Un respiro dolce dolce...

di CassandraLeben
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I soliti inconvenienti ***
Capitolo 3: *** Port Angeles ***
Capitolo 4: *** Decisioni e conseguenze ***
Capitolo 5: *** Baci e aspirine ***
Capitolo 6: *** Sii felice... ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 8: *** Giocare ***
Capitolo 9: *** Sogni ed insalata ***
Capitolo 10: *** Carta igienica azzurra e capelli viola ***
Capitolo 11: *** Lividi ***
Capitolo 12: *** Rose rosse a colazione. Fiori bianchi in mano alla morte. ***
Capitolo 13: *** Crisi di panico e bagni gelati. ***
Capitolo 14: *** Padri impiccioni, morali bislacche e pigiami colorati... ***
Capitolo 15: *** Madri, figlie e sorelle ... ***
Capitolo 16: *** Ultimi giorni ***
Capitolo 17: *** Addii e inizi ***
Capitolo 18: *** Oltre quei cinquanta metri ... ***
Capitolo 19: *** Sangue di Vergine ***
Capitolo 20: *** Oltre il confine ***
Capitolo 21: *** Ti amo. Ora e per sempre. ***
Capitolo 22: *** Lontananza ***
Capitolo 23: *** Cicatrice ***
Capitolo 24: *** Al chiarore della luna ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


< Ancora trenta metri. Trenta dannatissimi metri e poi, poi …

Oddio! Cosa dovevo dire? Non mi ricordo più!  >

Mi bloccai al centro della navata formata dai centinaia di fiori bianchi disposti intorno al lungo tappeto rosso su cui stavo camminando, tremando come una foglia. Povero Charlie, gli stavo stritolando il braccio. < Su, Bells, non preoccuparti. Andrai benissimo. > La voce di mio padre, commossa, mi diede un po' di forza. Feci alcuni passi in avanti attenta a non inciampare nel vestito. Il velo dietro di me frusciava dolcemente nel silenzio generale. Alzai lentamente lo sguardo e vidi lui, girato di spalle, che mi attendeva in fondo alla scia di fiori. Davanti a lui Emmett, fasciato in un elegante vestito da gala, mi sorrideva rassicurante, mi sentii meglio e mi voltai a destra.  Jasper mi stava fissando intensamente, con un sorriso allegro sulle labbra. Con lui nei paraggi era meglio non fidarsi delle proprie sensazioni. Respirai a fondo e ce la misi tutta per arrivare all'altare tutta intera, un passo dietro l'altro.

Volevo ringraziare tutte coloro che avessero letto “Un giorno di pioggia”, sempre su Twilight, e in particolar modo:

BellaBlack (scusa ma non ero riuscita ancora a inserire la storia correttamente quando hai commentato)

Elyxyz (Vale la stessa scusa di sopra)

Momob

pinefertari85

PANSY4EVER

PenPen

AnimaDannata

Grazie per aver commentato!

Grazie anche a Laura e Clarissa che mi consigliano sempre e si sopportano le mie sclerale!( Clari, scusa se ho usato il tuo nome per l’infermiera. Prendila come quello che è: una sorta di dedica. E tu, Laury, non devi preoccuparti. Toccherà anche a te…)

 Grazie infine a tutte coloro che recensiranno o anche solo leggeranno le mie storie.

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Capitolo 2
*** I soliti inconvenienti ***


< Edward, sto bene … non è il caso che ti preoccupi in questo modo ! >

< Sì, sì. Adesso però stai zitta . >

Quando Edward faceva così era proprio insopportabile .

Correvamo, o meglio, correva con me in braccio, a quella che per i miei standard ancora tristemente umani era una velocità inaudita, giù per la montagna, schivando gli alberi che ogni volta parevano sfiorarci pericolosamente.

Chiusi gli occhi e cercai di respirare con la bocca. L'odore del sangue mi dava un fastidio tremendo e non sapevo se la nausea fosse dovuta alla velocità incredibile o ai rivoli rossi che mi attraversavano il volto e macchiavano la mia camicetta. In bocca sentivo un tremendo sapore di ferro e sale … disgustoso. Il mal di testa era probabilmente dovuto alla fasciatura improvvisata e un po' troppo stretta che mi aveva fatto Edward. Il suo bel maglioncino color panna era irrimediabilmente rovinato. Un vero spreco a parer mio.

Poggiai il capo sul suo petto freddo e duro ma allo stesso tempo accogliente.

< Ti senti male? > La sua voce era tesa, preoccupata.

< No, per la centesima volta. Sto bene.  Le ferite al capo … >

< … Sanguinano molto. Lo so. Guarda che ho due lauree in medicina. >

< Ecco, e allora perché mi esasperi l'anima in questo modo? >

< Non è colpa mia se ti fai sempre male . >

< Guarda che se non fosse stato per quella radice non sarei inciampata, e non è di certo colpa mia se quel sasso si trovava proprio dove ho sbattuto il capo. È la mia solita fortuna …>

< Hai ragione, avrei dovuto fare attenzione . >

< Ti prego, non ricominciare con la solita storia. Non può essere tutto colpa tua.  Ora, se proprio ci tieni, portami a casa tua. Carlisle mi darà un paio di punti e via, fine della storia. >

< Carlisle ed Esme sono a caccia. Ma vedrai che il dottor Gerandly ti rimetterà a posto in un secondo.  >

No, all'ospedale no. Charlie si sarebbe preoccupato per nulla e io avrei dovuto riempire centinaia di moduli per l'ennesima volta. Con tutte le volte che ero stata lì, avrebbero potuto tranquillamente fotocopiare i miei dati.

Non feci in tempo ad elaborare questo mio ultimo pensiero che improvvisamente Edward smise di correre. Me ne accorsi perché i miei capelli mi ricaddero morbidi sulle guance. Tranne quelli  incrostati di sangue naturalmente. Quelli mi si erano incollati al volto.

Aprì una porta tenendomi sempre in braccio e fece alcuni passi. Riconobbi l'odore tipico e familiare dell'ospedale: Disinfettante.

Circa cinque secondi dopo sentii Edward parlare con il suo tono seducente:

< Scusi Clarissa, non è che potrebbe aiutarci? Isabella è caduta e credo abbia bisogno dei punti … i moduli li riempirò dopo, mentre attenderemo l'esito delle analisi …>

Come diavolo faceva ad essere così sexy la sua voce? Alzai una palpebra e tanto mi bastò per scorgere una giovane infermiera arrossire violentemente e coprirsi il volto fino agli occhi con una cartella clinica, per nascondere le gote diventate bordeaux.  Era giovane, era carina, e Edward la stava incantando con il suo sguardo ammaliatore. Poveretta.

Lei fece cenno di sì e disse:

< Certo Edward, seguimi . vuoi che ti porti una barella? >

< No, la tengo in braccio. > Rise sotto i baffi.  gli lanciai uno sguardo indagatore e lui se ne accorse. si chinò in avanti e mi sfiorò la punta del naso con le sue labbra fredde. < Ti amo, ma sarà meglio che ti lavino la faccia.  Sei una tentazione insostenibile così. >

< Se vuoi cammino. Così, se mi allontano, potrai ricominciare a respirare. >

< Te ne eri accorta? > < Certo. Che cosa credevi? >

< No,niente. comunque , preferisco portarti io. > la nostra conversazione sussurrata venne interrotta da Clarissa che, con una nota di rammarico nella voce ci disse:

< Ecco, Edward … oggi tuo padre è di riposo > Mi parve di cogliere un sospiro triste nella sua voce. < Si occuperà di voi il dottor Walters. Beh, allora a presto. Se avrete bisogno di me non esitate a chiamarmi. > Così dicendo si fermò davanti alla porta di uno studio del pronto soccorso. Bussò, entrò e dopo circa un minuto ci fece entrare. Lanciò un ultimo sguardo carico di ammirazione verso Edward e uno denso d'invidia verso di me. Tre secondi dopo il mio meraviglioso Edward mi mise su un lettino e quel medico dall'aspetto gracilino mi esaminò la fronte. Sciolse, con un po' di fatica , la fasciatura e mi passò un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante sulla ferita.  In circa 2 ore riuscirono a dimettermi dal pronto soccorso. Edward teneva in mano le mie radiografie e continuava a sghignazzare. Io me ne stavo seduta in sala d'aspetto in attesa che Alice venisse a prenderci in macchina.

Già mi immaginavo la faccia di Charlie al mio rientro. Ogni volta che tornavo a casa un nuovo cerotto si era aggiunto alla collezione ma stavolta sembravo una reduce di guerra. Possibile che avessero dovuto farmi una fasciatura così vistosa? In fondo otto punti non sono poi così tanti …

Mentre ero immersa nei miei pensieri due labbra fredde mi accarezzarono le guance. Arrossii.

Chiusi gli occhi e mi appoggiai alla sua spalla. Sentii le sue mani scorrermi lungo la schiena  e percorrermi il volto. Le sue dita si strinsero su quelle della mia mano destra, che giaceva inerme sul mio ginocchio.

< Tutto a posto? >  la sua voce mi faceva mozzare il fiato e il suo respiro perdere la testa.

Sorrisi e annuii. Sentii il suo braccio stringermi al suo corpo e le sue labbra sfiorare le mie.

< Perché prima ridevi? > Domandai a un certo punto.

< Perché Clarissa ha pensato una cosa molto divertente. >

< Che cosa? > < Ha immaginato quanto le sarebbe piaciuto trovarsi al tuo posto tra le mie braccia, anche con la testa spaccata a metà, purché in braccio a me. Aveva creato un'immagine alquanto vivida. >

Annuii contrariata. Perché tutte desideravano il mio ragazzo? Beh, forse perché era bellissimo, dolcissimo,  affettuosissimo, sensualissimo …  potrei continuare all'infinito.

Però, chissà quante di loro, se avessero saputo la verità, sarebbero state disposte a stargli accanto? Amare Edward era la cosa più bella che avrebbe mai potuto capitarmi ma il prezzo che io ero disposta a pagare forse ad altre sarebbe parso troppo alto. Nessuna lo conosceva come me. Il nostro non era semplice amore. No, era indiscutibilmente qualcosa di molto, molto più grande. Una relazione come la nostra era basata su legami che alla maggior parte delle persone potrebbero sembrare impossibili da concepire. Il nostro era un sentimento che trascendeva le nostre differenti nature e che avrebbe attraversato il tempo. Perché quando si prova quello che Edward mi trasmette, ci si rende conto che c'è qualcosa che va oltre il conoscibile.

< Bella, amore, è arrivata Alice. >

Aprii gli occhi e vidi Edward che mi guardava preoccupato. 

< Sei sicura di sentirti bene? >

Pensandoci bene, anche lui aveva i suoi difetti. Era un po' troppo protettivo, si sarebbe sentito in colpa anche si mi avesse colpito un fulmine, si preoccupava anche quando starnutivo. A sua discolpa però, c'era la consapevolezza di sapere che lui mi vedeva come una sorta di bambolina di porcellana. Bella, e questo lo vedeva solo lui, e immensamente fragile.

In risposta alla sua domanda sollevai il capo e appoggiai le mie labbra sulle sue. Mi parve piacevolmente sorpreso. 

< Insomma, sono venuta apposta a prendervi. Se volevate un posto tranquillo dove pomiciare, potevate scegliervene un altro. L'ospedale non mi pare proprio la scelta più adatta.

< Ciao Alice. >  Sussurrò Edward staccandosi controvoglia dalle mie labbra. Sicuramente lei lo aveva sentito tanto che rispose: < Sì, sì. Ciao. Muovetevi. Non ho voglia di rimanere qui tutta la giornata. Ah, Bella  …>

Il suo tono di voce improvvisamente entusiasta mi fece paura. Quando voleva, Alice sapeva essere davvero spaventosa. < Bella, ti va di venire ad Olympia con me? Dobbiamo andare a comperare alcune cose per il gran giorno  … >

Ecco, lo aveva fatto. Aveva pronunciato la frase fatale. Sentii il pavimento, la sedia e tutto il mio corpo sprofondare sotto terra. Per fortuna il mio angelo disse:

< Alice, per favore. Lasciala in pace.  > < Edward, non puoi monopolizzare Bella in questo modo. Ho bisogno di lei per scegliere gli ultimi dettagli. > < Alice, sono io che sto per sposarla. Non tu. > < Lo so, lo so. È solo che ormai manca così poco … A proposito Bella, sarà  il caso che tu faccia più attenzione a dove metti i piedi. Non vorrai che il giorno della cerimonia Charlie sia costretto ad accompagnare all'altare sua figlia con una gamba rotta … >

Talvolta Alice sapeva essere peggio che terribile.

Il matrimonio. Come faceva ad essere ormai così vicino? Ancora solo due settimane

Ebbi un conato di vomito causato dalla tensione improvvisa. Chiusi gli occhi e mi appoggiai allo schienale della scomoda poltroncina di plastica. Sentii Edward irrigidirsi di fianco a me.

< Bella? >

< Che c'è? >  chiesi esasperata.

< Che Hai? >

< Niente, voglio tornare a casa. >

Le sue forti braccia marmoree mi cinsero in un abbraccio tenero e rassicurante. < Mia o tua? > Mi domandò malizioso.  Lo guardai negli occhi e sussurrai: < Dov'è la differenza? >

Mi scompigliò i capelli e sorrise. Si alzò e mi porse la mano. Io l'afferrai e mi ritrovai stretta tra le sue braccia. I suoi occhi color caramello fissi nei miei.

Sentii Alice sbuffare.

Salimmo in macchina. Edward si era accomodato insieme a me, sul sedile posteriore e continuava ad accarezzarmi i capelli.

Improvvisamente mi chiese: < Bella, dove ti piacerebbe andare in viaggio di nozze?>

Lì per lì rimasi interdetta. Lo squadrai in faccia e lui sorrise colpevole.

< E dai, amore … quindici giorni in più, cosa vuoi che siano? In fondo la luna di miele è compresa nel matrimonio … E ti prometto che la prima sera … >

< Edward! > Urlai scandalizzata e rossa di vergogna. Va bene che Alice era la mia migliore amica, anzi, era ormai praticamente mia sorella ma di certe cose avrei preferito non parlarle. Non per adesso almeno.

< Allora? L'unica cosa, eviterei luoghi molto soleggiati, vorrei evitare spiacevoli inconvenienti … >

< Dobbiamo proprio? > sebbene la mia voce fosse scocciata, non mi dispiaceva affatto l'idea di passare quindici giorni da sola con lui. Il luogo non aveva alcuna rilevanza. Avremmo potuto anche andare in una grotta che non mi sarebbe importato.  Edward interpretò il mio silenzio nel modo sbagliato e mi sussurrò all'orecchio : < E se la prima volta ci riusciamo, potremo provarci ancora … Solo altri quindici-venti giorni …>

< Ehi! Non esagerare . comunque, a me va bene qualsiasi posto, basta che non faccia troppo freddo e che a te piaccia …> < Grazie.> Alzai lo sguardo e incontrai il suo. Mi parve davvero, davvero felice della mia risposta. C'era un'ombra di tristezza nei suoi occhi però. Gli presi la mano e glie la portai sul mio cuore.

< Anche quando questo mio cuore non batterà più, non potrò smettere mai di amarti. So che non sarò più calda e  morbida ma in compenso non dovrai più fare attenzione quando anche solo mi sfiori. Non dovrai più annoiarti aspettando che mi svegli.> < Guardarti dormire è un piacere per me infinito paragonabile solo a quello che mi trasmette il calore della tua pelle e il battito del tuo cuore è il suono più dolce che io abbia mai udito. Sapere però che, rinunciando a tutto questo, potrai stare con me per sempre mi fa sentire felice.  È molto ingiusto ed egoista da parte mia ma … >

< Voi due, la volete piantare? >

Alice …  certe volte …

Sentii Edward ridere e poi farsi improvvisamente serio.

< Alice, non oserai? >  < Certo che oso. In fondo lo faccio per voi.  > < Bella vuole tornare a casa. Deve riposare. > < Avrebbe potuto riposare in macchina se non aveste giocato ai fidanzatini tutto il tempo, e poi Bella non oserebbe mai ferirmi in questo modo, vero Bella? >

Il suo tono supplichevole mi fece stringere lo stomaco. Non risposi ma guardai fuori dal finestrino.

Un moto di rabbia risalì il mio stomaco.  Eravamo a Port Angels …

< Alice …> Implorai io

 < Bella …> mi fece eco lei

< Edward !>  gridai con i lacrimoni che mi colmavano gli occhi. La rabbia, che brutta cosa …

< Vedetevela voi. > Così dicendo uscì dall'auto.

Lo seguii ben decisa a non guardare Alice.

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Capitolo 3
*** Port Angeles ***


Grazie a chiunque abbia letto il primo capitolo! Un ringraziamento speciale a

BellaSwan95

alice brendon cullen

Clhoe

pazzerella_92

HopeToSave

Grazie per aver lasciato un commento! Visto che velocità,fiction aggiornata a tempo di record!

 

Sprecammo buona parte del pomeriggio tra i negozi più cari della cittadina.  Le mie proteste sarebbero state più efficaci se affidate al vento.

Verso le cinque, al mio ennesimo rifiuto a fermarmi in un bar per mangiare qualcosa, Edward mi prese per le spalle e mi disse con voce suadente:

 < Ora noi entriamo, tu ti siedi e ordini un panino. > 

< non ho fame. Non entrerò nel bar e non ordinerò nessun panino. Se vuoi farlo tu … sappi però che io non lo mangerò, anzi … questa sera vorrò proprio godermi lo spettacolo di te che tossisci fuori tutto. >

Il mio tono di voce, sebbene neanche lontanamente accattivante come il suo, parve convincerlo tanto che mi liberai dalla sua presa ferrea, anche perché lui me lo permise.

Alice ci sorrideva felice come una pasqua. Teneva fra le mani non so quanti sacchetti e sacchettini colmi delle cose più inutili che la mente umana avesse potuto concepire ma che evidentemente parevano assolutamente necessarie a quella vampira con l’aria da invasata .

< Abbiamo quasi finito! > ci annunciò tutta contenta. < Manca ancora qualcosa però. Ad esempio, sarà utile entrare qui. > Osservai il negozio e avvampai. La scritta " Intimo per lui e per lei " in caratteri svolazzanti era ben visibile davanti a numerosi completini a dir poco audaci esposti in vetrina.  Sicuramente Edward sarebbe sembrato un dio in quei boxer neri ma io in quel corpetto sarei parsa a dir poco ridicola.

La sadica vampira ci trascinò nel negozio. Tra me ed Edward però la più in imbarazzo ero io.

Tutte, dico tutte, le donne presenti nel negozio si voltarono ad ammirarlo e io mi sentii fuori posto lì, fra le sue braccia. Così insignificantemente normale.

Lo vidi osservare un completo blu scuro. Mi sussurrò all'orecchio: < Ti piace? > Totalmente inebetita non riuscii a fare altro che annuire. Lui mi sorrise e mi baciò delicatamente la fronte, la fasciatura e le sopracciglia. Il contatto con la sua pelle ghiacciata diede sollievo al bruciore che aveva seguito l'esaurirsi dell'effetto dell'anestesia.

Facendomi coraggio mi allontanai da lui e afferrai i boxer neri che avevo visto in vetrina.

< E tu che ne dici di questi? > Mi sorrise, ammaliatore.

< Ti piacciono?  > Mi chiese. < Sì  … > Risposi io, tendendo lo sguardo incollato al pavimento. Me li sfilò dalla mano e li osservò per qualche istante per poi infilarli nel cestello accanto al "mio" completo. Arrossii.

Ci aggirammo per il negozio per circa un altro quarto d'ora e riempimmo il cestino con camicette da notte di vari colori,reggiseni, mutandine,boxer … 

Alice per fortuna se ne era uscita quasi subito.  Doveva comprare ancora qualcosa di cui non voleva parlarmi. Sperando che non fosse niente di terribilmente Alice's style .

Alla cassa mandai Edward a pagare per due motivi fondamentali:

Primo: non volevo sapere quanto avessimo speso.

Secondo: morivo di vergogna.

Ad osservarlo da lontano, mi accorsi che era impacciato nei movimenti. Non era proprio da lui …

Quando la cassiera,intenta ad osservare ogni centimetro visibile di Edward, gli porse il sacchetto con dentro la biancheria, notai che lui lo prese con mano impercettibilmente tremante. Le fece un sorriso che avrebbe potuto far innamorare anche un cucchiaino cieco e si girò verso di me.  Il mio angelo in terra mi venne vicino, mi porse la mano come sempre e io, come sempre, l’afferrai e la strinsi con tutta la forza che avevo in corpo.

Mi sfiorò i capelli con le sue dita gelate e mi sussurrò: < Ti porto fuori a cena. > 

< Non è una domanda, vero? > < Direi di no. > < Davvero Edward, non ho fame. Forse è per l’agitazione … non saprei. Dai, torniamo a casa. >

< Non va bene saltare i pasti in questo modo. > 

Decisi di non dargli minimamente retta e presi a camminare dritto davanti a me. Dritto finche la strada non si piegò assumendo una strana angolazione. No, non era la strada che si era piegata, ero io che mi ero ritrovata a 10 cm dal ciottolato del centro-città. Edward mi aveva afferrata prima che la mia testa andasse a picchiare contro il marciapiede.

Dopo neanche mezzo secondo ero nuovamente in piedi. Lui mi teneva un braccio saldo intorno al bacino. Quando parlò mi stupì il tono della sua voce: < Vieni. >

Mi guidò fino ad un bar e mi ordinò un toast. Si fece dare un sacchetto e ci infilò dentro la mia “cena”. Pagò e mi condusse fuori. Non ribattei niente. Lo scrutai in volto e non riuscii ad interpretare il suo sguardo. Era un misto di collera, preoccupazione e tristezza.

< Edward? >

< Sì? >

< Sei arrabbiato. >

< No. > Proprio non lo sopportavo quando rispondeva a monosillabi.

Mi mostrò con un gesto fluido della mano una panchina davanti all’oceano. Mi sedetti e lui fece lo stesso. Certe volte mi trattava come fossi una bambina e questo mi faceva sentire sottovalutata.

Lui parve accorgersi che qualcosa non andava perché, con un movimento talmente veloce da non poter essere colto dai miei occhi, mi portò a sedere sulle sue gambe e mi abbracciò dolcemente.

< Ti ho messa a disagio? > Chiese con il più soave dei toni.

Scossi la testa e la posai nell’incavo del suo collo. A separare le mie guance dalla sua pelle gelida c’era solo la sua maglietta di cotone.

Mi accarezzava il capo lentamente e sentivo che respirava il mio odore.

< Amore? > Quando mi chiamava in quel modo mi sentivo sempre tremare, e non di freddo.

Alzai lo sguardo fino ad incontrare il suo.

< Mi faresti un favore? Per farmi felice? > Ma come diavolo faceva a scatenare in me tante di quelle emozioni da farmi perdere la testa con appena una frase?

< Non devi neanche chiederlo. > risposi immediatamente.

Mi sorrise e con un gesto fulmineo mi mise davanti agli occhi il “mio” toast. 

Lo guardai contrariata. Sapeva che mi aveva ingannata e si vedeva dal suo sorriso colpevole, d’altri tempi. Sbuffai ma non potei fare altro che afferrare quel piccolo involucro argentato.

Lo scartai e diedi un morso. Devo dire che non era male.

Mentre mangiavo osservavo il mio fidanzato, parola difficile anche a pensarla, e lui osservava l’oceano tenendomi stretta tra le sue braccia.

Quando ebbi finito di mangiare, mi sfilò la carta dalle dita e se la infilò in tasca.  Nessuno dei due parlava mentre osservavamo le onde infrangersi sulla spiaggia, sotto una densa coltre di nubi.

< Ti fa male la testa? > mi domandò di punto in bianco. Protettivo come sempre.

< No, i punti tirano un po’ ma non è niente. Ormai ci sono abituata. >

Sospirò e mi fece scendere con delicatezza dalle sue ginocchia.

Mi baciò sulle labbra con passione e un po’ meno tranquillità del solito.

Sentivo le sue braccia scorrermi sulla schiena ed accarezzarmi le spalle.

Allontanò il suo volto dal mio per permettermi di respirare il suo sospiro.

Con una mano mi portò dolcemente il capo all’indietro e mi riempì il collo di baci.

Mentre le sue labbra sfioravano la mia pelle, che a ogni suo tocco s’infiammava, sussurrò con voce turbata:

< sei così … fragile, delicata. Così maldestra. Cosa devo fare con te? >

Non risposi. Mi strinsi a lui in un abbraccio ancora più intimo.

Mi stava cullando affettuosamente quando il mio telefonino, con un tempismo a dir poco impeccabile, cominciò a squillare.

Mi sciolsi a malincuore dall’abbraccio e presi il telefono. Il numero sullo schermo mi informò che era mio padre.

Già, Charlie. Poverino. Ecco, questa era la conseguenza più dolorosa della mia scelta. Dover dire addio alle persone che mi volevano bene, dover dire addio ai miei familiari.Edward fece per sfilarmi dalle mani il cellulare che ancora squillava. Io strinsi le mie dita intorno a quest’ultimo. Era meglio che a rispondere fossi io. Non ci tenevo a sentire le urla di Charlie.

Diciamo che non era entusiasta della faccenda matrimonio ed io non riuscivo, in cuor mio, a dargli torto. Io avevo accettato la proposta unicamente per far felice l’unico amore della mia esistenza. Charlie però questo non poteva capirlo. Con dita tremanti schiacciai il tastino verde e portai il telefonino all’orecchio. Edward intanto giocherellava con i miei capelli mentre, tenendomi per mano mi guidava verso la porsche gialla di Alice, parcheggiata a una cinquantina di metri da noi, impossibile da non notarsi.

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Capitolo 4
*** Decisioni e conseguenze ***


Per prima cosa, vorrei ringraziare chiunque abbia letto i capitoli precedenti.

Un grazie speciale per aver commentato il precedente capitolo a:

algin91

alice brendon cullen

Clhoe

HopeToSave

E per aver inserito la mia storia tra i preferiti a:

alice brendon cullen
Ann
DarkLadyOfSouls
Djibril88
Elysion
Gocciolina
Hele91
kira988
Princesseelisil
RBAA
Ro90
Seferdi

 
Ed ora, vi lascio a questo capitolo che, è doveroso dirlo, ho scritto pensando già a quello dopo. Siate clementi!!!

 < Bells, tesoro. Dove sei? > Da quando gli avevamo detto del matrimonio, a Charlie era venuta voglia di fare molto più parte della mia vita. Non era molto contento che passassi tutto il mio tempo con il mio fidanzato. Mi diceva sempre: < Tra poco lo sposerai. Passerai tutto il tuo tempo con lui. Al collegge, in casa … > E qui la sua voce si faceva sempre un po’ più dura. < Devi passare più tempo anche con altre persone. Non voglio  che il vostro diventi un rapporto morboso. > me lo aveva ripetuto talmente tante volte che alla fine gli avevo promesso che Edward lo avrei visto solo quando necessario. Il che per me equivaleva, più o meno, a un “ ogni momento della mia vita”. Naturalmente, questo però non glie lo avevo detto.
< Sono stata a Port Angels, con Alice. Stiamo tornando proprio adesso. Non preoccuparti. Ci vediamo tra circa un tre quarti d’ora. >
< Va bene. Allora ti aspetto. C’è qui anche Billy. Aveva voglia di vederti. Credo anche che ti voglia parlare. Ah, senti … come va la testa? > < Bene papà. Non è niente, solo un graffietto. > Forks, detestabile, uggiosa, piccola, provinciale cittadina in cui tutti sanno tutto di tutti. Ma la gente non ce la fa proprio a farsi gli affari propri?
< Mi raccomando. Vedi di fare più attenzione. Non vorrai mica andare al matrimonio con le stampelle. E dì ad Alice di non correre. >  Ma perché erano tutti convinti che non sarei riuscita a sposarmi senza qualcosa di rotto?
< Si Papà, non preoccuparti. Ora scusami ma devo lasciarti. > “Sì papà, devo lasciarti perché Edward mi sta riempiendo di baci.” Pensai sorridendo
< Va bene tesoro. Allora a dopo. > .
< A dopo. > Chiusi il telefonino con uno scatto secco. Billy.
Edward, che non aveva smesso di accarezzarmi il volto con le labbra, mi sussurrò all’orecchio:
< vuoi che venga anch’io? > < No, meglio che ci parli io con Billy. Sai, vorrei evitare che magari ti rivolga qualche epiteto inappropriato davanti a Charlie. Ah, Alice a proposito …  ti chiede di andare piano. > < Bella … > < Sì, sì lo so. Questo per te è piano. >
Non volli neanche dare un’occhiata al tachimetro. Mi bastava guardare fuori dal finestrino per capire che la velocità a cui stavamo viaggiando, o forse sarebbe più appropriato dire volando, fosse molto sostenuta: un muro compatto di alberi ci inseguiva ai bordi di una striscia grigia d’asfalto.
Preferii tornare a guardare Edward. Il suo volto perfetto. I suoi capelli del color del rame. I suoi dolcissimi occhi caramellati.
In circa venti minuti eravamo già a Forks. Alice parcheggiò l’auto a circa 200 metri da casa mia.
Edward mi aprì la portiera e mi porse la mano per aiutarmi a scendere. Io gli porsi la sinistra. Dalla coltre di nubi non filtrava neanche un timido raggio del sole del tardo pomeriggio. Bastò però la
luce fioca di un lampione a illuminare in uno sfavillio di pietre il mio anello di fidanzamento.
Sorrisi osservandolo e sapevo che Edward faceva lo stesso. Mi strinse la mano e me la baciò, scendendo dal polso fino all’anello per poi proseguire fino alla punta delle dita. Sempre tenendo gli occhi chiusi e la mia mano per il polso, si passò le dita sulle guance e sulle palpebre, respirando a fondo l’odore del mio sangue che pulsava veloce nelle mie vene.
Mi diede un ultimo bacio al palmo della mano e poi rientrò in macchina.
Abbassò il finestrino io mi appoggiai con i gomiti alla portiera. Lui si sporse e mi toccò la punta del naso. Mi carezzò il volto e, soffermandosi sulla fasciatura, mi sussurrò: < Fa attenzione. Tornerò questa notte. > < Ciao … > < Ti amo. > < Anch’io. > < Io di più. > < Ma piantala. > mi sporsi improvvisamente e gli diedi un bacetto sulla fronte. Mi voltai velocemente e andai verso casa alzando il braccio e muovendolo lentamente a mo’ di saluto.
Alice mi gridò con voce allegra: < Bella, quando Billy esce, vengo a trovarti. Ci vediamo dopo. >
< Va bene, a dopo. > La mia voce non era altrettanto entusiasta ma lei sembrò apprezzare la risposta. Diede voce al motore e in un rombo assordante la porshe dal giallo abbagliante sparì dietro l’angolo.
Immaginandomi come sarebbero state le prossime ore, tra Charlie, Billy e Alice, mi venne mal di stomaco. Quando abbassai la maniglia la mia mano tremava.
Entrai e mi tolsi la giacca che indossavo da quel pomeriggio, dopo aver battuto la testa. Notai che sotto, la maglietta era un po’ sporca di sangue. Ripensai a Edward e sorrisi. A ben pensarci, gli stavo davvero rendendo la vita impossibile con tutti i miei incidenti.
Quella mattina, quando ero inciampata a pochi metri dalla nostra radura, non avevo fatto neanche in tempo a rendermi conto di essermi fatta male che lui si era già sfilato il maglioncino e me lo aveva stretto intorno al capo. Avevo respinto i conati di vomito e avevo aperto gli occhi, più per calmare Edward, che chiamava il mio nome con la voce agitatissima, che non perché me la sentissi davvero. Proprio come mi ero aspettata, intorno a me c’era un bel po’ di sangue che aveva formato una piccola pozza tra le felci. Dopo avermi medicato come poteva, Edward mi aveva fatto indossare la giacca. Neanche quattro minuti dopo, eravamo già a metà strada tra la radura e la periferia della cittadina. Avevo percepito la sua agitazione nella nostra breve discussione e mi sentivo dispiaciuta. Per fortuna in poco tempo avrei potuto ovviare al problema. Sarei finalmente diventata come lui. Forte, bellissima. Non più fuori posto accanto a lui. Sua, finalmente per sempre.
Tutti questi miei pensieri furono interrotti da Charlie. Mi venne incontro e mi abbracciò stretta.
< Bells, bentornata. >  < Grazie papà. >  < Hai fame? Sto per ordinare la pizza. Te ne andrebbe una con i funghi? > < No, grazie. Non ho tanta fame. Abbiamo mangiato un panino in città. > Nel senso che io ero stata costretta a sbocconcellare un toast sotto lo supervisione attenta di Edward. Di solito mi osservava mangiare. Diceva che lo divertita e che gli sarebbe mancato, una volta mantenuta la sua promessa. Quel giorno i suoi occhi si erano persi nell’immensità dell’oceano. Ero certa che stesse pensando a me, a noi e al nostro futuro che sarebbe stato come l’oceano stesso. Immenso. Ogni giorno paragonabile a una goccia.
Non avremmo neanche potuto contarli tanti sarebbero stati ... 
Charlie mi strinse ancora in un abbraccio goffo. Quando mi lasciò andare mi osservò la medicazione con uno sguardo rimproveratore.
Con un cigolio basso, la sedia a rotelle di Billy fece capolinea da dietro la porta del salotto.
Il padre di Jacob mi salutò con un cenno della mano accompagnato da uno svogliato: < Bella … > sussurrato a denti stretti. 
Charlie disse: < Andiamo in sala, potremo parlare meglio. >
Tutta questa situazione mi ricordò il giorno in cui a Charlie era quasi venuto un infarto per colpa nostra, mia e di Edward. Già, quel giorno …

Aveva appena cominciato a piovere quel giorno. Io ed Edward eravamo appena tornati dalla nostra radura.
Charlie non era ancora tornato a casa e noi ci eravamo accomodati sul divano.
Mi pareva che il tempo non scorresse. Passò quasi un’eternità prima che Charlie tornasse a casa. Ci trovò sul divano, seduti tranquilli. Edward, seduto alla mia destra, mi teneva un braccio attorno alla vita. Aveva sentito mio padre arrivare e mi aveva sussurrato, calmo e felice: < Andrà tutto bene. È di buon umore. > mi diede un bacio ai capelli e intrecciò le sue dita alle mie.
Charlie entrò e come al solito chiese: < Bells? > < Siamo in soggiorno, papà. > < C’è anche lui? >  
< Sì papà, c’è anche Edward. > forse calcai un po’ troppo sul nome. Chissà cosa aveva pensato Charlie. Mi sarebbe piaciuto saperlo perché il mio fidanzato trattenne a stento una risatina mentre le sue labbra s’incurvavano in un sorriso, uno di quei suoi sorrisi speciali. Quelli sghembi che avevano la forza di stendermi al primo colpo. Beh, sicuramente non stesero mio padre, non quelli per lo meno. Il suo colpo di grazia sarebbe arrivato di lì a pochi minuti …
Appena entrato nella stanza, Charlie ci riservò un’occhiataccia.
< Papà … >  la mia voce non era ferma quanto avrei desiderato.
< Si tesoro? > mi domandò con voce preoccupata. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava tanto che poi aggiunse: < Qualcosa non va? > Poi si rivolse ad Edward, nonostante avesse continuato ad usare il plurale. < Se avete dei casini, se siete nei guai … vi aiuterò come potrò. >
Notai che rivolse uno sguardo a me, al mio ventre per la precisione. Avvampai ma lui non sembrò curarsene.
Edward mi strinse la mano e io presi forza. Respirai a fondo e gli dissi con la bocca che cominciava ad asciugarsi per la tensione :
< Papà, Io ed Edward … dobbiamo, vogliamo farti partecipi di una nostra decisione.
Non voglio che tu pensi che la nostra sia una scelta affrettata, voglio che tu condivida la nostra gioia. Ti prego … > lo stavo praticamente implorando.
< Bells … > < Papà, io ed Edward, noi … ci stiamo per sposare … Alice sta già preparando tutto. Voleva che te lo dicessi prima, solo che avevo paura di farlo. >  Lo dissi tanto in fretta che temetti che non avesse capito. Avevo cercato di dire tutto e subito. Forse avrebbe fatto meno male in quel modo … Mio padre però capì, capì eccome.
Sbiancò. Temetti che si fosse sentito male. Rimase in silenzio per non so quanto tempo. Quando finalmente parlò, la sua voce era strana, priva di particolari inflessioni. Era evidente che stava cercando di apparire calmo. 
< È riparatore? > < Come? > < È un matrimonio riparatore? Aspetti un bambino, Isabella? >
< No, no papà. Non è come pensi. Non sono assolutamente incinta. Te lo avevo già detto. > E qui la mia bocca era ormai completamente asciutta.
< Sai, Edward è un ragazzo molto … molto all’antica. >
< Bella, sei sicura? >
< Sì papà … >  I miei occhi si erano riempiti di lacrime che gocciolavano copiose sulle mie guance. Edward mi strinse a se. Sapeva a cosa stessi pensando. Vidi tutto sfumare. La mia vita umana svanire nel nulla, inghiottita dall’oscurità. I miei familiari, i miei amici. Sarebbero invecchiati lontano da me. Sarebbero morti. E io sarei rimasta. Per sempre con il mio amore. Un’esistenza infinita. Immortale. Priva di vita per come la si intende di solito. Eppure, anche se potrebbe sembrare assurdo, ero pronta a rinunciare a tutto per lui. Edward. Stare con lui era tutto ciò che avrei mai potuto desiderare. Aveva ragione Jacob. Lui era la mia droga. Ero ormai totalmente assuefatta. Quando ero stata costretta a tentare di disintossicarmi, era finita in un modo a dir poco disastroso. Non avrei potuto vivere comunque senza di lui. Tanto valeva che fossimo felici insieme.
Questo parve capirlo anche Charlie. Quel giorno diede prova di anni d’esperienza come sceriffo.
< Bella, io sono tuo padre. Sai che desidero solo il tuo bene. La cosa giusta è quella che ti rende felice. Come ti ho già detto, non ti ostacolerò, solo , non scappare. Non è troppo presto? Non affrettate i tempi. Siete così giovani. >
Non ero riuscita a rispondergli. Parlò Edward al posto mio:
< Charlie … > Lui lo fulminò con uno sguardo assassino.
< Charlie, le giuro, mi prenderò cura di Isabella. Non le farò mai mancare niente. Il mio amore non potrà mai estinguersi. Il matrimonio è già deciso. Solo, desidereremmo che lei, Charlie, fosse felice per noi. >  Charlie tornò a guardare me. Si alzò lentamente e mi venne incontro. Sembrava adirato. All’inizio pensai volesse tirarmi un ceffone. E sicuramente lo pensò anche Edward, e di conseguenza anche Charlie, perché Edward si alzò in piedi e si frappose fra me e mio padre. Charlie arretrò di qualche passo poi l’espressione sul suo volto cambiò. Era rassegnato. Come se si fosse preparato da tempo ad affrontare questo momento. Edward si sedette nuovamente accanto a me. Charlie mi venne vicino e mi carezzò la guancia bagnata di lacrime. Si chinò e mi abbracciò. In quell’abbraccio c’era un retrogusto amaro. Sapeva d’addio.
< I tuoi genitori cosa dicono? > chiese dopo aver sciolto l’abbraccio.
< Sono felici per noi, ci hanno fatto tante raccomandazioni ma credo di non aver mai visto esme in quelle condizioni. Era a dir poco entusiasta. Non ha fatto altro che abbracciare Bella. Per tutto il pomeriggio non l’ha abbandonata un solo istante. >
< Non pretenderai mica che ti abbracci? > 
Edward scosse la testa e abbracciò me, baciandomi la guancia.
< No, no. Non si preoccupi. >
In preda alla tensione, cominciai a giocherellare con i miei capelli. Charlie notò la mano, o meglio l’anello. Mi chiese con voce modulata: < Mi mostri l’anello? > < Oh, sì, se vuoi … Non pensavo t’interessasse. > < Sei la mia bambina. È naturale che mi interessi. >
Gli mostrai la mano, tremante. Lui osservò l’anello e disse: < Sembra piuttosto antico. >
< Apparteneva a mia madre. La mia madre naturale. L’anello di fidanzamento dei miei genitori. >
Charlie tacque. Era rimasto molto colpito, indubbiamente. Il suo sguardo si spostò al mio polso e sorrise. < Vedo che comunque conservi il regalo di Jacob. >
Si riferiva al lupo intagliato. L’occhio gli cadde sull’altro ciondolo, il cuore dalle mille sfaccettature. < E questo? > Chiese curioso. < Il mio regalo di diploma. > rispose prontamente Edward. Charlie lo guardò negli occhi e poi gli disse: < So che la ami ma ho paura che possa soffrire, che tu la faccia soffrire come quando l’hai lasciata. Non riesco a capire il tuo comportamento. Un trasferimento non è la fine del mondo. Tagliare tutti i contatti … ti avrei ucciso se avessi potuto. Non credo che riuscirò mai a perdonarti. L’importante però, è che lo abbia fatto lei. Inoltre, credo proprio di non poter fare
altro che prendere atto della situazione. >
< Grazie. > Sussurrai. Charlie uscì dalla stanza ed Edward mi propose di andare da lui per la notte. Avevo rifiutato. Preferivo restare a casa, quella delle mie estati e dei miei ultimi due inverni.
Dentro di me si era fatto strada un sentimenti strano. Nostalgia.
Edward mi baciò i capelli e mi accompagnò in camera. Mi carezzò e sussurrò:
< Ci vediamo dopo. >
Lo sentii salutare mio padre. Quando la porta si richiuse, Charlie salì ed entrò in camera mia. Io ero seduta sul letto.
< Bells, ti voglio bene. Qualunque cosa tu deciderai per il tuo futuro, voglio che tu sappia che tuo padre ci sarà sempre. Però ti prego, sei troppo giovane. Pensaci un altro po’. Non mi sembra possibile che tu … insomma, io e tua madre ci siamo sposati troppo giovani e guarda com’è finita. Tu sei la cosa migliore che io abbia mai avuto ma ti parlo da padre, almeno aspetta a farmi diventare nonno. >  Povero Charlie. Come avrebbe potuto immaginare che non sarebbe mai diventato nonno? Che, dopo la trasformazione non mi avrebbe più rivista? Lo abbracciai sopraffatta da quei pensieri e scoppiai in lacrime. Mi cullò fino a che non mi si chiusero gli occhi.  Quando li riaprii al mio fianco un ragazzo bello come un dio mi fissava triste.
< Sei davvero disposta a rinunciare a tutto? >  < Edward! > Mi buttai tra le sue braccia e sussurrai: < è doloroso, sapendo a cosa rinuncio. Capisco Rosalie in un certo senso. Sapere però che è l’unico modo per poter stare con te, non potrei fare altrimenti … >  < veramente, puoi non rinunciare alla tua umanità. Se solo … >  < Ne abbiamo già parlato. Questo argomento è chiuso. Dopo il matrimonio mi morderai. Non c’è niente da aggiungere. > < Sei così testarda. > < Lo so …> < Ti amo. > < Grazie. > < E di cosa? Di rubarti l’anima? > Sbuffai. Mi voltai lentamente e lo baciai. Fu un bacio tenero e dolce, che mi accompagnò verso il mondo dei sogni. Mi sarebbe mancato il dormire? Sicuramente a lui sarebbe mancato il mio parlare nel sonno. Nel dormiveglia strinsi al mio petto la sua mano, portandola sopra il mio cuore. In quel modo si concluse la giornata in cui mio padre aveva accettato il mio amore per Edward.

 

Quel giorno invece Billy, che si trovava davanti a noi sulla sedia a rotelle, era venuto a dirmi che Jacob non sarebbe venuto al mio matrimonio.
< Bella > Iniziò, < Jacob non se l’è sentita. Io non voglio incolparti di nulla. Lui sapeva che tu eri innamorata di quel Cullen ma ha provato lo stesso a trasformare quella che per te era solo amicizia, in amore. Quando abbiamo ricevuto l’invito, lui ha deciso di partire. Non è ancora tornato. Non credo che verrà al matrimonio. Io da solo non me la sento. Sai, nelle mie condizione … > Povero Billy … Povero Jacob. La consapevolezza del dolore che gli avevo inflitto mi faceva stare male ma sapevo che quella era l’unica scelta possibile. Così come lo sapevano Jacob e suo padre.
Fuori si sentì una macchina parcheggiare.
< Deve essere arrivato Sam. Beh, allora Bella, sii felice. Conosci la legge. Mi dispiace ma tanto so che non ascolterai le parole di un vecchio infermo come me, quindi tanto vale non sprecare fiato. >
< Oh Billy. > Mi chinai e lo abbracciai come potei. Lui mi diede una pacca sulle spalle e ripetee:
< Sii felice a modo tuo. > Sam bussò ed Entrò. Quando mi vide, mi venne vicino e mi abbracciò.
< Auguri. > Il suo, più che un augurio, mi parve un estremo saluto. Ai suoi occhi dovevo apparire come prossima alla morte. Il che in parte era anche vero, solo che loro trascuravano quelle che per me sarebbe stata una nuova vita. < Grazie, e  salutami gli altri. > < Certo. Ciao. > < Ciao. >
< Charlie. > < Sam, Billy, a presto. > < A presto. > E la porta si richiuse dietro a Sam.

Io e Charlie restammo in silenzio qualche minuto poi io dissi: < Fra poco verrà Alice. > < O, che bello! > Mio padre l’adorava, il che era una fortuna per me. Il suo arrivo avrebbe alleggerito il clima di piombo causato dalla visita del padre di quello che era stato, e che sarebbe nel mio cuore sempre rimasto, il mio migliore amico.  Con Alice in giro inoltre, mio padre diventava tutto miele e zucchero. Rischiavo il diabete
.

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Capitolo 5
*** Baci e aspirine ***


E come ogni volta, ecco i saluti:
 Grazie per le recesioni, che mi fanno sempre felice, a:

PenPen
BellaSwan95
Hele91
HopeToSave

E per aver inserito questa storia tra i preferiti a :
algin91
alice brendon cullen

BellaSwan95

Djibril88

ery
HopeToSave
PenPen
Pocia

yuyutiamo

 E infine grazie a tutte voi che mi seguite.
Ps: Domani ho la versione di greco e la verfica di filosofia. è un miracolo che sia riuscita a trovare il tempo per accendere il pc. per fortuna che avevo scritto il capitolo ieri sera ( a mezzanotte ... ) => mi scuso fin da ora per eventuali, e probabilissimi, errori di ortografia. è colpa di Spinoza, non miaaaa!!!  ...

E Alice, con una puntualità sospetta, non tardò a presentarsi.
Charlie l’accolse con un abbraccio che lei ricambiò.
< Bella? > < Sì, Alice … > Risposi sospettosa. < Vieni, dobbiamo parlare di cose da femmine! >
Così dicendo mi prese per il braccio e mi trascinò su per le scale fino in camera mia.
Il suo entusiasmo non scalfì il mio umore che si era fatto tetro in seguito alla visita di Billy.
Ci accomodammo sul mio letto come due amiche che si scambiano i segreti. Alice tirò fuori da uno zainetto un grosso quaderno azzurro. Lo aprì e cominciò ad elencarmi i nomi di tutti i fiori che sarebbero stati usati, il numero di portate, i tipi di musica che avrebbe fatto suonare. Tutto quanto si mescolava in un vortice veloce nella mia testa. Mi ridestai quando Alice, che mi stava guardando male, mi disse stizzita:
< Insomma Isabella. Vuoi dirmi se secondo te è meglio abbinare il colore dei fiori sulla tavola da pranzo con i tovaglioli o con la tovaglia?  Se no potremmo fare fiori-tovaglia e vasi-tovaglioli. Che ne dici? > < Alice, non mi importa. Ti ho detto: va bene, organizza pure il mio matrimonio. Il che significa che sei tu che devi organizzare il matrimonio. Fosse per me, io ed Edward saremmo già andati e tornati da Las Vegas, e tu lo sai. > < Uffa Bella. Possibile che tu non ti senta coinvolta? >
Sbuffai e mi alzai in piedi stiracchiandomi. Gettai uno sguardo fuori dalla finestra e vidi che ormai si era fatto buio. 
< Alice, aggiungi al bouffe la torta con le mele, la preferita di Reneè. > < L’avevo già inserita. Sapevo che me l’avresti chiesto. > 
Le sorrisi e pensai a Reneè. Mia madre era sempre stata particolare. Quando le dissi che Edward ed io eravamo prossimi al matrimonio, lei mi aveva detto, prendendomi in contropiede: < Beh, me lo aspettavo. Siete così, così coinvolti … vedi però di non fare cavolate. > < No mamma. Allora, vieni? > < Certo tesoro. Non vedo l’ora di rivedere Alice e il dottor Cullen, e conoscere il resto dei Cullen! > sembrava davvero felice per me, dato il tono di voce. Aggiunse addirittura: < Se io e Phil avessimo deciso di sposarci più tardi, avremmo potuto festeggiare il matrimonio insieme! > Ok, va bene. Era proprio una ragazzina.   
Alice sembrava tutta soddisfatta. In poco più di tre minuti riempì un paio di fogli con la sua calligrafia aggraziata. La sua scrittura mi ricordava il suoi modo di camminare. Fantastico.
Mi lasciò i fogli sulla scrivania e mi disse: < Mi raccomando e dimmi se credi di dover cambiare qualcosa. Domani ti passo a prendere presto. Edward andrà a caccia con Emmett e Rosalie. Così potremo fare le prove-vestito con Esme. > < Ancora!?! Alice, con tutte le volte che me lo fai provare, ti assicuro che l’abito non ci arriva al matrimonio! > < E piantala, sei sempre la solita. Ti agiti proprio per nulla. Ti lamenti di Edward ma anche tu non scherzi. >
Mi salutò con un cenno della mano e sparì in fondo alle scale. Mio padre le disse di tornare presto e poi nella casa l’unico rumore fu quello della tele.
Presi in mano i fogli ma mi stufai subito di leggere. Come se importasse a qualcuno se il nome sui segnaposto dovesse essere verde-acqua o azzurro-mar-dei-caraibi.

Mi sdraiai sul letto ma mi era impossibile prendere sonno. Sentivo come un peso sullo stomaco. Andai in bagno per lavarmi la faccia e notai di avere un colorito più pallido del normale. Il bruciore allo stomaco si faceva sempre più forte. Appoggiai le mani sul muro e cercai di prendere fiato.
Mi girava la testa e mi risultava difficile restare in piedi. Sentivo una nausea pazzesca. Alla fine vomitai il toast praticamente abbracciata al water.  Mi diedi un’altra lavata alla faccia e scesi le scale con passo malfermo. Quando Charlie mi vide tutta vacillante mi venne incontro preoccupato.
< Papà, credo di non sentirmi molto bene … > La mia voce era particolarmente flebile. Mi prese la mano e poggiò le labbra subito sotto la fasciatura. < Bells tesoro, credo che tu abbia la febbre. Hai la nausea? > Annuii. Mi guardò preoccupato e mi cinse le spalle. Sentii il pavimento mancarmi sotto i piedi e la stanza perdere i suoi contorni nell’oscurità che mi circondò.

Mi risvegliai in macchina, sul sedile posteriore. Charlie guidava un po’ troppo veloce per i suoi standard. Arrivati al pronto-soccorso ci fecero aspettare per un po’. Mentre eravamo in sala d’attesa, con me appoggiata ad occhi chiusi contro lo schienale in plastica della sedia, sentii una porta spalancarsi con un tonfo. Dita fresche mi percorsero il volto. Un respiro dolcissimo mi riscosse dal torpore in cui ero caduta. Aprii gli occhi e sorrisi ad Edward.
< Bella? > Aveva la voce preoccupata, in preda all’ansia. Allungai le braccia fino a portarle dietro la sua nuca e poggiai la guancia tra il suo collo e la sua clavicola. Gli diedi un bacetto sulla guancia e chiusi gli occhi.
Edward mi prese tra le sue braccia gelate e mi cullò dolcemente. Si sedette con me in braccio mentre chiedeva a Charlie cosa fosse successo.
< mi è svenuta in soggiorno … con questo colorito … camminava tutta storta … > Se voleva spaventare Edward più di quanto lui già non fosse, ci riuscì alla grande.
Io, che tenevo sempre gli occhi chiusi, gli accarezzavo il volto con il palmo della mano, soffermandomi sulle sue labbra perfette. Venne a chiamarci l’infermiere del turno di notte. Carlisle era appena tornato dalla caccia. Il suo turno avrebbe dovuto cominciare a mezzanotte. Quando Alice mi aveva vista all’ospedale, aveva deciso di venire lì con Edward. Avrebbe cominciato il turno un paio d’ore prima. Tanto, aveva detto, due ore di lavoro in più non gli avrebbero certo fatto male.
Edward mi portò nello studio di suo padre e mi fece sdraiare sul lettino. Nei suoi occhi, che cominciavano a scurirsi, vidi preoccupazione. Proprio come in quelli di mio padre. Temevano che fossero le conseguenze della caduta. Mio padre rimase fuori con Alice. Carlisle mi visitò con molta cura. mi sentì il polso, il cuore e più o meno tutto ciò che può essere sentito. Mi rifece la fasciatura dopo aver controllato la ferita e mi misurò la febbre. Mi fece fare altre lastre e un esame del sangue. Alla fine, mentre ero ancora sdraiata sul lettino con la testa sulle ginocchia di Edward che mi carezzava le guance, mi disse con la sua solita voce tranquillizzante:
< Dalle analisi non risulta nulla di strano. Comunque ti sei meritata una notte qui da noi in osservazione. Alice è andata a prenderti il pigiama. >
Ecco, lo sapevo. Non poteva andarmene bene una. Ci mancava solo questo. Edward mi accompagnò in una camera singola e mi lasciò sola per vestirmi. Alice aveva lasciato la mia roba, trafugata a tempo di record da casa mia. Quando ormai ero sotto le lenzuola, mio padre venne a salutarmi.
< Bells, vuoi che rimanga? >
< Papà, non preoccuparti. E poi Carlisle è di turno. > Parvi convincerlo tanto che mi baciò la fronte e se ne andò augurandomi buona notte.
Appena Charlie se ne fu andato, Edward comparve al mio fianco. Mi prese la mano e se la portò al petto. < Perché non mi hai chiamato? > Era arrabbiato! Ma come faceva ad avere queste reazioni assurde? < Non ti ho chiamato perché sono stata bene fino a tre minuti prima che Charlie mi portasse qui. Come facevo a chiamarti? > < Avresti potuto dirmelo mentre eravamo fuori. È tutto il pomeriggio che sei un po’ giù. Avrei dovuto portarti qui quando hai avuto quel mancamento nel pomeriggio …  > < Edward, non ho voglia di litigare. La prossima volta che mi pizzica il naso ti avviso. Promesso. > Non gradì la presa in giro. Mi disse < Dormi > in un tono duro e autoritario che non mi piaceva per niente. Quando glie lo feci notare, mi rispose: < Ti amo  ma a te sembra non importare. Non riesci proprio a capire? Il pensiero di poterti perdere … con me devi essere sincera, finché non sarai più forte … > mi carezzava le guance e parlava velocissimo, era molto agitato. Ero molto stanca e feci fatica a capire cosa mi stesse dicendo. Avevo chiuso gli occhi e ormai ero mezza addormentata. Mi baciò le labbra e mi sussurrò la mia ninnananna per accompagnarmi nel mondo dei sogni.

Nonostante tutto l’amore che mi legava a lui, provai un terribile impulso omicida nel momento in cui, due ore dopo, mi svegliò e mi obbligò a camminare per la stanza avanti e indietro per 4 volte per controllare che fossi bella cosciente e in grado di camminare in linea retta. Carlisle mi osservava attento e rilassato. Pretese pure, quel disgraziato del mio amore, che gli parlassi. Mi fece un sacco di domande del tipo: < Il nome di battesimo di tua mamma, Bella? > oppure: < Quante rose di ferro ci sono sul letto a baldacchino? > 
Al che la mia risposta è stata: < Edward, come puoi pretendere che lo sappia. Di solito non conto le rose quando sono sul tuo letto, ho di meglio da fare se sono lì, comunque al numero totale sottrai uno, quella povera rosa vittima della tua superflua dimostrazione di forza. >. Carlisle mi salvò dicendogli, nascondendo una risata,: < Mi pare che riesca a formulare un discorso di senso compiuto. Bella, tu come ti senti? > < Stanca. > Risposi sbadigliando. E finalmente potei riinfilarmi sotto le coperte.
 Questa allegra scenetta si ripeté, con mio grande disappunto, altre due volte. La terza volta, erano ormai le nove di mattina, lo invitai in modo poco garbato a farsi un giro. Sorridendo mi disse:
< Vedo che stai meglio … >  Carlisle mi rivisitò dalla testa ai piedi e mi fece rifare tutti gli esami.
< Una certezza in più, nel caso in cui non ti fidassi del mio giudizio. > Mi sorrideva tranquillo.
< A parer mio, ti sei presa una brutta influenza. Sai, ci hai fatto prendere a tutti un bello spavento. > Mi abbracciò come fosse un padre e mi lasciò sola in camera con Edward che mi fissava compiaciuto, appoggiato alla finestra. Mi dimisero alle 4 del pomeriggio ed Edward non volle sentire storie. Mi trascinò a casa sua. Per fortuna ordinò categorico ad Alice di lasciarmi in pace per un paio di giorni. Tanto, checché ne dicesse lei, era ormai tutto pronto.
Edward mi portò in braccio in camera sua e mi mise sdraiata sul letto. Mi porse un bellissima camicia da notte e mi disse con voce persuasiva e vellutata: < Ti aiuto a metterla? >
Mi morì il respiro in gola. Annuii lentamente. Rossissima in volto. Mi mise una mano sulla guancia e mi disse:
< Hai la febbre … Come ti senti? >  < Bene … > BENISSIMO ecco come stavo!!!!!! Con il cuore a mille e le dita tremanti per l’emozione.
Guardavo il copriletto e rimanevo zitta e ferma, seduta a gambe incrociate. Edward intese male il mio silenzio. Si abbassò fino a mettere la sua testa sotto la mia e mi sorrise. Avvicinò le sue labbra alle mie per un istante e mi sussurrò facendomi perdere la testa con il suo respiro: < Bella, amore, fra poco saremo sposati … non credevo che ti vergognassi di me. Non devi, lo sai … >
Come faceva ad essere così, così, così meravigliosamente dolce e sensuale.
Lo cinsi attorno alle spalle con le braccia. Lui mi afferrò dolcemente i polsi e mi portò le braccia sopra la testa per poi sfilarmi la maglietta e la canottiera. Si chinò a baciarmi sotto la scapola.
Il mio cuore batteva la marcia militare e il mio respiro era affannato. Mi infilò una lunga camicia da notte di seta e mi carezzò i capelli.
< È una di quelle che abbiamo comprato insieme? > < Sì … > Mi sfilai i pantaloni e mi accoccolai tra le sue braccia. Lui mi avvolse nella coperta e mi strinse a sé. Rimanemmo in quella posizione finché Esme non bussò alla porta. < Avanti Esme. > Disse lui
< Edward, ho preparato qualcosa di caldo per Bella. Carlisle mi ha detto che questo le avrebbe fatto bene. >  Ed Esme entrò con un vassoio enorme colmo di piatti, fondine e con un bel tubetto di aspirine in vista.
Va bene, lo ammetto … Fu divertente farsi imboccare da Edward e, sono certa, anche lui la pensava allo stesso modo. Chissà, forse temeva che mi sarei fatta male con il cucchiaio da minestra se avessi tentato di mangiare da sola o che forse mi soffocassi con la zuppa. Avrei probabilmente dovuto sentirmi sottovaluta ma in quel momento, causa voce super sexy, ero tutta su di giri.

Charlie venne a trovarmi verso le otto, appena finito il suo turno in centrale. Per sua sfortuna, quando suonò il campanello di casa Cullen io ero già addormentata, causa notte piuttosto tormentata, tra le braccia del mio Edward.
Trascorsi lì circa 5 giorni, finché Carlisle non mi permise di mangiare cibo degno di questo nome e di uscire in giardino. Non che rimanere in quella casa fosse difficile. Era così grande che ci si poteva rimanere tranquillamente per un sacco di tempo senza sentire il bisogno di uscire, se si conta poi che, con quella vetrata immensa, sembrava di poter allungare la mano in ogni momento e di poter toccare l’erba o il cielo.

 Mancavano sette giorni al matrimonio e io mi sentivo triste.
Jacob non era ancora ritornato a casa di Billy. Io mi sentivo così strana. Il tempo era passato portandosi via quelli che sarebbero stati gli ultimi giorni della mia vita. Ero uscita, seduta sugli scalini della veranda. Edward era andato a caccia con Alice. La sua ultima battuta era sfumata e per tutta la settimana non mi aveva lasciata un solo attimino. Avevo visto i suoi occhi scurirsi fino a diventare pece. Stavo rimirando l’anello di fidanzamento. Portai le gemme a contatto con le mie labbra e questo contatto mi ricordò Edward, lui e i suoi baci freddi come quelle piccole pietre sfavillanti come lui.
Mi ritrovai ad ascoltare il mio cuore. Con tutte le volte che avevo parlato del fatto che avrebbe smesso di battere, non avevo mai realizzato realmente cosa volesse dire non sentirlo più pulsare dentro di me. Avrei dimenticato la sensazione del sangue pompato in ogni capillare? Come sarebbe stato non vedere più i miei capelli crescere? Il mio viso non sarebbe più avvampato di rossore, come diceva Edward. Il battito forsennato del mio cuore non avrebbe più accompagnato il mio respiro e riempito l’aria intorno a me. Muto. Per il resto dell’eternità duro e la mia pelle fredda.  Non avrei più pianto. Pensando questo, misi la testa tra le ginocchia. Mi accorsi dei lacrimoni che inondavano il mio volto e questo mi portò a piangere lacrime sempre più copiose.
Esme fece capolino in veranda trovandomi in quello stato. Inizialmente non mi accorsi di Angela e Jessica che aspettavano sulla soglia.
Esme mi venne vicina e mi abbracciò dolcemente. Si sedette accanto a me e io affondai il volto nel suo petto, respirando il suo odore dolce. Mi cullò gentile e materna. Mi ci volle un bel po’ di tempo prima di riprendere il controllo di me stessa. Jasper era venuto in veranda e sicuramente il suo arrivo aveva influito sul mio umore.
Quando mi accorsi delle mie amiche cercai di rimettermi a posto ed Esme mi disse: < Bella tesoro, perché non andate in sala, o in camera tua? Vi porto del the. > Sì, ormai tutti avevano cominciato a definire la camera dal tappeto dorato la “nostra” camera, mia e di Edward. Optai per la camera, lì mi sentivo protetta e al sicuro.
Loro furono molto colpite dalla camera. Si sedettero sul divano mentre io mi accomodai sul letto, stringendo il cuscino tra le braccia.

 La prima a parlare fu Angela: < Allora, ti sposi! > La sua voce era carica d’eccitazione.
< Sì > risposi io timida.  Jessica aggiunse: < Abbiamo ricevuto gli inviti la settimana scorsa. Volevamo venirti a trovare ma ci hanno detto che eri malata. Difese a zero per colpa della tensione? > < Una cosa del genere. > < Beh > Aggiunse Angela < Allora è così seria come cosa? >
Annuii. < La proposta me l’ha fatta il giorno che è tornato da … Los Angeles … eravamo entrambi distrutti dalla lontananza … ho deciso di accettarle due mesi fa circa. Sapevo che tanto non ci saremmo mai più separati. Tanto valeva rendere tutto ufficiale. Io avrei preferito una cerimonia semplice > O nessuna cerimonia, ma questo non lo dissi … < Ma Alice ci teneva a una cosa in grande stile, di stampo classico. >
Jessica, con il suo solito tatto chiese: < è perché sei incinta che hai accettato? > Eccone un’altra. Possibile che una, se si sposa giovane deve essere per forza incinta?  Avrei voluto poter dire a tutti, di modo che la smettessero di farsi filmini mentali, che Edward, come tutti i Cullen, non può avere figli < Non è per questo che piangevi? >  < NO, non sono incinta. Piangevo perché ero un po’ agitata, tutto qui … > < Sicura? > < Sì. >
Trascorremmo il resto del pomeriggio chiacchierando della cerimonia, dei fiori, degli ospiti …
volevano vedere il vestito ma io non volli mostrarlo: < Alice me lo ha fatto uscire fuori dagli occhi.
E sono sicura che se lo tirassi fuori, lo distruggerei scatenando l’ira di quel mostro maniaco dei matrimoni. > Ci rimasero un po’ male e alla fine glie ne feci una descrizione accuratissima. Ormai era come se lo avessero visto. Parlammo di altre cose futili per circa un’ora.
Insomma, mi pareva che ci fosse Alice moltiplicata per due. Tra un biscotto e l’altro le parole scivolavano veloci finchè Jessica, con una sua uscita da Oscar, quasi non mi fece soffocare con un biscotto. Devo dire che Edward avrebbe reagito maluccio in quell’eventualità.
< Non ci hai mai detto com’è a letto. Allora? > Angela le tirò una gomitata nelle costole e io per poco non mi spaccai la testa cadendo dal letto per la sorpresa.
Avete presente il rosso della mela avvelenata di Biancaneve? Ecco, il colore della mia faccia in quel momento ci si doveva avvicinare molto. (- L'autrice aggiunge:  come la mela sulla copertina di Twilight!!!!!-)
< Ehm , veramente noi … > Mi stavo stritolando le dita … < Noi in realtà, io … >
Angela fece una faccia sorpresa e poi mi suggerì: < Sei  … Vergine? >
< Sì. > Sussurrai.
Calò il silenzio. Imbarazzato. Pesante … andrebbe bene qualunque aggettivo riferibile a un silenzio soffocante che per fortuna fu interrotto dall’arrivo tempestivo di Jasper. < Bella, tuo padre ha appena chiamato e vorrebbe che tu andassi a casa sua per questa notte. Credo che senta la tua mancanza. >
Annuii e cominciai a raccattare le mie cose sparse per la stanza.
Quando Jasper uscii, Jessica mi chiese: < Ma come diavolo fai a vivere con tutti questi bellissimi uomini? > 
< Ne sto per sposare uno … > Forse ero stata troppo acida? Non mi importava.
Ci salutammo con un bacio e promisero che sarebbero state in prima fila al matrimonio.
Salii sulla volvo, guidata da Esme, e tornai nella casa di mio padre per la mia ultima settimana da Isabella Swan, per la mia ultima settimana da persona calda e in grado di piangere.

 Guardavo fuori dalla finestra. Pioveva e tutto era scuro. Non riuscivo a vedere nemmeno gli alberi dall’altro lato della strada. Charlie, con cui avevo trascorso la serata sul divano guardando un film, dormiva nella stanza accanto, e io ero lì a perdermi con lo sguardo nell’oscurità.
Mi sporsi e tentai di toccare qualcosa nel buio. Ritrassi la mano bagnata e me la strinsi al petto.
Quando lui non c’era mi sentivo sempre così sola.
Il ricordo di quando lui se ne era andato si faceva strada nel mio cuore. Le ferite rimarginate ricominciavano a farmi male. Presi il walkman e mi infilai le cuffie.
Sdraiata sul letto, mi lasciai cullare dalle note più dolci che avessi mai sentito. La mia ninnananna mi portava lontano con i ricordi, indietro nel tempo.
Mi addormentai senza neanche rendermene conto.
Sognai la radura. Edward mi veniva incontro e mi sorrideva tranquillo. Il riflesso del sole sulla sua pelle irradiava  miliardi di raggi argentati sul prato verdissimo. Mi sentivo così bene che desiderai che quel momento, seppure fittizio, non avesse mai fine.
Quando però sentii delle braccia gelide toccarmi la pancia e labbra fredde sfiorarmi le guance, mi accorsi di non avere più gli auricolari. Eppure la mia ninnananna non aveva smesso di diffondersi nella stanza. Aprii gli occhi lentamente e vidi Edward accanto a me. Abbracciato al mio corpo mi riempiva di carezze canticchiando. I nostri occhi s’incrociarono per il più breve degli istanti.

 

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Capitolo 6
*** Sii felice... ***


E come ogni volta (anzi dovrei dire ogni giorno dato che -con uno sforzo sovrumano- sto postando un capitolo al giorno) comincio con
i saluti!!!!
Sono davvero contenta! non pensavo che la mia fanfiction sarebbe piaciuta! all'inizio non volevo neanche pubblicarla ... ( Grazie Laury, grazie Clary)

Il primo grazie della giornata lo dedico a yuyutiamo: Auguri con storia!!! e speriamo bene per filo e greco! Sono riuscita a scrivere questo cap perchè hanno spostato il compito di latino da domani a Sabato, Evvai! Gioia e tripudio!!!

Grazie per i bellissimi -ogni volta che vedo che c'è un commento mi emoziono!- commenti a:           

HopeToSave
PenPen
Ro90  (Visto che non ti ho fatto aspettare!)
BellaSwan95

Grazie inoltre a ELPOTTER, pazzerella_92 e crusade per aver inserito la storia tra i preferiti!!! Thanks!

Grazie anche a tutte quelle che l'hanno anche solo letta!!!
Spero che questo capitolo possa piacervi. Vi prego, commentate numerose!  A presto!

 

 

Edward era sdraiato accanto a me, il volto a pochi centimetri dal mio. Ci guardavamo e lui smise di sussurrarmi la mia canzone per chiedermi: < Ti ho svegliato? >
< No, non preoccuparti. > < Dai, torna a dormire. A proposito, non fa bene addormentarsi con la musica nelle orecchie. > < Neanche se è la tua di musica? > < Beh, se vuoi, te la suono dal vivo, aspetta 
qualche minuto che vado a prendere il pianoforte … sei sicura che Charlie sarà d’accordo? >
Gli tirai un cuscino in faccia che lui schivò senza che io neanche lo vedessi.
Appena chiuse gli occhi scuotendo la testa e criticando il mio carattere, io mi aggrappai alle sue spalle e appoggiai il mio volto sul suo, respirando il suo odore, immergendo il mio naso nei suoi capelli.
Lui mi baciò la pelle dietro l’orecchio, poi mi sussurrò:
< Sono proprio un fidanzato incapace. Quando hai bisogno di me, io non ci sono. >
Sembrava frustrato.
< Edward, io ho bisogno di te sempre, ma tu non puoi stare con me in ogni momento. Non devi mica fartene una colpa. È normale, sai? >
< Mi dispiace che ti sia sentita triste e sola oggi. > Mi disse abbracciandomi e stringendomi a se.
< Oh, Esme te lo ha detto. >
< In realtà, lo stava pensando. > < Non cambia. >
Mi sorrideva dolce ma c’era un velo di tristezza ad nei suoi occhi color del miele < Sai, sei sempre di umore volubile in questo periodo. > Lo guardai confusa e lui aggiunse con un sospiro, giocando con i miei capelli: < Mi mancherà un po’ tutto questo ... > rimasi in silenzio in attesa che continuasse, giocando con le dita della sua mano.
Mi squadrava il volto e sembrava alla ricerca delle parole giuste per dirmi qualcosa.
Adesso sembrava divertito anche se cauto, e la malinconia non aveva ancora abbandonato del tutto il suo volto. Mi accarezzò la guancia e mi sussurrò:
< Ti sono venute le tue cose … >

COSAAAA!!!! NOOO
Ecco perché avevo mal di pancia a cena!!!!
Con tutto il caos degli ultimi giorni … con l’influenza e lo stress … mi era proprio passato di mente!!! Avevo realmente perso la consapevolezza del tempo reale! Che vergogna! Avrei voluto venir inghiottita dal piumino!
Con una spinta buttai Edward giù dal letto, c’è da dire che lui si lasciò cadere, e lo fece con una grazia infinita. Io invece mi catapultai all’armadio per afferrare un pigiama pulito, inciampando rovinosamente nelle scarpe abbandonate tristemente ai piedi del letto. Arrancando nell’oscurità raggiunsi l’armadio e lo aprii. L’anta, aprendosi, emise un lungo, raccapricciante cigolio quasi volesse preannunciare un fatto terribile. Ed infatti … Orrore.
I miei abiti erano quasi tutti a casa Cullen. Lì avevo solo il pigiama che avevo indosso e un cambio per il giorno successivo. In pratica ero senza vestiti puliti!
Intimai ad Edward di non posare lo sguardo al di sotto dell’altezza del mio ombelico e lo pregai di andarmi a prendere delle lenzuola pulite nella lavanderia. Avanzando a tastoni, riuscii a trovare l’interruttore e ad accendere la luce. Speravo di poter pensare qualcosa mentre lui me le portava. Solo che lui fu così veloce che non feci neanche in tempo a togliere le lenzuola sporche dal letto. Lui me lo rifece mentre io andai in bagno per farmi una doccia. Rimasi sotto il gettito caldo per pochi minuti e poi uscii. Mi diedi un’asciugata veloce, m’infilai la biancheria pulita con l’extra dettato dalla situazione e mi infilai l’accappatoio. Vidi lui riflesso nello specchio e nel suo volto riconobbi un’espressione tranquilla e allegra.
Sussurrai in preda alla vergogna: < Mi dispiace. Ti da fastidio? > < No, non preoccuparti. È normale sai? > ripeteva la mia frase ma detta da lui sembrava molto più dolce e sensuale. Mi fece un sorriso sghembo che io vidi riflesso nello specchio e mi abbracciò da dietro in una frazione di secondo. Era corso da me e per la velocità del gesto quasi non si mosse l’aria intorno a lui. L’urto però mi fece sussultare e sollevare da terra con i talloni. Ero sulle punte dei piedi con la schiena appoggiata al petto di Edward e i miei capelli gli ricadevano sul volto. Mi teneva la mano all’altezza dello stomaco e io poggiai la testa all’indietro, sulla sua spalla. Lui mi baciò il mento, la guancia, il collo. Scendeva lento seguendo le pulsazioni del mio cuore, seguendo le mie vene. Scese fino alla clavicola e poi sulla spalla. Indugiò un attimo sulla spallina sottile del mio reggiseno azzurro e  poi ricominciò a scendere lungo la scapola.
Il mio cuore batteva così forte che sembrava emettere un suono continuo e la mia schiena si incurvava contro la mia volontà.
Lo faceva apposta? Proprio in quel momento, quando, anche se avesse voluto, non avremmo potuto fare niente!!!
Voleva farmi perdere la testa con tutte quelle carezze? Quando mi diedi una svegliata, mi resi conto di star baciando Edward con la testa voltata nella sua direzione. Le sue mani erano intrecciate alle mie sul mio ventre. Allontanò lentamente le labbra dalle mie e mi sfiorò la fronte. La sua mano scivolò sulla mia schiena nuda e il contatto con la sua pelle fredda fece si che venissi scossa da un brivido.
Mi lasciò andare e mi prese per mano. Andammo in camera mia e trovai sul letto uno dei miei pigiami nuovi. Era lì, piegato sul letto. Soffice e morbido come fosse stato appena ritirato dal bucato. Era quello rosso con delle nuvolette bianche disegnate sulla gamba destra e sul braccio sinistro.
Lo sfiorai con la punta delle dita e alzai lo sguardo verso Edward che mi stava osservando.
Lui si girò verso il muro ridacchiando e attese che mi infilassi il pigiama. Nel silenzio generale in cui era avvolta la casa, l’unico suono che percepivo fu il fruscio di quel morbido vestito sulla mia pelle mentre me lo infilavo, il mio respiro finalmente lento e ritmato e il battito del mio cuore.
Sbadigliai e diedi un’occhiata veloce alla sveglia. Erano le tre di notte. Edward stava guardando fuori dalla finestra con il gomito appoggiato al davanzale.
Lo chiamai a bassa voce e lui si voltò lentamente nella mia direzione. < Torna a dormire. È molto tardi. > Annuii e lo presi per mano. Mi infilai sotto il piumino obbligando lui a sdraiarsi al mio fianco.
Mi stringeva a se e appoggiava il suo capo dietro il mio. il suo respiro muoveva i miei capelli lentamente avanti e indietro facendomeli danzare sul volto. Mi addormentai respirando il suo profumo.

 

< Bells? > < Mhh … > < Bells? > < Che vuoi papà? >
Mugugnai girandomi dall’altra parte. < Bella. C’è giù Jacob, credo voglia vederti … >
A quelle parole sentii la stanchezza abbandonarmi, lavata via da quella doccia fredda che era stata quella notizia. Mi alzai a sedere di colpo e per poco non centrai Charlie in piena fronte.
Corsi a piedi scalzi giù per le scale rischiando di spezzarmi l’osso del collo.
Spalancai la porta del salotto e lo vidi.
Alto, imponente. La sua pelle scura brillava alla luce della lampada. Indossava dei pantaloncini e una maglietta leggera. Calzava dei sandali in cuoio e teneva i capelli lunghi raccolti in una coda disordinata.
Quando lo vidi sentii le lacrime scorrermi sulle guance.
Non mi resi neanche conto di essergli corsa incontro e di averlo abbracciato.
< Jake! Ma perché te ne sei andato. Avevo tanta paura. Mi hai fatto stare così in pena … > gli gridai affondando il mio volto nel suo petto.
< Ah, io ti avrei fatto stare in pena. > La sua voce era dura. continuò dicendomi:
< Tu invece? Tu stai per morire. Stai per farti uccidere. > La voce gli morì in gola.
Mi staccai da lui e lo guardai negli occhi. Dovetti chinare il capo all’indietro per riuscire a vedergli il volto. Mi guardava e sebbene la sua voce fosse severa il suo sguardo era disperato.
Con il polpastrello del pollice percorse il profilo del mio volto e si soffermò sul mio labbro inferiore.
Il calore della sua pelle sulle mie labbra mi procurò una strana sensazione. Non ero più abituata al calore umano. Charlie non era un tipo molto espansivo e ormai non vedevo Reneè da un po’ di tempo. La sua mano emanava calore. Istintivamente poggiai la mia mano sul suo cuore premendo con le mie dita sul suo petto. Mi sorpresi di sentire le mie dita affondare nei suoi muscoli. Era morbido e caldo. Sotto la sua pelle sentivo il suo cuore battere furioso. Appoggiai la fronte al suo petto e strinsi la mano in un pugno strettissimo, intrappolando la sua maglietta nella morsa delle mie dita.
Vedevo le mie lacrime bagnare il pavimento e non me ne fregava niente.
Improvvisamente le sue dita sollevarono il mio mento e i nostri occhi si incontrarono. Poi accadde.
 Lui poggiò le sue labbra sulle mie. Le sue mani mi tenevano i polsi incatenati in una presa ferrea.
Fu un bacio tormentato e mi fece male, male nel cuore. Quel bacio mi spaventò. Non fu come la volta precendente. All'epoca aveva la speranza di convincermi, mentre in quel momento avvertivo nei suoi movimenti il dolore che provava, sapendo che il mio tempo era ormai giunto al termine.
La forza con cui mi  imponeva quel bacio brutale e rabbioso, la violenza delle sue labbra sulle mie … sentirlo sfiorare i miei denti e il mio palato, cercare la mia lingua. Edward non mi aveva mai baciato in quel modo. Noi non potevamo. Avrei rischiato la vita se lo avesse fatto. Mi tremavano le mani e mi venne la nausea. Per la prima volta ebbi paura di Jake. Sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male. Non mi era neanche passato per la testa. No, avevo paura che non mi avrebbe lasciata andare, che mi avrebbe impedito di sposarmi, in chissà quale modo … magari dicendo la verità a Charlie. Lui era immensamente più forte di me e non si accorse, o forse non volle rendersi conto, che io cercavo di divincolarmi dalla sua presa. Quando finalmente mi lasciò andare mi strinse a se in un abbraccio soffocante. Non riuscivo neanche a parlare. Poi sentii delle lacrime bagnarmi i capelli e unirsi a quelle che mi solcavano il volto.
< Ti prego, rinuncia. Rinuncia. Non te lo sto chiedendo, ti sto implorando. Sei ancora in tempo. Sei ancora in tempo. Ti supplico … ti prometto che ti renderò felice. Felice davvero. Io ti posso dare tutto ciò che desideri. Posso proteggerti anche meglio di lui. Con me non dovresti mai avere paura. Io ti potrei dare dei bambini. Lui no. Non vuoi vedere i tuoi genitori felici? Non vuoi diventare madre? Hai detto che non sono i soldi che ti interessano. Allora dimostralo. Vieni via con me. Fuggiamo lontano. Lontano da questo mondo assurdo che ci sta rubando la vita. Che te la sta strappando! >
Mi teneva stretta per i gomiti stringendo fino a farmi male.
< Jake, io non voglio quella vita. Per me sarebbe peggio della morte. Ho preso la mia decisione. Io ti voglio bene, io ti voglio tantissimo bene ma l’amore che provo per te è totalmente diverso da quello che provo nei confronti di Edward. Io voglio sposarlo. Io voglio lui.
Voglio che tu sia felice, voglio che tu abbia dei figli, ma non con me. Solo, non con me. Jacob, proprio perché ti voglio davvero un bene  infinito, fallo per me. Sii felice. Non voglio che mi dimentichi, voglio che tu possa pensare a me, in futuro, e ricordare come siamo stati felici, quanto la nostra amicizia fosse, sia profonda, nonostante la distanza. Cerca di capirmi. Io so che non potrei mai essere davvero felice se fossi lontano da Edward. Ti prego Jake, capiscimi … >
Mi guardò e pieno di rabbia e mi spinse all’indietro, con una forza spaventosa. Venni scagliata contro il muro investendo una sedia su cui sbattei.  Lo vedevo tremare. Mi aveva sbattuta dall’altra parte della stanza perché stava per perdere il controllo. Gridai: < No Jake, no. Ti prego. >
Lo vidi riacquistare a fatica la calma. Charlie, che se ne era rimasto lontano per non interferire, sentito tutto quel fracasso, era corso in salotto. Quando gli si parò davanti quella scena assurda, quasi non arrestò Jake. Con una mano mi tenevo il naso, mentre mi usciva sangue. Il divano si era rovesciato e la sedia giaceva rotta accanto a me, contro il muro.
< Papà, non preoccuparti, va tutto bene. >
< Bella, cosa diavolo è successo? > < Niente. Niente. Non preoccuparti. > Mi rialzai appoggiandomi al muro. Afferrai un pacchetto di fazzoletti e mi tamponai il naso. Aveva già praticamente smesso di sanguinare.
Mi avvicinai cauta a Jake e gli presi la mano. Gli accarezzai la guancia e gli sussurrai, sicura che tanto mi avrebbe sentito: < Devi essere felice. Ti prego. >
Mi guardò malissimo e poi disse: < Addio Charlie. Mi dispiace che sia finita così. Evidentemente il destino voleva che finisse così … > Charlie capì prima di me cosa intendesse Jake tanto che gli disse:
< Jacob, ragazzo mio. non tollero sciocchezze. So benissimo come ti senti. Quando io ho perso Reneè … quando se ne è andata … ma tu non puoi farlo. Pensa a Billy, alle tue sorelle … sai che sarebbe stupido, infantile. Non provocheresti mai loro un dolore tale. Non potresti. > Stava cercando di prendere tempo e infine capii.

< NO! Jacob no! Tu non puoi farlo! Non puoi! > < Perché no? > Mi urlò dietro lui di rimando. < Tu puoi fare tutte le cazzate che vuoi che tanto tutto ti è lecito. Io invece dovrei rimanere per tutta la vita … Quando tu invece … >
< Jacob … > La voce di mio padre era calma e misurata, cercava di tranquillizzare Jake.
< Jacob, il suicidio non è una scelta intelligente. > cercai di farlo ragionare.
< Cosa vuoi Bella, con che coraggio vieni a dire a me che la morte non è una scelta intelligente. Proprio tu, tu!!! > Mi stava letteralmente urlando dietro
< Ma Jacob, la tua vita è troppo preziosa per essere gettata via. Non puoi farlo per … per … >
< Per amore forse? Io non posso ammazzarmi per amore ma tu sì? > Io sbiancai. Jake, con gli occhi chiusi, frustrato, fece un gesto in aria con la mano e il braccio. Caddi sulle ginocchia.

Charlie inizialmente guardò Jake e poi il suo sguardo cadde su di me. Era furioso. Mi prese per le spalle e mi rimise in piedi. Mi scosse con forza chiedendomi di cosa stessimo parlando. Jake si voltò verso di me. Sembrava disperato, distrutto. Mi disse: < Addio Isabella. Ti amo. > E uscì.
Io mi divincolai da Charlie e lo seguii correndo.
Quando uscii lo vidi, al limitare del bosco, voltarsi un’ultima volta verso di me. Poi sparì nell’oscurità.
Corsi. Corsi con tutta la forza che avevo in corpo.
Mi accorsi solo in quel momento che era mattina, che fuori faceva ancora un po’ freddo, che ero in pigiama … che ero scalza. Sentivo i tagli sui miei piedi man mano che avanzavo. Sentivo il cuore esplodermi nel petto e i polmoni bruciare. Le lacrime mi inondavano gli occhi sferzati dal vento che mi portava i capelli sul volto, impedendomi di vedere davanti a me. Quando non ce la feci più mi lasciai cadere sulle ginocchia mentre i miei piedi sanguinavano. I gomiti poggiati sul tappeto di foglie secche e le mani a coprirmi gli occhi. Ero a carponi per terra in un mare di lacrime. Charlie mi raggiunse affannato. Mi mise una mano sulla spalla e mi diceva qualcosa che non riuscii a decifrare. Dopo pochi minuti sentii delle braccia gelate tirarmi su di forza e stringermi a un petto dentro cui il cuore non batteva più.

In quel momento mi pareva che il mio di cuore, invece, si fosse frantumato in miliardi di affilatissime schegge di un durissimo cristallo. Schegge  che era come se si fossero conficcate in ogni brandello della mia anima sanguinante, penetrando ad ogni respiro sempre più in profondità.

 

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Capitolo 7
*** Confessioni ***


Visto che avevo appena finito di dire che riuscivo a postare un cap al giorno, ieri non ho fatto in tempo a finirlo e quindi lo posto oggi. Di solito i cap li preparo il giorno prima ma purtroppo, causa scuola, non ho neanche il tempo di respirare … mi ritrovo a scrivere di notte!!! Ed ecco spiegati gli eventuali errori ( scusate … ). Ora devo correre a scrivere il prossimo capitolo, altrimenti non farò mai in tempo per domani, anche perché la circonferenza –e la geometria analitica in genere- mi sta gridando che sono una lavativa. E domani c’è pure il compito su ‘sta roba!!!  Aiuto!!!!
Quindi, passiamo velocemente ai saluti:

Per le recensioni ringrazio:

Pocia
HopeToSave

yuyutiamo  ( Sì, la scuola ci perseguita. )              
bells87
PenPen
yuyutiamo,

 E per aver inserito questa fanfiction tra i preferiti, grazie a:
eika
Selene89
Zarah

 Ah, aggiungo che io sono per la coppia Edward/Bella, anche se Jake, povero, mi sta simpatico e mi fa troppa pena! Ma ora basta con le ciance. Ecco il nuovo cap. spero vi piaccia.  Commentate per favore!!!! Thanks

 

Le braccia che mi reggevano non erano quelle di Edward ma ero troppo sconvolta per stupirmene.
Carlisle mi portò in braccio fino a casa mia con mio padre che camminava dietro di noi. Io non riuscivo neanche a parlare. Le lacrime sgorgavano dai miei occhi copiose e silenziose. Carlisle mi chiese come stessi ma non riuscii a rispondere. Come poteva farmi questo? 

Quando ormai eravamo arrivati a casa, Charlie entrò per primo e si diresse al telefono. Compose il numero di Billy.  Carlisle proseguì e andò dritto dritto in bagno. 
Edward era lì e mi stava aspettando.

Appena Carlisle entrò, lui ci venne incontro e mi prese dalle braccia di suo padre. Io me ne stavo zitta, gli occhi aperti fissi nel vuoto. 

Mi tolse i pantaloni e mi fece sedere sul bordo della vasca. Carlisle aprì il gettito della doccia e mi fece scorrere dell’acqua tiepida sui piedi, facendo scivolare via il sangue e il fango. Quando i tagli furono tutti puliti, passarono alle ginocchia e ai polsi sbucciati. Mi fecero sedere sul mobiletto dove tenevamo i prodotti per il bagno e mi medicarono con cura. 
Edward mi fasciò i piedi con estrema delicatezza, mi pulì la faccia e poi mi sfiorò il naso. < Quando ho sentito Jacob arrivare, me ne sono andato per non interferire. Avrei dovuto rimanere. Mi dispiace amore. Quando ti ha aggredito, ero già pronto ad attaccarlo ma ho letto nei suoi pensieri che non ti avrebbe più sfiorata …  

Stava cercando di giustificarsi. Le parole scorrevano veloci dalla sua bocca. Mentre mi parlava, mi strinse il capo tra le braccia, appoggiandolo contro il suo petto.
< Non si ucciderà. > disse dopo qualche minuto. < quando se ne è andato, stava pensando a Billy e alle sue sorelle. Il discorso di  Charlie lo ha fatto rinsavire. Inoltre, dopo essersi trasformato, ho sentito le voci di Sam e Quil. Lo stavano raggiungendo. Loro non gli permetterebbero mai di uccidersi. Lo sai. Stai calma. Appena riusciamo a metterci in contatto con loro, ti prometto che te lo riporto e te lo faccio inginocchiare davanti. Quello che ha fatto è imperdonabile. Trattarti in questo modo. Dirti quelle cose … >
< Smettila, smettila!!! > Gli urlai contro cercando di allontanare le sue braccia dal mio volto. 
Lui si ritrasse ma non pareva arrabbiato. Lo guardai negli occhi per scoprire se mi avesse mentito. 
Quello che vidi però nei suoi occhi fu un’assoluta sincerità.
Cercai di sorridergli e tesi le braccia verso di lui.
< Ah, la scusa per la nostra presenza è questa: stavo venendo qui con mio padre quando ti abbiamo vista correre verso il bosco seguita da Charlie. Io ti ho aspettato qui mentre Carlisle vi ha seguiti.>  Aggiunse dopo avermi stretto le mani.

Qualcuno suonò il campanello e io sobbalzai. Edward mi sollevò tenendo mi per i fianchi e mi mise a terra. I piedi mi facevano male e mi appoggiai a lui
che mi sostenne fino in cucina.
Sam parlava in modo concitato con Charlie. Quando mi videro, Sam mi guardò per un lungo istante.  
Edward mi fece sedere sul divano e si sedette accanto a me. Il giovane Quileute mi si accovacciò davanti e mi disse: 
< Scusalo. Davvero. Non voleva ferirti. Io lo so. Mi dispiace.  Non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo. Si è illuso di poter portarti via, di aiutarti, per come la vediamo noi. Lui ti ama, ma non è riuscito a rassegnarsi. Se avessi saputo le sue intenzioni, gli avrei impedito di venire qui.
Il bacio, capisco che ti abbia turbata ma vedi, in quel momento sperava di poter scuoterti l’animo, ed inoltre voleva portarsi un ultimo tuo ricordo … > Ultimo mio ricordo? 
Un bacio estorto con la violenza? 
Un ultimo dolce ricordo da conservare nel momento della morte? 
Quando elaborai questo pensiero scoppiai in lacrime. Edward guardò male Sam che mi carezzò la fronte. 

< Charlie ci ha già parlato. Con Jake intendo. Adesso è a casa. Devo dire che abbiamo fatto un po’ di fatica a trascinarcelo ma alla fine, sai com’è, cinque contro uno … > mi sorrise e mi fece l’occhiolino.
Si rialzò e raggiunse Charlie che stava parando con Carlisle. Appoggiai la testa sulla spalla di Edward. Lui mi accarezzava i capelli.
Quando la situazione si fu un po’ calmata e Sam fu tornato a La Push, Charlie venne da noi che eravamo ancora seduti sul divano.  
Prese una sedia superstite e la piazzò con forza davanti al divano. In quel momento vidi mio padre come un poliziotto. 
Edward strinse la mia mano. Era in uno stato di tensione, la mascella contratta. 
Charlie si sedette e mi squadrò per alcuni minuti e poi parlò con una voce autoritaria che non gli avevo mai sentito addosso.
< Bella. Jacob sta bene. Non ha commesso atti insensati. E di questo siamo tutti contenti.> dicendo questo osservò Edward. Proseguì diecendo:
< La vostra discussione: cosa intendeva dire?
< La vostra discussione: cosa intendeva dire?

Tu puoi fare tutte le cazzate che vuoi che tanto tutto ti è lecito. Io invece dovrei rimanere per tutta la vita … Quando tu invece; Io non posso ammazzarmi per amore ma tu sì?
Quelle parole, cosa significano. Sono tuo padre. Pretendo di sapere la verità. La esigo. Ti ricordi Isabella lo scorso Anno? Quando ti sei buttata dallo scoglio? Quello che hai fatto, ci avevi già provato? Jake sa qualcosa che io non so? Quando sei caduta … > 
mi irritò il modo in cui pronunciò quella parola ma allo stesso tempo mi sentii sollevata. Non aveva inteso la vera natura delle parole di Jake. Non aveva collegato la morte al matrimonio ma bensì a tutte le strane cose che mi erano accadute negli ultimi due anni.
Charlie continuò:  

< A Phoenix, non è stato un incidente. > Non era una domanda.
< è per questo che i Cullen se ne sono andati? Cos’è successo quando tu e Alice siete sparite, qualche mese fa? Hai tentato il suicidio? Isabella, io DEVO saperlo. Io pretendo di saperlo. >
Guardai mio padre. Mi sentii male. Avevo paura e mi sentivo intrappolata.
Non avrei mai potuto dirgli la verità. Lui rischiava la vita per il semplice fatto di vivere con me. Figuriamoci se avesse saputo cosa si celava dietro il pallore dei Cullen? I volturi lo avrebbero saputo e avrebbero dato la caccia anche a lui. 
Lo avrebbero ucciso. Non avrei potuto permettere che scoprisse il segreto inviolabile che riguardava la reale natura di Edward. 
Il problema era che non avrei potuto spiegare tutte le incongruenze, tutti i fatti strani, i misteri che avevano attraversato la mia vita da quando mi ero trasferita a Forks se avessi tralasciato il piccolo particolare che Edward e la sua famiglia adottiva erano dei vampiri.  
Rimasi zitta e strinsi la mano di Edward. Sapevo che non dovevo mostrare segni di debolezza o di incertezza. 
Mio padre era un poliziotto. Mi avrebbe obbligata a confessare se mi avesse vista vacillare. 
Non potevo permettermelo. Cercai di mantenere la calma quando lui aggiunse:
< Ho lasciato correre troppe cose. Mi sarei dovuto impuntare. Quando mi mentivi avrei dovuto impormi e farmi dire la verità. 
È stato un errore farti credere che non mi accorgessi di niente.
Ti prego, Isabella. Io ti voglio aiutare ma se non mi spieghi tutto, non riuscirò a fare niente per te. >
A quelle parole cominciai a singhiozzare e mi voltai verso Edward che, immobile, stava analizzando i pensieri di mio padre. Fu lui a rispondere:

< A Phoenix è stato un incidente. Quando poi però a mio padre è arrivata l’offerta a Los Angeles e ci siamo trasferiti, ho voluto troncare la relazione. Pensavo che con una separazione improvvisa, facendole credere che non mi mancasse, mi avrebbe dimenticato. Ho vietato ai miei familiari di mantenere i contatti. 
Alice ha sofferto tantissimo e alla fine non ha resistito. 
È tornata a trovarla e quando ha saputo che lei aveva sofferto così tanto da tentare il suicidio ha chiamato Rosalie e si è confidata con lei. Rose ha inteso male e mi ha detto che Bella si era suicidata e che era morta.
Io non avevo smesso un istante di amarla e, appresa la notizia, ho telefonato qui, a casa vostra.
Mi rispose Jacob. Chiesi di lei, ispettore, e mi disse che era al funerale. 
Cosa avrei mai potuto pensare? 
Non attesi un istante. Mi barricai in casa deciso a raggiungere Isabella. Volevo tagliarmi le vene. 
Per un giorno intero non risposi al telefono. Non prestavo ascolto a mio padre e mia madre che, giunti da Los Angeles, cercavano di convincermi ad aspettare, a ragionare. 
Quando Carlisle mi disse che aveva sentito Alice e che c’era stato un malinteso, non gli prestai ascolto. Pensavo tentasse di convincermi ad aprire la porta. Erano pronti a chiamare la polizia. Ero in procinto di farla finita. Mi convinsero però ad attendere. La mattina dopo Alice e Bella si presentarono davanti casa. Non posso descriverle cosa provai in quel momento. 
Mi sentii rinascere. Capimmo entrambi che non avremmo potuto vivere separati.
Mi dispiace di aver provocato a Bella e a lei tutti questi dolori. Di aver spinto Bella a cercare la … morte. Non può immaginare il dolore, l’odio che ho provato nei miei confronti.
Ora che però siamo di nuovo una accanto all’altro, siamo felici. > 
Aveva misurato tutte le parole. Sebbene il racconto rispecchiasse la realtà nelle tematiche di fondo, era tutta una storia costruita su misura per mio padre. Edward aveva parlato lentamente, con un tono affranto e sincero. Convincente. 

E mio padre gli credette. Ringraziando il cielo annuì. Tenendo le mani nei capelli e gli occhi chiusi fece un cenno con la testa. Riuscii a fare un respiro profondo ora che sapevo che Charlie non avrebbe scoperto la verità.
Quando mio padre riaprì gli occhi, mi fulminò con lo sguardo. Disse al mio amore: 
< Ho provato ad aiutarla ma lei non voleva farsi aiutare. Davvero, non sapevo più cosa fare. Per un periodo ho davvero temuto il peggio. Poi, con Jacob, le cose sembravano andare meglio. Non sapevo che avesse tentato … di togliersi la vita. L’ho scoperto quando è tornata con te da Los Angeles … Avrei dovuto portarla da uno psicologo ma lei non voleva … Ho sbagliato tutto come padre … >
Povero Charlie. Vederlo soffrire in quel modo mi faceva sentire un verme. Come avevo potuto farlo stare male in quel modo? Ero stata davvero così egoista?
Era logico che lui odiasse Edward, non sapendo la verità. 

Mi chiesi: “e se la sapesse? Se sapesse che sono vampiri? Certamente cercherebbe di farmi scappare dall’altra parte del mondo.”
Lui aveva visto in Jacob il ragazzo che stava riuscendo a salvarmi, a tirarmi fuori da quell’inferno nero in cui ero precipitata, in cui lo stesso Edward mi aveva fatto cadere. Lo aveva detto ad Alice: 
< Non è come quando ci si lascia. No. Sembra che sia morto qualcuno. Di notte la sento ancora urlare. >  per lui era come se avessi pugnalato alle spalle il mio salvatore. Ma mi voleva bene e aveva accettato il mio Edward solo per amor mio.
Mi alzai di scatto e abbracciai mio padre come non avevo mai fatto prima. Lui, che non se lo aspettava, per poco non cadde dalla sedia ma ricambiò la stretta sussurrandomi: 
< Tu sei la mia bambina. Ti ho sempre voluto bene. Avrei voluto che fossi felice, tutto qui. >
Tra le lacrime riuscii a singhiozzare: < Ora sono felice papà, io sono felice, ed è anche grazie a te. Io ed Edward ti saremo sempre grati. >
Mi sorrise e mi sistemò i capelli, poi si alzò in piedi e disse: 
< Jacob è tornato a casa. Lui e Sam vorrebbero parlarti, a quanto dice Sam. Magari dopo potreste incontrarvi. > Cercava di essere convincente. Io guardai Edward. Lo vidi annuire lentamente. Sembrava che l’idea non gli piacesse ma non poteva rifiutare. Mio padre lo avrebbe cacciato fuori se ci avesse provato.

Charlie uscii dal salotto lasciando me ed Edward da soli. Andai verso di lui e gli porsi la mano. 
Lui accarezzò l’anello e poi me la baciò, come un uomo d’altri tempi. Alzò lo sguardo verso di me e mi sorrise. Parleremo con Jacob, vedrai che farete pace. Annuii poco convinta e lui se ne accorse. Con un movimento fulmineo fu in piedi. Mi strinse in un abbraccio rassicurante e mi disse: 
< Va a vestirti. Andiamo a La Push. > 

Salii in camera e afferrai il cambio che avevo preparato la sera precedente. Mi vestii lentamente con mille pensieri per la testa. Quando scesi in cucina, Carlisle ed Edward mi attendevano seduti composti a tavola. Il salotto era tornato come nuovo. Se non fosse stato che mancava una sedia, avrei potuto pensare di essermi sognata tutto.
< Ti ho preparato la colazione. > Mi sorrise Edward spingendo verso di me un vassoio bello ricolmo.  
< Grazie. > Sussurrai imbarazzata. < Non era necessario … > 

Non volevo dirgli che mi era passata la fame. Nonostante tutto bevvi il latte e mentre addentavo la brioche sospirai. non avevo proprio voglia di mangiare. Lui parve leggere i miei pensieri. 
Con un sorriso tutt’altro che innocente, mi confessò: 
< Sapevo che non avresti mangiato. Quando ti agiti ti passa la fame, ma sapevo anche che non avresti mai rifiutato qualcosa preparato da me, fosse anche solo del latte riscaldato. >  Lo fulminai con lo sguardo e riposi le stoviglie nel lavandino. Come al solito mi aveva incastrato …
Mezz’ora dopo eravamo già in macchina alla volta di La push. Carlisle guidava mentre io ed Edward rimanevamo in silenzio. 

L’unico vampiro con cui i lupi dialogavano era quello che loro definivano “il dottor succhiasangue”. E proprio Carlisle aveva telefonato a Billy, il più importante dei Quileute, secondo la legge della tribù, per chiedere il permesso per entrare nella riserva, che era interdetta ai vampiri. Quando giungemmo alla casetta di Jacob, bussai. Mi aprii jacob. Non mi rivolse neanche la parola. Si limitò ad un cenno del capo. Entrammo nel minuscolo soggiorno e salutammo Billy che ci veniva incontro sulla sua sedia a rotelle. Notai in terra della segatura.
< Isabella … > 
< Sì, Jacob? > 
< Vieni con me. > La sua voce era rassegnata, triste ma calma. 
Io, che stringevo la mano di Edward, la lasciai andare e seguii Jack nella sua stanza. Prima che però le nostre mani si separassero, Edward strinse la mia con dolcezza. Mi fece cenno di sedermi sul letto, davanti a lui.  
< Mi sono comportato male, mi dispiace. >
< Jake … > Non volevo che mi vedesse piangere, non potevo farmi vedere piangere. E allora perché le mie guance erano tutte bagnate? 
Lui me le asciugò con il palmo caldo, bollente, della mano. Si chinò in avanti e mi diede un bacio sulla fronte. 
Chiusi gli occhi e sospirai. Lo sentii prendermi le mie mani e chiuderle come se pregassi. Mi infilò un sacchettino tra le dita. Si chinò un ultima volta e mi baciò la guancia poi, tornando ad essere il mio vecchio Jacob, mi sussurrò: 
< Sperò che quando sarà il momento, non puzzerai in questo modo. Come fa a lasciarti addosso tutta questa puzza? > Aprii gli occhi e fissai i suoi.
< Jacob … > 
< Dai, aprilo … è un pensierino > Aprii il sacchettino e ne estrassi un piccolo oggetto di legno. Più grande del regalo di diploma. Un sole inciso in una tavoletta di legno. Una cornice floreale intagliata sui bordi. Sul retro, una frase : 
“ ricordami, come ti ricorderò io. Spero di poter essere per sempre un sole ai tuoi occhi. Il tuo Jacob.”
Scoppiai in lacrime stringendo la tavoletta al petto. 
< Bella, Bella, perché piangi? Ti prometto che non farò cavolate … > 
< Grazie Jake, grazie. >
Mi abbracciò e poi mi disse: < Adesso vai, se no il tuo vampiro chissà cosa pensa! > Ridemmo entrambi sebbene le lacrime mi rigassero ancora il volto.
Poi disse la frase che mi permise finalmente di sorridere: 
< Comunque il tuo odore mi piacerà anche dopo. Ne sono sicuro. Allora ci vediamo Venerdì. Credo che dovrò tirare fuori quel vecchio vestito che ho messo quando si è sposata mia sorella. Spero che non stoni troppo in tutto quel lusso … > 
< Jake! > Quasi non gli saltai addosso per la felicità. 
< Sono proprio curioso di vedere che razza di bomboniera ti faranno indossare. Di sicuro sarà qualcosa di pomposo, come quei biglietti d’invito. > Era triste ma sereno. Aggiunse. 
< Vorrei stare con te, ma so che non è possibile. Però, vorrei che tu almeno fossi felice. Se morissi, so che non ti riprenderesti mai più, non perché mi ami, ma perché mi vuoi bene … siccome anch’io voglio vederti felice, ti prometto che ci proverò. Chissà, il nostro futuro non lo vede neanche la tua succhiasangue chiromante. Forse un giorno tornerai da me. > 
Sapevamo entrambi che non sarebbe successo mai ma l’importante era che almeno rivolgesse lo sguardo al suo futuro. 
< Ti prometto: cercherò di essere felice. Quindi tu devi promettermi che non mi dimenticherai. > annuii piangendo lacrime di gioia mista a tristezza. Lui mi diede un buffetto sulla guancia e mi sorrise.
Lo abbracciai e poi corsi da Edward che mi aspettava nel cortile. Mi accolse con le braccia aperte e tese verso di me. 
Mi sussurrò: < Sai, è bello vederti felice. > 
Annuii affondando la facci nella sua camicia e stringendo al petto il più bello dei regali che avessi mai ricevuto. Lo avrei conservato per sempre.
Salutammo Billy. Mi accorsi che però Carlisle e la macchina erano spariti. 

Percorsi trecento metri, ormai nascosti da occhi indiscreti, Edward si voltò e mi afferrò per il bacino. Mi sollevò leggermente e mi baciò con passione. 
Mi fece salire sulla sua schiena e poi sfrecciammo ad una velocità paurosa attraverso il bosco. Sentivo la felicità che scorreva dentro di me. Quando ci fermammo, mi resi conto di essere a casa Cullen, soprattutto quando sentii la voce di Alice, allegra e squillante, invadere l’aria.
Ci venne incontro danzando con grazia. Indossava un vestito bianco e dei sandali. Il cielo aveva cominciato, miracolosamente, a schiarirsi e alcuni timidi raggi di sole la illuminavano. Sembrava brillare di luce propria. Jasper, seduto nel portico, la osservava rapito. Non mi lasciò neanche il tempo di toccare l’erba con i piedi che lei mi aveva già afferrato il braccio.  

Lanciai un ultimo sguardo disperato ad Edward che mi baciò la punta del naso e mi rassicurò: 
< Dopo ho una cosa per te … Vedi di non metterci molto. Tu dille sempre di sì e vedrai che riesci a scappare in fretta! >
Lei lo guardò male e gli fece una linguaccia, poi mi trascinò in camera sua.
Capii all’istante perché Jasper fosse seduto sotto il portico. Non riuscivo a credere come Alice fosse stata in grado di riempire la sua camera, enorme, con tutta quella roba. Ovunque riviste aperte, campioni di tessuto, fiori, e chi più ne ha più ne metta.
< Sei giorni Bella, Sei giorni!!! > Saltellava da una parte all’altra in preda ad un’eccitazione incontrollabile. Forse perché ero felice di mio, mi feci contagiare in parte dalla sua gioia.

Non so come, dopo quello che a me parve poco tempo, sentii bussare piano alla porta. 

< Edward, siamo OCCUPATE, non osare mettere piede in camera mia. > 
< Guarda che se continui così, il povero Jasper sarà costretto a trasferirsi in garage. Vabbè che per fare certe cose la porche che ti ho regalato vi
dovrebbe andare più che bene, ma credo che preferirebbe che vi divertiste in camera vostra. E non sto scherzando. >  

Alice andò alla porta e l’aprì quel tanto che bastava per guardarlo in faccia e gli disse: 
< Noi certe cose in macchina non le facciamo. Avrei paura di rovinarla … e tu lo sai …  >
Io me ne rimanevo zitta seduta a terra tra campioni di stoffa bianca. Lui mi vide e mi sorrise dolce, poi mi fece cenno di uscire. Mi alzai lentamente e feci per togliermi un lungo pezzo di stoffa che Alice mi aveva messo in testa per gioco, a mo’ di velo. Lui invece mi sorrise e mi sussurrò: < Aspetta, te lo levo io. >  
Con delicatezza me lo fece scivolare dai capelli e ridendo mi disse: < Sei così tenera … > 

Arrossii e mi coprii il volto con il tessuto. Edward mi prese per mano e mi portò in cucina. 
Aveva preparato da mangiare. Aveva imparato a cucinare apposta per me! Mi sentivo lusingata. In realtà, quel giorno mi aveva preparato un semplice risotto ma comunque mi fece veramente piacere. 
Come mi aspettavo, mi osservò mangiare e sorrise compiaciuto quando vide che non avevo lasciato neanche un chicco.
Andai in bagno e mi lavai i denti, poi scesi in sala. 

Edward, seduto al pianoforte, teneva gli occhi chiusi e muoveva le dita sui tasti muti, tenendole sollevate di pochi millimetri. 
Feci piano per non disturbarlo ma sapevo che mi avrebbe sentito lo stesso. Gli andai dietro e lo cinsi con le mie braccia. 

Lui voltò la testa, tenendo gli occhi chiusi, e respirò il mio odore. Mi afferrò le mani e me le baciò. Si girò, mi cinse i fianchi con un braccio e mi avvicinò di più a sé.
Mi sussurrò: < Vieni, siediti qui, affianco a me. > Obbedii e mi sedetti.
Lui mi guidò con le sue mani la testa sulle sue ginocchia. La melodia prima muta invase l’aria dolcemente. 
Era quasi più dolce della mia ninnananna, solo che questa canzone sconosciuta era più allegra, piena di gioia. Chiusi gli occhi sorridendo. Pian piano percepii la musica mutare, farsi più tranquilla. 
Suonava con una mano sola, poiché con l’altra mi carezzava le guance e le labbra. 

Quando riaprii gli occhi capii di trovarmi in giardino, sdraiata su una coperta. Edward era sdraiato accanto a me e mi teneva la mano. Gli occhi chiusi. 
Mi accoccolai al suo fianco, tra il suo braccio e il suo torace e poggiai la testa sul suo petto. Lui mi poggiò la mano sul cuore e mi strinse a sé.
Mi baciò la fronte e mi disse: < Ho un regalino per te. Vuoi vederlo? > Annuii e lui mi sorrise.
Come diavolo faceva ad essere così, così attraente, bello, eccitante? La camicia era sbottonata, i capelli gli ricadevano disordinati sul volto e i suoi occhi d’oro brillavano per la felicità. 
Si alzò in ginocchio e si mise sopra di me. Io rimanevo lì, con la schiena sulla coperta e lui su di me. 
Appoggiava il peso sui gomiti e le sue ginocchia cingevano i miei fianchi. Il mio cuore era su un altro pianeta. 

Mi baciò le labbra e le palpebre, poi, mentre con una mano mi sfiorava l’orecchio, accarezzò le mie labbra con la sua lingua.
Alzai una mano tremante e gli accarezzai il torace, il suo petto muscoloso. Risi. Era una risata isterica. 
Portai l’altra  mano dietro la sua nuca e gli afferrai i capelli. Avvicinai il suo volto al mio e piegai la testa all’indietro. 
Inarcando la schiena, la mia pancia si appoggiò alla sua e il mio bacino lo sfiorò. Il mio seno poggiava sul suo petto. Portai entrambe le mani dietro la sua schiena e mi strinsi a lui. Forse sarebbe più appropriato dire che mi avvinghiai a lui. Lui non mi allontanò. Mi strinse a se e poi mi riportò a terra. 

Si alzò in piedi e mi lasciò li, sdraiata e ubriaca di felicità ed eccitazione. Mi guardò e mi  disse: 
< Sarà meglio che ci muoviamo. > 
Così dicendo mi tese la mano, mi sollevò in un istante e mi strinse a sè, carezzandomi i capelli.

 

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Capitolo 8
*** Giocare ***


Non vedo l’ora che comincino le vacanze. Non ce la faccio più!!! 
Per questo capitolo, i miei ringraziamenti  per aver inserito la fic tra i preferiti a sunsunset e bunny65  
E per aver commentato a:

BellaSwan95
PenPen
HopeToSave
alice brendon cullen
Hele91

                                                                  Grazie!!!

Mi scuso per gli eventuali errori, è che sono davvero stanchissima. Pensate che oggi mi sono addormentata nel compito di LATINO!!!! Orrore, terrore e raccapriccio. Ho fatto un commento terribile al povero Lucrezio!!!

Ma ora, bando alle ciance:

 

 Tenendomi per mano, Edward mi portò in casa. Quando aprì la porta di camera nostra, a pensarlo mi vengono i brividi, mi poggiò le mani sugli occhi e mi bisbigliò: < Non preoccuparti, farò attenzione che non ti faccia male. > Sghignazzò. Io mi lasciai guidare fino al letto su cui mi fece sedere. < Tieni gli occhi chiusi. > mi ammonì portando le mie mani sui miei occhi, a sostituire le sue. Quando lo sentii allontanarsi, separai le dita per cercare di vedere. < Non sbirciare. > Mi sgridò. Sussultai. La voce proveniva da dietro di me. Come è logico, non mi ero neanche accorta che si fosse seduto sul letto al mio fianco. Mi baciò una guancia e mi si parò davanti in un attimo. Mi afferrò per il bacino e mi mise in piedi in un istante. La velocità dei movimenti mi fece girare la testa.
< Apri gli occhi … Allora? > < Allora cosa? > < Beh, non ti piace? > Mi stava sorridendo e si stava prendendo gioco di me. < Edward! > Rise e mi indicò il letto. Mi voltai e vidi il regalo che Edward ci teneva a darmi.
Mi sentii abbracciare da dietro. Lui aveva incrociato le sue mani sul mio ventre e fece aderire la sua pancia alla mia schiena. Mi bisbigliò all’orecchio: < Ti piace? >
Annuii. Sul letto Edward aveva appoggiato un corto vestito di seta blu notte, senza spalline, con un nastro azzurro che faceva un giro intorno alla vita per poi andare ad allacciarsi sulla schiena, formando degli intrecci. < L’ho visto e ti ho pensata. Pensavo che potresti metterlo questa sera, quando ti porterò fuori a cena. >
Lo sfiorai con la mano. La seta scivolava dalle mie dita. Lo alzai e me lo misi davanti, tenendolo appoggiato al mio corpo con le mani. Feci una mezza giravolta su me stessa e lui mi disse < Dai, provalo >
Annuii e gli dissi: < Va bene, vai. > < No, no. Io rimango. > Stava ridendo? Ma come si permetteva?! Mi sedetti sul letto tenendo il vestito in grembo. Facendo l’offesa, gli ruggii:
< Allora non me lo metto. > < Oh, io invece credo proprio che lo indosserai. > < Edward, non mi inganni più con quella voce. Non riuscirai a farmi fare quello che vuoi solo sfoderando la tua voce da angelo caduto dal celo. > Stavo mentendo spudoratamente. Se avesse continuato in quel modo, mi sarei sciolta come burro al sole.
Lui scosse la testa fingendo rassegnazione. Poi, con la voce più sensuale di cui era capace -e vi assicuro che lui era moooltooo capace- mi bisbigliò: < Ci terrei tanto che tu lo indossassi. Ti prego. > mi si avvicinò e mi prese una ciocca di capelli e cominciò a giocarci. Fece scorrere la sua mano sulla mia spalla e poi lungo il mio braccio. Quando arrivò al polso, lo sollevo fino a portarlo vicino al suo naso. Respirò il mio profumo e poggiò le dita sulle mie vene. Premette leggermente. < Il tuo cuore mi dice che sei agitata. Anche tu ci terresti a indossarlo. Sbaglio forse? > Annuii. Rossa in volto. < Sì, vorrei. Ma vorrei anche non metterlo davanti a te. È così strano. Penso che andrò a cambiarmi in bagno. >  Quel dannato sorriso sghembo! < Perché ridi, Edward? > < Sai che ti spierò. > < Sì. > < Sei proprio assurda. Allora perché non ti cambi qui? > < Perché bisogna farsi desiderare. Se no che gusto c’è? > < Non ti facevo così perfida e manipolatrice. > Rideva.
< Sai com’è, ho imparato dal migliore. >
Così dicendo mi alzai e, tenendo il vestito su una spalla, aprii un cassetto, presi mutande calze e reggiseno e mi affrettai al bagno senza voltarmi. Sentivo il suo sguardo seguirmi. Appena entrata in bagno, avvicinai l’abito al volto e respirai il profumo di Edward. Sapevo che mi stava osservando. Non sapevo da dove, ma avevo la certezza che non gli sfuggisse nessun mio movimento. Andai al centro del bagno e mi guardai riflessa nel grande specchio che occupava un muro intero. Le mie gote erano rosse. Mi ravvivai i capelli con le dita. Poi mi lavai la faccia con acqua gelata, per svegliarmi. Decisi che per una volta, tanto valeva osare. Avrei stupito Edward. Era più facile pensare di fare ciò che stavo per fare senza che lui fosse nella stanza. Mi avrebbe vista da lontano, di sfuggita … insomma, non se lo sarebbe mai aspettato e allo stesso tempo non avrebbe visto quasi niente … si, se la mettevo in quel modo, mi sembrava meno imbarazzante come cosa. Mi sbottonai la camicetta. Un bottone dopo l’altro, con infinita lentezza. Scesi con le mani e feci lo stesso con i Jeans. Mi slacciai e poi mi sfilai le scarpe. Lasciai cadere i pantaloni in mezzo alla stanza. Dopo qualche secondo, anche la camicetta cadde a terra. Mi tolsi calze con lentezza. Mi avvicinai alla doccia e aprii il gettito regolando il calore dell’acqua. Pensai: “Caro Amore, questo non te lo aspettavi. Sbaglio?”  Con lentezza sciolsi le bende sui piedi. Mi slacciai il reggiseno e lo feci cadere. Con un braccio mi coprii il seno. Infilai una mano nell’elastico delle mie mutandine e le feci scivolare lungo le gambe. Si aggiunsero al mucchio di vestiti. Entrai velocemente nella doccia,ed ero rossa, ma davvero rossa! Mi vergognavo come mai ma allo stesso tempo mi stavo anche divertendo. Sapevo che probabilmente ad Edward era quasi venuto un infarto. Mi lasciai correre l’acqua addosso per quasi un quarto d’ora. Quando aprii la porta della doccia, cacciai un urlo tremendo e la richiusi immediatamente.
< Perché urli? > < EDWARD!!! CHE DIAVOLO CI FAI QUI!!! > < Mi hai detto che lo sapevi che ti avrei spiata … > < Edward, tu non mi stai spiando! Tu sei proprio entrato nel bagno, mentre io ero NUDA!!! >
Lui rideva di gusto. < Sai, Isabella, quel vetro non oscura molto. Si vede quasi tutto … >
< EDWARD!!! > Gridai scandalizzata.
Sentimmo bussare alla porta e la voce di Esme raggiunse le mie orecchie:
< Bella, tesoro, vuoi che trascini fuori Edward e chieda ad Emmett di … > < Esme, non è successo niente. Non preoccuparti. Non credo che l’assalirò mentre è nella doccia. Anche se lei ha fatto di tutto per convincermi a provarci. In fondo, stiamo solo giocando. > < No, grazie Esme. Magari dopo che l’ho ucciso … > < Bene, allora, a dopo. >
Che strana persona che era. Sempre così dolce e premurosa. Mi adorava, proprio come adorava Edward.
< Passami l’accappatoio. > Gli ordinai perentoria. < Sissignora. > Lasciai uno spiraglio minuscolo e afferrai l’asciugamano che mi stava passando.
< Grazie. > Gli dissi secca. Me lo avvolsi intorno al corpo e uscii dalla doccia. Edward era lì, seduto a gambe incrociate, in terra tra i miei vestiti. Mi sentii avvampare.
< Sei molto bella. >  < … >  < Nuda … >
Non ci vidi più. Gli tirai l’asciugamano. Non ci pensai neanche e mirai al volto. Appena lo lasciai andare  me ne pentii. Lo avrebbe schivato. Senza nemmeno faticare. Lo avrebbe schivato e io sarei rimasta completamente nuda davanti a lui.
 E invece lui non lo schivò. Appena l’asciugamano gli sfiorò il volto, si lasciò cadere all’indietro, tra i miei vestiti.
< Rimani fermo e non mi guardare! > Gli gridai. Lui alzò una mano e disse: < Va bene, troppo in un colpo solo potrebbe stroncarmi. Rischio l’overdose. Ah, comunque sono stati i tre secondi più belli della mia vita. Una visione completa … > Gli arrivò una scarpa in testa.
Mi sentivo strana. Mi stavo asciugando velocemente il corpo mentre il mio fidanzato se ne stava sdraiato tra i miei vestiti.
Mi infilai le mutande e il reggiseno, poi andai da Edward e con il piede gli spostai l’asciugamano dalla faccia. Lui mi sorrideva con un sorriso bellissimo. Mi sedetti sulla sua pancia e poggiai le mani sul suo petto. Lo accarezzai e mi chinai per baciargli le palpebre come di solito faceva lui con me. Lui poggiò la sua mano sulla mia schiena e un brivido freddo mi percorse il corpo.
Mi sdraiai su di lui e chiusi gli occhi. Edward mi teneva stretta e mi carezzava.
< Te l’ho gia detto che il tuo profumo con l’acqua è buonissimo. > Annuii e mi strinsi di più a lui.
< Dai, mettiti quell’abito. >
< Uffa, certo che sei insistente. > Mi alzai e afferrai il vestito.
Me lo infilai e lui mi legò il nastro. Fece scorrere le sue dita bianche e affusolate tra il miei capelli e li spostò sulla spalla destra, in modo che mi ricadessero davanti, sul petto. Con le mani scese lungo i miei fianchi. Le poggiò sulla mia vita e mi baciò il collo nudo.
Quando mi lasciò andare, feci una giravolta su me stessa, creando uno strano disegno con le mille pieghe del vestito che ondeggiavano seguendo i miei movimenti.
Quando mi fermai, gli davo le spalle. Lo vedevo nel riflesso dello specchio. Mi sorrideva e sembrava rapito.
< A cosa stai pensando? > Chiesi timida. < A te. > mi rispose in un sussurro. < Ma a che cosa di me in particolare? > < A quanto ti amo e a quanto ti adoro. A quanto sono egoista per star per distruggere la tua vita. > Il suo viso s’incupì. Mi voltai e andai verso di lui. Gli sfiorai la guancia con il dorso della mano e gli ripetei per la centesima volta: < Ti sbagli, non è per niente come dici. Tu mi stai rendendo la persona più felice del mondo. >
Mi prese in braccio come fossi una principessa e mi portò in camera nostra. Mi mise seduta sulla cassettiera e mi rifece la medicazione ai piedi.
Alice nel frattempo aveva lasciato delle scarpe abbinate al vestito. Inorridii quando vidi il tacco, sebbene molto basso! Ora cominciavo a pensarlo anch’io. Sarei arrivata al matrimonio con qualcosa di rotto.
Me le infilai in silenzio ma Edward capì e mi rassicurò: < Ci penserò io a proteggerti da quelle! >
Gli sorrisi e gli dissi: < Grazie. >
Avevo una fame tremenda. Diedi un occhio alla sveglia e vidi che erano già le otto. I miei ultimi giorni si stavano letteralmente dissolvendo, senza lasciarmi il tempo di rendermene conto. Sospirai ed Edward mi guardò preoccupato.
< Beh > Feci io per cercare di catturare la sua attenzione < Non mi dovevi portare fuori a cena? >
Lui mi guardò e sembrò che gli avessi appena tirato un ceffone.
< Oddio Bella, perdonami, non mi ero accorto che fosse già così tardi. Scusami! Dai, andiamo. >
Parlava velocissimo. Mi afferrò per il polso e mi prese tra le sue braccia. In meno di venti secondi eravamo già nella Volvo. < Avresti dovuto ricordarmelo. Non devi assolutamente farti problemi. Mi dispiace davvero. Sono stato imperdonabile. > Lo guardai male e gli dissi:
< Smettila. Non è successo niente. Non credo che morirò d’inedia. >

Guidava ad una velocità che sarebbe stato un eufemismo definire sostenuta.
In meno di mezz’ora raggiungemmo Port Angeles.
Mi portò nel ristorante di quello che era stato il nostro “primo appuntamento”.
Aveva prenotato non lo stesso tavolo, ma tutta la sala. Un cameriere ci fece accomodare.
< Salve, avete prenotato? >
< Sì, tutta la sala, quella appartata. >
< Ah, quindi voi siete i signori Cullen? > Chiese il cameriere squadrandoci dalla testa ai piedi. Che strano sentirmi chiamare a quel modo. era, non saprei dire, inebriante.
< Sì. > Rispose lui senza un minimo di vergogna. Mi strinse un po’ la mano e mi passò un braccio intorno alla vita. L’uomo mi osservò soffermandosi sul mio seno. Io abbassai lo sguardo e fissai il pavimento. Percepii il corpo di Edward irrigidirsi. Fulminò il cameriere con lo sguardo e poi disse con una voce alterata: < Vuole mostrarci il tavolo? >
< Prego, da questa parte. > Ci disse il ragazzo distogliendo lo sguardo e facendoci segno di seguirlo. Edward mi baciò un orecchio e mi disse: < Andiamo. >
Ci sedemmo allo stesso tavolo di quel giorno in cui la mia vita cambiò e, quando il cameriere ci chiese se volessimo ordinare, non potei non chiedere:
< Due bicchieri di Coca e un piatto di ravioli ai funghi. > < Per lei niente, signore? > < No, grazie. E se ora vuole servire mia moglie. > Era arrabbiato. Alla parola moglie quasi non mi soffocai con il grissino. Quando il cameriere ci ebbe portato da bere, Edward si sporse, mi baciò sulle labbra e mi prese le mani. Attese che arrivasse la mia cena e poi mi rivelò: < Sapevo che avresti preso i ravioli. > < Sei ancora arrabbiato? > < Un po’. > < Non ti puoi arrabbiare ogni volta che qualcuno mi guarda. Se io facessi come te, sarei già diventata matta. >  Mi sorrise dolcissimo e mi sistemò una ciocca ribelle. < Tu però sai che io non ho occhi per nessun’altra all’infuori di te. > < Credi forse che io potrei mai innamorarmi di un altro ragazzo? > Chiesi scandalizzata. < Ne sono letteralmente terrorizzato. E sono così egoista da essere contento che fra poco neanche il tempo potrà più separaci. > < Sei proprio uno sciocco. > dichiarai scuotendo la testa e infilzando un povero raviolo.

Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti. Pian piano il mio piatto andò svuotandosi  ed Edward mi chiese :  < Cosa hai voglia di fare questa sera? > < Non so, quello che va a te. > < Decidi tu. > < Beh, mi piacerebbe andare a fare un giretto, potremmo andare sulla spiaggia … > < Certo. Hai ancora fame? > < No. Magari dopo potrei farmi offrire un gelato. > < ma certo. > Fece venire il cameriere e pagò il conto -Esorbitante- e mi prese per mano. Camminammo fino a raggiungere il porto. Mi sedetti sul bordo della banchina e lasciai le gambe a penzoloni. Lui si sedette al mio fianco, cingendomi le spalle con un braccio. < In realtà, ti avrei preparato anche un’altra sorpresa.  Ti prego, non ti arrabbiare. Non l’ho pagata. È sempre della serie: Regali riciclati: tieni. Era insieme al ciondolo che ti ho regalato per il diploma. > Così dicendo, mi spostò i capelli e accarezzò il mio collo.
Io chiusi gli occhi e feci un respiro profondo. In un istante, sentì qualcosa di sottile e gelato sulla mia pelle. Portai le dita al petto e sforai un ciondolo gelido. Le dita di Edward si stinsero sulle mie. Tenevo il piccolo gioiello nella mano. < Ti amo. > mi sussurrò.
Aprii gli occhi e osservai un piccolo cuore di diamante similissimo a quello che portavo al polso.
Sorrisi e delle lacrime traditrici mi bagnarono le gote. < Edward, è bellissimo … >
< Proprio come te. Amore? > 
Sussultai a quella parola. < Sì? > < Ti andrebbe di venire con me? > < Perché mi fai questa domanda? > < Prima rispondi, poi te lo spiego. > < Mi fai paura, quando mi dici così. Di solito mi inganni. > < Non ti fidi di tuo marito? > Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo. < Non siamo ancora sposati. Prima sono quasi morta di vergogna. Non è necessario che tu ti metta a sbandierarlo in giro. >
< Ti vergogni del nostro amore? >
L’avevo offeso. Ecco, solo una cretina come me poteva riuscire a offendere una creatura come Edward. Cercai immediatamente un modo per salvare la situazione: < No, non hai capito. Non è questo, è che è così strano. Siamo così giovani, per lo meno io lo sono. Penseranno tutti male. > < Ti assicuro, io so cosa pensa la gente. Si sorprendono ma posso sapere cosa ti importa?
In questo modo mi ferisci. >
Iniziai a tremare. Gli presi il volto tra le mani e, piangendo, mi aggrappai a lui… < No, non volevo ferirti. Scusa. È solo che, devi capire che come situazione, non è facile da affrontare … >
Invece di respingermi come mi aspettavo, mi abbracciò e mi cullò. < Non piangere, Amore. È che a volte, non riesco proprio a comprendere il tuo modo di ragionare. Non riesco a giustificare il perché tu ti vergogni.
Forse non sei ancora pronta per tutto questo. > < Non dirlo neanche. Io ti voglio. Non riuscirai a farmi cambiare idea. E se adesso ti rimangiassi la parola, non farei neanche in tempo ad ucciderti, perchè Alice ti ammazzerebbe prima. > < Sei così carina quando ti infervori. Sapere poi che è per me che succede … > Si chinò a baciarmi la fronte.
< Allora, vuoi venire? > < Sì. > Non avrei potuto rifiutare. < Bene. > E con un sorriso abbagliante, mi aiutò ad alzarmi. Percorremmo il lungo mare fino ad arrivare in una zona molto frequentata. Mi portò in una piazza dove avevano allestito un palco. C’era una festa di quelle organizzate nei periodi estivi ed era pieno di coppiette. Una musica dolce invadeva l’aria.
Mi accompagnò al centro della pedana e mi propose: < Balliamo? > < Ma tu sei pazzo. Avevo ragione a dire che di te non ci si poteva fidare. >  Mi restituì uno sguardo colpevole e mi fece fare una giravolta guidandomi con le sue mani. Inutile dire che guidava Edward. Ballammo un lento praticamente incollati l’uno all’altra. Lui mi restava attaccato perché non voleva che io cadessi, io invece perché tra le sue braccia stavo talmente bene da credere di essere in paradiso. Sentivo le sue mani accarezzarmi la schiena e le spalle. Notai dei ragazzi guardarci e appoggiai la testa sulla spalla di Edward. Mi vergognavo un pochino. Poi lo sentii ridacchiare e mi chiesi cosa diavolo stesse pensando. Lui mi passò una mano tra i capelli e poi appoggiò entrambe sulla mia vita. Mi stava cullando come fossi una bimba. Ogni tanto posava le sue labbra sulla mia pelle e respirava il mio odore. Ogni volta sentivo il mio cuore battere all’impazzata nel mio petto.

< Grazie per il ciondolo. > dissi ad un tratto, portando le mani sul mio seno.
< E di cosa? Sono davvero felice che tu abbia cominciato ad accettare i miei doni senza fare troppe storie. Mi piace farti dei regali. Mi fa sentire bene. Quello, mi ero riproposto di regalartelo quando fossi stato sicuro che non mi avresti mai lasciato, ma non ho potuto attendere il matrimonio. Volevo
dartelo subito. >
< Se davvero avessi voluto darmelo nel momento in cui fosti stato certo che sarei stata tua per sempre, avresti dovuto regalarmelo nel momento in cui mi sono seduta accanto a te a biologia. Mi sono innamorata di te a prima vista. > < Sei assurda. >
Dicendomi queste parole mi afferrò per i fianchi e mi sollevò in aria.
 Quando i miei piedi toccarono nuovamente il pavimento mi alzai sulle punte per baciarlo. Ora mi teneva una mano sulla schiena e l’altra dietro la testa. Separò le sue labbra dalle mie per permettermi di respirare il suo profumo e poi mi riempì di baci il collo. Risi quando le sue labbra ghiacciate sfiorarono la mia clavicola.
Ci stavamo lentamente allontanando dal punto più affollato e, dopo qualche minuto, scendemmo dalla pedana.
< Andiamo alla spiaggia? > Proposi sbadigliando.
< Sicura di non voler tornare a casa? >
< Sì. >
< Va bene, se ci tieni … > Gli feci un sorriso che lui ricambiò e poi mi diressi spedita verso il mare. Visto che una serata senza incidenti a me non può capitare, appoggiai male un piede e un tacco traditore mi fece scivolare. Edward per fortuna mi afferrò quasi prima che mi rendessi conto di cadere e mi disse fingendo esasperazione: < Secondo me, tutti questi tuoi incidenti sono solo dei metodi inconsci per farti abbastanza male da evitare il matrimonio … >
Lo guardai malissimo e mi levai le scarpe.
Ci sedemmo sulla riva ad osservare l’oceano infrangersi a pochi metri da noi. Era così buio che non si riusciva a vedere il mare, al largo, unirsi al cielo. Mi strinsi al mio amore e sussurrai: < sei preoccupato? A cosa pensi? > < No, non sono preoccupato. Pensavo a come sarà. > < Cosa? >
< Beh, quello … > Per fortuna che era buio e che non poteva vedermi la faccia, o così mi auguravo, perché in quel memento divenni talmente rossa …
< Ah, e perché ci pensi? > Chiesi cercando di ostentare sicurezza. Fallii nel momento in cui la mia voce tremò sul perchè.
< A dire il vero, sono un po’ agitato. > < Anch’io. >
< Sai, dovrò stare attento in ogni istante, ma temo di potermi far trascinare dall’emozione e perdere la lucidità. Basterebbe un istante. > Mi accarezzò la guancia con la sua mano perfetta.
Mi avvicinai di più a lui e mi accoccolai tra le sue braccia, seduta sulle sue gambe incrociate. Sarei potuta rimanere in quel modo per sempre.
< Se vedi che ti diventa troppo difficile, dimmelo. In fondo sarà solo un tentativo. Tanto per dirci che ci abbiamo provato. > < Sì, e comunque Alice dice che andrà tutto bene. Spero solo che al momento non ci siano inconvenienti. >

Ci misi qualche secondo a realizzare il significato di quelle parole.
< ALICE! Che centra Alice? >
< Cosa credevi? Che le sarebbe sfuggita una cosa come questa? Non pensare che sia sempre lì a sbirciare nel nostro futuro, ma ricordati che le visioni vengono quando meno se lo aspetta, e riguardo le cose più strane. > Abbassai la testa e osservai la sabbia. Chissà cosa aveva visto Alice!!! Per lo meno, diceva che sarebbe andato tutto bene. Me lo auguravo. Di sicuro non avrei mai osato chiederglielo.

Edward mi strinse di più a sé e mi sfiorò il collo con i denti. In quel momento ebbi davvero paura e mi irrigidii. Cosa diavolo gli era venuto in mente?
< Edward … > Sussurrai con un filo di voce. < Cosa diamine … ? >
< Shht. > Mi fece di rimando lui. < Sto provando a immaginare. > La sua voce era triste, malinconica. Sapevo che sarebbe stato davvero difficile per lui mordermi e togliermi la vita. Gli presi le mani e dissi: < Vedrai. Andrà tutto bene. > In risposta mi fissò negli occhi e, cambiando argomento, mi informò:
< Sarà meglio tornare a casa. È molto tardi. Charlie vorrà stare un po’ con te. Alice ti ha già portato tutto a casa sua. > Si alzò con grazia infinita e mi tenne in braccio fino a quando non raggiungemmo la macchina. Mi fece accomodare sul sedile anteriore e guidò apparentemente tranquillo e sereno. Mi osservava e mi teneva la mano.
< Edward, la strada. > Lo ammonii io. < Sei più bella tu. > Mi fece di rimando e scoppiò nella sua risata limpida e dolce.

 < Isabella … >
< Si? > Chiesi sospettosa, quando arrivammo vicino a casa mia.
< Ci vediamo di sopra. Prima passo da casa. >
< Va bene. >
< Perché quella faccia? >
< Non mi piace quando te ne vai. > < Guarda che torno subito. > Scossi la testa esasperata e gli confessai: < Non sarà mai abbastanza presto. > e poi lo baciai lentamente. Sentivo le sue labbra caute muoversi sulle mie. Quando si separò, mi disse: < Ora vai, se no poi si fa tardi. Charlie ti sta aspettando alzato. > Lo abbracciai ed uscii dalla volvo. Camminavo lenta e a fatica sui tacchi. Le luci di casa mia erano ancora accese. Quando aprii la porta ed entrai, sentii il motore della Volvo prendere vita a vidi di sfuggita l’auto scomparire nell’oscurità.

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Capitolo 9
*** Sogni ed insalata ***


Lo so, che titolo tremendo!!! è che non sapevo cosa mettere!!! Chiedo perdono! Che dire? Grazie per i bellissimi commenti che mi lasciate ogni volta!
Cara KiraraMiranda, spero tu non dica sul serio, se no significa che dico una cosa e la riga dopo io parli di qualcos’altro avendo fatto centinaia di collegamenti mentali in un secondo, e che di conseguenza non si capisca niente!!!  No, ti prego!!!
Pregherei di prendere in considerazione l’interessante richiesta di
algin91. Anch’io lo voglio!!! Anche in affitto. Se qualcuna conoscesse un tipo come Edward, per favore lo voglia condividere con noi. Potremmo dividere le spese!!! Oddio, ma cosa cavolo sto scrivendo?  Scusatemi!!!
yuyutiamo, La scena del matrimonio arriverà tra poco, ed ho in mente qualche bella ideuzza … Non so ancora se descrivere anche la prima notte di nozze o no? Voi che ne dite? Fatemi sapere. È che, data la mia ancora purtroppo inesistente esperienza, non so se scriverei cavolate o no. Comunque non scriverei mai cose troppo sconce o volgari, di questo sono sicura.
alice brendon cullen, GRAZIE per aver letto ed inserito Un giorno di pioggia tra i tuoi preferiti. Non sai quanto io tenga a quella storia. La mia prima fanfiction su Twilight!!! Ci sono così affezionata! Grazie!!!
Clhoe, BellaSwan95, PenPen, Hele91, sophie_95 GRAZIE per aver commentato. Sono contenta che vi sia piaciuta la scena del bagno! Mi sono divertita troppo a scriverla!!!
hachicat, Non preoccuparti!!! La Laury sta per arrivare (next Chapter … coming soon … )
Sì, lo so. Non si scrivono fanfiction alle tre di notte. Il latino e la salute ne risentono! Ma che ci posso fare? Mi diverto troppo!!!
Finisco ringraziando:
Selene_Malfoy, Tatan, NENACHAN, littledancer89, darkcy Per aver inserito la mia storia tra i preferiti!!! Thanks!
Ed ora, ecco la storia
Ah ma quanto scrivo oggi? Sono impazzita? Poi vi rompete e non leggete più la storia!!! No vi prego!!! È che ci tenevo a ringraziarvi tutte per bene!

                         Grazie anche a tutte coloro che leggono solamente!   Ciao!

 

 

 < Bells? > "E chi voleva che fosse?” < Sì papà. >
Lo sentii alzarsi dal divano e venirmi incontro. Mi abbracciò e mi chiese: < Ti sei divertita? > < Sì … > Mi osservò e mi sorrise compiaciuto.
< Capisco perché i ragazzi facciano la guerra per te. È nuovo il vestito? > < Papà! Ma cosa dici? Comunque sì, me lo ha regalato Edward. Ti piace? > < Sì. Ti sta molto bene. > < Grazie. >
< Vabbè, vado in camera mia. > < Allora, buona notte. Domani ti vengo a svegliare verso le 8? > < Ma non devi essere al lavoro. > Mi sorrise orgoglioso e mi dichiarò: < Mi sono preso una settimana di ferie. Così potremo passare un po’ di tempo insieme. Pensavo che io, te ed Edward potremmo andare da qualche parte? Che ne dici? >
Lo guardai colpita. Charlie si stava proprio impegnando per essere un buon padre. Sapevo che per lui era difficile e mi sentii invadere dalla tristezza. Lo avrei abbandonato. Non avrei più potuto vederlo, andare a trovarlo. All’inizio sarebbe stato il richiamo del sangue ad impedirmelo, poi, il mio aspetto mutato … e se fra vent’anni fossi tornata da lui con il corpo di una diciottenne, cosa avrebbe mai potuto pensare? No, era assolutamente impossibile.
< Non ti va? Non preoccuparti, era solo un’idea. >  < Eh, no no, mi va . Ero solo soprappensiero. Scusami. Domani chiedo ad Edward. Dove vuoi andare? > < Pensavo che potevamo stare qui in zona, magari un campeggio. So che ad Edward piace. > Oddio, si stava proprio sforzando.
Lo abbracciai di slancio e gli sussurrai: < Non è necessario. Basterà invitarlo a cena. > < Ma se quel ragazzo non mangia mai niente. > < Beh, segue una dieta particolare. > < Sì, lo so. Per quella strana malattia. Magari potresti cucinare qualcosa apposta per lui? Lo farei io, ma già faccio schifo a cucinare le cose normali, figurati un piatto speciale. E se poi sbagliassi e ti facessi fuori il fidanzato? >  secondo me, sottosotto ci sperava. Scossi la testa e dissi: < No, no. Sarà meglio che cucini io. > Era triste dover mentire a Charlie ma non avrei potuto fare altrimenti. Per spiegare inoltre l’educato rifiuto di Edward a cenare con noi quando ero ancora agli arresti domiciliari, ci eravamo inventati una fantomatica malattia che obbligava Edward e tutta la famiglia Cullen ad attenersi ad una rigida dieta. Alice era un genio delle scuse: Carlisle avrebbe conosciuto Esme, che soffriva della sua stessa malattia, in un centro dietologico. Si sarebbero innamorati giovanissimi e poi sposati. Dato che lei non poteva avere figli, avrebbero preso in adozione dei bambini che avevano il loro stesso problema, ovvero Edward, Alice ed Emmett. Mentre per quanto riguarda Jasper e Rosalie, dopo che i loro genitori erano morti in un incidente, sarebbero stati presi in affidamento da loro zia, Esme. Anche loro avevano la stessa malattia che era genetica.
Insomma, un gran casino per spiegare il pallore collettivo nonostante l’assenza quasi totale di legami di sangue per quel che ne sapeva la gente di Forks e il fatto che non li si vedesse mai mangiare in pubblico. Alice mi ripeteva in continuazione che se si voleva vivere in pace, bisognava essere meticolosi nell’inventare balle.
< Vado a cambiarmi. > < Ok, ciao. >  Salii di corsa le scale e mi fiondai in camera. La mia delusione fu enorme quando vidi la stanza vuota. Poi scorsi un biglietto sul mio cuscino.

Scusa se non sarò con te questa notte. Prometto che saprò farmi perdonare. Arriverò appena possibile. Ti amo e starti lontana è una sofferenza. Dormi tranquilla. Ancora e per sempre, TI AMO. Il tuo Edward.”

Afferrai il pigiama contrariata e mi sfilai l’abito. Mi infilai i pantaloncini e la maglietta, andai in bagno e mi diedi una lavata. Scesi in salotto e vidi mio padre, che aveva spento la tele e che stava per andare a dormire, armeggiare con qualcosa che riconobbi essere l’album con le mie foto che Reneè gli inviava durante l’anno, quando ero piccola e lo vedevo poco-niente. Sfiorava le immagini di me che, ancora bambina, sorridevo all’obbiettivo. Me alle recite scolastiche a cui lui non poteva venire, ai miei compleanni dove, affianco a me e mia madre, lui non c’era. Mi telefonava spesso quando vivevo a Phoenix, ma non era la stessa cosa. Senza farmi vedere, tornai in camera mia e scrissi una e-mail a Reneè. Mia madre sarebbe arrivata Martedì, tre giorni prima del mio matrimonio.
Quando ebbi finito, mi infilai sotto le coperte e strinsi a me una camicia di Edward. L’aveva lasciata lì apposta. Piansi in preda all’angoscia. Mio padre –ultimamente mi riusciva più facile pensare a lui in quei termini- soffriva per i sensi di colpa. Per non aver trascorso del tempo con me quando ero piccola, nell’adolescenza, quando le figlie hanno bisogno di una figura paterna.

Soffocavo i singhiozzi. Poi sentii dei passi sulle scale. Asciugai le lacrime e rimasi immobile, fingendo di dormire. Charlie aprì lentamente la porta ed entrò. Si sedette sul bordo del letto e mi carezzò i capelli. Mi sussurrò: < Buona notte Bells. > Quando vide la camicia di Edward stretta tra le mie mani sospirò. Mi baciò la guancia ed uscì.

Quella notte feci sogni agitati.
Sognai i miei genitori che piangevano, abbracciati, giovani. Sognai Jacob, in forma di lupo che ululava. Era un funerale. Poi riconobbi la mia foto sulla bara. L’immagine sfumò in una ancora più atroce. Mi trovavo in un ospedale deserto. Lunghi corridoi spogli, file infinite di letti vuoti. Vedevo Edward che stava male. Su un lettino vicino a me. Tossiva sangue e aveva gli occhi verdi. Più io correvo verso di lui, più lui pareva essere lontano. Io continuavo a chiamare: < Carlisle Carlisle, aiutami. Edward sta male, Aiuto. Qualcuno lo aiuti. > ma nessuno veniva a darmi una mano. Più mi sforzavo di correre, più i miei piedi mi parevano piombo. Quando finalmente lo riuscii a raggiungere, gli toccai la fronte. Era bollente. Vedevo le mie mani sporche del suo sangue che mi colava sui vestiti. Il suo corpo era morbido ma il suo cuore non batteva. Io lo scuotevo ma lui non si muoveva. I suoi verdi occhi vitrei non potevano più vedermi. Io mi accasciai su di lui e cominciai a urlare portandomi le mani alla testa. Sentii una voce gelida alle mie spalle. Rosalie, bellissima come al solito, mi guardava compiaciuta. Indossava il mio abito da sposa, strappato, ed era sporca di sangue. Il suo volto era pieno di tagli e i capelli erano tutti disordinati. < guarda. > mi disse sprezzante indicando il mio amore. < Quello era il suo destino. Questo era il destino di tutti noi. La morte sarebbe stata meglio di questa non vita. E tu, piccola presuntuosa umana, tu rifiuti l’unica cosa veramente importante? > Improvvisamente mi lanciò ciò che teneva stretto nel pugno chiuso. Venni colpita al volto da decine di grossi bottoni di ferro. Piangevo per il dolore e la paura. Improvvisamente mi accorsi che dietro di me degli uomini di cui non riuscivo a vedere il volto stavano portando via Edward. Io mi aggrappai a lui con tutte le mie forze ma uno di quelli mi spinse via. Io mi aggrappai al braccio dell’uomo cercando di trattenerlo ma era tutto inutile. Allora presi Edward e lo feci cadere a terra. Lo coprii con il mio corpo e pregavo di non portarmelo via. Piangendo mi accorsi che diventava polvere sotto le mie dita. Mi ritrovai nella mia casa di Phoenix e Reneè mi venne incontro. Mi guardava adirata: < Visto Isabella. Sei contenta. Questo è ciò che si prova quando la persona più importante della tua vita muore. Sei contenta? Sei contenta che io e Charlie soffriamo in questo modo? > Mi voltò le spalle e abbracciò la mia bara bianca chiamando il mio nome e dicendo: < La mia bambina … Così piccola … >
L’immagine mutò ancora e io mi ritrovai in fondo a un buco profondo. Vedevo la luce in alto e sentivo le voci di tante persone e cominciai a gridare. Nessuno pareva sentirmi. Agitavo le braccia e urlavo invano. Improvvisamente della terra mi cadde in testa. Sempre di più, sempre di più, fino ad oscurare la luce. Mi sentii soffocare. Mi sentii morire.

Spalancai gli occhi e mi resi conto di star piangendo. Edward era seduto ai piedi del mio letto e mi osservava preoccupato. La prima cosa che mi disse fu: < Vuoi che ti porti qualcosa? Dell’acqua? >
Mi levai frettolosa le coperte, gattonai sul letto fino a lui e mi strinsi al suo corpo perfetto e duro, gelato. Mi strinse in un abbraccio protettivo, passandomi una mano sulla schiena per farmi coraggio. Io singhiozzavo come una bambina. < Va tutto bene, ve tutto bene. Non è successo niente. > Io alzai il capo e gli osservai il volto. Mi sorrideva incoraggiante. < Vedi, sono qui. Ho fatto il più in fretta che ho potuto. E come puoi vedere, sto benissimo. Non perdo sangue e ti posso sentire. Direi che è tutto a posto. E, nel senso lato del termine, oserei dire che sono vivo e vegeto … > Mi sorrise rassicurante.
< Ho parlato nel sonno? > < direi che più che altro hai urlato. Non devi pensare a certe cose. E comunque Rosalie non è più tanto arrabbiata con te, da quando siamo tornati da Volterra. > Mentre cercava di rassicurarmi mi baciava la fronte.
Accarezzandomi mi portò le braccia distese verso l’alto e in un istante mi sfilò la maglietta.
Sotto avevo solo il reggiseno. Non feci in tempo a dire una parola che lui appoggiò le sue labbra sulle mie. mi fece sdraiare e si appoggiò a me. Io non capivo più nulla. La mia testa era invasa da immagini assurde e le mie capacità cognitive erano fortemente compromesse dal respiro di Edward.
Quando si staccò dalle mie labbra io sussurrai imbarazzata: < Edward, ma cosa … > < Shht. Non preoccuparti. Mancano solo cinque giorni al matrimonio. Mi dispiace per te ma non cederò proprio adesso. Anche se, devo ammetterlo, la tentazione è forte … >
Quando passò ad inondarmi il collo di baci, inarcai la schiena e reclinai il capo all’indietro. Ansimavo. Le sue mani scorrevano gentili sulle mie spalle, sulla pelle dei miei fianchi. I nostri corpi aderivano perfettamente.
< Ti amo, Bella. > Non risposi, concentrata com’ero a ricordarmi di respirare. Per fortuna che il cuore batteva per i fatti suoi, e, tra l’altro, in quel momento batteva eccome. Sembrava un pazzo furioso. Incrocia le gambe intorno a quelle di Edward e cercai di slacciargli la camicia con dita tremanti. Quando Edward se ne rese conto, poiché data l’emozione ero ancora al terzo bottone, accompagnò e guidò le mie dita. Gli sfilai l’indumento passando le mie mani sul suo busto.
Mi sentii mancare di fronte a tanta bellezza. Un dio stava sdraiato su di me e assecondava i miei movimenti chiamando il mio nome.
< Bella. Bella. > Tra un bacio e una carezza mi osservava. Sentivo il suo sguardo su di me. Una mano timida e incerta mi accarezzò il ventre per poi risalire fino al collo. Mi sfiorò il seno e venne sostituita da labbra lisce e gelate come pietra. Alla fine scese fino all’ombelico e mi diede lì un bacio.

< Forse dovresti dormire. Ti sei calmata? > < Calmata? > Gli feci io e per poco non gli risi in faccia. < I miei ormoni sono impazziti. Fra poco imploderò. Devi smetterla di eccitarmi e poi lasciarmi così! > < Devo dire che sei diventata molto più audace coi fatti e con le parole. >
Gli sorrisi e mi portai a sedere, scivolando sotto di lui che si lasciò cadere elegantemente sul letto.
< Sai, è stato … emozionante. > Mi disse vergognoso. Io, che mi ero seduta tenendo le braccia intorno alle ginocchia, appoggiate sul mio petto, aggiunsi: < Sì, non vedo l’ora che sia Venerdì. > Mi sorrise complice e mi avvolse con una coperta. Mi disse: < Perché non ti togli anche i pantaloni? > < Edward! > < Io mi toglierò i miei. Non pensare male. È solo che ho bisogno di sentire il tuo corpo vicino al mio. La tua pelle sulla mia. > Non sapevo cosa dire. Non avevo mai visto Edward in mutande. Lo avevo desiderato però tantissime volte, proprio come i primissimi tempi desideravo toccare la sua pelle e lui mi sfuggiva sempre.
Senza neanche rispondere, portai le mie mani alla zip dei suoi Jeans e l’abbassai. Sembravo sul punto di svenire. Il mio volto era rosso. Ero accaldata e le mie mani tremavano talmente tanto da rendermi difficile compiere anche i movimenti più semplici. Lui si sfilò le braghe e mi venne vicino. Lo mangiavo con gli occhi. Mentre lo guardavo, sentii le sue dite sfiorarmi il bacino.
Mi sfilò i pantaloni del pigiama e mi osservò. Io distolsi lo sguardo e mi soffermai sul suo petto. Lo sfiorai con una mano e sentii lui portare le sue sulla mia schiena. Mi fece sdraiare e mi accarezzò il corpo. Dopo avermi baciata con una passione fuori dal comune, mi prese tra le sue braccia e si infilò sotto le coperte insieme a me. Rimanemmo abbracciati finchè non mi addormentai. Il suo corpo gelato pian piano si scaldava a contatto con il mio e io rabbrividivo per l’emozione e il freddo. Mi rimboccò le coperte e mi strinse stretta a sé. Sentivo la sua pancia sulla mia schiena. Aveva intrecciato le sue gambe con le mie. L’indomani, quando mi svegliai, mi ritrovai sola nel letto. Edward stava tranquillamente seduto sulla sedia a dondolo e mi osservava, completamente vestito, tenendo tra le mani il mio pigiama. Mi stiracchiai e sgusciai fuori dalle coperte. Lui si alzò velocemente e mi strinse in un fugace abbraccio poi tornò a sedersi.
< Allora, cosa mi cucini oggi? > Mi battei un palmo sulla fronte.
< Oh, è vero. Scusa se non te l’ho detto.>
< Beh, tanto lo ha pensato Charlie. >
< Senti, dimmi la cosa che ti fa meno schifo e te lo preparo. >
< Mi spiace, credo che non vendano dei Puma al supermercato. >
< Dai, non fare il cretino. Dico sul serio. >
< Anch’io. > Lo guardai malissimo e lui alzò gli occhi al cielo.
< Se proprio devi, preparami qualcosa che possa sembrare dietetico. Che ne so,  un’insilata mista e magari del tonno … > 
< Sicuro che ti vada? > < Tanto poi devo tossire fuori tutto. L’importante è che la nostra storia regga. < Davvero, non c’è qualcosa che non ti farebbe schifo mangiare? >
Mi sfiorò il collo con le dita e io mi ritrassi. < Per davvero? > < Sì, insalata e tonno. > Esasperata scossi la testa e mi presi i vestiti puliti.. Lo baciai sulla guancia e lo carezzai, poi corsi in bagno. Infilai una maglietta a maniche corte, un paio di jeans e dei sandali dopo essermi lavata. Uscii e salutai Edward con un bacino sulle labbra. < Ci vediamo fra poco. > Gli dissi e lui rispose: < Vengo a prenderti > Quando ormai stavo per scendere le scale e gli davo già le spalle, mi sentii afferrare la mano da dietro. Mi voltai e vidi Edward baciarmene il palmo. Mi sfiorò la fronte e percorse con le dita fredda la mia cicatrice recente, sulla fronte. Gli sorrisi e poi scesi da Charlie.

Lui mi aspettava in cucina e mi aveva preparato la colazione.  Mi sedetti.
< Come va? > < Insomma … >
Ti ho sentito agitarti questa notte, ma quando sono venuta a controllarti, dormivi. > < Ho fatto un incubo … > < Mi spiace. > < Non è niente, solo uno stupido sogno. > Sì, uno stupido, terribile ed atroce sogno.
< Allora, hai sentito Edward? >
< Sì. Ha detto che verrà per pranzo. Gli preparo un’insalatona mista. A te invece cosa andrebbe? >
< Bella, credo che forse sarebbe meglio che anche noi mangiassimo quello che mangia lui. Per non farlo sentire a disagio. >
Oddio, era così gentile. Si preoccupava di non farlo sentire a disagio!!! Voleva proprio guadagnarsi la stima del mio fidanzato. < Sì, grazie papà. È molto carino da parte tua. Sei davvero gentile. >
< Sono tuo padre. Lui tra poco sarà tuo marito. Dovrò abituarmi all’idea di avere un figlio. Sai, siete così giovani. Dei ragazzini. Potrebbe davvero essere mio figlio. >
Sorseggiai il mio latte e mangiai un paio di biscotti. Non appena ebbi sparecchiato, sentii bussare alla porta. Contro ogni mia aspettativa, Charlie si alzò e gli aprì. < Edward, benvenuto. Prego, entra. > < Grazie Charlie. > Edward, bellissimo e  divino, mi aspettava sull’uscio. Teneva un mazzo gigantesco di rose rosse. Mi portai le mani alla bocca per la sorpresa e poi lo abbracciai di slancio. Mi strinse con un braccio a sé e mi baciò la fronte:
< Amore, per te. >
< Ah, che belle!!! Grazie! > Saltellavo davanti a lui con il naso immerso nelle rose.
Baciò il dorso della mia mano e poi l’anello. Charlie, che se ne era tornato in cucina per non osservarci pomiciare, ci chiamò.
< Non ti arrabbiare tesoro. > < Quando dici così, c’è sempre di che arrabbiarsi. >
< Bella tesoro, Edward. Venite in soggiorno. >
Andammo e Charlie mise tra le mani di Edward il mio vecchio album di foto.
< Papà, perché glie le fai vedere? Sono tremende! > < Oh, Bella. Cosa vuoi che siano un paio di foto? > Rideva mentre le mostrava ad Edward che sembrava molto interessato.
< Charlie? > < Sì, Edward? > < Questa, posso tenerla? > Tra le mani teneva una foto di me, a dieci anni, che stringevo in mano un peluche mentre un’infermiera mi metteva un grosso cerotto al ginocchio. Piangevo. Ricordai che quella foto fu scattata alla festa della scuola. Un bambino mi aveva fatto lo sgambetto ed io ero caduta, sbucciandomi le ginocchia. Sul retro la calligrafia disordinata di mia madre: Isabella, 1997. festa di primavera.
< Certo Edward, tienila pure. >
Sorridendo, il mio fidanzato estrasse il portafoglio e inserì la foto vicino ad un’altra. Quando la vidi, glie lo strappai di mano e me lo infilai in tasca, offesa.
Charlie ci guardò strano e poi ci disse: < Va bene, ora vado a fare la spesa. Bella, cosa vuoi che ti compri? Hai bisogno di qualcosa? > < No, grazie. Ho tutto il necessario per il pranzo. Forse dovresti comprare da bere. Prendi un paio di bottiglie di succo di frutta alla pera. > < Va bene. >
Mi baciò la guancia e uscì, dopo aver salutato Edward che ricambiò educatamente.
Andai a posare i fiori. Scelsi un bel vaso bianco bordato di azzurro. Posizionai le rose al centro della mia scrivania, in camera mia.
< Edward, grazie. Sono bellissime. >
< Prego. >
< Ah, cosa ci faceva questa nel tuo portafoglio? > chiesi mentre prendevo la foto.
Il suo sorriso sghembo, quel suo dannato sorriso sghembo, mi tolse il respiro.
Si avvicinò a me e mi strinse in un abbraccio, sussurrandomi: < trovo che quella foto sia bellissima. Tu sei bellissima. > < Questo non cambia niente! Quando diamine l’hai scattata? > O mamma mia!
Ormai parlavo come lui!
< Sinceramente, non ricordo. > Non provava neanche a mascherare il riso nella sua voce.
< Sì, e chi ci crede? Dimmi la verità? >
< Se ci tieni … Stavi dormendo nel mio letto, era mattina presto. Uno dei rarissimi giorni di sole.
Dormivi così bene e il sole sul tuo viso … non ho potuto non immortalarti. >
Con le sue parole, riusciva sempre a farmi perdere la forza di volontà.
Mi sedetti sul letto osservando la foto in cui io ero ritratta sbragata sul letto, scoperta. La maglietta alzata lasciava intravedere la pancia. Le braccia erano stese dietro il capo, in un mare di capelli sparsi sulle federe. Le gambe nude giacevano sulla trapunta. Il sotto del pigiama si trovava per terra.
Dovevo aver avuto caldo.
< A quando risale? > Chiesi cercando di non dare a vedere quanto fossi imbarazzata.
< Mah, direi … un tre mesetti. Più o meno … > Lo guardai torva e lui mi tese la mano. Gli restituii la foto e poi gli ingiunsi: < Sdraiati, sul mio letto. > Obbedì.
Afferrai la vecchia macchina che mi avevano regalato per il diciottesimo e feci un intero servizio fotografica ad Edward. Gli feci slacciare la camicia e poi cercai di autoscattarci delle foto di noi due insieme. Alcune vennero proprio bene. Quella più bella, in cui Edward stava disteso sulla mia trapuntina con il petto scoperto, finì dritta dritta nella mia borsa.

Quando vidi che erano già le 12, dissi:
< Sarà meglio andare a preparare da mangiare. Vieni? >
< Certo, adoro osservarti cucinare. > Gli sorrisi languida e lui mi sfiorò la punta del naso con un dito, poi mi tenne aperta la porta da bravo gentiluomo.
Non mi ci volle molto a mettere insieme quella che poteva essere definita, con un po’ di fantasia, un’insalata mista.
A tavola mio padre fu molto gentile con Edward. Tentò di fare conversazione e di essere simpatico. Edward naturalmente fu impeccabile. Si comportava come il migliore dei generi. Cortese, educato, simpatico… Vabbè, forse i miei commenti sono un po’ troppo di parte.
Io lo osservavo mangiare. Era strano vederlo inghiottire il cibo. Mi era capitato solo una volta, con una fetta di pizza. Aveva mangiato per soddisfare le mie curiosità. Mi aveva confessato che per lui era come ingerire spazzatura. E lui lo aveva fatto per me, per ben due volte.
< Bells? Bells? > Disse mio padre agitando la mano davanti ai miei occhi.
Io mi ripresi e lo osservai, ancora mezza imbambolata.
< Bells, se continui a tenere la forchetta a mezz’aria, ti cadrà tutto. Possibile che tu non riesca a staccargli gli occhi di dosso? >
Arrossii e fissai il piatto praticamente pieno. Edward mi carezzò i capelli e mi sussurrò:
< Anch’io ti fisserei per sempre. > Mi afferrò la mano sotto il tavolo e me la strinse con dolcezza.
Quando ormai avevamo tutti finito, ed Edward sembrava soddisfatto, mi alzai e sparecchiai velocemente mentre Charlie e il mio Amore chiacchieravano di Football.
Mi chiesi: “Chissà cosa mi direbbe mio padre se vedesse i Cullen giocare?” Quel pensiero mi fece sorridere. I miei occhi incontrarono quelli di Edward che mi rivolse un fugace sorriso sghembo e poi tornò ad osservare mio padre, tutto intento a mostrargli degli strani schemi di gioco di una squadra di cui non conoscevo neanche il nome.
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta e io mi affrettai ad aprire.

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Capitolo 10
*** Carta igienica azzurra e capelli viola ***


Prima di farvi leggere il prossimo capitolo volevo inaugurare una rubrica che chiamerò:
Giochiamo a fare gli etimologi ( scherzo! )

Però vorrei rendervi partecipi di alcune ricerche da me svolte in orari non troppo appropriati
( Versione di Latino in classe). Sì lo cosa state pensando:  

  • Questa è pazza
  • Ma questa qualche volta studia?

                                                               Concordo perfettamente.

Tornando alla ricerca: Ecco a voi l’etimologia della parola Volturo
Dal Latino (maddai) VULTUR, VULTURIS che significa: Avvoltoio e che viene utilizzato dall’autore Seneca (primo secolo d.C.) per definire degli UOMINI RAPACI.
VULTUR,is era anche il nome di un monte dell’Apulia (più o meno l’odierna Puglia).
FICO NO?

La VOLVO di Edward prende in prestito il nome dal verbo (anche questo latino) VOLVO,IS,VOLUTUM,ERE che, tra i suoi mille significati vuol dire anche, se intransitivo,:
CHE CORRE
Allora? Sono stata troppo pallosa? Non so se sia proprio giustissimo … Scusatemi, è che facendo la versione dovevo cercare una parola, non ricordo quale, che iniziava con V … e il resto è venuto da sé! Sono proprio una lavativa degenerata.

Passo ora ai ringraziamenti che, mi spiace, saranno brevi per questioni di spazio.
13 commenti! Grazie! Mi fate davvero contenta! Grazie infinite a algin91, Hele91, sophie_95, alice brendon cullen, Tatan, BellaSwan95, Pocia, momob, yuyutiamo, HopeToSave, PenPen!!!
Sono contenta che vi sia piaciuta la scena del sogno. Credo inoltre che scriverò anche riguardo la prima notte. E qui vorrei dire a KiraraMiranda, dici davvero? Noooo, non può sembrare un porno… Ho passato tutta l’ora del Fava a pensarci su!!! Dimmi di no!!!
Cara
hachicat ecco qui la tua vendetta …
Grazie per aver inserito la storia tra i preferiti a:  
gryffindor_ery, ange, momob .
Hele91
Grazie per aver letto, recensito e inserito tra i preferiti: Un giorno di pioggia. Sono contenta che ti sia piaciuta!!!

 Ecco infine il nuovo capitolo!!!!

 

 Aprii la porta e mi ritrovai davanti un orso che mi sorrideva felice.

< Emmett! >
< Bella. > Mi rispose lui facendomi l’occhiolino e abbracciandomi.
Dietro di lui intravidi Alice, vestita carina, anche se a lei, data la sua bellezza, sarebbe stato bene anche un sacco di patate. Li feci accomodare.
Charlie, che adorava Alice, si illuminò: < Ciao Emmett. Alice, tesoro. Come sono contento di vederti! > < Anche per me è un piacere. Come stai? >
< Benissimo. E tu? > < Magnificamente. Scusa ma siamo venuti per rapirti Bella. Spero che non ti dispiaccia! > < Riportamela dopo però! Finché posso stare con lei, vorrei approfittarne. > < Va bene. Bella, ceni da noi? Esme ha preparato apposta per te. >
La odiavo quando mi faceva quello sguardo implorante. Non era possibile deludere quel volto angelico, corrucciato in un’espressione di pura richiesta.
< Certo Alice. > Ecco avevo ceduto. Chissà cosa avesse in mente? Dato il risolino soffocato di Emmett e la gomitata che questo ricevette da parte di Edward, dovevo essermi ficcata in un brutto guaio. Cercai di tirarmi indietro sperando in Charlie: < Sempre che tu, papà, non voglia che resti qui a mangiare. Non voglio che tu ti senta solo. > < Non preoccuparti Bells, va da loro. Non vorrei che Esme si offendesse. E poi ti ho già obbligato a mangiare con me oggi, coinvolgendo persino il tuo fidanzato! Va e divertiti. >  Ma proprio non capiva? Ecco, mi sarebbe toccato sopportare Alice, che ormai era intenibile, per tutto il pomeriggio. Già tremavo.
Lei mi mise un braccio intorno le spalle e cominciò a parlare di merletti!!!
Rassegnata, presi Edward per mano e salutai Charlie. Uscii e salii sulla porche di Alice. Mio padre, quando la vide esclamò: < Che macchina! Complimenti Alice! > < Bella vero? È un regalo di Edward. Mi doveva qualche favore … >
Mio padre osservò Edward in un modo strano. Lui, che probabilmente aveva letto i suoi pensieri, disse sconsolato: < Io vorrei regalarne una a Isabella ma lei … > Fece un espressione falsamente sconvolta e proseguii: < Lei si agita ogni volta che le faccio un regalo. Sapesse che fatica farle accettare quei ciondoli. > < Edward! E poi io adoro il mio Pick Up. È un regalo del mio papà! >
Sapevo di aver fatto felice Charlie con quella frase. Lui infatti mi guardò pieno di orgoglio.
< E comunque caro mio, il tuo CD lo adoro, lo sai. Da tante volte l’ho sentito, ormai si sta rovinando! > < Questo vuol dire che te ne farò un altro. > Sembrava soddisfatto.
Saliti in auto, Alice cominciò a tartassarmi con una miriade di domande. Io mi aggrappai alle spalle di Edward e gli baciai il collo.
< Bella! Insomma, ti sto parlando di una cosa fondamentale e tu non mi presti la minima attenzione? Così mi offendi. > < E dai, Alice. Tanto dopo mi rapirai. Finché posso, lascia che mi coccoli Edward. > < Sì Alice, lascia che mi coccoli! Dopo potrai giocare alle bambole viventi. >

Edward venne colpito in testa da una guida stradale. Povero amore mio. Ultimamente era diventato un bersaglio. Beh, ripensando al fatto che mi avesse visto nuda, devo dire che a volte se lo meritava.
Arrivati a casa Cullen mi sentii mancare.
< Alice, ma cosa ... > < Hai visto Bella? Non lo trovi fantastico? > Era fuori di testa?
Edward scosse sconsolato la testa e mi strinse la mano. Io osservavo sbigottita il giardino della villa.
Emmett mi guardava e se la rideva.
La cerimonia avrebbe dovuto avere luogo nel giardino, che assomigliava di più a un parco, dei Cullen. Alice aveva previsto una settimana tranquilla, dal punto di vista meteorologico per lo meno.
Niente pioggia ma un bel cielo nuvoloso. Sì, lo so. È strano definire un cielo nuvoloso bello, ma nel mio caso era il tempo migliore che potessi desiderare.
Quel pomeriggio però, il giardino dei Cullen pareva un campo di battaglia, molto simile alla camera di Alice l’ultima volta che ci ero stata. Anzi, ad essere sincera, sembrava la trasposizione in gigantesco della sua stanza.
Esme mi venne incontro e mi abbracciò affettuosa. Carlisle mi baciò la fronte poi aggiunse: < Mi spiace, siamo proprio un fallimento. Non riusciamo mai a tenere a bada il suo entusiasmo >.
Mi fecero strada tra i fiori che riempivano vasi su vasi. Intravidi, nella parte del giardino che si trovava vicino al fiume, una serie di tavoli e di sedie di legno. Ma quante erano? Mi venne male alla pancia e mi pentii di non aver letto e fatto valere il mio diritto di veto sulla lista di invitati compilata da quella fuori di testa di Alice.
Non so come,raggiungemmo il portico e l’ingresso. Salii quei cinque dannatissimi gradini ed entrai.
Non feci a tempo a mettere il piede oltre la soglia che Alice mi prese per mano e mi condusse in cucina. Strana ed insolita destinazione in quella casa. Mi venne in mente il mio diciottesimo, dove Carlisle mi ricucì il braccio, e il giorno in cui tornammo dalla città bellissima e terrificante dei Volturi. Decisamente delle strane situazioni. Feci appena in tempo ad intravedere la sala, e mi parve molto diversa da come me la ricordavo.

Nella cucina mi aspettava una giovane donna dai capelli ricci tinti di viola. Alta più o meno come me, con degli stivali marroni, dei jeans, una camicetta di colore violetto. Indossava un braccialetto e una collanina. Entrambi erano formati da dei ciondoli abbinati e da dei laccetti, anch’essi viola.
Era molto carina. La prima cosa che feci fu di osservare Edward, e lo stesso fece lei!
Lui guardava me, per fortuna.
La ragazza ci si avvicinò e Alice ci presentò:
< Edward, Bella, lei è la responsabile del
catering, Laura. Laura, questi sono mio fratello Edward e la sua fidanzata. >
< Piacere! > Disse lei tutta entusiasta mentre ci stringeva la mano, particolarmente quando strinse quella di Edward. Sentii la rabbia invadermi, soprattutto quando lui le sorrise e lei parve svenire sul posto per la felicità. Io, dal canto mio, afferrai la mano di Edward e la strinsi con quanta forza avevo in corpo.
Lui mi osservò per un istante e chinò il capo per baciarmi la guancia. Mi cinse il bacino con un braccio e respirò il mio profumo. Mi parve di sentirlo ridere e sussurrare: < Adorabile quando sei gelosa … > poi mi baciò la mano ed uscì, per raggiungere Emmett che, non appena potè, gli diede un finto pugno sul braccio e gli sussurrò qualcosa che non riuscii a capire. Vidi solo Edward sorridere tutto imbambolato e poi cercare di tirargli uno schiaffetto dietro la nuca.
La Ragazza davanti a noi sospirò e poi parve animarsi di nuova vita. Mi afferrò una mano e mi trascinò, saltellando, fino al tavolo stracolmo di fogli. Mi mostrò una serie di foto in cui venivano ritratti decine di bouquet. Poi passammo al menù.
Non credevo che  i miei numerosissimi invitati sarebbero riusciti a mangiare tutta quella roba. Laura sembrava entusiasta almeno quanto Alice. Appena potei, non poco tempo dopo, sgusciai via da quella gabbia di matte, approfittando di un temporaneo abbassamento della guardia. Quando fui sulla soglia, mi voltai e vidi quelle due pazze furiose che, tutte contente, decidevano il colore della carta igienica nei bagni. La scelta sembrava vertere sull’azzurro cielo terso d’estate a Miami. Era fondamentale che il colore fosse coordinato alle saponette. Volevo scappare. Il colore viola dei capelli della signorina del catering si mescolava al nero dei corti e spettinati capelli di Alice tanto quelle due erano chine sui fogli sul tavolo. Sentivo le loro gridolina eccitate che riempivano la stanza.
Ne ero certa, Alice con quella Laura ci andava d’accordo perché erano pazze furiose tutte e due. Quando ormai ero quasi riuscita a scappare, Alice, con un gesto fulmineo, si voltò e mi trafisse con lo sguardo.
< Bella. > il tono della sua voce mi fece tremare. < Bella, vieni. > Mi prese per mano e mi portò in camera sua, seguita a ruota da quella nuvola di capelli viola.
Appena entrate, ci chiuse l’entrata alle spalle, poggiando la schiena sulla porta e tenendo le mani salde sulla maniglia. Lo sguardo era degno di un film del terrore. Voleva mangiarmi?
L’altra ragazza era in piedi davanti alla porta del bagno. Mi diedi un’occhiata in giro e realizzai che non c’erano vie di fuga. Forse avrei potuto tentare il lancio dalla finestra, di sicuro Edward mi avrebbe salvata nonostante l’altezza, ma non mi sembrava molto corretto nei confronti della povera Esme, che si era impegnata tanto per ristrutturare la casa.
Sconsolata, osservai il vampiro e chiesi, con la voce più tranquilla che riuscissi a fare: < Allora Alice, cosa siamo venute a fare qui? > < Dobbiamo provare l’abito! >
Oh, certo. Come avevo fatto a non pensarci!!! E mi obbligava pure a provarlo davanti a una sconosciuta invasata almeno quanto lei! Non potei evitarmi la terribile prova.

Mi tolsi i Jeans e la maglia. Quelle due non erano proprio le persone davanti a cui rimanere in biancheria intima rientrava nella categoria:  desideri reconditi.
Alice mi fece salire in piedi su uno sgabello e mi infilò quel dannatissimo vestito.
Mi riempì di aghi con cui fissava i lembi di tessuto. Per più di due ore dovetti rimanere in piedi vittima delle grinfie di due esaltate fanatiche del matrimonio. Annegando in un mare di pizzo e laccetti. Poi un addetto del catering chiamò la signorina con cui Alice andava tanto d’accordo. Era ora di andare. Quella ci saluto e si congedò dicendomi: < Sei una sposa bellissima e fortunata. Lui ti ama molto.> Ringraziai sorridendo e annuendo. Alice nel frattempo, con un sacco di spilli stretti tra le labbra, mi sistemò la vita e poi mi rimproverò: < Sei dimagrita. Dovrò sistemare in questo punto! > < Alice, perché ti preoccupi del vestito e non di me? E comunque in questi giorni ho dovuto giocare alla trottola. Mangio poco e male! > < E questo non va bene! > < Uffa. Sembri mia madre. > < A proposito, ha chiamato Reneè. Voleva chiedermi che regalo di nozze desideraste tu ed Edward. Le ho detto che vi andrebbe bene qualcosa di carino, pensavo a un bel corredo per la camera da letto … > < Alice!!! Ma è così all’antica. > < E dai, Isabella! Fallo per Edward. Lui ci terrebbe tanto! > < Lo so cosa pensi, ma a volte mi piacerebbe che facessi qualcosa anche pensando a me. Tu hai in mente solo la felicità di tuo fratello. Il vestito come piacerebbe ad Edward, la cerimonia come piacerebbe ad Edward, i capelli come piacerebbero ad Edward … Basta! Non ce la faccio più. Io volevo una cosa tranquilla. Io volevo scappare a Las Vegas! Anzi, io non volevo proprio farlo!!! > Scoppiai in lacrime portandomi le mani al volto. Cercando di scendere dallo sgabello caddi e mi feci male. Il tutto fu accompagnato dal suono cristallino di centinaia di spilli che cadevano a terra. Alice mi bloccò stringendomi in un abbraccio.  Cercai di divincolarmi ma fallii. Mi accasciai stanca tra le sue braccia gelide.
Sentii, tra i singhiozzi, Edward bussare alla porta e chiedere di entrare.
< No Edward. Rimani fuori. Non è successo niente. È solo esausta.
Credo di aver esagerato un po’. > < Alice, ti uccido. > < Uffa, non fare l’antipatico. Ora te la mando fuori. Aspetta che le tolgo il vestito. > < Non sono un pacco CAZZO! > Alice indietreggiò di fronte alla mia imprecazione. Mi accorsi che era in una posizione tale che le mie lacrime cadessero sulla sua maglietta e non sul mio abito da sposa. Quando me ne accorsi, cercai di togliermelo. Lei però fu veloce e me lo sfilò prima che potessi fare danni. Mi slacciò il corpetto e mi ridiede i miei vestiti.
Me li infilai in tutta fretta e poi mi fiondai fuori dalla stanza,tra le braccia del mio fidanzato. Lui mi prese in braccio e mi asciugò le lacrime con i suoi baci.
Mi portò in camera sua e mi fece sdraiare sul nostro letto. Posando le mani gelate sul mio ventre mi disse: < Ti sei ferita con gli spilli. > Con le dita seguiva i segni rossi lasciati da una decina di spilli che mi avevano graffiata quando ero caduta. Mi disinfettò i tagli con un batuffolo di cotone imbevuto di acqua ossigenata. Poi mi sfilò i pantaloni e mi massaggiò un grosso livido viola sotto il ginocchio destro. Mentre le sue mani si muovevano veloci, lui mi baciava la pancia. Smisi di piangere e dissi: < Mi dispiace. Non avrei dovuto gridare dietro ad Alice in quel modo. L’avrò offesa. > < Ma no, si è accorta anche lei di averti stressata un po’ troppo. E comunque, hai ragione tu. Non devi preoccuparti. Parlerò io con Alice. A me va bene qualsiasi cosa piaccia a te. Non mi importa se lo stile è quello degli anni venti o quello del 2008. L'importante e che a te faccia piaecere ... >
Detto questo si alzò e fece partire lo stereo. La mia ninnananna riempì l’aria, amplificata dai drappi alle pareti. Dovresti riposare. Non sembra ma sei rimasta quasi cinque ore in balia di due furie della natura! Però, prima mangiami qualcosa … >
Chiusi gli occhi e mi girai sul fianco.  
< Tutto a posto? > < Mhh, cosa c’è per cena? >
< Ti amo … > < Non sai quanto mi piacerebbe vivere di solo amore. Peccato che non si possa. >
< Vale lo stesso per me. Comunque, ti avrei preparato una bistecca e delle patate. Hai bisogno di cibo sostanzioso … >
< Grazie. > < Ma di che? Te lo porto in camera? > < Va bene. Sei riuscito a risolvere tutto, con quello che hai mangiato a casa mia? > < Nessun problema. >
Si chinò e mi baciò sulle labbra. Io mi lasciai accarezzare e coccolare per qualche minuto, poi, quando lui si allontanò da me ed andò in cucina, io mi avvolsi nella coperta.

Ero stanca e dispiaciuta per Alice. Chiusi gli occhi pensando all’abito.
Non passarono che pochi secondi, o così per lo meno mi parve, che delle dita gelate mi carezzarono la fronte e il dorso della mano.
Sentii che qualcuno mi stava rimboccando le coperte. Socchiusi gli occhi e la voce di Edward, appena sussurrata, mi risvegliò dal dormiveglia. < Sei sveglia? >
< Sì … > Biascicai io. Mi voltai e lo abbracciai cingendogli le spalle.
Con le dita tracciai il profilo delle sue labbra e poi gli sfiorai le occhiaie violacee, simili ad ustioni.
Lui mi afferrò con delicatezza il polso e portò la mano un po’ più in basso, di modo da riuscire a sfiorare con le labbra la punta delle mie dita.
Appena mi lasciò andare il polso, gli carezzai la guancia e mi portai a sedere e lo baciai con delicatezza.
< Amore, non cercare di corrompermi. > < Uffa! Non mi lasci neanche tentare? > < Se proprio ci tieni, ma sappi che sarebbero energie sprecate. >
Scossi la testa esasperata ed alzai gli occhi al cielo. Quando osservai il ben più bel volto di Edward, notai che mi osservava con lo stesso sguardo rapito di quel pomeriggio.
Fuori era già scuro e la stanza era illuminata da una luce fioca.
Su un vassoio d’argento cesellato, Edward aveva poggiato dei piatti, un bicchiere una brocca e un candelabro. Le candele emanavano una luce fioca che danzava veloce sulla pelle diafana del volto del mio Amore. Le ombre si rincorrevano sulle pareti in un gioco infinito.
Lui mi sistemò il vassoio sulle gambe e mi osservò mentre, lentamente, mangiavo quello che aveva preparato per me. Quando una ciocca di capelli mi cadde sulla fronte, lui, con un gesto fulmineo, me la portò dietro l’orecchio.
< Mi mancherà troppo tutto questo. Non posso perdermene neanche un secondo. E non posso permettere che non riesca a vedere il tuo volto. >
Gli sorrisi come un ebete. Quando mi parlava in quel modo non riuscivo proprio a rimanere lucida.
Bevvi tutto d’un sorso il bicchiere d’acqua e poi finii le patate e la bistecca.
< So che non è una cena molto elaborata, ma spero tu l’abbia gradita ugualmente. >
Per tutta risposta poggiai il vassoio sul comodino e mi accoccolai vicino a lui, stretta tra le sue braccia. Cullata dalle sue mani, sprofondai in uno stato di semiincoscenza. Percepii chiaramente le sue dita infilarsi sotto la mia maglietta per accarezzarmi la pelle nuda della schiena. Il suo respiro sul mio collo mi inebriava e tranquillizzava allo stesso tempo. La musica ormai era finita e nella stanza regnava il silenzio, interroto dal battito ritmato del mio cuore e dal mio respiro regolare.
Mi accorsi che mi stata coprendo con la coperta. Non reagii e mi lasciai spostare. Mi mise la testa sul cuscino e mi rimboccò le lenzuola. Non protestai, sebbene avessi ancora indosso i vestiti usati durante il giorno. Prima di addormentarmi, mi godetti il tocco leggero delle dita di Edward sulle mie labbra. Prima di addormentarmi lo udii sussurrarmi: < Dormi serena. Domani sarà una giornatina pesante … > Sorrisi e mi strinsi un po’ più a lui. Ormai stavo già dormendo, ma riuscii a sentirlo intonare la mia ninnananna.

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Capitolo 11
*** Lividi ***


Ahhh grazie per le vostre recensioni! Eh Eh, Bella ha avuto una piccola crisi isterica … Capita a tutti no? Povera … Per il futuro, chissà?Sono davvero contenta che il capitolo scorso vi sia piaciuto!!! E che sia piaciuto a freedom, giulia9_91,Hele91 tanto da inserire la mia storia tra i loro preferiti!!! Grazie Hele91, KiraraMiranda, yuyutiamo, HopeToSave, Princesseelisil, Clhoe, algin91, hachicat, BellaSwan95, sophie_95, PenPen,giulia9_91.
 Scusate se sono così breve ma ho visto che è uscito l’ultimo capito di FMA!!! In assoluto il mio manga preferito!!! Corro a leggerlo!!!! Correzione, sono appena andata a leggerlo!!! Oh mamma mia!!! Favoloso! Se volete che vi consigli un bel manga, leggete FMA!!!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Mi è venuto in mente mentre ero al telefono quindi … vabbè, lascio a voi il giudizio. Thanks!!!

 

 

 Improvvisamente mi svegliai. Non ricordavo cosa avessi sognato ma sentivo il sudore gelido sulla mia pelle. Senza aprire gli occhi, allungai la mano alla ricerca del corpo duro e freddo di Edward. Le mie dita si sporsero fino al bordo del letto. Quando mi accorsi che non c’era scivolai giù dal letto e osservai la stanza. Le candele si erano spente e tutto era avvolto dall’oscurità. Intravidi un completino ai piedi del letto. Mi spogliai e me lo infilai, dopo essere andata in bagno a darmi una sciacquata. Socchiusi piano la porta da cui filtrava un sottilissimo fascio di luce.
Quando fui nel corridoio, mi accorsi che la luce proveniva dal piano di sotto.
Scesi lentamente le scale che però scricchiolarono sotto i miei piedi nudi.
Quando arrivai ai piedi della scalinata, vidi Edward seduto al suo pianoforte. Dietro di lui Esme e Rosalie stavano discutendo mentre Alice e Jasper stavano seduti sul divano. Lui la cingeva con un braccio e lui appoggiava la sua testa sulla sua scapola.
Non li avevo  mai visti in quella situazione. Sapevo che Jasper l’adorava ma il loro era un rapporto estremamente riservato.
Pensavo che non mi avessero sentito, o forse me ne illudevo. Mi dispiaceva turbare quella pace.

< Bella, Amore, vieni. Cosa ci fai lì sulle scale? >
< Oh, scusa Edward. Non volevo disturbarvi. >
< Ma cosa dici? Vieni e sta tranquilla. >
Mi fece segno di sedermi sulle sue gambe e così feci. Mi teneva fra le braccia come fossi una bambina. Talvolta era lui stesso a dirmi: < Tu sei la mia bimba. >
Io di solito annuivo. Quando pensavo agli anni che ci separavano, mi sentivo male.
Quella volta rimasi alcuni minuti a farmi coccolare. Adoravo sentire le sue dita scorrere veloci e leggere tra i miei capelli.
Le sue labbra si appoggiarono sulla mia fronte.
< Bella, credo che tu abbia bisogno di dormire un altro po’. È molto tardi …  Anzi, è così presto. Sei così stanca. >

Quelle parole mi risvegliarono:
< O no Edward, che ore sono? Devo tornare a casa da Charlie. Mi starà aspettando! >
< Sht, non preoccuparti. Charlie l’ho chiamato prima. Sa che sei qui. Gli ho detto che ti eri addormentata. Mi ha avvertito di controllare che fossi ben coperta. >
Mi sorrise tentando di annientare ogni mio briciolo di ribellione. Io però non cedetti e gli dissi:
< Edward, voglio tornare a casa mia! >
Cominciò a cullarmi tra le sue braccia e mi sussurrò: < Fra quattro giorni soltanto, questa sarà anche casa tua. Non sei contenta? >  Annuii ma insistetti: < Sì che sono contenta, ma adesso voglio tornare da Charlie. Per favore, riportami a casa o ci vado da sola, rischiando di fare un incidente con la tua volvo adorata. > < Guarda che te la faccio ricomprare se me la sfasci! > mi rispose lui ridendo. Io gli baciai la guancia e sentii la sua mano scorrermi sui capelli e poi scendere sul mio collo.
< Dimmi una cosa, Amore. Hai intenzione di andarci così da tuo padre? Va bene che ci stiamo per sposare, ma credo che non gli si possa chiedere di sopportare anche questo. Non hai neanche idea di quanto si stia sforzando di non spararmi alle spalle … >
Lo guardai un po’ rincoglionita poi lui, con il sorriso più dolce del mondo, cominciò a giocherellare con il lembo della mia maglietta, sollevandola fino a lasciare scoperto l’ombelico.

In quel momento osservai ciò che avevo indossato:
Un paio di culotte nere e una camicetta semitrasparente nera anch’essa. Arrossii e poi lo guardai.
< Perché non ti piace forse? > Chiesi maliziosa.                                                       
< Altrochè! Mi piaci eccome … > Mentre mi sussurrava queste parole mi fece sedere a cavalcioni sulle sue gambe. La mia pancia poggiava sulla sua e io avevo posato la mia testa sulla sua spalla. Le mie gambe erano allacciate alle sue.
Rimanemmo in quella posizione per alcuni minuti.
Esme e Rosalie si erano spostate a parlare in cucina mentre Alice e Jasper se ne erano andati in giardino.
< Dico sul serio Edward. Vorrei tornare da mio padre. >
< Come desideri. > Mi prese in braccio e mi portò in camera. Mi infilai una tuta e delle scarpe mentre Edward mi aspettava paziente, osservandomi. Quando fui pronta esclamò:
< Guarda che è piuttosto tardi. Sarà meglio non svegliarlo. Sono circa le 4 … >
< Sì, credo anch’io. > < Bene, vuoi che rimanga? > < E me lo domandi? Certo che voglio che tu rimanga! > < Quando vuoi, ciò che vuoi. > Quella era in assoluto la mia frase preferita. No anzi, la mia frase preferita era “Ti amo”. Quella era la seconda.
Salutai Esme, che mi abbracciò, e Rosalie che, stranamente, mi rivolse un sorriso abbozzato e poi tornò a ravvivarsi i capelli specchiandosi nel vetro del forno a microonde. Era proprio Rosalie!
Edward mi aprì la porta d’ingresso sospirando esasperato. Inizialmente non capii poi vidi Alice e Jasper seduti sotto il porticato. Lui la teneva tra le braccia, le carezzava i capelli e le baciava labbra. Quello era un bacio adulto, tanto diverso da quelli che ci scambiavamo io ed Edward. Le loro lingue si incontravano e non avevano paura. Niente impediva loro di lasciare libero il loro amore. Mi si strinse lo stomaco. Alice tratteneva Jasper con le sue dita avvinghiate ai capelli di lui. Jasper, dal canto suo, la teneva stretta a se. Adesso le accarezzava le gambe perfette lasciate libere dalla gonna cortissima. Le loro labbra non si staccavano mai.
Io abbassai lo sguardo e mi fissai le scarpe. Edward, che mi teneva per mano, mi guidò fino alla macchina. Io mi accomodai sui sedili posteriori. Percepii lo sguardo di Edward fisso su di me. Era un po’ stupito. Lo vidi alzare impercettibilmente le spalle vidi anche le sue labbra dischiudersi. Disse qualcosa che però io non fui in grado di cogliere. Mi accoccolai lungo il sedile e chiusi gli occhi. Pochi istanti dopo, le mani veloci e delicate di Edward mi posarono la sua giacca sul corpo.
Il suo profumo mi invase e mi tranquillizzò.
Non mi accorsi neanche che l’auto si era fermata.
Non eravamo vicino a casa mia. Era passato troppo poco tempo. Anche se Edward avesse corso come un matto non avremmo potuto impiegarci così poco. Quando socchiusi gli occhi, capii che ci trovavamo al limitare della foresta.
L’abitacolo era illuminato da una fioca luce di cortesia.
Edward, che era ancora seduto al posto del guidatore, era girato completamente verso di me. Mi stava osservando e nel suo sguardo intravidi frustrazione e paura.
< Edward? Tutto bene? >
< … >
< Edward, per favore, dimmi. Cosa c’è che non va? >
< Amore, ritorna a dormire. >
< E come faccio se so che tu mi guardi così? >
Mi sfiorò con le sue dita gelide. < Bella, non so dove troverò la forza … >
Poggiai la mia mano sopra la sua e con l’altra gli accarezzare la fronte e i capelli.
Lui chiuse gli occhi e afferrò il mio polso. Respirò a fondo il mio odore e mi strinse con forza. Talmente forte da farmi male, per la prima volta.
Non feci niente finché non sentii male davvero. Cercai di divincolarmi dalla sua presa inutilmente.
Lui sembrava totalmente perso nei suoi pensieri. Non si era neanche accorto dei miei sforzi per liberarmi.

< Edward! LASCIAMI! > Gridai ad un certo punto. Lui parve risvegliarsi e mi osservò.
Delle piccole lacrime sgorgavano dagli angoli  dei miei occhi.
Quando si rese conto di starmi stringendo il braccio con forza, me lo lasciò andare.
Io me lo portai al petto e lo nascosi con l’altro. Lui mi guardava allibito.
Protrasse una mano verso di me ed io arretrai involontariamente. Sul volto di Edward comparvero e svanirono in un solo istante centinaia di emozioni. Dall’incredulità alla paura, dalla rabbia all’odio. La frustrazione, la paura, la rassegnazione.
< Scusa Bella, non volevo. Ero soprappensiero. Davvero … Fammi vedere. >
Mi sorrideva rassicurante. Io gli porsi il braccio, tremante.
Lui me lo prese con delicatezza e mi baciò il dorso della mano, poi, molto lentamente, mi sollevò la manica fino alla spalla.

Un grosso livido viola, calco perfetto della mano di Edward, si distingueva perfettamente sulla mia pelle pallidissima.
Inghiotti la saliva e rimasi in silenzio. Edward mi fissava il braccio, allibito.
Cercai di staccarmi dalla sua presa ma non ci riuscii.
< Edward, non è successo niente. Lasciami andare il braccio, per favore. >
Non appena pronunciai quelle parole, Lui mi lasciò andare la mano.
< Scusa, non volevo. Mi dispiace … >
< No, non preoccuparti. Non è successo niente. Sta tranquillo. Torniamo a casa? >
Cercavo di mantenere un tono di voce allegro, o per lo meno normale, e invece la mia voce tremava. Lui se ne accorse. Sembrava sconvolto.

< Bella, credo che stiamo commettendo uno sbaglio. >
< Come scusa? > < Bella, ho visto come guardavi Alice e Jasper. Ti ho letto negli occhi ciò che non posso leggere nella tua mente. Io non potrò mai darti ciò che desideri, non potrò farti felice finché sarai ancora così. Per farlo dovrei darti la … morte … > La sua voce s’incrinò.
< Edward, su quello mi pareva non ci fosse più niente da discutere. >
< Bella, ti prego. Ora devi ascoltarmi. Non sarebbe giusto. Ho cercato di convincermi in tutti questi giorni. Tu però meriti di più. Questa vita non fa per te. >
< Edward, sono stanca. Non ho voglia di certi scherzi a quest’ora. Ora portami a casa. >
< Sì, credo sia la scelta migliore. > < Edward, tu non puoi farmi questo. Non te lo permetterei. >
< Tu sei troppo piccola. Non capisci. > < Piccola! Come scusa? Forse sei tu che sei troppo vecchi … > Ecco, avevo sbagliato. Mi ero fatta trascinare. Era colpa della stanchezza. Della paura …

Lui mi osservò e sospirò:  < Vedi, lo dici anche tu … > < No Edward, no. Tu lo sai cosa intendevo. Non cercare di girare la storia  a tuo favore! Per favore! > Ero arrabbiata e terrorizzata. Non mi poteva lasciare. Non perché mi avrebbe lasciata praticamente sull’altare, a 4 giorni dal matrimonio, ma perché non poteva farmi questo. Cominciai a battere il pugno del braccio sano contro lo schienale del suo sedile. < Stai zitto. Stai zitto. Non voglio neanche stare a sentire tutte queste cavolate. Io ti amo, io ti voglio. Quante volte te lo devo dire? >
< Isabella! Potrei ucciderti anche solo provando a fare un quinto di quello che stavano facendo prima Alice e Jasper. Figurati a darti quello che vuoi? Tu non riesci a capire! Tu non puoi capire come mi senta! Potrei ucciderti anche solo dimenticando per un attimo di moderare la mia forza! > Urlava. Era arrabbiato e io ero terrorizzata. Non lo avevo mai visto in quello stato.
Avevo paura, ma non che mi ferisse o mi facesse del male. Ciò di cui avevo paura era qualcosa di ben perggiore: temevo che potesse lasciarmi di nuovo. Io ero rannicchiata in un angolo, in lacrime. Edward si voltò  e ricominciò a guidare. In poco più di tre minuti arrivammo a casa di Charlie.
 < Bella, ascoltami … > < No, non ti voglio ascoltare. Tu non sai, TU NON SAI! Non sai cosa è stato per me vivere senza di te. Tu non c’eri in quei mesi. Non hai neanche idea. Non potrei mai riaffrontare tutto di nuovo. Questa volta morirei! > Così dicendo aprii la portiera ed uscii nell’aria fredda della notte. Lui mi osservava da dentro  l’auto. Non riuscivo a decifrare la sua espressione. Forse era colpa dei goccioloni che mi inondavano il volto.
< Bella, ascolta … > < No! > Gli urlai dietro. < No che non ti ascolto. >
Mi sbattei la portiera alle spalle. Corsi verso casa piangendo. Con parecchi sforzi riuscii ad aprire la porta d’ingresso. Non mi ero accorta che la luce della camera di Charlie si fosse accesa.
Quando entrai in casa lo trovai ad attendermi, in pigiama e preoccupato, in cima alle scale. Io cercai di riacquistare un po’ di contegno. Fallii miseramente lui mi venne incontro mezzo addormentato e io mi tuffai nelle sue braccia. Sentimmo la volvo ripartire e allontanarsi. Cominciai a singhiozzare.
Charlie mi accarezzava la schiena. Improvvisamente si bloccò. Lo sentii irrigidirsi.

Di rimando mi irrigidii anch’io. Smisi di singhiozzare e alzai lo sguardo fino a incontrare i suoi occhi. Lui però non osservava i miei. Charlie teneva il suo sguardo fisso sul mio braccio, con la manica alzata.
Visto alla luce, il livido sembrava ancora più grande di quanto non mi fosse sembrato in macchina.
Si vedeva perfettamente che il segno era stato provocato da una mano.
< Bella, tesoro. > La sua voce era sconvolta e scandalizzata: < Bella, cos’è quel livido? ti ha picchiata? >
< No! > < Bella, dimmi la verità! > Mi afferrò per le spalle.  < No Papà, nessuno mi ha picchiata! Non preoccuparti. Sono solo caduta! > < Bella, sono un poliziotto. Sai quanta violenza vedo? Lo sai che la maggior parte avviene in famiglia? Non ti permetterò mai di sposare un uomo che ti maltratta. Un uomo che ti picchia. Io lo uccido! > < Papà, piantala. Non è successo niente! > < E allora perché stavate litigando in auto? E che motivo c’è di portarti a casa a quest’ora della notte? Perché avete litigato? Perché hai questo livido sul braccio?  >  Io non risposi. Corsi su per le scale e mi chiusi in camera mia. Mi accasciai contro la porta mentre  mio padre, da fuori, batteva i pugni e mi chiedeva di farlo entrare, minacciando di chiamare i Cullen. Non risposi e ricominciai a piangere. Sentivo che la ferita nel petto si sarebbe riaperta, solo che questa volta non sarei sopravvissuta.
Rimasi immobile finché mio padre non smise di battere i pugni sulla porta. Era sceso in soggiorno. Pregai che non telefonasse a Carlisle.

Ero molto stanca e molto agitata. Avevo paura. In quei giorni tra l’altro ero già irritabile di mio, avevo ancora le mestruazioni e quindi ero estremamente irritabile. Poi ci si era messa Alice e il suo irrefrenabile entusiasmo …  Insomma, cosa potevo fare?
Ritornando con la mente al passato, forse avrei compiuto scelte diverse però, si dice che si debba fare ciò che appare più opportuno nel momento in cui lo si vive. È inutile pensare a cosa sarebbe3 potuto accadere se si avessero preso strade diverse …
Alla fine crollai addormentata. Mi ero chiusa dentro a chiave.
Sognai Edward che si allontanava. Mi lasciava sola nella radura e raggiungeva gli altri suoi familiari che intravedevo negli alberi del bosco. Io non riuscivo ad alzarmi. Protendevo muta le braccia verso di lui che però non mi guardava neanche. Quando ormai era al limitare del bosco, sii voltò nella mia direzione. Distrutta dal suo sguardo, scoppiai a piangere. Mi svegliai e mi accorsi che stavo piangendo davvero. Affondai la testa nel cuscino. Cuscino? Sì, ero nel mio letto. Mi accorsi che era mattina. Era chiaro fuori. Mi asciugai le lacrime con la manica della felpa e mi rigirai nel letto. Pensai che fosse stato mio padre ad avermi messo a letto, poi ricordai che mi ero chiusa dentro a chiave e che lui non ne aveva una copia. Rimasi immobile in attesa di udire un qualsiasi suono che mi avvisasse della presenza di qualcun altro nella stanza.
Silenzio. Assordante e terrificante.
Alzai la testa e vidi che la finestra era chiusa. Sospirai.

< Tutto a posto? >
Balzai a sedere di colpo e caddi dal letto per lo spavento. Tre istanti dopo le braccia di Edward mi cinsero i fianchi e mi rimisero tra le coperte.

< Come ti senti? > Mi chiese con la sua voce vellutata. Io non risposi. Mi fissavo le mani.
< Ti fa male il braccio? >
< No, non preoccuparti. Tutto a posto. E tu? >  Domandai fissando decisa da un’altra parte. Ero amareggiata, adirata e disperata contemporaneamente. Troppe emozioni in una volta sola.
Lo intravidi sorridere malinconico.
< Ho parlato con Carlisle ed Alice. Dicono che mi faccio troppi problemi. >
< Ah davvero? > Risposi acida.
< Bella … > Mi voltai e vidi il suo volto a pochi centimetri dal mio. Il suo respiro gelato mi accarezzava i capelli. Mi fece sdraiare e poi mi si accovacciò accanto, poggiando la testa sul mio ventre. La sua mano scivolò fin sul mio cuore. Rimaneva in silenzio ad ascoltarlo battere disperato.

< Charlie ha chiamato questa mattina Carlisle. >
< Da quanto sei qui? > Chiesi all’improvviso.
< da ieri sera. Sono entrato appena ti sei addormentata. >
< Avresti potuto venire prima. Mi hai fatto sentire così sola! >
< Scusa, avevo bisogno di tempo di riflettere… >
< E quindi? >
< Beh, credo che non ci sia niente da aggiungere. > Così dicendo mi strinse a se e portò la mia testa sotto la sua. Le mie labbra erano a contatto con il suo collo. Lo baciai.

< Bella … >
< Sì? >
< Scusami. > < No. > Sentii il suo corpo irrigidirsi e la sua stretta farsi più forte. Poggiò il suo naso tra i miei capelli e sospirò.
< No, non ti perdono per avermi fatto spaventare. Non puoi comportarti in questo modo! Mi fai sempre preoccupare da morire! Non puoi dirmi certe
cose e poi andartene. >
Stavo piangendo.
< Perdonami. Perdonami davvero. Sai che non ti potrei mai lasciare. Ma, renditi conto. Se solo avessi potuto darti una vita normale! Se solo avessimo potuto essere felici come chiunque altro. >
< Tu però lo sai. Lo sai che a me basta stare con te per essere felice! Te e nient’altro. >
< Ti amo. > < Senti, che cosa ha detto Charlie a Carlisle? > < Ma, direi che gli ha chiesto cosa diavolo ti avessi fatto. Carlisle però è riuscito a calmarlo. Credo che si sia inventato uno stupido litigio prematrimonio. > < è forse stato qualcosa di diverso? > < No, credo sia stato uno stupido litigio dettato dall’ansia Per spiegargli il livido, Carlisle si è inventato una caduta. Ti avrebbe afferrato Emmett, che non controllerebbe bene la sua forza. Ha detto che sicuramente anche tu avevi tirato in ballo un volo giù dalle scale. >  < Carlisle è davvero in gamba. > < Sì. > < Gli devo un favore. > < Perché? > Mi chiese lui, continuando ad accarezzarmi.
< Perché ti ha fatto ragionare. > < Sì beh, non credo sarei riuscito a starti lontano per più di mezza giornata. Già quando vado a caccia non so come  faccio. Ho sempre il terrore che tu ti faccia male. Certo che se poi a farti male sono io … > < Edward, Piantala! Non dirlo neanche. Non mi sono fatta niente! > Per dimostrarglielo alzai il braccio e glie lo misi davanti agli occhi. Si vedeva il livido ma non mi faceva male.. ero abituata a cose ben peggiori, e glie lo ricordai.
Lui mi fissò per un istante interminabile e poi mi baciò il braccio in corrispondenza dei segni.
Il freddo gelido trasmesso dalle sue labbra mi fece sussultare. lui mi avvolse nella coperta e mi riempì il volto di carezze.
< Amore, credo che tu debba scendere fra poco. Charlie ora è abbastanza tranquillo. >
< Va bene. Ci vediamo tra poco? > < Certo. Arriverò tra un venti minuti. Credi che vada bene? >
< Sì, credo che fra venti minuti andrà benissimo. > Le nostre labbra si sfiorarono e poi lui uscì dalla finestra. Con un salto aggraziato sparì inghiottito dagli alberi. Sospirai e mi alzai. Notai sul comodino una busta. Era sigillata con la cera. Il mio nome era scritto in inchiostro rosso, la calligrafia era quella aggraziata ed elegante di edward. Era stato scritto con la stilografica. La carta era pesante ed molto bella. Color pesca.
Aveva il suo profumo. La aprii e tirai fuori la lettera. Le uniche parole che riempivano il foglio erano: “Perdonami.

Ti amo e per questo temo di commettere errori.
Temo che tu possa un giorno pentirti.
Temo di poterti perdere. Ti amo così tanto … Ogni istante lontano da te è un’agonia.
Fremo nell’attesa di rivederti. Non farmi attendere troppo.
Ancora e per sempre, ti amo.”

< Stupido > Sussurrai stringendo la lettera al mio petto. Sempre tenendola tra le mani, aprii la porta e scesi le scale. Intravidi mio padre in fondo alle scale. Sembrava contrariato. Dovetti raggiungere il salotto per capirne il motivo. Poi lo capii, lo capii eccome.

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Capitolo 12
*** Rose rosse a colazione. Fiori bianchi in mano alla morte. ***


Salve!!! Visto che velocità!!! Dedico questo capitolo ad una persona dotata di un grande spirito persuasivo! Cara Clari, contenta?

 Grazie a PenPen (anche tu non scherzi con la velocità, commenti subito!!! Thanks ) , a sophie_95
( sono contenta che ti sia piaciuta la parte Alice\Jasper! ), a
algin91, Tatan,  alice brendon cullen, Hele91, BellaSwan95, giulia9_91, Clhoe, Pocia   e a Princesseelisil ( mhh, chissà chi -o cosa- sarà? Leggere per scoprire! ), a yuyutiamo ( ah ah, scusa, è il mio sadismo che prende il sopravvento!!! Ma poi come ti è andata storia? ). cara KiraraMiranda, non preoccuparti, leggi quando ha tempo e non scordare la fisica!!!
Grazie per i vostri bellissimi commenti!!! E grazie a doval79, a clodiina85, e a sophie_95 per aver inserito la storia tra i preferiti!!!
hachicat dice che sto lasciando intravedere il mio lato melodrammatico … immagino che non possa far morire qualcuno in questa fanfiction. Rischio di venir linciata? Spero di no! Anche perché non so ancora come andrà a finire. E questo è molto pericoloso …
Vabbè, vedrò di starmene buona buonina …
Buona lettura!!!

Ps: L’ultima parte l’ho scritta ascoltando ritorno di Giuseppe e sogno di Maria di quel genio che fu De André. Sì, lo so. Non è la canzone più adatta quando si scrive una storia di amore. Trovo però che in un certo senso sia perfetta. Provate ad ascoltarla se non la conoscete. È a dir poco fantastica!!!

 

Venni investita da un profumo buonissimo ma impossibile da identificare non appena scesi l’ultimo gradino.
Charlie, che mi aspettava ai piedi delle scale, mi indicò il salotto con l’indice. Non potei non notare quanto fosse adirato. Appena entrai in salotto non credetti ai miei occhi.

Non c’era neanche uno spazio vuoto.
Ovunque fiori. Fiori di pesco, d’arancio e dappertutto rose rosse. Saranno state centinaia.
Quel profumo era fortissimo, tanto da farmi quasi mancare il respiro.
Mio padre batteva il piede indignato.
< Isabella Marie Swan. Si può sapere a che gioco state giocando? Prima mi torni a casa in lacrime, con un livido gigantesco sul braccio. Ti rifiuti di parlarmi e ti chiudi in camera. Hai in mente cosa mi ha fatto passare questa notte? Credevo ti avesse fatto del male! Mi hai fatto preoccupare tantissimo. E poi questa mattina, mi citofona il fioraio che mi dice che ha telefonato a casa un pazzo che gli ha svuotato il negozio. Erano le 7 e un quarto. Ha detto che non hanno fatto a tempo ad alzare la serranda che lui era già lì!!!  E loro aprono alle 6 e mezza!!! Guarda il salotto!!! >
Io lo guardavo con un sorriso che non finiva più.
Afferrai un mazzo enorme che era stato appoggiato sul divano e lo annusai a fondo. Rose rosse.
Notai un biglietto.
< Ce ne è uno per ogni mazzo, 35 di rose e 10 tra fiori di pesco e di arancio. Sai cosa mi ha detto il fattorino? Che quando hanno aperto si sono trovati un ragazzo con i capelli rossi ad aspettarli. Aveva con sé 50 bigliettini. Voleva 50 mazzi di fiori. 30 di rose, 10 di pesco e 10 d’arancio! Hanno fatto fatica a spiegargli che con i fiori d’arancio e di pesco non riuscivano a fare più di 10 mazzi. Lui ne voleva venti! E gli ha finito anche le rose rosse!!! Su ogni biglietto ti scrive le stesse parole. Dopo il decimo, mi sono stufato di leggerli!!! Quello è fuori. Sai quanto avrà speso? Non bastava chiederti scusa? >
Io lo guardai ancora immersa nelle rose. Aprii il biglietto e trovai, scritte con la stessa stilo usata per lettera, queste parole: 

“Isabella. Ti amo. Ti chiedo perdono. Spero ti basti. Tuo per l’eternità. Edward”

Aspettò che finissi di leggere e mi domandò:
< Ma non è un po’ troppo melodrammatico? > < Sì! A volte esagera, soprattutto con le reazioni! >
Dissi io tutta contenta e a voce troppo alta, sicura che il diretto interessato fosse sincronizzato sul canale: pensieri di Charlie.
< Però è anche tanto dolce, non trovi anche tu papà? > lui mi fissò esasperato e poi scosse la testa.
Borbottò qualcosa di incomprensibile e si sedette sul divano facendosi spazio tra i fiori.
< Adesso me lo vuoi dire perché avete litigato questa notte? >
Scossi la testa, rossa almeno quanto i meravigliosi fiori che tenevo tra le mani.
Lui si appoggiò contro lo schienale del sofà.
In quel momento suonò il campanello.
Mio padre sbuffò, esasperato. Io invece trotterellai fino alla cucina mentre qualcuno continuava a suonare.
< Bella, apri. > < Apri tu. Io sono occupata. > < Sei impossibile. > Nonostante le sue parole, Charlie si alzò ed andò ad aprire. Edward era in piedi davanti a lui. Lo intravidi mentre andavo dalla cucina alle scale. Non gli prestai la minima attenzione. Lui inizialmente mi parve sorpreso. Lo capii dal modo in cui si rivolse a Charlie. Educato e cortese come al solito, ma sorpeso. Poi mi chiamò:

< Bella? >
Io non risposi e cominciai a salire le scale. Mi sentii abbracciare da dietro. Mio padre stava blaterando qualcosa di incomprensibile. Mi lasciai andare alle sue braccia forti senza opporre resistenza. Il suo respiro sul mio collo mi inebriava. Cercai però di ricompormi per proseguire col mio piano. Devo dire che però le sue mani che si muovevano lungo i miei fianchi non mi aiutavano.
Lo allontanai da me con lentezza e poi gli dissi: < Scusa Edward, ma adesso proprio non posso! >
Lui mi trattenne per un secondo, baciandomi il collo e poi mi lasciò andare. Le sue braccia rimasero sui miei fianchi finché poterono. Tre gradini e poi scivolarono lungo le mie gambe. Mi ero allontanata. Lasciai scivolare la mano dietro di me e lui l’afferrò. La baciò velocemente e, senza lasciarla, mi seguì su per le scale. Arrivati in camera mia, chiuse la porta e mi strinse tra le sue braccia, avvicinandomi a lui. Appoggiai la mia schiena al suo petto. Sorridendo, girai il volto per inspirare il suo profumo adorabile.
< Bella? >
< Sì? >
< Sai di rose … >
< Chissà come mai! > mi prese le mani e me le portò alla sua bocca. Mi baciava le nocche e il dorso. Con un gesto fulmineo mi sollevò da terra e mi girò di modo che i nostri volti fossero l’uno davanti all’altro. Mi avvinghiai a lui stringendo le gambe intorno al suo bacino. 
< Anche tu hai un ottimo profumo! >
< Grazie. Credo che tu ti debba cambiare. Dobbiamo andare a casa. >
< Va bene. > Mi rimise a terra e io andai alla cassettiera. Tirai fuori dei pantaloncini e una maglietta. Me ne andai in bagno, dopo che Edward ebbe giurato di rimanersene tranquillo. Entrai nella doccia ripensando a lui nella mia camera, sdraiato sul mio letto. Il primo istinto era di uscire e fiondarmi tra le sue braccia ma riuscii a finire di lavarmi e asciugarmi. Riuscii persino a vestirmi!
Quando entrai in camera lui era lì, seduto sulla sedia a dondolo.

Stava leggendo un foglio scritto a mano. Appena misi piede nella stanza lo nascose nella tasca dei pantaloni.
< Cos’era? >
< Niente. >
< Sì, come no … Dai, dimmi cos’era! >
< Non ti piacerebbe saperlo. >
< Oddio Edward, che cos’è? >
< Se ci tieni … > fece lui scettico < sono degli auguri per il matrimonio. >
< Chi li manda? > In quei giorni avevamo ricevuto tanti di quegli auguri che ormai avevo perso il conto! Che divertente leggere quelli dei nostri compagni di scuola.
Io ed Edward seduti davanti al camino, in casa Cullen a leggere lettere su lettere. A volte ne avevano mandate due in una sola busta. Una per noi, ufficiale e una per me, in cui le mie compagne si lasciavano andare ad auguri un po’ meno formali. Un vero spasso.
< Mah, una mia amica… >
< Come scusa? >
< Ma sì, dai. Credo di avertene parlato … qualche volta … >
Faceva l’indifferente ma non me la dava a bere.
< E dai, ti prego ……. > < Come sei insistente! > < Sai com’è. Posso diventare anche molto gelosa se voglio. > < No ti prego. Comunque, è Tanya. >
Dovetti aver fatto una faccia a giudicare dallo sguardo spaventato di Edward.
< Amore, guarda. È stata molto gentile. Senti:

“Caro Edward, sono sinceramente rallegrata dal sapere che finalmente anche tu abbia  trovato la una compagna con cui intenda trascorrere la tua vita. Alice mi ha informata della curiosità del vostro rapporto. Effettivamente da un ragazzo come te non potevamo che attenderci una storia d’amore estremamente particolare. Sono rattristata di renderti partecipe della decisione nostra e di Carlisle: Per questioni di sicurezza non prenderemo parte alla cerimonia. Sono però felice di invitarvi  a trascorrere qualche tempo da noi, a trasformazione avvenuta. Per intanto invio i più calorosi auguri miei e della mia famiglia a te e alla tua Isabella. Riferiscile che sono impaziente di conoscere la straordinaria ragazza che ha smosso il tuo cuore.
Con affetto, Tanya. ”

Finì di leggere e poi mi guardò.
< Sembra formale, ma quando l’avrai conosciuta, scoprirai che si esprime sempre in questo modo.
Ti assicuro, è davvero contenta per noi ed impaziente di conoscerti … >
Si alzò e mi venne incontro. Mi legò i capelli in una coda e mi baciò la fronte:
< Dobbiamo andare. Non vorrai fare tardi e scatenare le ire di Alice spero? >
< No, non ho tutto questo coraggio. > Rise, ed io mi unii a lui. Solo il modo in cui mi guardava riusciva a non farmi sentire sola e gelosa.
Mi infilai le scarpe e poi lo presi per mano.
Quando scendemmo in cucina, visto che dovevo fare ancora colazione, vidi un sacchettino sul tavolo. Dietro, un mazzo di rose. Mi voltai e osservai Edward che giocava indifferente con i miei capelli.

< Edward? >
< Sì? >
< Quello cos’è? >
< Ma che domande … è la tua colazione. Mentre venivo qui mi sono fermato in pasticceria e ti ho preso un cornetto. Alla crema … come piace a te. >
< Sì, certo. Dopo aver assillato il fioraio. Ma cosa ti è venuto in mente? >
< Quanto sei fiscale! Comunque, non li ho assillati. Loro offrono un servizio. Io l’ho richiesto. E ti assicuro. Non hanno neanche adempito a tutte le mie richieste. >
< Sì, ma non puoi trasformare la mia casa in una serra! >
< Oh, si vede che non hai ancora visto il giardino! >
Afferrai il sacchetto e lo presi per mano. Salutai Charlie che stava cercando di dare alla casa un aspetto normale e poi uscii nel fresco della mattina.
< Prego. > Mi fece Edward aprendomi la portiera dal lato del passeggero.
Io gli porsi la mano e lui mi mise a sedere sul sedile. Ridemmo entrambi come bambini. Sembrava la scena di un vecchio film. A velocità umana, il mio amore prese posto accanto a me e mise in moto. Con una mano teneva il volante, con l’altra accarezzava il mio collo e i miei capelli.
Dal canto mio, mangiavo la brioche e guardavo fuori dal finestrino. Lo sguardo rincorreva gli alberi che ci lasciavamo alle spalle. Dietro di quelli la foresta infinita sembrava così scura, paurosa ...  Che strano pensare che sarei andata a caccia in quei luoghi che in quel momento mi facevano tanta paura. Già, sarei andata a caccia. Chissà se era come quando Edward aveva ucciso Victoria. Un’azione fulminea. Poco più di qualche secondo. Ero certa che io sarei riuscita a fare un gran casino lo stesso. Mi auguravo di lasciarmi alle spalle con la trasformazione non solo la mia umanità ma anche la mia goffaggine. Forse in quel modo mi sarei sentita un po’ più degna di essere la compagna della meravigliosa creatura che si trovava a fianco a me.

< Ti vedo pensierosa. >
< Già, sai com’è … Ho paura di Alice. > Mentivo ma non volevo che lui si preoccupasse o che, peggio, potesse avere dei dubbi.
Ormai avevo finito di mangiare ed eravamo praticamente arrivati. Quando stavamo per imboccare il viale di casa Cullen sentii la voce vellutata Edward che mi diceva:
< tieni gli occhi chiusi, mi raccomando. >
< Perché? > chiesi impaurita < è perché vuoi farmi una bella sorpresa o perché vuoi  evitarmi un infarto? > < Dipende da come la prendi. A parer mio, è troppo divertente. Alice sta dando il meglio di sé! E anche Esme non scherza. >
Chiusi gli occhi e mi abbandonai contro il sedile. Non avevo nessuna intenzione di farmi venire una crisi isterica e di ferire ancora Alice.
< Pronta? > Inspirai profondamente e feci un cenno con il capo.
< Ehi, guarda che non c’è nessun motivo di agitarti tanto! Penso che potrebbe persino piacerti. >
Sbuffai e mi slacciai la cintura di sicurezza. Avvertii un leggerissimo spostamento d’aria e tre secondi dopo Edward mi aprì la portiera, da vero cavaliere. Mi prese la mano e mi guidò attraverso il garage. Quando sentii l’aria leggera accarezzarmi il volto capii di trovarmi all’esterno.
Le mani fredde e affusolate del mio fidanzato si spostarono sui miei occhi. Ci muovevamo lentamente per il giardino. Talvolta mi diceva: < Attenta a destra > oppure < Va avanti ancora un po’. > Io eseguivo i suoi ordini, obbediente.
Non trascorse molto tempo che Edward mi disse: < Ora puoi aprire gli occhi. >
Le sue mani scivolarono veloci e delicate lungo le mie guance e le mie spalle, fino ad incontrare le mie e stringerle dolcemente.
Con lentezza sollevai le palpebre. Davanti a me non riuscivo a vedere altro che fiori bianchi, il verde del prato (immenso) e il marrone del legno.
Portai le mani alla bocca. Edward mi stringeva i fianchi e mi osservava dubbioso.

Il giardino sembrava una nuvola. Alice aveva fatto portare dei tavoli su cui si sarebbero dovuti mettere i regali. Edward mi portò verso il torrente. Erano stati disposti non so quanti tavoli e sedie. Degli ombrelloni di legno e stoffa bianca erano stati sistemati in corrispondenza di ogni tavola.
Sembrava una location di un qualche film di Hollywood. Notai un piccolo altare posto sotto l’arcata formata da due alberi nel centro del prato. Per arrivare a quell’altare bisognava percorrere una cinquantina di metri di tappeto rosso. Ai lati di questo tappeto erano state disposte numerose file di panche e tutt’intorno un tripudio di fiori, rigorosamente bianchi.
Mi voltai verso la casa e vidi che anche le colonne erano state ricoperte di fiori anch’essi bianchi.
Edward mi portò in casa e allora potei osservare bene quale destino Alice avesse riservato al salone.
Era tutto vuoto, ad eccezion fatta per la pedana, su cui faceva bella mostra di sé l’imponente pianoforte di Edward.
< Allora? Ti piace? > Emmett mi posò una mano sulla spalla e mi sorrise rassicurante.
Io non risposi ma annuii, sperando di essere convincente. Lui rise e osservò Edward poi mi sussurrò: < Sapessi tutte le volte che mi è toccato sopportare tutto questo. A volte è difficile avere una moglie come Rose. Ma per lei, questo ed altro. > Mentre pronunciava quelle parole, Rosalie fece la sua comparsa da oltre la porta della cucina. Sembrava un angelo nonostante indossasse una semplice tuta. Mi salutò con un cenno della mano e poi si sporse per baciare Emmett sulle labbra. Lui la cinse in un abbraccio e poi le sussurrò qualcosa all’orecchio. Lei rise e fece finta di allontanarlo. Non era bellissima. Sarebbe troppo poco. Era splendente. Il suo sorriso era divino e la sua risata era straordinaria. Pensai a Tanya. Anche lei era come Rosalie? Come potevo competere con loro? Non importava se Edward stesse giocando con una mia ciocca ribelle, non mi importava se mi avesse detto un’infinità di volte che mi amava. Come facevo ad essere sicura che un giorno non avrebbe cambiato idea? Semplice, non potevo.
Mi appoggiai a lui che mi strinse a sé e mi sussurrò: < Mi pare che abbia fatto un buon lavoro, la mia sorellina. Che ne dici? Pensa anche al povero Jasper, lo ha schiavizzato. >
Sorrisi e mi alzai sulle punte di piedi per baciargli le labbra. Lui si chinò per venirmi incontro. Nel preciso istante in cui la mia bocca sfiorò la sua la mia pace venne interrotta da un grido.
< Bella! > 
< Alice. > Feci io sconsolata riappoggiando i talloni a terra. Edward rise e mi scompigliò i capelli con la mano.
< Bella, finalmente sei arrivata. Io ed Esme non ce la facevamo più ad aspettare! Allora? Ti piace il giardino? E la sala? Pensavo che potremmo fare un ballo, finita la cerimonia. Prima del banchetto intendo. Allora? Cosa ne dici? >
Non mi lasciava neanche il tempo di rispondere alle sue domande che già me ne poneva di nuove.
Esme ci raggiunse e mi abbracciò.
< Bella, tesoro, pronta? > Io annuii impacciata.
< Non preoccuparti, andrà tutto benissimo! Alice dice che sarà bellissimo. >
< Esme! > Fece lei indignata. < Non dirle niente! Se no poi si arrabbia se le dici cosa ho visto. >
Il mio sguardo schizzò su quel piccolo vampiro esaltato. Lei fece un sorriso colpevole e poi aggiunse ostentando ingenuità: < Credo che alla festa ti divertirai, ma ti divertirai molto di più dopo. > E poi ricominciò a parlare con Emmett che, come al solito se la rideva. Io ero diventata rossissima e avrei voluto sprofondare nel terreno.

Poi quel cretino si rivolse ad Edward e, guardandomi, gli disse: < Certo che hai fegato. Io avrei paura di romperla. > Lui le rispose pure! < Sapessi che paura che ho! > < Mi sa che tu non ti divertirai! > continuò Emmett.
 Io urlai < EMMETT! Piantala! >
Esme venne in mio aiuto e lo rimproverò: < Emmett, non sei educato. Così li metti in imbarazzo! >
< Uff, non dicevo niente di male. Stavo solo analizzando i fatti. >
< Evita. > Feci io contrariata.
Mentre loro entravano in casa per raggiungere Rosalie e Carlisle, mi allontanai verso l’altare. Ne sfiorai il legno con mano tremante. Chiusi gli occhi e cercai di prefigurarmi il momento. Si sentivano gli uccellini cantare e l’acqua del torrente scorrere non molto lontano. Sembrava un paradiso di quelli raccontati nelle storie antiche. Sembrava il matrimonio di una principessa o di una fata. Sì, ecco. Sembrava una favola. Mi tremò il respiro quando pensai:

“non è una favola. Sarebbe meglio dire che è una storia dell’orrore. Il finale non sarà un vissero felici e contenti” Vidi per la prima volta quei dannatissimi cinquanta metri per quello che erano in realtà. Cinquanta metri che a tutti coloro che li avessero visti durante la cerimonia sarebbero potuti sembrar condurre alla felicita ma che io sapevo bene condurre in realtà alla morte. Quel dannato tappeto mi sembrava un fiume di sangue che scorreva proprio dal punto in cui la mia vita avrebbe dovuto essere al culmine della gioia. Ecco a cosa stavo andando incontro. Non importava quanti fiori bianchi Alice avesse usato. Per me il destino avrebbe avuto il colore del sangue e il sapore amaro della morte. Un destino che io stessa avevo scelto per me. Mi girò la testa e mi accovacciai ai piedi dell’altare in legno, sempre tenendo la mano poggiata su di esso. Tremavo.

Non passai neanche un minuto in quella posizione che Esme mi fu a fianco. Mi scostò alcuni capelli ribelli dalla fronte e mi osservò il volto. Mi porse un fazzoletto e mi abbracciò. Non mi ero accorta di star piangendo ...
< Scusa, è solo un po’ di agitazione. Ansia e nient’altro. > Ripetevo quelle parole più per convincere me stessa che non lei.

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Capitolo 13
*** Crisi di panico e bagni gelati. ***


Grazie per la continuità con cui mi seguite!!!
Ripeto che, visto che devo studiare, spesso mi ritrovo a scrivere che è davvero tardi e quindi rinnovo le mie scuse per i miei errori di ortografia. Si aggiunga inoltre che spesso non rileggo ( per motivi di tempo ) il capitolo appena postato …
Grazie per i bellissimi commenti! Spero continuerete a lasciarmene di altrettanto belli! Siamo a quota 91!!! Come sono contenta!!! Vuol dire che questa storia è carina. Ogni volta che finisco di scrivere, mi sembra di aver scritto una schifezza …
Grazie quindi per il sostegno a  Hele91, alice brendon cullen, algin91, Gocciolina, BellaSwan95, hachicat, sophie_95, HopeToSave, KiraraMiranda, PenPen , giulia9_91!!!
yuyutiamo sono contenta che ti sia andata bene storia e sappi che la fisica è la mia angoscia!!! Per le altre verifiche, per fortuna sono andate tutte bene tranne ( forse e spero di no, solo che non ce l’ha ancora ridata ) quella di Lucrezio su cui mi ero addormentata sabato scorso!!!
Ora devo dare un triste annuncio. Se fino ad oggi ho aggiornato quasi sempre giornalmente, fra qualche giorno tutto potrebbe cambiare. Sono stata minacciata più e più volte di sottrazione di Pc!!!
MADRE DEGENERE!!! Nel caso, scriverò i cap su quello di mia sorella, che però non si può connettere, e li darò da postare a Clari o Lauri ( vero ragazze che me lo fate questo piacere? Vi prego!!! ) Speriamo …
Grazie per aver inserito la storia tra i preferiti anche a
Allen_Anne_Black!!! E anche alle duecento persone che ieri hanno letto lo scorso capitolo!!! Me felice e commossa!!! 
 

Mi feci piccola piccola tra le braccia di Esme che mi stringeva a sé.
< Non piangere. Vedrai che passerà. È normale avere paura. >
Stavo ansimando. Mi sentivo mancare l’aria. Dopo qualche istante Carlisle ci raggiunse.
Ero patetica. Continuavo a singhiozzare e a respirare affannosamente. Non riuscivo più a spiccicare parola.

Il più “anziano” dei Cullen mi fissava negli occhi, rassicurante.
Con voce calma e tranquilla mi disse: < Bella, ora calmati. Non è successo niente. Adesso andiamo in cucina e ti bevi una camomilla. >
Mi fece alzare in piedi e mi accompagnarono in casa. Edward era rimasto in sala. Mi osservava preoccupato. Appena lo vidi, mi tuffai nelle sue braccia da cui fui accolta con amore. Affondai la faccia nella sua maglietta che inondai di lacrime.
Mi cullò carezzandomi la schiena e i capelli. < Credo sia una piccola crisi di panico. >
Edward guardò Carlisle e poi mi portò in cucina.
La camomilla era già pronta. Sul tavolo la tazza che usavo sempre fumava. Esme stava rigirando lo zucchero. Mi sedetti che sentivo ancora le gambe molli e il formicolio in tutto il corpo.
Il mio cuore stava lentamente tornando a battere normalmente.
Bevvi a brevi sorsi. Quando finalmente poggiai la tazza sul tavolo, alzai lo sguardo. Seduto davanti a me, Carlisle mi osservava curioso: < Allora? Va meglio? > Annuii poco convinta.

Mi afferrò il braccio e posò due dita sulle vene pulsanti del mio polso.
< Sì, diciamo che va meglio di prima. Credo che faresti meglio a prendere queste. >
Sapevo che quelle due pastigliette non si erano materializzate sul mio tovagliolo prima vuoto da sole, ma l’impressione fu proprio quella.
Ne presi una tra le dita e l’osservai dubbiosa.
< Vuoi drogarmi? > Chiesi scettica.
< No davvero. È solo valeriana. Un leggerissimo calmante. >
Portai le pastiglie alla bocca e, osservandolo diffidente, le inghiottii.
Edward, veloce come una saetta, aveva già messo la tazza nel lavandino. Carlisle si alzò in piedi e lo stesso feci io. Lui mi strinse in un abbraccio per farmi forza. Sorrisi e lo abbracciai riconoscente. Il suo profumo era buono quasi quanto quello di suo figlio. Mi baciò la fronte e poi mi lasciò andare.
Edward mi carezzò il viso e mi sussurrò:
< Bella, Alice ti sta aspettando. Credo che tu debba andare a scegliere la pettinatura o qualcosa di simile ... >
< Vieni con me? > Chiesi speranzosa. L’ultima cosa di cui avevo voglia era di stare in balia di Alice da sola.
Purtroppo però Edward mi rispose, sorridendo, < Ah, no no. Voglio preservare la mia salute. Questa mattina ho rischiato di finire ucciso. Solo perché ho osato entrare nella sua camera e vedere, per sbaglio, il velo definitivo. 
Vorrei che entrambi arrivassimo al matrimonio interi. A proposito, visto che sono parecchio preoccupato della tua incolumità, fai attenzione a non cadere dalle scale! >
< Va bene. Certo che hai proprio un’alta considerazione di me … >
< Lo sai che mi preoccupo solo della tua salute. >
< Sì, sì. > feci io ancora un po’ agitata. Gli avevo preso la mano senza neanche essermene accorta.
Lui la portò alle labbra e annusò l’odore del mio sangue nelle vene e poi baciò l’anello. Lui aveva percepito che la mia inquietudine non si era ancora dissolta.
< Abbiamo tempo. Non devi preoccuparti. Potrai scegliere. Lo sai. Non voglio che tu ti senta in obbligo o peggio, che tu lo ritenga necessario. Non per paura. Ti difenderò io da qualunque cosa. >
Mi voltai e lo fissai negli occhi, sentivo un blocco allo stomaco.
Portai la sua mano sul mio cuore e dissi: < Puoi proteggermi da tutto ma non da ciò di cui ho davvero paura. Tu sei immune al tempo. Tu sei immune alla morte. > mi carezzò la guancia e mi sussurrò: < Adesso va. E non preoccuparti di queste cose. Non è necessario. >
Mi baciò sulle labbra e poi mi fece segno di andare. Lo salutai con la mano e poi salii di corsa le scale. Alice mi stava aspettando davanti la porta di camera sua.
Stava parlando con Esme. Quando le due mi videro, mi vennero incontro felici. Entrammo nella stanza e non potei non compatire il povero Jasper. Il divano era diventato una specie di ammasso bianco dalla forma indefinita.

< Bella! Oramai è tutto pronto. Tieni! > Mi porse un foglio e poi tornò danzando vicino alla scrivania. Afferrò un quaderno e lo mostrò ad Esme. Osservai il foglio e vidi che Alice, con una calligrafia che ricordava un disegno elegante, aveva segnato tutte le frasi che avrei dovuto ripetere durante la cerimonia. Mi feci largo tra i campioni di stoffa ( adesso rimaneva da risolvere la fondamentale questione riguardo il colore delle tovaglie. La decisione sembrava vertere su un color perla ) alla ricerca di uno spazio sgombro in cui sedermi.
Mi adagiai tra i cumuli di stoffa e cominciai a leggere e rileggere le parole del foglio. In certi momenti mi sembrava che mi mancasse l’aria.
< le sai? > mi chiese improvvisamente Alice dopo una ventina di minuti.
< Sembra che stia studiando la lezione di biologia! Non me lo puoi chiedere in questo modo! >
< Sì, hai ragione. Riformulo: ti ricordi tutto quello che devi dire? >
Scossi la testa sconsolata. Stavo combattendo per impedire a due lacrime traditrici di abbandonare i miei occhi.
Esme, che si era seduta a gambe incrociate davanti a me, mi confessò: < Sai, anch’io, prima di sposarmi, ero agitatissima! Ricordo perfettamente la miriade di emozioni che provai. Devi solo stare tranquilla e vedrai che ti divertirai un mondo. > mi sorrise entusiasta. Il mio di sorriso fu un po’ più tirato ma sembrò essere efficace.
Passammo circa un’altra ora a ripetere quelle dannatissime frasi. Sentirle pronunciare da Alice o da Esme era una cosa straordinaria. La passione che ci mettevano, la gioia che trapelava dai loro volti era sconvolgente. Se poi le si unisce alla loro bellezza diafana …
Io mi sforzavo di dare il meglio di me ma alla fine cominciai a straparlare. Non so come, ci ritrovammo sdraiate per terra a ridere tra morbidi lembi di
tessuto. Sentimmo bussare e Alice disse: < Avanti Jasper, entra. >
Il bellissimo vampiro aprì la porta e si fece strada tra le montagne di stoffa. Sul suo volto era dipinta un’espressione a metà tra la disperazione e la rassegnazione.
Mi guardò e scosse le spalle.
< Vedi di non fare come Rosalie. Non ho voglia di ripetere tutto tra una ventina d’anni. >
< Non preoccuparti Jasper, non credo che accadrà. > Stavo praticamente ridendo. Jasper percepì l’isteria nella mia voce e venni avvolta da una pace irreale. Piacevole. Mi porse la mano e mi aiutò ad alzarmi. Intravidi Edward dalla porta socchiusa e corsi da lui che mi accolse tra le sue braccia.
< Amore, è pronto … > < Grazie! >

Scesi le scale e trovai la tavola in cucina apparecchiata, anche se solo per me. Mi sedetti sulle gambe di Edward e mangiai velocemente quello che mi
aveva preparato.
Non prestai molta attenzione al cibo. Ero troppo impegnata a guardare il mio miracolo personale!
Quando poggiai la forchetta nel piatto vuoto sfiorò il mio orecchio il respiro di Edward e con quello la sua voce:
< Bella, ti va di venire con me ? >
< Potrei dirti di no? >
< Non credo. >
Mi prese la mano e ne baciò il polso. Mi fece tremare.
< Vieni. >

Lo seguii fino alla porta sul retro. Lui mi fece segno di salire sulla sua schiena. Io tentai di arrampicarmi e lui, ridendo, mi diede una mano, poi afferrò uno zainetto e lo strinse tra le mani.
Neanche il tempo di sbattere le palpebre ed eravamo già nel bosco. Io ero letteralmente avvinghiata a lui. La mia  stretta era stritolatrice ma naturalmente lui neanche se ne accorse.
Mi strinsi a lui intrecciando le braccia intorno al suo bacino e le braccia attorno al suo collo. Non perché avessi paura ma bensì perché volevo sentirlo il più vicino a me possibile. Tenevo gli occhi aperti e la testa appoggiata alla sua spalla. Con la lingua gli tracciai il profilo dell’orecchio e lui mi sussurrò: < Non vorrai mica farmi perdere la testa mentre corro a velocità inaudita attraverso il bosco? > < See, come se tu potessi inciampare … > < Dipende dalle distrazioni. Tu per esempio sei una distrazione molto pericolosa. > < Grazie! Mi sento onorata! Vuol dire che mi consideri abbastanza! > < Bella. Tu per me sei la cosa più importante. Tu sei il mio unico pensiero. >
Smise di correre mi aiutò a scendere facendo mi scivolare lungo le sue braccia.
Eravamo in un luogo in cui non ero mai stata. Osservavo il paesaggio rapita. Qualche timido raggio di sole cercava di farsi spazio tra le nuvole e faceva sì che la pelle di Edward rilucesse in un modo strano, spettacolare. Sfiorai il suo volto con la punta delle dita, rapita.
Sentivo, non molto lontano, lo scroscio dell’acqua.

Lui si sfilò la maglia e rimase a toro nudo. Splendido e maestoso. Mi porse lo zainetto e io lo guardai dubbiosa.
< Dai, aprilo! >  obbedii e vidi che dentro c’erano due asciugamani piccoli e uno grande. Li tirai fuori e vidi un costume due pezzi e un paio di boxer.
< Edward … cosa mi sta a significare? >
< Mi pare evidente, no? Facciamo un bagno. >
Sollevai il sopra del costume per il laccetto tenendolo tra due dita.
< Edward, questo non è mio. > < Io credo di sì. La misura è la tua, la taglia pure e il colore ti dona. Penso proprio sia tuo. > < Quando l’hai preso? > < Qualche settimana fa. Avevo voglia di fare qualcosa di diverso con te. > < Sì, tipo giocare a chi annega prima … > < Sai che non è possibile. >
Mi sorrise beffardo e io ricambiai.
< ammettendo anche che io voglia indossarlo … > e gettai un’occhiata scettica al costume che, a parer mio era troppo succinto, < Dove pensi che potrei cambiarmi? Qui siamo nel bel mezzo del nulla. Ci sono solo alberi. > < Per me, puoi cambiarti anche qui. Ti prometto che non mi scandalizzerò. > Se la rideva, lo schifoso ingannatore che con la sua voce sensuale e il suo sguardo accattivante riusciva sempre a plasmare la mia volontà.
< Scordatelo. E poi, non voglio che qualcuno mi veda. >

In meno di un istante Edward, che si trovava a qualche metro da me, si materializzò a tre centimetri dal mio volto. Quasi non me ne accorsi da quanto fu repentino il movimento. Mi sfiorò la punta del naso e con una voce talmente persuasiva da farmi perdere la cognizione di me stessa mi sussurrò: < Pensi che se ci fosse qualcuno nel raggio di chilometri mi esporrei al rischio di essere visto? > Scossi la testa senza neanche capire cosa stessi facendo. Il suo respiro sulle mie labbra mi dava alla testa.
< Sembri drogata! > Mi fece lui per prendermi in giro. Io gli strinsi le braccia intorno al collo e mi appoggiai al suo petto muscoloso.
Sentii le sue mani scivolarmi sotto la maglietta e accarezzarmi la pelle della schiena. Quando mi accorsi che, con gesti lenti e quasi impercettibili, cercava di sollevarmela mi scostai da lui, contrariata.
< Edward, non fare il cretino … >
< Non posso, è colpa tua. > feci finta di tirargli uno scappellotto in testa e mi allontanai.
Lui mi osservò e poi disse:
< Quindi? Fai il bagno vestita? >
< Girati! > Gli ordinai. Lo vidi sorridermi e obbedire.
< Se sbirci, giuro che te la faccio pagare! >
Non mi rispose ma si sdraiò sull’erba. Teneva gli occhi chiusi e le labbra si muovevano velocissime senza emettere alcun suono. Sapevo che stava cantando.
Sempre osservandolo, mi sfilai scarpe, maglietta e pantaloncini. Vedevo il petto di Edward alzarsi e abbassarsi regolarmente. Rimasi qualche istante ferma immobile poi mi sfilai le mutande. Temevo il sotto del costume in mano e me lo infilai velocissima. Mamma mia quanto era piccolo!!! Mi slacciai quindi il reggiseno. Lo lasciai cadere a terra e poi cercai di infilarmi il sopra del costume.
Non riuscivo ad allacciarlo dietro.

< Tutto a posto? > < Non riesco a fare il nodo … >
< Ti aiuto? > < Va bene. > Si sollevò sui gomiti e mi osservò stupito. Io mi reggevo il costume con le mani. Si alzò velocissimo e accarezzò la guancia poi afferrò le cordine del reggiseno e mi fece il fiocco sulla schiena. Scese con il dito lungo la mia spina dorsale su e giù lentamente poi, poggiando le mani sui miei fianchi e facendole infine scivolare sulla mia pancia, mi baciò il collo. Mi sciolse il codino e lasciò i miei capelli liberi di agitarsi al vento.
Io mi voltai per baciarlo e lui poggiò leggero le sue labbra sulle mie.
Le sue mani si staccarono dal mio corpo e andarono a slacciare i suoi pantaloni.

Sotto indossava già il costume ( un paio di adorabili boxer!!! ).
< Va, beh, andiamo a nuotare? >
< Sì, vieni, di qua … >
< Sono sorpresa … >
< E di che? >
< Del fatto che tu ti fida a farmi entrare in contatto con tanta acqua tutta insieme! >
< So che sai nuotare … ed inoltre, questa volta, io sarò affianco a te. Non ti lascerò un attimo. Mai più. >
Sapevo dove fossero corsi i suoi pensieri. Esattamente dove erano corsi i miei. Rividi nella mia testa la scogliera, sentii il vento sul mio viso, il dolore nel mio petto. Il calore delle mani di Jacob.

Mi strinsi ad Edward, al suo corpo ghiacciato.
Lui mi cullò per qualche minuto e poi mi bisbigliò: < Dai, andiamo e cerchiamo di divertirci. Senza pensare a nient’altro se non noi due. Un pomeriggio tutto per noi. Cosa ne dici? >
< Dico che sarebbe bellissimo. >
Mi baciò i capelli e mi prese per mano. Mi condusse fino a un ruscello che scorreva attraverso l’erba alta. Il torrente formava una pozza piuttosto grande e profonda tra dei massi molto grandi,  alcuni piatti e lisci. Sembrava un piccolo paradiso circondato da alberi altissimi e cespugli.
Trattenni il respiro e lui mi diede un piccolo scossone per risvegliarmi.
Lo guardai raggiante e lo trascinai verso il piccolo laghetto.
< Sei impaziente? > < Certo! >
Mi muovevo lentamente sui massi scivolosi per paura di cadere. Una fonte di sicurezza erano le mani forti di Edward che mi sostenevano e prevenivano eventuali cadute.
Quando il mio piede entrò in contatto con l’acqua lo ritrassi.
< Che cosa c’è? > Mi chiese Edward divertito.
< è gelata! > < Pensavo che ti fossi abituata al freddo. >
< Ma è troppo fredda! Io non ci entro! >
< Sì, come no … >
E, prendendomi in braccio, si tuffò.

Per qualche istante i nostri corpi rimasero immersi per un bel po’ di centimetri sott’acqua poi Edward mi aiutò a riemergere. Riempii i miei polmoni d’aria
mentre lui mi aiutava a rimanere a galla sostenendomi per il bacino.
Goccioline luccicanti cadevano dai capelli lungo la schiena. L’acqua brillava proprio come Edward.
L’acqua era però davvero fredda e lui se ne accorse. Mi mise seduta su una roccia e si lasciò andare all’acqua limpida. Io agitavo i piedi schizzando ovunque.
Quando vidi Edward sorridermi provocante, mi tuffai per raggiungerlo e lo abbracciai strettissimo.
Lui mi accarezzò e rise.
< Quanto entusiasmo! > < Ti amo! >
< Anch’io! >
Rimanemmo a mollo per un bel po’ e io, devo ammetterlo, mi divertii tantissimo. Ci rincorrevamo, ci schizzavamo … lui, con uno strano senso dell’umorismo, giocava a inseguirmi nuotando e io facevo finta di scappare per poi fiondarmi tra le sue braccia. Mi diceva: < lo sai che i felini nuotano benissimo? >
Quando alla fine, esausta, mi poggiai completamente a lui e smisi di tenermi a galla, lui mi strinse a se e mi portò sull’erba. Mi porse l’asciugamano e mi osservò mentre mi asciugavo, con gesti volutamente lenti e sensuali. Lui rimaneva fermo, immobile. Con una passata veloce di asciugamano si era già asciugato il corpo. Presi l’asciugamano piccolo e tentai di dare un’asciugata veloce ai capelli e li lasciai ricadere, praticamente ancora bagnati, sulle spalle e sulla schiena. Il costume, quello si che era bagnato fradicio, mi si era appiccicato addosso e lasciava intravedere un bel po’.
Notai lo sguardo di Edward fisso ad un’altezza fin troppo definita della parte superiore del mio corpo.

< Cosa stai guardando? > Chiesi con finta indifferenza.
< Mah, le bellezze della natura direi … >
< Ah sì? > Continuai io sedendomi a terra. L’erba mi arrivava circa all’ombelico. Mi appoggiai con le mani e distesi le gambe.
< Domani … >
< Sì edward? >
< Domani ricordami di ringraziare adeguatamente Reneè, e anche Charlie. Devo dire che sono stati davvero bravi. > Il suo sguardo era sempre fisso sullo stesso punto di prima.
Io andai vicino a lui che era seduto con le gambe distese, proprio come mi ero messa io prima, e mi sedetti a cavalcioni sulle sue. La mia pancia sfiorava la sua e la mia testa poggiava placidamente sulla sua spalla. Le sue mani percorrevano la mia schiena nuda. Le mie invece gli accarezzavano il volto. con le dita gli sfioravo le occhiaie violacee e i miei occhi si perdevano nell’oro fuso.

Chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Con la punta del naso passava sulle vene del mio collo e il contatto con la sua pelle gelata mi faceva fremere.
Senza volerlo, inarcai la schiena ed Edward accompagnava i miei movimenti con le sue mani.
A tradimento, sciolse il fiocco del costume ma non me ne importava niente, anzi ...
Mi strinse in abbraccio dolce e rassicurante e io fremetti sotto i suoi tocchi gentili e teneri, sebbene insicuri.
< Edward … > Avevo il fiatone e non mi ero neanche mossa! < Si Bella? >
< Ti voglio bene. > 
Mi baciò la fronte e mi accarezzò il petto, il seno.
Le sue mani, nonostante fossero fredde e dure, si muovevano lente e delicate sul mio corpo.

Dopo alcuni minuti mi riallacciò tutto l’ambaradan ignorando le mie proteste.
< Bella? > < Uffa Edward, tu sempre quando sembra che … >
< Sht, non ti pare che l’attesa renda tutto ancora più bello? >
< No.. > Risposi secca. lui rise e mi fece scendere con delicatezza dalle sue gambe facendomi rotolare sull’erba. Risi anch’io nel momento in cui lui fu con il suo corpo sopra il mio. Chiusi gli occhi inebriata dall’odore di Edward. sentivo le sue mani delicate accarezzarmi le gambe e le braccia.
le sue labbra sfiorarmi il costume. in alcuni momenti sentivo dei brividi scorrermi lungo la schiena. La lingua di Edward sfiorò la mia bocca e io la dischiusi.

< Ancora quattro giorni. >
< Già. > Feci io.
< Sai, questa è l’ultima volta probabilmente che potremo giocare da fidanzati … >
< Perché? > Chiesi io terrorizzata all’idea di non baciarlo per tre giorni interi, portandomi a sedere di colpo.
< Domani viene tua madre. Non vuoi trascorrere questi ultimi giorni con lei? >
Si rabbuiò. Lo vidi nei suoi occhi. Lo strinsi in un abbraccio e dissi:
< Sì, hai ragione. > Sapevamo entrambi che quelli sarebbero stati gli ultimi giorni davvero.
non potei impedire ad una lacrima ribelle di sfuggire alle mie palpebre chiuse.
Lui vi posò sopra le labbra per asciugarmi e mi bisbigliò: < Riempirò ogni momento della tua nuova vita. Farò in modo che tu non rimpianga niente. >
Con voce tremolante, stringendomi a lui, risposi: < Lo so. Grazie. >
< Tu per me rinunci alla tua vita. Questo è il minimo che possa fare per sdebitarmi. questo mi dice il mio cuore che tu sola, dopo tutti questi anni, hai riportato alla vita. >

Aprii gli occhi e lo fissai nei suoi, intrisi di sincerità.
Mi sdraiai e lui mi strinse tra le sue braccia. Mi avvolse in una coperta che aveva tirato fuori dallo zaino e io mi strinsi al suo petto, pensando ai miei ultimi giorni. Edward lasciò che mi sfogassi contro di lui, continuando ad accarezzarmi. Solo respirare il suo odore riuscì a farmi tornare tranquilla. Quando mi sentii pronta alzai lo sguardo e incontrai il suo.
< Va meglio adesso? > Mi sorrideva.
< Sì. Scusami. >
< Ma di che? > Portò le sue labbra sul lobo del mio orecchio, che baciò, e poi continuò:
< Posso capire i tuoi sentimenti. Devi sentirti libera di esternare ciò che provi. Voglio che tu lo faccia. >

Lo baciai e lui ricambiò. Un bacio così dolce mi fece girare la testa e tornare il sorriso sulle labbra.
Mi baciò poi le guance e le palpebre, poi il petto, facendomi il solletico e facendomi ridere. Senza smettere di accarezzarmi, poggiò dolcemente la testa sul mio seno, ascoltando il mio cuore che batteva solo per lui.
Così finché non divenne scuro e non fu ora di tornare a casa.

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Capitolo 14
*** Padri impiccioni, morali bislacche e pigiami colorati... ***


Dedico questo capitolo a mio padre che non potrà mai accompagnarmi all’altare, ma che sarà come se lo avesse fatto.
 
Scusate se oggi i miei ringraziamenti saranno laconici. Ci tenevo comunque a ringraziarvi tutte per i bellissimi commenti che mi lasciate e che mi fanno sempre immensamente felice!!!
Non importa se lunghi o corti. Sono sempre bellissimi e simpatici e soprattutto, mai ripetitivi o noiosi!!! GRAZIE

Grazie per i commenti in particolare a:
HopeToSave, Hele91, Meletta, alice brendon cullen, BellaSwan95, sophie_95, Lilian Potter, hachicat, momob (il tuo è stato il centesimo commento!!!! XD ), KiraraMiranda, giulia9_91, algin91
 E per aver inserito tra i preferiti la storia a: bells87, memi16, poketpolly, Saphira87.

Chiedo scusa a nene1964. per non averti ringraziato la volta scorsa … è solo che, nel momento in cui tu mi hai inserito la storia tra i preferiti, avevo appena postato il cap 13. Sorry!
E mi scuso anche se per caso non avessi ringraziato qualcuna di voi per aver inserito la storia tra i preferiti. Potrebbe essermi sfuggito il nome nell’elenco ( come è successo con
KiraraMiranda, scusami lauri… ) se me lo fate sapere, magari in una recensione, vi prometto che vi ringrazierò nel prossimo cap. Grazie e a prestissimo! Commentate numerose!!!

 

Cominciava a fare freschino e io mi avvolsi più stretta nella coperta. Edward si staccò da me e tirò fuori qualcosa dallo zaino. Mi porse i miei abiti. Che dolce, li aveva piegati e messi via con cura. Avevano il suo odore …
 Il costume era già asciutto e quindi decisi di non cambiarmi la biancheria. Mi infilai i vestiti in tutta fretta e poi rivolsi un sorriso raggiante ad Edward che stava recuperando tutte le nostre cose dopo essersi rivestito a tempo di record. Neanche lui si era tolto il costume perché gli si era asciugato addosso. La mia speranza di vederlo come lui aveva visto me, anche se a tradimento, era sfumata.

< Bene, direi che non abbiamo lasciato niente. Torniamo a casa? >
< va bene. > Feci io sbadigliando
Mi sfiorò la guancia con il dorso della sua mano e poi mi prese in braccio con un gesto fulmineo.
< Non mi posso aggrappare alle tue spalle come sempre? >
< Sei troppo stanca. Se poi perdi la presa e scivoli, data la velocità a cui corro, ti faresti davvero molto male. > < Come se tu non mi prenderesti al volo. > Replicai io accoccolandomi tra le sue braccia.
< Mi pare che comunque non ti dispiaccia questa sistemazione. >
< No. Direi anzi che mi piace. > E baciai il petto lasciato libero dalla camicia sbottonata.
Correva ma non veloce come al solito. Sembrava quasi che volesse impiegarci un po’ di tempo. Non c’era impazienza nei suoi passi comunque veloci. Quando glie lo feci notare, lui rispose semplicemente: < Ho voglia di stare con te. >
Purtroppo raggiungemmo casa Cullen dopo neanche un’ora e, devo dire, mi stupii di trovare l’auto della polizia parcheggiata nel viale. Edward mi fece scendere delicatamente e io barcollai per i primi passi. Sorreggendomi, varcammo l’ingresso. Io non sapevo cosa aspettarmi ma mi ero tranquillizzata vedendo il volto calmo e sereno del mio amore.

< Bells! Finalmente sei arrivata! > Fece mio padre abbracciandomi poi rivolse un sorriso tirato ad Edward abbracciando pure lui.
Esme mi venne incontro e mi sussurrò: < Ti ho preparato la cena. Ho invitato anche tuo papà. Gli ho detto che noi abbiamo già mangiato. > < Grazie. > feci io.
< Bells, tesoro, cos’è questo fare cospiratorio? > fece mio padre avvicinandosi a noi.
< Niente papà. Stavamo parlando di una cosa per il matrimonio. >
Lui mi guardò con qualcosa di strano negli occhi e poi mi abbracciò di nuovo.

< Edward > fece Esme con voce melodiosa < Ti ho preparato la cena. Carote e pollo a bagnomaria > Ed Edward, che sicuramente le aveva letto i pensieri, rispose tutto felice: < Grazie mamma. > poi mi scambiò uno sguardo complice e mi precedette in cucina.
Seduti a tavola chiacchierammo del più e del meno come se fossimo una famiglia normale. Esme preparò il caffè a Charlie ed Edward mi guardò male quando le chiesi di farlo anche a me:
< Bella, lo sai che la caffeina non ti fa bene. > Adoravo il suo modo di rimproverarmi. Così sensuale e persuasivo …
< Sai Bella, credo che abbia ragione lui. > Fece eco mio padre e poi si aggiunse anche Esme:
< Tesoro, è vero. Sei già abbastanza agitata … non è il caso … >
Sbuffai ed incrociai le braccia sconfitta. Edward mi cinse le spalle con un braccio e mi baciò la guancia sorridendo.
< Devi riposare bene. Riempirti di caffé non ti aiuterebbe di certo … > poi, dopo avermi preso la mano mi sussurrò a voce tanto bassa da essere quasi inudibile:
< Avrai tutto il tempo per restare sveglia, tutto il tempo … >
Non potè sfuggirmi una nota di rimpianto nella sua voce. Mi voltai e gli diedi una bacio casto sulle labbra.

< Bells. > Fece mio padre per dissuaderci dal procedere.
< Perché non mi mostri l’abito? >
Alice, che se ne era rimasta per i fatti suoi a parlare con Jasper dall’altro capo del tavolo, balzò in piedi tutta euforica e, saltellando, mi incitò: < Sì, dai!!! Bella andiamo a fargli vedere il vestito!!! >
< Ma Alice! > < Su, non fare la bambina. Anche Charlie ha il diritto di vederlo in anteprima. Anzi … > e sottolineò la parola, 
< Solo Edward non può vederlo! >
Mi parve di notare un sorrisetto beffardo sul volto di mio padre, ma feci finta di niente.

Edward mi disse divertito: < Credo proprio che mi toccherà attendere, ma, come già ti ho detto, l’attesa rende tutto più bello … > < Solo per te! > Replicai io secca. Poi lo accarezzai e mi alzai da tavola. Misi i piatti nella lavastoviglie che, a mio parere era utile tanto quanto il letto dato che in quella casa nessuno mangiava a parte me. Sarebbe bastato lavarli a mano …
Alice mi prese per mano e, seguita a ruota da Charlie, mi portò in camera sua.
Miracolosamente, la stanza era tornata in perfetto ordine.
Charlie però notò che mancava il letto e, incuriosito, chiese:
< Alice, tesoro, questa è camera tua? >
< Sì > rispose lei sospettosa. Che avesse visto qualcosa nel futuro?
< Sai, è davvero molto graziosa … solo, mi chiedevo dove dormissi … >
La mia amica rimase interdetta per qualche istante e poi, con fare disinvolto, mostrò il divano con un movimento fluido e tranquillo della mano.
< Non è un po’ troppo piccolo? Va bene che tu sei minuta, però … >
Ma perché adesso doveva mettersi a giocare al poliziotto. Per la prima volta temetti che potesse insospettirsi.  Sentii gelarsi il sangue nelle vene.

< Sai, io in realtà non dormo qui … > Fece Alice in un tono di voce strano. Stava simulando imbarazzo?
< Dormo in camera di Jasper, con Jasper … >
Mio padre impallidì ma ebbe il buon senso di non fare commenti. Probabilmente quella gli sembrò essere una casa di perversi … Povero Charlie, se solo avesse saputo …
< Ma su, Alice, tesoro! > Le fece tornando al suo solito tono amichevole e affettuoso < Fammi vedere il vestito della mia bambina. >
< Bella, perché non lo indossi? > mi chiese la vampira con un tono che si sarebbe adattato benissimo a una pubblicità.
< Va bene. > Sospirai io. Avrei preferito evitarmela ma volevo anche far felice Charlie, finché potevo.
Alice mi aiutò ad indossarlo, da sola non ce l’avrei mai fatta, mi acconciò i capelli alla buona e poi mi porse le scarpe che io mi infilai. Ci avevamo messo quasi mezzora! E non mi aveva neanche truccata!!! L’avevo detto io che c’erano troppi nastrini, troppi lacci … troppo pizzo! E poi il bustino! Era così complicato che, ne ero sicura, quando fosse stato il momento, Edward non sarebbe neanche riuscito a slacciarlo!
Cercai di pensare a qualcosa di più positivo, tipo che lo avrei messo alla prova di lì a tre giorni.
Quella piccola sadica insistette perché mi mettessi anche il velo. Non potevo credere che lo strascico fosse così lungo!
Alla fine mi permise di uscire dalla cabina armadio, che era più grande di camera mia e in cui c’era uno spazio riservato solo a me, e, con passi incerti, mi avvicinai a Charlie.

Facevo un po’ di fatica a trascinarmi su quelle scarpe nonostante il tacco non fosse affatto alto. Il vestito, che ora mi calzava a pennello grazie alle abili mani di Alice, era difficile da portare ma in un modo o nell’altro riuscii a non cadere.
Quando Charlie mi vide si alzò in piedi con le lacrime agli occhi. Mi venne vicino ma non mi abbracciò, forse per paura di fare danni. Mi carezzò la guancia con le lacrime agli occhi e, con voce commossa, mi confessò: < Sei bellissima. >
Io sorrisi timida e vidi il mio riflesso nello specchio per la prima volta.
Non era Bella Swan che mi osservava colpita dall’altra parte del vetro.
No. Quella era una giovane donna dalle gote rosse e gli occhi lucidi. Non era una bimba impacciata ma una ragazza con gli occhi velati da una dolorosa consapevolezza, nascosta dalla felicità.
Sorrisi al mio riflesso e con una mano tremante lo sfiorai. Non mi ero mai vista bella ma in quel momento mi sembrava di esserlo davvero. Certo, niente a che fare con Rosalie, ma comunque, in qualche modo ero bella anch’io, per lo meno per Edward.
< Sono così felice per te! >
< Grazie papà. >  feci io stingendogli le mani. Facendo una mezza giravolta su me stessa, attentissima a non rovinare niente, gli domandai:
< Allora? Che te ne pare del vestito? >
< Penso che sia stupendo, proprio come te. Sono proprio orgoglioso. Quasi quasi sono contento di accompagnarmi all’altare … > Arrossii e poi guardai Alice.
< Posso toglierlo adesso? >
< Uffa! Vieni. > quell’esserino malefico lanciò un’occhiata disperata a Charlie che scoppiò a ridere e poi mi accompagnò nella cabina-armadio.

Mi sfilò il vestito con grazia ed agilità. In pochi minuti mi ero trovata nuovamente in biancheria davanti al suo sguardo indagatore. Sentii le sue dita gelate scorrermi sul petto e fermarsi poco sopra il mio seno sinistro. Premette leggermente e io la fissai perplessa.
< Che c’è ? > chiesi preoccupata dal suo sguardo incuriosito.
< Niente, credo solo che ti divertirai davvero … >
Non capendo, osservai il punto dove mi stava toccando ed avvampai.
Un grosso segno rosso faceva bella mostra di sé. Lo nascosi con la mano e mi resi conto di non essermi neanche accorta che mi avesse fatto un succhiotto.
< Guarda che non c’è niente di male … Siete così carini … >
I suoi occhi mandavano sbirluccichii.
Mi infilai i miei vestiti di fretta ed uscii da quella camera delle torture.
Mio padre era seduto sul divano ad osservare un catalogo di menù per i pranzi di nozze. Alice, non appena lo vide, si buttò a capofitto in una animata discussione sul numero di portate e la dimensione delle porzioni. Io sgattaiolai via senza farmi notare e sospirai quando mi resi conto di essere finalmente libera.

< Bella! > Sobbalzai e per poco non caddi dalle scale. Ma chi diavolo era il cretino che mi faceva gli scherzi alle spalle? Ma che domande!
Emmett …
Chi altri poteva essere?
< Allora? Com’è andato il pomeriggio di passione e lussurioso? > Possibile che non riuscisse a non prendermi in giro?
< Grazie alla morale bislacca del tuo fratellino, devo dire che è stato un bellissimo pomeriggio, casto ma bellissimo. > Scoppiò in una fragorosa risata e mi appoggiò una mano sulla spalla.
< Pronta per la cerimonia? >
< Non vedo l’ora. >
< Sono molto felice che tu divenga mia sorella. La mia sorellina più piccola! >
< Anche io sono contenta che tu diventi mio fratello maggiore. Ne ho sempre desiderato uno, e ti ho sempre considerato tale. > Mi sorrise gentile e poi, ridendo, mi informò:
< Sarà ,meglio che tu scenda da mio fratello. Edward sa essere molto geloso. E anche parecchio stupido a volte, oserei dire. >
Dal piano di sotto si udì distintamente un bel: < Guarda che ti sento! > a cui Emmet rispose sincero e tranquillo con un : < Lo so! > poderoso e spontaneo. Sorridendo, scesi velocemente le due rampe di scale e saltai dagli ultimi tre gradini tra le braccia di Edward che mi prese al volo.
Mi baciò i capelli e mi posò a terra. Io mi misi in punta di piedi e sfiorai le sue labbra con la lingua. Il suo sapore era buonissimo.
< Bella, devi tornare a casa … > < Per forza? > Chiesi io sconsolata. < Sì. > Rispose lui stringendomi tra le sue braccia. < Ci sarai? > < Certo. >
Sorrisi e chiusi gli occhi.
Charlie ed Alice ci raggiunsero. Non avevo mai visto mio padre così di buon umore …
< Bella, chissà Reneè come sarà contenta di vederti con il vestito! Sei stupenda! > Sembrava tutto compiaciuto, manco il vestito lo avesse cucito lui.
Osservai Edward per vedere cosa ne pensasse, certa che avesse spiato il vestito dai pensieri di mio papà, e invece lo sorpresi a giocherellare con i miei capelli. Sembrava assente. Quando si accorse del mio sguardo fisso su di lui, mi sorrise e mi sfiorò la guancia con le labbra. Lo sentii sussurrarmi:
< Voglio che sia una sorpresa … voglio vederti davanti ai miei occhi, non nei pensieri di qualcun altro … >
Lo baciai. Non potevo credere che non volesse spiare i pensieri degli altri per non vedere il vestito. Certe volte, si comportava proprio all’antica!
Arrivò Charlie che mi fece scogliere dall’abbraccio di Edward. Quando ormai ero a un metro da lui, che era rimasto immobile ad osservarmi, alzai il braccio e tesi la mano verso di lui. Lui fece lo stesso e le nostre dita si sfiorarono. Edward strinse le sue intorno alle mie e portò la mia mano alla bocca per baciarla.
E lì mio padre mi stupì.
Guardò Edward e guardò me. Vide la mia espressione addolorata per la separazione, che lui non sapeva sarebbe stata in realtà alquanto breve, e ci disse:
< Edward, perché non vieni da noi questa sera. Potresti dormire sul divano. Non c’è molto posto a casa nostra ma se ti va … >
Sia io che il mio fidanzato guardammo Charlie. Io ero sconvolta, Edward piacevolmente compiaciuto. Senza mai lasciare la mia mano, mi si avvicinò e rispose educato: < Grazie Charlie. Mi farebbe molto piacere … Vado su a prendere il pigiama … > Mi baciò di nuovo la mano e salì a velocità umana le scale, senza tradire impazienza.
Io e Charlie salutammo il resto dei Cullen e poi ci dirigemmo alla macchina della polizia.
Quando fummo nell’abitacolo, e io mi fui seduta davanti, affianco a lui, gli chiesi:
< Papà, come mai, di punto in bianco inviti Edward a dormire a casa nostra? >
< Voglio farti felice. E poi tanto, lui dormirà sul divano-letto … >
< Beh, anch’io. >
Mi guardò leggermente contrariato. Sapevo che si sforzava davvero di essere carino, sapevo che era contento per me, ma sapevo anche che non gli andava proprio giù il fatto che mi sposassi appena diciottenne. Emise un sospiro scocciato e poi mi ammonì:
< Puoi dormire anche tu di sotto, a patto che non combiniate niente. So che ti stai per sposare e che non posso pretendere ma, per favore, non in casa mia, mentre ci sono io. >
< Non preoccuparti. > Feci io divertita. < Come ti ho già detto, Edward è un tipo all’antica.
Non abbiamo ancora fatto niente di quel genere, e non credo faremo niente fino a … fino a venerdì. Non abbiamo mai dormito insieme … (il che, tecnicamente era anche vero ) > Ero diventata rossissima e la mia voce era incerta. Mi vergognavo tantissimo.
Charlie invece mi guardava come se gli stessi rifilando la bugia del secolo. Si appoggiò allo schienale e cominciò a guardar fuori dal finestrino, dopo aver acceso la musica.
Mi domandai perché Edward ci stesse mettendo così tanto, poi mi chiesi se avesse dei pigiami. In fondo per cosa li avrebbe comprati a fare? Erano passati più di venti minuti da quando era salito in camera sua.
Le mie domande vennero fugate nel momento in cui sentii bussare al mio finestrino.
Edward mi osservava rapito mentre io, mezza addormentata, lo fissavo ebete.
< Fallo entrare. > Mi disse Charlie esasperato. Io mi ero persa a fissare tanta bellezza.
Gli feci cenno di salire e lui obbedì. Era assurdo vederlo da dietro il vetro che ci separava. Mi ricordava il giorno del diploma. Ad essere sincera, mi metteva un po’ di ansia. Mi pareva fosse così lontano, irraggiungibile. Ci fissavamo dallo specchietto retrovisore e lui mi lanciava delle occhiate provocanti a cui io rispondevo facendo gli occhi dolci.
Il povero Charlie invece si sforzava in tutti i modi di ignorarci.

Quando finalmente arrivammo a casa, tirò un sospiro di sollievo ed uscì. Io feci lo stesso e rabbrividii nel momento in cui sentii la fredda aria della sera avvolgermi.
Improvvisamente venni avvolta da qualcosa di morbido e profumato.
Edward mi aveva messo addosso la sua giacca. Io me la infilai e poi mi voltai per osservare il volto dell’uomo che amavo.
Tenendoci per mano, entrammo in casa, preceduti da Charlie.
Nel salotto le rose rosse erano state tutte raggruppate da una parte e il divano era quindi agibile.
Tra le risate io ed Edward ( anche se, ad essere sinceri fece tutto lui ) riuscimmo a farlo diventare un letto matrimoniale. Con un po’ di sforzo recuperammo delle lenzuola e delle coperte. Dopo il nostro fantastico lavoro il mio salotto sembrava un campo profughi ma a me andava benissimo così e, a giudicare dallo sguardo, anche a lui.
< Dormi in mutande? > Gli chiesi speranzosa quando fui sicura che Charlie, che era andato in cucina, non sentisse.
< Se vuoi, ma non credo che tuo padre gradirebbe … >
< E come fai con il pigiama? >
< Ho portato quello blu, ti piace? > E così dicendo mi mostrò un pigiama che aveva tirato fuori da uno zaino che non mi ero neanche accorta avesse portato con se. Di solito in effetti ero troppo occupata ad osservare il suo viso per avere il tempo di vedere cosa tenesse in mano.
Il pigiama era bello. Pantaloni blu scuro e maglietta a mezze maniche dello stesso colore.

In bianco, disegnato sul davanti della maglietta, un leone e un agnellino seduti vicini. Sembravano i disegni di un fumetto.
Li sfiorai con le dita della mano destra e poi dissi:
< Te lo sei fatto fare apposta? >
< Certo. Ti piace? > Sorrisi e gli dissi: < Sì, lo voglio anch’io! >
< Va bene, provvederemo. >
Detto questo, mi accompagnò in camera, dove afferrai il primo pigiama pulito che ebbi sotto tiro. Una semplice camicia da notte bianca, molto carina e piuttosto corta.
Andammo in bagno ma l’unica a lavarsi fui io.
< Come mai ci hai messo tanto a venire, prima? >
< Ah, beh, è semplice. Dovevo tossire fuori le carote! > mi rispose divertito. Annuii e poi mi lavai i denti.
< Pensciavo che non trovassci gnente che scembrassce un pigima … Mi ero preoccupata … > Aggiunsi dopo un po’ per giustificarmi, con la bocca piena d’acqua.
< No,no. Ma di cosa ti preoccupi? Al massimo avrei usato una tuta! >
Siccome era una risposta ragionevole, non ebbi nulla da ribattere e finii di lavarmi i denti.
< Esci. > Gli intimai quando ormai ero a posto. < Perché? > mi chiese lui sorpeso. < Perché devo fare pipì! > Risposi imbarazzata. Lui si mise a ridere e mi
scompigliò i capelli affettuosamente.
< Va bene, va bene, me ne vado. Mi cambio in camera tua. > Così dicendo uscì, non senza avermi dato un bacio sulle labbra.

Io feci in frettissima, una scheggia. Mi lavai le mani e corsi in camera mia, nella speranza di non essermi persa tutta la parte più interessante. Spalancai la porta e mi resi conto che ero stata un’ingenua. Lui era già lì, con addosso il suo pigiama, ad aspettarmi. Mi sorrise e mi chiese. < Non ti metti la camicia da notte? > Mi resi conto solo in quel momento di aver ancora addosso il costume, sotto i vestiti. Mi sarei dovuta togliere anche quello!!! < Ti piacerebbe che lo facessi davanti a te … > gli dissi ironica e maliziosa mentre mi avvicinavo al mio armadio. Aprii il cassetto della biancheria e presi solo le mutande, ben attenta che Edward se ne accorgesse. Mi fece uno dei suoi sorrisi sghembi ed uscii dalla stanza.
Mi tolsi i vestiti e il costume in fretta e poi mi infilai la roba pulita.

Aprii impaziente la porta e scesi le scale fino ad arrivare in soggiorno. Sul mio divano letto il mio miracolo personale mi stava aspettando. Presi la rincorsa e saltai sul letto ridendo come una bambina.

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Capitolo 15
*** Madri, figlie e sorelle ... ***


Per prima cosa, ringrazio tutte per la costanza con cui mi seguite.
Dato che questo capitolo sarà un po’ cortino (sorry) posso ringraziarvi per bene!
Chiedo scusa in anteprima per le gran cavolate che scriverò nei ringraziamenti. Ho però appena finito di vedere Lo Svarione degli anelli per tirarmi su di morale! -anche se nel capitolo non sembra- Non so se vi rendete conto!

Gocciolina, BellaSwan95, momob bello il pigiama vero? Però più che in pigiama, io Edward vorrei vederlo al naturale!
alice brendon cullen
sono felice che ti sia piaciuta la scena del pigiama! Appena faccio MSN ti do il mio indirizzo !!! ( credo Mercoledì … )
HopeToSave
grazie per il commento e anche per il resto. Intendi bene …
hachicat
sei sagace come al solito … ma non potrei mai chiamarti questo pomeriggio !!! troppa paura di darti fastidio. Poi chiedo alla Laury se dobbiamo andare a fare compere!!!
Lilian Potter, cara mia perfida amica, anche senza boxer! Tu che ne dici? 
crusade grazie per i bellissimi complimenti !!! e per avermi lasciato il tuo bellissimo commento !!!
Pocia
vedrò se riuscirò a mantenere il ritmo.
bells87 sapessi come ti capisco !!! sto facendo una fatica per conciliare scuola e passioni !!!
sophie_95
anche senza, tu che ne dici?
KiraraMiranda non preoccuparti! Leggi quando hai tempo e prepara il portafoglio …
Saphira87
grazie, per i complimenti e per l’altra cosa … thanks
Hele91
sono contenta che non sia troppo smielato e che ti sia piaciuto!!!
yuyutiamo
non farti certi problemi! A me interessa che la storia vi piaccia! Certo, se lasciate un bel commento mi fate felice! Continua a seguirmi!!!
Infine grazie a
scheggia94!!! Sei stata la cinquantesima ad inserire la mia storia tra i preferiti!!!
E alla 51esima persona che però non sono riuscita a capire chi sia ( avevo già ciccato sul tuo nome e non riesco a distinguerlo da quello delle altre! Scusa!!!)

Questo è un capitolo di transizione, spero possa piacervi lo stesso. domani posterò il seguito se faccio in tempo!!! Il prossimo cap però è molto importante, quindi preferisco metterci un po' più tmepo magari ma farlo proprio bene!
Finalmente ho delineato il finale!!! Ho in mente una cosa molto bella ma molto Erika's style. tenetevi pronte! Commentate numerose!!!

Ciao e grazie   

                              Cassandra

Forse ci misi troppa foga nel salto …

Sentii un cigolio sinistro ed Edward, scuotendo la testa fingendo sconforto, mi disse:
< Se rompi il divano, mi toccherà ricomprarlo a Charlie! >
< Sarebbe un problema? > Domandai curiosa della risposta …
< No, non credo. > mi abbracciò stretto e accese la televisione. Aveva inserito un DVD nel lettore ed era appena partito il film. Charlie venne a salutarci e a darci la buona notte. Mi guardò male mentre io mi stringevo al corpo di Edward
L’inizio era abbastanza promettente, ma sinceramente, mi addormentai dopo neanche dieci minuti. L’ultima cosa che ricordo erano i titoli di testa! Ah già, è vero. Come potevo dimenticarmi delle labbra gelide di Edward sulle mie guance? Del suo respiro sulla mia pelle?
< Bella, è tardissimo… Dormi … > La sua voce giungeva a me da lontano. E da lontano mi accompagnava nel mondo dei sogni.

Quando l’indomani aprii gli occhi,mi resi conto di essere aggrappata ad Edward. Il suo corpo era tiepido. Nell’aria aleggiava ancora il profumo dei suoi fiori.
Le sue braccia mi cingevano lievi e delicate, come le sue dita sulla mia schiena.
Stava guardando fuori dalla finestra. Lo sguardo perso nel vuoto.
Non si era accorto che avessi aperto gli occhi e che lo stessi fissando rapita.
Con un movimento repentino, mi allungai e gli diedi un bacetto sulla guancia.
Si voltò lentamente e, sorridendomi, mi domandò:
< Dormito bene? >
< Benissimo. Sei caldo … > Sussurrai facendo scorrere le mie dita sulla pelle diafana del suo viso.
Mi baciò la fronte e mi sussurrò: < Colpa tua … sono rimasto sotto le coperte con te e il tuo calore ha fatto il resto. Spero tu non abbia avuto freddo. Ti ho messo addosso un’altra coperta … >

Mi accarezzava le gambe nude, infilò le mani sotto la camicia da notte per accarezzarmi la pancia, la schiena, il seno. ebbi un fremito quando le sue mani scesero ben più in basso.
< Ti amo. > mi sussurrò tra un bacio e l'altro. Le sue labbra, dure ma allo stesso tempo delicate, percorrevano ogni centimetro libero della mia pelle.

Sorrisi e poi vidi che il DVD segnava le 9.
Balzai a sedere e guardai Edward.
< Alzati!!! È tardissimo!!! > gli intimai.
< Dai, stai calma … >
< Perché non mi hai svegliata!!! >
< Dormivi così bene. >
< Ma cosa vuol dire!!! Dobbiamo andare a prendere Reneè! >
< Ci è già andato Charlie. Ci ha visto dormire così bene che non ha voluto svegliarci. >
Lo guardai male e poi scesi dal letto. Mi fiondai in camera mia e scelsi dei vestiti che potessero sembrare adatti ad una giornata quasi speciale. Optai per un paio di jeans e una camicetta bianca ed attillata. Tra il lavarmi e il vestirmi, persi circa mezzora.
Quando tornai in salotto, trovai la stanza perfettamente in ordine. Edward, vestito, pulito ed ordinatamente spettinato, mi aspettava seduto tranquillo sul divano. Teneva tra le mani uno dei mazzi di fiori che mi aveva mandato.
Mi sedetti accanto a lui e annusai le rose.
Erano ancora fresche perché mio padre si era premurato di metterle dentro dei vasi. ( siccome non avevamo 50 vasi, moltissime erano finite nella vasca piena d’acqua del bagnetto del primo piano. )
Edward mi sussurrò:
< Rose rosse per la passione e il desiderio. Fiori d’arancio per la verginità. Fiori di pesco per l’amore immortale … >
Alzai gli occhi dalle rose per incontrare i suoi. Lui mi sorrideva divertito e innamorato.
< Come sei romantico … >
Non mi rispose e si limitò ad alzare le spalle. Mi sistemò i capelli e poi si alzò.
< Ci conviene muoverci. Charlie ti ha lasciato un biglietto in cucina, vicino alla tua colazione. >

Quando entrai in cucina non potei non notare un grosso foglio di carta scritto di fretta: “ Bells, vado a prendere Reneè e Phil all’aeroporto. Ci vediamo a casa di Carlisle. Fate con comodo ma evitate di fare cavolate. Papà.” Lo piegai ridendo e lo posai sotto il vaso della frutta.
Mangiai velocemente la barretta di cereali che mio papà mi aveva lasciato sul tavolo. Fece la stessa fine la mela verde e il succo d’arancia.
Quando ebbi finito andai da Edward che mi stava aspettando.
< Mi porti in spalla? > Domandai quando mi resi conto che eravamo venuti con l’auto della polizia e che quindi eravamo appiedati. Di certo non avrebbe guidato il mio Pick up …
< E poi come lo spieghiamo a tuo padre? >

In quel preciso istante, il rombo potente di un motore invase l’aria spezzando il silenzio.
Non dovetti neanche sbirciare dietro le tendine per sapere di chi fosse quell’auto.
Mi bastò il sorriso ironico e beffardo di Edward per capire che oltre la porta mi attendeva Alice.
Aprii la porta d’ingresso e le mie supposizioni trovarono conferma.
< Bella, andiamo. Tua madre sta per arrivare. Sbrigati! >
< Eccomi, eccomi. > scossi la testa sconsolata e mi infilai nella Porche gialla che faceva bella mostra di sé nel mio vialetto. Il mio povero Pick up mi guardava sconsolato e un po’ arrugginito.
Mi mancava il suo ruggito da vecchio fumatore incallito…

< Alice, cosa abbiamo in programma per oggi? >  domandai dopo essermi accomodata sul sedile posteriore, sulle gambe di Edward.
< Di tutto e di più. > mi rispose lei divertita e poi continuò:
 < Sfilatina davanti a Reneè ed Esme, prova con Emmett del discorso e altre cosine del genere. >
Sembrava stesse facendo l’elenco della spesa, non che stesse preparando un matrimonio.
Io ed Edward durante il tragitto, che impiegò davvero pochissimo tempo, rimanemmo abbracciati ad accarezzarci, le nostre mani intrecciate.

Arrivati a casa Cullen, smontammo e potei notare quanto tutto fosse perfetto.
Angosciante ma perfetto. La prima cosa di cui però mi accorsi fu una chioma folta e viola venirci incontro.
< Isabella! Che piacere rivederti! Allora, come stai? Emozionata? >
< Ciao Laura … > sospirai sconsolata. Lo sapevo che mi sarebbe toccata la solita tortura e, in un certo senso, quasi non vedevo l’ora che fosse tutto finito … che io diventassi una Cullen …
Baciai Edward sulle labbra e feci per entrare ma lui, come sempre, mi trattenne per regalarmi un altro bacio, lungo e dolce.  Le sue labbra scesero sul mio collo e si posarono sulla scapola.
Mi carezzò il viso e poi mi lasciò andare.
Mentre salivo le scale, in uno stato di beatitudine simile a quello di una persona che ha appena assunto sostanze stupefacenti, Alice mi disse:
< Bella, pensa alle scale invece che ad Edward … > e mi afferrò prima che mi spiaccicassi sulle scale e che  il mio sangue andasse a sporcare il tappeto. Edward non credo che avrebbe gradito.

Le due ore successive furono un continuo < Sposta a destra la faccia, così … sì, perfetto. > oppure < Uh, guarda che amore questa pettinatura! Stai così bene con i riccioli! > ma anche < Devi cercare di non cadere, e quei tacchi non sono alti! > , i < Mettici più enfasi quando ripeti le parole. Ti stai sposando!!! > non si sprecavano.
 Non so quante volte quelle due pazze mi dissero: < Bella, non lamentarti sempre! >
Non era vero che mi lamentassi sempre. È solo che mi trattavano come fossi una Barbie. Purtroppo però, a me i capelli si staccavano se li si tirava con forza per cercare di farli stare in una forma innaturale!
 In parole povere, un vero tormento.
Emmett, che mi osservava dal divano di Alice, sorrideva e talvolta soffocava una risata.
Io mi sforzavo di rimanere seria ma certe volte scoppiavo a ridere mentre cercavo di ripetere.
L’isteria talvolta trapelava dalla mia voce.
Dopo un paio d’ore la signorina ci lasciò dicendo che era ora di pranzo e che doveva andare. Ci salutò e ci disse che sarebbe tornata l’indomani.
Sospirai di sollievo quando la vidi sparire dietro la porta.
Per circa un’altra mezzora rimasi in balia di Alice e delle sue idee strampalate.
Ormai ero esausta e mi lasciai cadere sul tappeto. Quella sadica mi aveva costretta a fare le prove della camminata!!!
Ero assurda. Vestita come ero uscita di casa, con i capelli acconciati elegantemente e con delle scarpe bianche con il tacco ai piedi.

Poi sentii la porta d’ingresso aprirsi e la voce dolce e melodiosa di Esme salutare mio padre e poi dire:
< Reneè, cara. Charlie, Phil. Benvenuti a casa nostra. È un piacere avervi qui! >
Non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata mia madre. Di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che l’avevo vista, insieme ad Edward, quando ero andata a trovarla a Jacksonville.
Sentii un moto di nostalgia invadermi. Mi liberai in fretta delle scarpe e spalancai la porta della camera di Alice. Scesi le scale praticamente correndo e mi fiondai tra le braccia della giovane e bella donna che mi osservava con gli occhi tristi.
Feci in tempo a notare Edward che mi ammirava. Avrei potuto giurarlo, sembrava triste. Appena si accorse che lo stavo guardando, mi sorrise, si toccò i capelli e poi fece finta di coprirsi gli occhi. Mi resi conto di avere i capelli acconciati!

Poi però fui avvolta dall’abbraccio di Reneè.
< Bella, tesoro. Quanto mi sei mancata! >
< Anche tu mamma, anche tu. >
Mi baciò le guance e poi vi passò sopra le mani.
< Non piangere tesoro. >
< Come? > feci io sorpresa. Poi mi toccai le gote e mi resi conto che erano rigate di lacrime.
Piangevo, e piangevo eccome!
Mi strinsi a mia madre e cominciai a singhiozzare. Lei mi accarezzava la testa stringendomi tra le sue braccia. Proprio come faceva quando, da bambina, mi facevo male.
Rimanemmo in quella posizione per alcuni minuti poi Emmett prese le loro valige e le portò in una stanza del primo piano. Mia madre e Phil avrebbero alloggiato in un albergo non molto distante da casa di Charlie ma avrebbero trascorso il pomeriggio con noi, a casa Cullen. Charlie ci salutò e se ne andò perché, diceva lui, aveva una cosa importante da fare. Io ed Esme prima accompagnammo in bagno Reneè e suo marito per rinfrescarsi e poi facemmo vedere loro il giardino dove si sarebbe svolta la cerimonia. Dopo alcuni minuti ci raggiunse anche Rosalie che, abbracciata ad Emmett, attirava gli sguardi stupiti di Phil e Reneè. Era stupenda nel suo vestito semplice e leggero. Oserei dire anche abbastanza corto.

Mia madre era a dir poco entusiasta. In fondo lei ed Alice andavano molto d’accordo.
< Bella! È tutto meraviglioso! Ancora meglio del Messico! È tutto così magico! >
Phil, che la osservava cingendole il bacino con un braccio, le baciò la guancia e poi le propose:
< Invece che a Disney-World, potremmo organizzare  un secondo matrimonio in un agriturismo. >
Mia madre si voltò e lo baciò appassionatamente.
Quando le ebbi mostrato tutti i preparativi per la cerimonia la portai in cucina e le offrii dell’acqua. Non mi ero accorta che Esme fosse rimasta in giardino con Emmett e Rosalie. Era stata con noi fino a cinque minuti prima …
< Bella, sei davvero fortunata. Ti vogliono tutti così bene! Anche Esme e i fratelli di Edward … La loro è proprio una bellissima famiglia. >
< Sì, hai proprio ragione. Sono tutti fantastici! >
< Tesoro, sono davvero felice che tu sia contenta però promettimi: Non scordarti che la tua vita è tua. Non rinunciarci per amore. > Non sapeva quanto le sue parole su di me avessero lo stesso effetto di lame affilate attraverso il mio cuore.
Phil rimaneva zitto ed annuiva alle parole di Reneè.
< Piccola mia, non scordarti che io per te ci sarò sempre. Se avrai un problema, qualsiasi tipo di problema, non esitare a venire da me. E mi raccomando, dacci dentro con l’università! E non avere fretta. Aspetta un po’ prima di avere dei bambini! Nel caso però, voglio che tu mi avvisi subito. Voglio saperlo per prima! >
Era doloroso doverle dire di sì e sapere che in realtà non l’avrei mai chiamata per dirle che ero incinta. Che non sarei potuta andare da lei per farle vedere dei nipoti che non avrebbe mai avuto. Per lo meno però, lei aveva Phil. Con lui avrebbe potuto ricostruirsi una famiglia, avere altri figli. Charlie invece non aveva nessuno tranne me e presto, sebbene non volessi, mi avrebbe persa. Cercai di scacciare quei pensieri e chiesi a Reneè:
< Mamma, ti va di vedere l’abito? È bellissimo! >
< Non avevo il coraggio di chiedertelo e mi chiedevo quando me lo avresti proposto! >
Rideva e, dal suo modo di fare, sembrava essere una ragazzina. Era rimasta la mia migliore amica.
La presi per mano e la portai in camera di Alice. Non mi ero accorta che Carlisle, Esme e persino Edward ci avevano preceduto. Erano tutti nella stanza …

Quando entrai, la prima cosa che notai, fu lo sguardo infuriato di Edward.
Poi vidi Alice.
Si teneva le mani tra i capelli, seduta a terra. Le sue gambe erano piegate in una posizione innaturale, le ginocchia unite. Pareva fosse crollata all’improvviso. Jasper le teneva una mano sulla spalla. Lei tremava e teneva gli occhi chiusi.

Mia madre chiese preoccupata:
< Alice, tesoro! Stai male? >
Emmett le pose una mano sulla spalla e ci disse:
< Andiamo, lasciamola un attimo con Carlisle. > e ci guidò fuori dalla stanza. Io guardai Edward in preda all’angoscia. Lui però non si volse nella mia direzione. Guardai quindi Alice. Lei aprì gli occhi nascosti in parte dalle mani e i nostri sguardi si incontrarono per un istante, prima che Emmett mi trascinasse via.
Non potrò mai dimenticare quello sguardo.
Terrore puro sul volto perfetto di Alice.
Mi sentii male e le gambe mi cedettero. Cosa avrebbe mai potuto spaventare Alice a quel modo?
Cosa avrebbe potuto terrorizzare tutta la famiglia Cullen?

La consapevolezza del conoscere la risposta mi fece piombare nell’oscurità.
Ebbi paura, tanta paura …

 

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Capitolo 16
*** Ultimi giorni ***


Grazie per i bellissimi commenti che mi avete lasciato!!!

E ora … attimo di suspense … Volturi o Codardia di Bella di fronte all’altare? Chissà chi ha indovinato?
Per scoprirlo, dovrete leggere il capitolo che, come al solito (SIGH) ho scritto ieri notte …
Ho preferito rimandare al capitolo 17 la parte più bella, se no avrei dovuto renderla troppo breve e non mi andava di liquidare quel pezzo con due parole e via!
Spero che però questo cap possa piacervi lo stesso.  Tenetevi pronte per il gran finale! Anche se, visto che mi piace troppo questa mia prima Long-Fiction, credo che potrei andare avanti ancora qualche capitolo, tanto per rendere la storia più completa e non affrettarla troppo!
E ora, i ringraziamenti:Tenete però conto che sto ancora smaltendo i postumi dello Svarione!!!Sorry

Princesseelisil, lo scoprirai tra poco … spero di non deluderti.
HopeToSave
non sono stata meschina … Dato che non credo nell’ottimismo, penso che la Suspense sia il sale della vita!!! Grazie XD
BellaSwan95 se vado avanti come mi piacerebbe, credo che avrai bisogno di un doppio bypass …
Meletta sono contenta che ti piaccia!
momob
sei troppo buona.
alice brendon cullen povero san Crispino! Anche io voglio i fiori, anche io voglio Edward!!! XD
Lilian Potter
dimmi la verità, tu aspetti per poter essere la settima? Ho aggiornato così potrai scoprire la verità!
yuyutiamo Devi assolutamente vedere i due porri, La compagnia del verginello era bellissimo ma GOLLUM CHE NON RIESCE AD ANDARE IN BAGNO!!! Devi vederlo!!!
 Gocciolina
centro secco! Però si capiva … Ho rimandato al prossimo cap per poter fare una cosa bella lunga!!!
novilunio
Grazie!!! 15 capitoli in un colpo solo, povera te! Spero non sia stata una lettura troppo pesante!
chichetta99
Lo scoprirai presto …
Saphira87
fai un bel respiro e pensa che ci sia Edward a calmarti ( così è la volta buona che ti viene un infarto. A me verrebbe di sicuro! XD )
 PenPen non preoccuparti! Leggi quando puoi, e se puoi recensisci! Thanks
hachicat
la mia indole non perdona! Preparati!
giulia9_91, algin91 
non preoccupatevi, il mistero verrà svelato! XD
Grazie per tutti i vostri bellissimi commenti!!! Spero continuerete a lasciarmene!
Grazie anche per aver inserito la storia tra i preferiti a:  
chichetta99crepuscoloJayne

Spero di riuscire a postare presto!!! Cassandra

Sentii la voce spaventata di Reneè che mi chiamava da molto lontano.
Alla sua voce terrorizzata si unì quella di Emmett, forte e potente.
Poi udii quella di Edward, agitata e sconvolta. Il pavimento sotto le mie guance era duro e freddo.
Freddo almeno quanto le braccia di Edward che mi presero in braccio e mi portarono in camera nostra.
Di quello che accade nei minuti successivi non serbo alcun ricordo.
Quando ripresi coscienza di me stessa, ero adagiata sul letto. Mi avevano messo addosso una coperta. Le dita di Edward, bagnate, scorrevano gelate sulla mia fronte.

Aprì gli occhi gridando. Quando vidi Edward al mio fianco, mi aggrappai alle sue spalle e cominciai a piangere. I singhiozzi mi impedivano di respirare.
Lui mi accarezzava la schiena per tranquillizzarmi e io, terrorizzata, lo strinsi di più a me, come se avessi paura che me lo portassero via da un momento all’altro.
Carlisle cercava di separarci, ma io non ci pensavo neanche a lasciare il mio fidanzato.
< Calmati Bella, calmati. Non è successo niente. Va tutto bene.>
< Edward … > Singhiozzai stringendomi di più a lui.
< Bella, lascia, stai sdraiata. > Carlisle era chino su di me. Lasciai che mi sciogliesse dall’abbraccio e che mi sentisse il polso. Mi porse delle pastiglie. Non chiesi neanche cosa fossero. Aprii la bocca e lasciai che le appoggiasse sulla mia lingua. Edward mi tese un bicchiere d’acqua che io bevvi tutto d’un sorso.

< Va meglio? > Mi chiese lui, preoccupato.
Io lo guardai terrorizzata.
Mi accarezzava la guancia con affetto.
Io poggiai la mia sulla sua e chiusi gli occhi.
Carlisle mi riaccompagnò gentile sul cuscino.
< Edward. >dissi cercando di mantenere un tono di voce tranquillo ma fallendo in pieno.
< Sì, bella? > mi chiese titubante.
< Edward, che cosa ha visto Alice? >
Rimase in silenzio per alcuni secondi che a me parvero interminabili, poi, finalmente, mi disse:
< Non ti devi preoccupare, ha visto che andrà tutto bene. >
< Cosa? > chiesi io portandomi le mani sugli occhi.
< Arriverà un piccolo contingente, tre, massimo quattro guardie. Hanno deciso proprio in quel momento. Hanno aspettato fino all’ultimo. >
< Per noi? > riuscii a domandare io con un filo di voce.
Con le sue mani fredde sciolse i pugni che avevo stretto e posto sugli occhi. Intrecciò le sue dita con le mie e mi sussurrò: < Vogliono solo venire a controllare che io presti fede alla promessa. Niente di più. Devi stare tranquilla. Ti proteggerò io > e proprio di quello avevo paura io. Temevo che, per proteggermi li facesse irritare … che loro potessero fargli del male.

Aprii gli occhi per scrutare nei suoi, alla ricerca di qualcosa che potesse suggerirmi che quello che mi diceva fosse falso. I suoi bellissimi occhi mi fissavano, immortali. Tesi le braccia verso di lui che si abbassò fino a baciarmi la fronte. Io rimasi ferma, stringendolo a me.
< Dov’è Reneè? > Chiesi quando il suo respiro mi ebbe calmato un po’.
< In cucina. Esme ha preparato a lei e a Phil il pranzo. È scesa poco fa. > rispose lui cortese.
Annuii e poi posai la mia faccia nell’incavo del collo di Edward. Lui mi cullò per qualche minuto, sussurrandomi parole gentili e rassicuranti.
Quando mi sentii meglio, mi sedetti e mi levai la coperta. Edward mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi. Ero in pigiama. < Va meglio adesso? >
Annuii e mi appoggiai a lui che mi sorresse.
Riuscii a chiedere: < Quando? >
< Venerdì. >
Chiusi gli occhi. Non riuscivo neanche a pensare. La bocca era asciutta e non riuscivo a deglutire.
Carlisle mi carezzò il capo ed uscì. Lasciò me ed Edward soli.

Ci stringemmo in un abbraccio dolce e io scoppiai di nuovo in lacrime.
Le immagini veloci dei miei due incontri con quelle creature millenarie e misteriose scorrevano come fiumi impetuosi dalla mia memoria. Mi sentivo male. Avevo un blocco allo stomaco e mi girava la testa.

Edward lasciò che mi sfogassi e poi si chinò, per far in modo che i suoi occhi fossero all’altezza dei miei. Mi fissava rassicurante.
< Pronta per scendere a rassicurare Reneè? >
< No! > e scoppiai a piangere di nuovo. Mi prese tra le braccia e si sedette sul letto. Mi cullò finché non smisi di singhiozzare.
< Ok, andiamo … > Dissi quando il mio cuore ricominciò a battere a una velocità normale.
< Va bene. Ti accompagno in bagno. > E così fece. Mi lavai il volto con acqua gelata per cercare di riacquistare lucidità.
< Te la senti di mangiare qualcosa? >
Scossi la testa asciugandomi il volto. Non ribadì niente.
Scendemmo le scale ed entrammo in cucina.

< Ciao mamma. > Dissi io cercando di cancellare la disperazione dalla mia voce.
< Bella, tesoro! Come ti senti? Stai meglio? >
< Sì, adesso sto bene. >  Carlisle si introdusse nel discorso nonostante fosse appena entrato nella stanza:
< Bella ha avuto solo un piccolo mancamento. >
< E Alice come si sente? > Chiese mia madre, visibilmente preoccupata. Si era vista svenire figlia e relativa damigella a tre giorni dal matrimonio, in contemporanea e dal vivo, dopo un giorno intero di viaggio. Pareva parecchio stressata.
< Alice sta bene. È solo un pochino stressata. Un pomeriggio di riposo e starà benissimo! >
Sembrava averla convinta. Notai che nella stanza mancavano, oltre ad Alice, anche Jasper, Emmett e Rosalie.
Mi sedetti affianco ad Edward ed Esme mi porse una camomilla. Il mio amore mi cinse il bacino con un braccio. Cercai di mantenere la calma per non agitare mia madre.
Quando ebbi finito dissi: < Vado a vedere come sta Alice. > mi alzai e, senza guardare mia madre in faccia, uscii dalla cucina. Salii le scale e, arrivata davanti alla stanza di Alice, rimasi ferma qualche istante. Non sapevo neanch’io se volessi entrare e scoprire la verità o fuggire a gambe levate.
Optai per l’entrare. Bussai e la voce affabile di Jasper mi disse: < Entra, Bella. Prego. >
Abbassai la maniglia ed aprii la porta.

Alice, tra le braccia di Jasper, se ne stava seduta sul divano. Lo sguardo era vacuo, perso nel vuoto oltre la vetrata. Emmett e Rosalie restavano in silenzio, in piedi l’uno affianco all’altra e osservavano Alice, che in quel momento mi parve davvero piccola ed indifesa.
Edward, che era entrato senza che me ne accorgessi, mi abbracciò teneramente da dietro. Io urlai spaventata ma una sua mano, velocissima, si spostò sulla mia bocca e mi impedì di continuare, o forse fu la sua voce vellutata e melodiosa che mi fece smettere di urlare.
< Tranquilla amore, sono io. Va tutto bene. >
Mi abbandonai stanca alle sue braccia e chiusi gli occhi.
Carlisle sopraggiunse e mi disse:
< Bella, Tua madre sta per andare in albergo. L’ho convinta che per oggi restiate tranquille, tu e Alice. Emmett, vai ad aiutarli con i bagagli. >
Suo figlio annuì ed uscii dalla camera.
< Bella, non devi preoccuparti di nulla. Alice ha già visto. Andrà tutto bene. Non ci saranno inconvenienti. Vedrai che risolveremo tutto nel migliore dei modi. >
Sembrava convincente ma temevo mi stesse ingannando. Lo temevo perché non mi erano sfuggite le occhiate che lanciava ad Edward o lo strano senso di calma e torpore che mi aveva invaso dopo un cenno di Edward a Jasper. Terrorizzata sì, ma scema no.
< Cosa hai visto di preciso Alice? > Chiesi con il tono più pacato che potessi permettermi.
< Bella, ne parliamo dopo. Ora andiamo a salutare Reneè e Phil. >
Contrariata, mi lasciai trascinare fuori dalla stanza e giù per le scale. Sapevo che, durante la mia assenza, avrebbero costruito una bella storiella da propinarmi, e questo non mi andava per niente.

All’ingresso, trovai Esme che salutava amabile e tranquilla mia madre e Phil. Accanto a lei, Carlisle sorrideva gentile.
< Bella, tesoro. Sicura di sentirti bene? Sei così pallida! Se vuoi posso restare, vero Phil? Sempre che a Esme e Carlisle vada bene? >
< No, mamma. Sto bene. Sono solo un po’ stanca. Non è niente. >
Ci abbracciammo e poi ci salutammo. Li osservai salire sul taxi e sparire dietro la curva del vialetto. In quel momento il mio stomaco si ribaltò su sé stesso facendo il triplo salto carpiato all’indietro e costringendo la camomilla a fare la strada a ritroso fino alla mia bocca.
In due secondi fui per terra. Mi tenevo lo stomaco mentre tossivo. Esme mi teneva i capelli dietro la testa. Quando ormai i miei conati non poterono più espellere niente, mi rialzai in piedi barcollando e mi appoggiai al muro.
< Esme, adesso pulisco … >
< Ma ti pare tesoro? Devi riposarti … >
 Edward mi prese in braccio e mi portò al terzo piano. Mi fece sedere sul letto, su cui mi abbandonai, e poi entrò nel bagno attiguo alla nostra camera. Sentii il rumore dell’acqua che scorre …

Il mio cervello finalmente aveva ricominciato a funzionare.
Ora riuscivo perfettamente a realizzare che un contingente formato da tre vampiri, spietati e crudeli,
sarebbe venuto a Forks per assicurarsi che anche io divenissi una di loro. Fredda, dura, immortale. O che se no morissi. Per loro era totalmente
indifferente?
Non credo. Aro era curioso di conoscere in cosa si sarebbero trasformate le mie attualmente solo potenzialità. Poteva la curiosità di uno dei tre Volturi far sì che rimanessi viva per il tempo che ancora mi serviva? Non lo sapevo e ciò mi faceva girare la testa. Sarebbero stati lì, loro che si cibavano di sangue umano, in mezzo ai miei amici, alla mia famiglia. Ero stata tanto stupida da esporre tutti loro ad un pericolo tale? Come avevo potuto?
Senza rendermene conto mi portai le ginocchia al petto e mi feci piccola piccola. Proprio come quando Edward se ne era andato ed io ero rimasta, a sua insaputa, in balia di Victoria. Proprio come quando mi sentivo tanto fragile da essere convinta che sarei andata in pezzi da lì a pochi istanti.

Chiusi gli occhi e tentai di pensare che sarebbe andato tutto bene.
Le mani di Edward, calde e umide, mi cinsero in un abbracciò e mi portarono in bagno.
Mi fece sedere sul cesto della biancheria sporca e mi sfilò la maglietta e i pantaloni. Le sue mani, veloci e discrete, mi lasciarono nuda davanti a lui.
< Hai bisogno di un bel bagno caldo. > Mi disse ad un certo punto. Io non risposi. Non dissi o feci niente, lasciavo che facesse tutto lui. Mi immerse con delicatezza nella vasca piena d’acqua e di schiuma. Rimasi a mollo per un bel po’. Gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro.
La mia mano, che sporgeva oltre il bordo della vasca, era avvinghiata a quella di Edward.
Alla fine dissi, per tranquillizzare Edward: < Amore, però così non vale … tu mi hai vista nuda per ben due volte mentre io non ti ho mai visto … nudo … >
Una mezza risata invase l’aria e le sue labbra prima sfiorarono la mia mano e poi si spostarono sulla mia fronte.
< Non preoccuparti. Quel momento arriverà presto. >
Sapevamo entrambi che stavamo fingendo. Che la gioia nelle nostre parole era falsa.

Quando oramai l’acqua era diventata fredda, uscii dalla vasca. Edward, tenendo gli occhi chiusi, mi avvolse in un enorme asciugamano ed uscii. Mi asciugai mentre lui andò a prendermi un cambio pulito. Mi rivestii un fretta mentre il mio fidanzato, che continuava a tenere gli occhi chiusi, era voltato dall’altra parte. Mi lavai i denti e, quando fui pronta, presi Edward per mano ed uscii nel corridoio. Carlisle ci aspettava appoggiato al corrimano delle scale.
< Bella, come ti senti adesso? Un po’ meglio? >
Annuii e poi lo seguii giù per le scale. Ci condusse al salotto del secondo piano.
Quando entrai potei notare i volti di tutti i componenti della famiglia Cullen fissare il mio. Io ed Edward prendemmo posto su un piccolo divano a due posti, vicino alla poltrona su cui sedeva Esme, di fronte al divano su cui avevano preso posto  Alice e Jasper.
Carlisle, che era seduto alla nostra destra, fu il primo a parlare:
< Bella, io voglio che tu sappia che ne tu, ne nessun altro qui a Forks corre alcun rischio. Basterà prendere piccole precauzioni. Capisco perfettamente che tu sia agitata o che tu abbia paura ma sappi che non ve ne è alcun motivo. Ho già contattato i Quileute. Per precauzione, i Black sarà meglio che non prendano parte alla cerimonia. Sam ha già detto che il branco rimarrà entro i confini di La push,  solo uno o due elementi saranno a Fork, a controllare in caso di bisogno.
Nessuno corre alcun rischio. Vengono solo per controllare lo svolgersi degli eventi. Saranno discreti e, cosa più importante, non infrangerebbero le loro stesse regole. Avremo a che fare con tre guardie che morirebbero pur di non andare contro un ordine impartito dai Volturi. Non attaccheranno nessuno e cercheranno di non farsi notare. Resteranno nascosti ai più. Agiranno nell’ombra. Ci contatteranno domani. >

Io chiusi gli occhi e mi appoggiai ad Edward. Con voce flebile sussurrai:
< Siete sicuri che non ci saranno problemi? Che nessuno correrà rischi? >
< Sicuri. > Fece lui con il suo solito tono rassicurante. Emmett aggiunse:
< Non succederà niente. Non devi preoccuparti di niente. >
Rimanemmo in silenzio finché Alice, che se ne era rimasta zitta e assente per tutto il tempo, non si rivolse a me e mi disse:
< Vieni Bella. Ti faccio vedere i fiori che ho scelto per il bouquet … >
Io la seguii in silenzio.
Non saprei descrivere bene gli avvenimenti di quei miei ultimi miei giorni da Isabella Swan. Non li ricordo bene. Venivo sballotata da una parte e dall’altra  senza capire neanche cosa stessi facendo.
Ricordo che, ad esempio, l’indomani mi ritrovai a pranzo con Reneè, Phil e Charlie, in un ristorante di Port Angeles e che non sapevo neanche come ci fossi arrivata.
< Bells? > mi fece mio padre < Sicura di sentirti bene? Hai un’aria strana, stanca … >
< Non è niente papà. > riuscii a biascicare e poi mi impegnai a sembrare più allegra e vitale. Mi sembrava di essere tornata al periodo di solitudine e separazione da Edward. Mi auguravo soltanto che, questa volta, i miei tentativi di sembrare felice e spensierata non fossero fallimentari come la volta precedente. I cullen nel frattempo erano andati a caccia, per evitare inconvenienti ed essere al massimo della forza.
In quei giorni mi resi a malapena conto di dove mi trovassi, di cosa stessi facendo o alla domanda di chi stessi rispondendo. Il tempo scorreva veloce tra una carezza di Esme e un bacio di Edward.
Cercai di tenere la mente occupata, di stare con la mia famiglia.

Il giorno prima della cerimonia fu una sofferenza:
< Alice, perché devi fare così? Perché non posso parlare con Edward? >
< Bella! > mi fece lei scandalizzata. < Vuoi o non vuoi rispettare la tradizione? Insomma, se sei riuscita rispettare quell’aspetto … > mi aveva fatto lei allusiva, < questo dovrebbe essere un gioco da ragazzi! > la mia amica alzò le braccia al cielo e scese in cucina, dove Laura stava dando disposizioni per il pranzo.
Emmett, che mi aveva vista piuttosto abbattuta, mi venne vicino e mi disse:
< Non preoccuparti. Passerai talmente tanto tempo con mio fratello che ad un certo punto ti stuferai e andrai a farti dei giri solo per poter stare da sola! >
Rise ed io mi unii a lui. Mi resi fin troppo conto che però nelle nostre risa non c’era traccia di felicità.
Potevo notare la tensione palpabile nei volti di solito imperturbabili dei Cullen. Certo, non lo davano a vedere. Io riuscivo a notarlo solo perché li conoscevo bene. A chiunque altro poteva benissimo sembrare che fossero un po’ in agitazione per la cerimonia. A volte mi sembrava, dai loro movimenti o dagli sguardi che mi lanciavano, che, più che preparare un matrimonio, stessero organizzando un funerale. Il mio, a dirla tutta.

Trascorsi tutte le notti che mi separavano al fatidico giorno a casa di Charlie, ed Edward, quando poteva, stava con me. Mi lasciò molto tempo però anche con i miei.
Mi aveva detto, quando mancavano due giorni al matrimonio:
< Finché puoi, pretendo che tu passi il tuo tempo con loro. Divertiti, e cerca di stare serena. Loro avranno un bel ricordo di te e tu potrai sempre ripensare a questi istanti come a dei momenti felici. Non voglio che tu abbia conti in sospeso. >
Feci proprio come mi aveva detto lui. Dopo non so quanti anni, io e Reneè dormimmo addirittura di nuovo insieme, sul divano-letto di Charlie, come due amiche. Edward era a caccia.

 Era la notte prima del matrimonio. La mia ultima notte da ragazza, l’ultima notte da vergine.
Quel pensiero mi impauriva ed eccitava allo stesso tempo. In qualche modo riusciva persino ad allontanare la paura che mi attanagliava il cuore.

 E in quel modo, abbracciando mia Madre, mi abbandonai al sonno, sapendo che fuori, nell’oscurità, Edward vegliava su di me.
Ancora non sapevo cosa mi avrebbe riservato il domani.

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Capitolo 17
*** Addii e inizi ***


Ed eccomi con il cap 17. Sinceramente, non credevo di riuscire a postarlo oggi !

Ringrazio con affetto tutte voi che mi seguite giorno dopo giorno in questo mio delirio!
Per rassicurarvi: Questo matrimonio s’ha da farsi e si farà! Il più e ciò che accadrà dopo …

Pocia,PenPen, algin91, Saphira87, alice brendon cullen, Gocciolina, Princesseelisil L’arrivo dei volturi non è casuale … lo so che ormai si devono sposare …
KiraraMiranda  Non ci vuole molto, 4 classi più in là della tua, al terzo piano …
giulia9_91 Vorrei che la pensasse così anche il mio prof di Italiano!
sophie_95  Non preoccuparti! L’importante e che tu lo legga e che, soprattutto, ti piaccia! Certo, i commenti sono sempre graditi!
BellaSwan95 Tra rose e fior, nasce l’amor, Edward e bella si stan per sposar … XD 
novilunio 94!!! Ommammamia, ti avrò fatto consumare tutto l’inchiostro!!!
E matrimonio sarà, cara momob
chichetta99
Grazie. Per i Volturi, scoprirai … Forse è vero che sono un po’ perfida …
hachicat Don’t worry, my dear but, please, stop trying asking me about the plot. You know I can’t tell you No. ( ma sarà giusto questo mio ingelse? Boh, dimmelo tu! )
HopeToSave Anche a me stanno troppo simpatici!!! Il che però può essere pericoloso per la storia …
yuyutiamo Ti prendo alla lettera …
Lilian Potter Cara mia, innocente dove? Bella la canzone! Ma devi dormire a certe ore! Dimmi la verità, eri andata a documentari per fiore impuro? Non mi uccidere ti prego!!! Ti aspetto per il contrattacco!

 Grazie per tutti i vostri commenti a cui cerco sempre di rispondere! Spero vi faccia piacere!
E grazie per aver inserito la storia tra i preferiti a chicchetta, felpy, MissBorchietta90, novilunio, susy88, tullia89, ancora una e arrivo a 60!!! Thanks!!!

 
Ed ora ecco il capitolo!!! Ma prima, un’ultima cosa … lo so che i titoli non mi riescono, ma mi diverte troppo sceglierli! L’unico che non mi piace è il titolo della storia, ma quando l’ho postata era tardi e non avevo proprio idee, solo che ora non me la sento di cambiarlo!!!

Per la fretta di postarlo, non ho riletto l’ultima parte! sorry

 

 

Quando riaprii gli occhi, la prima cosa che vidi fu l’oscurità oltre il vetro del salotto.
Il mio primo istinto fu di tirarmi la coperta fin sopra i capelli e girarmi verso mia madre.
Solo che, dove avrebbe dovuto trovarsi mia madre non c’era nessuno.
Ci misi qualche minuto prima di capire perché …
< Ahhhh > Gridai quando ebbi realizzato che giorno fosse.
Mia madre, vestita con una tuta, si sporse dall’ingresso e mi guardò curiosa:
< Sarei venuta a svegliarti tra poco. Alzati che sennò facciamo tardi! Vuoi fare colazione? Guarda che però devi stare leggera! >
Io mi tolsi le coperte e mi fiondai giù dal letto. Inciampai ma riuscii ad aggrapparmi in tempo alla mensola dei libri.

< Bella! Fai attenzione. Niente sangue oggi! > mi gridò Alice dalla cucina, poi fece capolino da dietro la porta, mi guardò divertita e poi aggiunse, a bassa voce: < Magari un po’ questa sera … >
Avvampai e la guardai male. Lei mi sorrideva mentre mi veniva incontro. Mi prese per mano e mi accompagnò in cucina. Io non avevo per niente voglia di mangiare ma mi obbligarono a inghiottire un bicchiere di latte e del pane. Avevo rifiutato categoricamente tutto il resto.
< Non puoi andare a digiuna. Rischi di svenire sull’altare! > Con quelle parole mi avevano convinta. Se fosse successo, Edward si sarebbe fatto venire un infarto, metaforicamente intendo …
Quando ebbi finito, andai in bagno ma non ci restai molto. Lavata e pettinata, tornai da mia mamma, che si era cambiata ed indossava un vestito semplice ma molto grazioso, e da Alice.
Per caso l’occhio mi cadde sull’orologio sulle scale.
< Mamma!!! Sono le 5 e mezza!!! > Cavolo, ecco perché ero così stanca!!!
< Bella, abbiamo molte cose da fare! Anzi, vedi di sbrigarti! >
< Alice, ma la cerimonia è alle 11! >
< Appunto, abbiamo pochissimo tempo. > Capivo che per la sua visione del tempo, 6 ore fossero un niente, ma per me erano un’eternità, soprattutto sapendo che le avrei passate nelle sue manine …
Tornai in cucina e fui sorpresa di trovarvi Reneè e Charlie che parlavano come fossero due vecchi amici. Mi si strinse il cuore e sperai che, dopo che me ne fossi andata, i loro rapporti rimanessero buoni. Non li avevo mai visti parlare insieme, senza litigare per lo meno. 
Alice mi venne vicina e mi abbracciò:
< Andrà tutto bene. > < Grazie. >

Alle 6 salimmo sulla Porche gialla canarino alla volta di casa Cullen.
Edward, poverino, sarebbe rimasto confinato in camera di Emmett.
Imboccammo il vialetto tortuoso che portava alla villa. Sembrava un sogno. L’oscurità si stava diradando e una fitta nebbiolina che saliva dal prato avvolgeva la casa, lasciandone intravedere solo i piani superiori. Di sottofondo, lo scorrere del torrente …
Scesi dall’auto e mi affrettai verso il portico. La brina mi bagnava le scarpe.
Fu strano varcare quella soglia. Bussai leggera e mi aprì Carlisle. Era raggiante, proprio come Esme che, impaziente, mi sorrideva alla sua sinistra.
< Benvenuta tesoro! > Mi fece lei abbracciandomi dolcemente.
< Bella … Reneè … > Le fece eco suo marito.
< Carlisle, Esme. > Salutò mia madre con un sorriso felice sul volto.
Si abbracciarono e scambiarono saluti inutili mentre io, sbuffando, dissi:
< Vado in camera! > Si misero a ridere ed esme sussurrò a mia madre:
< Certo che è proprio impaziente! >. Reneè rise portandosi una mano alla bocca ed aggiunse:
< Povero Edward, non lo invidio proprio … Quando dorme, Isabella non fa altro che parlare. Non ha chiuso la bocca un attimo. E sentiste ciò che ha detto. Non sono quasi riuscita a chiudere occhio. Ogni tre secondi sussurrava cose tipo: “ Edward … ti amo … ” o “ me lo hai promesso! ” e così via.
Povero ragazzo, avrà delle notti molto tormentate! >
Esme e Carlisle trattenevano dei risolini!
Io mi voltai e fulminai Reneè con lo sguardo.
< Mamma! Non è il caso! > < Bella, fila in camera! >
Non volli neanche rimanere a sentire quello che avrebbe detto di me. Mi affrettai su per le scale e, appena fui al riparo da occhi indiscreti, mi appoggiai ai pannelli di legno. Mi lasciai scivolare a terra e chiusi gli occhi.
I Cullen si erano guardati bene dal riferirmi l’esito del loro colloquio.

Il giorno prima si erano incontrati con i tre Volturi venuti da Volterra. Nelle tre ore in cui si era tenuto il colloquio, io ero stata rinchiusa in casa di Charlie con Emmet e Jasper. Avevamo giocato a carte ma, alla terza mano, avevo gettato il mio mazzo in aria gridando:
< Ma è assurdo! Perché me ne devo rimanere qui? Perché mi trattate come se fossi una bambina? E voi due? Perché diavolo siete qui e non con Edward?!? >
Loro non mi risposero e io mi sedetti contrariata sul divano.
Sapevo che non avrei dovuto alzare troppo la voce. Reneè infatti era entrata in salotto e mi aveva chiesto:
< Tutto a posto? State litigando? >. Emmett aveva risposto prontamente, fingendo rassegnazione:
< No,è solo che Bella non sa perdere. >
Un torpore strano mi aveva quindi invaso e io mi addormentai sul divano. Prima di chiudere gli occhi, vidi però Emmett fare finta di tirare un pugno a Jasper. Quello sorrideva divertito.
In quel modo mi avevano tenuta lontana, imprigionata nell’unico luogo da dove, in quel momento, non avrei mai potuto fuggire. Nella stanza affianco quella in cui si trovava mia mamma!

Dal momento in cui Alice aveva avuto la visione, nessuno aveva più pronunciato il loro nome in mia presenza. Neanche un accenno al loro arrivo. Come se non fosse successo niente.
I loro incoraggiamenti sembravano riferiti ad altre cose.
Chiedendomi cosa volessero realmente e perché quella che, di lì a poche ore, sarebbe diventata la mia famiglia non me ne volesse parlare, rimasi appoggiata alla parete.
< Bella? > sobbalzai.
< Si? Rosalie? > Rosalie!
< qualcosa non va? Dai, vieni. Dobbiamo prepararci … > Rosalie, la bellissima e glaciale sorella di Edward non solo mi rivolgeva la parola, addirittura stava cercando di aiutarmi!!!
Mi porse la mano e io mi feci aiutare ad alzarmi. Quando entrai in camera di Alice vidi l’abito che faceva bella mostra di sé su un manichino.
< Bella, tesoro. Vai a farti una doccia, così poi dopo possiamo vestirti! >
Il “ Vestirti ” mi metteva molta paura. Filai in bagno e mi fiondai sotto la doccia. Lasciai scorrere l’acqua calda sul mio corpo a lungo. Quando ormai era passato un po’ di tempo, girai la manopola di modo che il gettito d’acqua fosse gelido, come le dita di Edward.
Mi diedi una bella svegliata in quel modo. Quando uscii dalla doccia trovai un asciugamano che volteggiava a mezz’aria. Poi mi accorsi che non se ne stava sospeso da solo.
< Alice! > Gridai quando riuscii a vederla.
< Quante storie! Insomma … cosa vuoi che sia? Asciugati e muoviti! >
Mi avvolsi stretta nell’asciugamano e, infuriata, mi asciugai.
Alice uscii lasciandomi della biancheria pulita tra le mani.
Mutandine e reggiseno in pizzo nero!
La odiavo … ma allo stesso tempo pensavo che in fondo ci sapeva proprio fare. Era veramente insuperabile!
Entrai in camera e trovai Alice, Esme, Rosalie e Reneè che mi aspettavano. Mi obbligarono a mettermi in piedi su quel maledetto e, per fortuna abbastanza basso, sgabello che tanto odiavo.

Mi sentivo un po’ a disagio a trovarmi seminuda davanti a loro. Soprattutto davanti a Rosalie che, con il suo corpo perfetto, in me non poteva che vedere una insulsa bambina. Con tutto il mio cuore sperai che, quella sera, ad Edward non sembrasse lo stesso.
Mi allacciarono il bustino e riuscirono ad infilarmi quel maledetto, bellissimo vestito.
Passai quasi un’ora in piedi e in equilibrio precario a farmi aiutare ad infilare calze, giarrettiera e vestito. Già, la giarrettiera! Quelle perverse erano state irremovibili.

< Tu lancerai il bouque, e questo va bene, ma Edward deve sfilarti la giarrettiera e lanciarla. Sii gentile … è una cosa così carina! > alice, quando faceva quella voce e quegli occhi, diventava tremenda. Riusciva a farmi fare sempre tutto!
A volte mi mancava il respiro, e non solo quando Alice strinse il corpetto. Un paio di lacrime, sfuggite al mio autocontrollo, mi bagnarono le guance, fortunatamente prima che Alice si dedicasse alla mia faccia.
Qualcuno, alle nove e mezza, bussò e poi Carlisle chiese:
< Bella, sei presentabile? >
< Sì! > Risposi io che ormai ero completamente vestita. Mancava solo il trucco e l’acconciatura.
< Vieni! > Esme mi aveva appena infilato dei guanti di seta lunghi fino oltre il gomito.
Oltre la porta, intravidi una figura massiccia, scura.

< Jacob! > Esclamai io sorpresa.
< Isabella … > mi fece lui con un sorriso triste dipinto sul volto.
Mi stava osservando, guardava il mio corpo ma sapevo che, in quella ragazza avvolta dal pizzo bianco  non riuscì a vedere la sua amica.
 Io ero in piedi sul solito, dannato sgabello. In questo modo quelle sadiche potevano lavorare meglio.
Jacob mi si avvicinò e mi carezzò una guancia. La sua mano calda sulla mia pelle mi fece tornare alla mente ricordi lontani, che credevo perduti e che scoprii invece essere solo sepolti in un angolino recondito della mia anima.
< Sei stupenda. >
< Grazie. > La mia voce era strana, sembrava il pigolio di un pulcino. La sua era profonda. Non si curava neanche di nascondere il dolore che provava.
Con le dita percorse il profilo del mio viso e poi scese fino alla vita. Nonostante fossi in piedi sullo sgabello, non riuscivo a raggiungerlo in altezza.
Mi abbracciò delicatamente, per non rovinare l’abito.
< Sei bellissima ma … > < Ma … > Lo incitai io.
< Ma non è per me che ti stai preparando. Non è ai miei occhi che oggi sfuggi … >
< Jake … > le lacrime avevano cominciato a scorrere sulle mie guance.
Non poteva farmi questo. Lo sapeva che non poteva.
Avvicinò le labbra al mio orecchio e mi disse:
< Non importa cosa riserverà il futuro. Tu per me non morirai mai. > Poi poggiò le sue labbra sulla mia guancia per un istante. Mi carezzò il viso e mi disse:
< Ti auguro di essere felice, a modo tuo … > Erano le stesse parole di Billy.
Mi sforzai di non singhiozzare e risposi:
< Anche tu Jake, sii felice. Ti ringrazio della visita. Mi ha fatto veramente piacere. >
< Sai, questa era l’unica occasione per vederti. L’ultima volta che saresti arrossita … Non potevo non venire. > non aveva voluto concludere la frase perché c’era Reneè, o forse non ci era riuscito.

Sapevo che il suo cuore stava sanguinando in quel momento. Lo sapevo perché il mio aveva subito la stessa sorte.
Mi salutò con un cenno della mano e sparì per sempre dalla mia vita, dietro la porta di legno della stanza di Alice. Lo sentii dirmi, dalle scale: < Non preoccuparti per oggi! Tu ti agiti sempre troppo! > Sapevo che non si riferiva al matrimonio.
Io abbassai lo sguardo mentre Esme mi porgeva un fazzoletto dove affondai la faccia. Non volevo bagnare l’abito.
Notai lo sguardo indagatore di mia madre. Era come se mi stesse scrutando nell’anima.
Come se mi stesse accusando o interrogando. Sembrava dire: “ Mi sono persa qualcosa? ”
Quando finalmente riuscii a calmare le lacrime, sollevai lo sguardo e sorrisi alle quattro donne di fronte a me.
Esme mi afferrò per il bacino e, facendomi fare un piccolo salto, mi mise a terra.
Mi fecero sedere su di una seggiola, tra l’altro piuttosto scomoda, e fecero attenzione che non si rovinasse l’abito. Il mio volto, adesso imperturbabile, era fisso in un punto indefinito del muro. Avevo scoperto un’interessante crepa nell’intonaco …

< Dai, infila le scarpe! > Mi fece Alice improvvisamente vivace ed allegra come al solito.
Mi abbandonai alle sue mani sapienti.
Lasciai che lei e Rosalie si divertissero con i miei capelli ma fui categorica sul trucco:
< Alice, mi raccomando. Leggero. Giusto un tocco. >
< Sì, sì. Non devi preoccuparti … >
Perché avevo l’impressione che non mi stesse minimamente ascoltando?
Quando, alle dieci e mezza, finalmente la smisero di torturarmi, mi alzai in piedi e ebbi il coraggio di fissarmi nello specchio.
Io, donna, mi sorridevo gentile. Il mio volto pareva più maturo ma non per questo i miei 18 anni venivano nascosti. Alice e Rosalie avevano fatto davvero un buon lavoro.
Alcuni miei tratti erano ancora un po’ infantili, le mie curve non parevano del tutto mature, l’aria non era smaliziata.
Sì, insomma, si vedeva lontano un miglio che ero vergine …
Forse erano tutte delle mie paranoie, o forse era colpa del vestito stile brava ragazza di campagna. Non saprei …

Feci un respiro profondo e poi sbirciai dietro la tenda. Vidi che il giardino era occupato da un numero impressionante di persone il cui vociare, se ci avessi fatto attenzione, sarebbe stato udibile anche in quella stanza.
< Alice … > Chiesi preoccupata.
< Sì? > La sua voce cristallina brillava.
< Posso sapere quante persone hai invitato? > perché ero stata tanto temeraria da chiederglielo? Perché ero così dannatamente masochista? Forse perché, in fondo, sapevo che non mi avrebbe risposto …
< Oh, quante storie … Adesso scendi e lo vedi. > La conoscevo abbastanza bene da capire che stava allegramente svicolando. Detto questo, sparì nel bagno e andò a mettersi il suo abito da damigella.
< È già ora? > domandai, torturandomi le mani fasciate nei guanti di seta, preziosissimo regalo non tento per la qualità, che in casa Cullen era sempre molto alta, ma per il fatto che lo avevo ricevuto da Rosalie.
Rispose mia madre: < Sarebbe ora, ma sei la sposa! > Sembrava avessi detto una bestemmia dal modo in cui pronunciò la parola sposa. Poi mi guardò e, con gli occhi lucidi mi sussurrò: < Devi farti attendere! > < Sì, mi pare una buona idea. Potrei aspettare che se ne siano andati tutti … >
Alice, che era uscita dal bagno e che era a dir poco splendida nel suo abito elegante, mi fulminò e poi mi disse: < Bella, siamo tutti così emozionati per questo matrimonio! Per favore, non rovinare tutto con il tuo pessimismo! > effettivamente, io ero la meno entusiasta, nonostante la fede Edward la stesse per mettere al mio di dito.
Rimanemmo nella stanza per circa un quarto d’ora, nel quale ripetei ad Alice le frasi che avrei dovuto ripetere ad Emmet!!!
Per fortuna che avrebbe officiato lui la cerimonia!!!

Poi sentimmo bussare e la voce di Charlie mi avvisò:
< Bells, tesoro, sei pronta? >
< Sì papà! > Senza accorgermene, la mia voce aveva tremato.
Esme aprì la porta e Charlie entrò. Proprio come Reneè, anche lui aveva gli occhi lucidi.
Mi venne incontro e mi abbracciò dolcemente e poi mi prese per mano.
Per fortuna che avevo mangiato se no avrei rischiato da verro di rovinare l’abito!!!
Improvvisamente mi sentii proprio male. Non che non fossi pronta, solo, certe cose ci sembrano lontane finchè non le viviamo. Il mio matrimonio per me era una di queste. Mi stavo sposando, MI STAVO SPOSANDO, IO!!!
< Bells, piccola mia, calmati. Ho capito che ti stai sposando … > mi bisbigliò Charlie, dolce e comprensivo. Non mi ero accorta di aver detto quelle parole. Credevo di averle solo pensate …

Tremavo leggermente. Alice, Esme, Reneè e Rosalie, ci precedettero.
Scesi lentamente e a fatica le scale. Fu un miracolo se arrivai nel soggiorno, dove era rimasto solo il pianoforte di Edward e molti fiori bianchi, sana e salva, o forse fu merito del povero Charlie che lasciò che gli stritolassi il braccio. Dovevo essere diventata davvero pallida dato che lui mi disse:
< Bells, tesoro. Sicura di sentirti bene? Forse dovresti sederti e bere un po’ d’acqua. >
Scossi la testa ed Alice mi venne incontro.
< Ecco il velo! > mi disse gentile e premurosa. Lei ed Esme me lo sistemarono con cura e poi me lo calarono sul volto. Prima però Esme mi mise un bellissimo fermaglio tra i capelli.
< Questo me lo ha regalato Carlisle quando mi ha chiesto di sposarlo … ti serviva una cosa prestata! > Le sorrisi timida ed impacciata. Poi il velo mi coprì in parte la visuale.
Charlie mi guidò fino alla porta. Fuori il brusio era assordante.

Non è che non riuscissi a vedere, anzi … solo che ero troppo agitata per coordinare bene i movimenti. Meglio lasciarsi guidare ed essere sicura di arrivare viva ed intera a quel maledetto altare.  Chiesi come un’idiota:
< Edward è fuori? >
< Sì tesoro, stava parlando con i tuoi compagni! >
< Ah, bene! Ho bisogno di vederlo. Ho bisogno di parlargli! >
< Fra poco sarà tutto tuo! > mi rispose Charlie ironico.
Avevo paura. Mamma mia quanta! Poi qualcuno aprì il portone e un vento leggero fece ondeggiare il mio velo, che mi solleticò il collo. Mi mancavano le dita di Edward! Solo il pensiero di buttarmi tra le sue braccia riuscì a farmi muovere i piedi verso il giardino.
E in quel modo uscii nella fresca aria della mattina, nuvolosa ma bella.
Non appena misi piede nel portico, calò il silenzio. Aggrappata a mio padre scesi i 4 gradini e poggiai le scarpe sull’erba. Guardavo fisso in terra.
< Forza Bells … > Mi sussurrò Charlie.
Feci un respiro profondo e inghiotti la saliva.
Alzai il capo e vidi lui, che mi aspettava alla fine di quel maledetto tappeto rosso.
Vidi Edward ed un sorriso nacque spontaneo sulle mie labbra.
Mi stavo sposando ed ero davvero felice.
Trovai nel suo sguardo la forza di avanzare e finalmente calpestai il primo metro del tappeto.
E sempre guardando il suo profilo, mi feci coraggio e dissi a mio padre:

< Andiamo. >

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Capitolo 18
*** Oltre quei cinquanta metri ... ***


Scusate se ho postato con tanto ritardo rispetto al solito. Per farmi perdonare, questo è abbastanza lungo!

Ho avuto davvero tantissimo da studiare ( per fortuna sono riuscita ad evitare l’insufficienza in fisica! Niente debiti! Capirete che ho dovuto mettermi sotto non poco però… )

Ed eccoci qui, vicine all’epilogo di questa storia.
Questo capitolo sarà uno degli ultimi. Spero che vi piacerà! È stato difficile scriverlo … ma mai quanto il successivo!!! Mamma mia che vergogna!!!
Ma ora basta, devo ringraziare tutte voi, fantastiche lettrici! Grazie per tutti i vostri bellissimi complimenti!!!

BellaSwan95 i migliori momenti stanno per arrivare!
Gocciolina Eccoti accontentata
Pocia Scusa se non ho postato prima … spero rimarrai soddisfatta!
KiraraMiranda Ciao! Eccoti servita!
giulia9_91 Contenta che ti sia piaciuta!
HopeToSave Spero di riuscire a farti piangere nel prossimo! (paura!)
Princesseelisil Scusa ma non volevo rendere il momento banale e liquidarlo in fretta. Così sarà più bello!
alice brendon cullen Cominciamo con la cerimonia! Per la trasformazione, dovremo aspettare ancora un po’, ma non tanto! XD
novilunio grazie per i complimenti! Scoprirai presto tutto!
hachicat Ho aggiunto dei pezzi e seguito il tuo consiglio!
clodiina85 Scusa per l’attesa e grazie!
Saphira87 Ecco il new chap, spero che ti piaccia come quello precedente!
PenPen Eccomi, in ritardo ma eccomi!
scheggia94 Grazie, mi fai arrossire XD
BellaSwan87Spero che la scena hot non vi faccia schifo, cercherò di dare il meglio di me! Ah, ma figurati, disturbarmi? Ma se mi hai fatto felice un casino! E grazie per aver inserito la storia tra i preferiti!!!
sophie_95 Grazie
algin91 Spero ti commuoverai anche nel prossimo!
chichetta99 Lo scoprirai presto, ma non troppo! (sì, sì. Sono proprio perfida … )
Lilian Potter Mi dispiace, ma ormai avevo già creduto alla prima riga … Grazie per i complimenti! Bello il cap 2 di fiore impuro!!! (anche se te l’ho già detto … Non credo però che ti dispiaccia se te lo ridico XD )
68Keira68 Ecco a te la cerimonia!
momob Tra poco lo saranno!!! Evvai!
E grazie alla Clari per essere stata la n 60!

 Spero che questo capitolo vi piaccia.  Ah, Bella piange spesso, ma poverina, provate a mettervi nei suoi panni! XD

Sto preparando il prossimo! Il gran finale si avvicina!!!
Mi raccomando, commentate numerose!!!

 

 

Avanzavo lentamente e a piccoli passi. Sapevo che le mie guance erano rosse ma, per fortuna, il velo le nascondeva alla vista dei presenti.

Sentivo i loro sguardi su di me. Lanciavo loro delle timide occhiate e li vedevo sorridermi. Si erano seduti su delle sedie ai lati del tappeto, tra i fiori disposti da Alice.
Tenevo la schiena dritta e la testa alta.
Stringevo il braccio di mio padre in una morsa stritolatrice.
< Bells, sarai bravissima. Sei stupenda … >  Mi sussurrava Charlie, la voce rotta dall’emozione.
I miei respiri erano brevi, il mio cuore batteva all’impazzata nel mio petto. Quel maledetto corpetto! In certi momenti non riuscivo a respirare!
< Calma > Continuava a ripetermi Charlie. < Rovinerai il bouquet! > Ecco cos’era quella cosa che Alice mi aveva messo in mano tre secondi prima di aprire la porta. Ero talmente agitata da non essermene resa conto! Poverini quei bei fiori, li stavo torturando …
Oramai ero quasi a metà strada. Riuscivo a distinguere i miei amici, i miei compagni, voltati per osservarmi. Vidi Angela che quasi piangeva. Jessica se ne stava lì a fissarmi estasiata.
Mike e Tyler sembravano essere stati colpiti da un fulmine. Mi guardavano come se fossi un’aliena. I loro occhi erano lucidi, oserei dire bramosi.
< Ancora trenta metri, ancora trenta dannatissimi metri! E poi … Oddio, cosa dovevo dire? Non me lo ricordo più! > Sussurrai in preda al panico! Mi bloccai al centro della navata formata dalle centinaia di fiori bianchi disposti intorno al lungo tappeto rosso su cui stavo camminando, tremando come una foglia.

< Su, Bells, non preoccuparti. Andrai benissimo. > La voce di mio padre, commossa, mi diede un po' di forza. Feci alcuni passi in avanti attenta a non inciampare nel vestito. Il velo dietro di me frusciava dolcemente nel silenzio generale.

Guardai dritta davanti a me e, vedendo Edward mi feci coraggio. O forse fu vedendo Emmett che, fasciato nel suo abito da gala, mi sorrideva rassicurante da dietro l’altare. Improvvisamente mi sentii meglio e mi voltai a destra.  Jasper mi stava fissando intensamente, con un sorriso allegro sulle labbra. Con lui nei paraggi era meglio non fidarsi delle proprie sensazioni. Respirai a fondo e ce la misi tutta per arrivare all'altare tutta intera, un passo dietro l'altro.
Sentivo adesso una sorta di gioia ed impazienza. 
Ormai ero a pochissimi passi da Edward, dal mio amore, da mio marito.
Aumentai il passo. Charlie si accorse della mia impazienza e cominciò a camminare più veloce.
< Edward … > Sussurrai a mezza voce, quando ormai lo avevo raggiunto.
< Isabella. > Mi rispose lui, con voce altrettanto bassa, ma estremamente più sensuale. Era raggiante.
Charlie mi lasciò al limitare del tappeto. Sentii la sua mano sciogliere la presa ferrea della mia sul suo braccio. Mi accarezzò dolcemente e poi si spostò. Alice, alla mia destra, sembrava esplodere di felicità.
Sapevo che anche Edward era nello stesso stato anche se cercava di non darlo a vedere.

Bellissimo ed immobile, il mio sposo mi osservava rapito. I suoi occhi dorati mi fissavano e cercavano di scrutare oltre il velo. Io sorridevo totalmente
inebetita.
Non mi accorsi neanche delle parole di Emmett. L’unica cosa di cui mi riuscivo a rendere conto era che Edward era lì con me, al mio fianco. Non potevo non fissarlo, non riuscivo a distogliere gli occhi da lui.
Ad un certo punto, la sua mano cercò la mia. Le sue dita si strinsero intorno al guanto.
Percepii la voce di Emmett, lontana chiedermi:
< Bella? Bella, vuoi sposare Edward? >
Mi risvegliai dal torpore e mi resi conto che era arrivato il momento.
Non riuscii a parlare. La voce mi era morta in gola!
Alla fine fui in grado di dire:
< Sì, lo voglio! >

Non mi ero assolutamente accorta che fossimo già a quel punto! Oramai, eravamo alla fine. Eravamo sposati …

Edward mi sollevò la mano libera e, con un movimento lento e delicato, afferrò una per una le estremità delle dita del guanto. Lentamente e con un gesto alquanto teatrale, me lo sfilò. Accarezzò la mia pelle, portatosi la mia mano ala bocca, appoggiò le mie dita sulle sue labbra. I miei polpastrelli venivano accarezzati dal suo respiro. Sempre con gesti molto calmi, infilò la piccola fede d’oro che gli aveva passato Carlisle, il suo testimone. I suoi movimenti erano lenti, ma io riuscivo a leggervi l’impazienza che in quel momento si era impadronita di lui. Quando ebbe fatto, sollevò lo sguardo dalla mia mano al mio viso velato. Il suo volto eterno mi sorrideva rassicurante. Solo per un istante fui in grado di leggervi la malinconia e il dolore. Quella fede era per me come una sorte di condanna a morte. Una morte che per me avrebbe avuto il dolce sapore delle sue labbra.
 Io, tremante, infilai l’anello che Alice mi aveva dato sul suo anulare. Ero emozionantissima!
La voce di Emmett era allegra e rilassata. Stava parlando con noi ma io, sinceramente, non lo ascoltavo minimamente. Ci squadrò e poi, lentamente si rivolse a suo fratello: < Edward, puoi baciare la sposa. >

E le mani del mio sposo, dolci e leggere, scivolarono dietro il mio collo. Delicate, mi carezzarono la pelle e sollevarono il velo, facendolo volare dietro la mia testa. I nostri occhi finalmente s’incontrarono. Annegai nei suoi. Ero protesa in avanti e le sue mani, poggiate sulla mia vita, mi sostenevano.
Mi sorrise emozionato, felice.
< Bella, ti amo. Grazie per aver accettato di essere mia per sempre. Io sarò tuo per tutti i tempi a venire … >
Non mi disse altro prima di appoggiare le sue labbra sulle mie che si dischiusero al suo tocco delicato. Sentii il suo respiro nella mia bocca e per poco non svenni.
Per fortuna che c’era lui a sorreggermi. Ero in punta di piedi.
Il bacio mi sembrò durare meno di un istante. Quando lui fece per allontanarsi io cercai di trattenerlo. Non mi ero neanche resa conto di aver portato le mie mani dietro la sua schiena.
Lui chinò il capo di lato e mi sussurrò divertito e commosso:
< Non qui, amore mio, non qui … > Gli tremava la voce.
In risposta, gli diedi un altro bacio e poi riappoggiai i talloni a terra.
Ero tutta rossa e avevo il fiato corto.
Improvvisamente venni investita dal suono degli applausi.
Come una stupida mi portai le mani al volto e cominciai a piangere dalla felicità. Il profumo dei fiori si mescolava a quello di Edward …
 Lui mi prese le mani tra le sue e me le baciò. Il guanto superstite si era bagnato di lacrime.
Edward passò le dita sulle mie guance per asciugarmele e poi mi diede un bacetto sulla fronte.
Santa Alice che aveva usato i trucchi a prova d’acqua.
Emmett mi sorrise incoraggiante e io ed Edward ci voltammo verso gli invitati.

Reneè piangeva, proprio come Angela. Esme se avesse potuto, si sarebbe unita al gruppo.
Mio padre sembrava sia triste sia felice e mi guardava come se sapesse che non ci saremmo più visti ... Non poteva però sapere che di lì a quindici giorni io sarei morta e rinata a nuova vita. Una vita di cui, purtroppo, né lui né Reneè avrebbero fatto parte.
Andammo nel mezzo del giardino e li venimmo raggiunti dai nostri ospiti.
Tutti si congratulavano con noi e io continuavo a sorridere gentile. Edward mi teneva un braccio intorno alla vita. Rispondeva lui alle domande e agli auguri. Io me ne stavo silenziosa al suo fianco. Il volto arrossato e lo sguardo fisso sulle mie scarpe. La mia mano stretta intorno alla sua …

< Bella! > mi gridò ad un tratto Angela abbracciandomi di slancio.
< Sono così contenta per te! Sei così bella! >
< Grazie Angie … > Le risposi io stringendola a me. La mia voce era commossa, bassa.
Nell’aria volavano migliaia di petali bianchi che danzavano trasportati dal vento che soffiava lieve sul prato. Il mio velo si sollevava e ricadeva sui capelli per lo stesso motivo, e cosi lo strascico
Tutti intorno a me mi gridavano: < Auguri Bella, Auguri Edward! >

Mike mi venne vicino e mi abbracciò, stringendosi un po’ troppo al mio corpo.
< Mike … > < Bella, sono molto contento per te … > Dalla sua voce non sembrava proprio.
Edward era troppo felice per arrabbiarsi con lui.
Appena Mike mi lasciò andare, mio marito mi prese per i fianchi e mi sollevò. Facemmo un giro su noi stessi e poi mi rimise a terra.
Io lo abbracciai e lui mi baciò i capelli.
Gli invitati avevano cominciato a gridare: < Il bouquet! Bouquet! >
Io, arrossita, sollevai in aria i fiori e li lanciai con quanta forza avevo in corpo.

Sentii Edward ridere di gusto e poi mi accorsi che i fiori li aveva afferrati Angie. Ben la osservava con sguardo interrogativo. Chissà cosa stava pensando? Di sicuro Edward lo sapeva … Se la stava ridendo …
Tutti applaudimmo e io mi accorsi solo in un secondo momento che ora mi gridavano:
< La giarrettiera! > La voce più potente che riuscii ad udire era quella di Emmett.
< Emmett! Piantala! >
< Speravi di scamparla?!  > Mi fece lui ridendo!
< Non preoccuparti Emmett, non me lo sarei dimenticato per nulla al mondo! >
< Edward! Insomma! >  
< Su Bella, non fare la difficile! >
Facendo così il carino, l’infingardo infilò le sue mani sotto la mia gonna.

Sentii un fremito corrermi lungo la schiena mentre le sue mani mi accarezzavano la coscia, al riparo dagli sguardi degli altri.
Appoggiò il suo volto sulla mia pancia e respirò il mio profumo.
Le sue dita slacciarono con infinita lentezza i nodi dei lacci. Dopo un tempo che, sebbene lungo, a me parve non essere durato che pochi secondi, sfilò le sue mani da sotto il mio vestito ed espose a tutti il suo trofeo!
Tutti ridevano e incitavano Edward. Lui lanciò in aria il piccolo lembo di stoffa e questa volta fui io a ridere.
Credo che Rosalie avesse obbligato Emmett ad afferrarlo. Sta di fatto che ora il fratello del mio sposo esibiva la mia giarrettiera con aria trionfante! Forse era una mia impressione ma mi parve che Rosalie sorridesse compiaciuta.

Scrutavo il volto degli invitati anche se sapevo che non avrei trovato Jake. Nessuno dei Quileite era venuto al matrimonio. Non avrebbero potuto neanche se avessero voluto.
Quel pensiero mi fece mancare il respiro e la testa mi cominciò a girare.
Mi aggrappai ad Edward e lo abbracciai. Lui mi strinse a se accarezzandomi i capelli. Si era accorto che qualcosa non andava e mi sussurrò:
< Amore? Tutto bene? >
< Edward, ho bisogno di sedermi. È tutta la mattina che sono in piedi. >
< Certo … > mi fece lui preoccupato. Mi passò le dita sul volto per cercare di farmi tornare un po’ di vita nelle mie guance.
Con un gesto fulmineo mi prese in braccio come se fossi una principessa. Risi con il cuore. Ci trascinavamo dietro lo strascico che si era riempito di petali di fiori!
Sentii la voce cristallina di Alice risuonare nell’aria:
< Dai Edward! Porta la sposa in casa! >
E così fece. Varcai la soglia tra le sue braccia, aggrappata al suo collo!

Si sedette al pianoforte tenendomi sulle sue gambe.
< Ti amo … > Gli sussurrai sempre aggrappata a lui.
< Io ti amo di più … > Mi rispose beffardo.
Le sue dita percorsero ogni centimetro della pelle del mio viso per fermarsi sulle mie labbra. Le sue mani si spostarono lungo il mio corpo fino a raggiungere le mie gambe. Mi bacio sulle labbra e poi mi bisbigliò:
< Per te … >
Le sue dita veloci scivolarono sui tasti d’avorio e parevano danzare.
Nella stanza risuonò una bellissima melodia. Moltissimi degli invitati si erano accalcati nella sala per ascoltare Edward suonare.
Suonò per diversi minuti senza mai interrompere il ritmo. Il suo respiro gelido mi sfiorava il volto e faceva muovere i miei capelli in una danza ritmata, lenta.
Quando le sue mani si staccarono dal pianoforte e tornarono ad accarezzare il mio corpo, si levò un applauso fragoroso.
Edward chinò il capo in segno di saluto e poi mi mise in piedi. Io gli tesi una mano, quella con la fede, e lui la prese con dolcezza. Prima la baciò e poi, stringendola lievemente, si alzò.
Mi cinse in un abbraccio e infine mi guidò all’aperto, nel giardino.

Prendemmo posto al tavolo più grande, seduti vicini.
Tutta la famiglia Cullen sbocconcellava qualcosa fingendo indifferenza.
Tutti tranne Edward che, se glie lo veniva fatto notare, rispondeva semplicemente:
< Sono troppo emozionato … > e chi non avrebbe potuto credere a quegli occhi meravigliosi che ispiravano tanta fiducia?
Io invece mi gustai piccole porzioni di ogni portata. Giusto un assaggio.
Alice aveva selezionato un menù davvero straordinario. Tutto era a dir poco squisito.
Io però mi rigiravo il cibo nel piatto, avevo un blocco allo stomaco.

< Bella, tesoro. >
< Si Mamma? > Non potevo sperare di sfuggire ai suoi sguardi preoccupati e indagatori.
< Sei sicura di stare bene? Non hai fame? >
Decisi di riutilizzare la stessa scusa di Edward: < Sono così emozionata … mi è un po’ passato l’appetito. >
Lei, che era seduta dall’altro lato del tavolo, si sporse e mi carezzò la guancia.
Io chiusi gli occhi. Non mi ero neanche accorta delle mie lacrime.
< Bella, tesoro … credo che noi dobbiamo parlare. >
< No, mamma, non preoccuparti. È che è tutto così strano, perfetto. È successo tutto così in fretta … >
Sentii Edward irrigidirsi affianco a me. La sua stretta intorno al mio bacino si allentò. Preoccupata, ricercai la sua mano e, trovata, la strinsi.
< Sai, Bella, è proprio di questo che vorrei parlarti. C’è qualcosa che … non so come poter spiegarmi. Sia ben chiaro, io sono davvero felice però, sento
che c’è qualcosa che non va. Quando credi che nessuno ti veda, ti fai triste. Come se ci stessi nascondendo qualcosa che ti fa soffrire. >
Reneè. Perché diamine doveva essere così sagace? Perché non riuscivo mai ad ingannarla? Come poteva essere che non le sfuggissero mai queste cose?
< Ti sbagli. > Feci io con voce tranquilla ma che sottintendeva che il discorso era considerato da me chiuso.
Mi carezzò ancora le guance e poi si rimise composta, sospirando. Mi osservava dispiaciuta.
Per tutto il resto del ricevimento feci del mio meglio per sembrare la persona più felice del mondo.
Ed in effetti lo ero, tralasciando il terrore che mi consumava. 
Mentre abbracciavo i miei amici, alcune lacrime mi scesero lungo le guance. Per fortuna tutti le intesero come di gioia.

Quando ormai il ricevimento si stava avviando alla fase finale, Diedi l’addio ad Angela.
Le andai vicino mentre posizionava il suo regalo per me sul mucchio (enorme) dei doni.
< Angie. > Lei sobbalzò e si voltò sorpresa nella mia direzione. < Bella! >
Io l’abbracciai d’istinto e la strinsi forte a me.
< Grazie, per essermi stata vicino anche quando nessuno voleva più essere mio amico. Grazie davvero. >
Scoppiai a piangere e lei mi carezzò. Quando mi staccai da lei, notai Edward fissarmi affranto. Gli sorrisi e poi dissi ad Angela.
< Andrò a vivere molto lontano e temo che non riusciremo a vederci spesso … però ti scriverò. Mi raccomando, scrivimi anche tu. > < Certo! Ti voglio bene.> < Anche io … > Ci abbracciammo ancora e poi io raggiunsi Edward.

< Salutato tutti? > Mi chiese triste.
< Sì. > risposi a voce bassa e mesta.
Si chinò e mi baciò le labbra.

Pian piano la folla si disperdeva. Tutti venivano da me e da Edward per rinnovare gli auguri, qualcuno ci disse pure: < La prossima volta festeggeremo la nascita di un bel bambino. > Assurdo!
Io però sorridevo ed annuivo educatamente, ed Edward faceva lo stesso.

So che, avrei dovuto cambiarmi d’abito, ma preferii tenermi quello da sposa. Ormai erano rimasti solo alcuni miei parenti e qualche amico di mio padre.
Phil mi venne vicino e, dopo avermi abbracciato, mi disse:
< Ti auguro tanta felicità, Isabella. Io e tua madre saremmo molto contenti di avervi come ospiti qualche volta, e mi raccomando, le femminucce sono più dolci dei maschietti! Te lo dico io che con i ragazzini passo molto tempo! Spero che il vostro primo figlio sia una femmina! > Poi mi fece l’occhiolino e andò a baciare mia madre che parlava tutta interessata con Esme.

< Edward? >
< Si Amore? >
< è triste tutto questo, non ti pare? Il modo in cui sto mentendo loro … >
< Un po’, però tu non stai mentendo. Tu stai cercando di proteggerli da un dolore più grande. >
Mi appoggiai al suo petto e respirai il suo profumo. Presi coraggio e poi gli dissi:
< Vado a parlare con Reneè. > < Ti aspetto. > Il suo sorriso sghembo mi diede forza ed avanzai decisa in direzione di mia madre.
Appena mi vide mi venne incontro e mi chiese, tutta euforica:
< Tesoro! Non mi hai ancora detto dove trascorrerete la luna di miele! >
Io arrossii e poi le risposi: < Veramente non lo so … Edward ha voluto farmi una sorpresa. Partiamo dopodomani. Così avrò tempo di preparare le valige! > Le sorridevo commossa ed emozionata. Vidi Esme lanciare una brevissima occhiata a me e poi ad Edward ma non vi feci caso.
L’idea di trascorrere quindici giorni, che ero sicura che Edward avrebbe fatto diventare minimo venti, da sola con il mio sposo mi eccitava! Soli, insieme.
Reneè notò la gioia nei miei occhi e mi abbracciò:
< Verrò all’aeroporto a salutarvi. Mi raccomando, divertitevi! > e mi diede un bacetto sulla fronte.
Ci sorridemmo e poi lei mi disse: < Va a salutare anche Charlie … > Annuii e andai da mio padre, quasi di corsa nonostante le scarpe. Quel pomeriggio avevo avuto poche occasioni di parlare con lui che, dal canto suo, se ne era rimasto a chiacchierare con Carlisle di quanto i loro due figli, ovvero io ed Edward, fossimo ancora così giovani.
< Bells, piccola mia! > Mi gridò quando mi vide. Mi abbracciò strettissima e poi si allontanò un po’ per vedermi meglio. < Sei meravigliosa. >
< Grazie papà, ti sei divertito? > Mi guardò e poi si sforzò di dirmi: < Sì. Certo. È stata una festa magnifica. > Lo abbracciai di nuovo e pensai: “Papà, mi avevi chiesto di non scappare, di darti l’opportunità di salutarmi come si deve. Ecco, questa è la nostra opportunità … ”
Quelle sulla spalla di mio padre furono le ultime lacrime che versai quel pomeriggio.
< Bells, ci vediamo all’aeroporto dopodomani? >
< Va bene. > Non sapevo se dopo la mia partenza li avrei più rivisti ed ero quindi intenzionata a salutarmi per bene. Avrei parlato sinceramente, spiegando loro che non sarei potuta andare a trovarli spesso. Avrei trovato qualche scusa, oltre la lontananza dell’Alaska, s’intende!

Quando ormai avevo salutato tutti, entrai in casa. Edward fu immediatamente al mio fianco, davanti alla cucina.
Mi prese per i fianchi ed avvicinò il suo corpo al mio. Mi baciò con passione il collo e poi mi bisbigliò:
< Questa sera saremo soli … >

Non mi parve di cogliere felicità nella sua voce. Lo guardai negli occhi e gli domandai, carezzandogli le guance:
< Cosa c’è che non va? >
Lui scosse il capo e disse soltanto: < Niente. >
Di punto in bianco gli chiesi: < E i Volturi? Cosa volevano? > Cercai di mantenere un tono normale ma la mia voce tremò.
Lui mi passò la mano sulla guancia e avvicinò il suo volto al mio. Il suo respiro mi sfiorava le labbra e faceva nascere in me una strana fame. Mi stava stordendo!
< Niente, controllare che tutto andasse bene … > < Sei troppo evasivo. > Riuscii a sussurrare prima di perdere del tutto le mie facoltà cognitive. Lui mi
baciò, questa volta sulle labbra e poi mi prese in braccio:
< com’è essere mia moglie? > il suo tono si era fatto divertito.
< Fantastico! > risposi sbadigliando. Lui rise e io domandai:
< Ed essere mio marito? >
< Non posso descriverlo … non mi sono mai sentito così felice. > e poi salì le scale ad una velocità umana.
Al secondo piano, in una stanza piena di libri, c’era un divano molto comodo.

Lui si sedette e mi fece sdraiare con la testa sulle sue gambe.
Io lo osservavo estasiata.
< Ti amo Edward. >
< Anche io … >
Le sue mani mi sfioravano la pelle e il vestito. Esitavano e poi riprendevano la ricerca del mio calore. I movimenti erano lenti e sensuali.
< Lo vuoi fare ora? > Chiesi, incuriosita dai suoi tocchi incerti e trepidanti.
< No, aspettiamo che non ci sia nessuno! >
< Ma tanto tutti sanno cosa succederà! > Replicai io impaziente, dopo essermi portata a sedere ed aver abbracciato il suo collo.
Con dita insicure tentai di slacciargli i bottoni della camicia ma lui mi riaccompagnò, ridendo, sulle sue ginocchia.
< Vuoi che tutti sentano? >
< No, forse è meglio che aspettiamo. > Risposi, rossa in volto ed imbarazzata. Mi ero dimenticata dei sensi ipertrofici dei Cullen, della mia nuova famiglia.
Lui mi baciò le labbra e poi io chiesi, avvicinandomi al suo orecchio e bisbigliando: < Quando se ne vanno? > mi sorrise complice e mi sussurrò: < Presto … >
< Non sarà mai abbastanza presto, con tutto il tempo che mi hai fatto aspettare! > gli dissi fingendo ira. Lui mi accarezzò i capelli e poi le sopracciglia. Sbadigliai e poggiai il capo vicino alla sua pancia, sdraiandomi e mettendomi comoda.
Lui cantava per me.
Chiusi gli occhi per un istante, per assaporare quel momento. Per fissarlo indelebile nella mia memoria.
Solo un attimo, per riposare gli occhi. O almeno quelle erano le mie intenzioni.

Poi però Edward cominciò a sussurrare la mia ninnananna e le sue dita fredde mi presero a massaggiare gli occhi affaticati, carezzandomi le palpebre chiuse.

Fui vinta dalla stanchezza e mi addormentai, nonostante fosse solo pomeriggio …

 

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Capitolo 19
*** Sangue di Vergine ***


Ecco il capitolo 19 …

 Grazie per i bellissimi commenti a:

PenPen, Saphira87, giulia9_91, Livia1909, chichetta99, Hele91, BellaSwan95, Lilian Potter, BellaSwan87, hachicat, momob, alice brendon cullen, KiraraMiranda, Ro90, novilunio, HopeToSave, maira88, poketpolly, Wind, sophie_95!!!

Oggi sono molto di fretta e non riesco a farvi un ringraziamento fatto bene. SCUSATE!!! volevo però dirvi che tutte le vostre recensioni erano fantastiche e che le ho apprezzate moltissimo!
Sono felice che vi sia piaciuto e che vi abbia commosso lo scorso capitolo.
Spero che succeda lo stesso con questo.
Lily, grazie per il tuo aiuto fondamentale. Speriamo che il rating non sia rosso!
Mi raccomando, recensite numerose !!!
Un grazie infinito a tutte voi!!!

 Cassandra

 

Ah, dimenticavo … vi chiedo un favore, leggete questo capitolo ascoltando questa canzone di Jackie Chan. (lo so, sembra assurdo! XD )
È assolutamente favolosa e mi ha fatto venire in mente il finale della storia!!!
Non badate al video. Nel testo, ad un certo punto, comparirà questo asterisco *
Quel punto è il corrispondente del minuto 3.20 del video!!!
Vi prego, ascoltate la canzone!!! Il link è:

http://it.youtube.com/watch?v=FJDPksQAq48&feature=related

Grazie!

 

Sentii dei sussurri non molto lontano da me.

Esme e Carlisle forse.
Il loro interlocutore era Edward ed io ero ancora sulle sue gambe.
Le voci smorzate mi giungevano confuse, ma riuscii comunque a cogliere frammenti di conversazione.

< Edward > Esme pareva addolorata. < Allora, mi raccomando … >
< Non preoccuparti. > La risposta di Edward era stata secca. Il mio Amore mi parve triste. Poi udii Carlisle dire: < Allora noi andiamo. Per che ora vuoi che ritorniamo? Resteremo comunque a distanza di sicurezza. Non ci allontaneremo troppo. >
< Alle 2, massimo alle 3. Vi chiamerò io. Se ci saranno problemi… vi avvertirò. Tanto, rimarrete abbastanza vicini da potermi sentire se gridassi. Se qualcosa andasse storto … >
Alice s’intromise, agitata: < Sta tranquillo. Non succederà niente. E se dovessero sorgere dei problemi, io lo vedrò. Andrà tutto bene. >
Tornò di nuovo il silenzio, dolce ed avvolgente.
Il battito del mio cuore riempiva l’aria, insieme ai nostri respiri.
Ero troppo stanca per aprire gli occhi e poi, credevo che, forse, sarebbe stato meglio che Edward pensasse che non avessi ascoltato la conversazione. Era il tono disperato della sua voce a suggerirmelo.

Dopo un tempo che mi parve infinito, le dita di Edward percorsero la mia fronte e mi scostarono i capelli dal volto. Sollevai lentamente le palpebre. Sbadigliai e gli sorrisi, guardandolo negli occhi.
Improvvisamente mi strinse a sé, con molta foga. Chiusi di nuovo gli occhi e poggiai le mie braccia dietro la sua schiena. La mia guancia era poggiata sul suo ventre e le sue mani reggevano una la mia testa e l’altra la mia schiena. Facendo presa sulle sue spalle, mi portai a sedere e gli diedi un casto bacio sulle labbra fredde e lisce. Socchiusi appena le mie per poter sentire il suo respiro dentro la mia bocca. Questo mi risvegliò del tutto.

< Perché non mi hai svegliata? > < Dormivi così bene … e poi, hai bisogno di riposare. >
< Uffa. Non ha senso! Potrò riposare dopo. Dopo che … Allora sì che sarò stanca! >
Lui mi guardò triste e io afferrai il suo volto con le mani. Gli sussurrai:
< Non agitarti. Andrà tutto bene. Ci proveremo. Se non ci riusciamo, se ti risulta troppo difficile, non importa. L’importante è che ci proviamo. E poi … > Proseguii dopo avergli baciato la fronte < E poi abbiamo tutta la luna di miele. Potremmo fare poco alla volta. Ogni giorno potremmo spingerci un po’ più in là. Così potrai abituarti pian piano … > non feci in tempo a terminare la frase che le sue labbra si appoggiarono sulle mie decise e, in qualche modo, violente. Per un terribile e lacerante istante, mi ricordarono quelle di un altro. Scacciai via quel pensiero doloroso e mi concentrai sulla sua foga e sulle mie mani tra i suoi capelli.
Alla fine si staccò da me e spostò indietro la mia testa per potermi baciare il collo e la pelle del petto lasciato libero dalla scollatura. Mi abbandonai alle sue braccia e mi lasciai accarezzare dalla sua lingua fredda che lasciava tracce brucianti sul mio corpo accaldato. Non saprei dire per quanto tempo rimasi in quel modo tra le sue braccia, ma ad un tratto, mi sollevò come fossi una principessa e, stringendomi tra le braccia, mi portò nella nostra stanza.

Rimase immobile per alcuni istanti sulla soglia, poi, sempre tenendomi tra le braccia, abbassò la maniglia ed entrammo.
Non potei evitare di gettare uno sguardo al letto, ampio e comodo, che ci attendeva, venni scossa da un fremito. Con un gesto fulmineo, Edward afferrò il telecomando dello stereo e nell’aria si diffuse una melodia dolcissima. Debussy.
Fuori era buio e dall’immensa vetrata che ricopriva tutta la parete, potevo osservare il prato e i boschi dietro di questo.
La luna, sebbene coperta e nascosta dalle nubi, irradiava una luce soffusa che illuminava a malapena la stanza.
A piccoli passi si avvicinò al letto.

< Ti amo Isabella. >
Io chiusi gli occhi e, sorridendo, mi strinsi a lui. < Anche io. >
Era una risposta stupida ma era sincera. Le sue labbra cercarono le mie che non gli si negarono.
Teneva un braccio sotto le mie gambe e l’altro lungo la mia schiena, la mano era posizionata dietro la mia testa e la sorreggeva, avvicinandola sempre di
più al suo volto.
Mi appoggiò al centro del letto e si sdraiò affianco a me.
Mi girai di lato per poterlo guardare negli occhi. Lui fissava la mia scollatura.
< Edward? > < Sì? > < Ti vedo pensieroso … > < Bhe, sono assorto nella contemplazione. >
Allungai una mano per poterlo accarezzare. Mentre quella sfiorava le sue guance, lui mi baciò il polso e respirò l’odore del mio sangue.
< Ti senti pronta? > Lo guardai curiosa e poi mi rimisi sdraiata.
< E tu? >  domandai invece di rispondere.
< Sì. > La sua voce era decisa e sicura.
Voltai il capo nella sua direzione e lo sorpresi fissarmi con uno sguardo che mi fece paura.

< Edward? >
< Ti amo. >
Pronunciò quelle parole con una convinzione, con una passione che mi sorpresero.
Poi le sue mani scivolarono sotto la mia schiena. Si era portato sopra di me e il suo respiro mi invadeva la bocca.
I suoi baci sul mio collo mi eccitavano e non potei fare altro che inarcare la schiena.
Le mie mani erano finite sulla sua schiena e non sapevo neanche come avessero fatto a finire lì?

Dovevo aver perso proprio la testa. Nella mia mente vorticavano centinaia di immagini assurde e a dir poco scandalose. Le mie dita si aggrappavano alla camicia di Edward mentre il mio respiro accelerava.
Il battito del mio cuore era assordante.
Poi le sue mani si spostarono sulle mie gambe. Andarono lentamente dalle ginocchia alle caviglie. Con delicatezza mi sfilarono le scarpe che caddero con un tonfo sordo sul pavimento.
Teneramente, mi accarezzò fino a spostare le braccia sotto la gonna. Infilò le dita tra la mia pelle e le calze di seta. Con gesti lenti e sensuali, me le sfilò. Si mise in ginocchio tenendole in mano poi, con un gesto teatrale, le lanciò con grazie dietro di sé. Posò le sue mani affianco alle mie spalle e si piegò in avanti per baciarmi la fronte. Si appoggiò con i gomiti e cominciò a slacciarmi il vestito.

Chiusi gli occhi e lui mi baciò le palpebre. Le sue dita frattanto mi stavano liberando dei lacci che tenevano insieme l’abito.
Fremetti quando finalmente la sua pelle gelata entrò a contatto con la mia.
Mi misi in ginocchio e poi in piedi, in equilibrio precario sul letto. Edward mi teneva per i fianchi.
Mi sfilò l’abito dall’alto e poi mi abbracciò. La sua guancia era appoggiata al mio ombelico.
Chiusi gli occhi e gli cinsi la testa con le braccia. Le sue mani invece armeggiavano con i lacci del corpetto. Con un gesto, deciso ma delicato,lo slacciò e l’indumento cadde.
Con le sue dita mi massaggiava la schiena e io, ormai in iperventilazione, mi inginocchiai davanti a lui. Appoggiai il capo nell’incavo del suo collo. Le sue braccia mi cullavano e le sue labbra avide della mia pelle, percorrevano il mio corpo …
Presi io l’iniziativa a quel punto. Con dita tremanti, cominciai a slacciargli la camicia.
Perché diavolo quei bottoni mi sembravano incastrati nell’asola?

< Stai calma. > mi sussurrò con voce vellutata.
< Sono calma! > Mentii io. Possibile che fossi una tale imbranata? In un momento fondamentale come quello?
Alla fine riuscii a lasciarlo a torso nudo. Io ero in biancheria. Pizzo nero.
< Sei bellissima … > mi bisbigliò all’orecchio.
Io sorrisi e mentre le sue labbra decise mi riempivano di baci facendomi il solletico, emisi un risolino.
< E ora sei solo mia. >
< E tu sei solo mio. >
< Amore, io sono sempre stato tuo. >
Sapevo di non poter dire lo stesso. Ripiegai quindi su un bacio appassionato subito sotto il suo ombelico.
Tentai di slacciargli i pantaloni e lui mi aiutò, guidando le mie mani incerte.
Con pochi movimenti, riuscii a far fare la fine delle mie calze anche alle sue braghe.

Si sfilò le calze e mi fece distendere di nuovo, poi si sdraiò a sua volta, tenendo il suo corpo a pochi centimetri dal mio. Rimaneva appoggiato ai gomiti. Il suo petto premeva sul mio seno e il freddo mi trasmetteva eccitazione. Le sue mani s’intrecciarono alle mie. Lo fissavo negli occhi e lui reggeva il mio sguardo. Fiero e sicuro di sé. Sapevo che era emozionato ed imbarazzato tanto quanto me. Era il suo stesso tocco a svelarmelo.
 Il sangue mi pulsava velocissimo ed impazzito nelle vene. Il mio respiro affannato mi imbarazzava e le carezze del mio sposo, che si faceva sempre più audace, non aiutavano di certo.
Cercai di ritrovare il controllo perduto ma invano. Sapevo che mi voleva, che mi desiderava almeno quanto io desideravo lui. Lo capivo dai suoi movimenti,
dalle sue mani che si fermavano per alcuni istanti e poi ricominciavano a vagare sul mio corpo.
Continuava ad appoggiare il viso sulla mia pelle per respirare a fondo il mio odore.

I suoi gesti mi parevano disperati, almeno quanto la sua voce durante la conversazione con Esme e Carlisle. Lo accarezzai per cercare di tranquillizzarlo. Poi gli bisbigliai.
< Edward. >
Lui prese tra le dita il ciondolo che mi aveva regalato e che giaceva, in bella mostra, sul mio petto.
Me lo slacciò e lo appoggiò sul comodino. Poi fece lo stesso con il braccialetto.
< Perché? > Chiesi io appoggiandomi ai gomiti e cercando di portarmi a sedere. Lui mi poggiò un dito sulle labbra e mi ributtò sul letto in modo violento. Mi stupì e sorprese questo suo gesto assolutamente insolito per uno come lui. Fece pressione sulla mia spalla e zittì le mie proteste con un bacio appassionato.
Quando si separò mi disse:
< Voglio avere te, te e nient’altro. Non voglio che tu abbia addosso niente. > Il suo respiro era dolce dolce e mi dava alla testa.
Ormai non ragionavo più. Come poteva dirmi quelle cose e poi pretendere che restassi lucida?
Le sue mani percorrevano la mia pelle e, arrivate dietro la mia schiena, sganciarono il reggiseno.
< Sei arrossita? >
Chiusi gli occhi e annuii. Lo avvicinai con le braccia e lui assecondò le mie richieste.
Quando sentii freddo sui seni, mi resi conto di essere nuda, nella pare superiore del mio corpo.
Edward stava ricalcando i contorni delle mie labbra con lingua.
I nostri corpi aderivano perfettamente e non provavo quasi neanche più imbarazzo.
Tutto era così naturale, così spontaneo. Entrambi eravamo alla nostra prima esperienza ma sembrava sapessimo come muoverci. Pareva fossimo nati per amarci.

I suoi baci lasciavano sulla pelle scie bollenti nonostante le sue labbra fossero fredde come ghiaccio. Mi accarezzava il petto e io sentivo l’euforia crescere dentro di me.
Mi accorsi a mala pena che i suoi baci scendevano verso sempre più verso il mio bassoventre.
Sfiorò con la bocca le mie mutandine in pizzo.
Di colpo m’irrigidii e poggiai le mie mani sul suo capo.
< Bella? > Mi chiese lui confuso. < Qualcosa non va? >
< No, no > risposi io affannata. < Sono solo emozionata. >
Mi portò le mani ai suoi boxer e poi appoggiò le sue sui miei seni.

Respirai a fondo e poi lo liberai da quell’indumento che mi pareva inutile.
Mi sorrise ed io allungai una mano per poi ritrarla quando toccai … be, quello ...
Lui rise sottovoce e poi si piegò in avanti per baciarmi il collo.

< Il tuo cuore batte forsennato. Le tue guance sono rosse. > me le toccò e poi si appoggiò a me.
Sentii che era emozionato ed eccitato.
Percepivo la sua impazienza.
Quando Edward mi chiese: < Posso? > sorrisi e affondai la testa tra i suoi capelli.
< Secondo te … >
< A giudicare dal tuo respiro, dal tuo rossore … credo di si. >
E le sue mani mi liberarono dal piccolo lembo di stoffa.
Mi carezzava i glutei, tenendo il capo sul mio seno. Mi sembrava di ardere di gioia e di piacere.

Ora ci muovevamo con più naturalezza, scoprendo l’uno il corpo dell’altra.
Era uno scambio totale con la persona più importante della mia vita.
Oramai ci sentivamo liberi e in pace.
< Non farti scrupoli … Voglio che mi avvisi, se ti dovessi fare male … >
< Non potresti mai farmi male. >
< Non direi proprio. > così dicendo percorse il mio braccio con la punta dell’indice e poi baciò il livido. Prese dunque la mia mano e baciò la piccola fede d’oro.
< Pronta? > Mi chiese e la sua voce tremò. Teneva gli occhi chiusi.
< Sì … > Alitai io, aggrappata alle sue spalle.
Con molta delicatezza e senza smettere di baciarmi, si avvicinò sempre di più. I suoi movimenti erano lenti e misurati. Le sue mani intrecciate alle mie.
Io fremevo sentendo il suo bacino a contatto con il mio.  Poi lo sentii.

Lo sentii unirsi a me. percepii un po’ di male ma il piacere fu di gran lunga superiore. Non potei però fare a meno di emettere un piccolo gemito. Mi aggrappai più stretta a lui e cercai di fare un respiro profondo. Smise di baciarmi e il suo fiato gelato soffiò sulla mia fronte imperlata di sudore. Dopo un suo movimento, dovetti serrare le labbra per non lamentarmi.  Udii il suono dei suoi denti che si serravano. Le sue dita si separarono dalle mie. Voltai lentamente il capo e lo vidi stringere i pugni. Era l’odore del mio sangue …
Con il palmo della mano, sfiorai il suo volto.

Con un gesto repentino poggiò la sua mano sulla mia e se la strinse di più contro il volto. La portò sulla bocca e la baciò.
< Ti … ti ho fatto male? > Mi domandò cercando di mantenere un tono di voce naturale.
Sentivo che si stava sforzando. Scossi la testa e sorridendo lo rassicurai:
< No. Ti prego. Non pensarlo neanche … >
Aprì gli occhi e mi fissò.
Rimasi sconvolta dall’intensità dei suoi. Erano diventati neri come la pece. Sebbene fosse andato a caccia solo la notte precedente …
Lui intuì la mia preoccupazione e mi sussurrò, baciando la mia clavicola:

< No, non avere paura. Va tutto bene. >
Annuii spaesata e poi mi accorsi dei movimenti del suo bacino, lenti e cauti.
M’incurvai per assecondare i suoi movimenti e i fremiti che mi percorrevano il corpo ….
Rimanendo aggrappati l’uno all’altra, continuammo in quella sorta di danza.
La musica intanto era cambiata. Erano le composizioni di Edward …
< La mia ninnananna … >
< Già! >
Quella sera stavamo battendo tutti i record di discorsi stupidi …
Dopo non so quanto tempo, si separò da me. Lentamente fece in modo che i nostri corpi non fossero più uniti.

Si sdraiò al mio fianco e mi abbracciò.
< Allora? > mi chiese guardandomi malizioso. Si era poggiato su un fianco e osservava il mio corpo.
Io, che avevo ancora il fiato corto, feci fatica a pronunciare una frase di senso compiuto.
Diciamo che, più che altro, le mie parole parevano un’accozzaglia di suoni.
< sì, direi che ti è piaciuto … > Il suo sorriso sghembo contribuì a non farmi arrivare ossigeno al cervello.
< Respira. > Si stava divertendo. Feci finta di spingerlo via e lui assecondò il mio gioco.
Era lì, supino al mio fianco. Non potei resistere alla tentazione e mi sedetti su di lui.
< Non esagerare … > Mi disse quasi ridendo. La sua voce mi diceva una cosa e i suoi occhi tutto il contrario. Mi chinai a baciargli il petto e poi mi rimisi in piedi. Gli porsi la mano e lui l’afferrò.
Si alzò e io gli domandai: < Vieni a fare una doccia? > Ero ancora accaldata.
Invece di rispondermi, mi abbracciò stretta e poi mi baciò con passione e tormento.

Rimasi sorpresa. Più volte quella sera avevo notato qualcosa di strano. Pensavo fosse l’emozione … spense lo stereo ed andammo in bagno. Una volta entrati nella doccia, lui regolò il calore del gettito.
Nel vano rimanemmo abbracciati, facendoci scorrere addosso l’acqua calda.
Stavamo bene ed eravamo tranquilli. Mi appoggiavo a lui e la mia faccia premeva contro il suo petto mentre lui mi teneva stretta. il suo volto era immerso nei miei capelli. Stava respirando il mio odore …
< Isabella … >
Alzai lo sguardo. Perché mi chiamava usando il mio nome completo?
Teneva gli occhi chiusi e il volto era contratto in una smorfia di dolore.
Mi strinsi di più a lui e sussurrai: < Edward … Si può sapere cos’hai? >

< Ti amo. Troppo. >
< Mai abbastanza! >
Mi abbracciò e mi sorrise.
< usciamo o prenderai freddo. >
Chiuse l’acqua e mi avvolse in un enorme accappatoio. Mi asciugò e poi mi porse un completino di intimo. Molto tranquillo. Bianco.
Lui si infilò dei boxer e dei pantaloni della tuta.
Mi prese tra le braccia e mi riportò in camera.

< hai sonno? > mi domandò in modo innocente. La mia risposta maliziosa fu: < Per niente. Ho voglia di giocare ancora. > < Non se ne parla. > Mi cadde l’occhio sulla sveglia.
Segnava le 2 di notte. Mi ricordai del discorso di Edward con Carlisle e capii che perché non potessimo più … fare i novelli sposi.
Sospirai tra la sue braccia gentili che mi rimisero tra le coperte.
Mi sdraiai e notai delle piccole tracce di sangue sul lenzuolo.
Le sfiorai con la punta delle dita e lui fece lo stesso.
Lo guardai negli occhi, neri come la pece, e, dopo essermi avvicinata al suo volto, lo baciai. Quando le nostre labbra si separarono, gli bisbigliai:

< Visto? È stato molto bello ed è andato tutto bene. > Gli sorrisi incoraggiante e lui ricambiò. La sua voce vellutata mi fece mozzare il respiro.
< Ora dormi. Devi riposare. >
Obbediente, mi coricai.
Mi stavo addormentato cullata dalle note sussurrate della mia ninnananna.
Ogni tanto s’interrompeva, mi sussurrava: < Ti amo. > e poi ricominciava a cantare.
Ero già in uno stato di dormiveglia quando le sue carezze si trasformarono in baci.
Le sue labbra gelate sfiorarono le mie e poi scesero delicate sul mio collo. Le sue mani erano strette intorno alle mie. Le palpebre mi parevano pesanti come piombo e sapevo che di lì a poco sarei crollata addormentata. Quando si staccava dalla mia pelle, sussurrava il mio nome e poi ritornava a baciarmi il collo.

* Improvvisamente, qualcosa di gelido e simile ad una lama mi recise il collo. Percepii chiaramente un fiotto caldo scorrere dalla ferita, proprio come mi accorsi che qualcosa era entrato nel mio corpo dalla stessa ferita.
Gridai in preda al terrore e al dolore causato dalla lacerazione profonda.
< AHHHHHHHHHHH >
< Sht, Bella, Sht. Ti prego. >
Al dolore del taglio se ne aggiunse un altro, ben più terribile che si diffondeva lentamente. Inesorabile. Spalancai gli occhi e vidi chiaramente il sangue che era colato sul lenzuolo.
< Ahhhhhhhhh > non riuscivo a trattenere le grida.
< Ti prego. Perdonami ti supplico! > Edward mi stava implorando. Soffriva…

Mi girava la testa e dovevo vomitare. Venni scossa da conati che non potevano espellere niente.
Mi resi conto che mi aveva sollevato le braccia. Le teneva per gli avambracci. Tra le lacrime e le urla riuscii a gridare: < No! No! Lasciami! > lo guardavo negli occhi e vidi la sete che lo attanagliava e il dolore che lui stesso provava.
< Non posso. Perdonami. Lo faccio per te. > 
Così dicendo, avvicinò la sua bocca alle vene del polso. Recise anche quelle.
Io mi dibattevo senza mai smettere di strillare. Le sue labbra si appoggiarono sulle mie gambe.
< EDWARD. TI PREGO! LASCIAMI! LASCIAMI ANDARE! >
< Bella, amore mio … In questo modo sarà più veloce … > La sua voce era disperata.

I suoi denti affilatissimi lacerarono anche la pelle delle caviglie in prossimità dei miei vasi sanguigni.

Sentivo il sangue scorrere, abbandonare il mio corpo. Aveva inzuppato le coperte e le lenzuola, coprendo le poche gocce perdute poche ore prima.
Il mio sposo tentava di sovrastare le mie urla con le sue parole. Parole che non riuscivo a distinguere.
Mi pareva mi avesse iniettato fuoco liquido nelle vene.
Bruciavo e non riuscivo a trovare sollievo.
Terrorizzata, cercai invano di liberarmi dalla sua presa ferrea.

< Bella, agitarti non ti aiuterà. Devi solo aspettare. Vedrai che passerà. Passerà. Te lo giuro amore mio.  >  La sua voce era terrorizzata. Se avesse potuto, avrebbe sicuramente pianto.
Mi stringeva a sè e non si curava delle mie grida. Perché era così crudele? Perché mi aveva fatto questo?

Finalmente capii perchè quella sera era così disperato ... Le parole sussurrate da Esme e Carlisle acquistarono improvvisamente un senso.
In preda al dolore, serrai le palpebre e inarcai la schiena. Non ero neanche in grado di ricordare il piacere e la gioia a cui avevo abbinato quel gesto tanto era il dolore che provavo.
< Perché? Perché? > Gridai ad un tratto, mentre il mio corpo era sconvolto dagli spasmi. Aveva lasciato andare le mie braccia e io sbattevo i pugni contro il suo petto. Lui tentava di calmarmi:
< Ti prego. Ti prego. Devi stare ferma. Non fare così. > Tentava di trattenermi tra le sue braccia.
Non riuscivo a smettere di urlare.

< EDWARD! > Gridai con quanto fiato avevo in corpo.
Alla fine mi lasciò andare e io mi rannicchiai su me stessa, scossa da tremori incontrollabili.
Piangevo e sapevo che sarebbe stata l’ultima volta. Credevo che il cuore mi sarebbe esploso nel petto. Non riuscivo a respirare.
< Bella … > La voce di Edward era insicura, esitante …
Quando mi sfiorò la spalla con le dita, mi ritrassi urlando ancora di più. Ero in preda a convulsioni incontrollabili.
Sentii la voce di Esme e il rumore di una porta che sbatteva …

Nell’atroce dolore che provavo, realizzai che non avrei più potuto dire addio alla mia famiglia. Non volevo. Non doveva succedere adesso.
Improvvisamente seppi che non ero pronta. Non ancora. Avevo troppe cose da fare …
Capii che stavo morendo. Desiderai che quel tormento indicibile avesse presto fine, anche se significava morire per sempre e non poter tornare da Edward.

Cercai di tenere gli occhi aperti per poter vedere che ore fossero sul display della sveglia.
Tutto mi pareva tremare e i contorni degli oggetti erano sfocati.
Mi resi conto che erano solo le tre meno venti.
Non erano passati neanche dieci minuti e io già non riuscivo più a sopportare quella tortura. Invocai la morte mentre il mio sposo cantava la mia ninnananna.
Talvolta si interrompeva e mi sussurrava con la voce spezzata dal dolore e dall'angoscia:

< Perdonami. Perdonami. > 

La soffernza che provavo non mi permetteva neanche più di pensare, di capire. A stento riconoscevo la sua voce tra le mie urla assordanti. 

Le uniche cose di cui ero consapevole erano il dolore e il fuoco che bruciava dall'interno del mio stesso corpo. Desideravo soltanto che tutto avesse presto fine.

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Capitolo 20
*** Oltre il confine ***


Premettendo che ho cercato di evitare che la storia mi venisse censurata, la scena della fatidica notte non è stata descritta molto dettagliatamente nel momento clue ( non ho la più pallida idea di come si scriva! XD ). Non volevo dover vietarla ai minori di 18 anni!!! La versione originale era un po’ come dire, più piccante ma ho effettuato alcuni tagli strategici. Spero capiate le mie motivazioni! Sapete una cosa? Io volevo finire con lo scorso cap ma poi mi sono ravveduta e ho deciso di completare la fic! Spero sia stata una buona scelta … Anche se forse, nell’altro modo, sarebbe stato più poetico come finale ...
Scusate se posto con così tanto ritardo ma questa settimana è terribile scolasticamente! Non so come farò a sopravvivere. Inoltre, scrivere questo capitolo è stato un parto lungo e doloroso.
Tutte le volte che aprivo Word e cercavo di continuare o modificare ciò che avevo scritto si impallava tutto il computer, per non parlare dei problemi con l’alimentatore. Insomma, una brutta settimana …
Questo capitolo è stato scritto in un momento di sconforto, quindi siate avvisate!!! XD

Ed ora, i ringraziamenti:

Fantastici i vostri commenti!!! Però, fatemi un favore, non mortemi tutte di curiosità se no poi chi la legge la mia povera ficcy? XD
clodiina85 Grazie e scusa per il ritardo … presumo di averti sconvolta, dato il commento.
yuyutiamo Speravo di sorprendervi … x la scena vale ciò che ho scritto sopra. Grazie x l’apprezzamento!
alice brendon cullen Troppo carini, vero?
giulia9_91 Spero di riuscire a soddisfare la tua curiosità! Grazie per i bellissimi ( ed esagerati ) i complimenti che mi hanno fatto arrossire!
HopeToSave Evvai! Ce l’ho fatta a commuoverti!!! Ehm, sì … l’ha morsa …
bunny65 Grazie, sono contenta che ti piaccia!
_sefiri_ Spero che ti piaccia anche questo cap. Thanks
KiraraMiranda Colpa tua … XD
Hele91 Grazie !
Gocciolina Troppo gentile!!!  Peccato che ormai è finita …
Lilian Potter Per tutta la sera mi hai tartassato di domande ma io, irremovibile, non ho ceduto! Per non rovinarti la sorpresa ( e perché sono perfida … ) !!! non ho fatto bene forse? Ciao!
hachicat Me molto contenta!!!
Wind Grazie! Piccolo colpo di scena!
PenPen I tuoi commenti sono sempre fantastici! Thank you!!! XD
poketpolly Mi spiace ma non posso proprio … anche se … XD
Saphira87 Centra la vergogna ma anche il timore dei rating! Sono contenta che ti sia piaciuto lo stesso!
Clhoe Spero ti piacerà !!!
chichetta99 Grazie per i complimenti!
BellaSwan87 Che bello! Hai ascoltato la canzone! Secondo me era perfetta per la scena. Me li ci vedevo troppo XD! Davvero lo pensi? Sono troppo felice! E per la storia in genere, sono davvero felice che ti piaccia! Adesso che è praticamente finita, ne sto già preparando un’altra. Sempre Edward\Bella!
Spero la seguirai!
BellaSwan95 Ciao Sara! Eh eh, il fatidico 3.20!!!!!!!! XD
yumisan Grazie! Scusa per il ritardo!
Miss Kiss E la tua curiosità verrà placata!

E ora, devo ringraziare particolarmente Pocia. scusa, credo di averti shockata XD mi spiace di averti fatto impazzire ma davvero è già tanto che sia riuscita ad accendere il pc!!! Spero ti piacerà anche questo cap!!!
Grazie anche a tutte coloro che hanno solo letto!

Ringrazio infine le 10 persone che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti. Scusate se non vi cito, ma non riesco più a distinguere i nomi!!!! Spero perdoniate!!! XD

                               Ciao e a presto!                                                                                                      Cassandra

< Carlisle … > La voce di Edward sembrava terrorizzata. < Sta perdendo troppo sangue. Guarda quanto sangue!!! > Sembrava sul punto di impazzire. < Ho sbagliato. Ho sbagliato! Dovevo farlo fare a te. >

< Sta tutto proseguendo nel modo giusto. Non preoccuparti. È normale … con queste ferite. Anche con Rose è stato lo stesso … > Le mani di Edward si poggiarono sul mio collo in prossimità della lacerazione. Erano fredde contro la mia pelle in fiamme.
Non riuscivo  controllare i movimenti del mio corpo. Continuavo a dimenarmi tra le grida e, quando aprivo gli occhi, vedevo Edward, a pochi centimetri da me che mi osservava distrutto. Ero però costretta a serrarli subito dopo, sconvolta da un’altra ondata di dolore.
Talvolta sentivo il suo tocco lieve ma io mi ritraevo al contatto.
Qualsiasi posizione assumessi, non riuscivo a trovare sollievo. Per cercare di non gridare mi morsi le labbra. Dopo poco sentii il sapore del sangue invadermi la bocca.
Le sue, dita leggere ma decise, mi costrinsero a riaprire la bocca. un liquido denso e rosso mi gocciolava copioso sul mento.

< Edward … > La voce di Esme. < Dovresti uscire ... sto io con lei, caro. >
< No. >
Due braccia gelate mi cinsero e mi strinsero al petto nudo del mio sposo nonostante io cercassi in tutti i modi di divincolarmi. La mia schiena premeva contro la sua pancia. 
< Ahhhhhhhhh lasciami! lasciami! Non mi toccare! Mi fai male! Mi fa male! >
< Bella. >
Non mi lasciava andare. Non voleva liberarmi.
Mi voltai per poterlo tempestare di pugni. Mi afferrò per i polsi e mi costrinse a sdraiarmi schiena a terra. Si appoggiava a me impedendomi di muovermi. Teneva la testa affianco alla mia. Le sue labbra mi sfioravano l’orecchio e mi sussurravano di stare calma.
Io non gli prestavo minimamente retta. Nonostante il male alla gola continuai a gridare, sempre più forte.
Mi sembrava che il mio corpo venisse trafitto da centinaia di pugnali e che nelle mie vene scorresse fuoco liquido.

Sentii le dita di Esme accarezzarmi la fronte.
Scalciavo e gridavo e loro non facevano niente per aiutarmi. Non potevano.
Credevo, ero sicura che sarei impazzita di dolore.
Neanche il contatto con la pelle gelata di Edward riusciva a lenire la mia sofferenza.
Sentivo le loro voci. Sentivo il mio nome ma non riuscivo a capire cosa mi stessero dicendo. Non riuscivo a rispondere.
Il mio cuore batteva furioso e sembrava ardere nel mio petto. I miei polmoni mi sembrava non riuscissero a contenere abbastanza aria.
Edward si allontanò da me e mi lasciò sola a dimenarmi sul letto.

Aprii gli occhi e vidi ancora quella maledetta sveglia. Segnava le 8.
Come diavolo era possibile. Non poteva essere passato così poco tempo. Stavo troppo male. Non ce l’avrei fatta a sopportare …
Mi sporsi dal letto e afferrai l’orologio tra le mani. piangevo e gemevo mentre le mie dita si stringevano intorno al piccolo oggetto.

< Bella? > Carlisle si era avvicinato e cercava di mettermi sdraiata.
Un’altra fitta sconvolse il mio corpo e io urlai. Caddi dal letto e continuai a tremare, trascianatami nell’angolo.
Con quanta forza avevo in corpo, scagliai la sveglia contro il muro per poi accasciarmi su me stessa. Mi portai le mani al volto e strinsi i pugni, affondando le unghie nella carne. 
Socchiusi gli occhi gonfi di lacrime ed intravidi Esme vicino a me e, poco più in là, Edward. Lui mi prese in braccio e mi rimise sulla trapunta. Vidi il sangue
che impregnava le lenzuola, ma stavo troppo male per capire che fosse davvero molto. Moltissimo.
Chiusi gli occhi per reprimere un conato di vomito.

Le mani di Edward non mi abbandonano ma anzi, mi continuarono ad accarezzare.
< Ho paura. > sussurrai tra una fitta e l’altra.
< Non devi. Ci sono qua io. Non mi allontanerò. >
< Fa male! Brucia, Edward. Brucia! >
< Lo so, lo so. Presto finirà … > Mi promise lui con voce affranta. Mi strinse tra le sue braccia per tranquillizzarmi. Io ero in preda alle convulsioni. Ad un tratto mi sorpresi ad urlare: < UCCIDIMI! SE MI AMI VERAMENTE UCCIDIMI! > Edward mi strinse più forte a sé.  
Nell'agonia della trasformazione, quello fu il mio ultimo attimo di lucidità. Poi, l'oscurità.

Quando riaprii gli occhi, dopo alcune ore di agonia, vidi fuori dalla finestra dei timidi raggi di sole.
Ero logorata dalla sete e dal dolore. Chiesi acqua ma nessuno riuscì a capire le mie parole.
Il fuoco che mi consumava era dentro le mie stesse vene.
Un ragazzo bellissimo mi asciugava la fronte madida di sudore.
Le mie grida si erano intanto fatte più fioche.

Non sapevo chi fossi, dove mi trovassi, chi fossero quelle bellissime creature che mi osservavano, pazienti. Tutte calme tranne una. Il dio che mi abbracciava sembrava patisse le mie stesse pene.
Protesi la mano per accarezzare la sua pelle perfetta. Mentre gli sfioravo la guancia, il dolore mi avvolse nuovamente impedendomi di controllarmi. Afferrai i capelli del giovane e, urlando, li strinsi in una presa strettissima. I miei occhi si chiusero all’istante.
< Bella … Bella … Ti amo. Ti amo tantissimo. Perdonami, perdonami. >
Parole confuse e senza senso attraversavano la mia mente offuscata dalla sofferenza.
Mi strinsi al corpo del ragazzo chiedendogli di avere pietà, chiedendogli di uccidermi ponendo fine a quell’atroce tortura.

I successivi due giorni furono un confuso alternarsi di oscurità e sofferenza.
Alla fine del secondo giorno, quando per la seconda volta la notte calò sulla mia sofferenza, non gridavo neanche più. Le mie urla erano diventate mute. Ansimante, rimanevo rannicchiata al centro di un letto a baldacchino. Sentivo il mio cuore che batteva affaticato. Ogni pulsazione ravvivava il dolore. il mio corpo veniva sconvolto dalle convulsioni.
All’inizio della terza notte, ricominciai a distinguere le voci. Una donna e una ragazza chiamavano un nome a me familiare.
Un angelo continuava a ripetermi:

< Tra poco sarà tutto finito … > e ogni volta mi carezzava con gentilezza. Era crudele  a mentirmi a quel modo. Io però non potevo farfe a meno di fidarmi. Mi aggrappavo alla sua voce cercando di restare viva.  
Quando sentii delle labbra fredde sfiorarmi la guancia, socchiusi a fatica le palpebre e tra le lacrime che ormai scorrevano a fatica, vidi lui.
Il ragazzo che credevo di aver sognato mi sorrideva triste.
Negli spasmi, cercai di respirare a fondo e di trovare la forza di parlare.
< aiuto … > Sembrava che gli avessi conficcato un pugnale nel petto con le mie parole, a giudicare dal suo sguardo.
Mi strinse una mano, se la portò alla bocca e me la baciò. Le sue labbra tiepide mi parvero familiari.
< Isabella … tra poco starai bene. > Speravo che non mi stesse mentendo.
Chiusi gli occhi e cercai di avvicinarmi a lui. Il mio corpo, ancora sconvolto dai sussulti e dai tremiti , era sfinito e non riuscii a muovermi. Il ragazzo mi abbracciò e io mi abbandonai a lui.
Chiusi di nuovo gli occhi e persi conoscenza.

 Il mio cuore faceva sempre più fatica a continuare a pompare il sangue che era rimasto nelle mie vene tormentate. Ad un tratto, ripresi coscienza di me stessa. il mio corpo era sempre più debole e provato. ogni movimento era un'agonia ma, allo stesso tempo, non riuscivo a controllare gli spasmi. Nel buio che mi avvolgeva, sentivo le mie lacrime solcarmi il volto.
Il fuoco che aveva preso il posto del mio sangue si stava lentamente estinguendo e il dolore che invadeva anche l’ultimo lembo di pelle, anche l’ultimo muscolo, si andava attenuando.
Qualcuno mi stava accarezzando la schiena tenendomi abbracciata a sé. Il mio naso era appoggiato al petto dell’angelo. Il suo odore irresistibile mi penetrava nel naso e mi dava finalmente sollievo.
Improvvisamente le mani che mi coccolavano si fermarono di scatto e, con un sussulto, mi strinsero disperatamente al corpo del giovane.
In quello stesso istante, il silenzio calò nella stanza.
Il mio corpo, esausto, aveva smesso di combattere.
Il mio cuore smise di battere nel momento stesso in cui la luna fece capolino da dietro le nubi.
Finalmente, smisi di soffrire.
Nessuno osò parlare per molto tempo. I minuti passavano lenti.
Sentii una mano spostarsi dalla mia schiena al mio capo. Passava le dita tra i miei capelli.
Nella mia mente, il vuoto.
Alzai leggermente la testa ed aprii lentamente i miei occhi stanchi ed asciutti.

Due pozzi scuri e profondi mi fissavano colmi di angoscia e dolore.
Senza neanche pensare, pronunciai un nome che sapevo essere il suo:
< Edward … >
Mi sorrise e mi sfiorò il viso con dita tremanti. Si soffermò sulla pelle sotto i miei occhi.
Io li chiusi e mi avvicinai di più a lui. Sentivo il bisogno di respirare quel profumo tranquillizzante.
< Bella? >
Non risposi. Ero frastornata da una serie di suoni confusi che mi invadevano la testa. Il fruscio del vento era assordante.
< Bella? Ti prego, rispondimi … >
< Chi sei? > domandai cercando di ritrovare la calma.
< Edward, spostati un secondo. > La voce autoritaria e tranquilla di un uomo fece sì che il mio angelo si allontanasse da me.

Un bellissimo giovane uomo, biondo e affascinante, si sedette sul bordo del letto.
Mi prese una mano e mi aiutò a mettermi a sedere.
< Ciao. >
< Salve. > Risposi io confusa.
< Come ti senti? > mi domandò gentile mentre osservava il mio corpo seminudo.
< Bene … > dissi io timida. Era strano. Non sentii il sangue salirmi al volto.
< Sono molto contento … adesso non ti devi spaventare. Ti toccherò la pelle. >
Annuii e attesi.
Le sue dita discrete si appoggiarono sul mio collo e sui miei polsi. Passarono leggere sul mio petto e poi mi sfiorarono il viso. Dopo avermi accarezzato i capelli bagnati di sudore, si avvicinò e mi baciò la fronte.
< Benvenuta. >
Io rimasi lì a fissarlo stupita.
Una ragazzina, esile e minuta, venne verso di me mi chiese:
< Te la senti di fare una doccia? >

La guardai e poi osservai il mo corpo. Era ricoperto di sangue, proprio come il letto.
Terrorizzata, gridai e arrancai verso il bordo del letto. Il giovane che mi era stavo vicino mentre bruciavo, mi strinse tra le braccia e tentò di tranquillizzarmi.
Cercai di piangere ma dai miei occhi non uscì alcuna lacrima.
Avevo paura. Se provavo a ricordare cosa ci facessi in quella stanza l’unica cosa che vedevo nella mia mente era un mare di sangue.

< Edward … > era l’unica cosa che riuscivo a dire … Quel nome mi rimbombava nella testa. Sapevo che solo tra le sue braccia sarei stata al sicuro.
< Va tutto bene. Va tutto bene. Ora andiamo di là. > mi prese in braccio e mi portò in un bagno. Mi fece entrare nel vano della doccia nonostante indossassi ancora la biancheria, ed aprì l’acqua. Non chiuse la porta di vetro e rimase in piedi davanti a me. Lo fissavo mentre l’acqua mi scorreva lenta e liberatrice sul corpo. I miei capelli si bagnavano e ricadevano sulle mie spalle.
Lui allungò la mano e mi carezzò la guancia.
Singhiozzavo ma ormai sapevo che quelle che scorrevano sul mio volto non erano lacrime. Solo acqua ...
Fece tutto lui. Mi passò delicato le mani sul corpo lavando via il sangue, il cui odore mi faceva girare la testa, finché non fui pulita.
Sentivo la mia pelle dura sotto le sue dita.
 Chiuse il gettito e mi avvolse in un asciugamano. Mi fece sedere sul pavimento e con cura mi asciugò i capelli.
Mi tolse la biancheria bagnata e mi infilò un pigiama.

Un pigiama che avevo già visto  ...

Era blu scuro. Un bel colore.

Chiusi per un attimo gli occhi e mi vidi in un negozio. Afferravo l’indumento e lo porgevo al ragazzo chiamato Edward. Lui mi baciava e poi infilava il pigiama in un cestello.
Riaprii gli occhi e lo fissai per un lungo istante e poi mi alzai in piedi. Uscii dal bagno e rimasi ferma davanti alle scale.
Mi venne incontro un giovane alto ed imponente. Mi sorrideva tranquillo e rilassato.
< Bella, allora? Come va? >
< Bene … Emmett … > sapevo che era così che si chiamava.
Sentivo le voci che provenivano dalla stanza in fondo al corridoio come se fossero state pronunciate a pochi centimetri da me.

< Non preoccuparti Edward, è solo confusa … Lasciale un po' di tempo per riprendersi, per accettare la situazione. La sua nuova condizione ... >

"Nuova condizione" Quelle parole innescarono il meccanismo della mia memoria.
Pian piano i ricordi ricominciarono a ricomporsi e finalmente riuscii ad avere una visione completa di ciò che era stata la mia vita.
L’ultimo ricordo che serbavo era quello di me ed Edward, dei nostri corpi nudi che si univano dolcemente. I suoi baci e le sue carezze appassionate sulla mia pelle calda e sudata. Morbida
Poi ricordai i denti. Le lacerazioni ed il dolore.

Caddi sulle ginocchia ed Emmett si accovacciò al mio fianco, posandomi una mano sulla spalla.
< Bella, vuoi che ti porti in camera? >
Scossi il capo sconvolta dai singhiozzi che sapevo sarebbero rimasti aridi per il resto dell’eternità.
< Bella … > Edward mi era venuto vicino e mi accarezzava.
Mi buttai tra le sue braccia protettrici.
< Perché? > Domandai soltanto.
< Perché ti amo. >
< Perché mi hai fatto questo? >
Non mi rispose ma cominciò a cullarmi dolcemente.

< Edward … > sussurrai ormai consapevole della situazione. Sapevo cosa era successo ed avevo intuito le sue motivazioni.
< Mi dispiace davvero di averti fatto questo … non avrei mai dovuto accettare sono stato uno sciocco. Avrei dovuto lasciarti la tua umanità. Dovevo portarti via subito … >
< Amore. > mi strinse più forte quando pronunciai quella parola. Sapevo che in quel momento era importante non fargli capire la miriade di sentimenti contrastanti che mi attraversavano la mente.
< Non sono arrabbiata con te. Lo so che se avessi avuto scelta, non lo avresti mai … > mi fermai di colpo. Terrorizzata. Sentii anche Edward irrigidirsi. Delle voci. Qualcuno si stava avvicinando.
< No, Bella, non preoccuparti. Sono ancora lontani. Il tuo udito è molto più sviluppato adesso. Abbiamo ancora qualche minuto. >
Era orribile. Mi veniva da piangere per la paura ma nessuna lacrima poteva sgorgare dai miei occhi. Mi limitai a tremare come una foglia.
Carlisle ed Esme ci passarono vicino e scesero al piano terra.

< Bella, vieni. > La sua voce vellutata mi fece riacquistare un filo di lucidità.
< Dove? > domandai terrorizzata.
< Da loro. > La sua voce era carica di odio.
Scossi la testa con convinzione ma lui non volle sentire ragioni. Mi prese tra le braccia e mi portò da basso, insieme agli altri.
Mi fece accomodare sul divano sulle sue gambe. Alla nostra destra stava seduto Emmett, a sinistra Alice.
< Edward … Mi brucia … > sussurrai sfiorando il punto in cui mi aveva ferita, in prossimità della giugulare, quando il fastidio che avvertivo alla gola divenne una sorta di dolore.
< Tranquilla. È la sete. Appena avremo risolto questo problema, ti porterò a caccia. Non devi preoccuparti. Penserò io a te. >
Annuii e mi appoggiai a lui. Il suo petto non mi parve più freddo. Alzai lo sguardo e vidi il mio riflesso nella vetrata imponente e magnifica.

Una ragazza, bellissima e diafana, mi osservava sconvolta. Mi sfiorai i capelli e lei fece lo stesso. Ero io. Edward si chinò in avanti per baciarmi la mano con tenerezza.

Il mio riflesso mi sconvolse. Sembravo uno spirito da tanto ero pallida. Anche da … viva … ero sempre stata molo chiara.
Le mie labbra, i miei tratti. Ero e non ero io allo stesso tempo. Non più una sola, minima imperfezione. Non volli soffermarmi oltre su quella figura splendida ma glaciale che mi osservava da dietro il vetro.
Ero ancora confusa dai suoni confusi che mi circondavano quando percepii chiaramente Edward stringermi a sé e sussurrarmi: < Ti amo. Ora e per sempre. >

Poi sentii la porta d’ingresso aprirsi.   
Jasper entrò e, dietro di lui, intravidi delle figure avvolte in tuniche scure. Dopo pochi passi, anch’esse furono illuminate dalla luce della sala.

Rabbrividii nonostante non sentissi più freddo. Avevo paura.

 

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Capitolo 21
*** Ti amo. Ora e per sempre. ***


Ok, ciao a tutte!

Non so come chiedervelo però, beh, diciamo … insomma …
NON UCCIDETEMI.  Non fatelo per favore … neanche dopo aver letto questo capitolo. è una condizione necessaria al proseguimento della storia ... vedetela in questo modo! Ho anche aggiunto: drammatico nel genere ... e pensare che all'inizio avevo messo comico ... immagino che siate tutte perplesse ... dipende tutto dai miei ormoni ... a seconda dei periodi mi sento allegra o triste e, purtoppo per voi, mi stanno per venire quindi sono triste ...
Va bene? Per favore!!!!

Ora, finchè sono ancora viva, ringrazio tutte coloro che hanno letto lo scorso capitolo, le altre 6 persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti e per aver lasciato una traccia del loro gradito passaggio un grazie speciale a:
bunny65 scusa se ti ho fatto aspettare anche per questo cap! Avrei bisogno di 36 ore al giorno per stare dietro a tutto!
BellaSwan95 Ciao Sara! Ora scoprirai cosa succederà!
HopeToSave Grazie per i complimenti! Già già, ecco i Volturi …
PenPen, Dici? Addirittura paura? Sono molto contenta che la mia storia riesca a trasmettere emozioni per davvero! Ho fatto fatica per riuscire a metterci dentro Charlie … però credo di poter accontentare sia te che Saphira87,
algin91
Spero che ti piaccia anche questo capitolo!
Wind Grazie! Addirittura magnifica? Sono diventata dello stesso colore della mela della copertina di Twilight! E pensa che io sono pallida come un vampiro XD
chichetta99 Inizialmente non volevo descrivere la caccia ma poi, date le vostre richieste, ho pensato che sarebbe stato carino mettercela dentro. Non deve aver pensato lo stesso il povero cervo a cui ho dato l’onore di diventare il primo piatto di Bella! Ps: Si chiama MICHELE …sapessi … XD ok, sono completamente andata … scusa il delirio.
Saphira87 Battuta di caccia: ok. Incontro con Charlie: ok. Scenetta romantica: … Volturi: …
Non mi uccidere ti prego!!!!
Hele91 Mi ci sono impegnata! XD
KiraraMiranda Lauri, tesoro mio, il Moncada mi ha dato l’ispirazione. Per la sofferenza di Bella mi sono ispirata alle mie sensazioni nell’ora di fisica! ( con il tuo libro … Amaldi, dannato subito … )
Meletta semplicemente troppo buona!  Thanks
giulia9_91 Per i Volturi eccoti servita … Ciao!
Miss Kiss Ma così mi metti in crisi! Come faccio ad accontentarti? Speriamo di riuscirci!
BellaSwan87 Sono davvero contenta che il cap 20 ti sia piaciuto. Sapere che ti ha coinvolta così tanto è molto gratificante per me. Grazie! Credo che altri tre capitoli … non so se …
momob Non preoccuparti! Ah, temo che al louvre non ci sia più posto … magari una qualche casa editrice sgangherata però … qualche mio altro lavoro … sarebbe troppo bello per essere vero.  Tanto per fare una citazione colta: “ i sogni son desidereii, di feliicità … na na nannaranarà ” uccellini di sottofondo … Basta, sono proprio fuori oggi …
alice brendon cullen Ciao! Grazie per i complimenti? Com’è the host?
hachicat No no, non preoccuparti! Letto “engaged” ?
Pocia Oddio! Chissà come reagirai a questo … speriamo bene! Non vorrei averti sulla coscienza! XD
yuyutiamoGià già. Eccoli i rompini, o romponi … Pensa che ero tentatissima di chiudere tutto qui, quando nel testo dice: “ Ti Adora” ma poi ho pensato ... ma no! Andiamo avanti ancora un po’! sarebbe stato un bel finale in stile Erika però … vabbè, basta spoiler … spero recensirai anche questo cap! e pensa che la scuola è quasi finita!
clodiina85 Graziiiiiie Graziiiiiie Graziiiiiie Graziiiiiie  Graziiiiiie !!!!!!!!!!!!!!!
Lilian Potter  Oh Lily! Mi fa sempre un piacere enorme sapere che ti leggi la mia ficcy in giro per la tua verde cittadina mentre vai a scuola! Grazie! Spero tu abbia gradito il mio regalo! Ne ho altre … te le mando il prima possibile. E per l’altra cosa, ci sto già lavorando!!!
sky_eyes_vampire  Sono contenta che tu la pensi così! Grazie!
sophie_95  Felice che ti sia piaciuto!
Les  Ma cosa dici! Ogni recensione è diversa dalle altre, ed immensamente gradita! Spero continuerai a lasciarmene! E spero che la storia continuerà a piacerti! Ps: evviva il caso!!!!!!!!!
yumisan  Eccoti accontentata!
poketpolly  Il tuo ritardo esagerato è ampiamente compensato dal mio ritardo imperdonabile, quindi tranqui …Edward è dolcerrimo. Trovato i libri della Meyer? Lancio un appello per te:

Qualcuno sa dove trovare la serie di Twilight ( e di che altro se no, su queste pagg ) disponibile in libreria a Milano? poketpolly  Non riesce ad entrarne in possesso. Tutto esaurito!
Tra l’altro, le ultime pagine del mio Twilight si stanno staccando! E io tratto i libri come la cosa più preziosa del mondo!!!! So con glie ne frega niente a nessuno, però a me turba come cosa!!!! Il mio amato Twilight!!!!
Ok ora basta cacchiate, vi lascio al cap 21 che, vi avverto, è un po’ … bhe, capirete …
Commentate vi prego! Ma non siate troppo cattive! La storia mi è venuta così e sappiate che mi sono trattenuta dal premete Sì, su storia terminata …

Baci!                     

Sulle note di: ONLY THE GOOD DIE YOUNG,  vi lascio … provate ad ascoltarla mentre leggete la prima parte!
http://it.youtube.com/watch?v=QKPJxuOs5DU
Ps: Freddie for ever!  Una tua grandissima fan!         

Visto che ci sono, vi rimando anche a questo link ( una scena del film –stravolto!- in cui James attacca Bella. Ma perché mi hanno cambiato il libro? Li odio! Però James … che figo. Peccato che muore. E qui rimando al titolo della canzone! XD )  http://www.mtv.com/overdrive/?id=1588451&vid=237340

                                                                                                                        la vostra Cassandra

 

Jasper si fece strada nell’ampia sala con passo tranquillo e sicuro.

Appena entrato, mi rivolse uno sguardo compassionevole e poi mi sorrise. Una calma innaturale m’invase e io non potei non accettarla che di buon grado.
Dietro di lui, cinque figure avvolte in mantelle scure, lunghe fino ai piedi, mi squadravano da capo a piedi.
Mi aggrappai ad Edward che mi strinse a se, cullandomi dolcemente. Mi teneva sulle sue gambe.
< Ti amo. > Un sussurro impercettibile raggiunse il mio orecchio. Le sue labbra lo sfioravano. Mi baciò la guancia e poi si rivolse al gruppo di terribili ospiti.

<  Jane, signori … Come potete constatare, adesso non c’è più motivo per importunare la mia famiglia ulteriormente. >  il suo tono era secco ma allo
stesso tempo addolorato.
Una risata cristallina risuonò nella stanza dalle pareti chiare.

Tremai.

La più piccola delle sagome, con un movimento sensuale e sinuoso, si fece scivolare il cappuccio sulle spalle e ci rivolse un sorriso divertito. Chiuse gli occhi e scrollò leggermente le spalle.

< Sei sempre così arrabbiato, Edward; non ti fa bene … >                 

Sentii un ruggito crescergli nel petto. Tutti quei rumori assordanti mi facevano venire un mal di testa tremendo. Chiusi gli occhi e mi appoggiai ad Edward. In quel momento averi voluto non pensare. Avrei voluto sentire solo il suo odore.  Essere semplicemente io e lui, felici e soli. Che desiderio ingenuo …

La vampira, scocciata, disse: < Tutta questa confusione per un’umana. Certe cose io proprio non riesco a capirle. >
Consapevole del fatto che si stava riferendo a me, aprii gli occhi e incrociai i suoi.
Mi fulminò con lo sguardo. Le sue pupille rosse come il sangue, con delle leggerissime venature nere, mi scrutarono l’anima. Non riuscii a sostenere lo sguardo e girai il capo per poterlo appoggiare sulla spalla accogliente di mio marito. Quella voce infantile mi fece sussultare:

< Sei sopravvissuta. >  

Sembrava schifata e desiderosa di uccidermi con le parole. < Felicitazioni. >.
Edward mi accarezzò il capo facendo scorrere le sue dita affusolate tra i miei capelli.
Sentii il suo corpo irrigidirsi e poi mi accorsi delle sue braccia che mi stringevano a lui con ansia.
Mi voltai e vidi Jane che mi fissava con rabbia ed odio. Stringeva i pugni con rabbia.
Quando finalmente distolse lo sguardo, Edward si rilassò e mi diede un tenero bacio sulle labbra.

Ricordai improvvisamente una città antica, dalle mura spesse. Una torre e una piazza. Il caldo sole di mezzogiorno che mi inondava di luce. Il freddo di un sotterraneo buio e umido. La paura di sapere Edward morto. Il dolore di vederlo agonizzante ai miei piedi. La consapevolezza che l’avesse fatto per me. Che si fosse frapposto fra me e il dolore. Che avesse sofferto in quel modo perché voleva proteggermi … Rividi la bellissima ragazzina che lo torturava solo per curiosità. Ringraziai che il mio corpo avesse mantenuto la sua imperfezione. Le mie mani si strinsero con più vigore al corpo di Edward.
Poi mi sentii morire.

< Sei pronto? > Uno degli altri quattro ospiti parlò. Lo riconobbi come Demetri.
Si rivolgeva ad Edward la cui voce rassegnata mi sconvolse.

< Già ora? Non possiamo … Ancora qualche giorno, qualche ora … ? >
< No. Ti è già stato concesso più tempo di quanto non fosse previsto. Mantieni i termini dell’accordo, così come li abbiamo mantenuti noi.  >
< Capisco. > Affranto, Edward mi abbracciò e seppi che, se avesse potuto, avrebbe pianto. 

Una voce compiaciuta disse: 
< Una vita per una vita. Un dono per un dono. >

A quelle parole, Edward mi strinse di più a sé.

Poi le braccia dolci del mio sposo mi affidarono ad Emmett che si affrettò ad afferrarmi. Se avessi voluto, se mi fossi opposta con tutta la potenza della mia nuova forza, forse sarei riuscita a respingere Emmett, a rimanere avvinghiata ad Edward. Solo, mi sentivo svuotata dentro, priva di energie.

< No! > Gridai quando il poderoso fratello del mio Amore mi prese e mi strinse in un abbraccio che era più simile a una gabbia. Avevo capito.

Mi protesi verso mio marito che mi teneva ancora le mani strette fra le sue.
< Ti amo. Ora e per sempre. > poi si avvicinò di più e mi diede un bacio sulle labbra. Si voltò verso Alice, che gli fece un cenno con il capo, per un brevissimo istante e poi tornò a guardare me. Mi baciò ancora, sempre sulle labbra. Delicato e dolce, si trattenne solo per un solo,ultimo istante.
Poi si alzò e, sempre tenendomi le mani, me le baciò, soffermandosi sulla fede per un attimo, poi si voltò senza osare guardarmi negli occhi.
Sentii chiaramente il suo sussurro: < Ti amo. Perdonami. >
< No, Edward ti prego. Non puoi, non puoi! > Ero disperata. Non potevo piangere ma i singhiozzi erano terribili e mi scuotevano il corpo.
< No. Devo. Scusami. >
Fissava il pavimento e stringeva i pugni. Senza proferire altra parola, andò da Jane. La bellissima ragazzina con il volto da angelo rise, mi fissò con un misto di compiacimento ed ira, e disse:
< Andiamo. >
Io lo fissavo muta. Le mie braccia protese verso di lui, invano.
Tra gli svolazzi e i fruscii delle loro pesanti tuniche, gli ambasciatori dei Volturi uscirono dalla casa dei Cullen e con loro, per ultimo, il mio Edward.

Appena lo vidi varcare la soglia ed addentrarsi nell’oscurità della notte, ritrassi le mani, le appoggiai al mio petto, come quando mi sentivo male durante la sua assenza, e mi accasciai tra le braccia di Emmett.
< Portiamola di sopra. > La voce calma di Carlisle ruppe il silenzio opprimente che si era creato.
Non opposi resistenza. Non ne ero in grado.
Emmett mi portò in camera mia e di Edward. Il letto era pulito. Le lenzuola candide ed immacolate.
Un lieve odore di sangue, il mio, aleggiava ancora nell’aria. Sapevo che era colpa del mio olfatto troppo sviluppato, anche per gli standard dei vampiri.
Mi appoggiarono sul letto e poi Alice mi si sedette accanto, accarezzandomi i capelli.
< Cosa vedi, Alice? > domandai ad un tratto.
Le sue mani si bloccarono. Fece un respiro profondo e poi sussurrò:
< Adesso è troppo presto. È tutto troppo confuso, indefinito … >
Chiusi gli occhi e mi strinsi le braccia al petto.
Dopo un’ultima carezza, mi lasciarono finalmente sola.

Rimasi immobile molto a lungo, osservando le nuvole rincorrersi oltre la grande vetrata. I miei occhi erano aperti, vacui, vitrei.

Più volte sentii il telefono squillare.

Esme rispondeva sempre al secondo squillo e, con voce calma e pacata, parlava con mio padre. Riuscivo a sentire la sua voce da oltre la cornetta del telefono. Era preoccupato.
Da quello che avevo capito, gli avevano detto che io ed Edward ci eravamo sentiti entrambi male. Che avevamo dovuto rimandare la partenza. Lo sentivo rispondere angosciato. La sua voce era tormentata. Si preoccupava per me, e per mio marito. Il marito che in quel momento era lontano da me.

Dopo due giorni, mi mossi. Mi allungai e afferrai il ciondolo che Edward mi aveva regalato appena pochi giorni prima del nostro matrimonio.
Mi portai il cuoricino al petto e singhiozzai. Nessuna lacrima bagnò il mio volto di pietra.
La sete mi corrodeva la bocca e mi ardeva la gola ma, nonostante tutto, rimasi sdraiata nel letto. Il mio pensiero era rivolto costantemente all’Italia, ad Edward.

Toc Toc

< Bella? Bella? Posso entrare? >
Non risposi.
< Bella, devo parlarti … >
Chiusi gli occhi e mi strinsi di più a me stessa.
Alice aprì la porta ed entrò. Si sedette sul bordo del letto e mi prese la mano.
< Bella, tu devi capire. Lo ha fatto per te. Non aveva scelta. Ti avrebbero uccisa. Non avrebbero permesso ad Edward di trasformarti. Jane ci ha messo di fronte ad una scelta. Ti avrebbero lasciato vivere fino al giorno del matrimonio, non sarebbero intervenuti, se Edward avesse accettato la proposta. Ti prego, non essere adirata con lui. Ti ama. Ti adora … >
Mi rigirai nel letto e la fissai negli occhi.
< Alice … > la voce mi uscii roca dalla gola ardente di sete.
< Bella … dobbiamo farti incontrare con i tuoi genitori. Sono veramente angosciati. Sanno che non stai bene. Sono molto preoccupati. Dobbiamo fare le cose per bene. >
Non capivo cosa mi volesse dire. A dove stesse mirando.

< Bella, abbiamo detto loro che Edward non ce l’ha fatta, ma che tu sei fuori pericolo. Abbiamo dovuto far credere loro che la casa era stata messa in quarantena. Per loro, il corpo di Edward è stato portato via da una squadra del servizio sanitario. Per favore, cerca di reggere il gioco, fallo per il loro bene. Vogliono vederti. Hanno paura per te. Questa notte andremo a caccia. Charlie e Reneè saranno qui alle 8. Non devi preoccuparti. Non rischieranno niente. Tu non avrai sete … >
< Alice, non voglio vedere nessuno. >
< Bella, non dire sciocchezze. Non hai alternative. Devi farlo e lo farai. >
Il suo tono di voce era gentile ma fermo. Non ammetteva repliche.
< Alice … > Mi abbracciò e poi mi disse: < Vuoi venire così? >
Rimasi immobile per un minuto pensando ad Edward, al fatto che l’ultima volta mi avesse vista con indosso quel pigiama che aveva ancora il suo odore.
< No. Mi cambio. > le mie parole risuonavano spente e vuote.

Non avevo per niente voglia di fare quello che mi diceva Alice ma la sete mi impediva di ragionare lucidamente. Il dolore mi lacerava.
Con lentezza mi alzai e afferrai gli abiti che mi porgeva Alice.
Con movimenti fluidi e velocissimi, slacciai i bottoni della camicia e la lasciai scivolare lenta lungo le mie braccia e la schiena, facendola cadere ai miei piedi. La stessa fine fecero i pantaloni che caddero leggeri sulle mie gambe. Sollevai il capo e osservai la mia immagine riflessa nella vetrata.

Pallidissima e bellissima. Fui felice di vedere che il mio corpo non era mutato poi molto. Ero sempre io. Solo, perfetta. Non più un’imperfezione, un difetto … I miei occhi erano di un impressionante color vermiglio anche se riuscivo ad intravedere delle leggere striature nerastre. Delle occhiaia profonde e violacee, simili ad ustioni, deturpavano il mio volto meraviglioso. Sembravo realmente malata. Forse era colpa del mio sguardo spento.
Nuda, pensai che avrei voluto avere Edward al mio fianco. Avrei voluto che io e lui potessimo amarci ancora senza che però, adesso, dovesse temere di farmi del male. Chissà, forse ora ero alla sua altezza? Forse, e me ne rendevo realmente conto solo in quel momento, lo ero sempre stata ai suoi occhi.
Mi infilai gli abiti e poi mi voltai. Alice ed esme mi sorridevano.
< Ho paura. >
< Non devi. >
Mi presero per mano e mi condussero fuori, nella notte.

Era la prima volta che lasciavo l’accogliente casa Cullen da quando era successo. Da quando la mia vita si era interrotta bruscamente. Mi sentivo sperduta fra tutti quei suoni, quei profumi … era assurdo. Non capivo da dove provenissero tutti quei rumori assordanti. Quei maledetti grilli mi stavano frastornando. L’odore dell’erba mi dava uno strano senso di nausea.
< Presto ti abituerai tesoro. >  mi sussurrò Esme stringendomi la mano con decisione.

Annuii e poi dissi:
< Ho sete. > 
< Ora vedrai che andrai meglio. > Alice sembrava molto sicura di sé e questo mi diede forza. Quando ci addentrammo nel bosco, tremai. Correvamo velocissime, tenendoci per mano. Era strano e doloroso sapere che al mio fianco ci sarebbe dovuto essere Edward e che invece lui era lontano.
L’ultima volta che mi ero mossa a quella velocità, ero sulla schiena del mio Amore. Correvamo ed eravamo ancora felici. Io tenevo la mia testa poggiata sulla sua spalla e il mio corpo era ancora caldo e morbido. Edward respirava basandosi sul battito regolare del mio cuore. Avvicinava le mie mani al suo viso perfetto per inebriarsi con il mio odore.
Quei ricordi rischiavano di distruggermi.

< Alice! > Esclamai ad un certo punto.
< Sì, Bella? > < C’è odore di sangue … > Mi era arrivato addosso trasportato da un soffio di vento.
Le due mie accompagnatrici si fermarono e si concentrarono.
Esme mi sorrise dopo qualche istante:

< Sì, è un cervo. È ancora molto lontano. > mi accarezzò la guancia e poi continuò: < Senti che potrebbe piacerti? >
< Ho sete. > Fu la mia unica risposta. Non mi importava di nutrirmi. Non mi importava di provare piacere nel farlo. L’unica cosa che al momento speravo era di placare la mia sete bruciante.
< Va bene. Avviciniamoci di più però. > dopo un duecento metri, la sete divenne insostenibile a causa della vicinanza della povera creatura.

Prima ancora che Alice potesse dirmi come fare, spiegarmi come muovermi, mi ritrovai in corsa. Folle, volavo verso il cervo che non si era reso conto del mio arrivo. In pochissimi istanti gli fui addosso, nonostante la notevole distanza che ci separava.

I miei denti affondarono velocissimi nel suo collo. Le sue zampe scalciavano convulse contro il mio corpo di pietra. Percepii chiaramente il suono di un osso che si spezza. Ricordai la mia gamba e il dolore atroce che avevo provato e provai ribrezzo per la natura a cui avevo scelto di appartenere, provai compassione per la sfortunata creatura. Con un gesto fulmineo gli ruppi le ossa del collo. In quel modo non avrebbe più sofferto, o così mi auguravo per lo meno.

Sentivo il sangue fluire nel mio corpo tramite la mia bocca. Continuai a succhiare finché non sentii la sete pian piano divenire più sopportabile e gestibile. Percepii chiaramente qualcosa di liquido e dal sapore nuovo invadermi la bocca. Amaro e fresco. Alcune gocce di veleno sfuggirono dalle mie labbra. Gli occhi vitrei della creatura mi fissavano vacui. Era morto, proprio come lo ero io.
 Lasciai cadere la carcassa e poi mi sdraiai con la schiena sull’erba. Fissavo il cielo nuvoloso. Percepivo ogni minimo suono, ogni ramoscello spezzato.
< Bella? > Alice si era seduta al mio fianco. < come va? >

Chiusi gli occhi e respirai a fondo. Attesi che il sangue che mi era colato sui vestiti si asciugasse. Cercai di fare mente locale e poi bisbigliai:
< Alice … dove siamo? >
< Siamo ancora vicino a casa. A qualche chilometro da Forks. >
< Voglio andare a casa mia. >
< Li vedrai domani i tuoi genitori ... Non credo che sia … >
< Ti prego, Esme ti prego. > Sapevo di essere stata una vigliacca a rivolgermi a lei. Esme non avrebbe mai potuto dirmi di no. Non sapendo che stavo così male.
Lei, che si sentii chiamata in causa, infatti mi sostenne:
< Alice, in fondo, poverina, ne ha il diritto … >
Mi sollevai sui gomiti e aprii gli occhi. Fissavo la giovane vampira dai corti e scompigliati capelli neri e vidi che mi guardava contrariata ma allo stesso tempo triste. Portò le sue mani a coprirsi gli occhi e rimase immobile per una frazione di secondo.
< Va bene. Non ci saranno inconvenienti. > disse dopo che ebbe frugato nel mio futuro.
Esme chiamo Carlisle al telefono e quando ormai ci trovavamo a meno di un silometro da casa mia, in un punto prestabilito, trovammo Emmett, Carlisle e jasper ad aspettarci. Rosalie era rimasta a casa …
< Bella! Come va adesso? > Mi domandò Emmett, allegro come al solito.
< Meglio. Non ho più tanta sete. >
< Bene! > così dicendo mi prese per mano e io sapevo che lo faceva perché, se qualcosa fosse andato storto, mi avrebbe trascinata via.
A velocità quasi umana raggiungemmo la casa di Charlie.

L’odore del sangue umano aveva ravvivato la mia sete. Strinsi i pugni e serrai i denti. Chiusi gli occhi per alcuni istanti, tentando di riacquistare la concentrazione necessaria. Tutti attesero pazienti che fossi pronta.
Quando finalmente sollevai il capo e sorrisi loro, Esme mi disse:
< vedrai, andrà tutto bene. >
Senza fare il minimo rumore, io ed Emmett entrammo in casa.

Il battito di tre cuori mi stava dando alla testa. Sentii il veleno schizzare nella mia bocca. Solo la consapevolezza che erano i miei genitori e il fatto che
mi fossi appena nutrita mi trattenne dall’attaccarli. E poi, c’era li Emmett pronto a impedirmelo!

In sala, mia madre e Phil dormivano nel divano letto, l’uno abbracciato all’altra.
Reneè sembrava molto provata. Aveva occhiaie profonde e il viso stanco. Mi sembrò molto più vecchia della sua età ...

Sul tavolo, numerosi fogli e fotografie. In alcune c’ero io da piccola, altre erano state scattate il giorno del matrimonio.
Io ed Edward sorridevamo felici da dietro l’obbiettivo. Lui mi teneva stretta tra le sue braccia e mi baciava ogni due per tre. Io lo guardavo sempre come se fosse la prima volta, rapita dal suo sguardo.
Edward però già sapeva che avrebbe dovuto lasciarmi e per questo, forse, nel suo sorriso c’era un po’ di malinconia.
Feci per prendere le foto per osservarle meglio ma la mano di Emmett si poggiò sulla mia, impedendomi di farlo.
< Non devono capire che qualcuno è stato qui. >
Annuii e poi mi avvicinai alle scale. In silenzio, ci intrufolammo nella stanza di Charlie. Mio papà dormiva sonni agitati. Sussurrava il mio nome e quello di Edward.
Non mi volli trattenere di più. Passai davanti alla mia stanza ed entrai. Tutto era come lo ricordavo. I miei genitori non avevano spostato un solo oggetto, un solo vestito. C’era ancora il caos che avevo lasciato. Persino il walkman aperto sulla scrivania. Cime tempestose appoggiato sul comodino.

< Andiamocene … > Sussurrai a mezza voce.
In pochi minuti fummo di nuovo a casa.
Mi levai i vestiti sporchi di sangue e chiesi a Carlisle di bruciarli.
Rimasi sotto la doccia molto a lungo, finché Esme non bussò alla porta.
< Bella, tesoro. Devi uscire … Ha appena chiamato Reneè. Saranno qui fra un’ora. Ti devi preparare. > girai la manopola dell’acqua e rimasi immobile qualche secondo, poi uscii. Mi lasciai avvolgere dall’asciugamano che Esme mi mise addosso.
Quando fui asciutta, mi infilai una camicia da notte e tornai in camera mia.

Alice era intenta a preparare il mio palcoscenico.
Medicine sul comodino, bottiglie d’acqua, termometro, cuscini, pezze e bacinelle … la valigetta nera di Carlisle bene in vista sulla cassettiera.  

Mi infilai sotto le coperte ed attesi Reneè e Charlie.

< Allora Bella … > Mi disse Carlisle, < Parla poco, il meno possibile. Tieni gli occhi aperti ma ricordati di sbattere spesso le palpebre. Non parlare di Edward. Loro non lo faranno. Se vedi che sei in difficoltà, di che non ti senti bene. Fai la faccia affaticata e se ti chiedono qualcosa, dì che non ti ricordi bene cos’è successo.
I sintomi della malattia che avresti avuto sono: febbre, tosse, nausea, vomito, stordimento.
Mi raccomando Bella. Sii convincente. >
< Certo. > mi lasciai cadere all’indietro, sui cuscini. I miei capelli sparsi tutto intorno a me.

Come nella foto che Edward mi aveva scattato di nascosto …

A quel pensiero sentii il dolore invadermi e, stringendo il suo regalo tra le dita, mi raggomitolai sotto le coperte. Avevo portato le ginocchia contro il petto, come se fossi una bambina.

Sentii bussare piano al piano inferiore.
< Charlie, Reneè … > La voce di Esme era tranquilla e calma anche se addolorata. < Prego, entrate. > 
Mia madre piangeva cercando di trattenere i singhiozzi.
Charlie rimaneva silenzioso.
Entrarono ed Esme li fece accomodare in cucina.

< Esme, sono … sono così dispiaciuto. > Mio padre sembrava facesse fatica a parlare. Come se la voce gli si fosse bloccata in gola.

Poi fu mia madre a parlare:
< Esme … davvero, non so come poterti esprimere il mio dolore per Edward. Non riesco ancora a crederci … davvero. >

Esme rimaneva in silenzio. Non so perché, ma ero certa che stesse pensando al suo bambino. Percepivo il suo dolore nel suo respiro non regolare.

< Esme, cara … possiamo fare qualcosa? >

< No, no. Non preoccupatevi. Va tutto bene. > la sua voce era malferma.
S’intromise Carlisle.
< Per fortuna Isabella è fuori pericolo. >
< A proposito di Isabella … > Fece mia madre cercando di riacquistare il controllo della voce < Vorrei che, appena si fosse ristabilita, venisse con me a Jacksonville. Credo che le farebbe bene andarsene. >
Sentii mio padre accarezzarle una spalla e subito dopo mia madre scoppiò in un pianto a dirotto.
< La mia bambina. La mia Isabella. Povera … perché? Edward era ancora così giovane … >
Le parole le uscivano sconnesse.
< posso vederla? >
< Ma certo. Vieni … > Carlisle sembrava sicuro di quello che stava facendo.

Sotto le coperte, cercai di prepararmi all’arrivo dei miei genitori.
L’odore del loro sangue si faceva sempre più forte e io combattevo contro la sete.
Pensai ad Edward e sperai di poterlo rivedere prima o poi, a costo di gettarmi nelle braccia dei Volturi.
Accarezzai la fede e sussurrai:

< Ti amo. Ora e per sempre. >

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Capitolo 22
*** Lontananza ***


Dopo aver lungamente rimirato le foto di Gaspard Ulliel ( che secondo me era l’Edward perfetto ) mi sono finalmente decisa a postare questo capitolo. Scusatemi per il terribile ritardo… Colpa della scuola … Per farmi perdonare, Eccovi un capitolo extralungo ( due rotoloni regina! XD )

Al solito, prima i ringraziamenti a tutte voi che mi seguite, alle altre 6 persone che hanno inserito la storia tra i preferiti e a tutte coloro che abbiano inserito una recensione!
sophie_95 Scusa se non ho aggiornato prima! Grazie per i complimenti, sei sempre molto gentile!
momob Ma certo che c’è un altro capitolo! E per le emozioni … Dammi un minimo di vantaggio prima di iniziare a rincorrermi! XD Ps: se riesci ad uccidermi, non saprai mai come va a finire!
bimbaemo Grazie e spero di non deluderti!
poketpolly Anche la di vendetta no! Sono già sulla lista nera di un sacco di gente!!!! XD Non credo riuscirò a scampare la vostra ira ancora a lungo XD
alice brendon cullen Ciao!!!! Che bella traccia! Spero me ne lascerai altre! E spero che resterai soddisfatta!
Ro90 Non disperare! Ricorda, tutto può succedere (ma proprio tutto? Siamo sicure? Chissà … )
Wind Poveri vero? Sono proprio sfortunati! Tutta colpa di Bella-calamita-di-disgrazie …
giulia9_91 Sono anche sulla tua di lista nera? Sto già soffrendo! Aspetta, aspetta! Leggi e poi, se lo riterrai ancora opportuno … niente, sarò già scappata in Venezuela! Lontano dalle mie lettrici infuriate XD Grazie per i bellissimi complimenti!
yumisan Non angosciarti!
PenPen La storia del cervo è complicata … Michele è un mio compagno che mi prende sempre in giro per Twilight ma che voleva anche sempre essere inserito nella fanfiction. Credo aspirasse inconsciamente al ruolo di vampiro figo. Per accontentarlo, gli ho fatto fare il cervo. Chissà, non credo sia stato molto contento … In quanto alle tue previsioni: Eh, sai com’è … sono molto perfida… e tu esageri con gli splendidi complimenti! Grazie davvero di cuore!
KiraraMiranda Almeno tu mi risparmi! Grazie, mia bilancina! Sempre così equilibrata …
PociaMi fai davvero felice! Io di solito, mentre scrivo o penso a cosa scrivere ( anche se di solito scrivo di getto ) Ascolto la musica, che mi ispira … mi fa piacere se poi chi legge ascolta ciò che ascoltavo io. Anche se magari ciò che mi ha ispirato non dura che qualche secondo … Il pezzo in cui Edward esce e Bella si porta le mani al petto è il 2.08 … poi, quando dice We’ll remeber forever! Ci stava troppo!  E la canzone è assolutamente splendida! Per le tue lacrime, spero che le prossime saranno di gioia! Ciao e ancora grazie! A proposito, la canzone di questo cap è: http://it.youtube.com/watch?v=PkGDrV_2ehI
Saphira87 Così mi uccidi! Dai, segui anche questi miei ultimi capitoli! XD
clodiina85 Grazie! E per Edward … vedrai … Ciao
HopeToSave James è Bellissimo! Speriamo per la resa complessiva! Lo so che era un po’ triste il capitolo. Spero che ti sia piaciuto abbastanza lo stesso! XD
novilunio Spero riuscirai a riprenderti e a lasciarmi un commento anche in questo cap!! Ti prego! Riprenditi! Ti prometto che non ti sconvolgo più ( forse … )
hachicat Non preoccuparti! Povero Miki … no, non povero Miki. Se l’è cercata. Ciao!
Lilian Potter Ciao Lily! NOOOOOOOOOOOOO io volevo la trasformazione! Non puoi per una volta non essere crudele? Eddai, ti immagini me vampira? Sarebbe strafico! Sai, volevo parlarne con te del bivio, ma poi ti si è staccata la connessione … Guarda che però non era molto diversa da questa . un po’ meno tragica, questo devo concedertelo. Ciao e grazie per i tuoi soliti splendidi complimenti!
algin91 From autrice to disperata: Spero di potertelo risollevare … magari di più nel prossimo, ma comunque … Non disperarti! Eh sì, così giovane! Povero Edward!!
sky_eyes_vampire Non preoccuparti! I tuoi complimenti sono fantastici, così come la tua promessa! Sono contenta che tu non stia sognando di bruciarmi viva!!!!!! Ciao e grazie!!
BellaSwan95 Saraaaaaaaa!!!!! Marlene! Ma non è una mela, è un fazzoletto!!! Grazie e a presto spero! Ciao
chichetta99 Ma figurati, anzi grazie per aver voluto recensire!!! Ora scoprirai molte cose … e, sì, Edward è dovuto andare con i Volturi …

Pronta per la mia esibizione, feci un respiro profondo, più per abitudine che per necessità, e ripassai mentalmente tutte le indicazioni di Carlisle.

Quando ero ancora alla tosse, Esme bussò leggera alla porta e mi domandò:
< Bella, tesoro, possiamo entrare? >
Rimasi in silenzio per qualche istante e poi, cercando di fare la voce da malata, risposi:
< Sì, certo … >

La porta si aprì e, in silenzio lei e i miei genitori entrarono nella stanza buia.

Alice, nell’allestire il mio palcoscenico, aveva tirato le tende, pensando anche ai minimi particolari.
Reneè mi si avvicinò e non mi sfuggì il fatto che stesse trattenendo a fatica le lacrime.
Si sedette sul bordo del letto ma non osò toccarmi.
< Mamma … > gracchiai.
< Isabella, tesoro mio. Come ti senti? >
< Meglio … grazie … >
< Sono così felice di vederti! Di parlarti. >
< Anche io … > Sapevo che non voleva in alcun modo tirare in ballo Edward. Forse, credeva che io non sapessi … Ad un certo punto, senza smettere di fissarmi come se fosse la prima volta in cui mi vedesse, mi domandò con tono gentile e persuasivo:
< Tesoro, io e Charlie, pensavamo che sarebbe una bella cosa se  tu … se tu decidessi di venire con me e Phil … a Jacksonville. Che ne dici? Hai bisogno di stare un po’ al sole. Forks non ti fa bene … mi prenderei cura io di te. Che ne dici? > Qualche piccola lacrima sfuggì al controllo serrato delle sue palpebre e scivolò lungo le sue guance.
Dirle: < No, mamma. Non posso. Il mio posto è qui. Stare con i Cullen … mi fa sentire come se ci fosse ancora … > fu molto doloroso. Avevo interrotto la frase e chiuso gli occhi prima di nominare Edward. Anche se le cose non stavano come credevano i miei genitori, la sua lontananza mi faceva soffrire … pensavo sempre a lui e la voragine nel mio petto si faceva sempre più grande.
< Isabella … > Reneè mi carezzò i capelli.

Charlie se ne rimaneva in silenzio, in un angolo della stanza e ci osservava triste.

Mia madre mi fece altre domande ma, dopo un po’, mi sentii a disagio.
< Mamma, sono un po’ stanca … > Mormorai coprendomi meglio con la trapuntina.
< Certo tesoro, certo. Posso restare finché non ti addormenti, se vuoi …  > Ero nel panico. Come potevo deluderla. Mi fissava con le lacrime agli occhi … probabilmente, inoltre, non l’avrei più rivista …
Cercai con lo sguardo Carlisle che mi sorrise incoraggiante.
< Certo. >
< Bells. > Charlie finalmente aprì bocca. < Sono così, così contento di poter rivederti … > sembrava non riuscire a trovare le parole …
Povero Charlie … deve essere terribile temere di perdere un figlio …
Alla fine si fece coraggio ed aggiunse: < Ti chiamo fra qualche giorno. Tu chiamami quando ne hai voglia, non importa l’ora. O, se te la senti, vienimi a trovare. Ti aspetto … > < Certo papà, ti chiamerò. > lo avrei fatto di sicuro, se solo fossi riuscita a trovare la forza per affrontare tutto ciò di nuovo. L’angoscia per me nella voce dei miei genitori era insopportabile. < Mamma, Papà, grazie per essere venuti … > Dissi loro per farli felici.
Charlie mi salutò abbracciandomi e carezzandomi, poi uscì seguito da Carlisle.
Reneè si sdraiò accanto a me e mi prese la mano.
Chiusi gli occhi e aspettai un po’ di tempo prima di far finta di essermi addormentata. Fu molto dolce. Respiravo il suo profumo. Sapeva di buono, di casa, di infanzia.
Sussurrai: < Mamma, ti voglio bene … > < Anche io tesoro. Anche io. Riposati adesso. E sappi che io per te ci sarò sempre. >
Rimanemmo abbracciate per molto tempo. Il veleno era schizzato nella mia bocca a causa dell’odore del suo sangue, così vicino … il battito calmo del suo cuore mi tranquillizzò. Per fortuna, lei non notò che il mio era fermo, immobile nel tempo. Per sempre.
Quando oramai era convinta che dormissi, mi baciò la fronte ed uscì in punta di piedi.

Una volta al piano di sotto, la sentii rivolgersi preoccupata a Carlisle:
< Carlisle, sei sicuro che stia bene? È così pallida … sembra così stanca … E poi, è fredda. > < Non preoccuparti. > le rispose lui calmo < Sono i postumi della malattia e l’effetto delle cure. È ancora sotto terapia … Ora però sta molto meglio. Posso assicurarti che si rimetterà … L’abbiamo curata in tempo. >
Poi sentii i singhiozzi e Reneè che pronunciava il nome di Edward, insieme ad altre parole confuse.

Dopo circa un’altra oretta se ne andarono. Non appena la macchina si fu allontanata, riaprii gli occhi e mi rimisi in piedi.
Aprii le tende ed osservai il bellissimo panorama. Nonostante fosse Agosto, il cielo era coperto da un sottile strato di nubi. Presto avrebbe piovuto.
Andai in corridoio e spalancai una finestra. Lasciai che l’aria fresca del mattino m’invadesse le narici e penetrasse nel mio corpo, allontanando da me il ricordo dell’odore del sangue dei miei genitori, sostituendolo con quello leggermente amaro dell’erba bagnata dalla rugiada. Il vento tra i miei capelli mi donava nuova forza. Mi sedetti sul davanzale e poi mi sporsi un po’ di più per poter sentirmi ancora di più parte della natura che mi circondava. Qualche goccia cominciò a cadere e mi bagnò il viso. Quel ticchettio lento e ritmato mi riempiva le orecchie e mi isolava dal mondo.

 < Bella? > La voce di Jasper mi raggiunse da lontano. Sembrava preoccupata. Mi voltai e lo vidi osservarmi perplesso. Mi porse un mano. Si comportava in maniera strana …

Appena le nostre mani si sfiorarono, lui mi afferrò e mi strinse a sé con forza.
< Cosa avevi intenzione di fare? > mi domandò frustrato.
Lo guardai confusa e poi capii che la scena che si era trovato davanti doveva averlo preoccupato.
< Cosa diavolo pensavi di fare buttandoti dalla finestra?  Ti faresti male inutilmente. E non risolveresti niente. Un paio d’ore di sofferenza e poi saresti come nuova … anche perché sei all’inizio del periodo della tua massima forza … >
< Guarda che non è come pensi … non avevo intenzione … proprio per niente! > Quasi risi e potei cogliere una nota d’isteria nella mia stessa voce. Chissà cosa aveva percepito Jasper.
Non sembrava convinto. In effetti, mi ero sporta così tanto da sembrar stare per cadere in avanti, o di star per buttarmi. Evidentemente, credeva
ancora che avessi tentato di suicidarmi qualche mese prima … Mi resi conto delle preoccupazioni che avevo dato e che stavo dando a tutti loro.
< Grazie Jasper, per esserti preoccupato per me. > gli bisbigliai.

Mi strinse e poi mi sussurrò: < Vedrai che andrà tutto bene. > Annuii e poi chiesi:
< Dov’è Alice? >
< Ha accompagnato i tuoi genitori a casa … >
< Ah > mi sentii ancora più sola. Stare con Alice riusciva ad attenuare un po’ la mia solitudine. Riusciva sempre a strapparmi un sorriso, aveva sempre una parola gentile per me. Alleviava le mie pene con una carezza o una rassicurazione. In fondo, era per me una sorella e un’amica. La mia migliore amica.

Senza dire niente, tornai in camera mia e mi ci chiusi dentro. Accesi lo stereo e vi inserii l’unico CD, tra i centinaia presenti nella stanza, che non avesse scritto niente sulla custodia. Sul disco, con pennarello indelebile e calligrafia splendida, vi era scritto: “Isabella” Schiacciai play e la musica più dolce del mondo invase l’aria.
Rimasi nel letto, stringendomi al petto una camicia di Edward. Il suo odore nelle mie narici mi faceva dimenticare per un po’ la tristezza e il dolore. Riusciva ad annebbiare la mia mente abbastanza da permettermi di non pensare. Vagavo nei ricordi trasportata dalle note che mi aveva dedicato.

L’indomani, appena sorse il sole, mi alzai dal letto. Quel giorno qualche raggio temerario era riuscito a sconfiggere le nuvole e ad arrivare sul nostro prato.
Mi sentii un po’ più allegra e indossai un bell’abito bianco, lungo fino ai piedi. Mi misi il ciondolo di Edward e sfiorai la piccola fede d’oro con le dita. Non volli vedere il mio riflesso. Sapevo che mancava la parte più importante di me. Il mio cuore era dall’altra parte dell’oceano.

Scalza, scesi al piano di sotto.

< Bella, cara, come va oggi ? > Bellissima come al solito, Esme era intenta a dipingere un soggetto floreale. Ad una prima occhiata mi parve di notare che i colori, stranamente, tendevano tutti al cupo.
< Bene, grazie Esme. > Sebbene il mio sorriso fosse tirato, in un certo senso era vero che mi sentivo meglio. Afferrai un grosso album di foto scattate durante il matrimonio e andai in giardino. Mi portai dietro la mia borsa, che mi aspettava appesa nell’ingresso. Passandoci davanti, con la mano sfiorai il pianoforte. Un gesto all’apparenza tranquillo. Le mie dita scivolarono veloci e leggere lungo i tasti in avorio senza però provocare anche il minimo suono..

Quando uscii nel leggero sole, in gran parte coperto, della mattina, inspirai profondamente. Non riesco a descrivere ciò che provai. L’erba morbida sotto i miei piedi nudi, l’aria fresca che mi accarezzava i capelli e il corpo … La natura mi aiutava a restare calma. Sentivo tutti i suoni provenienti dal bosco. L’acqua del ruscello sembrava volesse sussurrarmi qualcosa. Con passo lento ma deciso, mi diressi verso un tavolo in legno che si trovava al limitare della foresta. Mi sedetti sulla poltrona in vimini, tenendo le gambe incrociate e l’album poggiato su di esse. Un timido raggio di sole mi sfiorò e vidi la mia pelle risplendere. Mi mancò il fiato e la mia mano si bloccò a mezz’aria. Sull’erba si riflettevano miliardi di cristalli. Mossi le dita per osservare i luccichii spostarsi veloci sull’erba bagnata. Era stupendo.

Splendevo, ma lui non era lì a guardarmi.

Fui travolta dal dolore che cercavo di respingere da due giorni. I singhiozzi che scuotevano il mio corpo non portavano con sé neanche una lacrima. Sempre gemendo, cominciai a sfiorare le foto dell’album. Sussultai.
Le mie dita accarezzavano il profilo di Edward. Il mio bellissimo sposo mi sorrideva felice, immortalato dietro una sottile patina trasparente.
Quando voltai la quarta pagina, notai con stupore che mancavo cinque fotografie. Nello spazio accanto ai vuoti, la calligrafia di Alice mi suggeriva isoggetti delle foto sparite:

Isabella all’altare, Isabella ed Edward si baciano davanti ad Emmett, Edward abbraccia Isabella, Isabella mostra la fede, Isabella lancia il bouquet.
Mi tremò la mano.

< Bella? >

Mi voltai di scatto e cacciai un urlo per la sorpresa. Impossibile a dirsi, non mi ero accorta dell’arrivo di Alice.
< Alice, mi hai fatta spaventare! >
< Me ne ero accorta … Lo avevo già visto. > Si sporgeva in avanti e teneva le mani incrociate dietro la schiena. Osservava tranquilla l’album delle foto per poi lanciarmi, di tanto in tanto, delle occhiate incuriosite.
< Ah, allora potevi evitare di farmi venir un infarto! > le dissi contrariata, poi, facendo l’offesa, girai il capo di lato e fissai decisa il bosco. Straordinariamente, riuscivo a distinguere anche i minimi particolari anche a centinaia di metri di distanza.
Ne rimasi sorpresa. Il mondo mi appariva diverso alla luce del sole, con i miei nuovi occhi.
< Non credo che la cosa sarebbe possibile, e penso che comunque, non dovresti più preoccuparti di avere un infarto … non so quanto potresti risentirne al momento. >
< Alice … >
< Dico sul serio … > Sembrava sincera. Mi sorrideva tranquilla.
< Hai sete? > domandò come se fosse la cosa più normale di tutte.
< No, non particolarmente. Sento solo un fastidio alla gola … > Tornai a guardare l’album.
< Se ti viene, basta che mi avvisi. Possiamo andare quando vuoi … >

Quando vide il mio sguardo perso nel vuoto lasciato dalle foto mancanti, mi sfiorò la spalla e mi sussurrò:

< Le ha portate in Italia … >
< Sì, lo avevo sospettato. > La voce mi s’incrinò.
< Ti ama … lo ha fatto per te … >
Chinai il capo e chiusi gli occhi. Le mie mani, involontariamente, corsero al mio petto e le mie dita strinsero dolcemente il cuore di cristallo.
Senza aggiungere altro, Alice si allontanò.
La sentii raggiungere Jasper, che l’attendeva davanti casa, e baciarlo.
In casa nessuno mostrava dimostrazioni d’affetto davanti a me. Nessuno voleva ferirmi. Per  queste attenzioni speciali che avevano nei miei confronti, ero loro estremamente grata. Non potevo però pretendere che non si baciassero o si abbracciassero mai. Mi portai le mani alle orecchie, le ginocchia al petto e, con gli occhi chiusi, cominciai a dondolarmi lentamente avanti e indietro.

Era tornato il silenzio. Casa Cullen era ora vuota. Jasper e Alice se ne erano andati.

Per molto tempo rimasi in quella posizione. Nella mia testa, continuavo ad immaginarmi Edward. Mi sembrava così reale, così vicino. Se solo avessi teso una mano …
Stanca, mi lasciai andare e mi appoggiai completamente con la schiena sulla poltrona in vimini e restai a farmi accarezzare dal sole.
Stavo quasi bene. In quella pace irreale, mi pareva che la mia sofferenza diminuisse.

Poi, improvvisamente, il cellulare nella mia borsa vibrò.
Con lentezza mi chinai in avanti, afferrai la borsa e me la misi in grembo. Con un po’ di fatica (possibile che fossi ancora così imbranata?) riuscii ad aprirla e a trovare il cellulare che non aveva smesso di vibrare.
Non avevo per niente voglia di parlare con Charlie. Preferivo starmene zitta piuttosto che mentirgli.
Gettai un rapido sguardo allo schermo e vidi: Numero privato. Pensai che fosse al lavoro … o magari era Jacob. Chissà se sapeva che ora ero sola e che stavo così male? Di sicuro sapeva che il mio sposo non era morto. Sapeva che non ero malata, non nel senso fisico del termine per lo meno…
Controvoglia, pigiai il tastino verde e portai l’apparecchio all’orecchio, appoggiandomi di nuovo allo schienale.
Con voce spenta sussurrai:

< Pronto? > Dall’altro capo dell’apparecchio nessuno rispose. Ci fu silenzio per alcuni istanti ed io infine chiesi di nuovo:
< Pronto? Chi è? >

Rimasi in attesa e poi quasi non mi venne per davvero un infarto.

< Isabella … Bella … >
Le parole, così come il respiro, mi morirono sulle labbra.
Cominciai a tremare violentemente. Alla fine riuscii a mormorare:
< Edward? >
< Sì … >
Il mio respiro si fece affannoso.
< Bella, amore mio. Calmati, va tutto bene. > La sua voce, ansiosa, fu come una scossa elettrica che attraversò il mio corpo.
Sussurrai: < Edward, Edward! >
< Non posso rimanere molto al telefono … scusami … Ma dimmi … Come ti senti? Va tutto bene? > La sua voce era triste.
< Edward! > singhiozzavo senza riuscire a fermarmi. < Edward, tu come stai? Stai bene? >
< Sì, non devi preoccuparti per me. Sto benissimo. Ma, ti prego, dimmi di te. Come va adesso? >
Sentire la sua voce era qualcosa d’inspiegabile. Improvvisamente ricominciai a sperare …
Cercai di rispondere alle sue domande, nonostante fossi così preoccupata per lui. L’idea di saperlo con i Volturi, con Jane, mi terrorizzava.
< Io sto bene > mentii. Non avrei mai potuto ferirlo dicendogli la verità.
< Sei andata a caccia? > nella sua voce colsi chiaramente rimpianto e nostalgia, ma anche tanto, tanto amore …
< Sì, con Alice ed Esme … ieri mattina. > la preoccupazione traspariva dalla mia voce.
< e cos’hai preso? Raccontami, ti prego. > mi domandò con un tono dolcissimo.
< Un cervo … >
 Sospirò, poi disse: < Avrei voluto essere lì con te … davvero. Non sai, non immagini … > La sua voce tremava.
< Ma dimmi, riesci a gestire bene la situazione? È tutto a posto? >
Sapevo che voleva che io fossi felice. Cercai di accontentarlo e di sembrare allegra. Fallii miseramente. In fondo, come poteva sperare che lo fossi, lontana da lui?
< No, va tutto abbastanza bene. Non ho particolari problemi. E poi, mi aiutano tutti … >
< Il mal di testa è passato? > Era sempre così premuroso nei miei confronti …
< sì. > Risposi docile. Sentivo la voragine nel mio petto aprirsi sempre di più. Avevo bisogno di mio marito. Del mio Edward.
Tutte queste domande, apparentemente ordinarie, per lui erano estremamente importanti. Soffriva la lontananza almeno quanto me. Ogni particolare lo interessava. Lo aiutava a sentirmi vicina. Lo sapevo, perché per me era la stessa cosa.
Di punto in bianco mi disse:
< Ti amo. Ti amo tantissimo. > l’ansia e l’urgenza che avvertivo nelle sue parole mi terrorizzò.
Con la voce rotta dall’emozione e dal dolore bisbigliai: < Anche io, anche io … >
< Bella, ho dovuto venire in Italia. Non avevo scelta. Ma a te non deve importare. Io ti amerò sempre. Voglio che tu lo sappia … per me è molto importante. Dimmi che non sei adirata nei miei confronti …  >
< Edward, questa è la cosa più sciocca che tu potessi chiedermi. Sai bene che non potrei mai … io ti amo così tanto … >
< Ti amo Bella, ti amo. Ora scusa, ma devo andare … ti prego, scusa. >
< No, Edward, ti prego. Non riattaccare. Non riattaccare. > < Devo proprio andare, perdonami. Ti richiamerò appena mi sarà possibile. >
Nonostante la voce mi uscisse a stento, lo implorai.
< Promettilo! Edward, promettilo! Prometti che mi chiamerai prestissimo! > Stavo per scoppiare in un altro, ennesimo, pianto arido.
< Te lo giuro. Appena potrò. Isabella. Ti amo. >

Quando riappese, per poco non svenni.
Mi sentii come se mi avessero sottratto l’anima, strappato il cuore.
Rimasi immobile con il cellulare in mano fino a che non mi accorsi di alcuni rumori, ancora lontani.
Afferrai velocemente l’album la borsa e mi fiondai in casa. Salii in fretta le scale e mi chiusi in camera.

< Bella? > La voce della mia migliore amica proveniva dal piano di sotto.
Non volevo parlarle. Non volevo parlare con nessuno. Temevo di perdere il ricordo ancora così vivido della voce di Edward.
Mi buttai sul letto e mi coprii il capo con il cuscino.

Nonostante le lacrime non potessero sgorgare dai miei occhi asciutti, piangevo.
< Bella? > stava bussando alla porta della mia stanza.
< Alice, non ora. > le risposi laconica.
< Bella, ho visto. >
Non le risposi. Volevo essere lasciata in pace.
Per tre giorni rimasi chiusa in camera. Non risposi neanche a Charlie che aveva provato a telefonarmi. Loro dicevano sempre che stavo dormendo, che avrei chiamato io.

Nessuno dei Cullen venne a disturbarmi ma sentivo i loro discorsi.

Erano preoccupati per Edward.
Esme e Carlisle stavano discutendo quando, al quarto giorno, scesi nel salone. La sete era diventata bruciante ed insopportabile.
< Esme, lo sai che non possiamo fare niente! > La voce di Carlisle era tesa, quella di Esme stanca e provata.
< Ma non possiamo rimanere qui e non fare niente. Bella si sta lasciando andare troppo. Non possono decidere loro in questo modo. Non ne avevano il diritto. Edward non aveva fatto loro niente. Il patto lo avremmo rispettato. Non era necessario portarlo via! > Sembrava sul punto di avere una crisi isterica.
< Esme … > Mi sporsi dalle scale e lo vidi abbracciarla con dolcezza.
Mi girava la testa.
< A loro serviva solo un pretesto. Il potere di Edward è molto particolare, utile … Non potevano lasciarselo sfuggire. Sapevano come ottenere ciò che volevano. Hanno semplicemente dovuto giocare bene le loro carte. Sono furbi, calcolatori … >
< Ma perché non provi ad entrare in contatto con loro? A convincerli? >
< Sai bene che non dobbiamo mettere ancora più a rischio la sua posizione … Inoltre, Edward è in gamba … sa badare a se stesso. Non devi aver paura per lui. Se la caverà splendidamente. >
Rimasero in silenzio per alcuni istanti. Decisi di farmi vedere.
Scesi le scale e loro sciolsero l’abbraccio.

< Scusate, non volevo disturbare. > La mia voce era abbattuta e sconfortata.
< Ma figurati tesoro. > Mi disse Esme, premurosa come al solito. Mi si avvicinò e mi strinse tra le sue braccia rassicuranti.
Mi ci abbandonai per alcuni secondi respirando il suo profumo. Era buono.
< Andiamo a caccia? > Mi chiese cercando di sembrare spensierata.
< No. Grazie. > Mi allontanò con dolcezza per potermi osservare bene.
Io tenevo lo sguardo basso e il capo chino a sinistra. Con la mano, mi sollevò la guancia e mi scrutò negli occhi.
< Hai bisogno di nutrirti. Non devi esagerare. Sei ancora all’inizio. Non sforzare troppo il tuo corpo. Guardati. >
Con le dita sfiorò le mie occhiaia e io chiusi gli occhi. Addolorata. Quel gesto mi ricordava troppo Edward.
< Esme, Carlisle … esco. >
Sentii i loro sguardi su di me. Carlisle, diplomatico come al solito, mi rivolse un sorriso tranquillo.
< Dove vorresti andare? >
< Mah, un idea ben precisa non ce l’ho. > mentivo, ma non volevo sembrare loro infantile ...
< Se mi lasci un minuto, mi preparo e ti accompagno. >
< No, preferirei andare da sola … ho bisogno di … di stare con me stessa. >
< Non credo sia opportuno, al momento. >
Alzai lo sguardo e lo fissai intensamente negli occhi. I miei erano tra il rosso e il nero. La forza del mio stesso sangue fluiva ancora abbondante in me. I suoi erano dorati, chiari e liquidi.
< Ti prego. Non commetterò errori. Mi terrò lontanissima dalle persone. È notte, e dove voglio andare, non va mai nessuno. Ti prego. >

Lo vidi osservarmi. Era rimasto colpito dalla forza e dalla decisione della mia voce. In quei giorni avevo mostrato solo la mia debolezza, la mia fragilità.
Il suo sguardo corse ad Alice ed Emmett, che erano stati tutto il tempo seduti sul divano. Alice annuì lentamente. Mi sorrise e disse: < Non preoccuparti. Non ci sarà nessuno nei paraggi. >
Le sorrisi, per la prima volta da giorni, e poi lasciai la casa nel silenzio generale.

Nell’oscurità della notte, mi muovevo velocissima come la prima volta.
L’aria tra i miei capelli e l’erba sotto i piedi …
Correvo verso l’unico luogo in cui mi sarei davvero sentita vicina ad Edward. Correvo verso la radura e pensavo al modo per fuggire in Italia. Sarei andata fin dentro il palazzo dei volturi pur di riavere il mio amore. Sarei stata disposta a accettare di rimanere con loro, pur di condividere con lui il nostro futuro. In fondo, ce lo eravamo promesso. Per sempre.

La sottile fede brillò per un istante alla luce della luna che venne ricoperta subito dalle nubi.
I miei capelli si agitavano al vento e l’abito bianco, non mi ero neanche cambiata, formava degli strani disegni con la stoffa che si piegava furiosamente  formando volute che si trasformavano continuamente. Nel silenzio del bosco, scivolavo come uno spettro bianco.
Arrivata alla radura, il mio respiro si spezzò.
Tutto era come lo ricordavo. Perfetto, magico, nostro ...
L’erba frusciava rumorosissima e si piegava al vento leggero.
Il cerchio formato dagli alberi mi sembrava volesse proteggermi, avvolgermi in un abbraccio consolatore.

Mi portai al centro dello spiazzo e feci un respiro profondo.
Lasciai cadere le braccia lungo i miei fianchi e cominciai a pensare a un modo per arrivare in quella città, tanto splendida quanto terrificante, dove si trovava il mio unico motivo di vivere.
Come se fossi stata privata improvvisamente delle forze, caddi sulle ginocchia e mi portai le mani al capo. Ero scossa da singhiozzi asciutti. La mia voce rompeva il silenzio irreale.

Poi, improvvisamente, un rumore.
Mi bloccai di scatto.
Con lentezza, alzai il capo.

Scrutai il bosco davanti a me, oltre i primi alberi.

Sottovento, una figura stava nascosta nell’ombra.

Ero terrorizzata. Sapevo di essere forte, ma allo stesso tempo sapevo che la forza, come mi era stato dimostrato pochi mesi prima, non basta. Non batte l’esperienza. Tremai, adesso di paura. Caddi all’indietro e cercai di arretrare aiutandomi con le braccia. Ero però come pietrificata.
La sagoma, sottovento, rimaneva immobile.
Avvolta in una lunga mantella scura che gli copriva interamente il corpo, anche il capo, mi scrutava silenziosa.
Il mio respiro irregolare era l’unico suono in quel terribile, assordante, silenzio.

Poi, fece alcuni passi incerti verso di me. Io ero bloccata dal terrore. Sapevo di non essere affatto congeniale a molti dei Volturi, anzi, forse piacevo solo ad Aro, e solo perché lo incuriosivo. Di sicuro, Jane mi odiava proprio. Se volevano uccidermi, non avrei avuto scampo. Ne ero perfettamente consapevole.

Con una lentezza snervante, la figura uscì dal bosco e fece il suo ingresso nella radura che, già più volte in passato, era stata luogo di morte.
Riuscii solo a pensare: “ Edward, ti amo … “

Poi la luna, ricomparsa per un solo istante, illuminò la mano sinistra dell’ombra scura. Per un istante soltanto, il luccichio dell’oro mi attraversò gli occhi.

< Bella … > mormorò piano ...

Per poco non svenni, sopraffatta dall'emozione.

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Capitolo 23
*** Cicatrice ***


cap 23 Salve a tutte!!!

Cicatrice? Ma che titolo Harry-Potteroso ... Però con Harry non centra niente ... Mhh, sì, ormai sono completamente pazza! XD

Questo doveva essere l’ultimo capitolo ma, siccome veniva lungo più di 8 pagine, l’ho diviso a metà. Spero vi piacerà. A me è piaciuto molto scriverlo. Mi ci sono proprio impegnata. Volevo scrivere una cosa carina, bella, che chiudesse la mia storia senza lasciare punti in sospeso e, soprattutto, non banale. Commentate numerose e fatemi sapere se ci sono riuscita! GRAZIE

Il prossimo capitolo quindi, riprenderà esattamente dal punto in cui questo si conclude. Ho spezzato il cap iniziale in due, più o meno a metà, nell’unico punto in cui questo taglio era possibile.
Ringrazio Tutte voi che leggete le altre 4 persone che hanno aggiunto la mia “piccola” storia tra i preferiti ( 90 persone!!! Vi assicuro, non potete vedere il mio sorriso, ma è enorme!!! GRAZIE ).

Al solito, i ringraziamenti personalizzati alle mie fantastiche recensitici!
Ma prima, la grande domanda che ho potuto riscontrare nelle recensioni: Edward o Jacob?

La maggioranza dice Edward … ma chi sarà? Lo scoprirete prestissimo! XD

chichetta99 Ma certo che continuo … per il dolore di Bella, cerco di concentrarmi bene su ogni aspetto facendo le cose per bene … Jacob dici? Vedremo… Grazie, mi hai fatto la prima recensione!
Livia1909 Grazie!!! Sono davvero felice che la storia ti appassioni!!! Edward? Speriamo XD
yumisan Ti è piaciuto il pezzo? Spero che allora, questo cap  ti piaccia … ( a, per rendere giustizia all’autrice, “La guerra dei Cullen” è una storia della bravissima piper__73 !!! )
giulia9_91 Sei convinta? Mhh, spero di non deluderti … nel caso, la mia casa di Caracas … Ecco per te il nuovo capitolo, ma guarda che questo non finisce proprio! Dovrai aspettare Mercoledì, anche se è già pronto. Eh, come, vuoi uccidermi? Mi disp, sono già in aereo!!! XD Come sarebbe a dire che mis seguirai in capo al mondo????? Aiuto!!!
( Ps: dimmi se questo avrà soddisfatto in parte i tuoi desideri, e grazie per i complimenti! )
Wind Ho comprato anche l’anti-pulci! Purtroppo finisce sempre così … nel momento più importante … Adesso vedremo chi è …
Cara alice brendon cullen, adesso scoprirai la verità! Grazie anche per il bellissimo commento! Ps: Hai notato che Edward è proprio un bel nome? che sia Cullen o Elric ... Ed, Al!!! Roy!!!  Colonnello,aspetti!!! ho messo la minigonna !!! XD Basta, sono pazza!!!
bunny65 Eccoti l’aggiornamento!!!
PenPen
Tutti i tuoi commenti sono meravigliosi!( tanto, hai ragione tu, sono sadica ... a finire i cap in questo modo ... XD ) Davvero grazie!!! Scusa per il finale … resisti, ormai è finita … Ma tornerò tra poco! XD non vi libererete facilmente di me!!! Cassandra imperversa!
momob Spero ritroverai le parole in tempo per commentare questo capitolo!!! La tua atessa è finita, e spero resterai soddisfatta! Grazie!
novilunio Sono contenta per il tuo cuore! Ps: non dirlo a nessuno, ma è Lui! XD
Gocciolina Adesso vedrai!!! E, nel prossimo cap, spiegherò un po’ di cose … spero sarò esauriente.
sophie_95 Ahhh, ti è piaciuta? Come sono contenta! La volevo troppo scrivere! Che carini! Sai, nel libro la loro “relazione” non è molto approfondita … ho provato ad immaginare un po’ io!
Pocia Prepara il marmo!!! Posso chiederti una curiosità? Da dove viene il tuo Nickname? Poi se vuoi ti spiego perché! Grazie, sono davvero felice di sapere che mi adorerai!!!
bimbaemo Ho fatto più in fretta che ho potuto! Eccoti il cap! spero ti risulterà piacevole come il precedente!
BellaSwan95No, ti prego! Non svenire ora! Prima leggi, poi se vuoi, svieni. Ma riprenditi entro mercoledì!!!
Cara la mia Lilian Potter … forse al bambino non faranno bene, ma a me sì di sicuro, forse Jasper non ne sarà tanto contento, e poi, tanto, tutti credono sia colpa di Edward!!! XD bacioni stravampirosi!!!
KiraraMiranda Placa la tua ansia, eccoti il cap 23!!! Dopo tanta fatica eccolo qui!
HopeToSave L’arcano mistero verrà presto svelato! Grazie per i tuoi sempre bellissimi commenti!
scheggia94Posso accompagnarti a Volterra? A me, in realtà, i Volturi piacciono un casino! Spero di riuscire a sorprenderti con questo capitolo! Grazie!
Saphira87 Sono molto contenta … Ti avevo detto 2 e sono diventati 3 ( percause di forza maggiore ), ma credo che vada bene lo stesso, no? Buon lavoro! Mi raccomando, continua a seguirmi.
BloodyKamelot Ho fatto prima che ho potuto!!! Speriamo ti piaccia!
sophie_95 Ti assicuro, i prossimi 2 saranno meno tristi!!! E spero ti piaceranno!!! Saranno un po', come dire ... moooltooo dolci ... e non solo ...
clodiina85 Uuu, quanti complimenti!!!! Troppo buona!!! Edward? Chissà …
memi16
Quando stavo per postare questo cap, ho visto il tuo comento!!! per fortuna è ho dato un'occhiata, se no rischiavo di non ringraziarti! Davvero ti commuove? Sono contentissima! Grazie per i complimenti!!! 

 Grazie ancora a tutte voi!!! Cassandra

La figura misteriosa si avvicinò con lentezza. La lunghissima mantella grigia frusciava silenziosa. La avvolgeva completamente. Un largo cappuccio calato sul capo copriva ed oscurava il volto, ricadendo sulle spalle. 
Si fermò proprio di fronte a me che rimanevo ancora a terra. Senza pronunciare un’altra parola, mi porse gentile la mano.

Io ero pietrificata. Immobile.

Quando vide che non gli tendevo la mia, si sedette di fronte a me, sulle ginocchia.

Con la mano destra mi carezzò la guancia, si soffermò sulle mie labbra.
Sbattei le palpebre un paio di volte.
La luna andava e veniva, coperta dalle nubi.
Quando la sua luce ci illuminò, io portai le mie mani sulla mantella.

Le mie dita tremanti risalirono la stoffa ruvida fino ad arrivare al cappuccio. Con un movimento lento, glie la portai all’indietro, facendogliela ricadere sulla schiena. Il suo volto, rischiarato dalla luna, mi fece girare la testa e per poco non svenni. Fortunatamente, lui aveva portato le sue mani, forti e veloci, sulla la mia schiena e, con quelle, mi sorresse. Mi osservava sorridente. I capelli spettinati gli incorniciavano il volto pallidissimo, solcato da profonde occhiaie violacee, facilmente scambiabili per ustioni.

Presa dall’emozione, quasi crollai. Mi chinai in avanti afferrando i lembi della mantella e mi lasciai andare ai tremori, poggiata sul suo petto. Lui mi accarezzava la schiena senza parlare. Poggiò le labbra sul mio capo e mi baciò i capelli poi scese lentamente dietro il mio orecchio e poi più in giù, lungo il mio collo. Io piegai la testa per facilitargli il lavoro.

Portai le mie braccia dietro il suo collo e lo abbracciai, sollevandomi per avvicinarmi di più a lui. Per stringerlo a me. Avevo appoggiato la fronte nell’incavo del suo collo. Le sue mani ora accarezzavano i miei capelli mentre le sue labbra sfioravano la pelle della spalla lasciata libera dal vestito. Le sue dita scorrevano gentili sulla mia pelle. Con lentezza, grazia e gentilezza, mi costrinse ad alzare il capo. I miei occhi si persero nei suoi. Pece. Furono però presto attirati da qualcosa. Qualcosa che prima credevo di essermi solo immaginata e che invece, adesso, mi rendevo conto essere reale.

La mia mano, involontariamente, si bloccò sulla sua guancia.

< Edward … > La voce mi uscì roca.
Lui appoggiò la sua mano sulla mia e chiuse gli occhi.
< Non preoccuparti, amore. >
< Ma … ma … >
< Sht … non è niente. Non è niente. >

Mi inginocchiai e intrecciai le dita della sua mano a quelle della mia. Allontanai entrambe dal suo volto e mi sporsi,per baciarlo.

Le mie labbra si appoggiarono sulla cicatrice che gli percorreva una guancia e glie la sfigurava.
< Edward … > Bisbigliai in preda all’ansia.
Mi impedì di proseguire poggiando la sua bocca sulla mia. Mi levò letteralmente il respiro.
Il suo bacio era tormentato. Le sue labbra si muovevano agitate sopra le mie. Il suo profumo m’invase e mi stordì.
Mi aveva stretto in un abbraccio consolatore e allo stesso tempo sensuale.

Con delicatezza, m’impose di dischiudere le labbra.

Per la prima volta, la sua lingua accarezzò i miei denti. Il suo respiro era dentro la mia stessa bocca.
Tutti i pensieri che fino a quell’istante avevano affollato la mia mente, svanirono in un attimo.
Mi voleva almeno quanto io volevo lui.
Con la punta della mia lingua, gli accarezzai il palato.
Con un movimento veloce, gli levai la mantella pesante. Non sopportavo di vederlo con quell’indumento indosso!
Sotto portava degli abiti comunissimi. Chiari ed anonimi. Tipici dei Volturi.
< Bella … > si era staccato da me per permettermi di riprendere fiato e poter inspirare il mo odore. Mi fissò negli occhi e mi sussurrò addolorato:
< Hai sete … andiamo a caccia. >
< No! Ti prego. Rimaniamo qui. Voglio stare sola con te, per un po’. Non voglio cacciare, voglio te. Possiamo andare dopo … Vero? > Vero che avremmo avuto tempo? Non poteva andarsene di nuovo. La sete che mi bruciava la gola era sopportabile,  l'idea  di saperlo lontano no. Non avevo intenzione di sprecare neanche un istante del tempo  che ci era stato concesso, o che era riuscito a rubare.

Mi sollevò la mano sinistra e, dopo essersela portata alle labbra, baciò la fede.

< Ti amo. > mi bisbigliò.
< Cosa ti è successo? > Domandai mentre gli accarezzavo il volto. Il mio indice percorreva la sottile ma vistosa cicatrice sulla sua guancia sinistra.
< Non è niente. Nulla di cui preoccuparsi … >
< Come puoi dirmi così? > Domandai preoccupata. Gli presi il volto tra le mani e lo fissai negli occhi. Lui li chiuse e poggiò la sua fronte sulla mia. Le sue mani scivolarono lungo la mia schiena e la sua voce vellutata mi raggiunse:
< Diciamo che non mi sono trovato benissimo in Italia … >
Le sue labbra tornarono ad accarezzare le mie. lo allontanai scuotendo la testa.
< No, No. Basta tenermi lontana dalle cose che credi potrebbero ferirmi. Basta. Ti prego … dimmi cosa diamine ti è successo! > Ero prossima al pianto.

Stringendomi a sé, mi bisbigliò:

< Ho avuto qualche problema a Volterra. Diciamo che non mi sono inserito facilmente. Il luogo e la compagnia non mi erano molto congeniali … > 
Riprese a baciarmi con passione ma io ero decisa a sapere la verità.
Dovevo sapere cosa gli fosse successo, se fosse scappato, se avremmo dovuto fuggire … se … Non volevo neanche pensarlo … se avrebbe dovuto tornare tra le mura fredde di quella città millenaria … non avrei sopportato un’altra separazione. Semplicemente, non ce l’avrei fatta.
< Ti hanno ferito?
Solo il nostro veleno può lasciare cicatrici su ...  su di noi. > Bisbigliai ad occhi chiusi, poggiata al suo petto. Era strano usare il noi, parlando di vampiri ...

Cullandomi, mi rispose:

< Ora sto bene … e non è stato niente di grave. So cosa temi. Non sono mai stato in pericolo. Mai. Un litigio … Tutto qui … >
< Ma sono riusciti a colpirti. A ferire te. Edward … >
< Ora smettila … non ti devi preoccupare, va tutto bene adesso. >
Mentre mi sussurrava quelle parole, le sue dita scivolarono tra le pieghe del mio vestito.
Le muoveva veloci e agili e, in pochi secondi, furono a contatto con la mia pelle, provocandomi un fremito d’eccitazione.
< Qui? > Chiesi con un velo d’isteria.
< Ovunque sarebbe perfetto. Solo qui magico … L’importante però è che siamo insieme. >

Sorrisi e lui, ad occhi chiusi, si chinò abbastanza da poter sfiorare con la punta del naso il mio collo e poi la mia guancia.

Le nostre bocche s’incontrarono di nuovo e le labbra si dischiusero permettendo ad uno di entrare nell’altra.
Tenendomi tra le braccia, mi fece sdraiare con la schiena a terra e poi prese ad accarezzarmi.
Trattenendo la sua impazienza, mi slacciò lentamente il vestito, lasciando la stoffa sotto il mio corpo. Si soffermò un attimo sul ciondolo e, dopo averlo baciato, lo accarezzò. Sollevò il capo e mi sorrise, poi mi baciò la fronte. 
< Non porti il reggiseno … > Mi disse e, devo ammetterlo, non mi sembrava assolutamente contrariato. Sorrisi e con dita esitanti, accarezzai il suo petto, poi scesi, sempre più in basso.

Lui si chinò di più e, portando il suo volto a due centimetri dal mio collo, mi confidò all’orecchio in un sussurrò:

< Temo che questi abiti ci siano d’intralcio … > e poi mi baciò il collo e la spalla, facendo scorrere la sua lingua sul profilo della clavicola. Risi per il solletico, per l’agitazione ma soprattutto per l’emozione.

Andai a slacciargli la camicia e le mie mani tremavano mentre cercavo di far uscire i bottoni da quelle maledettissime asole. Sempre loro …
Anche Edward ridacchiò. La sua risata mi riempì di vita, di gioia. Lui era lì, con me …
< Amore, non metterci troppo, non credo di poter aspettare a lungo … > e poi mi baciò ancora, sul petto nudo.
Gli feci scivolare la camicia lungo le braccia e glie la sfilai.
Passai quindi alla cintura e ai pantaloni. In pochi minuti, tutto ciò si ritrovò sull’erba.
Le sue carezze percorrevano la mia pelle proprio come i suoi occhi avidi. < Edward … > Sussurrai mentre le sue dita si soffermarono sulle mie palpebre.
< Ti amo. >

Non mi rispose. Era troppo impegnato a baciarmi la pancia.
Le mie mani erano immerse nei suoi capelli e gli accarezzavano il capo.
Senza smettere di baciarmi, portò le sue mani sulle mie mutandine e me le sfilò facendole scivolare anche troppo lentamente lungo le mie cosce.
Le sue mani si spostarono sui miei fianchi e lui dopo un ultimo bacio sul bassoventre, tornò a sfiorarmi la fronte con le sue labbra. Il suo corpo poggiava sul mio. Sentivo il suo petto sopra il mio seno. Non avevo più freddo. Ad essere sincere, mi sembrava di avvampare.
< Bella … > 
< Sì? > Chiesi mentre gli accarezzavo la schiena. Non mi pesava il suo corpo sopra il mio.
< Bella, non ti immagini come … come sono felice. È bellissimo non temere di farti del male mentre … Mi sento così libero di essere me stesso. Di stare con te ... Di non rischiare di farti ... > Gli posai un dito sulle labbra per impedirgli di proseguire.
< Sht, amore, non dirlo neanche. Io non ho mai avuto paura. >
< Avresti dovuto. In ogni istante in cui siamo stati insieme … >
< Non tormentarti. Non avrei potuto chiedere di meglio dalla vita. >
< Non avresti potuto chiedere di meglio della morte? > Mi domandò ironico mentre si muoveva lentamente per far aderire meglio i nostri corpi.
< No, non avrei potuto chiedere niente di meglio della felicità. >
Lo sentii sbuffare. Poi mi mormorò:
< Non ti merito. >
< Neanche io merito te. > ribattei, poi aggiunsi: < Edward … >
< Sì? >
< Non vale! >
< Cosa? > Mi domandò lui a metà fra il sorpreso e il preoccupato.
< Tu riesci sempre a restare vestito mentre io rimango sempre nuda! > feci finta di essere offesa.
Soffocando una risata, mi rispose: < Ma amore, è logico. Sei così bella … voglio poterti ammirare, tutta te stessa. >
< La stessa cosa vale per me. >
< Allora sbrigati a liberarmi da questo inutile pezzo di stoffa! >
Mentre facevo scendere i boxer scoprendo pian piano il corpo perfetto del mio sposo con le mie dita che si erano infilate tra la sua pelle e l’elastico, pensai alla sofferenza che avevo patito durante la sua assenza. Le mie mani si bloccarono a metà strada. Ricordai il dolore della lontananza.

< Cosa c’è, Amore? > Mi chiese preoccupato. < Non piangere … > Ok, era proprio terrorizzato.
Io, d’altra parte, non mi ero neanche accorta che i miei singulti fossero udibili. Le sue mani correvano veloci lungo le mie braccia per tranquillizzarmi mentre lui continuava a ripetermi:
< Stai calma … Scusa, non pensavo di … Credevo lo volessi anche tu … >
Ma che diavolo aveva capito?
< Edw … edward … > Singhiozzai io.
< Sì? > Mi domandò esitante.
< Mi sei mancato. Mi sei mancato tantissimo. Promettimi che non te ne andrai più! >
Non mi rispose ma mi avvicinò a sè in un abbracciò avvolgente. Mi stringeva al suo corpo con ansia e agitazione.
< Isabella … Per quanto io possa essere lontano, io non smetterò mai di amarti. Questo devi ricordarlo. È una promessa. Anzi, è la promessa. > 
Mi prese la mano sinistra e se la fece scorrere sul viso.< Questo per me non è un semplice anello. Io sono tuo. Per sempre. Ricordatelo. >
< Ma non te ne andrai di nuovo? Vero? > Imploravo. Letteralmente. < Se così fosse, voglio venire con te. > Il mio tono era irremovibile.
Mi accarezzò una guancia e mi sorrise:
< Non tornerò in Italia. Non è nelle mie intenzioni per il futuro. Lasceremo Forks, questo è certo. Sono sicuro che Esme sarà contentissima di riprendere i lavori nella casa che avevamo acquistato vicino a Ithaca … Qualche volta, per i prossimi quattro o cinque anni, potrai persino invitare i tuoi ... io mi terrò lontano quanto basta, in quei giorni. > E poi, senza smettere di tenermi abbracciata a sé, mi morse per scherzo il lobo dell’orecchio.
Non lo aveva mai fatto. L’unica volta in cui avevamo fatto l’amore, ero ancora una fragilissima umana … un gesto come quello, se compiuto nei mesi precedenti, avrebbe potuto innestare la trasformazione … provocare la mia morte.
Sentii crescere dentro di me l’eccitazione. I singhiozzi vennero lentamente sostituiti dai miei ansiti.
< Non devi preoccuparti per queste cose … Io sarò sempre con te. Non voglio che tu ti angosci inutilmente. Affronteremo il nostro futuro insieme. >

Annuii e terminai quello che stavo facendo, aiutando i suoi boxer a scivolare lungo le sue gambe.


 

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Capitolo 24
*** Al chiarore della luna ***


24

Sono le 4 in punto e sto postando la ficcy! XD Bene … siamo alla fine di questa lunga (soprattutto per chi scrive XD )storia. Dedico questo ultimo cap a Clarissa e Laura, che mi hanno fatto scoprire Twilight! Un bacio enorme ragazze!

Come prima long fiction in assoluto, devo dire non c’è male! Ad essere sincera, mi è dispiaciuto cambiare lo stato di completa da NO a SI … è strano … mi mancherà un po’ questa ficcy …
Ma ora basta, mi sto lasciando trasportare.
Per la gioia di molte (soprattutto mia) questo capitolo contiene una scenettina un po’ … calda … niente di terribile o censurabile (mi auguro XD) ma ci tenevo a dirlo prima! Sappiate che è inventato tutto di sana pianta data la mia nulla esperienza nel campo, quindi, se ho scritto castronerie, chiedo perdono in anticipo!

Innanzitutto, volevo ringraziare tutte voi lettrici. Siete fantastiche e avete una costanza invidiabile per reggere una storia così lunga! Spero che ve ne sia valsa la pena!
Ringrazio le altre 5 persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti. Sono davvero commossa!
Ora volevo dedicarmi un attimo alle mie straordinarie recensitici che trovano sempre qualche minuto per rendermi felice: ( sono stata molto prolissa, ma volevo ringraziarvi per bene ... è l'ultimo capitolo e mi mancherete! Di solito non sono così sdolcinata ... scusate XD )

memi16 Grazie! Mi commuove sapere che ti commuovi! Lascia stare … sono ormai prossima alla pazzia. La neuro mi ha già preparato la camera XD
alice brendon cullen
Giudica dopo questo capitolo … Io personalmente, vorrei essere al posto di Bella … per gli Edward: Elric o Cullen non importa!!!  Però anche Mustang o Jasper … ci farei più di un pensierino XD
Wind Anche a me mancherà ( non vorrei essere banale, ma mi mancherete anche voi. Credimi se ti dico che appena accendo il Pc controllo EFP ! ) spero che continuerai a seguirmi con la mia nuova storia … molto, molto presto su questi schermi! Ps: Edward è sempre bellissimo … La cicatrice gli dona un certo non so che di affascinante e proibito. Ah, credo che Demetri  non se la passi affatto male … ma spiegherò meglio in questo ultimo cap! 
giulia9_91Per la faccenda genitori di Bella, in realtà loro lo credono Morto … penso che gli verrebbe un coccolone a trovarselo in veranda a bere un cocktail rosso ( sangue naturalmente XD )! Comunque, non preoccuparti, il nostro amore non ha toccato sangue umano!!! L’attesa fino a mercoledì è inevitabile … (oggi) ma visto che non è stata poi così lunga? Spero che questo capitolo ti piaccia e spero di ritrovarti tra le commentatrici della mia nuova storia! Credo che andrai a prenotare un biglietto d’aereo non appena avrai letto il primo capitolo XD solo che questa volta non ti dico dove scappo … ( indizio: è molto lontano, fa molto freddo, ci sono i vampiri! Sono completamente andata. Ma quanto ci mette la neuro ad arrivare? )
yumisan
 
Addirittura “bestemmia”? La cicatrice gli dona! Il ragazzo bello e irraggiungibile con un passato tormentato alle spalle ma il cuore tenero e l’animo gentile, innamorato perdutamente della sua bella (che gioco di parole terrificante XD ) Potrei andare avanti all’infinito a descriverti le 1000 qualità del nostro amore! Sfigurato o meno, lo VOGLIO!!!! Dai, vedrai che questo capitolo continuerà in modo degno il precedente, e non lascerà in sospeso niente! – straordinario ed insolito per me XD –
Guarda, HopeToSave,non so chi potrebbe dirgli di no … Ma IO no di certo. Anzi, il nostro casto Edward la rischia grossa a stare vicino a me! Sarebbe bello dici l'Edward's pov? Non vorrei stufasse … ad essere sincera, un po’ ci avevo pensato, soprattutto per alcuni capitoli in particolare … Leggi: la prima notte con il morso incluso nel pezzo, la trasformazione, la sua permanenza a Volterra, QUESTO CAPITOLO … Chissà, magari in futuro … qualche capitoletto … ma prima voglio avviare la mia ancora-senza-titolo nuova storiella! XD Sorrido sadicamente … sarà tremenda! Ah Ah Ah !!! Spero la leggerai e mi auguro ti piacerà!
Gocciolina Anche a me dispiace … però, era inevitabile che finisse prima o poi … e ora credo sia il momento migliore … ho cercato di scrivere un bel finale e spero di esserci riuscita! Mi raccomando, dimmi se è così! Comunque, non farai a tempo a sentire la mia mancanza! Mi farò viva di nuovo molto presto! XD
bells87 Non preoccuparti, anzi grazie per avermi lasciato un commento,  e in bocca al cane (jacob) per gli esami XD Grazie per i complimenti e spero che questo cap ti aiuti, anche se solo poco, a rilassarti un attimo! Pensa ad Edward … No, sul serio, in bocca al lupo!
StarlitWriter
Grazie per tutti questi complimenti! Sono diventata, per l’ennesima volta, tutta rossa! Sono contenta che ti sia piaciuta così tanto la mia ficcy! Per me sono piccole soddisfazioni sapere che il mio lavoro piace anche agli altri! Credimi! Le tue speranze non sono vane!
Ciao BellaSwan95,Sara carissima! Forse in questo ho un po sforato con il rating … speriamo di no!
Cara PenPenscoprirai prestissimo la verità e potresti addirittura ritrovarti a fondare un ARO-fan-club a cui presumo molte vorranno aderire ( mandate le iscrizioni all’indirizzo e-mail della neuro! A proposito, ma quanto ci mettono ad arrivare? )Per una volta ho messo da parte il mio sadismo ( eh eh eh –risata malefica- lo sto tenendo da parte per la mia nuova storia … eh eh eh  ) e sono contenta che quelle due scene del cap 22 ti siano piaciute! Per finire, sei davvero troppo buona e i tuoi commenti mi rendono sempre felice un casino! XD
sophie_95
La vuoi sapere una cosa? Non solo si sono rincontrati … vedrai i nostri due giuovani novelli sposini cosa mai combineranno, tutti soli in un bosco … di notte … dopo “tanto" tempo che non si vedevano … dopo averlo fatto una volta sola … Basta, la pianto …
novilunioE io ti rispondo soltanto: … ( Erika è in crisi ) non trovo una faccina che spieghi bene la mia contentezza… Ti basta un GRAZIE gigante?
Lilian Potter
 
ma chi è? Ah! Lily sei tu!!! Scherzo, lo sai! Aspetto sempre con ansia ogni tuo commento! Mi fanno davvero piacere! Jasper mi sta dicendo di mandarti un bacio … scusa ma devo andare … Carlisle mi sta aspettando in studio … XD Tornando al discorso dell’altra volta … Vuoi un gelato alla mela verde? XD
KiraraMiranda Scusa se sarò breve ma sto chattando con una certa schifosa elleista che lo espone a tutto il mondo con la sua borsa … indovina chi è? E sì, è già mezzogiorno! Ps: Ho già comprato lo spiedo gigante da sagra di campagna ... Vedi di partorire un'idea! sono già sotto casa tua!
emily ff Come potrei mai picchiare una persona che mi fa dei complimenti così belli? Posso solo dirti che sono contenta che tu abbia “scoperto” la mia ficcy! Ah, un po’ di sadismo nella vita aiuta a restare a galla! Sapessi cos’ho in mente per il futuro!
Pocia Ehm … devo proprio spiegartelo? Facciamo che ti mando una mail (controlla gli spam) … è una storia lungaaaaaa intanto, grazie per aver risposto … e in bocca al cane ( ancora il povero Jacob ) per l’esame di spagnolo!XD fammi sapere com’è andato!
chichetta99 Mai dare nulla di scontato! Soprattutto con me! Allora? Ti è piaciuto? Credo che questo ti piacerà ancora di più!!!
BloodyKamelot Ti prego! Ti prego riprenditi! Non sul più bello! Ti perdi la scena per cui ho scritto gli ultimi 7 capitoli!!!! Non farmi questo!riprenditi! ( e commenta se riesci XD )
BellaSwan87
A parte il sorriso a 40 denti … non so come rispondere al tuo commento … sto sorridendo come un ebete … l’ho letto tre secondi fa e sono ancora shockata dai tuoi complimenti! Ma tu sei pazza! Non ne merito così tanti! Magari alla neuro mi danno una camera doppia e vieni anche tu, così parliamo di Twilight dalla mattina alla sera e poi non ci fanno più uscire XD comunque, ti pare che mi stufi? Mi lusinga sapere che la mia storia ti emozioni tanto! Davvero, non trovo le parole per ringraziarti … sono ancora sconvolta! GRAZIE ( sto ancora sorridendo come un ebete … )
La GommaSono molto contenta che tu sia "capitata" nella mia storia e grazie per i bellisimi complimenti! Addirittura la Meyer? Sono di un colore simile al nastro di Eclipse! Grazie     

                                                                                                   Finalmente, vi lascio al cap 24!

Annuii e terminai quello che stavo facendo.

Mi ritrovai tra le mani i suoi boxer. Non sapendo che farmene, li lanciai dietro la mia testa mentre Edward, che si era messo a cavalcioni sulla mia pancia, mi baciava i seni. Le mie mani erano sulle sue spalle.
Il mio sposo scivolò lungo il mio corpo finché non fu nella posizione giusta.
< Pronta? >
< Per te sempre. > Risposi in un soffio e lui mi baciò le labbra. 
< Il tuo odore, è buono come sempre ... > mi sussurrò quando, contro la mia volontà, allontanò la sua bocca dalla mia. Sorrisi felice.

Senza aggiungere altro, accarezzandomi il volto, ricominciò a baciarmi la pelle, lasciando dietro di sè scie bollenti. Io seguivo i suoi movimenti e lo lasciai fare. Le sue dita leggere si soffermavano sul mio volto, per poi  scendere lungo le mie spalle e  le braccia. La sua bocca si spostava lentamente sul mio corpo, baciandomi  dolcemente.  Mi morse scherzosamente  in  prossimità  dell'ombelico ed  io risi , le mie mani poggate sulla sua testa.

< Ti mangerei ... > Mi sussurrò, scherzoso. 
< Provaci. > Gli risposi ironica.
< Ai suoi ordini. Signora Cullen ... > Il suo tono mi fece morir dal ridere, le sue parole mi riempirono di gioia.
Poi, con le labbra, scese a baciarmi più in basso. 
Chiusi gli occhi e respirai a fondo. 

Le sue labbra erano insicure ed incerte. Era emozionato ...

< Edward? > Domandai con un filo di voce. Con il suo tocco mi stava facendo perdere la consapevolezza di me, e stava contribuendo a farmi lasciar sfuggire anche l’autocontrollo.

Non mi rispose.

Inarcavo la schiena senza riuscire a governare il mio corpo. Le mie dita si strinsero sui capelli disordinati del mio amore. Emisi un gemito. Alzò lentamente il capo e mi osservò per qualche istante mentre incurvavo la schiena. La sua lingua si muoveva delicata e discreta. Con una mano andai in cerca della sua. La trovai e la strinsi. Sussurrai:

< Edward … >

Contro la mia volontà spostò il suo viso, fece scorrere il naso lungo la mia pancia, sull’ombelico, tra i seni … fino a portare il suo volto, splendido nonostante la cicatrice che lo deturpava, sopra il mio. Mi baciò con passione ed eccitazione. Le sue labbra bagnate sapevano di amaro … Sentivo che anche lui aspettava che il piacere crescesse a tal punto da diventare insostenibile. Sentirlo sopra di me, ogni sua parte, mi stava facendo letteralmente impazzire. Feci scorrere  le mie dita lungo  la cicatrice  e poi  lo abbracciai più stretto.

Con la mano libera si aiutò e, in pochi istanti, lo sentii entrare lentamente dentro di me.

Fu diverso dalla nostra prima volta. Lui era più tranquillo. In qualche modo, fu più bello.

Innanzitutto, sentii molto meno male e poi, adesso, il mio corpo era molto più sensibile. Sapevo inoltre che, questa volta, Edward poteva tranquillamente lasciarsi trasportare dalle sue emozioni senza preoccuparsi di perdere la lucidità, senza temere di uccidermi con una carezza. Era per questo che questa volta, finalmente, si era lasciato andare così tanto.  Ora poteva essere felice anche lui ...
Non smise di accarezzarmi mentre si univa me per la seconda volta nella nostra vita. Sentivo i palmi delle sua mani sfiorarmi, le lievi spinte che mi scutevano ... Continuava a dirmi all’orecchio: < Isabella … ti amo. >
Intrecciai le sue gambe con le mie.

All’inizio si muoveva lentamente dentro di me, poi con movimenti sempre più incalzanti. Improvvisamente, venni investita da una sensazione strana,travolgente, in qualche modo nuova. Provata solo in parte e solo una volta, prima di allora.

Affondai le dita nella pelle della sua schiena e, inarcando il mio corpo, gettai all’indietro la testa. Mi morsi un labbro per rimanere in silenzio.
Mi baciò il collo e poi posò la mano sul mio seno sinistro. Me lo stringeva delicatamente.
Lo sentivo ansimare. Il mio respiro era irregolare come il suo.
Sospirò.
Dopo aver inspirato il suo odore, premendo il mio naso sulla sua pelle, gli posai la mano sulla sua, sopra il mio seno, e gli baciai la guancia.
< Bella … > La sua voce disperata mi sorprese e mi terrorizzò.

Non poteva andarsene …

Cercando di mantenere la calma, gli domandai:
< Cosa c’è amore? > il mio tono non era rassicurante come avrei voluto.
< Perdonami. >
Quando le sue parole giunsero alle mie orecchie, mi parve che tutto vorticasse.
Lo abbracciai, cingendolo con le gambe e con il braccio libero. Con l’altra mano, strinsi la sua.
Eravamo ancora uniti, era ancora parte di me.
< No … Stai calma … > mi disse carezzandomi la testa e percependo la mia angoscia.
Poi, facendo un po' ressione sul mio seno sinistro, mi sussurrò con voce affranta: 
< Il tuo cuore non batte più … mi dispiace di averti negato il suo battito … Non hai idea di quanto mi senta in colpa … >
< Stupido! Mi hai fatta spaventare! Mi hai letteralmente terrorizzata. >
Avrei voluto continuare ma la sua lingua si spostò a tracciare il profilo delle mie labbra, per poi farsi strada nella mia bocca, senza curarsi di essere discreta o delicata.
Ci muovevamo insieme, assecondando l'una i movimenti dell’altro finché, di nuovo quella sera, smisi di capire cosa mi stesse succedendo. Questa volta le mie mani si strinsero ai suoi capelli ed io emisi un gemito. Edward mi afferrò i polsi e mi portò le braccia sopra la testa.
Mi baciò e io potei constatare che tremava leggermente. Adesso si era portato seduto e il suo respiro agitato mi raggiungeva il volto e mi faceva volteggiare i capelli.
Lo vidi inarcarsi sopra di me e sentii le sue mani stringermi i polsi con più forza.
Facendo leva sui gomiti mi sollevai abbastanza per baciargli il petto muscoloso.
In un istante, le sue mani furono contro la pelle della mia schiena. Le sue dita me la graffiavano.
Poi, lentamente, allentò la presa, mi riaccompagnò contro l’erba fresca e si accasciò sul mio corpo.
Sdraiato sopra di me, teneva il capo tra i miei seni, le braccia intorno al mio ventre.
Lo accarezzavo con lentezza e dolcezza sussurrandogli tutto il mio infinito amore per lui.
Quando voltò il capo e la sua guancia sinistra fu illuminata dalla fioca luce della luna, percorsi la vistosa cicatrice con l’indice.
Sentii un nodo stringermi lo stomaco.

Poi lui parlò.
< Mi hanno lasciato tornare … >

Le mie mani si fermarono all’istante.

< Credo che alla fine, Aro abbia compreso … >
< Cosa gli ha fatto cambiare idea? > Domandai con un filo di voce. Avevo chiuso gli occhi.
< Non so cosa con precisione. Credo che, più che altro, sia stata una serie di circostanze a convincerlo. >
Ora era lui ad accarezzare me, rassicurandomi. Il suo corpo non mi pesava, anzi, mi trasmetteva sicurezza … mi riempì di baci e di carezze. I suoi movimenti erano misurati, dolci.
Con delicatezza si separò da me. Mi dispiacque quando i nostri corpi non furono più uniti.

Il mio respiro era ancora affannoso e lui rise sfiorandomi la labbra con la punta delle dita.
Si sdraiò al mio fianco sull’erba. Osservavamo il cielo.

Mi afferrò la mano sinistra e la sollevò in alto. Osservò il luccichio dell’oro al chiaro di luna e poi si voltò, sorridendomi.
< Ti amo. Grazie per aver accettato di divenire mia sposa … > così dicendo, portò la mia mano sul suo petto e la strinse con dolcezza.
< Grazie per aver osato rischiare, quando ero ancora una “fragile” umana … Grazie per tutto quello che hai subito per me. > Gli sussurrai ad occhi chiusi. Mi accoccolai con la testa sulla sua spalla, raggomitolata al suo fianco.
Mi massaggiava la schiena.
Si spostò abbastanza per poter baciarmi il seno e poi, continuò il discorso che aveva lasciato in sospeso prima, mentre facevamo l’amore. Sembrava stesse cercando quasi di scusarsi con me, a giudicare dal tono affranto della sua voce:

< Quando Alice ha visto cosa volevano, il mio istinto mi diceva di portarti via, sapevo però che non avrei potuto. È stata Jane a insistere con Aro. Lei sapeva che poteva ricattarmi usando la tua vita. Ho dovuto scegliere. Per saperti sana e salva, avrei dovuto entrare a far parte del loro corpo di guardia. La tua vita in cambio dei miei poteri … Avrei davvero voluto portati in luna di miele, non dover tradirti, mordendoti in quel momento. Spero mi perdonerai. >

< Edward … > Gli sussurrai stringendomi di più a lui. < Non sono mai stata arrabbiata con te, neanche per un istante.>  Mentii io.  Ripensandoci, in quei momenti, non era la rabbia ma l'angoscia, lo stupore e la paura ad esseresi impossessati di me.

Con voce tormentata mi bisbigliò: < Sentirti invocare la morte … Percepire la vita allontanarsi dal tuo corpo. Il sapore del tuo sangue nella mia bocca … è stato atroce. Vederti così impaurita, terrorizzata … non potrò mai perdonare me stesso. Quando finalmente hai smesso di soffrire, speravo mi fosse concesso un po’ di tempo. L'idea di lasciarti, nel momento in cui avevi più bisogno di me ... Te lo giuro, avrei fatto di tutto per poter rimanere con te. Tutto tranne metterti in pericolo. Loro non mi hanno lasciato scelta.  Carlisle mi aveva assicurato che si sarebbe preso cura di te. Tutti me lo hanno giurato. Se volevo saperti viva e al sicuro, avrei dovuto obbedire. Ho dovuto seguirli a Volterra ma, una volta giunto in città, mi sono chiuso nel silenzio più totale. Ho smesso di nutrirmi. Me ne restavo tutto il giorno in una stanzetta, seduto per terra. Non prestavo ascolto alle loro richieste. Scrutavo però con attenzione ogni loro pensiero per poi poter sfruttare al meglio le loro stesse debolezze. Aro talvolta passava e mi sfiorava, tanto per sapere cosa stessi pensando. Credo che abbia visto quanto è forte il legame che ci unisce. È rimasto molto colpito dalla tua trasformazione … Dal mio, nostro dolore …
Quattro giorni fa, Demetri si è adirato. È entrato nella stanzetta e mi ha sollevato per il collo. All’inizio non ho reagito. Leggevo i suoi pensieri. Ira e gelosia. Il più importante dei Volturi voleva avere me al suo fianco, nonostante io fossi così ossessionato da te, nonostante io non volessi essere per lui la sua mano destra. Rifiutavo un privilegio enorme, privilegio che, secondo Demetri, avrebbe dovuto spettato a lui. Poi ha cominciato a dire che avevo perso la testa per una stupida umana. > Qui si fermò un secondo e, respirando il mio odore, mi carezzò l’orecchio. Poi ricominciò. Potevo ancora percepire la rabbia nella sua voce.
< Non potevo accettare che ti offendesse. Reagii. Lui però si era appena nutrito e il sangue umano ci rende anche più forti. Era molto più in forze di me in quel momento. Mi ha morso … ma, come ti ho detto, non è niente di che. Un po’ di bruciore al momento e pizzicore per qualche ora … ah, sì beh … il braccio si è un po’ rotto  … ma è andato a posto subito … neanche tre ore ed era tornato come nuovo … >

Mi pietrificai alle sue ultime parole …

< Ti ha rotto un braccio? > Domandai con voce bassa e scossa.  < Quale? >
< Non ha importanza … >
< Eccome se ce l’ha! > Gli feci io con voce agitata.
< Se proprio insisti … il destro. >
Lo sollevò e me lo mise davanti agli occhi, per farmi vedere che ormai era guarito.
 Lo sfiorai piano e poi vi poggiai sopra la bocca, baciandolo lentamente e sensualmente ...
< Vedi? Sta bene. Ora oserei dire addirittura benissimo … Inoltre, grazie al braccio rotto e alla ferita al volto, Aro si è adirato parecchio con Demetri. Forse, se non fosse stato per la sua aggressione, non sarei qui, ora. > 

A quelle parole, mi strinse con passione.
< Aro ha capito che, lontano da te, non sarei riuscito a vivere. Non gli era utile un servitore perennemente depresso. Costantemente assente. Lui inoltre, sapeva esattamente cosa provavo. Non riuscivo a concentrarmi. Subito dopo il litigio, sono uscito. Era sera. Nell’ingresso, ho trovato Gianna che stava tornando a casa sua. Le ho chiesto di poter usare il telefono e lei mi ha porso l’apparecchio. Sentire la tua voce … saperti al sicuro … mi ha dato un sollievo che non immagini ... > Si fermò e sospirò. 
Io ero immobile e dentro di me capii quanto il suo dolore dovesse essere stato atroce.
Chiusi gli occhi e mi strinsi a lui che mi cinse protettivo con le sue braccia.
< Quando sono tornato nei sotterranei, Aro mi ha sfiorato e ha visto tutto. Io non ho detto niente. Due giorni fa è tornato nella stanza in cui mi trovavo. Mi poggiato una mano sul capo ed ha osservato i miei pensieri. Ha alzato lo sguardo e mi ha detto: “ Vattene pure. Non mi servi in questo stato. Speravo che ti potessi abituare, ma evidentemente mi sbagliavo. Sono sempre disponibile ad ospitare te e tua sorella, sappilo. E se per averti qui è necessaria la presenza della tua giovanissima sposa, le porte saranno aperte anche per lei. Riferisci ad Alice il mio invito. Sarete sempre i benaccetti nella nostra famiglia. E, porgi i miei saluti al mio caro amico Carlisle. Ringrazialo. Solo in nome dell'amicizia che mi lega a lui, tu oggi porti quell’anello” e ha indicato la fede. Dopo di che, si è voltato e se ne è andato. Non ti dico gli sguardi delle sue guardie! Ah, credo proprio che Jane non ti sopporti … > Rise e mi baciò di nuovo. Io ero ancora scossa dal suo racconto. Appena mi lasciò respirare, gli sussurrai: < Ti amo. > tremavo.  
< Non avere paura ... non ce n'è più motivo. >
Annuii e feci ancora più piccola tra le sue braccia forti e protettive.

Dopo molto tempo, quando ormai si era fatto giorno, mi disse con voce più dolce del miele:
< Bella, amore mio. Temo che sia ora di vestirsi. Dobbiamo tornare a casa. >
Mi alzai a sedere di scatto, portandomi la mano alla bocca, ed esclamai:
< Carlisle sarà preoccupatissimo! >
Edward ridacchiò e io mi voltai e lo osservai contrariata.
< Non c’è niente da ridere. Povera Esme! Si saranno tutti angosciati, non vedendomi tornare. >
Con una mano sfiorò il mio corpo, senza soffermarsi in un punto in particolare. Con delicatezza sfiorò il mio seno, il ciondolo, il mio ventre … con un gesto repentino, mi afferrò per i fianchi e mi mise seduta sulla sua pancia. Se avessi potuto, sarei sicuramente arrossita. I suoi occhi nerissimi osservavano ogni millimetro del mio corpo, accompagnati dalle sue mani.
Poggiandole sulla mia vita, sollevò lo sguardo fino a fissarmi negli occhi. Mi persi nei suoi.

< Nessuno si è preoccupato. Sanno che sei con me. Devi sapere che Alice non mi aveva visto tornare perché ancora non avevo deciso cosa fare. Non sapevo se venire subito da te, temevo di impaurirti … quando sono arrivato a casa, ho trovato Alice che mi aspetta seduta sulle scale del portico. Teneva le mani giunte e il mento poggiato sopra. Appena mi ha visto, mi ha detto:
“ci hai fatto preoccupare tantissimo. Bella è uscita una manciata di minuti fa. Se corri, forse la raggiungi. È andata … ” “Alla radura” l’anticipai io. Mi ha sorriso e poi, mentre mi allontanavo per seguirti, mi ha gridato: “siamo felici che tu sia tornato.”
Ho visto la sua visione. Sanno che eravamo insieme. Avresti dovuto sentire i pensieri di Emmett quando mi ha sentito tornare! E, sagacemente, non ci sono venuti a cercare. Credo non volessero disturbarci ... >

Stava tentando di trattenere una ristata.
Mi sentii avvampare di vergogna e, per punirlo, affondai le dita nella pelle delle sue spalle.
Mi ero piegata in avanti e il mio seno sfiorava il suo petto.
Lo sentii sospirare quando gli baciai la fronte.
Con dolcezza, gli leccai le labbra e lo baciai. Respiravo il suo profumo intensissimo e la testa mi girava. Le sue mani avevano risalito la mia schiena e ora giocavano con i miei capelli.
Sentii la sua lingua nella mia bocca, sul mio palato. Aveva un sapore simile a quello del suo odore. Dolcissimo, come il suo respiro dentro di me. Quando mi risollevai, poggiando le mie mani sulle sue spalle, le nostre labbra si separarono e lui, contrariato, mi bisbigliò:

< No, dai. >
Risi: < Ma non avevi detto che dovevamo andare? >
< Sì … ma possiamo aspettare ancora qualche momento. Quello che sento non è l'allodola, è l'usignolo ... > Così dicendo, mi spinse più vicino al suo corpo premendo le sue mani sulle mie spalle.  Lo vedevo sorridere.

Dopo aver sfregato il mio viso contro il suo, neanche fossimo dei gatti, gli baciai lo sfregio che gli deturpava la guancia.

< Hai ragione, Edward. Questo è l'usignolo ...
Possiamo aspettare ancora qualche momento, tanto, abbiamo tutta l’eternità di fronte a noi.  Insieme … >
e così dicendo, lo baciai ancora, mentre le mie dita accarezzavano la cicatrice, simbolo perenne del suo amore per me.

GRAZIE A TUTTE PER AVER SEGUITO QUESTA MIA VERSIONE DI BREAKING DAWN!!!! io me lo sono immaginato così e ho cercato di rimanere il più possibile fedele ai libri originali. Anche dal punto di vista temporale, ho fatto bene attenzione a far collimare tutti i tempi! (ma con la storia del fuso orario mi sa che ho fatto un po' di casino ... )      
Con la speranza di avervi divertito ed emozionato, e magari qualche volta tenute con il fiato sospeso, vi saluto qui. XD
Spero mi seguirete ancora! una veramente commossa
                                                                                      Cassandra             

Ps: L'altro ieri era l'anniversario del mio incontro con Twilight. 4 mesi!!! ( nonostante la Clari me lo avesse prestato ad ottobre. Sono proprio una debosciata ... )

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