Un respiro dolce dolce... di CassandraLeben (/viewuser.php?uid=42554)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I soliti inconvenienti ***
Capitolo 3: *** Port Angeles ***
Capitolo 4: *** Decisioni e conseguenze ***
Capitolo 5: *** Baci e aspirine ***
Capitolo 6: *** Sii felice... ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 8: *** Giocare ***
Capitolo 9: *** Sogni ed insalata ***
Capitolo 10: *** Carta igienica azzurra e capelli viola ***
Capitolo 11: *** Lividi ***
Capitolo 12: *** Rose rosse a colazione. Fiori bianchi in mano alla morte. ***
Capitolo 13: *** Crisi di panico e bagni gelati. ***
Capitolo 14: *** Padri impiccioni, morali bislacche e pigiami colorati... ***
Capitolo 15: *** Madri, figlie e sorelle ... ***
Capitolo 16: *** Ultimi giorni ***
Capitolo 17: *** Addii e inizi ***
Capitolo 18: *** Oltre quei cinquanta metri ... ***
Capitolo 19: *** Sangue di Vergine ***
Capitolo 20: *** Oltre il confine ***
Capitolo 21: *** Ti amo. Ora e per sempre. ***
Capitolo 22: *** Lontananza ***
Capitolo 23: *** Cicatrice ***
Capitolo 24: *** Al chiarore della luna ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
<
Ancora trenta metri. Trenta dannatissimi metri e poi, poi …
Oddio!
Cosa dovevo dire? Non mi ricordo più! >
Mi
bloccai al centro della navata formata dai
centinaia di fiori bianchi disposti intorno al lungo tappeto rosso su
cui stavo
camminando, tremando come una foglia. Povero Charlie, gli stavo
stritolando il
braccio. < Su, Bells, non preoccuparti. Andrai benissimo.
> La voce di
mio padre, commossa, mi diede un po' di forza. Feci alcuni passi in
avanti
attenta a non inciampare nel vestito. Il velo dietro di me frusciava
dolcemente
nel silenzio generale. Alzai lentamente lo sguardo e vidi lui, girato
di
spalle, che mi attendeva in fondo alla scia di fiori. Davanti a lui
Emmett,
fasciato in un elegante vestito da gala, mi sorrideva rassicurante, mi
sentii
meglio e mi voltai a destra. Jasper mi stava fissando
intensamente, con
un sorriso allegro sulle labbra. Con lui nei paraggi era meglio non
fidarsi
delle proprie sensazioni. Respirai a fondo e ce la misi tutta per
arrivare
all'altare tutta intera, un passo dietro l'altro.
…
Volevo ringraziare tutte coloro che
avessero letto “Un giorno di pioggia”, sempre su Twilight, e in particolar modo:
BellaBlack
(scusa ma non ero riuscita ancora a inserire la storia correttamente
quando hai
commentato)
Elyxyz
(Vale la stessa scusa di sopra)
Momob
pinefertari85
PANSY4EVER
PenPen
AnimaDannata
Grazie per aver commentato!
Grazie anche a Laura e Clarissa che
mi consigliano sempre e
si sopportano le mie sclerale!( Clari, scusa se ho usato il tuo nome
per l’infermiera.
Prendila come quello che è: una sorta di dedica. E tu,
Laury, non devi
preoccuparti. Toccherà anche a te…)
Grazie infine a tutte coloro
che
recensiranno o anche solo leggeranno le mie storie.
|
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Capitolo 2 *** I soliti inconvenienti ***
<
Edward, sto bene … non è il caso che ti preoccupi
in questo modo ! >
<
Sì, sì. Adesso però stai zitta .
>
Quando
Edward faceva così era proprio insopportabile .
Correvamo,
o meglio, correva con me in braccio, a quella che per i
miei standard ancora tristemente umani era una velocità
inaudita, giù per la
montagna, schivando gli alberi che ogni volta parevano sfiorarci
pericolosamente.
Chiusi
gli occhi e cercai di respirare con la bocca. L'odore del
sangue mi dava un fastidio tremendo e non sapevo se la nausea fosse
dovuta alla
velocità incredibile o ai rivoli rossi che mi attraversavano
il volto e
macchiavano la mia camicetta. In bocca sentivo un tremendo sapore di
ferro e
sale … disgustoso. Il mal di testa era probabilmente dovuto
alla fasciatura
improvvisata e un po' troppo stretta che mi aveva fatto Edward. Il suo
bel
maglioncino color panna era irrimediabilmente rovinato. Un vero spreco
a parer
mio.
Poggiai
il capo sul suo petto freddo e duro ma allo stesso tempo
accogliente.
<
Ti senti male? > La sua voce era tesa, preoccupata.
<
No, per la centesima volta. Sto bene. Le ferite al capo
… >
<
… Sanguinano molto. Lo so. Guarda che ho due lauree in
medicina. >
<
Ecco, e allora perché mi esasperi l'anima in questo modo?
>
<
Non è colpa mia se ti fai sempre male . >
<
Guarda che se non fosse stato per quella radice non sarei
inciampata, e non è di certo colpa mia se
quel sasso si trovava proprio
dove ho sbattuto il capo. È la mia solita fortuna
…>
<
Hai ragione, avrei dovuto fare attenzione . >
<
Ti prego, non ricominciare con la solita storia. Non può
essere tutto colpa tua. Ora, se proprio ci tieni, portami a
casa tua.
Carlisle mi darà un paio di punti e via, fine della storia.
>
<
Carlisle ed Esme sono a caccia. Ma vedrai che il dottor
Gerandly ti rimetterà a posto in un secondo.
>
No,
all'ospedale no. Charlie si sarebbe preoccupato per nulla e io
avrei dovuto riempire centinaia di moduli per l'ennesima volta. Con
tutte le
volte che ero stata lì, avrebbero potuto tranquillamente
fotocopiare i miei
dati.
Non
feci in tempo ad elaborare questo mio ultimo pensiero che
improvvisamente Edward smise di correre. Me ne accorsi
perché i miei capelli mi
ricaddero morbidi sulle guance. Tranne quelli incrostati di
sangue
naturalmente. Quelli mi si erano incollati al volto.
Aprì
una porta tenendomi sempre in braccio e fece alcuni passi.
Riconobbi l'odore tipico e familiare dell'ospedale: Disinfettante.
Circa
cinque secondi dopo sentii Edward parlare con il suo tono
seducente:
<
Scusi Clarissa, non è che potrebbe aiutarci? Isabella
è
caduta e credo abbia bisogno dei punti … i moduli li
riempirò dopo, mentre
attenderemo l'esito delle analisi …>
Come
diavolo faceva ad essere così sexy la sua voce? Alzai una
palpebra e tanto mi bastò per scorgere una giovane
infermiera arrossire
violentemente e coprirsi il volto fino agli occhi con una cartella
clinica, per
nascondere le gote diventate bordeaux. Era giovane, era
carina, e Edward
la stava incantando con il suo sguardo ammaliatore. Poveretta.
Lei
fece cenno di sì e disse:
<
Certo Edward, seguimi . vuoi che ti porti una barella? >
<
No, la tengo in braccio. > Rise sotto i baffi. gli
lanciai uno sguardo indagatore e lui se ne accorse. si chinò
in avanti e mi
sfiorò la punta del naso con le sue labbra fredde. <
Ti amo, ma sarà meglio
che ti lavino la faccia. Sei una tentazione insostenibile
così. >
<
Se vuoi cammino. Così, se mi allontano, potrai ricominciare
a
respirare. >
<
Te ne eri accorta? > < Certo. Che cosa credevi? >
<
No,niente. comunque , preferisco portarti io. > la nostra
conversazione sussurrata venne interrotta da Clarissa che, con una nota
di
rammarico nella voce ci disse:
<
Ecco, Edward … oggi tuo padre è di riposo
> Mi parve di
cogliere un sospiro triste nella sua voce. < Si
occuperà di voi il dottor
Walters. Beh, allora a presto. Se avrete bisogno di me non esitate a
chiamarmi.
> Così dicendo si fermò davanti alla porta
di uno studio del pronto
soccorso. Bussò, entrò e dopo circa un minuto ci
fece entrare. Lanciò un ultimo
sguardo carico di ammirazione verso Edward e uno denso d'invidia verso
di me.
Tre secondi dopo il mio meraviglioso Edward mi mise
su un lettino e quel
medico dall'aspetto gracilino mi esaminò la fronte. Sciolse,
con un po' di
fatica , la fasciatura e mi passò un batuffolo di cotone
imbevuto di
disinfettante sulla ferita. In circa 2 ore riuscirono a
dimettermi dal
pronto soccorso. Edward teneva in mano le mie radiografie e continuava
a
sghignazzare. Io me ne stavo seduta in sala d'aspetto in attesa che
Alice
venisse a prenderci in macchina.
Già
mi immaginavo la faccia di Charlie al mio rientro. Ogni volta
che tornavo a casa un nuovo cerotto si era aggiunto alla collezione ma
stavolta
sembravo una reduce di guerra. Possibile che avessero dovuto farmi una
fasciatura così vistosa? In fondo otto punti non sono poi
così tanti …
Mentre
ero immersa nei miei pensieri due labbra fredde mi
accarezzarono le guance. Arrossii.
Chiusi
gli occhi e mi appoggiai alla sua spalla. Sentii le sue
mani scorrermi lungo la schiena e percorrermi il volto. Le
sue dita si
strinsero su quelle della mia mano destra, che giaceva inerme sul mio
ginocchio.
<
Tutto a posto? > la sua voce mi faceva mozzare il
fiato e il suo respiro perdere la testa.
Sorrisi
e annuii. Sentii il suo braccio stringermi al suo corpo e
le sue labbra sfiorare le mie.
<
Perché prima ridevi? > Domandai a un certo punto.
<
Perché Clarissa ha pensato una cosa molto divertente.
>
<
Che cosa? > < Ha immaginato quanto le sarebbe piaciuto
trovarsi al tuo posto tra le mie braccia, anche con la testa spaccata a
metà,
purché in braccio a me. Aveva creato un'immagine alquanto
vivida. >
Annuii
contrariata. Perché tutte desideravano il mio ragazzo? Beh,
forse perché era bellissimo, dolcissimo,
affettuosissimo, sensualissimo
… potrei continuare all'infinito.
Però,
chissà quante di loro, se avessero saputo la
verità,
sarebbero state disposte a stargli accanto? Amare Edward era la cosa
più bella
che avrebbe mai potuto capitarmi ma il prezzo che io ero disposta a
pagare
forse ad altre sarebbe parso troppo alto. Nessuna lo conosceva come me.
Il
nostro non era semplice amore. No, era indiscutibilmente qualcosa di
molto,
molto più grande. Una relazione come la nostra era basata su
legami che alla
maggior parte delle persone potrebbero sembrare impossibili da
concepire. Il
nostro era un sentimento che trascendeva le nostre differenti nature e
che
avrebbe attraversato il tempo. Perché quando si prova quello
che Edward mi
trasmette, ci si rende conto che c'è qualcosa che va oltre
il conoscibile.
<
Bella, amore, è arrivata Alice. >
Aprii
gli occhi e vidi Edward che mi guardava preoccupato.
<
Sei sicura di sentirti bene? >
Pensandoci
bene, anche lui aveva i suoi difetti. Era un po' troppo
protettivo, si sarebbe sentito in colpa anche si mi avesse colpito un
fulmine,
si preoccupava anche quando starnutivo. A sua discolpa però,
c'era la
consapevolezza di sapere che lui mi vedeva come una sorta di bambolina
di
porcellana. Bella, e questo lo vedeva solo lui, e immensamente fragile.
In
risposta alla sua domanda sollevai il capo e appoggiai le mie
labbra sulle sue. Mi parve piacevolmente sorpreso.
<
Insomma, sono venuta apposta a prendervi. Se volevate un
posto tranquillo dove pomiciare, potevate scegliervene un altro.
L'ospedale non
mi pare proprio la scelta più adatta.
<
Ciao Alice. > Sussurrò Edward staccandosi
controvoglia dalle mie labbra. Sicuramente lei lo aveva sentito tanto
che
rispose: < Sì, sì. Ciao. Muovetevi. Non ho
voglia di rimanere qui tutta la
giornata. Ah, Bella …>
Il
suo tono di voce improvvisamente entusiasta mi fece paura.
Quando voleva, Alice sapeva essere davvero spaventosa. < Bella,
ti va di
venire ad Olympia con me? Dobbiamo andare a comperare alcune cose per
il gran
giorno … >
Ecco,
lo aveva fatto. Aveva pronunciato la frase fatale. Sentii il
pavimento, la sedia e tutto il mio corpo sprofondare sotto terra. Per
fortuna
il mio angelo disse:
<
Alice, per favore. Lasciala in pace. > <
Edward,
non puoi monopolizzare Bella in questo modo. Ho bisogno di lei per
scegliere
gli ultimi dettagli. > < Alice, sono io che sto per
sposarla. Non tu.
> < Lo so, lo so. È solo che ormai manca
così poco … A proposito Bella,
sarà il caso che tu faccia più
attenzione a dove metti i piedi. Non
vorrai che il giorno della cerimonia Charlie sia costretto ad
accompagnare
all'altare sua figlia con una gamba rotta … >
Talvolta
Alice sapeva essere peggio che terribile.
Il
matrimonio. Come faceva ad essere ormai così vicino? Ancora
solo due settimane
Ebbi
un conato di vomito causato dalla tensione improvvisa. Chiusi
gli occhi e mi appoggiai allo schienale della scomoda poltroncina di
plastica.
Sentii Edward irrigidirsi di fianco a me.
<
Bella? >
<
Che c'è? > chiesi esasperata.
<
Che Hai? >
<
Niente, voglio tornare a casa. >
Le
sue forti braccia marmoree mi cinsero in un abbraccio tenero e
rassicurante. < Mia o tua? > Mi domandò
malizioso. Lo guardai negli
occhi e sussurrai: < Dov'è la differenza? >
Mi
scompigliò i capelli e sorrise. Si alzò e mi
porse la mano. Io
l'afferrai e mi ritrovai stretta tra le sue braccia. I suoi occhi color
caramello fissi nei miei.
Sentii
Alice sbuffare.
Salimmo
in macchina. Edward si era accomodato insieme a me, sul
sedile posteriore e continuava ad accarezzarmi i capelli.
Improvvisamente
mi chiese: < Bella, dove ti piacerebbe andare
in viaggio di nozze?>
Lì
per lì rimasi interdetta. Lo squadrai in faccia e lui
sorrise
colpevole.
<
E dai, amore … quindici giorni in più, cosa vuoi
che siano?
In fondo la luna di miele è compresa nel matrimonio
… E ti prometto che la
prima sera … >
<
Edward! > Urlai scandalizzata e rossa di vergogna. Va bene
che Alice era la mia migliore amica, anzi, era ormai praticamente mia
sorella
ma di certe cose avrei preferito non parlarle. Non per adesso almeno.
<
Allora? L'unica cosa, eviterei luoghi molto soleggiati,
vorrei evitare spiacevoli inconvenienti … >
<
Dobbiamo proprio? > sebbene la mia voce fosse scocciata,
non mi dispiaceva affatto l'idea di passare quindici giorni da sola con
lui. Il
luogo non aveva alcuna rilevanza. Avremmo potuto anche andare in una
grotta che
non mi sarebbe importato. Edward interpretò il mio
silenzio nel modo
sbagliato e mi sussurrò all'orecchio : < E se la
prima volta ci riusciamo,
potremo provarci ancora … Solo altri quindici-venti giorni
…>
<
Ehi! Non esagerare . comunque, a me va bene qualsiasi posto,
basta che non faccia troppo freddo e che a te piaccia
…> < Grazie.>
Alzai lo sguardo e incontrai il suo. Mi parve davvero, davvero felice
della mia
risposta. C'era un'ombra di tristezza nei suoi occhi però.
Gli presi la mano e
glie la portai sul mio cuore.
<
Anche quando questo mio cuore non batterà più,
non potrò
smettere mai di amarti. So che non sarò più calda
e morbida ma in
compenso non dovrai più fare attenzione quando anche solo mi
sfiori. Non dovrai
più annoiarti aspettando che mi svegli.> <
Guardarti dormire è un piacere
per me infinito paragonabile solo a quello che mi trasmette il calore
della tua
pelle e il battito del tuo cuore è il suono più
dolce che io abbia mai udito.
Sapere però che, rinunciando a tutto questo, potrai stare
con me per sempre mi
fa sentire felice. È molto ingiusto ed egoista da
parte mia ma … >
<
Voi due, la volete piantare? >
Alice
…
certe
volte …
Sentii
Edward ridere e poi farsi improvvisamente serio.
<
Alice, non oserai? > < Certo che oso. In fondo
lo
faccio per voi. > < Bella vuole tornare a casa.
Deve riposare. >
< Avrebbe potuto riposare in macchina se non aveste giocato ai
fidanzatini
tutto il tempo, e poi Bella non oserebbe mai ferirmi in questo modo,
vero Bella?
>
Il
suo tono supplichevole mi fece stringere lo stomaco. Non
risposi ma guardai fuori dal finestrino.
Un
moto di rabbia risalì il mio stomaco. Eravamo a
Port
Angels …
<
Alice …> Implorai io
<
Bella …> mi fece eco lei
<
Edward !> gridai con i lacrimoni che mi colmavano
gli occhi. La rabbia, che brutta cosa …
<
Vedetevela voi. > Così dicendo uscì
dall'auto.
Lo seguii ben decisa a
non guardare Alice. |
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Capitolo 3 *** Port Angeles ***
Grazie a chiunque abbia
letto il primo capitolo! Un ringraziamento
speciale a
BellaSwan95
alice
brendon cullen
Clhoe
pazzerella_92
HopeToSave
Grazie per aver lasciato
un commento! Visto che velocità,fiction
aggiornata a tempo di record!
Sprecammo
buona parte del pomeriggio tra i negozi più cari della
cittadina. Le mie proteste sarebbero state più
efficaci se affidate al
vento.
Verso
le cinque, al mio ennesimo rifiuto a fermarmi in un bar per
mangiare qualcosa, Edward mi prese per le spalle e mi disse con voce
suadente:
< Ora noi entriamo,
tu ti
siedi e ordini un panino. >
<
non ho fame. Non entrerò nel bar e non ordinerò
nessun panino. Se
vuoi farlo tu … sappi però che io non lo
mangerò, anzi … questa sera vorrò
proprio godermi lo spettacolo di te che tossisci fuori tutto. >
Il
mio tono di voce, sebbene neanche lontanamente accattivante come il
suo, parve convincerlo tanto che mi liberai dalla sua presa ferrea,
anche
perché lui me lo permise.
Alice
ci sorrideva felice come una pasqua. Teneva fra le mani non so
quanti sacchetti e sacchettini colmi delle cose più inutili
che la mente umana
avesse potuto concepire ma che evidentemente parevano assolutamente
necessarie
a quella vampira con l’aria da invasata .
<
Abbiamo quasi finito! > ci annunciò tutta contenta.
< Manca
ancora qualcosa però. Ad esempio, sarà utile
entrare qui. > Osservai il
negozio e avvampai. La scritta " Intimo per lui e per lei " in
caratteri svolazzanti era ben visibile davanti a numerosi completini a
dir poco
audaci esposti in vetrina. Sicuramente Edward sarebbe
sembrato un dio in
quei boxer neri ma io in quel corpetto sarei parsa a dir poco ridicola.
La
sadica vampira ci trascinò nel negozio. Tra me ed Edward
però la più
in imbarazzo ero io.
Tutte,
dico tutte, le donne presenti nel negozio si voltarono ad
ammirarlo e io mi sentii fuori posto lì, fra le sue braccia.
Così insignificantemente
normale.
Lo
vidi osservare un completo blu scuro. Mi sussurrò
all'orecchio: <
Ti piace? > Totalmente inebetita non riuscii a fare altro che
annuire. Lui
mi sorrise e mi baciò delicatamente la fronte, la fasciatura
e le sopracciglia.
Il contatto con la sua pelle ghiacciata diede sollievo al bruciore che
aveva
seguito l'esaurirsi dell'effetto dell'anestesia.
Facendomi
coraggio mi allontanai da lui e afferrai i boxer neri che
avevo visto in vetrina.
<
E tu che ne dici di questi? > Mi sorrise, ammaliatore.
<
Ti piacciono? >
Mi
chiese. < Sì …
> Risposi io,
tendendo lo sguardo incollato al pavimento. Me li sfilò
dalla mano e li osservò
per qualche istante per poi infilarli nel cestello accanto al "mio"
completo. Arrossii.
Ci
aggirammo per il negozio per circa un altro quarto d'ora e riempimmo
il cestino con camicette da notte di vari colori,reggiseni,
mutandine,boxer …
Alice
per fortuna se ne era uscita quasi subito. Doveva comprare
ancora qualcosa di cui non voleva parlarmi. Sperando che non fosse
niente di
terribilmente Alice's style .
Alla
cassa mandai Edward a pagare per due motivi fondamentali:
Primo:
non volevo sapere quanto avessimo speso.
Secondo:
morivo di vergogna.
Ad
osservarlo da lontano, mi accorsi che era impacciato nei movimenti.
Non era proprio da lui …
Quando
la cassiera,intenta ad osservare ogni centimetro visibile di
Edward, gli porse il sacchetto con dentro la biancheria, notai che lui
lo prese
con mano impercettibilmente tremante. Le fece un sorriso che avrebbe
potuto far
innamorare anche un cucchiaino cieco e si girò verso di me. Il mio angelo in terra mi
venne vicino, mi
porse la mano come sempre e io, come sempre, l’afferrai e la
strinsi con tutta
la forza che avevo in corpo.
Mi
sfiorò i capelli con le sue dita gelate e mi
sussurrò: < Ti porto
fuori a cena. >
<
Non è una domanda, vero? > < Direi di no.
> < Davvero
Edward, non ho fame. Forse è per l’agitazione
… non saprei. Dai, torniamo a
casa. >
<
Non va bene saltare i pasti in questo modo. >
Decisi
di non dargli minimamente retta e presi a camminare dritto
davanti a me. Dritto finche la strada non si piegò assumendo
una strana
angolazione. No, non era la strada che si era piegata, ero io che mi
ero
ritrovata a 10
cm
dal ciottolato del centro-città. Edward mi aveva afferrata
prima che la mia
testa andasse a picchiare contro il marciapiede.
Dopo
neanche mezzo secondo ero nuovamente in piedi. Lui mi teneva un braccio
saldo intorno al bacino. Quando parlò mi stupì il
tono della sua voce: <
Vieni. >
Mi
guidò fino ad un bar e mi ordinò un toast. Si
fece dare un sacchetto
e ci infilò dentro la mia “cena”.
Pagò e mi condusse fuori. Non ribattei
niente. Lo scrutai in volto e non riuscii ad interpretare il suo
sguardo. Era
un misto di collera, preoccupazione e tristezza.
<
Edward? >
<
Sì? >
<
Sei arrabbiato. >
<
No. > Proprio non lo sopportavo quando rispondeva a monosillabi.
Mi
mostrò con un gesto fluido della mano una panchina davanti
all’oceano. Mi sedetti e lui fece lo stesso. Certe volte mi
trattava come fossi
una bambina e questo mi faceva sentire sottovalutata.
Lui
parve accorgersi che qualcosa non andava perché, con un
movimento
talmente veloce da non poter essere colto dai miei occhi, mi
portò a sedere
sulle sue gambe e mi abbracciò dolcemente.
<
Ti ho messa a disagio? > Chiese con il più soave dei
toni.
Scossi
la testa e la posai nell’incavo del suo collo. A separare le
mie
guance dalla sua pelle gelida c’era solo la sua maglietta di
cotone.
Mi
accarezzava il capo lentamente e sentivo che respirava il mio odore.
<
Amore? > Quando mi chiamava in quel modo mi sentivo sempre
tremare, e non di freddo.
Alzai
lo sguardo fino ad incontrare il suo.
<
Mi faresti un favore? Per farmi felice? > Ma come diavolo faceva
a scatenare in me tante di quelle emozioni da farmi perdere la testa
con appena
una frase?
<
Non devi neanche chiederlo. > risposi immediatamente.
Mi
sorrise e con un gesto fulmineo mi mise davanti agli occhi il
“mio”
toast.
Lo
guardai contrariata. Sapeva che mi aveva ingannata e si vedeva dal
suo sorriso colpevole, d’altri tempi. Sbuffai ma non potei
fare altro che
afferrare quel piccolo involucro argentato.
Lo
scartai e diedi un morso. Devo dire che non era male.
Mentre
mangiavo osservavo il mio fidanzato, parola difficile anche a
pensarla, e lui osservava l’oceano tenendomi stretta tra le
sue braccia.
Quando
ebbi finito di mangiare, mi sfilò la carta dalle dita e se
la
infilò in tasca. Nessuno
dei due parlava
mentre osservavamo le onde infrangersi sulla spiaggia, sotto una densa
coltre
di nubi.
<
Ti fa male la testa? > mi domandò di punto in bianco.
Protettivo
come sempre.
<
No, i punti tirano un po’ ma non è niente. Ormai
ci sono abituata.
>
Sospirò
e mi fece scendere con delicatezza dalle sue ginocchia.
Mi
baciò sulle labbra con passione e un po’ meno
tranquillità del
solito.
Sentivo
le sue braccia scorrermi sulla schiena ed accarezzarmi le
spalle.
Allontanò
il suo volto dal mio per permettermi di respirare il suo
sospiro.
Con
una mano mi portò dolcemente il capo all’indietro
e mi riempì il
collo di baci.
Mentre
le sue labbra sfioravano la mia pelle, che a ogni suo tocco
s’infiammava, sussurrò con voce turbata:
<
sei così … fragile, delicata. Così
maldestra. Cosa devo fare con
te? >
Non
risposi. Mi strinsi a lui in un abbraccio ancora più intimo.
Mi
stava cullando affettuosamente quando il mio telefonino, con un
tempismo a dir poco impeccabile, cominciò a squillare.
Mi
sciolsi a malincuore dall’abbraccio e presi il telefono. Il
numero
sullo schermo mi informò che era mio padre.
Già,
Charlie. Poverino. Ecco, questa era la conseguenza più
dolorosa
della mia scelta. Dover dire addio alle persone che mi volevano bene,
dover
dire addio ai miei familiari.Edward fece per sfilarmi dalle mani il
cellulare
che ancora squillava. Io strinsi le mie dita intorno a
quest’ultimo. Era meglio
che a rispondere fossi io. Non ci tenevo a sentire le urla di Charlie.
Diciamo
che non era entusiasta della faccenda matrimonio ed io non
riuscivo, in cuor mio, a dargli torto. Io avevo accettato la proposta
unicamente per far felice l’unico amore della mia esistenza.
Charlie però
questo non poteva capirlo. Con dita tremanti schiacciai il tastino
verde e
portai il telefonino all’orecchio. Edward intanto
giocherellava con i miei
capelli mentre, tenendomi per mano mi guidava verso la porsche gialla di
Alice,
parcheggiata a una cinquantina di metri da noi, impossibile da non
notarsi.
|
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Capitolo 4 *** Decisioni e conseguenze ***
Per prima cosa, vorrei ringraziare
chiunque abbia letto i
capitoli precedenti.
Un grazie speciale per aver
commentato il precedente
capitolo a:
algin91
alice
brendon cullen
Clhoe
HopeToSave
E per aver inserito la mia storia tra
i preferiti a:
alice
brendon cullen
Ann
DarkLadyOfSouls
Djibril88
Elysion
Gocciolina
Hele91
kira988
Princesseelisil
RBAA
Ro90
Seferdi
Ed ora, vi lascio a questo capitolo che, è doveroso dirlo,
ho scritto pensando già a quello dopo. Siate clementi!!!
<
Bells, tesoro. Dove sei? > Da quando
gli avevamo detto del matrimonio, a Charlie era venuta voglia di fare
molto più
parte della mia vita. Non era molto contento che passassi tutto il mio
tempo
con il mio fidanzato. Mi diceva sempre: < Tra poco lo sposerai.
Passerai
tutto il tuo tempo con lui. Al collegge, in casa … >
E qui la sua voce si
faceva sempre un po’ più dura. < Devi
passare più tempo anche con altre
persone. Non voglio che
il vostro
diventi un rapporto morboso. > me lo aveva ripetuto talmente
tante volte che
alla fine gli avevo promesso che Edward lo avrei visto solo quando
necessario.
Il che per me equivaleva, più o meno, a un “ ogni
momento della mia vita”.
Naturalmente, questo però non glie lo avevo detto.
< Sono stata a Port Angels, con Alice. Stiamo tornando
proprio adesso. Non
preoccuparti. Ci vediamo tra circa un tre quarti d’ora.
>
<
Va bene. Allora ti aspetto. C’è qui anche Billy.
Aveva voglia di vederti. Credo
anche che ti voglia parlare. Ah, senti … come va la testa?
> < Bene papà.
Non è niente, solo un graffietto. > Forks,
detestabile, uggiosa, piccola,
provinciale cittadina in cui tutti sanno tutto di tutti. Ma la gente
non ce la
fa proprio a farsi gli affari propri?
<
Mi raccomando. Vedi di fare più attenzione. Non vorrai mica
andare al matrimonio con le
stampelle. E dì ad
Alice di non correre. > Ma
perché
erano tutti convinti che non sarei riuscita a sposarmi senza qualcosa
di rotto?
<
Si Papà, non preoccuparti. Ora scusami ma devo lasciarti.
> “Sì papà, devo
lasciarti perché Edward mi sta riempiendo di
baci.” Pensai sorridendo
<
Va bene tesoro. Allora a dopo. > .
<
A dopo. > Chiusi il telefonino con uno scatto secco. Billy.
Edward,
che non aveva smesso di accarezzarmi il volto con le labbra, mi
sussurrò
all’orecchio:
<
vuoi che venga anch’io? > < No, meglio che ci
parli io con Billy. Sai,
vorrei evitare che magari ti rivolga qualche epiteto inappropriato
davanti a Charlie.
Ah, Alice a proposito … ti
chiede di
andare piano. > < Bella … > <
Sì, sì lo so. Questo per te è piano.
>
Non
volli neanche dare un’occhiata al tachimetro. Mi bastava
guardare fuori dal
finestrino per capire che la velocità a cui stavamo
viaggiando, o forse sarebbe
più appropriato dire volando, fosse molto sostenuta: un muro
compatto di alberi
ci inseguiva ai bordi di una striscia grigia d’asfalto.
Preferii
tornare a guardare Edward. Il suo volto perfetto. I suoi capelli del
color del
rame. I suoi dolcissimi occhi caramellati.
In
circa venti minuti eravamo già a Forks. Alice
parcheggiò l’auto a circa 200 metri
da casa mia.
Edward
mi aprì la portiera e mi porse la mano per aiutarmi a
scendere. Io gli porsi la
sinistra. Dalla coltre di nubi non filtrava neanche un timido raggio
del sole
del tardo pomeriggio. Bastò però la
luce
fioca di un lampione a illuminare in uno sfavillio di pietre il mio
anello di
fidanzamento.
Sorrisi
osservandolo e sapevo che Edward faceva lo stesso. Mi strinse la mano e
me la
baciò, scendendo dal polso fino all’anello per poi
proseguire fino alla punta
delle dita. Sempre tenendo gli occhi chiusi e la mia mano per il polso,
si
passò le dita sulle guance e sulle palpebre, respirando a
fondo l’odore del mio
sangue che pulsava veloce nelle mie vene.
Mi
diede un ultimo bacio al palmo della mano e poi rientrò in
macchina.
Abbassò
il finestrino io mi appoggiai con i gomiti alla portiera. Lui si sporse
e mi
toccò la punta del naso. Mi carezzò il volto e,
soffermandosi sulla fasciatura,
mi sussurrò: < Fa attenzione. Tornerò
questa notte. > < Ciao … >
< Ti amo. > < Anch’io. > <
Io di più. > < Ma piantala.
> mi sporsi improvvisamente e gli diedi un bacetto sulla fronte.
Mi voltai
velocemente e andai verso casa alzando il braccio e muovendolo
lentamente a mo’
di saluto.
Alice
mi gridò con voce allegra: < Bella, quando Billy esce, vengo a trovarti. Ci vediamo
dopo. >
<
Va bene, a dopo. > La mia voce non era altrettanto entusiasta ma
lei sembrò
apprezzare la risposta. Diede voce al motore e in un rombo assordante
la porshe
dal giallo abbagliante sparì dietro l’angolo.
Immaginandomi
come sarebbero state le prossime ore, tra Charlie, Billy e Alice, mi
venne mal
di stomaco. Quando abbassai la maniglia la mia mano tremava.
Entrai
e mi tolsi la giacca che indossavo da quel pomeriggio, dopo aver
battuto la
testa. Notai che sotto, la maglietta era un po’ sporca di
sangue. Ripensai a
Edward e sorrisi. A ben pensarci, gli stavo davvero rendendo la vita
impossibile con tutti i miei incidenti.
Quella
mattina, quando ero inciampata a pochi metri dalla nostra radura, non
avevo
fatto neanche in tempo a rendermi conto di essermi fatta male che lui
si era
già sfilato il maglioncino e me lo aveva stretto intorno al
capo. Avevo
respinto i conati di vomito e avevo aperto gli occhi, più
per calmare Edward,
che chiamava il mio nome con la voce agitatissima, che non
perché me la
sentissi davvero. Proprio come mi ero aspettata, intorno a me
c’era un bel po’
di sangue che aveva formato una piccola pozza tra le felci. Dopo avermi
medicato come poteva, Edward mi aveva fatto indossare la giacca.
Neanche
quattro minuti dopo, eravamo già a metà strada
tra la radura e la periferia
della cittadina. Avevo percepito la sua agitazione nella nostra breve
discussione e mi sentivo dispiaciuta. Per fortuna in poco tempo avrei
potuto
ovviare al problema. Sarei finalmente diventata come lui. Forte,
bellissima.
Non più fuori posto accanto a lui. Sua, finalmente per
sempre.
Tutti
questi miei pensieri furono interrotti da Charlie. Mi venne incontro e
mi
abbracciò stretta.
<
Bells, bentornata. > <
Grazie
papà. > <
Hai fame? Sto per
ordinare la pizza. Te ne andrebbe una con i funghi? > <
No, grazie. Non
ho tanta fame. Abbiamo mangiato un panino in città. >
Nel senso che io ero
stata costretta a sbocconcellare un toast sotto lo supervisione attenta
di
Edward. Di solito mi osservava mangiare. Diceva che lo divertita e che
gli
sarebbe mancato, una volta mantenuta la sua
promessa. Quel giorno i suoi occhi si erano persi
nell’immensità
dell’oceano. Ero certa che stesse pensando a me, a noi e al
nostro futuro che
sarebbe stato come l’oceano stesso. Immenso. Ogni giorno
paragonabile a una
goccia.
Non
avremmo neanche potuto contarli tanti sarebbero stati ...
Charlie
mi strinse ancora in un abbraccio goffo. Quando mi lasciò
andare mi osservò la
medicazione con uno sguardo rimproveratore.
Con
un cigolio basso, la sedia a rotelle di Billy fece capolinea da dietro
la porta
del salotto.
Il
padre di Jacob mi salutò con un cenno della mano
accompagnato da uno svogliato:
< Bella … > sussurrato a denti stretti.
Charlie
disse: < Andiamo in sala, potremo parlare meglio. >
Tutta
questa situazione mi ricordò il giorno in cui a Charlie era
quasi venuto un
infarto per colpa nostra, mia e di Edward. Già, quel giorno
…
Aveva
appena cominciato a
piovere quel giorno. Io ed Edward eravamo appena tornati dalla nostra
radura.
Charlie non era ancora
tornato a casa e noi ci eravamo accomodati sul divano.
Mi pareva che il tempo non
scorresse. Passò quasi un’eternità
prima che Charlie tornasse a casa. Ci trovò
sul divano, seduti tranquilli. Edward, seduto alla mia destra, mi
teneva un
braccio attorno alla vita. Aveva sentito mio padre arrivare e mi aveva
sussurrato, calmo e felice: < Andrà tutto bene.
È di buon umore. > mi
diede un bacio ai capelli e intrecciò le sue dita alle mie.
Charlie entrò e come al
solito chiese: < Bells? > < Siamo in soggiorno,
papà. > < C’è
anche lui? >
< Sì papà, c’è anche
Edward. > forse calcai un po’ troppo sul nome.
Chissà cosa aveva pensato
Charlie. Mi sarebbe piaciuto saperlo perché il mio fidanzato
trattenne a stento
una risatina mentre le sue labbra s’incurvavano in un
sorriso, uno di quei suoi
sorrisi speciali. Quelli sghembi che avevano la forza di stendermi al
primo
colpo. Beh, sicuramente non stesero mio padre, non quelli per lo meno.
Il suo
colpo di grazia sarebbe arrivato di lì a pochi minuti
…
Appena entrato nella
stanza, Charlie ci riservò un’occhiataccia.
< Papà … >
la mia voce non era ferma quanto avrei
desiderato.
< Si tesoro? > mi
domandò con voce preoccupata. Aveva capito che
c’era qualcosa che non andava
tanto che poi aggiunse: < Qualcosa non va? > Poi si
rivolse ad Edward,
nonostante avesse continuato ad usare il plurale. < Se avete dei
casini, se
siete nei guai … vi aiuterò come
potrò. >
Notai che rivolse uno
sguardo a me, al mio ventre per la precisione. Avvampai ma lui non
sembrò
curarsene.
Edward mi strinse la mano
e io presi forza. Respirai a fondo e gli dissi con la bocca che
cominciava ad
asciugarsi per la tensione :
< Papà, Io ed Edward …
dobbiamo, vogliamo farti partecipi di una nostra decisione.
Non voglio che tu pensi
che la nostra sia una scelta affrettata, voglio che tu condivida la
nostra
gioia. Ti prego … > lo stavo praticamente implorando.
< Bells … > <
Papà, io ed Edward, noi … ci stiamo per sposare
… Alice sta già preparando
tutto. Voleva che te lo dicessi prima, solo che avevo paura di farlo.
> Lo dissi
tanto in fretta che temetti che non
avesse capito. Avevo cercato di dire tutto e subito. Forse avrebbe
fatto meno
male in quel modo … Mio padre però
capì, capì eccome.
Sbiancò. Temetti che si
fosse sentito male. Rimase in silenzio per non so quanto tempo. Quando
finalmente parlò, la sua voce era strana, priva di
particolari inflessioni. Era
evidente che stava cercando di apparire calmo.
< È riparatore? >
< Come? > < È un matrimonio riparatore?
Aspetti un bambino, Isabella?
>
< No, no papà. Non è
come pensi. Non sono assolutamente incinta. Te lo avevo già
detto. > E qui
la mia bocca era ormai completamente asciutta.
< Sai, Edward è un
ragazzo molto … molto all’antica. >
< Bella, sei sicura?
>
< Sì papà … > I miei occhi si erano
riempiti di lacrime che
gocciolavano copiose sulle mie guance. Edward mi strinse a se. Sapeva a
cosa
stessi pensando. Vidi tutto sfumare. La mia vita umana svanire nel
nulla,
inghiottita dall’oscurità. I miei familiari, i
miei amici. Sarebbero
invecchiati lontano da me. Sarebbero morti. E io sarei rimasta. Per
sempre con
il mio amore. Un’esistenza infinita. Immortale. Priva di vita
per come la si
intende di solito. Eppure, anche se potrebbe sembrare assurdo, ero
pronta a
rinunciare a tutto per lui. Edward. Stare con lui era tutto
ciò che avrei mai
potuto desiderare. Aveva ragione Jacob. Lui era la mia droga. Ero ormai
totalmente assuefatta. Quando ero stata costretta a tentare di
disintossicarmi,
era finita in un modo a dir poco disastroso. Non avrei potuto vivere
comunque
senza di lui. Tanto valeva che fossimo felici insieme.
Questo parve capirlo anche
Charlie. Quel giorno diede prova di anni d’esperienza come
sceriffo.
< Bella, io sono tuo
padre. Sai che desidero solo il tuo bene. La cosa giusta è
quella che ti rende
felice. Come ti ho già detto, non ti ostacolerò,
solo , non scappare. Non è
troppo presto? Non affrettate i tempi. Siete così giovani.
>
Non ero riuscita a
rispondergli. Parlò Edward al posto mio:
< Charlie … > Lui lo
fulminò con uno sguardo assassino.
< Charlie, le giuro, mi
prenderò cura di Isabella. Non le farò mai
mancare niente. Il mio amore non
potrà mai estinguersi. Il matrimonio è
già deciso. Solo, desidereremmo che lei,
Charlie, fosse felice per noi. >
Charlie tornò a guardare me. Si alzò
lentamente e mi venne incontro.
Sembrava adirato. All’inizio pensai volesse tirarmi un
ceffone. E sicuramente
lo pensò anche Edward, e di conseguenza anche Charlie,
perché Edward si alzò in
piedi e si frappose fra me e mio padre. Charlie arretrò di
qualche passo poi
l’espressione sul suo volto cambiò. Era
rassegnato. Come se si fosse preparato
da tempo ad affrontare questo momento. Edward si sedette nuovamente
accanto a
me. Charlie mi venne vicino e mi carezzò la guancia bagnata
di lacrime. Si chinò
e mi abbracciò. In quell’abbraccio c’era
un retrogusto amaro. Sapeva d’addio.
< I tuoi genitori cosa
dicono? > chiese dopo aver sciolto l’abbraccio.
< Sono felici per noi,
ci hanno fatto tante raccomandazioni ma credo di non aver mai visto
esme in
quelle condizioni. Era a dir poco entusiasta. Non ha fatto altro che
abbracciare Bella. Per tutto il pomeriggio non l’ha
abbandonata un solo
istante. >
< Non pretenderai mica
che ti abbracci? >
Edward scosse la testa e
abbracciò me, baciandomi la guancia.
< No, no. Non si
preoccupi. >
In preda alla tensione,
cominciai a giocherellare con i miei capelli. Charlie notò
la mano, o meglio
l’anello. Mi chiese con voce modulata: < Mi mostri
l’anello? > < Oh,
sì, se vuoi … Non pensavo
t’interessasse. > < Sei la mia bambina.
È
naturale che mi interessi. >
Gli mostrai la mano,
tremante. Lui osservò l’anello e disse: <
Sembra piuttosto antico. >
< Apparteneva a mia
madre. La mia madre naturale. L’anello di fidanzamento dei
miei genitori. >
Charlie tacque. Era
rimasto molto colpito, indubbiamente. Il suo sguardo si
spostò al mio polso e
sorrise. < Vedo che comunque conservi il regalo di Jacob.
>
Si riferiva al lupo
intagliato. L’occhio gli cadde sull’altro ciondolo,
il cuore dalle mille
sfaccettature. < E questo? > Chiese curioso. < Il
mio regalo di
diploma. > rispose prontamente Edward. Charlie lo
guardò negli occhi e poi
gli disse: < So che la ami ma ho paura che possa soffrire, che
tu la faccia
soffrire come quando l’hai lasciata. Non riesco a capire il
tuo comportamento.
Un trasferimento non è la fine del mondo. Tagliare tutti i
contatti … ti avrei
ucciso se avessi potuto. Non credo che riuscirò mai a
perdonarti. L’importante
però, è che lo abbia fatto lei. Inoltre, credo
proprio di non poter fare
altro
che prendere atto della situazione. >
< Grazie. >
Sussurrai. Charlie uscì dalla stanza ed Edward mi propose di
andare da lui per
la notte. Avevo rifiutato. Preferivo restare a casa, quella delle mie
estati e
dei miei ultimi due inverni.
Dentro di me si era fatto
strada un sentimenti strano. Nostalgia.
Edward mi baciò i capelli
e mi accompagnò in camera. Mi carezzò e
sussurrò:
< Ci vediamo dopo. >
Lo sentii salutare mio padre. Quando la porta si richiuse, Charlie
salì ed
entrò in camera mia. Io ero seduta sul letto.
< Bells, ti voglio
bene. Qualunque cosa tu deciderai per il tuo futuro, voglio che tu
sappia che
tuo padre ci sarà sempre. Però ti prego, sei
troppo giovane. Pensaci un altro
po’. Non mi sembra possibile che tu … insomma, io
e tua madre ci siamo sposati
troppo giovani e guarda com’è finita. Tu sei la
cosa migliore che io abbia mai
avuto ma ti parlo da padre, almeno aspetta a farmi diventare nonno.
> Povero
Charlie. Come avrebbe potuto
immaginare che non sarebbe mai diventato nonno? Che, dopo la
trasformazione non
mi avrebbe più rivista? Lo abbracciai sopraffatta da quei
pensieri e scoppiai
in lacrime. Mi cullò fino a che non mi si chiusero gli
occhi. Quando li
riaprii al mio fianco un ragazzo
bello come un dio mi fissava triste.
< Sei davvero disposta
a rinunciare a tutto? > <
Edward!
> Mi buttai tra le sue braccia e sussurrai: <
è doloroso, sapendo a cosa
rinuncio. Capisco Rosalie in un certo senso. Sapere però che
è l’unico modo per
poter stare con te, non potrei fare altrimenti … > < veramente, puoi
non rinunciare alla tua
umanità. Se solo … >
< Ne abbiamo
già parlato. Questo argomento è chiuso. Dopo il
matrimonio mi morderai. Non c’è
niente da aggiungere. > < Sei così testarda.
> < Lo so …> <
Ti amo. > < Grazie. > < E di cosa? Di
rubarti l’anima? >
Sbuffai. Mi voltai lentamente e lo baciai. Fu un bacio tenero e dolce,
che mi
accompagnò verso il mondo dei sogni. Mi sarebbe mancato il
dormire? Sicuramente
a lui sarebbe mancato il mio parlare nel sonno. Nel dormiveglia strinsi
al mio
petto la sua mano, portandola sopra il mio cuore. In quel modo si
concluse la
giornata in cui mio padre aveva accettato il mio amore per Edward.
Quel
giorno invece Billy, che si trovava davanti a noi sulla sedia a
rotelle, era
venuto a dirmi che Jacob non sarebbe venuto al mio matrimonio.
<
Bella > Iniziò, < Jacob non se
l’è sentita. Io non voglio incolparti di
nulla. Lui sapeva che tu eri innamorata di quel Cullen ma ha provato lo
stesso
a trasformare quella che per te era solo amicizia, in amore. Quando
abbiamo
ricevuto l’invito, lui ha deciso di partire. Non è
ancora tornato. Non credo
che verrà al matrimonio. Io da solo non me la sento. Sai,
nelle mie condizione
… > Povero Billy … Povero Jacob. La
consapevolezza del dolore che gli avevo
inflitto mi faceva stare male ma sapevo che quella era
l’unica scelta
possibile. Così come lo sapevano Jacob e suo padre.
Fuori
si sentì una macchina parcheggiare.
<
Deve essere arrivato Sam. Beh, allora Bella, sii felice. Conosci la
legge. Mi
dispiace ma tanto so che non ascolterai le parole di un vecchio infermo
come
me, quindi tanto vale non sprecare fiato. >
<
Oh Billy. > Mi chinai e lo abbracciai come potei. Lui mi diede
una pacca
sulle spalle e ripetee:
<
Sii felice a modo tuo. > Sam bussò ed
Entrò. Quando mi vide, mi venne vicino
e mi abbracciò.
<
Auguri. > Il suo, più che un augurio, mi parve un
estremo saluto. Ai suoi
occhi dovevo apparire come prossima alla morte. Il che in parte era
anche vero,
solo che loro trascuravano quelle che per me sarebbe stata una nuova vita. < Grazie, e
salutami gli altri. > < Certo. Ciao.
> < Ciao. >
<
Charlie. > < Sam, Billy, a presto. > < A
presto. > E la porta si
richiuse dietro a Sam.
Io e Charlie restammo in
silenzio qualche minuto poi io dissi: < Fra poco
verrà Alice. > < O,
che bello! > Mio padre l’adorava, il che era una
fortuna per me. Il suo
arrivo avrebbe alleggerito il clima di piombo causato dalla visita del
padre di
quello che era stato, e che sarebbe nel mio cuore sempre rimasto, il
mio
migliore amico. Con
Alice in giro inoltre,
mio padre diventava tutto miele e zucchero. Rischiavo il diabete.
|
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Capitolo 5 *** Baci e aspirine ***
E come ogni volta, ecco i saluti:
Grazie per le recesioni, che mi fanno sempre felice, a:
PenPen
BellaSwan95
Hele91
HopeToSave
E per aver inserito questa storia tra i preferiti a :
algin91
alice brendon cullen
BellaSwan95
Djibril88
ery
HopeToSave
PenPen
Pocia
yuyutiamo
E infine grazie a tutte voi che mi seguite.
Ps: Domani ho la versione di greco e la verfica di filosofia.
è un miracolo che sia riuscita a trovare il tempo per
accendere il pc. per fortuna che avevo scritto il capitolo ieri sera (
a mezzanotte ... ) => mi scuso fin da ora per eventuali, e
probabilissimi, errori di ortografia. è colpa di Spinoza,
non miaaaa!!! ...
E Alice, con una
puntualità sospetta, non tardò a
presentarsi.
Charlie l’accolse con un abbraccio che lei
ricambiò.
< Bella? > < Sì, Alice …
> Risposi sospettosa.
< Vieni, dobbiamo parlare di cose da femmine! >
Così dicendo mi prese per il braccio e mi
trascinò su per le
scale fino in camera mia.
Il suo entusiasmo non scalfì il mio umore che si era fatto
tetro in seguito alla visita di Billy.
Ci accomodammo sul mio letto come due amiche che si scambiano
i segreti. Alice tirò fuori da uno zainetto un grosso
quaderno azzurro. Lo aprì
e cominciò ad elencarmi i nomi di tutti i fiori che
sarebbero stati usati, il
numero di portate, i tipi di musica che avrebbe fatto suonare. Tutto
quanto si
mescolava in un vortice veloce nella mia testa. Mi ridestai quando
Alice, che
mi stava guardando male, mi disse stizzita:
< Insomma Isabella. Vuoi dirmi se secondo te è meglio
abbinare il colore dei fiori sulla tavola da pranzo con i tovaglioli o
con la
tovaglia? Se no
potremmo fare
fiori-tovaglia e vasi-tovaglioli. Che ne dici? > < Alice,
non mi importa.
Ti ho detto: va bene, organizza pure il mio matrimonio. Il che
significa che
sei tu che devi organizzare il matrimonio. Fosse per me, io ed Edward
saremmo
già andati e tornati da Las Vegas, e tu lo sai. >
< Uffa Bella. Possibile
che tu non ti senta coinvolta? >
Sbuffai e mi alzai in piedi stiracchiandomi. Gettai uno
sguardo fuori dalla finestra e vidi che ormai si era fatto buio.
< Alice, aggiungi al bouffe la torta con le mele, la
preferita di Reneè. > < L’avevo
già inserita. Sapevo che me l’avresti
chiesto. >
Le sorrisi e pensai a Reneè. Mia madre era sempre stata
particolare. Quando le dissi che Edward
ed io eravamo prossimi al matrimonio, lei mi aveva detto, prendendomi
in
contropiede: < Beh, me lo aspettavo. Siete così,
così coinvolti … vedi però
di non fare cavolate. > < No mamma. Allora, vieni?
> < Certo
tesoro. Non vedo l’ora di rivedere Alice e il dottor Cullen,
e conoscere il
resto dei Cullen! > sembrava davvero felice per me, dato il tono
di voce.
Aggiunse addirittura: < Se io e Phil avessimo deciso di sposarci
più tardi,
avremmo potuto festeggiare il matrimonio insieme! > Ok, va bene.
Era proprio
una ragazzina.
Alice sembrava tutta soddisfatta. In poco più di tre minuti
riempì un paio di fogli con la sua calligrafia aggraziata.
La sua scrittura mi
ricordava il suoi modo di camminare. Fantastico.
Mi lasciò i fogli sulla scrivania e mi disse: < Mi
raccomando e dimmi se credi di dover cambiare qualcosa. Domani ti passo
a
prendere presto. Edward andrà a caccia con Emmett e Rosalie.
Così potremo fare
le prove-vestito con Esme. > < Ancora!?! Alice, con tutte
le volte che me
lo fai provare, ti assicuro che l’abito non ci arriva al
matrimonio! > <
E piantala, sei sempre la solita. Ti agiti proprio per nulla. Ti
lamenti di
Edward ma anche tu non scherzi. >
Mi salutò con un cenno della mano e sparì in
fondo alle
scale. Mio padre le disse di tornare presto e poi nella casa
l’unico rumore fu
quello della tele.
Presi in mano i fogli ma mi stufai subito di leggere. Come
se importasse a qualcuno se il nome sui segnaposto dovesse essere
verde-acqua o
azzurro-mar-dei-caraibi.
Mi sdraiai sul letto ma mi
era impossibile prendere sonno.
Sentivo come un peso sullo stomaco. Andai in bagno per lavarmi la
faccia e
notai di avere un colorito più pallido del normale. Il
bruciore allo stomaco si
faceva sempre più forte. Appoggiai le mani sul muro e cercai
di prendere fiato.
Mi girava la testa e mi risultava difficile restare in
piedi. Sentivo una nausea pazzesca. Alla fine vomitai il toast
praticamente
abbracciata al water. Mi
diedi un’altra
lavata alla faccia e scesi le scale con passo malfermo. Quando Charlie
mi vide
tutta vacillante mi venne incontro preoccupato.
< Papà, credo di non sentirmi molto bene …
> La mia
voce era particolarmente flebile. Mi prese la mano e poggiò
le labbra subito
sotto la fasciatura. < Bells tesoro, credo che tu abbia la
febbre. Hai la
nausea? > Annuii. Mi guardò preoccupato e mi cinse le
spalle. Sentii il
pavimento mancarmi sotto i piedi e la stanza perdere i suoi contorni
nell’oscurità che mi circondò.
Mi risvegliai in macchina,
sul sedile posteriore. Charlie
guidava un po’ troppo veloce per i suoi standard. Arrivati al
pronto-soccorso
ci fecero aspettare per un po’. Mentre eravamo in sala
d’attesa, con me appoggiata
ad occhi chiusi contro lo schienale in plastica della sedia, sentii una
porta
spalancarsi con un tonfo. Dita fresche mi percorsero il volto. Un
respiro
dolcissimo mi riscosse dal torpore in cui ero caduta. Aprii gli occhi e
sorrisi
ad Edward.
< Bella? > Aveva la voce preoccupata, in preda
all’ansia. Allungai le braccia fino a portarle dietro la sua
nuca e poggiai la
guancia tra il suo collo e la sua clavicola. Gli diedi un bacetto sulla
guancia
e chiusi gli occhi.
Edward mi prese tra le sue braccia gelate e mi cullò
dolcemente. Si sedette con me in braccio mentre chiedeva a Charlie cosa
fosse
successo.
< mi è svenuta in soggiorno … con questo
colorito …
camminava tutta storta … > Se voleva spaventare
Edward più di quanto lui già
non fosse, ci riuscì alla grande.
Io, che tenevo sempre gli occhi chiusi, gli accarezzavo il
volto con il palmo della mano, soffermandomi sulle sue labbra perfette.
Venne a
chiamarci l’infermiere del turno di notte. Carlisle era
appena tornato dalla
caccia. Il suo turno avrebbe dovuto cominciare a mezzanotte. Quando
Alice mi
aveva vista all’ospedale, aveva deciso di venire
lì con Edward. Avrebbe
cominciato il turno un paio d’ore prima. Tanto, aveva detto,
due ore di lavoro
in più non gli avrebbero certo fatto male.
Edward mi portò nello studio di suo padre e mi fece sdraiare
sul lettino. Nei suoi occhi, che cominciavano a scurirsi, vidi
preoccupazione.
Proprio come in quelli di mio padre. Temevano che fossero le
conseguenze della
caduta. Mio padre rimase fuori con Alice. Carlisle mi visitò
con molta cura. mi
sentì il polso, il cuore e più o meno tutto
ciò che può essere sentito. Mi
rifece la fasciatura dopo aver controllato la ferita e mi
misurò la febbre. Mi
fece fare altre lastre e un esame del sangue. Alla fine, mentre ero
ancora
sdraiata sul lettino con la testa sulle ginocchia di Edward che mi
carezzava le
guance, mi disse con la sua solita voce tranquillizzante:
< Dalle analisi non risulta nulla di strano. Comunque ti
sei meritata una notte qui da noi in osservazione. Alice è
andata a prenderti
il pigiama. >
Ecco, lo sapevo. Non poteva andarmene bene una. Ci mancava
solo questo. Edward mi accompagnò in una camera singola e mi
lasciò sola per
vestirmi. Alice aveva lasciato la mia roba, trafugata a tempo di record
da casa
mia. Quando ormai ero sotto le lenzuola, mio padre venne a salutarmi.
< Bells, vuoi che rimanga? >
< Papà, non preoccuparti. E poi Carlisle è
di turno. >
Parvi convincerlo tanto che mi baciò la fronte e se ne
andò augurandomi buona
notte.
Appena Charlie se ne fu andato, Edward comparve al mio
fianco. Mi prese la mano e se la portò al petto. <
Perché non mi hai
chiamato? > Era arrabbiato! Ma come faceva ad avere queste
reazioni assurde?
< Non ti ho chiamato perché sono stata bene fino a
tre minuti prima che
Charlie mi portasse qui. Come facevo a chiamarti? > <
Avresti potuto
dirmelo mentre eravamo fuori. È tutto il pomeriggio che sei
un po’ giù. Avrei
dovuto portarti qui quando hai avuto quel mancamento nel pomeriggio
… >
< Edward, non ho voglia di litigare.
La prossima volta che mi pizzica il naso ti avviso. Promesso. >
Non gradì la
presa in giro. Mi disse < Dormi > in un tono duro e
autoritario che non
mi piaceva per niente. Quando glie lo feci notare, mi rispose: <
Ti amo ma a te
sembra non importare. Non riesci
proprio a capire? Il pensiero di poterti perdere … con me
devi essere sincera,
finché non sarai più forte … >
mi carezzava le guance e parlava velocissimo,
era molto agitato. Ero molto stanca e feci fatica a capire cosa mi
stesse
dicendo. Avevo chiuso gli occhi e ormai ero mezza addormentata. Mi
baciò le
labbra e mi sussurrò la mia ninnananna per accompagnarmi nel
mondo dei sogni.
Nonostante tutto
l’amore che mi legava a lui, provai un
terribile impulso omicida nel momento in cui, due ore dopo, mi
svegliò e mi
obbligò a camminare per la stanza avanti e indietro per 4
volte per controllare
che fossi bella cosciente e in grado di camminare in linea retta.
Carlisle mi
osservava attento e rilassato. Pretese pure, quel disgraziato del mio
amore,
che gli parlassi. Mi fece un sacco di domande del tipo: < Il
nome di
battesimo di tua mamma, Bella? > oppure: < Quante rose di
ferro ci sono
sul letto a baldacchino? >
Al che la mia risposta è stata: < Edward, come
puoi pretendere che lo sappia. Di solito non conto le rose quando sono
sul tuo
letto, ho di meglio da fare se sono lì, comunque al numero
totale sottrai uno,
quella povera rosa vittima della tua superflua dimostrazione di forza.
>. Carlisle
mi salvò dicendogli, nascondendo una risata,: < Mi
pare che riesca a
formulare un discorso di senso compiuto. Bella, tu come ti senti?
> <
Stanca. > Risposi sbadigliando. E finalmente potei riinfilarmi
sotto le
coperte.
Questa allegra
scenetta si ripeté, con mio grande disappunto, altre due
volte. La terza volta,
erano ormai le nove di mattina, lo invitai in modo poco garbato a farsi
un
giro. Sorridendo mi disse:
< Vedo che stai meglio … > Carlisle
mi rivisitò dalla testa ai piedi e mi
fece rifare tutti gli esami.
< Una certezza in più, nel caso in cui non ti fidassi
del
mio giudizio. > Mi sorrideva tranquillo.
< A parer mio, ti sei presa una brutta influenza. Sai, ci
hai fatto prendere a tutti un bello spavento. > Mi
abbracciò come fosse un
padre e mi lasciò sola in camera con Edward che mi fissava
compiaciuto, appoggiato
alla finestra. Mi dimisero alle 4 del pomeriggio ed Edward non volle
sentire
storie. Mi trascinò a casa sua. Per fortuna
ordinò categorico ad Alice di
lasciarmi in pace per un paio di giorni. Tanto, checché ne
dicesse lei, era
ormai tutto pronto.
Edward mi portò in braccio in camera sua e mi mise sdraiata
sul letto. Mi porse un bellissima camicia da notte e mi disse con voce
persuasiva e vellutata: < Ti aiuto a metterla? >
Mi morì il respiro in gola. Annuii lentamente. Rossissima in
volto. Mi mise una mano sulla guancia e mi disse:
< Hai la febbre … Come ti senti? > < Bene …
> BENISSIMO ecco come
stavo!!!!!! Con il cuore a mille e le dita tremanti per
l’emozione.
Guardavo il copriletto e rimanevo zitta e ferma, seduta a
gambe incrociate. Edward intese male il mio silenzio. Si
abbassò fino a mettere
la sua testa sotto la mia e mi sorrise. Avvicinò le sue
labbra alle mie per un
istante e mi sussurrò facendomi perdere la testa con il suo
respiro: <
Bella, amore, fra poco saremo sposati … non credevo che ti
vergognassi di me.
Non devi, lo sai … >
Come faceva ad essere così, così, così
meravigliosamente
dolce e sensuale.
Lo cinsi attorno alle spalle con le braccia. Lui mi afferrò
dolcemente i polsi e mi portò le braccia sopra la testa per
poi sfilarmi la maglietta
e la canottiera. Si chinò a baciarmi sotto la scapola.
Il mio cuore batteva la marcia militare e il mio respiro era
affannato. Mi infilò una lunga camicia da notte di seta e mi
carezzò i capelli.
< È una di quelle che abbiamo comprato insieme?
> <
Sì … > Mi sfilai i pantaloni e mi
accoccolai tra le sue braccia. Lui mi
avvolse nella coperta e mi strinse a sé. Rimanemmo in quella
posizione finché
Esme non bussò alla porta. < Avanti Esme. >
Disse lui
< Edward, ho preparato qualcosa di caldo per Bella.
Carlisle mi ha detto che questo le avrebbe fatto bene. > Ed Esme entrò
con un vassoio enorme colmo di
piatti, fondine e con un bel tubetto di aspirine in vista.
Va bene, lo ammetto … Fu divertente farsi imboccare da
Edward e, sono certa, anche lui la pensava allo stesso modo.
Chissà, forse
temeva che mi sarei fatta male con il cucchiaio da minestra se avessi
tentato
di mangiare da sola o che forse mi soffocassi con la zuppa. Avrei
probabilmente
dovuto sentirmi sottovaluta ma in quel momento, causa voce super sexy,
ero
tutta su di giri.
Charlie venne a trovarmi
verso le otto, appena finito il suo
turno in centrale. Per sua sfortuna, quando suonò il
campanello di casa Cullen
io ero già addormentata, causa notte piuttosto tormentata,
tra le braccia del
mio Edward.
Trascorsi lì circa 5 giorni, finché Carlisle non
mi permise
di mangiare cibo degno di questo nome e di uscire in giardino. Non che
rimanere
in quella casa fosse difficile. Era così grande che ci si
poteva rimanere
tranquillamente per un sacco di tempo senza sentire il bisogno di
uscire, se si
conta poi che, con quella vetrata immensa, sembrava di poter allungare
la mano
in ogni momento e di poter toccare l’erba o il cielo.
Mancavano
sette
giorni al matrimonio e io mi sentivo triste.
Jacob non era ancora ritornato a casa di Billy. Io mi
sentivo così strana. Il tempo era passato portandosi via
quelli che sarebbero
stati gli ultimi giorni della mia vita. Ero uscita, seduta sugli
scalini della
veranda. Edward era andato a caccia con Alice. La sua ultima battuta
era
sfumata e per tutta la settimana non mi aveva lasciata un solo
attimino. Avevo
visto i suoi occhi scurirsi fino a diventare pece. Stavo rimirando
l’anello di
fidanzamento. Portai le gemme a contatto con le mie labbra e questo
contatto mi
ricordò Edward, lui e i suoi baci freddi come quelle piccole
pietre sfavillanti
come lui.
Mi ritrovai ad ascoltare il mio cuore. Con tutte le volte
che avevo parlato del fatto che avrebbe smesso di battere, non avevo
mai
realizzato realmente cosa volesse dire non sentirlo più
pulsare dentro di me.
Avrei dimenticato la sensazione del sangue pompato in ogni capillare?
Come
sarebbe stato non vedere più i miei capelli crescere? Il mio
viso non sarebbe
più avvampato di rossore, come diceva Edward. Il battito
forsennato del mio
cuore non avrebbe più accompagnato il mio respiro e riempito
l’aria intorno a
me. Muto. Per il resto dell’eternità duro e la mia
pelle fredda. Non
avrei più pianto. Pensando questo, misi
la testa tra le ginocchia. Mi accorsi dei lacrimoni che inondavano il
mio volto
e questo mi portò a piangere lacrime sempre più
copiose.
Esme fece capolino in veranda trovandomi in quello stato.
Inizialmente non mi accorsi di Angela e Jessica che aspettavano sulla
soglia.
Esme mi venne vicina e mi abbracciò dolcemente. Si sedette
accanto a me e io affondai il volto nel suo petto, respirando il suo
odore
dolce. Mi cullò gentile e materna. Mi ci volle un bel
po’ di tempo prima di
riprendere il controllo di me stessa. Jasper era venuto in veranda e
sicuramente
il suo arrivo aveva influito sul mio umore.
Quando mi accorsi delle mie amiche cercai di rimettermi a
posto ed Esme mi disse: < Bella tesoro, perché non
andate in sala, o in
camera tua? Vi porto del the. > Sì, ormai tutti
avevano cominciato a
definire la camera dal tappeto dorato la “nostra”
camera, mia e di Edward.
Optai per la camera, lì mi sentivo protetta e al sicuro.
Loro furono molto colpite dalla camera. Si sedettero sul
divano mentre io mi accomodai sul letto, stringendo il cuscino tra le
braccia.
La
prima a parlare fu
Angela: < Allora, ti sposi! > La sua voce era carica
d’eccitazione.
< Sì > risposi io timida.
Jessica aggiunse: < Abbiamo ricevuto gli
inviti la settimana scorsa. Volevamo venirti a trovare ma ci hanno
detto che
eri malata. Difese a zero per colpa della tensione? > <
Una cosa del
genere. > < Beh > Aggiunse Angela < Allora
è così seria
come cosa? >
Annuii. < La proposta me l’ha fatta il giorno che
è
tornato da … Los Angeles …
eravamo
entrambi distrutti dalla lontananza … ho deciso di
accettarle due mesi fa
circa. Sapevo che tanto non ci saremmo mai più separati.
Tanto valeva rendere
tutto ufficiale. Io avrei preferito una cerimonia semplice > O
nessuna
cerimonia, ma questo non lo dissi … < Ma Alice ci
teneva a una cosa in
grande stile, di stampo classico. >
Jessica, con il suo solito tatto chiese: < è
perché sei
incinta che hai accettato? > Eccone un’altra.
Possibile che una, se si sposa
giovane deve essere per forza incinta?
Avrei voluto poter dire a tutti, di modo che la
smettessero di farsi
filmini mentali, che Edward, come tutti i Cullen, non può
avere figli < Non
è per questo che piangevi? >
< NO,
non sono incinta. Piangevo perché ero un po’
agitata, tutto qui … > < Sicura?
> < Sì. >
Trascorremmo il resto del pomeriggio chiacchierando della
cerimonia, dei fiori, degli ospiti …
volevano vedere il vestito ma io non volli mostrarlo: <
Alice me lo ha fatto uscire fuori dagli occhi.
E sono sicura che se lo tirassi fuori, lo distruggerei
scatenando l’ira di quel mostro maniaco dei matrimoni.
> Ci rimasero un po’
male e alla fine glie ne feci una descrizione accuratissima. Ormai era
come se
lo avessero visto. Parlammo di altre cose futili per circa
un’ora.
Insomma, mi pareva che ci fosse Alice moltiplicata per due.
Tra un biscotto e l’altro le parole scivolavano veloci finchè
Jessica, con una
sua uscita da Oscar, quasi non mi fece soffocare con un biscotto. Devo
dire che
Edward avrebbe reagito maluccio in
quell’eventualità.
< Non ci hai mai detto com’è a letto.
Allora? > Angela
le tirò una gomitata nelle costole e io per poco non mi
spaccai la testa
cadendo dal letto per la sorpresa.
Avete presente il rosso della mela avvelenata di Biancaneve?
Ecco, il colore della mia faccia in quel momento ci si doveva
avvicinare molto. (- L'autrice aggiunge: come la mela sulla
copertina di Twilight!!!!!-)
< Ehm , veramente noi … > Mi stavo stritolando
le dita
… < Noi in realtà, io … >
Angela fece una faccia sorpresa e poi mi suggerì: <
Sei …
Vergine? >
< Sì. > Sussurrai.
Calò il silenzio. Imbarazzato. Pesante … andrebbe
bene
qualunque aggettivo riferibile a un silenzio soffocante che per fortuna
fu
interrotto dall’arrivo tempestivo di Jasper. < Bella,
tuo padre ha appena
chiamato e vorrebbe che tu andassi a casa sua per questa notte. Credo
che senta
la tua mancanza. >
Annuii e cominciai a raccattare le mie cose sparse per la
stanza.
Quando Jasper uscii, Jessica mi chiese: < Ma come diavolo
fai a vivere con tutti questi bellissimi uomini? >
< Ne sto per sposare
uno … > Forse ero stata troppo acida? Non mi
importava.
Ci salutammo con un bacio e promisero che sarebbero state in
prima fila al matrimonio.
Salii sulla volvo, guidata da Esme, e tornai nella casa di
mio padre per la mia ultima settimana da Isabella Swan, per la mia
ultima
settimana da persona calda e in grado di piangere.
Guardavo
fuori dalla finestra. Pioveva e tutto era scuro.
Non riuscivo a vedere nemmeno gli alberi dall’altro lato
della strada. Charlie,
con cui avevo trascorso la serata sul divano guardando un film, dormiva
nella
stanza accanto, e io ero lì a perdermi con lo sguardo
nell’oscurità.
Mi sporsi e tentai di toccare qualcosa nel buio. Ritrassi la
mano bagnata e me la strinsi al petto.
Quando lui non c’era mi sentivo sempre così sola.
Il ricordo di quando lui se ne era andato si faceva strada
nel mio cuore. Le ferite rimarginate ricominciavano a farmi male. Presi
il
walkman e mi infilai le cuffie.
Sdraiata sul letto, mi lasciai cullare dalle note più dolci
che avessi mai sentito. La mia ninnananna mi portava lontano con i
ricordi,
indietro nel tempo.
Mi addormentai senza neanche rendermene conto.
Sognai la radura. Edward mi veniva incontro e mi sorrideva
tranquillo. Il riflesso del sole sulla sua pelle irradiava miliardi di raggi
argentati sul prato
verdissimo. Mi sentivo così bene che desiderai che quel
momento, seppure
fittizio, non avesse mai fine.
Quando però sentii delle braccia gelide toccarmi la pancia e
labbra fredde sfiorarmi le guance, mi accorsi di non avere
più gli auricolari.
Eppure la mia ninnananna non aveva smesso di diffondersi nella stanza.
Aprii
gli occhi lentamente e vidi Edward accanto a me. Abbracciato al mio
corpo mi
riempiva di carezze canticchiando. I nostri occhi
s’incrociarono per il più
breve degli istanti.
|
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Capitolo 6 *** Sii felice... ***
E come ogni volta (anzi dovrei dire
ogni giorno dato che
-con uno sforzo sovrumano- sto postando un capitolo al giorno) comincio
con
i saluti!!!!
Sono davvero contenta! non pensavo che la mia fanfiction sarebbe
piaciuta!
all'inizio non volevo neanche pubblicarla ... ( Grazie Laury, grazie
Clary)
Il primo grazie della giornata lo
dedico a yuyutiamo:
Auguri
con storia!!! e speriamo bene per filo e greco! Sono riuscita a
scrivere questo
cap perchè hanno spostato il compito di latino da domani a
Sabato, Evvai! Gioia
e tripudio!!!
Grazie per i bellissimi -ogni volta
che vedo che c'è un
commento mi emoziono!- commenti a:
HopeToSave
PenPen
Ro90
(Visto
che non ti ho fatto
aspettare!)
BellaSwan95
Grazie inoltre a ELPOTTER,
pazzerella_92
e crusade
per aver
inserito la storia tra i preferiti!!! Thanks!
Grazie
anche a tutte quelle che
l'hanno anche solo letta!!!
Spero che questo capitolo possa piacervi. Vi prego, commentate
numerose!
A presto!
Edward
era
sdraiato accanto a me, il volto a pochi centimetri dal mio. Ci
guardavamo e lui
smise di sussurrarmi la mia canzone per chiedermi: < Ti ho
svegliato? >
< No, non preoccuparti. > < Dai, torna a dormire.
A proposito, non fa
bene addormentarsi con la musica nelle orecchie. > <
Neanche se è la tua
di musica? > < Beh, se vuoi, te la suono dal vivo,
aspetta
qualche minuto che vado a prendere il pianoforte … sei
sicura che Charlie sarà
d’accordo? >
Gli tirai un cuscino in faccia che lui schivò senza che io
neanche lo vedessi.
Appena chiuse gli occhi scuotendo la testa e criticando il mio
carattere, io mi
aggrappai alle sue spalle e appoggiai il mio volto sul suo, respirando
il suo
odore, immergendo il mio naso nei suoi capelli.
Lui mi baciò la pelle dietro l’orecchio, poi mi
sussurrò:
< Sono proprio un fidanzato incapace. Quando hai bisogno di me,
io non ci
sono. >
Sembrava frustrato.
< Edward, io ho bisogno di te sempre, ma tu non puoi stare con
me in ogni
momento. Non devi mica fartene una colpa. È normale, sai?
>
< Mi dispiace che ti sia sentita triste e sola oggi. > Mi
disse abbracciandomi
e stringendomi a se.
< Oh, Esme te lo ha detto. >
< In realtà, lo stava pensando. > < Non
cambia. >
Mi sorrideva dolce ma c’era un velo di tristezza ad nei suoi
occhi color del
miele < Sai, sei sempre di umore volubile in questo periodo.
> Lo guardai
confusa e lui aggiunse con un sospiro, giocando con i miei capelli:
< Mi
mancherà un po’ tutto questo ... > rimasi
in silenzio in attesa che
continuasse, giocando con le dita della sua mano.
Mi squadrava il volto e sembrava alla ricerca delle parole giuste per
dirmi
qualcosa.
Adesso sembrava divertito anche se cauto, e la malinconia non aveva
ancora
abbandonato del tutto il suo volto. Mi accarezzò la guancia e mi
sussurrò:
< Ti sono venute le tue cose … >
COSAAAA!!!!
NOOO
Ecco perché avevo mal di pancia a cena!!!!
Con tutto il caos degli ultimi giorni … con
l’influenza e lo stress … mi era
proprio passato di mente!!! Avevo realmente perso la consapevolezza del
tempo
reale! Che vergogna! Avrei voluto venir inghiottita dal piumino!
Con una spinta buttai Edward giù dal letto,
c’è da dire che lui si lasciò
cadere, e lo fece con una grazia infinita. Io invece mi catapultai
all’armadio
per afferrare un pigiama pulito, inciampando rovinosamente nelle scarpe
abbandonate tristemente ai piedi del letto. Arrancando
nell’oscurità raggiunsi
l’armadio e lo aprii. L’anta, aprendosi, emise un
lungo, raccapricciante
cigolio quasi volesse preannunciare un fatto terribile. Ed infatti
… Orrore.
I miei abiti erano quasi tutti a casa Cullen. Lì avevo solo
il pigiama che
avevo indosso e un cambio per il giorno successivo. In pratica ero
senza
vestiti puliti!
Intimai ad Edward di non posare lo sguardo al di sotto
dell’altezza del mio
ombelico e lo pregai di andarmi a prendere delle lenzuola pulite nella
lavanderia. Avanzando a tastoni, riuscii a trovare
l’interruttore e ad
accendere la luce. Speravo di poter pensare qualcosa mentre lui me le
portava.
Solo che lui fu così veloce che non feci neanche in tempo a
togliere le
lenzuola sporche dal letto. Lui me lo rifece mentre io andai in bagno
per farmi
una doccia. Rimasi sotto il gettito caldo per pochi minuti e poi uscii.
Mi
diedi un’asciugata veloce, m’infilai la biancheria
pulita con l’extra dettato
dalla situazione e mi infilai l’accappatoio. Vidi lui
riflesso nello specchio e
nel suo volto riconobbi un’espressione tranquilla e allegra.
Sussurrai in preda alla vergogna: < Mi dispiace. Ti da fastidio?
> <
No, non preoccuparti. È normale sai? > ripeteva la
mia frase ma detta da lui
sembrava molto più dolce e sensuale. Mi fece un sorriso
sghembo che io vidi
riflesso nello specchio e mi abbracciò da dietro in una
frazione di secondo.
Era corso da me e per la velocità del gesto quasi non si
mosse l’aria intorno a
lui. L’urto però mi fece sussultare e sollevare da
terra con i talloni. Ero sulle
punte dei piedi con la schiena appoggiata al petto di Edward e i miei
capelli
gli ricadevano sul volto. Mi teneva la mano all’altezza dello
stomaco e io
poggiai la testa all’indietro, sulla sua spalla. Lui mi
baciò il mento, la
guancia, il collo. Scendeva lento seguendo le pulsazioni del mio cuore,
seguendo le mie vene. Scese fino alla clavicola e poi sulla spalla.
Indugiò un
attimo sulla spallina sottile del mio reggiseno azzurro e poi
ricominciò
a scendere lungo la scapola.
Il mio cuore batteva così forte che sembrava emettere un
suono continuo e la
mia schiena si incurvava contro la mia volontà.
Lo faceva apposta? Proprio in quel momento, quando, anche se avesse
voluto, non
avremmo potuto fare niente!!!
Voleva farmi perdere la testa con tutte quelle carezze? Quando mi diedi
una
svegliata, mi resi conto di star baciando Edward con la testa voltata
nella sua
direzione. Le sue mani erano intrecciate alle mie sul mio ventre.
Allontanò
lentamente le labbra dalle mie e mi sfiorò la fronte. La sua
mano scivolò sulla
mia schiena nuda e il contatto con la sua pelle fredda fece si che
venissi
scossa da un brivido.
Mi lasciò andare e mi prese per mano. Andammo in camera mia
e trovai sul letto
uno dei miei pigiami nuovi. Era lì, piegato sul letto.
Soffice e morbido come
fosse stato appena ritirato dal bucato. Era quello rosso con delle
nuvolette
bianche disegnate sulla gamba destra e sul braccio sinistro.
Lo sfiorai con la punta delle dita e alzai lo sguardo verso Edward che
mi stava
osservando.
Lui si girò verso il muro ridacchiando e attese che mi
infilassi il pigiama.
Nel silenzio generale in cui era avvolta la casa, l’unico
suono che percepivo
fu il fruscio di quel morbido vestito sulla mia pelle mentre me lo
infilavo, il
mio respiro finalmente lento e ritmato e il battito del mio cuore.
Sbadigliai e diedi un’occhiata veloce alla sveglia. Erano le
tre di notte. Edward
stava guardando fuori dalla finestra con il gomito appoggiato al davanzale.
Lo chiamai a bassa voce e lui si voltò lentamente nella mia
direzione. <
Torna a dormire. È molto tardi. > Annuii e lo presi
per mano. Mi infilai
sotto il piumino obbligando lui a sdraiarsi al mio fianco.
Mi stringeva a se e appoggiava il suo capo dietro il mio. il suo
respiro
muoveva i miei capelli lentamente avanti e indietro facendomeli danzare
sul
volto. Mi addormentai respirando il suo profumo.
<
Bells?
> < Mhh … > < Bells? >
< Che vuoi papà? >
Mugugnai girandomi dall’altra parte. < Bella.
C’è giù Jacob, credo voglia
vederti … >
A quelle parole sentii la stanchezza abbandonarmi, lavata via da quella
doccia
fredda che era stata quella notizia. Mi alzai a sedere di colpo e per
poco non
centrai Charlie in piena fronte.
Corsi a piedi scalzi giù per le scale rischiando di
spezzarmi l’osso del collo.
Spalancai la porta del salotto e lo vidi.
Alto, imponente. La sua pelle scura brillava alla luce della lampada.
Indossava
dei pantaloncini e una maglietta leggera. Calzava dei sandali in cuoio
e teneva
i capelli lunghi raccolti in una coda disordinata.
Quando lo vidi sentii le lacrime scorrermi sulle guance.
Non mi resi neanche conto di essergli corsa incontro e di averlo
abbracciato.
< Jake! Ma perché te ne sei andato. Avevo tanta
paura. Mi hai fatto stare
così in pena … > gli gridai affondando il
mio volto nel suo petto.
< Ah, io ti avrei fatto stare in pena. > La sua voce era
dura. continuò
dicendomi:
< Tu invece? Tu stai per morire. Stai per farti uccidere.
> La voce gli
morì in gola.
Mi staccai da lui e lo guardai negli occhi. Dovetti chinare il capo
all’indietro per riuscire a vedergli il volto. Mi guardava e
sebbene la sua
voce fosse severa il suo sguardo era disperato.
Con il polpastrello del pollice percorse il profilo del mio volto e si
soffermò
sul mio labbro inferiore.
Il calore della sua pelle sulle mie labbra mi procurò una
strana sensazione.
Non ero più abituata al calore umano. Charlie non era un
tipo molto espansivo e
ormai non vedevo Reneè da un po’ di tempo. La sua
mano emanava calore.
Istintivamente poggiai la mia mano sul suo cuore premendo con le mie
dita sul
suo petto. Mi sorpresi di sentire le mie dita affondare nei suoi
muscoli. Era
morbido e caldo. Sotto la sua pelle sentivo il suo cuore battere
furioso.
Appoggiai la fronte al suo petto e strinsi la mano in un pugno
strettissimo,
intrappolando la sua maglietta nella morsa delle mie dita.
Vedevo le mie lacrime bagnare il pavimento e non me ne fregava niente.
Improvvisamente le sue dita sollevarono il mio mento e i nostri occhi
si
incontrarono. Poi accadde.
Lui poggiò le sue labbra sulle mie. Le sue mani mi
tenevano i polsi incatenati
in una presa ferrea.
Fu un bacio tormentato e mi fece male, male nel cuore. Quel bacio mi
spaventò.
Non fu come la volta precendente. All'epoca aveva la speranza di
convincermi,
mentre in quel momento avvertivo nei suoi movimenti il dolore che
provava,
sapendo che il mio tempo era ormai giunto al termine.
La forza con cui mi imponeva quel bacio brutale e rabbioso,
la violenza
delle sue labbra sulle mie … sentirlo sfiorare i miei denti
e il mio palato,
cercare la mia lingua. Edward non mi aveva mai baciato in quel modo.
Noi non
potevamo. Avrei rischiato la vita se lo avesse fatto. Mi tremavano le
mani e mi
venne la nausea. Per la prima volta ebbi paura di Jake. Sapevo che non
mi
avrebbe mai fatto del male. Non mi era neanche passato per la testa.
No, avevo
paura che non mi avrebbe lasciata andare, che mi avrebbe impedito di
sposarmi,
in chissà quale modo … magari dicendo la
verità a Charlie. Lui era immensamente
più forte di me e non si accorse, o forse non volle rendersi
conto, che io
cercavo di divincolarmi dalla sua presa. Quando finalmente mi
lasciò andare mi
strinse a se in un abbraccio soffocante. Non riuscivo neanche a
parlare. Poi
sentii delle lacrime bagnarmi i capelli e unirsi a quelle che mi
solcavano il
volto.
< Ti prego, rinuncia. Rinuncia. Non te lo sto chiedendo, ti sto
implorando.
Sei ancora in tempo. Sei ancora in tempo. Ti supplico … ti
prometto che ti
renderò felice. Felice davvero. Io ti posso dare tutto
ciò che desideri. Posso
proteggerti anche meglio di lui. Con me non dovresti mai avere paura.
Io ti
potrei dare dei bambini. Lui no. Non vuoi vedere i tuoi genitori
felici? Non
vuoi diventare madre? Hai detto che non sono i soldi che ti
interessano. Allora
dimostralo. Vieni via con me. Fuggiamo lontano. Lontano da questo mondo
assurdo
che ci sta rubando la vita. Che te la sta strappando! >
Mi teneva stretta per i gomiti stringendo fino a farmi male.
< Jake, io non voglio quella vita. Per me sarebbe peggio della
morte. Ho
preso la mia decisione. Io ti voglio bene, io ti voglio tantissimo bene
ma
l’amore che provo per te è totalmente diverso da
quello che provo nei confronti
di Edward. Io voglio sposarlo. Io voglio lui.
Voglio che tu sia felice, voglio che tu abbia dei figli, ma non con me.
Solo,
non con me. Jacob, proprio perché ti voglio davvero un
bene infinito,
fallo per me. Sii felice. Non voglio che mi dimentichi, voglio che tu
possa
pensare a me, in futuro, e ricordare come siamo stati felici, quanto la
nostra
amicizia fosse, sia profonda, nonostante la distanza. Cerca di capirmi.
Io so
che non potrei mai essere davvero felice se fossi lontano da Edward. Ti
prego
Jake, capiscimi … >
Mi guardò e pieno di rabbia e mi spinse
all’indietro, con una forza spaventosa.
Venni scagliata contro il muro investendo una sedia su cui
sbattei. Lo vedevo
tremare. Mi aveva sbattuta dall’altra parte della stanza
perché stava per
perdere il controllo. Gridai: < No Jake, no. Ti prego. >
Lo vidi riacquistare a fatica la calma. Charlie, che se ne era rimasto
lontano
per non interferire, sentito tutto quel fracasso, era corso in salotto.
Quando
gli si parò davanti quella scena assurda, quasi non
arrestò Jake. Con una mano
mi tenevo il naso, mentre mi usciva sangue. Il divano si era rovesciato
e la
sedia giaceva rotta accanto a me, contro il muro.
< Papà, non preoccuparti, va tutto bene. >
< Bella, cosa diavolo è successo? > <
Niente. Niente. Non
preoccuparti. > Mi rialzai appoggiandomi al muro. Afferrai un
pacchetto di
fazzoletti e mi tamponai il naso. Aveva già praticamente
smesso di sanguinare.
Mi avvicinai cauta a Jake e gli presi la mano. Gli accarezzai la
guancia e gli
sussurrai, sicura che tanto mi avrebbe sentito: < Devi essere
felice. Ti
prego. >
Mi guardò malissimo e poi disse: < Addio Charlie. Mi
dispiace che sia finita
così. Evidentemente il destino voleva che finisse
così … > Charlie capì
prima di me cosa intendesse Jake tanto che gli disse:
< Jacob, ragazzo mio. non tollero sciocchezze. So benissimo come
ti senti.
Quando io ho perso Reneè … quando se ne
è andata … ma tu non puoi farlo. Pensa a
Billy, alle tue sorelle … sai che sarebbe stupido,
infantile. Non provocheresti
mai loro un dolore tale. Non potresti. > Stava cercando di
prendere tempo e
infine capii.
<
NO! Jacob
no! Tu non puoi farlo! Non puoi! > < Perché
no? > Mi urlò dietro lui
di rimando. < Tu puoi fare tutte le cazzate che vuoi che tanto
tutto ti è
lecito. Io invece dovrei rimanere per tutta la vita … Quando
tu invece … >
< Jacob … > La voce di mio padre era calma e
misurata, cercava di
tranquillizzare Jake.
< Jacob, il suicidio non è una scelta intelligente.
> cercai di farlo
ragionare.
< Cosa vuoi Bella, con che coraggio vieni a dire a me che la
morte non è una
scelta intelligente. Proprio tu, tu!!! > Mi stava letteralmente
urlando
dietro
< Ma Jacob, la tua vita è troppo preziosa per essere
gettata via. Non puoi
farlo per … per … >
< Per amore forse? Io non posso ammazzarmi per amore ma tu
sì? > Io
sbiancai. Jake, con gli occhi chiusi, frustrato, fece un gesto in aria
con la
mano e il braccio. Caddi sulle ginocchia.
Charlie
inizialmente guardò Jake e poi il suo sguardo cadde su di
me. Era furioso. Mi
prese per le spalle e mi rimise in piedi. Mi scosse con forza
chiedendomi di
cosa stessimo parlando. Jake si voltò verso di me. Sembrava
disperato,
distrutto. Mi disse: < Addio Isabella. Ti amo. > E
uscì.
Io mi divincolai da Charlie e lo seguii correndo.
Quando uscii lo vidi, al limitare del bosco, voltarsi
un’ultima volta verso di
me. Poi sparì nell’oscurità.
Corsi. Corsi con tutta la forza che avevo in corpo.
Mi accorsi solo in quel momento che era mattina, che fuori faceva
ancora un po’
freddo, che ero in pigiama … che ero scalza. Sentivo i tagli
sui miei piedi man
mano che avanzavo. Sentivo il cuore esplodermi nel petto e i polmoni
bruciare.
Le lacrime mi inondavano gli occhi sferzati dal vento che mi portava i
capelli
sul volto, impedendomi di vedere davanti a me. Quando non ce la feci
più mi
lasciai cadere sulle ginocchia mentre i miei piedi sanguinavano. I
gomiti
poggiati sul tappeto di foglie secche e le mani a coprirmi gli occhi.
Ero a
carponi per terra in un mare di lacrime. Charlie mi raggiunse
affannato. Mi
mise una mano sulla spalla e mi diceva qualcosa che non riuscii a
decifrare.
Dopo pochi minuti sentii delle braccia gelate tirarmi su di forza e
stringermi
a un petto dentro cui il cuore non batteva più.
In
quel
momento mi pareva che il mio di cuore, invece, si fosse frantumato in
miliardi
di affilatissime schegge di un durissimo cristallo. Schegge
che era come
se si fossero conficcate in ogni brandello della mia anima sanguinante,
penetrando
ad ogni respiro sempre più in profondità.
|
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Capitolo 7 *** Confessioni ***
Visto che avevo appena finito di dire
che riuscivo a
postare un cap al giorno, ieri non ho fatto in tempo a finirlo e quindi
lo
posto oggi. Di solito i cap li preparo il giorno prima ma purtroppo,
causa
scuola, non ho neanche il tempo di respirare … mi ritrovo a
scrivere di
notte!!! Ed ecco spiegati gli eventuali errori ( scusate …
). Ora devo correre
a scrivere il prossimo capitolo, altrimenti non farò mai in
tempo per domani,
anche perché la circonferenza –e la geometria
analitica in genere- mi sta
gridando che sono una lavativa. E domani c’è pure
il compito su ‘sta roba!!!
Aiuto!!!!
Quindi, passiamo velocemente ai saluti:
Per le recensioni ringrazio:
Pocia
HopeToSave
yuyutiamo
( Sì, la
scuola ci perseguita.
)
bells87
PenPen
yuyutiamo,
E per aver inserito questa fanfiction
tra i preferiti,
grazie a:
eika
Selene89
Zarah
Ah,
aggiungo che io sono per la coppia
Edward/Bella, anche se Jake, povero, mi sta simpatico e mi fa troppa
pena! Ma
ora basta con le ciance. Ecco il nuovo cap. spero vi piaccia.
Commentate
per favore!!!! Thanks
Le
braccia che mi reggevano non erano quelle di Edward ma ero
troppo sconvolta per stupirmene.
Carlisle mi portò in braccio fino a casa mia con mio padre
che camminava dietro
di noi. Io non riuscivo neanche a parlare. Le lacrime sgorgavano dai
miei occhi
copiose e silenziose. Carlisle mi chiese come stessi ma non riuscii a
rispondere. Come poteva farmi questo?
Quando
ormai eravamo arrivati a casa,
Charlie entrò per primo e si diresse al telefono. Compose il
numero di
Billy. Carlisle proseguì e andò dritto
dritto in bagno.
Edward era lì e
mi stava aspettando.
Appena
Carlisle entrò, lui ci venne incontro e mi prese dalle
braccia di suo padre. Io me ne stavo zitta, gli occhi aperti fissi nel
vuoto.
Mi
tolse i pantaloni e mi fece sedere sul bordo della vasca. Carlisle
aprì il
gettito della doccia e mi fece scorrere dell’acqua tiepida
sui piedi, facendo
scivolare via il sangue e il fango. Quando i tagli furono tutti puliti,
passarono alle ginocchia e ai polsi sbucciati. Mi fecero sedere sul
mobiletto
dove tenevamo i prodotti per il bagno e mi medicarono con
cura.
Edward mi
fasciò i piedi con estrema delicatezza, mi pulì
la faccia e poi mi sfiorò il
naso. < Quando ho sentito Jacob arrivare, me ne sono andato per
non
interferire. Avrei dovuto rimanere. Mi dispiace amore. Quando ti ha
aggredito,
ero già pronto ad attaccarlo ma ho letto nei suoi pensieri
che non ti avrebbe
più sfiorata …
Stava
cercando di giustificarsi. Le parole scorrevano
veloci dalla sua bocca. Mentre mi parlava, mi strinse il capo tra le
braccia,
appoggiandolo contro il suo petto.
< Non si ucciderà. > disse dopo qualche
minuto. < quando se ne è
andato, stava pensando a Billy e alle sue sorelle. Il discorso
di Charlie
lo ha fatto rinsavire. Inoltre, dopo essersi trasformato, ho sentito le
voci di
Sam e Quil. Lo stavano raggiungendo. Loro non gli permetterebbero mai
di
uccidersi. Lo sai. Stai calma. Appena riusciamo a metterci in contatto
con
loro, ti prometto che te lo riporto e te lo faccio inginocchiare
davanti.
Quello che ha fatto è imperdonabile. Trattarti in questo
modo. Dirti quelle
cose … >
< Smettila, smettila!!! > Gli urlai contro cercando di
allontanare le sue
braccia dal mio volto.
Lui si ritrasse ma non pareva arrabbiato. Lo guardai
negli occhi per scoprire se mi avesse mentito.
Quello che vidi però nei suoi
occhi fu un’assoluta sincerità.
Cercai di sorridergli e tesi le braccia verso di lui.
< Ah, la scusa per la nostra presenza è questa: stavo
venendo qui con mio
padre quando ti abbiamo vista correre verso il bosco seguita da
Charlie. Io ti
ho aspettato qui mentre Carlisle vi ha seguiti.>
Aggiunse dopo avermi
stretto le mani.
Qualcuno
suonò il campanello e io
sobbalzai. Edward mi sollevò tenendo mi per i fianchi e mi
mise a terra. I
piedi mi facevano male e mi appoggiai a lui
che mi sostenne fino in cucina.
Sam parlava in modo concitato con Charlie. Quando mi videro, Sam mi
guardò per
un lungo istante.
Edward mi fece sedere sul divano e si sedette accanto a
me. Il giovane Quileute mi si accovacciò davanti e mi
disse:
< Scusalo.
Davvero. Non voleva ferirti. Io lo so. Mi dispiace. Non
avrebbe dovuto comportarsi in quel modo. Si è illuso di
poter portarti via,
di aiutarti, per come la vediamo noi. Lui ti ama, ma non è
riuscito a
rassegnarsi. Se avessi saputo le sue intenzioni, gli avrei impedito di
venire
qui.
Il bacio, capisco che ti abbia turbata ma vedi, in quel momento sperava
di
poter scuoterti l’animo, ed inoltre voleva portarsi un ultimo
tuo ricordo …
> Ultimo mio ricordo?
Un bacio estorto con la violenza?
Un ultimo dolce
ricordo da conservare nel momento della morte?
Quando elaborai questo pensiero
scoppiai in lacrime. Edward guardò male Sam che mi
carezzò la fronte.
<
Charlie ci ha già parlato. Con Jake intendo. Adesso
è a casa. Devo dire che
abbiamo fatto un po’ di fatica a trascinarcelo ma alla fine,
sai com’è, cinque
contro uno … > mi sorrise e mi fece
l’occhiolino.
Si rialzò e raggiunse Charlie che stava parando con
Carlisle. Appoggiai la
testa sulla spalla di Edward. Lui mi accarezzava i capelli.
Quando la situazione si fu un po’ calmata e Sam fu tornato a
La Push, Charlie
venne da noi che eravamo ancora seduti sul divano.
Prese una sedia
superstite e la piazzò con forza davanti al divano. In quel
momento vidi mio
padre come un poliziotto.
Edward strinse la mia mano. Era in uno stato di
tensione, la mascella contratta.
Charlie si sedette e mi squadrò per alcuni
minuti e poi parlò con una voce autoritaria che non gli
avevo mai sentito
addosso.
< Bella. Jacob sta bene. Non ha commesso atti insensati. E di
questo siamo
tutti contenti.> dicendo questo osservò Edward.
Proseguì diecendo:
< La vostra discussione: cosa intendeva dire?
<
La vostra discussione: cosa intendeva dire?
Tu
puoi fare tutte le cazzate che vuoi che tanto tutto ti è
lecito. Io invece
dovrei rimanere per tutta la vita … Quando tu invece; Io non
posso ammazzarmi
per amore ma tu sì?
Quelle parole, cosa significano.
Sono tuo padre. Pretendo di sapere la verità. La esigo. Ti
ricordi Isabella lo
scorso Anno? Quando ti sei buttata dallo scoglio? Quello che hai fatto,
ci
avevi già provato? Jake sa qualcosa che io non so? Quando sei
caduta …
>
mi irritò il modo in cui pronunciò quella parola
ma allo stesso tempo mi sentii
sollevata. Non aveva inteso la vera natura delle parole di Jake. Non
aveva
collegato la morte al matrimonio ma bensì a tutte le strane
cose che mi erano
accadute negli ultimi due anni.
Charlie continuò:
<
A Phoenix, non è stato un incidente. > Non era
una domanda.
< è per questo che i Cullen se ne sono andati?
Cos’è successo
quando tu e Alice siete sparite, qualche mese fa? Hai
tentato il suicidio? Isabella, io DEVO saperlo. Io pretendo di saperlo.
>
Guardai mio padre. Mi sentii male. Avevo paura e mi sentivo
intrappolata.
Non avrei mai potuto dirgli la verità. Lui rischiava la vita
per il semplice
fatto di vivere con me. Figuriamoci se avesse saputo cosa si celava
dietro il
pallore dei Cullen? I volturi lo avrebbero saputo e avrebbero dato la
caccia
anche a lui.
Lo avrebbero ucciso. Non avrei potuto permettere che scoprisse il
segreto inviolabile che riguardava la reale natura di Edward.
Il problema era
che non avrei potuto spiegare tutte le incongruenze, tutti i fatti
strani, i
misteri che avevano attraversato la mia vita da quando mi ero
trasferita a
Forks se avessi tralasciato il piccolo particolare che Edward e la sua
famiglia
adottiva erano dei vampiri.
Rimasi zitta e strinsi la mano di Edward. Sapevo che non dovevo
mostrare segni
di debolezza o di incertezza.
Mio padre era un poliziotto. Mi avrebbe obbligata
a confessare se mi avesse vista vacillare.
Non potevo permettermelo. Cercai di
mantenere la calma quando lui aggiunse:
< Ho lasciato correre troppe cose. Mi sarei dovuto impuntare.
Quando mi
mentivi avrei dovuto impormi e farmi dire la
verità.
È stato un errore farti
credere che non mi accorgessi di niente.
Ti prego, Isabella. Io ti voglio aiutare ma se non mi spieghi tutto,
non
riuscirò a fare niente per te. >
A quelle parole cominciai a singhiozzare e mi voltai verso Edward che,
immobile, stava analizzando i pensieri di mio padre. Fu lui a
rispondere:
<
A Phoenix
è stato un incidente. Quando poi però a mio padre
è arrivata l’offerta a Los
Angeles e ci siamo trasferiti, ho voluto troncare la relazione. Pensavo
che con
una separazione improvvisa, facendole credere che non mi mancasse, mi
avrebbe
dimenticato. Ho vietato ai miei familiari di mantenere i
contatti.
Alice ha
sofferto tantissimo e alla fine non ha resistito.
È tornata a trovarla e quando
ha saputo che lei aveva sofferto così tanto da tentare il
suicidio ha chiamato
Rosalie e si è confidata con lei. Rose ha inteso male e mi
ha detto che Bella
si era suicidata e che era morta.
Io non avevo smesso un istante di amarla e, appresa la notizia, ho
telefonato
qui, a casa vostra.
Mi rispose Jacob. Chiesi di lei, ispettore, e mi disse che era al
funerale.
Cosa avrei mai potuto pensare?
Non attesi un istante. Mi barricai in casa
deciso a raggiungere Isabella. Volevo tagliarmi le vene.
Per un giorno intero
non risposi al telefono. Non prestavo ascolto a mio padre e mia madre
che,
giunti da Los Angeles, cercavano di convincermi ad aspettare, a
ragionare.
Quando Carlisle mi disse che aveva sentito Alice e che c’era
stato un
malinteso, non gli prestai ascolto. Pensavo tentasse di convincermi ad
aprire
la porta. Erano pronti a chiamare la polizia. Ero in procinto di farla
finita.
Mi convinsero però ad attendere. La mattina dopo Alice e
Bella si presentarono
davanti casa. Non posso descriverle cosa provai in quel
momento.
Mi sentii
rinascere. Capimmo entrambi che non avremmo potuto vivere separati.
Mi dispiace di aver provocato a Bella e a lei tutti questi dolori. Di
aver
spinto Bella a cercare la … morte. Non può
immaginare il dolore, l’odio che ho
provato nei miei confronti.
Ora che però siamo di nuovo una accanto all’altro,
siamo felici. >
Aveva
misurato tutte le parole. Sebbene il racconto rispecchiasse la
realtà nelle
tematiche di fondo, era tutta una storia costruita su misura per mio
padre.
Edward aveva parlato lentamente, con un tono affranto e sincero.
Convincente.
E mio
padre gli credette. Ringraziando il cielo annuì. Tenendo le
mani nei
capelli e gli occhi chiusi fece un cenno con la testa. Riuscii a fare
un
respiro profondo ora che sapevo che Charlie non avrebbe scoperto la
verità.
Quando mio padre riaprì gli occhi, mi fulminò con
lo sguardo. Disse al mio
amore:
< Ho provato ad aiutarla ma lei non voleva farsi aiutare.
Davvero,
non sapevo più cosa fare. Per un periodo ho davvero temuto
il peggio. Poi, con
Jacob, le cose sembravano andare meglio. Non sapevo che avesse tentato
… di
togliersi la vita. L’ho scoperto quando è tornata
con te da Los Angeles … Avrei
dovuto portarla da uno psicologo ma lei non voleva … Ho
sbagliato tutto come
padre … >
Povero Charlie. Vederlo soffrire in quel modo mi faceva sentire un
verme. Come
avevo potuto farlo stare male in quel modo? Ero stata davvero
così egoista?
Era logico che lui odiasse Edward, non sapendo la
verità.
Mi
chiesi: “e se la
sapesse? Se sapesse che sono vampiri? Certamente cercherebbe di farmi
scappare
dall’altra parte del mondo.”
Lui aveva visto in Jacob il ragazzo che stava riuscendo a salvarmi, a
tirarmi
fuori da quell’inferno nero in cui ero precipitata, in cui lo
stesso Edward mi
aveva fatto cadere. Lo aveva detto ad Alice:
< Non è come quando ci si
lascia. No. Sembra che sia morto qualcuno. Di notte la sento ancora
urlare.
> per lui era come se avessi pugnalato alle
spalle il mio
salvatore. Ma mi voleva bene e aveva accettato il mio Edward solo per
amor mio.
Mi alzai di scatto e abbracciai mio padre come non avevo mai fatto
prima. Lui,
che non se lo aspettava, per poco non cadde dalla sedia ma
ricambiò la stretta
sussurrandomi:
< Tu sei la mia bambina. Ti ho sempre voluto bene. Avrei
voluto che fossi felice, tutto qui. >
Tra le lacrime riuscii a singhiozzare: < Ora sono felice
papà, io sono
felice, ed è anche grazie a te. Io ed Edward ti saremo
sempre grati. >
Mi sorrise e mi sistemò i capelli, poi si alzò in
piedi e disse:
< Jacob è
tornato a casa. Lui e Sam vorrebbero parlarti, a quanto dice Sam.
Magari dopo
potreste incontrarvi. > Cercava di essere convincente. Io
guardai Edward. Lo
vidi annuire lentamente. Sembrava che l’idea non gli piacesse
ma non poteva
rifiutare. Mio padre lo avrebbe cacciato fuori se ci avesse provato.
Charlie
uscii
dal salotto lasciando me ed Edward da soli. Andai verso di lui e gli
porsi la
mano.
Lui accarezzò l’anello e poi me la
baciò, come un uomo d’altri tempi.
Alzò lo sguardo verso di me e mi sorrise. Parleremo con
Jacob, vedrai che
farete pace. Annuii poco convinta e lui se ne accorse. Con un movimento
fulmineo fu in piedi. Mi strinse in un abbraccio rassicurante e mi
disse:
<
Va a vestirti. Andiamo a La Push. >
Salii
in camera e afferrai il cambio che
avevo preparato la sera precedente. Mi vestii lentamente con mille
pensieri per
la testa. Quando scesi in cucina, Carlisle ed Edward mi attendevano
seduti
composti a tavola. Il salotto era tornato come nuovo. Se non fosse
stato che
mancava una sedia, avrei potuto pensare di essermi sognata tutto.
< Ti ho preparato la colazione. > Mi sorrise Edward
spingendo verso di me
un vassoio bello ricolmo.
< Grazie. > Sussurrai imbarazzata. <
Non era necessario … >
Non
volevo dirgli che mi era passata la fame.
Nonostante tutto bevvi il latte e mentre addentavo la brioche sospirai.
non
avevo proprio voglia di mangiare. Lui parve leggere i miei
pensieri.
Con un
sorriso tutt’altro che innocente, mi
confessò:
< Sapevo che non avresti
mangiato. Quando ti agiti ti passa la fame, ma sapevo anche che non
avresti mai
rifiutato qualcosa preparato da me, fosse anche solo del latte
riscaldato.
> Lo fulminai con lo sguardo e riposi le stoviglie nel
lavandino. Come
al solito mi aveva incastrato …
Mezz’ora dopo eravamo già in macchina alla volta
di La push. Carlisle guidava
mentre io ed Edward rimanevamo in silenzio.
L’unico
vampiro con cui i lupi
dialogavano era quello che loro definivano “il dottor
succhiasangue”. E proprio
Carlisle aveva telefonato a Billy, il più importante dei
Quileute, secondo la
legge della tribù, per chiedere il permesso per entrare
nella riserva, che era
interdetta ai vampiri. Quando giungemmo alla casetta di Jacob, bussai.
Mi aprii
jacob. Non mi rivolse neanche la parola. Si limitò ad un
cenno del capo.
Entrammo nel minuscolo soggiorno e salutammo Billy che ci veniva
incontro sulla
sua sedia a rotelle. Notai in terra della segatura.
< Isabella … >
< Sì, Jacob? >
< Vieni con me. > La sua voce
era rassegnata, triste ma calma.
Io, che stringevo la mano di Edward, la
lasciai andare e seguii Jack nella sua stanza. Prima che
però le nostre mani si
separassero, Edward strinse la mia con dolcezza. Mi fece cenno di
sedermi sul
letto, davanti a lui.
< Mi sono comportato male, mi dispiace. >
< Jake … > Non volevo che mi vedesse piangere,
non potevo farmi vedere
piangere. E allora perché le mie guance erano tutte
bagnate?
Lui me le asciugò con il palmo caldo, bollente, della mano.
Si chinò in avanti
e mi diede un bacio sulla fronte.
Chiusi gli occhi e sospirai. Lo sentii
prendermi le mie mani e chiuderle come se pregassi. Mi
infilò un sacchettino
tra le dita. Si chinò un ultima volta e mi baciò
la guancia poi, tornando ad
essere il mio vecchio Jacob, mi sussurrò:
< Sperò che quando sarà il
momento, non puzzerai in questo modo. Come fa a lasciarti addosso tutta
questa
puzza? > Aprii gli occhi e fissai i suoi.
< Jacob … >
< Dai, aprilo … è un pensierino >
Aprii il sacchettino
e ne estrassi un piccolo oggetto di legno. Più grande del
regalo di diploma. Un
sole inciso in una tavoletta di legno. Una cornice floreale intagliata
sui
bordi. Sul retro, una frase :
“ ricordami, come ti ricorderò io. Spero di poter
essere per sempre un sole ai tuoi occhi. Il tuo Jacob.”
Scoppiai in lacrime stringendo la tavoletta al petto.
< Bella, Bella, perché
piangi? Ti prometto che non farò cavolate …
>
< Grazie Jake, grazie. >
Mi abbracciò e poi mi disse: < Adesso vai, se no il
tuo vampiro chissà cosa
pensa! > Ridemmo entrambi sebbene le lacrime mi rigassero ancora
il volto.
Poi disse la frase che mi permise finalmente di sorridere:
< Comunque il tuo
odore mi piacerà anche dopo. Ne sono sicuro. Allora ci
vediamo Venerdì. Credo
che dovrò tirare fuori quel vecchio vestito che ho messo
quando si è sposata
mia sorella. Spero che non stoni troppo in tutto quel lusso
… >
< Jake!
> Quasi non gli saltai addosso per la
felicità.
< Sono proprio curioso di
vedere che razza di bomboniera ti faranno indossare. Di sicuro
sarà qualcosa di
pomposo, come quei biglietti d’invito. > Era triste ma
sereno. Aggiunse.
< Vorrei stare con te, ma so che non è possibile.
Però, vorrei che tu almeno
fossi felice. Se morissi, so che non ti riprenderesti mai
più, non perché mi
ami, ma perché mi vuoi bene … siccome
anch’io voglio vederti felice, ti
prometto che ci proverò. Chissà, il nostro futuro
non lo vede neanche la tua succhiasangue
chiromante. Forse un giorno tornerai da me. >
Sapevamo entrambi che non
sarebbe successo mai ma l’importante era che almeno
rivolgesse lo sguardo al
suo futuro.
< Ti prometto: cercherò di essere felice. Quindi tu
devi
promettermi che non mi dimenticherai. > annuii piangendo lacrime
di gioia
mista a tristezza. Lui mi diede un buffetto sulla guancia e mi sorrise.
Lo abbracciai e poi corsi da Edward che mi aspettava nel cortile. Mi
accolse
con le braccia aperte e tese verso di me.
Mi sussurrò: < Sai, è bello
vederti felice. >
Annuii affondando la facci nella sua camicia e stringendo
al petto il più bello dei regali che avessi mai ricevuto. Lo
avrei conservato
per sempre.
Salutammo Billy. Mi accorsi che però Carlisle e la macchina
erano spariti.
Percorsi
trecento metri, ormai nascosti da occhi indiscreti, Edward si
voltò e mi
afferrò per il bacino. Mi sollevò leggermente e
mi baciò con passione.
Mi fece
salire sulla sua schiena e poi sfrecciammo ad una velocità
paurosa attraverso
il bosco. Sentivo la felicità che scorreva dentro di me.
Quando ci fermammo, mi
resi conto di essere a casa Cullen, soprattutto quando sentii la voce
di Alice,
allegra e squillante, invadere l’aria.
Ci venne incontro danzando con grazia. Indossava un vestito bianco e
dei sandali.
Il cielo aveva cominciato, miracolosamente, a schiarirsi e alcuni
timidi raggi
di sole la illuminavano. Sembrava brillare di luce propria. Jasper,
seduto nel
portico, la osservava rapito. Non mi lasciò neanche il tempo
di toccare l’erba
con i piedi che lei mi aveva già afferrato il
braccio.
Lanciai
un ultimo
sguardo disperato ad Edward che mi baciò la punta del naso e
mi rassicurò:
<
Dopo ho una cosa per te … Vedi di non metterci molto. Tu
dille sempre di sì e
vedrai che riesci a scappare in fretta! >
Lei lo guardò male e gli fece una linguaccia, poi mi
trascinò in camera sua.
Capii all’istante perché Jasper fosse seduto sotto
il portico. Non riuscivo a
credere come Alice fosse stata in grado di riempire la sua camera,
enorme, con
tutta quella roba. Ovunque riviste aperte, campioni di tessuto, fiori,
e chi
più ne ha più ne metta.
< Sei giorni Bella, Sei giorni!!! > Saltellava da una
parte all’altra in
preda ad un’eccitazione incontrollabile. Forse
perché ero felice di mio, mi
feci contagiare in parte dalla sua gioia.
Non so come,
dopo quello che a me parve poco tempo, sentii bussare piano alla
porta.
<
Edward, siamo OCCUPATE, non osare mettere piede in camera mia.
>
< Guarda
che se continui così, il povero Jasper sarà
costretto a trasferirsi in garage.
Vabbè che per fare certe cose la porche che ti ho regalato vi
dovrebbe andare
più che bene, ma credo che preferirebbe che vi divertiste in
camera vostra. E
non sto scherzando. >
Alice
andò alla porta e l’aprì quel tanto che
bastava per guardarlo in faccia e gli disse:
< Noi certe cose in macchina
non le facciamo. Avrei paura di rovinarla … e tu lo sai
… >
Io me ne rimanevo zitta seduta a terra tra campioni di stoffa bianca.
Lui mi
vide e mi sorrise dolce, poi mi fece cenno di uscire. Mi alzai
lentamente e
feci per togliermi un lungo pezzo di stoffa che Alice mi aveva messo in
testa
per gioco, a mo’ di velo. Lui invece mi sorrise e mi
sussurrò: < Aspetta, te
lo levo io. >
Con delicatezza me lo fece scivolare dai capelli e
ridendo mi disse: < Sei così tenera …
>
Arrossii
e mi coprii il volto con
il tessuto. Edward mi prese per mano e mi portò in
cucina.
Aveva preparato da
mangiare. Aveva imparato a cucinare apposta per me! Mi sentivo
lusingata. In
realtà, quel giorno mi aveva preparato un semplice risotto
ma comunque mi fece
veramente piacere.
Come mi aspettavo, mi osservò mangiare e sorrise compiaciuto
quando vide che non avevo lasciato neanche un chicco.
Andai in bagno e mi lavai i denti, poi scesi in sala.
Edward,
seduto al
pianoforte, teneva gli occhi chiusi e muoveva le dita sui tasti muti,
tenendole
sollevate di pochi millimetri.
Feci piano per non disturbarlo ma sapevo che mi
avrebbe sentito lo stesso. Gli andai dietro e lo cinsi con le mie
braccia.
Lui
voltò la testa, tenendo gli occhi chiusi, e
respirò il mio odore. Mi afferrò le
mani e me le baciò. Si girò, mi cinse i fianchi
con un braccio e mi avvicinò di
più a sé.
Mi sussurrò: < Vieni, siediti qui, affianco a me.
> Obbedii e mi sedetti.
Lui mi guidò con le sue mani la testa sulle sue ginocchia.
La melodia prima
muta invase l’aria dolcemente.
Era quasi più dolce della mia ninnananna, solo
che questa canzone sconosciuta era più allegra, piena di
gioia. Chiusi gli
occhi sorridendo. Pian piano percepii la musica mutare, farsi
più tranquilla.
Suonava con una mano sola, poiché con l’altra mi
carezzava le guance e le
labbra.
Quando
riaprii gli occhi capii di trovarmi in giardino, sdraiata su una
coperta. Edward era sdraiato accanto a me e mi teneva la mano. Gli
occhi
chiusi.
Mi accoccolai al suo fianco, tra il suo braccio e il suo torace e
poggiai la testa sul suo petto. Lui mi poggiò la mano sul
cuore e mi strinse a
sé.
Mi baciò la fronte e mi disse: < Ho un regalino per
te. Vuoi vederlo? >
Annuii e lui mi sorrise.
Come diavolo faceva ad essere così, così
attraente, bello, eccitante? La
camicia era sbottonata, i capelli gli ricadevano disordinati sul volto
e i suoi
occhi d’oro brillavano per la felicità.
Si alzò in ginocchio e si mise sopra di
me. Io rimanevo lì, con la schiena sulla coperta e lui su di
me.
Appoggiava il
peso sui gomiti e le sue ginocchia cingevano i miei fianchi. Il mio
cuore era
su un altro pianeta.
Mi
baciò le labbra e le palpebre, poi, mentre con una mano
mi sfiorava l’orecchio, accarezzò le mie labbra
con la sua lingua.
Alzai una mano tremante e gli accarezzai il torace, il suo petto
muscoloso.
Risi. Era una risata isterica.
Portai l’altra mano dietro la sua nuca e
gli afferrai i capelli. Avvicinai il suo volto al mio e piegai la testa
all’indietro.
Inarcando la schiena, la mia pancia si appoggiò alla sua e
il mio
bacino lo sfiorò. Il mio seno poggiava sul suo petto. Portai
entrambe le mani
dietro la sua schiena e mi strinsi a lui. Forse sarebbe più
appropriato dire
che mi avvinghiai a lui. Lui non mi allontanò. Mi strinse a
se e poi mi riportò
a terra.
Si
alzò in piedi e mi lasciò li, sdraiata e ubriaca
di felicità ed
eccitazione. Mi guardò e mi disse:
< Sarà meglio che ci muoviamo. >
Così dicendo mi tese la mano, mi sollevò in un
istante e mi strinse a sè,
carezzandomi i capelli.
|
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Capitolo 8 *** Giocare ***
Non vedo l’ora che
comincino le vacanze. Non ce la faccio
più!!!
Per questo capitolo, i miei ringraziamenti per
aver inserito la fic tra i preferiti a sunsunset
e bunny65
E per aver commentato a:
BellaSwan95
PenPen
HopeToSave
alice
brendon cullen
Hele91
Grazie!!!
Mi
scuso per gli eventuali
errori, è che sono davvero stanchissima. Pensate che oggi mi
sono addormentata
nel compito di LATINO!!!! Orrore, terrore e raccapriccio. Ho fatto un
commento
terribile al povero Lucrezio!!!
Ma ora, bando alle
ciance:
Tenendomi
per mano, Edward mi portò in casa. Quando aprì la
porta di camera nostra, a
pensarlo mi vengono i brividi, mi poggiò le mani sugli occhi
e mi bisbigliò:
< Non preoccuparti, farò attenzione che non ti faccia
male. > Sghignazzò.
Io mi lasciai guidare fino al letto su cui mi fece sedere. <
Tieni gli occhi
chiusi. > mi ammonì portando le mie mani sui miei
occhi, a sostituire le
sue. Quando lo sentii allontanarsi, separai le dita per cercare di
vedere. <
Non sbirciare. > Mi sgridò. Sussultai. La voce
proveniva da dietro di me.
Come è logico, non mi ero neanche accorta che si fosse
seduto sul letto al mio
fianco. Mi baciò una guancia e mi si parò davanti
in un attimo. Mi afferrò per
il bacino e mi mise in piedi in un istante. La velocità dei
movimenti mi fece
girare la testa.
<
Apri gli occhi … Allora? > < Allora cosa?
> < Beh, non ti piace?
> Mi stava sorridendo e si stava prendendo gioco di me. <
Edward! >
Rise e mi indicò il letto. Mi voltai e vidi il regalo che
Edward ci teneva a
darmi.
Mi
sentii abbracciare da dietro. Lui aveva incrociato le sue mani sul mio
ventre e
fece aderire la sua pancia alla mia schiena. Mi bisbigliò
all’orecchio: < Ti
piace? >
Annuii.
Sul letto Edward aveva appoggiato un corto vestito di seta blu notte,
senza
spalline, con un nastro azzurro che faceva un giro intorno alla vita
per poi
andare ad allacciarsi sulla schiena, formando degli intrecci. <
L’ho visto e
ti ho pensata. Pensavo che potresti metterlo questa sera, quando ti
porterò
fuori a cena. >
Lo
sfiorai con la mano. La seta scivolava dalle mie dita. Lo alzai e me lo
misi
davanti, tenendolo appoggiato al mio corpo con le mani. Feci una mezza
giravolta su me stessa e lui mi disse < Dai, provalo >
Annuii
e gli dissi: < Va bene, vai. > < No, no. Io
rimango. > Stava ridendo?
Ma come si permetteva?! Mi sedetti sul letto tenendo il vestito in
grembo.
Facendo l’offesa, gli ruggii:
<
Allora non me lo metto. > < Oh, io invece credo proprio
che lo
indosserai. > < Edward, non mi inganni più con
quella voce. Non riuscirai
a farmi fare quello che vuoi solo sfoderando la tua voce da angelo
caduto dal
celo. > Stavo mentendo spudoratamente. Se avesse continuato in
quel modo, mi
sarei sciolta come burro al sole.
Lui scosse la testa fingendo rassegnazione. Poi, con la voce
più sensuale di
cui era capace -e vi assicuro che lui era moooltooo capace- mi
bisbigliò: <
Ci terrei tanto che tu lo indossassi. Ti prego. > mi si
avvicinò e mi prese
una ciocca di capelli e cominciò a giocarci. Fece scorrere
la sua mano sulla
mia spalla e poi lungo il mio braccio. Quando arrivò al
polso, lo sollevo fino
a portarlo vicino al suo naso. Respirò il mio profumo e
poggiò le dita sulle
mie vene. Premette leggermente. < Il tuo cuore mi dice che sei
agitata.
Anche tu ci terresti a indossarlo. Sbaglio forse? > Annuii.
Rossa in volto.
< Sì, vorrei. Ma vorrei anche non metterlo davanti a
te. È così strano.
Penso che andrò a cambiarmi in bagno. >
Quel dannato sorriso sghembo! < Perché
ridi, Edward? > < Sai
che ti spierò. > < Sì. >
< Sei proprio assurda. Allora perché non
ti cambi qui? > < Perché bisogna farsi
desiderare. Se no che gusto c’è?
> < Non ti facevo così perfida e
manipolatrice. > Rideva.
<
Sai com’è, ho imparato dal migliore. >
Così
dicendo mi alzai e, tenendo il vestito su una spalla, aprii un
cassetto, presi
mutande calze e reggiseno e mi affrettai al bagno senza voltarmi.
Sentivo il
suo sguardo seguirmi. Appena entrata in bagno, avvicinai
l’abito al volto e
respirai il profumo di Edward. Sapevo che mi stava osservando. Non
sapevo da
dove, ma avevo la certezza che non gli sfuggisse nessun mio movimento.
Andai al
centro del bagno e mi guardai riflessa nel grande specchio che occupava
un muro
intero. Le mie gote erano rosse. Mi ravvivai i capelli con le dita. Poi
mi
lavai la faccia con acqua gelata, per svegliarmi. Decisi che per una
volta,
tanto valeva osare. Avrei stupito Edward. Era più facile
pensare di fare ciò
che stavo per fare senza che lui fosse nella stanza. Mi avrebbe vista
da
lontano, di sfuggita … insomma, non se lo sarebbe mai
aspettato e allo stesso
tempo non avrebbe visto quasi niente … si, se la mettevo in
quel modo, mi
sembrava meno imbarazzante come cosa. Mi sbottonai la camicetta. Un
bottone
dopo l’altro, con infinita lentezza. Scesi con le mani e feci
lo stesso con i
Jeans. Mi slacciai e poi mi sfilai le scarpe. Lasciai cadere i
pantaloni in
mezzo alla stanza. Dopo qualche secondo, anche la camicetta cadde a
terra. Mi
tolsi calze con lentezza. Mi avvicinai alla doccia e aprii il gettito
regolando
il calore dell’acqua. Pensai: “Caro Amore, questo
non te lo aspettavi.
Sbaglio?” Con
lentezza sciolsi le bende
sui piedi. Mi slacciai il reggiseno e lo feci cadere. Con un braccio mi
coprii
il seno. Infilai una mano nell’elastico delle mie mutandine e
le feci scivolare
lungo le gambe. Si aggiunsero al mucchio di vestiti. Entrai velocemente
nella
doccia,ed ero rossa, ma davvero rossa! Mi vergognavo come mai ma allo
stesso
tempo mi stavo anche divertendo. Sapevo che probabilmente ad Edward era
quasi
venuto un infarto. Mi lasciai correre l’acqua addosso per
quasi un quarto
d’ora. Quando aprii la porta della doccia, cacciai un urlo
tremendo e la
richiusi immediatamente.
<
Perché urli? > < EDWARD!!! CHE DIAVOLO CI FAI
QUI!!! > < Mi hai
detto che lo sapevi che ti avrei spiata … > <
Edward, tu non mi stai
spiando! Tu sei proprio entrato nel bagno, mentre io ero NUDA!!!
>
Lui
rideva di gusto. < Sai, Isabella, quel vetro non oscura molto.
Si vede quasi
tutto … >
<
EDWARD!!! > Gridai scandalizzata.
Sentimmo
bussare alla porta e la voce di Esme raggiunse le mie orecchie:
<
Bella, tesoro, vuoi che trascini fuori Edward e chieda ad Emmett di
… > <
Esme, non è successo niente. Non preoccuparti. Non credo che
l’assalirò mentre
è nella doccia. Anche se lei ha fatto di tutto per
convincermi a provarci. In
fondo, stiamo solo giocando. >
< No, grazie Esme. Magari dopo che l’ho ucciso
… > < Bene, allora, a
dopo. >
Che
strana persona che era. Sempre così dolce e premurosa. Mi
adorava, proprio come
adorava Edward.
<
Passami l’accappatoio. > Gli ordinai perentoria.
< Sissignora. >
Lasciai uno spiraglio minuscolo e afferrai l’asciugamano che
mi stava passando.
<
Grazie. > Gli dissi secca. Me lo avvolsi intorno al corpo e
uscii dalla
doccia. Edward era lì, seduto a gambe incrociate, in terra
tra i miei vestiti.
Mi sentii avvampare.
<
Sei molto bella. > <
… > <
Nuda … >
Non
ci vidi più. Gli tirai l’asciugamano. Non ci
pensai neanche e mirai al volto.
Appena lo lasciai andare me
ne pentii.
Lo avrebbe schivato. Senza nemmeno faticare. Lo avrebbe schivato e io
sarei
rimasta completamente nuda davanti a lui.
E invece lui non lo
schivò. Appena
l’asciugamano gli sfiorò il volto, si
lasciò cadere all’indietro, tra
i miei vestiti.
<
Rimani fermo e non mi guardare! > Gli gridai. Lui
alzò una mano e disse:
< Va bene, troppo in un colpo solo potrebbe stroncarmi. Rischio
l’overdose.
Ah, comunque sono stati i tre secondi più belli della mia
vita. Una visione
completa … > Gli arrivò una scarpa in
testa.
Mi
sentivo strana. Mi stavo asciugando velocemente il corpo mentre il mio
fidanzato se ne stava sdraiato tra i miei vestiti.
Mi
infilai le mutande e il reggiseno, poi andai da Edward e con il piede
gli
spostai l’asciugamano dalla faccia. Lui mi sorrideva con un
sorriso bellissimo.
Mi sedetti sulla sua pancia e poggiai le mani sul suo petto. Lo
accarezzai e mi
chinai per baciargli le palpebre come di solito faceva lui con me. Lui
poggiò
la sua mano sulla mia schiena e un brivido freddo mi percorse il corpo.
Mi
sdraiai su di lui e chiusi gli occhi. Edward mi teneva stretta e mi
carezzava.
<
Te l’ho gia detto che il tuo profumo con l’acqua
è buonissimo. > Annuii e mi
strinsi di più a lui.
< Dai,
mettiti quell’abito. >
<
Uffa, certo che sei insistente. > Mi alzai e afferrai il vestito.
Me
lo infilai e lui mi legò il nastro. Fece scorrere le sue
dita bianche e
affusolate tra il miei capelli e li spostò sulla spalla
destra, in modo che mi
ricadessero davanti, sul petto. Con le mani scese lungo i miei fianchi.
Le
poggiò sulla mia vita e mi baciò il collo nudo.
Quando
mi lasciò andare, feci una giravolta su me stessa, creando
uno strano disegno
con le mille pieghe del vestito che ondeggiavano seguendo i miei
movimenti.
Quando
mi fermai, gli davo le spalle. Lo vedevo nel riflesso dello specchio.
Mi
sorrideva e sembrava rapito.
<
A cosa stai pensando? > Chiesi timida. < A te. >
mi rispose in un
sussurro. < Ma a che cosa di me in particolare? >
< A quanto ti amo e
a quanto ti adoro. A quanto sono egoista per star per distruggere la
tua vita.
> Il suo viso s’incupì. Mi voltai e andai
verso di lui. Gli sfiorai la
guancia con il dorso della mano e gli ripetei per la centesima volta:
< Ti
sbagli, non è per niente come dici. Tu mi stai rendendo la
persona più felice
del mondo. >
Mi
prese in braccio come fossi una principessa e mi portò in
camera nostra. Mi
mise seduta sulla cassettiera e mi rifece la medicazione ai piedi.
Alice
nel frattempo aveva lasciato delle scarpe abbinate al vestito.
Inorridii quando
vidi il tacco, sebbene molto basso! Ora cominciavo a pensarlo
anch’io. Sarei
arrivata al matrimonio con qualcosa di rotto.
Me
le infilai in silenzio ma Edward capì e mi
rassicurò: < Ci penserò io a
proteggerti da quelle! >
Gli
sorrisi e gli dissi: < Grazie. >
Avevo
una fame tremenda. Diedi un occhio alla sveglia e vidi che erano
già le otto. I
miei ultimi giorni si stavano letteralmente dissolvendo, senza
lasciarmi il
tempo di rendermene conto. Sospirai ed Edward mi guardò
preoccupato.
<
Beh > Feci io per cercare di catturare la sua attenzione
< Non mi dovevi
portare fuori a cena? >
Lui
mi guardò e sembrò che gli avessi appena tirato
un ceffone.
<
Oddio Bella, perdonami, non mi ero accorto che fosse già
così tardi. Scusami!
Dai, andiamo. >
Parlava
velocissimo. Mi afferrò per il polso e mi prese tra le sue
braccia. In meno di
venti secondi eravamo già nella Volvo. < Avresti
dovuto ricordarmelo. Non
devi assolutamente farti problemi. Mi dispiace davvero. Sono stato
imperdonabile. > Lo guardai male e gli dissi:
<
Smettila. Non è successo niente. Non credo che
morirò d’inedia. >
Guidava
ad una velocità che sarebbe stato un eufemismo definire
sostenuta.
In
meno di mezz’ora raggiungemmo Port Angeles.
Mi
portò nel ristorante di quello che era stato il nostro
“primo appuntamento”.
Aveva
prenotato non lo stesso tavolo, ma tutta la sala. Un cameriere ci fece
accomodare.
<
Salve, avete prenotato? >
<
Sì, tutta la sala, quella appartata. >
<
Ah, quindi voi siete i signori Cullen? > Chiese il cameriere
squadrandoci
dalla testa ai piedi. Che strano sentirmi chiamare a quel modo. era,
non saprei dire, inebriante.
<
Sì. > Rispose lui senza un minimo di vergogna. Mi
strinse un po’ la mano e
mi passò un braccio intorno alla vita. L’uomo mi
osservò soffermandosi sul mio
seno. Io abbassai lo sguardo e fissai il pavimento. Percepii il corpo
di Edward
irrigidirsi. Fulminò il cameriere con lo sguardo e poi disse
con una voce
alterata: < Vuole mostrarci il tavolo? >
<
Prego, da questa parte. > Ci disse il ragazzo distogliendo lo
sguardo e
facendoci segno di seguirlo. Edward mi baciò un orecchio e
mi disse: <
Andiamo. >
Ci
sedemmo allo stesso tavolo di quel giorno in cui la mia vita
cambiò e, quando
il cameriere ci chiese se volessimo ordinare, non potei non chiedere:
<
Due bicchieri di Coca e un piatto di ravioli ai funghi. >
< Per lei
niente, signore? > < No, grazie. E se ora vuole servire
mia moglie. >
Era arrabbiato. Alla parola moglie quasi non mi soffocai con il
grissino.
Quando il cameriere ci ebbe portato da bere, Edward si sporse, mi
baciò sulle
labbra e mi prese le mani. Attese che arrivasse la mia cena e poi mi
rivelò:
< Sapevo che avresti preso i ravioli. > < Sei
ancora arrabbiato? >
< Un po’. > < Non ti puoi arrabbiare
ogni volta che qualcuno mi
guarda. Se io facessi come te, sarei già diventata matta.
> Mi sorrise
dolcissimo e mi sistemò una ciocca
ribelle. < Tu però sai che io non ho occhi per
nessun’altra all’infuori di
te. > < Credi forse che io potrei mai innamorarmi di un
altro ragazzo?
> Chiesi scandalizzata. < Ne sono letteralmente
terrorizzato. E sono così
egoista da essere contento che fra poco neanche il tempo
potrà più separaci.
> < Sei proprio uno sciocco. > dichiarai scuotendo
la testa e
infilzando un povero raviolo.
Rimanemmo
in silenzio per alcuni minuti. Pian piano il mio piatto andò
svuotandosi ed
Edward mi chiese : <
Cosa hai voglia di fare questa sera?
> < Non so, quello che va a te. > < Decidi
tu. > < Beh, mi
piacerebbe andare a fare un giretto, potremmo andare sulla spiaggia
… > <
Certo. Hai ancora fame? > < No. Magari dopo potrei farmi
offrire un
gelato. > < ma certo. > Fece venire il cameriere e
pagò il conto -Esorbitante-
e mi prese per mano. Camminammo fino a raggiungere il porto. Mi sedetti
sul
bordo della banchina e lasciai le gambe a penzoloni. Lui si sedette al
mio
fianco, cingendomi le spalle con un braccio. < In
realtà, ti avrei preparato
anche un’altra sorpresa.
Ti prego, non
ti arrabbiare. Non l’ho pagata. È sempre della
serie: Regali riciclati: tieni.
Era insieme al ciondolo che ti ho regalato per il diploma. >
Così dicendo,
mi spostò i capelli e accarezzò il mio collo.
Io
chiusi gli occhi e feci un respiro profondo. In un istante,
sentì qualcosa di
sottile e gelato sulla mia pelle. Portai le dita al petto e sforai un
ciondolo gelido.
Le dita di Edward si stinsero sulle mie. Tenevo il piccolo gioiello
nella mano.
< Ti amo. > mi sussurrò.
Aprii
gli occhi e osservai un piccolo cuore di diamante similissimo a quello
che
portavo al polso.
Sorrisi
e delle lacrime traditrici mi bagnarono le gote. < Edward,
è bellissimo …
>
<
Proprio come te. Amore? >
Sussultai a quella parola. < Sì? > < Ti
andrebbe di venire con
me? > < Perché mi fai questa domanda? >
< Prima rispondi, poi te lo
spiego. > < Mi fai paura, quando mi dici così.
Di solito mi inganni. >
< Non ti fidi di tuo marito? > Mi voltai e lo fulminai
con lo sguardo.
< Non siamo ancora sposati. Prima sono quasi morta di vergogna.
Non è
necessario che tu ti metta a sbandierarlo in giro. >
<
Ti vergogni del nostro amore? >
L’avevo
offeso. Ecco, solo una cretina come me poteva riuscire a offendere una
creatura
come Edward. Cercai immediatamente un modo per salvare la situazione:
< No,
non hai capito. Non è questo, è che è
così strano. Siamo così giovani, per lo
meno io lo sono. Penseranno tutti male. > < Ti assicuro,
io so cosa pensa
la gente. Si sorprendono ma posso sapere cosa ti importa?
In
questo modo mi ferisci. >
Iniziai a tremare. Gli presi il volto tra le mani e, piangendo, mi
aggrappai a
lui… < No, non volevo ferirti. Scusa. È
solo che, devi capire che come
situazione, non è facile da affrontare … >
Invece
di respingermi come mi aspettavo, mi abbracciò e mi
cullò. < Non piangere, Amore. È che a
volte, non riesco proprio a comprendere il tuo modo di ragionare. Non
riesco a giustificare
il perché tu ti vergogni.
Forse
non sei ancora pronta per tutto questo. > < Non dirlo
neanche. Io ti
voglio. Non riuscirai a farmi cambiare idea. E se adesso ti rimangiassi
la
parola, non farei neanche in tempo ad ucciderti, perchè
Alice ti ammazzerebbe
prima. > < Sei così carina quando ti
infervori. Sapere poi che è per me
che succede … > Si chinò a baciarmi la
fronte.
<
Allora, vuoi venire? > < Sì. > Non
avrei potuto rifiutare. < Bene.
> E con un sorriso abbagliante, mi aiutò ad alzarmi.
Percorremmo il lungo
mare fino ad arrivare in una zona molto frequentata. Mi
portò in una piazza
dove avevano allestito un palco. C’era una festa di quelle
organizzate nei
periodi estivi ed era pieno di coppiette. Una musica dolce invadeva
l’aria.
Mi
accompagnò al centro della pedana e mi propose: <
Balliamo? > < Ma tu
sei pazzo. Avevo ragione a dire che di te non ci si poteva fidare.
> Mi
restituì uno sguardo colpevole e mi fece
fare una giravolta guidandomi con le sue mani. Inutile dire che guidava
Edward.
Ballammo un lento praticamente incollati l’uno
all’altra. Lui mi restava
attaccato perché non voleva che io cadessi, io invece
perché tra le sue braccia
stavo talmente bene da credere di essere in paradiso. Sentivo le sue
mani
accarezzarmi la schiena e le spalle. Notai dei ragazzi guardarci e
appoggiai la
testa sulla spalla di Edward. Mi vergognavo un pochino. Poi lo sentii
ridacchiare
e mi chiesi cosa diavolo stesse pensando. Lui mi passò una
mano tra i capelli e
poi appoggiò entrambe sulla mia vita. Mi stava cullando come
fossi una bimba.
Ogni tanto posava le sue labbra sulla mia pelle e respirava il mio
odore. Ogni volta
sentivo il mio cuore battere all’impazzata nel mio petto.
<
Grazie per il ciondolo. > dissi ad un tratto, portando le mani
sul mio seno.
<
E di cosa? Sono davvero felice che tu abbia cominciato ad accettare i
miei doni
senza fare troppe storie. Mi piace farti dei regali. Mi fa sentire
bene.
Quello, mi ero riproposto di regalartelo quando fossi stato sicuro che
non mi
avresti mai lasciato, ma non ho potuto attendere il matrimonio. Volevo
dartelo
subito. >
<
Se davvero avessi voluto darmelo nel momento in cui fosti stato certo
che sarei
stata tua per sempre, avresti dovuto regalarmelo nel momento in cui mi
sono
seduta accanto a te a biologia. Mi sono innamorata di te a prima vista.
>
< Sei assurda. >
Dicendomi
queste parole mi afferrò per i fianchi e mi
sollevò in aria.
Quando i miei piedi
toccarono nuovamente il
pavimento mi alzai sulle punte per baciarlo. Ora mi teneva una mano
sulla schiena
e l’altra dietro la testa. Separò le sue labbra
dalle mie per permettermi di
respirare il suo profumo e poi mi riempì di baci il collo.
Risi quando le sue
labbra ghiacciate sfiorarono la mia clavicola.
Ci
stavamo lentamente allontanando dal punto più affollato e,
dopo qualche minuto,
scendemmo dalla pedana.
<
Andiamo alla spiaggia? > Proposi sbadigliando.
<
Sicura di non voler tornare a casa? >
<
Sì. >
<
Va bene, se ci tieni … > Gli feci un sorriso che lui
ricambiò e poi mi
diressi spedita verso il mare. Visto che una serata senza incidenti a
me non
può capitare, appoggiai male un piede e un tacco traditore
mi fece scivolare. Edward
per fortuna mi afferrò quasi prima che mi rendessi conto di
cadere e mi disse
fingendo esasperazione: < Secondo me, tutti questi tuoi
incidenti sono solo
dei metodi inconsci per farti abbastanza male da evitare il matrimonio
… >
Lo
guardai malissimo e mi levai le scarpe.
Ci
sedemmo sulla riva ad osservare l’oceano infrangersi a pochi
metri da noi. Era così
buio che non si riusciva a vedere il mare, al largo, unirsi al cielo.
Mi strinsi
al mio amore e sussurrai: < sei preoccupato? A cosa pensi?
> < No, non
sono preoccupato. Pensavo a come sarà. > <
Cosa? >
<
Beh, quello … > Per fortuna che era buio e che non
poteva vedermi la faccia,
o così mi auguravo, perché in quel memento
divenni talmente rossa …
<
Ah, e perché ci pensi? > Chiesi cercando di ostentare
sicurezza. Fallii nel
momento in cui la mia voce tremò sul perchè.
<
A dire il vero, sono un po’ agitato. > <
Anch’io. >
<
Sai, dovrò stare attento in ogni istante, ma temo di potermi
far trascinare
dall’emozione e perdere la lucidità. Basterebbe un
istante. > Mi accarezzò
la guancia con la sua mano perfetta.
Mi
avvicinai di più a lui e mi accoccolai tra le sue braccia,
seduta sulle sue
gambe incrociate. Sarei potuta rimanere in quel modo per sempre.
<
Se vedi che ti diventa troppo difficile, dimmelo. In fondo
sarà solo un
tentativo. Tanto per dirci che ci abbiamo provato. > <
Sì, e comunque
Alice dice che andrà tutto bene. Spero solo che al momento
non ci siano
inconvenienti. >
Ci
misi qualche secondo a realizzare il significato di quelle parole.
<
ALICE! Che centra Alice? >
<
Cosa credevi? Che le sarebbe sfuggita una cosa come questa? Non pensare
che sia
sempre lì a sbirciare nel nostro futuro, ma ricordati che le
visioni vengono
quando meno se lo aspetta, e riguardo le cose più strane.
> Abbassai la
testa e osservai la sabbia. Chissà cosa aveva visto Alice!!!
Per lo meno,
diceva che sarebbe andato tutto bene. Me lo auguravo. Di sicuro non
avrei mai
osato chiederglielo.
Edward
mi strinse di più a sé e mi sfiorò il
collo con i denti. In quel momento ebbi
davvero paura e mi irrigidii. Cosa diavolo gli era venuto in mente?
<
Edward … > Sussurrai con un filo di voce. <
Cosa diamine … ? >
<
Shht. > Mi fece di rimando lui. < Sto provando a
immaginare. > La sua
voce era triste, malinconica. Sapevo che sarebbe stato davvero
difficile per
lui mordermi e togliermi la vita. Gli presi le mani e dissi: <
Vedrai. Andrà
tutto bene. > In risposta mi fissò negli occhi e,
cambiando argomento, mi informò:
<
Sarà meglio tornare a casa. È molto tardi.
Charlie vorrà stare un po’ con te. Alice
ti ha già portato tutto a casa sua. > Si
alzò con grazia infinita e mi tenne
in braccio fino a quando non raggiungemmo la macchina. Mi fece
accomodare sul
sedile anteriore e guidò apparentemente tranquillo e sereno.
Mi osservava e mi
teneva la mano.
<
Edward, la strada. > Lo ammonii io. < Sei più
bella tu. > Mi fece di
rimando e scoppiò nella sua risata limpida e dolce.
<
Isabella … >
<
Si? > Chiesi sospettosa, quando arrivammo vicino a casa mia.
<
Ci vediamo di sopra. Prima passo da casa. >
<
Va bene. >
<
Perché quella faccia? >
<
Non mi piace quando te ne vai. > < Guarda che torno
subito. > Scossi
la testa esasperata e gli confessai: < Non sarà mai
abbastanza presto. > e
poi lo baciai lentamente. Sentivo le sue labbra caute muoversi sulle
mie. Quando
si separò, mi disse: < Ora vai, se no poi si fa
tardi. Charlie ti sta
aspettando alzato. > Lo abbracciai ed uscii dalla volvo.
Camminavo lenta e a
fatica sui tacchi. Le luci di casa mia erano ancora accese. Quando
aprii la
porta ed entrai, sentii il motore della Volvo prendere vita a vidi di
sfuggita
l’auto scomparire nell’oscurità.
|
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Capitolo 9 *** Sogni ed insalata ***
Lo so, che titolo tremendo!!! è che non sapevo cosa mettere!!! Chiedo perdono! Che dire? Grazie per i bellissimi
commenti che mi lasciate
ogni volta!
Cara KiraraMiranda,
spero
tu non dica sul serio, se
no significa che dico una cosa e la riga dopo io parli di
qualcos’altro avendo
fatto centinaia di collegamenti mentali in un secondo, e che di
conseguenza non
si capisca niente!!! No,
ti prego!!!
Pregherei
di prendere in considerazione l’interessante richiesta di algin91.
Anch’io
lo voglio!!! Anche in
affitto. Se qualcuna conoscesse un tipo come Edward, per favore lo
voglia
condividere con noi. Potremmo dividere le spese!!! Oddio, ma cosa
cavolo sto
scrivendo? Scusatemi!!!
yuyutiamo,
La scena del
matrimonio arriverà tra poco, ed ho in mente
qualche bella ideuzza … Non so ancora se descrivere anche la
prima notte di
nozze o no? Voi che ne dite? Fatemi sapere. È che, data la
mia ancora purtroppo
inesistente esperienza, non so se scriverei cavolate o no. Comunque non
scriverei mai cose troppo sconce o volgari, di questo sono sicura.
alice
brendon cullen,
GRAZIE per aver
letto ed inserito
Un
giorno di
pioggia tra
i tuoi preferiti. Non sai quanto io tenga a quella storia. La mia prima
fanfiction
su Twilight!!! Ci sono così
affezionata!
Grazie!!!
Clhoe,
BellaSwan95,
PenPen,
Hele91,
sophie_95
GRAZIE per aver
commentato. Sono contenta che vi sia
piaciuta la scena del bagno! Mi sono divertita troppo a scriverla!!!
hachicat,
Non
preoccuparti!!! La Laury sta per arrivare (next Chapter …
coming soon … )
Sì, lo
so. Non si scrivono fanfiction alle tre di notte. Il latino e la salute
ne
risentono! Ma che ci posso fare? Mi diverto troppo!!!
Finisco
ringraziando:
Selene_Malfoy,
Tatan,
NENACHAN,
littledancer89,
darkcy
Per aver inserito
la mia storia tra i preferiti!!! Thanks!
Ed ora, ecco la storia
Ah ma
quanto scrivo oggi? Sono impazzita? Poi vi rompete e non leggete
più la
storia!!! No vi prego!!! È che ci tenevo a ringraziarvi
tutte per bene!
Grazie anche a tutte coloro che leggono solamente! Ciao!
<
Bells? > "E chi voleva che fosse?” <
Sì papà. >
Lo
sentii alzarsi dal divano e venirmi incontro. Mi abbracciò e
mi chiese: < Ti
sei divertita? > < Sì … > Mi
osservò e mi sorrise compiaciuto.
<
Capisco perché i ragazzi facciano la guerra per te.
È nuovo il vestito? >
< Papà! Ma cosa dici? Comunque sì, me lo
ha regalato Edward. Ti piace? >
< Sì. Ti sta molto bene. > < Grazie.
>
<
Vabbè, vado in camera mia. > < Allora, buona
notte. Domani ti vengo a
svegliare verso le 8? > < Ma non devi essere al lavoro.
> Mi sorrise
orgoglioso e mi dichiarò: < Mi sono preso una
settimana di ferie. Così
potremo passare un po’ di tempo insieme. Pensavo che io, te
ed Edward potremmo
andare da qualche parte? Che ne dici? >
Lo
guardai colpita. Charlie si stava proprio impegnando per essere un buon
padre.
Sapevo che per lui era difficile e mi sentii invadere dalla tristezza.
Lo avrei
abbandonato. Non avrei più potuto vederlo, andare a
trovarlo. All’inizio
sarebbe stato il richiamo del sangue ad impedirmelo, poi, il mio
aspetto mutato
… e se fra vent’anni fossi tornata da lui con il
corpo di una diciottenne, cosa
avrebbe mai potuto pensare? No, era assolutamente impossibile.
<
Non ti va? Non preoccuparti, era solo un’idea. > < Eh, no no, mi va
. Ero solo soprappensiero.
Scusami. Domani chiedo ad Edward. Dove vuoi andare? > <
Pensavo che
potevamo stare qui in zona, magari un campeggio. So che ad Edward
piace. >
Oddio, si stava proprio sforzando.
Lo
abbracciai di slancio e gli sussurrai: < Non è
necessario. Basterà invitarlo
a cena. > < Ma se quel ragazzo non mangia mai niente.
> < Beh,
segue una dieta particolare. > < Sì, lo so.
Per quella strana malattia.
Magari potresti cucinare qualcosa apposta per lui? Lo farei io, ma
già faccio
schifo a cucinare le cose normali, figurati un piatto speciale. E se
poi
sbagliassi e ti facessi fuori il fidanzato? > secondo
me, sottosotto ci sperava. Scossi la
testa e dissi: < No, no. Sarà meglio che cucini io.
> Era triste dover
mentire a Charlie ma non avrei potuto fare altrimenti. Per spiegare
inoltre
l’educato rifiuto di Edward a cenare con noi quando ero
ancora agli arresti
domiciliari, ci eravamo inventati una fantomatica malattia che
obbligava Edward
e tutta la famiglia Cullen ad attenersi ad una rigida dieta. Alice era
un genio
delle scuse: Carlisle avrebbe conosciuto Esme, che soffriva della sua
stessa
malattia, in un centro dietologico. Si sarebbero innamorati
giovanissimi e poi
sposati. Dato che lei non poteva avere figli, avrebbero preso in
adozione dei
bambini che avevano il loro stesso problema, ovvero Edward, Alice ed
Emmett.
Mentre per quanto riguarda Jasper e Rosalie, dopo che i loro genitori
erano
morti in un incidente, sarebbero stati presi in affidamento da loro
zia, Esme.
Anche loro avevano la stessa malattia che era genetica.
Insomma,
un gran casino per spiegare il pallore collettivo nonostante
l’assenza quasi
totale di legami di sangue per quel che ne sapeva la gente di Forks e
il fatto
che non li si vedesse mai mangiare in pubblico. Alice mi ripeteva in
continuazione che se si voleva vivere in pace, bisognava essere
meticolosi
nell’inventare balle.
<
Vado a cambiarmi. > < Ok, ciao. >
Salii di corsa le scale e mi fiondai in camera. La mia
delusione fu
enorme quando vidi la stanza vuota. Poi scorsi un biglietto sul mio
cuscino.
“ Scusa se non
sarò con te
questa notte. Prometto che saprò farmi perdonare.
Arriverò appena possibile. Ti
amo e starti lontana è una sofferenza. Dormi tranquilla.
Ancora e per sempre,
TI AMO. Il tuo Edward.”
Afferrai
il pigiama contrariata e mi sfilai l’abito. Mi infilai i
pantaloncini e la
maglietta, andai in bagno e mi diedi una lavata. Scesi in salotto e
vidi mio
padre, che aveva spento la tele e che stava per andare a dormire,
armeggiare
con qualcosa che riconobbi essere l’album con le mie foto che
Reneè gli inviava
durante l’anno, quando ero piccola e lo vedevo poco-niente.
Sfiorava le
immagini di me che, ancora bambina, sorridevo all’obbiettivo.
Me alle recite
scolastiche a cui lui non poteva venire, ai miei compleanni dove,
affianco a me
e mia madre, lui non c’era. Mi telefonava spesso quando
vivevo a Phoenix, ma
non era la stessa cosa. Senza farmi vedere, tornai in camera mia e
scrissi una
e-mail a Reneè. Mia madre sarebbe arrivata
Martedì, tre giorni prima del mio
matrimonio.
Quando
ebbi finito, mi infilai sotto le coperte e strinsi a me una camicia di
Edward.
L’aveva lasciata lì apposta. Piansi in preda
all’angoscia. Mio padre
–ultimamente mi riusciva più facile pensare a lui
in quei termini- soffriva per
i sensi di colpa. Per non aver trascorso del tempo con me quando ero
piccola,
nell’adolescenza, quando le figlie hanno bisogno di una
figura paterna.
Soffocavo
i singhiozzi. Poi sentii dei passi sulle scale. Asciugai le lacrime e
rimasi
immobile, fingendo di dormire. Charlie aprì lentamente la
porta ed entrò. Si
sedette sul bordo del letto e mi carezzò i capelli. Mi
sussurrò: < Buona
notte Bells. > Quando vide la camicia di Edward stretta tra le
mie mani
sospirò. Mi baciò la guancia ed uscì.
Quella
notte feci sogni agitati.
Sognai
i miei genitori che piangevano, abbracciati, giovani. Sognai Jacob, in
forma di
lupo che ululava. Era un funerale. Poi riconobbi la mia foto sulla
bara.
L’immagine sfumò in una ancora più
atroce. Mi trovavo in un ospedale deserto.
Lunghi corridoi spogli, file infinite di letti vuoti. Vedevo Edward che
stava
male. Su un lettino vicino a me. Tossiva sangue e aveva gli occhi
verdi. Più io
correvo verso di lui, più lui pareva essere lontano. Io
continuavo a chiamare:
< Carlisle Carlisle, aiutami. Edward sta male, Aiuto. Qualcuno
lo aiuti.
> ma nessuno veniva a darmi una mano. Più mi sforzavo
di correre, più i miei
piedi mi parevano piombo. Quando finalmente lo riuscii a raggiungere,
gli
toccai la fronte. Era bollente. Vedevo le mie mani sporche del suo
sangue che
mi colava sui vestiti. Il suo corpo era morbido ma il suo cuore non
batteva. Io
lo scuotevo ma lui non si muoveva. I suoi verdi occhi vitrei non
potevano più
vedermi. Io mi accasciai su di lui e cominciai a urlare portandomi le
mani alla
testa. Sentii una voce gelida alle mie spalle. Rosalie, bellissima come
al
solito, mi guardava compiaciuta. Indossava il mio abito da sposa,
strappato, ed
era sporca di sangue. Il suo volto era pieno di tagli e i capelli erano
tutti
disordinati. < guarda. > mi disse sprezzante indicando il
mio amore. <
Quello era il suo destino. Questo era il destino di tutti noi. La morte
sarebbe
stata meglio di questa non vita. E tu, piccola presuntuosa umana, tu
rifiuti
l’unica cosa veramente importante? > Improvvisamente
mi lanciò ciò che
teneva stretto nel pugno chiuso. Venni colpita al volto da decine di
grossi
bottoni di ferro. Piangevo per il dolore e la paura. Improvvisamente mi
accorsi
che dietro di me degli uomini di cui non riuscivo a vedere il volto
stavano
portando via Edward. Io mi aggrappai a lui con tutte le mie forze ma
uno di
quelli mi spinse via. Io mi aggrappai al braccio dell’uomo
cercando di
trattenerlo ma era tutto inutile. Allora presi Edward e lo feci cadere
a terra.
Lo coprii con il mio corpo e pregavo di non portarmelo via. Piangendo
mi
accorsi che diventava polvere sotto le mie dita. Mi ritrovai nella mia
casa di
Phoenix e Reneè mi venne incontro. Mi guardava adirata:
< Visto Isabella.
Sei contenta. Questo è ciò che si prova quando la
persona più importante della
tua vita muore. Sei contenta? Sei contenta che io e Charlie soffriamo
in questo
modo? > Mi voltò le spalle e abbracciò la
mia bara bianca chiamando il mio
nome e dicendo: < La mia bambina … Così
piccola … >
L’immagine
mutò ancora e io mi ritrovai in fondo a un buco profondo.
Vedevo la luce in
alto e sentivo le voci di tante persone e cominciai a gridare. Nessuno
pareva
sentirmi. Agitavo le braccia e urlavo invano. Improvvisamente della
terra mi
cadde in testa. Sempre di più, sempre di più,
fino ad oscurare la luce. Mi
sentii soffocare. Mi sentii morire.
Spalancai
gli occhi e mi resi conto di star piangendo. Edward era seduto ai piedi
del mio
letto e mi osservava preoccupato. La prima cosa che mi disse fu:
< Vuoi che
ti porti qualcosa? Dell’acqua? >
Mi
levai frettolosa le coperte, gattonai sul letto fino a lui e mi strinsi
al suo
corpo perfetto e duro, gelato. Mi strinse in un abbraccio protettivo,
passandomi una mano sulla schiena per farmi coraggio. Io singhiozzavo
come una
bambina. < Va tutto bene, ve tutto bene. Non è
successo niente. > Io
alzai il capo e gli osservai il volto. Mi sorrideva incoraggiante.
< Vedi,
sono qui. Ho fatto il più in fretta che ho potuto. E come
puoi vedere, sto
benissimo. Non perdo sangue e ti posso sentire. Direi che è
tutto a posto. E,
nel senso lato del termine, oserei dire che sono vivo e vegeto
… > Mi
sorrise rassicurante.
<
Ho parlato nel sonno? > < direi che più che
altro hai urlato. Non devi
pensare a certe cose. E comunque Rosalie non è
più tanto arrabbiata con te, da
quando siamo tornati da Volterra. > Mentre cercava di
rassicurarmi mi
baciava la fronte.
Accarezzandomi
mi portò le braccia distese verso l’alto e in un
istante mi sfilò la maglietta.
Sotto
avevo solo il reggiseno. Non feci in tempo a dire una parola che lui
appoggiò
le sue labbra sulle mie. mi fece sdraiare e si appoggiò a
me. Io non capivo più
nulla. La mia testa era invasa da immagini assurde e le mie
capacità cognitive
erano fortemente compromesse dal respiro di Edward.
Quando
si staccò dalle mie labbra io sussurrai imbarazzata:
< Edward, ma cosa …
> < Shht. Non preoccuparti. Mancano solo cinque giorni al
matrimonio. Mi
dispiace per te ma non cederò proprio adesso. Anche se, devo
ammetterlo, la
tentazione è forte … >
Quando
passò ad inondarmi il collo di baci, inarcai la schiena e
reclinai il capo
all’indietro. Ansimavo. Le sue mani scorrevano gentili sulle
mie spalle, sulla
pelle dei miei fianchi. I nostri corpi aderivano perfettamente.
<
Ti amo, Bella. > Non risposi, concentrata com’ero a
ricordarmi di respirare.
Per fortuna che il cuore batteva per i fatti suoi, e, tra
l’altro, in quel
momento batteva eccome. Sembrava un pazzo furioso. Incrocia le gambe
intorno a
quelle di Edward e cercai di slacciargli la camicia con dita tremanti.
Quando
Edward se ne rese conto, poiché data l’emozione
ero ancora al terzo bottone,
accompagnò e guidò le mie dita. Gli sfilai
l’indumento passando le mie mani sul
suo busto.
Mi
sentii mancare di fronte a tanta bellezza. Un dio stava sdraiato su di
me e
assecondava i miei movimenti chiamando il mio nome.
<
Bella. Bella. > Tra un bacio e una carezza mi osservava. Sentivo
il suo
sguardo su di me. Una mano timida e incerta mi accarezzò il
ventre per poi
risalire fino al collo. Mi sfiorò il seno e venne sostituita
da labbra lisce e
gelate come pietra. Alla fine scese fino all’ombelico e mi
diede lì un bacio.
<
Forse dovresti dormire. Ti sei calmata? > < Calmata?
> Gli feci io e
per poco non gli risi in faccia. < I miei ormoni sono impazziti.
Fra poco
imploderò. Devi smetterla di eccitarmi e poi lasciarmi
così! > < Devo
dire che sei diventata molto più audace coi fatti e con le
parole. >
Gli
sorrisi e mi portai a sedere, scivolando sotto di lui che si
lasciò cadere
elegantemente sul letto.
<
Sai, è stato … emozionante. > Mi disse
vergognoso. Io, che mi ero seduta
tenendo le braccia intorno alle ginocchia, appoggiate sul mio petto,
aggiunsi:
< Sì, non vedo l’ora che sia
Venerdì. > Mi sorrise complice e mi avvolse
con una coperta. Mi disse: < Perché non ti togli
anche i pantaloni? >
< Edward! > < Io mi toglierò i miei.
Non pensare male. È solo che ho
bisogno di sentire il tuo corpo vicino al mio. La tua pelle sulla mia.
> Non
sapevo cosa dire. Non avevo mai visto Edward in mutande. Lo avevo
desiderato
però tantissime volte, proprio come i primissimi tempi
desideravo toccare la
sua pelle e lui mi sfuggiva sempre.
Senza
neanche rispondere, portai le mie mani alla zip dei suoi Jeans e
l’abbassai.
Sembravo sul punto di svenire. Il mio volto era rosso. Ero accaldata e
le mie
mani tremavano talmente tanto da rendermi difficile compiere anche i
movimenti
più semplici. Lui si sfilò le braghe e mi venne
vicino. Lo mangiavo con gli
occhi. Mentre lo guardavo, sentii le sue dite sfiorarmi il bacino.
Mi
sfilò i pantaloni del pigiama e mi osservò. Io
distolsi lo sguardo e mi
soffermai sul suo petto. Lo sfiorai con una mano e sentii lui portare
le sue
sulla mia schiena. Mi fece sdraiare e mi accarezzò il corpo.
Dopo avermi
baciata con una passione fuori dal comune, mi prese tra le sue braccia
e si
infilò sotto le coperte insieme a me. Rimanemmo abbracciati
finchè non mi addormentai.
Il suo corpo gelato pian piano si scaldava a contatto con il mio e io
rabbrividivo per l’emozione e il freddo. Mi
rimboccò le coperte e mi strinse
stretta a sé. Sentivo la sua pancia sulla mia schiena. Aveva
intrecciato le sue
gambe con le mie. L’indomani, quando mi svegliai, mi ritrovai
sola nel letto.
Edward stava tranquillamente seduto sulla sedia a dondolo e mi
osservava,
completamente vestito, tenendo tra le mani il mio pigiama. Mi
stiracchiai e
sgusciai fuori dalle coperte. Lui si alzò velocemente e mi
strinse in un fugace
abbraccio poi tornò a sedersi.
<
Allora, cosa mi cucini oggi? > Mi battei un palmo sulla fronte.
<
Oh, è vero. Scusa se non te l’ho detto.>
<
Beh, tanto lo ha pensato Charlie. >
<
Senti, dimmi la cosa che ti fa meno schifo e te lo preparo. >
<
Mi spiace, credo che non vendano dei Puma al supermercato. >
<
Dai, non fare il cretino. Dico sul serio. >
<
Anch’io. > Lo guardai malissimo e lui alzò
gli occhi al cielo.
<
Se proprio devi, preparami qualcosa che possa sembrare dietetico. Che
ne so, un’insilata
mista e magari del tonno … >
< Sicuro che ti vada? > < Tanto poi devo tossire
fuori tutto.
L’importante è che la nostra storia regga.
< Davvero, non c’è qualcosa che
non ti farebbe schifo mangiare? >
Mi
sfiorò il collo con le dita e io mi ritrassi. < Per
davvero? > < Sì,
insalata e tonno. > Esasperata scossi la testa e mi presi i
vestiti puliti..
Lo baciai sulla guancia e lo carezzai, poi corsi in bagno. Infilai una
maglietta a maniche corte, un paio di jeans e dei sandali dopo essermi
lavata.
Uscii e salutai Edward con un bacino sulle labbra. < Ci vediamo
fra poco.
> Gli dissi e lui rispose: < Vengo a prenderti >
Quando ormai stavo
per scendere le scale e gli davo già le spalle, mi sentii
afferrare la mano da
dietro. Mi voltai e vidi Edward baciarmene il palmo. Mi
sfiorò la fronte e
percorse con le dita fredda la mia cicatrice recente, sulla fronte. Gli
sorrisi
e poi scesi da Charlie.
Lui
mi aspettava in cucina e mi aveva preparato la colazione. Mi sedetti.
<
Come va? > < Insomma … >
Ti
ho sentito agitarti questa notte, ma quando sono venuta a controllarti,
dormivi. > < Ho fatto un incubo … >
< Mi spiace. > < Non è
niente, solo uno stupido sogno. > Sì, uno stupido,
terribile ed atroce
sogno.
<
Allora, hai sentito Edward? >
<
Sì. Ha detto che verrà per pranzo. Gli preparo
un’insalatona mista. A te invece
cosa andrebbe? >
<
Bella, credo che forse sarebbe meglio che anche noi mangiassimo quello
che
mangia lui. Per non farlo sentire a disagio. >
Oddio,
era così gentile. Si preoccupava di non farlo sentire a
disagio!!! Voleva
proprio guadagnarsi la stima del mio fidanzato. < Sì,
grazie papà. È molto
carino da parte tua. Sei davvero gentile. >
<
Sono tuo padre. Lui tra poco sarà tuo marito.
Dovrò abituarmi all’idea di avere
un figlio. Sai, siete così giovani. Dei ragazzini. Potrebbe
davvero essere mio
figlio. >
Sorseggiai
il mio latte e mangiai un paio di biscotti. Non appena ebbi
sparecchiato,
sentii bussare alla porta. Contro ogni mia aspettativa, Charlie si
alzò e gli
aprì. < Edward, benvenuto. Prego, entra. >
< Grazie Charlie. >
Edward, bellissimo e divino,
mi
aspettava sull’uscio. Teneva un mazzo gigantesco di rose
rosse. Mi portai le
mani alla bocca per la sorpresa e poi lo abbracciai di slancio. Mi
strinse con
un braccio a sé e mi baciò la fronte:
<
Amore, per te. >
<
Ah, che belle!!! Grazie! > Saltellavo davanti a lui con il naso
immerso
nelle rose.
Baciò
il dorso della mia mano e poi l’anello. Charlie, che se ne
era tornato in
cucina per non osservarci pomiciare, ci chiamò.
<
Non ti arrabbiare tesoro. > < Quando dici
così, c’è sempre di che
arrabbiarsi. >
<
Bella tesoro, Edward. Venite in soggiorno. >
Andammo
e Charlie mise tra le mani di Edward il mio vecchio album di foto.
<
Papà, perché glie le fai vedere? Sono tremende!
> < Oh, Bella. Cosa vuoi
che siano un paio di foto? > Rideva mentre le mostrava ad Edward
che
sembrava molto interessato.
<
Charlie? > < Sì, Edward? > <
Questa, posso tenerla? > Tra le
mani teneva una foto di me, a dieci anni, che stringevo in mano un
peluche mentre
un’infermiera mi metteva un grosso cerotto al ginocchio.
Piangevo. Ricordai che
quella foto fu scattata alla festa della scuola. Un bambino mi aveva
fatto lo
sgambetto ed io ero caduta, sbucciandomi le ginocchia. Sul retro la
calligrafia
disordinata di mia madre: Isabella, 1997. festa di
primavera.
<
Certo Edward, tienila pure. >
Sorridendo,
il mio fidanzato estrasse il portafoglio e inserì la foto
vicino ad un’altra.
Quando la vidi, glie lo strappai di mano e me lo infilai in tasca,
offesa.
Charlie
ci guardò strano e poi ci disse: < Va bene, ora vado
a fare la spesa. Bella,
cosa vuoi che ti compri? Hai bisogno di qualcosa? > < No,
grazie. Ho
tutto il necessario per il pranzo. Forse dovresti comprare da bere.
Prendi un
paio di bottiglie di succo di frutta alla pera. > < Va
bene. >
Mi baciò la guancia e uscì, dopo aver salutato
Edward che ricambiò
educatamente.
Andai
a posare i fiori. Scelsi un bel vaso bianco bordato di azzurro.
Posizionai le
rose al centro della mia scrivania, in camera mia.
<
Edward, grazie. Sono bellissime. >
<
Prego. >
<
Ah, cosa ci faceva questa nel tuo
portafoglio? > chiesi mentre prendevo la foto.
Il
suo sorriso sghembo, quel suo dannato sorriso sghembo, mi tolse il
respiro.
Si
avvicinò a me e mi strinse in un abbraccio, sussurrandomi:
< trovo che
quella foto sia bellissima. Tu sei bellissima. > < Questo
non cambia
niente! Quando diamine l’hai scattata? > O mamma mia!
Ormai
parlavo come lui!
<
Sinceramente, non ricordo. > Non provava neanche a mascherare il
riso nella
sua voce.
<
Sì, e chi ci crede? Dimmi la verità? >
<
Se ci tieni … Stavi dormendo nel mio letto, era mattina
presto. Uno dei
rarissimi giorni di sole.
Dormivi
così bene e il sole sul tuo viso … non ho potuto
non immortalarti. >
Con
le sue parole, riusciva sempre a farmi perdere la forza di
volontà.
Mi
sedetti sul letto osservando la foto in cui io ero ritratta sbragata
sul letto,
scoperta. La maglietta alzata lasciava intravedere la pancia. Le
braccia erano stese
dietro il capo, in un mare di capelli sparsi sulle federe. Le gambe
nude
giacevano sulla trapunta. Il sotto del pigiama si trovava per terra.
Dovevo
aver avuto caldo.
<
A quando risale? > Chiesi cercando di non dare a vedere quanto
fossi
imbarazzata.
<
Mah, direi … un tre mesetti. Più o meno
… > Lo guardai torva e lui mi tese
la mano. Gli restituii la foto e poi gli ingiunsi: < Sdraiati,
sul mio
letto. > Obbedì.
Afferrai
la vecchia macchina che mi avevano regalato per il diciottesimo e feci
un
intero servizio fotografica ad Edward. Gli feci slacciare la camicia e
poi
cercai di autoscattarci delle foto di noi due insieme. Alcune vennero
proprio
bene. Quella più bella, in cui Edward stava disteso sulla
mia trapuntina con il
petto scoperto, finì dritta dritta nella mia borsa.
Quando
vidi che erano già le 12, dissi:
<
Sarà meglio andare a preparare da mangiare. Vieni? >
<
Certo, adoro osservarti cucinare. > Gli sorrisi languida e lui
mi sfiorò la
punta del naso con un dito, poi mi tenne aperta la porta da bravo
gentiluomo.
Non
mi ci volle molto a mettere insieme quella che poteva essere definita,
con un
po’ di fantasia, un’insalata mista.
A
tavola mio padre fu molto gentile con Edward. Tentò di fare
conversazione e di
essere simpatico. Edward naturalmente fu impeccabile. Si comportava
come il
migliore dei generi. Cortese, educato, simpatico…
Vabbè, forse i miei commenti
sono un po’ troppo di parte.
Io
lo osservavo mangiare. Era strano vederlo inghiottire il cibo. Mi era
capitato
solo una volta, con una fetta di pizza. Aveva mangiato per soddisfare
le mie
curiosità. Mi aveva confessato che per lui era come ingerire
spazzatura. E lui
lo aveva fatto per me, per ben due volte.
<
Bells? Bells? > Disse mio padre agitando la mano davanti ai miei
occhi.
Io
mi ripresi e lo osservai, ancora mezza imbambolata.
<
Bells, se continui a tenere la forchetta a mezz’aria, ti
cadrà tutto. Possibile
che tu non riesca a staccargli gli occhi di dosso? >
Arrossii
e fissai il piatto praticamente pieno. Edward mi carezzò i
capelli e mi
sussurrò:
<
Anch’io ti fisserei per sempre. > Mi
afferrò la mano sotto il tavolo e me la
strinse con dolcezza.
Quando
ormai avevamo tutti finito, ed Edward sembrava soddisfatto, mi alzai e
sparecchiai velocemente mentre Charlie e il mio Amore chiacchieravano
di
Football.
Mi
chiesi: “Chissà cosa mi direbbe mio padre se
vedesse i Cullen giocare?” Quel
pensiero mi fece sorridere. I miei occhi incontrarono quelli di Edward
che mi
rivolse un fugace sorriso sghembo e poi tornò ad osservare
mio padre, tutto
intento a mostrargli degli strani schemi di gioco di una squadra di cui
non
conoscevo neanche il nome.
Improvvisamente
qualcuno bussò alla porta e io mi affrettai ad aprire.
|
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Capitolo 10 *** Carta igienica azzurra e capelli viola ***
Prima di farvi leggere il prossimo
capitolo volevo
inaugurare una rubrica che chiamerò:
Giochiamo a fare gli etimologi ( scherzo! )
Però vorrei rendervi
partecipi di alcune ricerche da me
svolte in orari non troppo appropriati
( Versione di Latino in classe). Sì lo cosa state pensando:
- Questa
è pazza
- Ma questa qualche
volta studia?
Concordo
perfettamente.
Tornando alla ricerca: Ecco a voi
l’etimologia della parola
Volturo
Dal Latino (maddai) VULTUR, VULTURIS che significa:
Avvoltoio e che viene utilizzato dall’autore Seneca (primo
secolo d.C.) per
definire degli UOMINI RAPACI.
VULTUR,is era anche il nome di un monte dell’Apulia
(più o
meno l’odierna Puglia).
FICO NO?
La VOLVO di Edward prende in prestito
il nome dal verbo
(anche questo latino) VOLVO,IS,VOLUTUM,ERE che, tra i suoi mille
significati
vuol dire anche, se intransitivo,:
CHE CORRE
Allora? Sono stata troppo pallosa? Non so se sia proprio
giustissimo … Scusatemi, è che facendo la
versione dovevo cercare una parola,
non ricordo quale, che iniziava con V … e il resto
è venuto da sé! Sono proprio
una lavativa degenerata.
Passo ora ai ringraziamenti che, mi
spiace, saranno brevi
per questioni di spazio.
13 commenti! Grazie! Mi fate davvero contenta! Grazie
infinite a algin91,
Hele91,
sophie_95,
alice
brendon cullen,
Tatan,
BellaSwan95,
Pocia,
momob,
yuyutiamo,
HopeToSave,
PenPen!!!
Sono
contenta che vi sia piaciuta la scena del sogno. Credo inoltre che
scriverò
anche riguardo la prima notte. E qui vorrei dire a KiraraMiranda,
dici
davvero? Noooo, non può
sembrare un porno… Ho passato tutta l’ora del Fava
a pensarci su!!! Dimmi di
no!!!
Cara hachicat
ecco qui la tua vendetta
…
Grazie
per aver inserito la storia tra i preferiti a: gryffindor_ery,
ange,
momob
.
Hele91 Grazie per aver letto, recensito
e inserito tra i preferiti: Un
giorno di
pioggia.
Sono
contenta che ti sia piaciuta!!!
Ecco infine il nuovo
capitolo!!!!
Aprii la porta e mi ritrovai
davanti un orso
che mi sorrideva felice.
<
Emmett! >
<
Bella. > Mi rispose lui facendomi l’occhiolino e
abbracciandomi.
Dietro
di lui intravidi Alice, vestita carina, anche se a lei, data la sua
bellezza,
sarebbe stato bene anche un sacco di patate. Li feci accomodare.
Charlie,
che adorava Alice, si illuminò: < Ciao Emmett. Alice,
tesoro. Come sono
contento di vederti! > < Anche per me è un
piacere. Come stai? >
<
Benissimo. E tu? > < Magnificamente. Scusa ma siamo
venuti per rapirti
Bella. Spero che non ti dispiaccia! > < Riportamela dopo
però! Finché
posso stare con lei, vorrei approfittarne. > < Va bene.
Bella, ceni da
noi? Esme ha preparato apposta per te. >
La odiavo quando mi faceva quello sguardo implorante. Non era possibile
deludere quel volto angelico, corrucciato in un’espressione
di pura richiesta.
<
Certo Alice. > Ecco avevo ceduto. Chissà cosa avesse
in mente? Dato il
risolino soffocato di Emmett e la gomitata che questo ricevette da
parte di
Edward, dovevo essermi ficcata in un brutto guaio. Cercai di tirarmi
indietro
sperando in Charlie: < Sempre che tu, papà, non
voglia che resti qui a
mangiare. Non voglio che tu ti senta solo. > < Non
preoccuparti Bells, va
da loro. Non vorrei che Esme si offendesse. E poi ti ho già
obbligato a
mangiare con me oggi, coinvolgendo persino il tuo fidanzato! Va e
divertiti.
> Ma proprio
non capiva? Ecco, mi
sarebbe toccato sopportare Alice, che ormai era intenibile, per tutto
il
pomeriggio. Già tremavo.
Lei
mi mise un braccio intorno le spalle e cominciò a parlare di
merletti!!!
Rassegnata,
presi Edward per mano e salutai Charlie. Uscii e salii sulla porche di
Alice.
Mio padre, quando la vide esclamò: < Che macchina!
Complimenti Alice! >
< Bella vero? È un regalo di Edward. Mi doveva
qualche favore … >
Mio
padre osservò Edward in un modo strano. Lui, che
probabilmente aveva letto i
suoi pensieri, disse sconsolato: < Io vorrei regalarne una a
Isabella ma lei
… > Fece un espressione falsamente sconvolta e
proseguii: < Lei si agita
ogni volta che le faccio un regalo. Sapesse che fatica farle accettare
quei
ciondoli. > < Edward! E poi io adoro il mio Pick Up.
È un regalo del mio
papà! >
Sapevo
di aver fatto felice Charlie con quella frase. Lui infatti mi
guardò pieno di
orgoglio.
<
E comunque caro mio, il tuo CD lo adoro, lo sai. Da tante volte
l’ho sentito,
ormai si sta rovinando! > < Questo vuol dire che te ne
farò un altro.
> Sembrava soddisfatto.
Saliti
in auto, Alice cominciò a tartassarmi con una miriade di
domande. Io mi
aggrappai alle spalle di Edward e gli baciai il collo.
<
Bella! Insomma, ti sto parlando di una cosa fondamentale e tu non mi
presti la
minima attenzione? Così mi offendi. > < E dai,
Alice. Tanto dopo mi
rapirai. Finché posso, lascia che mi coccoli Edward.
> < Sì Alice, lascia
che mi coccoli! Dopo potrai giocare alle bambole viventi. >
Edward
venne colpito in testa da una guida stradale. Povero amore mio.
Ultimamente era
diventato un bersaglio. Beh, ripensando al fatto che mi avesse visto
nuda, devo
dire che a volte se lo meritava.
Arrivati
a casa Cullen mi sentii mancare.
<
Alice, ma cosa ... > < Hai visto Bella? Non lo trovi
fantastico? > Era
fuori di testa?
Edward
scosse sconsolato la testa e mi strinse la mano. Io osservavo
sbigottita il
giardino della villa.
Emmett
mi guardava e se la rideva.
La
cerimonia avrebbe dovuto avere luogo nel giardino, che assomigliava di
più a un
parco, dei Cullen. Alice aveva previsto una settimana tranquilla, dal
punto di
vista meteorologico per lo meno.
Niente
pioggia ma un bel cielo nuvoloso. Sì, lo so. È
strano definire un cielo
nuvoloso bello, ma nel mio caso era il tempo migliore che potessi
desiderare.
Quel
pomeriggio però, il giardino dei Cullen pareva un campo di
battaglia, molto
simile alla camera di Alice l’ultima volta che ci ero stata.
Anzi, ad essere
sincera, sembrava la trasposizione in gigantesco della sua stanza.
Esme
mi venne incontro e mi abbracciò affettuosa. Carlisle mi
baciò la fronte poi
aggiunse: < Mi spiace, siamo proprio un fallimento. Non
riusciamo mai a
tenere a bada il suo entusiasmo >.
Mi
fecero strada tra i fiori che riempivano vasi su vasi. Intravidi, nella
parte
del giardino che si trovava vicino al fiume, una serie di tavoli e di
sedie di
legno. Ma quante erano? Mi venne male alla pancia e mi pentii di non
aver letto
e fatto valere il mio diritto di veto sulla lista di invitati compilata
da
quella fuori di testa di Alice.
Non
so come,raggiungemmo il portico e l’ingresso. Salii quei
cinque dannatissimi
gradini ed entrai.
Non
feci a tempo a mettere il piede oltre la soglia che Alice mi prese per
mano e
mi condusse in cucina. Strana ed insolita destinazione in quella casa.
Mi venne
in mente il mio diciottesimo, dove Carlisle mi ricucì il
braccio, e il giorno
in cui tornammo dalla città bellissima e terrificante dei
Volturi. Decisamente
delle strane situazioni. Feci appena in tempo ad intravedere la sala, e
mi
parve molto diversa da come me la ricordavo.
Nella
cucina mi aspettava una giovane donna dai capelli ricci tinti di viola.
Alta
più o meno come me, con degli stivali marroni, dei jeans,
una camicetta di
colore violetto. Indossava un braccialetto e una collanina. Entrambi
erano
formati da dei ciondoli abbinati e da dei laccetti, anch’essi
viola.
Era
molto carina. La prima cosa che feci fu di osservare Edward, e lo
stesso fece
lei!
Lui
guardava me, per fortuna.
La
ragazza ci si avvicinò e Alice ci presentò:
<
Edward, Bella, lei è la responsabile del catering,
Laura. Laura, questi
sono mio fratello Edward e la sua fidanzata. >
<
Piacere! > Disse lei tutta entusiasta mentre ci stringeva la
mano, particolarmente
quando strinse quella di Edward. Sentii la rabbia invadermi,
soprattutto quando
lui le sorrise e lei parve svenire sul posto per la
felicità. Io, dal canto
mio, afferrai la mano di Edward e la strinsi con quanta forza avevo in
corpo.
Lui
mi osservò per un istante e chinò il capo per
baciarmi la guancia. Mi cinse il
bacino con un braccio e respirò il mio profumo. Mi parve di
sentirlo ridere e
sussurrare: < Adorabile quando sei gelosa … >
poi mi baciò la mano ed
uscì, per raggiungere Emmett che, non appena
potè, gli diede un finto pugno sul
braccio e gli sussurrò qualcosa che non riuscii a capire.
Vidi solo Edward
sorridere tutto imbambolato e poi cercare di tirargli uno schiaffetto
dietro la
nuca.
La
Ragazza davanti a noi sospirò e poi parve animarsi di nuova
vita. Mi afferrò
una mano e mi trascinò, saltellando, fino al tavolo
stracolmo di fogli. Mi
mostrò una serie di foto in cui venivano ritratti decine di
bouquet. Poi
passammo al menù.
Non
credevo che i miei
numerosissimi invitati
sarebbero riusciti a mangiare tutta quella roba. Laura sembrava
entusiasta
almeno quanto Alice. Appena potei, non poco tempo dopo, sgusciai via da
quella
gabbia di matte, approfittando di un temporaneo abbassamento della
guardia.
Quando fui sulla soglia, mi voltai e vidi quelle due pazze furiose che,
tutte
contente, decidevano il colore della carta igienica nei bagni. La
scelta
sembrava vertere sull’azzurro cielo terso d’estate
a Miami. Era fondamentale
che il colore fosse coordinato alle saponette. Volevo scappare. Il
colore viola
dei capelli della signorina del catering si mescolava al nero dei corti
e
spettinati capelli di Alice tanto quelle due erano chine sui fogli sul
tavolo.
Sentivo le loro gridolina eccitate che riempivano la stanza.
Ne
ero certa, Alice con quella Laura ci andava d’accordo
perché erano pazze
furiose tutte e due. Quando ormai ero quasi riuscita a scappare, Alice,
con un
gesto fulmineo, si voltò e mi trafisse con lo sguardo.
<
Bella. > il tono della sua voce mi fece tremare. < Bella,
vieni. > Mi
prese per mano e mi portò in camera sua, seguita a ruota da
quella nuvola di
capelli viola.
Appena
entrate, ci chiuse l’entrata alle spalle, poggiando la
schiena sulla porta e
tenendo le mani salde sulla maniglia. Lo sguardo era degno di un film
del
terrore. Voleva mangiarmi?
L’altra ragazza era in piedi davanti alla porta del bagno. Mi
diedi un’occhiata
in giro e realizzai che non c’erano vie di fuga. Forse avrei
potuto tentare il
lancio dalla finestra, di sicuro Edward mi avrebbe salvata nonostante
l’altezza, ma non mi sembrava molto corretto nei confronti
della povera Esme,
che si era impegnata tanto per ristrutturare la casa.
Sconsolata,
osservai il vampiro e chiesi, con la voce più tranquilla che
riuscissi a fare:
< Allora Alice, cosa siamo venute a fare qui? > <
Dobbiamo provare
l’abito! >
Oh, certo. Come avevo fatto a non pensarci!!! E mi obbligava pure a
provarlo
davanti a una sconosciuta invasata almeno quanto lei! Non potei
evitarmi la
terribile prova.
Mi
tolsi i Jeans e la maglia. Quelle due non erano proprio le persone
davanti a
cui rimanere in biancheria intima rientrava nella categoria: desideri reconditi.
Alice
mi fece salire in piedi su uno sgabello e mi infilò quel
dannatissimo vestito.
Mi
riempì di aghi con cui fissava i lembi di tessuto. Per
più di due ore dovetti
rimanere in piedi vittima delle grinfie di due esaltate fanatiche del
matrimonio. Annegando in un mare di pizzo e laccetti. Poi un addetto
del
catering chiamò la signorina con cui Alice andava tanto
d’accordo. Era ora di
andare. Quella ci saluto e si congedò dicendomi: <
Sei una sposa bellissima
e fortunata. Lui ti ama molto.> Ringraziai sorridendo e
annuendo. Alice nel
frattempo, con un sacco di spilli stretti tra le labbra, mi
sistemò la vita e
poi mi rimproverò: < Sei dimagrita. Dovrò
sistemare in questo punto! >
< Alice, perché ti preoccupi del vestito e non di me?
E comunque in questi
giorni ho dovuto giocare alla trottola. Mangio poco e male! >
< E questo
non va bene! > < Uffa. Sembri mia madre. >
< A proposito, ha
chiamato Reneè. Voleva chiedermi che regalo di nozze
desideraste tu ed Edward.
Le ho detto che vi andrebbe bene qualcosa di carino, pensavo a un bel
corredo
per la camera da letto … > < Alice!!! Ma
è così all’antica. > < E
dai, Isabella! Fallo per Edward. Lui ci terrebbe tanto! >
< Lo so cosa
pensi, ma a volte mi piacerebbe che facessi qualcosa anche pensando a
me. Tu
hai in mente solo la felicità di tuo fratello. Il vestito
come piacerebbe ad
Edward, la cerimonia come piacerebbe ad Edward, i capelli come
piacerebbero ad
Edward … Basta! Non ce la faccio più. Io volevo
una cosa tranquilla. Io volevo
scappare a Las Vegas! Anzi, io non volevo proprio farlo!!! >
Scoppiai in
lacrime portandomi le mani al volto. Cercando di scendere dallo
sgabello caddi
e mi feci male. Il tutto fu accompagnato dal suono cristallino di
centinaia di
spilli che cadevano a terra. Alice mi bloccò stringendomi in
un abbraccio. Cercai
di divincolarmi ma fallii. Mi
accasciai stanca tra le sue braccia gelide.
Sentii,
tra i singhiozzi, Edward bussare alla porta e chiedere di entrare.
<
No Edward. Rimani fuori. Non è successo niente. È
solo esausta.
Credo
di aver esagerato un po’. > < Alice, ti uccido.
> < Uffa, non fare
l’antipatico. Ora te la mando fuori. Aspetta che le tolgo il
vestito. > <
Non sono un pacco CAZZO! > Alice indietreggiò di
fronte alla mia
imprecazione. Mi accorsi che era in una posizione tale che le mie
lacrime
cadessero sulla sua maglietta e non sul mio abito da sposa. Quando me
ne accorsi,
cercai di togliermelo. Lei però fu veloce e me lo
sfilò prima che potessi fare
danni. Mi slacciò il corpetto e mi ridiede i miei vestiti.
Me
li infilai in tutta fretta e poi mi fiondai fuori dalla stanza,tra le
braccia
del mio fidanzato. Lui mi prese in braccio e mi asciugò le
lacrime con i suoi
baci.
Mi
portò in camera sua e mi fece sdraiare sul nostro letto.
Posando le mani gelate
sul mio ventre mi disse: < Ti sei ferita con gli spilli.
> Con le dita
seguiva i segni rossi lasciati da una decina di spilli che mi avevano
graffiata
quando ero caduta. Mi disinfettò i tagli con un batuffolo di
cotone imbevuto di
acqua ossigenata. Poi mi sfilò i pantaloni e mi
massaggiò un grosso livido
viola sotto il ginocchio destro. Mentre le sue mani si muovevano
veloci, lui mi
baciava la pancia. Smisi di piangere e dissi: < Mi dispiace. Non
avrei
dovuto gridare dietro ad Alice in quel modo.
L’avrò offesa. > < Ma no, si
è accorta anche lei di averti stressata un po’
troppo. E comunque, hai ragione tu. Non devi preoccuparti.
Parlerò io con Alice. A me va bene qualsiasi cosa piaccia a
te. Non mi importa se lo stile è quello degli anni venti o
quello del 2008. L'importante e che a te faccia piaecere ... >
Detto
questo si alzò e fece partire lo stereo. La mia ninnananna
riempì l’aria,
amplificata dai drappi alle pareti. Dovresti riposare. Non sembra ma
sei
rimasta quasi cinque ore in balia di due furie della natura!
Però, prima
mangiami qualcosa … >
Chiusi
gli occhi e mi girai sul fianco.
<
Tutto a posto? > < Mhh, cosa c’è per
cena? >
<
Ti amo … > < Non sai quanto mi piacerebbe
vivere di solo amore. Peccato che
non si possa. >
<
Vale lo stesso per me. Comunque, ti avrei preparato una bistecca e
delle
patate. Hai bisogno di cibo sostanzioso … >
<
Grazie. > < Ma di che? Te lo porto in camera? >
< Va bene. Sei riuscito
a risolvere tutto, con quello che hai mangiato a casa mia? >
< Nessun
problema. >
Si
chinò e mi baciò sulle labbra. Io mi lasciai
accarezzare e coccolare per
qualche minuto, poi, quando lui si allontanò da me ed
andò in cucina, io mi
avvolsi nella coperta.
Ero
stanca e dispiaciuta per Alice. Chiusi gli occhi pensando
all’abito.
Non
passarono che pochi secondi, o così per lo meno mi parve,
che delle dita gelate
mi carezzarono la fronte e il dorso della mano.
Sentii
che qualcuno mi stava rimboccando le coperte. Socchiusi gli occhi e la
voce di
Edward, appena sussurrata, mi risvegliò dal dormiveglia.
< Sei sveglia? >
<
Sì … > Biascicai io. Mi voltai e lo
abbracciai cingendogli le spalle.
Con
le dita tracciai il profilo delle sue labbra e poi gli sfiorai le
occhiaie
violacee, simili ad ustioni.
Lui
mi afferrò con delicatezza il polso e portò la
mano un po’ più in basso, di
modo da riuscire a sfiorare con le labbra la punta delle mie dita.
Appena
mi lasciò andare il polso, gli carezzai la guancia e mi
portai a sedere e lo
baciai con delicatezza.
<
Amore, non cercare di corrompermi. > < Uffa! Non mi lasci
neanche
tentare? > < Se proprio ci tieni, ma sappi che sarebbero
energie
sprecate. >
Scossi
la testa esasperata ed alzai gli occhi al cielo. Quando osservai il ben
più bel
volto di Edward, notai che mi osservava con lo stesso sguardo rapito di
quel
pomeriggio.
Fuori
era già scuro e la stanza era illuminata da una luce fioca.
Su
un vassoio d’argento cesellato, Edward aveva poggiato dei
piatti, un bicchiere
una brocca e un candelabro. Le candele emanavano una luce fioca che
danzava
veloce sulla pelle diafana del volto del mio Amore. Le ombre si
rincorrevano
sulle pareti in un gioco infinito.
Lui
mi sistemò il vassoio sulle gambe e mi osservò
mentre, lentamente, mangiavo
quello che aveva preparato per me. Quando una ciocca di capelli mi
cadde sulla
fronte, lui, con un gesto fulmineo, me la portò dietro
l’orecchio.
<
Mi mancherà troppo tutto questo. Non posso perdermene
neanche un secondo. E non
posso permettere che non riesca a vedere il tuo volto. >
Gli
sorrisi come un ebete. Quando mi parlava in quel modo non riuscivo
proprio a
rimanere lucida.
Bevvi
tutto d’un sorso il bicchiere d’acqua e poi finii
le patate e la bistecca.
<
So che non è una cena molto elaborata, ma spero tu
l’abbia gradita ugualmente.
>
Per
tutta risposta poggiai il vassoio sul comodino e mi accoccolai vicino a
lui,
stretta tra le sue braccia. Cullata dalle sue mani, sprofondai in uno
stato
di semiincoscenza. Percepii chiaramente le sue dita infilarsi sotto la
mia
maglietta per accarezzarmi la pelle nuda della schiena. Il suo respiro
sul mio
collo mi inebriava e tranquillizzava allo stesso tempo. La musica ormai
era finita e nella stanza regnava il silenzio, interroto dal battito
ritmato del mio cuore e dal mio respiro regolare.
Mi
accorsi che mi stata coprendo con la coperta. Non reagii e mi lasciai
spostare.
Mi mise la testa sul cuscino e mi rimboccò le lenzuola. Non
protestai, sebbene
avessi ancora indosso i vestiti usati durante il giorno. Prima di
addormentarmi, mi godetti il tocco leggero delle dita di Edward sulle
mie
labbra. Prima di addormentarmi lo udii sussurrarmi: < Dormi
serena. Domani sarà
una giornatina pesante … > Sorrisi e mi strinsi un
po’ più a lui. Ormai
stavo già dormendo, ma riuscii a sentirlo intonare la mia
ninnananna.
|
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Capitolo 11 *** Lividi ***
Ahhh grazie per le vostre recensioni!
Eh Eh, Bella ha avuto
una piccola crisi isterica … Capita a tutti no? Povera
… Per il futuro, chissà?Sono
davvero contenta che il capitolo scorso vi sia piaciuto!!! E che sia
piaciuto a
freedom,
giulia9_91,Hele91
tanto da
inserire la mia storia tra i loro preferiti!!! Grazie Hele91,
KiraraMiranda,
yuyutiamo,
HopeToSave,
Princesseelisil,
Clhoe,
algin91,
hachicat,
BellaSwan95,
sophie_95,
PenPen,giulia9_91.
Scusate se sono
così
breve ma ho visto che è uscito l’ultimo capito di
FMA!!! In assoluto il mio
manga preferito!!! Corro a leggerlo!!!! Correzione, sono appena andata
a
leggerlo!!! Oh mamma mia!!! Favoloso! Se volete che vi consigli un bel
manga,
leggete FMA!!!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Mi è venuto in
mente mentre ero al telefono quindi … vabbè,
lascio a voi il giudizio. Thanks!!!
Improvvisamente
mi svegliai. Non ricordavo cosa avessi sognato ma sentivo il sudore
gelido
sulla mia pelle. Senza aprire gli occhi, allungai la mano alla ricerca
del
corpo duro e freddo di Edward. Le mie dita si sporsero fino al bordo
del letto.
Quando mi accorsi che non c’era scivolai giù dal
letto e osservai la stanza. Le
candele si erano spente e tutto era avvolto
dall’oscurità. Intravidi un
completino ai piedi del letto. Mi spogliai e me lo infilai, dopo essere
andata
in bagno a darmi una sciacquata. Socchiusi piano la porta da cui
filtrava un
sottilissimo fascio di luce.
Quando
fui nel corridoio, mi accorsi che la luce proveniva dal piano di sotto.
Scesi
lentamente le scale che però scricchiolarono sotto i miei
piedi nudi.
Quando
arrivai ai piedi della scalinata, vidi Edward seduto al suo pianoforte.
Dietro
di lui Esme e Rosalie stavano discutendo mentre Alice e Jasper stavano
seduti
sul divano. Lui la cingeva con un braccio e lui appoggiava la sua testa
sulla
sua scapola.
Non
li avevo mai visti
in quella situazione.
Sapevo che Jasper l’adorava ma il loro era un rapporto
estremamente riservato.
Pensavo
che non mi avessero sentito, o forse me ne illudevo. Mi dispiaceva
turbare
quella pace.
<
Bella, Amore, vieni. Cosa ci fai lì sulle scale? >
<
Oh, scusa Edward. Non volevo disturbarvi. >
<
Ma cosa dici? Vieni e sta tranquilla. >
Mi
fece segno di sedermi sulle sue gambe e così feci. Mi teneva
fra le braccia
come fossi una bambina. Talvolta era lui stesso a dirmi: < Tu
sei la mia
bimba. >
Io
di solito annuivo. Quando pensavo agli anni che ci separavano, mi
sentivo male.
Quella
volta rimasi alcuni minuti a farmi coccolare. Adoravo sentire le sue
dita
scorrere veloci e leggere tra i miei capelli.
Le
sue labbra si appoggiarono sulla mia fronte.
<
Bella, credo che tu abbia bisogno di dormire un altro po’.
È molto tardi … Anzi,
è così presto. Sei così stanca.
>
Quelle
parole mi risvegliarono:
<
O no Edward, che ore sono? Devo tornare a casa da Charlie. Mi
starà aspettando!
>
<
Sht, non preoccuparti. Charlie l’ho chiamato prima. Sa che
sei qui. Gli ho
detto che ti eri addormentata. Mi ha avvertito di controllare che fossi
ben
coperta. >
Mi
sorrise tentando di annientare ogni mio briciolo di ribellione. Io
però non
cedetti e gli dissi:
<
Edward, voglio tornare a casa mia! >
Cominciò
a cullarmi tra le sue braccia e mi sussurrò: < Fra
quattro giorni soltanto,
questa sarà anche casa tua. Non sei contenta? > Annuii ma insistetti:
< Sì che sono
contenta, ma adesso voglio tornare da Charlie. Per favore, riportami a
casa o
ci vado da sola, rischiando di fare un incidente con la tua volvo
adorata. >
< Guarda che te la faccio ricomprare se me la sfasci! >
mi rispose lui
ridendo. Io gli baciai la guancia e sentii la sua mano scorrermi sui
capelli e
poi scendere sul mio collo.
<
Dimmi una cosa, Amore. Hai intenzione di andarci così da tuo
padre? Va bene che
ci stiamo per sposare, ma credo che non gli si possa chiedere di
sopportare
anche questo. Non hai neanche idea di quanto si stia sforzando di non
spararmi
alle spalle … >
Lo
guardai un po’ rincoglionita poi lui, con il sorriso
più dolce del mondo,
cominciò a giocherellare con il lembo della mia maglietta,
sollevandola fino a
lasciare scoperto l’ombelico.
In
quel momento osservai ciò che avevo indossato:
Un
paio di culotte nere e una camicetta semitrasparente nera
anch’essa. Arrossii e
poi lo guardai.
< Perché non ti piace forse? > Chiesi
maliziosa.
<
Altrochè! Mi piaci eccome … > Mentre mi
sussurrava queste parole mi fece
sedere a cavalcioni sulle sue gambe. La mia pancia poggiava sulla sua e
io
avevo posato la mia testa sulla sua spalla. Le mie gambe erano
allacciate alle
sue.
Rimanemmo
in quella posizione per alcuni minuti.
Esme
e Rosalie si erano spostate a parlare in cucina mentre Alice e Jasper
se ne
erano andati in giardino.
<
Dico sul serio Edward. Vorrei tornare da mio padre. >
<
Come desideri. > Mi prese in braccio e mi portò in
camera. Mi infilai una
tuta e delle scarpe mentre Edward mi aspettava paziente, osservandomi.
Quando
fui pronta esclamò:
<
Guarda che è piuttosto tardi. Sarà meglio non
svegliarlo. Sono circa le 4 …
>
<
Sì, credo anch’io. > < Bene, vuoi
che rimanga? > < E me lo domandi?
Certo che voglio che tu rimanga! > < Quando vuoi,
ciò che vuoi. >
Quella era in assoluto la mia frase preferita. No anzi, la mia frase
preferita
era “Ti amo”. Quella era la seconda.
Salutai
Esme, che mi abbracciò, e Rosalie che, stranamente, mi
rivolse un sorriso
abbozzato e poi tornò a ravvivarsi i capelli specchiandosi
nel vetro del forno
a microonde. Era proprio Rosalie!
Edward
mi aprì la porta d’ingresso sospirando esasperato.
Inizialmente non capii poi
vidi Alice e Jasper seduti sotto il porticato. Lui la teneva tra le
braccia, le
carezzava i capelli e le baciava labbra. Quello era un bacio adulto,
tanto
diverso da quelli che ci scambiavamo io ed Edward. Le loro lingue si
incontravano e non avevano paura. Niente impediva loro di lasciare
libero il
loro amore. Mi si strinse lo stomaco. Alice tratteneva Jasper con le
sue dita
avvinghiate ai capelli di lui. Jasper, dal canto suo, la teneva stretta
a se.
Adesso le accarezzava le gambe perfette lasciate libere dalla gonna
cortissima. Le
loro labbra non si staccavano mai.
Io abbassai lo sguardo e mi fissai le scarpe.
Edward, che mi teneva per mano, mi guidò fino alla macchina.
Io mi accomodai
sui sedili posteriori. Percepii lo sguardo di Edward fisso su di me.
Era un po’
stupito. Lo vidi alzare impercettibilmente le spalle vidi anche le sue
labbra
dischiudersi. Disse qualcosa che però io non fui in grado di
cogliere. Mi
accoccolai lungo il sedile e chiusi gli occhi. Pochi istanti dopo, le
mani
veloci e delicate di Edward mi posarono la sua giacca sul corpo.
Il suo profumo mi invase e mi tranquillizzò.
Non mi accorsi neanche che l’auto si era fermata.
Non eravamo vicino a casa mia. Era passato troppo
poco tempo. Anche se Edward avesse corso come un matto non avremmo
potuto
impiegarci così poco. Quando
socchiusi gli occhi, capii che ci trovavamo
al limitare della foresta.
L’abitacolo era illuminato da una fioca luce di
cortesia.
Edward, che era ancora seduto al posto del
guidatore, era girato completamente verso di me. Mi stava osservando e
nel suo
sguardo intravidi frustrazione e paura.
< Edward? Tutto bene? >
< … >
< Edward, per favore, dimmi. Cosa c’è che
non
va? >
< Amore, ritorna a dormire. >
< E come faccio se so che tu mi guardi così?
>
Mi sfiorò con le sue dita gelide. < Bella, non
so dove troverò la forza … >
Poggiai la mia mano sopra la sua e con l’altra gli
accarezzare la fronte e i capelli.
Lui chiuse gli occhi e afferrò il mio polso.
Respirò a fondo il mio odore e mi strinse con forza.
Talmente forte da farmi
male, per la prima volta.
Non feci niente finché non sentii male davvero.
Cercai di divincolarmi dalla sua presa inutilmente.
Lui sembrava totalmente perso nei suoi pensieri.
Non si era neanche accorto dei miei sforzi per liberarmi.
<
Edward! LASCIAMI! > Gridai ad un certo
punto. Lui parve risvegliarsi e mi osservò.
Delle piccole lacrime sgorgavano dagli angoli
dei miei occhi.
Quando si rese conto di starmi stringendo il
braccio con forza, me lo lasciò andare.
Io me lo portai al petto e lo nascosi con l’altro.
Lui mi guardava allibito.
Protrasse una mano verso di me ed io arretrai
involontariamente. Sul volto di Edward comparvero e svanirono in un
solo
istante centinaia di emozioni. Dall’incredulità
alla paura, dalla rabbia
all’odio. La frustrazione, la paura, la rassegnazione.
< Scusa Bella, non volevo. Ero soprappensiero.
Davvero … Fammi vedere. >
Mi sorrideva rassicurante. Io gli porsi il
braccio, tremante.
Lui me lo prese con delicatezza e mi baciò il
dorso della mano, poi, molto lentamente, mi sollevò la
manica fino alla spalla.
Un
grosso livido viola, calco perfetto della mano
di Edward, si distingueva perfettamente sulla mia pelle pallidissima.
Inghiotti la saliva e rimasi in silenzio. Edward
mi fissava il braccio, allibito.
Cercai di staccarmi dalla sua presa ma non ci
riuscii.
< Edward, non è successo niente. Lasciami
andare il braccio, per favore. >
Non appena pronunciai quelle parole, Lui mi lasciò
andare la mano.
< Scusa, non volevo. Mi dispiace … >
< No, non preoccuparti. Non è successo niente.
Sta tranquillo. Torniamo a casa? >
Cercavo di mantenere un tono di voce allegro, o
per lo meno normale, e invece la mia voce tremava. Lui se ne accorse.
Sembrava
sconvolto.
<
Bella, credo che stiamo commettendo uno
sbaglio. >
< Come scusa? > < Bella, ho visto come
guardavi Alice e Jasper. Ti ho letto negli occhi ciò che non
posso leggere
nella tua mente. Io non potrò mai darti ciò che
desideri, non potrò farti
felice finché sarai ancora così. Per farlo dovrei
darti la … morte … > La
sua voce s’incrinò.
< Edward, su quello mi pareva non ci fosse più
niente da discutere. >
< Bella, ti prego. Ora devi ascoltarmi. Non
sarebbe giusto. Ho cercato di convincermi in tutti questi giorni. Tu
però
meriti di più. Questa vita non fa per te. >
< Edward, sono stanca. Non ho voglia di certi
scherzi a quest’ora. Ora portami a casa. >
< Sì, credo sia la scelta migliore. > <
Edward, tu non puoi farmi questo. Non te lo permetterei. >
< Tu sei troppo piccola. Non capisci. > <
Piccola! Come scusa? Forse sei tu che sei troppo vecchi …
> Ecco, avevo
sbagliato. Mi ero fatta trascinare. Era colpa della stanchezza. Della
paura …
Lui
mi osservò e sospirò:
< Vedi, lo dici anche tu … >
< No
Edward, no. Tu lo sai cosa intendevo. Non cercare di girare la storia a tuo favore! Per favore!
> Ero arrabbiata
e terrorizzata. Non mi poteva lasciare. Non perché mi
avrebbe lasciata
praticamente sull’altare, a 4 giorni dal matrimonio, ma
perché non poteva farmi
questo. Cominciai a battere il pugno del braccio sano contro lo
schienale del
suo sedile. < Stai zitto. Stai zitto. Non voglio neanche stare a
sentire
tutte queste cavolate. Io ti amo, io ti voglio. Quante volte te lo devo
dire?
>
< Isabella! Potrei ucciderti anche solo
provando a fare un quinto di quello che stavano facendo prima Alice e
Jasper.
Figurati a darti quello che vuoi? Tu non riesci a capire! Tu non puoi
capire
come mi senta! Potrei ucciderti anche solo dimenticando per un attimo
di
moderare la mia forza! > Urlava. Era arrabbiato e io ero
terrorizzata. Non
lo avevo mai visto in quello stato.
Avevo paura, ma non che mi ferisse o mi facesse
del male. Ciò di cui avevo paura era qualcosa di ben
perggiore: temevo che
potesse lasciarmi di nuovo. Io ero rannicchiata in un angolo, in
lacrime.
Edward si voltò e
ricominciò a guidare.
In poco più di tre minuti arrivammo a casa di Charlie.
< Bella,
ascoltami … > < No, non ti voglio ascoltare.
Tu non sai, TU NON SAI! Non
sai cosa è stato per me vivere senza di te. Tu non
c’eri in quei mesi. Non hai
neanche idea. Non potrei mai riaffrontare tutto di nuovo. Questa volta
morirei!
> Così dicendo aprii la portiera ed uscii
nell’aria fredda della notte. Lui
mi osservava da dentro l’auto.
Non
riuscivo a decifrare la sua espressione. Forse era colpa dei goccioloni
che mi
inondavano il volto.
< Bella, ascolta … > < No! > Gli
urlai
dietro. < No che non ti ascolto. >
Mi sbattei la portiera alle spalle. Corsi verso
casa piangendo. Con parecchi sforzi riuscii ad aprire la porta
d’ingresso. Non
mi ero accorta che la luce della camera di Charlie si fosse accesa.
Quando entrai in casa lo trovai ad attendermi, in
pigiama e preoccupato, in cima alle scale. Io cercai di riacquistare un
po’ di
contegno. Fallii miseramente lui mi venne incontro mezzo addormentato e
io mi
tuffai nelle sue braccia. Sentimmo la volvo ripartire e allontanarsi.
Cominciai
a singhiozzare.
Charlie mi accarezzava la schiena. Improvvisamente
si bloccò. Lo sentii irrigidirsi.
Di
rimando mi irrigidii anch’io. Smisi di
singhiozzare e alzai lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi. Lui
però non
osservava i miei. Charlie teneva il suo sguardo fisso sul mio braccio,
con la
manica alzata.
Visto alla luce, il livido sembrava ancora più
grande di quanto non mi fosse sembrato in macchina.
Si vedeva perfettamente che il segno era stato
provocato da una mano.
< Bella, tesoro. > La sua voce era sconvolta
e scandalizzata: < Bella, cos’è quel
livido? ti ha picchiata? >
< No! > < Bella, dimmi la verità!
> Mi
afferrò per le spalle.
< No Papà,
nessuno mi ha picchiata! Non preoccuparti. Sono solo caduta! >
< Bella,
sono un poliziotto. Sai quanta violenza vedo? Lo sai che la maggior
parte
avviene in famiglia? Non ti permetterò mai di sposare un
uomo che ti maltratta.
Un uomo che ti picchia. Io lo uccido! > <
Papà, piantala. Non è successo
niente! > < E allora perché stavate litigando
in auto? E che motivo c’è
di portarti a casa a quest’ora della notte? Perché
avete litigato? Perché hai
questo livido sul braccio? > Io non risposi. Corsi su
per le scale e mi
chiusi in camera mia. Mi accasciai contro la porta mentre mio padre, da fuori,
batteva i pugni e mi
chiedeva di farlo entrare, minacciando di chiamare i Cullen. Non
risposi e
ricominciai a piangere. Sentivo che la ferita nel petto si sarebbe
riaperta,
solo che questa volta non sarei sopravvissuta.
Rimasi immobile finché mio padre non smise di
battere i pugni sulla porta. Era sceso in soggiorno. Pregai che non
telefonasse
a Carlisle.
Ero
molto stanca e molto agitata. Avevo paura. In quei
giorni tra l’altro ero già irritabile di mio,
avevo ancora le mestruazioni e
quindi ero estremamente irritabile. Poi ci si era messa Alice e il suo
irrefrenabile entusiasmo …
Insomma, cosa
potevo fare?
Ritornando con la mente al passato, forse avrei
compiuto scelte diverse però, si dice che si debba fare
ciò che appare più
opportuno nel momento in cui lo si vive. È inutile pensare a
cosa sarebbe3 potuto accadere se si avessero preso strade diverse
…
Alla fine crollai addormentata. Mi ero chiusa
dentro a chiave.
Sognai Edward che si allontanava. Mi lasciava sola
nella radura e raggiungeva gli altri suoi familiari che intravedevo
negli alberi
del bosco. Io non riuscivo ad alzarmi. Protendevo muta le braccia verso
di lui
che però non mi guardava neanche. Quando ormai era al
limitare del bosco, sii
voltò nella mia direzione. Distrutta dal suo sguardo,
scoppiai a piangere. Mi svegliai
e mi accorsi che stavo piangendo davvero. Affondai la testa nel
cuscino.
Cuscino? Sì, ero nel mio letto. Mi accorsi che era mattina.
Era chiaro fuori. Mi
asciugai le lacrime con la manica della felpa e mi rigirai nel letto.
Pensai che
fosse stato mio padre ad avermi messo a letto, poi ricordai che mi ero
chiusa
dentro a chiave e che lui non ne aveva una copia. Rimasi immobile in
attesa di
udire un qualsiasi suono che mi avvisasse della presenza di qualcun
altro nella
stanza.
Silenzio. Assordante e terrificante.
Alzai la testa e vidi che la finestra era chiusa. Sospirai.
<
Tutto a posto? >
Balzai a sedere di colpo e caddi dal letto per lo
spavento. Tre istanti dopo le braccia di Edward mi cinsero i fianchi e
mi
rimisero tra le coperte.
<
Come ti senti? > Mi chiese con la sua voce
vellutata. Io non risposi. Mi fissavo le mani.
< Ti fa male il braccio? >
< No, non preoccuparti. Tutto a posto. E tu?
> Domandai
fissando decisa da un’altra
parte. Ero amareggiata, adirata e disperata contemporaneamente. Troppe
emozioni
in una volta sola.
Lo intravidi sorridere malinconico.
< Ho parlato con Carlisle ed Alice. Dicono che
mi faccio troppi problemi. >
< Ah davvero? > Risposi acida.
< Bella … > Mi voltai e vidi il suo volto a
pochi centimetri dal mio. Il suo respiro gelato mi accarezzava i
capelli. Mi fece
sdraiare e poi mi si accovacciò accanto, poggiando la testa
sul mio ventre. La
sua mano scivolò fin sul mio cuore. Rimaneva in silenzio ad
ascoltarlo battere
disperato.
<
Charlie ha chiamato questa mattina Carlisle. >
< Da quanto sei qui? > Chiesi all’improvviso.
< da ieri sera. Sono entrato appena ti sei
addormentata. >
< Avresti potuto venire prima. Mi hai fatto
sentire così sola! >
< Scusa, avevo bisogno di tempo di riflettere…
>
< E quindi? >
< Beh, credo che non ci sia niente da
aggiungere. > Così dicendo mi strinse a se e
portò la mia testa sotto la
sua. Le mie labbra erano a contatto con il suo collo. Lo baciai.
<
Bella … >
< Sì? >
< Scusami. > < No. > Sentii il suo
corpo irrigidirsi e la sua stretta farsi più forte.
Poggiò il suo naso tra i
miei capelli e sospirò.
< No, non ti perdono per avermi fatto
spaventare. Non puoi comportarti in questo modo! Mi fai sempre
preoccupare da
morire! Non puoi dirmi certe
cose e poi andartene. >
Stavo piangendo.
< Perdonami. Perdonami davvero. Sai che non ti
potrei mai lasciare. Ma, renditi conto. Se solo avessi potuto darti una
vita
normale! Se solo avessimo potuto essere felici come chiunque altro.
>
< Tu però lo sai. Lo sai che a me basta stare
con te per essere felice! Te e nient’altro. >
< Ti amo. > < Senti, che cosa ha detto
Charlie a Carlisle? > < Ma, direi che gli ha chiesto cosa
diavolo ti
avessi fatto. Carlisle però è riuscito a
calmarlo. Credo che si sia inventato
uno stupido litigio prematrimonio. > < è forse
stato qualcosa di diverso?
> < No, credo sia stato uno stupido litigio dettato
dall’ansia Per
spiegargli il livido, Carlisle si è inventato una caduta. Ti
avrebbe afferrato
Emmett, che non controllerebbe bene la sua forza. Ha detto che
sicuramente
anche tu avevi tirato in ballo un volo giù dalle scale.
> <
Carlisle è davvero in gamba. > <
Sì. > < Gli devo un favore. > <
Perché? > Mi chiese lui,
continuando ad accarezzarmi.
< Perché ti ha fatto ragionare. > <
Sì
beh, non credo sarei riuscito a starti lontano per più di
mezza giornata. Già quando
vado a caccia non so come faccio.
Ho
sempre il terrore che tu ti faccia male. Certo che se poi a farti male
sono io …
> < Edward, Piantala! Non dirlo neanche. Non mi sono
fatta niente! >
Per dimostrarglielo alzai il braccio e glie lo misi davanti agli occhi.
Si
vedeva il livido ma non mi faceva male.. ero abituata a cose ben
peggiori, e
glie lo ricordai.
Lui mi fissò per un istante interminabile e poi mi
baciò il braccio in corrispondenza dei segni.
Il freddo gelido trasmesso dalle sue labbra mi
fece sussultare. lui mi avvolse nella coperta e mi riempì il
volto di carezze.
< Amore, credo che tu debba scendere fra poco.
Charlie ora è abbastanza tranquillo. >
< Va bene. Ci vediamo tra poco? > <
Certo. Arriverò tra un venti minuti. Credi che vada bene?
>
< Sì, credo che fra venti minuti andrà
benissimo. > Le nostre labbra si sfiorarono e poi lui
uscì dalla finestra. Con
un salto aggraziato sparì inghiottito dagli alberi. Sospirai
e mi alzai. Notai
sul comodino una busta. Era sigillata con la cera. Il mio nome era
scritto in
inchiostro rosso, la calligrafia era quella aggraziata ed elegante di
edward. Era
stato scritto con la stilografica. La carta era pesante ed molto bella.
Color pesca.
Aveva il suo profumo. La aprii e tirai fuori la lettera.
Le uniche parole che riempivano il foglio erano: “Perdonami.
Ti
amo e per
questo temo di commettere errori.
Temo che tu
possa un giorno pentirti.
Temo di
poterti perdere. Ti amo così tanto … Ogni istante
lontano da te è un’agonia.
Fremo nell’attesa
di rivederti. Non farmi attendere troppo.
Ancora e per
sempre, ti amo.”
<
Stupido > Sussurrai stringendo la lettera
al mio petto. Sempre tenendola tra le mani, aprii la porta e scesi le
scale. Intravidi
mio padre in fondo alle scale. Sembrava contrariato. Dovetti
raggiungere il
salotto per capirne il motivo. Poi lo capii, lo capii eccome.
|
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Capitolo 12 *** Rose rosse a colazione. Fiori bianchi in mano alla morte. ***
Salve!!! Visto che
velocità!!! Dedico questo capitolo ad una
persona dotata di un grande spirito persuasivo! Cara Clari, contenta?
Grazie
a PenPen
(anche
tu non scherzi con la
velocità, commenti subito!!! Thanks ) , a
sophie_95
( sono
contenta che ti sia piaciuta la parte Alice\Jasper! ), a
algin91,
Tatan,
alice
brendon cullen,
Hele91,
BellaSwan95,
giulia9_91,
Clhoe,
Pocia
e
a Princesseelisil
( mhh,
chissà
chi -o cosa- sarà? Leggere per scoprire! ), a
yuyutiamo
( ah
ah, scusa, è il mio sadismo
che prende il sopravvento!!! Ma poi come ti è andata storia?
). cara
KiraraMiranda,
non
preoccuparti, leggi quando ha
tempo e non scordare la fisica!!!
Grazie per i vostri bellissimi commenti!!! E grazie a doval79,
a clodiina85,
e a sophie_95
per aver inserito
la storia tra i preferiti!!!
hachicat
dice
che sto
lasciando intravedere il mio lato melodrammatico … immagino
che non possa far
morire qualcuno in questa fanfiction. Rischio di venir linciata? Spero
di no! Anche
perché non so ancora come andrà a finire. E
questo è molto pericoloso …
Vabbè,
vedrò di starmene buona buonina …
Buona
lettura!!!
Ps: L’ultima parte
l’ho scritta ascoltando ritorno
di Giuseppe e sogno di Maria di quel genio che fu De
André. Sì, lo so. Non è la
canzone più adatta quando si scrive una storia di amore.
Trovo però che in un
certo senso sia perfetta. Provate ad ascoltarla se non la conoscete.
È a dir
poco fantastica!!!
Venni
investita da un profumo buonissimo ma impossibile da identificare non
appena
scesi l’ultimo gradino.
Charlie,
che mi aspettava ai piedi delle scale, mi indicò il salotto
con l’indice. Non
potei non notare quanto fosse adirato. Appena entrai in salotto non
credetti ai
miei occhi.
Non
c’era neanche uno spazio vuoto.
Ovunque
fiori. Fiori di pesco, d’arancio e dappertutto rose rosse.
Saranno state
centinaia.
Quel
profumo era fortissimo, tanto da farmi quasi mancare il respiro.
Mio
padre batteva il piede indignato.
<
Isabella Marie Swan. Si può sapere a che gioco state
giocando? Prima mi torni a
casa in lacrime, con un livido gigantesco sul braccio. Ti rifiuti di
parlarmi e
ti chiudi in camera. Hai in mente cosa mi ha fatto passare questa
notte? Credevo
ti avesse fatto del male! Mi hai fatto preoccupare tantissimo. E poi
questa
mattina, mi citofona il fioraio che mi dice che ha telefonato a casa un pazzo
che gli
ha svuotato il negozio. Erano le 7 e un quarto. Ha detto che non hanno
fatto a
tempo ad alzare la serranda che lui era già
lì!!! E loro aprono alle 6 e mezza!!! Guarda il
salotto!!!
>
Io
lo guardavo con un sorriso che non finiva più.
Afferrai
un mazzo enorme che era stato appoggiato sul divano e lo annusai a
fondo. Rose
rosse.
Notai
un biglietto.
<
Ce ne è uno per ogni mazzo, 35 di rose e 10 tra fiori di
pesco e di arancio.
Sai cosa mi ha detto il fattorino? Che quando hanno aperto si sono
trovati un
ragazzo con i capelli rossi ad aspettarli. Aveva con sé 50
bigliettini. Voleva
50 mazzi di fiori. 30 di rose, 10 di pesco e 10 d’arancio!
Hanno fatto fatica a
spiegargli che con i fiori d’arancio e di pesco non
riuscivano a fare più di 10
mazzi. Lui ne voleva venti! E gli ha finito anche le rose rosse!!! Su
ogni
biglietto ti scrive le stesse parole. Dopo il decimo, mi sono stufato
di
leggerli!!! Quello è fuori. Sai quanto avrà
speso? Non bastava chiederti scusa?
>
Io
lo guardai ancora immersa nelle rose. Aprii il biglietto e trovai,
scritte con
la stessa stilo usata per lettera, queste parole:
“Isabella.
Ti amo. Ti chiedo
perdono. Spero ti basti. Tuo per l’eternità.
Edward”
Aspettò
che finissi di leggere e mi domandò:
<
Ma non è un po’ troppo melodrammatico? >
< Sì! A volte esagera,
soprattutto con le reazioni! >
Dissi
io tutta contenta e a voce troppo alta, sicura che il diretto
interessato fosse
sincronizzato sul canale: pensieri di Charlie.
<
Però è anche tanto dolce, non trovi anche tu
papà? > lui mi fissò esasperato
e poi scosse la testa.
Borbottò
qualcosa di incomprensibile e si sedette sul divano facendosi spazio
tra i
fiori.
<
Adesso me lo vuoi dire perché avete litigato questa notte?
>
Scossi
la testa, rossa almeno quanto i meravigliosi fiori che tenevo tra le
mani.
Lui
si appoggiò contro lo schienale del sofà.
In
quel momento suonò il campanello.
Mio
padre sbuffò, esasperato. Io invece trotterellai fino alla
cucina mentre
qualcuno continuava a suonare.
<
Bella, apri. > < Apri tu. Io sono occupata. >
< Sei impossibile.
> Nonostante le sue parole, Charlie si alzò ed
andò ad aprire. Edward era in
piedi davanti a lui. Lo intravidi mentre andavo dalla cucina alle
scale. Non gli
prestai la minima attenzione. Lui inizialmente mi parve sorpreso. Lo
capii dal
modo in cui si rivolse a Charlie. Educato e cortese come al solito, ma
sorpeso.
Poi mi chiamò:
<
Bella? >
Io
non risposi e cominciai a salire le scale. Mi sentii abbracciare da
dietro. Mio
padre stava blaterando qualcosa di incomprensibile. Mi lasciai andare
alle sue
braccia forti senza opporre resistenza. Il suo respiro sul mio collo mi
inebriava. Cercai però di ricompormi per proseguire col mio
piano. Devo dire
che però le sue mani che si muovevano lungo i miei fianchi
non mi aiutavano.
Lo
allontanai da me con lentezza e poi gli dissi: < Scusa Edward,
ma adesso
proprio non posso! >
Lui
mi trattenne per un secondo, baciandomi il collo e poi mi
lasciò andare. Le sue
braccia rimasero sui miei fianchi finché poterono. Tre
gradini e poi
scivolarono lungo le mie gambe. Mi ero allontanata. Lasciai scivolare
la mano
dietro di me e lui l’afferrò. La baciò
velocemente e, senza lasciarla, mi seguì
su per le scale. Arrivati in camera mia, chiuse la porta e mi strinse
tra le
sue braccia, avvicinandomi a lui. Appoggiai la mia schiena al suo
petto.
Sorridendo, girai il volto per inspirare il suo profumo adorabile.
<
Bella? >
<
Sì? >
<
Sai di rose … >
<
Chissà come mai! > mi prese le mani e me le
portò alla sua bocca. Mi baciava
le nocche e il dorso. Con un gesto fulmineo mi sollevò da
terra e mi girò di
modo che i nostri volti fossero l’uno davanti
all’altro. Mi avvinghiai a lui
stringendo le gambe intorno al suo bacino.
<
Anche tu hai un ottimo profumo! >
<
Grazie. Credo che tu ti debba cambiare. Dobbiamo andare a casa. >
<
Va bene. > Mi rimise a terra e io andai alla cassettiera. Tirai
fuori dei
pantaloncini e una maglietta. Me ne andai in bagno, dopo che Edward
ebbe
giurato di rimanersene tranquillo. Entrai nella doccia ripensando a lui
nella
mia camera, sdraiato sul mio letto. Il primo istinto era di uscire e
fiondarmi
tra le sue braccia ma riuscii a finire di lavarmi e asciugarmi. Riuscii
persino
a vestirmi!
Quando
entrai in camera lui era lì, seduto sulla sedia a dondolo.
Stava
leggendo un foglio scritto a mano. Appena misi piede nella stanza lo
nascose
nella tasca dei pantaloni.
<
Cos’era? >
<
Niente. >
<
Sì, come no … Dai, dimmi cos’era!
>
<
Non ti piacerebbe saperlo. >
<
Oddio Edward, che cos’è? >
<
Se ci tieni … > fece lui scettico < sono degli
auguri per il matrimonio.
>
<
Chi li manda? > In quei giorni avevamo ricevuto tanti di quegli
auguri che
ormai avevo perso il conto! Che divertente leggere quelli dei nostri
compagni
di scuola.
Io
ed Edward seduti davanti al camino, in casa Cullen a leggere lettere su
lettere. A volte ne avevano mandate due in una sola busta. Una per noi,
ufficiale e una per me, in cui le mie compagne si lasciavano andare ad
auguri
un po’ meno formali. Un vero spasso.
<
Mah, una mia amica… >
<
Come scusa? >
<
Ma sì, dai. Credo di avertene parlato … qualche
volta … >
Faceva
l’indifferente ma non me la dava a bere.
<
E dai, ti prego ……. > < Come sei
insistente! > < Sai com’è. Posso
diventare anche molto gelosa se voglio. > < No ti prego.
Comunque, è
Tanya. >
Dovetti
aver fatto una faccia a giudicare dallo sguardo spaventato di Edward.
<
Amore, guarda. È stata molto gentile. Senti:
“Caro Edward, sono sinceramente
rallegrata dal sapere che finalmente
anche tu abbia trovato
la una compagna
con cui intenda trascorrere la tua vita. Alice mi ha informata della
curiosità
del vostro rapporto. Effettivamente da un ragazzo come te non potevamo
che
attenderci una storia d’amore estremamente particolare. Sono
rattristata di
renderti partecipe della decisione nostra e di Carlisle: Per questioni
di
sicurezza non prenderemo parte alla cerimonia. Sono però
felice di
invitarvi a
trascorrere qualche tempo da
noi, a trasformazione avvenuta. Per intanto invio i più
calorosi auguri miei e
della mia famiglia a te e alla tua Isabella. Riferiscile che sono
impaziente di
conoscere la straordinaria ragazza che ha smosso il tuo cuore.
Con
affetto, Tanya. ”
Finì
di leggere e poi mi guardò.
<
Sembra formale, ma quando l’avrai conosciuta, scoprirai che
si esprime sempre
in questo modo.
Ti
assicuro, è davvero contenta per noi ed impaziente di
conoscerti … >
Si
alzò e mi venne incontro. Mi legò i capelli in
una coda e mi baciò la fronte:
<
Dobbiamo andare. Non vorrai fare tardi e scatenare le ire di Alice
spero? >
<
No, non ho tutto questo coraggio. > Rise, ed io mi unii a lui.
Solo il modo
in cui mi guardava riusciva a non farmi sentire sola e gelosa.
Mi
infilai le scarpe e poi lo presi per mano.
Quando
scendemmo in cucina, visto che dovevo fare ancora colazione, vidi un
sacchettino sul tavolo. Dietro, un mazzo di rose. Mi voltai e osservai
Edward
che giocava indifferente con i miei capelli.
<
Edward? >
<
Sì? >
<
Quello cos’è? >
<
Ma che domande … è la tua colazione. Mentre
venivo qui mi sono fermato in
pasticceria e ti ho preso un cornetto. Alla crema … come
piace a te. >
<
Sì, certo. Dopo aver assillato il fioraio. Ma cosa ti
è venuto in mente? >
<
Quanto sei fiscale! Comunque, non li ho assillati. Loro offrono un
servizio. Io
l’ho richiesto. E ti assicuro. Non hanno neanche adempito a
tutte le mie
richieste. >
<
Sì, ma non puoi trasformare la mia casa in una serra!
>
<
Oh, si vede che non hai ancora visto il giardino! >
Afferrai
il sacchetto e lo presi per mano. Salutai Charlie che stava cercando di
dare
alla casa un aspetto normale e poi uscii nel fresco della mattina.
<
Prego. > Mi fece Edward aprendomi la portiera dal lato del
passeggero.
Io
gli porsi la mano e lui mi mise a sedere sul sedile. Ridemmo entrambi
come
bambini. Sembrava la scena di un vecchio film. A velocità
umana, il mio amore
prese posto accanto a me e mise in moto. Con una mano teneva il
volante, con l’altra
accarezzava il mio collo e i miei capelli.
Dal
canto mio, mangiavo la brioche e guardavo fuori dal finestrino. Lo
sguardo
rincorreva gli alberi che ci lasciavamo alle spalle. Dietro di quelli
la
foresta infinita sembrava così scura, paurosa ... Che strano pensare che sarei
andata a caccia
in quei luoghi che in quel momento mi facevano tanta paura.
Già, sarei andata a
caccia. Chissà se era come quando Edward aveva ucciso
Victoria. Un’azione
fulminea. Poco più di qualche secondo. Ero certa che io
sarei riuscita a fare
un gran casino lo stesso. Mi auguravo di lasciarmi alle spalle con la
trasformazione non solo la mia umanità ma anche la mia
goffaggine. Forse in
quel modo mi sarei sentita un po’ più degna di
essere la compagna della
meravigliosa creatura che si trovava a fianco a me.
<
Ti vedo pensierosa. >
<
Già, sai com’è … Ho paura di
Alice. > Mentivo ma non volevo che lui si
preoccupasse o che, peggio, potesse avere dei dubbi.
Ormai
avevo finito di mangiare ed eravamo praticamente arrivati. Quando
stavamo per
imboccare il viale di casa Cullen sentii la voce vellutata Edward che
mi
diceva:
<
tieni gli occhi chiusi, mi raccomando. >
<
Perché? > chiesi impaurita < è
perché vuoi farmi una bella sorpresa o perché
vuoi evitarmi un
infarto? > <
Dipende da come la prendi. A parer mio, è troppo divertente.
Alice sta dando il
meglio di sé! E anche Esme non scherza. >
Chiusi
gli occhi e mi abbandonai contro il sedile. Non avevo nessuna
intenzione di
farmi venire una crisi isterica e di ferire ancora Alice.
<
Pronta? > Inspirai profondamente e feci un cenno con il capo.
<
Ehi, guarda che non c’è nessun motivo di agitarti
tanto! Penso che potrebbe
persino piacerti. >
Sbuffai
e mi slacciai la cintura di sicurezza. Avvertii un leggerissimo
spostamento d’aria
e tre secondi dopo Edward mi aprì la portiera, da vero
cavaliere. Mi prese la
mano e mi guidò attraverso il garage. Quando sentii
l’aria leggera accarezzarmi
il volto capii di trovarmi all’esterno.
Le
mani fredde e affusolate del mio fidanzato si spostarono sui miei
occhi. Ci muovevamo
lentamente per il giardino. Talvolta mi diceva: < Attenta a
destra >
oppure < Va avanti ancora un po’. > Io eseguivo
i suoi ordini,
obbediente.
Non
trascorse molto tempo che Edward mi disse: < Ora puoi aprire gli
occhi. >
Le
sue mani scivolarono veloci e delicate lungo le mie guance e le mie
spalle,
fino ad incontrare le mie e stringerle dolcemente.
Con
lentezza sollevai le palpebre. Davanti a me non riuscivo a vedere altro
che
fiori bianchi, il verde del prato (immenso) e il marrone del legno.
Portai
le mani alla bocca. Edward mi stringeva i fianchi e mi osservava
dubbioso.
Il
giardino sembrava una nuvola. Alice aveva fatto portare dei tavoli su
cui si sarebbero
dovuti mettere i regali. Edward mi portò verso il torrente.
Erano stati
disposti non so quanti tavoli e sedie. Degli ombrelloni di legno e
stoffa
bianca erano stati sistemati in corrispondenza di ogni tavola.
Sembrava
una location di un qualche film di Hollywood. Notai un piccolo altare
posto
sotto l’arcata formata da due alberi nel centro del prato.
Per arrivare a quell’altare
bisognava percorrere una cinquantina di metri di tappeto rosso. Ai lati
di
questo tappeto erano state disposte numerose file di panche e
tutt’intorno un
tripudio di fiori, rigorosamente bianchi.
Mi
voltai verso la casa e vidi che anche le colonne erano state ricoperte
di fiori
anch’essi bianchi.
Edward
mi portò in casa e allora potei osservare bene quale destino
Alice avesse
riservato al salone.
Era
tutto vuoto, ad eccezion fatta per la pedana, su cui faceva bella
mostra di sé l’imponente
pianoforte di Edward.
< Allora? Ti piace? > Emmett mi posò una mano
sulla spalla e mi sorrise
rassicurante.
Io
non risposi ma annuii, sperando di essere convincente. Lui rise e
osservò
Edward poi mi sussurrò: < Sapessi tutte le volte che
mi è toccato sopportare
tutto questo. A volte è difficile avere una moglie come
Rose. Ma per lei,
questo ed altro. > Mentre pronunciava quelle parole, Rosalie
fece la sua
comparsa da oltre la porta della cucina. Sembrava un angelo nonostante
indossasse una semplice tuta. Mi salutò con un cenno della
mano e poi si sporse
per baciare Emmett sulle labbra. Lui la cinse in un abbraccio e poi le
sussurrò
qualcosa all’orecchio. Lei rise e fece finta di allontanarlo.
Non era
bellissima. Sarebbe troppo poco. Era splendente. Il suo sorriso era
divino e la
sua risata era straordinaria. Pensai a Tanya. Anche lei era come
Rosalie? Come
potevo competere con loro? Non importava se Edward stesse giocando con
una mia
ciocca ribelle, non mi importava se mi avesse detto
un’infinità di volte che mi
amava. Come facevo ad essere sicura che un giorno non avrebbe cambiato
idea? Semplice,
non potevo.
Mi
appoggiai a lui che mi strinse a sé e mi
sussurrò: < Mi pare che abbia fatto
un buon lavoro, la mia sorellina. Che ne dici? Pensa anche al povero
Jasper, lo
ha schiavizzato. >
Sorrisi
e mi alzai sulle punte di piedi per baciargli le labbra. Lui si
chinò per
venirmi incontro. Nel preciso istante in cui la mia bocca
sfiorò la sua la mia
pace venne interrotta da un grido.
<
Bella! >
< Alice. > Feci io sconsolata riappoggiando i talloni a
terra. Edward rise e mi scompigliò i capelli con la mano.
<
Bella, finalmente sei arrivata. Io ed Esme non ce la facevamo
più ad aspettare!
Allora? Ti piace il giardino? E la sala? Pensavo che potremmo fare un
ballo,
finita la cerimonia. Prima del banchetto intendo. Allora? Cosa ne dici?
>
Non
mi lasciava neanche il tempo di rispondere alle sue domande che
già me ne
poneva di nuove.
Esme
ci raggiunse e mi abbracciò.
<
Bella, tesoro, pronta? > Io annuii impacciata.
<
Non preoccuparti, andrà tutto benissimo! Alice dice che
sarà bellissimo. >
<
Esme! > Fece lei indignata. < Non dirle niente! Se no poi
si arrabbia se
le dici cosa ho visto. >
Il
mio sguardo schizzò su quel piccolo vampiro esaltato. Lei
fece un sorriso
colpevole e poi aggiunse ostentando ingenuità: <
Credo che alla festa ti
divertirai, ma ti divertirai molto di più dopo. > E
poi ricominciò a parlare
con Emmett che, come al solito se la rideva. Io ero diventata
rossissima e avrei
voluto sprofondare nel terreno.
Poi
quel cretino si rivolse ad Edward e, guardandomi, gli disse: <
Certo che hai
fegato. Io avrei paura di romperla. > Lui le rispose pure!
< Sapessi che
paura che ho! > < Mi sa che tu non ti divertirai!
> continuò Emmett.
Io urlai <
EMMETT! Piantala! >
Esme
venne in mio aiuto e lo rimproverò: < Emmett, non sei
educato. Così li metti
in imbarazzo! >
<
Uff, non dicevo niente di male. Stavo solo analizzando i fatti. >
<
Evita. > Feci io contrariata.
Mentre
loro entravano in casa per raggiungere Rosalie e Carlisle, mi
allontanai verso l’altare.
Ne sfiorai il legno con mano tremante. Chiusi gli occhi e cercai di
prefigurarmi il momento. Si sentivano gli uccellini cantare e
l’acqua del torrente
scorrere non molto lontano. Sembrava un paradiso di quelli raccontati
nelle
storie antiche. Sembrava il matrimonio di una principessa o di una
fata. Sì,
ecco. Sembrava una favola. Mi tremò il respiro quando
pensai:
“non
è una favola. Sarebbe meglio dire che è una
storia dell’orrore. Il finale non
sarà un vissero felici e contenti” Vidi per la
prima volta quei dannatissimi cinquanta
metri per quello che erano in realtà. Cinquanta metri che a
tutti coloro che li
avessero visti durante la cerimonia sarebbero potuti sembrar condurre
alla
felicita ma che io sapevo bene condurre in realtà alla
morte. Quel dannato
tappeto mi sembrava un fiume di sangue che scorreva proprio dal punto
in cui la
mia vita avrebbe dovuto essere al culmine della gioia. Ecco a cosa
stavo
andando incontro. Non importava quanti fiori bianchi Alice avesse
usato. Per me
il destino avrebbe avuto il colore del sangue e il sapore amaro della
morte. Un
destino che io stessa avevo scelto per me. Mi girò la testa
e mi accovacciai ai
piedi dell’altare in legno, sempre tenendo la mano poggiata
su di esso. Tremavo.
Non
passai neanche un minuto in quella posizione che Esme mi fu a fianco.
Mi scostò
alcuni capelli ribelli dalla fronte e mi osservò il volto. Mi porse un
fazzoletto e mi abbracciò. Non mi ero accorta di star
piangendo ...
<
Scusa, è solo un po’ di agitazione. Ansia e
nient’altro. > Ripetevo quelle
parole più per convincere me stessa che non lei.
|
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Capitolo 13 *** Crisi di panico e bagni gelati. ***
Grazie per la continuità
con cui mi seguite!!!
Ripeto che, visto che devo studiare, spesso mi ritrovo a
scrivere che è davvero tardi e quindi rinnovo le mie scuse
per i miei errori di
ortografia. Si aggiunga inoltre che spesso non rileggo ( per motivi di
tempo )
il capitolo appena postato …
Grazie per i bellissimi commenti! Spero continuerete a
lasciarmene di altrettanto belli! Siamo a quota 91!!! Come sono contenta!!!
Vuol dire che questa storia è carina. Ogni volta che finisco
di scrivere, mi
sembra di aver scritto una schifezza …
Grazie quindi per il sostegno a Hele91,
alice
brendon cullen,
algin91,
Gocciolina,
BellaSwan95,
hachicat,
sophie_95,
HopeToSave,
KiraraMiranda,
PenPen
, giulia9_91!!!
yuyutiamo
sono
contenta
che ti sia andata bene storia e sappi che la fisica è la mia
angoscia!!! Per le
altre verifiche, per fortuna sono andate tutte bene tranne ( forse e
spero di
no, solo che non ce l’ha ancora ridata ) quella di Lucrezio
su cui mi ero
addormentata sabato scorso!!!
Ora devo
dare un triste annuncio. Se fino ad oggi ho aggiornato quasi sempre
giornalmente, fra qualche giorno tutto potrebbe cambiare. Sono stata
minacciata
più e più volte di sottrazione di Pc!!!
MADRE
DEGENERE!!! Nel caso, scriverò i cap su quello di mia
sorella, che però non si
può connettere, e li darò da postare a Clari o
Lauri ( vero ragazze che me lo
fate questo piacere? Vi prego!!! ) Speriamo …
Grazie
per aver inserito la storia tra i preferiti anche a Allen_Anne_Black!!! E anche alle duecento persone che
ieri hanno letto lo
scorso capitolo!!! Me felice e commossa!!!
Mi
feci piccola piccola tra le braccia di Esme che mi stringeva a
sé.
<
Non piangere. Vedrai che passerà. È normale avere
paura. >
Stavo
ansimando. Mi sentivo mancare l’aria. Dopo qualche istante
Carlisle ci
raggiunse.
Ero
patetica. Continuavo a singhiozzare e a respirare affannosamente. Non
riuscivo
più a spiccicare parola.
Il
più “anziano” dei Cullen mi fissava
negli occhi, rassicurante.
Con
voce calma e tranquilla mi disse: < Bella, ora calmati. Non
è successo
niente. Adesso andiamo in cucina e ti bevi una camomilla. >
Mi
fece alzare in piedi e mi accompagnarono in casa. Edward era rimasto in
sala.
Mi osservava preoccupato. Appena lo vidi, mi tuffai nelle sue braccia
da cui
fui accolta con amore. Affondai la faccia nella sua maglietta che
inondai di
lacrime.
Mi
cullò carezzandomi la schiena e i capelli. < Credo
sia una piccola crisi di
panico. >
Edward
guardò Carlisle e poi mi portò in cucina.
La
camomilla era già pronta. Sul tavolo la tazza che usavo
sempre fumava. Esme
stava rigirando lo zucchero. Mi sedetti che sentivo ancora le gambe
molli e il
formicolio in tutto il corpo.
Il
mio cuore stava lentamente tornando a battere normalmente.
Bevvi
a brevi sorsi. Quando finalmente poggiai la tazza sul tavolo, alzai lo
sguardo.
Seduto davanti a me, Carlisle mi osservava curioso: < Allora? Va
meglio?
> Annuii poco convinta.
Mi
afferrò il braccio e posò due dita sulle vene
pulsanti del mio polso.
<
Sì, diciamo che va meglio di prima. Credo che faresti meglio
a prendere queste. >
Sapevo
che quelle due pastigliette non si erano materializzate sul mio
tovagliolo
prima vuoto da sole, ma l’impressione fu proprio quella.
Ne
presi una tra le dita e l’osservai dubbiosa.
<
Vuoi drogarmi? > Chiesi scettica.
<
No davvero. È solo valeriana. Un leggerissimo calmante.
>
Portai
le pastiglie alla bocca e, osservandolo diffidente, le inghiottii.
Edward,
veloce come una saetta, aveva già messo la tazza nel
lavandino. Carlisle si
alzò in piedi e lo stesso feci io. Lui mi strinse in un
abbraccio per farmi
forza. Sorrisi e lo abbracciai riconoscente. Il suo profumo era buono
quasi
quanto quello di suo figlio. Mi baciò la fronte e poi mi
lasciò andare.
Edward
mi carezzò il viso e mi sussurrò:
<
Bella, Alice ti sta aspettando. Credo che tu debba andare a scegliere
la
pettinatura o qualcosa di simile ... >
<
Vieni con me? > Chiesi speranzosa. L’ultima cosa di
cui avevo voglia era di
stare in balia di Alice da sola.
Purtroppo
però Edward mi rispose, sorridendo, < Ah, no no.
Voglio preservare la mia
salute. Questa mattina ho rischiato di finire ucciso. Solo
perché ho osato
entrare nella sua camera e vedere, per sbaglio, il velo definitivo.
Vorrei
che entrambi arrivassimo al matrimonio interi. A proposito, visto che
sono
parecchio preoccupato della tua incolumità, fai attenzione a
non cadere dalle
scale! >
<
Va bene. Certo che hai proprio un’alta considerazione di me
… >
<
Lo sai che mi preoccupo solo della tua salute. >
<
Sì, sì. > feci io ancora un po’
agitata. Gli avevo preso la mano senza
neanche essermene accorta.
Lui
la portò alle labbra e annusò l’odore
del mio sangue nelle vene e poi baciò
l’anello. Lui aveva percepito che la mia inquietudine non si
era ancora dissolta.
<
Abbiamo tempo. Non devi preoccuparti. Potrai scegliere. Lo sai. Non
voglio che
tu ti senta in obbligo o peggio, che tu lo ritenga necessario. Non per
paura.
Ti difenderò io da qualunque cosa. >
Mi
voltai e lo fissai negli occhi, sentivo un blocco allo stomaco.
Portai
la sua mano sul mio cuore e dissi: < Puoi proteggermi da tutto
ma non da ciò
di cui ho davvero paura. Tu sei immune al tempo. Tu sei immune alla
morte. >
mi carezzò la guancia e mi sussurrò: <
Adesso va. E non preoccuparti di
queste cose. Non è necessario. >
Mi
baciò sulle labbra e poi mi fece segno di andare. Lo salutai
con la mano e poi
salii di corsa le scale. Alice mi stava aspettando davanti la porta di
camera
sua.
Stava
parlando con Esme. Quando le due mi videro, mi vennero incontro felici.
Entrammo nella stanza e non potei non compatire il povero Jasper. Il
divano era
diventato una specie di ammasso bianco dalla forma indefinita.
<
Bella! Oramai è tutto pronto. Tieni! > Mi porse un
foglio e poi tornò
danzando vicino alla scrivania. Afferrò un quaderno e lo
mostrò ad Esme.
Osservai il foglio e vidi che Alice, con una calligrafia che ricordava
un
disegno elegante, aveva segnato tutte le frasi che avrei dovuto
ripetere
durante la cerimonia. Mi feci largo tra i campioni di stoffa ( adesso
rimaneva
da risolvere la fondamentale questione riguardo il colore delle
tovaglie. La
decisione sembrava vertere su un color perla ) alla ricerca di uno
spazio
sgombro in cui sedermi.
Mi
adagiai tra i cumuli di stoffa e cominciai a leggere e rileggere le
parole del
foglio. In certi momenti mi sembrava che mi mancasse l’aria.
<
le sai? > mi chiese improvvisamente Alice dopo una ventina di
minuti.
<
Sembra che stia studiando la lezione di biologia! Non me lo puoi
chiedere in
questo modo! >
<
Sì, hai ragione. Riformulo: ti ricordi tutto quello che devi
dire? >
Scossi
la testa sconsolata. Stavo combattendo per impedire a due lacrime
traditrici di
abbandonare i miei occhi.
Esme,
che si era seduta a gambe incrociate davanti a me, mi
confessò: < Sai,
anch’io, prima di sposarmi, ero agitatissima! Ricordo
perfettamente la miriade
di emozioni che provai. Devi solo stare tranquilla e vedrai che ti
divertirai
un mondo. > mi sorrise entusiasta. Il mio di sorriso fu un
po’ più tirato ma
sembrò essere efficace.
Passammo
circa un’altra ora a ripetere quelle dannatissime frasi.
Sentirle pronunciare
da Alice o da Esme era una cosa straordinaria. La passione che ci
mettevano, la
gioia che trapelava dai loro volti era sconvolgente. Se poi le si
unisce alla
loro bellezza diafana …
Io
mi sforzavo di dare il meglio di me ma alla fine cominciai a
straparlare. Non
so come, ci ritrovammo sdraiate per terra a ridere tra morbidi lembi di
tessuto. Sentimmo bussare e Alice disse: < Avanti Jasper, entra.
>
Il
bellissimo vampiro aprì la porta e si fece strada tra le
montagne di stoffa.
Sul suo volto era dipinta un’espressione a metà
tra la disperazione e la
rassegnazione.
Mi
guardò e scosse le spalle.
<
Vedi di non fare come Rosalie. Non ho voglia di ripetere tutto tra una
ventina
d’anni. >
<
Non preoccuparti Jasper, non credo che accadrà. >
Stavo praticamente ridendo.
Jasper percepì l’isteria nella mia voce e venni
avvolta da una pace irreale.
Piacevole. Mi porse la mano e mi aiutò ad alzarmi. Intravidi
Edward dalla porta
socchiusa e corsi da lui che mi accolse tra le sue braccia.
<
Amore, è pronto … > < Grazie!
>
Scesi
le scale e trovai la tavola in cucina apparecchiata, anche se solo per
me. Mi
sedetti sulle gambe di Edward e mangiai velocemente quello che mi
aveva
preparato.
Non
prestai molta attenzione al cibo. Ero troppo impegnata a guardare il
mio
miracolo personale!
Quando
poggiai la forchetta nel piatto vuoto sfiorò il mio orecchio
il respiro di
Edward e con quello la sua voce:
<
Bella, ti va di venire con me ? >
<
Potrei dirti di no? >
<
Non credo. >
Mi
prese la mano e ne baciò il polso. Mi fece tremare.
<
Vieni. >
Lo
seguii fino alla porta sul retro. Lui mi fece segno di salire sulla sua
schiena. Io tentai di arrampicarmi e lui, ridendo, mi diede una mano,
poi
afferrò uno zainetto e lo strinse tra le mani.
Neanche
il tempo di sbattere le palpebre ed eravamo già nel bosco.
Io ero letteralmente
avvinghiata a lui. La mia stretta
era
stritolatrice ma naturalmente lui neanche se ne accorse.
Mi
strinsi a lui intrecciando le braccia intorno al suo bacino e le
braccia attorno
al suo collo. Non perché avessi paura ma bensì
perché volevo sentirlo il più
vicino a me possibile. Tenevo gli occhi aperti e la testa appoggiata
alla sua
spalla. Con la lingua gli tracciai il profilo dell’orecchio e
lui mi sussurrò:
< Non vorrai mica farmi perdere la testa mentre corro a
velocità inaudita
attraverso il bosco? > < See, come se tu potessi
inciampare … > <
Dipende dalle distrazioni. Tu per esempio sei una distrazione molto
pericolosa.
> < Grazie! Mi sento onorata! Vuol dire che mi consideri
abbastanza! >
< Bella. Tu per me sei la cosa più importante. Tu sei
il mio unico pensiero.
>
Smise
di correre mi aiutò a scendere facendo mi scivolare lungo le
sue braccia.
Eravamo
in un luogo in cui non ero mai stata. Osservavo il paesaggio rapita.
Qualche
timido raggio di sole cercava di farsi spazio tra le nuvole e faceva
sì che la
pelle di Edward rilucesse in un modo strano, spettacolare. Sfiorai il
suo volto
con la punta delle dita, rapita.
Sentivo,
non molto lontano, lo scroscio dell’acqua.
Lui
si sfilò la maglia e rimase a toro nudo. Splendido e
maestoso. Mi porse lo
zainetto e io lo guardai dubbiosa.
<
Dai, aprilo! > obbedii
e vidi che
dentro c’erano due asciugamani piccoli e uno grande. Li tirai
fuori e vidi un
costume due pezzi e un paio di boxer.
<
Edward … cosa mi sta a significare? >
<
Mi pare evidente, no? Facciamo un bagno. >
Sollevai
il sopra del costume per il laccetto tenendolo tra due dita.
<
Edward, questo non è mio. > < Io credo di
sì. La misura è la tua, la
taglia pure e il colore ti dona. Penso proprio sia tuo. >
< Quando l’hai
preso? > < Qualche settimana fa. Avevo voglia di fare
qualcosa di diverso
con te. > < Sì, tipo giocare a chi annega
prima … > < Sai che non è
possibile. >
Mi
sorrise beffardo e io ricambiai.
<
ammettendo anche che io voglia indossarlo … > e
gettai un’occhiata scettica
al costume che, a parer mio era troppo succinto, < Dove pensi
che potrei
cambiarmi? Qui siamo nel bel mezzo del nulla. Ci sono solo alberi.
> <
Per me, puoi cambiarti anche qui. Ti prometto che non mi
scandalizzerò. > Se
la rideva, lo schifoso ingannatore che con la sua voce sensuale e il
suo
sguardo accattivante riusciva sempre a plasmare la mia
volontà.
<
Scordatelo. E poi, non voglio che qualcuno mi veda. >
In
meno di un istante Edward, che si trovava a qualche metro da me, si
materializzò a tre centimetri dal mio volto. Quasi non me ne
accorsi da quanto fu repentino il movimento. Mi sfiorò la
punta del naso e con una voce
talmente persuasiva da farmi perdere la cognizione di me stessa mi
sussurrò:
< Pensi che se ci fosse qualcuno nel raggio di chilometri mi
esporrei al
rischio di essere visto? > Scossi la testa senza neanche capire
cosa stessi
facendo. Il suo respiro sulle mie labbra mi dava alla testa.
<
Sembri drogata! > Mi fece lui per prendermi in giro. Io gli
strinsi le
braccia intorno al collo e mi appoggiai al suo petto muscoloso.
Sentii
le sue mani scivolarmi sotto la maglietta e accarezzarmi la pelle della
schiena. Quando mi accorsi che, con gesti lenti e quasi impercettibili,
cercava
di sollevarmela mi scostai da lui, contrariata.
<
Edward, non fare il cretino … >
<
Non posso, è colpa tua. > feci finta di tirargli uno
scappellotto in testa e
mi allontanai.
Lui
mi osservò e poi disse:
<
Quindi? Fai il bagno vestita? >
<
Girati! > Gli ordinai. Lo vidi sorridermi e obbedire.
<
Se sbirci, giuro che te la faccio pagare! >
Non
mi rispose ma si sdraiò sull’erba. Teneva gli
occhi chiusi e le labbra si
muovevano velocissime senza emettere alcun suono. Sapevo che stava
cantando.
Sempre
osservandolo, mi sfilai scarpe, maglietta e pantaloncini. Vedevo il
petto di
Edward alzarsi e abbassarsi regolarmente. Rimasi qualche istante ferma
immobile
poi mi sfilai le mutande. Temevo il sotto del costume in mano e me lo
infilai
velocissima. Mamma mia quanto era piccolo!!! Mi slacciai quindi il
reggiseno.
Lo lasciai cadere a terra e poi cercai di infilarmi il sopra del
costume.
Non
riuscivo ad allacciarlo dietro.
<
Tutto a posto? > < Non riesco a fare il nodo …
>
<
Ti aiuto? > < Va bene. > Si sollevò sui
gomiti e mi osservò stupito.
Io mi reggevo il costume con le mani. Si alzò velocissimo e
accarezzò la
guancia poi afferrò le cordine del reggiseno e mi fece il
fiocco sulla schiena.
Scese con il dito lungo la mia spina dorsale su e giù
lentamente poi, poggiando
le mani sui miei fianchi e facendole infine scivolare sulla mia pancia,
mi
baciò il collo. Mi sciolse il codino e lasciò i
miei capelli liberi di agitarsi
al vento.
Io
mi voltai per baciarlo e lui poggiò leggero le sue labbra
sulle mie.
Le
sue mani si staccarono dal mio corpo e andarono a slacciare i suoi
pantaloni.
Sotto
indossava già il costume ( un paio di adorabili boxer!!! ).
<
Va, beh, andiamo a nuotare? >
<
Sì, vieni, di qua … >
<
Sono sorpresa … >
<
E di che? >
<
Del fatto che tu ti fida a farmi entrare in contatto con tanta acqua
tutta
insieme! >
<
So che sai nuotare … ed inoltre, questa volta, io
sarò affianco a te. Non ti
lascerò un attimo. Mai più. >
Sapevo
dove fossero corsi i suoi pensieri. Esattamente dove erano corsi i
miei. Rividi
nella mia testa la scogliera, sentii il vento sul mio viso, il dolore
nel mio
petto. Il calore delle mani di Jacob.
Mi
strinsi ad Edward, al suo corpo ghiacciato.
Lui
mi cullò per qualche minuto e poi mi bisbigliò:
< Dai, andiamo e cerchiamo
di divertirci. Senza pensare a nient’altro se non noi due. Un
pomeriggio tutto
per noi. Cosa ne dici? >
<
Dico che sarebbe bellissimo. >
Mi
baciò i capelli e mi prese per mano. Mi condusse fino a un
ruscello che
scorreva attraverso l’erba alta. Il torrente formava una
pozza piuttosto grande
e profonda tra dei massi molto grandi,
alcuni piatti e lisci. Sembrava un piccolo paradiso
circondato da alberi
altissimi e cespugli.
Trattenni
il respiro e lui mi diede un piccolo scossone per risvegliarmi.
Lo
guardai raggiante e lo trascinai verso il piccolo laghetto.
<
Sei impaziente? > < Certo! >
Mi muovevo lentamente sui massi scivolosi per paura di cadere. Una
fonte di
sicurezza erano le mani forti di Edward che mi sostenevano e
prevenivano
eventuali cadute.
Quando
il mio piede entrò in contatto con l’acqua lo
ritrassi.
<
Che cosa c’è? > Mi chiese Edward divertito.
<
è gelata! > < Pensavo che ti fossi abituata al
freddo. >
<
Ma è troppo fredda! Io non ci entro! >
<
Sì, come no … >
E,
prendendomi in braccio, si tuffò.
Per
qualche istante i nostri corpi rimasero immersi per un bel
po’ di centimetri
sott’acqua poi Edward mi aiutò a riemergere.
Riempii i miei polmoni d’aria
mentre lui mi aiutava a rimanere a galla sostenendomi per il bacino.
Goccioline
luccicanti cadevano dai capelli lungo la schiena. L’acqua
brillava proprio come
Edward.
L’acqua
era però davvero fredda e lui se ne accorse. Mi mise seduta
su una roccia e si
lasciò andare all’acqua limpida. Io agitavo i
piedi schizzando ovunque.
Quando
vidi Edward sorridermi provocante, mi tuffai per raggiungerlo e lo
abbracciai
strettissimo.
Lui
mi accarezzò e rise.
<
Quanto entusiasmo! > < Ti amo! >
<
Anch’io! >
Rimanemmo
a mollo per un bel po’ e io, devo ammetterlo, mi divertii
tantissimo. Ci
rincorrevamo, ci schizzavamo … lui, con uno strano senso
dell’umorismo, giocava
a inseguirmi nuotando e io facevo finta di scappare per poi fiondarmi
tra le
sue braccia. Mi diceva: < lo sai che i felini nuotano benissimo?
>
Quando
alla fine, esausta, mi poggiai completamente a lui e smisi di tenermi a
galla,
lui mi strinse a se e mi portò sull’erba. Mi porse
l’asciugamano e mi osservò
mentre mi asciugavo, con gesti volutamente lenti e sensuali. Lui
rimaneva
fermo, immobile. Con una passata veloce di asciugamano si era
già asciugato il
corpo. Presi l’asciugamano piccolo e tentai di dare
un’asciugata veloce ai capelli e li
lasciai ricadere, praticamente ancora bagnati, sulle spalle e sulla
schiena. Il
costume, quello si che era bagnato fradicio, mi si era appiccicato
addosso e
lasciava intravedere un bel po’.
Notai
lo sguardo di Edward fisso ad un’altezza fin troppo definita
della parte
superiore del mio corpo.
<
Cosa stai guardando? > Chiesi con finta indifferenza.
<
Mah, le bellezze della natura direi … >
<
Ah sì? > Continuai io sedendomi a terra.
L’erba mi arrivava circa all’ombelico.
Mi appoggiai con le mani e distesi le gambe.
<
Domani … >
<
Sì edward? >
<
Domani ricordami di ringraziare adeguatamente Reneè, e anche
Charlie. Devo dire
che sono stati davvero bravi. > Il suo sguardo era sempre fisso
sullo stesso
punto di prima.
Io
andai vicino a lui che era seduto con le gambe distese, proprio come mi
ero
messa io prima, e mi sedetti a cavalcioni sulle sue. La mia pancia
sfiorava la
sua e la mia testa poggiava placidamente sulla sua spalla. Le sue mani
percorrevano la mia schiena nuda. Le mie invece gli accarezzavano il
volto. con
le dita gli sfioravo le occhiaie violacee e i miei occhi si perdevano
nell’oro
fuso.
Chiuse
gli occhi e inspirò profondamente. Con la punta del naso
passava sulle vene del
mio collo e il contatto con la sua pelle gelata mi faceva fremere.
Senza
volerlo, inarcai la schiena ed Edward accompagnava i miei movimenti con
le sue
mani.
A
tradimento, sciolse il fiocco del costume ma non me ne importava
niente, anzi ...
Mi
strinse in abbraccio dolce e rassicurante e io fremetti sotto i suoi
tocchi gentili e teneri, sebbene insicuri.
<
Edward … > Avevo il fiatone e non mi ero neanche
mossa! < Si Bella? >
<
Ti voglio bene. >
Mi baciò la fronte e mi accarezzò il petto, il
seno.
Le
sue mani, nonostante fossero fredde e dure, si muovevano lente e
delicate sul
mio corpo.
Dopo
alcuni minuti mi riallacciò tutto l’ambaradan
ignorando le mie proteste.
<
Bella? > < Uffa Edward, tu sempre quando sembra che
… >
<
Sht, non ti pare che l’attesa renda tutto ancora
più bello? >
<
No.. > Risposi secca. lui rise e mi fece scendere con
delicatezza dalle sue
gambe facendomi rotolare sull’erba. Risi anch’io
nel momento in cui lui fu con
il suo corpo sopra il mio. Chiusi gli occhi inebriata
dall’odore di Edward.
sentivo le sue mani delicate accarezzarmi le gambe e le braccia.
le
sue labbra sfiorarmi il costume. in alcuni momenti sentivo dei brividi
scorrermi lungo la schiena. La lingua di Edward sfiorò la
mia bocca e io la
dischiusi.
<
Ancora quattro giorni. >
<
Già. > Feci io.
<
Sai, questa è l’ultima volta probabilmente che
potremo giocare da fidanzati …
>
<
Perché? > Chiesi io terrorizzata all’idea
di non baciarlo per tre giorni
interi, portandomi a sedere di colpo.
<
Domani viene tua madre. Non vuoi trascorrere questi ultimi giorni con
lei? >
Si
rabbuiò. Lo vidi nei suoi occhi. Lo strinsi in un abbraccio
e dissi:
<
Sì, hai ragione. > Sapevamo entrambi che quelli
sarebbero stati gli ultimi
giorni davvero.
non
potei impedire ad una lacrima ribelle di sfuggire alle mie palpebre
chiuse.
Lui
vi posò sopra le labbra per asciugarmi e mi
bisbigliò: < Riempirò ogni momento
della tua nuova vita. Farò in modo che tu non rimpianga
niente. >
Con
voce tremolante, stringendomi a lui, risposi: < Lo so. Grazie.
>
<
Tu per me rinunci alla tua vita. Questo è il minimo che
possa fare per
sdebitarmi. questo mi dice il mio cuore che tu sola, dopo tutti questi
anni,
hai riportato alla vita. >
Aprii
gli occhi e lo fissai nei suoi, intrisi di sincerità.
Mi
sdraiai e lui mi strinse tra le sue braccia. Mi avvolse in una coperta
che
aveva tirato fuori dallo zaino e io mi strinsi al suo petto, pensando
ai miei
ultimi giorni. Edward lasciò che mi sfogassi contro di lui,
continuando ad
accarezzarmi. Solo respirare il suo odore riuscì a farmi
tornare tranquilla. Quando
mi sentii pronta alzai lo sguardo e incontrai il suo.
<
Va meglio adesso? > Mi sorrideva.
<
Sì. Scusami. >
<
Ma di che? > Portò le sue labbra sul lobo del mio
orecchio, che baciò, e poi
continuò:
<
Posso capire i tuoi sentimenti. Devi sentirti libera di esternare
ciò che
provi. Voglio che tu lo faccia. >
Lo
baciai e lui ricambiò. Un bacio così dolce mi
fece girare la testa e tornare il
sorriso sulle labbra.
Mi
baciò poi le guance e le palpebre, poi il petto, facendomi
il solletico e
facendomi ridere. Senza smettere di accarezzarmi, poggiò
dolcemente la testa
sul mio seno, ascoltando il mio cuore che batteva solo per lui.
Così
finché non divenne scuro e non fu ora di tornare a casa.
|
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Capitolo 14 *** Padri impiccioni, morali bislacche e pigiami colorati... ***
Dedico
questo capitolo a mio padre che non potrà mai accompagnarmi
all’altare, ma che
sarà come se lo avesse fatto.
Scusate se oggi i miei
ringraziamenti saranno laconici. Ci tenevo comunque a ringraziarvi
tutte per i
bellissimi commenti che mi lasciate e che mi fanno sempre immensamente
felice!!!
Non importa se lunghi o corti. Sono
sempre bellissimi e simpatici e soprattutto, mai ripetitivi o noiosi!!! GRAZIE
Grazie per i commenti
in
particolare a:
HopeToSave,
Hele91,
Meletta,
alice
brendon cullen,
BellaSwan95,
sophie_95,
Lilian
Potter, hachicat,
momob
(il tuo
è stato il centesimo commento!!!!
XD ), KiraraMiranda,
giulia9_91,
algin91
E per aver inserito
tra i preferiti la storia
a: bells87,
memi16,
poketpolly,
Saphira87.
Chiedo
scusa a nene1964.
per non averti
ringraziato la volta scorsa … è solo che,
nel momento in cui tu mi hai inserito la storia tra i preferiti, avevo
appena
postato il cap 13. Sorry!
E mi
scuso anche se per caso non avessi ringraziato qualcuna di voi per aver
inserito la storia tra i preferiti. Potrebbe essermi sfuggito il nome
nell’elenco
( come è successo con KiraraMiranda, scusami lauri… ) se me lo
fate sapere, magari in una
recensione, vi prometto che vi ringrazierò nel prossimo cap.
Grazie e a
prestissimo! Commentate numerose!!!
Cominciava
a fare freschino e io mi avvolsi più
stretta nella coperta. Edward si staccò da me e
tirò fuori qualcosa dallo
zaino. Mi porse i miei abiti. Che dolce, li aveva piegati e messi via
con cura.
Avevano il suo odore …
Il costume
era già asciutto e quindi decisi di non cambiarmi la
biancheria. Mi infilai i
vestiti in tutta fretta e poi rivolsi un sorriso raggiante ad Edward
che stava
recuperando tutte le nostre cose dopo essersi rivestito a tempo di
record. Neanche
lui si era tolto il costume perché gli si era asciugato
addosso. La mia
speranza di vederlo come lui aveva visto me, anche se a tradimento, era
sfumata.
<
Bene, direi che non abbiamo lasciato niente.
Torniamo a casa? >
< va bene. > Feci io sbadigliando
Mi sfiorò la guancia con il dorso della sua mano e
poi mi prese in braccio con un gesto fulmineo.
< Non mi posso aggrappare alle tue spalle come
sempre? >
< Sei troppo stanca. Se poi perdi la presa e
scivoli, data la velocità a cui corro, ti faresti davvero
molto male. > <
Come se tu non mi prenderesti al volo. > Replicai io
accoccolandomi tra le
sue braccia.
< Mi pare che comunque non ti dispiaccia questa
sistemazione. >
< No. Direi anzi che mi piace. > E baciai il
petto lasciato libero dalla camicia sbottonata.
Correva ma non veloce come al solito. Sembrava
quasi che volesse impiegarci un po’ di tempo. Non
c’era impazienza nei suoi
passi comunque veloci. Quando glie lo feci notare, lui rispose
semplicemente:
< Ho voglia di stare con te. >
Purtroppo raggiungemmo casa Cullen dopo neanche
un’ora e, devo dire, mi stupii di trovare l’auto
della polizia parcheggiata nel
viale. Edward mi fece scendere delicatamente e io barcollai per i primi
passi.
Sorreggendomi, varcammo l’ingresso. Io non sapevo cosa
aspettarmi ma mi ero
tranquillizzata vedendo il volto calmo e sereno del mio amore.
<
Bells! Finalmente sei arrivata! > Fece mio
padre abbracciandomi poi rivolse un sorriso tirato ad Edward
abbracciando pure
lui.
Esme mi venne incontro e mi sussurrò: < Ti ho
preparato la cena. Ho invitato anche tuo papà. Gli ho detto
che noi abbiamo già
mangiato. > < Grazie. > feci io.
< Bells, tesoro, cos’è questo fare
cospiratorio? > fece mio padre avvicinandosi a noi.
< Niente papà. Stavamo parlando di una cosa per
il matrimonio. >
Lui mi guardò con qualcosa di strano negli occhi e
poi mi abbracciò di nuovo.
<
Edward > fece Esme con voce melodiosa <
Ti ho preparato la cena. Carote e pollo a bagnomaria > Ed
Edward, che
sicuramente le aveva letto i pensieri, rispose tutto felice: <
Grazie mamma.
> poi mi scambiò uno sguardo complice e mi precedette
in cucina.
Seduti a tavola chiacchierammo del più e del meno
come se fossimo una famiglia normale. Esme preparò il
caffè a Charlie ed Edward
mi guardò male quando le chiesi di farlo anche a me:
< Bella, lo sai che la caffeina non ti fa bene.
> Adoravo il suo modo di rimproverarmi. Così sensuale
e persuasivo …
< Sai Bella, credo che abbia ragione lui. >
Fece eco mio padre e poi si aggiunse anche Esme:
< Tesoro, è vero. Sei già abbastanza
agitata …
non è il caso … >
Sbuffai ed incrociai le braccia sconfitta. Edward
mi cinse le spalle con un braccio e mi baciò la guancia
sorridendo.
< Devi riposare bene. Riempirti di caffé non ti
aiuterebbe di certo … > poi, dopo avermi preso la
mano mi sussurrò a voce
tanto bassa da essere quasi inudibile:
< Avrai tutto il tempo per restare sveglia,
tutto il tempo … >
Non potè sfuggirmi una nota di rimpianto nella sua
voce. Mi voltai e gli diedi una bacio casto sulle labbra.
<
Bells. > Fece mio padre per dissuaderci
dal procedere.
< Perché non mi mostri l’abito? >
Alice, che se ne era rimasta per i fatti suoi a parlare con Jasper
dall’altro
capo del tavolo, balzò in piedi tutta euforica e,
saltellando, mi incitò: <
Sì, dai!!! Bella andiamo a fargli vedere il vestito!!!
>
< Ma Alice! > < Su, non fare la bambina.
Anche Charlie ha il diritto di vederlo in anteprima. Anzi …
> e sottolineò
la parola,
< Solo Edward non può vederlo! >
Mi parve di notare un sorrisetto beffardo sul
volto di mio padre, ma feci finta di niente.
Edward
mi disse divertito: < Credo proprio che
mi toccherà attendere, ma, come già ti ho detto,
l’attesa rende tutto più bello
… > < Solo per te! > Replicai io secca.
Poi lo accarezzai e mi alzai
da tavola. Misi i piatti nella lavastoviglie che, a mio parere era
utile tanto
quanto il letto dato che in quella casa nessuno mangiava a parte me.
Sarebbe
bastato lavarli a mano …
Alice mi prese per mano e, seguita a ruota da
Charlie, mi portò in camera sua.
Miracolosamente, la stanza era tornata in perfetto
ordine.
Charlie però notò che mancava il letto e,
incuriosito, chiese:
< Alice, tesoro, questa è camera tua? >
< Sì > rispose lei sospettosa. Che avesse
visto qualcosa nel futuro?
< Sai, è davvero molto graziosa … solo, mi
chiedevo dove dormissi … >
La mia amica rimase interdetta per qualche istante
e poi, con fare disinvolto, mostrò il divano con un
movimento fluido e
tranquillo della mano.
< Non è un po’ troppo piccolo? Va bene che
tu
sei minuta, però … >
Ma perché adesso doveva mettersi a giocare al
poliziotto. Per la prima volta temetti che potesse insospettirsi. Sentii gelarsi il sangue
nelle vene.
<
Sai, io in realtà non dormo qui … > Fece
Alice in un tono di voce strano. Stava simulando imbarazzo?
< Dormo in camera di Jasper, con Jasper … >
Mio padre impallidì ma ebbe il buon senso di non
fare commenti. Probabilmente quella gli sembrò essere una
casa di perversi …
Povero Charlie, se solo avesse saputo …
< Ma su, Alice, tesoro! > Le fece tornando
al suo solito tono amichevole e affettuoso < Fammi vedere il
vestito della
mia bambina. >
< Bella, perché non lo indossi? > mi chiese
la vampira con un tono che si sarebbe adattato benissimo a una
pubblicità.
< Va bene. > Sospirai io. Avrei preferito
evitarmela ma volevo anche far felice Charlie, finché
potevo.
Alice mi aiutò ad indossarlo, da sola non ce
l’avrei mai fatta, mi acconciò i capelli alla
buona e poi mi porse le scarpe che
io mi infilai. Ci avevamo messo quasi mezzora! E non mi aveva neanche
truccata!!!
L’avevo detto io che c’erano troppi nastrini,
troppi lacci … troppo pizzo! E
poi il bustino! Era così complicato che, ne ero sicura,
quando fosse stato il
momento, Edward non sarebbe neanche riuscito a slacciarlo!
Cercai di pensare a qualcosa di più positivo, tipo
che lo avrei messo alla prova di lì a tre giorni.
Quella piccola sadica insistette perché mi
mettessi anche il velo. Non potevo credere che lo strascico fosse
così lungo!
Alla fine mi permise di uscire dalla cabina
armadio, che era più grande di camera mia e in cui
c’era uno spazio riservato
solo a me, e, con passi incerti, mi avvicinai a Charlie.
Facevo
un po’ di fatica a trascinarmi su quelle
scarpe nonostante il tacco non fosse affatto alto. Il vestito, che ora
mi
calzava a pennello grazie alle abili mani di Alice, era difficile da
portare ma
in un modo o nell’altro riuscii a non cadere.
Quando Charlie mi vide si alzò in piedi con le
lacrime agli occhi. Mi venne vicino ma non mi abbracciò,
forse per paura di
fare danni. Mi carezzò la guancia con le lacrime agli occhi
e, con voce
commossa, mi confessò: < Sei bellissima. >
Io sorrisi timida e vidi il mio riflesso nello
specchio per la prima volta.
Non era Bella Swan che mi osservava colpita
dall’altra parte del vetro.
No. Quella era una giovane donna dalle gote rosse
e gli occhi lucidi. Non era una bimba impacciata ma una ragazza con gli
occhi
velati da una dolorosa consapevolezza, nascosta dalla
felicità.
Sorrisi al mio riflesso e con una mano tremante lo
sfiorai. Non mi ero mai vista bella ma in quel momento mi sembrava di
esserlo
davvero. Certo, niente a che fare con Rosalie, ma comunque, in qualche
modo ero
bella anch’io, per lo meno per Edward.
< Sono così felice per te! >
< Grazie papà. >
feci io stingendogli le mani. Facendo una
mezza giravolta su me stessa, attentissima a non rovinare niente, gli
domandai:
< Allora? Che te ne pare del vestito? >
< Penso che sia stupendo, proprio come te. Sono
proprio orgoglioso. Quasi quasi sono contento di accompagnarmi
all’altare …
> Arrossii e poi guardai Alice.
< Posso toglierlo adesso? >
< Uffa! Vieni. > quell’esserino malefico
lanciò un’occhiata disperata a Charlie che
scoppiò a ridere e poi mi accompagnò
nella cabina-armadio.
Mi
sfilò il vestito con grazia ed agilità. In
pochi minuti mi ero trovata nuovamente in biancheria davanti al suo
sguardo
indagatore. Sentii le sue dita gelate scorrermi sul petto e fermarsi
poco sopra
il mio seno sinistro. Premette leggermente e io la fissai perplessa.
< Che c’è ? > chiesi preoccupata dal
suo
sguardo incuriosito.
< Niente, credo solo che ti divertirai davvero
… >
Non capendo, osservai il punto dove mi stava
toccando ed avvampai.
Un grosso segno rosso faceva bella mostra di sé.
Lo nascosi con la mano e mi resi conto di non essermi neanche accorta
che mi
avesse fatto un succhiotto.
< Guarda che non c’è niente di male
… Siete
così carini … >
I suoi occhi mandavano sbirluccichii.
Mi infilai i miei vestiti di fretta ed uscii da
quella camera delle torture.
Mio padre era seduto sul divano ad osservare un
catalogo di menù per i pranzi di nozze. Alice, non appena lo
vide, si buttò a
capofitto in una animata discussione sul numero di portate e la
dimensione
delle porzioni. Io sgattaiolai via senza farmi notare e sospirai quando
mi resi
conto di essere finalmente libera.
<
Bella! > Sobbalzai e per poco non caddi
dalle scale. Ma chi diavolo era il cretino che mi faceva gli scherzi
alle
spalle? Ma che domande!
Emmett …
Chi altri poteva essere?
< Allora? Com’è andato il pomeriggio di
passione e lussurioso? > Possibile che non riuscisse a non
prendermi in
giro?
< Grazie alla morale bislacca del tuo
fratellino, devo dire che è stato un bellissimo pomeriggio,
casto ma
bellissimo. > Scoppiò in una fragorosa risata e mi
appoggiò una mano sulla
spalla.
< Pronta per la cerimonia? >
< Non vedo l’ora. >
< Sono molto felice che tu divenga mia sorella.
La mia sorellina più piccola! >
< Anche io sono contenta che tu diventi mio
fratello maggiore. Ne ho sempre desiderato uno, e ti ho sempre
considerato
tale. > Mi sorrise gentile e poi, ridendo, mi informò:
< Sarà ,meglio che tu scenda da mio fratello.
Edward sa essere molto geloso. E anche parecchio stupido a volte,
oserei dire.
>
Dal piano di sotto si udì distintamente un bel:
< Guarda che ti sento! > a cui Emmet rispose sincero e
tranquillo con un
: < Lo so! > poderoso e spontaneo. Sorridendo, scesi
velocemente le due
rampe di scale e saltai dagli ultimi tre gradini tra le braccia di
Edward che
mi prese al volo.
Mi baciò i capelli e mi posò a terra. Io mi misi
in punta di piedi e sfiorai le sue labbra con la lingua. Il suo sapore
era
buonissimo.
< Bella, devi tornare a casa … > < Per
forza? > Chiesi io sconsolata. < Sì. >
Rispose lui stringendomi tra le
sue braccia. < Ci sarai? > < Certo. >
Sorrisi e chiusi gli occhi.
Charlie ed Alice ci raggiunsero. Non avevo mai
visto mio padre così di buon umore …
< Bella, chissà Reneè come sarà
contenta di
vederti con il vestito! Sei stupenda! > Sembrava tutto
compiaciuto, manco il
vestito lo avesse cucito lui.
Osservai Edward per vedere cosa ne pensasse, certa
che avesse spiato il vestito dai pensieri di mio papà, e
invece lo sorpresi a
giocherellare con i miei capelli. Sembrava assente. Quando si accorse
del mio
sguardo fisso su di lui, mi sorrise e mi sfiorò la guancia
con le labbra. Lo
sentii sussurrarmi:
< Voglio che sia una sorpresa … voglio vederti
davanti ai miei occhi, non nei pensieri di qualcun altro …
>
Lo baciai. Non potevo credere che non volesse
spiare i pensieri degli altri per non vedere il vestito. Certe volte,
si
comportava proprio all’antica!
Arrivò Charlie che mi fece scogliere
dall’abbraccio
di Edward. Quando ormai ero a un metro da lui, che era rimasto immobile
ad
osservarmi, alzai il braccio e tesi la mano verso di lui. Lui fece lo
stesso e
le nostre dita si sfiorarono. Edward strinse le sue intorno alle mie e
portò la
mia mano alla bocca per baciarla.
E lì mio padre mi stupì.
Guardò Edward e guardò me. Vide la mia
espressione
addolorata per la separazione, che lui non sapeva sarebbe stata in
realtà
alquanto breve, e ci disse:
< Edward, perché non vieni da noi questa sera.
Potresti
dormire sul divano. Non c’è molto posto a casa
nostra ma se ti va … >
Sia io che il mio fidanzato guardammo Charlie. Io ero
sconvolta, Edward piacevolmente compiaciuto. Senza mai lasciare la mia
mano, mi
si avvicinò e rispose educato: < Grazie Charlie. Mi
farebbe molto piacere …
Vado su a prendere il pigiama … > Mi baciò
di nuovo la mano e salì a
velocità umana le scale, senza tradire impazienza.
Io e Charlie salutammo il resto dei Cullen e poi
ci dirigemmo alla macchina della polizia.
Quando fummo nell’abitacolo, e io mi fui seduta
davanti, affianco a lui, gli chiesi:
< Papà, come mai, di punto in bianco inviti
Edward a dormire a casa nostra? >
< Voglio farti felice. E poi tanto, lui dormirà
sul divano-letto … >
< Beh, anch’io. >
Mi guardò leggermente contrariato. Sapevo che si
sforzava davvero di essere carino, sapevo che era contento per me, ma
sapevo
anche che non gli andava proprio giù il fatto che mi
sposassi appena
diciottenne. Emise un sospiro scocciato e poi mi ammonì:
< Puoi dormire anche tu di sotto, a patto che
non combiniate niente. So che ti stai per sposare e che non posso
pretendere
ma, per favore, non in casa mia, mentre ci sono io. >
< Non preoccuparti. > Feci io divertita.
< Come ti ho già detto, Edward è un tipo
all’antica.
Non abbiamo ancora fatto niente di quel genere, e
non credo faremo niente fino a … fino a venerdì.
Non abbiamo mai dormito
insieme … (il che, tecnicamente era anche vero ) >
Ero diventata rossissima
e la mia voce era incerta. Mi vergognavo tantissimo.
Charlie invece mi guardava come se gli stessi
rifilando la bugia del secolo. Si appoggiò allo schienale e
cominciò a guardar
fuori dal finestrino, dopo aver acceso la musica.
Mi domandai perché Edward ci stesse mettendo così
tanto, poi mi chiesi se avesse dei pigiami. In fondo per cosa li
avrebbe
comprati a fare? Erano passati più di venti minuti da quando
era salito in
camera sua.
Le mie domande vennero fugate nel momento in cui
sentii bussare al mio finestrino.
Edward mi osservava rapito mentre io, mezza
addormentata, lo fissavo ebete.
< Fallo entrare. > Mi disse Charlie
esasperato. Io mi ero persa a fissare tanta bellezza.
Gli feci cenno di salire e lui obbedì. Era assurdo
vederlo da dietro il vetro che ci separava. Mi ricordava il giorno del
diploma.
Ad essere sincera, mi metteva un po’ di ansia. Mi pareva
fosse così lontano,
irraggiungibile. Ci fissavamo dallo specchietto retrovisore e lui mi
lanciava
delle occhiate provocanti a cui io rispondevo facendo gli occhi dolci.
Il povero Charlie invece si sforzava in tutti i
modi di ignorarci.
Quando
finalmente arrivammo a casa, tirò un
sospiro di sollievo ed uscì. Io feci lo stesso e rabbrividii
nel momento in cui
sentii la fredda aria della sera avvolgermi.
Improvvisamente venni avvolta da qualcosa di
morbido e profumato.
Edward mi aveva messo addosso la sua giacca. Io me
la infilai e poi mi voltai per osservare il volto dell’uomo
che amavo.
Tenendoci per mano, entrammo in casa, preceduti da
Charlie.
Nel salotto le rose rosse erano state tutte
raggruppate da una parte e il divano era quindi agibile.
Tra le risate io ed Edward ( anche se, ad essere
sinceri fece tutto lui ) riuscimmo a farlo diventare un letto matrimoniale. Con un po’ di
sforzo
recuperammo delle lenzuola e delle coperte. Dopo il nostro fantastico
lavoro il
mio salotto sembrava un campo profughi ma a me andava benissimo
così e, a
giudicare dallo sguardo, anche a lui.
< Dormi in mutande? > Gli chiesi speranzosa
quando fui sicura che Charlie, che era andato in cucina, non sentisse.
< Se vuoi, ma non credo che tuo padre
gradirebbe … >
< E come fai con il pigiama? >
< Ho portato quello blu, ti piace? > E così
dicendo mi mostrò un pigiama che aveva tirato fuori da uno
zaino che non mi ero
neanche accorta avesse portato con se. Di solito in effetti ero troppo
occupata
ad osservare il suo viso per avere il tempo di vedere cosa tenesse in
mano.
Il pigiama era bello. Pantaloni blu scuro e
maglietta a mezze maniche dello stesso colore.
In
bianco, disegnato sul davanti della maglietta,
un leone e un agnellino seduti vicini. Sembravano i disegni di un
fumetto.
Li sfiorai con le dita della mano destra e poi
dissi:
< Te lo sei fatto fare apposta? >
< Certo. Ti piace? > Sorrisi e gli dissi:
< Sì, lo voglio anch’io! >
< Va bene, provvederemo. >
Detto questo, mi accompagnò in camera, dove afferrai il
primo pigiama pulito
che ebbi sotto tiro. Una semplice camicia da notte bianca, molto carina
e
piuttosto corta.
Andammo in bagno ma l’unica a lavarsi fui io.
< Come mai ci hai messo tanto a venire, prima?
>
< Ah, beh, è semplice. Dovevo tossire fuori le
carote! > mi rispose divertito. Annuii e poi mi lavai i denti.
< Pensciavo che non trovassci gnente che
scembrassce un pigima … Mi ero preoccupata …
> Aggiunsi dopo un po’ per
giustificarmi, con la bocca piena d’acqua.
< No,no. Ma di cosa ti preoccupi? Al massimo
avrei usato una tuta! >
Siccome era una risposta ragionevole, non ebbi
nulla da ribattere e finii di lavarmi i denti.
< Esci. > Gli intimai quando ormai ero a
posto. < Perché? > mi chiese lui sorpeso.
< Perché devo fare pipì!
> Risposi imbarazzata. Lui si mise a ridere e mi
scompigliò i capelli affettuosamente.
< Va bene, va bene, me ne vado. Mi cambio in
camera tua. > Così dicendo uscì, non senza
avermi dato un bacio sulle
labbra.
Io
feci in frettissima, una scheggia. Mi lavai le
mani e corsi in camera mia, nella speranza di non essermi persa tutta
la parte
più interessante. Spalancai la porta e mi resi conto che ero
stata un’ingenua. Lui
era già lì, con addosso il suo pigiama, ad
aspettarmi. Mi sorrise e mi chiese.
< Non ti metti la camicia da notte? > Mi resi conto solo
in quel momento
di aver ancora addosso il costume, sotto i vestiti. Mi sarei dovuta
togliere
anche quello!!! < Ti piacerebbe che lo facessi davanti a te
… > gli dissi
ironica e maliziosa mentre mi avvicinavo al mio armadio. Aprii il
cassetto
della biancheria e presi solo le mutande, ben attenta che Edward se ne
accorgesse. Mi fece uno dei suoi sorrisi sghembi ed uscii dalla stanza.
Mi tolsi i vestiti e il costume in fretta e poi mi
infilai la roba pulita.
Aprii
impaziente la porta e scesi le scale fino ad
arrivare in soggiorno. Sul mio divano letto il mio miracolo personale
mi stava
aspettando. Presi la rincorsa e saltai sul letto ridendo come una
bambina.
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Capitolo 15 *** Madri, figlie e sorelle ... ***
Per prima cosa, ringrazio tutte per
la costanza con cui mi seguite.
Dato che questo capitolo sarà un po’ cortino
(sorry) posso
ringraziarvi per bene!
Chiedo
scusa in anteprima per le gran cavolate che scriverò nei
ringraziamenti. Ho però
appena finito di vedere Lo Svarione degli anelli per tirarmi su di
morale! -anche
se nel capitolo non sembra- Non so se vi rendete conto!
Gocciolina,
BellaSwan95,
momob
bello
il pigiama vero? Però più
che in pigiama, io Edward vorrei vederlo al naturale!
alice
brendon cullen sono felice che ti sia piaciuta la
scena del pigiama! Appena faccio MSN
ti do il mio indirizzo !!! ( credo Mercoledì … )
HopeToSave grazie per il commento e anche
per il resto. Intendi bene …
hachicat
sei
sagace come
al solito … ma non potrei mai chiamarti questo pomeriggio
!!! troppa paura di darti
fastidio. Poi chiedo alla Laury se dobbiamo andare a fare compere!!!
Lilian
Potter, cara
mia perfida amica, anche senza boxer! Tu che ne dici?
crusade
grazie
per i
bellissimi complimenti !!! e per avermi lasciato il tuo bellissimo
commento !!!
Pocia
vedrò
se
riuscirò a mantenere il ritmo.
bells87
sapessi
come ti
capisco !!! sto facendo una fatica per conciliare scuola e passioni !!!
sophie_95
anche
senza, tu
che ne dici?
KiraraMiranda
non
preoccuparti! Leggi quando hai tempo e prepara il portafoglio
…
Saphira87
grazie,
per i
complimenti e per l’altra cosa … thanks
Hele91
sono
contenta
che non sia troppo
smielato e che ti sia piaciuto!!!
yuyutiamo
non
farti certi
problemi! A me interessa che la storia vi piaccia! Certo, se lasciate
un bel
commento mi fate felice! Continua a seguirmi!!!
Infine grazie
a scheggia94!!! Sei stata la cinquantesima ad
inserire la mia storia
tra i preferiti!!!
E alla 51esima persona che però non sono riuscita a capire
chi sia ( avevo già ciccato sul tuo nome e non riesco a
distinguerlo da quello
delle altre! Scusa!!!)
Questo è un capitolo di
transizione, spero possa piacervi lo stesso. domani posterò
il seguito se faccio in tempo!!! Il prossimo cap però
è molto importante, quindi preferisco metterci un po'
più tmepo magari ma farlo proprio bene!
Finalmente ho delineato il finale!!! Ho in mente una cosa molto bella
ma molto Erika's style. tenetevi pronte! Commentate numerose!!!
Ciao e grazie
Cassandra
Forse
ci misi troppa foga nel salto …
Sentii
un cigolio sinistro ed Edward, scuotendo la testa fingendo sconforto,
mi disse:
<
Se rompi il divano, mi toccherà ricomprarlo a Charlie!
>
<
Sarebbe un problema? > Domandai curiosa della risposta
…
<
No, non credo. > mi abbracciò stretto e accese la
televisione. Aveva
inserito un DVD nel lettore ed era appena partito il film. Charlie
venne a
salutarci e a darci la buona notte. Mi guardò male mentre io
mi stringevo al
corpo di Edward
L’inizio
era abbastanza promettente, ma sinceramente, mi addormentai dopo
neanche dieci
minuti. L’ultima cosa che ricordo erano i titoli di testa! Ah
già, è vero. Come
potevo dimenticarmi delle labbra gelide di Edward sulle mie guance? Del
suo
respiro sulla mia pelle?
<
Bella, è tardissimo… Dormi … >
La sua voce giungeva a me da lontano. E da
lontano mi accompagnava nel mondo dei sogni.
Quando
l’indomani aprii gli occhi,mi resi conto di essere aggrappata
ad Edward. Il suo
corpo era tiepido. Nell’aria aleggiava ancora il profumo dei
suoi fiori.
Le
sue braccia mi cingevano lievi e delicate, come le sue dita sulla mia
schiena.
Stava
guardando fuori dalla finestra. Lo sguardo perso nel vuoto.
Non
si era accorto che avessi aperto gli occhi e che lo stessi fissando
rapita.
Con
un movimento repentino, mi allungai e gli diedi un bacetto sulla
guancia.
Si
voltò lentamente e, sorridendomi, mi domandò:
<
Dormito bene? >
<
Benissimo. Sei caldo … > Sussurrai facendo scorrere
le mie dita sulla pelle
diafana del suo viso.
Mi
baciò la fronte e mi sussurrò: < Colpa tua
… sono rimasto sotto le coperte
con te e il tuo calore ha fatto il resto. Spero tu non abbia avuto
freddo. Ti
ho messo addosso un’altra coperta … >
Mi
accarezzava le gambe nude, infilò le mani sotto la camicia
da notte per accarezzarmi la pancia, la schiena, il seno. ebbi un
fremito quando le sue mani scesero ben più in basso.
< Ti amo. > mi sussurrò tra un bacio e
l'altro. Le sue labbra, dure ma allo stesso tempo delicate,
percorrevano ogni centimetro libero della mia pelle.
Sorrisi
e poi vidi che il DVD segnava le 9.
Balzai
a sedere e guardai Edward.
<
Alzati!!! È tardissimo!!! > gli intimai.
<
Dai, stai calma … >
<
Perché non mi hai svegliata!!! >
<
Dormivi così bene. >
<
Ma cosa vuol dire!!! Dobbiamo andare a prendere Reneè!
>
<
Ci è già andato Charlie. Ci ha visto dormire
così bene che non ha voluto svegliarci. >
Lo
guardai male e poi scesi dal letto. Mi fiondai in camera mia e scelsi
dei
vestiti che potessero sembrare adatti ad una giornata quasi speciale.
Optai per
un paio di jeans e una camicetta bianca ed attillata. Tra il lavarmi e
il
vestirmi, persi circa mezzora.
Quando
tornai in salotto, trovai la stanza perfettamente in ordine. Edward,
vestito,
pulito ed ordinatamente spettinato, mi aspettava seduto tranquillo sul
divano.
Teneva tra le mani uno dei mazzi di fiori che mi aveva mandato.
Mi
sedetti accanto a lui e annusai le rose.
Erano
ancora fresche perché mio padre si era premurato di metterle
dentro dei vasi. (
siccome non avevamo 50 vasi, moltissime erano finite nella vasca piena
d’acqua
del bagnetto del primo piano. )
Edward
mi sussurrò:
<
Rose rosse per la passione e il desiderio. Fiori d’arancio
per la verginità.
Fiori di pesco per l’amore immortale … >
Alzai
gli occhi dalle rose per incontrare i suoi. Lui mi sorrideva divertito
e
innamorato.
<
Come sei romantico … >
Non
mi rispose e si limitò ad alzare le spalle. Mi
sistemò i capelli e poi si alzò.
<
Ci conviene muoverci. Charlie ti ha lasciato un biglietto in cucina,
vicino
alla tua colazione. >
Quando
entrai in cucina non potei non notare un grosso foglio di carta scritto
di
fretta:
“
Bells, vado a prendere Reneè e Phil all’aeroporto.
Ci vediamo a casa di
Carlisle. Fate con comodo ma evitate di fare cavolate.
Papà.”
Lo
piegai ridendo e lo posai sotto il vaso della frutta.
Mangiai
velocemente la barretta di cereali che mio papà mi aveva
lasciato sul tavolo. Fece
la stessa fine la mela verde e il succo d’arancia.
Quando
ebbi finito andai da Edward che mi stava aspettando.
<
Mi porti in spalla? > Domandai quando mi resi conto che eravamo
venuti con l’auto
della polizia e che quindi eravamo appiedati. Di certo non avrebbe
guidato il
mio Pick up …
<
E poi come lo spieghiamo a tuo padre? >
In
quel preciso istante, il rombo potente di un motore invase
l’aria spezzando il
silenzio.
Non
dovetti neanche sbirciare dietro le tendine per sapere di chi fosse
quell’auto.
Mi
bastò il sorriso ironico e beffardo di Edward per capire che
oltre la porta mi
attendeva Alice.
Aprii
la porta d’ingresso e le mie supposizioni trovarono conferma.
<
Bella, andiamo. Tua madre sta per arrivare. Sbrigati! >
<
Eccomi, eccomi. > scossi la testa sconsolata e mi infilai nella
Porche
gialla che faceva bella mostra di sé nel mio vialetto. Il
mio povero Pick up mi
guardava sconsolato e un po’ arrugginito.
Mi
mancava il suo ruggito da vecchio fumatore incallito…
<
Alice, cosa abbiamo in programma per oggi? > domandai
dopo essermi accomodata sul sedile
posteriore, sulle gambe di Edward.
<
Di tutto e di più. > mi rispose lei divertita e poi
continuò:
< Sfilatina
davanti a Reneè ed Esme, prova
con Emmett del discorso e altre cosine del genere. >
Sembrava
stesse facendo l’elenco della spesa, non che stesse
preparando un matrimonio.
Io
ed Edward durante il tragitto, che impiegò davvero
pochissimo tempo, rimanemmo
abbracciati ad accarezzarci, le nostre mani intrecciate.
Arrivati
a casa Cullen, smontammo e potei notare quanto tutto fosse perfetto.
Angosciante
ma perfetto. La prima cosa di cui però mi accorsi fu una
chioma folta e viola
venirci incontro.
<
Isabella! Che piacere rivederti! Allora, come stai? Emozionata? >
<
Ciao Laura … > sospirai sconsolata. Lo sapevo che mi
sarebbe toccata la
solita tortura e, in un certo senso, quasi non vedevo l’ora
che fosse tutto
finito … che io diventassi una Cullen …
Baciai
Edward sulle labbra e feci per entrare ma lui, come sempre, mi
trattenne per
regalarmi un altro bacio, lungo e dolce. Le
sue labbra scesero sul mio collo e si
posarono sulla scapola.
Mi
carezzò il viso e poi mi lasciò andare.
Mentre
salivo le scale, in uno stato di beatitudine simile a quello di una
persona che
ha appena assunto sostanze stupefacenti, Alice mi disse:
<
Bella, pensa alle scale invece che ad Edward … > e mi
afferrò prima che mi
spiaccicassi sulle scale e che il
mio sangue
andasse a sporcare il tappeto. Edward non credo che avrebbe gradito.
Le
due ore successive furono un continuo < Sposta a destra la
faccia, così … sì,
perfetto. > oppure < Uh, guarda che amore questa
pettinatura! Stai così
bene con i riccioli! > ma anche < Devi cercare di non
cadere, e quei
tacchi non sono alti! > , i < Mettici più enfasi quando ripeti le parole. Ti stai
sposando!!! > non si sprecavano.
Non so quante volte
quelle due pazze mi
dissero: < Bella, non lamentarti sempre! >
Non
era vero che mi lamentassi sempre. È solo che mi trattavano
come fossi una
Barbie. Purtroppo però, a me i capelli si staccavano se li
si tirava con forza
per cercare di farli stare in una forma innaturale!
In parole povere, un
vero tormento.
Emmett,
che mi osservava dal divano di Alice, sorrideva e talvolta soffocava
una
risata.
Io
mi sforzavo di rimanere seria ma certe volte scoppiavo a ridere mentre
cercavo
di ripetere.
L’isteria
talvolta trapelava dalla mia voce.
Dopo
un paio d’ore la signorina ci lasciò dicendo che
era ora di pranzo e che doveva
andare. Ci salutò e ci disse che sarebbe tornata
l’indomani.
Sospirai
di sollievo quando la vidi sparire dietro la porta.
Per
circa un’altra mezzora rimasi in balia di Alice e delle sue
idee strampalate.
Ormai
ero esausta e mi lasciai cadere sul tappeto. Quella sadica mi aveva
costretta a
fare le prove della camminata!!!
Ero
assurda. Vestita come ero uscita di casa, con i capelli acconciati
elegantemente e con delle scarpe bianche con il tacco ai piedi.
Poi
sentii la porta d’ingresso aprirsi e la voce dolce e
melodiosa di Esme salutare
mio padre e poi dire:
<
Reneè, cara. Charlie, Phil. Benvenuti a casa nostra.
È un piacere avervi qui!
>
Non
mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata mia madre. Di quanto tempo
fosse
passato dall’ultima volta che l’avevo vista,
insieme ad Edward, quando ero
andata a trovarla a Jacksonville.
Sentii
un moto di nostalgia invadermi. Mi liberai in fretta delle scarpe e
spalancai
la porta della camera di Alice. Scesi le scale praticamente correndo e
mi
fiondai tra le braccia della giovane e bella donna che mi osservava con
gli
occhi tristi.
Feci
in tempo a notare Edward che mi ammirava. Avrei potuto giurarlo,
sembrava
triste. Appena si accorse che lo stavo guardando, mi sorrise, si
toccò i
capelli e poi fece finta di coprirsi gli occhi. Mi resi conto di avere
i
capelli acconciati!
Poi
però fui avvolta dall’abbraccio di
Reneè.
<
Bella, tesoro. Quanto mi sei mancata! >
<
Anche tu mamma, anche tu. >
Mi
baciò le guance e poi vi passò sopra le mani.
<
Non piangere tesoro. >
<
Come? > feci io sorpresa. Poi mi toccai le gote e mi resi conto
che erano
rigate di lacrime.
Piangevo,
e piangevo eccome!
Mi
strinsi a mia madre e cominciai a singhiozzare. Lei mi accarezzava la
testa
stringendomi tra le sue braccia. Proprio come faceva quando, da
bambina, mi
facevo male.
Rimanemmo
in quella posizione per alcuni minuti poi Emmett prese le loro valige e
le
portò in una stanza del primo piano. Mia madre e Phil
avrebbero alloggiato in
un albergo non molto distante da casa di Charlie ma avrebbero trascorso
il
pomeriggio con noi, a casa Cullen. Charlie ci salutò e se ne
andò perché,
diceva lui, aveva una cosa importante da fare. Io ed Esme prima
accompagnammo
in bagno Reneè e suo marito per rinfrescarsi e poi facemmo
vedere loro il
giardino dove si sarebbe svolta la cerimonia. Dopo alcuni minuti ci
raggiunse
anche Rosalie che, abbracciata ad Emmett, attirava gli sguardi stupiti
di Phil
e Reneè. Era stupenda nel suo vestito semplice e leggero.
Oserei dire anche abbastanza
corto.
Mia
madre era a dir poco entusiasta. In fondo lei ed Alice andavano molto
d’accordo.
<
Bella! È tutto meraviglioso! Ancora meglio del Messico!
È tutto così magico! >
Phil,
che la osservava cingendole il bacino con un braccio, le
baciò la guancia e poi
le propose:
<
Invece che a Disney-World, potremmo organizzare un
secondo matrimonio in un agriturismo. >
Mia
madre si voltò e lo baciò appassionatamente.
Quando
le ebbi mostrato tutti i preparativi per la cerimonia la portai in
cucina e le
offrii dell’acqua. Non mi ero accorta che Esme fosse rimasta
in giardino con
Emmett e Rosalie. Era stata con noi fino a cinque minuti prima
…
<
Bella, sei davvero fortunata. Ti vogliono tutti così bene!
Anche Esme e i
fratelli di Edward … La loro è proprio una
bellissima famiglia. >
<
Sì, hai proprio ragione. Sono tutti fantastici! >
<
Tesoro, sono davvero felice che tu sia contenta però
promettimi: Non scordarti
che la tua vita è tua. Non rinunciarci per amore. >
Non sapeva quanto le sue
parole su di me avessero lo stesso effetto di lame affilate attraverso
il mio
cuore.
Phil
rimaneva zitto ed annuiva alle parole di Reneè.
<
Piccola mia, non scordarti che io per te ci sarò sempre. Se
avrai un problema,
qualsiasi tipo di problema, non esitare a venire da me. E mi
raccomando, dacci
dentro con l’università! E non avere fretta.
Aspetta un po’ prima di avere dei
bambini! Nel caso però, voglio che tu mi avvisi subito.
Voglio saperlo per
prima! >
Era
doloroso doverle dire di sì e sapere che in
realtà non l’avrei mai chiamata per
dirle che ero incinta. Che non sarei potuta andare da lei per farle
vedere dei
nipoti che non avrebbe mai avuto. Per lo meno però, lei
aveva Phil. Con lui
avrebbe potuto ricostruirsi una famiglia, avere altri figli. Charlie
invece non
aveva nessuno tranne me e presto, sebbene non volessi, mi avrebbe
persa. Cercai
di scacciare quei pensieri e chiesi a Reneè:
<
Mamma, ti va di vedere l’abito? È bellissimo!
>
<
Non avevo il coraggio di chiedertelo e mi chiedevo quando me lo avresti
proposto! >
Rideva
e, dal suo modo di fare, sembrava essere una ragazzina. Era rimasta la
mia
migliore amica.
La
presi per mano e la portai in camera di Alice. Non mi ero accorta che
Carlisle,
Esme e persino Edward ci avevano preceduto. Erano tutti nella stanza
…
Quando
entrai, la prima cosa che notai, fu lo sguardo infuriato di Edward.
Poi
vidi Alice.
Si
teneva le mani tra i capelli, seduta a terra. Le sue gambe erano
piegate in una
posizione innaturale, le ginocchia unite. Pareva fosse crollata
all’improvviso.
Jasper le teneva una mano sulla spalla. Lei tremava e teneva gli occhi
chiusi.
Mia
madre chiese preoccupata:
<
Alice, tesoro! Stai male? >
Emmett
le pose una mano sulla spalla e ci disse:
<
Andiamo, lasciamola un attimo con Carlisle. > e ci
guidò fuori dalla stanza.
Io guardai Edward in preda all’angoscia. Lui però
non si volse nella mia
direzione. Guardai quindi Alice. Lei aprì gli occhi nascosti
in parte dalle
mani e i nostri sguardi si incontrarono per un istante, prima che
Emmett mi
trascinasse via.
Non
potrò mai dimenticare quello sguardo.
Terrore
puro sul volto perfetto di Alice.
Mi
sentii male e le gambe mi cedettero. Cosa avrebbe mai potuto spaventare
Alice a
quel modo?
Cosa
avrebbe potuto terrorizzare tutta la famiglia Cullen?
La
consapevolezza del conoscere la risposta mi fece piombare
nell’oscurità.
Ebbi
paura, tanta paura …
|
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Capitolo 16 *** Ultimi giorni ***
Grazie per i bellissimi commenti che
mi avete lasciato!!!
E ora … attimo di suspense
… Volturi o Codardia di Bella di
fronte all’altare? Chissà chi ha indovinato?
Per scoprirlo, dovrete leggere il capitolo che, come al
solito (SIGH) ho scritto ieri notte …
Ho preferito rimandare al capitolo 17 la parte più bella, se
no avrei dovuto renderla troppo breve e non mi andava di liquidare quel
pezzo
con due parole e via!
Spero che però questo cap possa piacervi lo stesso. Tenetevi pronte per il
gran finale! Anche se,
visto che mi piace troppo questa mia prima Long-Fiction, credo che
potrei
andare avanti ancora qualche capitolo, tanto per rendere la storia
più completa
e non affrettarla troppo!
E ora, i ringraziamenti:Tenete però conto che sto ancora
smaltendo i postumi dello Svarione!!!Sorry
Princesseelisil,
lo
scoprirai tra
poco … spero di non deluderti.
HopeToSave
non
sono stata
meschina … Dato che non credo nell’ottimismo,
penso che la Suspense sia il sale
della vita!!! Grazie XD
BellaSwan95
se vado
avanti
come mi piacerebbe, credo che avrai bisogno di un doppio bypass
…
Meletta
sono
contenta
che ti piaccia!
momob
sei
troppo
buona.
alice
brendon cullen povero san Crispino! Anche io voglio
i fiori, anche io voglio Edward!!!
XD
Lilian
Potter dimmi
la verità, tu aspetti per poter essere la settima? Ho
aggiornato così potrai
scoprire la verità!
yuyutiamo
Devi
assolutamente vedere i due porri, La compagnia del verginello era
bellissimo ma
GOLLUM CHE NON RIESCE AD ANDARE IN BAGNO!!! Devi vederlo!!!
Gocciolina
centro
secco! Però si capiva … Ho
rimandato al prossimo cap per poter fare una cosa bella lunga!!!
novilunio
Grazie!!!
15 capitoli
in un colpo solo, povera te! Spero non sia stata una lettura troppo
pesante!
chichetta99
Lo
scoprirai
presto …
Saphira87
fai un
bel respiro
e pensa che ci sia Edward a calmarti ( così è la
volta buona che ti viene un
infarto. A me verrebbe di sicuro! XD )
PenPen
non
preoccuparti! Leggi quando
puoi, e se puoi recensisci! Thanks
hachicat
la mia
indole
non perdona! Preparati!
giulia9_91,
algin91 non preoccupatevi, il mistero
verrà svelato! XD
Grazie
per tutti i vostri bellissimi commenti!!! Spero continuerete a
lasciarmene!
Grazie
anche per aver inserito la storia tra i preferiti a: chichetta99, crepuscolo, Jayne
Spero
di riuscire a postare
presto!!! Cassandra
Sentii
la voce spaventata di Reneè che mi chiamava da molto lontano.
Alla
sua voce terrorizzata si unì quella di Emmett, forte e
potente.
Poi
udii quella di Edward, agitata e sconvolta. Il pavimento sotto le mie
guance
era duro e freddo.
Freddo
almeno quanto le braccia di Edward che mi presero in braccio e mi
portarono in
camera nostra.
Di
quello che accade nei minuti successivi non serbo alcun ricordo.
Quando
ripresi coscienza di me stessa, ero adagiata sul letto. Mi avevano
messo
addosso una coperta. Le dita di Edward, bagnate, scorrevano gelate
sulla mia
fronte.
Aprì
gli occhi gridando. Quando vidi Edward al mio fianco, mi aggrappai alle
sue
spalle e cominciai a piangere. I singhiozzi mi impedivano di respirare.
Lui
mi accarezzava la schiena per tranquillizzarmi e io, terrorizzata, lo
strinsi
di più a me, come se avessi paura che me lo portassero via
da un momento
all’altro.
Carlisle
cercava di separarci, ma io non ci pensavo neanche a lasciare il mio
fidanzato.
<
Calmati Bella, calmati. Non è successo niente. Va tutto
bene.>
<
Edward … > Singhiozzai stringendomi di più
a lui.
<
Bella, lascia, stai sdraiata. > Carlisle era chino su di me.
Lasciai che mi
sciogliesse dall’abbraccio e che mi sentisse il polso. Mi
porse delle
pastiglie. Non chiesi neanche cosa fossero. Aprii la bocca e lasciai
che le
appoggiasse sulla mia lingua. Edward mi tese un bicchiere
d’acqua che io bevvi
tutto d’un sorso.
<
Va meglio? > Mi chiese lui, preoccupato.
Io
lo guardai terrorizzata.
Mi
accarezzava la guancia con affetto.
Io
poggiai la mia sulla sua e chiusi gli occhi.
Carlisle
mi riaccompagnò gentile sul cuscino.
<
Edward. >dissi cercando di mantenere un tono di voce tranquillo
ma fallendo
in pieno.
<
Sì, bella? > mi chiese titubante.
<
Edward, che cosa ha visto Alice? >
Rimase
in silenzio per alcuni secondi che a me parvero interminabili, poi,
finalmente,
mi disse:
<
Non ti devi preoccupare, ha visto che andrà tutto bene.
>
<
Cosa? > chiesi io portandomi le mani sugli occhi.
<
Arriverà un piccolo contingente, tre, massimo quattro
guardie. Hanno deciso
proprio in quel momento. Hanno aspettato fino all’ultimo.
>
<
Per noi? > riuscii a domandare io con un filo di voce.
Con
le sue mani fredde sciolse i pugni che avevo stretto e posto sugli
occhi.
Intrecciò le sue dita con le mie e mi sussurrò:
< Vogliono solo venire a
controllare che io presti fede alla promessa. Niente di più.
Devi stare
tranquilla. Ti proteggerò io > e proprio di quello
avevo paura io. Temevo
che, per proteggermi li facesse irritare … che loro
potessero fargli del male.
Aprii
gli occhi per scrutare nei suoi, alla ricerca di qualcosa che potesse
suggerirmi che quello che mi diceva fosse falso. I suoi bellissimi
occhi mi
fissavano, immortali. Tesi le braccia verso di lui che si
abbassò fino a
baciarmi la fronte. Io rimasi ferma, stringendolo a me.
<
Dov’è Reneè? > Chiesi quando il
suo respiro mi ebbe calmato un po’.
<
In cucina. Esme ha preparato a lei e a Phil il pranzo. È
scesa poco fa. >
rispose lui cortese.
Annuii
e poi posai la mia faccia nell’incavo del collo di Edward.
Lui mi cullò per
qualche minuto, sussurrandomi parole gentili e rassicuranti.
Quando
mi sentii meglio, mi sedetti e mi levai la coperta. Edward mi porse la
mano per
aiutarmi ad alzarmi. Ero in pigiama. < Va meglio adesso?
>
Annuii
e mi appoggiai a lui che mi sorresse.
Riuscii
a chiedere: < Quando? >
<
Venerdì. >
Chiusi
gli occhi. Non riuscivo neanche a pensare. La bocca era asciutta e non
riuscivo
a deglutire.
Carlisle
mi carezzò il capo ed uscì. Lasciò me
ed Edward soli.
Ci
stringemmo in un abbraccio dolce e io scoppiai di nuovo in lacrime.
Le immagini veloci dei miei due incontri con
quelle creature millenarie e misteriose scorrevano come fiumi impetuosi
dalla
mia memoria. Mi sentivo male. Avevo un blocco allo stomaco e mi girava
la
testa.
Edward
lasciò che mi sfogassi e poi si chinò, per far in
modo che i suoi occhi fossero
all’altezza dei miei. Mi fissava rassicurante.
<
Pronta per scendere a rassicurare Reneè? >
<
No! > e scoppiai a piangere di nuovo. Mi prese tra le braccia e
si sedette
sul letto. Mi cullò finché non smisi di
singhiozzare.
<
Ok, andiamo … > Dissi quando il mio cuore
ricominciò a battere a una
velocità normale.
<
Va bene. Ti accompagno in bagno. > E così fece. Mi
lavai il volto con acqua
gelata per cercare di riacquistare lucidità.
<
Te la senti di mangiare qualcosa? >
Scossi
la testa asciugandomi il volto. Non ribadì niente.
Scendemmo
le scale ed entrammo in cucina.
<
Ciao mamma. > Dissi io cercando di cancellare la disperazione
dalla mia
voce.
<
Bella, tesoro! Come ti senti? Stai meglio? >
<
Sì, adesso sto bene. >
Carlisle si introdusse
nel discorso nonostante fosse appena entrato nella stanza:
<
Bella ha avuto solo un piccolo mancamento. >
<
E Alice come si sente? > Chiese mia madre, visibilmente
preoccupata. Si era
vista svenire figlia e relativa damigella a tre giorni dal matrimonio,
in
contemporanea e dal vivo, dopo un giorno intero di viaggio. Pareva
parecchio
stressata.
<
Alice sta bene. È solo un pochino stressata. Un pomeriggio
di riposo e starà
benissimo! >
Sembrava
averla convinta. Notai che nella stanza mancavano, oltre ad Alice,
anche
Jasper, Emmett e Rosalie.
Mi
sedetti affianco ad Edward ed Esme mi porse una camomilla. Il mio amore
mi
cinse il bacino con un braccio. Cercai di mantenere la calma per non
agitare
mia madre.
Quando
ebbi finito dissi: < Vado a vedere come sta Alice. > mi
alzai e, senza
guardare mia madre in faccia, uscii dalla cucina. Salii le scale e,
arrivata
davanti alla stanza di Alice, rimasi ferma qualche istante. Non sapevo
neanch’io se volessi entrare e scoprire la verità
o fuggire a gambe levate.
Optai
per l’entrare. Bussai e la voce affabile di Jasper mi disse:
< Entra, Bella.
Prego. >
Abbassai
la maniglia ed aprii la porta.
Alice,
tra le braccia di Jasper, se ne stava seduta sul divano. Lo sguardo era
vacuo,
perso nel vuoto oltre la vetrata. Emmett e Rosalie restavano in
silenzio, in
piedi l’uno affianco all’altra e osservavano Alice,
che in quel momento mi
parve davvero piccola ed indifesa.
Edward,
che era entrato senza che me ne accorgessi, mi abbracciò
teneramente da dietro.
Io urlai spaventata ma una sua mano, velocissima, si spostò
sulla mia bocca e
mi impedì di continuare, o forse fu la sua voce vellutata e
melodiosa che mi
fece smettere di urlare.
<
Tranquilla amore, sono io. Va tutto bene. >
Mi
abbandonai stanca alle sue braccia e chiusi gli occhi.
Carlisle
sopraggiunse e mi disse:
<
Bella, Tua madre sta per andare in albergo. L’ho convinta che
per oggi restiate
tranquille, tu e Alice. Emmett, vai ad aiutarli con i bagagli. >
Suo
figlio annuì ed uscii dalla camera.
<
Bella, non devi preoccuparti di nulla. Alice ha già visto.
Andrà tutto bene.
Non ci saranno inconvenienti. Vedrai che risolveremo tutto nel migliore
dei
modi. >
Sembrava
convincente ma temevo mi stesse ingannando. Lo temevo perché
non mi erano
sfuggite le occhiate che lanciava ad Edward o lo strano senso di calma
e
torpore che mi aveva invaso dopo un cenno di Edward a Jasper.
Terrorizzata sì,
ma scema no.
<
Cosa hai visto di preciso Alice? > Chiesi con il tono
più pacato che potessi
permettermi.
<
Bella, ne parliamo dopo. Ora andiamo a salutare Reneè e
Phil. >
Contrariata,
mi lasciai trascinare fuori dalla stanza e giù per le scale.
Sapevo che,
durante la mia assenza, avrebbero costruito una bella storiella da
propinarmi,
e questo non mi andava per niente.
All’ingresso,
trovai Esme che salutava amabile e tranquilla mia madre e Phil. Accanto
a lei,
Carlisle sorrideva gentile.
<
Bella, tesoro. Sicura di sentirti bene? Sei così pallida! Se
vuoi posso
restare, vero Phil? Sempre che a Esme e Carlisle vada bene? >
<
No, mamma. Sto bene. Sono solo un po’ stanca. Non
è niente. >
Ci
abbracciammo e poi ci salutammo. Li osservai salire sul taxi e sparire
dietro
la curva del vialetto. In quel momento il mio stomaco si
ribaltò su sé stesso
facendo il triplo salto carpiato all’indietro e costringendo
la camomilla a
fare la strada a ritroso fino alla mia bocca.
In
due secondi fui per terra. Mi tenevo lo stomaco mentre tossivo. Esme mi
teneva
i capelli dietro la testa. Quando ormai i miei conati non poterono
più
espellere niente, mi rialzai in piedi barcollando e mi appoggiai al
muro.
<
Esme, adesso pulisco … >
<
Ma ti pare tesoro? Devi riposarti … >
Edward mi prese in
braccio e mi portò al terzo
piano. Mi fece sedere sul letto, su cui mi abbandonai, e poi
entrò nel bagno
attiguo alla nostra camera. Sentii il rumore dell’acqua che
scorre …
Il
mio cervello finalmente aveva ricominciato a funzionare.
Ora
riuscivo perfettamente a realizzare che un contingente formato da tre
vampiri,
spietati e crudeli,
sarebbe
venuto a Forks per assicurarsi che anche io divenissi una di loro.
Fredda,
dura, immortale. O che se no morissi. Per loro era totalmente
indifferente?
Non
credo. Aro era curioso di conoscere in cosa si sarebbero trasformate le
mie
attualmente solo potenzialità. Poteva la
curiosità di uno dei tre Volturi far
sì che rimanessi viva per il tempo che ancora mi serviva?
Non lo sapevo e ciò
mi faceva girare la testa. Sarebbero stati lì, loro che si
cibavano di sangue
umano, in mezzo ai miei amici, alla mia famiglia. Ero stata tanto
stupida da
esporre tutti loro ad un pericolo tale? Come avevo potuto?
Senza
rendermene conto mi portai le ginocchia al petto e mi feci piccola
piccola.
Proprio come quando Edward se ne era andato ed io ero rimasta, a sua
insaputa, in balia di Victoria.
Proprio come quando mi sentivo tanto fragile da essere convinta che
sarei
andata in pezzi da lì a pochi istanti.
Chiusi
gli occhi e tentai di pensare che sarebbe andato tutto bene.
Le
mani di Edward, calde e umide, mi cinsero in un abbracciò e
mi portarono in
bagno.
Mi
fece sedere sul cesto della biancheria sporca e mi sfilò la
maglietta e i
pantaloni. Le sue mani, veloci e discrete, mi lasciarono nuda davanti a
lui.
<
Hai bisogno di un bel bagno caldo. > Mi disse ad un certo punto.
Io non
risposi. Non dissi o feci niente, lasciavo che facesse tutto lui. Mi
immerse
con delicatezza nella vasca piena d’acqua e di schiuma.
Rimasi a mollo per un
bel po’. Gli occhi chiusi e la testa reclinata
all’indietro.
La
mia mano, che sporgeva oltre il bordo della vasca, era avvinghiata a
quella di
Edward.
Alla
fine dissi, per tranquillizzare Edward: < Amore, però
così non vale … tu mi
hai vista nuda per ben due volte mentre io non ti ho mai visto
… nudo … >
Una
mezza risata invase l’aria e le sue labbra prima sfiorarono
la mia mano e poi
si spostarono sulla mia fronte.
<
Non preoccuparti. Quel momento arriverà presto. >
Sapevamo
entrambi che stavamo fingendo. Che la gioia nelle nostre parole era
falsa.
Quando
oramai l’acqua era diventata fredda, uscii dalla vasca.
Edward, tenendo gli
occhi chiusi, mi avvolse in un enorme asciugamano ed uscii. Mi asciugai
mentre
lui andò a prendermi un cambio pulito. Mi rivestii un fretta
mentre il mio
fidanzato, che continuava a tenere gli occhi chiusi, era voltato
dall’altra
parte. Mi lavai i denti e, quando fui pronta, presi Edward per mano ed
uscii
nel corridoio. Carlisle ci aspettava appoggiato al corrimano delle
scale.
<
Bella, come ti senti adesso? Un po’ meglio? >
Annuii
e poi lo seguii giù per le scale. Ci condusse al salotto del
secondo piano.
Quando
entrai potei notare i volti di tutti i componenti della famiglia Cullen
fissare
il mio. Io ed Edward prendemmo posto su un piccolo divano a due posti,
vicino
alla poltrona su cui sedeva Esme, di fronte al divano su cui avevano
preso
posto Alice e
Jasper.
Carlisle,
che era seduto alla nostra destra, fu il primo a parlare:
<
Bella, io voglio che tu sappia che ne tu, ne nessun altro qui a Forks
corre
alcun rischio. Basterà prendere piccole precauzioni. Capisco
perfettamente che
tu sia agitata o che tu abbia paura ma sappi che non ve ne è
alcun motivo. Ho
già contattato i Quileute. Per precauzione, i Black
sarà meglio che non
prendano parte alla cerimonia. Sam ha già detto che il
branco rimarrà entro i
confini di La push, solo
uno o due
elementi saranno a Fork, a controllare in caso di bisogno.
Nessuno
corre alcun rischio. Vengono solo per controllare lo svolgersi degli
eventi.
Saranno discreti e, cosa più importante, non infrangerebbero
le loro stesse
regole. Avremo a che fare con tre guardie che morirebbero pur di non
andare
contro un ordine impartito dai Volturi. Non attaccheranno nessuno e
cercheranno
di non farsi notare. Resteranno nascosti ai più. Agiranno
nell’ombra. Ci
contatteranno domani. >
Io
chiusi gli occhi e mi appoggiai ad Edward. Con voce flebile sussurrai:
<
Siete sicuri che non ci saranno problemi? Che nessuno
correrà rischi? >
<
Sicuri. > Fece lui con il suo solito tono rassicurante. Emmett
aggiunse:
<
Non succederà niente. Non devi preoccuparti di niente.
>
Rimanemmo
in silenzio finché Alice, che se ne era rimasta zitta e
assente per tutto il
tempo, non si rivolse a me e mi disse:
<
Vieni Bella. Ti faccio vedere i fiori che ho scelto per il bouquet
… >
Io
la seguii in silenzio.
Non
saprei descrivere bene gli avvenimenti di quei miei ultimi miei giorni
da
Isabella Swan. Non li ricordo bene. Venivo sballotata da una parte e
dall’altra senza
capire neanche cosa
stessi facendo.
Ricordo
che, ad esempio, l’indomani mi ritrovai a pranzo con
Reneè, Phil e Charlie, in
un ristorante di Port Angeles e che non sapevo neanche come ci fossi
arrivata.
<
Bells? > mi fece mio padre < Sicura di sentirti bene? Hai
un’aria strana,
stanca … >
<
Non è niente papà. > riuscii a biascicare
e poi mi impegnai a sembrare più
allegra e vitale. Mi sembrava di essere tornata al periodo di
solitudine e
separazione da Edward. Mi auguravo soltanto che, questa volta, i miei
tentativi
di sembrare felice e spensierata non fossero fallimentari come la volta
precedente. I cullen nel frattempo erano andati a caccia, per evitare
inconvenienti ed essere al massimo della forza.
In
quei giorni mi resi a malapena conto di dove mi trovassi, di cosa
stessi
facendo o alla domanda di chi stessi rispondendo. Il tempo scorreva
veloce tra
una carezza di Esme e un bacio di Edward.
Cercai
di tenere la mente occupata, di stare con la mia famiglia.
Il
giorno prima della cerimonia fu una sofferenza:
<
Alice, perché devi fare così? Perché
non posso parlare con Edward? >
<
Bella! > mi fece lei scandalizzata. < Vuoi o non vuoi
rispettare la
tradizione? Insomma, se sei riuscita rispettare quell’aspetto
… > mi aveva fatto lei allusiva, < questo
dovrebbe essere un gioco da ragazzi! > la mia amica
alzò le braccia al cielo
e scese in cucina, dove Laura stava dando disposizioni per il pranzo.
Emmett,
che mi aveva vista piuttosto abbattuta, mi venne vicino e mi disse:
<
Non preoccuparti. Passerai talmente tanto tempo con mio fratello che ad
un
certo punto ti stuferai e andrai a farti dei giri solo per poter stare
da sola!
>
Rise
ed io mi unii a lui. Mi resi fin troppo conto che però nelle
nostre risa non
c’era traccia di felicità.
Potevo
notare la tensione palpabile nei volti di solito imperturbabili dei
Cullen.
Certo, non lo davano a vedere. Io riuscivo a notarlo solo
perché li conoscevo
bene. A chiunque altro poteva benissimo sembrare che fossero un
po’ in
agitazione per la cerimonia. A volte mi sembrava, dai loro movimenti o
dagli
sguardi che mi lanciavano, che, più che preparare un
matrimonio, stessero
organizzando un funerale. Il mio, a dirla tutta.
Trascorsi
tutte le notti che mi separavano al fatidico giorno a casa di Charlie,
ed
Edward, quando poteva, stava con me. Mi lasciò molto tempo
però anche con i
miei.
Mi
aveva detto, quando mancavano due giorni al matrimonio:
<
Finché puoi, pretendo che tu passi il tuo tempo con loro.
Divertiti, e cerca di
stare serena. Loro avranno un bel ricordo di te e tu potrai sempre
ripensare a
questi istanti come a dei momenti felici. Non voglio che tu abbia conti
in
sospeso. >
Feci
proprio come mi aveva detto lui. Dopo non so quanti anni, io e
Reneè dormimmo addirittura
di nuovo insieme, sul divano-letto di Charlie, come due amiche. Edward
era a
caccia.
Era la notte prima del
matrimonio. La mia
ultima notte da ragazza, l’ultima notte da vergine.
Quel
pensiero mi impauriva ed eccitava allo stesso tempo. In qualche modo
riusciva
persino ad allontanare la paura che mi attanagliava il cuore.
E in quel modo, abbracciando
mia Madre, mi
abbandonai al sonno, sapendo che fuori,
nell’oscurità, Edward vegliava su di
me.
Ancora
non sapevo cosa mi avrebbe riservato il domani.
|
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Capitolo 17 *** Addii e inizi ***
Ed eccomi con il cap 17.
Sinceramente, non credevo di
riuscire a postarlo oggi !
Ringrazio con affetto tutte voi che
mi seguite giorno dopo
giorno in questo mio delirio!
Per rassicurarvi: Questo matrimonio s’ha da farsi e si
farà!
Il più e ciò che accadrà dopo
…
Pocia,PenPen,
algin91,
Saphira87,
alice
brendon cullen,
Gocciolina,
Princesseelisil
L’arrivo dei volturi non è casuale … lo
so che ormai si devono sposare …
KiraraMiranda
Non ci vuole molto,
4 classi più in là
della tua, al terzo piano …
giulia9_91
Vorrei che la pensasse così anche il mio prof di Italiano!
sophie_95
Non
preoccuparti!
L’importante e che tu lo legga e che, soprattutto, ti
piaccia! Certo, i commenti
sono sempre graditi!
BellaSwan95
Tra rose e fior, nasce l’amor, Edward e bella si stan per
sposar … XD
novilunio
94!!! Ommammamia, ti avrò fatto
consumare tutto l’inchiostro!!!
E matrimonio sarà, cara momob
chichetta99
Grazie. Per i Volturi, scoprirai …
Forse è vero che sono un po’
perfida …
hachicat
Don’t
worry, my
dear but, please, stop trying asking me about the plot. You know I
can’t tell
you No. ( ma sarà giusto questo mio ingelse?
Boh, dimmelo tu! )
HopeToSave
Anche a me stanno troppo simpatici!!! Il che
però può essere
pericoloso per la storia …
yuyutiamo
Ti prendo alla lettera …
Lilian
Potter Cara mia, innocente dove?
Bella la canzone! Ma devi
dormire a certe ore! Dimmi la verità, eri andata a
documentari per fiore
impuro? Non mi uccidere ti prego!!! Ti aspetto per il contrattacco!
Grazie
per tutti i vostri commenti a cui cerco sempre di
rispondere! Spero vi faccia piacere!
E grazie per aver inserito la storia tra i preferiti a chicchetta,
felpy,
MissBorchietta90,
novilunio,
susy88,
tullia89,
ancora
una e arrivo a 60!!! Thanks!!!
Ed ora ecco il capitolo!!! Ma prima, un’ultima cosa
… lo so
che i titoli non mi riescono, ma mi diverte troppo sceglierli!
L’unico che non
mi piace è il titolo della storia, ma quando l’ho
postata era tardi e non avevo
proprio idee, solo che ora non me la sento di cambiarlo!!!
Per la fretta di postarlo, non ho
riletto l’ultima parte! sorry
Quando riaprii gli
occhi, la prima cosa che vidi fu l’oscurità oltre
il vetro del salotto.
Il mio primo
istinto fu di tirarmi la coperta fin sopra i capelli e girarmi verso
mia madre.
Solo che, dove
avrebbe dovuto trovarsi mia madre non c’era nessuno.
Ci misi qualche
minuto prima di capire perché …
< Ahhhh >
Gridai quando ebbi realizzato che giorno fosse.
Mia madre, vestita
con una tuta, si sporse dall’ingresso e mi guardò
curiosa:
< Sarei venuta
a svegliarti tra poco. Alzati che sennò facciamo tardi! Vuoi
fare colazione?
Guarda che però devi stare leggera! >
Io mi tolsi le
coperte e mi fiondai giù dal letto. Inciampai ma riuscii ad
aggrapparmi in
tempo alla mensola dei libri.
< Bella! Fai
attenzione. Niente sangue oggi! > mi gridò Alice
dalla cucina, poi fece
capolino da dietro la porta, mi guardò divertita e poi
aggiunse, a bassa voce:
< Magari un po’ questa sera … >
Avvampai e la
guardai male. Lei mi sorrideva mentre mi veniva incontro. Mi prese per
mano e
mi accompagnò in cucina. Io non avevo per niente voglia di
mangiare ma mi
obbligarono a inghiottire un bicchiere di latte e del pane. Avevo
rifiutato
categoricamente tutto il resto.
< Non puoi
andare a digiuna. Rischi di svenire sull’altare! > Con
quelle parole mi
avevano convinta. Se fosse successo, Edward si sarebbe fatto venire un
infarto,
metaforicamente intendo …
Quando ebbi
finito, andai in bagno ma non ci restai molto. Lavata e pettinata,
tornai da
mia mamma, che si era cambiata ed indossava un vestito semplice ma
molto
grazioso, e da Alice.
Per caso l’occhio
mi cadde sull’orologio sulle scale.
< Mamma!!! Sono
le 5 e mezza!!! > Cavolo, ecco perché ero
così stanca!!!
< Bella,
abbiamo molte cose da fare! Anzi, vedi di sbrigarti! >
< Alice, ma la
cerimonia è alle 11! >
< Appunto,
abbiamo pochissimo tempo. >
Capivo
che per la sua visione del tempo, 6 ore fossero un niente, ma per me
erano
un’eternità, soprattutto sapendo che le avrei
passate nelle sue manine …
Tornai in cucina e
fui sorpresa di trovarvi Reneè e Charlie che parlavano come
fossero due vecchi
amici. Mi si strinse il cuore e sperai che, dopo che me ne fossi
andata, i loro
rapporti rimanessero buoni. Non li avevo mai visti parlare insieme,
senza
litigare per lo meno.
Alice mi venne
vicina e mi abbracciò:
< Andrà tutto
bene. > < Grazie. >
Alle 6 salimmo
sulla Porche gialla canarino alla volta di casa Cullen.
Edward, poverino,
sarebbe rimasto confinato in camera di Emmett.
Imboccammo il
vialetto tortuoso che portava alla villa. Sembrava un sogno.
L’oscurità si
stava diradando e una fitta nebbiolina che saliva dal prato avvolgeva
la casa,
lasciandone intravedere solo i piani superiori. Di sottofondo, lo
scorrere del
torrente …
Scesi dall’auto e
mi affrettai verso il portico. La brina mi bagnava le scarpe.
Fu strano varcare
quella soglia. Bussai leggera e mi aprì Carlisle. Era
raggiante, proprio come
Esme che, impaziente, mi sorrideva alla sua sinistra.
< Benvenuta
tesoro! > Mi fece lei abbracciandomi dolcemente.
< Bella … Reneè
… > Le fece eco suo marito.
< Carlisle,
Esme. > Salutò mia madre con un sorriso felice sul
volto.
Si abbracciarono e
scambiarono saluti inutili mentre io, sbuffando, dissi:
< Vado in
camera! > Si misero a ridere ed esme sussurrò a mia
madre:
< Certo che è
proprio impaziente! >. Reneè rise portandosi una mano
alla bocca ed
aggiunse:
< Povero
Edward, non lo invidio proprio … Quando dorme, Isabella non
fa altro che
parlare. Non ha chiuso la bocca un attimo. E sentiste ciò
che ha detto. Non
sono quasi riuscita a chiudere occhio. Ogni tre secondi sussurrava cose
tipo: “
Edward … ti amo … ”
o “ me lo hai promesso! ”
e così via.
Povero ragazzo,
avrà delle notti molto tormentate! >
Esme e Carlisle
trattenevano dei risolini!
Io mi voltai e
fulminai Reneè con lo sguardo.
< Mamma! Non è
il caso! > < Bella, fila in camera! >
Non volli neanche
rimanere a sentire quello che avrebbe detto di me. Mi affrettai su per
le scale
e, appena fui al riparo da occhi indiscreti, mi appoggiai ai pannelli
di legno.
Mi lasciai scivolare a terra e chiusi gli occhi.
I Cullen si erano
guardati bene dal riferirmi l’esito del loro colloquio.
Il giorno prima si
erano incontrati con i tre Volturi venuti da Volterra. Nelle tre ore in
cui si
era tenuto il colloquio, io ero stata rinchiusa in casa di Charlie con
Emmet e
Jasper. Avevamo giocato a carte ma, alla terza mano, avevo gettato il
mio mazzo
in aria gridando:
< Ma è assurdo!
Perché me ne devo rimanere qui? Perché mi
trattate come se fossi una bambina? E
voi due? Perché diavolo siete qui e non con Edward?!?
>
Loro non mi
risposero e io mi sedetti contrariata sul divano.
Sapevo che non
avrei dovuto alzare troppo la voce. Reneè infatti era
entrata in salotto e mi
aveva chiesto:
< Tutto a
posto? State litigando? >. Emmett aveva risposto prontamente,
fingendo
rassegnazione:
< No,è solo che
Bella non sa perdere. >
Un torpore strano
mi aveva quindi invaso e io mi addormentai sul divano. Prima di
chiudere gli
occhi, vidi però Emmett fare finta di tirare un pugno a
Jasper. Quello
sorrideva divertito.
In quel modo mi
avevano tenuta lontana, imprigionata nell’unico luogo da
dove, in quel momento,
non avrei mai potuto fuggire. Nella stanza affianco quella in cui si
trovava
mia mamma!
Dal momento in cui
Alice aveva avuto la visione, nessuno aveva più pronunciato
il loro nome in mia
presenza. Neanche un accenno al loro arrivo. Come se non fosse successo
niente.
I loro
incoraggiamenti sembravano riferiti ad altre cose.
Chiedendomi cosa
volessero realmente e perché quella che, di lì a
poche ore, sarebbe diventata
la mia famiglia non me ne volesse parlare, rimasi appoggiata alla
parete.
< Bella? >
sobbalzai.
< Si? Rosalie?
> Rosalie!
< qualcosa non
va? Dai, vieni. Dobbiamo prepararci … > Rosalie, la
bellissima e glaciale
sorella di Edward non solo mi rivolgeva la parola, addirittura stava
cercando
di aiutarmi!!!
Mi porse la mano e
io mi feci aiutare ad alzarmi. Quando entrai in camera di Alice vidi
l’abito
che faceva bella mostra di sé su un manichino.
< Bella, tesoro.
Vai a farti una doccia, così poi dopo possiamo vestirti!
>
Il “ Vestirti ” mi
metteva molta paura. Filai in bagno e mi fiondai sotto la doccia.
Lasciai
scorrere l’acqua calda sul mio corpo a lungo. Quando ormai
era passato un po’
di tempo, girai la manopola di modo che il gettito d’acqua
fosse gelido, come
le dita di Edward.
Mi diedi una bella
svegliata in quel modo. Quando uscii dalla doccia trovai un asciugamano
che
volteggiava a mezz’aria. Poi mi accorsi che non se ne stava
sospeso da
solo.
< Alice! >
Gridai quando riuscii a vederla.
< Quante
storie! Insomma … cosa vuoi che sia? Asciugati e muoviti!
>
Mi avvolsi stretta
nell’asciugamano e, infuriata, mi asciugai.
Alice uscii
lasciandomi della biancheria pulita tra le mani.
Mutandine e
reggiseno in pizzo nero!
La odiavo … ma
allo stesso tempo pensavo che in fondo ci sapeva proprio fare. Era
veramente
insuperabile!
Entrai in camera e
trovai Alice, Esme, Rosalie e Reneè che mi aspettavano. Mi
obbligarono a
mettermi in piedi su quel maledetto e, per fortuna abbastanza basso,
sgabello
che tanto odiavo.
Mi sentivo un
po’
a disagio a trovarmi seminuda davanti a loro. Soprattutto davanti a
Rosalie
che, con il suo corpo perfetto, in me non poteva che vedere una insulsa
bambina. Con tutto il mio cuore sperai che, quella sera, ad Edward non
sembrasse lo stesso.
Mi allacciarono il
bustino e riuscirono ad infilarmi quel maledetto, bellissimo vestito.
Passai quasi
un’ora in piedi e in equilibrio precario a farmi aiutare ad
infilare calze, giarrettiera e
vestito. Già, la
giarrettiera! Quelle perverse erano state irremovibili.
< Tu lancerai
il bouque, e questo va bene, ma Edward deve sfilarti la giarrettiera e
lanciarla. Sii gentile … è una cosa
così carina! > alice, quando faceva
quella voce e quegli occhi, diventava tremenda. Riusciva a farmi fare
sempre
tutto!
A volte mi mancava
il respiro, e non solo quando Alice strinse il corpetto. Un paio di
lacrime,
sfuggite al mio autocontrollo, mi bagnarono le guance, fortunatamente
prima che
Alice si dedicasse alla mia faccia.
Qualcuno, alle
nove e mezza, bussò e poi Carlisle chiese:
< Bella, sei
presentabile? >
< Sì! >
Risposi io che ormai ero completamente vestita. Mancava solo il trucco
e
l’acconciatura.
< Vieni! >
Esme mi aveva appena infilato dei guanti di seta lunghi fino oltre il
gomito.
Oltre la porta,
intravidi una figura massiccia, scura.
< Jacob!
>
Esclamai io sorpresa.
< Isabella …
> mi fece lui con un sorriso triste dipinto sul volto.
Mi stava
osservando, guardava il mio corpo ma sapevo che, in quella ragazza
avvolta dal
pizzo bianco non
riuscì a vedere la sua
amica.
Io ero in piedi sul
solito, dannato sgabello.
In questo modo quelle sadiche potevano lavorare meglio.
Jacob mi si
avvicinò e mi carezzò una guancia. La sua mano
calda sulla mia pelle mi fece
tornare alla mente ricordi lontani, che credevo perduti e che scoprii
invece
essere solo sepolti in un angolino recondito della mia anima.
< Sei stupenda.
>
< Grazie. >
La mia voce era strana, sembrava il pigolio di un pulcino. La sua era
profonda.
Non si curava neanche di nascondere il dolore che provava.
Con le dita
percorse il profilo del mio viso e poi scese fino alla vita. Nonostante
fossi
in piedi sullo sgabello, non riuscivo a raggiungerlo in altezza.
Mi abbracciò
delicatamente, per non rovinare l’abito.
< Sei
bellissima ma … > < Ma … >
Lo incitai io.
< Ma non è per
me che ti stai preparando. Non è ai miei occhi che oggi
sfuggi … >
< Jake … >
le lacrime avevano cominciato a scorrere sulle mie guance.
Non poteva farmi
questo. Lo sapeva che non poteva.
Avvicinò le labbra
al mio orecchio e mi disse:
< Non importa
cosa riserverà il futuro. Tu per me non morirai mai.
> Poi poggiò le sue labbra
sulla mia guancia per un istante. Mi carezzò il viso e mi
disse:
< Ti auguro di
essere felice, a modo tuo … > Erano le stesse parole
di Billy.
Mi sforzai di non
singhiozzare e risposi:
< Anche tu
Jake, sii felice. Ti ringrazio della visita. Mi ha fatto veramente
piacere.
>
< Sai, questa
era l’unica occasione per vederti. L’ultima volta
che saresti arrossita … Non
potevo non venire. > non aveva voluto concludere la frase
perché c’era
Reneè, o forse non ci era riuscito.
Sapevo che il suo
cuore stava sanguinando in quel momento. Lo sapevo perché il
mio aveva subito
la stessa sorte.
Mi salutò con un
cenno della mano e sparì per sempre dalla mia vita, dietro
la porta di legno
della stanza di Alice. Lo sentii dirmi, dalle scale: < Non
preoccuparti per
oggi! Tu ti agiti sempre troppo! > Sapevo che non si riferiva al
matrimonio.
Io abbassai lo
sguardo mentre Esme mi porgeva un fazzoletto dove affondai la faccia.
Non
volevo bagnare l’abito.
Notai lo sguardo
indagatore di mia madre. Era come se mi stesse scrutando
nell’anima.
Come se mi stesse
accusando o interrogando. Sembrava dire: “ Mi sono persa
qualcosa? ”
Quando finalmente
riuscii a calmare le lacrime, sollevai lo sguardo e sorrisi alle
quattro donne
di fronte a me.
Esme mi afferrò
per il bacino e, facendomi fare un piccolo salto, mi mise a terra.
Mi fecero sedere
su di una seggiola, tra l’altro piuttosto scomoda, e fecero
attenzione che non
si rovinasse l’abito. Il mio volto, adesso imperturbabile,
era fisso in un
punto indefinito del muro. Avevo scoperto un’interessante
crepa nell’intonaco …
< Dai, infila
le scarpe! > Mi fece Alice improvvisamente vivace ed allegra
come al solito.
Mi abbandonai alle
sue mani sapienti.
Lasciai che lei e
Rosalie si divertissero con i miei capelli ma fui categorica sul trucco:
< Alice, mi
raccomando. Leggero. Giusto un tocco. >
< Sì, sì. Non
devi preoccuparti … >
Perché avevo
l’impressione che non mi stesse minimamente ascoltando?
Quando, alle dieci
e mezza, finalmente la smisero di torturarmi, mi alzai in piedi e ebbi
il coraggio
di fissarmi nello specchio.
Io, donna, mi
sorridevo gentile. Il mio volto pareva più maturo ma non per
questo i miei 18
anni venivano nascosti. Alice e Rosalie avevano fatto davvero un buon
lavoro.
Alcuni miei tratti
erano ancora un po’ infantili, le mie curve non parevano del
tutto mature,
l’aria non era smaliziata.
Sì, insomma, si
vedeva lontano un miglio che ero vergine …
Forse erano tutte
delle mie paranoie, o forse era colpa del vestito stile brava ragazza
di
campagna. Non saprei …
Feci un respiro
profondo e poi sbirciai dietro la tenda. Vidi che il giardino era
occupato da
un numero impressionante di persone il cui vociare, se ci avessi fatto
attenzione, sarebbe stato udibile anche in quella stanza.
< Alice … >
Chiesi preoccupata.
< Sì? > La sua
voce cristallina brillava.
< Posso sapere
quante persone hai invitato? > perché ero stata tanto
temeraria da
chiederglielo? Perché ero così dannatamente
masochista? Forse perché, in fondo,
sapevo che non mi avrebbe risposto …
< Oh, quante
storie … Adesso scendi e lo vedi. > La conoscevo
abbastanza bene da capire
che stava allegramente svicolando. Detto questo, sparì nel
bagno e andò a
mettersi il suo abito da damigella.
< È già ora?
> domandai, torturandomi le mani fasciate nei guanti di seta,
preziosissimo
regalo non tento per la qualità, che in casa Cullen era
sempre molto alta, ma
per il fatto che lo avevo ricevuto da Rosalie.
Rispose mia madre:
< Sarebbe ora, ma sei la sposa!
> Sembrava avessi detto una bestemmia dal modo in cui
pronunciò la parola sposa.
Poi mi guardò e, con gli occhi
lucidi mi sussurrò: < Devi farti attendere! >
< Sì, mi pare una buona
idea. Potrei aspettare che se ne siano andati tutti …
>
Alice, che era
uscita dal bagno e che era a dir poco splendida nel suo abito elegante,
mi fulminò
e poi mi disse: < Bella, siamo tutti così emozionati
per questo matrimonio!
Per favore, non rovinare tutto con il tuo pessimismo! >
effettivamente, io
ero la meno entusiasta, nonostante la fede Edward la stesse per mettere
al mio
di dito.
Rimanemmo nella
stanza per circa un quarto d’ora, nel quale ripetei ad Alice
le frasi che avrei
dovuto ripetere ad Emmet!!!
Per fortuna che
avrebbe officiato lui la cerimonia!!!
Poi sentimmo
bussare e la voce di Charlie mi avvisò:
< Bells,
tesoro, sei pronta? >
< Sì papà! >
Senza accorgermene, la mia voce aveva tremato.
Esme aprì la porta
e Charlie entrò. Proprio come Reneè, anche lui
aveva gli occhi lucidi.
Mi venne incontro
e mi abbracciò dolcemente e poi mi prese per mano.
Per fortuna che
avevo mangiato se no avrei rischiato da verro di rovinare
l’abito!!!
Improvvisamente mi
sentii proprio male. Non che non fossi pronta, solo, certe cose ci
sembrano
lontane finchè non le viviamo. Il mio matrimonio per me era
una di queste. Mi
stavo sposando, MI STAVO SPOSANDO, IO!!!
< Bells,
piccola mia, calmati. Ho capito che ti stai sposando …
> mi bisbigliò
Charlie, dolce e comprensivo. Non mi ero accorta di aver detto quelle
parole.
Credevo di averle solo pensate …
Tremavo
leggermente. Alice, Esme, Reneè e Rosalie, ci precedettero.
Scesi lentamente e
a fatica le scale. Fu un miracolo se arrivai nel soggiorno, dove era
rimasto
solo il pianoforte di Edward e molti fiori bianchi, sana e salva, o
forse fu
merito del povero Charlie che lasciò che gli stritolassi il
braccio. Dovevo
essere diventata davvero pallida dato che lui mi disse:
< Bells,
tesoro. Sicura di sentirti bene? Forse dovresti sederti e bere un
po’ d’acqua.
>
Scossi la testa ed
Alice mi venne incontro.
< Ecco il velo!
> mi disse gentile e premurosa. Lei ed Esme me lo sistemarono
con cura e poi
me lo calarono sul volto. Prima però Esme mi mise un
bellissimo fermaglio tra i
capelli.
< Questo me lo
ha regalato Carlisle quando mi ha chiesto di sposarlo … ti
serviva una cosa
prestata! > Le sorrisi timida ed impacciata. Poi il velo mi
coprì in parte
la visuale.
Charlie mi guidò
fino alla porta. Fuori il brusio era assordante.
Non è che
non
riuscissi a vedere, anzi … solo che ero troppo agitata per
coordinare bene i
movimenti. Meglio lasciarsi guidare ed essere sicura di arrivare viva
ed intera
a quel maledetto altare. Chiesi
come
un’idiota:
< Edward è
fuori? >
< Sì tesoro,
stava parlando con i tuoi compagni! >
< Ah, bene! Ho
bisogno di vederlo. Ho bisogno di parlargli! >
< Fra poco sarà
tutto tuo! > mi rispose Charlie ironico.
Avevo paura. Mamma
mia quanta! Poi qualcuno aprì il portone e un vento leggero
fece ondeggiare il
mio velo, che mi solleticò il collo. Mi mancavano le dita di
Edward! Solo il
pensiero di buttarmi tra le sue braccia riuscì a farmi
muovere i piedi verso il
giardino.
E in quel modo
uscii nella fresca aria della mattina, nuvolosa ma bella.
Non appena misi
piede nel portico, calò il silenzio. Aggrappata a mio padre
scesi i 4 gradini e
poggiai le scarpe sull’erba. Guardavo fisso in terra.
< Forza Bells …
> Mi sussurrò Charlie.
Feci un respiro
profondo e inghiotti la saliva.
Alzai il capo e
vidi lui, che mi aspettava alla fine di quel maledetto tappeto rosso.
Vidi Edward ed un
sorriso nacque spontaneo sulle mie labbra.
Mi stavo sposando
ed ero davvero felice.
Trovai nel suo
sguardo la forza di avanzare e finalmente calpestai il primo metro del
tappeto.
E sempre guardando
il suo profilo, mi feci coraggio e dissi a mio padre:
<
Andiamo. >
|
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Capitolo 18 *** Oltre quei cinquanta metri ... ***
Scusate se ho postato con tanto
ritardo rispetto al solito.
Per farmi perdonare, questo è abbastanza lungo!
Ho avuto davvero tantissimo da
studiare ( per fortuna sono
riuscita ad evitare l’insufficienza in fisica! Niente debiti!
Capirete che ho
dovuto mettermi sotto non poco però… )
Ed eccoci qui, vicine
all’epilogo di questa storia.
Questo capitolo sarà uno degli ultimi. Spero che vi
piacerà!
È stato difficile scriverlo … ma mai quanto il
successivo!!! Mamma mia che
vergogna!!!
Ma ora basta, devo ringraziare tutte voi, fantastiche
lettrici! Grazie per tutti i vostri bellissimi complimenti!!!
BellaSwan95
i migliori momenti stanno per arrivare!
Gocciolina
Eccoti accontentata
Pocia
Scusa se non ho postato prima … spero
rimarrai soddisfatta!
KiraraMiranda
Ciao! Eccoti servita!
giulia9_91
Contenta che ti sia piaciuta!
HopeToSave
Spero di riuscire a farti piangere nel prossimo!
(paura!)
Princesseelisil
Scusa ma non volevo rendere il momento banale e
liquidarlo in
fretta. Così sarà più bello!
alice
brendon cullen Cominciamo con la
cerimonia! Per la trasformazione,
dovremo aspettare ancora un po’, ma non tanto! XD
novilunio
grazie per i complimenti! Scoprirai presto tutto!
hachicat
Ho aggiunto dei pezzi e seguito il tuo consiglio!
clodiina85
Scusa per l’attesa e grazie!
Saphira87
Ecco il new chap, spero che ti piaccia come
quello precedente!
PenPen
Eccomi, in ritardo ma eccomi!
scheggia94
Grazie, mi fai arrossire XD
BellaSwan87Spero
che la scena hot non vi faccia schifo, cercherò di dare il
meglio di me! Ah, ma
figurati, disturbarmi? Ma se mi hai fatto felice un casino! E grazie
per aver
inserito la storia tra i preferiti!!!
sophie_95
Grazie
algin91
Spero ti commuoverai anche nel prossimo!
chichetta99
Lo scoprirai presto, ma non troppo! (sì, sì. Sono
proprio perfida … )
Lilian
Potter Mi dispiace, ma ormai avevo
già creduto alla prima riga …
Grazie per i complimenti! Bello il cap 2 di fiore impuro!!! (anche se
te l’ho
già detto … Non credo però che ti
dispiaccia se te lo ridico XD )
68Keira68
Ecco a te la cerimonia!
momob
Tra poco lo saranno!!! Evvai!
E grazie alla Clari per essere stata la n 60!
Spero
che questo capitolo vi piaccia. Ah, Bella piange spesso, ma
poverina, provate a mettervi nei suoi panni! XD
Sto preparando il prossimo! Il gran
finale si avvicina!!!
Mi raccomando, commentate numerose!!!
Avanzavo
lentamente e a piccoli passi. Sapevo che le mie guance erano rosse ma,
per
fortuna, il velo le nascondeva alla vista dei presenti.
Sentivo
i loro sguardi su di me. Lanciavo loro delle timide occhiate e li
vedevo
sorridermi. Si erano seduti su delle sedie ai lati del tappeto, tra i
fiori
disposti da Alice.
Tenevo
la schiena dritta e la testa alta.
Stringevo
il braccio di mio padre in una morsa stritolatrice.
<
Bells, sarai bravissima. Sei stupenda … >
Mi sussurrava Charlie, la voce rotta
dall’emozione.
I
miei respiri erano brevi, il mio cuore batteva all’impazzata
nel mio petto.
Quel maledetto corpetto! In certi momenti non riuscivo a respirare!
<
Calma > Continuava a ripetermi Charlie. < Rovinerai il
bouquet! > Ecco
cos’era quella cosa che Alice mi aveva messo in mano tre
secondi prima di
aprire la porta. Ero talmente agitata da non essermene resa conto!
Poverini
quei bei fiori, li stavo torturando …
Oramai
ero quasi a metà strada. Riuscivo a distinguere i miei
amici, i miei compagni,
voltati per osservarmi. Vidi Angela che quasi piangeva. Jessica se ne
stava lì
a fissarmi estasiata.
Mike
e Tyler sembravano essere stati colpiti da un fulmine. Mi guardavano
come se
fossi un’aliena. I loro occhi erano lucidi, oserei dire
bramosi.
<
Ancora trenta metri, ancora trenta dannatissimi metri! E poi
… Oddio, cosa
dovevo dire? Non me lo ricordo più! > Sussurrai in
preda al panico! Mi bloccai
al centro della navata formata dalle centinaia
di fiori bianchi disposti intorno al lungo tappeto rosso su cui stavo
camminando, tremando come una foglia.
<
Su, Bells, non preoccuparti. Andrai benissimo. > La voce
di mio padre, commossa, mi diede un po' di forza. Feci alcuni passi in
avanti
attenta a non inciampare nel vestito. Il velo dietro di me frusciava
dolcemente
nel silenzio generale.
Guardai
dritta davanti a me e, vedendo Edward mi feci coraggio. O
forse fu vedendo Emmett che, fasciato nel suo abito da gala, mi
sorrideva
rassicurante da dietro l’altare. Improvvisamente mi sentii
meglio e mi voltai a
destra. Jasper mi stava fissando intensamente, con un sorriso
allegro
sulle labbra. Con lui nei paraggi era meglio non fidarsi delle proprie
sensazioni. Respirai a fondo e ce la misi tutta per arrivare all'altare
tutta
intera, un passo dietro l'altro.
Sentivo adesso una sorta di gioia ed impazienza.
Ormai ero a pochissimi passi da Edward, dal mio amore, da mio marito.
Aumentai il passo. Charlie si accorse della mia impazienza e
cominciò a camminare più veloce.
< Edward … > Sussurrai a mezza voce, quando
ormai lo avevo
raggiunto.
< Isabella. > Mi rispose lui, con voce altrettanto bassa,
ma
estremamente più sensuale. Era raggiante.
Charlie mi lasciò al limitare del tappeto. Sentii la sua
mano
sciogliere la presa ferrea della mia sul suo braccio. Mi
accarezzò dolcemente e
poi si spostò. Alice, alla mia destra, sembrava esplodere di
felicità.
Sapevo che anche Edward era nello stesso stato anche se cercava di
non darlo a vedere.
Bellissimo
ed immobile, il mio sposo mi osservava rapito. I suoi
occhi dorati mi fissavano e cercavano di scrutare oltre il velo. Io
sorridevo
totalmente
inebetita.
Non mi accorsi neanche delle parole di Emmett. L’unica cosa
di cui
mi riuscivo a rendere conto era che Edward era lì con me, al
mio fianco. Non
potevo non fissarlo, non riuscivo a distogliere gli occhi da lui.
Ad un certo punto, la sua mano cercò la mia. Le sue dita si
strinsero intorno al guanto.
Percepii la voce di Emmett, lontana chiedermi:
< Bella? Bella, vuoi sposare Edward? >
Mi risvegliai dal torpore e mi resi conto che era arrivato il
momento.
Non riuscii a parlare. La voce mi era morta in gola!
Alla fine fui in grado di dire:
< Sì, lo voglio! >
Non
mi ero assolutamente accorta che fossimo già a quel punto!
Oramai, eravamo alla fine. Eravamo sposati …
Edward
mi sollevò la mano libera e, con un movimento lento e
delicato, afferrò una per una le estremità delle
dita del guanto. Lentamente e
con un gesto alquanto teatrale, me lo sfilò.
Accarezzò la mia pelle, portatosi
la mia mano ala bocca, appoggiò le mie dita sulle sue
labbra. I miei
polpastrelli venivano accarezzati dal suo respiro. Sempre con gesti
molto
calmi, infilò la piccola fede d’oro che gli aveva
passato Carlisle, il suo
testimone. I suoi movimenti erano lenti, ma io riuscivo a leggervi
l’impazienza
che in quel momento si era impadronita di lui. Quando ebbe fatto,
sollevò lo
sguardo dalla mia mano al mio viso velato. Il suo volto eterno mi
sorrideva
rassicurante. Solo per un istante fui in grado di leggervi la
malinconia e il
dolore. Quella fede era per me come una sorte di condanna a morte. Una
morte
che per me avrebbe avuto il dolce sapore delle sue labbra.
Io, tremante,
infilai
l’anello che Alice mi aveva dato sul suo anulare. Ero
emozionantissima!
La voce di Emmett era allegra e rilassata. Stava parlando con noi
ma io, sinceramente, non lo ascoltavo minimamente. Ci
squadrò e poi, lentamente
si rivolse a suo fratello: < Edward, puoi baciare la sposa.
>
E
le mani del mio sposo, dolci e leggere, scivolarono dietro il
mio collo. Delicate, mi carezzarono la pelle e sollevarono il velo,
facendolo
volare dietro la mia testa. I nostri occhi finalmente
s’incontrarono. Annegai
nei suoi. Ero protesa in avanti e le sue mani, poggiate sulla mia vita,
mi
sostenevano.
Mi sorrise emozionato, felice.
< Bella, ti amo. Grazie per aver accettato di essere mia per
sempre. Io sarò tuo per tutti i tempi a venire …
>
Non mi disse altro prima di appoggiare le sue labbra sulle mie che
si dischiusero al suo tocco delicato. Sentii il suo respiro nella mia
bocca e
per poco non svenni.
Per fortuna che c’era lui a sorreggermi. Ero in punta di
piedi.
Il bacio mi sembrò durare meno di un istante. Quando lui
fece per
allontanarsi io cercai di trattenerlo. Non mi ero neanche resa conto di
aver
portato le mie mani dietro la sua schiena.
Lui chinò il capo di lato e mi sussurrò divertito
e commosso:
< Non qui, amore mio, non qui … > Gli tremava
la voce.
In risposta, gli diedi un altro bacio e poi riappoggiai i talloni
a terra.
Ero tutta rossa e avevo il fiato corto.
Improvvisamente venni investita dal suono degli applausi.
Come una stupida mi portai le mani al volto e cominciai a piangere
dalla felicità. Il profumo dei fiori si mescolava a quello
di Edward …
Lui mi prese le mani
tra le
sue e me le baciò. Il guanto superstite si era bagnato di
lacrime.
Edward passò le dita sulle mie guance per asciugarmele e poi
mi
diede un bacetto sulla fronte.
Santa Alice che aveva usato i trucchi a prova d’acqua.
Emmett mi sorrise incoraggiante e io ed Edward ci voltammo verso
gli invitati.
Reneè
piangeva, proprio come Angela. Esme se avesse potuto, si
sarebbe unita al gruppo.
Mio padre sembrava sia triste sia felice e mi guardava come se
sapesse che non ci saremmo più visti ... Non poteva
però sapere che di lì a quindici
giorni io sarei morta e rinata a nuova vita. Una vita di cui,
purtroppo, né lui
né Reneè avrebbero fatto parte.
Andammo nel mezzo del giardino e li venimmo raggiunti dai nostri
ospiti.
Tutti si congratulavano con noi e io continuavo a sorridere gentile.
Edward mi teneva un braccio intorno alla vita. Rispondeva lui alle
domande e
agli auguri. Io me ne stavo silenziosa al suo fianco. Il volto
arrossato e lo
sguardo fisso sulle mie scarpe. La mia mano stretta intorno alla sua
…
<
Bella! > mi gridò ad un tratto Angela abbracciandomi
di
slancio.
< Sono così contenta per te! Sei così
bella! >
< Grazie Angie … > Le risposi io stringendola
a me. La mia
voce era commossa, bassa.
Nell’aria volavano migliaia di petali bianchi che danzavano
trasportati dal vento che soffiava lieve sul prato. Il mio velo si
sollevava e
ricadeva sui capelli per lo stesso motivo, e cosi lo strascico
Tutti intorno a me mi gridavano: < Auguri Bella, Auguri Edward!
>
Mike
mi venne vicino e mi abbracciò, stringendosi un
po’ troppo al
mio corpo.
< Mike … > < Bella, sono molto contento
per te … >
Dalla sua voce non sembrava proprio.
Edward era troppo felice per arrabbiarsi con lui.
Appena Mike mi lasciò andare, mio marito mi prese per i
fianchi e
mi sollevò. Facemmo un giro su noi stessi e poi mi rimise a
terra.
Io lo abbracciai e lui mi baciò i capelli.
Gli invitati avevano cominciato a gridare: < Il bouquet!
Bouquet! >
Io, arrossita, sollevai in aria i fiori e li lanciai con quanta
forza avevo in corpo.
Sentii
Edward ridere di gusto e poi mi accorsi che i fiori li
aveva afferrati Angie. Ben la osservava con sguardo interrogativo.
Chissà cosa
stava pensando? Di sicuro Edward lo sapeva … Se la stava
ridendo …
Tutti applaudimmo e io mi accorsi solo in un secondo momento che
ora mi gridavano:
< La giarrettiera! > La voce più potente che
riuscii ad
udire era quella di Emmett.
< Emmett! Piantala! >
< Speravi di scamparla?!
> Mi fece lui ridendo!
< Non preoccuparti Emmett, non me lo sarei dimenticato per
nulla al mondo! >
< Edward! Insomma! >
< Su Bella, non fare la difficile! >
Facendo così il carino, l’infingardo
infilò le sue mani sotto la
mia gonna.
Sentii
un fremito corrermi lungo la schiena mentre le sue mani mi
accarezzavano la coscia, al riparo dagli sguardi degli altri.
Appoggiò il suo volto sulla mia pancia e respirò
il mio profumo.
Le sue dita slacciarono con infinita lentezza i nodi dei lacci.
Dopo un tempo che, sebbene lungo, a me parve non essere durato che
pochi
secondi, sfilò le sue mani da sotto il mio vestito ed espose
a tutti il suo
trofeo!
Tutti ridevano e incitavano Edward. Lui lanciò in aria il
piccolo
lembo di stoffa e questa volta fui io a ridere.
Credo che Rosalie avesse obbligato Emmett ad afferrarlo. Sta di
fatto che ora il fratello del mio sposo esibiva la mia giarrettiera con
aria
trionfante! Forse era una mia impressione ma mi parve che Rosalie
sorridesse
compiaciuta.
Scrutavo
il volto degli invitati anche se sapevo che non avrei
trovato Jake. Nessuno dei Quileite era venuto al matrimonio. Non
avrebbero
potuto neanche se avessero voluto.
Quel pensiero mi fece mancare il respiro e la testa mi
cominciò a
girare.
Mi aggrappai ad Edward e lo abbracciai. Lui mi strinse a se
accarezzandomi i capelli. Si era accorto che qualcosa non andava e mi
sussurrò:
< Amore? Tutto bene? >
< Edward, ho bisogno di sedermi. È tutta la mattina
che sono in
piedi. >
< Certo … > mi fece lui preoccupato. Mi
passò le dita sul
volto per cercare di farmi tornare un po’ di vita nelle mie
guance.
Con un gesto fulmineo mi prese in braccio come se fossi una
principessa. Risi con il cuore. Ci trascinavamo dietro lo strascico che
si era
riempito di petali di fiori!
Sentii la voce cristallina di Alice risuonare nell’aria:
< Dai Edward! Porta la sposa in casa! >
E così fece. Varcai la soglia tra le sue braccia, aggrappata
al
suo collo!
Si
sedette al pianoforte tenendomi sulle sue gambe.
< Ti amo … > Gli sussurrai sempre aggrappata a
lui.
< Io ti amo di più … > Mi rispose
beffardo.
Le sue dita percorsero ogni centimetro della pelle del mio viso
per fermarsi sulle mie labbra. Le sue mani si spostarono lungo il mio
corpo
fino a raggiungere le mie gambe. Mi bacio sulle labbra e poi mi
bisbigliò:
< Per te … >
Le sue dita veloci scivolarono sui tasti d’avorio e parevano
danzare.
Nella stanza risuonò una bellissima melodia. Moltissimi
degli
invitati si erano accalcati nella sala per ascoltare Edward suonare.
Suonò per diversi minuti senza mai interrompere il ritmo. Il
suo
respiro gelido mi sfiorava il volto e faceva muovere i miei capelli in
una
danza ritmata, lenta.
Quando le sue mani si staccarono dal pianoforte e tornarono ad
accarezzare il mio corpo, si levò un applauso fragoroso.
Edward chinò il capo in segno di saluto e poi mi mise in
piedi. Io
gli tesi una mano, quella con la fede, e lui la prese con dolcezza.
Prima la
baciò e poi, stringendola lievemente, si alzò.
Mi cinse in un abbraccio e infine mi guidò
all’aperto, nel
giardino.
Prendemmo
posto al tavolo più grande, seduti vicini.
Tutta la famiglia Cullen sbocconcellava qualcosa fingendo
indifferenza.
Tutti tranne Edward che, se glie lo veniva fatto notare,
rispondeva semplicemente:
< Sono troppo emozionato … > e chi non avrebbe
potuto
credere a quegli occhi meravigliosi che ispiravano tanta fiducia?
Io invece mi gustai piccole porzioni di ogni portata. Giusto un
assaggio.
Alice aveva selezionato un menù davvero straordinario. Tutto
era a
dir poco squisito.
Io però mi rigiravo il cibo nel piatto, avevo un blocco allo
stomaco.
<
Bella, tesoro. >
< Si Mamma? > Non potevo sperare di sfuggire ai suoi
sguardi
preoccupati e indagatori.
< Sei sicura di stare bene? Non hai fame? >
Decisi di riutilizzare la stessa scusa di Edward: < Sono
così
emozionata … mi è un po’ passato
l’appetito. >
Lei, che era seduta dall’altro lato del tavolo, si sporse e
mi carezzò la
guancia.
Io chiusi gli occhi. Non mi ero neanche accorta delle mie lacrime.
< Bella, tesoro … credo che noi dobbiamo parlare.
>
< No, mamma, non preoccuparti. È che è
tutto così strano,
perfetto. È successo tutto così in fretta
… >
Sentii Edward irrigidirsi affianco a me. La sua stretta intorno al
mio bacino si allentò. Preoccupata, ricercai la sua mano e,
trovata, la
strinsi.
< Sai, Bella, è proprio di questo che vorrei
parlarti. C’è
qualcosa che … non so come poter spiegarmi. Sia ben chiaro,
io sono davvero
felice però, sento
che c’è qualcosa che non va. Quando credi che
nessuno ti
veda, ti fai triste. Come se ci stessi nascondendo qualcosa che ti fa
soffrire.
>
Reneè. Perché diamine doveva essere
così sagace? Perché non
riuscivo mai ad ingannarla? Come poteva essere che non le sfuggissero
mai
queste cose?
< Ti sbagli. > Feci io con voce tranquilla ma che
sottintendeva che il discorso era considerato da me chiuso.
Mi carezzò ancora le guance e poi si rimise composta,
sospirando.
Mi osservava dispiaciuta.
Per tutto il resto del ricevimento feci del mio meglio per
sembrare la persona più felice del mondo.
Ed in effetti lo ero, tralasciando il terrore che mi consumava.
Mentre abbracciavo i miei amici, alcune lacrime mi scesero lungo
le guance. Per fortuna tutti le intesero come di gioia.
Quando
ormai il ricevimento si stava avviando alla fase finale,
Diedi l’addio ad Angela.
Le andai vicino mentre posizionava il suo regalo per me sul
mucchio (enorme) dei doni.
< Angie. > Lei
sobbalzò e si voltò sorpresa nella mia direzione.
< Bella!
>
Io l’abbracciai d’istinto e la strinsi forte a me.
< Grazie, per essermi stata vicino anche quando nessuno voleva
più essere mio amico. Grazie davvero. >
Scoppiai a piangere e lei mi carezzò. Quando mi staccai da
lei,
notai Edward fissarmi affranto. Gli sorrisi e poi dissi ad Angela.
< Andrò a vivere molto lontano e temo che non
riusciremo a
vederci spesso … però ti scriverò. Mi
raccomando, scrivimi anche tu. > <
Certo! Ti voglio bene.> < Anche io … >
Ci abbracciammo ancora e poi io
raggiunsi Edward.
<
Salutato tutti? > Mi chiese triste.
< Sì. > risposi a voce bassa e mesta.
Si chinò e mi baciò le labbra.
Pian
piano la folla si disperdeva. Tutti venivano da me e da
Edward per rinnovare gli auguri, qualcuno ci disse pure: < La
prossima volta
festeggeremo la nascita di un bel bambino. > Assurdo!
Io però sorridevo ed annuivo educatamente, ed Edward faceva
lo stesso.
So
che, avrei dovuto cambiarmi d’abito, ma preferii tenermi
quello
da sposa. Ormai erano rimasti solo alcuni miei parenti e qualche amico
di mio
padre.
Phil mi venne vicino e, dopo avermi abbracciato, mi disse:
< Ti auguro tanta felicità, Isabella. Io e tua madre
saremmo
molto contenti di avervi come ospiti qualche volta, e mi raccomando, le
femminucce sono più dolci dei maschietti! Te lo dico io che
con i ragazzini
passo molto tempo! Spero che il vostro primo figlio sia una femmina!
> Poi
mi fece l’occhiolino e andò a baciare mia madre
che parlava tutta interessata
con Esme.
<
Edward? >
< Si Amore? >
< è triste tutto questo, non ti pare? Il modo in cui
sto
mentendo loro … >
< Un po’, però tu non stai mentendo. Tu
stai cercando di
proteggerli da un dolore più grande. >
Mi appoggiai al suo petto e respirai il suo profumo. Presi
coraggio e poi gli dissi:
< Vado a parlare con Reneè. > < Ti
aspetto. > Il suo
sorriso sghembo mi diede forza ed avanzai decisa in direzione di mia
madre.
Appena mi vide mi venne incontro e mi chiese, tutta euforica:
< Tesoro! Non mi hai ancora detto dove trascorrerete la luna di
miele! >
Io arrossii e poi le risposi: < Veramente non lo so …
Edward ha
voluto farmi una sorpresa. Partiamo dopodomani. Così
avrò tempo di preparare le
valige! > Le sorridevo commossa ed emozionata. Vidi Esme
lanciare una
brevissima occhiata a me e poi ad Edward ma non vi feci caso.
L’idea di trascorrere quindici giorni, che ero sicura che
Edward
avrebbe fatto diventare minimo venti, da sola con il mio sposo mi
eccitava!
Soli, insieme.
Reneè notò la gioia nei miei occhi e mi
abbracciò:
< Verrò all’aeroporto a salutarvi. Mi
raccomando, divertitevi!
> e mi diede un bacetto sulla fronte.
Ci sorridemmo e poi lei mi disse: < Va a salutare anche Charlie
… > Annuii e andai da mio padre, quasi di corsa
nonostante le scarpe. Quel
pomeriggio avevo avuto poche occasioni di parlare con lui che, dal
canto suo,
se ne era rimasto a chiacchierare con Carlisle di quanto i loro due
figli,
ovvero io ed Edward, fossimo ancora così giovani.
< Bells, piccola mia! > Mi gridò quando mi
vide. Mi
abbracciò strettissima e poi si allontanò un
po’ per vedermi meglio. < Sei
meravigliosa. >
< Grazie papà, ti sei divertito? > Mi
guardò e poi si sforzò
di dirmi: < Sì. Certo. È stata una festa
magnifica. > Lo abbracciai di
nuovo e pensai: “Papà, mi avevi chiesto di non
scappare, di darti l’opportunità
di salutarmi come si deve. Ecco, questa è la nostra
opportunità … ”
Quelle sulla spalla di mio padre furono le ultime lacrime che
versai quel pomeriggio.
< Bells, ci vediamo all’aeroporto dopodomani? >
< Va bene. > Non sapevo se dopo la mia partenza li avrei
più
rivisti ed ero quindi intenzionata a salutarmi per bene. Avrei parlato
sinceramente, spiegando loro che non sarei potuta andare a trovarli
spesso.
Avrei trovato qualche scusa, oltre la lontananza dell’Alaska,
s’intende!
Quando
ormai avevo salutato tutti, entrai in casa. Edward fu
immediatamente al mio fianco, davanti alla cucina.
Mi prese per i fianchi ed avvicinò il suo corpo al mio. Mi
baciò
con passione il collo e poi mi bisbigliò:
< Questa sera saremo soli … >
Non
mi parve di cogliere felicità nella sua voce. Lo guardai
negli
occhi e gli domandai, carezzandogli le guance:
< Cosa c’è che non va? >
Lui scosse il capo e disse soltanto: < Niente. >
Di punto in bianco gli chiesi: < E i Volturi? Cosa volevano?
> Cercai di mantenere un tono normale ma la mia voce
tremò.
Lui mi passò la mano sulla guancia e avvicinò il
suo volto al mio.
Il suo respiro mi sfiorava le labbra e faceva nascere in me una strana
fame. Mi
stava stordendo!
< Niente, controllare che tutto andasse bene …
> < Sei
troppo evasivo. > Riuscii a sussurrare prima di perdere del
tutto le mie
facoltà cognitive. Lui mi
baciò, questa volta sulle labbra e poi mi prese in
braccio:
< com’è essere mia moglie? > il suo
tono si era fatto
divertito.
< Fantastico! > risposi sbadigliando. Lui rise e io
domandai:
< Ed essere mio marito? >
< Non posso descriverlo … non mi sono mai sentito
così felice.
> e poi salì le scale ad una velocità
umana.
Al secondo piano, in una stanza piena di libri, c’era un
divano
molto comodo.
Lui
si sedette e mi fece sdraiare con la testa sulle sue gambe.
Io lo osservavo estasiata.
< Ti amo Edward. >
< Anche io … >
Le sue mani mi sfioravano la pelle e il vestito. Esitavano e poi
riprendevano
la ricerca del mio calore. I movimenti erano lenti e sensuali.
< Lo vuoi fare ora? > Chiesi, incuriosita dai suoi tocchi
incerti e trepidanti.
< No, aspettiamo che non ci sia nessuno! >
< Ma tanto tutti sanno cosa succederà! >
Replicai io impaziente,
dopo essermi portata a sedere ed aver abbracciato il suo collo.
Con dita insicure tentai di slacciargli i bottoni della camicia ma
lui mi riaccompagnò, ridendo, sulle sue ginocchia.
< Vuoi che tutti sentano? >
< No, forse è meglio che aspettiamo. >
Risposi, rossa in
volto ed imbarazzata. Mi ero dimenticata dei sensi ipertrofici dei
Cullen,
della mia nuova famiglia.
Lui mi baciò le labbra e poi io chiesi, avvicinandomi al suo
orecchio e bisbigliando: < Quando se ne vanno? > mi
sorrise complice e mi
sussurrò: < Presto … >
< Non sarà mai abbastanza presto, con tutto il tempo
che mi hai
fatto aspettare! > gli dissi fingendo ira. Lui mi
accarezzò i capelli e poi
le sopracciglia. Sbadigliai e poggiai il capo vicino alla sua pancia,
sdraiandomi e mettendomi comoda.
Lui cantava per me.
Chiusi gli occhi per un istante, per assaporare quel momento. Per
fissarlo indelebile nella mia memoria.
Solo un attimo, per riposare gli occhi. O almeno quelle erano le
mie intenzioni.
Poi
però Edward cominciò a sussurrare la mia
ninnananna e le sue
dita fredde mi presero a massaggiare gli occhi affaticati,
carezzandomi le
palpebre chiuse.
Fui
vinta dalla stanchezza e mi addormentai, nonostante fosse solo
pomeriggio …
|
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Capitolo 19 *** Sangue di Vergine ***
Ecco il capitolo 19 …
Grazie
per i bellissimi commenti
a:
PenPen,
Saphira87,
giulia9_91,
Livia1909,
chichetta99,
Hele91,
BellaSwan95,
Lilian
Potter, BellaSwan87,
hachicat,
momob,
alice
brendon cullen,
KiraraMiranda,
Ro90,
novilunio,
HopeToSave,
maira88,
poketpolly,
Wind,
sophie_95!!!
Oggi sono molto di fretta e non
riesco a farvi un ringraziamento
fatto bene. SCUSATE!!! volevo però dirvi che tutte le vostre
recensioni erano fantastiche
e che le ho apprezzate moltissimo!
Sono felice che vi sia piaciuto e che vi abbia commosso lo
scorso capitolo.
Spero che succeda lo stesso con questo.
Lily, grazie per il tuo aiuto fondamentale. Speriamo che il
rating non sia rosso!
Mi raccomando, recensite numerose !!!
Un grazie infinito a tutte voi!!!
Cassandra
Ah, dimenticavo … vi
chiedo un favore, leggete questo
capitolo ascoltando questa canzone di Jackie Chan. (lo so, sembra
assurdo! XD )
È assolutamente favolosa e mi ha fatto venire in mente il
finale della storia!!!
Non badate al video. Nel testo, ad un certo punto, comparirà
questo asterisco *
Quel punto è il corrispondente del minuto 3.20 del video!!!
Vi prego, ascoltate la canzone!!! Il link è:
http://it.youtube.com/watch?v=FJDPksQAq48&feature=related
Grazie!
Sentii
dei sussurri non molto lontano da me.
Esme
e Carlisle forse.
Il
loro interlocutore era Edward ed io ero ancora sulle sue gambe.
Le
voci smorzate mi giungevano confuse, ma riuscii comunque a cogliere
frammenti
di conversazione.
<
Edward > Esme pareva addolorata. < Allora, mi raccomando
… >
<
Non preoccuparti. > La risposta di Edward era stata secca. Il
mio Amore mi
parve triste. Poi udii Carlisle dire: < Allora noi andiamo. Per
che ora vuoi
che ritorniamo? Resteremo comunque a distanza di sicurezza. Non ci
allontaneremo troppo. >
<
Alle 2, massimo alle 3. Vi chiamerò io. Se ci saranno
problemi… vi avvertirò.
Tanto, rimarrete abbastanza vicini da potermi sentire se gridassi. Se
qualcosa
andasse storto … >
Alice
s’intromise, agitata: < Sta tranquillo. Non
succederà niente. E se dovessero
sorgere dei problemi, io lo vedrò. Andrà tutto
bene. >
Tornò
di nuovo il silenzio, dolce ed avvolgente.
Il
battito del mio cuore riempiva l’aria, insieme ai nostri
respiri.
Ero
troppo stanca per aprire gli occhi e poi, credevo che, forse, sarebbe
stato
meglio che Edward pensasse che non avessi ascoltato la conversazione.
Era il
tono disperato della sua voce a suggerirmelo.
Dopo
un tempo che mi parve infinito, le dita di Edward percorsero la mia
fronte e mi
scostarono i capelli dal volto. Sollevai lentamente le palpebre.
Sbadigliai e
gli sorrisi, guardandolo negli occhi.
Improvvisamente
mi strinse a sé, con molta foga. Chiusi di nuovo gli occhi e
poggiai le mie
braccia dietro la sua schiena. La mia guancia era poggiata sul suo
ventre e le
sue mani reggevano una la mia testa e l’altra la mia schiena.
Facendo presa
sulle sue spalle, mi portai a sedere e gli diedi un casto bacio sulle
labbra
fredde e lisce. Socchiusi appena le mie per poter sentire il suo
respiro dentro
la mia bocca. Questo mi risvegliò del tutto.
<
Perché non mi hai svegliata? > < Dormivi
così bene … e poi, hai bisogno
di riposare. >
<
Uffa. Non ha senso! Potrò riposare dopo. Dopo che
… Allora sì che sarò stanca!
>
Lui
mi guardò triste e io afferrai il suo volto con le mani. Gli
sussurrai:
<
Non agitarti. Andrà tutto bene. Ci proveremo. Se non ci
riusciamo, se ti
risulta troppo difficile, non importa. L’importante
è che ci proviamo. E poi …
> Proseguii dopo avergli baciato la fronte < E poi
abbiamo tutta la luna
di miele. Potremmo fare poco alla volta. Ogni giorno potremmo spingerci
un po’
più in là. Così potrai abituarti pian
piano … > non feci in tempo a
terminare la frase che le sue labbra si appoggiarono sulle mie decise
e, in
qualche modo, violente. Per un terribile e lacerante istante, mi
ricordarono
quelle di un altro. Scacciai via quel pensiero doloroso e mi concentrai
sulla
sua foga e sulle mie mani tra i suoi capelli.
Alla
fine si staccò da me e spostò indietro la mia
testa per potermi baciare il
collo e la pelle del petto lasciato libero dalla scollatura. Mi
abbandonai alle
sue braccia e mi lasciai accarezzare dalla sua lingua fredda che
lasciava
tracce brucianti sul mio corpo accaldato. Non saprei dire per quanto
tempo
rimasi in quel modo tra le sue braccia, ma ad un tratto, mi
sollevò come fossi
una principessa e, stringendomi tra le braccia, mi portò
nella nostra stanza.
Rimase
immobile per alcuni istanti sulla soglia, poi, sempre tenendomi tra le
braccia,
abbassò la maniglia ed entrammo.
Non
potei evitare di gettare uno sguardo al letto, ampio e comodo, che ci
attendeva, venni scossa da un fremito. Con un gesto fulmineo, Edward
afferrò il
telecomando dello stereo e nell’aria si diffuse una melodia
dolcissima.
Debussy.
Fuori
era buio e dall’immensa vetrata che ricopriva tutta la
parete, potevo osservare
il prato e i boschi dietro di questo.
La
luna, sebbene coperta e nascosta dalle nubi, irradiava una luce soffusa
che
illuminava a malapena la stanza.
A
piccoli passi si avvicinò al letto.
<
Ti amo Isabella. >
Io
chiusi gli occhi e, sorridendo, mi strinsi a lui. < Anche io.
>
Era
una risposta stupida ma era sincera. Le sue labbra cercarono le mie che
non gli
si negarono.
Teneva
un braccio sotto le mie gambe e l’altro lungo la mia schiena,
la mano era posizionata
dietro la mia testa e la sorreggeva, avvicinandola sempre di
più al suo volto.
Mi
appoggiò al centro del letto e si sdraiò affianco
a me.
Mi
girai di lato per poterlo guardare negli occhi. Lui fissava la mia
scollatura.
<
Edward? > < Sì? > < Ti vedo
pensieroso … > < Bhe, sono
assorto nella contemplazione. >
Allungai
una mano per poterlo accarezzare. Mentre quella sfiorava le sue guance,
lui mi
baciò il polso e respirò l’odore del
mio sangue.
<
Ti senti pronta? > Lo guardai curiosa e poi mi rimisi sdraiata.
<
E tu? > domandai
invece di
rispondere.
<
Sì. > La sua voce era decisa e sicura.
Voltai
il capo nella sua direzione e lo sorpresi fissarmi con uno sguardo che
mi fece
paura.
<
Edward? >
<
Ti amo. >
Pronunciò
quelle parole con una convinzione, con una passione che mi sorpresero.
Poi
le sue mani scivolarono sotto la mia schiena. Si era portato sopra di
me e il
suo respiro mi invadeva la bocca.
I
suoi baci sul mio collo mi eccitavano e non potei fare altro che
inarcare la
schiena.
Le
mie mani erano finite sulla sua schiena e non sapevo neanche come
avessero
fatto a finire lì?
Dovevo
aver perso proprio la testa. Nella mia mente vorticavano centinaia di
immagini assurde e a dir poco scandalose.
Le mie dita si aggrappavano alla camicia di Edward mentre il mio
respiro
accelerava.
Il
battito del mio cuore era assordante.
Poi
le sue mani si spostarono sulle mie gambe. Andarono lentamente dalle
ginocchia
alle caviglie. Con delicatezza mi sfilarono le scarpe che caddero con
un tonfo
sordo sul pavimento.
Teneramente,
mi accarezzò fino a spostare le braccia sotto la gonna.
Infilò le dita tra la
mia pelle e le calze di seta. Con gesti lenti e sensuali, me le
sfilò. Si mise
in ginocchio tenendole in mano poi, con un gesto teatrale, le
lanciò con grazie
dietro di sé. Posò le sue mani affianco alle mie
spalle e si piegò in avanti
per baciarmi la fronte. Si appoggiò con i gomiti e
cominciò a slacciarmi il
vestito.
Chiusi
gli occhi e lui mi baciò le palpebre. Le sue dita frattanto
mi stavano
liberando dei lacci che tenevano insieme l’abito.
Fremetti
quando finalmente la sua pelle gelata entrò a contatto con
la mia.
Mi
misi in ginocchio e poi in piedi, in equilibrio precario sul letto.
Edward mi
teneva per i fianchi.
Mi
sfilò l’abito dall’alto e poi mi
abbracciò. La sua guancia era appoggiata al
mio ombelico.
Chiusi
gli occhi e gli cinsi la testa con le braccia. Le sue mani invece
armeggiavano
con i lacci del corpetto. Con un gesto, deciso ma delicato,lo
slacciò e
l’indumento cadde.
Con
le sue dita mi massaggiava la schiena e io, ormai in iperventilazione,
mi
inginocchiai davanti a lui. Appoggiai il capo nell’incavo del
suo collo. Le sue
braccia mi cullavano e le sue labbra avide della mia pelle,
percorrevano il mio
corpo …
Presi
io l’iniziativa a quel punto. Con dita tremanti, cominciai a
slacciargli la
camicia.
Perché
diavolo quei bottoni mi sembravano incastrati nell’asola?
<
Stai calma. > mi sussurrò con voce vellutata.
<
Sono calma! > Mentii io. Possibile che fossi una tale imbranata?
In un
momento fondamentale come quello?
Alla
fine riuscii a lasciarlo a torso nudo. Io ero in biancheria. Pizzo nero.
<
Sei bellissima … > mi bisbigliò
all’orecchio.
Io
sorrisi e mentre le sue labbra decise mi riempivano di baci facendomi
il
solletico, emisi un risolino.
<
E ora sei solo mia. >
<
E tu sei solo mio. >
<
Amore, io sono sempre stato tuo. >
Sapevo
di non poter dire lo stesso. Ripiegai quindi su un bacio appassionato
subito
sotto il suo ombelico.
Tentai
di slacciargli i pantaloni e lui mi aiutò, guidando le mie
mani incerte.
Con
pochi movimenti, riuscii a far fare la fine delle mie calze anche alle
sue
braghe.
Si
sfilò le calze e mi fece distendere di nuovo, poi si
sdraiò a sua volta,
tenendo il suo corpo a pochi centimetri dal mio. Rimaneva appoggiato ai
gomiti.
Il suo petto premeva sul mio seno e il freddo mi trasmetteva
eccitazione. Le
sue mani s’intrecciarono alle mie. Lo fissavo negli occhi e
lui reggeva il mio
sguardo. Fiero e sicuro di sé. Sapevo che era emozionato ed
imbarazzato tanto
quanto me. Era il suo stesso tocco a svelarmelo.
Il sangue mi pulsava
velocissimo ed impazzito
nelle vene. Il mio respiro affannato mi imbarazzava e le carezze del
mio sposo,
che si faceva sempre più audace, non aiutavano di certo.
Cercai
di ritrovare il controllo perduto ma invano. Sapevo che mi voleva, che
mi
desiderava almeno quanto io desideravo lui. Lo capivo dai suoi
movimenti,
dalle
sue mani che si fermavano per alcuni istanti e poi ricominciavano a
vagare sul
mio corpo.
Continuava
ad appoggiare il viso sulla mia pelle per respirare a fondo il mio
odore.
I
suoi gesti mi parevano disperati, almeno quanto la sua voce durante la
conversazione con Esme e Carlisle. Lo accarezzai per cercare di
tranquillizzarlo. Poi gli bisbigliai.
<
Edward. >
Lui
prese tra le dita il ciondolo che mi aveva regalato e che giaceva, in
bella
mostra, sul mio petto.
Me
lo slacciò e lo appoggiò sul comodino. Poi fece
lo stesso con il braccialetto.
<
Perché? > Chiesi io appoggiandomi ai gomiti e
cercando di portarmi a sedere.
Lui mi poggiò un dito sulle labbra e mi ributtò
sul letto in modo violento. Mi
stupì e sorprese questo suo gesto assolutamente insolito per
uno come lui. Fece
pressione sulla mia spalla e zittì le mie proteste con un
bacio appassionato.
Quando
si separò mi disse:
<
Voglio avere te, te e nient’altro. Non voglio che tu abbia
addosso niente. >
Il suo respiro era dolce dolce e mi dava alla testa.
Ormai
non ragionavo più. Come poteva dirmi quelle cose e poi
pretendere che restassi
lucida?
Le
sue mani percorrevano la mia pelle e, arrivate dietro la mia schiena,
sganciarono il reggiseno.
<
Sei arrossita? >
Chiusi
gli occhi e annuii. Lo avvicinai con le braccia e lui
assecondò le mie
richieste.
Quando
sentii freddo sui seni, mi resi conto di essere nuda, nella pare
superiore del
mio corpo.
Edward
stava ricalcando i contorni delle mie labbra con lingua.
I
nostri corpi aderivano perfettamente e non provavo quasi neanche
più imbarazzo.
Tutto
era così naturale, così spontaneo. Entrambi
eravamo alla nostra prima
esperienza ma sembrava sapessimo come muoverci. Pareva fossimo nati per
amarci.
I
suoi baci lasciavano sulla pelle scie bollenti nonostante le sue labbra
fossero
fredde come ghiaccio. Mi accarezzava il petto e io sentivo
l’euforia crescere
dentro di me.
Mi
accorsi a mala pena che i suoi baci scendevano verso sempre
più verso il mio
bassoventre.
Sfiorò
con la bocca le mie mutandine in pizzo.
Di
colpo m’irrigidii e poggiai le mie mani sul suo capo.
<
Bella? > Mi chiese lui confuso. < Qualcosa non va?
>
<
No, no > risposi io affannata. < Sono solo emozionata.
>
Mi
portò le mani ai suoi boxer e poi appoggiò le sue
sui miei seni.
Respirai
a fondo e poi lo liberai da quell’indumento che mi pareva
inutile.
Mi
sorrise ed io allungai una mano per poi ritrarla quando toccai
… be, quello ...
Lui
rise sottovoce e poi si piegò in avanti per baciarmi il
collo.
<
Il tuo cuore batte forsennato. Le tue guance sono rosse. > me le
toccò e poi
si appoggiò a me.
Sentii
che era emozionato ed eccitato.
Percepivo
la sua impazienza.
Quando
Edward mi chiese: < Posso? > sorrisi e affondai la testa
tra i suoi
capelli.
<
Secondo te … >
<
A giudicare dal tuo respiro, dal tuo rossore … credo di si.
>
E
le sue mani mi liberarono dal piccolo lembo di stoffa.
Mi
carezzava i glutei, tenendo il capo sul mio seno. Mi sembrava di ardere
di
gioia e di piacere.
Ora
ci muovevamo con più naturalezza, scoprendo l’uno
il corpo dell’altra.
Era
uno scambio totale con la persona più importante della mia
vita.
Oramai
ci sentivamo liberi e in pace.
<
Non farti scrupoli … Voglio che mi avvisi, se ti dovessi
fare male … >
<
Non potresti mai farmi male. >
<
Non direi proprio. > così dicendo percorse il mio
braccio con la punta
dell’indice e poi baciò il livido. Prese dunque la
mia mano e baciò la piccola
fede d’oro.
<
Pronta? > Mi chiese e la sua voce tremò. Teneva gli
occhi chiusi.
<
Sì … > Alitai io, aggrappata alle sue
spalle.
Con
molta delicatezza e senza smettere di baciarmi, si avvicinò
sempre di più. I
suoi movimenti erano lenti e misurati. Le sue mani intrecciate alle mie.
Io
fremevo sentendo il suo bacino a contatto con il mio. Poi
lo sentii.
Lo
sentii unirsi a me. percepii un po’ di male ma il piacere fu
di gran lunga
superiore. Non potei però fare a meno di emettere un piccolo
gemito. Mi
aggrappai più stretta a lui e cercai di fare un respiro
profondo. Smise di
baciarmi e il suo fiato gelato soffiò sulla mia fronte
imperlata di sudore. Dopo
un suo movimento, dovetti serrare le labbra per non lamentarmi. Udii il suono dei suoi denti
che si serravano.
Le sue dita si separarono dalle mie. Voltai lentamente il capo e lo
vidi
stringere i pugni. Era l’odore del mio sangue …
Con
il palmo della mano, sfiorai il suo volto.
Con
un gesto repentino poggiò la sua mano sulla mia e se la
strinse di più contro
il volto. La portò sulla bocca e la baciò.
<
Ti … ti ho fatto male? > Mi domandò
cercando di mantenere un tono di voce
naturale.
Sentivo
che si stava sforzando. Scossi la testa e sorridendo lo rassicurai:
<
No. Ti prego. Non pensarlo neanche … >
Aprì
gli occhi e mi fissò.
Rimasi
sconvolta dall’intensità dei suoi. Erano diventati
neri come la pece. Sebbene
fosse andato a caccia solo la notte precedente …
Lui
intuì la mia preoccupazione e mi sussurrò,
baciando la mia clavicola:
<
No, non avere paura. Va tutto bene. >
Annuii
spaesata e poi mi accorsi dei movimenti del suo bacino, lenti e cauti.
M’incurvai
per assecondare i suoi movimenti e i fremiti che mi percorrevano il
corpo ….
Rimanendo
aggrappati l’uno all’altra, continuammo in quella
sorta di danza.
La
musica intanto era cambiata. Erano le composizioni di Edward
…
<
La mia ninnananna … >
<
Già! >
Quella
sera stavamo battendo tutti i record di discorsi stupidi …
Dopo
non so quanto tempo, si separò da me. Lentamente fece in
modo che i nostri
corpi non fossero più uniti.
Si
sdraiò al mio fianco e mi abbracciò.
<
Allora? > mi chiese guardandomi malizioso. Si era poggiato su un
fianco e
osservava il mio corpo.
Io,
che avevo ancora il fiato corto, feci fatica a pronunciare una frase di
senso
compiuto.
Diciamo
che, più che altro, le mie parole parevano
un’accozzaglia di suoni.
<
sì, direi che ti è piaciuto … >
Il suo sorriso sghembo contribuì a non farmi
arrivare ossigeno al cervello.
<
Respira. > Si stava divertendo. Feci finta di spingerlo via e
lui assecondò
il mio gioco.
Era
lì, supino al mio fianco. Non potei resistere alla
tentazione e mi sedetti su di
lui.
<
Non esagerare … > Mi disse quasi ridendo. La sua voce
mi diceva una cosa e i
suoi occhi tutto il contrario. Mi chinai a baciargli il petto e poi mi
rimisi
in piedi. Gli porsi la mano e lui l’afferrò.
Si
alzò e io gli domandai: < Vieni a fare una doccia?
> Ero ancora
accaldata.
Invece
di rispondermi, mi abbracciò stretta e poi mi
baciò con passione e tormento.
Rimasi
sorpresa. Più volte quella sera avevo notato qualcosa di
strano. Pensavo fosse
l’emozione … spense lo stereo ed andammo in bagno.
Una volta entrati nella
doccia, lui regolò il calore del gettito.
Nel
vano rimanemmo abbracciati, facendoci scorrere addosso
l’acqua calda.
Stavamo
bene ed eravamo tranquilli. Mi appoggiavo a lui e la mia faccia premeva
contro
il suo petto mentre lui mi teneva stretta. il suo volto era immerso nei
miei
capelli. Stava respirando il mio odore …
<
Isabella … >
Alzai
lo sguardo. Perché mi chiamava usando il mio nome completo?
Teneva
gli occhi chiusi e il volto era contratto in una smorfia di dolore.
Mi
strinsi di più a lui e sussurrai: < Edward
… Si può sapere cos’hai? >
<
Ti amo. Troppo. >
<
Mai abbastanza! >
Mi
abbracciò e mi sorrise.
<
usciamo o prenderai freddo. >
Chiuse
l’acqua e mi avvolse in un enorme accappatoio. Mi
asciugò e poi mi porse un
completino di intimo. Molto tranquillo. Bianco.
Lui
si infilò dei boxer e dei pantaloni della tuta.
Mi
prese tra le braccia e mi riportò in camera.
<
hai sonno? > mi domandò in modo innocente. La mia
risposta maliziosa fu:
< Per niente. Ho voglia di giocare ancora. > < Non
se ne parla. >
Mi cadde l’occhio sulla sveglia.
Segnava
le 2 di notte. Mi ricordai del discorso di Edward con Carlisle e capii
che
perché non potessimo più … fare i
novelli sposi.
Sospirai
tra la sue braccia gentili che mi rimisero tra le coperte.
Mi
sdraiai e notai delle piccole tracce di sangue sul lenzuolo.
Le
sfiorai con la punta delle dita e lui fece lo stesso.
Lo
guardai negli occhi, neri come la pece, e, dopo essermi avvicinata al
suo
volto, lo baciai. Quando le nostre labbra si separarono, gli bisbigliai:
<
Visto? È stato molto bello ed è andato tutto
bene. > Gli sorrisi
incoraggiante e lui ricambiò. La sua voce vellutata mi fece
mozzare il respiro.
<
Ora dormi. Devi riposare. >
Obbediente,
mi coricai.
Mi
stavo addormentato cullata dalle note sussurrate della mia ninnananna.
Ogni
tanto s’interrompeva, mi sussurrava: < Ti amo.
> e poi ricominciava a
cantare.
Ero
già in uno stato di dormiveglia quando le sue carezze si
trasformarono in baci.
Le
sue labbra gelate sfiorarono le mie e poi scesero delicate sul mio
collo. Le
sue mani erano strette intorno alle mie. Le palpebre mi parevano
pesanti come
piombo e sapevo che di lì a poco sarei crollata
addormentata. Quando si
staccava dalla mia pelle, sussurrava il mio nome e poi ritornava a
baciarmi il
collo.
*
Improvvisamente, qualcosa di gelido e simile ad una lama mi recise il
collo.
Percepii chiaramente un fiotto caldo scorrere dalla ferita, proprio
come mi
accorsi che qualcosa era entrato nel mio corpo dalla stessa ferita.
Gridai
in preda al terrore e al dolore causato dalla lacerazione profonda.
<
AHHHHHHHHHHH >
<
Sht, Bella, Sht. Ti prego. >
Al
dolore del taglio se ne aggiunse un altro, ben più terribile
che si diffondeva
lentamente. Inesorabile. Spalancai gli occhi e vidi chiaramente il
sangue che
era colato sul lenzuolo.
<
Ahhhhhhhhh > non riuscivo a trattenere le grida.
<
Ti prego. Perdonami ti supplico! > Edward mi stava implorando.
Soffriva…
Mi
girava la testa e dovevo vomitare. Venni scossa da conati che non
potevano
espellere niente.
Mi
resi conto che mi aveva sollevato le braccia. Le teneva per gli
avambracci. Tra
le lacrime e le urla riuscii a gridare: < No! No! Lasciami!
> lo guardavo
negli occhi e vidi la sete che lo attanagliava e il dolore che lui
stesso
provava.
<
Non posso. Perdonami. Lo faccio per te. >
Così
dicendo, avvicinò la sua bocca alle vene del polso. Recise
anche quelle.
Io
mi dibattevo senza mai smettere di strillare. Le sue labbra si
appoggiarono sulle
mie gambe.
<
EDWARD. TI PREGO! LASCIAMI! LASCIAMI ANDARE! >
<
Bella, amore mio … In questo modo sarà
più veloce … > La sua voce era
disperata.
I
suoi denti affilatissimi lacerarono anche la pelle delle caviglie in
prossimità
dei miei vasi sanguigni.
Sentivo
il sangue scorrere, abbandonare il mio corpo. Aveva inzuppato le
coperte e le
lenzuola, coprendo le poche gocce perdute poche ore prima.
Il
mio sposo tentava di sovrastare le mie urla con le sue parole. Parole
che non
riuscivo a distinguere.
Mi
pareva mi avesse iniettato fuoco liquido nelle vene.
Bruciavo
e non riuscivo a trovare sollievo.
Terrorizzata,
cercai invano di liberarmi dalla sua presa ferrea.
<
Bella, agitarti non ti aiuterà. Devi solo aspettare. Vedrai
che passerà. Passerà.
Te lo giuro amore mio. >
La sua voce era
terrorizzata. Se avesse
potuto, avrebbe sicuramente pianto.
Mi
stringeva a sè e non si curava delle mie grida. Perché era
così crudele? Perché
mi aveva fatto questo?
Finalmente
capii perchè quella sera era così disperato ...
Le parole sussurrate da Esme e Carlisle acquistarono improvvisamente un
senso.
In
preda al dolore, serrai le palpebre e inarcai la schiena. Non ero
neanche in
grado di ricordare il piacere e la gioia a cui avevo abbinato quel
gesto tanto
era il dolore che provavo.
<
Perché? Perché? > Gridai ad un tratto,
mentre il mio corpo era sconvolto
dagli spasmi. Aveva lasciato andare le mie braccia e io sbattevo i
pugni contro
il suo petto. Lui tentava di calmarmi:
<
Ti prego. Ti prego. Devi stare ferma. Non fare così.
> Tentava di
trattenermi tra le sue braccia.
Non
riuscivo a smettere di urlare.
<
EDWARD! > Gridai con quanto fiato avevo in corpo.
Alla
fine mi lasciò andare e io mi rannicchiai su me stessa,
scossa da tremori
incontrollabili.
Piangevo
e sapevo che sarebbe stata l’ultima volta. Credevo che il
cuore mi sarebbe
esploso nel petto. Non riuscivo a respirare.
<
Bella … > La voce di Edward era insicura, esitante
…
Quando
mi sfiorò la spalla con le dita, mi ritrassi urlando ancora
di più. Ero in
preda a convulsioni incontrollabili.
Sentii
la voce di Esme e il rumore di una porta che sbatteva …
Nell’atroce
dolore che provavo, realizzai che non avrei più potuto dire
addio alla mia
famiglia. Non volevo. Non doveva succedere adesso.
Improvvisamente seppi che
non ero pronta. Non ancora. Avevo troppe cose da fare …
Capii
che stavo morendo. Desiderai che quel tormento indicibile avesse presto
fine,
anche se significava morire per sempre e non poter tornare da Edward.
Cercai
di tenere gli occhi aperti per poter vedere che ore fossero sul display
della
sveglia.
Tutto
mi pareva tremare e i contorni degli oggetti erano sfocati.
Mi
resi conto che erano solo le tre meno venti.
Non
erano passati neanche dieci minuti e io già non riuscivo
più a sopportare
quella tortura. Invocai la morte mentre il mio sposo cantava la mia
ninnananna.
Talvolta
si interrompeva e mi sussurrava con la voce spezzata dal dolore e
dall'angoscia:
<
Perdonami. Perdonami. >
La
soffernza che provavo non mi permetteva neanche più di
pensare, di capire. A stento riconoscevo la sua voce tra le mie urla
assordanti.
Le uniche
cose di cui ero consapevole erano il dolore e il fuoco che bruciava
dall'interno del mio stesso corpo. Desideravo soltanto che tutto avesse
presto fine.
|
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Capitolo 20 *** Oltre il confine ***
Premettendo che ho cercato di evitare
che la storia mi
venisse censurata, la scena della fatidica notte non è stata
descritta molto
dettagliatamente nel momento clue ( non ho la più pallida idea di come si scriva! XD ). Non volevo dover vietarla ai minori
di 18
anni!!! La versione originale era un po’ come dire,
più piccante ma ho
effettuato alcuni tagli strategici. Spero capiate le mie motivazioni!
Sapete
una cosa? Io volevo finire con lo scorso cap ma poi mi sono ravveduta e
ho
deciso di completare la fic! Spero sia stata una buona scelta
… Anche se forse,
nell’altro modo, sarebbe stato più poetico come
finale ...
Scusate se posto con così tanto ritardo ma questa settimana
è terribile scolasticamente! Non so come farò a
sopravvivere. Inoltre, scrivere
questo capitolo è stato un parto lungo e doloroso.
Tutte le volte che aprivo Word e cercavo di continuare o
modificare ciò che avevo scritto si impallava tutto il
computer, per non
parlare dei problemi con l’alimentatore. Insomma, una brutta
settimana …
Questo capitolo è stato scritto in un momento di sconforto,
quindi siate avvisate!!! XD
Ed ora, i ringraziamenti:
Fantastici i vostri commenti!!!
Però, fatemi un favore, non
mortemi tutte di curiosità se no poi chi la legge la mia
povera ficcy? XD
clodiina85
Grazie e scusa per il ritardo …
presumo di averti sconvolta, dato il
commento.
yuyutiamo
Speravo di sorprendervi … x la scena
vale ciò che ho scritto sopra.
Grazie x l’apprezzamento!
alice
brendon cullen Troppo carini, vero?
giulia9_91
Spero di riuscire a soddisfare la tua
curiosità! Grazie per i
bellissimi ( ed esagerati ) i complimenti che mi hanno fatto arrossire!
HopeToSave
Evvai! Ce l’ho fatta a commuoverti!!!
Ehm, sì … l’ha morsa …
bunny65
Grazie, sono contenta che ti piaccia!
_sefiri_
Spero che ti piaccia anche questo cap. Thanks
KiraraMiranda
Colpa tua … XD
Hele91
Grazie !
Gocciolina
Troppo gentile!!! Peccato
che
ormai è finita …
Lilian
Potter Per tutta la sera mi hai
tartassato di domande ma io, irremovibile,
non ho ceduto! Per non rovinarti la sorpresa ( e perché sono
perfida … ) !!!
non ho fatto bene forse? Ciao!
hachicat
Me molto contenta!!!
Wind
Grazie! Piccolo colpo di scena!
PenPen
I tuoi commenti sono sempre fantastici! Thank
you!!! XD
poketpolly
Mi spiace ma non posso proprio …
anche se … XD
Saphira87
Centra la vergogna ma anche il timore dei
rating! Sono contenta che
ti sia piaciuto lo stesso!
Clhoe
Spero ti piacerà !!!
chichetta99
Grazie per i complimenti!
BellaSwan87
Che bello! Hai ascoltato la canzone! Secondo me
era perfetta per la
scena. Me li ci vedevo troppo XD! Davvero lo pensi? Sono troppo felice!
E per
la storia in genere, sono davvero felice che ti piaccia! Adesso che
è
praticamente finita, ne sto già preparando
un’altra. Sempre Edward\Bella!
Spero la seguirai!
BellaSwan95
Ciao Sara! Eh eh, il fatidico 3.20!!!!!!!! XD
yumisan
Grazie! Scusa per il ritardo!
Miss
Kiss E la tua curiosità
verrà placata!
E ora, devo ringraziare
particolarmente Pocia.
scusa, credo di averti shockata XD mi spiace di averti fatto impazzire
ma
davvero è già tanto che sia riuscita ad accendere
il pc!!! Spero ti piacerà
anche questo cap!!!
Grazie anche a tutte coloro che hanno solo letto!
Ringrazio infine le 10 persone che
hanno aggiunto la mia
storia tra i preferiti. Scusate se non vi cito, ma non riesco
più a distinguere
i nomi!!!! Spero perdoniate!!! XD
Ciao e a presto!
Cassandra
<
Carlisle … > La
voce di Edward sembrava terrorizzata. < Sta perdendo troppo
sangue. Guarda
quanto sangue!!! > Sembrava sul punto di impazzire. < Ho
sbagliato. Ho
sbagliato! Dovevo farlo fare a te. >
<
Sta tutto proseguendo
nel modo giusto. Non preoccuparti. È normale …
con queste ferite.
Anche con Rose è stato lo stesso … > Le mani di
Edward si poggiarono sul mio collo in
prossimità della lacerazione. Erano fredde contro la mia
pelle in fiamme.
Non riuscivo
controllare i movimenti del mio corpo. Continuavo a dimenarmi tra le
grida e,
quando aprivo gli occhi, vedevo Edward, a pochi centimetri da me che mi
osservava distrutto. Ero però costretta a serrarli subito
dopo, sconvolta da
un’altra ondata di dolore.
Talvolta sentivo il suo
tocco lieve ma io mi ritraevo al contatto.
Qualsiasi posizione
assumessi, non riuscivo a trovare sollievo. Per cercare di non gridare
mi
morsi le labbra. Dopo poco sentii il sapore del sangue invadermi la
bocca.
Le sue, dita leggere ma
decise, mi costrinsero a riaprire la bocca. un liquido denso e rosso mi
gocciolava copioso sul mento.
<
Edward … > La voce
di Esme. < Dovresti uscire ... sto io con lei, caro. >
< No. >
Due braccia gelate mi
cinsero e mi strinsero al petto nudo del mio sposo nonostante io
cercassi in
tutti i modi di divincolarmi. La mia schiena premeva contro la sua
pancia.
< Ahhhhhhhhh lasciami!
lasciami! Non mi toccare! Mi fai male! Mi fa male! >
< Bella. >
Non mi lasciava andare.
Non voleva liberarmi.
Mi voltai per poterlo
tempestare di pugni. Mi afferrò per i polsi e mi costrinse a
sdraiarmi schiena
a terra. Si appoggiava a me impedendomi di muovermi. Teneva la testa
affianco
alla mia. Le sue labbra mi sfioravano l’orecchio e mi
sussurravano di stare
calma.
Io non gli prestavo
minimamente retta. Nonostante il male alla gola continuai a gridare,
sempre più
forte.
Mi sembrava che il mio
corpo venisse trafitto da centinaia di pugnali e che nelle mie vene
scorresse
fuoco liquido.
Sentii
le dita di Esme
accarezzarmi la fronte.
Scalciavo e gridavo e loro
non facevano niente per aiutarmi. Non potevano.
Credevo, ero sicura che sarei impazzita di dolore.
Neanche il contatto con la
pelle gelata di Edward riusciva a lenire la mia sofferenza.
Sentivo le loro voci.
Sentivo il mio nome ma non riuscivo a capire cosa mi stessero dicendo.
Non
riuscivo a rispondere.
Il mio cuore batteva
furioso e sembrava ardere nel mio petto. I miei polmoni mi sembrava non
riuscissero a contenere abbastanza aria.
Edward si allontanò da me
e mi lasciò sola a dimenarmi sul letto.
Aprii
gli occhi e vidi
ancora quella maledetta sveglia. Segnava le 8.
Come diavolo era
possibile. Non poteva essere passato così poco tempo. Stavo
troppo male. Non ce
l’avrei fatta a sopportare …
Mi sporsi dal letto e
afferrai l’orologio tra le mani. piangevo e gemevo mentre le
mie dita si
stringevano intorno al piccolo oggetto.
<
Bella? > Carlisle
si era avvicinato e cercava di mettermi sdraiata.
Un’altra fitta sconvolse
il mio corpo e io urlai. Caddi dal letto e continuai a tremare,
trascianatami
nell’angolo.
Con quanta forza avevo in
corpo, scagliai la sveglia contro il muro per poi accasciarmi su me
stessa. Mi portai le mani al volto e strinsi i
pugni, affondando le unghie nella carne.
Socchiusi gli occhi gonfi
di lacrime ed intravidi Esme vicino a me e, poco più in
là, Edward. Lui mi
prese in braccio e mi rimise sulla trapunta. Vidi il sangue
che impregnava le
lenzuola, ma stavo troppo male per capire che fosse davvero molto.
Moltissimo.
Chiusi gli occhi per
reprimere un conato di vomito.
Le
mani di Edward non mi
abbandonano ma anzi, mi continuarono ad accarezzare.
< Ho paura. >
sussurrai tra una fitta e l’altra.
< Non devi. Ci sono qua
io. Non mi allontanerò. >
< Fa male! Brucia,
Edward. Brucia! >
< Lo so, lo so. Presto
finirà … > Mi promise lui con voce
affranta. Mi strinse tra le sue braccia
per tranquillizzarmi. Io ero in preda alle convulsioni. Ad un tratto mi
sorpresi ad urlare: < UCCIDIMI! SE MI AMI VERAMENTE UCCIDIMI!
> Edward mi strinse più forte a
sé.
Nell'agonia della trasformazione, quello fu il mio ultimo attimo di
lucidità. Poi, l'oscurità.
Quando
riaprii
gli occhi, dopo alcune ore di agonia, vidi fuori dalla finestra dei
timidi
raggi di sole.
Ero logorata dalla sete e
dal dolore. Chiesi acqua ma nessuno riuscì a capire le mie
parole.
Il fuoco che mi consumava
era dentro le mie stesse vene.
Un ragazzo bellissimo mi
asciugava la fronte madida di sudore.
Le mie grida si erano
intanto fatte più fioche.
Non
sapevo chi fossi, dove
mi trovassi, chi fossero quelle bellissime creature che mi osservavano,
pazienti. Tutte calme tranne una. Il dio che mi abbracciava sembrava
patisse le
mie stesse pene.
Protesi la mano per
accarezzare la sua pelle perfetta. Mentre gli sfioravo la guancia, il
dolore mi
avvolse nuovamente impedendomi di controllarmi. Afferrai i capelli del
giovane
e, urlando, li strinsi in una presa strettissima. I miei occhi si
chiusero
all’istante.
< Bella … Bella … Ti
amo. Ti amo tantissimo. Perdonami, perdonami. >
Parole confuse e senza
senso attraversavano la mia mente offuscata dalla sofferenza.
Mi strinsi al corpo del
ragazzo chiedendogli di avere pietà, chiedendogli di
uccidermi ponendo fine a
quell’atroce tortura.
I
successivi due giorni
furono un confuso alternarsi di oscurità e sofferenza.
Alla fine del secondo
giorno, quando per la seconda volta la notte calò sulla mia
sofferenza, non
gridavo neanche più. Le mie urla erano diventate mute.
Ansimante, rimanevo rannicchiata al centro di un letto a
baldacchino. Sentivo il mio cuore che batteva affaticato. Ogni
pulsazione
ravvivava il dolore. il mio corpo veniva sconvolto dalle convulsioni.
All’inizio della terza
notte, ricominciai a distinguere le voci. Una donna e una ragazza
chiamavano un
nome a me familiare.
Un angelo continuava a
ripetermi:
<
Tra poco sarà tutto
finito … > e ogni volta mi carezzava con gentilezza.
Era crudele a mentirmi a quel modo. Io però non
potevo farfe a meno di fidarmi. Mi aggrappavo alla sua voce cercando di
restare viva.
Quando sentii delle labbra
fredde sfiorarmi la guancia, socchiusi a fatica le palpebre e tra le
lacrime
che ormai scorrevano a fatica, vidi lui.
Il ragazzo che credevo di
aver sognato mi sorrideva triste.
Negli spasmi, cercai di
respirare a fondo e di trovare la forza di parlare.
< aiuto … > Sembrava che gli avessi conficcato
un pugnale nel petto con le mie parole, a giudicare dal suo sguardo.
Mi strinse una mano, se la
portò alla bocca e me la baciò. Le sue labbra
tiepide mi parvero familiari.
< Isabella … tra poco
starai bene. > Speravo che non mi stesse
mentendo.
Chiusi gli occhi e cercai
di avvicinarmi a lui. Il mio corpo, ancora sconvolto dai sussulti e dai
tremiti
, era sfinito e non riuscii a muovermi. Il ragazzo mi
abbracciò e io mi
abbandonai a lui.
Chiusi di nuovo gli occhi
e persi conoscenza.
Il
mio cuore faceva sempre
più fatica a continuare a pompare il sangue che era rimasto
nelle mie vene
tormentate. Ad un tratto, ripresi coscienza di me stessa. il mio corpo
era sempre più debole e provato. ogni movimento era
un'agonia ma, allo stesso tempo, non riuscivo a controllare gli spasmi.
Nel buio che mi avvolgeva, sentivo le mie lacrime solcarmi il
volto.
Il fuoco che aveva preso
il posto del mio sangue si stava lentamente estinguendo e il dolore che
invadeva anche l’ultimo lembo di pelle, anche
l’ultimo muscolo, si andava
attenuando.
Qualcuno mi stava
accarezzando la schiena tenendomi abbracciata a sé. Il mio
naso era appoggiato
al petto dell’angelo. Il suo odore irresistibile mi penetrava
nel naso e mi
dava finalmente sollievo.
Improvvisamente le mani
che mi coccolavano si fermarono di scatto e, con un sussulto, mi
strinsero
disperatamente al corpo del giovane.
In quello stesso istante,
il silenzio calò nella stanza.
Il mio corpo, esausto,
aveva smesso di combattere.
Il mio cuore smise di
battere nel momento stesso in cui la luna fece capolino da dietro le
nubi.
Finalmente, smisi di
soffrire.
Nessuno osò parlare per
molto tempo. I minuti passavano lenti.
Sentii una mano spostarsi
dalla mia schiena al mio capo. Passava le dita tra i miei capelli.
Nella mia mente, il vuoto.
Alzai leggermente la testa
ed aprii lentamente i miei occhi stanchi ed asciutti.
Due
pozzi scuri e profondi
mi fissavano colmi di angoscia e dolore.
Senza neanche pensare,
pronunciai un nome che sapevo essere il suo:
< Edward … >
Mi sorrise e mi sfiorò il
viso con dita tremanti. Si soffermò sulla pelle sotto i miei
occhi.
Io li chiusi e mi
avvicinai di più a lui. Sentivo il bisogno di respirare quel
profumo
tranquillizzante.
< Bella? >
Non risposi. Ero
frastornata da una serie di suoni confusi che mi invadevano la testa.
Il
fruscio del vento era assordante.
< Bella? Ti prego,
rispondimi … >
< Chi sei? >
domandai cercando di ritrovare la calma.
< Edward, spostati un
secondo. > La voce autoritaria e tranquilla di un uomo fece
sì che il mio
angelo si allontanasse da me.
Un
bellissimo giovane
uomo, biondo e affascinante, si sedette sul bordo del letto.
Mi prese una mano e mi
aiutò a mettermi a sedere.
< Ciao. >
< Salve. > Risposi
io confusa.
< Come ti senti? >
mi domandò gentile mentre osservava il mio corpo seminudo.
< Bene … > dissi io
timida. Era strano. Non sentii il sangue salirmi al volto.
< Sono molto contento …
adesso non ti devi spaventare. Ti toccherò la pelle. >
Annuii e attesi.
Le sue dita discrete si
appoggiarono sul mio collo e sui miei polsi. Passarono leggere sul mio
petto e
poi mi sfiorarono il viso. Dopo avermi accarezzato i capelli bagnati di
sudore,
si avvicinò e mi baciò la fronte.
< Benvenuta. >
Io rimasi lì a fissarlo
stupita.
Una ragazzina, esile e
minuta, venne verso di me mi chiese:
< Te la senti di fare
una doccia? >
La
guardai e poi
osservai il mo corpo. Era ricoperto di sangue, proprio come il letto.
Terrorizzata, gridai e
arrancai verso il bordo del letto. Il giovane che mi era stavo vicino
mentre
bruciavo, mi strinse tra le braccia e tentò di
tranquillizzarmi.
Cercai di piangere ma dai
miei occhi non uscì alcuna lacrima.
Avevo paura. Se provavo a
ricordare cosa ci facessi in quella stanza l’unica cosa che
vedevo nella mia
mente era un mare di sangue.
<
Edward … > era
l’unica cosa che riuscivo a dire … Quel nome mi
rimbombava nella testa. Sapevo
che solo tra le sue braccia sarei stata al sicuro.
< Va tutto bene. Va
tutto bene. Ora andiamo di là. > mi prese in braccio
e mi portò in un bagno.
Mi fece entrare nel vano della doccia nonostante indossassi ancora la
biancheria,
ed aprì l’acqua. Non chiuse la porta di vetro e
rimase in piedi davanti a me.
Lo fissavo mentre l’acqua mi scorreva lenta e liberatrice sul
corpo. I miei
capelli si bagnavano e ricadevano sulle mie spalle.
Lui allungò la mano e mi
carezzò la guancia.
Singhiozzavo ma ormai
sapevo che quelle che scorrevano sul mio volto non erano lacrime. Solo
acqua ...
Fece tutto lui. Mi passò
delicato le mani sul corpo lavando via il sangue, il cui odore mi
faceva girare
la testa, finché non fui pulita.
Sentivo la mia pelle dura sotto le sue dita.
Chiuse il gettito e
mi avvolse in un asciugamano. Mi fece sedere sul pavimento e con cura
mi
asciugò i capelli.
Mi tolse la biancheria
bagnata e mi infilò un pigiama.
Un
pigiama che avevo già
visto ...
Era
blu scuro. Un bel
colore.
Chiusi
per un attimo gli occhi
e mi vidi in un negozio. Afferravo l’indumento e lo porgevo
al ragazzo chiamato
Edward. Lui mi baciava e poi infilava il pigiama in un cestello.
Riaprii gli occhi e lo
fissai per un lungo istante e poi mi alzai in piedi. Uscii dal bagno e
rimasi
ferma davanti alle scale.
Mi venne incontro un
giovane alto ed imponente. Mi sorrideva tranquillo e rilassato.
< Bella, allora? Come
va? >
< Bene … Emmett … >
sapevo che era così che si chiamava.
Sentivo le voci che
provenivano dalla stanza in fondo al corridoio come se fossero state
pronunciate a pochi centimetri da me.
<
Non preoccuparti
Edward, è solo confusa … Lasciale un po' di tempo
per riprendersi, per accettare la situazione. La sua nuova condizione
... >
"Nuova
condizione" Quelle parole innescarono il meccanismo della mia memoria.
Pian piano i ricordi
ricominciarono a ricomporsi e finalmente riuscii ad avere una visione
completa
di ciò che era stata la mia vita.
L’ultimo ricordo che
serbavo era quello di me ed Edward, dei nostri corpi nudi che si
univano
dolcemente. I suoi baci e le sue carezze appassionate sulla mia pelle
calda e
sudata. Morbida
Poi ricordai i denti. Le
lacerazioni ed il dolore.
Caddi
sulle ginocchia ed
Emmett si accovacciò al mio fianco, posandomi una mano sulla
spalla.
< Bella, vuoi che ti
porti in camera? >
Scossi il capo sconvolta
dai singhiozzi che sapevo sarebbero rimasti aridi per il resto
dell’eternità.
< Bella … > Edward
mi era venuto vicino e mi accarezzava.
Mi buttai tra le sue
braccia protettrici.
< Perché? > Domandai
soltanto.
< Perché ti amo. >
< Perché mi hai fatto
questo? >
Non mi rispose ma cominciò
a cullarmi dolcemente.
<
Edward … >
sussurrai ormai consapevole della situazione. Sapevo cosa era successo
ed avevo intuito le sue motivazioni.
< Mi dispiace davvero di
averti fatto questo … non avrei mai dovuto accettare sono
stato uno sciocco.
Avrei dovuto lasciarti la tua umanità. Dovevo portarti via
subito … >
< Amore. > mi
strinse più forte quando pronunciai quella parola. Sapevo
che in quel momento
era importante non fargli capire la miriade di sentimenti contrastanti
che mi
attraversavano la mente.
< Non sono arrabbiata
con te. Lo so che se avessi avuto scelta, non lo avresti mai
… > mi fermai
di colpo. Terrorizzata. Sentii anche Edward irrigidirsi. Delle voci.
Qualcuno
si stava avvicinando.
< No, Bella, non
preoccuparti. Sono ancora lontani. Il tuo udito è molto
più sviluppato adesso.
Abbiamo ancora qualche minuto. >
Era orribile. Mi veniva da
piangere per la paura ma nessuna lacrima poteva sgorgare dai miei
occhi. Mi
limitai a tremare come una foglia.
Carlisle ed Esme ci
passarono vicino e scesero al piano terra.
<
Bella, vieni. > La
sua voce vellutata mi fece riacquistare un filo di lucidità.
< Dove? > domandai
terrorizzata.
< Da loro. > La sua
voce era carica di odio.
Scossi la testa con
convinzione ma lui non volle sentire ragioni. Mi prese tra le braccia e
mi
portò da basso, insieme agli altri.
Mi fece accomodare sul
divano sulle sue gambe. Alla nostra destra stava seduto Emmett, a
sinistra
Alice.
< Edward … Mi brucia …
> sussurrai sfiorando il punto in cui mi aveva ferita, in
prossimità della giugulare, quando il fastidio che avvertivo
alla gola divenne una sorta di
dolore.
< Tranquilla. È la
sete. Appena avremo risolto questo problema, ti porterò a
caccia. Non devi
preoccuparti. Penserò io a te. >
Annuii e mi appoggiai a
lui. Il suo petto non mi parve più freddo. Alzai lo sguardo
e vidi il mio
riflesso nella vetrata imponente e magnifica.
Una
ragazza, bellissima e
diafana, mi osservava sconvolta. Mi sfiorai i capelli e lei fece lo
stesso. Ero io. Edward si chinò in
avanti per baciarmi la mano con tenerezza.
Il
mio riflesso mi
sconvolse. Sembravo uno spirito da tanto ero pallida. Anche da
… viva … ero
sempre stata molo chiara.
Le mie labbra, i miei
tratti. Ero e non ero io allo stesso tempo. Non più una
sola, minima
imperfezione. Non volli soffermarmi oltre su quella figura splendida ma
glaciale che mi osservava da dietro il vetro.
Ero ancora confusa dai
suoni confusi che mi circondavano quando percepii chiaramente Edward
stringermi
a sé e sussurrarmi: < Ti amo. Ora e per sempre.
>
Poi
sentii la porta d’ingresso
aprirsi.
Jasper entrò e, dietro di
lui, intravidi delle figure avvolte in tuniche scure. Dopo pochi passi,
anch’esse furono illuminate dalla luce della sala.
Rabbrividii
nonostante non
sentissi più freddo. Avevo paura.
|
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Capitolo 21 *** Ti amo. Ora e per sempre. ***
Ok, ciao a tutte!
Non so come chiedervelo
però, beh, diciamo … insomma …
NON UCCIDETEMI. Non
fatelo per favore … neanche dopo aver letto questo capitolo.
è una condizione necessaria al proseguimento della storia
... vedetela in questo modo! Ho anche aggiunto: drammatico nel genere ... e pensare che all'inizio avevo messo comico ... immagino che siate tutte perplesse ... dipende tutto dai miei ormoni ... a seconda dei periodi mi sento allegra o triste e, purtoppo per voi, mi stanno per venire quindi sono triste ...
Va bene? Per favore!!!!
Ora, finchè sono ancora
viva, ringrazio tutte coloro che
hanno letto lo scorso capitolo, le altre 6 persone che hanno aggiunto
la storia
tra i preferiti e per aver lasciato una traccia del loro gradito
passaggio un
grazie speciale a:
bunny65
scusa se ti ho fatto aspettare anche per questo
cap! Avrei bisogno
di 36 ore al giorno per stare dietro a tutto!
BellaSwan95
Ciao Sara! Ora scoprirai cosa
succederà!
HopeToSave
Grazie per i complimenti! Già
già, ecco i Volturi …
PenPen,
Dici? Addirittura paura? Sono molto contenta che
la mia storia
riesca a trasmettere emozioni per davvero! Ho fatto fatica per riuscire
a
metterci dentro Charlie … però credo di poter
accontentare sia te che Saphira87,
algin91
Spero che ti piaccia anche questo capitolo!
Wind
Grazie! Addirittura magnifica? Sono diventata
dello stesso colore
della mela della copertina di Twilight! E pensa che io sono pallida
come un
vampiro XD
chichetta99
Inizialmente non volevo descrivere la caccia ma
poi, date le vostre
richieste, ho pensato che sarebbe stato carino mettercela dentro. Non
deve aver
pensato lo stesso il povero cervo a cui ho dato l’onore di
diventare il primo
piatto di Bella! Ps: Si chiama MICHELE …sapessi …
XD ok, sono completamente
andata … scusa il delirio.
Saphira87
Battuta di caccia: ok. Incontro con Charlie: ok.
Scenetta romantica:
… Volturi: …
Non mi uccidere ti prego!!!!
Hele91
Mi ci sono impegnata! XD
KiraraMiranda
Lauri, tesoro mio, il Moncada mi ha dato
l’ispirazione. Per la
sofferenza di Bella mi sono ispirata alle mie sensazioni
nell’ora di fisica! (
con il tuo libro … Amaldi, dannato subito … )
Meletta
semplicemente troppo buona!
Thanks
giulia9_91
Per i Volturi eccoti servita … Ciao!
Miss
Kiss Ma così mi metti in
crisi! Come faccio ad accontentarti?
Speriamo di riuscirci!
BellaSwan87
Sono davvero contenta che il cap 20 ti sia
piaciuto. Sapere che ti
ha coinvolta così tanto è molto gratificante per
me. Grazie! Credo che altri
tre capitoli … non so se …
momob
Non preoccuparti! Ah, temo che al louvre non ci
sia più posto …
magari una qualche casa editrice sgangherata però
… qualche mio altro lavoro …
sarebbe troppo bello per essere vero.
Tanto per fare una citazione colta: “ i sogni
son desidereii, di
feliicità … na na nannaranarà
” uccellini di sottofondo … Basta, sono proprio
fuori oggi …
alice
brendon cullen Ciao! Grazie per i
complimenti? Com’è the host?
hachicat
No no, non preoccuparti! Letto
“engaged” ?
Pocia
Oddio! Chissà come reagirai a questo
… speriamo bene! Non vorrei
averti sulla coscienza! XD
yuyutiamoGià
già. Eccoli i rompini, o romponi … Pensa che ero
tentatissima di chiudere tutto
qui, quando nel testo dice: “ Ti Adora” ma poi ho
pensato ... ma no! Andiamo
avanti ancora un po’! sarebbe stato un bel finale in stile
Erika però … vabbè,
basta spoiler … spero recensirai anche questo cap! e pensa
che la scuola è
quasi finita!
clodiina85
Graziiiiiie Graziiiiiie Graziiiiiie Graziiiiiie Graziiiiiie !!!!!!!!!!!!!!!
Lilian
Potter
Oh Lily! Mi fa
sempre un piacere enorme sapere che ti leggi la mia ficcy in giro per
la tua
verde cittadina mentre vai a scuola! Grazie! Spero tu abbia gradito il
mio
regalo! Ne ho altre … te le mando il prima possibile. E per
l’altra cosa, ci
sto già lavorando!!!
sky_eyes_vampire Sono contenta che tu la
pensi così! Grazie!
sophie_95 Felice che ti sia piaciuto!
Les Ma cosa dici! Ogni
recensione è diversa dalle
altre, ed immensamente gradita! Spero continuerai a lasciarmene! E
spero che la
storia continuerà a piacerti! Ps: evviva il caso!!!!!!!!!
yumisan Eccoti accontentata!
poketpolly Il tuo ritardo esagerato
è ampiamente
compensato dal mio ritardo imperdonabile, quindi tranqui
…Edward è dolcerrimo.
Trovato i libri della Meyer? Lancio un appello per te:
Qualcuno sa dove trovare la serie di
Twilight ( e di che
altro se no, su queste pagg ) disponibile in libreria a Milano?
poketpolly
Non
riesce ad entrarne in possesso. Tutto
esaurito!
Tra l’altro, le ultime pagine del mio Twilight si stanno
staccando! E io tratto i libri come la cosa più preziosa del
mondo!!!! So con
glie ne frega niente a nessuno, però a me turba come
cosa!!!! Il mio amato
Twilight!!!!
Ok ora basta cacchiate, vi lascio al cap 21 che, vi avverto,
è un po’ … bhe, capirete …
Commentate vi prego! Ma non siate troppo cattive! La storia
mi è venuta così e sappiate che mi sono
trattenuta dal premete Sì, su storia
terminata …
Baci!
Sulle note di: ONLY THE GOOD DIE
YOUNG, vi lascio
… provate ad ascoltarla mentre
leggete la prima parte!
http://it.youtube.com/watch?v=QKPJxuOs5DU
Ps: Freddie for ever!
Una tua grandissima fan!
Visto che ci sono, vi rimando anche a
questo link ( una
scena del film –stravolto!- in cui James attacca Bella. Ma
perché mi hanno
cambiato il libro? Li odio! Però James … che
figo. Peccato che muore. E qui
rimando al titolo della canzone! XD )
http://www.mtv.com/overdrive/?id=1588451&vid=237340
la
vostra Cassandra
Jasper
si fece strada nell’ampia sala con passo tranquillo e sicuro.
Appena
entrato, mi rivolse uno sguardo compassionevole e poi mi sorrise. Una
calma
innaturale m’invase e io non potei non accettarla che di buon
grado.
Dietro
di lui, cinque figure avvolte in mantelle scure, lunghe fino ai piedi,
mi
squadravano da capo a piedi.
Mi
aggrappai ad Edward che mi strinse a se, cullandomi dolcemente. Mi
teneva sulle
sue gambe.
<
Ti amo. > Un sussurro impercettibile raggiunse il mio orecchio.
Le sue
labbra lo sfioravano. Mi baciò la guancia e poi si rivolse
al gruppo di
terribili ospiti.
<
Jane, signori
… Come potete constatare,
adesso non c’è più motivo per
importunare la mia famiglia ulteriormente.
> il suo
tono era secco ma allo
stesso tempo addolorato.
Una
risata cristallina risuonò nella stanza dalle pareti chiare.
Tremai.
La
più piccola delle sagome, con un movimento sensuale e
sinuoso, si fece
scivolare il cappuccio sulle spalle e ci rivolse un sorriso divertito.
Chiuse
gli occhi e scrollò leggermente le spalle.
<
Sei sempre così arrabbiato, Edward; non ti fa
bene … >
Sentii
un ruggito crescergli nel petto. Tutti quei
rumori assordanti mi facevano venire un mal di testa tremendo. Chiusi
gli occhi
e mi appoggiai ad Edward. In quel momento averi voluto non pensare.
Avrei
voluto sentire solo il suo odore. Essere
semplicemente io e lui, felici e soli. Che desiderio ingenuo
…
La
vampira, scocciata, disse: < Tutta questa
confusione per un’umana. Certe cose io proprio non riesco a
capirle. >
Consapevole del fatto che si stava riferendo a me,
aprii gli occhi e incrociai i suoi.
Mi fulminò con lo sguardo. Le sue pupille rosse
come il sangue, con delle leggerissime venature nere, mi scrutarono
l’anima.
Non riuscii a sostenere lo sguardo e girai il capo per poterlo
appoggiare sulla
spalla accogliente di mio marito. Quella voce infantile mi fece
sussultare:
<
Sei sopravvissuta. >
Sembrava
schifata e desiderosa di uccidermi con le parole. <
Felicitazioni. >.
Edward
mi accarezzò il capo facendo scorrere le sue dita affusolate
tra i miei
capelli.
Sentii
il suo corpo irrigidirsi e poi mi accorsi delle sue braccia che mi
stringevano
a lui con ansia.
Mi
voltai e vidi Jane che mi fissava con rabbia ed odio. Stringeva i pugni
con
rabbia.
Quando
finalmente distolse lo sguardo, Edward si rilassò e mi diede
un tenero bacio
sulle labbra.
Ricordai
improvvisamente una città antica, dalle mura spesse. Una
torre e una piazza. Il
caldo sole di mezzogiorno che mi inondava di luce. Il freddo di un
sotterraneo
buio e umido. La paura di sapere Edward morto. Il dolore di vederlo
agonizzante
ai miei piedi. La consapevolezza che l’avesse fatto per me.
Che si fosse
frapposto fra me e il dolore. Che avesse sofferto in quel modo
perché voleva
proteggermi … Rividi la bellissima ragazzina che lo
torturava solo per
curiosità. Ringraziai che il mio corpo avesse mantenuto la
sua imperfezione. Le
mie mani si strinsero con più vigore al corpo di Edward.
Poi
mi sentii morire.
<
Sei pronto? > Uno degli altri quattro ospiti parlò.
Lo riconobbi come
Demetri.
Si
rivolgeva ad Edward la cui voce rassegnata mi sconvolse.
<
Già ora? Non possiamo … Ancora qualche giorno,
qualche ora … ? >
<
No. Ti è già stato concesso più tempo
di quanto non fosse previsto. Mantieni i
termini dell’accordo, così come li abbiamo
mantenuti noi. >
<
Capisco. > Affranto, Edward mi abbracciò e seppi che,
se avesse potuto,
avrebbe pianto.
Una
voce compiaciuta disse:
< Una vita per una vita. Un dono
per un dono. >
A
quelle parole, Edward mi strinse di più a sé.
Poi
le braccia dolci del mio sposo mi affidarono ad Emmett che si
affrettò ad
afferrarmi. Se avessi voluto, se mi fossi opposta con tutta la potenza
della
mia nuova forza, forse sarei riuscita a respingere Emmett, a rimanere
avvinghiata ad Edward. Solo, mi sentivo svuotata dentro, priva di
energie.
<
No! > Gridai quando il poderoso fratello del mio Amore mi prese
e mi strinse
in un abbraccio che era più simile a una gabbia. Avevo
capito.
Mi
protesi verso mio marito che mi teneva ancora le mani strette fra le
sue.
<
Ti amo. Ora e per sempre. > poi si avvicinò di
più e mi diede un bacio sulle
labbra. Si voltò verso Alice, che gli fece un cenno con il
capo, per un
brevissimo istante e poi tornò a guardare me. Mi
baciò ancora, sempre sulle
labbra. Delicato e dolce, si trattenne solo per un solo,ultimo istante.
Poi
si alzò e, sempre tenendomi le mani, me le baciò,
soffermandosi sulla fede per
un attimo, poi si voltò senza osare guardarmi negli occhi.
Sentii
chiaramente il suo sussurro: < Ti amo. Perdonami. >
<
No, Edward ti prego. Non puoi, non puoi! > Ero disperata. Non
potevo
piangere ma i singhiozzi erano terribili e mi scuotevano il corpo.
<
No. Devo. Scusami. >
Fissava
il pavimento e stringeva i pugni. Senza proferire altra parola,
andò da Jane. La
bellissima ragazzina con il volto da angelo rise, mi fissò
con un misto di
compiacimento ed ira, e disse:
<
Andiamo. >
Io
lo fissavo muta. Le mie braccia protese verso di lui, invano.
Tra
gli svolazzi e i fruscii delle loro pesanti tuniche, gli ambasciatori
dei
Volturi uscirono dalla casa dei Cullen e con loro, per ultimo, il mio
Edward.
Appena
lo vidi varcare la soglia ed addentrarsi
nell’oscurità della notte, ritrassi le
mani, le appoggiai al mio petto, come quando mi sentivo male durante la
sua
assenza, e mi accasciai tra le braccia di Emmett.
<
Portiamola di sopra. > La voce calma di Carlisle ruppe il
silenzio
opprimente che si era creato.
Non
opposi resistenza. Non ne ero in grado.
Emmett
mi portò in camera mia e di Edward. Il letto era pulito. Le
lenzuola candide ed
immacolate.
Un
lieve odore di sangue, il mio, aleggiava ancora nell’aria.
Sapevo che era colpa
del mio olfatto troppo sviluppato, anche per gli standard dei vampiri.
Mi
appoggiarono sul letto e poi Alice mi si sedette accanto,
accarezzandomi i
capelli.
<
Cosa vedi, Alice? > domandai ad un tratto.
Le
sue mani si bloccarono. Fece un respiro profondo e poi
sussurrò:
<
Adesso è troppo presto. È tutto troppo confuso,
indefinito … >
Chiusi
gli occhi e mi strinsi le braccia al petto.
Dopo
un’ultima carezza, mi lasciarono finalmente sola.
Rimasi
immobile molto a lungo, osservando le nuvole rincorrersi oltre la
grande
vetrata. I miei occhi erano aperti, vacui, vitrei.
Più
volte sentii il telefono squillare.
Esme
rispondeva sempre al secondo squillo e, con voce calma e pacata,
parlava con
mio padre. Riuscivo a sentire la sua voce da oltre la cornetta del
telefono.
Era preoccupato.
Da
quello che avevo capito, gli avevano detto che io ed Edward ci eravamo
sentiti
entrambi male. Che avevamo dovuto rimandare la partenza. Lo sentivo
rispondere
angosciato. La sua voce era tormentata. Si preoccupava per me, e per
mio
marito. Il marito che in quel momento era lontano da me.
Dopo
due giorni, mi mossi. Mi allungai e afferrai il ciondolo che Edward mi
aveva
regalato appena pochi giorni prima del nostro matrimonio.
Mi
portai il cuoricino al petto e singhiozzai. Nessuna lacrima
bagnò il mio volto
di pietra.
La
sete mi corrodeva la bocca e mi ardeva la gola ma, nonostante tutto,
rimasi
sdraiata nel letto. Il mio pensiero era rivolto costantemente
all’Italia, ad
Edward.
Toc
Toc
<
Bella? Bella? Posso entrare? >
Non
risposi.
<
Bella, devo parlarti … >
Chiusi
gli occhi e mi strinsi di più a me stessa.
Alice
aprì la porta ed entrò. Si sedette sul bordo del
letto e mi prese la mano.
<
Bella, tu devi capire. Lo ha fatto per te. Non aveva scelta. Ti
avrebbero
uccisa. Non avrebbero permesso ad Edward di trasformarti. Jane ci ha
messo di
fronte ad una scelta. Ti avrebbero lasciato vivere fino al giorno del
matrimonio, non sarebbero intervenuti, se Edward avesse accettato la
proposta.
Ti prego, non essere adirata con lui. Ti ama. Ti adora …
>
Mi
rigirai nel letto e la fissai negli occhi.
<
Alice … > la voce mi uscii roca dalla gola ardente di
sete.
<
Bella … dobbiamo farti incontrare con i tuoi genitori. Sono
veramente angosciati.
Sanno che non stai bene. Sono molto preoccupati. Dobbiamo fare le cose
per
bene. >
Non
capivo cosa mi volesse dire. A dove stesse mirando.
<
Bella, abbiamo detto loro che Edward non ce l’ha fatta, ma
che tu sei fuori
pericolo. Abbiamo dovuto far credere loro che la casa era stata messa
in
quarantena. Per loro, il corpo di Edward è stato portato via
da una squadra del
servizio sanitario. Per favore, cerca di reggere il gioco, fallo per il
loro
bene. Vogliono vederti. Hanno paura per te. Questa notte andremo a
caccia.
Charlie e Reneè saranno qui alle 8. Non devi preoccuparti.
Non rischieranno
niente. Tu non avrai sete … >
<
Alice, non voglio vedere nessuno. >
<
Bella, non dire sciocchezze. Non hai alternative. Devi farlo e lo
farai. >
Il
suo tono di voce era gentile ma fermo. Non ammetteva repliche.
<
Alice … > Mi abbracciò e poi mi disse:
< Vuoi venire così? >
Rimasi
immobile per un minuto pensando ad Edward, al fatto che
l’ultima volta mi
avesse vista con indosso quel pigiama che aveva ancora il suo odore.
<
No. Mi cambio. > le mie parole risuonavano spente e vuote.
Non
avevo per niente voglia di fare quello che mi diceva Alice ma la sete
mi
impediva di ragionare lucidamente. Il dolore mi lacerava.
Con
lentezza mi alzai e afferrai gli abiti che mi porgeva Alice.
Con
movimenti fluidi e velocissimi, slacciai i bottoni della camicia e la
lasciai
scivolare lenta lungo le mie braccia e la schiena, facendola cadere ai
miei
piedi. La stessa fine fecero i pantaloni che caddero leggeri sulle mie
gambe.
Sollevai il capo e osservai la mia immagine riflessa nella vetrata.
Pallidissima
e bellissima. Fui felice di vedere che il mio corpo non era mutato poi
molto.
Ero sempre io. Solo, perfetta. Non più
un’imperfezione, un difetto … I miei
occhi erano di un impressionante color vermiglio anche se riuscivo ad
intravedere delle leggere striature nerastre. Delle occhiaia profonde e
violacee, simili ad ustioni, deturpavano il mio volto meraviglioso.
Sembravo realmente
malata. Forse era colpa del mio sguardo spento.
Nuda,
pensai che avrei voluto avere Edward al mio fianco. Avrei voluto che io
e lui
potessimo amarci ancora senza che però, adesso, dovesse
temere di farmi del
male. Chissà, forse ora ero alla sua altezza? Forse, e me ne
rendevo realmente
conto solo in quel momento, lo ero sempre stata ai suoi occhi.
Mi
infilai gli abiti e poi mi voltai. Alice ed esme mi sorridevano.
<
Ho paura. >
<
Non devi. >
Mi
presero per mano e mi condussero fuori, nella notte.
Era
la prima volta che lasciavo l’accogliente casa Cullen da
quando era successo.
Da quando la mia vita si era interrotta bruscamente. Mi sentivo
sperduta fra
tutti quei suoni, quei profumi … era assurdo. Non capivo da
dove provenissero
tutti quei rumori assordanti. Quei maledetti grilli mi stavano
frastornando.
L’odore dell’erba mi dava uno strano senso di
nausea.
<
Presto ti abituerai tesoro. >
mi
sussurrò Esme stringendomi la mano con decisione.
Annuii
e poi dissi:
<
Ho sete. >
< Ora vedrai che andrai meglio. > Alice sembrava molto
sicura di sé e questo mi diede forza. Quando ci addentrammo
nel bosco, tremai.
Correvamo velocissime, tenendoci per mano. Era strano e doloroso sapere
che al
mio fianco ci sarebbe dovuto essere Edward e che invece lui era lontano.
L’ultima
volta che mi ero mossa a quella velocità, ero sulla schiena
del mio Amore.
Correvamo ed eravamo ancora felici. Io tenevo la mia testa poggiata
sulla sua
spalla e il mio corpo era ancora caldo e morbido. Edward respirava
basandosi
sul battito regolare del mio cuore. Avvicinava le mie mani al suo viso
perfetto
per inebriarsi con il mio odore.
Quei
ricordi rischiavano di distruggermi.
<
Alice! > Esclamai ad un certo punto.
<
Sì, Bella? > < C’è odore
di sangue … > Mi era arrivato addosso
trasportato da un soffio di vento.
Le
due mie accompagnatrici si fermarono e si concentrarono.
Esme
mi sorrise dopo qualche istante:
<
Sì, è un cervo. È ancora molto
lontano. > mi accarezzò la guancia e poi
continuò: < Senti che potrebbe piacerti? >
<
Ho sete. > Fu la mia unica risposta. Non mi importava di
nutrirmi. Non mi
importava di provare piacere nel farlo. L’unica cosa che al
momento speravo era
di placare la mia sete bruciante.
<
Va bene. Avviciniamoci di più però. > dopo
un duecento metri, la sete
divenne insostenibile a causa della vicinanza della povera creatura.
Prima
ancora che Alice potesse dirmi come fare, spiegarmi come muovermi, mi
ritrovai
in corsa. Folle, volavo verso il cervo che non si era reso conto del
mio
arrivo. In pochissimi istanti gli fui addosso, nonostante la notevole
distanza
che ci separava.
I
miei denti affondarono velocissimi nel suo collo. Le sue zampe
scalciavano
convulse contro il mio corpo di pietra. Percepii chiaramente il suono
di un
osso che si spezza. Ricordai la mia gamba e il dolore atroce che avevo
provato
e provai ribrezzo per la natura a cui avevo scelto di appartenere,
provai
compassione per la sfortunata creatura. Con un gesto fulmineo gli ruppi
le ossa
del collo. In quel modo non avrebbe più sofferto, o
così mi auguravo per lo
meno.
Sentivo
il sangue fluire nel mio corpo tramite la mia bocca. Continuai a
succhiare finché
non sentii la sete pian piano divenire più sopportabile e
gestibile. Percepii
chiaramente qualcosa di liquido e dal sapore nuovo invadermi la bocca.
Amaro e
fresco. Alcune gocce di veleno sfuggirono dalle mie labbra. Gli occhi
vitrei della
creatura mi fissavano vacui. Era morto, proprio come lo ero io.
Lasciai cadere la
carcassa e poi mi sdraiai
con la schiena sull’erba. Fissavo il cielo nuvoloso.
Percepivo ogni minimo
suono, ogni ramoscello spezzato.
<
Bella? > Alice si era seduta al mio fianco. < come va?
>
Chiusi
gli occhi e respirai a fondo. Attesi che il sangue che mi era colato
sui vestiti
si asciugasse. Cercai di fare mente locale e poi bisbigliai:
<
Alice … dove siamo? >
<
Siamo ancora vicino a casa. A qualche chilometro da Forks. >
<
Voglio andare a casa mia. >
< Li vedrai domani i tuoi genitori ...
Non credo che sia … >
<
Ti prego, Esme ti prego. > Sapevo di essere stata una vigliacca
a rivolgermi
a lei. Esme non avrebbe mai potuto dirmi di no. Non sapendo che stavo
così
male.
Lei,
che si sentii chiamata in causa, infatti mi sostenne:
<
Alice, in fondo, poverina, ne ha il diritto … >
Mi
sollevai sui gomiti e aprii gli occhi. Fissavo la giovane vampira dai
corti e
scompigliati capelli neri e vidi che mi guardava contrariata ma allo
stesso
tempo triste. Portò le sue mani a coprirsi gli occhi e
rimase immobile per una
frazione di secondo.
<
Va bene. Non ci saranno inconvenienti. > disse dopo che ebbe
frugato nel mio
futuro.
Esme
chiamo Carlisle al telefono e quando ormai ci trovavamo a meno di un
silometro da
casa mia, in un punto prestabilito, trovammo Emmett, Carlisle e jasper
ad
aspettarci. Rosalie era rimasta a casa …
<
Bella! Come va adesso? > Mi domandò Emmett, allegro
come al solito.
<
Meglio. Non ho più tanta sete. >
<
Bene! > così dicendo mi prese per mano e io sapevo
che lo faceva perché, se
qualcosa fosse andato storto, mi avrebbe trascinata via.
A
velocità quasi umana raggiungemmo la casa di Charlie.
L’odore
del sangue umano aveva ravvivato la mia sete. Strinsi i pugni e serrai
i denti.
Chiusi gli occhi per alcuni istanti, tentando di riacquistare la
concentrazione
necessaria. Tutti attesero pazienti che fossi pronta.
Quando
finalmente sollevai il capo e sorrisi loro, Esme mi disse:
<
vedrai, andrà tutto bene. >
Senza
fare il minimo rumore, io ed Emmett entrammo in casa.
Il
battito di tre cuori mi stava dando alla testa. Sentii il veleno
schizzare
nella mia bocca. Solo la consapevolezza che erano i miei genitori e il
fatto
che
mi fossi appena nutrita mi trattenne dall’attaccarli. E poi,
c’era li
Emmett pronto a impedirmelo!
In
sala, mia madre e Phil dormivano nel divano letto, l’uno
abbracciato all’altra.
Reneè
sembrava molto provata. Aveva occhiaie profonde e il viso stanco. Mi
sembrò
molto più vecchia della sua età ...
Sul
tavolo, numerosi fogli e fotografie. In alcune c’ero io da
piccola, altre erano
state scattate il giorno del matrimonio.
Io
ed Edward sorridevamo felici da dietro l’obbiettivo. Lui mi
teneva stretta tra
le sue braccia e mi baciava ogni due per tre. Io lo guardavo sempre
come se
fosse la prima volta, rapita dal suo sguardo.
Edward
però già sapeva che avrebbe dovuto lasciarmi e
per questo, forse, nel suo
sorriso c’era un po’ di malinconia.
Feci
per prendere le foto per osservarle meglio ma la mano di Emmett si
poggiò sulla
mia, impedendomi di farlo.
<
Non devono capire che qualcuno è stato qui. >
Annuii
e poi mi avvicinai alle scale. In silenzio, ci intrufolammo nella
stanza di
Charlie. Mio papà dormiva sonni agitati. Sussurrava il mio
nome e quello di
Edward.
Non
mi volli trattenere di più. Passai davanti alla mia stanza
ed entrai. Tutto era
come lo ricordavo. I miei genitori non avevano spostato un solo
oggetto, un
solo vestito. C’era ancora il caos che avevo lasciato.
Persino il walkman aperto
sulla scrivania. Cime tempestose appoggiato sul comodino.
<
Andiamocene … > Sussurrai a mezza voce.
In
pochi minuti fummo di nuovo a casa.
Mi
levai i vestiti sporchi di sangue e chiesi a Carlisle di bruciarli.
Rimasi
sotto la doccia molto a lungo, finché Esme non
bussò alla porta.
<
Bella, tesoro. Devi uscire … Ha appena chiamato
Reneè. Saranno qui fra un’ora. Ti
devi preparare. > girai la manopola dell’acqua e
rimasi immobile qualche
secondo, poi uscii. Mi lasciai avvolgere dall’asciugamano che
Esme mi mise
addosso.
Quando
fui asciutta, mi infilai una camicia da notte e tornai in camera mia.
Alice
era intenta a preparare il mio palcoscenico.
Medicine
sul comodino, bottiglie d’acqua, termometro, cuscini, pezze e
bacinelle … la
valigetta nera di Carlisle bene in vista sulla cassettiera.
Mi
infilai sotto le coperte ed attesi Reneè e Charlie.
<
Allora Bella … > Mi disse Carlisle, < Parla
poco, il meno possibile. Tieni
gli occhi aperti ma ricordati di sbattere spesso le palpebre. Non
parlare di
Edward. Loro non lo faranno. Se vedi che sei in difficoltà,
di che non ti senti
bene. Fai la faccia affaticata e se ti chiedono qualcosa, dì
che non ti ricordi
bene cos’è successo.
I
sintomi della malattia che avresti avuto sono: febbre, tosse, nausea,
vomito,
stordimento.
Mi
raccomando Bella. Sii convincente. >
<
Certo. > mi lasciai cadere all’indietro, sui cuscini.
I miei capelli sparsi
tutto intorno a me.
Come
nella foto che Edward mi aveva scattato di nascosto …
A
quel pensiero sentii il
dolore invadermi e, stringendo il suo regalo tra le dita, mi
raggomitolai sotto
le coperte. Avevo portato le ginocchia contro il petto, come se fossi
una
bambina.
Sentii
bussare piano al piano inferiore.
<
Charlie, Reneè … > La voce di Esme era
tranquilla e calma anche se addolorata. <
Prego, entrate. >
Mia madre piangeva cercando di trattenere i singhiozzi.
Charlie
rimaneva silenzioso.
Entrarono
ed Esme li fece accomodare in cucina.
<
Esme, sono … sono così dispiaciuto. > Mio
padre sembrava facesse fatica a
parlare. Come se la voce gli si fosse bloccata in gola.
Poi
fu mia madre a parlare:
<
Esme … davvero, non so come poterti esprimere il mio dolore
per Edward. Non riesco
ancora a crederci … davvero. >
Esme
rimaneva in silenzio. Non so perché, ma ero certa che stesse
pensando al suo
bambino. Percepivo il suo dolore nel suo respiro non regolare.
<
Esme, cara … possiamo fare qualcosa? >
<
No, no. Non preoccupatevi. Va tutto bene. > la sua voce era
malferma.
S’intromise
Carlisle.
<
Per fortuna Isabella è fuori pericolo. >
<
A proposito di Isabella … > Fece mia madre cercando
di riacquistare il
controllo della voce < Vorrei che, appena si fosse ristabilita,
venisse con
me a Jacksonville. Credo che le farebbe bene andarsene. >
Sentii
mio padre accarezzarle una spalla e subito dopo mia madre
scoppiò in un pianto
a dirotto.
<
La mia bambina. La mia Isabella. Povera … perché?
Edward era ancora così
giovane … >
Le
parole le uscivano sconnesse.
<
posso vederla? >
<
Ma certo. Vieni … > Carlisle sembrava sicuro di
quello che stava facendo.
Sotto
le coperte, cercai di prepararmi all’arrivo dei miei
genitori.
L’odore
del loro sangue si faceva sempre più forte e io combattevo
contro la sete.
Pensai
ad Edward e sperai di poterlo rivedere prima o poi, a costo di gettarmi
nelle
braccia dei Volturi.
Accarezzai
la fede e sussurrai:
<
Ti amo. Ora e per sempre. >
|
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Capitolo 22 *** Lontananza ***
Dopo aver lungamente rimirato le foto
di Gaspard Ulliel (
che secondo me era l’Edward perfetto ) mi sono finalmente
decisa a postare
questo capitolo. Scusatemi per il terribile ritardo… Colpa
della scuola … Per farmi perdonare, Eccovi un capitolo
extralungo ( due rotoloni regina! XD )
Al solito, prima i ringraziamenti a
tutte voi che mi
seguite, alle altre 6 persone che hanno inserito la storia tra i
preferiti e a
tutte coloro che abbiano inserito una recensione!
sophie_95
Scusa se non ho aggiornato prima! Grazie per i
complimenti, sei
sempre molto gentile!
momob
Ma certo che c’è un altro
capitolo! E per le emozioni … Dammi un
minimo di vantaggio prima di iniziare a rincorrermi! XD Ps: se riesci
ad
uccidermi, non saprai mai come va a finire!
bimbaemo
Grazie e spero di non deluderti!
poketpolly
Anche la di vendetta no! Sono già
sulla lista nera di un sacco di
gente!!!! XD Non credo riuscirò a scampare la vostra ira
ancora a lungo XD
alice
brendon cullen Ciao!!!! Che bella
traccia! Spero me ne lascerai
altre! E spero che resterai soddisfatta!
Ro90
Non disperare! Ricorda, tutto può
succedere (ma proprio tutto? Siamo
sicure? Chissà … )
Wind
Poveri vero? Sono proprio sfortunati! Tutta
colpa di
Bella-calamita-di-disgrazie …
giulia9_91
Sono anche sulla tua di lista nera? Sto
già soffrendo! Aspetta,
aspetta! Leggi e poi, se lo riterrai ancora opportuno …
niente, sarò già
scappata in Venezuela! Lontano dalle mie lettrici infuriate XD Grazie
per i
bellissimi complimenti!
yumisan
Non angosciarti!
PenPen
La storia del cervo è complicata
… Michele è un mio compagno che mi
prende sempre in giro per Twilight ma che voleva anche sempre essere
inserito
nella fanfiction. Credo aspirasse inconsciamente al ruolo di vampiro
figo. Per
accontentarlo, gli ho fatto fare il cervo. Chissà, non credo
sia stato molto
contento … In quanto alle tue previsioni: Eh, sai
com’è … sono molto perfida…
e
tu esageri con gli splendidi complimenti! Grazie davvero di cuore!
KiraraMiranda
Almeno tu mi risparmi! Grazie, mia bilancina!
Sempre così
equilibrata …
PociaMi
fai davvero felice! Io di solito, mentre scrivo o penso a cosa scrivere
( anche
se di solito scrivo di getto ) Ascolto la musica, che mi ispira
… mi fa piacere
se poi chi legge ascolta ciò che ascoltavo io. Anche se
magari ciò che mi ha
ispirato non dura che qualche secondo … Il pezzo in cui
Edward esce e Bella si
porta le mani al petto è il 2.08 … poi, quando
dice We’ll remeber forever! Ci
stava troppo! E la
canzone è
assolutamente splendida! Per le tue lacrime, spero che le prossime
saranno di
gioia! Ciao e ancora grazie! A proposito, la canzone di questo cap è: http://it.youtube.com/watch?v=PkGDrV_2ehI
Saphira87
Così mi uccidi! Dai, segui anche
questi miei ultimi capitoli! XD
clodiina85
Grazie! E per Edward … vedrai
… Ciao
HopeToSave
James è Bellissimo! Speriamo per la
resa complessiva! Lo so che era
un po’ triste il capitolo. Spero che ti sia piaciuto
abbastanza lo stesso! XD
novilunio
Spero riuscirai a riprenderti e a lasciarmi un
commento anche in
questo cap!! Ti prego! Riprenditi! Ti prometto che non ti sconvolgo
più ( forse
… )
hachicat
Non preoccuparti! Povero Miki … no,
non povero Miki. Se l’è cercata.
Ciao!
Lilian
Potter Ciao Lily! NOOOOOOOOOOOOO io
volevo la trasformazione!
Non puoi per una volta non essere crudele? Eddai, ti immagini me
vampira?
Sarebbe strafico! Sai, volevo parlarne con te del bivio, ma poi ti si
è
staccata la connessione … Guarda che però non era
molto diversa da questa . un
po’ meno tragica, questo devo concedertelo. Ciao e grazie per
i tuoi soliti
splendidi complimenti!
algin91
From autrice to disperata: Spero di potertelo
risollevare … magari
di più nel prossimo, ma comunque … Non
disperarti! Eh sì, così giovane! Povero
Edward!!
sky_eyes_vampire
Non preoccuparti! I tuoi complimenti sono
fantastici, così come la
tua promessa! Sono contenta che tu non stia sognando di bruciarmi
viva!!!!!!
Ciao e grazie!!
BellaSwan95
Saraaaaaaaa!!!!! Marlene! Ma non è
una mela, è un fazzoletto!!!
Grazie e a presto spero! Ciao
chichetta99
Ma figurati, anzi grazie per aver voluto
recensire!!! Ora scoprirai
molte cose … e, sì, Edward è dovuto
andare con i Volturi …
Pronta
per la mia esibizione, feci un respiro profondo, più per
abitudine che per
necessità, e ripassai mentalmente tutte le indicazioni di
Carlisle.
Quando
ero ancora alla tosse, Esme bussò leggera alla porta e mi
domandò:
<
Bella, tesoro, possiamo entrare? >
Rimasi
in silenzio per qualche istante e poi, cercando di fare la voce da
malata,
risposi:
<
Sì, certo … >
La
porta si aprì e, in silenzio lei e i miei genitori entrarono
nella stanza buia.
Alice,
nell’allestire il mio palcoscenico, aveva tirato le tende,
pensando anche ai
minimi particolari.
Reneè
mi si avvicinò e non mi sfuggì il fatto che
stesse trattenendo a fatica le
lacrime.
Si
sedette sul bordo del letto ma non osò toccarmi.
<
Mamma … > gracchiai.
<
Isabella, tesoro mio. Come ti senti? >
<
Meglio … grazie … >
<
Sono così felice di vederti! Di parlarti. >
<
Anche io … > Sapevo che non voleva in alcun modo
tirare in ballo Edward.
Forse, credeva che io non sapessi … Ad un certo punto, senza
smettere di
fissarmi come se fosse la prima volta in cui mi vedesse, mi
domandò con tono
gentile e persuasivo:
<
Tesoro, io e Charlie, pensavamo che sarebbe una bella cosa se tu … se tu
decidessi di venire con me e Phil
… a Jacksonville. Che ne dici? Hai bisogno di stare un
po’ al sole. Forks non
ti fa bene … mi prenderei cura io di te. Che ne dici?
> Qualche piccola
lacrima sfuggì al controllo serrato delle sue palpebre e
scivolò lungo le sue
guance.
Dirle:
< No, mamma. Non posso. Il mio posto è qui. Stare con
i Cullen … mi fa
sentire come se ci fosse ancora … > fu molto
doloroso. Avevo interrotto la
frase e chiuso gli occhi prima di nominare Edward. Anche se le cose non
stavano
come credevano i miei genitori, la sua lontananza mi faceva soffrire
… pensavo
sempre a lui e la voragine nel mio petto si faceva sempre
più grande.
<
Isabella … > Reneè mi carezzò i
capelli.
Charlie
se ne rimaneva in silenzio, in un angolo della stanza e ci osservava
triste.
Mia
madre mi fece altre domande ma, dopo un po’, mi sentii a
disagio.
<
Mamma, sono un po’ stanca … > Mormorai
coprendomi meglio con la trapuntina.
<
Certo tesoro, certo. Posso restare finché non ti addormenti,
se vuoi … >
Ero nel panico. Come potevo deluderla. Mi
fissava con le lacrime agli occhi … probabilmente, inoltre,
non l’avrei più
rivista …
Cercai
con lo sguardo Carlisle che mi sorrise incoraggiante.
<
Certo. >
<
Bells. > Charlie finalmente aprì bocca. < Sono
così, così contento di
poter rivederti … > sembrava non riuscire a trovare
le parole …
Povero
Charlie … deve essere terribile temere di perdere un figlio
…
Alla
fine si fece coraggio ed aggiunse: < Ti chiamo fra qualche
giorno. Tu
chiamami quando ne hai voglia, non importa l’ora. O, se te la
senti, vienimi a
trovare. Ti aspetto … > < Certo
papà, ti chiamerò. > lo avrei fatto di
sicuro, se solo fossi riuscita a trovare la forza per affrontare tutto
ciò di
nuovo. L’angoscia per me nella voce dei miei genitori era
insopportabile. <
Mamma, Papà, grazie per essere venuti … >
Dissi loro per farli felici.
Charlie
mi salutò abbracciandomi e carezzandomi, poi uscì
seguito da Carlisle.
Reneè
si sdraiò accanto a me e mi prese la mano.
Chiusi
gli occhi e aspettai un po’ di tempo prima di far finta di
essermi addormentata.
Fu molto dolce. Respiravo il suo profumo. Sapeva di buono, di casa, di
infanzia.
Sussurrai:
< Mamma, ti voglio bene … > < Anche io
tesoro. Anche io. Riposati
adesso. E sappi che io per te ci sarò sempre. >
Rimanemmo
abbracciate per molto tempo. Il veleno era schizzato nella mia bocca a
causa
dell’odore del suo sangue, così vicino
… il battito calmo del suo cuore mi
tranquillizzò. Per fortuna, lei non notò che il
mio era fermo, immobile nel
tempo. Per sempre.
Quando
oramai era convinta che dormissi, mi baciò la fronte ed
uscì in punta di piedi.
Una
volta al piano di sotto, la sentii rivolgersi preoccupata a Carlisle:
<
Carlisle, sei sicuro che stia bene? È così
pallida … sembra così stanca … E
poi, è fredda. > <
Non preoccuparti. > le rispose lui calmo < Sono i postumi
della malattia
e l’effetto delle cure. È ancora sotto terapia
… Ora però sta molto meglio.
Posso assicurarti che si rimetterà …
L’abbiamo curata in tempo. >
Poi
sentii i singhiozzi e Reneè che pronunciava il nome di
Edward, insieme ad altre
parole confuse.
Dopo
circa un’altra oretta se ne andarono. Non appena la macchina
si fu allontanata,
riaprii gli occhi e mi rimisi in piedi.
Aprii
le tende ed osservai il bellissimo panorama. Nonostante fosse Agosto,
il cielo
era coperto da un sottile strato di nubi. Presto avrebbe piovuto.
Andai
in corridoio e spalancai una finestra. Lasciai che l’aria
fresca del mattino
m’invadesse le narici e penetrasse nel mio corpo,
allontanando da me il ricordo
dell’odore del sangue dei miei genitori, sostituendolo con
quello leggermente
amaro dell’erba bagnata dalla rugiada. Il vento tra i miei
capelli mi donava
nuova forza. Mi sedetti sul davanzale e poi mi sporsi un po’
di più per poter
sentirmi ancora di più parte della natura che mi circondava.
Qualche goccia
cominciò a cadere e mi bagnò il viso. Quel
ticchettio lento e ritmato mi
riempiva le orecchie e mi isolava dal mondo.
< Bella? > La
voce di Jasper mi
raggiunse da lontano. Sembrava preoccupata. Mi voltai e lo vidi
osservarmi
perplesso. Mi porse un mano. Si comportava in maniera strana
…
Appena
le nostre mani si sfiorarono, lui mi afferrò e mi strinse a
sé con forza.
<
Cosa avevi intenzione di fare? > mi domandò frustrato.
Lo
guardai confusa e poi capii che la scena che si era trovato davanti
doveva
averlo preoccupato.
<
Cosa diavolo pensavi di fare buttandoti dalla finestra?
Ti faresti male inutilmente. E non
risolveresti niente. Un paio d’ore di sofferenza e poi
saresti come nuova …
anche perché sei all’inizio del periodo della tua
massima forza … >
<
Guarda che non è come pensi … non avevo
intenzione … proprio per niente! >
Quasi risi e potei cogliere una nota d’isteria nella mia
stessa voce. Chissà
cosa aveva percepito Jasper.
Non
sembrava convinto. In effetti, mi ero sporta così tanto da
sembrar stare per
cadere in avanti, o di star per buttarmi. Evidentemente, credeva
ancora che
avessi tentato di suicidarmi qualche mese prima … Mi resi
conto delle
preoccupazioni che avevo dato e che stavo dando a tutti loro.
<
Grazie Jasper, per esserti preoccupato per me. > gli bisbigliai.
Mi
strinse e poi mi sussurrò: < Vedrai che
andrà tutto bene. > Annuii e poi chiesi:
<
Dov’è Alice? >
<
Ha accompagnato i tuoi genitori a casa … >
<
Ah > mi sentii ancora più sola. Stare con Alice
riusciva ad attenuare un po’
la mia solitudine. Riusciva sempre a strapparmi un sorriso, aveva
sempre una
parola gentile per me. Alleviava le mie pene con una carezza o una
rassicurazione. In fondo, era per me una sorella e un’amica.
La mia migliore
amica.
Senza
dire niente, tornai in camera mia e mi ci chiusi dentro. Accesi lo
stereo e vi
inserii l’unico CD, tra i centinaia presenti nella stanza,
che non avesse
scritto niente sulla custodia. Sul disco, con pennarello indelebile e
calligrafia splendida, vi era scritto: “Isabella”
Schiacciai play e la musica più dolce del mondo invase
l’aria.
Rimasi
nel letto, stringendomi al petto una camicia di Edward. Il suo odore
nelle mie
narici mi faceva dimenticare per un po’ la tristezza e il
dolore. Riusciva ad
annebbiare la mia mente abbastanza da permettermi di non pensare.
Vagavo nei
ricordi trasportata dalle note che mi aveva dedicato.
L’indomani,
appena sorse il sole, mi alzai dal letto. Quel giorno qualche raggio
temerario
era riuscito a sconfiggere le nuvole e ad arrivare sul nostro prato.
Mi
sentii un po’ più allegra e indossai un
bell’abito bianco, lungo fino ai piedi.
Mi misi il ciondolo di Edward e sfiorai la piccola fede d’oro
con le dita. Non
volli vedere il mio riflesso. Sapevo che mancava la parte
più importante di me.
Il mio cuore era dall’altra parte dell’oceano.
Scalza,
scesi al piano di sotto.
<
Bella, cara, come va oggi ? > Bellissima come al solito, Esme
era intenta a
dipingere un soggetto floreale. Ad una prima occhiata mi parve di
notare che i
colori, stranamente, tendevano tutti al cupo.
<
Bene, grazie Esme. > Sebbene il mio sorriso fosse tirato, in un
certo senso
era vero che mi sentivo meglio. Afferrai un grosso album di foto
scattate
durante il matrimonio e andai in giardino. Mi portai dietro la mia
borsa, che
mi aspettava appesa nell’ingresso. Passandoci davanti, con la
mano sfiorai il
pianoforte. Un gesto all’apparenza tranquillo. Le mie dita
scivolarono veloci e
leggere lungo i tasti in avorio senza però provocare anche
il minimo suono..
Quando
uscii nel leggero sole, in gran parte coperto, della mattina, inspirai
profondamente. Non riesco a descrivere ciò che provai.
L’erba morbida sotto i
miei piedi nudi, l’aria fresca che mi accarezzava i capelli e
il corpo … La
natura mi aiutava a restare calma. Sentivo tutti i suoni provenienti
dal bosco.
L’acqua del ruscello sembrava volesse sussurrarmi qualcosa.
Con passo lento ma deciso,
mi diressi verso un tavolo in legno che si trovava al limitare della
foresta.
Mi sedetti sulla poltrona in vimini, tenendo le gambe incrociate e
l’album
poggiato su di esse. Un timido raggio di sole mi sfiorò e
vidi la mia pelle
risplendere. Mi mancò il fiato e la mia mano si
bloccò a mezz’aria. Sull’erba
si riflettevano miliardi di cristalli. Mossi le dita per osservare i
luccichii
spostarsi veloci sull’erba bagnata. Era stupendo.
Splendevo,
ma lui non era lì a guardarmi.
Fui
travolta dal dolore che cercavo di respingere da due giorni. I
singhiozzi che
scuotevano il mio corpo non portavano con sé neanche una
lacrima. Sempre
gemendo, cominciai a sfiorare le foto dell’album. Sussultai.
Le
mie dita accarezzavano il profilo di Edward. Il mio bellissimo sposo mi
sorrideva felice, immortalato dietro una sottile patina trasparente.
Quando
voltai la quarta pagina, notai con stupore che mancavo cinque
fotografie. Nello
spazio accanto ai vuoti, la calligrafia di Alice mi suggeriva isoggetti
delle
foto sparite:
Isabella
all’altare,
Isabella ed Edward si baciano davanti ad Emmett, Edward abbraccia
Isabella,
Isabella mostra la fede, Isabella lancia il bouquet.
Mi
tremò la mano.
<
Bella? >
Mi
voltai di scatto e cacciai un urlo per la sorpresa. Impossibile a
dirsi, non mi
ero accorta dell’arrivo di Alice.
<
Alice, mi hai fatta spaventare! >
<
Me ne ero accorta … Lo avevo già visto. >
Si sporgeva in avanti e teneva le
mani incrociate dietro la schiena. Osservava tranquilla
l’album delle foto per poi
lanciarmi, di tanto in tanto, delle occhiate incuriosite.
<
Ah, allora potevi evitare di farmi venir un infarto! > le dissi
contrariata,
poi, facendo l’offesa, girai il capo di lato e fissai decisa
il bosco.
Straordinariamente, riuscivo a distinguere anche i minimi particolari
anche a
centinaia di metri di distanza.
Ne
rimasi sorpresa. Il mondo mi appariva diverso alla luce del sole, con i
miei
nuovi occhi.
<
Non credo che la cosa sarebbe possibile, e penso che comunque, non
dovresti più
preoccuparti di avere un infarto … non so quanto potresti
risentirne al
momento. >
<
Alice … >
<
Dico sul serio … > Sembrava sincera. Mi sorrideva
tranquilla.
<
Hai sete? > domandò come se fosse la cosa
più normale di tutte.
<
No, non particolarmente. Sento solo un fastidio alla gola …
> Tornai a
guardare l’album.
<
Se ti viene, basta che mi avvisi. Possiamo andare quando vuoi
… >
Quando
vide il mio sguardo perso nel vuoto lasciato dalle foto mancanti, mi
sfiorò la
spalla e mi sussurrò:
<
Le ha portate in Italia … >
<
Sì, lo avevo sospettato. > La voce mi
s’incrinò.
<
Ti ama … lo ha fatto per te … >
Chinai
il capo e chiusi gli occhi. Le mie mani, involontariamente, corsero al
mio
petto e le mie dita strinsero dolcemente il cuore di cristallo.
Senza
aggiungere altro, Alice si allontanò.
La
sentii raggiungere Jasper, che l’attendeva davanti casa, e
baciarlo.
In
casa nessuno mostrava dimostrazioni d’affetto davanti a me.
Nessuno voleva
ferirmi. Per queste
attenzioni speciali
che avevano nei miei confronti, ero loro estremamente grata. Non potevo
però
pretendere che non si baciassero o si abbracciassero mai. Mi portai le
mani
alle orecchie, le ginocchia al petto e, con gli occhi chiusi, cominciai
a
dondolarmi lentamente avanti e indietro.
Era
tornato il silenzio. Casa Cullen era ora vuota. Jasper e Alice se ne
erano
andati.
Per
molto tempo rimasi in quella posizione. Nella mia testa, continuavo ad
immaginarmi Edward. Mi sembrava così reale, così
vicino. Se solo avessi teso
una mano …
Stanca,
mi lasciai andare e mi appoggiai completamente con la schiena sulla
poltrona in
vimini e restai a farmi accarezzare dal sole.
Stavo
quasi bene. In quella pace irreale, mi pareva che la mia sofferenza
diminuisse.
Poi,
improvvisamente, il cellulare nella mia borsa vibrò.
Con
lentezza mi chinai in avanti, afferrai la borsa e me la misi in grembo.
Con un
po’ di fatica (possibile che fossi ancora così
imbranata?) riuscii ad aprirla e
a trovare il cellulare che non aveva smesso di vibrare.
Non
avevo per niente voglia di parlare con Charlie. Preferivo starmene
zitta
piuttosto che mentirgli.
Gettai
un rapido sguardo allo schermo e vidi: Numero privato. Pensai che fosse
al
lavoro … o magari era Jacob. Chissà se sapeva che
ora ero sola e che stavo così
male? Di sicuro sapeva che il mio sposo non era morto. Sapeva che non
ero
malata, non nel senso fisico del termine per lo meno…
Controvoglia,
pigiai il tastino verde e portai l’apparecchio
all’orecchio, appoggiandomi di
nuovo allo schienale.
Con
voce spenta sussurrai:
<
Pronto? > Dall’altro capo dell’apparecchio
nessuno rispose. Ci fu silenzio
per alcuni istanti ed io infine chiesi di nuovo:
<
Pronto? Chi è? >
Rimasi
in attesa e poi quasi non mi venne per davvero un infarto.
<
Isabella … Bella … >
Le
parole, così come il respiro, mi morirono sulle labbra.
Cominciai
a tremare violentemente. Alla fine riuscii a mormorare:
<
Edward? >
<
Sì … >
Il
mio respiro si fece affannoso.
<
Bella, amore mio. Calmati, va tutto bene. > La sua voce,
ansiosa, fu come
una scossa elettrica che attraversò il mio corpo.
Sussurrai:
< Edward, Edward! >
<
Non posso rimanere molto al telefono … scusami …
Ma dimmi … Come ti senti? Va
tutto bene? > La sua voce era triste.
<
Edward! > singhiozzavo senza riuscire a fermarmi. <
Edward, tu come stai?
Stai bene? >
<
Sì, non devi preoccuparti per me. Sto benissimo. Ma, ti
prego, dimmi di te.
Come va adesso? >
Sentire la sua voce era qualcosa d’inspiegabile.
Improvvisamente ricominciai a
sperare …
Cercai
di rispondere alle sue domande, nonostante fossi così
preoccupata per lui.
L’idea di saperlo con i Volturi, con Jane, mi terrorizzava.
<
Io sto bene > mentii. Non avrei mai potuto ferirlo dicendogli la
verità.
<
Sei andata a caccia? > nella sua voce colsi chiaramente
rimpianto e
nostalgia, ma anche tanto, tanto amore …
<
Sì, con Alice ed Esme … ieri mattina. > la
preoccupazione traspariva dalla
mia voce.
<
e cos’hai preso? Raccontami, ti prego. > mi
domandò con un tono dolcissimo.
<
Un cervo … >
Sospirò,
poi disse: < Avrei voluto essere
lì con te … davvero. Non sai, non immagini
… > La sua voce tremava.
<
Ma dimmi, riesci a gestire bene la situazione? È tutto a
posto? >
Sapevo che voleva che io fossi felice. Cercai di accontentarlo e di
sembrare
allegra. Fallii miseramente. In fondo, come poteva sperare che lo
fossi,
lontana da lui?
<
No, va tutto abbastanza bene. Non ho particolari problemi. E poi, mi
aiutano
tutti … >
<
Il mal di testa è passato? > Era sempre
così premuroso nei miei confronti …
<
sì. > Risposi docile. Sentivo la voragine nel mio
petto aprirsi sempre di
più. Avevo bisogno di mio marito. Del mio Edward.
Tutte
queste domande, apparentemente ordinarie, per lui erano estremamente
importanti. Soffriva la lontananza almeno quanto me. Ogni particolare
lo
interessava. Lo aiutava a sentirmi vicina. Lo sapevo, perché
per me era la
stessa cosa.
Di
punto in bianco mi disse:
<
Ti amo. Ti amo tantissimo. > l’ansia e
l’urgenza che avvertivo nelle sue
parole mi terrorizzò.
Con
la voce rotta dall’emozione e dal dolore bisbigliai: <
Anche io, anche io …
>
<
Bella, ho dovuto venire in Italia. Non avevo scelta. Ma a te non deve
importare. Io ti amerò sempre. Voglio che tu lo sappia
… per me è molto
importante. Dimmi che non sei adirata nei miei confronti … >
<
Edward, questa è la cosa più sciocca che tu
potessi chiedermi. Sai bene che non
potrei mai … io ti amo così tanto …
>
<
Ti amo Bella, ti amo. Ora scusa, ma devo andare … ti prego,
scusa. >
<
No, Edward, ti prego. Non riattaccare. Non riattaccare. >
< Devo proprio
andare, perdonami. Ti richiamerò appena mi sarà
possibile. >
Nonostante
la voce mi uscisse a stento, lo implorai.
<
Promettilo! Edward, promettilo! Prometti che mi chiamerai prestissimo!
> Stavo
per scoppiare in un altro, ennesimo, pianto arido.
<
Te lo giuro. Appena potrò. Isabella. Ti amo. >
Quando
riappese, per poco non svenni.
Mi sentii come se mi avessero sottratto l’anima,
strappato il cuore.
Rimasi immobile con il cellulare in mano fino a
che non mi accorsi di alcuni rumori, ancora lontani.
Afferrai velocemente l’album la borsa e mi fiondai
in casa. Salii in fretta le scale e mi chiusi in camera.
<
Bella? > La voce della mia migliore amica
proveniva dal piano di sotto.
Non volevo parlarle. Non volevo parlare con
nessuno. Temevo di perdere il ricordo ancora così vivido
della voce di Edward.
Mi buttai sul letto e mi coprii il capo con il
cuscino.
Nonostante
le lacrime non potessero sgorgare dai
miei occhi asciutti, piangevo.
< Bella? > stava bussando alla porta della
mia stanza.
< Alice, non ora. > le risposi laconica.
< Bella, ho visto. >
Non le risposi. Volevo essere lasciata in pace.
Per tre giorni rimasi chiusa in camera. Non
risposi neanche a Charlie che aveva provato a telefonarmi. Loro
dicevano sempre
che stavo dormendo, che avrei chiamato io.
Nessuno
dei Cullen venne a disturbarmi ma sentivo
i loro discorsi.
Erano
preoccupati per Edward.
Esme e Carlisle stavano discutendo quando, al
quarto giorno, scesi nel salone. La sete era diventata bruciante ed
insopportabile.
< Esme, lo sai che non possiamo fare niente!
> La voce di Carlisle era tesa, quella di Esme stanca e provata.
< Ma non possiamo rimanere qui e non fare
niente. Bella si sta lasciando andare troppo. Non possono decidere loro
in
questo modo. Non ne avevano il diritto. Edward non aveva fatto loro
niente. Il
patto lo avremmo rispettato. Non era necessario portarlo via! >
Sembrava sul
punto di avere una crisi isterica.
< Esme … > Mi sporsi dalle scale e lo vidi
abbracciarla con dolcezza.
Mi girava la testa.
< A loro serviva solo un pretesto. Il potere di
Edward è molto particolare, utile … Non potevano
lasciarselo sfuggire. Sapevano
come ottenere ciò che volevano. Hanno semplicemente dovuto
giocare bene le loro
carte. Sono furbi, calcolatori … >
< Ma perché non provi ad entrare in contatto
con loro? A convincerli? >
< Sai bene che non dobbiamo mettere ancora più
a rischio la sua posizione … Inoltre, Edward è in
gamba … sa badare a se
stesso. Non devi aver paura per lui. Se la caverà
splendidamente. >
Rimasero in silenzio per alcuni istanti. Decisi di
farmi vedere.
Scesi le scale e loro sciolsero l’abbraccio.
<
Scusate, non volevo disturbare. > La mia
voce era abbattuta e sconfortata.
< Ma figurati tesoro. > Mi disse Esme,
premurosa come al solito. Mi si avvicinò e mi strinse tra le
sue braccia
rassicuranti.
Mi ci abbandonai per alcuni secondi respirando il
suo profumo. Era buono.
< Andiamo a caccia? > Mi chiese cercando di
sembrare spensierata.
< No. Grazie. > Mi allontanò con dolcezza
per potermi osservare bene.
Io tenevo lo sguardo basso e il capo chino a
sinistra. Con la mano, mi sollevò la guancia e mi
scrutò negli occhi.
< Hai bisogno di nutrirti. Non devi esagerare. Sei
ancora all’inizio. Non sforzare troppo il tuo corpo.
Guardati. >
Con le dita sfiorò le mie occhiaia e io chiusi gli
occhi. Addolorata. Quel gesto mi ricordava troppo Edward.
< Esme, Carlisle … esco. >
Sentii i loro sguardi su di me. Carlisle,
diplomatico come al solito, mi rivolse un sorriso tranquillo.
< Dove vorresti andare? >
< Mah, un idea ben precisa non ce l’ho. >
mentivo, ma non volevo sembrare loro infantile ...
< Se mi lasci un minuto, mi preparo e ti
accompagno. >
< No, preferirei andare da sola … ho bisogno di
… di stare con me stessa. >
< Non credo sia opportuno, al momento. >
Alzai lo sguardo e lo fissai intensamente
negli occhi. I miei erano tra il rosso e il nero. La forza del mio
stesso
sangue fluiva ancora abbondante in me. I suoi erano dorati, chiari e
liquidi.
< Ti prego. Non commetterò errori. Mi
terrò
lontanissima dalle persone. È notte, e dove voglio andare,
non va mai nessuno. Ti
prego. >
Lo
vidi osservarmi. Era rimasto colpito dalla
forza e dalla decisione della mia voce. In quei giorni avevo mostrato
solo la
mia debolezza, la mia fragilità.
Il suo sguardo corse ad Alice ed Emmett, che erano
stati tutto il tempo seduti sul divano. Alice annuì
lentamente. Mi sorrise e
disse: < Non preoccuparti. Non ci sarà nessuno nei
paraggi. >
Le sorrisi, per la prima volta da giorni, e poi
lasciai la casa nel silenzio generale.
Nell’oscurità
della notte, mi muovevo velocissima
come la prima volta.
L’aria tra i miei capelli e l’erba sotto i piedi
…
Correvo verso l’unico luogo in cui mi sarei
davvero sentita vicina ad Edward. Correvo verso la radura e pensavo al
modo per
fuggire in Italia. Sarei andata fin dentro il palazzo dei volturi pur
di
riavere il mio amore. Sarei stata disposta a accettare di rimanere con
loro,
pur di condividere con lui il nostro futuro. In fondo, ce lo eravamo
promesso.
Per sempre.
La
sottile fede brillò per un istante alla luce della luna che
venne ricoperta subito dalle nubi.
I miei capelli si agitavano al vento e l’abito
bianco, non mi ero neanche cambiata, formava degli strani disegni con
la stoffa
che si piegava furiosamente formando volute che si
trasformavano
continuamente. Nel silenzio del bosco, scivolavo come uno spettro
bianco.
Arrivata alla radura, il mio respiro si spezzò.
Tutto era come lo ricordavo. Perfetto, magico, nostro ...
L’erba
frusciava rumorosissima e si piegava al vento leggero.
Il cerchio formato dagli alberi mi sembrava
volesse proteggermi, avvolgermi in un abbraccio consolatore.
Mi
portai al centro dello spiazzo e feci un
respiro profondo.
Lasciai cadere le braccia lungo i miei fianchi e
cominciai a pensare a un modo per arrivare in quella città,
tanto splendida
quanto terrificante, dove si trovava il mio unico motivo di vivere.
Come se fossi stata privata improvvisamente delle
forze, caddi sulle ginocchia e mi portai le mani al capo. Ero scossa da
singhiozzi asciutti. La mia voce rompeva il silenzio irreale.
Poi,
improvvisamente, un rumore.
Mi bloccai di scatto.
Con lentezza, alzai il capo.
Scrutai
il bosco davanti a me, oltre i primi
alberi.
Sottovento,
una figura stava nascosta nell’ombra.
Ero
terrorizzata. Sapevo di essere forte, ma allo
stesso tempo sapevo che la forza, come mi era stato dimostrato pochi
mesi
prima, non basta. Non batte l’esperienza. Tremai, adesso di
paura. Caddi all’indietro
e cercai di arretrare aiutandomi con le braccia. Ero però
come pietrificata.
La sagoma, sottovento, rimaneva immobile.
Avvolta in una lunga mantella scura che gli
copriva interamente il corpo, anche il capo, mi scrutava silenziosa.
Il mio respiro irregolare era l’unico suono in
quel terribile, assordante, silenzio.
Poi,
fece alcuni passi incerti verso di me. Io ero
bloccata dal terrore. Sapevo di non essere affatto congeniale a molti
dei
Volturi, anzi, forse piacevo solo ad Aro, e solo perché lo
incuriosivo. Di
sicuro, Jane mi odiava proprio. Se volevano uccidermi, non avrei avuto
scampo. Ne ero perfettamente consapevole.
Con
una lentezza snervante, la figura uscì dal
bosco e fece il suo ingresso nella radura che, già
più volte in passato, era
stata luogo di morte.
Riuscii solo a pensare: “ Edward, ti amo …
“
Poi
la luna, ricomparsa per un solo istante,
illuminò la mano sinistra dell’ombra scura. Per un
istante soltanto, il
luccichio dell’oro mi attraversò gli occhi.
<
Bella … > mormorò piano ...
Per poco non svenni, sopraffatta dall'emozione.
|
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Capitolo 23 *** Cicatrice ***
cap 23
Salve a tutte!!!
Cicatrice? Ma che titolo
Harry-Potteroso ... Però con Harry non centra niente ...
Mhh, sì, ormai sono completamente pazza! XD
Questo doveva essere
l’ultimo capitolo ma, siccome veniva
lungo più di
8 pagine, l’ho diviso a metà. Spero vi
piacerà. A
me è piaciuto molto scriverlo. Mi ci sono proprio impegnata.
Volevo scrivere una cosa carina, bella, che chiudesse la mia storia
senza lasciare punti in sospeso e, soprattutto, non banale. Commentate
numerose e
fatemi sapere se ci sono riuscita! GRAZIE
Il prossimo capitolo quindi,
riprenderà esattamente dal
punto in cui questo si conclude. Ho spezzato il cap iniziale in due,
più o
meno a metà, nell’unico punto in cui questo taglio
era possibile.
Ringrazio Tutte voi che leggete le altre 4 persone che hanno
aggiunto la mia “piccola” storia tra i preferiti (
90 persone!!! Vi assicuro,
non potete vedere il mio sorriso, ma è enorme!!! GRAZIE ).
Al solito, i ringraziamenti
personalizzati alle mie
fantastiche recensitici!
Ma prima, la grande domanda che ho potuto riscontrare nelle
recensioni: Edward o Jacob?
La maggioranza dice Edward
… ma chi sarà? Lo scoprirete
prestissimo! XD
chichetta99
Ma certo che continuo … per il dolore di Bella, cerco di
concentrarmi bene su
ogni aspetto facendo le cose per bene … Jacob dici?
Vedremo… Grazie, mi hai
fatto la prima recensione!
Livia1909
Grazie!!! Sono davvero felice che la storia ti
appassioni!!! Edward?
Speriamo XD
yumisan
Ti è piaciuto il pezzo? Spero che
allora, questo cap ti
piaccia … ( a, per rendere giustizia all’autrice,
“La guerra dei Cullen” è una storia
della bravissima piper__73
!!! )
giulia9_91
Sei convinta? Mhh, spero di non deluderti
… nel caso, la mia casa di
Caracas … Ecco per te il nuovo capitolo, ma guarda che
questo non finisce
proprio! Dovrai aspettare Mercoledì, anche se è
già pronto. Eh, come, vuoi
uccidermi? Mi disp, sono già in aereo!!! XD Come sarebbe a
dire che mis seguirai
in capo al mondo????? Aiuto!!!
( Ps: dimmi se questo avrà soddisfatto in parte i tuoi
desideri, e grazie per i complimenti! )
Wind
Ho comprato anche l’anti-pulci!
Purtroppo finisce sempre così … nel momento
più importante … Adesso vedremo chi è
…
Cara alice
brendon cullen,
adesso scoprirai la verità! Grazie anche per il
bellissimo commento! Ps: Hai notato che Edward è proprio un
bel
nome? che sia Cullen o Elric ... Ed, Al!!! Roy!!!
Colonnello,aspetti!!! ho messo la minigonna !!! XD Basta,
sono pazza!!!
bunny65
Eccoti l’aggiornamento!!!
PenPen
Tutti i tuoi commenti sono meravigliosi!( tanto,
hai ragione
tu, sono sadica ... a finire i cap in questo modo ... XD ) Davvero
grazie!!! Scusa per
il finale … resisti, ormai è finita …
Ma
tornerò tra poco! XD non vi libererete
facilmente di me!!! Cassandra imperversa!
momob
Spero ritroverai le parole in tempo per
commentare questo
capitolo!!! La tua atessa è finita, e spero resterai
soddisfatta! Grazie!
novilunio
Sono contenta per il tuo cuore! Ps: non dirlo a
nessuno, ma è Lui! XD
Gocciolina
Adesso vedrai!!! E, nel prossimo cap,
spiegherò un po’ di cose …
spero sarò esauriente.
sophie_95
Ahhh, ti è piaciuta? Come sono
contenta! La volevo troppo scrivere! Che
carini! Sai, nel libro la loro “relazione” non
è molto approfondita … ho
provato ad immaginare un po’ io!
Pocia
Prepara il marmo!!! Posso chiederti una
curiosità? Da dove viene il
tuo Nickname? Poi se vuoi ti spiego perché! Grazie, sono
davvero felice di
sapere che mi adorerai!!!
bimbaemo
Ho fatto più in fretta che ho potuto!
Eccoti il cap! spero ti
risulterà piacevole come il precedente!
BellaSwan95No,
ti prego! Non svenire ora! Prima leggi, poi se vuoi, svieni. Ma
riprenditi
entro mercoledì!!!
Cara la mia Lilian
Potter … forse al bambino
non faranno bene, ma a me sì di
sicuro, forse Jasper non ne sarà tanto contento, e poi,
tanto, tutti credono
sia colpa di Edward!!! XD bacioni stravampirosi!!!
KiraraMiranda
Placa la tua ansia, eccoti il cap 23!!! Dopo
tanta fatica eccolo
qui!
HopeToSave
L’arcano mistero verrà
presto svelato! Grazie per i tuoi sempre
bellissimi commenti!
scheggia94Posso
accompagnarti a Volterra? A me, in realtà, i Volturi
piacciono un casino! Spero
di riuscire a sorprenderti con questo capitolo! Grazie!
Saphira87
Sono molto contenta … Ti avevo detto
2 e sono diventati 3 ( percause di forza maggiore ), ma credo
che vada bene lo stesso, no? Buon lavoro! Mi raccomando, continua a
seguirmi.
BloodyKamelot
Ho fatto prima che ho potuto!!! Speriamo ti
piaccia!
sophie_95
Ti assicuro, i prossimi 2 saranno meno tristi!!!
E spero ti
piaceranno!!! Saranno un po', come dire ... moooltooo dolci ... e non
solo ...
clodiina85
Uuu, quanti complimenti!!!! Troppo buona!!!
Edward? Chissà …
memi16Quando stavo per postare questo cap, ho visto il tuo
comento!!! per fortuna è ho dato un'occhiata, se no
rischiavo di non ringraziarti! Davvero ti commuove? Sono contentissima!
Grazie per i complimenti!!!
Grazie
ancora a tutte
voi!!! Cassandra
La
figura misteriosa si avvicinò con lentezza. La lunghissima
mantella grigia
frusciava silenziosa. La avvolgeva completamente. Un largo cappuccio
calato sul
capo copriva ed oscurava il volto, ricadendo sulle spalle.
Si fermò proprio di
fronte a me che rimanevo ancora a terra. Senza pronunciare
un’altra parola, mi
porse gentile la mano.
Io
ero pietrificata. Immobile.
Quando
vide che non gli tendevo la mia, si sedette di fronte a me, sulle
ginocchia.
Con
la mano destra mi carezzò la guancia, si soffermò
sulle mie labbra.
Sbattei
le palpebre un paio di volte.
La
luna andava e veniva, coperta dalle nubi.
Quando
la sua luce ci illuminò, io portai le mie mani sulla
mantella.
Le
mie dita tremanti risalirono la stoffa ruvida fino ad arrivare al
cappuccio.
Con un movimento lento, glie la portai all’indietro,
facendogliela ricadere
sulla schiena. Il suo volto, rischiarato dalla luna, mi fece girare la
testa e
per poco non svenni. Fortunatamente, lui aveva portato le sue mani,
forti e
veloci, sulla la mia schiena e, con quelle, mi sorresse. Mi osservava
sorridente. I capelli spettinati gli incorniciavano il volto
pallidissimo,
solcato da profonde occhiaie violacee, facilmente scambiabili per
ustioni.
Presa
dall’emozione, quasi crollai. Mi chinai in avanti afferrando
i lembi della
mantella e mi lasciai andare ai tremori, poggiata sul suo petto. Lui mi
accarezzava la schiena senza parlare. Poggiò le labbra sul
mio capo e mi baciò
i capelli poi scese lentamente dietro il mio orecchio
e poi più in giù, lungo il mio collo. Io piegai
la testa per facilitargli il
lavoro.
Portai
le mie braccia dietro il suo collo e lo abbracciai, sollevandomi per
avvicinarmi
di più a lui. Per stringerlo a me. Avevo appoggiato la
fronte nell’incavo del
suo collo. Le sue mani ora accarezzavano i miei capelli mentre le sue
labbra
sfioravano la pelle della spalla lasciata libera dal vestito. Le sue
dita
scorrevano gentili sulla mia pelle. Con lentezza, grazia e gentilezza,
mi
costrinse ad alzare il capo. I miei occhi si persero nei suoi. Pece.
Furono però
presto attirati da qualcosa. Qualcosa che prima credevo di essermi solo
immaginata e che invece, adesso, mi rendevo conto essere reale.
La
mia mano, involontariamente, si bloccò sulla sua guancia.
<
Edward … > La voce mi uscì roca.
Lui
appoggiò la sua mano sulla mia e chiuse gli occhi.
<
Non preoccuparti, amore. >
<
Ma … ma … >
<
Sht … non è niente. Non è niente.
>
Mi
inginocchiai e intrecciai le dita della sua mano a quelle della mia.
Allontanai
entrambe dal suo volto e mi sporsi,per baciarlo.
Le
mie labbra si appoggiarono sulla cicatrice che gli percorreva una
guancia e glie la sfigurava.
<
Edward … > Bisbigliai in preda all’ansia.
Mi
impedì di proseguire poggiando la sua bocca sulla mia. Mi
levò letteralmente il
respiro.
Il
suo bacio era tormentato. Le sue labbra si muovevano agitate sopra le
mie. Il
suo profumo m’invase e mi stordì.
Mi
aveva stretto in un abbraccio consolatore e allo stesso tempo sensuale.
Con
delicatezza, m’impose di dischiudere le labbra.
Per
la prima volta, la sua lingua accarezzò i miei denti. Il suo
respiro era dentro
la mia stessa bocca.
Tutti
i pensieri che fino a quell’istante avevano affollato la mia
mente, svanirono
in un attimo.
Mi
voleva almeno quanto io volevo lui.
Con
la punta della mia lingua, gli accarezzai il palato.
Con
un movimento veloce, gli levai la mantella pesante. Non sopportavo di
vederlo
con quell’indumento indosso!
Sotto
portava degli abiti comunissimi. Chiari ed anonimi. Tipici dei Volturi.
<
Bella … > si era staccato da me per permettermi di
riprendere fiato e poter
inspirare il mo odore. Mi fissò negli occhi e mi
sussurrò addolorato:
<
Hai sete … andiamo a caccia. >
<
No! Ti prego. Rimaniamo qui. Voglio stare sola con te, per un
po’. Non voglio
cacciare, voglio te. Possiamo andare dopo … Vero? >
Vero che
avremmo avuto
tempo? Non poteva andarsene di nuovo. La sete che mi bruciava la gola
era sopportabile, l'idea di saperlo lontano no. Non
avevo
intenzione di sprecare neanche un istante del tempo che ci
era
stato concesso, o che era riuscito a rubare.
Mi
sollevò la mano sinistra e, dopo essersela portata alle
labbra, baciò la fede.
<
Ti amo. > mi bisbigliò.
<
Cosa ti è successo? > Domandai mentre gli accarezzavo
il volto. Il mio
indice percorreva la sottile ma vistosa cicatrice sulla sua guancia
sinistra.
<
Non è niente. Nulla di cui preoccuparsi … >
<
Come puoi dirmi così? > Domandai preoccupata. Gli
presi il volto tra le mani
e lo fissai negli occhi. Lui li chiuse e poggiò la sua
fronte sulla mia. Le sue
mani scivolarono lungo la mia schiena e la sua voce vellutata mi
raggiunse:
<
Diciamo che non mi sono trovato benissimo in Italia …
>
Le
sue labbra tornarono ad accarezzare le mie. lo allontanai scuotendo la
testa.
<
No, No. Basta tenermi lontana dalle cose che credi potrebbero ferirmi.
Basta.
Ti prego … dimmi cosa diamine ti è successo!
> Ero prossima al pianto.
Stringendomi
a sé, mi bisbigliò:
<
Ho avuto qualche problema a Volterra. Diciamo che non mi sono inserito
facilmente. Il
luogo e la compagnia non mi erano molto congeniali …
>
Riprese a baciarmi
con passione ma io ero decisa a sapere la verità.
Dovevo
sapere cosa gli fosse successo, se fosse scappato, se avremmo dovuto
fuggire …
se … Non volevo neanche pensarlo … se avrebbe
dovuto tornare tra le mura fredde
di quella città millenaria … non avrei sopportato
un’altra separazione.
Semplicemente, non ce l’avrei fatta.
<
Ti hanno ferito? Solo
il nostro veleno può lasciare cicatrici su ... su
di noi. >
Bisbigliai ad occhi chiusi, poggiata al suo petto. Era strano usare il
noi, parlando di vampiri ...
Cullandomi,
mi rispose:
<
Ora sto bene … e non è stato niente di grave. So
cosa temi. Non sono mai stato
in pericolo. Mai. Un litigio … Tutto qui …
>
<
Ma sono riusciti a colpirti. A ferire te. Edward … >
<
Ora smettila … non ti devi preoccupare, va tutto bene
adesso. >
Mentre
mi sussurrava quelle parole, le sue dita scivolarono tra le pieghe del
mio
vestito.
Le
muoveva veloci e agili e, in pochi secondi, furono a contatto con la
mia pelle,
provocandomi un fremito d’eccitazione.
<
Qui? > Chiesi con un velo d’isteria.
<
Ovunque sarebbe perfetto. Solo qui magico …
L’importante però è che siamo
insieme. >
Sorrisi
e lui, ad occhi chiusi, si chinò abbastanza da poter
sfiorare con la punta del
naso il mio collo e poi la mia guancia.
Le
nostre bocche s’incontrarono di nuovo e le labbra si
dischiusero permettendo ad
uno di entrare nell’altra.
Tenendomi
tra le braccia, mi fece sdraiare con la schiena a terra e poi prese ad
accarezzarmi.
Trattenendo
la sua impazienza, mi slacciò lentamente il vestito,
lasciando la stoffa sotto
il mio corpo. Si soffermò un attimo sul ciondolo e, dopo
averlo baciato, lo
accarezzò. Sollevò il capo e mi sorrise, poi mi
baciò la fronte.
< Non porti
il reggiseno … > Mi disse e, devo ammetterlo, non mi
sembrava assolutamente
contrariato. Sorrisi e con dita esitanti, accarezzai il suo petto, poi
scesi,
sempre più in basso.
Lui
si chinò di più e, portando il suo volto a due
centimetri dal mio collo, mi
confidò all’orecchio in un sussurrò:
<
Temo che questi abiti ci siano d’intralcio …
> e poi mi baciò il collo e la
spalla, facendo scorrere la sua lingua sul profilo della clavicola.
Risi per il
solletico, per l’agitazione ma soprattutto per
l’emozione.
Andai
a slacciargli la camicia e le mie mani tremavano mentre cercavo di far
uscire i
bottoni da quelle maledettissime asole. Sempre loro …
Anche
Edward ridacchiò. La sua risata mi riempì di
vita, di gioia. Lui era lì, con me
…
<
Amore, non metterci troppo, non credo di poter aspettare a lungo
… > e poi
mi baciò ancora, sul petto nudo.
Gli
feci scivolare la camicia lungo le braccia e glie la sfilai.
Passai
quindi alla cintura e ai pantaloni. In pochi minuti, tutto
ciò si ritrovò
sull’erba.
Le
sue carezze percorrevano la mia pelle proprio come i suoi occhi avidi.
<
Edward … > Sussurrai mentre le sue dita si
soffermarono sulle mie palpebre.
<
Ti amo. >
Non
mi rispose. Era troppo impegnato a baciarmi la pancia.
Le
mie mani erano immerse nei suoi capelli e gli accarezzavano il capo.
Senza
smettere di baciarmi, portò le sue mani sulle mie mutandine
e me le sfilò
facendole scivolare anche troppo lentamente lungo le mie cosce.
Le
sue mani si spostarono sui miei fianchi e lui dopo un ultimo bacio sul
bassoventre, tornò a sfiorarmi la fronte con le sue labbra.
Il suo corpo
poggiava sul mio. Sentivo il suo petto sopra il mio seno. Non avevo
più freddo.
Ad essere sincere, mi sembrava di avvampare.
<
Bella … >
< Sì? > Chiesi mentre gli accarezzavo la
schiena. Non mi
pesava il suo corpo sopra il mio.
<
Bella, non ti immagini come … come sono felice. È
bellissimo non temere di
farti del male mentre … Mi sento così libero di
essere me
stesso. Di stare con te ... Di non rischiare di farti ... > Gli
posai un dito sulle labbra per impedirgli di
proseguire.
<
Sht, amore, non dirlo neanche. Io non ho mai avuto paura. >
<
Avresti dovuto. In ogni istante in cui siamo stati insieme …
>
<
Non tormentarti. Non avrei potuto chiedere di meglio dalla vita.
>
<
Non avresti potuto chiedere di meglio della morte? > Mi
domandò ironico
mentre si muoveva lentamente per far aderire meglio i nostri corpi.
<
No, non avrei potuto chiedere niente di meglio della
felicità. >
Lo
sentii sbuffare. Poi mi mormorò:
<
Non ti merito. >
<
Neanche io merito te. > ribattei, poi aggiunsi: < Edward
… >
<
Sì? >
<
Non vale! >
<
Cosa? > Mi domandò lui a metà fra il
sorpreso e il preoccupato.
<
Tu riesci sempre a restare vestito mentre io rimango sempre nuda!
> feci
finta di essere offesa.
Soffocando
una risata, mi rispose: < Ma amore, è logico. Sei
così bella … voglio
poterti ammirare, tutta te stessa. >
<
La stessa cosa vale per me. >
<
Allora sbrigati a liberarmi da questo inutile pezzo di stoffa! >
Mentre
facevo scendere i boxer scoprendo pian piano il corpo perfetto del mio
sposo
con le mie dita che si erano infilate tra la sua pelle e
l’elastico, pensai
alla sofferenza che avevo patito durante la sua assenza. Le mie mani si
bloccarono a metà strada. Ricordai il dolore della
lontananza.
<
Cosa c’è, Amore? > Mi chiese preoccupato.
< Non piangere … > Ok, era
proprio terrorizzato.
Io,
d’altra parte, non mi ero neanche accorta che i miei singulti
fossero udibili.
Le sue mani correvano veloci lungo le mie braccia per tranquillizzarmi
mentre
lui continuava a ripetermi:
<
Stai calma … Scusa, non pensavo di … Credevo lo
volessi anche tu … >
Ma
che diavolo aveva capito?
<
Edw … edward … > Singhiozzai io.
<
Sì? > Mi domandò esitante.
<
Mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo. Promettimi che non te ne
andrai più!
>
Non
mi rispose ma mi avvicinò a sè in un
abbracciò avvolgente. Mi stringeva al suo
corpo con ansia e agitazione.
<
Isabella … Per quanto io possa essere lontano, io non
smetterò mai di amarti.
Questo devi ricordarlo. È una promessa. Anzi, è
la promessa. >
Mi prese la
mano sinistra e se la fece scorrere sul viso.< Questo per me non
è un
semplice anello. Io sono tuo. Per sempre. Ricordatelo. >
<
Ma non te ne andrai di nuovo? Vero? > Imploravo. Letteralmente.
< Se così
fosse, voglio venire con te. > Il mio tono era irremovibile.
Mi
accarezzò una guancia e mi sorrise:
<
Non tornerò in Italia. Non è nelle mie intenzioni
per il
futuro. Lasceremo
Forks, questo è certo. Sono sicuro che Esme sarà
contentissima di riprendere i
lavori nella casa che avevamo acquistato vicino a Ithaca …
Qualche volta, per i prossimi quattro o cinque anni, potrai persino
invitare i tuoi ... io mi terrò lontano quanto basta, in
quei
giorni. > E poi, senza
smettere di tenermi abbracciata a sé, mi morse per scherzo
il
lobo
dell’orecchio.
Non
lo aveva mai fatto. L’unica volta in cui avevamo fatto
l’amore, ero ancora una
fragilissima umana … un gesto come quello, se compiuto nei
mesi precedenti,
avrebbe potuto innestare la trasformazione … provocare la
mia morte.
Sentii
crescere dentro di me l’eccitazione. I singhiozzi vennero
lentamente sostituiti
dai miei ansiti.
<
Non devi preoccuparti per queste cose … Io sarò
sempre con te. Non voglio che
tu ti angosci inutilmente. Affronteremo il nostro futuro insieme.
>
Annuii
e terminai quello che stavo facendo, aiutando i suoi boxer a scivolare
lungo le sue gambe.
|
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Capitolo 24 *** Al chiarore della luna ***
24
Sono le 4 in punto e sto postando la ficcy! XD Bene … siamo alla fine di
questa lunga (soprattutto per chi
scrive XD )storia. Dedico questo ultimo cap a Clarissa e Laura, che mi
hanno fatto scoprire Twilight! Un bacio enorme ragazze!
Come prima long fiction in assoluto,
devo dire non c’è male!
Ad essere sincera, mi è dispiaciuto cambiare lo stato di
completa da NO a SI …
è strano … mi mancherà un
po’ questa ficcy …
Ma ora basta, mi sto lasciando trasportare.
Per la gioia di molte (soprattutto mia) questo capitolo
contiene una scenettina un po’ … calda
… niente di terribile o censurabile (mi
auguro XD) ma ci tenevo a dirlo prima! Sappiate che è
inventato tutto di sana
pianta data la mia nulla esperienza nel campo, quindi, se ho scritto
castronerie, chiedo perdono in anticipo!
Innanzitutto, volevo ringraziare
tutte voi lettrici. Siete
fantastiche e avete una costanza invidiabile per reggere una storia
così lunga!
Spero che ve ne sia valsa la pena!
Ringrazio le altre 5 persone che hanno aggiunto la storia
tra i preferiti. Sono davvero commossa!
Ora volevo dedicarmi un attimo alle mie straordinarie
recensitici che trovano sempre qualche minuto per rendermi felice: (
sono stata molto prolissa, ma volevo ringraziarvi per bene ...
è
l'ultimo capitolo e mi mancherete! Di solito non sono così
sdolcinata ... scusate XD )
memi16
Grazie!
Mi commuove sapere che ti commuovi!
Lascia stare … sono
ormai prossima alla pazzia. La neuro mi ha già preparato la
camera XD
alice
brendon cullen Giudica dopo questo capitolo
… Io personalmente,
vorrei essere al posto di Bella … per gli Edward: Elric o
Cullen non importa!!! Però anche Mustang o Jasper
… ci farei più di
un pensierino XD
Wind
Anche
a me mancherà ( non vorrei
essere banale, ma mi mancherete
anche voi. Credimi se ti dico che appena accendo il Pc controllo EFP !
) spero
che continuerai a seguirmi con la mia nuova storia … molto,
molto presto su
questi schermi! Ps: Edward è sempre bellissimo …
La cicatrice gli dona un certo
non so che di affascinante e proibito. Ah, credo che Demetri
non se la passi affatto
male … ma spiegherò
meglio in questo ultimo cap!
giulia9_91Per
la faccenda genitori di Bella, in realtà loro lo credono
Morto …
penso che gli verrebbe un coccolone a trovarselo in veranda a bere un
cocktail
rosso ( sangue naturalmente XD )! Comunque, non preoccuparti, il nostro
amore
non ha toccato sangue umano!!! L’attesa fino a
mercoledì è inevitabile … (oggi)
ma visto che non è stata poi così lunga? Spero
che questo capitolo ti piaccia e
spero di ritrovarti tra le commentatrici della mia nuova storia! Credo
che
andrai a prenotare un biglietto d’aereo non appena avrai
letto il primo
capitolo XD solo che questa volta non ti dico dove scappo …
( indizio: è molto
lontano, fa molto freddo, ci sono i vampiri! Sono completamente andata.
Ma
quanto ci mette la neuro ad arrivare? )
yumisan Addirittura
“bestemmia”? La
cicatrice gli dona! Il ragazzo bello e
irraggiungibile con un passato tormentato alle spalle ma il cuore
tenero e
l’animo gentile, innamorato perdutamente della sua bella (che
gioco di parole
terrificante XD ) Potrei andare avanti all’infinito a
descriverti le 1000
qualità del nostro amore! Sfigurato o meno, lo VOGLIO!!!!
Dai, vedrai che
questo capitolo continuerà in modo degno il precedente, e
non lascerà in
sospeso niente! – straordinario ed insolito per me XD
–
Guarda,
HopeToSave,non so chi potrebbe dirgli di no
… Ma IO no di certo. Anzi,
il nostro casto Edward la rischia grossa a
stare vicino a me! Sarebbe bello dici l'Edward's pov? Non vorrei
stufasse …
ad essere sincera,
un po’ ci avevo pensato, soprattutto per alcuni capitoli in
particolare …
Leggi: la prima notte con il morso incluso nel pezzo, la
trasformazione, la sua
permanenza a Volterra, QUESTO CAPITOLO … Chissà,
magari in futuro … qualche capitoletto
… ma prima voglio avviare la mia ancora-senza-titolo nuova
storiella! XD
Sorrido sadicamente … sarà tremenda! Ah Ah Ah !!!
Spero la leggerai e mi auguro
ti piacerà!
Gocciolina
Anche
a me dispiace …
però, era inevitabile che finisse prima o poi
… e ora credo sia il momento migliore … ho
cercato di scrivere un bel finale e
spero di esserci riuscita! Mi raccomando, dimmi se è
così! Comunque, non farai
a tempo a sentire la mia mancanza! Mi farò viva di nuovo
molto presto! XD
bells87
Non
preoccuparti, anzi grazie per avermi lasciato un commento, e
in bocca al cane (jacob) per gli esami XD
Grazie per i complimenti e spero che questo cap ti aiuti, anche se solo
poco, a
rilassarti un attimo! Pensa ad Edward … No, sul serio, in
bocca al lupo!
StarlitWriter
Grazie
per tutti questi complimenti! Sono
diventata, per l’ennesima
volta, tutta rossa! Sono contenta che ti sia piaciuta così
tanto la mia ficcy!
Per me sono piccole soddisfazioni sapere che il mio lavoro piace anche
agli
altri! Credimi! Le tue speranze non sono vane!
Ciao BellaSwan95,Sara carissima! Forse in questo
ho un po sforato con il rating
… speriamo di
no!
Cara PenPen, scoprirai prestissimo la
verità e potresti addirittura
ritrovarti a fondare un
ARO-fan-club a cui presumo molte vorranno aderire ( mandate le
iscrizioni
all’indirizzo e-mail della neuro! A proposito, ma quanto ci
mettono ad
arrivare? )Per una volta ho messo da parte il mio sadismo ( eh eh eh
–risata
malefica- lo sto tenendo da parte per la mia nuova storia …
eh eh eh ) e sono
contenta che quelle due scene del
cap 22 ti siano piaciute! Per finire, sei davvero troppo buona e i tuoi
commenti
mi rendono sempre felice un casino! XD
sophie_95
La
vuoi sapere una cosa? Non solo si sono rincontrati … vedrai
i
nostri due giuovani novelli sposini cosa mai combineranno, tutti soli
in un
bosco … di notte … dopo “tanto" tempo
che non si vedevano … dopo averlo fatto
una volta sola … Basta, la pianto …
novilunioE io ti rispondo soltanto:
… ( Erika
è in crisi ) non trovo una
faccina che spieghi bene la mia contentezza… Ti basta un
GRAZIE gigante?
Lilian
Potter …
ma
chi è? Ah! Lily sei tu!!! Scherzo, lo sai! Aspetto
sempre con ansia ogni tuo commento! Mi fanno davvero piacere! Jasper mi
sta
dicendo di mandarti un bacio … scusa ma devo andare
… Carlisle mi sta
aspettando in studio … XD Tornando al discorso
dell’altra volta … Vuoi un
gelato alla mela verde? XD
KiraraMiranda Scusa se sarò
breve ma sto chattando
con una certa
schifosa elleista
che lo espone a tutto il mondo con la sua borsa … indovina
chi
è? E sì, è già
mezzogiorno! Ps: Ho già comprato lo spiedo gigante da sagra
di
campagna ... Vedi di partorire un'idea! sono già sotto casa
tua!
emily
ff Come
potrei mai picchiare una persona che mi fa dei complimenti
così
belli? Posso solo dirti che sono contenta che tu abbia
“scoperto” la mia ficcy!
Ah, un po’ di sadismo nella vita aiuta a restare a galla!
Sapessi cos’ho in
mente per il futuro!
Pocia
Ehm
… devo proprio spiegartelo?
Facciamo che ti mando una mail
(controlla gli spam) … è una storia
lungaaaaaa intanto, grazie per aver risposto
… e in bocca al cane ( ancora il povero Jacob ) per
l’esame di spagnolo!XD
fammi sapere com’è andato!
chichetta99
Mai
dare nulla di scontato! Soprattutto con me! Allora? Ti è
piaciuto? Credo che questo ti piacerà ancora di
più!!!
BloodyKamelot
Ti
prego! Ti prego riprenditi! Non sul
più bello! Ti perdi la scena
per cui ho scritto gli ultimi 7 capitoli!!!! Non farmi
questo!riprenditi! ( e commenta se riesci XD )
BellaSwan87
A
parte il sorriso a 40 denti … non so come rispondere al tuo
commento … sto sorridendo come un ebete …
l’ho letto tre secondi fa e sono
ancora shockata dai tuoi complimenti! Ma tu sei pazza! Non ne merito
così
tanti! Magari alla neuro mi danno una camera doppia e vieni anche tu,
così
parliamo di Twilight dalla mattina alla sera e poi non ci fanno
più uscire XD
comunque, ti pare che mi stufi? Mi lusinga sapere che la mia storia ti
emozioni
tanto! Davvero, non trovo le parole per ringraziarti … sono
ancora sconvolta! GRAZIE
( sto ancora sorridendo come un ebete … )
La
GommaSono molto contenta che tu
sia "capitata" nella mia
storia e grazie per i bellisimi complimenti! Addirittura la Meyer? Sono
di un colore simile al nastro di Eclipse! Grazie
Finalmente, vi lascio al cap 24!
Annuii
e terminai quello che stavo facendo.
Mi
ritrovai tra le mani i suoi boxer. Non sapendo che farmene, li lanciai
dietro
la mia testa mentre Edward, che si era messo a cavalcioni sulla mia
pancia, mi
baciava i seni. Le mie mani erano sulle sue spalle.
Il
mio sposo scivolò lungo il mio corpo finché non
fu nella posizione giusta.
<
Pronta? >
<
Per te sempre. > Risposi in un soffio e lui mi baciò
le labbra.
< Il tuo odore, è buono come sempre ... > mi
sussurrò quando, contro la mia volontà,
allontanò la sua bocca dalla mia. Sorrisi felice.
Senza
aggiungere altro, accarezzandomi il volto, ricominciò a
baciarmi
la pelle, lasciando dietro di sè scie bollenti. Io seguivo i
suoi movimenti e lo lasciai fare. Le sue dita leggere si soffermavano
sul mio volto, per poi scendere lungo le mie spalle e
le
braccia. La sua bocca si spostava lentamente sul mio corpo, baciandomi
dolcemente. Mi morse scherzosamente in
prossimità dell'ombelico ed io
risi , le mie
mani poggate sulla sua testa.
<
Ti mangerei ... > Mi sussurrò, scherzoso.
< Provaci. > Gli risposi ironica.
< Ai suoi ordini. Signora Cullen ... > Il suo tono mi
fece morir dal ridere, le sue parole mi riempirono di gioia.
Poi, con le labbra, scese a baciarmi più in basso.
Chiusi
gli occhi e respirai a fondo.
Le
sue labbra erano insicure ed incerte. Era emozionato ...
<
Edward? > Domandai con un filo di voce. Con il suo tocco mi
stava
facendo perdere la consapevolezza di me, e stava contribuendo a farmi
lasciar
sfuggire anche l’autocontrollo.
Non
mi rispose.
Inarcavo
la schiena senza riuscire a governare il mio corpo. Le mie dita si
strinsero
sui capelli disordinati del mio amore. Emisi un gemito. Alzò
lentamente il capo
e mi osservò per qualche istante mentre incurvavo la
schiena. La sua lingua si
muoveva delicata e discreta. Con una mano andai in cerca della sua. La
trovai e la strinsi. Sussurrai:
<
Edward … >
Contro
la mia volontà spostò il suo viso, fece scorrere
il naso lungo la mia pancia,
sull’ombelico, tra i seni … fino a portare il suo
volto,
splendido
nonostante
la cicatrice che lo deturpava, sopra il mio. Mi baciò con
passione ed
eccitazione. Le sue labbra bagnate sapevano di amaro …
Sentivo
che anche lui
aspettava che il piacere crescesse a tal punto da diventare
insostenibile.
Sentirlo sopra di me, ogni sua parte, mi stava facendo letteralmente
impazzire. Feci scorrere le mie dita lungo la
cicatrice
e poi lo abbracciai più stretto.
Con
la mano libera si aiutò e, in pochi istanti, lo sentii
entrare lentamente
dentro di me.
Fu
diverso dalla nostra prima volta. Lui era più tranquillo. In
qualche modo, fu
più bello.
Innanzitutto,
sentii molto meno male e poi, adesso, il mio corpo era molto
più sensibile.
Sapevo inoltre che, questa volta, Edward poteva tranquillamente
lasciarsi
trasportare dalle sue emozioni senza preoccuparsi di perdere la
lucidità, senza
temere di uccidermi con una carezza. Era per questo che questa volta,
finalmente,
si era lasciato andare così tanto. Ora poteva
essere felice anche lui ...
Non
smise di accarezzarmi mentre si univa me per la seconda volta nella
nostra vita.
Sentivo i palmi delle sua mani sfiorarmi, le lievi spinte che mi
scutevano ... Continuava a dirmi all’orecchio: <
Isabella … ti amo. >
Intrecciai
le sue gambe con le mie.
All’inizio
si muoveva lentamente dentro di me, poi con movimenti sempre
più incalzanti. Improvvisamente,
venni investita da una sensazione strana,travolgente, in qualche modo
nuova. Provata
solo in parte e solo una volta, prima di allora.
Affondai
le dita nella pelle della sua schiena e, inarcando il mio corpo, gettai
all’indietro
la testa. Mi morsi un labbro per rimanere in silenzio.
Mi
baciò il collo e poi posò la mano sul mio seno
sinistro. Me lo stringeva
delicatamente.
Lo
sentivo ansimare. Il mio respiro era irregolare come il suo.
Sospirò.
Dopo
aver inspirato il suo odore, premendo il mio naso sulla sua pelle, gli
posai la
mano sulla sua, sopra il mio seno, e gli baciai la guancia.
<
Bella … > La sua voce disperata mi sorprese e mi
terrorizzò.
Non
poteva andarsene …
Cercando
di mantenere la calma, gli domandai:
<
Cosa c’è amore? > il mio tono non era
rassicurante come avrei voluto.
<
Perdonami. >
Quando
le sue parole giunsero alle mie orecchie, mi parve che tutto vorticasse.
Lo
abbracciai, cingendolo con le gambe e con il braccio libero. Con
l’altra mano,
strinsi la sua.
Eravamo
ancora uniti, era ancora parte di me.
<
No … Stai calma … > mi disse carezzandomi
la testa e percependo la mia
angoscia.
Poi, facendo un po' ressione sul mio seno sinistro,
mi sussurrò con voce affranta:
< Il tuo cuore non batte più … mi dispiace
di averti negato il suo battito … Non hai idea di quanto mi
senta in colpa … >
<
Stupido! Mi hai fatta spaventare! Mi hai letteralmente terrorizzata.
>
Avrei
voluto continuare ma la sua lingua si spostò a tracciare il
profilo delle mie
labbra, per poi farsi strada nella mia bocca, senza curarsi di essere
discreta o
delicata.
Ci
muovevamo insieme, assecondando l'una i movimenti dell’altro
finché, di nuovo
quella sera, smisi di capire cosa mi stesse succedendo. Questa volta le
mie
mani si strinsero ai suoi capelli ed io emisi un gemito. Edward mi
afferrò i
polsi e mi portò le braccia sopra la testa.
Mi
baciò e io potei constatare che tremava leggermente. Adesso
si era portato
seduto e il suo respiro agitato mi raggiungeva il volto e mi faceva
volteggiare
i capelli.
Lo
vidi inarcarsi sopra di me e sentii le sue mani stringermi i polsi con
più
forza.
Facendo
leva sui gomiti mi sollevai abbastanza per baciargli il petto muscoloso.
In
un istante, le sue mani furono contro la pelle della mia schiena. Le
sue dita
me la graffiavano.
Poi,
lentamente, allentò la presa, mi riaccompagnò
contro l’erba fresca e si
accasciò sul mio corpo.
Sdraiato
sopra di me, teneva il capo tra i miei seni, le braccia intorno al mio
ventre.
Lo
accarezzavo con lentezza e dolcezza sussurrandogli tutto il mio
infinito amore
per lui.
Quando
voltò il capo e la sua guancia sinistra fu illuminata dalla
fioca luce della
luna, percorsi la vistosa cicatrice con l’indice.
Sentii
un nodo stringermi lo stomaco.
Poi
lui parlò.
<
Mi hanno lasciato tornare … >
Le
mie mani si fermarono all’istante.
<
Credo che alla fine, Aro abbia compreso … >
<
Cosa gli ha fatto cambiare idea? > Domandai con un filo di voce.
Avevo chiuso
gli occhi.
<
Non so cosa con precisione. Credo che, più che altro, sia
stata una serie di
circostanze a convincerlo. >
Ora
era lui ad accarezzare me, rassicurandomi. Il suo corpo non mi pesava,
anzi, mi
trasmetteva sicurezza … mi riempì di baci e di
carezze. I suoi movimenti erano
misurati, dolci.
Con
delicatezza si separò da me. Mi dispiacque quando i nostri
corpi non furono più
uniti.
Il
mio respiro era ancora affannoso e lui rise sfiorandomi la labbra con
la punta
delle dita.
Si
sdraiò al mio fianco sull’erba. Osservavamo il
cielo.
Mi
afferrò la mano sinistra e la sollevò in alto.
Osservò il luccichio dell’oro al
chiaro di luna e poi si voltò, sorridendomi.
<
Ti amo. Grazie per aver accettato di divenire mia sposa …
> così dicendo,
portò la mia mano sul suo petto e la strinse con dolcezza.
<
Grazie per aver osato rischiare, quando ero ancora una
“fragile” umana … Grazie
per tutto quello che hai subito per me. > Gli sussurrai ad occhi
chiusi. Mi accoccolai
con la testa sulla sua spalla, raggomitolata al suo fianco.
Mi
massaggiava la schiena.
Si
spostò abbastanza per poter baciarmi il seno e poi,
continuò il discorso che
aveva lasciato in sospeso prima, mentre facevamo l’amore.
Sembrava stesse cercando quasi di scusarsi con me, a giudicare dal tono
affranto della sua voce:
<
Quando Alice ha visto cosa volevano, il mio istinto mi diceva di
portarti via, sapevo però che non avrei potuto. È
stata Jane a insistere con Aro. Lei sapeva che poteva ricattarmi usando
la tua
vita. Ho dovuto scegliere. Per saperti sana e salva, avrei dovuto
entrare a far
parte del loro corpo di guardia. La tua vita in cambio dei miei poteri
… Avrei
davvero voluto portati in luna di miele, non dover tradirti, mordendoti
in quel
momento. Spero mi perdonerai. >
<
Edward … > Gli sussurrai stringendomi di
più a lui.
< Non sono mai stata arrabbiata
con te, neanche per un istante.> Mentii io.
Ripensandoci, in quei momenti, non era la rabbia ma
l'angoscia,
lo stupore e la paura ad esseresi impossessati di me.
Con
voce tormentata mi bisbigliò: < Sentirti invocare la
morte
… Percepire la
vita allontanarsi dal tuo corpo. Il sapore del tuo sangue nella mia
bocca … è
stato atroce. Vederti così impaurita, terrorizzata
… non
potrò mai perdonare me
stesso. Quando finalmente hai smesso di soffrire, speravo mi fosse
concesso un
po’ di tempo. L'idea di lasciarti, nel momento in cui avevi
più bisogno di me ... Te lo giuro, avrei fatto di tutto per
poter rimanere con te. Tutto tranne metterti in pericolo. Loro non mi
hanno lasciato scelta.
Carlisle mi aveva assicurato che si sarebbe preso cura di te. Tutti me
lo hanno giurato. Se
volevo saperti viva e al sicuro, avrei dovuto obbedire. Ho dovuto
seguirli a Volterra ma, una volta giunto in
città, mi sono chiuso nel silenzio più totale. Ho
smesso di nutrirmi. Me ne
restavo tutto il giorno in una stanzetta, seduto per terra. Non
prestavo
ascolto alle loro richieste. Scrutavo però con attenzione
ogni loro pensiero
per poi poter sfruttare al meglio le loro stesse debolezze. Aro
talvolta
passava e mi sfiorava, tanto per sapere cosa stessi pensando. Credo che
abbia
visto quanto è forte il legame che ci unisce. È
rimasto molto colpito dalla
tua trasformazione … Dal mio, nostro dolore …
Quattro giorni fa,
Demetri si è adirato. È entrato nella stanzetta e
mi ha
sollevato per il collo.
All’inizio non ho reagito. Leggevo i suoi pensieri. Ira e
gelosia. Il più
importante dei Volturi voleva avere me al suo fianco, nonostante io
fossi così
ossessionato da te, nonostante io non volessi essere per lui la sua
mano
destra. Rifiutavo un privilegio enorme, privilegio che, secondo
Demetri, avrebbe dovuto spettato a lui. Poi ha cominciato a dire che
avevo perso la testa per
una stupida umana. > Qui si fermò un secondo e,
respirando il
mio odore, mi
carezzò l’orecchio. Poi ricominciò.
Potevo ancora
percepire la rabbia nella sua
voce.
<
Non potevo accettare che ti offendesse. Reagii. Lui però si
era
appena nutrito e il sangue umano ci rende anche più forti.
Era molto più in forze di me in quel momento. Mi ha morso
… ma, come ti ho detto,
non è niente di che. Un po’ di bruciore al momento
e
pizzicore per qualche ora …
ah, sì beh … il braccio si è un
po’ rotto
… ma è andato a posto subito
… neanche tre ore ed era tornato come nuovo
… >
Mi
pietrificai alle sue ultime parole …
<
Ti ha rotto un braccio? > Domandai con voce bassa e scossa. < Quale? >
<
Non ha importanza … >
<
Eccome se ce l’ha! > Gli feci io con voce agitata.
<
Se proprio insisti … il destro. >
Lo
sollevò e me lo mise davanti agli occhi, per farmi vedere
che ormai era
guarito.
Lo sfiorai piano e
poi vi poggiai sopra la
bocca, baciandolo lentamente e sensualmente ...
<
Vedi? Sta bene. Ora oserei dire addirittura benissimo …
Inoltre, grazie al
braccio rotto e alla ferita al volto, Aro si è adirato
parecchio con Demetri.
Forse, se non fosse stato per la sua aggressione, non sarei qui, ora.
>
A
quelle parole, mi strinse con passione.
<
Aro ha capito che, lontano da te, non sarei riuscito a vivere. Non gli
era
utile un servitore perennemente depresso. Costantemente assente. Lui
inoltre,
sapeva esattamente cosa provavo. Non riuscivo a concentrarmi. Subito
dopo il
litigio, sono uscito. Era sera. Nell’ingresso, ho trovato
Gianna che stava
tornando a casa sua. Le ho chiesto di poter usare il telefono e lei mi
ha porso
l’apparecchio. Sentire la tua voce … saperti al
sicuro … mi ha dato un
sollievo che non immagini ... > Si fermò e
sospirò.
Io ero immobile e dentro di me capii quanto
il suo dolore dovesse essere stato atroce.
Chiusi
gli occhi e mi strinsi a lui che mi cinse protettivo con le sue braccia.
<
Quando sono tornato nei sotterranei, Aro mi ha sfiorato e ha visto
tutto. Io non ho detto niente. Due giorni fa è tornato nella
stanza in cui mi trovavo. Mi poggiato una mano sul capo ed ha osservato
i miei pensieri. Ha
alzato lo sguardo e mi ha detto: “ Vattene pure. Non mi servi
in
questo stato. Speravo che ti potessi abituare, ma evidentemente mi
sbagliavo. Sono
sempre disponibile ad ospitare te e tua sorella, sappilo. E se per
averti qui
è
necessaria la presenza della tua giovanissima sposa, le porte saranno
aperte
anche per lei. Riferisci ad Alice il mio invito. Sarete sempre i
benaccetti
nella nostra famiglia. E, porgi i miei saluti al mio caro amico
Carlisle. Ringrazialo. Solo in nome dell'amicizia che mi lega a lui, tu
oggi
porti quell’anello” e ha indicato la fede. Dopo di
che, si
è voltato e se ne è andato. Non ti dico gli
sguardi delle
sue guardie! Ah,
credo proprio che Jane non ti sopporti … > Rise e mi
baciò di nuovo. Io ero ancora
scossa dal suo racconto. Appena mi lasciò respirare, gli
sussurrai: < Ti
amo. > tremavo.
< Non avere paura ... non ce n'è più
motivo. >
Annuii e feci ancora più piccola tra le sue braccia forti e
protettive.
Dopo
molto tempo, quando ormai si era fatto giorno, mi disse con voce
più dolce del
miele:
<
Bella, amore mio. Temo che sia ora di vestirsi. Dobbiamo tornare a
casa. >
Mi
alzai a sedere di scatto, portandomi la mano alla bocca, ed esclamai:
<
Carlisle sarà preoccupatissimo! >
Edward
ridacchiò e io mi voltai e lo osservai contrariata.
<
Non c’è niente da ridere. Povera Esme! Si saranno
tutti angosciati, non
vedendomi tornare. >
Con una mano sfiorò il mio corpo, senza soffermarsi in un
punto in particolare.
Con delicatezza sfiorò il mio seno, il ciondolo, il mio
ventre … con un gesto
repentino, mi afferrò per i fianchi e mi mise seduta sulla
sua pancia. Se avessi
potuto, sarei sicuramente arrossita. I suoi occhi nerissimi osservavano
ogni
millimetro del mio corpo, accompagnati dalle sue mani.
Poggiandole
sulla mia vita, sollevò lo sguardo fino a fissarmi negli
occhi. Mi persi nei
suoi.
<
Nessuno si è preoccupato. Sanno che sei con me. Devi sapere
che
Alice non mi
aveva visto tornare perché ancora non avevo deciso cosa
fare.
Non sapevo se venire subito da te, temevo di impaurirti …
quando
sono arrivato a casa, ho trovato
Alice che mi aspetta seduta sulle scale del portico. Teneva le mani
giunte e il
mento poggiato sopra. Appena mi ha visto, mi ha detto:
“ci
hai fatto preoccupare tantissimo. Bella è uscita una
manciata di minuti fa. Se corri,
forse la raggiungi. È andata … ”
“Alla radura” l’anticipai io. Mi ha
sorriso e
poi, mentre mi allontanavo per seguirti, mi ha gridato:
“siamo felici che tu
sia tornato.”
Ho
visto la sua visione. Sanno che eravamo insieme. Avresti dovuto sentire
i pensieri di Emmett quando mi ha sentito tornare! E, sagacemente, non
ci
sono venuti a cercare. Credo non volessero disturbarci ... >
Stava
tentando di trattenere una ristata.
Mi
sentii avvampare di vergogna e, per punirlo, affondai le dita nella
pelle delle
sue spalle.
Mi
ero piegata in avanti e il mio seno sfiorava il suo petto.
Lo
sentii sospirare quando gli baciai la fronte.
Con
dolcezza, gli leccai le labbra e lo baciai. Respiravo il suo profumo
intensissimo e la testa mi girava. Le sue mani avevano risalito la mia
schiena
e ora giocavano con i miei capelli.
Sentii
la sua lingua nella mia bocca, sul mio palato. Aveva un sapore simile a
quello
del suo odore. Dolcissimo, come il suo respiro dentro di me. Quando mi
risollevai, poggiando le mie mani sulle sue spalle, le
nostre labbra si separarono e lui, contrariato, mi
bisbigliò:
<
No, dai. >
Risi:
< Ma non avevi detto che dovevamo andare? >
<
Sì … ma possiamo aspettare ancora qualche
momento. Quello
che sento non è l'allodola, è l'usignolo ...
>
Così dicendo, mi spinse
più vicino al suo corpo premendo le sue mani sulle mie
spalle.
Lo vedevo sorridere.
Dopo
aver sfregato il mio viso contro il suo, neanche fossimo dei gatti, gli
baciai
lo sfregio che gli deturpava la guancia.
<
Hai
ragione, Edward. Questo è l'usignolo ...
Possiamo aspettare ancora qualche momento, tanto, abbiamo
tutta l’eternità di fronte a noi.
Insieme … >
e così dicendo, lo baciai
ancora, mentre le mie dita accarezzavano la cicatrice, simbolo perenne
del suo
amore per me.
GRAZIE A TUTTE PER AVER SEGUITO QUESTA MIA VERSIONE DI
BREAKING
DAWN!!!! io me lo sono immaginato così e ho cercato di
rimanere il
più possibile fedele ai libri originali. Anche dal punto di
vista
temporale, ho fatto bene attenzione a far collimare tutti i tempi! (ma
con la storia del fuso orario mi sa che ho fatto un po' di casino ... )
Con la speranza di avervi divertito ed emozionato, e magari qualche
volta tenute con il fiato sospeso, vi saluto qui. XD
Spero mi seguirete ancora! una veramente
commossa
Cassandra
Ps:
L'altro ieri era l'anniversario del mio incontro con Twilight. 4
mesi!!! ( nonostante la Clari me lo avesse prestato ad ottobre. Sono
proprio una debosciata ... )
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