Das Leben in Frankfurt

di Ste Wittelsbach
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Misericordia! ***
Capitolo 3: *** Preludio alla tempesta ***



Capitolo 1
*** Quando tutto ebbe inizio ***


CAPITOLO UNO – Quando tutto ebbe inizio

Ama il modesto mestiere che hai imparato e accontentati di esso
(Marco Aurelio)


 
La Signorina Magdalene Rottenmeier lavorava in casa Sesemann da molti anni, ovvero da quando il signor Sesemann, dovendo allontanarsi spesso da Francoforte, decise di assumere una governante che badasse al suo palazzo durante la sua assenza. Il signor Sesemann, vedovo da molti anni, dovette cercare una buona governante per permettere a sua madre di trasferirsi nell’Holstein, nel nord della Germania, allontanandola così dalla chiassosa e affollata Francoforte che disturbava la sua quiete. “Herr Sesemann” non si pentì mai di aver scelto “Fräulein Rottenmeier” per badare alla casa: il suo carattere rigido che non si scomponeva mai e la sua ferma sicurezza hanno portato avanti l’ambiente freddo e rigido della casa senza mai fallire.
Questo suo carattere molto pragmatico tradiva tuttavia il suo delicato aspetto: Magdalene - si faceva sempre e solo chiamare Fräulein Rottenmeier - era infatti molto giovane per essere una governante – normalmente era un ruolo riservato alle vedove di buona famiglia. Aveva dei sottili e fini capelli bruni, normalmente raccolti con una crocchia sulla testa; gli occhi erano piccoli e castani e il suo naso a punta dominava tutto il viso, e su di esso la donna indossava spesso un paio di occhiali da precisione. Le sue mani e i suoi lineamenti erano delicati, ma a causa del suo colorito spento, dovuto ad un ossessiva attenzione verso il proprio lavoro, la donna dava l’impressione di essere troppo magra e appunto spenta, perché aveva donato i migliori anni della sua vita unicamente al proprio mestiere invece che ad un uomo: il fatto era che Fräulein Rottenmeier amava il proprio mestiere e non aveva intenzione di prendere marito.
Il suo compito non consisteva soltanto nel dominare la casa e i servi con polso fermo, doveva sovrintendere anche alla salute e all’educazione di Klara, l’unica figlia del signor Sesemann. La bambina aveva dei capelli biondo scuro molto spessi, degli occhi celesti tristi e desolati, e dei lineamenti ancora più delicati e apparentemente genuini, traditi dal bianco pallore della sua pelle. Era una ragazzina di dodici anni tuttavia Fräulein Rottenmeier e la servitù dovevano prestarle le maggiori attenzioni, perché per colpa di una grave forma di poliomelite contratta quando era piccola, la gracile fanciulla, si ritrovò senza l’uso delle gambe e venne costretta a vivere su una sedia a rotelle come unico mezzo di trasporto. Smunta, magra e pallida come era diventata, risultava impossibile qualsiasi proposta di guarigione, e l’assenza del padre da casa rendeva le sue giornate totalmente vuote e tristi.
Fräulein Rottenmeier capiva l’importanza del suo lavoro: non solo la salute di Klara influiva molto sulla sua reputazione e sul suo ruolo di prima donna nella gerarchia del palazzo Sesemann, anche il grado di soddisfazione della ragazza era un dato da non trascurare, perché se la fanciulla non veniva soddisfatta dei suoi desideri, il padrone poteva prendere provvedimenti. Per tale motivo, pur mantenendosi alta e rispettabile, senza scendere a compromessi e senza viziare troppo la rampolla del padrone, Fräulein Rottenmeier non contrastava mai il parere e il carattere di Klara, cercando di farla sentire sempre a suo agio senza sforare dal rigido progetto educativo di una normale famiglia borghese del XIX secolo, in pieno Reich.

Fräulein Rottenmeier aveva sempre mandato avanti il palazzo dei Sesemann con il più rigido cerimoniale e la più rigida educazione possibile, comandando alla servitù con toni freddi e distaccati e sprezzando ogni genere di originalità e fantasticheria: tutto ciò che non era pratico e conforme alle leggi sociali della classe borghese veniva nella maggior parte dei casi eliminato. Tuttavia, nonostante l’assoluta diligenza del suo lavoro, tutto quello che faceva non bastava: la piccola Klara era sempre pallida e delle volte apatica nei confronti della vita di casa Sesemann, l’unica vita con cui era a contatto, dato che non poteva uscire mai di casa, nemmeno se accompagnata. Le lezioni private cominciava a seguirle malvolentieri, mangiava e parlava assai poco, passava il resto dei suoi giorni dormendo e osservando un misero canarino giallo cinguettare nella sua gabbietta e giocando con le bambole e ogni genere di balocchi che suo padre e sua nonna le portavano nei brevi periodi di visita.
Herr Sesemann arrivò a pensare che a sua figlia servisse una compagna di giochi, che seppur appropriata come idea rischiava di sminuire il ruolo che Fräulein Rottenmeier si era giocata dall’inizio della sua carriera. Possibile che tutto quello che aveva fatto non bastasse? Nonostante tutte le crisi di nervi che accompagnavano le sue giornate, tutti i problemi che aveva risolto prontamente, il suo lavoro non dava frutto. Si rendeva conto la famiglia Sesemann dei suoi umani sforzi nel governare la casa e renderle una felice esistenza dopo una grande tragedia?  A chi importavano le sue crisi che giungevano spesso quando qualcosa non andava bene? A nessuno: né a Klara, né a Herr Sesemann, a quanto pareva.. figuriamoci alla servitù!
Ora il nuovo compito che le affidò il padrone, durante la sua ultima breve visita, fu quello di procurare una compagna di giochi per sua figlia, una ragazzina con cui potesse giocare e studiare come fossero sorelle. Avendo egli fiducia nei buoni gusti della governante, non impose grandi condizioni e le lasciò anzi ampia libertà di scelta, sapendo che avrebbe deciso con giudizio. Questo significava che la nuova coinquilina sarebbe stata scelta secondo i gusti di Fräulein Rottenmeir: una ragazza sensibile, allegra e originale – moderatamente parlando - tuttavia doveva avere almeno la stessa età di Klara, essere sul suo stesso piano di studio, educata, franca, cortese e rispettosa di una rigida e fredda educazione sociale, nonché benestante e proveniente, se non dalla città, da un modesto villaggio cittadino. Da dove cominciare allora? Questo era il bello: Francoforte era troppo grande e questo significava setacciare tutta la città, ma ben presto grazie ad un annuncio sul giornale, la ricerca ebbe inizio prima di quanto ci si aspettasse.

L’occasione, miracolosamente, non tardò ad arrivare: tramite alcune conoscenze di Herr Sesemann, Fräulein Rottenmeier riuscì a trattare con una giovane cameriera che lavorava presso una buona famiglia amica dei Sesemann, affinché accontentasse il desiderio del padrone e della sua protetta. La giovane cameriera, di nome Dete, molto tonda e dai lineamenti grossi e sani per essere una cameriera di Francoforte – infatti proveniva da un villaggio della Alpi svizzere, tuttavia era molto educata e intelligente - le raccontò della sua unica nipote e la convinse di come il suo carattere rispondeva, a grandi linee, al genere di ragazza che Fräulein Rottenmeier si era proposta di cercare: una ragazza allegra, sensibile, buona, rispettosa ed obbediente, e incline a conformarsi in qualsiasi ambiente. Sebbene la condizione di orfana quale era la nipotina di Dete e il fatto che fosse stata lasciata in uno sperduto villaggio di montagna inizialmente non piacquero alla governante di casa Sesemann, in seguito ad una lunga discussione si decise di prendere questa ragazzina come compagna di giochi della sua protetta, a patto che fosse garantito un periodo di prova per verificare le sue conoscenze e la sua capacità di giudizio e di obbedienza. Lieta quindi di poter dare una risposta affermativa al suo padrone e di accontentare l’ardente desiderio della sua protetta, Fräulein Rottenmeier si concesse qualche minuto per rimanere sola nella sua stanza pensando: nonostante l’iniziale contrarietà, l’idea di avere una ancella per la giovane Klara poteva alleggerire le sue preoccupazioni. Questo fatto, certo, sminuirebbe la sua importanza agli occhi di Klara, e inolte dovrà comunque badare alla ragazza e ammonirla per ogni eventuale scorrettezza: ma se la ragazza di Dete rispondeva al genere di compagnia che Fräulein Rotenmeier si era immaginata il padrone l’avrebbe ricompensata molto bene, e questo compiaceva moltissimo Fräulein Rottenmeier, l’avveduta governante di casa Sesemann.


 

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Capitolo 2
*** Misericordia! ***


CAPITOLO DUE– Misericordia!

L'ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa ma da come lo fa.”
(Cesare Pavese)



Klara Sesemann e Fräulein Rottenmeier sedevano nello studio accanto alla sala da pranzo, dove normalmente la figlia dei Sesemann prendeva lezioni dal maestro privato; la seconda sedeva impettita accanto al tavolo da lavoro, con la sua bella crocchia marrone sulla testa, china ma ben composta, e avvolta in una sciarpa così grande che sembrava una cappa. I suoi occhiali erano fissi sul tamburello sul quale stava ricamando, e sembrava così assorta nel suo passatempo che non sentì la domanda impaziente della sua protetta, la quale in tutto quel tempo fissava l’orologio in segno di impaziente attesa. Infatti l’ospite tanto atteso, la ragazzina di cui si era presa l’impegno di cercare, doveva arrivare proprio oggi, tuttavia era in ritardo, giacché a momenti era ora di cena. Klara chiese di nuovo insistentemente:
«Manca ancora molto, Fräulein? ». Alla seguente domanda, Fräulein Rottenmeier non rispose ma attendeva con pazienza, e la sua momentanea occupazione serviva ad allentare questa visita.
Poco dopo, si sentì bussare alla porta: era Tinette, la cameriera giovane, lenta e fredda - anzi, definirla fredda era dir poco: aveva un espressione quasi assente - che annunciava alle signorine l’arrivo degli ospiti. Fräulein Rottenmeier levò gli occhi dal suo ricamo, guardò Klara che si rizzava impazientemente sulla sedia a rotelle, e rispose infine a Tinette di farle accomodare. Questa rientrò poco dopo con le due ospiti: Fräulein Dete, la cameriera che aveva contattato, e la futura compagnia di giochi di Klara.
«Le chiedo scusa per il ritardo, Fräulein Rottenmeier: le ho portato mia nipote» annunciò Dete con una modesta riverenza.
Fräulein Rottenmeier si alzò dal tavolo da lavoro, vi poggiò sopra il ricamo e si tolse la sciarpa; dopodiché, si diresse verso le due nuove arrivate e aggiustò gli occhiali per studiare quella bambina. Il primo particolare che notò era il suo aspetto spigliato ed esclusivamente mondano: saranno i suoi vestiti o l’aspetto trasandato che la rendevano estremamente paffuta e bassa rispetto a quanto immaginasse? La mondanità e la trasandatezza non rientravano nei suoi gradimenti: l’aspetto esteriore e il modo di presentarsi erano particolari importanti di cui Fräulein Rottenmeier voleva ben accertarsi, e passavano oltre allo stato di buona salute della bambina, la quale presentava un colorito molto roseo e fresco e due belle guancie paffute e rossicce, tipiche della gente che vive in zone salubri e fresche. Salute che contrastava quella di Klara, ma questo non aveva importanza: il modo di presentarsi della bambina non poteva passare inosservato, ed ella  rimase lì qualche secondo ad osservarla, e la bambina dal canto suo era attratta dalla crocchia che troneggiava sulla testa della governante. Il silenzio fu rotto da Dete, che bisbigliò nelle orecchie della nipotina:
«Beh, che aspetti? Fai l’inchino: questa è Fräulein Rottenmeier, la governante»
«Silenzio Dete» rispose Fräulein Rottenmeier «Le presentazioni spettano a me.». Detto questo, il suo sguardo scrutatore ritornò sulla bambina: «Dunque, qual è il tuo nome?»
«Heidi» rispose prontamente la bambina.
«Heidi? Misericordia!» rispose Fräulein Rottenmeier, leggermente indispettita «Ti pare un nome da cristiano? Questo deve essere un volgare vezzeggiativo. Con quale nome sei stata battezzata?»
«E che ne so?» rispose la bambina, come prima.
«Che modo di rispondere, misericordia!» disse di nuovo Fräulein Rottenmeier, ancora più indispettita di prima «Vorresti forse prendermi in giro, bambina?». Detto questo si rivolse a Dete:
«Questa ragazza è impertinente, stupida o presuntuosa?»
Dete diede una gomitata alla nipote e rispose:
«Nessuna delle tre scelte, Fräulein: è solo una bambina che dice sempre quello che le passa per la testa, e non essendo mai vissuta in una casa signorile non sa come ci si comporta bene e si sente imbarazzata»
La risposta non era gradita a Fräulein Rottenmeier: già la caratteristica sfacciataggine dei bambini di allora era una peculiarità che non le andava a genio. Dete tentò di rimediare all’imbarazzo creato dalla nipote:
«Comunque il nome di battesimo di mia nipote è Adelheid, come quello di mia sorella, sua madre. Tuttavia l’abbiamo sempre chiamata con questo vezzeggiativo ed è sempre stata convinta di chiamarsi Heidi»
Anche questa risposta non le piaceva affatto: non era tanto il nome che non le andava a genio - nonostante Adelheid avesse un suono particolarmente plebeo - quanto l’assurdità che un vezzeggiativo potesse sostituire un nome di battesimo al punto di scordarsene. Tuttavia decise di passare sopra a questo dettaglio ed arrivare al dunque.
«Temo che dovrà riportarla indietro, Dete » annunciò Fräulein Rottenmeier, osservando un certo stupore sul viso di Dete «La bambina mi sembra alquanto strana e soprattutto piccola. Avevo specificatamente richiesto che la compagna di studi di Klara fosse all’incirca della sua stessa età, dodici anni, e che perlomeno fosse sul suo stesso piano di studi, per poter così condividere studio e passatempo. Quanti anni ha la bambina? » e si rivolse a Dete per paura di una nuova strana risposta da parte della bambina.
«Ne ha più di quanti ne dimostri, Fräulein: se non ricordo male ha dieci o undici anni» rispose Dete
«Non è vero» osservò la bambina «Il nonno ha detto che ho otto anni»
«Cosa sento? Otto anni?» rispose stupita Fräulein Rottenmeier «Dete, la bambina ha quattro anni in meno della signorina Klara: come pretende che possano seguire lo stesso programma di studio?»
«Vede, Fräulein, mia nipote è piuttosto brillante per la sua età, e impara le cose molto in fretta rispetto a qualunque semplice bambino di otto anni» rimediò Dete tirando una seconda gomitata a sua nipote.
Comunque, Dete  le aveva mentito lo stesso: la bimba non sembrava all’altezza di Klara. E per scoprirlo definitivamente, Fräulein Rottenmeier decise di approfondire un altro particolare: lo studio.
«Dimmi, Adelheid, quali studi hai seguito? Che libri hai utilizzato?»
«Nessuno» rispose la bambina
«Nessun libro?» il suo stupore si fece sempre più acuto «Vorresti dirmi che non sai né leggere né scrivere?»
«Neanche Peter lo sa» rispose la bambina.
Ma che razza di risposta era ? Cosa c’entrava questo Peter? Più scioccante ancora era il fatto che la bambina non solo non era mai andata a scuola, non sapeva nemmeno l’alfabeto.
«Questo è troppo, misericordia!» strillò con grande irritazione «Significa che non sai fare niente, bambina!»
«Non è vero!» rispose la bambina «So fischiare, badare alle capre e mungerle!»
Quello era proprio il colmo! Capre, mungere, fischiare: la bambina era una misera popolana di montagna, ignorante e stupida. Con un sospirato “Misericordia!” Fräulein Rottenmeier tirò fuori dalla manica un fazzolettino di stoffa pulito e se lo passò sul viso.. Cominciava a sentire i nervi pulsarle nelle giovani esili tempie e disse, ignorando lo sguardo supplicante di Klara:
«Questi non erano i nostri accordi, Dete: si può sapere che razza di bambina mi hai portato?»
Dete cercò ancora di rimediare all’irreparabile danno commesso da sua nipote:
«Se mi permette, la bambina che le ho portato è quella che lei stessa mi ha descritto, Fräulein: una bambina vivace, obbediente e sincera, dal buon carattere e svelta ad imparare. E questa descrizione si adatta molto a mia nipote, Fräulein; la prego, la metta alla prova e vedrà che non ne rimarrà delusa, davvero.»
Fräulein Rottenmeier scosse la testa: non poteva assolutamente accettare questa selvaggia in casa e con un “no” secco invitò Dete ad andarsene via con la bambina; allora Dete si licenziò con una riverenza dicendo:
«Sono spiacente per il disturbo, si è fatto tardi e devo tornare al mio lavoro. Purtroppo non posso trattenere la bambina in casa del mio padrone: la lascio qui e domani verrò a riprendermela. Arrivederci Fräulein »
Lasciare la bambina in questa casa? Mai: non lo avrebbe permesso! Fräulein Rottenmeier corse dietro a quella spregevole donna che stava lasciando la casa senza quella selvaggia, decisa a fargliela pagare: che figura ci avrebbe fatto lei, davanti a Herr Sesemann, se egli avesse scoperto che genere di compagnia era stata scelta per Klara? Per quanto corse più veloce che poteva, inciampando più volte nelle pieghe del suo vestito e rischiando di spezzarsi l’osso del collo scendendo le scale, non riuscì a raggiungere quella Dete, la quale, svelta e astuta, prese la prima carrozza e tagliò la corda, lasciando secca la povera Fräulein Rottenmeier davanti all’uscio di casa Sesemann.

Fräulein Rottenmeier era lì, davanti alla porta principale di casa Sesemann, e guardava quella spregevole donna che l’aveva ingannata , quella donna che le promise un’ottima compagna per Klara e che invece le ha portato una selvaggia ignorante che ha vissuto otto anni in mezzo alle capre. Quella Dete non aveva nemmeno preso il compenso; ah, ma non l’avrebbe certo preso:  venisse pure a chiederlo, non avrebbe ricevuto neanche mezzo centesimo! Fräulein Rottenmeier era sì una donna sagace, ma anche battagliera: non permetteva a nessuno di prendersi gioco di lei, che per anni ha saputo comandare abilmente nel palazzo in assenza del padrone. Questa popolana invece aveva osato usufruire della sua pazienza: gliel’avrebbe fatta pagare cara, eccome! Risalì le scale con moto indispettito, con i nervi che le pulsavano sulle tempie senza lasciarle pace: doveva sfogarsi o il suo malumore si sarebbe propagato per tuta la sera; e non poteva certo permetterlo, doveva far capire a quella selvaggia che in questa casa lei (Fräulein Rottenmeier) comandava e lei (Adelheid, si chiama così no?) doveva obbedire. Si diresse subito nella sala da pranzo per osservare la servitù e notò con grande stupore che la tavola ben apparecchiata era ancora vuota di qualsiasi pietanza. Strillò:
«Sebastian, dov’è la cena? Sono le sette passate, e in casa Sesemann si cena esattamente alle sette!»
«Infatti la cena è pronta da un pezzo, Fräulein» rispose Sebastian, il maggiordomo, con un tono quasi indifferente. A Fräulein Rottenmeier scappò una grossa smorfia:
«Allora porta immediatamente qui Klara e quella selvaggia, svelto!» poi si rivolse a Tinette, la domestica fantasma: «E tu Tinette, hai controllato se la stanza dell’ospite è pronta? Esigo che sia tutto a posto»
«Non ne vale la pena, Mademoiselle Rottenmeier» rispose apaticamente Tinette, portando la cena.
Non solo doveva badare a quella selvaggia, ma anche a questa servitù impertinente e dalla lingua tagliente. Fräulein Rottenmeier sedette a capotavola, in attesa delle due bambine. Poco dopo arrivò Sebastian con la carrozzella della signorina Klara e con la piccola montanara che lo seguiva con uno sguardo scrutatore; la teneva osservata, pronta a intervenire ad ogni errore: e il primo di una lunga serie arrivò in quel momento.
«Allora, cosa ho di straordinario perché mi guardi in quel modo?» chiese il maggiordomo alla bambina, mentre teneva Klara in braccio per metterla a sedere sulla sedia da pranzo.
«Assomigli tanto a Peter» rispose la bambina con uno sguardo contento «Hai gli occhi tondi come lui»
Fräulein Rottenmeier alzò le braccia al cielo:
«Misericordia! La piccola selvaggia si rivolge ai servitori con il “tu”!»
La vivace bambina guardò la governante con uno sguardo stupito, come se non capisse cosa ci fosse di  sbagliato nel dire a quel signore che assomigliava al suo amico Peter. Klara infatti stava sorridendo, mentre Fräulein Rottenmeier fece cenno a Sebastian di far sedere la bambina sulla sedia accanto a lei, e non aveva fatto ancora in tempo a ordinare di servire il cibo che questa scattò in piedi sulla sedia e si allungò sul tavolo per acchiappare il cesto del pane. Fräulein Rottenmeier si alzò all’istante e con uno schiaffo secco colpì la mano della bambina, sotto le risa e le smorfie sommesse del maggiordomo.
«Adelheid, da quando ci si lancia sul tavolo per prendere da mangiare? Non siamo in una stamberga alpina, ma in casa di signori! Siediti subito. Se non riesci a prendere il pane c’è apposta la servitù!»
«Ma non era per me.» rispose la bambina «Era per la nonna di Peter.»
Ancora questo Peter? Ma chi diavolo era: un altro selvaggio? Fräulein Rottenmeier poggiò la testa sui dorsi delle mani e bisbigliò sottovoce: “Con che genere di bambina ho a che fare? Misericordia..” e intanto non si accorse che quella bambina pregò il maggiordomo di porgerle un panino bianco e se lo intascò di nascosto. Non si accorse nemmeno delle risa che Sebastian cercava di sedare: o meglio, di quelle se ne accorse, ma non ci fece molto caso; è sempre stata impertinente la servitù di casa Sesemann.
Sebastian arrivò sempre ridente con il piatto di portata: una squisita e delicata carne sugosa tagliata in fette piuttosto sottili, con un buon contorno che faceva leccare i baffi. Fräulein Rottenmeier non rifiutò il piatto, e con il suo fare elegante ma rigido prese la forchetta e il cucchiaio dal piatto di portata, prese due belle fette di quella carne e ripose le posate affinché anche le due bambine si servissero. Klara non prese più di una fetta piccola, ma Fräulein Rottenmeier non insistette più di tanto: convincere a mangiare quando non si ha voglia non concerne a migliorare la salute; per guarire, Klara aveva già le sue medicine. Dopo aver assaggiato un boccone di questa carne, la donna volse lo sguardo alla piccola Adelheid, che guardava la carne come se fosse una pietanza celeste. Chiese al maggiordomo se doveva servirsi lei da sola e al cenno affermativo di quest’ultimo, prese una fetta di carne con la mano. Questo era troppo, troppo!
«Adelheid!» urlò Fräulein Rottenmeier «Cosa stai facendo?» si rivolse poi a Sebastian e gli ordinò di venire presso di lei, dopodiché tornò a rivolgersi alla selvaggia, cercando di ricomporsi «Mia cara Adelheid, dobbiamo ricominciare da zero con te. La carne e ogni altra pietanza la si versa nel proprio piatto con le posate che ci vengono offerte: in questo caso si prendono le fette di carne con la forchetta e il cucchiaio, in questo modo, fetta per fetta; non mi sembra difficile.» e dopo la dimostrazione, licenziò Sebastian fino a nuovo ordine, e continuò con la sua predica finché la nuova arrivata non avesse capito bene proprio tutto.
«Tornando a noi, ho notato che parli al personale con la servitù: a loro ti devi sì rivolgere con il tu, ma solo quando ti serve qualcosa e non c’è bisogno di ringraziarli per ogni favore: è un loro dovere lavorare per noi. Sebastian è il maggiordomo, e compie servizi quali offrire il pranzo, portarti da una stanza all'altra, procurarti da bere e da mangiare, aprire le porte e altre azioni del genere; Tinette è la cameriera, e si occupa delle nostre stanze, della pulizia e dell’ordine generale. Se mancano al loro dovere, non esitare a farlo presente: bisogna essere severi con la servitù, e se c’è bisogno di qualcosa basta semplicemente dire “Mi serve questo, mi serve quello” senza troppe spiegazioni; non siamo tenuti a rispondere a loro delle nostre azioni.
In quanto a te, verrai chiamata Adelheid perché questo è il tuo nome di battesimo, non quel vezzeggiativo con cui ti hanno sempre chiamata. Io per te sono Fräulein Rotenmeier, ma se ti risulta difficile chiamami semplicemente “Fräulein”. E la signorina Klara, a meno che lei non desideri diversamente, dovrai chiamarla “Fräulein Klara”, in quanto non fai parte di questa famiglia. Fräulein Klara, desidera aggiungere qualcosa?»
«Vorrei semplicemente che mi chiamasse Klara, e io la chiamerò semplicemente Heidi» intervenne Klara
A Fräulein Rottenmeier non piaceva che in casa Sesemann si pronunciasse un sì volgare nomignolo, ma non volle contrastare Klara. Allora continuò con il suo sproloquio:
«Come desidera, Fräulein Klara. Tornando a noi, Adelheid, ti ricordo gli orari dei pasti in modo da non dimenticartene: al mattino la colazione è alle sette, a mezzogiorno c’è il pranzo e alle sette la cena; alle nove di sera Fräulein Klara deve andare a letto; anche il pomeriggio, alle due, deve riposare, perciò in quel momento potrai stare nella tua camera e fare quello che desideri, purché non rechi disturbo. Dalle nove fino all'ora di pranzo ci sono le lezioni con il professore, con il quale spero vivamente che imparerai molto. Nel tardo pomeriggio, nel periodo di tempo tra il riposo pomeridiano di Fräulein Klara e la cena, potrai giocare con lei, senza compromettere mai la sua delicata salute; quindi niente giochi movimentati.
Se desideri uscire o spostarti da una zona all’altra della casa dovrai prima chiedere il permesso a me, dato che sono responsabile di te; mi troverai nello studio accanto alla stanza di Fräulein Klara. Per essere ricevuta devi sempre bussare alla porta e aspettare una mia risposta, entrare, fare l’inchino e chiedere “Come sta, Fräulein?” e domandare educatamente quello che desideri. Le porte non si sbattono: le devi aprire e chiudere delicatamente, e le finestre rimangono sempre chiuse: se desideri aprirle devi chiederlo a Sebastian.
Anche se è Tinette ad occuparsi della pulizia delle stanze, è importante che tu tenga la tua bene in ordine: i vestiti vanno nell’armadio e nel cassettone, gli oggetti personali nei vari cassetti e i libri e i quaderni che utilizzerai vanno riposti nello scrittoio che troverai accanto alla finestra. Avrai a disposizione un angolo toilette privato ed esigo che ti lavi sempre a dovere, quando ti alzi e prima di metterti a letto. E’ vietato sporcare, correre in giro per le stanze, gli atri e le scale, recare disturbo, urlare ed eseguire qualsiasi atto di inciviltà; non devi assolutamente scendere nelle stanze della servitù: se hai bisogno di loro ci sono due cordicelle nella tua stanza, con scritto i nomi dei domestici; durante le lezioni, per quanto sia vietato interromperle se non per esigenze estreme, sono riposti dei campanelli a cui la servitù è obbligata a rispondere. Se ti è difficile suonare i campanelli puoi sempre rivolgerti a me. Ti ricordo che nella stanza di Fräulein Klara puoi entrare solo se lei lo desidera e soprattutto con il mio consenso: quindi chiedi sempre, prima di agire, capito?»
Dalla piccola selvaggia, Fräulein Rottenmeier non udì nessuna risposta.
«Adelheid, quando una persona  ti chiama si risponde subito. »
Di nuovo silenzio: la piccola era seduta sulla sedia, con il capo leggermente chino e con un espressione beata stampata sul viso. Fräulein Rottenmeier sentì Klara trattenersi dal ridere, e cominciò a scaldarsi:
«Adelheid, ti ho detto di rispondermi, misericordia! Adelheid, hai sentito?»
Ma dalla bocca della piccola bambina svizzera non usciva alcun suono e nemmeno un gesto d’assenso: aveva sempre quell’espressione beata, il capo chino e gli occhi chiusi. Fräulein Rottenmeier non riusciva a capire come comportarsi, e allo stesso tempo non capiva cosa ci trovasse Klara di tanto divertente in tutto questo. Quindi, si rivolse a lei con uno sguardo interrogatorio, e questa rispose abbastanza divertita:
«Ma non si è accorta che Heidi sta dormendo da un pezzo?»
«Cosa?!» strillò, drizzando bene gli occhiali. Si accorse solo in quel momento che quella di Adelheid era l’espressione tipica di chi si trovava già nel mondo dei sogni.
Questo era decisamente il colmo: a Fräulein Rottenmeier cominciavano a tremare la bocca, gli occhi e tutto il viso, ma la sua capacità di giudizio e di riflessione prevaleva sempre sul sentimento: con aria decisamente stizzita agitò il campanello della servitù talmente forte che a momenti poteva sfuggirle di mano. Sulla porta comparve Sebastian al quale ordinò furibonda di prendere la selvaggia e di metterla a letto. Dopo che la bambina scomparve dietro alla porta, Fräulein Rottenmeier si abbandonò sulla sedia, pallida, e si asciugò la fronte, sospirando tra sé e sé: “Misericordia. Non ho mai visto una bambina così imprevedibile!”.

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Capitolo 3
*** Preludio alla tempesta ***


CAPITOLO TRE – Preludio alla tempesta

Punti lunghi e mal tirati / oggi cuciti, domani strappati
(Proverbio popolare)

 
Il giorno dopo non iniziò come Fräulein Rottenmeier aveva programmato nei suoi pensieri: a parte l’ardente desiderio che quanto era successo il giorno prima fosse stato solo un brutto incubo – ipotesi che abbandonò così come la pensò, in un istante, poiché non credeva in nulla che non fosse pratico ed oggettivo – sperava in qualche modo che la piccola selvaggia svizzera di nome Adelheid cominciasse a dimostrare di aver almeno ascoltato una parte della lunga predica fattale inutilmente l’altra sera. Questa speranza svanì poco dopo: nella sala da pranzo c’erano solo Klara e i domestici che aspettavano rispettivamente di essere serviti e di servire. Erano le sette precise: dove era la piccola svizzera? Fräulein Rottenmeier  si diresse senza pensare nella camera di Adelheid, dove poco prima, a detta di Tinette, la bambina era già stata avvertita che la colazione era pronta. Bussò: e ancora non una risposta. Alzò leggermente la voce:
«Adelheid, sei lì dentro vero?» e ancora nessuna risposta. Allora aprì la porta e vide la bambina seduta sul pavimento, completamente assente.
«Adelheid, ricominciamo da capo, misericordia!» sbuffò Fräulein Rottenmeier «Non ti bastano le sedie che hai nella stanza? Devi proprio sederti per terra come un animale? Non ti ha avvertito Tinette che la colazione è già pronta da un pezzo e che stiamo aspettando solo te?»
La piccola Adelheid si degnò almeno di voltare lo sguardo verso di lei, ma ancora una volta non rispose.
«Ti ho fatto una domanda Adelheid, e gradisco che tu mi risponda!» strillò di nuovo. La piccola rigirò lo sguardo altrove, al che Fräulein Rottenmeier la strattonò per un braccio costringendola a doversi alzare.
«Come te lo devo ripetere di stare in piedi e non per terra? Se non hai fame devi riferirlo o quanto meno presentarti in sala da pranzo! Hai intenzione di farci morire di fame? Misericordia, devo pure insegnarti come si deve camminare? Rispondimi! Adelheid, ho detto di rispondermi!»
«Basta chiamarmi Adelheid! Io mi chiamo Heidi!» urlò la bambina, liberandosi dalla morsa della governante con una violenza tale che sembrava volesse strapparsi il braccio.
Che tono volgare! Fräulein Rottenmeier non si scompose, la prese di nuovo per il braccio e se la trascinò dietro fino in sala da pranzo, ripetendole che il nome Adelheid era il suo nome di battesimo e perciò con tale nome verrà sempre chiamata. E finalmente si misero a fare colazione.

Erano quasi le nove, e il professore sarebbe arrivato a breve. Arrivò come sempre in anticipo, e prima che le bambine se ne accorgessero, Fräulein Rottenmeier chiamò a sé il professore, un uomo un po’ anzianotto, magro e calvo e dal viso cianotico e smunto, e dall’espressione pacifica, diverso dai tipici insegnanti tedeschi, alti e piazzati, con la pancia dell’età e lo sguardo severo, ma dotato di una pazienza e una calma tale da destare sempre ammirazione da parte delle governante; lo pregò di accomodarsi nel suo studio privato per metterlo a fronte della situazione sgradevole in cui si sarebbe trovato.
«Cercherò di essere breve, Herr Höchsteiß. Come ben sa, il padrone di casa, Herr Sesemann, mi ha pregata, di trovare una compagna di giochi e di studi per sua figlia Klara. Per quanto all’inizio non fossi entusiasta all’idea di dovermi addossare la responsabilità di mantenere una estranea in casa Sesemann, mi dovetti ricredere, ragionando che una buona compagnia sarebbe stato un beneficio per la piccola Klara.»
«Naturalmente approvo questa decisione, Fräulein, e ritengo che sia un buon gesto di saggezza e di carità permettere a una giovane studente sola come Klara di poter avere una sua coetanea nella sua stessa casa.»
«Questa ragazzina» proseguì Fräulein Rottenmeier, che non sopportava di venire interrotta, soprattutto in quel caso in cui il professore lusingava azioni da lei profondamente odiate «è arrivata giusto ieri sera..»
«Meraviglioso» interruppe di nuovo il professore «Posso valutare così il suo livello di apprendimento..»
«Appunto per questo l’ho presa in disparte, Herr Professor, per avvertirla di una spiacevole situazione.» ribatté seccata “La Fräulein”, termine dispregiativo con cui la servitù chiamava spesso Fräulein Rottenmeier, ovviamente non in sua presenza. «Vede, il caso ha voluto che mi piombasse in casa una strana bambina proveniente dalle Alpi Svizzere: una montanara incosciente, insolente e ignorante. E non è solo un problema per me, ma anche per Lei, Herr Professor: questa bambina non solo non conosce un minimo di galateo, non sa né leggere né scrivere! Non ha mai imparato l’alfabeto e non sa contare da uno a due!»
Sulla faccia del professore si dipinse un’espressione stupita e quasi amareggiata, e Fräulein Rottenmeier pensò bene di calcare la mano sperando in un giudizio negativo da parte dell’uomo:
«Purtroppo non ho avuto l’occasione di scrivere a Herr Sesemann riguardo a questo incidente, e il padrone ha espressamente richiesto che l’ospite venga trattata con il dovuto riguardo e alla pari di sua figlia. Capisce adesso in che guaio mi trovo, vero, Herr Professor? Come si può trattare alla pari di Fräulein Klara una selvaggia? Ecco che avrei bisogno del Suo parere: ritiene sia il caso far studiare daccapo la bambina o risulterebbe un intralcio nel piano di studi di Fräulein Klara? In questo caso, ho tutto il diritto di rispedire a casa sua quella montanara di nome Adelheid. Ecco devo avvertirla che la bambina insiste di chiamarsi Heidi perché l’hanno sempre chiamata con questo volgare vezzeggiativo, ma lei è stata battezzata Adelheid ed è così che deve essere chiamata in questa casa.. Comunque, se Adelheid dovesse intralciare gravemente gli studi di Fräulein Klara, posso rispedirla indietro. Prima di agire tuttavia gradirei poter avere un suo consiglio in merito.»
Mentre gli parlava, Fräulein Rottenmeier guardava il vecchio professore passarsi un fazzoletto di panno sulla fronte e pulire gli occhiali; dopodiché, seduto sulla sedia di fronte alla scrivania di Fräulein, l’uomo accavallò le gambe una sopra l’altra e incrociò le braccia, socchiudendo gli occhi in modo da ordinare i suoi pensieri e poter dare, una volta concluso il ciclo lavorativo della sua mente, la seguente risposta:
«Vede, Fräulein Rottenmeier, se la bambina è davvero così arretrata negli studi da non sapere nemmeno l’alfabeto, e Le credo in parola, ritengo doveroso, in qualità di professore, insegnarle finalmente, data la sua tarda età, a leggere, scrivere e far di conto. Inoltre, senza aver osservato almeno per qualche lezione la bambina, non possiamo affermare che sia così stupida e ignorante: magari ha una apprensione e un’intelligenza a lei nascoste, non avendo mai provato a studiare. In caso contrario, non ricoprendo il Suo stesso ruolo di comando in questa casa, lascio a Lei, Fräulein, ogni decisione.»
Fräulein Rottenmeier rimase un po’ delusa da questa risposta positiva del vecchio insegnante: come poteva illudersi che un emerito uomo dedito alle materie di studio comprendesse questi problemi nel campo del governo privato? Accorgendosi che dal professore non poteva aspettarsi nessun aiuto, Fräulein Rottenmeier accompagnò l’insegnante nello studio dove le due bambine lo stavano attendendo e dove, stranamente, la piccola selvaggia era seduta educatamente su un cuscino messo sopra la poltrona in modo tale che potesse raggiungere l’altezza del tavolo. Lasciato il professore nelle mani delle bambine, Fräulein Rottenmeier cominciò a girare su e giù per il suo salotto privato, annesso alla sua stanza da letto, riflettendo su un sacco di problematiche cui presto o tardi avrebbe dovuto venirne a capo. Riuscì a malapena a riordinare tutti questi pensieri nella sua mente e a trovare qualche risposta – per esempio, si pose il problema dei vestiti di Adelheid, di come la servitù doveva appellarsi a quella bambina, poiché deve essere trattata alla pari della giovane Klara, decidendo che dovranno chiamarla Mamsell – che dalla stanza in parte, ovvero la stanza da studio, si levò un rumore sommesso e un gran fracasso. Intirizzita da quel fracasso, Fräulein Rottenmeier levò a grandi passi nella zona interessata, dove temeva chissà quale catastrofe, e vide solo con la coda dell’occhio una testolina nera scendere di fretta e furia la scalinata, ma non ci fece caso: la vita della giovane Sesemann poteva essere stata compromessa, e la sua sicurezza veniva prima di tutto! Lo spettacolo che  si presentò ai suoi occhi fu devastante: una boccetta d’inchiostro nero, rotta, aveva macchiato il tappeto e il pavimento, la tovaglia era stata quasi completamente tolta dal suo legittimo luogo, e una serie di libri, una lavagnetta e la costosa abat-jour che un tempo doveva governare quel tavolo si trovavano riversi a terra. Opera di quella selvaggia, non c’era dubbio!
«La prego, Fräulein, non bisogna punire Heidi» supplicò Klara nel vano tentativo di difendere la sua nuova compagna «Non ha combinato questo disastro intenzionalmente. Deve aver confuso il rumore di una carrozza per il rumore dei suoi alberi.. credo. E dalla fretta è inciampata nella tovaglia e ha rovesciato tutto..»
«Alberi .. carrozze!! Che le dicevo, Herr Professor?» strillò la povera governante i cui nervi ricominciavano a pulsare nelle esili e giovani tempie «Quella bambina è una selvaggia! Non sa nemmeno stare seduta su una sedia! Adesso la riprendo io, quella montanara, vedrete se non lo faccio!» e con fare alquanto indispettito, per non dire furibondo, urlò dabbasso ai camerieri di venire a riparare quell’obbrobrioso disastro, mente scendeva di fretta le scale, rischiando un bell’incidente, per prendere Adelheid per le orecchie. E non ebbe difficoltà a trovarla: stava in piedi davanti al portone principale, guardandosi intorno come una stupida.
«Adelheid! Che ti prende? Non sai che bisogna stare seduti in silenzio a lezione?»
«Avevo sentito la voce dei miei abeti.. ora non più.. e nemmeno li vedo..» rispose la bambina
Fräulein Rottenmeier si portò una mano alla fronte e sbuffò.. questa era peggio di quanto aveva pensato fino a quel momento.. Degli alberi che parlano.. Prese di nuovo Adelheid per lo stesso braccio di quella mattina e se la trascinò dietro, sgridandola per l’ennesima volta:
«Qui non siamo nei tuoi boschi, Adelheid! Basta con queste tue sciocchezze, vieni piuttosto a vedere il disastro che hai appena combinato, impertinente!» e piantò in asso la bambina davanti alla stanza da studio a vedere con i suoi occhi una bella macchia d’inchiostro nero impressa nell’arredo; la bambina se ne dispiacque molto al punto da chiedere scusa educatamente, ma questo non la salvava certo da una predica:
«Se la prossima volta non imparerai a stare seduta a lezione ti legherò alla sedia, intesi?»
E, seccata e con la testa pulsante, Fräulein Rottenmeier si diresse nel suo salotto per prendere un calmante come balsamo di queste prime sconfitte sul suo piano educativo: le prime di una lunga serie di disfatte che trascinerebbero una qualsiasi povera governante nella disperazione. Ma non lei. No di certo! Tuttavia, in quel preciso momento non si rendeva conto di cosa sarebbe presto andata incontro.

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