My Beating Heart di Lownly (/viewuser.php?uid=583733)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - L'Arte dell'osservare ***
Capitolo 2: *** II - Non Andare ***
Capitolo 1 *** I - L'Arte dell'osservare ***
My
Beating Heart
Lownly Cliccate sul titolo per essere portati al capitolo corrispondente in lingua originale!
When you fall like a statue I'm
gon' be there to catch you Put you on your
feet, you on your feet And if your well is
empty Not a thing will prevent me
Tell me what you need, what do you need
I surrender honestly You've
always done the same for me
So I would do it for you
-Phillip
Phillips, (Gone, Gone, Gone)
Non esiste davvero nessuna
particolare dichiarazione d'apertura per questa storia.
Non ci sono discorsi
rilevanti, né fatti che possano attirare l'attenzione...
Ma è comunque una
storia importante per me. È essenziale per ogni singola parte
di ciò che sono oggi. Questa è la storia di come la mia
vita si è legata così disperatamente a quella del più
grande amico che abbia mai avuto.
E potrebbe suonare
ridicolo...
Ma questa è la storia
di come ho offerto il mio cuore palpitante a Jean Kirschtein.
Non posso dire che l'inizio
sia stato spettacolare. Ero solo una matricola nel college della
Trost University, a malapena capace di orientarsi tra lezione e
lezione. Non conoscevo nessuno. Esatto – non conoscevo proprio
nessuno. Non avevo nemmeno un compagno di stanza – quello che
mi era stato assegnato si era poi trasferito in un altro dormitorio
il primo giorno.
E quindi eccomi lì, a
bighellonare con in una mano una mappa del campus e nell'altra
l'orario delle mie lezioni, ed ero concentrato sulla mappa quando
qualcosa aveva urtato duramente contro la mia spalla, facendomi fare
un giro su me stesso.
“Merda!” sentii
sibilare, e mi ritrovai a fissare un ragazzo magro coi capelli tinti,
un'espressione acida che si faceva largo sul suo volto fissandomi.
“Sta attento!” borbottò, massaggiandosi la spalla
con la mano libera; l'altra teneva salda una fumante tazza di
Starbucks. Mi sembrò il tipo di persona con cui non vuoi avere
a che fare prima che ingerisca la sua dose di caffeina mattiniera (il
che in seguito si sarebbe rivelato vero), e io non sono il tipo di
persona che istiga una rissa, per cui mi tirai indietro e squittii le
mie scuse. Sarò anche stato alto qualche centimetro più
di lui, ma ero abbastanza sicuro che avrebbe potuto stendermi senza
problemi.
Mormorò un “Chi
se ne frega.” e continuò per la sua strada, e tutto finì
lì. Mi promisi di stare più attento e prestare più
attenzione riguardo a dove stavo andando, da quel momento.
Il resto della settimana
proseguì senza intoppi. E con “senza intoppi”
intendo oltre ai soliti problemucci da matricola del college.
Faticavo ad orientarmi, e qualche volta arrivai anche tardi a
lezione. Non mi avevano ancora assegnato un compagno di stanza, e ad
essere onesti, a meno che qualcuno assegnato a un altro edificio non
avesse deciso di trasferirsi a Sina, non ne avrei mai avuto uno. La
maggior parte delle persone avrebbe ucciso per avere la propria
stanza e nessuno con cui condividerla, ma per quanto mi riguarda, era
abbastanza brutto stare da soli. Significava avere tutta per me la TV
al plasma che i miei genitori avevano comprato e montato loro stessi
sul muro. Non sarebbe stato così male, se non fossi stato
solo. E ogni volta che uscivo a mangiare, lo facevo in solitudine. Mi
sentivo estremamente nostalgico negli orari di pranzo e cena. Ma a
parte quello, le cose procedevano con calma.
Accadde un lunedì
mattina, esattamente una settimana dall'incidente del caffè,
che lo notai...il ragazzo magro coi capelli tinti? Frequentava le mie
stessa classe di astronomia.
Durante una breve pausa nella
lezione colsi l'opportunità per alzare lo sguardo dai miei
appunti e gettare un'occhiata nell'aula...ed eccolo lì. Una
fila davanti a me, due posti a sinistra. Mi ritrovai a fissarlo, con
il mio sguardo che seguiva la forma delle sue spalle magre, sopra cui
era appoggiata una giacca grigia. Passai ad osservare il suo profilo,
visibile da quella particolare angolazione, e mi scoprii ad ammirare
i suoi lineamenti irregolari. Aveva una mascella appuntita, e il suo
naso era prominente, a punta... Non riuscivo a vedere bene i suoi
occhi, dato che era piegato sui propri appunti, le sottili
sopracciglia aggrottate, mentre lunghe e flessuose dita stringevano
la penna con forza, scribacchiando sul foglio.
Non riuscii a
trattenere un piccolo sorriso, di fronte alla sua espressione
impegnata...forse la faccia da stupido con cui andava in giro gli
veniva naturale. Quell'idea mi fece sentire leggermente meglio
riguardo all'essergli finito addosso la settimana prima.
Probabilmente non era così incazzato come
sembrava...giusto? Rifiutandomi di considerare un'alternativa ben
più negativa, riportai la mia attenzione agli appunti.
Comunque, gettare occhiate a quel ragazzo magro e tinto divenne una
distrazione sempre più frequente durante quella lezione. E
la lezione dopo quella. E quella dopo. E quella dopo
ancora. Per le settimane successive, a dire il vero.
Non è che provassi
qualcosa per quel tizio qualunque che ero riuscito a far
incazzare il primo giorno di scuola...era qualcos'altro. Raramente mi
capitava di pensare a lui fuori dall'aula, ad essere onesti. La mia
fissa con lui rimaneva esclusiva a quella stanza. Ma non fui mai
certo di cosa mi spingesse verso di lui, di cosa mi affascinasse
tanto, solo che era qualcosa di impossibile...inspiegabile. Dirigendo
sorriso dopo sorriso nella sua direzione nel corso delle settimane
successive, iniziai a imparare qualcosa di più riguardo lui:
piccoli dettagli, bizzarre curiosità, strani tic...e ad ogni
scoperta, mi ritrovavo più interessato di prima, cadendo più
e più nella mia stessa curiosità.
Per esempio, ogni tanto,
quando usava una matita al posto della solita penna, inconsciamente
si ritrovava a morderne via la gomma. In quelle rare occasioni,
riuscivo a malapena a contenere le risate quando i suoi denti si
chiudevano sul metallo della matita e la sua faccia si contorceva in
qualcosa che poteva significare solo 'puro disgusto'.
Scoprii anche che non aveva
sempre in faccia quel cipiglio cupo. La maggior parte della
volte, succedeva quando si concentrava. Invece, quando capitava che
alzasse lo sguardo dai suoi appunti per fissare il professore, la sua
espressione si addolciva, gli occhi si spalancavano in un'espressione
seria...la mascella si rilassava e così le sopracciglia, e
vederlo così mi faceva pensare che, hey, forse non era
completamente una persona spaventosa. Non che ne fossi
spaventato. Più tipo... “in apprensione”. Con
una punta di “intimidito.” Il che era abbastanza
ridicolo, considerato che lo avevo visto sistemarsi le penne sopra il
labbro superiore e fissare i propri appunti con l'espressione più
seria del mondo in svariate occasioni. Penso spesso a come potessi
prendere un'idiota del genere tanto seriamente.
Ma da quel che potevo dire,
considerando quanto seriamente se ne stava a prendere appunti, e da
quel primo imbarazzante incontro il primo giorno, sembrava una
persona abbastanza seria. Quindi magari mi era sembrato un completo
idiota per sbaglio. Anche meglio.
Tutto, dal suo grattarsi la
fronte con la penna allo stiracchiare la schiena contro lo schienale
della sedia, all'incurvarsi in avanti col mento appoggiato ai palmi
delle mani era per me motivo di vera delizia. Divenne inconsciamente
uno degli aspetti più interessanti di astronomia, e ancora
neanche sapevo il suo nome.
Ma un giorno, durante la
prima settimana di Ottobre, il ragazzo senza nome non si presentò
a lezione. Mi sembrò un po' strano (ho già menzionato
il fatto che era un ragazzo studioso), ed ero quasi deluso dal fatto
che la mia distrazione non si fosse fatta vedere quel giorno, ma a
parte quello non ci pensai troppo. Era un lunedì, dopo tutto,
e avevamo astronomia tutti i giorni della settimana escluso il
venerdì, quindi mi aspettavo che lo avrei visto il giorno
dopo, come al solito. Probabilmente aveva solo dormito più del
solito. Però il giorno dopo lui era ancora
assente. Perplesso e un po' preoccupato, esaminai la stanza e,
abbastanza strano, notai che era molto più vuota del solito.
“Psst...ehi!” Mi
voltai a destra e vidi un ragazzo basso, con la testa completamente
rasata che mi faceva gesti da qualche posto più in basso per
attirare la mia attenzione. “Sembra che siamo i pochi
sopravvissuti all'apocalisse zombie, eh?”
rise. “A-apocalisse!?” di che diavolo stava
parlando? “Calmati, amico, era una battuta. Immagino che
abbiano tutti preso l'influenza. È sempre in giro in questo
periodo dell'anno, sai?” “Oh...” mi rilassai un
poco, mentre i miei occhi si posavano sul suo posto abituale. Ecco
cos'era, quindi: l'influenza. Sorridendo, mi rivoltai verso il
ragazzetto e dissi, “Probabilmente siamo i prossimi.” Fece
una smorfia, scuotendo la testa. “Dio santo, spero di no. Non
so te, ma io sicuro come l'inferno che non sento il bisogno di
ammalarmi.”
Il professore iniziò
la lezione in quel momento, l'anziana voce che esitava debole e
rimbalzava contro le pareti della stanza semivuota, quindi ci
voltammo entrambi a dedicare la nostra attenzione all'uomo di fronte
a noi e non continuammo il discorso. Ma mi ritrovai a sperare
,durante quella lezione, che la mia distrazione si riprendesse e
tornasse presto.
E ovviamente, il giorno dopo,
eccolo lì. Anche se non al meglio delle sue condizioni,
potrei aggiungere. Dal mio posto, potei chiaramente notare che la sua
carnagione era diventata giallastra, e aveva occhiaie scure sotto gli
occhi, che sembravano aver visto la morte in faccia. Il suo naso
aquilino era di un rosso quasi luminoso, e io mi sentivo così
male per lui...mi faceva pena. Riuscì a malapena a prendere
qualche appunto, con occhi che dovevano essere pieni di lacrime e a
giudicare dal numero di volte in cui lo sentii tirare su col naso,
doveva essere tappato. Persino il suo modo di tossire mi faceva
pena. Alla fine della lezione, avrei voluto avvolgerlo in un
qualche lenzuolo, infilargli del Nyquil giù per quella sua
patetica gola, e impedirgli di tornare a lezione finchè non
fosse stato meglio. Ovviamente, mi trattenni.
Ma successe
qualcos'altro. Sì, finalmente alla fine di quella lezione
successe qualcosa. Questa non è la storia di me che
parlo di un ragazzo che non conosco, dopo tutto.
Stavo ritirando quaderni e
penne nel mio zaino come la maggior parte degli altri studenti
attorno a me, considerando le mie opzioni su come consumare il
pranzo, quando sentii qualcuno che mi guardava. Quando guardai in
alto, gli occhi più ambrati che avessi mai visto mi stavano
fissando. Mi bloccai.
Fu quasi un pensiero del tipo
“magari se non mi muovo, non mi vede”. Mi vide,
nel caso ve lo stiate chiedendo.
“Ci siamo già
visti da qualche parte?” Meeeeeeeeeerda. Potevo sentirmi
il cuore salirmi in gola. Aveva capito che lo avevo fissato tutto il
giorno? Non sono uno stalker, lo giuro! Pensai. Cercando di
non peggiorare la situazione, mi sedetti e gli sorrisi
innocentemente, anche se non riuscivo a guardarlo negli occhi.
“Eh, sì, più
o meno... Ci siamo scontrati il primo giorno di scuola.” dissi
mortificato. Non volevo che se ne ricordasse, ma era comunque meglio
di qualcosa come, “Oh, quindi hai notato che ti stavo
guardando? Già, non ci conosciamo, sono solo ossessionato
dall'idea di fissarti, nessun problema.”
“No,
intendo prima di quello.” disse, schiarendosi la gola e
tirandosi col naso. Quello mi prese alla sprovvista. Non credevo
che...? Intendo, sarebbe stato fantastico, avrebbe potuto spiegare la
mia inspiegabile fissa con quel tipo, ma... “Credo di
no...” La sua espressione si indurì nuovamente mentre
i suoi occhi si stringevano, a mi ritrovai a trattenere il fiato
finchè non realizzai che si stava soltanto concentrando su di
me, probabilmente per decidere se mi aveva mai visto prima.
“Scusa
allora,” si scusò, “Sembravi solo molto
familiare.” “Oh, nessun problema! Mi succede spesso,”
mentii. Starnutì e si strofinò il naso, poi disse,
“Stavo quasi sperando che ci conoscessimo già... se
fosse stato così non sarebbe stato così strano per me
chiederti se posso vedere i tuoi appunti dei due giorni scorsi.”
Ci
misi un secondo a realizzare ciò che stava dicendo, ma quando
ci arrivai, ridacchiai tranquillamente. “Se è tutto
qui, allora sì, puoi prenderli.” Il ragazzo sbattè
le palpebre, “Davvero? Neanche mi conosci...” Ma era
troppo tardi, stavo già tirando fuori dalla mia borsa,
pensando sono
rimaso a fissarti come un'idiota per l'ultimo mese e mezzo, è
il minimo che posso fare.
Ma non lo dissi. Invece, quello che venne fuori fu, “Devo per
forza conoscerti?” “...Sei davvero un tipo così
gentile?” “Cerco di esserlo.” Alzò un
sopracciglio, “Sembri un gran sempliciotto.”,
scherzò. “Beh, grazie,” risposi sarcastico,
“Ora ho davvero voglia di farti vedere i miei appunti.” “Ah!
Sto solo dicendo che lo sembri, non che lo sei.” “Uh-uh,”
mormorai, aprendo il quaderno sugli appunti di lunedì. Ed ero
quasi per darglieli, però...
Guardando
bene i miei appunti...beh...
“Cosa
c'è?” chiese. “È che...eugh. Un sacco di
questa roba richiede un bel po' di spiegazioni...” guardai
verso di lui. “Quando hai la prossima lezione?” “Non
prima delle 14.30,” disse. Gettai di nuovo un'occhiata ai
miei appunti prima di dire, “Hai piani per pranzo?” Ci
fu una pausa, e lui non disse niente, così specificai in
fretta, “E'...è solo per poterti spiegare bene cose che
potresti non capire, t-tutto qui...” Sorrise ironico. “Ti
piace metterci proprio tutto l'impegno che puoi, eh?” “Vuoi
che ti mostri i miei appunti o no?” sbuffai, perchè il
suo sorriso da idiota in qualche modo era riuscito a far tirare fuori
un sorrisetto anche a me.
“Sì,
sì” rispose, facendosi strada tra le sedie
dell'auditorium, e io raccolsi la mia borsa e lo seguii, guardando il
modo in cui si muovevano le sue gambe lunghe. I
jeans gli stanno bene,
pensai. Una volta fuori dall'aula, si fermò, e riportai
immediatamente la mia attenzione sul suo volto.
“Come
ti chiami, comunque?” chiese, voltandosi. “Oh,
sì...Sono Marco,” gli risposi. “E tu?” “Mi
chiamo Jean.” Jean... quindi era quello il nome del tipo che
avevo spudoratamente spiato per un mese e mezzo. Buon a
sapersi. “Jsh-ahn,” ripetei, meravigliandomi del fatto
che un nome con delle consonanti e vocali così dolci
appartenesse a un ragazzo dalla personalità così dura.
“Francese?”
Mi fisso per un lungo
istante, e pensai che forse avevo detto qualcosa di sbagliato, ma poi
riprese. “Sì...c-comunque, dove vuoi mangiare? Di solito
vado in una delle sale da pranzo.” “Anch'io.”
mormorai, “Immagino che allora sia già deciso, eh?”
gli passai il mio quaderno e lo superai, uscendo alla luce del sole
quasi di mezzogiorno con Jean a tallonarmi. Ci avviammo in direzione
della sala da pranzo più vicina, facendoci spazio tra la folla
di studenti del college.
Un paio di volte fui quasi
sicuro di averlo perso, ma un colpo di tosse o uno starnuto mi
avvertivano della sua presenza. Quando raggiungemmo una parte del
campus che non fosse completamente affollata, Jean rallentò
considerevolmente. Spiandolo con la coda dell'occhio, vidi che
aveva aperto il mio quaderno, arrivando fino agli appunti di lunedì
e che li stava fissando, tutto ciò mentre camminava.
“Che cazzo sono queste
lettere greche?” esclamò. “Ci sono delle
traduzioni e qualche formula nell'angolo destro,” gli dissi,
resistendo al bisogno improvviso di ridere del fatto che era
leggermente inciampato. Dopo un altro paio di minuti passati a
camminare, gli gettai un'altra occhiata e vidi che stava fissando il
quaderno ancora più disperatamente.
“Cazzo, non
scherzavi... Non ci capisco comunque niente,” mormorò. “Te
l'ho detto.” girai a sinistra, e quando Jean tirò
dritto, con gli occhi ancora incollati al mio quaderno, dovetti
attirare la sua attenzione con un “Ehi! Jean, da questa parte!”
Si accigliò e le guance gli si colorarono lievemente di un
rosa, in contrasto con la sua carnagione pallida, ma chiuse il
quaderno sotto il braccio per mettere più attenzione a dove
camminava.
“... e ricorda, devi
trovare la variazione nella lunghezza d'onda prima.” “E
quello è il delta lambda?” “Sì!” Aprii
la mia pepsi, guardando Jean risolvere un problema. Il mio piatto era
stato ripulito da tempo. “Oh, aspetta...una volta che hai
trovato la velocità radiale, dividi per la velocità
della luce, ricordi?” mi sporsi sul tavolo tra di noi per
puntare un dito ai miei appunti. “Quella è la c nella
formula...” “Sì! Eeeee... hai finito!”
gli rivolsi un sorriso d'incoraggiamento. Jean si appoggiò
allo schienale della sedia, massaggiandosi le tempie. “La
velocità radiale fa schifo” borbottò, e risi.
“Non me lo dire.” fui d'accordo.
“Hey,
Marco.” “Mmmh?” “Grazie... Sarei stato
completamente nella merda senza il tuo aiuto.” “Nessun
problema”, dissi, guardandolo tirare fuori il cellulare per
fare qualche foto ai miei appunti. “Solo che...” “Cosa?”
rimise a posto il cellulare in tasca, aggrottando le
sopracciglia. “Avresti potuto saltare un altro giorno di
lezione. Stai da cani.” Come per provare che avevo ragione,
iniziò ad avere una crisi di tosse.
Tossì per almeno due
minuti finchè non corsi a prendergli un bicchiere d'acqua, che
mando giù con gratitudine. “Uh-uh”, riuscì
finalmente a parlare. “Non posso perdermi altre lezioni, ho
avuto già abbastanza tempo per rimettermi. Sono già
abbastanza perso dopo due soli giorni di lezione!” Inclinai
la testa con aria interrogativa. “Ero già abbastanza
perso dopo due soli giorni”, si corresse, e sogghignai
apprezzante. “Okay, vero, ma stai solo facendo sì che
l'influenza si sparga ad andartene in giro così.” “Non
sto abbastanza vicino alla gente perchè possa passargli
l'influenza” fu la sua scusa. Alzai le sopracciglia, e lui
farfugliò, “Io...merda. Se ti ammali a causa mia, te la
farò pagare, lo giuro.”
Risi “Non
preoccuparti,” lo avvertii. “Ho un sistema immunitario
davvero forte, dubito che mi ammalerò.” Jean si
limitò a fissarmi scetticamente attraverso il fondo del
bicchiere mentre finiva di bere la sua bibita.
Una risata improvvisa scoppiò
al tavolo dietro di me, facendomi leggermente sobbalzare dalla
sorpresa. “Faranno vedere 'L'Evocazione' stasera al cinema del
campus, amico, devi andarci!” urlò qualcuno al
tavolo. Di fronte a me, Jean si scostò a sinistra per dare
un'occhiata al tavolo dei casinisti, poi si risistemò al suo
posto e appoggiò il mento tra le mani, i gomiti appoggiati al
tavolo.
“È la
stagione di Halloween effettivamente,” riflettei ad alta voce,
poi mi rivolsi a Jean, “Pensi di andare a vedere qualche film
di paura questo mese?” Scosse la testa con veemenza. “Cazzo,
no.” “Non sei un fan dei film dell'orrore?”
sogghignai.
“Non lo sai? Jean odia
i film dell'orrore! Si piscia addosso e urla come una bimba piccola.”
mi rivoltai verso il punto da cui veniva la voce, per scoprire il
ragazzo basso della lezione di astronomia al tavolo dietro al mio.
“CONNIE!” urlò
Jean, e l'intero tavolo scoppiò a ridere nuovamente. Il
ragazzo pelato – il cui nome era Connie – si alzò
e camminò verso il nostro tavolo, sorridendo
furbescamente. “Ah, ehi!” mi disse. “Quindi hai
conosciuto Jean.” Jean fissò Connie e me. “Voi
due vi conoscete?” “No,” rispose Connie. “Beh,
più o meno. Stavamo parlando ieri di come siamo sopravvissuti
all'epidemia di influenza fino ad ora. Non tutti possono dirsi così
fortunati, eh?” “Sta zitto,” sospirò
Jean, tirando su col naso come a sottolineare la dichiarazione di
Connie. Connie si voltò verso di me. “Non so neanche
come ti chiami, amico.” “Sono Marco.” “Ok,
Marco, sono Connie. Sei invitato a unirti a noi per
'L'Evocazione' stasera, dato che Jean sicuramente non verrà”
mi offrì.
Risi. “Grazie, ma va
bene così. Ho un sacco di compiti da fare,” mentii. Ad
essere onesti, lasciare la stanza per una notte sarebbe stata un
gradito cambiamento di routine... rimanermene seduto in stanza mi
faceva sentire abbandonato. Ma non conoscevo per nulla Connie e i
suoi amici, e mi sarei sentito fuori luogo se fossi uscito con un
gruppo di estranei che erano già amici.
“Ok. Beh, se cambi
idea, siamo tutti al cinema del campus stasera! Ci vediamo dopo.”
lo salutai mentre tornava al suo tavolo e Jean sbuffava derisorio.
“Tuoi amici?”
chiesi. “Più o meno...è uno dei miei compagni
di stanza.” Mi accigliai. “Non ti piace?” “Huh?”
disse. “No. È a posto. Cioè, ha i suoi momenti
no, sì, ed è difficile prenderlo sul serio a volte, ma
andiamo d'accordo...che è più di quanto io possa dire
per tanta gente. Perchè?” “Um, nulla.”
tirai fuori il cellulare per controllare l'ora. “Oh!”
erano le 12.45. “Che c'è?” “Ho lezione
tra quindici minuti. Devo andare.” Jean fece scivolare il
mio quaderno verso di me, e lo risistemai nella borsa prima di
caricarmela sulla spalla. Esitai ad alzarmi, comunque. Jean mi
guardò interrogativo. Ero nervoso all'idea di chiederlo, ma...
era la mia sola possibilità.
“Ehi, Jean?” “Sì?” “Ti
dispiacerebbe se ti chiedessi il numero?” Mi aspettavo che
mi chiedesse perchè, e non avevo una risposta per quella
domanda, ma... “Certo.” “D-davvero?” “Sì,
perchè no?”
Riuscii soltanto ad alzare le
spalle, e ci scambiammo rapidamente i numeri prima che potessi
correre alla lezione successiva. Non ero sicuro del perchè, ma
l'aver ottenuto il numero di Jean mi riempiva di uno strano senso di
realizzazione. Mi incamminai verso la classe con rinnovata gioia nel
mio passo.
Quella sera, mentre mi
sistemavo alla scrivania per finire i miei compiti alla luce della
lampada, la mia mente continuò a ripensare agli eventi della
giornata, in particolare al pranzo con Jean, e ogni volta che ci
pensavo, uno stupido sorrisetto mi appariva misteriosamente sul
volto. Era passato davvero così tanto tempo dall'ultima volta
che avevo socializzato con qualcuno? Voglio dire, avevo un sacco di
amici a casa a cui mancavo, e le chiamate da parte della mia famiglia
arrivavano almeno due volte a settimana... Ma mi sentivo ancora
solo. Incredibilmente solo.
Immagino che sia così
che succede quando uno non si fa prendere dalla vita del
campus. Nessun club mi interessava, l'idea di entrare in una
confraternità non mi piaceva particolarmente, e non ero
neanche tanto religioso, quindi escludevo l'idea di entrare in una
qualche organizzazione religiosa. Oh beh, avevo alzato le
spalle e pensato che mi sarei fatto amici in altro modo.
Apparentemente, mi sbagliavo.
Quindi l'idea di chiamare
Jean il mio 'nuovo amico' mi riempiva lo stomaco di farfalle. Chi
avrebbe pensato che sarei stato in grado di andare tanto d'accordo
con il tizio che mi ero ritrovato a fissare per le settimane appena
passate?
Jean mi piaceva davvero. Era
intelligente, sarcastico, e anche se probabilmente non lo sapeva, un
gran cretino. Anche se poteva sembrare antipatico o maleducato a
primo impatto, di fatto era abbastanza simpatico. È che...non
so. Non aveva paura di parlare a briglia sciolta. E quel suo lato mi
piaceva davvero.
Sospirando e ridacchiando
stupidamente, tirai fuori il cellulare e scorsi tra i contatti fino a
vedere il suo nome. 'Jean'. Dovetti resistere all'urgenza di
mandargli un messaggio subito. Speravo che l'occasione di
parlargli nuovamente sarebbe arrivata presto.
Ed ecco che l'occasione si
presentò la mattina seguente. Nell'attimo in cui mi voltai
per scendere dal letto (evitando per un soffio di sbattere la testa
contro la cuccetta vuota sopra di me come sempre), il mio cranio
iniziò a pulsare dolorosamente ad ogni pulsazione, e mi tuffai
verso il cestino. Si riempì dell'intero contenuto di fluidi
gastrici e cibo liquefatto che stava nel mio stomaco in attimi.
Nel caso ve lo stiate
chiedendo, decisi di non andare a lezione quel giorno.
Sputando catarro e tossendo incontrollatamente, mi rannicchiai nelle
coperte e tornai a letto. Non riuscii a riaddormentarmi, però,
quindi rimasi semplicemente sdraiato a tossire contro il cuscino
circa per tutta l'ora seguente. Jean, figlio di puttana,
pensai, guardando il cellulare dall'altra parte della stanza; era
appoggiato alla mia scrivania, in carica. Ero troppo ammalato e
stanco per zoppicare attraveso il freddo pavimento, anche se volevo
disperatamente rimproverare Jean di avermi fatto ammalare.
Probabilmente avrebbe capito cos'era successo nell'attimo in cui
sarebbe arrivato in classe e avrebbe notato la mia assenza,
comunque. Bzzt. Bzzt. Due vibrazioni. Un
messaggio. Invece di uscire davvero dal letto, più o
meno...rotolai sul pavimento, ancora nelle mie coperte, e scivolai
verso la mia scrivania. Una volta lì, tirai fuori la mano e la
allungai verso la superficie della scrivania fino a trovarle il mio
cellulare.
(1) Nuovo
Messaggio
Indovinate
chi?
Da:
Jean Nn
dirmi ke
Sorrisi-starnutii-e
sorrisi nuovamente. Lì sdraiato sul freddo pavimento della mia
stanza, mi incuccai un po' meglio nella mia coperta e digitai una
risposta.
A:
Jean Come
hai potuto farmi questo, Jean?
La
sua risposta arrivò dopo soli venti secondi.
Da:
Jean “sistema
immunitario davvero forte” 1 cazzo
Risi
a quel messaggio, anche se ridere mi faceva solo arrivare fitte alla
testa.
A:
Jean Già...
che schifo. :(
Da:
Jean Czz
amico, mi dispiace. Cosa pss fare x rimediare?
Sorrisi
maliziosamente. Mmmm, quindi ora Jean era in debito con me, giusto?
Perfetto.
A:
Jean Zuppa
e un film.
Da:
Jean zuppa
E UN film?
A:
Jean Ho
già qui il film, devi solo vederlo con me. Ma un po' di zuppa
sarebbe carina... non me la sento di uscire a prenderla. :(
Da:
Jean Cpt.
Mi prenoti anke x un film? Dovrei essere in debito cn te + spesso. Ti
porto la zuppa stase allora. Ti va bn x le 19.30?
A:
Jean Mi
va benissimo! Oh…
Jean?
Da:
Jean Sì?
A:
Jean È un film horror. :)
Trattenere
le risate mentre premevo 'invio' fu abbastanza difficile, quindi
quando arrivò la sua risposta scoppiai a ridere.
Da:
Jean MA
SEI SERIO
A:
Jean Hehe.
Da:
Jean non
mi fare 'hehe', stronzetto! Nn mi hai neanke chiesto se mi sta bn,
porca troia!
Sospirai.
A:
Jean Ma
Jean! Sei in debito con me! Mi sento uno schifo e sarebbe fantastico
avere un po' di compagnia... :( per favore?
Da:
Jean non
ti basta la zuppa?
A:
Jean No.
:( :( :( :(
Dovetti
esagerare con le faccine per enfatizzare il concetto. La sua risposta
ci mise cinque minuti ad arrivare.
Da:
Jean VA
BENE
Mi
agitai contento nel mio burrito di coperte sul pavimento.
A:
Jean Yeeeeh!
Ci vediamo alle 19.30. Vivo a Wall Sina 323 :)
Da:
Jean FANCULO
Note
di Lownly:
Grazie per aver letto! Ho lavorato duramente a questo
primo capitolo circa nei due giorni appena passati, ma soprattutto
nelle ultime otto ore. Critiche e commenti sarebbero molto
apprezzati – non preoccupatevi a indicare gli errori che
noterete. Ve ne sarei estremamente grata!!!! :)
Spero davvero che avrò la motivazione necessaria
a continuare questo lavoro, yo! Non ho mai pubblicato una mia
fiction prima, quindi spero che questa sarà un'esperienza
positiva...? Forse? Vi adoro, ragazzi! Spero che la storia vi
piaccia fin ora! <3
Note di Joice, la traduttrice:
Succede che un giovedì notte mi fermo a leggere
una fan fiction che la fantastica JohannaTheMad (autrice su Tumblr
delle mejo fan art JeanMarco) consiglia ardentemente. Così
apro Archive of Our Wown, inizio a leggere.
Sono le quattro e mezzo del mattino, devo svegliarmi tra
due ore e ho appena finito di leggere tutto il Pov!Marco, tra
lacrime e singulti.
Sì, perchè questa sembra la solita,
tenerosissima AU, ma...ma ve ne renderete conto.
Così ho deciso di chiedere a Lownly stessa il
permesso di tradurre; mi ha detto di sì , informandomi che la
storia sta già venendo tradotta anche in spagnolo. AMO QUELLA
RAGAZZA LA AMO.
E così eccomi qui! Spero vi godiate la storia e
che la amiate quanto la amo io. Vi prego di farmi notare qualsiasi errore io abbia fatto.
Al prossimo capitolo, il primo del Pov!Jean, His Beating
Heart!
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Capitolo 2 *** II - Non Andare ***
Non Andare
Sommario
Due idioti fanno cose da idioti.
Perché sono idioti.
All the small things
True care truth brings
I'll take one lift
Your ride best trip
Always I know
You'll be at my show
Watching, waiting, commiserating
.....
Keep your head still, I'll be your thrill
The night will go on, my little windmill
-Blink 182 (All the Small Things)
Non riuscivo a dormire, dopo che io e Jean ci eravamo messi d'accordo per guardare un film... La mia mente era troppo occupata da altri pensieri, l'eccitazione mi scorreva nelle vene. Quindi feci quello che qualunque altro studente universitario ammalato con un po' di sale in zucca avrebbe fatto: costruii un fortino con le lenzuola. Ammetterò che era un po' misero come fortino; era composto principalmente da lenzuola che pendevano dal letto superiore e ricadevano su quello inferiore come tende. Ma hey – in mia difesa c'è da dire che ero incredibilmente malato.
Una volta terminato il mio penoso fortino, decisi che una doccia calda mi avrebbe fatto bene, ma appena rientrai dal bagno (i bagni comuni dei dormitori erano decisamente apprezzabili: non dovevo pulirli e non dovevo comprare la carta igienica) mi ritrovai nella condizione di non sapere come passare il tempo che restava. Scorsi i canali della TV, ma non c'era niente di interessante. Essere malati era terribilmente noioso.
Alla fine, il mio corpo indebolito collassò intorno a mezzogiorno. E non mi svegliai finché -
“Toc Toc!”
Sembrava che i miei occhi fossero stati sigillati, e con un tremendo sforzo, ne aprì uno. Non potevo vedere altro che oscurità e lenzuola, e per diversi secondi fui confuso e disorientato. Non avevo idea di cosa stesse accadendo. Ma poi ricordai...
Jean?
“Sei già morto?” urlò dall'altro capo della porta, e lentamente scivolai dal letto. Sibilai il mio disappunto quando i miei piedi scalzi entrarono in contatto con il pavimento freddo, ma fui contento di notare che il mio mal di testa era considerevolmente diminuito. Raggiunsi la porta senza neanche preoccuparmi del fatto che avessi addosso solo i miei boxer e una maglietta. Eravamo entrambi ragazzi e dubitavo che avrebbe messo Jean a disagio.
Come volevasi dimostrare, avevo ragione; quando aprii la porta e sbattei le palpebre ripetutamente per permettere ai miei occhi di abituarsi all'improvviso flusso di luce proveniente dal corridoio, portandomi una mano agli occhi per sfregare via il sonno, la prima cosa che disse fu “Bei capelli.”
Mi ci volle diverso tempo, speso sbattendo gli occhi e fissandolo e cercando di concentrarmi, prima che fossi in in grado di registrare la visione difronte a me: Jean, nei suoi skinny jeans e una larga t-shirt a maniche lunghe, un sorrisetto e due sacchetti di carta di Panera, uno per ogni mano.
“Io... Ehm. Sembra più che semplice zuppa.” Dissi, gli occhi fissi sul cibo.
“Beh, sì. Perché non hai mangiato niente oggi, vero?”
Non ebbi bisogno di rispondere, il mio stomaco lo fece per me: con un lungo, profondo e forte lamento monotòno.
Jean gli dedicò una cauta occhiata. “Sembra piuttosto incazzato.” Osservò.
Strinsi il mio stomaco con le braccia e annuii, ancora non completamente sveglio mentre mi spostavo di lato e lo lasciavo entrare nella stanza. Con un movimento della mano, accesi le luci mentre lui depositava il cibo sulla scrivania vuota vicino alla finestra.
“Hai una stanza tutta per te?” Disse incredulo.
“Sì...” Sospirai. “Il compagno di stanza che mi era stato assegnato si è trasferito il primo giorno, quindi ora ho tutta la stanza per me.”
“Beato te.”
“Cosa? Non è così bello, se devo essere onesto... Mi piacerebbe avere qualcuno con cui condividerla.”
Jean alzò le mani. “No, fermati, non sai cosa stai dicendo. Stai attento a quello che desideri, perché potresti ritrovarti con un compagno di stanza pazzo.”
I miei occhi divennero fessure mentre lo guardavo in maniera interrogativa. “Ti sei ritrovato con un compagno di stanza pazzo?”
Aprì velocemente la bocca prima di richiuderla con un clic, esitando, e sembrava stesse decidendo se rispondere o restare zitto a riguardo.
Sollevai un sopracciglio, sorridendo, finché non sospirò dalle narici con fare indignato. Per un momento mi ricordò un cavallo...
“Okay, va bene, lo vuoi davvero sapere? Vivo a Maria, quindi abbiamo un piccolo appartamento, e noi quattro ci ritroviamo a condividere il bagno. Hai idea di quanto faccia schifo?”
“Beh, non mi sembra così-”
“Ed io e Connie dobbiamo ascoltare i nostri due compagni di stanza che ci danno dentro in camera loro ogni notte.”
Improvvisamente, la mia faccia divenne molto calda. “O-oh...”
“Già.” Jean disse, massaggiandosi il retro del collo. Potevo quasi assaporare il disagio nell'aria. “C-comunque,” mormorò in un tentativo di cambiare argomento. “Vieni a mangiare. Ti ho preso la zuppa Cheddar e broccoli, spero ti piaccia. Ho preso anche dell'altra roba a caso, se non dovesse bastare.”
“No, va benissmo! Grazie mille, Jean!”
Trascinai un lenzuolo dal letto da dietro le tende del fortino e me lo avvolsi intorno alle spalle, camminando piano verso il cibo.
“Oh, e se i tuoi compagni di stanza diventano troppo da sopportare, sei sempre benvenuto a dormire qui.” Mi sedetti velocemente e iniziai a divorare il cibo che Jean mi aveva posizionato davanti.
Calò il silenzio per un breve secondo, prima che dicesse “Dovrò approfittare della tua offerta, qualche volta.”
Mentre continuavo a divorare la zuppa con cui Jean mi aveva così gentilmente benedetto, lui si diresse verso la mia scrivania disordinata, dove il film della serata era adagiato, ancora nella custodia.
“Cazzo, piangerò.” Si lamentò.
Ingoiando in fretta, dissi, “Spero ti piacciano i fantasmi e quel genere di cose, perché penso sia quello l'argomento del film...”
Girai la testa giusto in tempo per vederlo trasalire visibilmente. Roteai gli occhi e tornai al mio pasto; da quello che avevo sentito, Insidious non faceva tanta paura. Per i pochi minuti successivi mentre finivo di mangiare, ascoltai Jean sospirare e lamentarsi mentre leggeva la sinopsi del film e ne studiava la cover.
“Hey,” Saltai su mentre inghiottivo il resto della zuppa e spostavo la scodella usa-e-getta. “Hai sentito del recenti studio? Riguardo le lamentele?”
Jean sollevò lo sguardo dalla custodia del film e aggrottò le sopracciglia mentre mi guardava. “No...?”
“La ricerca dimostra che lamentarsi non fa assolutamente niente per migliorare la situazione!” Dissi, fingendomi stupito.
La custodia del DVD volò attraverso la stanza e sbatté contro la mia nuca e procedette cadendo sul pavimento.
Ridendo e tossendo allo stesso tempo, raccolsi il film, mi strinsi il lenzuolo attorno alle spalle come se fosse stato un mantello e mi trascinai fino al lettore DVD.
“Potresti spegnere le luci, per favore?” Chiesi gentilmente, posizionando il disco nel vassoio e afferrando il telecomando.
“Cosa?! Lo... Lo guardiamo al buio?!”
“Certo... E' un film horror, dopotutto.”
Digrignando i denti, spense le luci velocemente, e io mi arrampicai nel mio fortino di lenzuola, fissando di lato le lenzuola che pendevano dall'alto e indicando a Jean di unirsi a me sul letto.
Speravo non pensasse fosse strano che lo invitassi a sedere sul mio letto con me... Stavamo guardando il film come amici, quindi non c'era niente di strano, giusto?
Fortunatamente, sembrò completamente d'accordo e a suo agio mentre si toglieva le scarpe, ed era in procinto di saltare dentro al forte – ma alzai una mano per fermarlo.
“Ora, Jean, prima che ti permetta di sederti sul mio letto, devi promettermi che non ti farai la pipì addosso durante il film.”
La sua reazione fu immediata. “MALEDIZIONE, Marco, vuoi che guardi questa cosa con te o no!?”
Scivolai indietro velocemente, mi appoggiai al muro e diedi una leggera pacca al posto accanto a me. “Sì, per favore.” Sorrisi innocentemente.
Lui emise un sospiro esagerato e gattonò vicino a me.
Le anteprime iniziarono, e mentre spingevo il tasto 'salta' sul telecomando, sorrisi a Jean. “Però, davvero, se hai bisogno di una pausa bagno, non aver paura di farmelo sapere, okay?”
Mi guadagnai una gomitata nelle costole, e mi lamentai di quanto fosse ossuto.
Gli lanciai un'occhiata e notai che stava afferrando uno dei miei cuscini per stringerselo al petto.
“Emh... Cosa?” Chiesi.
“Mi sto preparando.” Spiegò.
Decisi di non chiedere ulteriori spiegazioni, invece optai per premere 'play' e far partire il film.
Ora, mi vergogno un po' ad ammetterlo, ma fui il primo a saltare.
Il titolo apparve sullo schermo e un coro di strumenti a corda male accordati mi fece quasi esplodere i timpani – e il volume non era neanche così alto!
“La dannata musica è fastidiosa e davvero inutile.” Jean sospirò.
Mentre affondavo ulteriormente nel mio lenzuolo mentre lui commentava il film, sapevo che mi aspettava una serata divertente.
E caspita se avevo ragione.
Per la prima parte del film non successe niente di terribilmente eccitante. La famiglia si stava trasferendo in una casa nuova, c'era un gruppo di bambini rumorosi... Ci cullò in un falso senso di sicurezza. La presa di Jean sul mio cuscino si allentò considerevolmente mentre sedevamo in silenzio, e quando la madre iniziò a cantare una canzone rilassante mentre suonava il piano, si azzardò anche a dire “Non è poi così male.” Annuì per il suo bene.
Neanche cinque minuti dopo il giudizio di Jean sulla spaventosità del film, saltò fuori dalla sua stessa pelle quando la fornace in soffitta si accese da sola.
“CAZZO,” urlo, stringendosi il cuscino al petto.
Hai parlato troppo presto,” dissi, cercando di soffocare i risolini. “Non faceva neanche così paura.”
“Sì, okay, ma non sono io quello a cui è venuto un infarto al titolo.”
Misi il broncio. “E' stata la musica.” Borbottai tra me e me.
Continuammo a guardare in silenzio, Jean notevolmente più teso di prima.
Quando la porta della soffitta si aprì da sola, Jean si lasciò scappare un lamento acuto che aumentò di volume quando uno dei bambini la vide e andò su per le scale che portavano alla soffitta.
“Il ragazzino ha le palle, glielo concedo.” Mormorò, e si portò le lunghe gambe magre al petto in modo da poter posare il mento sulle ginocchia.
“Direi più 'zero buonsenso',” aggiunsi, e lui mugugnò il suo consenso.
Ora dovete tenere a mente che a quel punto, e dall'inizio del film, c'erano quindici centimetri buoni di spazio tra noi. Ma quando arrivammo alla scena del baby monitor, la situazione cambiò rapidamente.
“Che CAZZO!” Jean quasi sbatté la testa contro il letto di sopra e si lanciò contro di me, afferrandomi il braccio.
“JEAN, calmati!”
Le sue dita affusolate affondarono dolorosamente nella mia carne, e provai a rimuoverle, ma senza successo.
Mentre il film andava avanti senza ulteriori scene paurose, Jean si rilassò e lentamente allentò la presa su di me.
Ma poi qualcuno comparve nella stanza del neonato, e lui si lasciò scappare un grido di “AH, MARCO!” e premette la fronte contro la mia spalla, sollevando il cuscino per nascondere la televisione dal suo campo visivo.
Risi, realizzando che usare il cuscino come scudo visivo era stato il suo intento dall'inizio.
“Non ridere di me,” si lamentò, il che mi fece solo ridere più forte.
E' così che passammo il tempo: saltando e stringendoci a vicenda (anche se era per lo più Jean che si stringeva a me) e prendendoci in giro a vicenda quando uno di noi due aveva una reazione particolarmente divertente e patetica. Ancora una volta, fu principalmente Jean ad avere reazioni patetiche.
Uno dei momenti più memorabili del film fu quando il demone dalla faccia rossa spiò da dietro la testa del padre, e Jean urlò una sfilza confusa di parolacce mentre mi afferrava la mano e se la portava al petto, quasi stritolandola nella sua presa.
Invece di commentare il dolore, dissi “Wow, neanche un 'no homo'? Maleducato,” a cui Jean rispose “Vaffanculo a te e al tuo 'no homo', se qualcosa di gay succede qui stasera sarà solo ed esclusivamente colpa tua!!!!”
Risi così tanto durante quel film che fui sorpreso di non aver vomitato la zuppa per colpa dei miei addominali doloranti. Tossii e starnutii molto, però, e mentre eravamo avvinghiati durante una scena particolarmente spaventosa, starnutii addirittura sulla spalla di Jean.
“Hai appena fatto quello che credo tu abbia appena fatto?”
“No.”
“Allora okay.”
Alla fine del film, quando i titoli di coda, accompagnati da musica alta e fastidiosa, lampeggiavano sullo schermo, eravamo accoccolati uno sull'altro e ci stringevamo le spalle a vicenda, congelati sul posto.
“L'ha... L'ha fatto?” Jean sussurrò.
“Sì.” Sussurrai di rimando.
Restammo seduti così per un momento, non intenzionati a muoverci. “Visto?” Sussurrai, ancora non volevo parlare a voce troppo alta. “Non è stato così male...”
“Tch.”
Dopo quasi trenta secondi passati a fissare i titoli di coda, eventualmente allungai un braccio per afferrare il telecomando e spegnere la televisione. Fummo circondati dall'oscurità all'istante.
La voce di Jean era calda contro il mio orecchio – non avevo realizzato che fosse così vicino. “Perché diavolo l'hai fatto!?” Mi accusò, la voce stridula. “Fammi accendere la luce prima!”
“Seeh.” Dissi, riaccendendo la televisione dove i titoli di coda continuavano a scorrere. “Scusa.”
Nel momento in cui il bagliore debole proveniente dalla TV tornò, si liberò velocemente da me e si lanciò dal letto, accendendo la luce velocemente.
Allora spensi la TV.
Ma Jean era ancora in piedi vicino all'interruttore della luce vicino alla porta, e non si muoveva.
“Hey, Marco.”
“... Che c'è?”
Si assicurò di guardarmi male, la faccia preoccupantemente seria. “Devo pisciare.”
“Dici sul serio?”
“Sì!”
“Allora vai! Il bagno è in fondo al corridoio!” Risi.
La sua espressione divenne più scura, allora, gli occhi nascosti dall'ombra delle sopracciglia. “Devi essere fuori di testa se pensi che andrò in quel bagno da solo. Sina è vecchio e malmesso e tremendamente spaventoso.”
“...Sei davvero serio?”
“Sì, forza, andiamo!” Rimbalzò un po' sulle ginocchia.
Sospirai profondamente. “Va bene, andiamo.”
Scendendo dal letto, dovetti trattenere una risatina mentre guardavo Jean aprire la porta cautamente e spiare nel corridoio.
“Santo cielo, sbrigati,” gli misi fretta, aprendo la porta e spingendolo nel corridoio.
Imprecò a bassa voce e iniziò a camminare nel corridoio, io dietro di lui. E mi piacerebbe poter dire che non ero spaventato quanto lo fosse Jean, ma lo ero. Era dura non aver paura che un qualche demone stesse per apparire dal nulla e correre lungo il muro verso di noi.
E quello era quello a cui stavamo pensando, quando mi fermai su un'asse scricchiolante.
Come sarete in grado di indovinare, il nostro breve viaggio verso il bagno si trasformò in una corsa non intenzionale, con Jean che imprecò a destra e a sinistra per tutto il tempo.
Una volta attraversata la porta ci fermammo, il respiro affannato, e ci voltammo per guardarci. E, questa volta, fu lui ad esplodere in una risata.
“Coso, eri terrorizzato!”
Io!? Lui, su tutti, sta ridendo di me perché avevo paura? Per qualche motivo, iniziò a ridere ancora più forte. “A-allora?! Anche tu lo eri!” Non ebbe alcun effetto nello smorzare il suo divertimento, quindi mi limitai a colpirlo con la mano sulla spalla. “Vai a fare la pipì!”
Erano ormai le 23 quando, alla fine, Jean si diresse nuovamente verso il suo dormitorio. Dopo il film, passammo il tempo seduti sul mio letto, mangiucchiando il resto del cibo che Jean aveva comprato da Panera e prendendoci in giro a vicenda. Le nostre battute e scherzi giunsero ad un livello tale che quasi ci ritrovammo a combattere, ma rinunciò dopo che lo ebbi accusato di sfruttare il mio indebolimento.
Quando notammo che si stava facendo tardi, Jean emise un lamento. “Mhh... Mi chiedo cosa i miei coinquilini stiano facendo in questo momento.” Si domandò in maniera sarcastica.
“La mia offerta è sempre valida.” Gli ricordai, ma lui scosse il capo.
“Ho lezione, domattina...”
Mormorai pensieroso. “Sì, anche io.”
Jean mi guardò male. “Tu domani resti a letto, però, non ti azzardare ad andare a lezione.”
“Che noia.” Sbuffai indignato mentre mi appoggiavo al muro. “Ma sì, lo so.”
Jean scivolò giù dal letto e spinse i piedi nelle scarpe. “Se ti dicessi che domani verrò a trovarti?”
“Se mi dicessi che domani verrai a trovarmi?”
“Nel senso, cosa diresti, genio?”
Sorrisi. “Direi che mi rallegrerebbe la giornata.”
“Forte.” Disse e si mise in piedi. “Ti piace Call of Duty?”
Se mi piace Call of Duty, dice...
“Se domani porti Call of Duty, ti amerò per sempre.” Dissi.
Sorrise. “Attento, potrei crederci.” Lo guardai avvicinarsi alla finestra.
“E' buio pesto lì fuori.” Si lamentò, a cui risposi che avrebbe fatto meglio a correre velocemente.
Mi ringraziò per l'utilissimo consiglio e andò per la sua strada, augurandomi buona notte e invitandomi a “sbrigarti a guarire”. Quando la porta scattò alle sue spalle, fui lasciato con un dolce-amaro senso di vuoto.
Amaro perché da un lato non volevo che se ne andasse, e mi sentivo ancora più solo di quanto non fossi prima del suo arrivo.
Ma dolce perché mi ero divertito da morire con lui, e perché ora non vedevo l'ora che mi venisse a trovare l'indomani. Mi aveva anche fatto dimenticare quanto fossi malato; nel momento in cui se ne andò, notai un dolore paralizzante che mi pulsava nel cranio.
Chiusi la porta a chiave, tirai le tende e spensi la luce, infilandomi a letto e lasciando che le lenzuola del mio “fortino” si chiudessero. Mentre mi accoccolavo sotto le coperte, battei la testa contro il cuscino mentre strizzavo gli occhi provavo ad addormentarmi.
Se non che...
Cos'è questo odore...?
Respirando profondamente, identificai l'aroma come composto da deboli tracce do sudore e sapone economico, e... Era Axe al cioccolato? Strofinai felicemente la faccia contro il cuscino. Non mi importa cosa dice la pubblicità, pensai, le ragazze non sono le uniche a cui piace l'odore dell'Axe, posso confermarlo.
Fu allora che realizzai che il cuscino contro cui mi stavo strofinando senza alcun ritegno era lo stesso cuscino che Jean aveva abbracciato durante tutto il film.
Aprendo gli occhi e lanciando occhiatacce nel buio, mi ritrovai a chiedermi se mi sarei dovuto preoccupare del fatto che trovavo il suo odore così confortante, e che stavo cercando di inalare l'intero cuscino, ma alla fine, ero troppo stanco per curarmene.
Quella notte mi addormentai respirando l'odore di Jean.
Il giorno seguente fui sorpreso di scoprire che avevo dormito fino alle due del pomeriggio e fui svegliato dalla suoneria dei messaggi.
(3) Nuovi Messaggi
Da: Jean
hey, stase è una buona sera per passare la sera da te?
Da: Jean
...nn stai ancora dormendo, vero?
Da: Jean
svegliati, cazzo, bell'addormentato
Roteai gli occhi e digitai la mia risposta.
A: Jean
Aw, pensi davvero io sia bellissimo? Sei così dolce.
Da: Jean
rispondi alla maledetta domanda
A: Jean
Te l'ho già detto due volte, sei libero di restare quando vuoi. Certo che puoi passare la notte qui. :)
Da: Jean
fico
Il mio stomaco fece una capriola quando registrai che Jean non se ne sarebbe dovuto andare, quella sera, e con un improvvisa ondata di energia non tipica di una persona nelle condizioni in cui mi trovavo io, saltai giù dal letto e mi diressi verso le docce.
Jean arrivò quella sera con la sua borsa e le lenzuola arrotolate, Xbox 360 al seguito. Come prima cosa, connettemmo la Xbox alla televisione, anche se a dire il vero Jean fece la maggior parte del lavoro mentre io guardavo i giochi e ammiravo quelli con cui avrei voluto giocare.
“Connie si incazzerà quando scoprirà che ho portato via la Xbox, ma questo è il prezzo da pagare per aver fatto puzzare la nostra camera di erba. E comunque è la mia Xbox.” Rifletté.
Prima ancora che mi lasciasse giocare, insistette perché smontassimo i letti, e io acconsentì, raccontandogli che avevo sbattuto la testa contro il letto di sopra molte volte. Lui, di rimando, si meravigliò della mia pigrizia per non averlo fatto prima.
Quella sera spostammo il suo letto vicino alla finestra, accanto alla scrivania libera, e ordinammo tre pizze pollo e bistecca. Appena dieci minuti dopo il loro arrivo erano state divorate.
Call of Duty occupò la maggior parte della serata, e giocammo fino a mezzanotte, quando eventualmente ci ritrovammo a fare la lotta dopo che le nostre prese in giro erano andate troppo oltre il limite. Non ci fu un vero vincitore, ma decisi che se fossi stato bene lo avrei battuto alla grande.
Ci addormentammo poco dopo.
La mattina arrivò in fretta, e scoprii che Jean era mattiniero... Mi lanciò un cuscino in testa alle otto e si lamentò ad alta voce di come sarebbe morto di fame e di come sarebbe stata colpa mia. Strisciai ancora di più sotto le lenzuola e gli dissi che non aveva bisogno che lo imboccassi, ma l'unica cosa che ottenni fu Jean che tirava via le coperte e che mi tirava giù dal letto dai piedi.
“Sai come sono prima che io prenda il caffè, Marco.” Mi ricordò, il suo tono basso ed intimidatorio.
La sveglia più interessante che avessi avuto in parecchio tempo.
Quel sabato era fresco e grigio, completo di pioggerellina ghiacciata che ci inzuppava i capelli e di nuvolette di vapore che uscivano dalle nostre labbra con ogni respiro.
Facemmo colazione, Jean ingurgitò il suo caffè con incauto abbandono e si lamentò quando il liquido lo bruciò. Passammo una buona parte di quella giornata parlando semplicemente di scuola e famiglia: Jean veniva da una famiglia ricca ma non aveva fratelli o sorelle, e apparentemente non era per niente in buoni rapporti con i suoi genitori.
“Provano troppo a controllare la mia vita, e non è loro da controllare, capisci?” Disse, e continuò dicendomi quanto spesso litigava con suo padre, mentre sua madre a volte lo ignorava completamente. “Sono convinto che siano più preoccupati della loro reputazione che del mio benessere.” Mi assicurò che i suoi problemi familiari non lo turbavano, però, e che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Quindi gli dissi della mia famiglia – avevo un'adorabile sorellina di quasi sei anni chiamata Marie e i miei genitori avevano divorziato da poco. Io e mio padre litigavamo ogni tanto, ma non era niente di ché, mentre mia mamma era molto dolce – mi lamentavo spesso che mi trattava ancora come un bambino.
“Sei un cocco di mamma.”
“Non lo sono!”
“Sì che lo sei.”
“Arrgh!”
“Hahaha!”
Il pomeriggio tornammo al mio dormitorio e giocammo ancora, finché Jean non annunciò che avrebbe passato ancora la notte lì e che aveva portato vestiti per un'altra notte. “Avevi programmato di passare tutto il weekend qui dall'inizio, vero?” Constatai, e lui non negò.
Gli lasciai prendere il mio bagnoschiuma e shampoo per la doccia (“Perché hai uno shampoo da femmina?” “L'ha comprato mia mamma!” “Cocco di mamma.”) e dopo che entrambi ci fummo ripuliti, passammo il resto della serata a parlare e ordinare pizza.
Chiaramente, quando passi tutto il weekend con qualcuno ed inizia a farsi tardi, inizi a parlare di cose piuttosto personali...
Eravamo stesi sul mio letto a fissare il soffitto, le nostre gambe piegate sul lato del letto e i piedi penzolavano sul pavimento mentre parlavamo.
“Hey... Marco?” Jean disse sommessamente dopo alcuni minuti di silenzio.
“Hm?” Dissi, ugualmente sommessamente.
“Mi chiedevo... Con chi altro passi il tuo tempo? A parte me?”
Sentii le mie sopracciglia aggrottarsi mentre mi concentravo su un truciolo di vernice sul soffitto. “Huh... Perché lo vuoi sapere?”
Lo sentii stringersi nelle spalle. “Curiosità...”
Lasciai andare un sospiro. “Mmmm, se vuoi davvero saperlo... Qui a Trost? Nessuno.”
Deglutii e mi preparai alle prese in giro di Jean, a sentirlo chiamarmi uno sfigato senza amici... Ma non lo fece.
“Oh.” Quasi sussurrò. “Come mai?”
Aggrottai le sopracciglia mentre pensavo. “Beh... Non fraintendermi, non è che ho passato tutta la vita senza avere amici. Ho un sacco di amici a casa. Ma sappiamo tutti quanto le amicizie da scuola superiore durino...”
Mi voltai e vidi Jean che fissava il soffitto, i suoi cappelli biondo scuro contro le mie lenzuola, e indossava nuovamente il suo solito cipiglio. Annuì, e ancora non si voltò verso di me, così tornai a fissare il soffitto.
“E' che... Non sono coinvolto in niente. Non prendo parte alle attività dei club o ai party delle confraternite o chiesa... E non so se hai notato, ma non mi piace molto uscire dalla mia zona sicura. Non mi pesa parlare con la gente, ma da quando sono qui semplicemente... Non lo faccio.”
Jean emise un suono a labbra chiuse, pensieroso. “Ma siamo qui ormai da un mese e mezzo... Non ti senti solo?”
Mi strinsi nelle spalle. “Sto bene senza essere particolarmente socievole, ma... Sì, un po'.” Sospirai mentre una presa invisibile mi stringeva il petto. “E' per questo che vorrei avere un coinquilino, capisci? Ti invidio, in un certo senso... A me piacerebbe avere tre coinquilini.”
Jean si voltò e mi sorrise. “Preferibilmente non coinquilini che fanno un sacco di casino durante la notte, giusto?”
“Giusto.” Dissi, trattenendo una risata priva di allegria.
“Beh,” Jean disse. “Va bene se non esci con tanta gente. Io sono l'unico amico di cui hai bisogno, no?”
“Perché chi ha bisogno di un amico che non sia Jean Kirschtein?” Dissi sarcastico.
“Esattamente.”
Il silenzio calò di nuovo, e questa volta fui io a spezzarlo.
“Jean?”
“Sì?”
“Tu con chi passi il tempo? Sai... Oltre a me.” Gli rivolsi la sua stessa domanda.
“Hmmmm... Chi davvero.” Pensò ad alta voce. “Nessuno.”
Mi voltai per guardarlo. “Neanche i tuoi coinquilini?”
“Non proprio...”
“Ma con loro ci vivi!”
“Solo perché vivi con qualcuno non significa che siate automaticamente migliori amici, no. Voglio dire, sono okay e tutto, però...”
“Però... cosa?”
Jean semplicemente scosse la testa, aggrottando le sopracciglia ancora di più. “Non... Non è niente.”
Non sembrava avesse voglia di condividere i suoi pensieri, quindi non cercai di estorcergli ulteriori informazioni. “Anche tu ti senti solo, quindi?”
“Beh, tutti si sentono soli, è naturale, no? Ma... Dal momento che vivo con altri tre ragazzi, mole volte cerco di ritagliarmi qualche momento di solitudine. Dubito di sentirmi solo come te...”
“Ma ti senti solo lo stesso?” Insistetti, e lo guardai annuire, i suoi occhi ancora fissi sul soffitto. “Un sacco.”
La presa sul mio petto si strinse in maniera quasi dolorosa, quindi spostai lo sguardo e lo fissai al soffitto. Premetti il gomito contro il suo braccio in maniera scherzosa, ignorando la sensazione. “Beh, non c'è problema, perché tu hai me, no? Puoi passare il tempo con me quando ti senti solo.”
“Vero.” Disse, e un'occhiatina di lato mi permise di vedere che ora stava realmente sorridendo. “A dire il vero, non mi sento solo quando sono con te.”
Strizzai gli occhi mentre guardavo la pittura scrostata, confuso. “Beh, ma è chiaro! Siamo amici, è ovvio che non ti senti solo quando sei con gli amici...”
Jean non disse nulla, e questo mi spaventò.
“Uh... Jean? N-noi siamo amici, giusto?”
“Che? Oh, ma certo! Non devi neanche chiederlo... Non è che passo weekend interi con chiunque, sai.”
Una sensazione di calore si diramò nel mio petto quando lo disse... Era piacevole. Le sue parole mi fecero sentire speciale.
Poi disse. “Siamo due sfigati solitari, quindi dobbiamo stare insieme, okay?”
In quel momento supplicai in silenzio che qualunque fosse l'entità che controllava il mio destino e l'universo che io e Jean non fossimo separati... Che la nostra amicizia non si disfacesse.
Ci addormentammo così: sul mio letto, uno affianco all'altro.
Note di Lownly
//Sospira sognante.
E' stato divertente, ragazzi. Sapete che ho effettivamente guardato 'Insidious' ieri sera e mi sono annotata come pensavo quei due avrebbero potuto reagire durante il film? L'ho fatto. Ho scritto molto più di quanto io abbia scritto qui, ma queste sono le più eclatanti.
Spero che vi sia piaciuto leggere questo capitolo tanto quanto a me è piaciuto scriverlo.
<3
(Ora a lavorare sul POV di Jean... huehuehhuehue)
Note di Ananke
Ce l'ho fatta! Scusate l'interminabile attesa, ma tra università, esami e tesi sono rimasta un po' indietro con tutto. Spero, e cercherò, di metterci meno per postare il POV di Jean, ma se non ce la dovessi fare, vi prego di perdonarmi.
Un ringraziamento a Valentina per il betaggio e per sopportarmi (<3).
Potete trovarmi su tumblr: ananked.tumblr.com
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