito. Beh, non è colpa mia se devo andarci nei tuoi stessi momenti”, disse con un tono di voce che sembrava seccato.
“E poi non dovresti essere contenta di questo fatto? Se non fossi dovuto andare in bagno al cinema, probabilmente saresti ancora chiusa lì dentro”, infierì.
“Ok, hai ragione, ma puoi evitare di seguirmi ogni volta che vado al bagno?”.
“Io non ti stavo seguendo! Dovevo andarci e quando ho sentito urlare sono venuto a controllare che stessi bene”.
“Ok, sto bene. Ora puoi andare”, gli dissi fredda. Lui mi guardò male, annuì e se ne andò, per poi risbucare subito dopo.
“Insomma, che cazz...”.
“Quella macchia non andrà mai via solo con l’acqua, rassegnati”, mi disse prima di andarsene definitivamente. Io già non lo sopportavo più. Ho capito che mi aveva salvata e bla bla bla, ma non poteva permettersi di fare lo stronzo con me! Quando capii che il riccio aveva ragione sulla macchia uscii dal bagno, tornai in cucina per levarmi il grembiule e prendere le mie cose e uscii dal locale, lanciando prima un’occhiata al tavolo dei 4 ragazzi. Rimasi sorpresa quando incontrai lo sguardo del riccio. Distolsi lo sguardo e continuai a camminare. Ora avrei dovuto fare anche tutta quella strada a piedi perché mio padre non mi poteva riaccompagnare. Stupido ragazzino, stupida coca cola, stupido disegno. Presi le cuffiette dalla mia borsa e provai a distrarmi ascoltando “So What” di Pink, ma neanche quello mi tranquillizzò. All’improvviso sentii qualcuno toccarmi la spalla. Mi girai pronta per tirare un pugno a chiunque mi stesse disturbando, per poi rendermi conto che era il riccio.
“Ancora?! Sei uno stalker per caso?”, gli chiesi infastidita. Lui sorrise e scosse la testa. Notai che quando sorrideva gli si creavano due fossette sulle guance. Poi alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi verdi. Possibile che non me ne fossi accorta prima? Erano stupendi!
“Volevo accompagnarti a casa”, disse il riccio. Ancora non mi ricordavo il suo nome.
“Harry!”, urlò un tipo biondo vicino all’uscita della pizzeria. Lo riconobbi: era uno dei 5 seduti al tavolo. Ah, quindi era Harry il suo nome!
“Senti, Harry, io neanche ti conosco! E poi posso camminare benissimo da sola, grazie”.
“Ma si sta facendo buio! Non posso lasciarti andare da sola! E dai! Ti accompagno a casa e poi mi levo dai piedi”. Quelle parole mi ricordavano... Nick! Anche lui mi aveva promesso che mi avrebbe lasciata stare dopo la nostra uscita, ma aveva fatto tutto il contrario.
“No, Harry. Lasciami in pace fin da subito e torna dai tuoi amici”, dissi girandomi per continuare a camminare, ma lui mi prese il braccio e mi rigirò verso di lui.
“Ti prego...”.
“LEVATI DAI COGLIONI!”, gli urlai per poi continuare a camminare svelta verso casa.

 

NON E' STUPENDO IL BANNER???????

Ok basta, lol.
Ed ecco il secondo capitolo della storia.
Che ve ne pare? A me piace, anche se non del tutto, boh.
Se volete lasciarmi quelche parere sulla storia io sono sempre qui.
In poche parole... RECENSITE!
Ringrazio ancora _ciuffano per il banner stupendo.
Si è capito che lo adoro? lol.
Ok, vado che sennò vi rompo.
Vi prego fatemi sapere cosa ne pensate e se volete passate dalla mia altra storia su Liam che ho appena terminato.
Ciaoooooooooooooooo!

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Capitolo 3
*** Pizza Quattro Formaggi ***



Cap 3 "Pizza Quattro Formaggi"

Mi aveva urlato contro e se n’era andata, lasciandomi lì. Ma chi si credeva di essere? Io volevo solo fare una gentilezza! La mandai mentalmente a quel paese e tornai nella pizzeria dove Liam, Niall e Zayn mi stavano aspettando.
“Ma che ti è preso?”, mi chiese Zayn.
“Volevo accompagnarla a casa! E’ buio e lei era arrabbiata. Volevo solo assicurarmi che stesse bene ma lei mi ha urlato contro”. Spiegai.
“Sì, ho sentito”, disse Niall che poco prima era uscito a cercarmi.
“Avrà avuto i suoi motivi. Dopotutto non vi conoscete!”, disse Liam.
“Hai ragione, e poi chi se ne frega? Era una gentilezza ma lei non l’ha accettata, peggio per lei”, dissi cercando di calmarmi. Non mi importava niente che tornasse a casa da sola, l’aveva voluto lei. Finalmente arrivarono le nostre pizze e cominciammo a mangiare. Era ottima! Sembrava quella che avevo assaggiato in Italia durante il mio viaggio, un anno prima. Il proprietario doveva essere italiano. Mangiammo tutto e alla fine ognuno pagò la sua parte. Avevo lasciato abbastanza tempo a mia sorella, ora potevo tornare a casa. Salutai i ragazzi e mi avviai verso casa, con le mani in tasca e la musica nelle orecchie. Perché aveva reagito così? Non le avevo detto niente di male! Scossi la testa cercando di scacciare quei pensieri. Non era affar mio se le piaceva stare sola. Finalmente arrivai, proprio mentre il ragazzo di mia sorella, David, stava uscendo di casa.
“Ehi ciao!”, mi salutò.
“...ciao...”, mormorai. Non ero proprio in vena di fare conversazione e lui sembrò accorgersene perché continuò a camminare senza aggiungere altro. Entrai in casa e, dopo aver urlato un “sono a casa”, corsi in camera mia. Ma evidentemente quella giornata doveva proprio essere schifosa fino alla fine, perché appena chiusi la porta per poi buttarmi sul letto entrò mia sorella, in vena di chiacchiere.
“Dove sei stato?”. Ma i cavoli suoi no, eh?
“Al cinema, a casa di Niall, a casa di Liam e poi siamo andati a mangiare una pizza insieme”, mormorai stanchissimo.
“Ti sei divertito?”. NO! Nessuna parte di quella giornata era stata divertente!
“Sì”. Se le avessi detto di no lei avrebbe voluto sapere perché e sinceramente non mi andava di parlarne.
“Non sembra”, disse. Ma ci voleva tanto a capire che volevo stare da solo?
“Perché?”.
“Non sembri felice”. Ma davvero?!
“Sono solo stanco”. Sperai che le bastasse e che se ne andasse.
“Se lo dici tu...”.
“E tu? Com’è andata con David? Cosa avete fatto?”. Si azzittì arrossendo. Il mio piano aveva funzionato, ora avrebbe smesso di fare domande e mi avrebbe lasciato in pace.
“Niente di che. Ha chiamato mamma e ha detto che torneranno un po’ più tardi del previsto perché il nonno si è sentito male”.
“Oh, poi la chiamo. Quindi quando torneranno?”.
“Ha detto che dovrebbero tornare tra 3 giorni, se il nonno si riprende. Va beh, io vado. Buonanotte”, mi scompigliò i capelli e uscì dalla mia stanza, finalmente. I miei genitori erano fuori da 2 giorni perché erano andati a trovare il nonno che si era sentito poco bene. Presi il cellulare dalla tasca e composi il numero di mamma. Dopo 3 squilli rispose.
“Amore! Come va?”, mi chiese.
“Bene. Lì? Come sta il nonno?”.
“Non tanto bene, ma sta migliorando. Noi stiamo bene. Cosa hai fatto oggi? Gemma ci ha detto che sei uscito con Louis”. Ma i fattacci suoi mia sorella non se li poteva fare?
“Alla fine non ci siamo più visti perché era in punizione, ma sono uscito con Liam, Niall e Zayn”, spiegai.
“Aw salutameli! E’ tanto che non li vedo!”.
“Lo farò. Ora vado. Salutami papà e il nonno”.
“Lo farò. Buonanotte amore. Non fare tardi che domani c’è scuola”.
“Ok mamma. Ciao”. Riattaccai e mi lasciai cadere a peso morto sul letto. Ero davvero distrutto. Quella giornata non solo era stata schifosa, ma anche stancante. Trovai un po’ di forza per alzarmi e prepararmi per la notte e per il giorno dopo. Preparai i libri e scelsi anche i vestiti. Poi mi cambiai e andai a letto. Mi addormentai quasi subito, vinto dalla stanchezza.
Drin driiiin
Sveglia del cavolo. Senza alzarmi liberai un braccio dalle coperte e cercai a tentoni il tastino per spegnere la sveglia. Quando lo trovai lo spinsi mettendo fine a quello strazio. Stavo per riaddormentarmi quando quella rompiscatole di mia sorella entrò in camera mia.
“Che fai Harry! Farai tardi a scuola!”, disse.
“mmm”. Era il massimo che potessi dire di mattina.
“Harry? Non costringermi a svegliarti a modo mio”, disse con tono furbo. Ricordavo perfettamente l’ultima volta che mi aveva svegliato “a modo suo”. Non credevo che una secchiata di acqua gelata fosse un buon modo di svegliare qualcuno, ma lei non la pensava così.
“E va bene!”, dissi alzandomi e sgusciando fuori dalle coperte. Per quanto tempo avrei dovuto sopportare quello strazio? Ah sì, per un altro anno!
“Sbrigati che siamo in ritardo!”, urlò mia sorella dal piano inferiore. Imprecando feci una doccia veloce e mi infilai i vestiti che avevo scelto il giorno prima. Dopo essermi pettinato scesi per fare colazione.
“Hai da fare oggi pomeriggio?”, chiese Gemma.
“Non lo so, forse esco con i ragazzi”.
“Posso invitare David?”, chiese timidamente.
“Fai quello che ti pare, ma non ti assicuro di non essere a casa oggi”, dissi buttando distrattamente la tazza nel lavandino e uscendo di casa. Cominciai a camminare verso la scuola ascoltando la musica. Quando si sarebbe deciso mio padre a comprarmi una macchina? Non ne potevo più di andare a piedi! Almeno quel giorno era una bella giornata. In pochissimo tempo arrivai a scuola, circa 10 minuti prima della campanella. Arrivai davanti al mio armadietto e ci trovai davanti Louis, Niall, Liam e Zayn.
“Ciao ragazzi!”.
“Ciao Haz! Come va? Alla fine com’era il film?”, chiese Louis.
“Faceva schifo, non ti sei perso niente”, dissi sbuffando al pensiero di cosa era successo il giorno prima al cinema. La campanella suonò e rapidamente quasi tutti gli studenti nel corridoio corsero verso le proprie classi.
“Ci vediamo dopo Harry”, mi dissero Liam e Niall che avevano la stessa classe. Salutai anche Zayn e cominciai a camminare con Louis  verso la nostra. La prima ora avevo scienze. Che pizza! Non si poteva dire che fossi un secchione, ma ero piuttosto bravo a scuola. C’erano alcune materie che mi piacevano in cui andavo benissimo e altre che odiavo ma dove comunque me la cavavo. Quando mi trovavo proprio sul corridoio che portava alla mia classe sentii due ragazze parlare piuttosto ad alta voce. Una delle due voci, quella più chiassosa, mi sembrava di conoscerla. Incuriosito mi avvicinai dicendo a Louis di aspettarmi in classe. Riuscii a riconoscere la ragazza che urlava: Sarah.

Sarah’s POV

“Quindi Harry Styles si è offerto di accompagnarti a casa e tu hai rifiutato?!”. Quasi urlò Carol.
“Non è mica un dio! Non mi va di avere persone come lui trai piedi! Non mi importa un fico secco se lui è bello e popolare!”, le urlai di rimando. Maledii il momento in cui avevo deciso di raccontare a Carol cos’era successo la sera prima. Però che ne potevo sapere che si sarebbe messa ad urlare come un’oca? Cosa ci vedevano di così speciale in quel ragazzo? Sì lo ammetto, era carino, ma sicuramente era come il resto dei ragazzi carini: stupido e presuntuoso.
“Ti rendi conto di quante ragazze avrebbero voluto essere al tuo posto?”.
“No, non lo so, ma credo di averne una davanti”, dissi indicandola.
“Non sei spiritosa”, disse incrociando le braccia al petto.
“E tu sei un’idiota quando fai così. Non mi piace quel tizio e quindi non sono tenuta ad accettare il fatto che mi riaccompagni a casa! Se ti piace tanto va’ da lui! Evita di rompermi le palle ripetendomi quanto sia stata stupida!”, le dissi urlando. Mi aveva stancata. Ci uscisse lei con quello. Mi aspettavo che mi urlasse contro, o che se ne andasse, ma rimase lì a fissare un punto sopra alla mia spalla, con un’espressione da idiota e gli occhi che brillavano.
“Cosa c’è adesso?”, chiesi per poi girarmi. No. Non ci potavo credere! Ma aveva proprio deciso di seguirmi dappertutto quel cretino?
“Ciao”, disse Harry. Wow! Mi ero ricordata il suo nome!
“Ehm... ciao”, dissi cercando un modo per andarmene da lì.
“C-ciao!”, balbettò Carol. Neanche fosse un personaggio famoso!
“Perché stavate urlando?”, chiese il riccio. Chissà che shampoo usava per avere i capelli così?
“Fatti i cazzi tuoi. Ora dobbiamo andare in classe. Vieni Carol”, dissi trascinandola via.
“Sei un’idiota! Potevi presentarmi!”, mi sussurrò. Scossi la testa e mi morsi le labbra per non mandarla a quel paese. Entrammo finalmente in classe beccandoci un’occhiataccia dal professore per il ritardo e ci sedemmo ai nostri posti.
“Spancer! Ma guarda un po’, avevo voglia di sentire proprio te! Vieni alla lavagna?”. Ma perché me lo chiedeva? Se gli avessi risposto di no mi avrebbe fatta venire comunque, che cavolo di bisogno c’era di chiedermelo? Grugnendo mi alzai dal banco e mi trascinai alla lavagna. Non sapevo un cazzo. Poi storia mi stava proprio sul culo. Che senso aveva studiare cose accadute chissà quanto tempo fa? Tanto erano tutti morti, no?
“Mi faresti uno schema della lezione del giorno alla lavagna? Magari spiegandolo anche”, mi disse il professore. Un’altra domanda? Ma era innamorato del punto interrogativo quello?
“Sì, certo”. E su cos’era la lezione del giorno? In realtà io non sapevo neanche di cosa stessimo parlando! Presi un gesso e mi avvicinai alla lavagna. E ora cosa scrivevo?
“L’età di Pericle!”, mi suggerì la ragazza al primo banco. La benedissi mentalmente scrivendo alla lavagna ciò che mi aveva suggerito.
“Ma no! Partiamo da prima! Chi c’era prima di Pericle?”. Se mi avesse fatto un’altra domanda gli avrei ficcato il gessetto nel culo.
“Prof...io...”. Cercai di assumere un’espressione colpevole e mi sforzai per trovare qualche scusa per non aver studiato.
“Che c’è, Spancer?”. Un’altra domanda! Mi trattenni dal fare ciò che avevo pensato di fare e tornai a cercare una scusa.
“Ieri non ho potuto studiare perché...”. Cazzo pensa!
“Perché?”. Grrr che fastidio queste domande!
“Perché mio padre era rimasto chiuso nel bagno e ho passato il pomeriggio a cercare di aprire la porta”. Ma che minchia di scusa era? Sperai che se la bevesse comunque, ma come al solito la fortuna era decisa a non venirmi incontro.
“Trovane un’altra Spancer! Ieri sono passato dal ristorante di tuo padre per ordinare una pizza e lui era lì!”. Cazzo. Beh, ormai il danno era fatto.
“Le è piaciuta?”, chiesi.
“Cosa?”.
“La pizza! Sa, dovrebbe proprio provare la Quattro Formaggi, è davvero buonissima!”. Ora come minimo mi avrebbe cacciata fuori.
“Spancer! Fila subito dal preside!”, mi urlò. Prima di andare però volevo togliermi un’altra soddisfazione.
“Complimenti prof!”.
“Per cosa?”.
“E’ riuscito a formare una frase senza usare punti interrogativi!”.
“FILA VIA!”. Corsi fuori dalla classe ridacchiando. Non ero preoccupata. Il preside era un caro amico di mio padre e quindi non mi avrebbe mai espulsa. Quando entrai nel piccolo ufficio il signor Sallivan era impegnato a firmare dei documenti.
“Salve”, dissi sedendomi sulla sedia davanti a lui.
“Ciao Sarah. Perché sei qui?”, mi chiese lasciando perdere i documenti e guardandomi negli occhi. Se c’era una cosa che mi metteva i brividi in quell’uomo erano gli occhi. Erano del color del ghiaccio e a volta mi chiedevo se non fossero fatti proprio di quello.
“Ho proposto ad un prof di provare la pizza Quattro Formaggi di papà e lui si è arrabbiato”, spiegai facendo spallucce. Il signor Sallivan mi guardò e sospirò.
“Sarah! Ma cosa dobbiamo fare con te?”, disse piano. Si passò la mano sugli occhi come se fosse stanco e poi tornò a puntare quegli iceberg su di me.
“Sono stato accomodante con te perché voglio bene a tuo padre e ne voglio anche a te! So che sei una brava ragazza e sono a conoscenza della tua situazione familiare, ma adesso è troppo. Come posso venirti in contro se tu non ci provi neanche? Ti ho visto, sai? All’uscita di scuola non fai neanche lo sforzo di prendere i libri dall’armadietto per studiare a casa. Io non posso fare più niente. Ho parlato con i tuoi professori e vogliono che ti espella”.
“C-cosa?”. Non potevo dare quel dolore a mio padre! Almeno quello glielo dovevo.
“Sì, Sarah. Ma ho deciso di aiutarti. Hai 3 mesi per recuperare tutte le insufficienze. Fatti aiutare da qualcuno, fai quello che vuoi, ma recuperale. Se mi dimostrerai che stai lavorando bene e che ci sono dei risultati mi schiererò dalla tua parte, se i risultati verranno meno, dovrai lasciare la scuola”. Quando finì di parlare si lasciò andare, appoggiando la schiena contro lo schienale della sedia.
“Ma non ce la farò mai a recuperare tutte quelle materie!”. Come potevo recuperare così tante insufficienze in 3 mesi? Era impossibile!
“Ci sono così tanti bravi studenti in questa scuola! Scegline uno e chiedigli se può aiutarti! Io ho fatto tutto quello che potevo fare, ora tocca a te”, disse tornando ad occuparsi dei documenti sparsi sulla scrivania.
“D’accordo, ci proverò”, dissi alzandomi.
“Vedi di riuscirci”, disse lui. Mi avviai verso la mia classe pensando a chi avrei potuto chiedere per aiutarmi. Carol? Assolutamente no. Fu in quel momento che scorsi un ammasso di ricci in mezzo ad un gruppo di ragazzi.


EEEEEEEEEEEEEEEH MACARENA!
MA CIAOOOOOOOOOOO!
Come va?
Io bene csdjcbvwuo
Ok, torniamo alla storia.
Lo so, il titolo fa cagare, ma non mi veniva niente in mente!
Mi scuso per l'abominevole defecata (?) che mi è uscita e capirò se mi arriveranno i pomodori.
Però ho notato che leggete ma siete tirchi con le recensioni!
E daaaaai! Che vi costa scrivermi qualche parolina per farvi sapere che ve ne pare del capitolo?
A me la storia piace e mi sto divertendo tantissimo a scrivere le parti di Sarah perchè è un personaggio divertentissimo,
almeno per me.
A voi non so se piace perchè non me lo dite.
Oh. *mette il muso*.
HO FATTO LA CERETTA!
No vabbè, non vi interessa.
Vado a mangiare che arriva un buon odorino dalla cucina.
Sciao belisime! (?)

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Capitolo 4
*** Lessons ***



 

Cap 4 "Lessons"

Harry’s POV

“Ma quello non era fuorigioco! Ma dai! Anche un cieco avrebbe detto che era goal!”, disse Louis. Io ridacchiai sotto i baffi. Ogni volta che la sua squadra perdeva lui cominciava a criticare l’arbitro, il che era esilarante. Quando mi girai per non far vedere al mio amico che stavo ridendo vidi una massa di capelli neri venire verso di me. La riconobbi subito. Ma cosa voleva ora? Mi si avvicinò titubante tenendo lo sguardo basso. Soltanto quando mi raggiunse lo alzò, puntando quegli occhi castani che mi avevano affascinato fin dal primo incontro nei miei.
“Ciao Harry”, sussurrò. Vidi Liam, Niall e Zayn scambiarsi un’occhiata complice, mentre Louis era confuso. Chiese spiegazioni a Liam con lo sguardo e lui gli sussurrò un “dopo”.
“Ciao Sarah. Cosa c’è?”.
“Volevo scusarmi per come ti ho trattato ieri...”.
“Dai, dimmi cosa vuoi”, dissi incrociando le braccia. Lei sospirò, come per farsi coraggio, e continuò a parlare.
“Io avrei qualche problema con la scuola. Diciamo che... faccio schifo quasi in tutto e il preside ha detto che se non recupero le mie insufficienze da qui a tre mesi mi caccerà dalla scuola”. Non ci potevo credere. Quella ragazza che solo il giorno prima mi aveva urlato in faccia e che quella stessa mattina mi aveva trattato con così tanta freddezza mi stava chiedendo una mano? Beh, avrei potuto anche farlo, ma prima l’avrei fatta penare un po’.
“E...”, la esortai a continuare. Volevo sentirle dire che le serviva il mio aiuto. Lei chiuse gli occhi, strofinandoseli con una mano, come a darsi forza. Fece un sorriso e li riaprì.
“Mi serve il tuo aiuto. Sei uno dei ragazzi più bravi della scuola ed io sono davvero nella merda”. Sostenne il mio sguardo ed io fui costretto a distoglierlo per non dargliela subito vinta.
“Mmm... non so. Sai, sono molto impegnato...”, dissi facendo finta di pensare. La vidi sbiancare per paura di un rifiuto e mi nascosi la mano con la bocca per non ridere. Era troppo divertente!
“Non puoi trovare un buchino? Per favore!”. Si vedeva proprio che dire quelle parole le costava un certo sforzo ed era questo quello che mi faceva più ridere. Mi ero vendicato della sera prima.
“Ok, penso di poter trovare un po’ di tempo. Che materie ti servono?”, decisi di terminare il mio giochino per paura che si arrabbiasse. Quando ebbi finito di parlare lei scoppiò a ridere.
“Fai prima a chiedermi in quali raggiungo la sufficienza, Styles”. Perfetto! Dovevo salvare il culo ad una che probabilmente non aveva neanche i libri per studiare.
“Facciamo così, pensiamo ad una materia alla volta. Quando ci possiamo vedere?-.
“Anche oggi, se ti va”.
“Perfetto. Va bene da te? Ho la casa occupata oggi”. Sorrisi al pensiero della faccia che avrebbe fatto Sarah trovandosi davanti la scena di mia sorella e il ragazzo che facevano... cose private.
“Va bene. Alle 15.30 a casa mia?”, chiese.
“D’accordo. Dove abiti?”. Dopo aver definito gli ultimi accordi se ne andò per tornare nella sua classe.
“Chi è quella?”, chiese Louis.
“La ragazza del cinema”, spiegai.
“Davvero? Cavolo se è carina Haz! Potevi presentarmela!”, mi trattenni dal tirargli un pugno in faccia e mi voltai verso gli altri ragazzi.
“Oggi sono impegnato”, dissi prima di salutarli per tornare in classe.
 
Sarah’s POV
 
Non ci potevo credere. Avevo chiesto aiuto a quel cretino di Styles? Come potevo essere così stupida? Ero sicura che adesso stesse gongolando. Merda. Però non avrei potuto fare di meglio. Mi serviva davvero il suo aiuto, o avrei dovuto abbandonare la scuola, e non potevo fare questo a mio padre. Ora però avrei dovuto passare il pomeriggio con quello. Che sfortuna! Mentre aspettavo che suonasse la campanella per rientrare in classe tirai fuori un po’ di spiccioli dalla tasca dei pantaloni e mi avvicinai alla macchinetta per prendere qualcosa da mangiare. Stavo morendo di fame! Ma evidentemente la sfiga aveva deciso di non lasciarmi un secondo e quindi, da brava idiota, sbagliai a premere il bottone, prendendo una bottiglietta d’acqua.
“Stupida macchinetta bevitela te la tua acqua di merda e dammi i tarallucci! Ho fame!”, cominciai ad urlare prendendo a pugni quello stupido aggeggio.
“Serve aiuto?”, chiese una voce. Mi girai e vidi che poco distante da me, con uno sguardo divertito, c’era Nick Fryn. Senza dirgli niente tornai a prendere a calci la macchinetta. Dovevo pur sfogarmi con qualcuno! Poco dopo sentii delle mani sui miei fianchi. Mi girai pronta a prenderlo a schiaffi ma mi bloccò la mano.
“Piaciuto lo scherzetto al cinema? Quanto ci è voluto prima che ti tirassero fuori di lì?”, mi chiese divertito. In quel momento avrei volentieri commesso un omicidio. Magari poi sarei scappata in Messico e avrei cambiato il mio nome con “Abelina”. No, meglio di no.
“Lasciami”, gli dissi con un toro che avrebbe dovuto fargli paura, macchè...
“Oppure?”. Voleva la guerra? Ebbene, guerra avrebbe avuto. Gli sorrisi prima di assestargli una bella ginocchiata sulle maracas. Lui si accasciò a terra imprecando. Proprio in quel momento suonò la campanella e io colsi occasione per scappare in classe. Mi aveva realmente invitata al cinema solo per chiudermi nel gabinetto? Sul serio, quel ragazzo doveva trovarsi un hobby. La prossima lezione era francese, cioè l’unica materia in cui andavo bene. Mia madre era francese e quindi mi aveva insegnato qualcosa già da piccola. La lezione passò velocemente e così anche quella dopo. Verso le 11.00 suonò la campanella dell’intervallo. Ora, se fossi stata furba me ne sarei rimasta in classe per non fare brutti incontri, ma visto che avevo il cervello con un cartello con su scritto “chiuso per ferie” era ovvio che facessi qualcosa di stupido. Uscii tranquillamente dalla classe per ritornare davanti alla macchinetta. Ringraziando il cielo quel giorno c’era poca gente. Infilai la mano nello scomparto dove si potevano prendere le cose comprate e... era vuoto. Non solo avevo preso una stupidissima bottiglietta d’acqua, ma me l’avevano pure fottuta? Fanculo. Assestai un altro calcio alla macchinetta e decisi di andare a cercare Carol. Mi dispiaceva di aver litigato con lei. Era una delle poche persone che mi erano rimaste accanto, nonostante tutto. La trovai davanti al bagno, a parlare con delle ragazze.
“Carol, possiamo parlare un attimo?”, le chiesi spostando per un attimo lo sguardo da lei alle ragazze. Stavano bisbigliando tra di loro, lanciandomi di tanto in tanto delle occhiatine. Ma che cavolo volevano?
“Ora sono impegnata, Sarah. Ci vediamo dopo”, disse per poi tornare a parlare con quelle oche. Bene, anche l’unica amica che mi era rimasta mi aveva voltato le spalle? Che vita di merda...
“Trovata! E ora mi stai a sentire”, mi sentii tirare per il braccio e venni trascinata in un angolino del cortile. Quando mi  girai per vedere chi fosse il mio rapitore mi ritrovai faccia a faccia con Nick. Proprio non riusciva a lasciarmi in pace?
“Cosa vuoi Fryn?”, chiesi scocciata.
“Voglio solo divertirmi un po’! Dai racconta, chi ti ha tirata fuori dal bagno? E quanto ci è voluto?”. Voleva davvero morire? No perché bastava chiedere.
“Ti posso dire solo che sei un vero coglione. E quindi sei voluto uscire con me solo per chiudermi nel bagno del cinema? Devi avere molto tempo da sprecare! Davvero, iscriviti in palestra, fai volontariato, lanciati da un aereo senza paracadute, ma stai lontano da me!”, dissi cercando di andarmene, ma lui mi prese il polso e mi tirò indietro, di nuovo. Lo guardai in faccia e vidi che stava sorridendo.
“Ti dispiacerebbe lasciarmi andare?”, chiesi alquanto alterata.
“Per andare a fare cosa? Tanto ormai neanche la tua migliore amica ti sopporta più”. Sbam, colpita e affondata. Abbassai lo sguardo colpita dalle sue parole. Ma non potevo non reagire, non era da me!
“Come si dice? Meglio soli che male accompagnati”, dissi prima di liberarmi il braccio con uno strattone. Cominciai a camminare in direzione della scuola, ma lo sentii chiamarmi.
“Andiamo Sarah aspetta!”.
“Levati dai coglioni!”, urlai e vidi parecchia gente, tra cui alcuni professori, girarsi nella mia direzione per guardarmi storto. Ma cosa volevano?
“Sarah!”, mi chiamò ancora e riuscì a riprendermi il polso. Ma era davvero così idiota?
“Mi pare che ti abbia detto di lasciarla stare”, disse una voce dietro di me. Mi girai e vidi Harry venire nella nostra direzione. Ecco, ci mancava giusto lui.
“Stai tranquillo oh!”, disse quel cretino di Nick lasciandomi andare, finalmente. Senza guardare nessuno dei due tornai dentro, ma prima di rifugiarmi nella mia classe venni presa per il braccio per la millesima volta.
“Fryn non mi rompere i co...”.
“Non sono Fryn. Volevo solo chiederti come stavi”, mi girai incontrando lo sguardo del riccio.
“Come vuoi che stia? E poi a te che te ne importa?”, risposi con il mio solito tono da cavernicolo.
“Volevo solo essere gentile. Non credi che mi meriti almeno un “grazie”?”, chiese accigliandosi e lasciandomi il braccio.
“Grazie per cosa? Non hai fatto proprio niente! Smettetela tutti quanti di rompermi le palle! Va’ a trovarti un hobby, magari puoi fare coppia con Fryn!”, dissi entrando finalmente in classe.
 
Per fortuna le lezioni terminarono in fretta e, a parte un bel 3 in matematica, ero riuscita a non combinare altri guai. Quasi orgogliosa di me uscii dalla classe dirigendomi verso il parcheggio dove di solito io e Carol ci incontravamo per tornare a casa insieme. Ma quella volta la vidi salire sulla macchina di una delle Barbie, senza degnarmi di uno sguardo. Notai le ochette ridere indicandomi e gli alzai gentilmente il dito medio per poi girarmi e cominciare a camminare da sola. In poco tempo riuscii ad arrivare a casa e cominciai subito a preparare qualcosa da mangiare per calmare quegli elefanti che ballavano la macarena nel mio stomaco. Dopo aver mangiato più di un maiale obeso mi stravaccai sul divano. Harry sarebbe arrivato alle 15.30 e... aspetta, Harry sarebbe arrivato? Lo avevo trattato di merda solo poche ore prima, come potevo sperare che si presentasse lo stesso a casa mia?
“Che idiota”, dissi a me stessa. E ora come avrei fatto con la scuola? Lui era la mia unica speranza. Sbuffando mi alzai dal divano e mi diressi in camera mia. Quando tornai al pian terreno avevo le braccia piene di libri che non avevo praticamente mai aperto. Ne aprii uno a caso e guardai uno degli esercizi. Ma possibile che in quello che doveva essere un esercizio di matematica c’era di tutto meno che i numeri? E che cavolo però, io ero già una schiappa se si parlava delle moltiplicazioni! Presi comunque un foglio e una penna e trascrissi l’espressione. Passai ben 10 minuti a guardarla, senza la minima idea di cosa fare. Dovevo addizionare questo con quello? Ma come facevo ad addizionare due lettere? E poi, cosa cavolo mi rappresenta “-y”?. Già che una lettera si trovasse in un esercizio di matematica era strano, ma come faceva ad essere addirittura negativa?
“Che se le risolvessero loro queste espressioni e lasciassero in pace me!”, dissi buttando tutto giù dal tavolo. Suonò il campanello e svogliatamente mi alzai per andare ad aprire.
“Chi è che rompe la pa... Harry?!”, chiesi sorpresa.
“No, mia nonna. Ma certo che sono io! Ti ricordi di avermi chiesto di aiutarti con i compiti o l’acidità che ti ritrovi ti ha portato via quei pochi neuroni che avevi?”. Simpatico lui. Ora usava i miei stessi metodi?
“No, è che pensavo...”.
“Cosa?”.
“Niente. Entra dai”, dissi spostandomi per farlo entrare e richiudendo la porta. Gli feci strada verso il salone dove avevo già portato i libri e gli feci segno di sedersi su una sedia. Non avevo la scrivania in camera mia, né uno studio, ma tanto sarebbero stati inutili, sia per il fatto che ero praticamente sempre sola in casa sia perché non studiavo mai.
“Avevi già iniziato a fare qualcosa?”, chiese Harry sorridendo. E quelle fossette da dove sbucavano? Neanche Ciccio Bello le aveva così belle! Repressi il desiderio di infilarci un dito e mi limitai ad annuire.
“Sì, ma...”.
“Dai, fammi vedere”. Ma se non ero riuscita neanche a fare un’espressione? Va beh, lo aveva chiesto lui. Recuperai il foglio da sotto al tavolo e glielo mostrai.
“Dov’è il procedimento?”, chiese lui guardando il foglio. Ma era tonto?
“Harry, è quello il procedimento”.
“Ma qui non c’è niente!” replicò.
“Infatti! Ecco, quello è per farti capire fin dove arrivano le mie conoscenze matematiche”, dissi e lui spalancò la bocca.
“Vuoi dire che non sei riuscita neanche a fare questo tipo di espressione?”, chiese ed io annuii.
“Ma cosa fai quando il prof spiega? Lanci aeroplanini  di carta agli unicorni?”. Beh, in realtà non ci avevo mai pensato, ma avrei potuto provarci.
“Ti ho chiesto aiuto perché ne ho bisogno, non per vedere la tua brutta faccia anche dopo la scuola, Styles”, risposi e lui si accigliò.
“Posso chiederti perché sei sempre così acida?”.
“No, e ora mettiamoci al lavoro”, sbuffò per poi riprendere il foglio e il libro. Riuscì a risolvere quell’espressione in pochissimi minuti, spiegandomi passo passo il perché dei suoi ragionamenti.
“Hai capito?”.
“Più o meno...”.
“Dai, ora prova tu”, mi diede il foglio e la penna e cominciò a dettarmi un’altra espressione. Mi ricordai dei passaggi che aveva fatto e riuscii a farla. Come aveva fatto?
“Che mi hai fatto? Mi hai forse drogata?”, chiesi sbalordita per essere riuscita a fare l’esercizio.
“Non ce n’è stato bisogno. Sei intelligente! Dovresti solo studiare un po’”.
“Sì Styles, raccontane un’altra”.
“Guarda che è vero! Ti è bastata una spiegazione veloce per riuscire a fare l’esercizio. Perché non ci provi? Io non posso fare i miracoli e se vuoi migliorare dovrai impegnarti anche da sola, cominciando a prestare attenzione alle lezioni”, disse serio. Annuii e lui sorrise, facendo ricomparire quelle dannate fossette. Inconsciamente sorrisi anch’io.
“Sei bella”.
“Cosa?!”.
“Quando sorridi, sei bella. Perché non lo fai più spesso?”, mi chiese ed io lo guardai son gli occhi spalancati.
“Perché poi la gente se ne esce con delle cazzate del genere, ecco il perché”, spiegai.
“Devi sempre rovinare tutto”, disse scuotendo la testa e tornando a concentrarsi sul libro. La giornata trascorse così, con lui che mi spiegava le cose ed io che cercavo di fare gli esercizi difficilissimi del libro. Verso le 18.00 decidemmo che per quel giorno poteva bastare e mettemmo via tutto.
“Sei stata brava. Abbiamo fatto quasi tutto il programma di quest’anno in un pomeriggio. Direi che così con matematica possiamo rallentare un po’. Ci rivediamo domani per spagnolo?”.  Quindi aveva intenzione di continuare ad aiutarmi? Gli feci un segno di assenso.
“Harry?”.
“Sì?”.
“Grazie...”, dissi abbassando lo sguardo.
“Prego. Ci vediamo domani a scuola e poi qui sempre alla stessa ora, ciao”, disse venendomi vicino... troppo vicino! Si sporse per abbracciarmi ma io mi spostai e lui cadde come un pera. Cominciai a ridere tenendomi la pancia.
“Cosa ti ridi? Non ti posso nemmeno abbracciare?”.
“No Styles, gli unici contatti fisici che di solito concedo non farebbero altro che sfigurare quel bel faccino che ti ritrovi. E ora porta fuori il culo da casa mia”.
“E riecco Miss Acidità...”, disse dirigendosi verso la porta di casa. Lo accompagnai e ci salutammo con un:
 “Ciao”. Chiusi la porta e ricominciai a cucinare per me e mio padre, che sarebbe arrivato tra poco. Mentre tagliuzzavo il prosciutto cominciai a ripetere ad alta voce:
“Il primo postulato di appartenenza della retta dice che per due punti distinti passa una e una sola retta; il secondo...”. Styles, che tu sia benedetto.

 

Tinky Winky!

Dipsy!

Lala

Po!

Ok la smetto, lol.
Finalmente ho aggiornatoooooooo!
Non sembra vero neanche a me, lol.
Awww la prima volta che questi due stanno insieme senza scannarsi!
Che teeeeeeneri *-*
Vaaaaaaaa bene, lascio a voi i commenti.
Tanto non recensirà nessuno perchè sono una lumava sfiggy.
Capitemi, oggi sto in fissa con le lumache (?)
Dai vi prego, lasciatemi un piccolo parere!
Ah, e mi piacerebbe anche se segnalaste degli eventuali errori, così da poterli aggiustare.
A MASSIVE THANK YOUUUUUUU!
*feeling like uandairecshion* (?)
Ok vado.
Sciao bellissime/i
<3

 

O

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Capitolo 5
*** Latin and explanations ***


Cap 5 "Latin and explenations"

Ormai era una settimana che Harry veniva a casa mia dopo scuola per le ripetizioni ed io stavo migliorando tantissimo, tant’è che nell’ultimo compito di matematica ero riuscita a prendere un 7. UN 7! CAPITO? Ora ci stavamo concentrando sullo spagnolo, ma era difficilissimo rimanere seri con Styles che faceva suoni buffi con la bocca.
“Ma cosa ti ridi? E’ così che si pronuncia la ‘j’”, disse seccato.
“Ma sembra che ti sia andato di traverso qualcosa!”, dissi tra le risate.
“Senti, ci rinuncio. Passiamo al latino?”, chiese, probabilmente sperando di riuscire a porre fine a quella tortura.
“Cosa?! No no! Il latino proprio no!”.
“Ma se è lì che hai l’insufficienza peggiore! Dai, non fare storie e prendi di libri”. Sbuffando mi trascinai in camera, presi il libro di latino praticamente nuovo e tornai da Harry.
“Allora vediamo... ecco! Traducimi questa frase:  Mors et fugacem persequitur virum”.
 “Amen”.
“Ma cosa c’entra! Devi tradurre la frase!”, mi disse Harry accigliato.
“Uff! E va bene! Allora... i morsi e la fuga dopo cena perseguitano i virus.”, dissi sicura.
“Ma cosa stai dicendo?!”, chiese Harry con la bocca spalancata.
“E allora dimmela tu la traduzione!”.
La morte raggiunge anche l’uomo che fugge”.
“Sempre positivi questi latini, eh?”, dissi sarcastica.
“Che ci vuoi fare, tanto alla fine sono morti tutti”, disse sorridendo. No, ma tranquilli ippopotami, ballate pure la macarena nel mio stomaco, non mi date alcun fastidio.
“Che ne dici se torniamo a spagnolo? Ti prometto di non ridere”, dissi facendo gli occhi dolci.
“E va bene, ma se ridi un’altra volta ti farò studiare latino a vita”.
“Ci sto! Andale Andale!”. Dopo avermi guardata male riprese il libro di spagnolo e cominciò a sfogliarlo.
“Ecco, leggi questa parola”, disse porgendomelo.
Ciruela”.
“Ma no! La ‘c’ non si legge ‘ci’!”.
“E come si legge?”, chiesi e lui emise un suono strano, come quello che fanno i serpenti. Mi sforzai di non ridere e mi nascosi la faccia trai capelli.
“Ora prova tu”. Ok Sarah, ce la puoi fare.
ccccccciruela”, dissi cercando di imitare il suono che aveva fatto prima, ma evidentemente non mi riuscì tanto bene perché lo vidi asciugarsi tutto il viso.
“Ok... la prossima volta porterò un ombrello”. Bene, gli avevo appena sputato in faccia. Ma porc...
“Scusa”, dissi imbarazzata.
“Tranquilla, succede a volte. Direi che per oggi può bastare. Ci vediamo domani a scuola?”, chiese alzandosi.
“Sì”, risposi e lui fece la stessa cosa che aveva fatto il giorno del nostro primo incontro di ripetizioni. Ma gli piacevano così tanto gli abbracci?
“Ahi! E dai Sarah! Perché non ti fai mai abbracciare?”, chiese, un’altra volta con il culo per terra.
“Non mi piacciono gli abbracci! Dovresti piantarla di cercare di abbracciarmi ogni volta che vieni qui. Comprati un orsacchiotto!”, dissi alterata e lui si rimise in piedi.
“Sarah, Sarah, Sarah...”, si era impallato?
“Cosa c’è?”.
“La natura ti ha donato così tante belle cose! Gentilezza, bellezza, simpatia. Ma tu dimmi... perché le hai rifiutate?”.
“Brutto stronzo! Esci da casa mia!”, dissi prendendo un cuscino dal divano e lanciandoglielo addosso. Lui riuscì ad evitarlo e scappò all’ingresso.
“Ci vediamo domani”, disse per poi scomparire dietro la porta di casa. Era una cosa incredibile quel ragazzo! Si comportava come un essere umano normale... e poi si trasformava nella persona più idiota che avessi mai conosciuto. Va beh, dopotutto era merito suo se ero migliorata nello studio. Forse recuperare quelle insufficienze non sarebbe stato poi tanto difficile. Approfittai dell’attimo di pace per mettere un po’ in ordine il salotto. Portai i libri di sopra, raccolsi il cuscino, misi a lavare i piatti con cui avevamo fatto merenda e, finalmente, mi sdraiai sul divano. In una situazione normale avrei chiamato Carol per raccontarle la mia giornata, ma ormai era una settimana che non ci parlavamo. Ci avevo provato, ma lei sembrava evitarmi ogni qualvolta cercassi di parlarle. Avevo deciso di non provarci più finché lei non mi fosse venuta in contro. Ma mi mancava tantissimo! Quella sera sarei dovuta rimanere da sola perché papà doveva restare alla pizzeria, ma proprio non mi andava di restare a casa. Decisi di uscire un po’, tanto per prendere un po’ d’aria. Così indossai qualcosa di più decente, presi la borsa e uscii, senza neanche sapere bene dove andare. Alla pizzeria? No, poi papà avrebbe rotto le scatole per sapere dove stavo andando. Al cinema? Dopo quello che era successo l’ultima volta avevo deciso di non metterci più piede, almeno per un po’. Al parco? Ecco, quella mi sembrava un’idea più accettabile. C’era anche una gelateria lì vicino, così avrei potuto anche prendere un gelato. Indossai le cuffiette e cominciai a camminare fischiettando a ritmo della canzone che stavo ascoltando. In poco tempo arrivai al parco e mi avvicinai alla gelateria.
“Buongiorno signorina. Dica pure a me”, mi accolse l’uomo panciuto dietro al bancone.
“Ehm... vorrei un cono”.
“Come?”. Cavolo però così mi metteva ansia!
“Medio”.
“Che gusti?”.
“Melone, fragola e limone”.
“Mi dispiace, ma non abbiamo il melone”. Cosa?! Non avevano il mio gusto preferito?!
“Ah, ok. Allora mi dia... menta”.
“Spiacente, non abbiamo neanche quella”. E vaffanculo!
“Allora pistacchio”.
“E’ finito”. Grrrrr.
“Facciamo così, lo scelga lei, d’accordo?”, dissi brusca. L’uomo mi guardò male e poi si chinò per raccogliere qualcosa di rosa con quella strana palettina. Sperai solo che avesse scelto qualcosa di buono. Dopo aver pagato uscii dalla gelateria e decisi di assaggiare il gusto misterioso. Lo leccai e...
“Bleah!”. Mi aveva davvero dato il gelato al gusto di chewingum? Ma cosa si era fumato? Ora mi era passata anche la voglia di gelato.
“Ma guarda chi si vede!”, sentii dire dietro di me. Riconobbi all’istante quella voce e sorrisi tra me e me, pianificando la mia prossima mossa.
“Bene, sono contenta di sapere che ci vedi ancora, Fryn”, dissi e i ragazzi dietro di lui ridacchiarono, per poi bloccarsi di colpo dopo un segno del loro “capo” visibilmente irritato.
“Cosa vuoi Fryn? Sbrigati a dire le tue quattro stronzate così posso tornare a casa”.
“Non sei simpatica, sai? Ora hai pure un angelo custode?”, mi chiese avvicinandosi. Angelo custode?!
“Che minchia stai dicendo?”.
“Styles. Che c’è, non puoi più difenderti da sola? Hai bisogno di uno sfigato come lui adesso?”. Scoppiai a ridere.
“Lui sfigato? Non sai che ha quasi tutte le ragazze della scuola ai suoi piedi? Prima di parlare informati, anzi, non parlare proprio, fai un favore a tutti”, dissi spostando il peso da un piede all’altro. Volevo andare a casa, subito.
“Resta il fatto che tu non sappia più difenderti da sola. Gira voce che sia stato Styles a tirarti fuori dal bagno, al cinema. Il che mi fa pensare: che cosa ci faceva Styles nel bagno delle donne in un cinema? Ci sta forse nascondendo qualcosa?”, chiese ghignando, seguito a ruota dal gruppetto dietro di lui.
“Prima di mettere in discussione la sessualità di Styles, perché non ti preoccupi del colore dei tuoi capelli? Sai, il rosa non è poi così virile”.
“Ma io non ho i cap...”. Velocemente mi avvicinai a lui buttandogli il gelato in testa. Ora aveva la testa rosa per via della fragola e del chewingum, con qualche chiazza bianca dovuta al limone.
“Ecco ora ce l’hai. Ora, se non ti dispiace, dovrei tornare a casa. Comunque è molto buono l’odore del tuo nuovo shampoo! E’ alla fragola, vero?”, dissi prima di correre via. Mi girai giusto un attimo quando fui fuori dal parco e lo vidi ancora fermo lì, con le mani strette a pugno e rosso in viso. Ridacchiando mi incamminai verso casa. Ripensai alle parole che aveva detto Nick. Un attimo... come sapeva che era stato Harry a tirarmi fuori dal bagno? L’unica persona che lo sapeva, oltre Harry, era... Carol! Ma non poteva averlo raccontato a tutti, no? Insomma, sapeva quanto ci tenessi che il mio problemino rimanesse segreto, non poteva spifferarlo al mondo intero solo perché avevamo litigato per motivi sconosciuti. Ma lei era l’unica a saperlo. Di certo Harry non si sarebbe messo a raccontarlo a Fryn, no? Da quello che avevo visto, trai due non c’era poi questa grande simpatia. Ma se Harry lo avesse detto a qualcuno, come uno dei suoi amici, e poi questo lo avesse raccontato a qualcun altro e via così? Era un liceo, le notizie giravano in questo modo! Decisi di non pensarci più di tanto e, una volta arrivata a casa,  mi buttai sotto le coperte, per poi addormentarmi subito.

***

Ma dico io, il Sole si trovava a 8,33 anni luce di distanza dalla terra e dove doveva venire a rompere di prima mattina? Sulla mia faccia!
Sbuffando mi alzai dal letto e, dopo essermi lavata e vestita, scesi a fare colazione. Come al solito ero sola perché papà doveva uscire presto la mattina per andare ad aprire il locale. Che poi io non ho capito, chi potrebbe mai mangiare una pizza alle 7 di mattina? Boh. Uscii da casa con lo zaino in spalla e... pioveva! Ma certo! Facciamo splendere il sole giusto per puntarlo in faccia a Sarah e poi facciamola camminare sotto la pioggia! Mi alzai il cappuccio e mi avviai correndo verso la scuola. Quando arrivai ero fradicia e incazzata. Per fortuna la campanella non era ancora suonata, così avevo un po’ di tempo per riscaldarmi prima che iniziassero le lezioni. Mi avvicinai al termosifone ma il quel momento vidi Carol entrare dalla classe. Così mandai a quel paese l’idea di riscaldarmi e mi avvicinai alla mia migliore amica... o quasi.
“Carol? Posso parlarti?”. Fanculo la promessa di non cercarla più. Lei era la mia migliore amica e se davvero si tiene ad una persona si mette da parte l’orgoglio.
“Devo ripassare”.
“Ehm... Carol? Ora abbiamo educazione fisica”, le feci notare. Lei si irrigidì e sbuffando si voltò verso di me.
“Ok, cosa vuoi?”, chiese fredda.
“Perché mi tratti così? Cosa ti ho fatto?”, le chiesi triste. Lei sembrò addolcirsi e, dopo essersi guardata intorno, mi prese per un braccio trascinandomi fuori dalla stanza.
“Dove mi porti?”, chiesi, ma lei non rispose. In poco tempo ci ritrovammo nel bagno.
“Si può sapere cosa ti passa per la testa? Vuoi spiegarmi perché mi hai portata qui o no?”, le chiesi alterata. Non solo quel posto mi faceva schifo, ma era anche puzzolente, poco igienico e, soprattutto, piccolo. Cominciai a sudare, ma cercai di rimanere calma.
“Volevi che ti rispondessi? Ti sto rispondendo. Tu non hai fatto niente, ed è quello il problema!”.
“Non capisco”.
“Oh andiamo Sarah! Quanti anni sono passati, 10? Non puoi continuare così! Io ti sono stata accanto per tutto questo tempo sperando in un tuo cambiamento, cosa che non è mai avvenuta. Facendo così ti sei isolata da tutto e da tutti ed io, per stare con te, ho fatto lo stesso. Ora mi sono stancata. Mi serve che tu mi risponda sinceramente: hai intenzione di cambiare o no?”, disse seria.
“Continuo a non capire! Cosa c’è che non va in me?”.
“Tutto! Sei sciatta, maleducata, vai male a scuola, non ti importa di niente e di nessuno!”.
“Non è vero! E se tu mi conoscessi davvero bene sapresti che questo non è affatto vero! Sono quelle 4 oche che ti hanno fatto il lavaggio del cervello?”.
“Cosa dici? Ecco, lo vedi il tuo problema? Pensi sempre che siano gli altri a sbagliare. Sei egoista, pensi solo a te stessa! Ti sei mai chiesta se anche io stessi soffrendo per qualcosa? No! Non te n’è mai importato! Mi sono stufata di starti dietro, ora veditela da sola”, disse e fece per andarsene, ma la bloccai.
“Ora stai a sentire me. E’ vero, spesso penso solo a me stessa, ma non lo faccio apposta! Io ti voglio davvero bene, Carol!”.
“No, non è vero. Se mi volessi bene non ti comporteresti così”.
“Così come?”.
Non mi metteresti sempre in imbarazzo!”. No, non poteva averlo detto.
“C-cosa?”.
“E’ la verità! Ormai mi vergogno di uscire con te!”.Disse incrociando le braccia al petto. Ed eccole qui, le lacrime che dovevano sempre venire a rompermi le scatole nei momenti meno opportuni. Aveva detto che i vergognava di stare con me. Mentre io provavo a fare pace lei usciva con quelle 4 oche, magari parlandomi alle spalle e dicendo loro quanto fossi “sciatta, maleducata ed egoista”.

“Sai che ti dico? Puoi tornartene dalle tue amichette. Sì, torna da loro, visto che con me ti senti in imbarazzo. Però ricorda una cosa: io non ho mai preteso nulla da te e non ho mai voluto che tu cambiassi qualcosa di te stessa perché non mi piaceva. Ti ho sempre voluto bene per quello che eri. Ma ora vai, butta pure quest’amicizia al cesso, e scusami se sto male perché devo sempre stare sola come un cane dalla mattina alla sera. Scusa se mi manca mia madre, dato che è morta quando avevo 8 anni proprio davanti ai miei occhi. Mi dispiace di averti messo in imbarazzo. Non succederà mai più, puoi starne certa”, dissi mentre alcune lacrime silenziose mi bagnavano il viso. Lei mi guardò un’ultima volta, indecisa, per poi allontanarsi e uscire dal bagno. Mi lasciai scivolare lungo il muro e mi inginocchiai a terra. Ecco, avevo perso un’altra delle persone più importanti della mia vita. Ma non era stata colpa mia. Era stata lei a sbagliare e non era giusto che io stessi male per un suo errore. Mi alzai e mi diressi verso il lavandino. Mi sciacquai la faccia e mi avvicinai allo specchio. Sembravo davvero uno zombie, con le occhiaie e il volto pallido a causa del posto troppo stretto. Presi un bel respiro profondo e, fingendo un sorriso, uscii dal bagno.


ZAN ZAN ZAN ZAAAAAAAAAN
E rieccomi con un capitolo insensato, idiota e merdoso!
YEAAAAAAAAAAAAH!
Va beh, lasciamo stare i commenti che ho poco tempo perchè sto rubando la connesione ai vicini.
Che ci posso fare se la mia si è presa una vacanza? Oh...
Coooomunque, finalmente si fanno dei passi avanti nella questione Sarah-Carol.
Che stronza Carol però .-.
Sono troppo felice perchè ieri sera ho fatto uno spettacolo ed è andato tutto bene.
Mio padre ha detto che era fiero di me!
cujvbeibjasdkvbweuin
Ok basta, non ve ne frega un cazzo.
Ah, sto scrivendo un'altra storia, un po' strana e... boh, non è proprio il mio genere,
ma mi era venuta l'ispirazione e quindi ho deciso di provare a scriverla.
Potreste passarci? La trovate nella mia pagina, si chiama "Dream or Reality".
ncjdibvcwuebwui vado che sennò i vicini si incazzano.
Sciau beli!

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Capitolo 6
*** Fix a heart ***


*non mi carica il banner e sinceramente non c'ho voglia di star dietro a 'sto computer. Pace all'anima sua*

Cap 6 “Fix A Heart”

Harry’s POV

Approfittai dei pochi minuti che avevo a disposizione prima che suonasse la campanella per andare in bagno, dato che probabilmente dopo non avrei avuto modo di andarci. Stupidi professori e le loro convinzioni, non è che si va al bagno a comando! Mi avvicinai al bagno dei maschi e mi bloccai appena fuori la porta per la massa di gente che lo affollava.
“Ma siete in fila?”, chiesi al ragazzo davanti a me.
“Sì”. Cosa?! Tutta quella gente era in fila?! Sbuffai e decisi di provare un altro bagno, dato che quello era inagibile. Arrivai al bagno del secondo piano e feci per entrare quando mi accorsi di un foglio attaccato alla porta:
Bagno guasto.
Cosa?! Ma porca miseria! Mi misi alla ricerca di un altro bagno, ma l’unico che conoscevo oltre a quei due si trovava dall’altra parte della scuola, proprio vicino alla classe di Sarah. Correndo per non arrivare in ritardo sbucai nel corridoio giusto e mi sbrigai a raggiungere la porta bianca con l’omino blu disegnato sopra. Proprio quando stavo per entrare qualcuno mi venne addosso.
“Ma porc...”, esclamò Sarah.
“Ma buongiorno finezza!”, dissi guardandola in faccia. Mi accorsi in quel momento degli occhi rossi e del trucco semi-colato.
“Sempre trai piedi tu, eh Styles?”, disse fredda cercando di scansarmi per andarsene.
“Aspetta, cos’è successo?”, le chiesi ostruendole il passaggio così che non potesse passare.
“Che te ne importa?”, disse lei brusca rinunciando all’idea di fuggire.
“Mi fai passare?”, chiese incrociando le braccia.
“No, almeno finché non mi dici che succede”. Dissi copiando il suo gesto.
“Non riesci davvero a farti i cavoli tuoi, eh?”.
“No. Dai racconta”, la esortai, ma in quel momento suonò la campanella e lei mi guardò, sorridendo beffarda.
“Se non sbaglio la tua classe è dall’altra parte della scuola. Credo che tu sia un po’ in ritardo”, disse continuando a sorridere.
“Cavolo è vero! Ci vediamo dopo scuola a casa tua, ciao!”, le urlai prima di cominciare a correre per il corridoio. Non ero neanche andato al bagno, bene! Arrivai in classe con il fiatone e, naturalmente, in ritardo.
“Styles, era impegnato in una maratona per caso?”, mi chiese quel cretino del prof.
“No, è che in questa scuola neanche i bagni funzionano più”, risposi sedendomi al mio posto. Il prof continuò a guardarmi male per tutta la lezione. Me ne fregai altamente e provai ad immaginare che cosa fosse successo a Sarah. Di solito era così forte... non l’avevo mai vista così. Louis, che mi era seduto vicino, sembrava aver capito che c’era qualcosa che non andava, così mi scrisse un bigliettino.

Che hai?

Presi la penna, scrissi la risposta, ripiegai il biglietto e glielo porsi.

Oggi ho visto la ragazza del cinema fuori dal bagno. Era triste ma non mi ha voluto dire il perché.

Lo vidi leggere e scrivere subito dopo la risposta.

E a te che importa?

Mi incantai a fissare quelle parole. Beh, in realtà aveva ragione. La conoscevo da poco più di una settimana nella quale ci eravamo visti solo per studiare, ma questo poco tempo mi era servito per conoscerla meglio. Dietro ogni suo gesto era nascosto qualcosa, come un segreto. Avevo scoperto che non era per niente antipatica e acida e che quella era soltanto una maschera. Si fingeva una dura per non apparire debole, ma per cosa? Quello non gliel’avevo mai chiesto. In realtà, tutto quello che sapevo su di lei lo avevo imparato osservandola. Avevo scoperto che era una disordinata cronica, che era brava a cucinare, che suo padre era il proprietario della pizzeria dove ci eravamo incontrati la seconda volta, che non le importava di vestirsi bene o truccarsi, probabilmente perché non si credeva un granché, anche se era molto carina. Era simpatica, con un gran senso dell’umorismo, ma terribilmente pigra. Voleva bene al padre ma non parlava mai della madre o di altri familiari. Strano quante cose si possono scoprire di una persona solo osservando ogni piccolo gesto, vero? Una volta avevamo perfino parlato dei nostri gusti musicali e i suoi mi avevano stupito. A vederla poteva sembrare una ragazza che ascoltasse solo musica abbastanza forte, ma da quello che mi aveva detto, i suoi gusti spaziavano anche in altre categorie. Per esempio, le sue cantanti preferite erano Pink e Demi Lovato. Quindi, come potevo rispondere alla domanda di Louis? Che eravamo amici, non proprio...

E’ una ragazza simpatica e mi dispiace vederla così.

Gli scrissi alla fine.

Non è che ti stai affezionando? Sarebbe bello se dopo la storia con Kayla ci provassi con qualcun’altra, e Sarah mi sembra abbastanza tosta da tenerti testa.

“Styles, Tomlinson! Se non siete interessati alla lezione potete anche uscire”, ci disse il prof. Louis fece per alzarsi ma lo trattenni sulla sedia. Non era certo quello il momento per farsi buttare fuori dalla classe.
“No, professore. Ci scusi”, dissi io.
“Dato che avete così tanta voglia di parlare, perché uno di voi due non ci racconta un po’ la vita di Alessandro Magno?”. Guardai Louis e dal suo sguardo preoccupato mi resi conto che non aveva studiato. Beh, neanche io ma per me era più facile recuperare un’insufficienza, così alzai la mano.
“Vai Styles, comincia a parlare”. Bene, e ora?
“Alessandro era figlio di suo padre e della moglie del padre di Alessandro Magno. Nacque nel giorno del suo compleanno, nella sua città. Nel periodo della sua vita, che va dalla sua nascita alla sua morte, conquistò molte terre e, se posso esprimere il mio parere, credo che sia stato un gran mangione”. Vidi Louis e tutta la classe guardarmi con la bocca spalancata per poi scoppiare a ridere. Il prof invece era rosso per la rabbia.
“Styles! Si crede simpatico forse? Voglio proprio vedere come recupererà un votaccio del genere”, disse infuriato. Io feci spallucce, consapevole del fatto che alla fine ce l’avrei fatta, come sempre. Il resto delle lezioni passò velocemente, per mia fortuna, e l’intervallo arrivò subito. Avevo deciso di andare a cercare Sarah per chiederle come stava. E se avesse avuto ragione Louis? Mi stavo davvero affezionando a Sarah? Ma eravamo così diversi! Lei era... così incasinata. Decisi di non pensarci in quel momento. I corridoi erano pieni di gente che spingeva per arrivare al cortile. Cosa ci andassero a fare lì per me era un’incognita. Riuscii comunque ad arrivare al piano di Sarah e cominciai a cercarla. In corridoio non c’era, quindi provai a cercarla in classe. E infatti era lì, seduta al suo banco con le cuffie nelle orecchie, tutta sola. Mi avvicinai, ma lei non si accorse di me, almeno fin quando non le toccai una spalla. Per lo spavento saltò in piedi e fece rovesciare la sedia all’indietro.
“Ma porc... Harry! Che cazzo ci fai qui?”, chiese tenendosi una mano sul cuore.
“Volevo sapere come stava la mia Miss Finezza”, le risposi sorridendo.
“Stavo meglio prima che tu mi facessi perdere 20 anni di vita”.
“Scusa... cosa ascolti?”, chiesi alludendo alle cuffiette. Lei me ne porse una e io la portai all’orecchio.
 
Baby I just ran out of band-aids
I don’t even know where to start
‘Cause you can’t bandage de damage
You never really can fix a heart.
 
Sorrisi riconoscendo le parole di Fix A Heart di Demi Lovato.
“La conosci?”, mi chiese ed io annuii.
“E’ una delle mie canzoni preferite”. Ed era vero. Dopo aver scoperto che grazie a Kayla ero diventato un parente stretto di un alce avevo passato molto tempo ad ascoltare canzoni del genere. Lei sorrise, il che non accadeva molto spesso. Ma il suo sorriso si spense subito e, dopo aver ripreso al cuffietta, tornò a sedersi al suo banco. Le passai dietro e mi accomodai sulla sedia accanto alla sua.
“Mi vuoi dire che succede? E’ colpa mia?”, le chiesi.
“Non succede niente, Styles”, disse con un tono duro. Mi aveva chiamato per cognome e avevo imparato a riconoscere quel gesto come un tentativo disperato di rinchiudersi nel suo guscio fatto di acidità e antipatia. Accadeva ogni volta che provavo a spingermi un po’ più in là per conoscerla, ed era una cosa che odiavo.
“Allora, Spancer, perché sei più acida del solito?”. Sapevo quanto odiasse che la si chiamasse per cognome e speravo che cedesse, raccontandomi quello che la faceva stare male.
“Oggi, quando sono uscita da casa, ho acciaccato una cacca di cane, contento?”. La guardai per poi scoppiare a ridere.
“Wow, doveva essere una cacca molto grande per farti stare così. Andiamo Sarah, parla con me!”.
“Cosa vuoi che ti dica? Che sono diventata un peso anche per la mia migliore amica? Che mi sono sentita dire da una delle persone più importanti per me che la metto in imbarazzo? Ti senti meglio adesso?”, disse, fissando i suoi grandi occhi marroni nei miei. Vidi i suoi occhi sforzarsi per trattenere le lacrime e non potei fare a meno di raccogliere con un dito l’unica che era riuscita a sfuggirle.
“Ti ha davvero detto questo?”, le chiesi in un sussurro. Lei annuì, abbassando lo sguardo, mostrando così quanto fosse ferita. Le accarezzai la guancia, afferrandole dolcemente il mento per farle tirare su la testa, in modo che potessi guardarla negli occhi.
“Tu non sei un peso e non metti in imbarazzo nessuno. Sei una persona speciale, che va solo compresa. Se ti ha detto queste cose vuol dire che non ti ha mai conosciuta veramente e, secondo me, non sa cosa si perde”. Mi guardò per un momento, per poi allontanarsi e asciugarsi le lacrime. Non resistetti e, approfittando della sua distrazione, la abbracciai, stringendola stretta a me. Lei si immobilizzò, sorpresa dal gesto, ma non si allontanò. Certo, non ricambiò l’abbraccio, ma almeno non mi aveva spinto via facendomi finire, di nuovo, con il culo per terra. Sentii la campanella suonare, ma non mi importava.
“Styles?”, mi chiamò, ma questa volta non aveva usato il mio cognome perché era arrabbiata, bensì con un tono canzonatorio.
“Sì?”.
“Muovi il culo e vai in classe”, disse ridacchiando. A malincuore mi staccai e, dopo averle sorriso un’ultima volta, mi alzai.
“Ci vediamo dopo”, le dissi camminando verso la porta, continuando a guardarla. Come un idiota andai addosso a qualcuno.
“Scusa”, dissi velocemente.
“Non fa niente”. Guardai la persona che mi era venuta addosso e riconobbi la ragazza che era con Sarah nel corridoio, la prima volta che ci eravamo incontrati a scuola. Doveva essere lei la ragazza che le aveva detto quelle cosa. La guardai male e lei mi rivolse uno sguardo interrogativo.
“Scusami ma devo andare. Sai, è un po’ imbarazzante finire addosso alle persone. Ciao Sarah”, dissi fissando la ragazza negli occhi per poi rivolgere un sorriso a Sarah. La ragazza si irrigidì ma non ebbe tempo per controbattere perché corsi fuori dalla classe.
 
Sarah’s POV
 
Aveva davvero detto quelle cose a Carol? Ok, quel ragazzo era un genio. L’aveva lasciata a bocca aperta, impalata davanti alla porta. Sapevo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per parlare un po’ con Harry, ed ora che ci era riuscita era stata smerdata davanti a tutta la classe. Sorrisi soddisfatta ringraziando Harry mentalmente.
“Che vuol dire ‘ci vediamo dopo’?”, mi chiese. Aveva anche la sfacciataggine di rivolgermi la parola?
“Sai, può darsi che io non sia un peso per tutti”, dissi sorridendole beffarda. Lei mi guardò male per poi raggiungere il suo posto e cominciare a parlottare con le oche. Avrei voluto mettermi a ballare una danza improvvisata e urlare “in your face, bitch”, ma mi trattenni grazie all’arrivo del prof di religione. Non ero certo il tipo che crede, ma mio padre sì, quindi mi aveva costretta a frequentare anche quella lezione.
“Allora ragazzi, prendete il vostro libro”, cominciò il rompipalle. Era un uomo basso, panciuto e con una cerchia pelata proprio al centro della testa, con pochissimi capelli bianchi. Aveva degli occhietti piccoli e neri e il brutto vizio di parlare lentamente che lo rendeva estremamente noioso.
“Allora, come dice il libro, la religione è formata da un triangolo che unisce Dio, l’uomo e il cosmo”. No, non potevo resistere, la tentazione era troppo grande.
“E Wanda?”, chiesi a voce alta. L’intera classe rise e l’uomo si girò nella mia direzione e mi incenerì con lo sguardo. Si vedeva che non gli stavo simpatica?
“Signorina Spancer, potrebbe tenere per lei le sue battutine, per favore?”, mi chiese alterato.
“Certo, mi scusi”, risposi ridendo sotto i baffi. Il prof continuò a parlare ed io continuai a non ascoltare.
“Allora prese il calice, rese grazie e disse...”. E riecco la tentazione...
“Oh, ma è Ronco!”, mi lasciai sfuggire, ma a voce troppo alta. Partirono altre risatine.
“Spancer! Vuole finire in presidenza di nuovo?”.
“No prof, mi scusi”. Ok, dovevo calmarmi. Non potevo dire sempre quello che mi passava per la testa, anche se stavo rendendo quella lezione molto più divertente. Il prof continuò a parlare, anche se ogni 2 minuti si girava nella mia direzione.
“Quindi possiamo notare che nella Bibbia ci sono molte ricorrenze di numeri, come il 3, il 7, il 12...”.
“TOMBOLA!”.
 “SPANCER! FUORI DALLA MIA CLASSE”. Ecco, ero fottuta. Sorrisi beffarda al prof e tra le risate della classe uscii. Forse avrei dovuto chiedere a Harry anche ripetizioni di religione. Scoppiai a ridere quando l’immaginai Harry, con la barba e un vestito lunghissimo, che entrava nel mio salotto. Quel ragazzo mi stava facendo rimbecillire... ma la cosa mi piaceva.

 EEEEEEEEH MACARENA
OLE'!

COME VAAAAAA?
Mi scuso per il ritardo, ma non ho avuto uno straccio di tempo per scrivere (infatti il capitolo fa defecare gli stitici)
e in più in questi ultimi giorni sono venute a mancare le nonne di due mie amiche e volevo starle vicina.
Allora, sono depressa perchè stasera devo andare ad una specie di ballo della scuola e so già
che passerò la serata standomene seduta a non far niente perchè non mi si caga manco
un procione in calore.
In più i prof ci hanno caricati di compiti e non so proprio dove trovare la forza di farli.
Ah, volevo precisare che, al contrario di Sarah, sono credente e non vorrei che qualcuno si offendesse
per quelle battutine (penose oltretutto) che ho scritto. Inoltre credo che cancellerò l'altra storia che stavo
scrivendo perchè, oltre a non essere stata cagata da nessuno, mi sembra troppo lontana dal mio genere
ed è probabile che venga una merdina. Vaaaaaa bene, ringrazio sempre tutti quelli che leggono la storia.
Vi prego di lasciarmi qualche recensione per farmi sapere cosa ne pensate, anche perchè il capitolo scorso ne ha avuta
solo una. Ringrazio
in love with horan per questo. Se avete un po' di tempo passate da lei, vi farà morire dal ridere ncsiowo.
O cazzus che angolo autrice chilometrico. Vaaaa bene, vi saluto che mi devo preparare. Ciaooooo <3

 

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Capitolo 7
*** It's not bad to be happy ***



Cap 7 “It’s not bad to be happy”

Pioggia. Pioggia ovunque.
Durante la settimana, quando non potevo fare niente perché dovevo studiare, splendeva sempre il sole. Poi arrivava il sabato e fuori si scatenava il finimondo. Ma vaffanculo. Che poi io la pioggia proprio non la sopportavo. Mi metteva tristezza, ma mi piaceva molto l’odore, così aprii la finestra della mia camera. Non l’avessi mai fatto! Un turbine di vento, pioggia e foglie secche mi investì, bagnandomi tutta.
“Ma porc... Vaffanculo acqua di merda!”, imprecai affrettandomi a chiudere la finestra.
“Si signore, credo che sia qui. Grazie”, sentii dire dietro la mia porta e, neanche un attimo dopo, questa si aprì, mostrandomi la faccia contornata di ricci bagnati di Harry.
“E’ permesso?”, chiese.
“Ma che lo chiedi a fare se hai già aperto? Forza, entra”, dissi burbera avvicinandomi allo specchio di camera mia per vedere in che condizioni ero. Bene, una strega dei boschi aveva più fascino di me, in quel momento... beh, diciamo sempre.
“Che ti è successo?”, chiese Harry ridacchiando e venendo verso di me.
“E’ successo che anche il vento mi odia”, dissi cercando di sfilare una foglia dai capelli.
“Aspetta, ti aiuto...”. Bloccò la mia mano e sfilò la foglia facilmente, per poi spostarmi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“G-grazie”, balbettai arrossendo. Possibile che quel ragazzo riuscisse anche a farmi balbettare?
“Perché sei qui?”, chiesi tornando “normale”.
“Volevo chiederti una cosa e tuo padre mi ha detto che eri qui. In realtà ti ho trovata da solo seguendo il dolce suono delle tue parole soavi”, disse facendo un’espressione da ebete.
“Ma che...”.
“Comunque, volevo chiederti se ti andava di venire con me e i ragazzi ad una festa oggi”, continuò sedendosi sul letto.
“Che tipo di festa?”.
“E’ il compleanno di una della nostra classe e ha invitato quasi tutta la scuola”.
“Beh, a me non è arrivato l’invito, perciò...”.
“Ma ti sto invitando io adesso! E dai, ti preeeeeego”, disse facendo la faccia da cucciolo.
“Ma non ho nemmeno un regalo!”, dissi esasperata sedendomi accanto a lui.
“E tu pensi che io ne abbia uno? E dai Sarah! Ci divertiremo”, mi assicurò. Non c’era niente di male nel divertirsi un po’, vero? Però quella sarebbe stata la mia prima festa da liceale, perché avevo sempre preferito restarmene a casa con mio padre che ubriacarmi con altri adolescenti per poi finire nel letto di qualche sconosciuto.
“Non ti ubriacherai, vero?”, gli chiesi. Qualcuno avrebbe dovuto riaccompagnarmi a casa dopo!
“E va bene, non berrò molto, ma lo farò solo per te. Quindi vieni?”, chiese sorridendo. Grrr, quelle maledette fossette.
“D’accordo vengo”, cedetti.
“Sìììì! Allora ti passiamo a prendere alle 21.00”, disse alzandosi dal letto con un’espressione di felicità sul volto.
“Ma tu non hai la macchina”, gli ricordai.
“Io no, ma Louis sì. Sarà felicissimo di conoscerti!”.
“Non starai mica cercando di farmi mettere con qualcuno dei tuoi amici, vero Styles?”, chiesi ridacchiando. Anche se ero quasi sicura che potesse fare una cosa del genere.
“No! Te lo assicuro!”, disse serio.
“Allora ci vediamo alle 21.00. Non fate tardi o vi ficco...”.
“Sì, ho capito”, mi interruppe chiudendomi la bocca con la mano. Io lo guardai infuriata, ma quando sorrise come sapeva fare solo lui, ogni accenno di rabbia evaporò. E che cavolo però!
“Ci vediamo dopo, ciao Sarah”, disse e inaspettatamente mi lasciò un bacio veloce sulla guancia, per poi scappare dalla mia camera. Io rimasi lì come un’allocca, a toccare il punto in cui le sue labbra avevano incontrato la mia pelle. Come faceva a farmi sentire così? Insomma, quella non ero io! A me non piacevano le feste, odiavo scambiarmi coccole con qualcuno, non mi piaceva confidarmi con nessuno... non mi piaceva Harry. Ma non era cambiato niente, era solo qual ragazzo che mi mandava in tilt ogni volta. Dovevo essere allergica alle fossette. Sbuffando scesi al piano di sotto per aiutare mio padre con il pranzo.
“Chi era quello?”, mi chiese mentre giravo la pasta che sembrava volersi attaccare alla pentola ad ogni costo giusto per farmi un dispetto.
“E’ Harry, il mio compagno di studi”, dissi fissando lo sguardo su una penna che galleggiava nell’acqua.
“Mi sembra simpatico”.
“Lo è”. Cosa cazzo avevo detto? Ecco, ora avrebbe cominciato a chiedermi cose imbarazzanti.
“Ti piace?”. Appunto.
“No no! Nel senso, è un tipo simpatico, ma non mi piace in quel senso”, spiegai in fretta.
“Sei sicura? Quando sei scesa dopo aver parlato con lui mi sembravi felice”.
“No papà, è solo un amico”. Restammo in silenzio per qualche secondo. Ad un certo punto mio padre sbuffò e, lasciando stare la pancetta che non ne voleva sapere di friggere, mi prese per mano, guardandomi negli occhi.
“Sarah, in tutti questi anni non ti ho mai vista così felice come in questo periodo, neanche quando eri insieme a Carol avevi quell’espressione sul volto. La mamma vorrebbe che tu vivessi la tua vita senza pensare a quello che è successo. Sarebbe felice se decidessi di lasciarti tutto alle spalle per ricominciare da capo. Quel ragazzo ti rende felice, perché non provi a dargli una possibilità? Non è un male essere felici”, disse serio. Rimasi spiazzata. Con mio padre non avevo mai parlato di quelle cose, anche perché non c’era niente da raccontare, ma se avesse avuto ragione? Avevo sempre pensato che essere felici significasse dimenticarsi di lei, che se avessi provato a voltare pagina e a ricominciare da zero lei ne sarebbe rimasta delusa, non avevo mai visto la situazione da quel punto di vista. Mi piaceva Harry? Non ne ero sicura, ma mio padre aveva ragione: non l’avrei mai capito se non gli avessi concesso una possibilità.
“Grazie papà”, dissi abbracciandolo velocemente per poi correre in camera mia. Dovevo ancora scegliere i vestiti e, per una volta, li avrei scelti con cura.
“Vaffanculo stupida pasta del cavolo. E fanculo pure a te pancetta di merda!”, lo sentii urlare dalla cucina. Beh, dopotutto era mio padre.

Harry’s POV

“Quindi viene anche quella ragazza?”, chiese Zayn senza staccare gli occhi dallo schermo del televisore.
“Sì, l’ho invitata questa mattina”, risposi infilando la mano nel pacco delle patatine per poi estrarne una manciata. Eravamo a casa di Louis a fare quello che facevano quasi ogni sabato pomeriggio: giocare alla play, mangiare schifezze e parlare del più e del meno.
“Oggi ci andremo giù pesante, eh Harry? Ho sentito dire che ci saranno tutti i tipi di alcolici. Sia benedetta Valery Rose!”, disse Louis buttandosi su una poltrona. In quel momento mi ricordai della promessa fatta a Sarah. Non potevo ubriacarmi!
“Senti Lou, io...”.
“Ho proprio voglia di vodka, spero ce ne sia lì”.
“Louis...”.
“Ci ubriacheremo come i vecchi tempi. Non vedo l’ora Harry!”, disse per poi uscire dalla stanza a fare non si sa cosa.
“Che c’è Harry?”, mi chiese Liam notando il mio sguardo abbattuto.
“Niente, è che ho fatto una promessa che credo di non poter mantenere”.
“Che genere di promessa?”, mi chiese ancora. Intanto Zayn e Niall sembravano essere su un altro pianeta. Erano tutti e due seduti a terra, con un joystick in mano e lo sguardo concentrato. Tanto sapevamo tutti che avrebbe vinto Niall, come al solito.
“Ho promesso a Sarah che non avrei bevuto”, confessai.
“Beh, e tu non farlo. Non è difficile”.
“Ma Lou è così eccitato all’idea di bere, e sai che non posso lasciarlo solo. L’ultima volta che l’ho fatto è successo un casino”. Era stato un anno prima, alla festa di fine anno. Lou ci aveva dato giù pesante ed io ero troppo impegnato a provarci con una del quinto per stargli dietro. Fatto sta che neanche a metà serata era scoppiata una lite perché Louis aveva toccato il culo alla ragazza del capitano della squadra di Basket. Siamo riusciti ad uscire da lì per miracolo, ma Louis era conciato malissimo. Da quel momento mi ero imposto di non lasciarlo mai più solo a bere.
“Puoi stargli dietro anche senza bere”.
“Lo sai che non ci riesco”. Andiamo, per ogni ragazzo è difficile resistere al richiamo dell’alcol.
“Devi riuscirci. Hai fatto una promessa e devi mantenerla”, concluse Liam serio. Io annuii, sperando di riuscire a comportarmi bene.

Sarah’s POV

Avevo passato chissà quanto tempo in camera mia, cercando qualcosa da mettermi che non mi avrebbe fatta sembrare un ippopotamo. Beh, alla fine ero riuscita a trovare qualcosa, anche se non sapevo cosa ci facesse nel mio armadio un vestito blu elettrico, corto fino a poco più sotto del ginocchio, con un piccolo fiocco dietro alla schiena. Avevo ringraziato tutti i Santi che conoscevo e mi ero messa alla ricerca delle scarpe. Dato che quel giorno ero fortunata trovai delle ballerine semplicissime bianche. Beh, meglio delle converse. Mi ero fatta una doccia e per cercare di domare i capelli avevo fatto anche la piastra. Il risultato non era dei migliori, ma ci poteva essere di peggio. Avevo buttato il cellulare, le chiavi di casa e il portafoglio in una mini borsetta bianca e mi ero persino truccata! Avevo messo un po’ di matita blu, con un ombretto e un mascara dello stesso colore. Beh, ero pronta e non erano neanche le 21.00, per me era un record! Aspettai pazientemente che passassero a prendermi ascoltando un po’ di musica, ma non riuscii a trattenermi quando arrivò una delle mie canzoni preferite: La La Land, di Demi Lovato. Cominciai a cantare e ballare con la musica altissima. Ad un certo punto qualcuno mi tocco una spalla, mi girai di scatto e per la paura rischiai di tirare un pugno a mio padre. Quando vidi che era lui corsi ad abbassare la musica, più imbarazzata che mai.
“Ehi super star! C’è il ragazzo di oggi che ti aspetta di sotto”, disse ridendo della mia espressione.
“Ok, digli che scendo subito”, dissi e lui se ne andò. Che figura di merda. Mi affrettai a recuperare le mie cose e scesi di sotto dove Harry mi aspettava, seduto comodamente sul divano. Appena mi vide scendere le scale si alzò, guardandomi con gli occhi spalancati.
“Sei bellissima”, disse ed io arrossii. Poteva sembrare una scena da film, ma dubito che in un film la protagonista sarebbe caduta rovinosamente giù per le scale, inciampando sui suoi stessi piedi.
“Oddio Sarah! Stai bene?”, chiese Harry allarmato venendo in mio soccorso.
“Che succede qui? Sarah!”, urlò mio padre entrando nella stanza e vedendomi sul pavimento ai piedi delle scale.
“Sto bene, sono solo inciampata”, mi affrettai a dire prima che chiamassero l’ambulanza, o i pompieri, o il becchino.
“Sicura?”, mi chiese Harry aiutandomi ad alzarmi.
“Certo. Ma basta complimenti, ti prego”. Lui rise ed io mi aggiustai il vestito. Lo guardai attentamente per la prima volta quella sera. Indossava un paio di pantaloni color beige, con una camicia bianca più sbottonata che abbottonata. Sempre ridendo mi seguì fuori dalla casa e, dopo aver salutato mio padre, salii in macchina. Quasi non mi diedero il tempo di entrare che già cominciarono a presentarsi.
“Ciao Sarah, io sono Niall”, disse il biondo che avevo vicino. Gli sorrisi cordialmente.
“Io sono Liam”, si presentò un ragazzo con i capelli corti che sedeva accanto a Niall.
“Io sono Louis”, disse il guidatore con lo strano taglio di capelli.
“Io invece sono Zayn”, si presentò un ragazzo moro seduto davanti, vicino al ragazzo con il ciuffo.
“Ed io sono Harry!”, disse quel cretino ancora fuori dalla macchina. Lo guardai male per poi chiedergli perché non salisse.
“Perché, mi grande intelligentona, devi sederti un braccio a me. Quindi alza quel tuo bel fondoschiena”, disse ridendo. In braccio a lui? Perché in braccio a lui?
“Perché devo stare in braccio a te?”, chiesi.
“Perché, a meno che non vuoi metterti nel cofano, non c’è più posto”, rispose lui. Io sbuffai e mi alzai, forse un po’ troppo perché diedi una forte capocciata al tettuccio della macchina.
“Ma porc...”, esclamai tenendomi il punto in cui avevo sbattuto.
“Fine la ragazza, eh?”, rise il biondo. Mi trattenni dal mandarlo a quel paese e mi rialzai, facendo attenzione questa volta. Harry si sedette sotto di me e mi attirò a se, abbracciandomi la pancia.
“Carissimo Styles, se non vuoi vedere come staresti senza capelli leva subito quelle manacce”, lo avvertii. Tutti i presenti nella macchina, tranne Harry, risero. Possibile che già mi fossi dimenticata i loro nomi?
“Sei forte, mi piaci”, disse Ciuffo Strano. Mimai un inchino e la macchina partì, finalmente. Anche se il viaggio era stato breve, ero sicura che fosse stato il più stressante della mia vita. Il biondo seduto vicino a noi non faceva altro che chiedere:
“Quando arriviamo?”. Il moro seduto vicino a Ciuffo Strano continuava a chiedere come stessero i suoi capelli e il quasi pelato ripeteva sempre:
“Mi raccomando non bevete troppo che non ho voglia di riportarvi a casa in braccio”. Mi domandai anche se Ciuffo Strano avesse trovato la patente dentro un pacco di patatine. Se c’era una buca, potevamo essere più che certi che lui l’avrebbe beccata in pieno, facendomi sbattere la testa sul tettuccio di nuovo. Intanto Harry sembrava aver voglia di giocare al cavallino, perché non faceva altro che muovere le gambe come a creare l’effetto terremoto. Solo quando lo minacciai di soffocarlo con un cuscino decise di fermarsi. Quando Ciuffo Strano parcheggiò la macchina tirai un sospiro di sollievo, che però si dissolse quando il mio sguardo cadde sulla casa davanti a noi. Già dall’esterno si poteva sentire la musica e anche il piccolo portico era pieno di gente. In quel momento mi maledii per aver deciso di andare alla festa.
“Andiamo?”, chiese Harry sorridendomi felice. Guardando quegl’occhi che brillavano di felicità non riuscii a trattenere un sorriso.
“Sì, andiamo”, dissi e lui mi prese per mano, guidandomi all’interno della casa.

HAPPY B-DAY TO MEEEEEE!!

It' my b-day bitches! (?)
ORA HO 15 ANNI! Sono vecchia D:
Ok basta ahahahahahahaha.
Visto che è il mio compleanno ho voluto postare in anticipo.
Questo è più che altro un capitolo di passaggio, cioè non succede una benemerita minchia, lol.
Ma-ma... le recensioni sono calate di nuovo! Va beh, prima erano due per capitolo e adesso una, ma il concetto è lo stesso.
Cosa c'è? Non vi piace la storia? Non vi piaccio io? Non vi piace la macarena? (?)
Perchè se è così provo a cambiare qualcosa! (Mi dispiace ma per la macarena non posso farci niente).
Fatemi sapere qualcosa tramite una recensione.
Ah, ieri ho scritto la mia prima os individuale. E' una Larry. Eccola qui:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1864363&i=1
Mi farebbe davvero piacere se passaste, magari lasciandomi anche una piccola recensione.
SU FATEMI UN REGALO DI COMPLEANNO!
Ora vado ad aprire i regali cbdjsivbijdw.
Ciao belle!

 

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Capitolo 8
*** The party ***


Cap 8 "The party"



Più dolente che volente seguii Harry e gli altri all’interno della casa. Avevo indovinato, lì dentro era pieno di gente! La musica era assordante e una puzza di alcol e sudore stagnava nel piccolo spazio. Avevo fatto bene a restarmene a casa tutti questi anni. La maggior parte della gente si trovava nel salone ed era stata messa una specie di striscia di plastica sulle scale per bloccare l’accesso ai piani superiori. Come se non fosse normale svignarsela nelle camere per fare... qualcosa. La maggior parte dei ragazzi era al centro della sala a ballare, ma ce n’era parecchia anche seduta sui divanetti e vicino al tavolo con il cibo e le bibite. Sul soffitto erano state montate delle luci intermittenti colorate che riportavano l’atmosfera della discoteca. Era buffo il fatto che fossi alla festa di qualcuno di cui non sapevo nemmeno il nome. Appena entrammo i ragazzi cominciarono a salutare delle persone, ma notai che quasi tutte le ragazze presenti si avvicinarono soprattutto ad Harry.
“Harry, tesoro! Finalmente sei arrivato! Balliamo un po’?”, chiese una bionda con un vestito rosso attillato che non le copriva neanche il culo e con una scollatura che se l’avessi guardata dall’alto credo le avrei potuto vedere l’ombelico.
“Dopo Sally”, rispose Harry visibilmente infastidito. Solo allora la bionda sembrò accorgersi di me e, dopo avermi squadrata, mi lanciò un’occhiata di puro disprezzo. Mi trattenni dal mandarla a quel paese, ma solo perché Harry mi stringeva la mano, probabilmente per non perdermi di vista.
“Styles! Finalmente sei arrivato! Vuoi fare il giro della casa?”, le chiese un’altra ragazza, questa volta era una mora, con un vestito un tantino più decente.
“Dopo Valery. Ah, tanti auguri”, rispose educato Harry. Ah, quindi era sua la festa.
“Tanti auguri”, dissi anch’io per non sembrare scortese. Aspetta, da quando mi preoccupavo di essere gentile?
“E tu chi sei? Non mi pare di averti invitata”, rispose stizzita la ragazza. Ma vaffanculo, per una volta che ero stata gentile...
“Lei è con me, l’ho invitata io. Spero non ti dispiaccia”, disse Harry. La ragazza si addolcì subito.
“Ma no Harry, puoi portare chi vuoi”, disse con voce smielata. Feci finta di rimettere beccandomi un’altra occhiataccia da parte della moretta.
“Noi andiamo, ciao Valery”, disse Harry prima di trascinarmi via. Si guardò intorno, forse per cercare gli altri, ma camminando finimmo addosso a qualcuno.
 “Scus... Ah Niall sei tu!”, disse Harry riconoscendo il biondo. Ah, si chiamava Niall! Dai cazzo Sarah non è difficile da ricordare...
“Harry, credo che Lou abbia bisogno di te”, disse il biondo serio. I due si scambiarono uno sguardo di intesa e poi Harry mi lasciò la mano.
“Vado a vedere come sta Louis e poi torno, stai vicina a Niall e non ti muovere, capito?”. E che ero il suo cagnolino?
“Ma certo padrone! Vuole anche che scodinzoli e che le lecchi la faccia?”, chiesi sarcastica. Lui mi guardò male.
“Fai attenzione”, disse prima di andarsene, sparendo tra la massa di gente.
“Ma cosa è successo?”, domandai a Niall. Ecco, Niall! Me l’ero ricordato!
“Niente, sono fatti loro. Allora, ti va di ballare?”, mi chiese porgendomi la mano. Io, ballare?! Ahahahahahahahha ma non scherziamo.
“Vuoi finire con un piede in meno?”.
“E dai! Neanche io sono bravo! E’ giusto per passare il tempo”, disse sorridendomi.
“E va bene, ma lamentati anche solo una volta di quanto faccia schifo e ti appendo per le mutande ad una delle luci, intesi?”, gli chiesi.
“Nooo! Oggi ho messo quelle di Spider-man!”. Ma che...
“Cosa?!”.
“Lascia stare. Dai andiamo”, disse prendendomi la mano e portandomi in pista. Cominciai a muovermi a tempo, passando semplicemente il peso da un piede all’altro. Lui invece sembrava essere preso da un attacco epilettico. Si muoveva in modo anomalo, quasi mi spaventò! Ma lui sembrava ignaro di questo perché continuava a sorridermi e a muoversi come uno scimpanzé con un peperoncino in posti poco simpatici. Ad un certo punto la musica si fermò e ne partì subito un’altra, ma questa volta era un lento. Ci guardammo tutti e due confusi, ma poi lui mi attirò a se e mi poggiò una mano sulla schiena. Cominciò a dondolarsi a tempo ed io lo seguii, non sapendo cosa fare. Beh, almeno così non si muoveva come prima. Ogni tanto lanciavo delle occhiate nella direzione da dove Harry era scappato e rimanevo delusa nel non vederlo arrivare. Cazzo Harry, vieni a salvarmi dallo scimpanzé!


Harry’s POV

“Sono un unicornooo! Hihihihihi! Dai Harry! Balla con me la danza degli unicorni!”.
“Lou, ti prego piantala!”.
“Ma dai, è divertente! Oh, ora sono diventato uno dei Teletubbies! Teletubbies, Teletubbieeees, fan-no ciao! CIAO!”, continuava ad urlare quel cretino di Louis.
“Ma la vuoi piantare? Sei peggio di mia nonna quando prende le pasticche antidepressive”, gli urlai. Quelle pasticche erano state prescritte a mia nonna perché soleva andare in giro per casa dicendo: “Voglio morire. Voglio morire...”, senza una ragione specifica. Però quando prendeva quelle pillole diventava più felice di Niall davanti ad un panino, e cominciava a ballare e cantare, per poi tornare dopo poche ore più triste di prima. Boh, chi la capiva era bravo.
“Ma tua nonna è secssssi, Harold!”, disse l’idiota.
“Cretino, non parlare così di mia nonna. E non chiamarmi Harold! Lo sai che lo odio!”.
“Ma tu sei Harold! Harold che corre felice sul prato, nel suo bel mondo che pare fatatoooo...”.
“Oddio ti prego Louis, PIANTALA!”.
“E dove? Non vedo nessun vaso qui!”. Oddio, era messo male. Sospirai stanchissimo e, prendendolo per un braccio, lo trascinai via dal tavolo degli alcolici. Era incredibile come riuscisse ad ubriacarsi in così poco tempo.
“Zayn! Puoi pensarci tu? Io devo tornare da Sarah”, dissi una volta intravisto il moro tra la gente che ballava.
“E’ ubriaco?”, mi chiese Zayn venendomi in contro.
“Fradicio, direi. Puoi riportarlo a casa?”.
“Con quale macchina?”.
“Dovrebbe avere le chiavi della sua nelle tasche. Portalo a casa e torna qui”.
“Va bene Harry, ci vediamo dopo”, disse e prese Louis per un braccio trascinandolo via. Intanto quello continuava ad urlare: “I dugonghi sono secsi e voi nooo! Pappappero!”. Si poteva essere peggio di così? Sbuffando mi feci largo tra la gente e cominciai a cercare Sarah e Niall, ma si dimostrò presto molto più difficile del previsto per colpa di tutte quelle oche che, vedendomi solo, mi si erano appiccicate. Riuscii comunque a svignarmela e li trovai dopo infinite ricerche sulla pista da ballo, l’ultimo posto dove mi aspettavo di trovarli. Stavano ballando un lento... che cosa?! Quei due stavano ballando?! No, non era possibile! Niall odiava ballare e Sarah non mi sembrava certo il tipo! Ecco cosa succede quando lasci una tua amica con un cretino, te la porta via. E che ci stavo a fare io lì se lei stava benissimo tra le braccia di Niall? Fanculo la promessa, fanculo la festa, fanculo tutto! Mi riavvicinai al tavolo delle bibite e presi una birra. La tracannai in pochi sorsi e subito ne aprii un’altra. In poco tempo la vista cominciò ad annebbiarsi e le gambe diedero parecchi cenni di cedere, ma continuai a bere, fregandomene di tutto. Perché dovevo rimanere lucido se lei era con Niall? Che si divertissero senza di me. Ad un certo punto, quando ormai vedevo tutto sfocato e camminavo barcollando, mi si parò davanti Liam.
“Ciao Liam- sono- fighissimo- Payne, come va la vita?”, chiesi ridendo.
“Harry, ma che...”.
“Cosa Liammuccio tesoruccio?”.
“Avevi detto che non avresti bevuto e che saresti rimasto con Sarah! A proposito, dov’è?”, chiese arrabbiato.
“L’ultima volta che l’ho vista stava ballando appassionatamente con Niall, quindi ho deciso di non disturbarla. Aspetta, qui c’è qualquadra che non cosa!”, esclamai.
“Cosa?!”.
“Perché vedo due Liam? Non mi hai mai detto di avere un gemello! Come hai potuto tenermelo nascosto Liam! Ti consideravo un mio amico!”, dissi con fare teatrale.
“Oh Harry, sei proprio un idiota. Ora andiamo via prima che Sarah ti veda”, disse prendendomi per un braccio.
“Ma io voglio ballare! Dai Liam, balla con me!”.
“E che cazzo Harry! Muovi il culo e non rompere”. Non avevo mai visto Liam così arrabbiato, quindi, anche se ero ubriaco fradicio, decisi di seguirlo. Si muoveva furtivamente per cercare di non essere visto e in poco tempo raggiungemmo la porta di casa. Stava per tirare un sospiro di sollievo quando...
“Liam, Harry! Finalmente vi abbiamo trovati!”, ci richiamò Niall. Liam si irrigidì e, dopo aver creato un sorriso tiratissimo, si voltò.
“Sarah! Niall! Ciao. Stavo... ehm... portando Harry a prendere un po’ d’aria. Credo si senta male...”, disse Liam.
“Ma io sto benissimo, Liam! Saraaaaaaah, vieni a ballare con me?”, le chiesi sgrullandomi la mano di Liam da dosso e andando da Sarah.
“Harry ma... cos’è questo odore?”, chiese Sarah.
“Hihihihi. Credo di aver bevuto un po’”.
“Cosa?! Ma mi avevi promesso che non lo avresti fatto!”, urlò Sarah arrabbiata.
“Ehm... noi dobbiamo andare. Ciao ragazzi”, disse Liam trascinando via Niall. L’aveva fatto per lasciarci da soli, che era proprio l’ultima cosa che volevo in quel momento.
“Harry! Mi avevi promesso che non l’avresti fatto, che mi saresti stato vicino. Non era un promessa difficile da mantenere, cazzo!”. Nel sentire il suo carattere venir fuori in quell’ultima parola sorrisi, e questo sembrò addolcirla.
“Vieni, andiamo fuori”, disse portandomi fuori dalla casa


Sarah’s POV

Ero arrabbiata, infuriata, ma come al solito non potevo resistere al suo sorriso. Quelle fossette mi avrebbero uccisa un giorno. Così lo portai fuori di lì, cercando di farlo riprendere. Ma evidentemente non aveva bevuto solo “un pochino”.
I puffi sanno che un tesoro c’è...”, cominciò a cantare.
“Ma dove cazzo è?”.
“Ehi! Hai rovinato la canzone! Madre Natura pensa sempre a noi...”.
“Mai una volta che si faccia i cazzi suoi...”.
“E su! Se continui così io...”, mi minacciò.
“Tu?”.
“Io ti abbraccio e ti faccio il solletico”, disse incrociando le braccia. Lo guardai sconsolata, continuando a camminare. Eravamo arrivati in un prato poco illuminato. Grazie alla scarsa luce si riuscivano a vedere benissimo le stelle, anche se quel posto metteva i brividi. Mi sedessi sull’erba e mi incantai a fissare quei puntini luminosi lontani chissà quanti anni-luce da noi, quindi non sentii Harry avvicinarsi.
“Lo sai?”, chiese a pochi centimetri dal mio viso. Io sussultai per lo spavento mettendomi una mano sul cuore.
“Harry! Ma sei impazzito?”.
“Lo sai?”, chiese di nuovo lui.
“Che cosa?”, chiesi aspettandomi un’altra delle sue cazzate.
“Hai degli occhi bellissimi”. Aspetta, cosa?! Ecco, l’avevo detto io che avrebbe detto una cazzata. Rimasi comunque allibita per la serietà che esprimeva il suo volto. Cominciò ad avvicinarsi ancora di più ed io, imbarazzata per quella situazione, mi alzai, granchiendomi le braccia. Lui mi imitò, ma evidentemente era ancora troppo ubriaco per stare bene in piedi, quindi mi crollò addosso.
“Harry... e sta’ attento!”.
“Scusa”, sussurrò vicinissimo al mio viso. Sorrise, facendo comparire le fossette ed io come al solito mi sciolsi. Non so cosa mi diede il coraggio di farlo, o cosa mi rincitrullì, ma eliminai quella breve distanza che ci divideva ed unii le nostre labbra. Fu un bacio breve, ma estremamente dolce. Lui ricambiò e quando ci staccammo mi guardò raggiante.
“Sarah...”, cominciò.
“Sì?”, lo esortai. Aprì la bocca per continuare ma... si addormentò di colpo.
“Cosa?! No no no Harry svegliati!”, lo smossi cercando di svegliarlo, ma niente. Dormiva come un sasso. Ecco, ora mi toccava pure riportarlo a casa. Mi alzai sbuffando, ma mi fermai un attimo ad assaporare il suo sapore sulle mie labbra. Mi era piaciuto quel bacio, dopotutto, anche se aveva portato ancora più dubbi. Me ne fregai e, sorridendo come non mi capitava da tanto, troppo tempo, cominciai a trascinarlo verso la casa.
 

UIIIII AR DE CEMPIONS MAI FRENDS (?)
E rieccomiiiiiiiiiii!
Allora, volevo dire che per questa settimana non credo che riuscirò ad aggiornare molto presto
perché, oltre ad avere le ultime interrogazioni, ho anche uno spettacolo da fare e ho le prove tutti i giorni da qui al 12.
Mi sto cagando in mano dalla paura perché so che stonerò, cadro dal palco e morirò (?)
Alloraaaaaa, GRAZIE PER TUTTI GLI AUGURI DI BUON COMPLEANNO CHE MI AVETE SCRITTO NELLE RECENSIONI!
Davvero grazie fnsdjnbfjaiksbgjis.
Poi sono salite tantissimo! njcsdbvjsbjwiefb grazie mille.
Quando le ho viste ero troppo felice.
Ok basta tanto non importa a nessuno.
Ora vado a studiare latino che ho preso un bellissimo 3 e domani se non mi faccio interrogare avrò il debito.
Fatemi gli auguri.
Un bacio :*

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Capitolo 9
*** Bear in mind these words, old dolt! ***


Cap 9 "Bear in mind these words, old dolt!"


Harry’s POV


Mi svegliai per colpa di un ronzio incessante, proprio vicino al mio orecchio. Maledette zanzare, già ad aprile devono rompere le palle. Cercando di schiacciarla mi diedi uno schiaffo.
“Porca...”, imprecai, svegliandomi del tutto.
“Se ti becco ti stermino, zanzara del cazzo”, dissi aprendo gli occhi. Come risposta la piccola bastarda tornò a ronzarmi nell’orecchio. Ringhiai, cercando di mantenere la calma e di pensare ad altro. Non ci tenevo a prendermi a schiaffi per colpa di una maledetta zanzara. Qualcuno vicino a me si mosse e, quando mi voltai, trovai Louis sdraiato accanto a me. Cosa ci faceva lui lì? Mi guardai in torno e scoprii di essere nella sua camera. Come ci ero finito? L’ultimo ricordo di quella notte era di Sarah che mi trascinava via ubriaco dalla festa. Avevo bevuto! No no nooo! Avevo infranto la promessa. Sicuramente mi aveva picchiato, come era solita fare. Ma anche se provai a ricordare qualcosa non riuscii a tornare con la memoria a dopo essere usciti dal locale. Però ricordavo bene le ore interminabili che avevo passato nel bagno di Lou a vomitare anche il pranzo di Natale di due anni fa. Anche Lou si era ubriacato e lo avevo fatto portare a casa da Zayn. Non mi ricordavo altro. Com’era possibile? I miei pensieri vennero interrotti da un altro ronzio. Mi voltai nella direzione del rumore e vidi la zanzara posarsi sulla spalla nuda di Louis. Vendetta! Le diedi uno schiaffo, felice di potermi vendicare, ma quella stronzetta riuscì a scappare di nuovo. In compenso diedi un ceffone a Louis, che si svegliò urlando:
“Zia Peppina! Non lasciarmi solo!”. Ok, era messo proprio male.
“Ma che... Harry? Che ci fai tu qui alle... 11 di mattina?”, disse voltandosi in direzione della sveglia.
“Ci siamo ubriacati, idiota!”, gli dissi alzandomi dal letto e sgranchiendomi le gambe.
“Ah, sì... ricordo qualcosa...”, commentò l’idiota.
“Beato te, io non ricordo niente!”. Dissi per poi chiudermi in bagno. Quando mi guardai allo specchio stentai a credere che quello fossi davvero io. Avevo i capelli disordinatissimi, gli occhi gonfi e solcati da profonde occhiaie ed ero pallidissimo. Cazzo, sembravo uno zombie! Mi sciacquai la faccia e tornai in camera di Louis. Lui era ancora a letto, con uno sguardo da ebete.
“Che stai facendo?”, gli chiesi recuperando la mia maglietta che, chissà come, era finita sotto al letto.
“Sto provando a ricordare, ma non ci riesco...”, rispose in un sussurro.
“Lascia perdere, i ricordi torneranno tra un po’, così avrai tutto il tempo di sentirti in imbarazzo”. Finii di prepararmi e mi risedetti sul letto.
“Cosa facciamo adesso?”, chiese Lou.
“Intanto vestiti, poi andiamo a cercare gli altri”, gli risposi. Lui annuì e si sbrigò a vestirsi. Di comune accordo decidemmo di non toccare cibo, data la notte passata a vomitare, e uscimmo di casa, diretti a casa di Liam.
 

Sarah’s POV


Con l’aiuto di Liam, Niall e Zayn che era appena tornato con la macchina di Louis riuscii a portare Harry a casa, ma decidemmo di lasciarlo da Louis, così che almeno non fosse solo per la notte. E poi non volevamo che finisse nei guai. Quando eravamo arrivati a casa di Louis lo avevamo trovato con la testa nella tazza del cesso a vomitare chissà cosa. Avevamo lasciato Harry che ballava la Macarena nella sua stanza. Uno spettacolo raccapricciante. Dopodiché i ragazzi erano stati gentili e mi avevano riaccompagnata a casa. Alla fine non erano neanche tanto male, tutto stava nel capirli e nel ricordarsi i loro nomi. Zayn era un tipo strano. Stava quasi sempre zitto, ma era gentile. Liam era un po’ il papà della situazione, cioè quello che li sgridava se facevano qualcosa di sbagliato. Ci mancava solo che girasse con un grembiulino di pizzo rosa e una cuffietta in testa, poi sarebbe stato perfetto. Niall era simpatico ed estroverso. Mi aveva fatto compagnia quando quel cretino di Harry era andato a sbronzarsi chissà dove, ma era un pessimo ballerino. Quando ero rientrata a casa ero salita al piano di sopra cercando di non fare rumore per non svegliare mio padre, ma io ero Sarah, quindi dovevo per forza combinare qualche casino. Così, camminando nel buio, finii addosso ad un tavolino, dove era stato posto forse uno dei pochi oggetti preziosi della casa: il vaso di zia Gertrude. L’aveva regalato a papà poco prima di morire, urlandogli testuali parole:
“Tu rompilo, ed io verrò qui solo per spaccarti tutte le ossa ad una ad una, non importa se da viva o da morta. Ricordati queste parole, vecchio zuccone”. Sì, diciamo che non era mai stata una vecchietta affabile. Quando c’era lei in giro non potevo neanche mangiare le caramelle. Stupida vecchia riccona zitella. Ma mi ricordo che un giorno mi ero vendicata, mettendole un topo nella borsa, poco prima che se ne andasse da casa nostra. Le sue urla quando lo trovò si sentirono fino a casa. Fatto sta, che avevo rotto il vecchissimo vaso della mia vecchissima zia defunta, e che quindi mi dovevo solo aspettare che qualche maledizione mi piombasse addosso facendomi cascare i capelli, o magari facendomi rimpicciolire le tette. Successe di peggio. Il rumore del vaso che andava in pezzi aveva svegliato mio padre che, preoccupato, si era fiondato fuori dalla camera per vedere cosa fosse successo, e mi aveva trovata lì, nel corridoio, con il vaso rotto ai piedi. Mi aspettavo una sfuriata o qualcosa del genere, ma mio padre mi venne incontro e mi abbracciò.
“Lo avevo sempre odiato quel vaso, ma non ho mai avuto il coraggio di romperlo o buttarlo via. Grazie Sarah! Sei esonerata dai lavori domestici per una settimana!”, mi disse felicissimo. Ok, non ci stavo capendo più niente. Senza fare troppe domande mi rifugiai in camera mia, ma anche da lì potevo sentirlo ballare nel corridoio e dire cosa come:
“Fanculo vecchia megera, bello il tuo vaso, eh? Ora a chi le rompi le ossa? Ahahahahah”. Era stato proprio in quel momento che avevo sentito un tonfo tremendo. Corsi fuori dalla stanza, fino ad arrivare alle scale. Lì, proprio ai piedi di quelle, c’era mio padre, a terra.
“Cazzo che botta”, continuava a ripetere dolorante. Mi trattenni dal ridere perché si vedeva che gli faceva davvero male ci dirigemmo al pronto soccorso. Sì, alle 3 di notte siamo dovuti andare al pronto soccorso. L’esito finale era stato un braccio rotto. Alla fine zia Gertrude gliele aveva rotte davvero le ossa. Evitai comunque di fare commenti al riguardo e tornammo a casa, per poi metterci finalmente a letto. Quando mi svegliai, la mattina dopo, scoppiai subito a ridere ricordando gli avvenimenti della sera precedente. Meno male che mio padre non c’era perché era dovuto andare comunque al lavoro. Mi alzai dal letto e, dopo essermi lavata e vestita, feci una colazione leggera, dato che era quasi ora di pranzo. Per colpa di tutto quel macello non avevo avuto occasione di pensare a quello che era successo con Harry alla festa, quindi approfittai della pace di quel momento per riordinare un po’ i pensieri nella mia testa. Avevo baciato Harry, mi era piaciuto, lui si era addormentato. Baciavo davvero così male? Decisi di non pensarci in quel momento. A me era piaciuto moltissimo quel bacio, ma ad Harry? Voleva dirmi qualcosa, ma si era addormentato. Forse se fossi andata da lui me lo avrebbe detto, finalmente. Felicissima di poter chiarire le cose con il riccio fossettato... o Mr. Fossetta, come suona meglio? Boh, comunque corsi a casa di Louis, che non era molto distante dalla mia. Suonai il campanello, ma non mi aprì nessuno. Decisi allora di chiamarlo al cellulare.
“Pronto?”, rispose con la voce rauca.
“Weeeee Styles! Dove sei?”, gli urlai felice.
“Ma che cazzo ti urli, si può sapere? Ho un mal di testa che neanche ti immagini e tu mi urli al telefono? Ma guarda un po’ questa!”.
“Hai per caso il ciclo, Styles?”.
“Ma che... dimmi cosa vuoi così posso attaccarti in faccia e tornare a fare quello che stavo facendo”.
“Ho capito, la mattina sei un tantino irascibile, vero?”.
“Irascibile?! Ti sembro irascibile porca scrofa mandarina?”. No sul serio, sembrava me nei fatidici 5 giorni.
“No Harry, tu sei sempre gentile e dolce quanto una forchetta nel culo. Comunque, dove sei che ti devo parlare?”.
“A casa di Liam”.
“E dov’è casa di Liam?”.
“A fanculo, Sarah”. Ah Ah Ah, simpatico il ragazzo. Dopo essermi fatta spiegare come arrivare a casa del pelatino mi incamminai. Questa era un po’ più lontana da dove mi trovavo, ma riuscii comunque ad arrivarci sana e salva. Quando suonai il campanello mi venne ad aprire Niall, con un sorriso a 32 denti.
“Attento che ti si incricca la mascella”, gli dissi salutandolo. Lui si ammusò, ma si fece da parte permettendomi di entrare. Erano tutti lì, sul divano, più morti che vivi.
“Ehi bella gente, ora Sarah è qui presenteeeeee!”, urlai facendoli girare verso di me.
“Sei di buon umore oggi?”, chiese Liam, tornando a guardare la tv. No, ma grazie della considerazione.
“Sì. Harry, posso parlarti un minuto?”, chiesi timidamente. Lui mi guardò, mi sorrise e annuì, facendomi strada verso il piano superiore. Mi portò in una stanza, probabilmente quella di Liam, e si sedette sul letto, facendomi segno di seguirlo. Lo feci volentieri e gli sorrisi.
“Te l’ho già detto che sei bellissima quando sorridi?”, mi chiese.
“E io te l’ho già detto che sei un coglione?”, chiesi usando il suo stesso tono. Lui rise, scuotendo la testa.
“Non cambierai mai, per fortuna. Cosa devi dirmi?”. Come, non lo sapeva già?
“Non ci arrivi?”, gli chiesi.
“Ehm... no. Ricordati che è mattina ed io mi sono quasi appena svegliato, abbi un po’ di comprensione”. E adesso da dove incominciavo.
“Volevo parlarti di ieri sera...”, cominciai, ma venni subito interrotta.
“Sarah, mi dispiace così tanto di essermi ubriacato. Non volevo farlo, ma quando ti ho visto insieme a Niall...”.
“Aspetta, cosa c’entra Niall?”, chiesi non capendo.
“Non volevo che ballassi con lui...”, disse sorridendo timidamente. Aww che cucciolo!
“Quindi eri geloso!”, dissi sorridendo.
“Ma che stai dicendo? Non mi andava che ballassi con lui perché fa schifo e temevo che potesse ucciderti con le sue mosse da balena in calore, tutto qui”, spiegò. Sì, certo, e io sono una ballerina di danza del ventre egiziana con la pancia piatta e il culo a mandolino che balla con i fiori in testa. Ah no! Quelle erano le Hawaiiane. Lasciai perdere il discorso e continuai a parlare.
“Va bene, non sono arrabbiata, per adesso. Volevo parlarti di quello che è successo nel parco...”.
“Nel parco?!”, mi chiese con le sopracciglia aggrottate.
“Sì, nel parco! Ti ricordi? Abbiamo guardato le stelle, cantato la canzone dei puffi remixandola, hai cominciato a dire stronzate...”.
“No, aspetta, sei sicura di non essertelo sognato?”.
“Fino a prova contraria quello ubriaco eri tu, Harry! Ma non ti ricordi niente?”.
“Ehm... no”.
“Proprio niente niente?”.
“No, scusa. Cosa dovrei ricordare?”. E che senso avrebbe avuto dirglielo? Se non se lo ricordava voleva dire che per lui non era stato importante. Mannaggia a me e quando mi illudo. Cosa pensavo, che lui mi avrebbe presa in braccio e che avremmo passeggiato in groppa ad un unicorno rosa in contro al tramonto su un arcobaleno per sempre?
“Sarah? Cosa dovrei ricordare?”, mi chiese.
“Niente”.
“E dai, so che c’è qualcosa!”, mi disse lui guardandomi negli occhi.
“E va bene! E’ successo che hai scureggiato, va bene?”.
“E tu saresti venuta fin qui tutta contenta per dirmi che ho scureggiato? E dai Sarah, dimmi la...”. Venne interrotto da una testa semi-pelata che sbucò nella stanza. Che Dio benedica tutti i Liam Payne di questa terra.
“E’ pronto, volete mangiare qui?”, ci chiese. Io guardai Harry, che annuì senza neanche chiedermi il consenso.
“Ok, allora scendete”, disse richiudendo la porta. Senza aspettare altro seguii Liam in soggiorno, sperando che la questione del bacio fosse ormai archiviata. La mamma di Liam era un genio in cucina. Per quello che doveva essere un pranzo leggero ci aveva preparato la pasta al forno con contorno di fettine di vitella con patatine fritte. Manco a Pasqua avevo mai mangiato così tanto. L’unica cosa che mi impediva di tracannare completamente tutta la padella delle patatine fritte era lo sguardo di Harry che, lo sapevo, stava seguendo ogni mio movimento. Non volevo dirgli del bacio perché sarebbe stato come esporsi ad un possibile attacco da parte della sua idiozia. Aspetta, cosa minchia ho detto? Va beh, non volevo essere io a dirglielo, quindi avrei dovuto farglielo ricordare. Cominciai subito a pensare come potevo fare per fargli ricordare del bacio e, chissà come, mi venne un’idea.
“Mamma mia, ho mangiato così tanto che mi fanno male le labbra”, dissi guardandolo e massaggiandomi la parte “dolente”.
“Ma non ha senso! Ti dovrebbe far male la bocca, non le labbra”, replicò Niall.
“E perché le labbra si trovano vicino al ginocchio?”, dissi io fulminandolo con lo sguardo. Lui fece spallucce e si ficcò un’altra manciata di patatine in bocca. Cazzo, non aveva funzionato.
“Avete qualcosa di dolce, tipo un cioccolatino? Un Ferrero Roché, un Kinder Bueno, un Bacio Perugina...”, dissi sempre guardando Harry.
“Ehm... no, ma se vuoi abbiamo una mela”, mi rispose Liam. Ma chi cazzo se ne frega della mela?
“No, grazie Liam...”, risposi trattenendomi dall’ucciderlo. Harry rimase completamente indifferente, anzi, cominciò a giocare con la forchetta nel suo piatto. Decisi di provare un’ultima cosa. La tv vicino al tavolo era accesa e in programmazione c’era la 372894782395esima puntata di Beautiful. Certo che ‘sto Liam era proprio un idiota! Scegliesse tra la mora e la bionda e basta! Sarà stata una cosa di nomi...
“Ecco zitti tutti! Ora si baciano!”, urlai indicando la tv dove c’era Liam che si stava avvicinando ad Hope. E dai cazzo baciala!
“Hope?”, disse Liam nella tv.
“Sì, Liam?”. Dai che si baciano ora!
“Hai degli occhi bellissimi”. Ma porca scrofa in calore lì tutti si baciano con tutti ed ora che mi serve un cazzo di fottutissimo bacio lui parla dei suoi occhi? Spero che moriate tutti schiacciati dal culone di mia nonna, bastardi!
“Non si sono baciati”, disse Zayn.
“Però volevano farlo!”, replicai, forse un po’ troppo animatamente.
“Ok... andiamo di sopra?, chiese Harry. Fanculo riccio del cavolo che ha la memoria più corta di quella di Dory. I ragazzi acconsentirono ed io mi alzai per seguirli, ma una botta al fianco mi fece perdere l’equilibrio.
“Ahia! Porc...”, imprecai cadendo addosso a qualcuno.
“Scusa! Non l’ho fatto apposta!”, disse Louis. Ecco, ero stata quasi uccisa dal suo culo! Stavo per mandarlo a cagare quando quel qualcuno su cui ero caduta urlò:
“Ora ricordo!”. E ce l’hai fatta, Styles!


YOU MAKE ME GLOOOOOOOOOOOOW!
Sono in fissa cnsdjbweifw.
ECCOMI QUIIIIIIIII!
Sono tornata con un capitolo di merda, con un titolo di merda e delle idee di merda.
MERDA!
Ok no. (?)
Non ci credo ancora che la scuola è finita ndsjvnwejifw.
Ieri la prof di italiano mi ha dato uno schiaffo O.O
Aveva anche provato a tirarmi il registro, ma mi ha mancata ahahahahahha.
E tutto perchè non ero andata bene nell'interrogazione di storia e non poteva mettermi 8.
MA SE A ME NON FREGA NIENTE, PERCHE' TI PREOCCUPI TU, POVERA DONNA?
Boh, chi la capisce è bravo.
LE RECENSIONI SONO AUMENTATEEEEEEEEEE!
Cioè, sono diminuite rispetto al capitolo precendente, ma sono comunque più del solito, quindi è fantastico cnsjwicwe.
SONO FELICEEEEEEEEEEEEEE!
Vaaaaa bene, ora vado che sennò rompo.
Grazie ancora cndjvwnjeiw.
Ciaooooooooooooooo!

 

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Capitolo 10
*** Cats and Kisses ***



Cap 10- "Cats and kisses"

“Ora ricordo!”, esclamò Harry! Sì, ci ero riuscita! Hurrà per me!
“Cosa ricordi, Harry?”, chiese Niall. Harry si guardò intorno per poi fissare lo sguardo su di me. Ecco, ora lo avrebbe detto...
“Non ho ritirato i panni ieri sera. E se piove? Mia madre mi ucciderà!”. Aspetta, cosa? Ma porca scrofa, Styles!
“Ehm... ci dispiace”, commentò Zayn, poco interessato.
“Devo tornare subito a casa. Sarah vieni con me? Così mi aiuti!”. Dopo che mi aveva fatta penare per fargli ricordare uno stupido bacio e dopo avermi fatto credere di essersi ricordato tutto mentre stava solo pensando ai panni stesi si aspettava pure che io venissi con te a casa sua?
“Va bene”, dissi. Insomma, come si fa a rifiutare un invito a casa Styles? Ok, ero un’ipocrita del cazzo.
“Ok, ci vediamo dopo ragazzi”, disse il riccio smemorino prendendomi per un braccio e portandomi fuori dalla casa. Solo in quel momento mi venne in mente che non avevamo uno straccio di macchina.
“Ehm... Harry? Come ci arriviamo a casa tua?”, gli chiesi.
“A piedi! Non è lontana”, rispose. Cominciammo a camminare. Non capivo la paura di Harry per i panni, dato che c’era un sole che spaccava le pietre. Dopo dieci minuti di camminata gli chiesi:
“Quanto manca ancora?”.
“Dieci minuti al massimo”. Insomma era vicino... eravamo solo a metà strada e già non ce la facevo più. Almeno c’era un po’ d’ombra in quella stradina. Ecco, non avevo neanche fatto in tempo a parlare che le nuvole si erano ritirate, lasciando che il sole mi facesse quasi morire per il caldo. Fottutissime nuvole. Dopo altri 10 minuti di camminata, quando ormai ne avevo le ovaie piene, gli chiesi di nuovo quanto mancasse.
“Credo altri 10 minuti”. Cosa?! Mi prendeva per il culo?
“Harry, che cazz...”.
“Shhhh, zitta non parlare e risparmia le energie”. Ecco, il caldo lo aveva fatto ammattire, più di prima intendo. Feci come diceva lui e restai in silenzio. Se mi avesse detto che sarebbe durata così tanto quella camminata mi sarei portata una boccetta d’acqua, o due polmoni nuovi. Styles, non ti uccisi solo perché piacevi a mio padre. E anche a me, ma dettagli. Dopo altri 10 minuti di camminata, notando che eravamo ancora in culo alla luna, gli feci la stessa domanda di prima.
“E che cazzo Sarah! Ti ho detto che mancano 10 minuti, perché cazzo me lo chiesi ogni mezz’ora?!”. No, questo stava male. Lo guardai accigliata e non lo riempii di insulti solo perché già facevo fatica a respirare. Gli alzai però il dito medio. Dopo non so quanto tempo se ne uscì con:
“Ecco, vedi che non ci abbiamo messo tanto! Quella è casa mia”. Lo avrei volentieri preso a cazzotti, ma venni distratta dalla casa che mi stava indicando. Era immensa, con un grandissimo giardino proprio di fronte. Mi girai verso di lui con la bocca spalancata per la sorpresa e vidi che mi stava fissando con un sorriso stampato in faccia.
“Ti piace?”, mi chiese. Io annuii, incapace di parlare. Lui ridacchiò e poi aprì la porta, facendomi segno di entrare. Se l’esterno era meraviglioso, l’interno era... era... boh, non mi viene la parola. Fatto sta che spalancai la bocca più di prima.
“Attenta che ti entrano le mosche”, mi avvertì Harry. Ci mancava solo quello. Mi costrinsi a chiudere la bocca e lo seguii. Quando entrammo nel salotto spazioso però avvistai il mio peggior nemico. Due occhi gialli mi squadrarono e un rumore proveniente dalla sua gola mi fece venire i brividi. ERA UN GATTO!
“Molly ciao! Come sta il mio tesoruccio bello bello?”, disse Harry al gatto con una voce da idiota. Io arretrai, tappandomi la bocca e il naso. Harry si accorse di me e mi guardò confuso.
“Che hai?”, mi chiese prendendo il gatto in braccio e venendo verso di me.
“Stai lontano con quel... quel... COSO!”, urlai arretrando ancora di più.
“Hai paura dei gatti?”, mi chiese Harry sorpreso per poi scoppiare a ridere. Lo trucidai con lo sguardo.
“Non ho solo paura, sono anche terribilmente allergica!”. Quasi non finii di parlare che uno starnuto mi travolse. E che palle.
“Oops...”, disse Harry portando il gatto in un’altra stanza per poi tornare da me.
“Vieni, andiamo di sopra”, disse portandomi al piano di sopra. Io continuai a starnutire, e starnutire, e starnutire... ho già detto starnutire? Ah, no? E a starnutire...
“Vuoi un fazzoletto?”, mi chiese Harry. No guarda, mi pulisco con la tua maglietta.
“Sì, grazie”, gli risposi, sforzandomi di sorridere. Ecco, ci mancava solo questo. Ora sarei diventata una palla gonfia, rossa e lacrimante per quella stupida allergia. Fanculo a tutti i gatti del pianeta. Harry sparì per un momento e quando tornò aveva in mano l’intera scatola dei fazzoletti.
“Credo che te ne serva più di uno”, si giustificò porgendomela. Non risposi e mi soffiai il naso, cercando di liberarlo, ma era tutto inutile. Ci sedemmo sul letto gigante che occupava una parte della stanza enorme e ben curata.
“Allora, dove sono i panni?”, gli chiesi tirando su con il naso e cercando di non lacrimare.
“Non ci sono dei panni da ritirare”. Fermi tutti, cosa?!
“Fammi capire, tu mi hai fatto fare chissà quanta strada a piedi con un caldo che non esiste manco nel Sahara, ripetendomi che eravamo quasi arrivati quando erano invece tutte cazzate, il tuo gatto un altro po’ mi uccide e ora mi dici che non ci sono dei fottutissimi panni da ritirare?!”, gli chiesi sperando che quello fosse solo uno scherzo.
“Ehm... hai ragione. Ma posso spiegare...”.
“Preparati a spiegare come ti sei fatto quel livido”.
“Quale liv... AHIA!”, disse massaggiandosi il braccio che avevo appena colpito con un pugno.
“Quello che ti verrà lì. Ora riportami a casa”, dissi alzandomi in piedi e soffiandomi di nuovo il naso.
“Aspetta! Almeno fammi spiegare perché ti ho portata qui!”, mi disse.
“Avanti, sentiamo...”, risposi rimettendomi seduta.
“Allora, ho capito cosa volevi che ricordassi...”, cominciò.
“Harry! Non me ne frega un cazzo dei tuoi panni stesi!”, gli urlai.
“No no! Non c’entrano i panni stesi. Ho ricordato il bacio!”. Fermi tutti di nuovo, cosa?! Ok Sarah, respira. Sei riuscita nel tuo intento!
“T-tu...”, balbettai.
“Sì, me lo sono ricordato. Solo che non volevo dirlo davanti a tutti e mi serviva una scusa per portarti qui, dove avremmo potuto parlare da soli”. Sia lodato il Signore. Quindi non era completamente idiota?
“Aspetta, perché non volevi parlarne davanti ai ragazzi? Ti vergogni?”. Avrei voluto aggiungere “di me” ma poi se la risposta fosse stata affermativa ero sicura che non avrei retto.
“No no! Niente del genere. E’ che...”, si bloccò e si grattò la testa come se fosse indeciso se parlare o no. Oppure forse aveva solo i pidocchi. Oddio che schifo.
“Vuoi parlare o devo chiamare la disinfestazione?”, gli chiesi alterata. Lui si bloccò e mi guardò accigliato.
“Disinfestazione?!”.
“Sì, per i pidocchi!”, risposi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Pidocchi?! Senti, non voglio sapere a cosa stai pensando, anche perché sennò credo che non risolveremo mai niente, quindi ora stai zitta e ascolti me, chiaro?”. Oh, ma che erano tutti questi comandi.
“Sarah non avere padrone, Sarah essere elfo libero!”, replicai.
“No, Sarah essere una rompicoglioni”, ribatté il riccio. Lo guardai offesa, ma mi trattenni dal rispondergli perché ero davvero curiosa di sapere come erano andate le cose.
“Allora, vuoi parlare o no?”, gli chiesi dato che se ne stava semplicemente fermo a fissarmi.
“Ah sì, giusto. Allora,  questa mattina quando sono arrivato a casa di Liam ho sentito Niall e Zayn che parlavano”, disse, e si bloccò.
“E tu non gli hai voluto dire che ci siamo baciati perché eri troppo scosso dalla notizia che Zayn sapeva parlare?”, ipotizzai.
“Ma no idiota! Ero scosso dalla conversazione che stavano avendo! Ti faccio un riassuntino: piaci a Niall”. Mela, arancia, susina, fragola, lampone, limone...
“Che cosa?!”.
“Sì, hai capito bene. Piaci a Niall e non me la sono sentita di dirgli che ci siamo baciati, oggi”. Din din din diiin! Sarah svegliati cazzo.
“No aspetta, non è possibile...”, brofonchiai. Non che Niall fosse brutto, anzi, era tutt’altro, ma a me non piaceva lui. A me piaceva...
“E a te piace lui?”, mi chiese Harry avvicinandosi ancora di più a me.
“N-no...”, confessai.
“E allora chi ti piace?”, domandò quando ormai era talmente vicino al mio viso che riuscivo a sentire il suo respiro sulla mia pelle. Come la pubblicità della Vigorsol!
“Nessuno”, risposi sperando che se la bevesse. Ma proprio mentre pronunciavo quella parola arrossii terribilmente e lui sghignazzò.
“Non mentirmi e dimmi chi ti piace”. E riecco Mr Styles l’imperatore. Cacchio vai a dare ordini al tuo gatto del cavolo.
“Lo so che ti piace qualcuno, te lo leggo negli occhi...”. Ecco, ora era diventato Harry Styles l’oculista. Però, aveva molte professioni.
“E lo vedo anche dal rossore delle tue guance, quel bel rosso porpora...”. Harry Styles il pittore che non riesce a disegnare un albero!
“E dai Harry! Non mi piace nessuno!”, dissi spingendolo via e cercando di ricordare come si respirava.
“Sì, e mia nonna è Miss Italia”, scherzò lui.
“Oddio davvero? Posso avere un autografo?”, gli chiesi contenta. Lui sbuffò e mi si riavvicinò.
“Perché non mi vuoi dire chi ti piace?”. PERCHE’ SEI TU, COGLIONE!
“Perché non posso”.
“E perché non puoi?”, chiese.
“Perché è... difficile”.
“E perché è difficile?”.
“E che cazzo Styles sei peggio di mio cugino di 3 anni!”, dissi sbuffando e alzandomi dal letto. Sfortunatamente, o fortunatamente, dipende dai punti di vista, lui si alzò nel mio stesso momento, così ci ritrovammo di nuovo con i volti vicinissimi. Ci guardammo negli occhi. I suoi pozzi verdi sembravano brillare di una luce propria, il suo sorriso era abbastanza per farmi mancare il respiro e quelle labbra, così vicine alle mie... oh, manco Leopardi parlava così.
“Sei bellissimo”, mi lasciai sfuggire. Aspetta, cosa minchia avevo detto? Lui ridacchiò, facendo incontrare di nuovo i nostri respiri.
“Anche tu sei bellissima”.
“Scherzi? Sono tutta rossa, mi lacrimano gli occhi, un altro po’ divento più gonfia della zia di Harry Potter e tu mi trovi comunque bella? Comprati un paio di occhiali”, replicai. Cominciò a ridere a crepapelle, tenendosi la pancia, ma staccandosi da me. Uffi che pizza!
“Ecco, lo vedi perché sei bella? Riesci sempre a farmi ridere come uno scemo...”.
“Ma tu sei scemo, Harry”.
“E anche quando mi prendi per il culo so che in realtà lo fai perché mi vuoi bene. E’ il tuo modo di dimostrare il tuo affetto! Sei una ragazza dolce, quando vuoi, e solare, quando vuoi, e intelligente...”.
“Quando il Signore mi fa la grazia”, dissi continuando la sua frase. Sorrise e tornò vicinissimo a me. Appoggiò la fronte alla mia e continuò a parlare.
“Non avevo mai conosciuto una ragazza come te. Sei totalmente diversa dalle altre”.
“Intendi che somiglio più ad un dugongo obeso che prova a ballare il valzer in verticale?”, chiesi io.
“No, intendo dire che sei la ragazza più bella che io abbia mai incontrato”, disse ed io rimasi senza fiato. Aspetta, aveva davvero detto quelle cose? Ma no, avrà sicuramente detto “mi hanno dato una caramella dopo avermi castrato”. No dai, era poco probabile. Senza darmi il tempo di riflettere si avvicinò ancora di più fino a far scontrare le nostre labbra leggermente. Dopo avermi guardata negli occhi per un istante che mi parve un’eternità si decise a baciarmi. Oddio, se il bacio della sera prima era stato bellissimo, questo era decisamente perfetto. Harry era dolce, buono... e ci sapeva proprio fare. Ad un certo punto però sentii qualcosa pizzicarmi il naso. Feci appena in tempo a staccarmi da Mr Fossetta e...
“Etchiù!”, starnutii. Harry mi guardò confuso, ma poi scoppiò a ridere.
“Ah, Io odio Beautiful e i Baci Perugina”, mi confessò abbracciandomi. Bene, avevamo qualcosa in comune.
 

Ciaooooooooooooo!
*si nasconde dietro al letto per sfuggire agli insulti*
E va be', forse ho postatu UN PO' in ritardo, ma non è colpa mia!
In realtà è colpa mia, ma con questo caldo non riesco proprio a farmi venire in mente niente,
ed ecco perché il capitolo fa cagare gli stitici e ha un titolo di merda.
Credo anche che il prossimo sarà ancora peggio perché in questo momento un becchino ha più fantasia di me.
Ora vedo di aggiornare anche l'altra storia che non si caga nessuno.
Scusate ancora per il ritardo.
Se volete lasciarmi una recensione per motivarmi, dato che ne ho davvero bisogno, fate pure.
Un bacio a tutti.

 

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Capitolo 11
*** Chicken Spray ***



 

Cap 11- "Chicken Spray"


“Oh happy daaaaay!”, cantai, o meglio strillai, come una cornacchia.
“Oh happy daaaaaay!”.
“Ti prego basta!”, sentii urlare mio padre dal bagno. Forse ero un po’ stonata?  Va beh, non me ne fregava niente. Harry mi aveva baciata, aveva detto che gli piacevo... e io gli avevo starnutito in faccia, ma dettagli. Non avrei mai pensato che sarebbe potuto accadere! Insomma, Harry era... Harry, ed io ero soltanto io. Per quello ancora stentavo a credere di non essermi sognata tutto. Almeno avrei potuto chiederlo direttamente a lui, se mio padre mi avesse lasciato il bagno per farmi preparare.
“Papà, se mi lasciassi entrare magari la smetterei! Così mi fai fare tardi a scuola!”, gli urlai. La sera prima, dopo aver salutato Harry, ero passata alla pizzeria per dare una mano a mio padre che aveva ancora il braccio ingessato e lui, per festeggiare il mio “strano sorriso”, mi aveva offerto una pizza piena di peperoncino, che io avevo gentilmente rifiutato, lasciando che la mangiasse da solo. Beh, diciamo che il peggio lo stava vivendo la tazza del bagno.
“Amore, sto male! Non credo di poter uscire da qui molto presto”, mi disse lui. Se era per quello non avevo neanche intenzione di entrare lì dentro dopo di lui! Andiamo, non volevo mica morire così giovane per colpa dei gas tossici di mio padre! Così presi il mio spazzolino da viaggio e il dentifricio di scorta e mi lavai i denti in cucina; rimediai un pettine e, anche se con difficoltà, riuscii a dare una forma perlomeno decente ai miei capelli. Mi sciacquai il viso e mi vestii, indossando un semplicissimo jeans con una maglietta blu e le converse nere. Salii di nuovo in camera mia per prendere le mie cose e per avvisare mio padre.
“Papà io vado”, gli dissi, ma non ricevetti risposta. E se fosse morto per il troppo sforzo? Magari era svenuto per la puzza.
“Papà?”, lo chiamai, ma lui continuò a non rispondermi. Cominciai a preoccuparmi. Che poi se fosse morto cosa avrei detto al funerale? “E’ morto defecando”? No, non si poteva fare.
“PAPA’?”, urlai.
“E che minchia Sarah! Mi sto concentrando!”, mi rispose arrabbiato. Ah, scusa se mi preoccupavo per te. Sbuffando raggiunsi il piano terra per poi uscire definitivamente dalla casa. Per mio padre sarebbe stata proprio una giornata di mer...
“Sarah!”, mi sentii chiamare. Mi voltai di scatto, felice di aver riconosciuto la voce, ma purtroppo quel cretino gattaro era più vicino di quanto pensassi, così gli diedi una bella capocciata.
“Ahia! Ma porc...”. Si stava per caso trasformando in un mio clone? Uhm... non penso che sarebbe stato bene con i capelli lisci e lunghi. Lui era già perfetto così com’era. Oh ecco, ora mi scendeva anche un po’ di bava.
“Tutto bene?”, gli chiesi massaggiandomi la parte dolorante.
“Sì, sì ma... tu chi sei?”. Aspetta, cosa?
“Come chi sono?!”, gli chiesi confusa.
“Non mi pare di averti mai vista. Chi sei? E io chi sono?”. Oddio gli avevo fatto perdere la memoria!
“Tu sei Harry!”, gli dissi preoccupata.
“Wow! Sono Harry Potter!”.
“Ma quale Harry Potter? Tu sei un coglione che ama i gatti e che si droga di Haribo, e io sono Sarah”.
La mia ragazza?”. Eh no! Non ero psicologicamente pronta per rispondere ad una domanda del genere!
“Ehm... io...”, balbettai in cerca di qualcosa da dire.
“Ahahaha. Ti ho fregato! Era uno scherzo scema!”, cominciò ad urlare saltellando e ridendo.
“Cretino!”, gli urlai spingendolo.
“Scema”, rispose lui.
“Coglione”.
“Stronza”.
“Gattaro”.
Ti amo”. Dai cuore, devi solo battere, proprio come stavi facendo pochi secondi fa.
“C-cosa?”, balbettai di nuovo. Lui come risposta mi sorrise e si avvicinò. Dopo pochi secondi che parvero secoli finalmente portò le nostre labbra a combaciare. Con mio grande dispiacere si staccò quasi subito, mormorando qualcosa come:
“Faremo tardi a scuola”. Ah sì, era un bravo ragazzo, lui. Ci incamminammo verso quella strada che avevo imparato ad odiare. Tralasciando la scia di cacche di cane che occupavano il marciapiede, era brutto pensare che ogni volta percorrevo quella strada era per andare a scuola. Anche attraversarla per andare da un’altra parte ormai mi infastidiva. Stupida scuola. Ad un certo punto però la sentii la mano di Harry sfiorare la mia, per poi stringermi la mano. Quando mi girai per guardarlo lo trovai a fissarmi, sorridendo come un cretino.
“Che c’è?”, gli chiesi. Non mi piaceva essere guardata, ma per lui potevo fare un’eccezione.
“Sei spensierata oggi, il che ti rende bellissima”, rispose scrollando le spalle. Ma la voleva finire con quei complimenti? Ogni volta che me ne faceva uno smettevo di pensare razionalmente e facevo cretinate. Infatti proprio in quel momento inciampai su una radice di un albero che stava lì probabilmente da un secolo e finii per terra, di nuovo.
“Vaffanculo albero di merda. Che i tuoi figli vengano sradicati e trasformati in carta igienica!”, imprecai alzandomi. Quando mi voltai per guardarlo lo trovai a ridere tenendosi la pancia. Ah, era così che mi aiutava? Lo guardai male per poi continuare a camminare. Immediatamente sentii dei passi dietro di me e subito qualcuno mi afferrò il braccio.
“Scusami, ma la tua faccia era epica”, disse il Gattaro trattenendo le risate. Beh, almeno evitava di scoppiarmi a ridere in faccia ancora. Sbuffai, ma accettai che la sua mano riprendesse la mia e in poco tempo arrivammo davanti al cancello della scuola, ben 5 minuti prima della campanella!
“Oggi vieni da me? Non ho capito bene un passaggio di matematica”, gli chiesi.
“Certo. Stessa ora?”.
“Sì. Grazie, mi stai aiutando tantissimo”, gli dissi abbassando lo sguardo. Non era nella mia indole ringraziare qualcuno, ma con Harry era tutto diverso. Riusciva a farmi ridere, balbettare... a volte riusciva anche a farmi arrossire! Con lui potevo essere me stessa e non avevo bisogno di mantenere la solita facciata da antipatica-rompi coglioni. Due dita mi si posarono sotto al mento e mi fecero alzare la testa. Immediatamente mi persi in quelle gemme verdi che brillavano di luce propria. Come qualche minuto prima mi baciò dolcemente, accarezzandomi una guancia. Quando ci staccammo continuò a sorridermi, ma venni distratta da una ragazza poco distante da noi. Non l’avevo mai vista prima, ma mi stava deliberatamente indicando alla ragazza vicina, parlando di non so cosa. Spostai di poco lo sguardo e vidi un gruppetto di ragazze fare la stessa cosa. Alcune mi lanciavano delle occhiatacce, altre mi scrutavano dalla testa alle scarpe. A qualcuna cadde persino il libro dalle mani. Quasi tutte le ragazze presenti non smettevano di guardarmi.
“Ma che cazz...”, imprecai.
“Sono gelose. Lasciale perdere”, mi sussurrò Harry all’orecchio. Quindi mi stavano guardando così perché lo avevo baciato? Bene, ora tutte le ragazze della scuola mi odiavano. Lasciai che il mio sguardo ricadesse sul gruppetto di ragazze che continuavano ad indicarmi, e riconobbi un viso fin troppo familiare. Carol, proprio al centro di quel gruppo, ci guardava con la bocca spalancata. Io le sorrisi salutandola con la mano, come a prenderla in giro. Forse non ero un peso per tutti, no?
“Che fai?”, mi chiese Harry, riferendosi al mio gesto. Gli indicai con la testa il gruppetto di ragazze e anche lui parve riconoscere Carol, perché le sorride sornione per poi farle il dito medio.
“Harry!”.
“Cosa c’è? Se lo meritava!”, spiegò. Potevo sposarlo! Andiamo, non ci voleva niente a trovare un prete, 4 testimoni e una vecchietta che piangesse. Scoppiai a ridere e lo abbracciai.
“Aspetta. Tu mi stai abbracciando?!”, esclamò Harry sorpreso.
“Sì, perché?”.
“Beh, perché quando ci provavo io finivo sempre con il culo per terra”, spiegò. Ripensai a tutte quelle volte in cui aveva provato ad abbracciarmi e risi di nuovo.
“Ho cambiato idea sugli abbracci, ma solo sui tuoi”, spiegai assaporando il suo profumo di... pollo arrosto?! “Harry, che cazzo ti sei messo?”, gli chiesi. Lui mi guardò confuso e come spiegazione gli indicai il collo.
“Oh, non è niente...”, rispose arrossendo.
“Come non è niente? Odora come il pollo che fa mia nonna!”.
“Ma... e va bene, l’ho comprato perché pensavo che ti piacesse”, rispose abbassando lo sguardo. Aveva comprato un profumo del genere per me? Va be’ che mi piaceva il pollo, ma non così... però era stato gentile.
“Aww l’hai comprato per me? Aspetta... dove l’hai comprato?”, gli chiesi sospettosa. Quale profumeria poteva vendere un profumo del genere?
“Ehm...”.
“Harry! Dove l’hai comprato?”, gli chiesi di nuovo.
“In un negozio per cani, ma Louis...”.
“COSA?!”, sbraitai incredula. Aveva appena comprato un profumo per cani per me? Che poi esistevano i profumi per i cani? No, doveva essere qualcos’altro, tipo uno spray... ms cosa cazzo c’entrava?
“Fammi spiegare! All’inizio non sapevo che fosse un negozio per cani! Avevo visto il profumo in vetrina e ho pensato a te perché mi avevi detto che ti piaceva il pollo, così l’ho comprato. Ecco perché Louis e il tizio alla cassa mi avevano guardato male quando avevo detto che era per te...”. Oddio, era davvero irrecuperabile. Lo fissai per un momento per poi scoppiare a ridere. Era un coglione, ma aveva fatto tutto quello per me e non potevo essere arrabbiata. Diedi un’altra annusata al suo collo e gli stampai un baci sulla guancia.
“Non sei arrabbiata?”, mi chiese Harry. Io scossi la testa e sorrisi. In quel momento suonò la campanella e dovemmo separarci. Mentre camminavo verso la mia classe pensai a quanto quel giorno tutto mi sembrava diverso: i fiori erano più profumati, i colori più accesi... e i coglioni sempre più coglioni.
“Buongiorno Spancer”, mi salutò Fryn, confermando la mia teoria.
“Era un buon giorno prima che mi parlassi”, mormorai, ma stando attenta che mi sentisse.
“Ti ho vista insieme al tuo amichetto prima. Quindi state insieme, eh? Chi l’avrebbe mai detto!”, esclamò.
“Perché?”, gli chiesi voltandomi per la prima volta nella sua direzione. Lui ghignò e, dallo sguardo che mi lanciò, capii che non aspettava altro che quella domanda.
“Perché lui è popolarissimo a scuola e tutte le ragazze gli vanno dietro, mentre tu non sei niente”, spiegò allargando quel ghigno odioso. Mi odiai per avergli fornito quell’occasione per ferirmi e mi voltai senza dire niente. Per mia fortuna non mi seguì e in poco tempo arrivai alla mia classe. Quando entrai il prof non era ancora arrivato, ma la classe era già tutta lì. Immediatamente tutti gli sguardi femminili si posarono su di me e dei sussurri passarono da un orecchio all’altro. Sbuffai sonoramente e raggiunsi il mio posto. Cercai di evitare tutti gli sguardi, facendo finta di ripassare matematica, dato che quel giorno rischiavo un’interrogazione. Come previsto, quando il prof scorse il registro per decidere gli interrogati del giorno, chiamò anche il mio nome. Imprecai in aramaico antico delle pianure dell’est e mi trascinai svogliatamente alla cattedra. Proprio non ci voleva quel giorno.
“Spancer, risolvi questo esercizio”, mi disse il prof e cominciò a dettarmi l’espressione da trascrivere alla lavagna. Harry mi aveva insegnato come svolgere quel tipo di esercizi, così non impiegai molto a finire l’espressione. Quando mi voltai verso la cattedra, il professore aveva la bocca spalancata e gli occhi sbarrati.
“Prof, cosa c’è?”, gli chiesi preoccupata. Se crepava lì di infarto poi avrei dovuto dare delle spiegazioni.
“Eh che... niente Spancer. Puoi tornare al posto. Brava”, disse congedandomi. Tornai al mio banco e, guardandolo con la coda dell’occhio, lo vidi sorridere, facendo il segno della vittoria. Come se fosse merito suo, avrebbero dovuto pagare Harry per l’aiuto che mi stava dando. Il resto della lezione passò tranquillamente, anche se ogni tanto sentivo dei sussurri riguardo alla mia relazione con Harry. Quando suonò la campanella la bidella ci avvisò dell’assenza della professoressa di francese.
“Potete rimanere qui da soli, se non vi comportate come delle capre beduine del Tibet”, ci ammonì, fissandoci seria.
“Staremo buoni”, rispose Rachel al primo banco. La bidella ci lanciò un ultimo sguardo di fuoco e se ne andò. THIS BIDELLA IS ON FIREEEEEEEEEEE! Okay no. Immediatamente, quando la bidella scomparve dietro all’angolo in fondo al corridoio, tutta la classe si alzò . C’era chi ascoltava la musica, chi andava alla macchinetta per prendere da mangiare, chi andava in bagno... insomma, non era proprio quello che avevamo promesso alla bidella, ma non fregava a nessuno. Approfittai di quel momento di distrazione e, una volta preso il cellulare, mi recai in bagno. Mi appoggiai al ripiano del lavandino e scrissi il messaggio per Harry.
Ehi, come va? Da noi manca francese
Sarah xx
Mi aveva praticamente obbligata a farlo. Aveva detto che voleva sapere sempre dov’ero e cosa facevo. Io lo avevo guardato malissimo perché, come ben sapeva, non sopportavo le persone appiccicose, ma non ci fu niente da fare.
“E dai! Cosa ti costa?”, mi aveva chiesto con tono lamentoso.
“I soldi del messaggio, ecco cosa mi costa!”, avevo detto.
“Ti farò una ricarica. E dai!”. Come al solito non ero riuscita a resistere ai suoi occhi dolci e alle sue fossette, quindi avevo acconsentito. Una vibrazione mi avvisò che mi era arrivato un messaggio.
 
Che culo! Noi ora abbiamo storia e interroga. Ci vediamo a ricreazione? Ti amo,
Harry xx.
Sorrisi come un’idiota rileggendo il messaggio. Lui era sempre così dolce con me, io invece non riuscivo mai a dirgli quello che provavo. Lui con una carezza riusciva a trasmettermi tutto quello, ma quando ci provavo io mi sembrava un gesto vuoto. Non ero dolce come lui, e avevo una paura matta che a lui potesse dar fastidio.
“Guardate chi c’è! La nuova signora Styles. Harry ha proprio dei pessimi gusti per le ragazze”, disse una vocetta stridula Alzai lo sguardo e mi ritrovai davanti un gruppetto di ragazze dall’aria seccata.
“Cosa volete?”, chiesi sconsolata.
“Vogliamo che tu lasci perdere Harry. Si merita di meglio, non qualcuna come te che non sa dimostrargli un minimo di affetto”, disse la ragazza che aveva parlato prima. Anche se non lo diedi a vedere, quelle parole mi fecero male. Erano la conferma di quello che temevo di più.  Sapevo di non essere abbastanza per Harry e quelle ragazze non stavano facendo altro che sbattermi in faccia la realtà. Provai a ribattere, ma non riuscii a pensare a niente di pungente da dire.
“Sai quante ragazze in questa scuola desidererebbero stare al tuo posto? E Harry chi sceglie? Una come te, che non riesce neanche a dirgli “ti amo”. Sei patetica”, disse un’altra ragazza. Io mi limitai a fissare intensamente una mattonella piuttosto sporgente, sperando solo che se ne andassero. Ma successe tutt’altro. Cominciarono ad avvicinarsi ed io cominciai a sudare freddo, non perché avessi paura di loro, ma perché con tutta quella gente non riuscivo a respirare bene. Mi appiattii contro il lavandino, cercando una via di fuga. Ora l’aria era davvero irrespirabile e già restare in piedi mi sembrava un compito difficilissimo. Annaspai, alla disperata ricerca di un po’ d’aria.
“Ma cos’ha?”, sentii sussurrare una delle ragazze. Evidentemente il mio star male si vedeva anche dall’esterno. Purtroppo la porta era proprio alle spalle del gruppetto, e quindi era irraggiungibile. Le gambe non mi ressero più e scivolai lungo il marmo freddo del lavandino, finendo seduta per terra.
“Ferme! Non vedete che sta male? Uscite subito di qui!”, urlò una voce familiare. Ero troppo stanca per aprire gli occhi, che scoprii solo in quel momento di aver chiuso, ma riconobbi immediatamente quella voce. Altri mormorii si levarono dal gruppo davanti a me, ma presto la confusione scemò e il bagno si liberò. Mi sentii tirare su e quando aprii gli occhi mi trovai davanti un paio di occhi color nocciola. Venni trascinata fuori dal bagno e poco dopo sentii anche del vento leggero solleticarmi il viso. Carol mi fece sedere su una panchina del cortile. Cominciai poco a poco a respirare regolarmente, con una mano sulla gola, come se potesse aiutarmi. Intanto Carol era rimasta lì, ma non si era seduta al mio fianco. Continuava a guardarmi timorosa con i suoi occhi da cerbiatta. Con la coda dell’occhi la vidi torturarsi le mani e dopo un po’ se ne uscì con
“Be’, ciao”. Ma non potevo lasciarla andare così. Anche se si era comportata da stronza mia aveva appena tirata fuori da un bel guaio, quindi si meritava almeno un ringraziamento.
“Carol!”, la richiamai e lei si voltò verso di me.
“Grazie”, le dissi e lei accennò un sorriso, per poi continuare a camminare. Rimasi lì per un bel po’, sola, a cercare di respirare normalmente e non come un elefante con l’asma. Dopo qualche minuto il coglione dei coglioni tornò a rompermi le scatole.
“Che hai Spancer? Sei pallida!”, mi chiese Fryn ghignando.
“Ho che mi stai talmente antipatico che i miei polmoni quando ti vedo smettono di funzionare per ripicca”.
“Ah ah, divertente. Ammettilo, mi trovi estremamente hot”, disse e mi si avvicinò ancora di più. Cercai di allontanarmi, ma ero pur sempre seduta, mentre lui era in piedi e ancora non ce la facevo ad alzarmi. Fanculo, claustrofobia di merda!
“Sì, Fryn, sei hot quanto una vigorsol in culo. Ora spostati”, sussurrai debolmente, ma venni interrotta da un’altra voce.
 “Ti avevo detto di lasciarla stare”. Mi voltai verso il punto da cui proveniva la voce ed incontrai lo sguardo duro e arrabbiato di Harry. Ma lui non guardava me, bensì Nick che, spaventato, si era allontanato un po’. Be’, capivo che la scena poteva essere equivoca per un esterno. Ero seduta, pallida e sudata, con una mano sulla gola e il respiro affannato, mentre Nick mi era vicinissimo con un ghigno malefico in faccia. Prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa Harry si scaraventò su Nick e gli assestò un pugno in piena faccia. Balzai in piedi, ma ancora non avevo recuperato del tutto le energie, così ricaddi all’indietro, facendomi male al culo.
“Ma porca di quella balena in calore! Così mi appiattite il culo!”, urlai, massaggiandomi la parte dolente. I due si bloccarono un attimo a guardarmi e quel momento di esitazione fu abbastanza per il professore di educazione fisica per dividerli.
“Styles, Fryn, Spancer! In presidenza!”, urlò tenendo i due più lontano possibile. Bene, un’altra gita dal signor Sallivan non poteva farmi male, no?

Ciaooooooooooooooo!
E dopo una settimana esatta eccomi qui, con un capitolo che fa concorrenza alle purghe per cavalli!
Ho cercato di fare del mio meglio, se non altro per ringraziarvi di tutte quelle recensioni per lo scorso capitolo,
7 RECENSIONI? MA IO MUOIO, RISUSCITO, VENGO LI' E VI ABBRACCIO AD UNA AD UNA!
No, sul serio, grazie mille sdfghjkljhgf.L
a parte dello spray al pollo fa cagare, del resto tutto il capitolo sembra incentrato sulla cacca OuO
REGALIAMO UN CESSO NUOVO ALLA FAMIGLIA SPANCER!
E poi, vorrei dedicare questo capitolo alla mia funghetta bravissima: _ciuffano
TI VOGLIO BENE PANDA COCCOLOSO.
E poi ditelo anche voi: SEI BRAVISSIMAAAAAAAAAAAA!
E vi ricordo che il banner di questa storia è stato creato da lei sdfgjkk.
Ora vado che sto fracassando i cosidetti (?).
GRAZIE ANCORA, DAVVERO.
Un bacio.

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Capitolo 12
*** Expelled ***



 

Cap 12 -"Expelled"

Ci dirigemmo verso l’ufficio del mio amato preside cercando di fare silenzio per non adirare ancora di più il professore. Harry mi era venuto vicino e mi aveva presa per mano, come a marcare il suo territorio, e Nick ci guardava imbufalito. Che voleva? Aveva cominciato questa storia quando mi aveva chiusa nel bagno, era solo colpa sua.
“Ora vedrete...”, continuava a bofonchiare il professore. Strinsi ancora di più la mano di Harry. Poco tempo prima il preside Sallivan mi aveva avvisata di starmene buona e di fare il mio dovere, almeno se avevo intenzione di rimanere in quella scuola, ed ora avevo una paura matta che si infuriasse e decidesse di mandarmi via. Alzai per la prima volta lo sguardo dal pavimento e fissai l’unica cosa che potevo vedere davanti a me: il professore, o meglio, la camicia orribile del professore. Ma si poteva indossare una... roba del genere consapevolmente? Sembrava una vecchia tovaglia dove era stato rovesciato qualcosa, con un’aggiunta di una chiazza di vomito qua e là.
“Harry, credi che...”, gli chiesi, ma non mi lasciò neanche finire la frase e, pensando si sapere dove volevo andare a parare, mi rispose con un secco:
“No!”. Lo guardai interrogativa e lui si addolcì all’istante, sorridendomi.
“Non lascerò che ti sbattano fuori dopo tutto il lavoro che hai fatto per colpa di un idiota che non sa stare al posto suo”, mi spiego ed io ricambiai il sorriso.
“In realtà volevo chiederti se secondo te il professore è consapevole di star indossando una camicia che non indosserebbe nemmeno Hagrid, di Harry Potter, ma sono felice che ti importi che io rimanga”, spiegai. Lui mi guardò imbarazzato, ma poi tornò a sorridermi. Purtroppo arrivammo presto alla porta dell’ufficio del preside e, dopo aver bussato, il professore ci spinse dentro.
“Oh... buongiorno”, esclamò il preside sorpreso quando ci vide entrare. Era probabilmente sorpreso dalla quantità di persone che avevano fatto irruzione nel suo ufficio... oppure dalla cagata di camicia del professore... boh, fatto sta che restò sorpreso.
“Bernard, vorresti per favore dirmi cosa ci fanno qui questi ragazzi?”, chiese calmo il signor Sallivan.
“Questi due teppistelli”, indicò Nick ed Harry, “Si stavano azzuffando nel cortile”, spiegò arrabbiato. Il preside annuì per poi spostare lo sguardo su di me.
“E lei?”, chiese indicandomi.
“Be’, lei era lì con loro e ho pensato che potesse aver combinato qualcosa...”.
“Ma pensi a cambiarsi la camicia...”, borbottai.
“Cosa?!”, esclamò il professore guardandomi torva. Forse mi aveva sentita.
“Ehm... stavo dicendo “devo dare da mangiare alla mia micia””, spiegai.
“Ma Sarah, tu non hai un gatto”, intervenne quell’idio... amore di Harry.
“Tu non l’hai vista perché l’ho presa ieri”, spiegai guardandolo male.
“Ma tu odi i gatti!”.
“Oh santo cielo Harry chiudi il becco!”, gli urlai. Tutti i presenti mi guardarono spaventati, per poi distogliere lo sguardo quando li guardai a mia volta.
“Puoi andare, Bernard”, disse sempre calmo il preside. Ma che cazzo di nome era Bernard? Già il nome diceva che si parlava di uno sfigato.
“Ma preside...”.
“Ci penso io qui, torna a fare lezione”.
“Va bene...”, mormorò il signor Camicia di Merda prima di uscire triste dalla porta. Pensava forse di godersi lo spettacolo del preside che ci urlava contro? Ah, fregati Bernard!
“Ora che siamo tutti più tranquilli, potete sedervi e per favore raccontarmi cosa è successo?”, chiese il preside. Ci sedemmo sulle tre sedia scomode poste davanti alla sua scrivania, tutti decisi a non parlare per primi.
“Se non mi spiegate voi sarò costretto a chiedere spiegazioni al mio collega, e in quel caso voi non avrete più voce in capitolo”, ci avvertì il preside.
“Uff, e va bene, glielo spiego io”, cominciai, dato che non avevo proprio voglia di essere espulsa per colpa di un coglione come Fryn.
“Ero in bagno a fare... be’, quello che si fa in bagno e mi sono sentita male, così sono uscita in giardino e mi sono seduta su una panchina. Dopo pochi minuti questo cogl... Fryn è arrivato ed ha cominciato ad infastidirmi. Harry, che gli aveva già detto di starmi lontano, l’ha visto ed è intervenuto”, spiegai gesticolando. Quando ebbi finito sentii Fryn sbuffare e Harry, sempre al mio fianco, annuì.
“Tutto qui?”, chiese il preside.
“Credo di sì”, rispose Harry, spiccicando le sue prime parole.
“Allora, se nessuno di voi ha dell’altro da aggiungere, credo che possiamo accordarci sui provvedimenti da prendere... Sì, Styles, ci saranno dei provvedimenti”, aggiunse quando Harry provò a parlare.
“ Una rissa nel cortile non può restare impunita. Credo che un bel pomeriggio dedicato alla pulizia della scuola con i bidelli possa esservi d’aiuto, magari troverete anche il modo di riappacificarvi. Venite qui verso le 15.00, questo pomeriggio. Spiegherò tutto ai bidelli che vi diranno cosa fare. Adesso potete andare”, disse indicando la porta. Ci alzammo tutti e tre contemporaneamente, ma la voce del preside mi richiamò.
“Non così in fretta, Sarah. Con te non ho ancora finito”. Lanciai uno sguardo preoccupato ad Harry e lui mi accarezzò la mano per rassicurarmi. Poco prima di seguire Nick fuori dall’ufficio di sorrise come segno di incoraggiamento.
“Allora, vorrei sapere perché ogni volta che succede qualcosa tu sei sempre in mezzo”. Mi limitai a sorridere timidamente, sperando che finisse presto la sua predica.
“Ti avevo avvisata, Sarah. Sono stato indulgente con te perché sei la figlia di uno dei miei amici più cari, ma quando è troppo è troppo. So che ultimamente hai fatto molto per recuperare i tuoi brutti voti, ma purtroppo non ho visto nessun miglioramento per quanto riguarda l’attenzione in classe e il rispetto verso i professori e i tuoi compagni. Mi dispiace tanto, Sarah, ma temo che questa volta non potrò fare nulla”. Un brivido mi attraversò la schiena. Non potevo essere buttata fuori per quella sciocchezza... vero?
“Non c’è problema, sconterò anch’io la mia punizione insieme ad Harry e a Nick”, dissi sicura.
“Vedi, non è quello il problema. Temo che ormai io sia costretto ad... espellerti”. Toh, guarda! C’è una mosca che continua a sbattere contro la finestr... COSA?! ESPELLERMI?
“Ma preside, io...”.
“Davvero Sarah, se ci fosse qualcosa che potrei fare la farei, ma te ne ho fatte passare troppe e non sarebbe giusto nei confronti degli altri studenti. Devi andartene. Se vuoi posso parlare io con tuo padre e spiegargli...”.
“Lei non può farlo!”, urlai alzandomi in piedi.
“Posso e devo farlo, Sarah, ti prego capiscimi...”.
“Io non voglio capire proprio niente! Mi sono impegnata per recuperare tutte le insufficienze e stavo facendo un ottimo lavoro! Non può buttarmi fuori per colpa di un coglione che non sa stare al suo posto!”.
“Modera il linguaggio, ti prego, e non addossare alle persone colpe che non hanno. Per quanto Fryn possa essere un vero... imbecille, va bene a scuola. Ti conosco, Sarah, posso davvero fidarmi di te ancora? Mi hai dato troppe prove di quanto sfaticata tu sia e sono sicuro che se ti lasciassi andare adesso non cambierebbe niente. Sei fuori, basta. Avviserò io tuo padre e...”.
“John ascoltami! Sono io, Sarah! Lo sai che non farei mai...”.
“Quando siamo a scuola ti prego di chiamarmi “signor Sallivan”, oppure “preside”. Esatto Sarah, è perché ti conosco che ti sto dicendo che non posso più fidarmi di te. Ti ho dato troppe occasioni di dimostrarmi il contrario e non le hai mai usate. Ora basta, ho preso una decisione. Puoi anche andare”, disse per poi portare lo sguardo su dei fogli posti sulla sua scrivania. Rimasi lì, immobile, sperando che cambiasse idea, o anche solo che gli alieni sbarcassero sulla terra e mi rapissero per fare degli esperimenti su di me. Ma forse anche in quel caso sarei stata spacciata perché, dopotutto, gli alieni cercano forme di vita intelligente, ed io non ero proprio una cima. Guardai per un’ultima volta il signor Sallivan che non diede nemmeno un accenno di voler cambiare idea.
“Bene, me ne vado, ma non scomodarti ad avvisare mio padre, ci penserò io. Stammi bene John”, dissi raggiungendo a passo svelto la porta. Lo sentii sospirare prima di chiudermela dietro le spalle.
“Allora? Com’è andata?”, mi chiese immediatamente Harry che, quasi sicuramente, aveva aspettato che uscissi. Mi limitai a guardarlo, per poi scuotere la testa. Lui rimase shoccato, ma non esitò a stringermi in un abbraccio quando vide delle lacrime bagnarmi gli occhi. Cominciai a singhiozzare, inzuppandogli tutta la maglietta, ma non mi importava. Ero stanca, stanca di dovermi sempre controllare, stanca di subire ingiustizie ma mantenere sempre la facciata della “ragazza forte”... ero semplicemente stanca.
“Vedrai che si sistemerà tutto. Ci parlo io con il preside, va bene?”, mi sussurrò Harry. Io annuii, ma sapevo che non sarebbe cambiato niente comunque. Rimanemmo un altro po’ di tempo così, finché il suono della campanella ci avvisò della fine delle lezioni.
“Vuoi che venga lo stesso da te, oggi?”, mi chiese Harry.
“Non puoi, devi venire qui per la punizione, e poi... non serve più, no?”, gli dissi mentre ci incamminammo per il corridoio.
“Allora ci sentiamo dopo, va bene? Cercherò di sistemare tutto, stai tranquilla”, mi disse e mi lasciò un bacio sulla fronte. Io annuii di nuovo e mi diressi in classe per prendere la mia roba. Il tragitto dalla scuola a casa mi sembrò ancora più lugubre del solito, ma sperai comunque che non finisse mai. Non aveva la forza di affrontare mio padre e di dargli anche questa delusione, anche se sapevo che non sarebbe tornato prima di quella sera. Proprio mentre pensavo a come affrontare il discorso mi accorsi di una macchina parcheggiata davanti a casa mia: la macchina di papà. Perfetto, quindi era a casa! La mia morte sarebbe arrivata più velocemente, ma forse quello era un bene. Presi un respiro profondo prima di aprire la porta di casa urlando un :
“Sono a casa!”.
 

Harry’s POV

Non poteva essere, insomma, avevamo lavorato così tanto perché riuscisse a superare anche questo ostacolo... e poi veniva cacciata dalla scuola per colpa di quel coglione di Fryn? No, avrei fatto tutto quello che era in mio potere per impedirlo. Infatti, invece di avviarmi verso casa mia per prepararmi a quel pomeriggio di punizione, mi diressi di nuovo verso l’ufficio del preside, sperando di trovarlo ancora lì. Per fortuna quando bussai alla porta ricevetti un flebile “Avanti”. Presi un respiro profondo ed entrai.
“Preside, le devo parlare”, annunciai prendendo subito posto su una delle sedie davanti alla scrivania.
“Se è per parlare di quello che ho detto a Spancer sappi che ho preso la mia decisione e che sarò irremovibile su questo punto”, mi avvisò. Divenni furente e mi alzai all’improvviso. La rabbia mi impediva di rimanere seduto proprio davanti ad un’ingiustizia del genere.
“Ma lei non c’entrava niente! Fryn la stava infastidendo e sono stato io a cominciare la rissa. E poi non mi dica che non ha notato i progressi che ha fatto! Ha lavorato tanto, e lei non può buttare tutto quello studio al cesso per...”.
“Modera il linguaggio!”.
“...per una cazzata del genere! No, signore, non modererò il linguaggio se questo è l’unico modo per avere la sua attenzione. Se deve espellere qualcuno, espella me, ma non Sarah. Non se lo merita, e lei lo sa benissimo! La conosce e sa che tipo di ragazza è, per favore ragioni!”, conclusi furente e rosso il volto. Il preside rimase inspiegabilmente calmo. Ci fu un attimo di silenzio che mi sforzai di non rompere, in trepida attesa di una sua risposta, che non tardò ad arrivare.
“Hai ragione”, disse. In quel momento mi sarei messo a ballare la conga con la fotocopiatrice vestito con un tutù rosa, ma la mia momentanea felicità fu spezzata dalla stessa voce che l’aveva creata.
“Hai ragione, la conosco benissimo, e per questo so di cosa è capace. Come ti ho detto, ho preso la mia decisione, e non sarai tu a farmela cambiare. Vorrei dirti però, che é proprio perché la conosco, proprio perché è la figlia di uno dei miei migliori amici che tu sei ancora qui”.
“C-cosa?!”, balbettai confuso.
“Dopo esserti riferito a me in quel modo, dopo aver messo in discussione le mie decisioni uno studente normale dovrebbe essere espulso all’istante. Ma non sono cieco e, come hai fatto presente tu, conosco Sarah. Ho notato che tra di voi c’è qualcosa e so che soffrirebbe se tu venissi sbattuto fuori per difenderla. Solo grazie a lei puoi definirti ancora uno studente di questa scuola. Ora, se non ti dispiace, vorrei tornare al mio lavoro”.
“Ma...”.
“Credo di aver speso anche troppe parole a questo proposito. Togliti dai piedi Styles!”. Sapevo che qualsiasi cosa avessi detto o fatto non avrebbe cambiato niente, lo leggevo in quegl’occhi troppo azzurri che mi fissavano. Sbuffai e lasciai l’ufficio, curandomi però di sbattere la porta. Che gli entrasse un moscerino nell’occhio... oh no, poi magari sarebbe morto congelato per il gelo. Probabilmente non avevano solo il colore del ghiaccio, erano ghiaccio puro! Ed ora come avrei fatto a dirlo a Sarah! Non potevo sopportare l’idea che fosse stata espulsa, non dopo tutto quel lavoro! Fregandomene del pranzo corsi verso casa sua, sperando di trovarla lì. Corsi a perdifiato e... inciampai su un sassolino di merda che stava proprio in mezzo alla strada, ma mi rialzai subito e, dopo aver controllato che nessuno mi avesse visto, continuai a sfrecciare verso casa Spancer. Dopo aver rischiato di essere investito 2 volte e dopo essere andato addosso ad un bambino a cui avevo fatto cadere il gelato riuscii ad arrivare a destinazione. Suonai mentre cercavo di riprendere fiato, ma non appena la porta venne aperta un urlo mi fece intendere che il padre di Sarah era tornato prima dal lavoro.
“E’ sempre così! Ora ti sei fatta cacciare anche da scuola!”, aveva urlato mentre una Sarah pallida ed in lacrime mi aveva aperto la porta.
“Sarah...”, riuscii a dire, un po’ per l’affaticamento, un po’ per la sorpresa di vederla così distrutta.
“No, mia nonna. Non è un buon momento, Harry. Anzi, sai che c’è? Non è una buona vita! Non faccio altro che combinare guai, ha ragione mio padre!”, urlò in preda ai singhiozzi.
“N-no... tu...”.
“No, Harry! Sono un disastro! Ma questo non sarebbe mai successo se tu mi avessi ascoltata!”.
“Cosa...”.
“Ti avevo detto di lasciar perdere quel coglione, ma tu hai voluto marchiare il territorio, fargli capire chissà cosa a spese mie! Sapevi che correvo un rischio anche solo respirando in quella scuola! Perché l’hai fatto?”, mi urlò in lacrime. Rimasi senza parole. Davvero mi stava incolpando di averla difesa?
“Chi è... Ah, bene, sei tu!”, disse il padre di Sarah venendo alla porta.
“Signore, io non...”, cercai di parlare, ma venni interrotto di nuovo.
“E’ colpa tua se mia figlia è stata sbattuta fuori dalla scuola! Non voglio vederti mai più vicino a lei, chiaro? Ora vattene, tornatene dai tuoi amici ricchi e lasciaci in pace!”, mi urlò contro. Non sapevo cosa fare, quindi scelsi la via più facile e corsi, corsi come non avevo mai fatto prima, anche più veloce di quanto avessi corso per arrivare a casa di Sarah. Semplicemente corsi, sperando di lasciarmi alle spalle tutto quello che avevo sentito nell’arco di 5 minuti.
 


Saaaaaaaaaaaaaalve.
Come va?
Io male. VOGLIO ANDARE AD HOGWARTS! (?)
No, sul serio, voglio essere una strega! ç_ç
Passando al capitolo. Fa cagare.
SCUSATE SCUSATE SCUSATE DAVVERO TANTO!
Non avevo idee e io non lavoro bene con la pioggia (?).
Non lo so, mi mette ansia, ok? Ok.
Sarah è stata espulsa e si è incazzata a bestia con Harry, che non c'entrava niente, ma le andava.
No, va be', la loro vita non poteva essere tutta rose e fiori, no?
Poi, vorrei avvisarvi che presto io e _ciuffano
abbiamo in mente una collaborazione per una ff Larry che sarà pubblicata sul suo profilo.
Mi farebbe davvero piacere se passaste.
Ora mi levo dalle palle, giuro.
No, ancora no, lol.
Volevo ringraziare tutti quelli che seguono la storia, che la recensiscono, la inseriscono tra le preferite/ricordate/seguite
o anche quelle che la leggono in silenzio insultandomi per le cagate che posto.
Sul serio, vi ringrazio.
Se mai voleste lasciarmi un parere sul capitolo io sono qui.
DAI, RECENSITE CAZZO! (?).
Ora vado sul serio, ciaooooooo!

 

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Capitolo 13
*** I Ravioli Di Giovanni Rana ***



Cap 13 "I Ravioli Di Giovanni Rana"
 

Sarah’s Pov
 
“Va’ in camera tua e vedi di farti trovare lì quando tornerò”, mi urlò mio padre prima di sbattersi la porta di casa alle spalle. Per un’ora non aveva fatto altro che urlarmi contro e a me era toccato ascoltare e stare zitta. In quel momento non potevo contraddirlo, anche perché sapevo che aveva ragione. Aveva deciso di andare a parlare con il preside Sallivan per cercare di sistemare le cose, ma né io né lui eravamo molto fiduciosi. Un’altra cosa che non si sarebbe potuta aggiustare era la mia relazione con Harry che, come al solito, avevo rovinato per un momento di deficienza cronica. Vaffanculo a me.
 
“Ah, e vedi di preparare anche qualcosa da mangiare”, disse riaprendo la porta per poi ribatterla una volta uscito. Quindi non mi dovevo muovere dalla mia camera ma dovevo preparare da mangiare? E chi ero? Sarebbe stato possibile se avessi potuto creare un clone di me stessa, così da essere sia in camera che in cucina, ma ripensandoci una me in più avrebbe portato solo più casini. Oddio, la deficienza al quadrato! Meglio di no…
Sbuffando mi recai in camera mia e affondai la testa nel cuscino. In poche ore ero riuscita a rovinare tutto ciò che avevo costruito in quei tre mesi. Ero stata espulsa, quindi tutti i miei tentativi di portare la mia media scolastica da “scarsa quanto il cervello di Sid il bradipo” a “quantomeno accettabile” erano andati a scalare le montagne con Albus Silente. In più avevo rovinato la cosa più importante per me: la mia relazione con Harry.
Lo avevo accusato, ma era stato solo un modo per scaricare la mia rabbia. Sapevo che lui non aveva fatto niente, semmai mi aveva aiutato, ma la mia testa non aveva mai ragionato bene, quindi non ero poi tanto sorpresa da come erano andate le cose. Sapevo che quello che avevo con Harry non sarebbe durato, ma non perché non mi piacesse abbastanza, ma perché ero sicura che avrei combinato un disastro, commesso una delle mie solite stronzate… semplicemente non mi fidavo di me stessa.
Sapevo che avrei rovinato tutto, e avevo ragione. Ora, per colpa mia, Harry si era sentito addossare colpe non sue, non solo da me, ma anche da mio padre, che come al solito non ci aveva capito un cazzo. Eh, da qualcuno avevo dovuto prendere il mio cervellino bacato, no?  Mi dispiaceva davvero di essermela presa con lui, ma cosa potevo fare per farmi perdonare? Aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato, anche io ero arrabbiata con me stessa, e l’avrei capito se avesse deciso di mandarmi ufficialmente a fanculo. Se fosse andata così probabilmente andare a scalare le montagne con Silly sarebbe stata davvero la cosa migliore da fare. Sbuffai e mi girai a pancia in su. In quel momento un suono che mi ricordava il rumore dei problemi intestinali di mio padre mi avvisò che mi era arrivato un messaggio. Siccome il mio telefono apparteneva all’età della pietra, fui in grado di leggere il mittente solo una volta averlo aperto. Diceva:
 
Possiamo incontrarci al parco vicino casa tua alle 17.00?
 
Carol xx

 
Carol?! CAROL?! Erano sbarcati gli alieni ballando la ma carena per caso? Oppure il professore di Storia aveva risolto il problema della sua calvizie e adesso stava correndo a casa mia per farmi ammirare la sua nuova chioma splendente… no, quello era troppo impossibile. Mi affettai a rispondere al messaggio, usando tutta la mia grazia…
 
Non ti ci mettere anche tu a scartavetrarmi i maroni.
 
Sarah xx
 

Oh non poteva dire niente, ci avevo messo anche i bacini alla fine. La risposta non tardò ad arrivare, come al solito se si parlava di Carol.
 
Mi sono comportata da cogliona, ma vorrei davvero fare pace. Per favore vieni oggi?
 
Carol xx

 
Lessi il messaggio velocemente per poi soffermarmi a pensare alla risposta. Non sarei potuta andare da nessuna parte per un bel po’ di tempo, almeno secondo mio padre, quindi qualsiasi attività che includeva l’azione di attraversare la porta di casa per me era off limits. Risposi spingendo velocemente i tastini microscopici del mio telefono che sicuramente era stato un bellissimo regalo per la figlia del signor Flinstones qualche milione di anni fa.
 
Rettifico: sei stata una super cogliona egoista.
 
Sarah xx
 

Aspettai pochi secondi prima di ricevere la risposta.
 
Lo so, hai ragione. Quindi verrai?
 
Carol xx

 
Ci pensai un attimo. In un’unica giornata avevo perso tutto: la scuola, il rispetto di mio padre... persino Harry, che male c’era nel voler far pace con lei? Si era comportata da stronza, ma lo aveva ammesso e mi aveva pregato di incontrarla al parco quel pomeriggio, perché non darle una possibilità? Ah sì, certo. Ero in punizione.
 
Carol, io vorrei venire, ma sono in punizione e non credo che mio padre mi lascerà uscire tanto facilmente
 
Sarah xx

 
Digitai velocemente, sperando di aver scritto le parole giuste. Quel telefono era antico, ma aveva un correttore automatico da paura. Se provavi a scrivere “non lo so”, automaticamente lui lo faceva diventare “non rompere le palle”. Il telefono giusto per me, insomma, ma a volte poteva creare dei problemi.
 
Vengo io da te! Dai, per quanto tuo padre possa essere arrabbiato non ti negherà di fare pace con me!
 
Carol xx
 

Non aveva tutti i torti. Persino mio padre aveva capito che qualcosa tra noi non andava, quindi non sarebbe potuto essere più felice di sapere che eravamo tornate amiche, o che c’era una possibilità di sistemare tutto.
 
Va bene, vieni da me. Ti aspetto per le 17.00
 
Sarah xx

 
Chiusi il cellulare e lo buttai sul letto, per poi tornare a sdraiarmi. Forse, se mi fossi concessa qualche ora di sonno, dopo sarei stata più lucida. Proprio mentre stavo cadendo nel sonno sentii la porta di casa sbattere e volai giù dal letto, sbattendo la testa.
 
“Ma porc...”, imprecai.
“Sarah!”, sentii urlare mio padre dal piano inferiore. In quel momento mi ricordai di non aver neanche pensato a cosa preparare da mangiare.
“Ma porc... al quadrato!”, imprecai di nuovo, quando sentii i passi pesanti di papà lungo le scale. La porta si aprì bruscamente ma da dove ero, cioè da dietro al letto, non riuscivo a vederlo in faccia.
“Non hai... Sarah?!”. Si bloccò non vedendomi.
“Sono qui papà”, alzai un braccio e mi alzai strofinandomi la testa.
“Ah, bene. Ora mi spieghi perché non hai preparato niente?!”, mi chiese arrabbiato. Perfetto, ora cosa gli dicevo?
“Io volevo, ma... sai, è stata una giornata pesante quindi... mi sono addormentata”, spiegai abbassando la testa.
“Tu.. tu... ti sei addormentata? Oh, va bene, credo. Ora ci penso io. Tu rimani qui”, disse e uscì dalla stanza.
“Papà!”, lo richiamai.
“Cosa c’è?”.
“Prima che mi addormentassi mi ha chiamata Carol. Voleva passare nel pomeriggio per... chiarire delle cose. Per te è un problema?”, gli chiesi facendo gli occhi dolci.
“Non credo che... ma cos’hai agli occhi?”. Ah, perfetto. Neanche gli occhi dolci sapevo fare.
“Niente papà, tranquillo. Allora? Posso?”, gli chiesi ancora quasi implorante. Mi scrutò per bene, prima di sospirare.
“Sarah, mi sono sempre fidato di te e per questo ti ho lasciato una libertà che, da come abbiamo visto, non hai saputo gestire. Quel ragazzo... ti ha portata fuori di testa! Credo che fare pace con Carol ti aiuterà a tornare te stessa. Quindi va bene, falla venire”. Rimasi impalata, non sicura su cosa fare. Aveva appena dato la colpa di tutto ad Harry, come avevo fatto poco prima io, e volevo contestare, ma sapevo che se l’avessi fatto questo mi avrebbe portato via la possibilità di parlare con Carol. Così mi limitai ad annuire e a fare un sorriso più falso degli occhiali sulle bancarelle dei marocchini.
Lui mi diede una pacca dietro la schiena e scese le scale, probabilmente per cucinare, ma in quel momento solo l’idea di mangiare qualcosa mi faceva venire da vomitare. Avrei voluto fare tante cose: correre da Harry e dirgli che mi dispiaceva, dire a mio padre che Harry non aveva nessuna colpa, regalare un paio di occhiali a Dora l’Esploratrice... insomma, mangiare non era nelle mie priorità. Tornai in camera mia e riafferrai il telefono. Quasi automaticamente le dita andarono a pigiare il numero di telefono di Harry. Ma cosa avrei dovuto fare? Chiamarlo e dirgli che avevo sbagliato? Io mi sarei mandata a fanculo. Come potevo chiarire con lui? Poi ebbi un’idea. Sì, strano vero? Io che ho una buona idea! Trascorsi tutto il tempo che mi separava dall’incontro con Carol pensando a come potevo fare per attuare il mio piano.

 
“Sarah! E’ per te!”, mi urlò mio padre dal bagno. Eh no, i suoi problemi intestinali non erano ancora del tutto passati, ma forse quello per me non era che un vantaggio. Corsi all’ingresso e aprii la porta a Carol che mi strinse subito in un abbraccio spappola-costole.
“Quanto mi sei mancata! Mi dispiace tantissimo, io...”.
“Sì Carol, ho capito. Ora puoi lasciarmi?”, la implorai senza fiato. Mi mollò immediatamente e sorrise imbarazzata. Le feci strada verso il soggiorno, non perché non conoscesse la casa, ma perché credevo che se non mi fossi mossa io sarebbe rimasta semplicemente lì a fissarmi.
“Allora, cosa mi volevi dire?”, le chiesi dopo alcuni istanti di silenzio, una volta sedute sul divano.
“Io... sono stata stupida. Come si dice? Non si capisce quanto è importante una persona finché non la si perde? Be’, è tutto vero! Io non pensavo davvero tutte quelle cose! La verità è che... ero gelosa. Insomma, tu eri tutto ciò che io avrei voluto essere. Non ti importa di quello che pensano gli altri, e se ti importa non lo dai a vedere. Sei forte, mentre io sono solo... io”, disse abbassando lo sguardo. Non dissi nulla e la abbracciai, assicurandomi di stringerla molto più di quanto aveva fatto lei prima.
“Non devi essere gelosa. Non sono questo splendore di ragazza. Anche io ho i miei attimi di debolezza... e di coglionaggine, come tutti, no? Non sono più arrabbiata”, le dissi accarezzandole la nuca. Ci staccammo e vidi che stava piangendo.
“Mi sei mancata tantissimo! Mi sei mancata come... come...”.
“Come la ricotta nei ravioli agli spinaci di Giovanni Rana?”, chiesi. Lei scoppiò a ridere e si asciugò velocemente le lacrime.
“Mi mancavano le tue stronzate”, disse e scoppiammo a ridere di nuovo. Era arrivato il momento di attuare il mio piano.
“Carol, mi aiuteresti a fare una cosa?”, le chiesi sottovoce.
“Certo! Cosa ti serve?”, mi chiese lei con entusiasmo... forse un po’ troppo.
“Shh! Mio padre non dee sapere niente! Allora, sai che sono stata espulsa da scuola?”.
“Sì, è anche per questo che sono qui, io...”.
“Non c’è tempo! Mio padre ha incolpato Harry per questo e... anche io l’ho fatto, ma non volevo! So che non è stata colpa sua, ma l’ho aggredito senza motivo. Ora devo riuscire a parlargli, ma mio padre non vuole farmi uscire. Mi devi aiutare ad evadere”, spiegai velocemente.
“Ma Sarah! Io...”.
“Ti prego Carol! Devo farlo, oppure non riuscirò mai a chiarire con lui!”. Rinunciai agli occhi dolci, dato che non mi riuscivano, e contai sulle mie parole, sperando che decidesse di aiutarmi. Sbuffò, ma alla fine annuì.
“Ti aiuterò. Spiegami cosa devo fare”, disse con lo sguardo serio. Io sorrisi e cominciai a parlare.
 

“Salve signor Spancer. Sarah può venire con me a prendere un gelato?”, chiese Carol a mio padre che era appena uscito dal bagno e sembrava non capire neanche dove si trovasse. Dovevo dire che lei con gli occhi dolci se la cavava molto meglio di me. Mondo crudele.
“C-cosa?!”, chiese mio padre che evidentemente stava ancora valutando l’ipotesi di trasferirsi permanentemente al gabinetto.
“Volevo chiederle se potevo portare Sarah a prendere un gelato con me, al parco. Per lei è un problema?”, chiese ancora Carol. Mio padre la guardò ancora un po’ smarrito, per poi annuire.
“No, no... fate quello che volete”, disse prima di irrigidirsi, per poi risparire nel bagno. Quando fummo sicure che per un po’ non sarebbe riemerso ci stringemmo in un abbraccio di vittoria.
“Forza, andiamo!”, dissi correndo al piano inferiore. Ci catapultammo fuori di casa e cominciammo a correre verso casa di Harry, o almeno io correvo e tiravo Carol per un braccio.
“E’ tanto lontana?”, mi chiese Carol ansimando per la corsa. Sorrisi, ricordando quante volte avessi fatto la stessa domanda ad Harry.
“No, solo 10 minuti”, risposi ridacchiando. Continuammo a correre, fin quando in cuore cominciò a protestare. Ci fermammo un attimo per riprendere fiato e poi continuammo a camminare.
“Sarah... m-ma quanto manca ancora?”, mi chiese Carol ansimando. Ridacchiai.
“Facciamo così, ogni dieci minuti rifatti la domanda e datti da sola la risposta”.
“E quale sarebbe la risposta?”.
“Altri 10 minuti”. Mi guardò malissimo, ma evitò di commentare, forse per l’assenza di aria nei polmoni. Dopo chissà quanto tempo arrivammo a casa Styles, o almeno credevo di ricordarla così. Dopo aver preso un po’ di fiato suonai al campanello con le mani tremanti. Per alcuni minuti ci fu solo silenzio, dato che nessuno venne ad aprire la porta.
“Carol, forse è meglio tornare indietro. Tanto non vuole vedermi...”. Non feci in tempo a finire la frase che la porta si aprì.
 

PLEASE DON'T KILL ME! (?)
Lo so, fa schifo, è corto e sono TERRIBILMENTE IN RITARDO!
In più devo leggere e recensire tantissimi capitoli di diverse ff, ma capitemi, sono stata male!
Non avevo il cervello per srivere, leggere e mettere in fila 2 parole per una recensione, ora cerco di recuperare.
Mi dispiace davvero tanto, anche perché credo che questo sia il capitolo più brutto che io abbia mai scritto
e non lo dico tanto per dire. Non so nemmeno se lo lascerò, può essere che domani lo tolgo.
Vi capirò se nessuno recensirà, io non lo farei, FA CAGARE!
Un ultima cosa, anche se non credo mi meriti di chiedervi niente dopo 'sta cagata che ho postato.
Sto scrivendo una ff Larry in collaborazione con _ciuffano e mi farebbe piacere se qualcuna decidesse di passare.
Questo è il link, aggiorneremo domani: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1997740&i=1
Ora cerco di aggiornare anche l'altra ff per chi la segue *nessuno*.
Ok vi ho rotto abbastanza. Scusate ancora.
Un bacio.

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Capitolo 14
*** In the bathroom... ***


Cap 14 "In the bathroom...".

La porta si aprì all’improvviso, facendomi tornare sui miei passi.
“Ciao! Chi siete?”, ci chiese una voce femminile. Guardai la ragazza che ci aveva a aperto e riconobbi subito la sorella maggiore di Harry. Era proprio come me l’aveva descritta: bionda, alta, magra, con due occhi verdi così simili ai suoi... una figona in pratica. Da come me ne parlava si vedeva che si volevano bene. In più si somigliavano tantissimo.
“Ehm... io sono la...”, balbettai a disagio.
“La ragazza di mio fratello? Mi ha parlato così tanto di te! Entrate”, disse. Ma Harry non faceva altro che parlare degli altri? Boh, peggio di mia nonna con le altre vecchiette del suo paese! Seguimmo la ragazza di cui non mi ricordavo il nome dentro la casa che ormai conoscevo abbastanza bene. Guardai Carol e vidi dipinta sul suo volto la mia stessa espressione di quando avevo messo piede per la prima volta in quella casa.
“Attenta, così ti entrano le mosche”, la avvertii e lei mi guardò male. Mi trascinai dietro Carol fino al soggiorno, dove la sorella di Harry ci invitò a sederci sull’enorme divano. Fui quasi sicura di aver sentito gli angeli cantare nel momento esatto in cui mi sedetti. I miei piedi si unirono al coretto mandandomi a fanculo per tutta la strada che gli avevo fatto fare. Ignorai i miei piedi canterini e mi rivolsi alla sorella di Harry.
“Dovrei parlare con Harry, sai se...”, cominciai, ma lei mi interruppe subito.
“Dovrebbe tornare tra poco. Quando è uscito non aveva una bella cera. Mi ha detto solo che sarebbe tornato per cena. Sai cosa gli è successo?”, mi chiese la ragazza dagli occhi così simili a quelli di Harry.
“Be’, noi abbiamo... ecco...”.
“Litigato?”. Oh, ma questa aveva la brutta abitudine di non far finire le frasi alla gente?
“Sì. E’ stata colpa mia e vorrei chiarire tutto”, dissi velocemente per paura che mi interrompesse di nuovo.
“Oh, ok. Volete bere qualcosa?”, ci chiese... Gemma! Ecco come si chiamava!
“Un bicchiere d’acqua andrà bene, grazie”, risposi e Carol annuì. Gemma sorrise e scomparve in cucina.
“Allora? Cosa gli dirai?”, si impicciò Carol.
“Che Po dei Teletubbies in realtà è una femmina, che Lana Del Rey in realtà è una ragazza sempre ottimista e che il colore preferito di Cappuccetto Rosso è il giallo”, ironizzai. Lei si fece pensierosa.
“Senza offesa, ma non credo che gli interessino davvero queste cose”, disse infine. La guardai bene e no, non stava scherzando. Oh santa madre di tutti gli imbecilli, perché non te la sei tenuta?
“Carol, ti voglio tanto bene e lo sai, ma a volte sei più scema della sorella di Dexter”, le dissi e lei si offese, o almeno fece finta.
“Be’, almeno era carina”. Il rientro di Gemma la salvò dai miei pugni.
“Ecco l’acqua. Allora, Harry dovrebbe...”. Venne interrotta dalla porta d’ingresso che si apriva.
“Gemma! Sono a casa!”, disse quella voce. Non riuscii a controllarmi e il bicchiere mi scivolò di mano, frantumandosi su quel bel pavimento costoso.
“Oh, mi dispiace...”, balbettai.
“Gemma ma che...”, esclamò Harry, probabilmente sentendo il bicchiere rompersi e correndo in soggiorno. Si bloccò quando mi vide lì, seduta sul suo divano. Nei suoi occhi ci fu prima sorpresa, poi tristezza. Avrei voluto prendermi a calci in culo da sola per la mia stupidità, ero davvero riuscita a urlargli quelle cose? A lui poi, che mi aveva sempre aiutata.
“Lascia stare tesoro...”, mi sussurrò Gemma quando mi chinai a raccogliere i vetri per terra. La ignorai e continuai il mio lavoro. Tutto pur di non incrociare di nuovo quello sguardo carico di tristezza. Nella mia mente era stampata l’immagine di Harry ferito quando, solo poche ore prima, lo avevo cacciato da casa mia. Mi distrassi e...
“Ma porca...”, come una cogliona mi tagliai con un pezzo di vetro. Carol fece un salto e si rifugiò dietro la spalliera del divano. Non aveva mai sopportato la vista del sangue e in quel momento ero più preoccupata che svenisse che del mio dito sanguinante. Fui costretta ad alzare lo sguardo quando un ombra mi oscurò la luce calda del lampadario. Harry, quasi automaticamente, mi si era avvicinato per controllare che stessi bene. Ed io avevo cacciato un ragazzo così? Che il Signore mi fulmini all’istante.
“Dobbiamo disinfettare la ferita, vieni con...”, cominciò Gemma, ma Harry la interruppe. Ecco, allora era un vizio di famiglia.
“No, ci penso io”, le disse freddo. Mi fece segno di alzarmi e mi portò al piano di sopra, prima nella sua stanza e poi nel suo bagno personale. Non so perché mi stupii ancora di vedere in quanto lusso vivesse quel ragazzo. Di certo in una casa così, il bagno non sarebbe stato come il mio, ma quello superava di gran lunga tutte le mie aspettative.
“Siediti lì”, mi disse indicandomi la tazza. Ah, perfetto, ora dovevo anche sedermi sulla tazza di fronte a lui. Che cosa imbarazzante...
“Harry, non c’è bisogno di...”.
“Siediti, per favore”, ripeté e questa volta obbedii. Lo vidi trafficare con i cassetti per poi tirarne fuori una valigetta bianca. Senza fiatare mi si avvicinò e aprì la valigetta. Ne estrasse una bottiglietta bianca, che capii essere acqua ossigenata. Mi ci sciacquò il dito e poi me lo bendò con una garza. Quando ebbe finito rimise la valigetta a posto e si voltò nella mia direzione. Eccolo, il momento che aspettavo.
“Harry, io...”, cominciai.
“Perché?”, mi interruppe.
“Io non...”.
“Voglio sapere perché mi hai trattato così oggi”.
“E porca miseria se mi fai parlare ti spiego! Ma è proprio una cosa di famiglia questa!”, sclerai al limite della sopportazione. Lui mi fissò incredulo.
“Cosa?!”, mi domandò.
“Oh, lascia stare. Ascolta, non avevo intenzione di dirti quelle cose. Non le penso sul serio! Lo so che volevi solo difendermi, che non l’hai fatto con cattiveria, è solo che ero distrutta e non ho connesso il cervello alla bocca”, dissi tutto d’un fiato. Non disse niente, quindi continuai.
“Tutto quello che hai fatto è stato aiutarmi e senza di te probabilmente ora starei lavorando in un circo, quindi devo solo che esserti grata. Ma lo sai come sono, no? Penso una cosa e ne dico un’altra. Sono fatta così, e per quanto io odi il mio carattere, non posso cambiarlo. Ti giuro che non avevo intenzione di ferirti”, conclusi, abbassando lo sguardo. Lo sentii sospirare e per un momento temetti che se ne andasse, lasciandomi lì da sola, con il cesso e il lavandino. Chissà, magari la lavatrice si sarebbe anche divertita a prendermi in giro per la mia idiozia. Invece sentii la sua mano accarezzarmi la guancia, il che mi diede la forza di alzare lo sguardo.
“Non sono arrabbiato. O almeno, prima lo ero, ora non più. Sì, mi avevi ferito, ma più che altro non capivo il perché ti fossi rigirata così, come... un calzino”. No aspetta, cosa?
“Come un che?!”.
“Un calzino! Sai, quando li pieghi che li devi rigirare, così...”, lo interruppi.
“Harry, in questo momento non me ne frega un’allegra minchia di come si piegano i calzini”, ammisi ridendo. Niente oh, ormai al livello di idiozia mi aveva raggiunta.
“Va bene, casomai te lo spiego dopo...”. Oh signore...
“Harry! Vai al dunque!”, lo spronai ormai stanca della conversazione.
“Quello che volevo dire è che non sono più arrabbiato e che se mi sono innamorato di te è proprio per il tuo carattere, quindi non osare sottovalutarti così mai più. A volte si dicono cose che non pensiamo veramente, ho parecchie esperienze in questo. E poi ti capisco, stare con uno come me dovrebbe friggerti il cervello”, disse ridacchiando. Quando vidi i suoi occhi illuminarsi e quelle fossette farsi strada sulle sue guance gli angioletti di prima cominciarono a ballare la macarena. Sul serio mi aveva perdonato? Era tutto a posto ora?
“Quindi è tutto risolto?”, chiesi speranzosa.
“Sì, credo proprio di sì”, non lo lasciai neanche finire di parlare e gli saltai addosso stringendolo tra le mie braccia.
“Quindi non mi lascerai sola con la lavatrice che mi prenderà in giro, vero?”, gli chiesi mentre lo soffocavo.
“Cosa?!”, chiese mentre cercava di respirare. Mi staccai soddisfatta di averlo maciullato un po’ e ridacchiai.
“Mi sa che avevi ragione sul mio cervellino fritto”, risposi facendo spallucce. Lui scoppiò a ridere e con dolcezza mi riattirò a sé, mi prese dolcemente il viso e posò gentilmente le sue labbra sulle mie.
Dale a tu cuerpo alegrìa y macarena...
Cazzo, basta angioletti!
 
Uscimmo dal bagno e, mano nella mano, riscendemmo in salotto dove Gemma e Carol ci stavano aspettando.
“Ah, finalmente! Pensavamo che la tazza vi avesse trattenuti per parlare di quanto sia brutto il suo lavoro”, commentò Gemma. Carol invece decise di sperimentare tutte le tonalità di colori che conosceva quando vide le nostre mani incrociate.
“AVETE FATTO PACEEEEEEE!”, urlò come un’ossessa.
“Sì, ma ora calmati”, cercai di farla stare buona prima che si mettesse a ballare anche lei.
“No aspettate, voi avete chiarito tutto... nel cesso.”, affermò Gemma come se fosse la cosa più strana del mondo.
“Cosa c’è di strano?”, chiese Harry alla sorella.
“Be’, pensavo aveste scelto un posto un pochino più romantico...”, ammise, e come darle torto?
“E’ capitato così, ma non mi lamento. La carta igienica ci ha dato molto supporto”, lo avevo detto davvero? Harry aveva torto: il mio cervello non era fritto, ma inesistente.
“Ehm... ok, forse è meglio andare. Sai, tuo padre potrebbe...”, cominciò Carol, ma io la interruppi subito.
“Oh porco suino, mio padre! Se ci scopre mi terrà chiusa in casa fino ai miei 80 anni. Dobbiamo andare. Grazie di tutto Gemma”, dissi e, dopo aver dato un bacio veloce ad Harry mi catapultai fuori di casa strattonando Carol per un braccio.
“Ehi! Vuoi aspettare un attimo?”, si lamentò questa.
“Dillo tu a mio padre che sono andata a casa del mo ragazzo, quello che lui pensa mi abbia fatto cacciare da scuola, per fare pace con lui in un bagno!”, la sfidai correndo a perdifiato verso casa.
“Spero ci sia stato il profuma - ambienti almeno...”.
“CAROL! CORRI!”.
“Ok, ma stai calma!”. Dopo non so quanto tempo riuscii a riconoscere la mia via e rallentai il passo, fino a fermarmi definitivamente. Forse però avrei dovuto avvertire Carol perché, presa dalla corsa, mi era finita addosso e ci aveva trascinate entrambe a terra.
“Sarah! La prossima volta metti almeno le frecce”, mi rimproverò. Cercai di non far caso all’idiozia che era appena uscita dalla sua bocca e mi diressi verso la porta, cercando di tornare a respirare normalmente. Suonai e mio padre ci venne ad aprire.
“Alla buon’ora! Stavo per venire a cercarti”, mi disse severo. Io abbozzai un sorriso ed entrai in casa.
“Tranquillo papà. Il gelataio ci ha trattenute”, spiegai cercando di copiare gli occhi dolci di Carol.
“Ah sì? E perché?”. Eh ma vaffanculo.
“Perché... avevo solo monetine da 2 centesimi e ci ho messo tanto per pagare”, mi inventai sapendo che solo un idiota se la sarebbe bevuta.
“Ah ok, tutto bene allora”. Cosa? Perfetto, avevo scoperto da chi avevo ereditato il mio cervello inesistente.
“Allora io vado, ci vediamo” mi salutò Carol e uscì dopo avermi strizzato l’occhiolino.
Mio padre si diresse in cucina per preparare la tavola e in quel momento mi ricordai che non mi aveva ancora detto di cosa avevano parlato con il preside.
“Papà, cosa avete deciso tu e il signor Sallivan?”, chiesi timorosa. Lui sospirò e si chinò per prendere i piatti.
“Mi ha detto che per ora il tuo rientro non è previsto. Magari più avanti, ma dovrai dare degli esami per rientrare. Da qui ad un mese dovresti poter rientrare”, mi disse un tantino sollevato. Quindi avevo un mese di tempo per prepararmi a tutti gli esami che avrebbero deciso se sarei rientrata a scuola o no. Mi sentivo sollevata perché con l’aiuto di Harry sarei riuscita sicuramente a passarli.
Approfittai di quei minuti prima di cena per salire in camera mia e mandare un messaggio ad Harry.

Se tutto va bene tra un mese torno a scuola, ma avrò bisogno del tuo aiuto.
Sarah xx

Dovetti aspettare meno di due minuti per ricevere la risposta.

Sempre a disposizione. Dimmi solo quando e dove. Ti amo.
Harry xx

Dovetti combattere contro il mini infarto che minacciava il mio cuoricino, ma riuscii ugualmente a rispondere.

Ti amo anch’io.
Sarah xx

“Sarah! A tavola!”, mi chiamò mio padre dal piano di sotto. Scesi sorridente, sapendo che non avrei potuto fallire con Harry al mio fianco. Fatti sotto stupida scuola.
DON'T KILL ME PLEASE!
Sono passati quanto, 3 mesi? Mi dispiace tantissimooooooooooo!
Prima in vacanza non avevo la connessione, poi una volta tornata è ricominciata la scuola
e neanche immaginate le valanghe di compiti con cui devo combattere ogni giorno.
Poi, come se non bastasse, ultimamente sto sempre male.
Inoltre ho avuto anche problemi di cuore (i maschi sono proprio stronzi).
E va be', I'm back con un altro capitolo senza senso e orribileeeeee!
Un'ultima cosa. Ho praticamente abbandonato ogni ff che stavo leggendo, quindi mi impegnerò per rimediare subito.
Vi prego di scusarmi ancora, cercherò di aggiornare prima la prossima volta.


Ah, AVETE SENTITO MIDNIGHT MEMORIES?
Io l'ho ascoltato oggi perchè mi sembrava giusto così ed è assolutamente dshajkfhskjafhak.
Le amo tutte *-*

Sciao bele <3

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