He lost her, but she found him.

di roseinwonderland
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** No. Lei non è mai tornata. ***
Capitolo 2: *** Memories ***
Capitolo 3: *** Goodbye is just a word at the end of the story. ***
Capitolo 4: *** Lonely shooting stars ***
Capitolo 5: *** Let it go, live now ***
Capitolo 6: *** La regina degli inganni ***
Capitolo 7: *** Crudeli, ma non abbastanza ***
Capitolo 8: *** Burning nightmares ***
Capitolo 9: *** La sala delle mappe ***
Capitolo 10: *** Dark ebony ***
Capitolo 11: *** Birth ***
Capitolo 12: *** Wrath and ice ***
Capitolo 13: *** Il gioco delle parti ***
Capitolo 14: *** Un bacio e un salto nel buio ***
Capitolo 15: *** Old melodies ***
Capitolo 16: *** Quasi uguali ***
Capitolo 17: *** Il calore del ghiaccio ***



Capitolo 1
*** No. Lei non è mai tornata. ***


NOTA DI PRELETTURA
La storia racconta della relazione tra Loki e un’asgardiana di mia invenzione, Meridia. In questo primo capitolo ho preso l’episodio del dialogo tra Loki e Frigga nella cella di Loki, nei sotterranei di Asgard,  e l’ho stravolto  e modificato. ATTENZIONE! Abbiamo SPOILERS del seguito di Thor, Thor the Dark World!| Copertina--> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604 | E se potete, recensite alla fine
 
No. Lei non è mai tornata.
 
Era snervante essere un criminale intergalattico, ricercato in nove regni e condannato alla prigionia eterna nei sotterranei di Asgard.
A differenza di altre carceri, in quella non avevi le ore d’aria o la libertà vigilata, ma una continua monotonia, chiuso nella stessa stanza per millenni. Frigga, da brava mammina,  gli aveva portato dei libri, e lui li aveva finto di apprezzarli. Suo madre non era una buona lettrice, e si vedeva dai titoli che gli aveva portato.
Noiosi. Tutti.
Ma almeno si era interessata alla sua sorte, senza lo stesso sadismo che ci stava mettendo il re, Odino. 
Il re…Che persona monotona. Pensava solamente alla sua ‘redenzione’ , come la nominava lui; ovvero ogni giorni lo trascinava nella sala del trono per tentare di salvare la sua anima. Tempo perso, per entrambi. Ma gli dei sono nati per perdere tempo.
Le numerose altre creature che popolavano le celle accanto erano continuamente in movimento e pronte a far rumore anche per nulla.
Erano così rozze.
Loki passava invece buona parte del suo tempo immobile a riflettere. Avrebbe voluto affermare di aver pensato solo ai piani futuri, ma era il passato a tormentarlo. I ricordi.
Stava diventando un nostalgico.
Stava diventando quasi umano.
Sorrise mesto.  Non era pentito del motivo per cui era finito in quella squallida celletta . Aveva ucciso certo, ma chi non lo fa? E gli umani erano sette miliardi. E di certo non valeva la pena tenerli in considerazione, con le loro manie di grandezza, sempre a pensare di essere unici nell’universo.
Avevano imparato qualcosa per una volta.
Il pensiero fu interrotto a metà da un fruscio.
“Madre.”
La bellissima regina comparve nella stanza. Naturalmente non era lei in persona, ma la sua Ombra. Un ologramma, un’immagine proiettata, informe e intoccabile. Odino non voleva rischiare altre vittime dopo il disastro accaduto sulla Terra. E naturalmente non si fidava di Loki. Nessuno si fidava mai di lui.
La regina degli dei atterrò fluttuando nella stanza, atterrando con grazia sul terreno. Indossava una tunica semplice, lunga, con strascico, e un paio di sandali. La corona, sottile, scintillava sul capo. Non aveva null’altro, ma era lo sguardo, il portamento, l’intelligenza, a fare la differenza. Era una donna straordinaria.
“Non ti interessano i libri che ti ho fatto portare?”
“Certo che mi interessano, ma come posso passare l’eternità con dei semplici volumi da sfogliare? Mi. Annoio.”  ribattè secco il detenuto.
“Loki, sai che non posso fare altro per te.  Sei sempre un criminale, non dimenticarlo. “
“E come potrei? Sono in una cella, madre. “
“La tua arroganza non ti porterà da nessuna parte, e di sicuro non fuori di qui.”
“Fuori di qui!? Per fare cosa? Tornare a essere il compagno di giochi di un bambino troppo cresciuto? Tornare a essere la seconda scelta, la merce di scambio? No, preferisco la morte in questo luogo, che una vita di scarti e avanzi.”
”Sei mio figlio Loki. Non sei nè sarai mai uno scarto ai miei occhi. Cerca di non dimenticarlo.”
“Non sono tuo figlio. Thor è tuo figlio. E lo è stato dal giorno in cui è nato. ” il tono era gelido, cattivo.
“I figli certe volte sono davvero una seccatura.”
Loki fece per ribattere, quando un lieve fruscio annunciò l’arrivo  di un’altra presenza. Una donna alta e sottile, i capelli racchiusi in due trecce arrotolate ben strette che le davano un’aria ancor più severa, comparve elegantemente nella stanza. Sul viso dorato, un tempo bellissimo , ma ora freddo e spento, due solchi rossi leggeri scendevano dagli occhi grigi fin quasi alla bocca, come lacrime di sangue. Una veste da combattimento le cingeva il corpo, senza evidenziare alcuna forma, ma ogni parte di quel corpo perfetto si poteva immaginare. Era come se cercasse di nascondere se stessa in un fagotto informe, ma senza riuscirci, perché la sua fierezza nel portamento e i suoi occhi forti e arditi la tradivano. Sembrava giovane d’aspetto (aveva l’età del figlio di Lafi), ma vecchia di anni, attraversati in un solo istante.
Si rivolse alla regina degli dei con un inchino.
“Vostra maestà, il re vi desidera vedere immediatamente.”
“Certo Meridia. Stavo giusto per andarmene.”.
 
Meridia si voltò verso il prigioniero: lo osservò con finto disgusto e superiorità, che non le si addicevano, perché erano falsi come una moneta d’ottone. I loro sguardi si incrociarono, scambiandosi una miriade di informazioni, quasi come due bambini che parlavano in un loro linguaggio segreto, sconosciuto agli adulti, fatto di scintille e battiti di ciglia. Rimasero così immobili per qualche secondo, studiandosi come due specie diverse che si incontrano la prima volta. Sembrava avessero da dirsi milioni di pensieri, ma nessuno parola uscì dalle loro bocche. Un rumore più forte degli altri risvegliò Meridia, che, turbata,  si volatilizzò.
La regina parlò con voce sommessa:
“E cambiata molto.”
“Sta bene?”
“Come vuoi che stia? Vive, ma è come un fiore appassito nel mezzo della primavera: ha perso qualcosa, il giorno in cui tu sei scomparso e Bifröst è stato distrutto.”
“Sta meglio ora rispetto a  prima madre, lo sai. Ed è meglio che sia così. “ ribatté con astio Loki.
La regina guardò il figlio con compassione.
“Oh Loki, quanto sei testardo! Nella tua cecità e nella tua sete di potere hai perso di vista tutto, tanto da non accorgerti di cosa avevi attorno. Eri felice, o almeno, avresti potuto esserlo. E invece sei qui, solo.”
Il dio le voltò le spalle con indifferenza. La discussione stava per concludersi a quanto pareva.
“Lei non è mai venuta qui di persona vero? “
 “  No. Non è mai venuta.  “
“Forse dovresti riflettere sul perché, giovane principe, smettendo di intestardirti. Pensa, Loki. E comprenderai ciò che devi fare.”
“Vedo che non è mai venuta. E questo mi dice ogni cosa.”
“Allora perché è venuta proprio lei a chiamarmi? Poteva venire chiunque altro.”
Un altro frusciò e la regina scomparve in uno sbuffo dorato, lasciando il principe ai suoi pensieri.

 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Buongiorno a voi!
La mia prima ff a capitoli! Come avrete capito, ho deciso di raccontare una mia versione della storia di Loki. Non seguirò gli avvenimenti del terzo film che verrà(se verrà!), ma elaborerò un mio racconto personale, che andrà oltre e più a fondo, si spera. Meridia, il nome almeno, è lo stesso si una eroina disneyana, lo so, ma era il più equilibrato e saggio, e si adattava troppo bene per non usarlo.
Spero vi siate divertiti, e spero continuiate a leggere la mia storia! ;)
 
#roseinwonderland

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Capitolo 2
*** Memories ***


  
NOTA DI PRELETTURA
Continua! In questo secondo capitolo troviamo Loki immerso nei ricordi, nelle celle di Asgard. In corsivo naturalmente trovate i ricordi.| Copertina--> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604 |  Se potete, recensite alla fine ♥
 
 
Memories

 
BASTA! SILENZIO!”
Loki fece saltare come bambole di pezza i vari mobili in legno intagliato che si trovavano nella stanza, che così sbatterono rumorosamente sul muro. Era sempre stato portato per la magia e l’inganno, ma ultimatamente aveva meno controllo su di essi. Ma dopotutto le prigioni di Asgard avrebbero fatto impazzire chiunque, anche i matti stessi.
Si alza dal pavimento e trascina una sedia fino al centro della stanza. Ora il silenzio è completo. Osserva il velluto verde della sedia: è bellissimo, morbido ma incredibilmente resistente, di un color smeraldo. Non esiste un altro verde come questo in tutti i nove regni, anzi, in tutto il Creato.
 Solo il verde delle foglie può essere paragonato.
 
Una secchiata d’acqua sveglia lo risveglia. Suo fratello Thor lo guarda sorridendo mentre lui, tutto inzuppato, si tira su dalle coperte.
“Che fai!? Il sole non né nemmeno sorto! Lasciami dormire…” e si riavvolge nel piumone dorato.
“Fratello sveglia! Oggi è il gran giorno ricordi? Meridia ci aspetta al fiume già da mezz’ora! Sarà fuori di sé per il ritardo che abbiamo! Ma la tua presenza basterà a farci perdonare…” e strizzò l’occhio con intesa  a Loki.
“E va bene, mi vesto e scendo! Ma smettila di farmi l’occhiolino come un idiota.” sbottò il ragazzino irritato.
Potrà sembrarvi arrabbiato, ma in realtà aspettava quel momento da settimane, e il brusco risvegliò non gli avrebbe rovinato di certo l’umore.
I due fratelli sgattaiolarono fuori dall’ala delle camere, quindi si diressero spediti alla sala del trono. Non era possibile uscire dal castello di notte, almeno, non dalla porta principale. Ma c’erano vie che pochi conoscevano, segrete ai più. Una passava dalle cucine, fino al canale fognario e quindi dritto verso il fiume: esattamente dove dovevano andare. Loki era bravo a orientarsi, e non c’era persona ad Asgard che conoscesse i passaggi segreti meglio di lui.  
“Oh, eccovi finalmente! Un’ora! Un’ora che vi aspetto! Stiamo per perdercela, su, sbrigatevi!”
Chi aveva parlato era una piccola ragazzina ben ritta su due piedi, mani sui fianchi e sguardo adirato. Capelli ricci biondi tutti sconclusionati le cadevano sul volto, senza che riuscisse a legarli in nessun modo, e due occhi verdi brillavano accesi sul volto infantile. Sorrise: da bambini non si è mai veramente arrabbiati, e quel giorno era un giorno speciale. Iniziò a correre nel cuore della foresta, lasciando i due fratelli indietro.
 “Aspettaci Meridia! Ci spiace, ma ora siamo qui! ASPETTA! “
Lei sbuffò e rallentò, permettendo ai due di affiancarla. Thor sorrise, e i tre continuarono a correre verso le colline a nord.  Correvano, correvano come se avessero una grande impresa da compiere, e poco tempo per farla.
“Quanto è distante?” domandò affaticato Loki.
“Non molto. La cima della collina è vicina: da là vedremo benissimo.”
 
***
 
Finalmente arrivarono in cima. Lassù tirava un vento quasi spettrale, e faceva  freddo, molto freddo. Nuvole leggere coprivano la luna, e il buio era quasi assoluto. Meridia si fermò.
“E’ tempo.”
Alzò gli occhi al cielo.
“E’ TEMPO!”
Prima nulla accadde, poi eccola: in una nube di polvere di stelle e ghiaccio comparve Brezioon, la Cometa dell’Inverno. Dall’esterno comune pezzo di meteorite, all’interno conteneva l’antica reliquia della battaglia contro gli Spiriti  Intoccabili di Brunhort, piccolo ma potente regno distrutto ere fa dai giganti di Yotunaim. Era una grande civiltà, ma questo non era stata una valida argomentazione per non distruggerla secondo i giganti di ghiaccio. Gli antenati di Odino aveva sconfitto i giganti, salvando il centro del potere degli Spiriti, il Brezioon, capace di cancellare tutto ciò che esisteva sui nove regni e an che di ricrearlo, e l’avevano relegato in una cometa, che aveva preso il suo nome. Un potere immenso racchiuso in una pietra delle stelle che viaggiava tra i regni.
La cometa, scendendo a contatto con il lago che si estendeva ai piedi della residenza del re Odino, sfavillò, lasciando cadere minuscoli frammenti brillanti, che colorarono il lago di mille colori. Essi si mischiavano, si congiungevano e si separavano in uno spettacolo incredibile, che nemmeno il più abile fotografo, o pittore, avrebbe potuto immortalare.
Meridia si voltò verso Loki.
“Bella vero? “
“Bellissima.”
 
Loki riaprì gli occhi. La stanza bianca ricomparve, insieme ai mobili verdi. Sospirò. Non era accaduto nulla. L’occhio gli cadde sul libro per terra. Era un vecchio libro di favole per bambini, con una grossa foglia secca in copertina, di quelle colorate e pittoresche, che trovi solo in autunno.
 
 
Un altro ricordo affiora: sono passati anni, e ora è inverno quasi. Sta leggendo un libro nel parco, da solo, come capita spesso. Gli piace stare seduto lì, non c’è nessun rumore.
 “Fratellino! Sempre sui libri?” Suo fratello Thor compare da dietro un albero. “Non ti annoi? Dovresti fare più sport, non leggere. E’ cosa da femminucce.”
“Ti sbagli. Da sempre la più grande arma di ogni popolo sono i libri. “
“Ma non si vincono le guerre con la carta stampata. Con le spade sì. E nemmeno ci si diverte, se capisci cosa intendo…”
Sorrise malizioso. Ha sedici anni ed è il ragazzo più bello, forte e affascinante di Asgard, con la chioma bionda ribelle e gli occhi azzurri come un cielo limpido d’estate. Affascinerebbe chiunque, persino un Pentapalmo. Lui invece è un ragazzetto piccolo e magro, di quelli che stanno in disparte, che nessuno nota. O meglio, che nessuno vuole notare, almeno non ad Asgard, dove forza bruta e valore sono le virtù da seguire, più che lo studio e i libri. Improvvisamente sbucano altri tre tipi, sempre grossi e muscolosi, come tutti gli amici di suo fratello.
“Hey, Thor, sempre qui con lo Sfigato?”
“Sta’ zitto Borbur, un grosso ragazzo dalla chioma nera e dagli occhi gelidi, che ti raffreddavano l’anima.. Non ripetere sempre gli stessi insulti, e, se devi, almeno guardami negli occhi quando lo fai.” ribatté freddo Loki.
“Come ti permetti!? Piccolo verme ingrato! Se oggi non ti ho ancora riempito di botte è solo per….”
“Borbur smettila. E’ sempre mio fratello, porta rispetto.” Thor si avvicinò al compagno e gli batté una pacca sulla spalla. “Venite amici, andiamo a farci un giro! Pare che le ancelle della regina diano una festa stasera…”
Borbur fissò con astio il ragazzetto moro per qualche secondo, sbuffò e seguì a ruota Thor. Prima di sparire, si voltò ancora una volta e sussurrò a Loki: “Non è finita qui vulvetta lamentosa…”
 
***

 
La scena cambia ancora nella mente di Loki, ora adulto. Non è passato molto tempo da quel giorno di maggio, e nuovamente Loki sta leggendo sdraiato sull’erba. E’ tardi, il sole sta calando con l’avvicinarsi della notte.
“Finalmente ti ho trovato stronzetto.”
 Non fa tempo a capire di chi sia la voce che viene prontamente afferrato e sbattuto contro un albero senza troppi riguardi. Gli sanguina la fronte, dove un brutto taglio si è appena aperto. Si asciuga il sangue e vede Borbur che lo fissa con un sorriso maligno sulle labbra.
“Il tuo fratellino non c’è oggi…Possiamo sempre giocare noi due.”
Non può fare nulla, lui è molto più forte e potente. Sa che farà male, ma sarà solo dolore passeggero. Non può ucciderlo, lui è figlio del re, e almeno per una volta è un vantaggio.
Chiude gli occhi e attende.
All’inizio non sente nulla, poi solo delle grida soffocate, e un rumore di colpi.
Riapre gli occhi di scatto e vede il suo aggressore steso a terra, svenuto. Ha un occhio viola e non pare star bene. Non c’è nessun altro nella radura, ma lui sa chi è stato. Lei era a caccia a quell’ora. Lei lo ha salvato, di nuovo.
 
Torna alla realtà. La cella è più buia, forse è già sera. Tra i tanti mobili non c’è nemmeno un orologio. Ma forse è meglio, il tempo scorre più in fretta. Il carceriere non è ancora passato per la cena. Sospira.
Questa volta è autunno inoltrato. Loki è ormai un uomo praticamente adulto, anche se per un asgardiano è ancora piuttosto giovane. Sta passeggiando sulle mura, a picco sul lago di fronte ad Asgard. E’ il tramonto. Da certi punti di vista sembra una probabile scena romantica.
“Non.fare.un.solo.passo.”
Alza lo sguardo. Meridia sta osservando il sole, seduta sul parapetto. Sulle ginocchia ha un libro aperto. ”Non ti muovere. Sono concentrata. Aspetta. Pochi secondi…” Il sole tramonta e gli ultimi raggi svaniscono. ”Ecco, ora puoi avvicinarti.”
Non è cambiata di molto. Sempre gli stessi capelli ribelli, e gli occhi verde accesso. Ora è solo più adulta. E più bella.
“Cosa stai leggendo?”
“Un libro umano. Si intitola Cime Tempestose.”
“Abbiamo la biblioteca più grande dell’universo, e tu scegli un libro scritto da un’umano? Sono una società giovane, ci sono popoli che sono culturalmente millenni avanti rispetto a loro!” esclama il giovane asgardiano.
“Un’umana.”
“Cosa?”
“Scritto da un’umana, una donna, non un uomo. Precisamente una giovane donna inglese. Si chiamava Emily Brönte.”
Loki si siede accanto a lei.
“Di che cosa racconta?”
“E’ la storia di una famiglia, e di come essa sia stata distrutta, cancellata, sterminata.”
“Da cosa? Un terribile drago nero volante?” chiese Loki sarcasticamente.
“No.” Lo fissò negli occhi. “Dalla gelosia e dalla vendetta.”



 ANGOLO DELL’AUTRICE
Rieccomi a rompere!
Secondo capitolo, storia in evoluzione. Loki ora ricorda, e forse, prova nostalgia dei giorni passati…Spero di non essere uscita troppo dal personaggio. E sì, ho appena letto Cime Tempestose.
Grazie di aver letto fin qui! :D
#roseinwonderland

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Capitolo 3
*** Goodbye is just a word at the end of the story. ***


NOTA DI PRELETTURA
Continua la nostra storia…[SPOILERS!] Loki salverà Jane dal malvagio Malekith, e osserverà da lontano un addio che non potrà mai dimenticare. | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

 
 
Goodbye is just a word at the end of the story.
 
La cosa più terrificante dell’essere in cella erano le notti. Il silenzio era così assordante in quella stanza di vetro, fredda e bianca, che a Loki pareva di avere i timpani trapanati dal ghiaccio e la testa avvolta dalle fiamme. I sogni erano diventati il suo nutrimento, non mangiava da giorni, non si alzava né tentava di farlo più, le gambe cedevano per la mancanza di energia. Gli dei sono immortali, ma non immuni alla debolezza della fame. Viveva in un limbo di vagheggi perduti e follie incompiute, miscelate nel cocktail dei suo ricordi. Battaglie, viaggi interstellari, esplorazioni di nuovi mondi sconosciuti.
Vedeva miliardi di luoghi.
Combatteva moltissimi esseri diversi.  
Distruggeva universi e creava nuove civiltà.
Ma erano solo illusioni che si sbriciolavano a contatto con la realtà.
 
La verità è che aveva fallito. Da sempre. La sete di potere lo aveva essiccato come un frutto nel deserto.  Aveva perso ogni cosa: gli amici, i suoi compagni, la sua famiglia, tutti quelli che amava. Ogni cosa era perduta, dentro quella boccia di cristallo che gli era stata costruita attorno. 
Cosa rimaneva di Loki?
 Una leggenda, nient’altro. Un ricordo di un dio cattivo, uno di quelli che spaventano i bambini nelle sere più tempestose.
 
Toc.
 
Un colpo sussurrato.
 
Toc.
 
Un tocco leggero, di chi bussa prima di entrare in una stanza chiusa, con timidezza.
 
Il prigioniero della sala verde alzò lo sguardo verso il vetro. Nulla al mondo avrebbe potuto rovinare la sua visione: la donna, giovane, nel fiore degli anni, la pelle leggermente imbrunita dal sole. Le spalle nude, coperte  solo dall’armatura e da un mantello blu notte. I suoi capelli, ribelli, una nuvola di ricci biondi che sembravano percorsi da elettricità. Era da tanto che non erano slegati e liberi, e essi sembravano godere ogni istante di questa concessione più che rara. Il suo viso era una statua di marmo, gelido, freddo, composto e austero; ma i suoi occhi la tradivano. Azzurri, intensi, cercavano di contenersi ma esplodevano in un turbinio di emozioni. Felicità, gioia, commozione, rabbia, odio.
 
“Loki.”
“Meridia.”
 Lei alzò il tomahawk divino e con un colpo secco distrusse l’intera parete, come se fosse di carta.
 
“Abbiamo bisogno di te.”
 
***
 
 
Era cambiato.
Sembrava che parte della spavalderia dovuta alla sua fama lo avesse abbandonato, lasciando lì solo più il piccolo dio asgardiano che amava leggere. I capelli increspati e arricciati, non pettinati da giorni, gli coprivano parte del volto. Molte ferite che si era auto procurato nella sua follia gli segnavano le gambe sottili, e occhiaie profonde solcavano gli occhi di ghiaccio.
 
 Una volta quelle iridi azzurre sfioravano con gentilezza le sue, mentre passeggiavano nei boschi verdi attorno alla città. Il vento caldo sferzava i loro volti, e le foglie scricchiolavano sotto i loro piedi. Il sorriso addolciva il suo volto, e rideva. Era da anni che non lo faceva più. E non intendeva una di quelle risate isteriche per la vittoria in battaglia, ma un riso vero, genuino.
 
Si riscosse dai ricordi e continuò a salire la scalinata  verso l’uscita dalla prigione, seguita dal condannato nel suo mantello verde scuro. Dovevano sbrigarsi.
Avevano una ragazza da salvare.
Una civiltà da sconfiggere.
Un piano da preparare.
 
E poco tempo a disposizione.
 
***
 
Aveva funzionato perfettamente, il piano di suo fratello. Come in un ingranaggio celestiale ogni cosa era al suo posto, e le azioni si erano susseguite ritmiche e precise come in un orologio. Un’ombra attraversò il volto del giovane dio dai capelli corvini, e un sorriso mesto guarnì il suo volto. Jane era salva ora, anche se aveva rischiato di perdere la presa quando si era gettato per fermarla prima che scivolasse nel vuoto.
Lui, un eroe.
 
Morto.
 
Non aveva avuto scelta: era la sua unica via di fuga. Non era stato difficile, solo un altro dei suoi trucchi da prestigiatore. E poi via! a godersi la scena. Una lacrima scivolò sfuggente sulla guancia.
 
Il giavellotto alieno lo trapassa da parte a parte. Per fortuna è solo un inganno, lui è nascosto poco più in là. Un piccolo gemito sfugge alle sue labbra: è comunque impressionante vedere se stessi infilzati come maialini allo spiedo.
Loki!” Lei corre verso il tuo finto corpo, lo stringe impedendogli di cadere sulla sabbia e sulle rocce. Estrae l’arma dal petto con delicatezza. Osserva la ferita e le spalle si incurvano: non c’è molto da fare, se non attendere. Piange, i suoi occhi sono tristi. Ti avvicini: nessuno può vederti; la ascolti mentre ti parla, un sussurro al vento, un addio strascicato.
“Mi dispiace, mi dispiace così tanto! Ti ho abbandonato, mentre tu avevi bisogno di me. Ti ho lasciato solo, quando avevi solo la necessità di sentire una voce amica. Ho tentato di dimenticarti, seguendo il mio orgoglio. E ora saldo il mio conto.”
Sorridi, anzi, sorridete entrambi, tu e la tua illusione.  Fissi i tuoi occhi lucidi verso i suoi.
 
“Non hai conti da pagare  con uno come me, figlia del fuoco. Tranne uno. Una promessa.” La fissi negli occhi, e mantieni saldo lo sguardo su di lei.
 “Vivi. Dimenticami. Sii felice.”
 
Anche lei ora si apre in un piccolo sorriso, ma è pieno di disperazione. Per un attimo non esistono né pianeti antichi e malvagi, né guerre, né odio: solo voi due. Le sfiori la guancia. Chiudi gli occhi, ora è tutto come deve essere.
E la lasci andare.
 
***
 
Il suo corpo è freddo, così immobile. Senza la vitalità, senza il battito nel petto. Oh, sia maledetta la tua rabbia! Vorresti tornare indietro, salvare quegli occhi, quelle mani , quel cuore che pulsava la vita.  Ma l’orologio ha corso più in fretta di te, ti ha superata mentre eri distratta, e ha completato la sua corsa tagliando il macabro traguardo.
Vivi.
Lui era la tua vita, solo che non te ne eri accorta.
Dimenticami.
Avevi già fallito in passato.
Sii felice.
Lui era la felicità. Il suo respiro, la sua voce, il suo sguardo triste che si illuminava al tuo arrivo, anche se cercava di nasconderlo.
 
E ora, cosa ti rimane?
 
***
 
Non vuole lasciarti andare.
Ti tiene stretto, ti abbraccia. Il tuo corpo è immobile, ma lei non vuole abbandonarti.
Ti alzi, mentre lei ancora singhiozza sul tuo cadavere.
E scompari, mentre lei versa le ultime lacrime.

 
 
ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Sarà ora che mi decida  a metterli sti’ angolini a fondo pagina..
Eccomi qui gente! *silenzio* Vabbè, lo so che questa storia fa ben schifo, ma devo mostrare al mondo la mia incapacità. In ogni caso…Scusate il ritardo! E’ passato tantissimo dall’ultimo capitolo! Prometto che sarà più puntuale d’ora in poi. Perché la storia mica finisce qui. Il supplizio continua…

 

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Capitolo 4
*** Lonely shooting stars ***


NOTA DI PRELETTURA
[SPOILERS di Thor The Dark World!] Loki ha finalmente ottenuto il trono di Asgard, solo con un genocidio. E la guerriera, forse, dopo tante lotte, si lascerà finalmente andare alla pace. | Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Lonely shooting stars
 
 
-Non c’era stato funerale, né ossa da seppellire. Era tornata, a cercarlo, su quel pianeta freddo e gelido, ma il vento lo aveva cancellato. -
 
 
Si sedette sulla panchina nel parco. Coperta dall’armatura pesante e sporca, le ferite che ancora sanguinavano. Abbandonò il tomahawk accanto a sé, mollemente.
Lei aveva camminato sulla Terra e, insieme al Dio del Tuono aveva portato la pace. Il pianeta degli umani era nuovamente salvo, dopo l’attacco degli Elfi Oscuri; solo due anni dal genocidio di Loki, troppo poco. L’Universo contro quello sciocco, ingiusto mondo giovane e ingenuo, che rimaneva sempre in piedi, ritto di fronte al nemico, come un fiore sotto la tempesta.
 Perché Midgard? Tutti i destini degli dei si intrecciavano in quel luogo dimenticato e sperduto.  Il prato di Oxford davanti a lei si stava oscurando sotto l’ombra del tramonto che scendeva, e il freddo si faceva più pungente; l’aria era quasi gelida. Non era un brutto posto, non aveva nulla da invidiare ai candidi prati stellari di Asgard. Aveva un fascino quasi selvaggio, che ormai la sua casa non aveva più.
Si alzò stancamente, la domanda ancora galleggiava nella mente, sospesa.
 
Perché Midgard?
 
 
***
 
“Grazie a te fratello.”
 
Finalmente il trono di Asgard era suo. Il metallo caldo e dorato gli scaldava i palmi delle mani, e lo scettro illuminava i suoi occhi. La sala ora era vuota, e poteva mantenere il suo aspetto reale. Accavallò le gambe mollemente, lasciandosi andare a un sospiro represso; il capo ricadde sullo schienale.
 
Troppo tempo sprecato per questo istante. Ma ne era valsa la pena? Loki non ne era sicuro. Sentiva una gioia immensa , un fiume di emozioni forti riversarsi nel suo corpo gelido e muscoloso. Ma , qualcosa lo appesantiva. Un inganno che non aveva sciolto, e che avrebbe dovuto sciogliere, un giorno. Erano i sensi di colpa a bloccarlo?
Nessuno aveva mai ingannato un intero popolo, e il suo stesso re. Era una prodezza dolceamara, con un retrogusto insipido. Perché, in verità, il trono scintillante non sarebbe mai stato davvero suo.
Loki riassunse la consueta forma di Odino e si alzò, uscendo dalla sala del trono pensieroso, proprio come il padre adottivo faceva sempre.
 
***
 
“Potevi almeno risparmiarti l’uscita al bar. Non puoi entrare in un ristorante umano con l’armatura celeste addosso e il martello. Non dopo oggi.”
“Pensavo mi lasciassero almeno bere dell’idromele.”
“Che nessuno beve nei pub americani. “
Thor sbuffò, coperto da coriandoli, patatine e altre schifezze, mentre usciva dal Bifrost. Gli erano saltati addosso gioiosi e festosi, coprendolo di abbracci, baci e grida esultanti. Troppo esultanti. Meridia prese un poco della panna  che aveva sul mantello e l’assaggiò.
“Non è così male, dovresti provarla.”
Thor la spintonò fintamente offeso.
 
Asgard era in subbuglio. Dopo i danni di Malekith, le imprese di costruzione lavoravano senza sosta per rialzare le difese il prima possibile. La città, un tempo così perfetta, dorata e splendete, regina delle galassie, ora era in rovina. Le alte torri spezzate svettavano ancora alte, colpite nei fianchi dalle navi nemiche, che come pugnali le avevano trafitte. Sembrava una creatura maestosa, colpita e ferita dopo la battaglia, ora a riposo, in attesa della prossima guerra.
“Meridia, Odino ti desidera.”
La guardia interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Le porte della sala del trono si chiusero dietro di lei.
 
“Capitano.”
“Mio re.”
“Sai perché ti ho convocato.”
“Non c’erano suoi resti laggiù. Tra la polvere, non c’era più nulla. Il figlio di Lafi se ne è andato.”
 
Sono morto davvero. Non è possibile. Quindi sono finalmente libero.
 
La guerriera bionda si congedò e uscì dalla vasta sala dorata. Loki si rilassò. Ora ogni cosa era al suo posto, e anche l’ultimo dubbio prosciolto. Nessuno si sarebbe ricordato del giovane dio dell’inganno, ora che era morto; non sarebbe mai tornato laggiù, nelle segrete, mai più.
 
***
 
 
Meridia uscì dall’enorme palazzo con alte guglie dorate. Il sole splendeva sulla sua città, ricco di promesse, per altri. Era così stanca; aveva vissuto millenni come se fossero attimi, ma quei due anni erano passati lentamente, come se fosse improvvisamente diventata un’umana. La morte aveva preso per mano il tempo e l’aveva costretto a rallentare, così che potesse osservare cosa lasciava dietro di sé. Anima perdute, vite tristi. Aveva vissuto due volte la guerra, e si sentiva più vecchia di quanto non fosse.
Senza accorgersene era arrivata, un piede dietro l’altro,  in un vecchio posto. Uno di quei luoghi che sono punti fissi nella tua vita, e in cui, alla fine , ritornerai sempre.  Una strada laterale, buia, chiusa, quasi un corridoio, nei meandri dei giardini del palazzo reale; per tanto tempo, forse minuti, si rimaneva chinati nel buio;  improvvisamente si apriva in una piazza di mattonelle dorate, di cui non si vedeva la fine. Alte colonne la circondavano, e due corridoi stretti continuavano ai lati, diretti ad altre piazze come quella. Non c’erano corrimani, blocchi o fermi: nessuno veniva mai lì, era un semplice posto di guardia.
 
Ricordava la prima volta che aveva visto quel luogo: era solo una ragazzina, che, arrabbiata, era corsa nel giardino del palazzo, seguita dalle grida del padre che la tormentavano. Piangeva, e correva alla cieca; era caduta, e, sdraiata a terra, sanguinante, aveva alzato gli occhi e aveva scorto quell’entrata, un passaggio segreto. Come accade per ogni bambino, la curiosità l’aveva afferrata e trascinata nell’oscurità del passaggio. L’avevano quasi trovata, le guardie di passaggio, ma lo spettacolo finale, e il sapere che era solamente suo, erano valsi lo sforzo; non aveva mai rivelato a nessuno di quel luogo.
 
 Ora sopra di lei le costellazioni illuminavano il cielo: era quasi sera ormai.  Meridia si avvicinò al bordo, timorosa, e si sporse, solo leggermente. Non poteva dire fosse alto, perché sotto di lei si estendeva l’infinita oscurità del cosmo, ricca di stelle, galassie, nebulose  colorate: non esisteva un sopra, un sotto, un nord, un sud, un est, un ovest. Immaginò di scivolare, cadere. Una discesa lenta, senza fine, un viaggio nel tempo, fino ai soli più lontani.
La punta del suo piede strisciò oltre il bordo del pavimento, seguita dall’intero stivale.
Una luce attirò la sua attenzione: una scia di comete lontane rischiarò il firmamento notturno, come carezze gentili di un bambino. Erano fredde, eppure la loro luce era così calda. Avvicinò ancora il suo corpo al vuoto, come se ne fosse attratta. Cosa c’era sul fondo dell’abisso? Una fine di tutto? O il suo inizio. Chiuse gli occhi, e si lasciò cadere dolcemente in esso, come in un morbido letto invernale. La stanchezza aveva vinto su di lei.
 
***
 
Il vecchio re arrancò nel buio corridoio, e, non appena fu fuori dalla vista, velocemente si tramutò in una guardia. Odiava quel corpo anziano, e non desiderava  rimanerci più del dovuto. Non aveva il suo scettro, non avrebbe nemmeno potuto difendersi se l’avessero trovato. La luce della piazza dorata lo investì, e la gentile musica dell’universo lo abbracciò.
Era un posto di guardia, che dava sul nulla, e solo lì poteva rimanere in pace, cullato da quella musica di ere antiche, alcune dimenticate. Ma non quel giorno; non era solo. Una figura sottile si stagliava sull’orlo del vuoto, e i suoi contorni, i capelli ricci e morbidi, le spalle forti e le caviglie sottili, avvolte solo da calzari d’oro, lo ammaliavano, come sempre avevano fatto.
Improvvisamente, come uno sbuffò di fumo, lei si accasciò giù, lungo l’abisso. Ma non abbastanza in fretta per Loki, che si materializzò e le afferrò la mano, tirandola a sé.
 
“Deve fare più attenzione, signora. E’ una lunga caduta quella che concede lo spazio profondo.”
Lui lo sapeva bene.
Meridia riaprì gli occhi e si aggrappò al suo braccio che la stava sostenendo.
“Sono molto stanca, e distratta. Grazie, soldato.”
 
Il travestimento funziona. Non so se esserne felice o triste. Il dio degli inganni, sempre un passo avanti agli altri, sempre solo.
 
“Le auguro una buona serata, milady. E stia lontana dal precipizio, ormai è buio, non si vede bene la fine del pavimento. ”
 
Terminò la frase freddo, e veloce, ma non riuscì a sfuggirle.  I suoi occhi schivi incontrarono quelli morbidi e gentili della guerriera. Ed egli ci si perse, come accadeva ogni volta che li incontrava sul suo cammino. Due pozze profonde, come l’oceano, dentro due piccole gemme cristalline. Incredibile come due punti così piccoli siano così potenti.
Ed ella lo osservò, a lungo, di rimando. Una maschera copriva il volto della guardia, ma non poteva nascondersi. I suoi occhi, la sua anima, erano dinnanzi a lei. E lei conosceva quei due smeraldi verdi, forti e scuri, perché erano un brandello di un antico passato che non poteva dimenticare.
Il soldato si voltò, e fece per andarsene, ma Meridia, con un solo gesto, gli sfilò l’elmo dal capo. Una chioma scura, corvina, né scivolò fuori. E i lineamenti sottili, quasi spigolosi, del giovane dio dell’inganno furono colpiti dalla luce stellare.
Loki si voltò, spaventato, e si bloccò fermo davanti alla giovane dea. Aveva paura, paura di quello che poteva a accadere, perché era ciò che aveva sempre temuto. Lei fece due veloci passi, e gli posò un dito sulle labbra prima che egli potesse dire qualcosa. Indicò due altre guardie che si avvicinavano.
“Seguimi”
E gli prese la mano, con dolcezza, trascinandolo dietro una colonna.
 
***
 
 
I soldati svoltarono veloci dietro l’angolo, diretti al posto  successivo. La donna li osservò allontanarsi, e tornò a concentrarsi sul giovane uomo davanti a lei.

“Mi disp-”

Di nuovo la donna premette l’indice sulle labbra di Loki, facendo segno di diniego con la testa. Immerse i suoi occhi celesti in quelli di lui, con un leggero sorriso sulle labbra. Prese il volto del giovane tra le mani, con delicatezza, e lo avvicinò al suo. Premette le sue labbra su quelle del dio caduto, fino a schiuderle; prima ci fu solo timidezza, quasi sorpresa, titubanza, nella risposta. Poi la timidezza divenne affanno, e lui intrecciò le dita nei capelli di lei, ricambiando il bacio con desiderio. Respirò il suo profumo leggero, strinse il suo corpo caldo al suo, come fosse il suo sostegno.

Soli erano, unica la Luna, testimone nel cielo.
 
 
 ANGOLO DELL’AUTRICE
Yeee eccolo! So che siete felici, lo sento!
 
Vabbè, rieccomi a rompere. Spero vi piaccia l’idea, perché nel prossimo capitolo la storia si alzerà di rating (arancio massimo, niente cose troppo esplicite), e diverrà un po’ meno romantica. Niente sviolinate troppo lunghe per me! Se avete qualcosa da dire su questo parto, recensite! Accolgo volentieri ogni critica, e ancor più volentieri le recensioni positive ^_^
 
Per chiunque sia interessato, ecco da dove ho preso l’idea per il posto di guardia(LA FAN ART NON E’ MIA! Però faccio vivissimi complimenti all’autore, che purtroppo non conosco!): http://th05.deviantart.net/fs71/PRE/f/2012/272/d/e/in_asgard___by_megatruh-d5g8nah.jpg
 
#roseinwonderland

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Capitolo 5
*** Let it go, live now ***


NOTA DI PRELETTURA
[SPOILERS di Thor The Dark World!] Cambiamento di rating! | Il dio dell’inganno scende dal piedistallo, a livello dei guerrieri. | Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

 

LET IT GO, LIVE NOW.


 
Meridia lasciò andare il volto di Loki, e strinse la sua mano. Sentiva le sue labbra scottare dove quelle di lei l’avevano sfiorato, e ricordava ogni centimetro di pelle dove le sue dita sottili l’avevano stretto. E ricordava i suoi capelli, morbidi, che scivolavano via tra le sua mani, quasi con giocosità.

Improvvisamente si fermarono davanti a una porta: avevano fatto il giro del palazzo senza che se ne accorgesse.  Meridia la aprì e lo trascinò dentro la stanza. Era ampia, dorata, e illuminata da una luce soffusa. C’era qualcosa nella luce, nelle elaborate decorazioni straniere sulle pareti, che la rendevano maestosa e misteriosa allo stesso tempo.  La porta si chiuse di scatto dietro di lui. Loki sobbalzò impercettibilmente, mentre la sua compagna scivolava a passo felpato verso di lui.
“Cosa ci facciamo qui?” Non ottenne risposta se non il suo silenzio. “Credo di doverti delle spiegazioni, Meridia.” Cercò di darsi un tono, che, in fin dei conti, non aveva ragion d’essere. Perché lei, nel frattempo gli si era avvicinata fin quasi a sfiorargli la punta del naso. Loki  era indeciso se essere imbarazzato da quella vicinanza o lusingato. Nel dubbio, rimase immobile.  
“Non questa notte.” Sussurrò lei  con voce sottile.

 
***
 
Lo baciò, con più ardore e forza di quanto lui si aspettasse.  Lei strinse le sue braccia intorno al suo collo sottile, quasi con violenza. S’immerse nella sua bocca, respirando la sua stessa aria, famelica. E continuò a farlo, finchè non rimase nemmeno più una spilla di ossigeno, e fu costretta a lasciarlo andare,anche se sembrava soffrire nel farlo. Quindi appoggiò la fronte sulla sua, lasciando che la punta del suo naso sfiorasse la sua bocca. Sentiva un tremitio leggero provenire dalle mani di lui, forse di paura o timore, o forse per qualche altro pensiero.  
Loki era interdetto. La parola giusta era interdetto, non spaventato. Se l’era aspettato? No, e di sicuro non in quel momento, lui finto sovrano e lei la guerriera ingannata due volte, una quando lui era caduto nello spazio profondo, l’altra quando era morto sulla landa desolata degli elfi oscuri. Intrappolato nei suoi pensieri, venne liberato dai piccoli baci umidi vicino alla bocca, talmente leggeri da sembrare quasi gocce di pioggia primaverile, che lei continuava a lasciargli; all’ennesimo suo tocco, lui la fermò, ricambiando, schiudendo le sue labbra. Quindi lentamente, scese sul collo di lei; per ogni bacio che le  dava, sentiva il battito  del suo cuore aumentare di ritmo. La prese in braccio, sostenendola dalle cosce; lei accavallò le sue gambe sulla sua schiena, abbandonandosi. Loki si stupì di quanto fosse leggera: la grande guerriera non pesava più della sua stessa spada. La trasportò senza fatica fino al letto dietro di lui: un vasto e dorato materasso a cui si accedeva con una scala. Più simile a un altare; gli asgardiani avevano sempre avuto un forte impulso di solennità e maestosità, che lui trovava soltanto ridicolo, ma in quella situazione gli pareva quasi adatto.
 Ve la poggiò sopra delicatamente. Aveva gli occhi chiusi, ma lentamente le palpebre si rialzarono, e i suoi occhi celesti si fissarono in quelli di lui. Non erano compassionevoli,  ma fermi e saggi: lo guardava come un leone maestoso guarda un suo compagno più piccolo, e meno forte di lui. Un misto di dominio e protezione. E dietro quella prima immagine, c’era qualcos’altro, che Loki non riuscì a comprendere: sembrava un oceano senza fondo, e lui non volle esplorarlo fino in fondo, temendo di trovarci ancora della rabbia repressa.
 La baciò nuovamente, con più forza e desiderio, distogliendo gli occhi. Sentì le sue dita sottili sull’attaccatura del mantello, che subito scivolò con un fruscio per terra, seguita dalla parte superiore dell’ armatura da guardia.  Atterrarono entrambi sul tappeto, senza rumore. Le mani della donna erano abili e veloci, ma non erano le sole ad esserlo in quel momento. Loki infatti cercò i lacci che chiudevano la leggerissima tunica di lei, e , uno alla volta, con una punta di malizia, li slacciò. La sentì rabbrividire al contatto delle sue mani fredde sulla sua schiena; fece scivolare le dita sulle spalle della ragazza, spostando delicatamente l’abito, e scoprendole la pelle nuda. Lei finì di sfilarsi l’abito da sola, con grazia. Non era imbarazzata, ma neanche licenziosa, nella sua nudità. Appoggiò le mani sulla lieve veste che lo copriva, e gliela sfilò, lasciandolo quasi infreddolito, anche se la stanza era fin troppo riscaldata.
Era tutto troppo caldo, troppo vicino. Troppo veloce. Non era il momento adatto per lasciarsi andare, non per il re dell’inganno.
Lei percepì quel dubbio nell’amante, quella sua ritrosia. Sfiorò lentamente il suo petto scoperto, sussurrando: 
“Il passato non puoi cambiarlo. Il futuro non puoi conoscerlo. Ma puoi vedere, sentire…”
Avvicinò il suo corpo sottile a quello forte di lui.
“…assaporare, il presente.” L’ultima frase fu detta con un sorriso sincero sulle labbra della guerriera.


 
***
 
Parte della gentilezza svanì in lui, in quell’istante. Ma il desiderio, il desiderio che provava verso di lei si riversò nelle sue mani, nei suoi baci, senza più nessuna inibizione a fermarlo. Gli ultimi indumenti leggeri furono gettati via, i loro corpi si strinsero con smania. Nel silenzio della notte, la loro danza di muscoli e membra era quasi perfetta, nella sua selvaggia ma mai violenta avidità di piacere. Meridia affondò le mani nella sua schiena, e appoggiò il viso nell’incavo della sua spalla. Lui strinse il suo corpo al suo, immergendosi in lei, rubandole il calore. Le bacio ancora la base del collo, i seni, le labbra. Voleva sempre di più, e lei lo accontentava, stringendo le gambe sulla sua schiena e accompagnandolo nel suo movimento.
Un lungo e prolungato sospiro, quasi impercettibile, una stretta più forte delle altre, e la giovane guerriera si lasciò andare al suo culmine, quasi fosse una liberazione. Anche il dio si irrigidì, e la strinse ancora più a sé, immergendosi nel suo corpo morbido.  Era accaldato, e reattivo in ogni punto del corpo: e sapeva che anche lei lo era in egual modo. Indietreggiò, per osservarla meglio, per imprimersela nella mente: il suo sinuoso corpo sottile, ma potente. I capelli abbandonati sul cuscino, che, nella soffusa luce della camera, brillavano. Il viso, la bocca chiusa, gli occhi chiusi. Il collo slanciato, il seno leggero, il ventre appena accennato. Era perfetta. Vide una serie di piccole ferite, nuove e vecchie, che le attraversavano il corpo. Alcune piccole e infantili, che lo facevano sorridere. Altre, nuove e profonde, risalenti alla guerra su Midgard.  Si vergognò di esserne la causa, ma era destino che fosse così. Lui era il dio cattivo, lei l’eroina buona. E ogni volta che si scontravano, non ne uscivano indenni. La mano di Loki corse involontariamente a una cicatrice sul collo: ricordava la spada di lei che puntava alla sua gola, mentre, durante la battaglia per la Terra, lei, insieme ai Vendicatori, l’aveva fermato. Ricordava il suo sguardo di odio mentre lo riportavano su Asgard. E comprese che gli  suoi occhi di lei non erano del colore del cielo, ma erano ghiaccio, freddo e gelido. Tagliente, come quello di Jotunaim.

 
***
 
Meridia era spossata. Era da tanto che non si lasciava andare così per qualcuno.
Sentiva caldo in ogni parte del corpo. Come un bagno nelle sorgenti calde di quel piccolo regno…Come si chiamava? Non se lo ricordava più, però era di certo un nel posto.  Improvvisamente sentì le mani dell’amante, fresche,  sui suoi fianchi caldi. Le lasciava scivolare sulla sua pelle senza pudore, facendola rabbrividire. Erano sempre più fredde man mano che continuava.
“Vuoi congelarmi?” Si sollevò sui gomiti, Meridia, e vide che le mani del dio erano bluastre, come quelle dei giganti di ghiaccio. In effetti lui era un gigante di ghiaccio. Spesso se ne dimenticava.
 “E’ l’unica cosa che so fare.” Lo disse quasi con malinconia.
Lei voleva ribattere, ma lui la spinse indietro, bloccandola con il suo corpo. Ricominciò a esplorarla, più lentamente. Alternava morsi a baci leggeri, e scendeva; superò il petto e la pancia, fino a che non le sfiorò le cosce. Meridia rabbrividì. Le mani di lui si spostarono sulle sue gambe, accarezzandole. Di colpo si immerse in lei: era gelido a ogni tocco. L’invase in ogni sua parte, schiudendo ogni parte della sua intimità, fino a che la guerriera non cedette, inarcando la schiena, questa volta non senza rumore.  Quindi Loki la lasciò andare, esausta. Si sdraiò accanto a lei, guardando di sottecchi il suo volto ammorbidito dal sonno, le lievi lentiggini sul naso. Lì, dormiente.
La guerriera che aveva ingannato due volte.



 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ehm, è uscito questo. Giuro, mia prima ff a rating arancio. Non è proprio una cosa a cui sono abituata, e , sì, mi ha fatto sudare non poco. Spero che la troviate illuminante (?), no, a parte gli scherzi, spero vi piaccia. Non penso sia a rating rosso, ma siamo al limite credo! Dalla prossima puntata diventa più dark, preparatevi e….Grazie per avermi seguito fin qui <3 ^_^
#roseinwonderland

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Capitolo 6
*** La regina degli inganni ***


NOTA DI PRELETTURA
[SPOILERS di Thor The Dark World!] ATTENZIONE! Da qui in avanti la storia non terrà conto di un futuro Thor 3, ma sarà completamente inventata da me! | Ed ecco che compare la vera regina degli inganni di Asgard. | Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

LA REGINA DEGLI INGANNI



Loki aprì gli occhi. Aveva dormito? Era parecchio tempo che non lo faceva. Forse perché era parecchio tempo che non si fidava così di qualcuno. Chi inganna si aspetta sempre di essere ingannato a sua volta.
Si voltò dall’altra parte del letto, dove Meridia dormiva. La lieve luce dell’alba accarezzava il suo profilo e le sue curve sinuose. Si avvicinò a lei, fece scivolare le sue braccia attorno alla sua vita delicatamente, e  l’abbracciò, sospirando tra la massa di ricci biondi. Già, era troppo tempo che non si fidava di qualcuno.
Si addormentò di  nuovo senza accorgersene.

 
***
 
Quando si risvegliò nuovamente, e finalmente, lei era in bagno. Si alzò, raccattando una vestaglia  dall’attaccapanni: chissà di chi era. In quel momento la porta della toilette si aprì in una nuvoletta di vapore caldo, da cui fuoriuscì la giovane donna, avvolta in un asciugamano.
“Non sei male così tutta...umida” Loki la osservò con malizia . “La vestaglia di chi era?”
“Sei il mio amante, non il mio confidente” rispose  lei, con un mezzo sorrisetto. “Potrei essere cattiva e dirti che era di Thor..”  L’espressione di Loki divenne buia. “… ma sarebbe una menzogna: è solo una vecchia vestaglia persa. Era già qui quando mi hanno dato la stanza, una volta che sono diventata Capitano della Guardia di Asgard.”
Mentre parlava la donna si era spogliata completamente, lasciando cadere l’asciugamano e raccogliendo la divisa da guardia rimasta a terra dalla sera prima. Loki pensò che certe volte sembrava così senza pudore da farlo apposta, eppure era certo che ci fosse ingenuità nel suo modo di essere: era inconsapevole del suo corpo, e non se ne curava troppo, come dimostravano le sue tante piccole cicatrici sparse, che lei in quel momento stava coprendo velocemente con i vestiti. Ingenuamente sexy. Sorridendo al pensiero, si vestì anche lui, e fece per uscire dalla porta.
“Loki.”
“Sì? “
“Non uscire dall’ingresso principale. Non è il caso che l’intero regno sappia che sono intima con il criminale attualmente più pericoloso della galassia.” Si avvicinò al muro, e aprì una porticina. “Porta direttamente alla sala del trono.”
“Siete piena di segreti, capitano della guardia.” Le prese il volto fra le mani e le diede un leggero bacio, prima di staccarsi ed entrare nel passaggio segreto. Meridia lo guardò allontanarsi nel buio, e chiuse gli occhi una volta che scomparve. Una leggera lacrima solitaria scese sulla sua guancia, ripercorrendo una vecchia cicatrice ormai sbiadita. Lei la asciugò in fretta, e richiuse, questa volta a chiave, l’apertura nascosta.  
 
***
 
“Sire, i giganti di ghiaccio spingono ancora sui nostri confini e minacciano una nuova rivolta.”
“Ancora? E’ la quinta questo mese.”
“A quanto pare non sono ancora soddisfatti dopo l’ultima disfatta di una settimana fa.”
“Arginateli, ma evitate spargimenti di sangue inutili. Voglio evitare una nuova guerra.”
Il comandante asgardiano uscì dalla stanza a passo di marcia, lasciando il finto re ai suoi pensieri.

 
***
 
La cosa più meravigliosa dell’essere Odino era che nessuno ti chiedeva mai nulla. Potevi passare per i corridoi della reggia senza essere mai neanche avvicinato, non una volta. La pace era un lusso per Loki, lo era sempre stato. Aveva passato l’adolescenza scappando da chi lo tormentava e lo prendeva in giro; solo una volta cresciuto avevano smesso di infastidirlo. E da quando era un ricercato dei novi regni, la tranquillità era scomparsa dalla sua esistenza.
Attraversò l’intera reggia, fino alla statua di sua madre Frigga. Era piena di fiori, che gli asgardiani provvedevano a rinnovare praticamente ogni giorno. Era stata una regina amata da tutti, e sarebbe stata rimpianta a lungo, almeno quanto era stato il tempo che aveva passato accanto al re. Loki sfiorò il viso della statua, e sospirò vedendo una mano diversa dalla sua che si muoveva sotto il suo controllo.
Sono il re di Asgard, probabilmente la persona con più potere in tutto il creato, e non posso nemmeno presentarmi a mia madre con le mie sembianze.  
A quel punto, all’improvviso, si mise a ridere da solo. Una guardia di passaggio, incuriosita, si fermò:
“Mio re, state bene?”
“Sì soldato. ” Si asciugò gli occhi umidi dalle risate. “Pensavo solo a quanto possa essere imprevedibile questo universo. Puoi avere ogni cosa, senza avere mai ciò che vuoi veramente. ”
E se ne andò, lasciando basita e spersa la sentinella.

 
***
 
Passi nel corridoio. Frettolosi.
Loki era rientrato nella sala del trono da poco, dopo la passeggiata. Aveva già firmato due trattati di pace e cacciato malamente un tenente che ciarlava di guerre contro i paesi vicini, che, a detta sua, erano “troppo allegri”. Idiota.
La porta dell’enorme sala si aprì nuovamente, ma questa volta una fiumana di soldati armati si precipitò all’interno tra il clamore di passi e lo sbatacchiare di scudi e spade. Accerchiarono il  trono del re, puntandogli addosso le armi. Uno di loro avanzò in fretta, spada tratta in avanti :
“Loki di Asgard, sotto informazioni dirette da una fonte attendibile sei accusato di aver rapito e preso il posto del supremo Padre degli dei, Odino. E per questo verrai  incarcerato fino a nuovo ordine. Mostrati ora, lascia il tuo travestimento senza opporre resistenza! ”
Egli riprese le sue  vere sembianze in un istante: l’armatura dorata riavvolse il suo corpo, e sulle spalle ricadde il consueto mantello smeraldo. Guardò lo scettro del re di Asgard nella sua mano, e lo lasciò scivolare tra le sue dita, da dove cadde a terra rimbombando cupamente.
Era finita.
Il re degli inganni era caduto l’ultima volta. Ma un dubbio da sciogliere rimaneva sulle sue labbra in quel momento, una cosa che gli premeva sapere.
“Tu, soldato, dimmi, chi mi ha accusato?”
Dalle fila di guerrieri dinnanzi a lui uscì una guerriera dai capelli biondi come il sole, ricci, e con luminosi occhi azzurri come le acque di Asgard. Camminava lenta, sguardo fiero, le spesse vesti da guardia addosso, che solo la sera prima lui le aveva sfilato con dolcezza e passione, e che ora indurivano il suo aspetto. L’unica asgardiana che non usava spada, ma un tomahawk d’argento. Si fermò a un passo dal trono.

“Io. Io ti accuso, Loki.”





ANGOLO DELL’AUTRICE
Eee basta smancerie! Pensavo di dare un piccolo cambiamento alla storia, ed ecco qui cosa ne è uscito! Meridia diventa lei la regina degli inganni, e troviamo Loki deluso dalla sua vita da re di Asgard. Spero di non essere andata fuori dal personaggio. Il prossimo capitolo lo posterò forse a settembre, dato che starò viua quasi tutto agosto D: Grazie a tutti i lettori, che volenterosamente, son giunti fino qui! :D
Un abbraccio e un inchino

#roseinwonderland

 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Crudeli, ma non abbastanza ***


NOTA DI PRELETTURA
[SPOILERS!]  Loki, di nuovo in cella, di nuovo pensa al passato, a ciò che è stato. | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604


Crudeli, ma non abbastanza


La cella è meno bianca di prima, più scura e grigia. I libri di sua madre sono ancora lì però, nessuno li ha toccati: ancora divisi in pile esattamente come li aveva lasciati settimane prima, coperti da un lieve strato polveroso.

Loki è in piedi vicino al padre, Thor lo affianca dall’altra parte del trono, nervoso: davanti a loro si estende l’arena dei giochi. Oggi c’è il reclutamento delle nuove guardie di palazzo, la scorta del re. In trenta entrano nel campo, e uno solo ne esce vincitore: il nuovo guardiano, perfetto nel combattimento, fedele fino alla morte; uno soltanto ogni due anni, la scorta del sovrano deve essere impeccabile dal primo all’ultimo membro. Così nel campo un round  alla volta vengono liberate belve sempre più forti, e colui, o colei , che, rimasta ultima in gioco, passa l’ultimo turno trionfa. Ed ecco i concorrenti che entrano in fila, e la gara può incominciare: i turni passano, uno alla volta cadono, il numero dei partecipanti cala, la maggior parte esce ferita, alcuni forse morti.
Ultimo turno. L’arena è vuota, solo due partecipanti, immobili al centro tra la polvere, aspettano. Le porte a lato del campo, da dove escono i nemici, si aprono, ma non ne esce niente, solo qualche scricchiolio. Mormorii serpeggiano tra la folla di asgardiani. La terra trema, e si muove sotto ai guerrieri, che fremono, uno inquieto, uno impaziente.  Improvvisamente il più grande e massiccio dei due viene inghiottito nel terreno in uno sbuffo di sabbia. Tutto torna nuovamente immobile in pochi secondi, il tempo di un respiro.
Silenzio.
 L’ultimo guerriero si guarda attorno attento. Sa esattamente cosa ha davanti, ma ne vuole la certezza, prima di attuare una strategia. La creatura deve mostrarsi nella sua bellezza prima di cadere sotto la sua ascia. Con un boato l’arena esplode di colpo: un gigantesco serpente nero e flessuoso irrompe in una nuvola di terra chiara e sassi;  sputa davanti a se ciò che resta del concorrente scomparso, un macabro spettacolo di sangue e carne masticata. Il combattente rimasto, piccolo e flessuoso per essere un soldato, sorride sotto l’elmo: la sfida inizia ora.
Il cobra scatta, e attacca l’asgardiano davanti a sé. E’ veloce,quanto il guerriero: la sfida è pari, i due si scambiano colpi sempre più veloci, sempre più potenti, sempre più vicini alla morte. L’elmo del soldato viene scalzato dalla sua testa con una codata dell’enorme bestia , e una massa di riccioli biondi ricade sulla sua armatura; fremiti di sorpresa percorrono lo stadio. Non molte donne così giovani si offrono per questa competizione, la maggior parte delle guardie è composta da uomini.
Ma Meridia non sembra preoccuparsene. Come quando, poche ore prima, si è iscritta alla gara: da quando ha memoria ha desiderato essere uno di quei misteriosi soldati imbattibili che attorniano il re in battaglia. E non ha paura delle serpi, né della morte.
La spada le è scomoda nella mano, e si fa sempre più pesante. La getta via con rabbia, si volta e corre, corre con velocità felina fino all’altra parte del campo, dove ci sono le armi rimaste inutilizzate. Afferra il tomahawk argenteo in cima al resto e si volta verso la bestia, fronteggiandola. Questa risponde sibilando cupamente, avvicinandosi a lei lenta e minacciosa, socchiudendo le fauci.
Meridia non si sposta, stringe solo la sua ascia, finché le nocche della sua mano non sbiancano. Chiude gli occhi.
“Non si muove” Loki si sporge, seguito da Thor. “Cosa sta facendo?” Un brivido scende lungo la schiena del giovane dio quando il serpente ormai è a un passo da lei. Questo s’innalza sovrastandola e, dopo un attimo di indecisione, le si avventa addosso, ingoiandola intera senza un lamento. Quindi s’acquieta
Dal pubblico alcune spettatrici, e anche spettatori, gridano terrorizzati.
Poi la serpe sembra contorcersi innaturalmente, la sua pelle si muove come fosse liquida,  e infine  la testa, esplode in pezzi . Meridia atterra poco più in là, coperta di una melma verdastra, ma viva e barcollante, l’ascia ancora stretta in mano. L’attimo di stupore passa in fretta, e la platea esplode: il pubblico applaude, grida. Thor salta giù dalla balconata, corre e la abbraccia, tirandola su e mostrandola come ciò che è: “Meridia, il nuovo guardiano di Asgard! Onore per le sue gesta! ONORE SU MERIDIA E LA SUA ASCIA D’ARGENTO!” Urla ovunque, il giovane dio biondo che le stringe la mano e la alza verso l’alto in segno di vittoria. Pace nel cuore della giovane vincitrice, e gioia. La sua vittoria, finalmente. Si volta raggiante verso la balconata, ma ora vicino al trono non c’è più nessuno, solo un posto vuoto, dove prima il dio dai capelli corvini era seduto.

Loki ricorda di essersene andato quel pomeriggio, rincorso dalla sua stessa ira: per suo fratello, idiota, per suo padre, cieco, e per lei, incosciente.

“Ma sei cieco fratello? Solo i tuoi interessi puoi vedere? Di lei non t’importa?” Loki si sfuria di colpo, dopo che suo fratello, ubriaco quella sera, gli ha cortesemente chiesto supporto mentre tentava di portare a letto Meridia durante la sua festa per la vittoria.
“Non sono cieco Loki. Ma non aspetto dietro a chi non va mai avanti, e tu sei troppo gentile per farlo.” La voce del dio del tuono è impastata dal vino e dalla birra, e pare una presa in giro.” E poi sei il suo migliore amico, non il suo fidanzato, perciò smettila. Non hai diritti speciali su di lei.” Thor si gira e se ne va barcollando verso la sala da ballo, ignorando il minore.
“Hai tutta Asgard ai tuoi piedi, e pretendi di avere lei solo perché è l’unica che desidero anch’io? Sei caduto così in basso Thor?” Le parole di Loki si perdono nel corridoio silenzioso.
A lui non importa, si approfitterà di lei e gliela porterà via, come ogni altra cosa.
 
***
 
Loki si alza, prende i libri e li getta per terra. Distrugge i mobili, le sedie, il tavolo, ogni cosa. Rabbia. Non perché l’hanno imprigionato, gettato via. Perché lei l’ha imprigionato, scartato. Perché ora è solo, né Frigga, né Thor, nessun altro verrà mai a cercarlo.

La cella di vetro che lo circonda rende l’ambiente soffocante. Fa caldo per lui. Di una ventola per l’aria neanche a parlarne. Cosa pensano, che fuggirà come fumo su per un camino? No, non sarebbe abbastanza divertente.  La porta alle sue spalle scivola con un bip elettronico. Loki ride.

“Sei tornata ai interrogarmi DI NUOVO signorina Romanoff? Mi ami così tanto da non potermi star lontana?”

Non riceve risposta dall’estraneo appena entrato. Sente i suoi passi leggeri avvicinarsi, e si volta divertito dalle tante idee che Fury si fa venire in mente per farlo parlare. Ma è davanti a una macchinazione di suo Eccola davanti a lui: sono mesi che non la vede, ed è cambiata. Il suo volto è sfiorato da cicatrici di lutto, i suoi capelli, un tempo ricci, ora rinchiusi in un’elaborata treccia, i suoi occhi sono gelidi, quasi quanto quelli del dio dell’inganno. Solo i muscoli, quel corpo che è opera divina, sono ancora identici a come li ricorda.

“Sono qui perché tu possa parlare, finalmente. Quindi in fretta, di’ quel che hai da dirmi e finiamola subito, Loki figlio di Laufey.”

“Il mio piano intendi?” Loki sorride come un folle.” Hulk, se quello è il nome della loro mostruosità. Questo è tutto ciò che devono sapere.” E ride ancora nel silenzio della camera blindata.

Ma il gioco sta finendo: gli occhi  di lei lo scandagliano, gli sondano l’anima. Attende, ma il risultato è deludente alla fine, perché Meridia scuote lentamente la testa ed esce senza un parola.
Tutta la sua grandezza, il suo potere, il suo esercito, valgono solo un cenno del capo per lei.

***
 
Spari. Morte. Sangue. Cadaveri. Distruzione.
Lui al centro si innalza tra la polvere sollevata dal suo esercito.
In cima al palazzo di quel mortale di latta rossa, che con tutte le sue creazioni da guerra non è nemmeno capace di scalfirlo. La follia di Loki è all’apice: non sarà mai più immensa e profonda e degenerata che in quell’istante, quando dinnanzi a lui si estende la forza della sua malvagità , il suo potere davanti ai suoi occhi si diffonde ovunque.

 “Così finisce: con le nostre spade incrociate. Speravo in qualcosa di diverso un tempo.” Meridia fa roteare lentamente il tomahawk nella mano destra, mentre si avvicina alle sue spalle.
“Puoi sempre unirti alla mia grandezza.” Loki si gira, un sguardo delirante negli occhi: “Vieni con me, sii partecipe di questo mio immenso regno di dei e uomini!”
“Io vedo solo fine e caduta di ogni cosa, e altri cadaveri riempiranno le fosse. Non vincerai mai Loki.”
 “E chi me lo impedirà? I tuoi amici Vendicatori?”

Lei gli salta addosso senza preavviso, e lo scontro si fa subito veloce, repentino, un susseguirsi di colpi e parate; nessuno dei due prevale, perché nessuno dei due vuole prevalere sull’altro. Le parole son bugiarde a volte, ma il corpo è un essere che ama l’onestà. Basta un attimo però, e il dio ingannevolo scivola: la lama dell’ascia di Meridia ora è sul suo collo, premuta abbastanza da impedirgli i movimenti.

In ginocchio, davanti a lei, aspetta la morte.

Si osservano a lungo, il dio caduto e la chiara guerriera. Ha ragione, Loki lo ammette a sé stesso. Non avrebbe mai vinto. Negli occhi di lei, scorge un bagliore di luce gentile.
Pietà.
Che smuove la spada dal collo candido di Loki, mentre due mani veloci gli legano le mani dietro la schiena, imprigionandolo.  

La sua pazzia allora era scesa in picchiata, colata come un castello di ghiaccio al sole d’estate. Non era solo l’aver perso la battaglia ad averlo sconfitto. Al massimo splendore del suo potere, Loki, re di Midgard, conquistatore della Terra, aveva meno forza di una sola guerriera, che, alla scelta della morte o della vita  di un mostro, aveva dato ad esso uno seconda chance.
La loro debolezza: erano crudeli, cattivi, ma mai abbastanza. Furiosi, ma non abbastanza da vendicarsi.


ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Ok sono un mostro. Avevo detto due settimane fa nuovo capitolo e invece.
Ma eccomi qui! Non è quello che avevo promesso, ma ho deciso di aggiungere una scena in più, secondo me necessaria. Nel prossimo inizieremo a entrare nella parte creativa della ff, che sarebbe una mia idea di Thor 3, quindi Thor 3 NON VERRA' CONSIDERATO! Anche perchè non è ancora uscito xD

Seee yaaa
#roseinwonderland

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Capitolo 8
*** Burning nightmares ***


NOTA DI PRELETTURA
[WARNING!] La storia non tiene conto di un eventuale Thor 3 | Nuove battaglie per Asgard, nuovi nemici attaccano chi è sopravissuto | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Se volete, leggetela ascoltano Take me to Church di Hozier.



Burning nightmares


BASTA GIOCARE!”
 
Il soldato davanti a Loki sbattè le mani sul tavolo, facendo sussultare il prigioniero infastidito.
“Tu sei qui e non pronunci parola, tuo fratello disperso non si sa dove, Odino sparito.” Si avvicinò al dio incatenato alla sedia: “Te lo chiedo ancora una volta: dimmi cosa è successo al re.”
Loki tenne il capo chino, i lunghi capelli neri che scivolavano carezzandogli il viso.
Rimase in silenzio.
Il soldato scosse la testa irato: “Mandate a chiamare il Capitano. Mi serve qui, ora.”
 
***
 
Nonostante guardasse a terra nel vuoto ostinatamente, Loki la sentì entrare nella stanza a passo lento e misurato, sempre leggero, e chiudere la porta con delicatezza. Solo allora si degnò di alzare gli occhi verde chiaro verso di lei.
 
“Il tiranno stritola i suoi schiavi e questi non gli si rivoltano contro, ma stritolano quanti sono sotto di loro. Tu puoi torturarmi a morte soltanto per divertirti; ma devi lasciare che io mi diverta a mia volta allo stesso modo.”
 
“Cime Tempestose. Vedo che l’hai letto alla fine.” Fece qualche passo. “Sono sorpresa.”
 
Loki la interruppe di colpo: “Hai sempre detto che è il tradimento a rovinare ciò che creiamo, perché basiamo ogni cosa sulla fiducia.” Fece una pausa, e un sorriso sarcastico comparve sulle sue labbra.”Dimmi, l’hai detto perché era una bella frase…? Forse riempirmi di queste belle parole ti dava soddisfazione: ti divertivi a vedermi adorante nella fiducia e nell’affetto che provavo per te. Pensavi fossi un idiota. E avevi ragione: ero e sono innegabilmente un idiota. Sono il re degli inganni eppure tu mi hai beffato in una sola notte. Ti deve procurare enorme soddisfazione questo, non è vero?”
 
Meridia lo osservò impassibile, facendolo sussultare d’ira di fronte alla sua indifferenza. Continuò a parlare sempre più arrabbiato: “ Senza mio fratello e me hai la via sgombra: il trono è tuo. Se i diretti discendenti sono impossibilitati a governare, il potere cade nelle mani del Capitano delle Guardie Reali. Spero tu ne stia godendo al meglio.” Fece una pausa, e con tono più calmo continuò: “Peccato che senza Thor non possa più divertirti la notte come prima.”
 
Ecco che arriva al punto; il centro di ogni suo pensiero è solo gelosia del fratello, lo è sempre stata.
 
“Potevi avere la decenza di non scoparti anche me, Meridia. Ma forse ti annoiavi senza il tuo giocattolo preferito e il suo martello, ora che la sua attenzione è diretta a un’altra donna?  Mi hai preso in giro per anni, esattamente come tutti gli altri. Mi fai schifo.”
 
Meridia gli saltò letteralmente addosso, le mani attorno alla gola, e strinse. “Silenzio, Loki. Silenzio.” Si avvicinò impercettibilmente al suo viso. “Il palazzo è pieno di orecchie e occhi, vero?”
Loki si avvicinò ancora di più: “Non ho ucciso il padre degli dei, l’ho nascosto.”
“Da cosa?”
Loki fece per parlare, quando uno scoppio e delle urla distrassero entrambi. Meridia si staccò dal prigioniero, mentre la porta della sala sbatteva. Una guardia entrò con il fiato corto:
“Ci hanno attaccato Capitano.”
“Chi oserebbe attaccare Asgard?”
La guardia scosse la testa scossa: “Non so cosa siano, ma stanno bruciando ogni cosa che trovano. Non riusciamo a fermarli.”
 
***
Salì le scale di corsa volando letteralmente sui gradini di pietra.
 
Non possono essere qui.
 
Ripeteva a cantilena quelle quattro parole nella mente: aveva paura. Così tanta paura.
 
 
In tutta la galassia leggende giravano sui demoni di fuoco. Come nelle storie dei mortali arriva l’uomo nero la notte, qui il fuoco bruciava le pianure degli incubi degli asgardiani.
La differenza era che i demoni erano reali. O almeno, da quell’istante lo erano diventati: al centro della sala del trono di Asgard cinque esseri, dal corpo alto e forte ricoperto di fiamme calde stavano uccidendo tutta la guardia reale. Erano identici a come venivano descritti nei libri di storie per bambini, stessa terrificante forma bruciante.
C’era un fumo rovente che bruciava gli occhi, e l’odore di carne bruciata invadeva l’aria insieme alle grida delle guardie ancora vive che stavano morendo , sotto gli occhi vuoti dei cadaveri dei già caduti. Meridia evitò per un soffio una colonna che uno dei giganti di fiamma le scagliò addosso, in quello che ormai  era un inferno di calore e fiamme. Si rannicchiò in un angolo della sala, e si premette le mani sulle orecchie, come faceva da bambina.
E attese, attese che tutto finisse.
 
Paura, terrore, solitudine.
 
Sono tornati a prendermi.
 
 Di colpo, come tutto era iniziato, svanirono in uno sbuffo luminoso dal entro della sala.
Meridia finalmente poté rialzarsi dalla cenere, e sgusciare fuori dal suo nascondiglio.
La sala del trono era un cumulo di macerie, ricoperto di corpi bruciati.
 
Perché sono tornati solo ora?
 
***
 
“Quanti morti?”
La guardia, una vistosa ferita sul collo, seguiva arrancando Meridia .“Più di cinquanta soldati mia signora.”
“Così tanti?” La voce della reggente è incrinata. “Le barriere sono salde?”
“Sì, nemmeno sfiorate. Sembra siano entrati per magia.”
 
***
 
“Non sono stato io. Anche se non so cosa sia successo in effetti.” L’affermazione, limpida e chiara, Loki l’aveva pronunciata ancora prima che lei avesse richiuso la porta.
“Lo so benissimo. Ma questo non  mi impedirà di fare alzare le tue divine chiappe da questo buco.”
“ Oh, la mia sentenza di morte è anticipata?”
“No.” La guerriera fissò lo sguardo negli occhi verde chiaro di fronte a lei. “Ho bisogno di te.”
 
Una serie di soldati entrò dalla porta, e liberarono Loki dalla sedia su cui era seduto.
“Mi liberi? Sono piacevolmente sorpres-“
Un paio di manette si chiusero sui polsi sottili del dio degli inganni prima che terminasse la frase. Meridia si avvicinò a un soffio dalla sua bocca sottile.
“Ti piacerebbe. E ora muoviti.”
 
 
***
 
 E’ sconvolta. Qualsiasi cosa sia successa deve averla turbata molto.
 
E Loki aveva ragione: lei era preoccupata. Le mani attorcigliavano nervose una cinghia dell’armatura mentre le sue lunghe gambe scattavano veloci verso l’hangar delle navi. Di sfuggita scivolarono accanto alla sala del trono, e Loki si fermò di colpo. Meridia si avvicinò per tirarlo via, ma ormai aveva già visto l’enorme fila di cadaveri ammucchiati al centro della sala, che fumavano, anneriti, mentre i sopravvissuti tentavano di trovare qualche anima ancora viva nella carneficina.
Lui si voltò verso di lei, e nei suoi occhi c’erano uno stupore e una disperazione che non aveva mai visto, erano così pieni di dolore. Lei gli sfiorò il braccio gentilmente, l’aria triste sul volto.
“Ora capisci perché mi servi. Dobbiamo fermarli. O torneranno.”
La voce si incrinò, e lo sguardo venne distolto dalla vista di quello scempio. E del tempo passò prima che Loki si riprendesse, forse interi minuti. Quindi iniziò a parlare di nuovo, ma con animo cupo che sprigionava rabbia:
 
“Chi sono?”
 
“Loro. I mostri delle favole sono qui. Demoni di fuoco e fiamma, il cuore pieno di rabbia e odio.”
 Fece una pausa. “Se sei ancora Loki, non figlio di Odino o di Lafi, ma il dio che ha combattuto battaglie con me, sii al mio fianco.” Altra pausa. “Non smentirmi, almeno per questa volta. Non mi interessa quello che è accaduto di notte, o gli anni passati, i tradimenti, l’odio, fallo solo perché un tempo eri mio amico.”
Lui si avvicinò fulmineo a una guardia e gli sfilò la spada. Quindi la girò e offrì l’impugnatura a Meridia.
“Non avevo intenzione di farlo . Qual è il tuo piano?”
“Andare nella tana del lupo.”
“Non esiste il regno dei demoni di fuoco. Non è mai stato trovato.”
“Perché nessuno sa dove cercarlo.”
 

ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Due-tre mesi. E avevo detto poche settimane. Lo so. Ma ho iniziato la terza liceo, e la scuola mi ha causato molti problemi con lo studio e le attività extrascolastiche, per cui di tempo ne avevo poco. Avrete notato che ora la storia è praticamente tutta inventata. Ebbene, non posso aspettare un terzo Thor, o non finirei mai la mia ff! In ogni caso, spero vi piaccia il capitolo  ♥ In arrivo (a breve spero) un altro!
A presto

#roseinwonderland

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Capitolo 9
*** La sala delle mappe ***


NOTA DI PRELETTURA
[WARNING!] La storia non tiene conto di un eventuale Thor 3 | Di partenze, cavalli scomodi e ricordi.| Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604
Consiglio: leggete ascoltando Reason Why di Lorenzo Fragola, uno dei finalisti di X Factor di quest'anno. E' stata una scoperta per me <3.

La sala delle mappe


La stanza delle mappe.
La sala più bella di tutta la reggia, secondo Loki.
Tutte le mappe del cosmo, antiche e nuove, raccolte in unica stanza, catalogate e riposte con cura.
 
Vide Meridia che tornava portandosi dietro un grosso papiro arrotolato, che distese accuratamente su uno dei tavoli. Raffigurava Yggdrasil in tutta la sua grandezza.
“Questo è l’albero del mondo. E’ solo un disegno.” disse Loki.
Lei sorrise: “E’ qui che ti sbagli. E’ parte di una mappa più grande.”
Lui rise:”Non esiste una mappa che raffiguri qualcosa di più grande dell’universo.”
“Una mappa che mostri tutti gli universi. Immagina” prese un altro foglio bianco. “tanti altri mondi, come una foresta.” Tracciò una serie di alberi tutti diversi sul foglio, solo abbozzati.
“E quanti sarebbero?”
Lei sospirò. “Non ne ho idea.”
Loki rimase immobile, silenzioso, guardando il foglio che stava cambiando ogni immagine che avesse mai avuto del cosmo prima di allora. Era inimmaginabile, anche per un dio. E lui non era neanche un dio in realtà. Poi una domanda gli sorse spontanea:
“Come sai tutto questo?”
“Me lo ha insegnato mio padre, quando ero ancora una bambina.”
“Non ad Asgard. Qui nessuno ha simili conoscenze scientifiche…Tutto questo è…è.. Incredibile.” Il moro continuava a guardare il disegno affascinato.
 In famiglia era sempre stato quello che passava più tempo sui libri, mentre Thor preferiva spassarsela in giro.
“I miei genitori non erano di qui, diciamo. E ora passiamo al punto.” Riprese in mano il foglio.”Come si può passare da un albero all’altro?”
“Non con il Bifrost.”
“E ti sbagli nuovamente.”Gli sorrise ancora. “Con l’adeguata spinta si può saltare da un mondo all’altro esattamente grazie a lui.”
“Servirebbe posizionarlo verticalmente rispetto al terreno, ma è calcolato appositamente per raggiungere al massimo gli 89° di ampiezza.”
“Ma io so come farlo scattare dell’ultimo grado mancante. Prendi quella mappa” Indicò un foglio arrotolato sul tavolo. “e seguimi.”
“Cos’è?”
“Un vecchio disegno di un libro di favole, ma ha esattamente ciò che ci serve in questo momento: delle coordinate.”
 
Loki esplose, mentre stringeva il libro dalla copertina colorata e decorata: “Sono solo vecchie leggende Meridia. Vecchie fiabe di mondi oscuri e mostri che si nascondono nel buio di notte. Spaventano i bambini, servono solamente a quello! Così che obbediscano ai genitori e non discutano.” La guardò esasperato.
Meridia si voltò verso di lui.
“Ma sono vere Loki. Tutte le storie sono vere. E devi fare i conti con questo. Devi fare i conti col fatto che il tuo universo si è appena ingrandito. E che forse non è poi una cosa così brutta no?” Gli tese la mano gentilmente. Loki scosse la testa, quindi le strinse la mano.
 
***
 
 
Fin da bambino Loki aveva avuto le mani incredibilmente fredde.
La maggior parte delle persone che le sfioravano se ne ritraevano. Sua madre era l’unica che invece tornava dopo pochi secondi con dei guanti. L’unica che era sempre tornata. Insieme a Meridia.
Fin da bambina le sue mani erano incredibilmente calde. E mai una volta si era ritratta da qualcuno, per quanto avesse le mani gelide.
 
E nemmeno adesso si ritrasse da lui, mentre gli stringeva la mano, camminando veloce nel corridoio.
 
***
 
Mentre uscivano da palazzo, lei lo strattonò per una manica, tirandolo in un angolo dei giardini all’ingresso, così che fossero riparati alla vista.
 
Quindi finalmente lo lasciò andare: “Ora siamo fuori dalla portata d’orecchio di tutti, e spero anche alla vista.” Si avvicinò a lui, e gli sussurrò piano la sua domanda, la domanda che tutta la guardia reale di Asgard in tre settimane di prigionia di Loki non era riuscita a risolvere:
“Dov’è Odino?”
“In una delle camere più sicure di tutta Asgard.”
“Quale? Le ho fatte setacciare una per una, comprese quelle più nascoste. Non c’è.”
Loki fece un passo indietro saltellando: “Dove puoi nascondere qualcosa di così prezioso?”
“Non lo so, te lo sto chiedendo infatti.” rispose fintamente seccata.
“Davanti agli occhi di tutti!” Loki spalancò le braccia e indicò la reggia dietro di lui. “E’ nella sua camera da letto, caduto nel sonno di Odino nuovamente.”
“Ho fatto setacciare quella camera.”
“Ma io sono il dio degli inganni, Meridia. Con la magia ci so ancora fare.” Un sorrisetto divertito comparve sulle sue labbra sottili, e anche lei si rilassò finalmente e sorrise di rimando.
Poi fece un fischio leggero, e un cavallo pomellato arrivò a passo leggero. Loki subito lo avvicinò e gli accarezzò i fianchi sottili.
“Hai ancora questo stupido cavallo vedo.”
“Solo perché ti ha disarcionato una volta lo chiami stupido.”
Loki sbuffò. “Non dirmi che hai intenzione di usare lui come mezzo di trasporto?”
Questa volta fu lei a sorridere divertita.
 
***
 
Il viaggio fu in una solo parola: scomodo.
In ogni senso: quel maledetto ronzino aveva un’andatura spigolosa, dura, e inoltre in due sulla stessa sella non era proprio confortevole. Specie quando si cerca di stare il più possibile lontano dalla persona con cui si sta cavalcando. Specie quando quest’ultima ti ha tradito e pugnalato ignobilmente alle spalle.
Ma alla fine il principe aveva dovuto rinunciare, e si era lasciato scivolare sulla schiena di Meridia, che non aveva proferito parola, ma aveva continuato a galoppare in silenzio. Loki si teneva ai suoi fianchi, cercando di sfiorarla il meno possibile, combattendo contro volontà opposte che provenivano dal suo corpo.
 
Quando finalmente il cancello del Bifrost si parò dinnanzi a loro, fu una liberazione: il re degli inganni scese di sella il più in fretta possibile, sentendosi mancare il fiato. Meridia era già entrata fulminea nella sala del portale.
Loki ripensò a quante scene aveva visto quella stanza: l’esilio di suo fratello, la loro lotta, la sua caduta, l’arrivo di Jane. E ora questo. Le cose sarebbero cambiate ad Asgard dopo quel viaggio.
 
“Loki, dimmi i numeri disegnati sull’albero presente nella mappa. Sono una sequenza di cinque numeri, dovresti vederli.” La guerriera era chinata sulla base della chiave che apriva il collegamento.
 
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Seguirono pochi scatti, e il Bifrost ruotò a 90°. Loki spalancò gli occhi: il Ponte dell’Arcobaleno era rivolto verso il basso, verso il centro di Asgard.
“E’…
“..rivolto verso il pianeta sì. Ma ci serve una spinta adeguata. Salterellare per i mondi non è già un giochetto da ragazzi, e qui si parla di universi. Useremo la rotazione per darci una spinta. E faremo un gran bel balzo.”
 
Il Bifrost continuava a ruotare velocissimo: il portale era aperto e pronto .
 
Prima saltò lei, e scomparve nel flusso. 
Loki sospirò. “Perché ogni volta devo essere io quello che salta nel buio e mai mio fratello?”
Quindi anche lui si lanciò nel portale e scomparve.


ANGOLO DELL'AUTRICE
Non raggiungerò la fine di quest'anno scolastico, lo so. Ma vabbè, ignorate i miei problemi scolastici e se potete recensite e ditemi cosa ne pensate di questo nuovo parto. xD Non so se purtroppo sarà a breve, ma farò quel che potrò per aggiornare il prima possibile....

Grazie a chi recensisce e mi segue, ma grazie anche solo a chi legge le prime tre righe e se ne va seccato e annoiato. Per me è già fantastico che qualcuno apra questa storia e gli dia un'occhiata <3 Un grazie particolare a frostgiant, che legge sempre la mia ff :D!

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Capitolo 10
*** Dark ebony ***


NOTA DI PRELETTURA
Continua la nostra storia…[SPOILERS!] | L'oscurità si riempe di fiamme. Nient'altro dico ^^ | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Dark ebony


Per gli dei!”
 
Loki uscì dal portale di slancio, finendo a terra di faccia.
 “Una mano?” Lei si trattenne a stento dal ridere mentre lo aiutava a rialzarsi. Loki la guardò con finto fastidio, quindi si concentrò sul luogo d’arrivo: un pozzo nero che odorava di ferro e minerali, di umido, quasi fosse l’oscurità stessa a prendere forma e odore laggiù. Non esattamente invitante.
 
 “Vieni prigioniero piagnucoloso, il portale non rimarrà aperto a lungo. Abbiamo solo due ore per evitare una guerra tra mondi.”
“Non potevi impostare un timer più lungo? Non so, una settimana…? Sai, avremmo potuto fare anche una vacanza, il posto non è male.” Loki sfiorò le pareti completamente nere e piene di spuntoni.
 
No, decisamente un territorio ostile.
 
Meridia alzò gli occhi al cielo e s’incamminò nel buio, seguita a ruota dal dio.
 
***
 
Il luogo era comunque affascinante una volta che vi ci si immergeva: una città identica ad Asgard, ma completamente sotterranea. Un’enorme metropoli fatta di corridoi, volte immense e saloni, ma anche periferie e stanze per la servitù: un palazzo sconfinato, un unico intrico di corridoi che si snodava per miglia nella roccia e nella terra calda.  
 
Un enigma fatto di pietra e buio, impregnato di calore, di spuntoni dalle pareti scure e di pavimenti lastricati. Un mistero, ma non per la donna davanti a lui, che procedeva spedita tra le svolte, le curve e le strade. Le domande si affollavano nella mente del giovane gigante di ghiaccio.
 
 “Meridia.”
“Sì?”
“Non hai una mappa…
“No.”
“…ma sai dove stai andando.”
 
La velocità di lei aumentò, i passi erano frettolosi ora.
 
“Fermati.” La voce di lui era tesa.
Lei si voltò: “Loki, ti fidi di me?”
Lui sospirò lentamente: “Purtroppo sì.”
“E allora, te ne prego, fidati finché puoi, concedi a questa lealtà ancora una possibilità.”
Dopo un lungo sguardo penetrante, il dio prigioniero annuì e riprese a camminare pensieroso, gli occhi persi sul pavimento, tra i suoi pensieri e i suoi dubbi. Meridia allontanò lo sguardo da lui, puntandolo davanti a sé.
 
Gli sto mentendo. Avevo promesso che non l’avrei mai fatto. Ma dopotutto, anche lui aveva giurato, una volta. Forse eravamo troppo piccoli per simili promesse. I bambini fanno costantemente giuramenti, pensando di poterli mantenere. Sospirò. Era tutto più facile quando eravamo anche noi così…semplici.
 
Un ricordo comparve nella mente della donna: due ragazzini, una croce sul cuore ciascuno, in un vecchio giardino. Ma era passato così tanto tempo che il ricordo era troppo sbiadito per poter essere certi che fosse reale.
Forse era solo la sua coscienza che le gridava addosso.
 
Dopo minuti interminabili, finalmente una luce di una porta illuminata. Svariate guardie, demoni in fiamme ,simili a quelli giunti ad Asgard, sorvegliavano la camera accesa dalle torce.
“E ora?”  Il re degli inganni ha raggiunto la guerriera, e le è a fianco.
“Ora entriamo.” E lei si gettò nel cono di luce senza esitazione.
 
***
 
 
Chiedo udienza al re!”
 
 
Nel giro di qualche frazione di secondo una decina di custodi puntava le lance alla sua gola. Il più vicino, gli occhi fiammeggianti, si avvicinò a grandi passi:
 
” Chi chiama sua maestà?”
“Meridia, figlia di Litha, Primo Erudito di Corte ai tempi della Luce Cadente.”
 
Tutto fu detto in un sol colpo, come un pensiero rinchiuso da anni.
La guardia si bloccò con un singulto. I suoi occhi si scurirono di lacrime;  sorrise di gioia e s’inginocchiò dinnanzi a lei. Le restanti guardie, i visi coperti di stupore genuino, caddero a terra insieme alle lance, con reverenza.
Loki la guardò interrogativo, fece per parlare, ma lei scosse la testa, abbassò le ciglia ed entrò spedita nel salone.
 
Questo era immenso: pareti altissime di pietra scurita dal fuoco, culminanti in un immenso lampadario indescrivibile, di sola fiamma; si avvolgeva, ruotava, scivolava su se stesso e nel suo fuoco, sprizzando piccole scintille. Le sentinelle dietro di lei, rialzatosi, la seguivano ora a distanza,  mentre avanzava verso  il trono centrale: un enorme, immenso, dorato, scranno lucido, che conteneva un uomo alto, scuro di pelle e di capelli tanto quanto era chiaro il suo sedile. In mano uno scettro nero e fumoso, solo una semplice lancia liscia, che risplendeva come la bruna ossidiana. Ma la punta, lunga e sottile, terminava acuminata, così affilata che bastava sfiorarla per tagliarsi. Il re, vestito di pantaloni dorati e una lunga veste, aperta sul petto, si voltò verso sconosciuti, posò gli occhi sulla donna e sorrise maligno.
 
“Quanti anni.” Si alzò lentamente e scivolò verso di lei. “Quanti anni, mia prediletta.”
 
***
 
“Tu lo conosci?” Loki non si trattenne più e sbottò di colpo .
Il re si volse verso di lui sprezzante: “Certo che mi conosce, figlio di Asgard. Lei era”  Le sfiorò una guancia, e lei girò la testa di scattò, infastidita. “mia.” Fece una pausa, sospirando. “Sappi che al tempo della Grande Luce Cadente, una cometa luminosa sfiorò il nostro mondo, e Litha, Primo Erudito, nonché mio vecchio amico, riuscì a imbottigliarne parte dell’essenza per me. Lo lodai a lungo, e gli chiesi di darle forma: lui creò una bambina, la più divina e bella delle creature.” Piantò gli freddi occhi sulla donna riccia. “Le diede il nome di Meridia. Ma quando io venni a reclamare ciò che avevo richiesto anni prima, lui fu restio a liberarsene: voleva conoscere prima il suo destino. Gli dissi che la piccola, allora di soli 7 anni, sarebbe cresciuta a corte, e compiuta la maggiore età sarebbe stata mia sposa. Quindi lo lasciai, con la promessa di tornare la sera successiva. Ciò che non considerai fu la follia di quel vecchio.”
Sputò a terra irato.
 “Riuscì ad attivare un portale tra i mondi, e vi gettò dentro la piccola per salvarla da me. Ma quanto pare a nulla è servito, visto che ora la bella bambina è tornata all’ovile.” Strinse un braccio di lei con forza, e si avvicinò al suo orecchio, sussurrandole: 
“Mostrati finalmente.”
 
In risposta lei cercò di divincolarsi senza successo. L’uomo scuro sorrise malizioso.
“Vedi di fare la brava bimba, Meridia.” La sua mano si fece sempre più calda, e lei sentiva il calore bruciarle la pelle, marchiarla. Una scarica di piacere invase il suo corpo quasi istantaneamente, e lei la represse in fretta, ma non abbastanza da riuscire a trattenere un basso gemito.
 
“Ti è mancata questa sensazione vero? Il fuoco” Le sfiorò la guancia con le labbra. “ti fa impazzire.” Le sue dita si accesero di fiamme ardenti, che divamparono sulla pelle delicata della donna.
 
Meridia si accasciò a terra, infiammandosi di un bagliore accecante. Per qualche istante i presenti non videro più nulla, feriti dalla luce talmente forte da rendere scuro il lampadario. Uno stordimento generale percorse tutti i presenti, che necessitarono di qualche secondo prima di poter vedere nuovamente.
 
Poi, eccola.
 
Lei era lì, il corpo incandescente, e Loki vi fece scorrere lo sguardo, su ,lungo le gambe sottili, sulle cosce sode e sul ventre piatto, fino al volto: ogni parte era identica a prima, ma di pura fiamma. E gli occhi neri come l’ebano, sovrastavano tutto.
 
Le labbra si socchiusero e ne fuoriuscì un sospiro di piacere. Rialzatosi, fece qualche passo, bruciando il pavimento perlaceo senza curarsene troppo. Quindi alzò un braccio, lo sospese per qualche secondo, poi rise e lo rilasciò cadere: la vampata ardente che ne fuoriuscì incenerì il trono dinnanzi a lei, come fosse di carta.
 
Infine si voltò verso il re: “E’ vero, sono passati davvero troppi anni, caro.”


ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Sìlososonoinritardodimesi. Mi odiate. ç.ç La scuola scusate, davvero, io cerco di scrivere e non ho mai tempo u.u
Coomunque eccoci qui. Spero vi piaccia. Grazie di tutto , a tutti quelli che sono arrivati fin qui ♥
#roseinwonderland

 
 

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Capitolo 11
*** Birth ***


 NOTA DI PRELETTURA
Dialoghi e momenti strani. | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604



Birth


“Loki mi prometti una cosa?”
“Dipende da cosa”  Il tono è canzonatorio.
“Dai non scherzare, sono seria.” La bambina riccia di soli otto anni in effetti ha uno sguardo grave.
“Dimmi.”
“Giura che non ci mentiremo mai.” Gli occhi di lei ora sono spalancati e ansiosi.
Il bambino moro rimase in silenzio per qualche istante, lo sguardo fisso sui propri piedi. Quindi  sussurrò piano:  “Se preferisci un giuramento lo facciamo, ma serve davvero anche per ciò che è scontato?”
Il volto di lei si adornò di un sorriso ingenuo e gentile, che passò anche sul viso del giovane quando lei gli diede un minuscolo bacio sulla guancia, felice.
 

Era affascinante come ogni volta, regolarmente, alla fine di ogni capitolo della storia, Loki finisse in una  cella. Fu sbattuto dentro la piccola stanza, e la porta fu chiusa a chiave alle sue spalle.
Sospirò e si lasciò cadere su una delle morbide sedie rosse: per essere una prigione era arredata con un  certo stile ed eleganza.
“E così termina la mia solitaria prigionia.”
La voce, fintamente poetica e parecchio ironica, lo fece sobbalzare. Proveniva dal muro, dove, quasi subito, un quadro si spostò inclinandosi, e un viso lentigginoso e buffo, un po’ rotondo,  con due spessi occhiali anch’essi tondi, comparve attraverso la stretta fessura che il dipinto nascondeva alla vista. Un sorriso curioso spuntò sulla faccia estranea, e la rese ancora più ebete di quanto già non fosse.
“Sicuramente durerà ancora poco la tua solitudine, se non fai sparire la tua presenza da questa stanza.” Il tono di Loki  era infastidito, ma l’altro non sembrò accorgersene nemmeno, continuando a sorridere all’infinito.
“Pensavo che voi asgardiani foste tutti biondi, alti e muscolosi.”
“Non sono asgardiano.”
“Ma hai il loro portamento:  testa alzata, busto eretto, saldi principi e superiorità.”
“Negli ultimi anni ho compiuto svariati genocidi, per cui è meglio evitare la parte sui principi. Concordo sul resto.”
Ci fu un attimo di pausa.
“Beh, ci sei tu qui. Sembri sveglio  e onesto, e questo basta. ”
“Onesto? Onesto.” A Loki sfuggì una risata. “ Mi hanno definito in molti modi, ma mai onesto.”
“Non mi interessa come sei stato definito ragazzino. Ho bisogno di un aiuto, e tu sei l’unico disponibile al momento-
“Non chiamare ragazzino chi ha visto stelle nascere e pianeti bruciare nelle fiamme.”
“Oh, che regina del dramma! Non mi importa chi diavolo tu sia: hai la fiducia di chi ti ha portato qui, e lei la mia. E so per certo che non sei venuto qui di tua spontanea volontà, perché nessuno viene in questo buco di universo in visita di piacere. Quindi, principino, smuoviti dal tuo scranno fiorito e aiutami a riportare quell’idiota di mia figlia ad Asgard.”
“Tua figlia?”
Si tolse gli occhiali tondeggianti, mostrando due chiari occhi azzurri, contornati dal mare di lentiggini che in parte la montatura copriva. “Le lentiggini avrebbero già dovuto dirti tutto.”

 
***
 
Il padre di Meridia.
Era in cella, in un universo parallelo, con il padre -sempre che si chiamasse così lì, o non demone-genitore o simili-  dell’unica persona da cui avrebbe dovuto stare lontano. Decisamente una pessima giornata.
Loki si alzò, si avvicinò al muro e piantò gli occhi smeraldo in quelli dell’altro.
“Ora dimmi, demone, il perché.”
“Ma di grazia a cosa ti serve sapere il perc-“
La mano del dio si strinse sul suo collo, e lo sguardo si fece color rubino. In un istante si era spostato vicino alla cavità nel muro, che dava su un'altra cella.
“Dimmi perché sono qui, perché dovrei aiutarti e perché una donna che conosco da quando aveva otto anni ha appena preso fuoco davanti ai miei occhi.” Le dita attorno alla gola si fecero bluastre, e gelide.
“Se-e mi-i l-ascias-si”
La stretta si allentò. Il demone sospirò.
“Incominciamo dalla fine. Meridia non è asgardiana.”
“Questo l’avevo notato.”
“Non interrompermi. Dicevo, Meridia non è asgardiana, ma nemmeno del tutto un mostro di fiamma.”
“Una mezzosangue...”
“Smettila di interrompere è fastidioso, davvero.”
“Continua.”
 “Per il  sovrano lei è  l’esercito in un essere vivente: una nuova arma completamente biologica e senziente, con capacità decisionale e coscienza: non solo donna , non solo arma.” Fece una pausa. “Sua madre non era una di noi. Apparteneva a una specie molto più antica, anche della vostra.  Hanno un’incredibile capacità di adattamento: riescono a cambiare la propria natura in base al pianeta in cui scelgono di fermarsi, e si adattano talmente bene che fatichi a distinguerli dalla razza indigena. E vivono a lungo, incredibilmente a lungo. Sono un popolo forte, resistente, che unito alle nostre capacità naturali, che hai potuto osservare, ha prodotto un ibrido distruttivo e difficile da abbattere. Per farla breve, senza dilungarmi in argomento di geni e simili, Meridia non diventa una torcia a piacimento. Diventa una supernova in forma umana.”
Fece un’altra pausa, più lunga.
“Il re mi ordinò di progettare un’arma capace di distruggere un pianeta. Io seguì gli ordini, e creai l’arma più potente mai realizzata in questo mondo, imbottigliando l’energia di una stella in nascita. Ma quando lui venne a ritirare i frutti del mio lavoro, vide mia figlia. Lei era capace di produrre fuoco dal nulla già all’età di due anni. Un miracolo vivente, si disse all’epoca. Dichiarò che sarebbe tornato quando avrebbe avuto sette anni.”
“Io amavo sua madre. Lo anche sposata. Allora non sapevo delle sue origini, e anche quando lo scoprii non fece mai differenza. Io ho aspettato Meridia, come ogni uomo innamorato desidera una famiglia.”
“Meridia non è un’arma, benché ormai ne sia convinta in questa sua follia. E qualsiasi cosa voglia fare, non le si deve permetterle di farla. Lei non è ciò che crede di essere, non è ciò che il re crede che sia.”
Il vecchio alzò lo sguardo verso il dio, aspettando una sua qualche reazione. Che puntualmente non giunse. Loki non aveva nulla da dire, benché tentasse di rispondere, ma ogni volte che era vicino alla fine del pensiero lo interrompeva. Solo dopo parecchi instanti riuscì a formulare un concetto integro, che si espresse in una sillaba:
“Sì.”  
Davanti all’incomprensione del demone, soggiunse: “Ti aiuterò. Per trovare risposta all’unica domanda a cui non puoi replicare.”
“Quale?”
“Perché sono qui.”



ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Bene, ho ridotto il tempo di pubblicazione: da due mesi a un mese e mezzo.
Ma sembra che l'universo si metta sopra la mia tastiera col suo culone ogni volta che tento di scrivere due righe. Vallo a capire quello.
Fa schifo? Fa schifo. Lo so. Maaa per tutti quelli a cui INCREDIBILMENTE piace, vi ringrazio tantissimo siete fantastici *^* ♥ In particolare frostgiant, che credo mi odi ormai.
#roseinwonderland

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Capitolo 12
*** Wrath and ice ***


NOTA DI PRELETTURA
Quando un giocatore fa la sua mossa senza saper giocare, il migliore può arrabbiarsi, o chiudere i giochi. O entrambe le cose. | Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604


Wrath and ice



“Non apprezzo questo piano asgardiano.”

“Non sono asgardiano, te l’ho già detto.”

“Non comprendo il motivo per cui sia necessaria una tale violenza.”

“Lo comprenderai quando usciremo di qui grazie a me. Ora sbrigati e fai il tuo dovere, fiaccola.”

“Brucerai vivo, il che mi hanno riferito essere non piacevole .”

“Non brucerò, demone.”
Traendo sospiri di dubbio, il vecchio lentamente iniziò a infiammarsi, fino a che il suo corpo non fu ricoperto di fiamme d’un rosso profondo. Quindi si avventò su Loki urlando di rabbia, che semplicemente aprì le braccia e si preparò all’impatto.
 

***
 

“E’ stato facile ragazzo! Idea brillante!” Il demone guardò soddisfatto la scena dinnanzi a sé, dove tre guardie giacevano sul pavimento, dopo che erano entrate affannate nella cella per fermare la lotta. E lì erano rimaste.
“Potevi evitare di incendiare anche le mie vesti. E se osi chiamarmi ancora ragazzo ti farò pentire di esserti liberato.” Il dio fumava, e gli abiti anneriti e strappati lasciavano intravedere la pelle bluastra sottostante, che lentamente sfumava al rosa pallido.

“Mi chiamo Zwingli.”

“Non mi sembra di avertelo domand-Aspetta Zwingli?” Alzò un sopracciglio e lo squadrò da capo a piedi. “Veramente?”

“Puoi prendere la mia tunica se ti serve, è nell’altra cella. E sì, mi chiamo Zwingli. Sarebbe carino se ora ti presentassi, o sarò costretto a chiamarti ripetutamente Pocotemibileasgardianonondiasgard.”
Loki roteò gli occhi al cielo.

“Loki, vecchio, Loki. E non mi metterò addosso la tua roba.”
Zwingli sorrise lievemente, e seguì il moro bruciacchiato.
 
***

 
Vagarono a lungo: tanto erano piccole e scure le sue stanze, tanto il palazzo in sé era enorme; le stanze occupavano chilometri su chilometri, senza mai raggiungere la superficie, sempre che ci fosse. Un labirinto sotterraneo, di roccia e fuoco. Non era piacevole il pensiero , e il figlio di Laufey  lo scacciò in fretta.
Un tramestio ruppe il silenzio. Loki afferrò Zwingli e lo trattenne.

“Guardie. Stai fermo.”
Il gruppo di soldati scivolò loro accanto, tra di loro una famigliare figura riccia.  Il moro attese che gli fossero passati davanti, quindi con maestria e delicatezza si avvicinò alle loro spalle, e, uno a uno, senza quasi sfiorarli, li abbatté velocemente. Strinse una mano sulle labbra sottili della donna, e la trascinò nell’ombra.
“Cosa stai facend-“
“Shhh..” Le indicò altre guardie, che a passo svelto si avvicinavano. Con uno svolazzo verde rese i corpi dormienti dei soldati invisibili e il secondo gruppo passò loro accanto senza vederli. Il vecchio demone tirò un sospiro di sollievo, e Meridia finalmente si accorse della sua presenza, che la portò a strabuzzare gli occhi e alzarsi in piedi in tutta fretta.

“PAPA’?”

“Fa piano tesoro, o ci sentiranno. E’ parecchio emozionante tutto questo.”

Meridia gettò a Loki uno sguardo interrogativo, al quale ricevette come risposta uno sguardo seccato. Finalmente gli ultimi soldati sparirono dalla vista. La guerriera si rilassò.
“Pensavo di dovervi tiare fuori da quel buco, ma a quanto pare ci siete già riusciti. Bene, ora dobbiam-“

No.”

Meridia rimase interdetta, e le parole rimaste sulle sue labbra scivolarono indietro, incastrate dalla rabbia furiosa che seguì quel secco no del giovane asgardiano.
 
 
***

 
Loki ricordava molto vagamente tutto ciò che era successo dopo che l’avevano ritrovata.

La lite, le frasi di veleno che le aveva sputato addosso per tutto ciò che era successo, e il suo sguardo vuoto in risposta.

Le sue gambe sottili come fili d’erba, che scivolavano nel buio vicino alle sue, mentre la seguiva verso il portale.

Quest’ultimo, chiuso,  e loro che lavoravano per riaprirlo, in una lotta contro il tempo che non possedevano.

Le sue mani delicate che agivano come quelle di un meccanico, immerse negli ingranaggi oleosi di quella struttura così vecchia e polverosa.

La luce bluastra, che vorticava, mentre lo scalpiccio delle guardie era in lontananza, aumentando di intensità ogni secondo che scorreva.

La sua voce concitata, mentre il vecchio andava per primo, e lui per secondo.

E poi più nulla.
Perché non ci fu più nulla.

 
Solo il pavimento chiaro, una leva, e una stanza familiare. Il padre di Meridia sembrava lei, le stesse dita veloci che lavoravano sui tasti, che il dio stesso aveva usato giorni prima per aprire il Bifrost. Loki non riusciva a muoversi, e sentiva il pavimento freddo dietro la schiena , come se vi fosse incollato. Il vecchio finì di lavorare, e le sue mani divennero fiamma, bruciando l’interfaccia su cui stava digitando, finché questa non si sciolse emettendo qualche scintilla elettrica e qualche ronzio.
Il dio dalla tunica verde era stanco. Appoggiò la testa sulla pietra marmorea dietro di lui. Stava per addormentarsi, un vago torpore stava risalendo le membra.

Prima di chiudere gli occhi, notò che lei non era lì.

 
***

 
“Hey asgardiano.”
“Ti ho già detto che non sono asgardiano.”

Zwingli sbucò dal muro: era riuscito a fare un’apertura, dopo tre settimane di prigione.
Erano stati naturalmente sbattuti nuovamente in cella.
Dopo che il padre di lei aveva distrutto ogni collegamento con l’altro  universo (perché era questo che stava facendo mentre Loki era  spiattellato sul pavimento), erano arrivate le guardie. E con loro suo fratello Thor.
Non aveva fatto domande: li aveva incatenati e portati via in silenzio, e lui non aveva nemmeno protestato.
Nessun contatto con nessuno. Nessuna notizia. Da tre settimane. Sapeva soltanto che lei non era ad Asgard: mai rientrata dal portale. E aveva compreso che non aveva mai avuto intenzione di farlo: lo aveva portato laggiù, gli aveva smollato il vecchio e aveva risbattuto entrambi a casa.
Non solo ingannato, ma anche scelto come  badante di un demone scellerato, che , oltre a svariati problemi psicofisici, aveva anche l’irritante difetto di essere irritante. E a Loki davano davvero fastidio le persone irritanti. Specie se parlavano non interpellate o fuori luogo.

“Loki potr-“
“No, vattene.”
Un sospiro fu seguito da un fruscio di carta nell’aria, poi il buco nel muro si richiuse. Una lettera chiara atterrò lentamente sul pavimento, dove una mano leggera, dalla pelle nivea, la raccolse.
 
***
 
Sala del consiglio, circa  tre settimane prima

“Signora, stiamo portando via gli ultimi.”

“Quanti sono?”

“Più di 80.”

Il silenzio cadde nella stanza. Meridia congedò il soldato, prese una penna e un foglio e iniziò a scrivere.
 

Sala del Consiglio
 
Questo messaggio ti arriverà quando io me ne sarò già andata. Prima di leggere, voglio che tu sappia che potrai pensare qualunque cosa di me,e avresti ragione: ho mentito, ingannato, ferito le persone a cui volevo bene. Ma non per te, non per me, non per Thor, non per noi: tutto ciò che ho compiuto è stato unicamente per la nostra gente. Ho ancora, e l’avrò finché avrò vita, il compito di vegliare su di loro.
Ci hanno appena attaccato, e ricorderai bene i morti. Stanno raccogliendo ora gli ultimi cadaveri. Nessuno conosce l’identità dei nostri aggressori, né il motivo per cui sono qui, né da dove vengono. Solamente io. E’ necessario che continuino a non sapere nulla, o cercherebbero di catturarmi, interrogarmi, studiarmi. E non abbiamo più tempo.

Loro vogliono me, Loki. Dopo anni, di ricerche, mi hanno trovato. E vogliono solamente me.

Non è un attacco, ma un messaggio, per me; una chiamata per la loro figlia prediletta.
Non posso rimanere, e non tornerò più ad Asgard.
E così nemmeno loro.

Mio padre avrà bloccato il portale quando leggerai queste parole, quindi ormai siete al sicuro. E ti starai chiedendo perché ti ho trascinato in un altro universo con me, senza che ci fosse una vera ragione visibile.
Dovevo allontanarti da noi, e l’unico modo era distruggere ogni collegamento che avevi con me. Volevo che mi odiassi. Volevo che vedessi ciò che sono, che ero e che sempre sarò.

Un mostro che brucia e divora tutto al suo passaggio.

Volevo che li vedessi e odiassi anche loro. Odiali, perché siamo tutti dei mostri senza nome. Siamo i vostri incubi, lascia che continuiamo ad esserlo.

Voglio che Asgard sia al sicuro, e quello che ci unisce è una frattura nella difesa del tuo mondo: uno di noi deve liberarsi di questo legame, per il bene dell’altro. Anche se legame non c’è in nessun altro posto se non nella mia testa, un’illusione che ho creato io.

Non è stata la prima minaccia che ho ricevuto. Tutto questo è iniziato molto tempo prima di oggi: quando sei ricomparso ad Asgard, dopo la guerra di Midgard, ero così felice Loki!
La sera stessa ricevetti un messaggio: carta bruciata. Sapevo che erano loro.


Avevo un idea, un piano in un certo senso. Il mio problema eri tu: il modo in cui mi guardavi, vuoto di quell’odio che ti riempiva così spesso, era qualcosa di cui non riuscivo a fare a meno. Dovevo lasciarti, e non volevo che tu pensassi a me per quello che non ero.
Volevo la tua indifferenza, volevo essere certa che ti dimenticassi di me, che potessi pensare a me e non ricordare nemmeno il mio volto. Per il tuo bene, mi sussurravo, quando lo stavo facendo solo per me stessa.


Per questo ti ho lasciato solo in cella, ti ho ingannato: ho recitato così bene, ma non è servito a nulla.
Perché ora ti sto scrivendo questa lettera, seduta tra i cadaveri che sono causa mia. Ho aspettato troppo, e anche nel momento in cui ti lascerò andare, avrò fallito. Questo foglio ne è la prova.


Posso riuscire a renderti indifferente, ma non basta. Posso farmi odiare da te, ma sono ancora troppo debole. Potrei ucciderti
Meridia sorrise amaramente e si fermò un attimo, l’attimo di un respiro soltanto. Quindi riprese a scrivere.
e toccherei l’apice della mia disfatta.

Non riceverai mai queste parole, ho deciso di accartocciarle. Vivrai, vivrete in pace. Un mondo di pace, o almeno simile a ciò. Dopo tutti i miei errori, è il minimo che posso darvi.  Ma ora, qui, nel silenzio, le mie labbra e l’ inchiostro diranno, un’unica volta, la verità.

Ho sempre creduto di essere troppo importante per te, mentre tu  non lo eri abbastanza per me. E per secoli mi sono convinta che tu mi desiderassi. La mia mente ha mascherato i miei sentimenti, ingannandomi, e chiamandoli tuoi. Lentamente, sono riuscita a cancellare l’inganno, portando alla luce la verità nascosta sotto il resto.

Ti amo, figlio di Laufey, come ho sempre fatto, e nello stesso momento in cui lo ammetto, ti lascio anche andare
.
 

La firma svolazzava piccola a fine foglio. Loki accartocciò la lettera, e ne fece ghiaccio puro, così come la stanza era diventata intorno a lui. La sua pelle rifulgeva di un profondo blu, e gli occhi rosso rubino brillavano sul suo volto. Le labba sottili si mossero lentamente, così come le sue parole:

“Mai partecipare a giochi in cui non si sa giocare. Qualcuno potrebbe arrabbiarsi, e, addirittura, superarti prima della fine. Oppure, far terminare ogni cosa.”
 
 
 
 
 *ANGOLO DELL'AUTRICE*

Sono ancora qui anche se non sembra. Faccio fatica anche solo a uscire coi miei amici in questo periodo, e il tempo si scrivere sta sparendo. Ma voglio finire questa storia. E' iniziata come una prova, un esercizio, e ora devo terminarlo. Grazie davvero tanto a chi continua a sopportare la mia lentezza, e grazie delle vostre recensioni: siete fantastici <3
Dai, finirò questa storia! *gesto di forza a pugno chiuso nell'aria*
#roseinwonderland

 
 

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Capitolo 13
*** Il gioco delle parti ***


NOTA DI PRELETTURA
[SPOILERS di Thor The Dark World!] Loki ha finalmente ottenuto il trono di Asgard, solo con un genocidio. E la guerriera, forse, dopo tante lotte, si lascerà finalmente andare alla pace. | Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Il gioco delle parti

“Hai un esercito al tuo servizio, e vieni a dirmi che sei riuscito a farti sfuggire due asgardiani e un vecchio?
“Non-o , la ragazza è ancora in mano nostr-a—“
La presa si allentò sul collo del re.
“..ma il pp-ortal-le è andato distrutto.”
La mano bluastra si allontanò nel buio, e il sovrano stramazzò a terra tossendo a fatica. Un scintilla metallica sprizzò nell’oscurità . Una lama velocemente trapassò il petto del re, che emise un piccolo singhiozzo e nient’altro. L’essere nell’ombra rigirò la lancia nella carne, per poi sfilarla con un colpo secco.
Una guardia entrò di colpo, mentre il sangue si espandeva sul pavimento, circondando il cadavere scomposto in una grottesca macchia rossa.
La creatura, di spalle, rivoltava la lancia gocciolante nella mano, osservandone rapita i movimenti taglienti. Si fermò e si rivolse bruscamente al soldato ancora fermo sulla soglia; il sangue ormai aveva raggiunto anche i suoi piedi.
“Chiama il consiglio.”
Il soldato si avvicinò a spada tesa, un tremito che lo attraversava. “Chi sei?”
L’alieno si voltò, e nell’istante in cui poggiò a terra la lancia ogni oggetto nella stanza si sollevò in aria e rimase immobile sopra le loro teste. Un sorriso comparve sul suo volto pallido, e si trasformò in un ghigno.

“Il vostro nuovo re naturalmente!”

 
***

 
 
I passi pesanti del dio non erano che un piccolo scricchiolio sulle scale, mentre scendeva lento, verso la più bassa propaggine di Asgard, sotto il palazzo, sotto le prigioni, sotto ogni cosa.
 
Erano accadute troppe cose in breve tempo.
Il palazzo in fiamme.
I cadaveri ammucchiati alla rinfusa.
Un nuovo universo.
Lei scomparsa.
 
Thor continuò a scendere, ora più piano ancora. Era a conoscenza da anni dell’origine di lei, ma, finché non si era manifestato, il problema era rimasto un’ombra lontana, informe. Poi si era  infine presentato, e lui non era nemmeno lì.
 
Ricordava un giardino in fiamme. Lei al centro, che tentava di spegnerle: più si agitava, più il fuoco saliva verso il cielo scuro, finché la temperatura non era divenuta insopportabile. Poi si era voltata, l’aveva guardato. Paura nei suoi occhi chiari.
 
“Ti prego…”
Thor la abbraccia, e la stringe a sé. L’avrebbe protetta, anche se non sapeva bene da cosa.
 

Non parlava con Loki da parecchi mesi ormai.
Sospirò.
Probabilmente avrebbe cercato di ucciderlo, o non gli avrebbe nemmeno rivolto la parola.
Ma non importava. Il regno rischiava una guerra, di nuovo, contro i giganti di ghiaccio. Un nuovo universo si era aperto, e a fatica rimaneva difesa Asgard. Suo padre era scomparso, insieme a Meridia. Serviva qualcuno sul trono, e a Thor serviva un aiuto: non aveva bisogno di un prigioniero, ma di suo fratello. Di sangue  o non di sangue, era sempre cresciuto come un re. Era cresciuto come lui.
Era cresciuto con lui.
 

Il dio del tuono varcò la soglia delle segrete, e si trovò immerso nel buio.

 
***


 
“L’hai legata?”
“E’ stato necessario signore: ha ferito e ucciso venti delle guardie che l’hanno trovata.”

Meridia lentamente aprì gi occhi, e tutta la stanza attorno a lei girava. La testa era umida: si mise una mano sulla fronte, e la ritrasse quando senti qualcosa colarle sugli occhi. Rosso. Sanguinava.
Le due voci parlottavano soffocate. O forse era il colpo alla testa che le faceva sentire così basse.
Dei passi lenti da lontano. I soldati si spensero velocemente, e si misero sull’attenti. Sembravano avere paura.
“Aprite la cella, signori.” La voce era suadente, melliflua, ma anche tagliente. Affascinava e procurava timore allo stesso tempo. Meridia la conosceva, ma non aveva idea di chi fosse; chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalla stanchezza, mentre la sua mente vagava tra i pensieri, triste.
 
***
 
Il gelo nella cella era intollerabile; persino il dio del tuono faceva fatica a non tremare. E il buio era opprimente, fumoso. Sentiva l’oscurità permeare le sue vesti, la sua pelle, fino alle ossa. Non era solo assenza di luce, era quasi un’ombra palpabile, viva.
Thor accese una torcia: la porta della cella era divelta dalle fondamenta, in un’esplosione di pezzi. Suo fratello non era dentro, ma lui sapeva che era vicino. Ne sentiva il respiro leggero nel buio, leggermente ansimante.
“Loki.”

Una voce sinuosa parlò dal vuoto: “Thor.”

L’oscurità si divise, e il corpo flessuoso e bluastro del gigante di ghiaccio scivolò di fianco al fratello.
“Loki, io ho-“
“Bisogno del mio aiuto?”
“Sì.”
“Non te lo darò fratello.”
“Il regno di Asgard sta cadendo: i giganti di ghiaccio progettano di attaccarci, un nuovo universo ci risorge dai nostri incubi , fratello. L’esercito è debole. Io sono debole.”
Loki sorrise malinconico.
“Ti prego fratello. Ti supplico, aiutaci.”
“Vi sto già dando ciò che volete, che avete sempre desiderato.”
“Loki…”
Un attimo di silenzio, mentre il dio del tuono rivolgeva lo sguardo disperato al fratello minore.

Ho bisogno di te.

Loki continuò a sorridere lievemente, allontanandosi sempre di più dall’asgardiano.
“Sto per scomparire.”
 
Le tenebre scomparvero, e con loro anche il dio dell’inganno, in un piccolo, insignificante sbuffo di cenere.
Thor respirò profondamente, quindi con un grido rabbioso scagliò il martello contro la parete, che fortunatamente si crepò soltanto. Le mura tremarono violentemente, e i servitori del palazzo trassero sospiri brevi. Il futuro sembrava incerto per tutti, anche per i principi di Asgard.


***
 
“Che bella bambolina abbiamo qui! Dicono che sei un esemplare unico nel tuo genere, metà demone, metà stella…”

La creatura accarezzò lentamente la guancia della guerriera svenuta, quindi fece scivolare le dita sul collo. Un lieve impulso verde passò dalla punta della mano alla pelle chiara di lei, che riaprì gli occhi di scatto, con respiri rapidi e leggeri.
“Sveglia bambolina.”
Due occhi rossi, profondi, la fissavano. Il viso era sottile, zigomi pronunciati, che spiccavano sull’incarnato rigorosamente bluastro, e segnato da arabeschi e irregolarità. I capelli, corvini, erano corti e fluenti, e contrastavano con il resto.
Meridia stava fissando un gigante di ghiaccio, che era chino su di lei, la bocca in una smorfia maliziosa e divertita. Calmò il respiro affrettato, e si tirò a sedere.

“Brava  piccola. Ora ti alzi” La tirò su con poca grazia. “e vieni con me.”

 
***
 
 
Loki camminava a passo spedito nella foresta.
Da quando aveva abbandonato la città, circa tre giorni prima, non era stato raggiunto. Aveva spesso sentito dietro di sé le voci frenetiche di qualche guardia, ma alla fine del secondo giorno avevano smesso di turbarlo.
Dopotutto, era sempre il dio dell’inganno.
Gli alberi, alti e scuri, si protendevano su di lui. Mancavano ancora parecchi giorni di viaggio, e il moro non aveva nulla con sé, né armi, né provviste. Aveva abbandonato la sua tenuta da battaglia, ed era rimasto in calzoni leggeri: non aveva più bisogno di armature, e la pelle bluastra, non più nascosta dall’incanto semipermanente, era scoperta.
Non aveva bisogno di nulla.

Gli occhi carmini brillavano nella semioscurità, mentre l’incarnato scintillava di lievi zampilli verdi, che percorrevano veloci le linee sul suo corpo tornito, come scariche elettriche nella notte. L‘enorme masso che interrompeva il passaggio dinnanzi a lui fu sbriciolato come sabbia in un lampo smeraldo, mentre il dio veloce passava attraverso la nube di polvere.
 
Aveva le uniche armi ammesse in quel gioco di parti che si ritrovava a giocare contro la sua volontà: la sua naturale magia, e la sua rabbia, che lo pervadevano entrambe, e a cui si stava abbandonando.

***
 
“Più potenza.”
“Non reggerà.”
Il gigante di ghiaccio ghignò. “Reggerà, la bambolina reggerà.”
Si avvicinò a Meridia, immersa in un intrico di cavi, che lentamente succhiavano energia dalle sue membra. Il gigante di ghiaccio diede un’occhiata soddisfatta alla sua opera, e il suo volto affilato si storse in una smorfia compiaciuta.

“Vediamo di riaprire questo portale, signori!”


 ANGOLO DELL’AUTRICE
Straritardataria, vi lascio con questo breve e misero capitoletto e FUGGO. No davvero, non posso trattenermi MA SAPPIATE CHE VI AMO MIEI POCHI MA AFFEZIONATI LETTORI.

#roseinwonderland

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Capitolo 14
*** Un bacio e un salto nel buio ***


NOTA DI PRELETTURA
Baci e salti nel buio (?) Vedremo  | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Un bacio e un salto nel buio


Pulsa.
Tutto il corpo pulsa di dolore, come se fossi coperta di tagli. Non si sente nient’altro che il lento ronzio di un macchinario nella stanza in penombra.
 
 
“Hey Mister Gelato, quanto corri!”
Loki accelera ancora, cercando di distanziare il vecchio.
“ Non sono un giovincello ma ho ancora buone gambe sai?”
Gli si parò davanti di colpo. Il moro lo scansa e continua a camminare.
“Non la troverai mai senza il mio aiuto.” lo canzona standogli dietro. Loki sospira. Ha ragione: non conosce il palazzo, non conosce quel mondo e tutta questa storia sta rasentando il ridicolo.
Ma non vuole nessuno con sé. Non ha mai avuto una grande abilità per l’azione di squadra, e suo fratello non aveva mai mancato di rammentarglielo ogni volta che giocavano insieme.
 
“Sai cosa significa avere dei figli, asgardiano?”
Il moro continuava a dargli le spalle e a ignorarlo.
 
Si avvicina un lungo discorso che mi toccherà sopportare. Fantastico.
 
“Non ho dei figli, quindi è ovvio che non possa capire.”
 “Significa che ti svegli la mattina con la consapevolezza che la tua vita non importa. Che la vita di tua moglie non conta. Che può cadere un regno, un impero, un re e una regina possono morire, ma al diavolo! La loro vita è uno sbuffo.”
Si avvicinò all’asgardiano, e con uno strattone lo costrinse a voltarsi.
“Tutto diventa inutile, ma loro no, l’amore che hai per loro è ciò che rimane.”
Quindi Zwingli taque e diede una lunga occhiata significativa verso il dio. Quest’ultimo aveva un’aria piuttosto seccata: stava perdendo tempo, e ne aveva già troppo poco.
“Ancora non comprendo il motivo di tale predica.”
 “Serve a spiegarti perché verrò con te.”
“Non verrai con me vecchio, vedi di ficcartelo in testa e andartene.”
Zwingli avvicinò il viso a quello dell’altro. I suoi occhi fiammeggiavano, e incutevano quasi timore al giovane dio. Appoggiò le labbra all’orecchio di Loki e sussurrò poche parole:
“Non mi serve il tuo permesso per salvare mia figlia, e non sarai certo tu, piccoletto, a fermarmi.”
 
Loki lo studiò: gli ricordava sua madre, con quegli occhi gentili, ma che nascondevano una forza immensa, che pochi avrebbero voluto veramente sperimentare. Distolse lo sguardo, e riprese a camminare nel bosco, seguito dal vecchio che lo affiancò allegro.
 
 “Dove andiamo giovincello?”
“Chiamami ancora una volta così e ti appendo a un albero per il collo.”
“Non utilizziamo il portale?”
“Troppo scoperto. Inoltre sarebbe difficile dopo che tu hai fuso i comandi.”
“E allora come?”
Non seguì nessuna risposta,ma Loki s’infilò nel fitto degli alberi, sempre più in profondità tra i rami nodosi, che si chiudevano lenti con un fruscio al passaggio dei due viandanti.
 
 
Passarono lenti molti minuti, ore, o addirittura giorni: il tempo lì era diverso, e il vecchio non sentiva l’esatto scorrere delle lancette. La foresta sembrava respirare calma, muoversi indolente, e non vi era alcun animale tra i tronchi. Gli alberi erano antichi, e sempre più alti, e il cielo ormai non era più visibile dal terreno su cui stavano camminando, coperto di soffice erba smeraldina. Non era inquietante, ma sembrava di essere in una bolla di pace, lontano dai rumori e dalla vita stessa.
Il vecchio era così intento a guardare verso l’alto da non accorgersi che la sua guida non avanzava più: gli cadde praticamente addosso, e l’altro lo zittì con la mano prima che potesse emettere alcuna parola di scusa. Loki si postò un poco, e permise all’altro di affiancarlo, così che vedesse.
 
Davanti a loro si apriva, nerissimo, un lago.
 
***
 
Pareti di roccia chiudevano il bacino in una morsa, dai confini irregolari. Un osservatore, se avesse potuto sorvolarlo, avrebbe visto nascere, dall’insieme di rocce irregolari attorno a esso, i contorni di un viso femminile. Erano sorte leggende su quel volto sconosciuto, tanto che nei libri veniva citato come il Viso dell’universo. Ma ben pochi erano i viaggiatori che giungevano sin lì, ai confini Nord di Asgard: era zona disabitata, anche a causa delle rigide temperature notturne, e il lago era ben protetto dalla vegetazione.
 
Da piccolo sua madre gli raccontava leggende come quella. E spesso la sera, quando lo lasciava per la notte, gli dava un bacio sulla punta del naso, ripetendogli che proprio in quel semplice modo, con un bacio, si poteva lasciare quest’universo per trovarne un altro, o più d’uno.
Un bacio sul naso dell’Universo.
Il dio sospirò, sorridendo leggermente, e scosse la testa piano, mentre i capelli scuri, arricciati e scomposti, si muovevano leggermente seguendo il suo capo.
 
Sto per saltare verso un altro mondo, basandomi su una favola della buonanotte e un vecchio libro.
 
Loki fece segno a Zwingli si seguirlo in silenzio, e lentamente avvicinò la punta del piede sulla superficie color ebano; il viso concentrato, non poté fare a meno di socchiudere gli occhi prima di poggiare un piede sull’acqua scura. Questa non cedette, ne schizzò, ma si tese come u’ampia tela nera attorno al dio, che, respirando brevemente, poggiò il secondo piede, poi fece un passo, e un altro ancora, continuando a camminare finché non raggiunse il centro del lago.
Ogni passo era una piccola conca nella tela scura, e il moro camminava in punta di piedi. Il lago era ormai divenuto un avvallamento profondo, che convergeva verso il suo centro, dove il dio dell’inganno era in piedi, immobile, mentre la superficie tesa della pozza vibrava ancora dei suoi passi; questa, lentamente, smise di tremare. Loki allora si voltò, e fece segno al vecchio di raggiungerlo.
Zwingli si riscosse dal torpore, rimasto imbambolato di fronte allo strano susseguirsi di strani eventi: esitante poggiò la pianta del piede sull’acqua solida, e percorse lentamente la strada fino al centro dell’enorme imbuto in cui stava il dio, che nel frattempo rifletteva.
 
Un bacio sul viso dell’universo…Non credo che intenda un vero bacio, non avrebbe senso. Eppure ci dev’essere un collegamento con l’apertura del portale stesso.
Non avrebbe sicuramente dato un bel bacio alla superficie del lago: era già rischioso rimanervi sopra coi piedi, rischiava di romperla e condannare se stesso e Zwingli a morte certa sul fondale della pozza.
                                                                
Il vecchio improvvisamente scivolò e fece per cadere: Loki con uno sprazzo smeraldino lo risollevò appena in tempo, prima che colpisse la debole e sottile superficie del lago.  La magia ribalzò dal vecchio al lago, e l’intera superficie pizzicò e si agitò, come se fosse stata colpita da una breve scarica elettrica.
 
“Un bacio! Ovviamente!” Loki si portò le mani alla testa, tirando indietro i capelli corvini. “Come ho fatto ad essere così sciocco! Tu, Zwingli, vieni qui , dietro di me.”
 
“Cosa..”
“Resta fermo, e reggiti ai miei fianchi.” Zwingli abbracciò il moro con poca grazia. “Evita di cadere se puoi.”
 
Loki chiuse gli occhi, si concentrò.
 
Un bacio. Cos’è un bacio? Un contatto, che mette in azione milioni di recettori, che a loro volta eccitano i neuroni del nostro cervello, che producono le sensazioni che proviamo nell’istante in cui qualcuno decide di toccare le nostre labbra con le proprie.
 
Quindi un bacio altro non è che un impulso elettrico tra le cellule.
Non devo dare un vero bacio, ma l’effetto di un bacio. Una scarica elettrica.
 
 
Aveva bisogno dell’immagine di un bacio, per dare la giusta potenza all’incanto.
 
Sentì i capelli di lei sul viso. I suoi occhi chiari che toccavano i suoi, quasi ferendolo. Le sue labbra morbide sulle proprie.
 
Una scarica elettrica lo pervase, così forte, così pungente, lo attraversava veloce, su lungo le  braccia, le gambe, il ventre, fino alla punta delle dita. Poi esplose da ogni parte, in una stella di luce, lungo il lago nero.
 
Loki riaprì gli occhi, e vide sprazzi smeraldo ovunque che li circondavano, mentre l’acqua scura iniziava a girare su se stessa, sempre più in fretta, fino a che luce e ombra non si mescolarono in un unico colore luminoso.
 
Un portale. Il giovane dio aveva creato un portale, che ben presto li prese entrambi e li scaraventò molto più lontano di quanto avesse mai fatto il Bifrost o qualsiasi altro mezzo.
Prima che la luce li sommergesse, il vecchio sorrise.
“Ah, cosa non si è mai fatto per amore!” Ridacchiò in solitaria sulle spalle del moro, che alzò gli occhi al cielo e sospirò prima di essere sommerso dal vortice spazio-temporale.
 
 
***
 
Dopo il caldo, il dolore, ora c’era il freddo.
 
Non c’era nulla intorno a lei, se non il buio, e  qualche sporadica scintilla di luce lontana. Una di queste sembro avvicinarsi velocemente, per rallentare la sua corsa mentre scivolava accanto a Meridia.
 
Non era una luce, ma un’immagine confusa.
 
Questa si fermò vicino a lei, quasi a confortarla nell’oscurità. Meridia sorrise debolmente.
Passo poco prima che altre sopraggiungessero, e si ammassassero, sempre di più, sempre più vicine, fino a coprire completamente il suo corpo. Il buio sparì, e fu solo più luce, solo più una miriade di immagini di una sola persona.
 
Ma non la stavano proteggendo. La stavano soffocando.
Urlò nel silenzio, ma non ci fu risposta.
 

 
Loki riaprì gli occhi lentamente.
 
Era in una stanza circolare, pareti di pietra scura. Finora tutto era andato come previsto.
Aveva sempre pensato che fosse uno strabo detto, ama l’universo così ne sarai disperso, tanto in voga tra le mamme e gli innamorati di Asgard. Sinceramente, aveva creduto che i suoi antenati amassero burlarsi dei loro successori, e li avessero lasciati con qualche filastrocca a gestire un regno enorme. Questo prima di riattivare un portale di circa un milione di anni con qualche scintilla verdognola.
 
A fatica si rialzò in piedi, pieno di fitte in tutto il corpo. Giocare alla cavallina con un Pentapalmo sarebbe stato meno doloroso di quel salto probabilmente. Zwingli era già in piedi, e si spolverava le braghe con vigore.
 
“Allora giovincello, ora?”
“Smettila di chiamarmi così. Ora fai da guida a entrambi: dopotutto, è l’unico vero motivo per cui ti ho concesso di venire con me. Inizia col dirmi che siamo arrivati a destinazione e non in qualche altro posto.”
“Sì siamo in una delle sale laterali del palazzo. Non viene mai usata, era un vecchio pozzo.” Il vecchio avanzò verso il dio con aria alterigia e stizzita. “E ringrazia che io ti abbia seguito fin qui e non ti abbia lasciato a vagare nel null-“
Loki bloccò con la mano le sue labbra nel proferire, mentre con il capo indicava due guardia che marciavano verso di loro. Lo tirò nella penombra, lontano dalla poca luce della stanza.
 
***
 
 
Il gigante di ghiaccio sogghignò, accomodandosi ancor più profondamente sul suo scranno. Era così sciocco, così stupido, folle d’amore per quell’ibrido!
E nemmeno era capace di autoconvincersi di quella stessa passione  che lo infiammava.
“Loki, il dio degli inganni, il fautore di tanti omicidi,  che perde la ragione per una donna…” Gli sfuggì un a risata. “Tutto questo è adorabilmente divertente! E presto lo sarà anche di più. Guardia!”
Un soldato si avvicinò veloce al dittatore dalla pelle bluastra.

“Apri la cella della ragazza.”
 
Il soldato esitò: “Ma non abbiamo finit-”

“FALLO!”

“Subito sire.” La sentinella si inchinò e si dileguò tra i corridoi.
Il sovrano sospirò e sorrise.
“E’ perfetta per ciò che deve fare.”


ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Heilà!
Prima del previsto ecco un nuovo capitoletto. Ora sto per partire, quindi mi dileguo in fretta: baci e inchini, come al solito, a tutti i miei cari lettori che mi sopportano. Vi adoro, e non so come fate a seguirmi ancora ç.ç ♥
A breve tornerò, lo giuro!
Baci

roseinwonderland

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Capitolo 15
*** Old melodies ***


NOTA DI PRELETTURA

Melodie e ricordi cancellano gli incubi. | Copertina ---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Old melodies


Le figure, di quella luce così calda da lontano, erano gelide ora, mentre si attaccavano alla sua pelle, risalendo le gambe, le braccia, il petto.
Le immagini nel buio, tutte uguali.
Cento volte il suo volto, i capelli neri, gli occhi verdi, la pelle chiara. Ogni tratto che tanto amava era lì soltanto per procurarle dolore, e per soffocarla.
 

“Non è neanche qui.” Loki si tirò indietro la chioma corvina, infastidito. “E’ già il terzo corridoio che visitiamo, e non ne restano molti.”
“Forse non è nelle celle. Forse la tengono rinchiusa in un altro luogo” Ammise semplicemente Zwingli.
“E dove allora? In un misterioso laboratorio segreto?” Il dio degli inganni tornò a usar il suo consueto tono ironico, e il demone alzò gli occhi al cielo.
“Non alzare gli occhi al cielo, era un’affermazione assennata la mia. Visto quello che lei….è, potrebbe essere stata sottoposta a esperimenti. Dopotutto sei tu l’esperto qui, scienziato.” Il dio incrociò le braccia sul petto e guardò il vecchio con aria di sfida, mentre quest’ultimo alzava le spalle.
“Non so, potrebbe essere nei laboratori interni, ma tutte le ricerche su di lei sono già in archivio: la studiai a lungo quando nacque, e le sue caratteristiche e capacità sono già note da temp-“ Zwingli spalancò improvvisamente gli occhi scuri.
 
“Il portale.”
“E’ ancora aperto vecchio, non creare allarmismi.”
 
“Non questo portale, quello originale!” Il vegliardo s’incamminò veloce in un corridoio alla sua destra, costringendo Loki a correre per stargli dietro. Ora aveva la voce affannata mentre parlava, più per l’ansia che per la fatica. “Il portale originale che avete usato tu e Meridia ha una capacità particolare. Vedi, a differenza di altri del suo genere, è direzionabile.
“Vuoi dire che uno può scegliere dove atterrare?”
“Quasi.Può scegliere un pianeta dove atterrare, ma non il luogo esatto. E ora che è stato parzialmente distrutto probabilmente avrà scarsa manovrabilità, ma resta una porta sul vostro universo.”
 
Portali Transmondo, ovvero capaci di farti saltare da un universo ad un altro, erano una rarità. Ma portali del genere addirittura direzionabili erano così rari che molti pensavano non esistessero nemmeno; il potere che potevano condurre da chi li controllava era talmente vasto che la loro rarità era infine forse un bene.  
 
Naturalmente proprio un esercito di demoni doveva averne uno disponibile.
 
“Hai fuso i comandi. Ti ho visto mentre lo facevi.”
“I comandi sono distrutti, ma non il collegamento.”
“Può essere ripristinato?”
“Servirebbe una quantità colossale di energia, come quella prodotta da una stella nel suo centro, ma sì, può essere ricostruito.”
“Nessuno possiede tutta quella energia.“
 
Quasi nessuno. Diventa una supernova in forma umana.
Meridia.
 
Il vecchio finalmente raggiunse la sala che stava cercando, dopo più d’una svolta e qualche scala stretta. Erano in una zona della città che Loki non aveva mai visto fin’ora. Poggiò la mano sulla maniglia, spinse ed entrò in fretta; Loki rallentò, si appoggiò allo stipite della porta e guardò nel profondo buio in cui era immersa la stanza. Forse c’era un altro corridoio ancora, non riusciva a vedere.
 
Sapeva che lei era lì. Il misto di sensazioni, sollievo e paura più che altro, lo avvolgeva, e sentiva che molti pesi svanivano dal suo corpo, lasciandolo in una incredibile sensazione di leggerezza e bruciore. Non sapeva descrivere cosa, ma qualcosa gli dava energia per andare avanti, e questo lo spaventava. Tutta questa situazione lo spaventava.
Inspirò profondamente e si staccò dall’ingresso, immergendosi nell’oscurità.
 
***
 
Quello che il dio aveva scambiato per un corridoio era in realtà un’altra stanza circolare; ci volle qualche secondo perché i suoi occhi chiari si adattassero alla penombra. Una serie di scaffali erano addossati alle pareti, e pochi tavoli ricolmi di fogli erano distribuiti equamente nel centro della sala. Opposta alla porta che avevano appena spalancato, ce n’era una identica, chiusa. Nell’avvicinarsi osservarono che non era realmente chiusa, ma solo socchiusa; uno spiraglio di luce bianca scivolava all’esterno, e si allargò nel momento in cui Zwingli dischiuse la porta completamente.
 
Le immagini luminose avevano quasi raggiunto il loro scopo. Non sentiva più nulla, né freddo né caldo, né dolore né sollievo. L’aria e mancava, il respiro era affannoso. Lui era ovunque, i suoi occhi verdi, con cui regalava agli altri uno sguardo di odio, ma non a lei. No, a lei aveva sempre regalato uno sguardo diverso. Uno sguardo indecifrabile, luminoso benché velato di tristezza forse, dolce quasi e ricolmo di rabbia. E ora quegli stessi occhi la fissavano, mentre soffocava, persa nel nulla.
 
 
 Al centro della sala convergevano ogni genere di cavi, illuminati di un bagliore aranciato, causato da ciò che scorreva al loro interno probabilmente. Si attorcigliavano tutti attorno a una figura sottile, crocifissa a una grata metallica che la teneva in piedi; i cavi pulsavano sulla sua pelle, lasciata per buona parte scoperta. Assorbivano l’energia prodotta dalla figura legata, e la portavano al portale dietro di essa. Ricordava quella stanza. Era l’ultima volta in cui erano insieme, la volta in cui lei l’aveva abbandonato.  
 
“Figlia mia…”
I ricci le coprivano in parte le spalle e il volto. Meridia aveva gli occhi chiusi, ma il petto si abbassava e alzava ritmicamente: era ancora viva.
“La stanno usando come batteria.” La stanno uccidendo. Si sta lasciando uccidere per noi. L’asgardiano di avvicinò a lei, e delicatamente incominciò a staccare i cavi che le legavano la testa, comprese due piccole ventose sulle tempie. Lei si riscosse leggermente, emettendo un gemito:
Loki continuò a liberarla dai cavi, fino a che non ne fu completamente libera, mentre Zwingli spegneva lentamente la macchina attraverso un pannello retrostante. Staccato anche l’ultimo collegamento tra lei e il macchinario, Meridia cadde in avanti, afflosciandosi in braccio al dio, che la depositò gentilmente sul terreno.
Riaprì gli occhi, e lo squadrò velocemente.
 
“Tu..”
 
Prima che Loki potesse rispondere, si trovò un coltello alla gola. Era stata così veloce a sfilarglielo che nemmeno se ne era accorto. I suoi occhi limpidi e chiari erano freddi, e straripavano d’odio, mentre lo sovrastava col suo corpo, schiacciandolo a terra.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe finita così. Era sempre stato lui quello con la lama dalla parte del manico.
 
Quest’ultima incominciò a incidere la sua pelle candida, ma fu bloccata da un lieve cigolio: qualcuno era entrato nella stanza, e questo fu abbastanza per distrarre la ragazza prima che potesse terminare il suo lavoro. Fu abbastanza perché Loki potesse spingerla contro il muro, e bloccarla con la magia.
 
“Impressionante vero? I tecnici hanno fatto un lavoro incredibile con lei, è venuta meglio di quanto pensassi.” Lo straniero scivolò nella poca luce della sala. Alto, la pelle chiara e pallida, i capelli corvini e gli occhi d’un forte verde smeraldo. Era sorprendentemente simile al dio di Asgard, se non fosse per il viso, dai lineamenti differenti, più taglienti, e per la voce, più suadente.
“Meglio di te in ogni caso.”
 
Lo sconosciuto sorrise. “Sempre così provocante, fratellino.”
 
***
 
Loki sbiancò, mentre l’altro allargava ancor più il suo sorriso malevolo.
“Non mi riconosci? Forse in questa forma” La pelle dell’uomo divenne bluastra, ricoperta di lievi ghirigori, e gli occhi si fecero rosso rubino. “ti sono più famigliare.”
“Chi sei tu?” La voce del moro era incrinata, mentre davanti a lui appariva la vera identità del suo interlocutore.
“Moroi, secondogenito di Laufey, signore dei giganti di ghiaccio e delle fredde lande di Jotunheim, tuo fratello, anche se non di madre.” Il gigante fece un inchino, mentre Loki alzò un sopracciglio disgustato.
 
“Vedo che mio padre ha avuto da fare dopo la mia scomparsa. E io che pensavo mi fosse più affezionato”
Moroi fece spalluccie. “Beh, serviva qualcuno sul trono. I potenti lombi di nostro padre hanno provveduto in fretta, e con un risultato…migliore.”
 
“Stesso umorismo fastidioso, è un tratto di famiglia vedo. Non vorrei intromettermi” Zwingli, usando la distrazione prodotta dal discorso tra i due fratellastri, era sgattaiolato furtivo alle spalle del gigante, che ora si trovava un coltello  sotto il mento, premuto sulla gola. “ma cosa diavolo hai fatto a mia figlia?”
 
“Il padre protettivo…Quale meraviglia!” Moroi diede una testata indietro al vecchio, che perse la presa, quindi con un colpo forte e veloce gli piantò un coltello nel ventre. “Non osare mia più toccarmi vecchio decrepito.”
Con un rumore secco sfilò l’arma dal corpo di Zwingli, che scivolò a terra, accasciandosi.
 
 
No!”
 
 
Moroi si voltò sorpreso verso il dio asgardiano, che senza accorgersene aveva appena gridato.
 
 “Tu provi verso questo essere immondo” Si avvicinò moltissimo a Loki, fin quasi a sfiorargli una guancia. “pietà?”
Il moro non rispose, e Moroi rise, rigirando il pugnale appena usato nella mano. La situazione era così divertente! Ma aveva un esercito da comandare. Si avviò all’uscita.
 
“Asgard ti ha rammollito, fratellino.” Con uno schioccò di dita liberò Meridia. “Ti lascio in sua compagnia, forse ti farà rinsavire a suon di botte. Ma è probabile che ti uccida.” Moroi scomparve nell’ombra, mentre per la seconda volta la guerriera si avventava sul dio degli inganni.
 
***
Lui era lì.
Era tutto ciò che le aveva causato dolore, così tanto dolore.
 
Non appena fu libera, Meridia si avventò sul moro. Doveva colpirlo, e  colpirlo ancora, fino a che il suo corpo non fosse stato molle sotto le sue mani, morto. Un incubo, finito.
 
Atterrò il dio degli inganni, e riuscì a percuoterlo al volto una volta, prima che lui la rovesciasse sulla schiena. Batté le costole sul freddo pavimento, mentre le sue mani erano bloccate a terra da quelle del dio.
Si dimenò sotto il corpo agile di Loki, che non mollava la presa. Stava parlando, ma lei non voleva ascoltare: gli diede una ginocchiata poco sotto il costato, e il moro fu costretto a lasciarla andare tossendo; lei si rialzò velocemente dietro di lui.
 
Era vulnerabile, lì, in ginocchio, e le dava le spalle. Meridia prese il pugnale rimasto a terra, gli avvolse un braccio al collo e gli puntò il coltello sulle vene pulsanti poco sotto il viso.
“Muori.”
 
Lui, la causa di tutto quel gelo, nella stanza buia.
 
“Almeno abbi la decenza di uccidermi da davanti.” La sua voce era sfiancata, e sottile. Lei lo lasciò andare, e lui ne approfittò per schiacciarla nuovamente a terra.
 
La guardò negli occhi, e nuovamente vi vide solo rabbia e astio. Ma sotto, sotto quel velo di ira furiosa, c’era paura. Lei tremava ora, consapevole di aver perso; ma non era per la frustrazione. Tremava di paura ogni volta che lo vedeva.
Qualsiasi cosa le avessero fatto,  doveva essere stato un incubo. Un incubo in cui lui era il mostro. Doveva tirarla fuori da quel sogno, in un modo o nell’altro.
Lei si dimenò ancora, lui la tenne ferma con delicatezza, continuando a fissarla negli occhi. Aveva poco tempo, e poche idee.
 
Incominciò a sussurrare una breve melodia, la stessa che da bambini si cantava alle feste. Lei amava quella canzone, da bambina aveva sempre adorato cantare.
Lei si dimenava sotto di lui, cercando di scappare, mente lacrime le solcavano il viso. Continuarono così per minuti interi, fino a che lei non si placò, e chiuse gli occhi.
 
Il suo incubo svaniva, l’illusione distrutta. La paura colmata dalla gioia e dai vecchi ricordi.
 
La melodia continuò, ma questa volta erano le labbra di lei a muoversi: ora anche lei cantava, piano, la sua melodia. Continuò finchè la canzone non fu completa, quindi riaprì gli occhi e guardò l’asgardiano, che ora aveva un lievissimo sorriso sul volto. Era stata persa, ma ora non più.


ANGOLO DELLA SCRITTRICE
Oddei schifo. Questo capitolo è un po' affrettato, ma ero in ritardo causa vacanze e impegni vari ç.ç Giuro che mi rifarò sul prossimo! Grazie a tutti i miei amati lettori, siete gentilissimi e adorabili <3 See ya!

#roseinwonderland

 

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Capitolo 16
*** Quasi uguali ***


NOTA DI PRELETTURA
Duelli, sangue sulle pareti, qualche ricordo di Meridia solo per voi.| Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Quasi uguali


“Potresti leggermente spostarti? Mi..stai-…schiacciando…”
La voce era flebile e soffocata. Loki finalmente scostò lo sguardo dal suo viso, dove aveva indugiato ancora per qualche secondo dopo la fine della melodia, e si tirò indietro, liberandola dal suo peso. L’asgardiana si rialzò,  lentamente, sussultando non appena uno dei livido sfiorava qualcosa; il labbro graffiato, i tagli sulle guance e le ferite varie su braccia e gambe le davano un aspetto malconcio e sfatto. Due occhi verdi veloci la controllarono da capo a piedi, saltellando impazienti da ogni colpo che capeggiava sul suo corpo. Il moro si avvicinò a lei in fretta, le mise i palmi delle mani sulle braccia e li passò delicatamente, appena sollevati, sulle macchie violacee. Lasciò la pelle intatta com’era prima.
“Grazie.”
“Non ho finito.” Si accostò ancora più vicino. “Togliti l’armatura.”
“Non mi sembra il caso né il momento adatto per far-“
“Fallo. Subito.” Il suo fare era sbrigativo, ma non aggressivo. In ogni caso non avrebbe accettato sicuramente un rifiuto.
Meridia sbuffò e slacciò il corpetto: anche sulla pelle nivea del petto, sotto le curve morbide dei seni e sul ventre c’erano innumerevoli ferite ed escoriazioni, quasi fossero decorazioni sulla pelle chiara. Velocemente Loki curò ogni ferita, anche se piccola e insignificante, con metodo e pazienza. Il suo fare così calmo e concentrato la tranquillizzò: le ricordava così tanto se stessa nella sala d’addestramento, mentre imparava ad affilare la spada. Era così assorta da doversi scuotere per riprendersi: di colpo scostò il dio da quello che stava facendo.
 “Il tempo non gioca a nostro favore.” Lui alzò lo sguardo oltre il suo viso e le sue spalle. Le  profonde iridi smeraldo erano così infinitamente tristi, mentre scivolavano dietro di lei, fisse su un punto che alla ragazza sfuggiva ancora.
Sapeva che qualcosa non andava, e che lo avrebbe scoperto nel giro di qualche istante ma
 
non voleva scoprirlo, perché in fondo lo aveva già capito.
 
Si voltò lentamente. Lo sguardo le cadde sull’ombra scura appoggiata al muro, gli occhi chiusi, immersa in un’elegante e lieve macchia rossa.
Il corpo di suo padre era leggero contro il muro, lo sfiorava soltanto. La posizione era così naturale, pensò: un vecchio dipinto sulla parete, addormentato. Il rosso scuro del sangue avvolgeva la sua figura, mentre si espandeva lento sul pavimento nero, avvolgendo mani e piedi di suo padre. Nero sullo sfondo, la sua pelle chiara e fredda, che ormai aveva perso il colorito vivo, il carminio del pavimento; tutto sembrava arte, opera di un artista.
 Meridia chiuse gli occhi, e impresse quell’immagine nella sua mente.
Il funerale non avrebbe mai avuto luogo: nulla oltre quel momento, non c’era modo. E lei non voleva dimenticarlo, non poteva dimenticarlo; quando riaprì gli occhi, il suo braccio era già alzato, e in fretta diede fuoco al cadavere con un leggero movimento della mano. Questo crepitò per qualche secondo, poi non rimase che cenere e qualche macchia bordeaux sul pavimento vecchio e graffiato. 
Abbassò la mano, e si diresse verso la porta senza voltarsi. Il dio degli inganni la guardò allontanarsi, e non aveva nulla da dire: ma poteva agire ancora. Con un gesto sinuoso delle dita uno sprizzo verde ricoprì il muro, e il rosso del sangue sparso divenne un bellissimo arabesco intricato. Un fiore rossastro, tracciato minuziosamente dalla magia, decorava ora quella che era una tomba.
Ma non era abbastanza.
Quel luogo non avrebbe mai dovuto esser toccato o cambiato. Loki uscì a sua volta e sigillò la porta con la magia; niente l’avrebbe scalfita o aperta in alcun modo. Si girò verso Meridia, e lei ricambiò il suo sguardo con profonda malinconia mista a gratitudine: non era molto, ma neanche ciò che lui le aveva donato meritava tanto di più. L’atmosfera opprimente del luogo ora gli sembrava ancora più oscura, e il futuro che li aspettava sicuramente ancora più incerto.
 
***

 
“Papà?”
“Sì, piccola?”
“Perché le montagne sono così luminose?”
Era una giornata calda estiva, nella valle dove abitavano. Il padre si voltò verso le cime che circondavano la vasta pianura rossastra: la catena montuosa, benché lontana, quel giorno pareva a pochi passi, tanto era limpido il cielo;  i  giganti di pietra argentea splendevano seduti  sotto il sole, gioielli appena lucidati.
“Beh, dicono tutti che è merito delle rocce di cui sono fatte.” S’interruppe, fissandosi sulle punte dei monti brillanti. “Non è così in realtà.”
La piccola bimba bionda, di non più di 5 anni, zampettò con gli occhi accessi di curiosità fino al masso dove era seduto Zwingli; aspettava risposte, e non avrebbe accettato meno di una bella storia.
“Una vecchia leggenda dice che nel montagna vi abita un vecchio, anziano più di tutto il villaggio assieme.”
“Perché è così vecchio papà?”
“Beh non è mica sempre stato un vegliardo lui! Un tempo era giovane, proprio come tutti noi. E fece un bellissimo sbaglio.”
“Ma sbagliare non è brutto?”
“Sì, ma non sempre: il suo sbaglio era il più meraviglioso che si possa fare, Meridia. Vedi, lui s’innamorò di una donna bellissima, incredibilmente saggia e col sorriso più dolce dell’universo intero.”
“Il più dolce?” La bambina aveva un’aria di rimprovero.
“Okay, il secondo più dolce naturalmente, dopo quello di tua madre naturalmente.”
La moglie in quell’istante  avvolse con le braccia il collo del marito, che si girò e le diede uno sfuggevole bacio a stampo, mentre lei sorrideva. Meridia sbuffò, impaziente di sentire il resto del racconto,  e sua madre rise.
“Sarà meglio che finisca, o è probabile che nostra figlia non ci rivoga più la parola.” Si riassestò a sedere e si schiarì la voce, quindi continuò a narrare.
“Ebbene, il nostro giovanotto innamorato, scoprì una cosa che gli diede la gioia più infinita: lei lo amava allo stesso modo, se non di più. Ii due passarono anni felici, i più felici delle loro vite insieme. Ma niente è destinato a durare troppo a lungo, ed ecco che un giorno la donna, una mattina d’autunno, scomparve.”
“Scomparve? Dove andò?”
“Ecco, non sparì proprio del tutto: lasciò un messaggio, in giardino, un fiore del colore del cielo. E lui capì: la sua donna infatti era arrivata dal cielo, non era come tutti gli altri noi comuni uomini. Scesa dalle nuvole, era stata reclamata di nuovo lassù. Ma mai abbandonò la speranza d rivederla, e decise allora che, pur di rivederla, era disposto a salire nella volta azzurra del cielo.”
“E lo fece?”
“Beh, le montagne ora ci sono, e sono le più alte della regione.”
Meridia rimase pensierosa per un po’, poi scosse la testa insoddisfatta:”Non mi hai ancora detto perché le montagne brillano!”
“Eppure pensavo fosse chiaro! Che sbadato!” Alzò gli occhi al cielo sconsolato. “Se fossero grigie tesoro, come farebbe la bella amata a sapere che quaggiù lui  la sta ancora aspettando?”
 
Quanto avrebbe voluto essere lontana da lì Meridia, lontana da quegli atti d’eroismo; per anni aveva desiderato un’occasione come quella, e ora che l’aveva l’avrebbe scambiata con qualsiasi altra cosa. Una casa, la sua famiglia, non aveva più nulla. L’ultimo legame di sangue che avesse mai avuto era stato tranciato quando Loki aveva chiuso quella porta dietro di loro.
Loki. Non era sicura sul perché fosse lì ora, a condividere il suo suicidio in quel pianeta ostile. Lo aveva tradito, lo aveva rinchiuso, lo aveva umiliato con i suoi stessi inganni: perché si ostinava tanto con lei?
Perché tutti si erano sempre ostinati tanto con lei?
“Perché fate tutti così?” la domanda le scivolò involontariamente fuori dalle labbra.
“Così come?”
“ I testardi. Non mollate mai, qualsiasi sia il prezzo, voi asgardiani lo pagate comunque.” Fece una pausa. “Perché non rinunciate mai?”
“L’eternità è lunga senza far mai nulla. La noia uccide.”
Lei s’incupì leggermente di fronte a quell’ironia quasi sadica. “Apprezzi ancora troppo le battutine per i miei gusti.” Si girò di colpo verso di lui. “ Seriamente, perchè sei qui? Potresti semplicemente andartene. Non sei nemmeno asgardiano.”
“Neanche tu.”
Lei non seppe più cosa rispondere, e Loki sorrise lievemente, divertito.
“Sono qui perché ho terminato tutto.” Aveva iniziato a parlare di colpo, come avesse un pubblico invisibile davanti gi occhi. “Guerre, missioni, addestramento, famiglia. La vita stessa è al termine per me.”
Lui la prese per le spalle e le strinse tra le due dite sottili.“La vita può terminare in molti modi.” Sospirò.”La tua vita, Meridia, può terminare in un altro modo. E’ per questo che sono qui: farti cambiare idea.” La affiancò e la guardò con un’espressione ancora divertita, ma velata di una profonda tristezza. “Secondo una terminologia umana, potrei dire che sono la tua babysitter.”
E incredibilmente, dopo queste poche parole, e qualche attimo di smarrimento, lei si mise a ridere di cuore, cercando di soffocare le risa per non attirare le guardie di palazzo.
“Beh, in questo caso è evidente che non ti pagano adeguatamente.”
Anche lui rise.“Questo è più che sicuro.”
Camminando veloci lungo i corridoi avevano raggiunto quello che cercavano: la sala del trono si stagliava immensa dinnanzi a loro, proiettando un lungo cono di luce nella penombra. Dall’interno proveniva una voce melliflua, che parlava lentamente nel silenzio.
***
 
Moroi era stanco di aspettare: da quando era arrivato su quel maledetto pianeta era rimasto circondato da scomodità e riverito da un branco di incompetenti. Tre settimane. Tre settimane e il portale non era stato riparato; l’attesa era snervante, e noiosa da morire. Il generale davanti a  lui continuava a ripetere che serviva più tempo.  Come se non ne avesse avuto in abbondanza, se non troppo. Lo scacciò malamente con la mano, e questo, allarmato, fuggì di corsa dalla sala. Vigliacco senza cervello. Se non fosse stato per l’incredibile potenza delle loro armi, probabilmente avrebbe giù cambiato esercito. Ma purtroppo questo era unico nel suo genere.
Un rumore di passi decisi catturò la sua attenzione, e ilo suo sguardo con essa.
“Fratellino, quale delizia rivederti… Vivo.” Loki avanzava nella stanza, il petto bluastro scoperto e gli occhi fiammeggianti. Moroi rivolse gli occhi a Meridia, che seguiva a poca distanza, tomahawk alla mano. Aveva insistito molto per cercarlo nella sala delle armi lungo la strada, e Loki non aveva saputo fermara in alcun modo . “E tu. Sei stata una delusione quasi in tutto; fortunatamente ho già estratto tutta l’energia necessaria per il portale, e , con somma gioia,  posso liberarmi di entrambi.”
Si alzò lentamente dal trono,con lo scettro rifulgente di energia. Sorrise. “Sarà quasi un piacere farlo.” Scosse la testa e rivolse gli occhi alla guerriera. “Peccato che non mi sa divertito così anche con il tuo paparino.”
Uno scintillio e il tomhawk scivolò istantaneamente nell’aria, sibilando, dritto verso la testa del gigante di ghiaccio. Ma, un secondo prima di decapitarla di netto, rallentò e s’immobilizzò nell’aria, per poi cadere rumorosamente a terra.
L’attimo di calma e quiete durò meno di un secondo, poi Moroi ridacchiò.“Davvero pensavi che sarei morto così facilmente? Mi sento quasi insultato.” Alzò  un braccio con un lieve scatto, e un fulmine scaturì dal suo palmo, colpendo la guerriera in pieno petto: rotolò via come una bambola di pezza.
“Basta giochetti.” Il dio degli inganni s’intromise improvvisamente,  puntò dritto al cuore del fratello e colpì.
Senza alcun effetto se non quello di spostare un po’ d’aria prima che il gigante le parasse con un gesto della mano. Quest’ultimo fece un sorrisino sornione: “Ora è il mio turno?”
Una raffica di scariche elettriche si lanciarono a folle velocità verso Loki, che le parò però senza troppa difficoltà. Subito un lampo verde acceso lasciò le sue dita, ma anche questo a volta si dissolse prima anche solo di toccare Moroi.
 Lo scambio di colpi divenne sempre più veloce, più veloce, finché la sala non fu un turbinio di colori ed esplosioni di luce che mandavano ogni cosa in frantumi.
Erano pari.
Pari a forza, pari a velocità. Quasi pari in tutto.
 
Il gigante di ghiaccio  si voltò di scatto.
“So a cosa stai pensando fratellino e no. Non siamo uguali. E ora te lo dimostrerò.”
Puntò il raggio verso il corpo svenuto di Meridia, e colpì senza esitazioni.



ANGOLO DELL’AUTRICE
Passato tutta l'estate e l'inizio scuola, rieccomi su EFP. Scusate la pausa cosììì lunga, e spero che il capitolo vi piaccia , per quei pochi e solitari che ancora mi seguono e non si son stufati! A voi un abbraccio strizzone *^* Grazie di tutto, senza di voi questa storia non esisterebbe <3

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Capitolo 17
*** Il calore del ghiaccio ***


NOTA DI PRELETTURA
Freddo, gelo, conseguenze (?). Benvenuti sulle Lune di Jotunheim! | Copertina---> http://alicebloomsburypotter.tumblr.com/image/86007313604

Il calore del ghiaccio


Quando riaprì gli occhi, Meridia non aveva idea di dove fosse. Nulla le era familiare, tranne il gelo che s’infiltrava nelle ossa e la parete di roccia grigia sopra la testa, simile a quella della Torre di Guardia di Asgard. Era sdraiata su qualcosa di morbido; passando le dita sul pavimento, sentì una morbida pelliccia sfiorarle le mani. Si mise seduta, e constatò che si trovava in una piccola cavità. Ma non fece tempo a mettersi dritta che una fitta al fianco sinistro, appena sotto il seno, la costrinse di nuovo a terra.
“Fossi in te rimarrei ferma ancora per qualche tempo. Non abbiamo fretta.” Loki comparve all’ingresso buio; aveva i capelli scuri coperti di un leggero nevischio, e schiena e spalle nude, che mostravano la pelle di un blu intenso. Lei sbuffò.
“Dove siamo?”
Loki si sedette davanti a lei. “Non ricordi nulla..”
“Buio, dolore lancinante e poco altro.”
“Forse è davvero meglio se resti seduta.”
Lo sguardo del dio si fece triste, mentre incominciava a raccontare.

 
***

 
 
La neve cadeva fitta. A quanto pare si trovavano su una piccola luna di Jotunheim, fredda, desolata, disabitata completamente se non per qualche bestia selvatica. Loki aveva aperto un portale e li aveva portati entrambi lì. Le aveva salvato la vita: il colpo del caro fratellino del moro l’aveva raggiunta poco sotto il cuore, evitando ogni organo vitale per un soffio.
 
Sono passati tanti anni da quando ho lasciato la mia casa.
Sono cresciuta, mi sono innamorata.
Mi ha lasciata l’unica cosa che avevo costruito di importante.
Sono diventata un soldato, il migliore di Asgard, ma loro sono tornati, e con essi la guerra.
Sono andata a morire per salvare chi amavo, ma ho perso tutto ciò che avevo.
 
Meridia interruppe il pensiero a metà. Una lacrima solitaria le solcò le guance fredde.
 
Mio padre è morto.
 
Una seconda lacrima scivolò giù dalle palpebre. Un singhiozzo le scappò dalla gola serrata, mentre si asciugava in fretta il viso umido.
 
Ho tentato di fermare la guerra, e questa è cominciata comunque. Non mi resta nulla.
 
Un mezzo sorriso le alzò l’angolo sinistro della bocca. Non era vero.
 
Mi resta solo lui.
 
Ma moriremo qui, insieme. Moriremo, e non sarà servito a nulla. Tutto ciò che ho fatto è stato solo agitarmi inutilmente contro il tempo, lento e testardo.
 
Una mano le sfiorò la spalla. Era stato così silenzioso che non lo aveva sentito avvicinarsi. Nessuno ci era mai riuscito prima. Lui le prese il mento tra le dita e la guardò negli occhi: sembravano due piccoli specchi d’acqua increspati. Poi l’equilibrio perfetto delle due superfici si ruppe, e lenta l’acqua incominciò a scendere verso le sue labbra. Singhiozzò, senza nemmeno tentare di fermare il pianto, e appoggiò il capo alla spalla di Loki, tremando.



 
***
 
 
 
Due giorni. Due giorni di riposo completo: lui le aveva impedito anche solo di alzarsi. Muoversi era un piacere dopo ore di costretta immobilità.
Mentre usciva finalmente dal cunicolo nel ghiaccio, trovò il moro appoggiato alla parete d’ingresso, la schiena scura rivolta verso di lei. La pelle dei giganti di ghiaccio era incredibile, un capolavoro della natura: quella di Loki poi, era liscia e sottile come quella asgardiana e resistente come il cuoio più spesso. Vicino ai suoi piedi erano appoggiati due mucchi di pelliccia. Avvicinandosi di più Meridia notò che non erano pellicce ma corpi : due piccoli animali uccisi da poco.
 
“Quelli li hai presi tu?”
“Vedi altri in giro?”
“E come..?” Il moro con la testa le indicò una lunga lancia di ghiaccio abbandonata nella neve.
“Non dirmi che li hai rincorsi.”
L’altro rimase in silenzio, e Meridia ridacchiò.
“Sai almeno cosa sono?”
“Non esattamente.”
“Potrebbero essere velenosi.”
“Potrebbe anche crollare la parete dietro di te in qualsiasi momento e ucciderci entrambi.”
“Permaloso.”
“Un grazie sarebbe stato gradito comunque.”
Lei si appoggiò alla parete. “Grazie.”
 
“Quando ripartiamo?”
Loki sospirò. “Non possiamo andarcene.”
“Non puoi mandare un messaggio d’aiuto?”
“Non posso farlo.”
“Nemmeno con la magia?”
Lui alzò la testa e fissò le nervature di ghiaccio sul soffitto appena sporgente della grotta, e sussurrò: “No.”
Lo sguardo della donna era ancora fisso su di lui: si aspettava una risposta più coerente.
Loki abbassò lo sguardo su di lei, l’aria infastidita. “Non ho più magia.”
“Come?”
“Arrivare qui. Fare un viaggio tra i mondi senza portale è stato uno sforzo notevole anche per me, e ne ho pagato il prezzo.”
“Pensavo fossimo usciti usando un portale.”
“Certo che abbiamo usato un portale.”
“Ma allora come...”
Lui alzò gli occhi malinconico verso di lei.
 
“Tu hai creato un portale tra gli universi per me.”
“In realtà per entrambi se vogliamo essere precisi. Comunque, se vuoi vederla così, sì.”
“Grazie.”
“Ti stai ripet-“ Non potè terminare la frase perché lei gli poggiò l’indice sulle labbra in segno di silenzio.
“Grazie.”
 Lascio cadere la mano e ritornò ad appoggiarsi al muro. Lui sbuffò, guardandosi i piedi.
“Non ho idea di come tornare ad Asgard.”
“Beh qui non è male. Sole assicurato, aria fresca, riparo sicuro.” In quel momento la parete sopra le loro teste incominciò a scricchiolare, percorsa da una lunga crepa verticale.
“Prendi la mia mano Meridia, e non muovere nessun muscolo se non te lo dico io. L’intera grotta sta collassando su se stessa, con noi all’interno.” Le tese la mano, e lei la strinse: era calda al contatto non gelida come aveva pensato. “Spostati lentamente verso di me.” La voce di lui era calma e profonda, mentre piano la tirava verso di sé. Un altro scricchiolio e la parete crollò a terra con un cupo rimbombo, mentre i due con un balzo ne uscivano, finendo sulla neve ghiacciata appena fuori da ciò che rimaneva del loro nascondiglio. Meridia si rialzò velocemente, in tempo per osservare la fine di quella piccola catastrofe di ghiaccio sgretolato.
 
“Dovrò levare riparo sicuro dalla lista.” Si girò verso Loki e i due rimasero a guardarsi per interminabili secondi, prima di scoppiare a ridere come non facevano da tanto tempo.

 
***
 
 
Camminarono a lungo, diretti a Nord: non avevano una vera meta, solo stanchezza addosso e nessun luogo dove fermarsi. E si ritrovarono stupiti nell’imbattersi in un’enorme porta nel ghiaccio, finemente scolpita e decorata: Meridia ci poggiò delicatamente le dita, e la porta le restituì prima gelo, quindi un lievissimo calore. Ritrasse la mano, come ustionata.
“E’ probabile che all’interno faccia meno freddo. E’ chiusa da anni.” Loki si avvicinò ai battenti. “Ma senza magia non la apriremo sicuramente.”
 
“Questo, caro, lo dici tu.” Aveva già impugnato la sua ascia. “Spostatevi, maestà.”Con un sorrisetto di sfida e un gesto teatrale, la guerriera caricò il primo colpo, che si abbatté sul legno congelato.
 
Terminò solo al tramonto. Il sole era già quasi al limite dell’orizzonte quando i due s’infilarono nel piccolo buco che lei era riuscita a ricavare con ore di lavoro. La sala all’interno non era così vasta come la porta poteva far pensare, anzi, era piuttosto ridotta; un grosso altare si ergeva polveroso al centro, e poco altro.
 
“E’ pieno di spifferi.”
“Ti aspettavi una villa, capitano della guardia?”
La donna si lasciò cadere per terra, sdraiata. Era esausta.
“Potevo darti il cambio, se me lo avessi permesso.”
“Non ne ho avuto bisogno.”
“Lo vedo. Infatti ora sei in ottima forma.” Loki si sedette vicino a lei. “Quanto sei testarda, Meridia.
“E quanto sei noioso, Loki.”
“Resterò di guardia per primo, tu dormi.”
“Se vuoi inizio io il primo tur-“
Loki le lanciò una pelliccia che aveva trovato all’ingresso, zittendola. “Dormi, testarda.”
Lei grugnì ancora per poco, prima di crollare in un sonno profondo.
 
Sul soffitto c’era un’apertura, dalla quale filtrava leggera la luce delle stelle e delle lune vicine. Erano passate già parecchie ore, ma lui non l’avrebbe svegliata; doveva riposare, per una volta.
Con uno svolazzo della mano tentò di far apparire il solito sbuffo verde, ma non accadde nulla, se non un piccolo spostamento d’aria. In quello strano universo aveva pagato un prezzo alto, forse troppo; ma in fondo, se fosse tornato indietro, lo avrebbe rifatto. Per lei tutto aveva significato, niente era troppo.
Si voltò verso quella massa di riccioli biondi addormentati, e vide che tremava di freddo. Si alzò e cercò un’altra pelliccia: il tempio era vuoto da anni, e non c’era nulla né nei cassetti né nei bauli dei pochi mobili di pietra della saletta. Così si sdraiò lentamente di fianco a lei, le cinse la vita sottile con un braccio e la strinse delicatamente a sé.


ANGOLO DELL’AUTRICE


Se siete ancora con me, GRAZIE. Grazie di tutto. Non dico nient'altro, solo grazie di cuore.

Siete tutto per questa storia.
#roseinwonderland

 

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