Next to me

di Killigrew
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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PROLOGO

Attesi poco pazientemente che il semaforo di fronte a me mi desse il via libera, poi ricominciai la mia corsa frenetica. New York era già affollata e trafficata la mattina presto. Ero sveglia da meno di un’ora e la mancanza di caffeina, aggiunta al tremendo ritardo in cui ero, fecero salire il mio livello di stress alle stelle.

Il giorno prima il capo era stato chiaro: riunione importante, niente ritardi.

Quando arrivai davanti alla porta della sala riunioni decisi di perdere qualche altro secondo, mi passai una mano tra i capelli nel tentativo di pettinarli meglio ed una sulla camicetta che si era sgualcita durante la mia corsa.

Non appena misi piede nella sala il capo smise di parlare e tutti i presenti si voltarono verso di me. C’era uno sguardo in particolare che sembrava bruciare sulla mia pelle, ma magistralmente lo ignorai e mi avvicinai all’unico posto libero, vicino alla mia amica Robyn.

“Agente Moore, meglio tardi che mai” Esclamò il capo allargando le braccia rassegnato per poi riprendere il suo discorso.

Senza dire una parola Robyn mi avvicinò una delle due tazze di caffè fumante che aveva di fronte.

“Ti farò una statua, giuro!” Sussurrai guadagnandomi un sorriso, poi spostammo entrambe la nostra attenzione verso il capo, che aveva ripreso a parlare, passeggiando per la stanza e sistemandosi di tanto in tanto i suoi baffi con la punta delle dita.

“Fino ad ora abbiamo avuto risultati deludenti” Stava dicendo indicando l’enorme schermo che aveva alle sue spalle, dove comparivano le foto di due ragazzi: lui, muscoloso, capelli scuri e occhi scuri, era Marcus Mendez, 27 anni; lei, fascino latino ed un corpo da top model, era Karen Mendez, 25 anni. Li conoscevo bene entrambi, era da mesi che cercavamo di incastrarli. Facevano coppia da quando erano adolescenti e si erano sposati da poco. Erano il re e la regina dell’impero della droga, detenendo il monopolio nelle costosissime e rispettabili scuole private della città.

“Visto che tutti i nostri tentativi hanno fallito, abbiamo deciso di cambiare tattica: manderemo due infiltrati...”

“Ma non avevamo già provato?”Qualcuno lo interruppe, ricevendo qualche vago cenno di assenso da parte dei presenti che concordavano.

“Si, e non siamo riusciti a far entrare nessuno nel loro giro, sono molto selettivi, sia per quel riguarda la loro clientela che per gli spacciatori di cui si servono. Ragion per cui i nostri nuovi infiltrai dovranno utilizzare un metodo alternativo, si avvicineranno a loro in altri modi”

Prese in mano due fascicoli e passò in rassegna tutti i nostri volti, per poi prendere a camminare intorno al tavolo, fermandosi una volta arrivato alle mie spalle. Fece cadere un fascicolo davanti a me.

“Vi presento Kate Cooper e...” Riprese a camminare verso destra ed io mi ritrovai a cantilenare nella mia mente –Non Liam. Non Liam- “Josh Cooper” Concluse passando il secondo ed ultimo fascicolo al ragazzo biondo. Questo si voltò verso di me, sorridendo compiaciuto e facendomi mozzare il fiato il gola.

“Questa è bella” Bisbigliò Robyn sistemandosi meglio sulla sedia e seguendo con ancora più attenzione quello che il capo aveva da dire. Sbuffando afferrai la tazza che avevo di fronte e bevvi un sorso, sentendomi quasi in paradiso grazie a quel goccio di liquido nero che costituiva l’unica cosa che avessi messo nello stomaco quella mattina.

“Voi sarete la nuova coppia di sposini che si è trasferita proprio nello stesso condominio dove stanno i Mendez. Organizzate cene, feste... non mi interessa come, ma fateveli amici ed ovviamente sempre occhi aperti. Moore non fare quella faccia! Comportatevi professionalmente ed andrà tutto bene. Studiate i fascicoli, con voi due ci vediamo stasera nel mio ufficio per discutere gli ultimi dettagli”

Non mi diede modo di replicare, uscì dalla sala e tutti si alzarono pronti a tornare al proprio lavoro. Tutti tranne me.

“E’ una tragedia!” Esclamai poggiando la testa sul ripiano in vetro del tavolo che avevo di fronte.

“E’ solo Liam, a me non dispiacerebbe averlo come finto marito” Constatò Robyn studiando Liam mentre, senza avermi degnata neanche uno sguardo, usciva dalla sala parlando con il suo amico Jason.

“Non è solo Liam! E’ Liam lo stronzo! E’ Liam il mio ex!”

“Rachel, è una storia vecchia quanto il mondo. Vi siete frequentati per un po’ al liceo, niente di che!”

“No, lui è sempre stato la mia cotta epocale, quel primo amore che non si scorda mai. E poi un giorno è scomparso nel nulla e non si è fatto più vedere e ti ricordo che mi ha dato buca la notte del ballo di fine anno!”

“Addirittura!” Robyn si finse stupita, portandosi una mano sul cuore “Mi chiedo come mai non ci sia una legge che punisca un reato così grave come dare buca alla propria ragazza”

Il suo sarcasmo mi innervosì e, dopo averla fulminata con lo sguardo, scattai in piedi e marciai fuori dalla stanza senza dirle una parola. Mi chiusi in bagno e feci un respiro profondo. Robyn non poteva capire, lei non sapeva che ogni volta che incrociavo il suo sguardo sentivo ancora le farfalle allo stomaco, non sapeva che il suo profumo mi faceva girare la testa, non sapeva che Liam Davis era ancora la mia cotta come esattamente 5 anni prima.

“Lui ti ha ferita e tu non ci ricadrai” Dissi al mio riflesso nello specchio. Ce l’avrei messa tutta.

 


**KILLIGREW**
Ciao a tutti, mi è venuta in mente questa trama, anche se ancora non ho ben chiaro come sviluppare la storia. Questo è il prologo, non so ancora se pubblicare o meno il resto, dipenderà tutto dal successo di questo brevissimo capitolo. Spero vi piaccia! 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1 Next to me


Entrai nell’enorme palazzo e mi guardai intorno stupita. Ogni cosa in quel posto urlava “lusso” ed ero solo alla reception. Chissà quanto stava costando all’FBI quella missione?
Non sapendo bene dove dirigermi mi fermai di fronte al bancone in legno scuro della reception, dove un uomo abbastanza anziano, con una curata barba bianca e ben vestito mi si avvicinò sorridendo cordialmente.

“Posso aiutarla?”

“Si, sono la signorina...ehm, la signora Cooper”

“Ah, i nuovi arrivati del 31esimo piano! Suo marito è già lì. Mi segua, la accompagno”

Già definirmi signora era stato difficile, ma le parole –suo marito- mi causarono uno scompenso cardiaco. Ignorai quella strana sensazione e seguii l'uomo, ringraziandolo prima che si congedasse.
Superato l'uscio dell’appartamento fui accolta da un caos di scatole, alcune le riconobbi come mie, ma di Liam nessuna traccia.

“Spero tu abbia portato la colazione” Disse una voce suadente alle mie spalle, facendomi sussultare ed allo stesso tempo causandomi un’ondata di brividi lungo la schiena.

“Ovviamente no” Senza neanche voltarmi a guardarlo, per timore di perdermi nei suoi occhi blu, presi a camminare per la casa, studiando ogni dettaglio. La cucina, fornita di ogni tipo di elettrodomestico, ed il soggiorno si trovavano in un ampio open-space, nello stesso piano c’erano anche la dispensa, un bagno ed uno studio. Salendo le scale che portavano al piano di sopra trovai la stanza da letto più grande che io avessi mai visto, con una cabina armadio dove sarebbe entrata tutta la mia casa, ed un altrettanto enorme bagno con vasca idromassaggio. Quel posto riusciva ad essere essenziale ed immenso allo stesso tempo.

Sentii delle voci provenire da sotto ed incuriosita scesi per le scale trovando Liam intento a parlare con il capo, che indossava una strana tuta verde con sopra inciso il marchio di una ditta di traslochi.

“Capo?” Chiesi sorpresa squadrandolo dalla testa ai piedi e, trattenendo a stento le risate, mi voltai verso un altrettanto divertito Liam.

“Non una parola in merito al mio abbigliamento, Moore” Mi avvisò alzando un dito “Comunque, stavo chiedendo a Davis come procedono le cose?”

“Va tutto bene, anche se non capisco come sia possibile che in una casa tanto grande manchi una seconda stanza da letto. Dovremmo mettere un letto nello studio e sistemarlo meglio così qualcuno di noi due potrà dormirci”

“Rachel, forse non hai recepito: fingere di essere sposati include vivere come una coppia e quindi tu e l'agente Davis dividerete lo stesso letto”

Liam stava ridendo scuotendo la testa, mentre io boccheggiavo senza riuscire a far uscire alcun suono dalle mie labbra. Dormire con Liam? Stavamo scherzando? Per me era già difficile stargli vicino senza farmi venire un infarto!

“Se le cose vanno come dovrebbero, i Mendez verranno molte volte a farvi visita, vuoi rischiare di far saltare tutto? Cosa ti hanno insegnato a Quantico? Tu da oggi sei Kate Cooper, tutto il resto non esiste più”

“No, io...Non si può fare diversamente?”

“No, discorso chiuso! E non ti azzardare a modificare o fare qualcosa di strano a questo appartamento, che ci sta costando un occhio della testa. Davis, passa in ufficio, ci sono dei documenti da firmare. Arrivederci”

Fissai la figura del capo oltrepassare la soglia ed il tonfo della porta che si chiudeva alle sue spalle segnò il momento in cui capii che mi era stata assegnata quella che per me sarebbe stata la missione più difficile: condividere il mio spazio personale con il mio ex-ragazzo. Dovevo essere morta e quello era il mio inferno. Lavorare con Liam era diventato convivere con Liam e poi si era in un attimo trasformato in dormire con Liam. Era troppo per le mie coronarie.

“Direi che l’hai presa bene” Disse lui sarcastico, indossando il giubbotto.

“Dove vai?” Chiesi sorpresa, senza neanche un reale motivo. A me non doveva importare.

“Ora si che mi ricordi una brava mogliettina! Non hai sentito il capo? Devo andare in ufficio” Mi lasciò un veloce bacio tra i capelli e scomparve anche lui oltre la porta. Io rimasi ferma nell’esatto punto in cui mi lasciò, probabilmente per svariati minuti. Il suo profumo, il tocco leggero delle sue labbra. Il cuore continuava a battere all’impazzata ed iniziai seriamente a  temere un infarto. Mi persi nei ricordi che avevo di noi: il primo appuntamento, il primo bacio, riuscivo persino a ricordare il profumo che si respirava dentro la sua auto. Sorrisi amaramente quando quei ricordi si trasformarono in ben altri: la notte passata ad aspettarlo rifiutandomi di levare il mio vestito, le chiamate senza risposta, i pianti. Ero convinta di essere riuscita a superare tutto, ma quando al primo giorno di lavoro me lo ero ritrovato di fronte quella strana sensazione allo stomaco si era ripresentata e con lei anche la morsa che mi stringeva il cuore.

Liam scomparve per il resto della giornata e per tenere la mente impegnata decisi di sistemare tutto da sola. Arrivata ad i suoi scatoli rimasi indecisa se aprirli o meno.

“Al diavolo, sono Kate Cooper e Kate Cooper può toccare la roba di suo marito!” Borbottai aprendo in malo modo uno degli scatoli. In gran parte trovai vestiti ed attrezzi per palestra che, non con poca fatica, misi nello studio. Non aveva portato molto roba, ma l’ultimo scatolo sembrava essere il più interessante: dentro c’erano foto, agendine, fogli, buste da lettere. Mi ripetei che non era violazione della privacy, volevo solo mettere un po’ d’ordine, ma sentivo comunque di star sconfinando. Non feci in tempo a toccare uno solo di quegli oggetti che lo squillare del mio cellulare mi fece sussultare spaventata. Erano già le 6, notai guardando l’orologio appeso al muro, e dopo essermi lasciata cadere sul divano risposi al telefono.

“Come va? Stavo pensando, ora non andrai mica in giro a raccontare che ti ho fatto da damigella d’onore o roba simile?” La voce divertita di Robyn mi fece intuire che per lei tutta quella storia era uno spasso.

“Sei davvero una pessima amica! Dovresti provare almeno un po’ di pena per me”

“Perché sei andata a vivere in una casa da sogno, oppure perché da ora in poi dormirai nello stesso letto di un uomo da sogno?”

Sospirai esasperata, ma decisi di non risponderle, non mi andava di sprecare fiato.

“Approfittane per chiarire, magari ti passa questa tua allergia al sesso maschile” aggiunse poi in tono più gentile.

“Non sono allergica agli uomini!” Esclamai indignata.

“Certo, da quanto non hai un appuntamento?”

“Non è colpa mia se non ho conosciuto nessuno in grado di stuzzicare il mio interesse, ultimamente”

“Ultimamente? E Ian?”

“Voleva solo sesso” Risposi prontamente. Ero uscita con quel tipo per un paio di sere e dovevo ammettere che non era male, ma ogni volta i suoi discorsi portavano sempre e solo ad un punto.

“Giusto! Non fai sesso da una vita!”

“Io faccio sesso!” Enorme bugia, ma era a fin di bene, se le avessi confessato che non facevo sesso da un anno sarebbe stata una tragedia, così decisi di rincarare la dose “Faccio tanto, meraviglioso e strepitoso sesso!”

“E con chi?”

Non risposi alla sua domanda perché in quel momento sentii una porta chiudersi alle mie spalle e voltandomi lentamente, consapevole di chi avrei trovato, vidi Liam con delle buste in mano. Il volto mi andò completamente a fuoco e pregai affinché il divano mi inghiottisse.

“Devo andare” Dissi con voce titubante al telefono.

“Scommetto che è tornato Liam!” Scoppiò a ridere Robyn, così le attaccai il telefono in faccia.

Mi alzai di scatto e seguii Liam in cucina, dove stava svuotando le buste.

“Hai fatto la spesa” Constatai ancora enormemente imbarazzata, guardando ovunque tranne che verso di lui.

“Dovremmo pur mangiare” Rispose secco continuando a muoversi per la cucina, riempiendo gli scaffali con ciò che aveva comprato. Sembrava teso e non riuscivo a capire se potessi esserne io la causa. Forse era successo qualcosa a lavoro.

“E’ andato tutto bene?” tentai di nuovo.

“Una meraviglia”

Uscì dalla stanza passandomi di fianco e lasciando una scia di quel suo inconfondibile profumo.

-E’ diverso da quello che usava una volta- pensai chiudendo gli occhi, tentando di ricordare cosa voleva dire avere le sue braccia intorno a me. Scuotendo un po’ la testa tentai di tornare nel mondo reale e decisi di controllare se ci fossero gli ingredienti per preparare una buona cena. Magari sarebbe riuscita a risollevargli il morale e riuscire a farmi dire cosa l’avesse reso così irascibile.

Bussai alla porta dello studio, dove era chiuso ormai da un’ora, e non ricevendo alcuna risposta aprii, innervosita dai suoi modi di fare.

I suoi muscoli si contraevano perfettamente e le gocce di sudore percorrevano velocemente la lunghezza della sua schiena nuda, mentre il bicipite si gonfiava ogni volta che alzava il peso che aveva in mano. Portò lo sguardo su di me ed un sorrisino gli increspò le labbra, facendomi quasi cedere le gambe. Se solo avesse potuto immaginare cosa girava per la mia testa in quel momento.

-Se non ti pulisci il rivolo di bava lo capirà- Mi rimproverai.

“Volevo solo dirti che la cena è pronta” Il mio tono di voce era un po’ troppo alto ed il mio volto stava andando a fuoco, quindi abbassai velocemente lo sguardo. Quando lo rialzai avevo Liam di fronte, forse un po’ troppo vicino a me.

“Faccio una doccia ed arrivo” Mi poggiò una mano sulla testa e fece per sorpassarmi, poi si bloccò, fece un passo indietro “C’è un buon profumo” Mi sussurrò nell’orecchio respirando a fondo.

Il mio cuore andava a mille e le mani sudavano. Erano passate solo poche ore, il nostro primo giorno insieme non era ancora terminato ed io già era sulla buona strada per impazzire.

La cena fortunatamente non mi riservò altre sorprese e passò tranquilla. Liam mi fece ridere e mi raccontò diverse cose che gli erano capitate sul lavoro, fu piacevole stare in sua compagnia e la sensazione di nostalgia che provavo ogni volta che pensavo a lui svanì. In un certo senso era un uomo diverso ormai, ma allo stesso tempo era sempre lo stesso.

Quando quella notte ci ritrovammo entrambi in fondo al letto, restammo entrambi a fissare davanti a noi, poi le nostre voci si sovrapposero mentre, contemporaneamente, pronunciavamo le stesse parole.

“Io a destra!”

Lo guardai sconcertata, ma pronta a non mollare.

“Fa il gentiluomo o va a dormire sul divano”

“Ma anche no! Pari o dispari?” Chiese portando davanti a se la mano destra stretta in pugno.

“Sul serio?” Risi, ma non ottenendo alcuna risposta tornai immediatamente seria e assunsi la stessa posizione. “Dispari”

“Veramente io... Oh, e va bene, pari per me” La sua espressione da bambino capriccioso fece allargare ancora di più il mio sorriso e notai i suoi occhi brillare.

“Quattro! Ho vinto!” Esultò soddisfatto prendendo possesso della sua parte di letto.

“Potremmo fare...” Iniziai sdraiandomi di fianco a lui, ma non mi permise di finire la frase.

“Ah-ah-ah, non si accettano lamentele” Mi lasciò un bacio sui capelli, per la seconda volta quel giorno, e poi si voltò su di un fianco dandomi le spalle.

La sicurezza con cui la mattina avevo messo piede in casa era svanita nell’esatto momento in cui avevo incrociato il suo sguardo. Possibile che non ci fosse un modo per far passare queste maledette farfalle allo stomaco? Mi voltai anche io sullo stesso fianco e rimasi a guardare la sua schiena muoversi ritmicamente al tempo del suo respiro, mentre mille pensieri mi frullavano per la testa, finché il sonno profondo si impossessò di me.



 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***



 
CAPITOLO 2 Next to me


__LIAM__

Quando un rumore assordante mi riempì le orecchie iniziai a svegliarmi e strinsi un po’ di più il corpo caldo che avevo appiccicato addosso.

“Spegni quel coso” Bofonchiai con la voce ancora impastata dal sonno. Aprendo gli occhi mi ritrovai in una stanza non mia, ma l’attimo di confusione iniziale passò non appena ricordai gli avvenimenti del giorno prima.

La sveglia ancora suonava, ma Rachel era schizzata fuori dal letto, quasi come avesse preso la scossa. Era bellissima anche appena sveglia, i capelli in disordine uscivano dalla coda che aveva fatto prima di andare a letto e gli occhi erano ancora assonati. Persino il suo pigiama, fatto da una maglia extralarge ed un paio di pantaloncini enormi, sembrava l’indumento più sexy che avessi mai visto addosso ad una ragazza.

“Hai intenzione di spegnerla?” Le chiesi indicando la sveglia sul suo comodino, che continuava a suonare mentre lei mi fissava con gli occhi fuori sgranati. Con uno scatto fece cessare il suono e tornò  fulminea esattamente dove era due secondi prima, sempre continuando a fissarmi. Iniziavo a sentirmi in soggezione.

“Buongiorno, comunque. Hai perso l’uso della parola durante la notte?” Aggiunsi quando le mie parole furono accolte da un muro di silenzio.

“Buongiorno” Rispose con voce ancora roca di sonno, mentre le guance le si coloravano di rosso. Non ebbi tempo di poggiare i piedi sulla moquette che lei uscì dalla stanz “Io vado a preparare la colazione”

La raggiunsi qualche minuto dopo, trovandola a girare per la cucina intenta a poggiare varia roba sul tavolo, dove presi posto.

“Tu resti a casa oggi?” Domandò sedendosi di fronte a me ed affondando il cucchiaio in una tazza piena di latte e cereali. Sembrava aver riacquistato la sua solita sicurezza.

“Già. Vuoi che ti accompagni in università?” Chiesi prima di addentare uno dei toast imburrati.

Rachel avrebbe dovuto frequentare gli stessi corsi di Karen Mendez, nella speranza che questo avrebbe aiutato ad avvicinarla a lei; io invece avrei dovuto fingere di essere un semplice impiegato che lavorava da casa, in pratica avrei passato le mie giornate sul divano tra una partita a Call of Duty e qualche fascicolo di casi irrisolti.

“No, posso andare da sola. Sarà un inferno, io non ci capisco niente di medicina!”

“Ai tempi del college me la cavavo, se vuoi posso darti una mano” Proposi nel tentativo di essere gentile. In realtà mi attirava l’idea di passare più tempo con Rachel, ci eravamo frequentati ai tempi del liceo per poi lasciarci in modo strano. La Rachel con cui ero stato mi piaceva, e parecchio anche, quindi volevo capire se anche la donna che era diventata sarebbe potuta piacermi.

“Pensi davvero che io sarei capace di dare un esame, che ne so, in anatomia?” Chiese scettica, guardandomi come se fossi matto.

“Da come parlavi ieri sera al telefono, l’anatomia non dovrebbe essere un problema” Risposi secco. Per qualche motivo strano e misterioso, sentirla parlare della sua vita sessuale il giorno prima mi aveva fatto innervosire. Forse era dovuto al fatto che non ero abituato ad averla vicina e non pensarla come mia. Dovevo cercare di mettere da parte la mia cotta adolescenziale. Erano passati anni ed entrambi eravamo andati avanti, ma non potevo negare che lei fosse diventata ancora più bella. La frecciatina che le avevo lanciato sembrava aver sortito qualche effetto e Rachel divenne rossa, iniziando a tossire battendosi una mano sul petto cercando di mandare giù il boccone di cereali. Per il resto della colazione nessuno dei due disse nulla , anche se io mi sentivo un po’ uno stronzo per il mio commento fuori luogo e l’imbarazzo di Rachel era evidente.

Non appena vuotò la sua tazza scomparve nel bagno e ne uscì quando ormai era pronta. Passò dal soggiorno con una borsa piena di libri poggiata sull'avambraccio, la poggiò a terra il tempo di mettersi il cappotto e poi si caricò il peso sulla spalla. Sospirando mi tirai su dal divano e presi in mano l’anello che stavo fissando e che era poggiato sul tavolino.

“Rachel” Non appena sentì il suo nome si fermò immobile, ma dandomi ancora le spalle “Scusa per prima, quello che fai non sono affari miei, è stata una battuta stupida”

Sospirando si voltò verso di me “Non importa, lascia stare”

“Non dimenticare di mettere questo” Le dissi porgendole la piccola fede argentata. Rachel fissò prima l’anello, poi me.

“Giusto, grazie” Lo afferrò, ma non lo indossò, bensì lo mise in tasca. “Lo metterò dopo, non vorrei perderlo” Si giustificò e dopo avermi fatto un piccolo cenno di saluto con la mano uscì di casa. Mi avvicinai al tavolino e, dopo essermi rigirato tra le dita un secondo anello identico a quello che avevo appena dato a lei, solo un po' più grande, decisi di infilarlo all’anulare sinistro. Meglio farci l’abitudine, mai avrei pensato di indossare una fede: l’amore non faceva per me, era solo una fregatura. Ero già stato male per una ragazza e non volevo rischiare di ripetere l’esperienza, per di più con la stessa identica donna.
 

__RACHEL__

Arrivata all’università ci misi un po’ ad orientarmi, quel posto era enorme ed io non avevo la più pallida idea di dove andare, senza contare che il risveglio di quella mattina, aggiunto alla battuta di Liam, mi avevano fatto andare nel pallone. Mi bloccai in uno dei corridoi, indecisa se andare a destra o sinistra, stavo per fermare uno dei ragazzi di passaggio quando poco più avanti di me notai Karen Mendez che parlava al cellulare. Non credevo ai colpi di fortuna, ma certo non mi sarei fatta sfuggire l'occasione, quindi tolsi immediatamente l’anello che avevo in tasca e lo infilai al dito senza farci molto caso, poi seguii la ragazza con discrezione. Aspettai che finisse la conversazione telefonica avvicinandomi il più possibile in modo da poter captare qualche frase di tanto in tanto.

“Ciao. Scusa, mi sono persa. Sapresti indicarmi dove si tiene la lezione di biologia del professor Grant?” Le chiesi non appena allontanò il cellulare dall’orecchio.

Karen mi guardò dapprima confusa, poi mi sorrise. I suoi capelli sembravano di seta, il suo sguardo acceso e vivace ed io all'improvviso mi rimproverai per non aver dedicato qualche minuto in più per truccarmi quella mattina.

“Ciao. Se vuoi possiamo andarci insieme, anche io devo seguire quella lezione”

“Davvero?” Mi finsi sorpresa, mentre dentro di me ballavo la danza della vittoria ed allo stesso tempo si accendeva l’adrenalina che solo il mio lavoro sapeva regalarmi. “Ti ringrazio, non sai quanto è difficile per me orientarmi in questo posto!”

Passammo il resto della mattinata insieme, scoprendo che –casualmente- entrambe frequentavamo gli stessi corsi. Dovetti ammettere che oltre ad essere bella, Karen era anche una ragazza simpatica e solare, probabilmente sarebbe stata una buona amica se non avessi saputo di lei quello che sapevo.

“E’ stato davvero un piacere conoscerti. Non ho molte amiche e mi fa piacere avere un po’ di compagnia durante le lunghe giornate passate fra queste mura” Disse mentre entrambe ci dirigevamo verso l’uscita; erano ormai le 5 del pomeriggio e la giornata era stata interessante, avevo avuto modo di scoprire diverse cose su Karen, anche se avevano ben poco a che fare con il lavoro per cui ero stata mandata lì.

“Anche a me farebbe piacere avere un’amica in questo posto” Incrociai le dita sperando che non rifiutasse la mia proposta sottintesa e quando mi sorrise capii di avercela fatta.

“Sai che ti dico, stasera ci sarà una festicciola al campus, che ne dici di andarci?”

Una festa sarebbe stato il luogo ideale dove spacciare della droga, magari per Karen ci sarebbe stato del lavoro, anche se sapevo che non si sarebbe mai sporcata le mani in prima persona. Dovevo assolutamente andarci e magari sarebbe stato anche meglio se con me ci fosse stato Liam.

“Ti dispiace se porto qualcuno con me?” Chiesi, mentre mi spostavo una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

“Oh mio Dio! Ma tu sei sposata!” Urlò Karen seguendo con lo sguardo la mia mano, dove l’anello svettava in quanto unico accessorio che indossavo. “Anche io sono sposata! Non mi sembra vero di essere riuscita ad incontrare una ragazza che ha fatto la mia stessa follia! Ti prego dimmi che porti tuo marito alla festa, almeno Marcus non si lamenterà dicendo che lo abbandono sempre al suo destino”

“Si, certo che porto mio marito... Josh verrà sicuramente”

“Perfetto passiamo a prendervi noi alle 9. Dove abitate?”

“Al condominio Empire Plaza, sull’ 86esima…”

“Ma dai! Anche io vivo lì! Non stai scherzando vero?” Ovviamente era stupita ed improvvisamente temetti che tutte quelle coincidenze avrebbero potuto insospettirla, avremmo dovuto essere più discreti invece di tentare di intrometterci nelle loro vite a tutti i costi.

“No, non scherzo” Risposi titubante, iniziando ad agitarmi. “31esimo piano”

“Io al 30esimo. Allora ci vediamo nella hall alle 9!” Disse entusiasta per poi salutarmi e scomparire dentro una grossa auto scura che la aspettava appena fuori dal campus. Tirai un sospiro di sollievo, ma il fatto che lei non si fosse posta due domande non implicava che Marcus avrebbe fatto lo stesso. Arrivai il più velocemente possibile a casa, sperando di trovarci Liam in modo da potergli parlare ed avvisarlo della festa di quella sera.

“Liam!” Urlai sbattendo la porta di casa e fiondandomi nel salotto. Lui scattò in piedi e con gli occhi blu sbarrati si mise con discrezione un dito davanti alle labbra.

“Kat, tesoro, sei tornata! Oggi ho conosciuto uno dei vicini mentre mi allenavo sotto nella palestra” Disse facendomi l’occhiolino mentre un ragazzo si alzò dal divano e mi si avvicinò porgendomi la mano.

“Marcus Mendez, piacere” Si presentò questo sorridendo.
 

__LIAM__

Sentii la porta di casa aprirsi, ma continuai a guardare la partita in tv con Marcus facendo finta di nulla. Sapevo che ogni mattina si recava nella palestra del condominio, quindi mi ero limitato a farmi trovare nel posto giusto al momento giusto. Era stato proprio lui ad avvicinarmi chiedendomi che tipo di esercizio stessi facendo, da lì fu tutto in discesa e fu facile convincerlo a salire a casa per una birra.

“Liam!” Urlò Rachel sbattendo la porta ed in quel momento scattai in piedi guardando Marcus, che concentrato com’era a guardare la televisione fortunatamente sembrava non essersi accorto di nulla. Non appena Rachel apparve in soggiorno feci un passo avanti, nascondendomi da Marcus, e senza farmi notare le feci capire di lasciare in sospeso qualsiasi cosa stesse per dire.

“Kat, tesoro, sei tornata! Oggi ho conosciuto uno dei vicini mentre mi allevano di sotto in palestra” Le dissi facendole l’occhiolino nella speranza che lo riconoscesse. Marcus si alzò e si presentò porgendole la mano.

“Oh, ma tu devi essere il marito di Karen!” Disse facendomi perdere qualche anno di vita, la guardai shockato senza capire bene cosa diavolo stesse combinando. Far capire che sapessimo chi fossero non era esattamente parte del piano. Anche Marcus la guardò confuso per poi rivolgermi un'occhiata improvvisamente sospettosa.

“Ho conosciuto Karen in università, frequentiamo lo stesso corso e mi ha parlato un po’ di te. Abbiamo scoperto persino di abitare nello stesso condominio. Penso che le probabilità fossero davvero minime, ma del resto questo posto è vicino al campus, penso ci siano diversi studenti che abitano qui” Si affrettò a spiegare Rachel.

“Quelli che se lo possono permettere” Rise Marcus, rilassandosi un po’ “Presumo che se tu sei qui allora lo è anche Karen, sarete tornate insieme”

“Veramente lei è andata via su un suv scuro che la aspettava fuori dal campus” Disse Rachel ed io studiai con attenzione la reazione di Marcus, che parve dapprima sorpreso e poi improvvisamente preoccupato. C’era qualcosa che non andava, si aspettava che Karen rientrasse a casa quel pomeriggio.

“Ah, giusto. Devo andare, è stato un piacere conoscerti Josh. Penso ci rivedremo presto” L’improvvisa fretta di andare via mi incuriosì ancora di più, ma non avevo modo di trattenerlo ne’ tanto meno di andare con lui.

“Certo, Karen ha detto che saremmo andati tutti e quattro insieme ad una festa” Rachel continuava a stupirmi ad ogni frase, non appena Marcus se ne fosse andato, avrebbe dovuto spiegarmi un po’ di cose.

“Perfetto, allora ciao” Il ragazzo uscì di casa senza neanche attendere una risposta e sembrava non aver realmente ascoltato ciò che Rachel aveva appena detto. Guardai dallo spioncino della porta e, quando lo vidi scomparire nell’ascensore, afferrai il giubbotto.

“Dove vai?” Domandò Rachel venendomi incontro.

“Lo seguo ovvio. C’è qualcosa che non va, non si aspettava che Karen andasse da qualche parte”

“Vengo con te” Disse subito lei richiudendo la sua giacca.

“No, resta qui nel caso in cui torni Karen”

“Ma io preferirei...”

“Rachel” la interruppi, aprendo la porta di casa “Tu Karen, io Marcus” Conclusi quando ero ormai già per il corridoio.
 

__Killigrew__
Ciao a tutti! Questo capitolo è un po' transitorio, diciamo che è stato più che altro necessario per far entrare in scena Marcus e Karen. C'è un po' di distacco tra Rachel e Liam, ma penso che sia del tutto normale vista la loro situazione, a poco a poco riusciranno ad avvicinarsi. Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite/preferite,
UnknownDevice e Thefallingrain per aver recensito i capitoli precedenti, ed anche chi ha solo letto.
Al prossimo capitolo! Ciao ^-^

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3 Next to me

__LIAM__

Percorsi velocemente la hall sperando di non aver perso Marcus. Non appena uscii fuori lo vidi fermo sul marciapiede, mentre quella che probabilmente era la sua auto veniva parcheggiata di fronte a lui. Non appena scomparve all'interno dell'abitacolo mi affrettai verso un taxi, fermo due auto dietro quella di Marcus, dove un uomo si stava accingendo ad aprire lo sportello pronto a salire a bordo.

“Mi scusi è un’emergenza!” Dissi fiondandomi dentro l'auto gialla, ignorando le proteste dell'uomo. “Segua l'auto nera” Il taxista si voltò e guardò prima l'uomo fuori dall'auto, che ancora gesticolava infuriato, poi me.

“Sono dell'FBI, vuole inseguire quella dannata auto o devo denunciarla per intralcio alla legge?” Intimai spazientito.

“Certo” Risposte riportando le mani sul volante, guardò febbrilmente le auto che ci circondavano e, quando i suoi occhi si posarono su quella da me indicata, ingranò la marcia.

Ci stavamo dirigendo a sud di Manhattan e non fui sorpreso quando ci ritrovammo nel Financial District. L'auto scura si fermò davanti ad uno dei grattacieli che dominavano la zona ed il taxista accostò poco distante. Senza curarmi di quanto costasse la corsa gli porsi una banconota da 50 dollari ed uscì giusto in tempo per vedere Marcus scomparire all'interno dell'edificio.

Una volta dentro feci scorrere lo sguardo lungo la grande entrata, affollata di gente che stava probabilmente tornando a casa al termine della propria giornata di lavoro, lo trovai alla reception a parlare con la ragazza dietro al banco. Mi avvicinai, appoggiandomi ad una colonna di marmo che mi nascondeva e tentai di sentire quanto stessero dicendo.

“Vuole che annunci il suo arrivo?” Stava domando la ragazza.

“No, mi dica solo a quale piano si trovano” Rispose Marcus impaziente.

“Sono agli uffici del nono piano” Senza attendere altro Marcus si avviò velocemente verso l'ascensore.

Sfoderando il mio sorriso migliore mi avvicinai alla ragazza che ora stava parlando al telefono. Quando alzò lo sguardo le sue guance si colorarono di rosso e posò la cornetta.

“Posso esserle d'aiuto?” Mi chiese sporgendosi un po' più sul banco.

“Spero di si. Cercavo lo studio legale Johnson” Inventai, sparando il primo nome che mi fosse venuto in mente e passandomi una mano tra i capelli. “Dovrebbe essere al nono piano”

“Mi dispiace, ma non c'è alcuno studio legale Johnson qui. Al nono piano ci sono gli uffici della Global Market. Posso fare altro per lei?” Sorrise maliziosa, ma il telefono interruppe qualsiasi pensiero lei stesse facendo. Sbuffando si scusò e si portò nuovamente la cornetta all'orecchio. Approfittai del suo attimo di distrazione e mi allontanai uscendo dall'edificio.

Mi calai sopra la testa il cappuccio della felpa che indossavo e mi poggiai al muro dell'edificio attendendo che Marcus uscisse, guadagnandomi qualche occhiataccia da parte dell'usciere del palazzo.

Global Market, quel nome mi era familiare. Torturai i miei neuroni per diversi minuti, ma non riuscii a ricordare nulla.

Il sole stava ormai tramontando quando Marcus spuntò con affianco Karen. Scattai sull'attenti e tentai di captare qualche scorcio del loro discorso.

“Ti ho già detto che non mi va che tu lo veda. Non è un tipo affidabile e le sue idee non portano mai a nulla di buono. E' per colpa sua se adesso ci troviamo in questa situazione” Stava dicendo lui nervoso, mentre faceva un cenno all'usciere, segno che i due si conoscevano.

“Lo sai che quando lo ignori è peggio!” Esclamò Karen seguendolo poi all'interno dell'auto scura con cui era arrivato quel pomeriggio.

Avrei voluto sentire di più, ma mi era ovviamente impossibile, quindi rassegnato attesi che la loro auto si perdesse nel traffico e poi chiamai un taxi, evitando questa volta di rubarlo a qualcun altro.
 

__RACHEL__

Nervosamente continuai a fare avanti ed indietro tra il soggiorno e l'ingresso. Liam era uscito da ormai due ore e non avevo avuto modo di rintracciarlo non avendo il suo numero di cellulare.

“Quale moglie non ha il numero di telefono del marito?” Borbottai tra me e me, lanciando un'altra occhiata all'orologio, la cui lancetta si era spostata esattamente di 45 secondi avanti rispetto a prima.

Avevo tentato in tutti i modi di tenere la mente occupata rileggendo per la millesima volta il fascicolo Mendez. Di tanto in tanto facevo un salto al piano di sopra per assicurarmi che ne' Karen ne' Marcus fossero rientrati a casa, ma il mio chiodo fisso era Liam. Per quanto potessi tentare di mentire a me stessa, dicendomi che di lui non mi interessava nulla, ero innegabilmente preoccupata.

Quando sentii la serratura della porta di casa scattare mi fiondai verso l'entrata, dove comparve Liam. Si tolse il giubbotto e abbassò il cappuccio, scoprendo i suoi capelli biondo scuro. Sembrava non avermi neanche notata quindi sbottai, iniziando ad urlare.

“Si può sapere che fine avevi fatto? Due ore sei stato via, cosa dovevo pensare? L'hai per caso seguito in capo al mondo? Potevi almeno mandarmi un messaggio, qualsiasi cosa per farmi sapere che eri ancora vivo!”

“Rachel, rilassati. Non siamo andati in capo al mondo e non ho il tuo numero di telefono, come potevo mandarti un messaggio? Stavo solo facendo il mio lavoro” Rispose tranquillo, lasciandosi cadere sul divano. Portò la testa indietro e rimase a fissare il soffitto, sembrava pensieroso quindi lasciai da parte tutto e mi sedetti di fianco a lui.

“Hai scoperto qualcosa di utile?” Chiesi incuriosita da quel suo comportamento.

“Il nome Global Market ti dice qualcosa?”

Certo che mi diceva qualcosa, ma non riuscivo a pensare mentre lui puntava i suoi meravigliosi occhi blu verso di me e mi scrutava attentamente. Distolsi lo sguardo e fissai il televisore spento per qualche secondo, poi una piccola lampadina si accese nel mio cervello.

“Certo! E' una società di trasporti internazionali, il fratello di Marcus è uno dei soci di maggioranza” Dissi scattando in piedi.

“Karen era lì e Marcus non ne sembrava contento. Lei diceva di essere andata a discutere di affari. Dobbiamo fare un altro controllo sul fratello di Marcus, potrebbe essere immischiato in qualcosa anche lui, anche se fino ad ora è rimasto sempre fuori dai giri. Tu invece hai fatto amicizia con Karen da quanto ho capito”

Quelle parole fecero illuminare una seconda lampadina ed in un attimo mi vennero in mente mille cose che avrei dovuto fare in tempo record.

“Oddio! La festa” Me ne ero completamente dimenticata presa com'ero dall'assenza di Liam ed ora mi ritrovavo a non essere pronta mentre mancava mezz'ora all'arrivo dei Mendez.

“Non scappare” Disse Liam afferrandomi per il polso, bloccandomi sul posto. Una scarica elettrica attraversò il mio braccio ed anche i suoi occhi erano fissati sulla sua mano. Possibile che anche lui l'avesse sentita?

“Devi ancora raccontarmi di Karen e dell'università” Aggiunse dopo qualche secondo, mollandomi e tornando ad appoggiarsi allo schienale del divano. Feci un respiro profondo cercando di riprendere il controllo di me stessa, ma inconsciamente poggiai la mano destra sul punto in cui fino a pochi attimi prima c'era la sua.

“Non ho scoperto niente di interessante, o comunque niente che non sapessimo già. Passeranno di qui alle 9, quindi se non ti dispiace ora scappo a preparami”

Corsi su per le scale sentendolo borbottare qualcosa riguardo alle donne e alle manie, ma non avevo tempo per soffermarmi sulle sue strampalate teorie.

Riemersi dal bagno 40 minuti dopo, vestita, acconciata e truccata. Avevo optato per qualcosa di semplice, un paio di pantaloni scuri abbinati a delle scarpe alte, un po' perché non ero certa di che tipo di festa fosse ed un po' perché non avevo tempo per fare qualcosa di più. Guardai un'ultima volta il mio riflesso allo specchio e pensai che vicino a Karen sarei sicuramente sembrata una barbona.

Quando il campanello di casa suonò mi affrettai ad andare di sotto, dove Liam aveva già aperto la porta e si stava presentando a Karen. Quando si voltò verso di me il suo sorriso in qualche modo cambiò forma, sembrava diverso, ma non riuscivo a capire in cosa, sapevo solo che mi metteva leggermente in imbarazzo.

“Sono pronta, possiamo andare!” Dissi gioviale mentre afferravo la mia borsetta e mi avvicinavo a salutare Karen.

 
__LIAM__

Guardai Rachel camminare qualche passo avanti a me, in compagnia di Karen. Ero rimasto stupito nel vederla, non indossava niente di particolare, ne’ si era agghindata per l’occasione, ma in qualche modo era riuscita togliermi il respiro. A mio parere, aveva sempre avuto una certa bellezza naturale, forse erano i suoi capelli mossi o magari i suoi occhi verdi, ma c’era sempre stato qualcosa di lei che mi attirava come mai mi era successo con nessuna donna.

“Voi invece come vi siete conosciuti?” Sentii Karen domandare a Rachel. Quest’ultima si voltò verso di me e potei leggere un po’ di panico nei suoi occhi, quindi decisi di accorrere in suo aiuto. Avevamo una storia ben studiata da raccontare nell’eventualità che qualcuno ci avesse posto delle domande, ma a quanto pareva Rachel se la cavava benissimo con l’improvvisazione, un po’ meno con i copioni.

“Di cosa parlate?” Chiesi avvicinandomi e passando un braccio sulle spalle di Rachel. Tenerla così vicina a me mi fece provare uno strano tepore all’altezza del cuore ed ebbi come l’impressione che il mio ritmo cardiaco stesse leggermente accelerando, mentre il profumo di vaniglia dei suoi capelli, mi invadeva.

“Stavo chiedendo a Kate come vi siete conosciuti” Ripeté Karen, che sembrava davvero elettrizzata all’idea di sapere qualcosa di più su di noi.

“Ci siamo conosciuti al liceo”

Non appena pronunciai quelle parole il viso di Rachel sbiancò e mi guardò con occhi sbarrati. Ignorai la sua reazione e continuai a parlare. La storia che avrei dovuto raccontare non era esattamente quella e non seppi neanche io perché decisi di cambiare versione.

“Kate aveva attirato la mia attenzione da ormai parecchio tempo quando finalmente riuscii a conoscerla. Avevamo un amico in comune ai tempi e lo costrinsi a presentarmela, minacciandolo di raccontare a tutta la scuola una storia che gli avrebbe rovinato la sua preziosa reputazione. Restammo dei semplici amici per qualche tempo, poi mi decisi ad invitarla al ballo di fine anno e...”

Mi interruppi ricordando cos’era successo quella notte e lanciai uno sguardo verso Rachel che, mentre prima sembrava pendere dalle mie labbra, fissava un punto davanti a sé mordendosi il labbro inferiore.

“Che carini, scommetto che da lì è stato tutto in discesa per te” Disse Karen, mentre ci guardava con sguardo sognante e Marcus mi fece l’occhiolino divertito.

Appena qualche minuto dopo ci ritrovammo fuori da una vecchia casa, da cui proveniva della musica assordante ed il giardino era pieno di ragazzi che andavano da tutte le parti.

“Andiamo a prenderci due birre?” Domandò Marcus dandomi una pacca sulla spalla. Mi voltai verso Rachel, ma lei mi ignorò ed ricominciò a parlare con Karen. Prima o poi avremmo chiarito tutta quella situazione, volevo farle sapere cosa era successo ai tempi e volevo sapere cosa fosse successo a lei, perché in realtà non ci eravamo mai lasciati, nessuno aveva mai detto a l’altro che era tutto finito, semplicemente ci eravamo persi.

“Certo, andiamo” Mi allontanai con Marcus, ma quella sensazione che provavo dietro la nuca mi fece capire che gli occhi di Rachel erano puntati su di me ed un barlume di speranza si accese.

“Non puoi neanche immaginare quanto mi faccia piacere avere un po’ di compagnia. E’ capitato che Karen mi trascinasse a qualcuna di queste feste, ma mi sono sempre annoiato non conoscendo nessuno” Disse Marcus porgendomi un bicchiere rosso pieno sino all’orlo.

“Viene spesso a queste feste?” Chiesi con interesse, quell’informazione avrebbe potuto aiutarmi a capire molte cose.

“No, un tempo non ne saltavamo neanche una, ma da un anno a questa parte abbiamo deciso di cambiare stile di vita”

“Cioè?”

“Storia lunga” Rispose semplicemente bevendo un sorso della sua birra e guardandosi intorno.


"Non ci potevo credere quando ho visto fare quel tiro!" Esclamò esaltato uno dei ragazzi con cui io e Marcus, ormai da diversi minuti, stavamo commentando la partita di quel pomeriggio. Avevo abbassato la guardia, godendomi la mia prima festa dopo anni di lavoro, quando attraverso i vetri della finestra del soggiorno notai due ragazzi che si stavano avvicinando a Karen e Rachel.

Karen sorrise, ma il suo sguardo era serio e dopo aver detto qualcosa a Rachel si allontanò con il ragazzo. Marcus sembrava non aver notato nulla ed io, con la scusa di andare a prendere dell’altra birra, mi allontanai dal gruppo.

Rachel stava seguendo con lo sguardo Karen, che era appena entrata in casa, ed era pronta ad andarle dietro se non fosse stato per il ragazzo che continuava a tagliarle la strada tentando di fermarla. Gli lanciò uno sguardo truce e capii che non avrebbe mai fatto in tempo a raggiungere Karen. Quella poteva essere la nostra occasione, probabilmente il ragazzo con cui si era allontanata voleva acquistare qualcosa e non potevamo lasciarcela sfuggire per colpa di un imbecille.

Mi avviai velocemente verso le scale, in cima alle quali Karen stava seguendo il ragazzo, mi voltai un’ultima volta per vedere se Rachel mi stesse raggiungendo, quando notai che sia lei che il ragazzo che la stava importunando erano scomparsi. Mi bloccai immediatamente e mi spostai guardando nuovamente verso il giardino, credendo di aver scelto l’angolazione sbagliata, ma Rachel non c’era.

Ero a metà delle scale, dovevo scegliere se continuare a salire, approfittando dell’ occasione, che forse non si sarebbe più ripresentata, di incastrare Karen, oppure scendere ed andare ad assicurarmi che Rachel stesse bene.
 
 

__Killigrew__
Buonsalve a tutti! Utilizzo questo spazietto per dedicarmi ai miei pochi lettori. Ringrazio Rho per la sua recensione e UnknownDevice, che nonostante tutto ha trovato due minutini di tempo per Rachel e Liam *-* 
Su richiesta inserisco due immagini dei personaggi, visto il banner particolare.
**Rullo di tamburi** Ecco a voi Liam e Rachel, o per lo meno come li immagino io, poi ognuno ci metta del suo ;)


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***



 
CAPITOLO 4      Next to me

__RACHEL__

Guardai Liam scomparire all’interno della casa insieme a Marcus. Karen parlava a raffica, ma la mia mente era affollata da troppi pensieri per riuscire a capire ciò che lei stesse dicendo.

Cosa diavolo era venuto in mente a Liam? Avevamo un piano, avevamo una storia, allora perché aveva raccontato quelle cose? A volte i ricordi tornavano vividi, come se tutto fosse successo solo il giorno prima, ma la verità era che io non ricordavo più il sapore dei suoi baci.

Inutile dire che la sua brillante idea era stata come alcool gettato sulla mia ferita che mai si era rimarginata. Dicevano che con il tempo sarebbe passata: balle! Dicevano che avrei incontrato un uomo che mi avrebbe fatto ridere di quello che era successo: balle! Dicevano che non l’avrei più rivisto: ancora balle!

“Allora?” Chiese Karen, aspettandosi una risposta che non potevo darle, non sapendo di cosa stesse parlando. Interpretando il mio sguardo confuso chiarì a cosa si stava riferendo.

“Non me lo vuoi proprio dire come fai a farti guardare in quel modo? Non mi fraintendere, io e Marcus siamo follemente innamorati, ma tu e Josh sembrate una coppia al primo appuntamento, il che è da invidiare dopo tutti gli anni che avete passato insieme!” Disse poggiandomi una mano sul braccio. Tornata a casa tra i suo tratti distintivi presenti nel dossier avrei aggiunto: inguaribile romantica.

“Ehm, è che non so proprio cosa dirti. Io e Josh siamo semplicemente noi” Improvvisai un po’ impacciata, non aspettandomi che fosse quello l’argomento che tanto la infervorava. Quella sera, quando Liam mi aveva passato il braccio sopra le spalle, anche a me era venuto in mente il nostro primo appuntamento, ma c’era qualcosa di diverso. Forse eravamo noi ad essere diversi.

“Dai, quando ti ha vista scendere la scale a casa ti stava mangiando con gli occhi, ma allo stesso tempo il suo sorriso era così dolce”

“Davvero?” Domandai stupida e lusingata, mentre un sorrisino ebete mi incurvò le labbra. Sicuramente Liam aveva volutamente dato quell’impressione per via della nostra copertura, ma questo non toglieva che mi avevano fatto piacere le parole di Karen.

“Andiamo, ci sei così abituata che non te ne accorgi neanche!”

In quel momento due ragazzi si avvicinarono a noi ed il più basso dei due sussurrò qualcosa a Karen, che si fece immediatamente seria.

“Torno subito” Mi disse sempre sorridendomi, prima di scomparire dentro casa con il ragazzo. L’altro invece rimase fermo dov’era. Feci per seguire Karen, ma lui mi sbarrò la strada, squadrandomi dalla testa ai piedi.

“Noi non ci conosciamo vero?” Domandò avvicinandosi, un po’ barcollante.

“No e la cosa non cambierà questa sera” Risposi scocciata, tentando di dribblarlo.  Dovevo scoprire dove stava andando Karen e quell’imbecille mi stava facendo perdere tempo.

“Perché non andiamo a fare amicizia da qualche parte?” Insistette lui accarezzandomi un braccio, ma mi scansai subito.

“Certo, aspettami vicino a quell’albero, arrivo subito” Dissi allungando il collo. Ormai Karen era scomparsa in mezzo ai mille ragazzi presenti, non ce l’avrei mai fatta a ritrovarla. Come se non bastasse il mio tentativo di levarmi dai piedi quel tipo fu pessimo e di fatto non funzionò.

“Facciamo che vieni con me subito”

Mi prese alla sprovvista afferrandomi per i fianchi ed issandomi su di una spalla. Puzzava terribilmente di alcool.

“Che cazzo fai? Lasciami!” Urlai scalciando. Prontamente mi bloccò le gambe, ma continuai a dimenarmi finché non mi mise giù. Purtroppo i tacchi affondarono nella terra e perdendo l’equilibrio finii con la schiena contro una staccionata. Lui ne approfittò per fiondarsi sul mio collo, il suo alito caldo e l’odore acre di alcool mi fecero venire il voltastomaco. Era un tipo corpulento, abbastanza forte e, nonostante le diverse lezioni di difesa personale e quelle seguite per l’FBI, non riuscii a staccarmelo di dosso, ma non mi arresi. Se mi aveva presa per una povera damigella indifesa però si sbagliava. Avevo già tirato la gamba indietro, pronta ad assestargli una ginocchiata, quando il ragazzo cadde, tirandomi con sé.
 


__LIAM__

Non ci pensai due volte, scesi velocemente le scale e mi catapultai fuori. Il giardino era poco illuminato e aguzzai la vista cercando di distinguere Rachel tra quelle ombre che vagavano nel buio.

“Rachel!” La chiamai, fregandomene della copertura, ma non ottenni alcuna risposta.

-Se la sa cavare- Mi dissi, senza però smettere di cercarla.

Il tipo con cui l’avevo vista era abbastanza grande da poterla sopraffare e non mi piaceva affatto. Quel pensiero non fece che accrescere in me l’urgenza di ritrovarla. Avevo controllato tutti i ragazzi presenti nel giardino, a quel punto la mia preoccupazione era alle stelle. Se l’avessi scoperta in un angolo a bere birra mi sarei sentito un perfetto idiota, ma dovevo comunque assicurarmi che stesse bene. Stavo per entrare in casa a cercarla, quando al limitare della proprietà notai un movimento nell’ombra.

Mi avvicinai velocemente, distinguendo le figure di due persone appartate. Senza molte cerimonie afferrai il tipo per la maglia, forse con un po’ troppa forza, perché questo cadde portandosi con sé la ragazza. In mezzo alla puzza d’alcool che mi investii, riuscii a distinguere un profumo inconfondibile.

“Rachel!” Esclamai, aiutandola ad alzarsi e tirandola a me.

“Liam! Karen è andata...”

“Si può sapere che cazzo vuoi?” Urlò il ragazzo, alzandosi a stento da terra ed avvicinandosi a noi.

“Amico, ti conviene scomparire se non vuoi finire nei guai” Lo avvertii, ma una parte di me sperava che accettasse la sfida, così da avere una buona scusa per riempirlo di botte.

“Sto tremando di paura” Mi accontentò lui sarcastico “Perché non lasci in pace me e la mia ragazza e torni a fare il frocetto dentro?” Provò ad afferrare il braccio di Rachel, ma questa gli mollò uno schiaffo ed io lo spinsi allontanandolo da lei. Se solo avesse provato anche solo a sfiorarla non avrei più risposto delle mie azioni.

“Si da’ il caso che questa sia mia moglie e diciamo che ho molte conoscenze al FBI e potrei farti finire al fresco per un po’. Come ti sembra la prospettiva?”

Questa volta le mie minacce parvero ottenere la reazione giusta ed alzando le mani a mo’ di resa il ragazzo si allontanò, parlando da solo e barcollando.

“Come stai? Ti ha fatto qualcosa?” Chiesi preoccupato, cercando gli occhi di Rachel nel buio.

“No, Karen è andata dentro con un altro ragazzo,  forse...”

“Lo so, l’ho vista. La stavo per seguire, ma tu eri con quel tipo ed un attimo dopo eri scomparsa, allora ho lasciato perdere per venire a cercarti”

“Me la so cavare anche senza di te!” Ribadì acida Rachel, ma poco dopo il suo sguardo si addolcì e sospirò “Comunque grazie. Non pensi di aver detto un po’ troppo? Quel tipo sicuramente conosce Karen” Fece un cenno con la testa verso il punto il ragazzo era scomparso nel buio.

“Non ti preoccupare, dubito che domani ricorderà qualcosa. Ma se si avvicina un’altra volta a mia moglie dovrò fare in modo che non dimentichi  tanto facilmente”

La risata di Rachel riempì il silenzio e lasciai un sospiro che neanche mi ero reso conto di stare trattenendo. L’idea che lei sarebbe potuta essere in pericolo mi aveva fatto perdere la testa e questo non andava bene.


__RACHEL__

Quando io e Liam tornammo alla festa, Karen era di nuovo con Marcus e dell’altro ragazzo non c’era traccia. Il gesto di Liam mi aveva fatto sciogliere il cuore, e mi ero sentita una stronza ad avergli risposto male, ma probabilmente avevamo perso un indizio importante lasciando perdere Karen. E poi, oltre quello, non volevo perdonarlo subito per aver raccontato la nostra vera storia quella sera.

“Ehy, dove eravate finiti? Anzi, non vogliamo saperlo” Disse Marcus ridendo.

“Questa festa si è fatta noiosa, andiamo a prenderci un gelato?” Chiese Karen, incamminandosi verso l’uscita prima che avessimo il tempo di risponderle e tirando suo marito con se'. L'improvvisa fretta di lasciare la festa insospettì sia me che Liam.

Eravamo in una gelateria vicino casa quando Karen, dopo averci raccontato nei dettagli la storia della sua famiglia, che ovviamente noi già conoscevamo, ricominciò a fare domande sulla nostra vita privata.

“I vostri genitori come l’hanno presa quando gli avete detto che vi sposavate prima di aver terminato gli studi?”

“Bene direi” Risposi con un'alzata di spalle, non sapendo cos’altro dire. Mia madre era morta 20 anni prima e di lei purtroppo ricordavo ben poco e mio padre probabilmente avrebbe avuto un infarto se gli avessi detto che mi sarei sposata con Liam.

“Non ho famiglia” Disse Liam sorprendendomi, mi voltai di scatto verso di lui ed un’espressione cupa gli velava il volto. “A parte Kate” Aggiunse, coprendo tutto con un sorriso.

“I miei genitori non erano molto contenti ed alla fine mi sono ritrovata a dover scegliere tra loro e Marcus. Il risultato mi pare evidente. Sento mia madre di tanto in tanto, ma non li vedo dal giorno del matrimonio” Spiegò Karen afferrando una mano di Liam in segno di solidarietà “Magari non è esattamente la stessa cosa che è successa a te, ma so cosa si prova a non avere nessuno”

“Per fortuna avete noi!” Tentò di sdrammatizzare Marcus, passando dolcemente una mano su e giù per la schiena di sua moglie, volendo confortarla. Io invece passai il resto della serata a chiedermi se quello che Liam aveva detto era solo inventato o se anche in quell'occasione aveva raccontato la pura realtà.

Era ormai mezzanotte quando ci salutammo con Karen e Marcus nella hall del condominio. Durante l'ascesa in ascensore nessuno dei due disse nulla, entrambi persi nei nostri pensieri. Era stata una serata movimentata: la festa, Karen ed il ragazzo fuori di testa; ma tutto quello a cui riuscivo a pensare era Liam. Di tanto in tanto gettavo qualche sguardo fugace nella sua direzione, tentando di interpretare la sua espressione. I suoi occhi non brillavano come al solito ed era quasi strano non vederlo sorridere. Vederlo in quel modo mi faceva crescere un peso alla bocca dello stomaco, avrei voluto abbracciarlo e fargli dimenticare qualsiasi cosa lo stesse tormentando. La domanda sulla sua famiglia sembrava averlo scosso e capii che c’era qualcosa che non sapevo, qualcosa che era successo in quegli anni in cui non avevo avuto sue notizie.

“Vado a fare una doccia” Disse non appena mettemmo piede a casa.

Quando uscì dal bagno io ero già a letto, avvolta nel buio della stanza. Non accese la luce, lo vidi muoversi per la camera grazie alla luce che filtrava dalle tende della finestra. Si passò una mano tra i capelli, probabilmente ancora umidi, poi si sdraiò di fianco a me. Rimasi per diversi minuti a fissare le ombre che si muovevano sul soffitto, poi mi decisi a parlare.

“Liam” Sussurrai, pentendomene subito e sperando che stesse già dormendo. Per la seconda volta quella sera mi sentii persa. Avevo affianco un ragazzo che conoscevo da anni, ma allo stesso tempo era per me uno sconosciuto.

“Cosa?” Domandò lui, voltandosi verso di me.

“Volevo solo ringraziarti per questa sera, per esserti preoccupato per me”

“Ovvio che ero preoccupato, per chi mi hai preso?” Non riuscivo a capire se il suo tono fosse offeso o divertito, ma distinguevo bene i lineamenti del suo volto ed erano rilassati. Avrei voluto dirgli mille cose, fargli mille domande, ma non sapevo da dove cominciare e dopo qualche altro minuto di silenzio mi arresi.

“Buonanotte Josh” Usai il suo finto nome nel tentativo di farmi tornare con i piedi per terra: Liam era lì solo per lavoro, se non fosse stato per quella stupida missione avremmo continuato ad andare avanti ognuno con la propria vita.

Mi voltai dandogli le spalle, ma lui mi tirò a sé facendo aderire la mia schiena contro il suo petto. Sentivo il suo respiro caldo sul collo ed un turbinio di emozioni si scatenò dentro di me, speravo non si accorgesse che il mio cuore aveva iniziato a fare festa per quel semplice contatto.

“Buonanotte Rachel” Sussurrò stringendo un po’ di più il braccio intorno ai miei fianchi ed affondando il volto tra i miei capelli.

Avevo sempre odiato dover dividere il letto con qualcuno, rendendo di conseguenza la mia vita sentimentale, già poco movimentata, ancora più piatta, ma avere affianco a me Liam non mi faceva sentire oppressa, non sentivo di star perdendo i miei spazi. Era invece esattamente l’opposto, quel letto mi sembrava sin troppo grande per due persone.

 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5 Next to me

__LIAM__

“Oh, andiamo Rachel!” La supplicai seguendola in cucina dove, dopo essersi legata i capelli scuri in una coda, prese la sua tazza da viaggio e la riempì di caffè.

“No, la tua era un’offesa bella e buona e comunque adesso non ho tempo per discuterne, devo andare” Afferrò la sua borsa enorme e ci infilò dentro dei libri che aveva lasciato sul tavolo.

“Devi andare in un’università?” Chiesi confuso, guardandola mentre si metteva la borsa in spalla e marciava verso il soggiorno.

“Questo dimostra che hai barato” Sentenziò fermandosi davanti al televisore, dove compariva una classifica “Non puoi aver fatto 45 uccisioni! E poi questo videogioco non è realistico”

“Ammetti che non sai giocare” Risi, tornando a sedere sul divano, notando che aveva abilmente ignorato la mia domanda.  “Comunque non hai risposto alla mia domanda”

Proprio in quel momento suonò il campanello di casa e Rachel diede uno sguardo preoccupato al suo orologio.

“Apri tu” Disse scomparendo dentro lo studio. Confuso mi recai ad aprire la porta, trovandomi di fronte Karen.

“Kate è pronta vero? Marcus ti aspetta di sopra, vuole che andiate non so dove a fare non so cosa” Mi sorpassò guardandosi intorno, probabilmente in cerca di Rachel, che spuntò dal nulla al mio fianco.

“Sono pronta” Annunciò, poi si rivolse a me “Vado a fare un esame”

“Un esame? Perché non me ne hai parlato prima? Hai passato la mattinata a giocare all’X-box invece di studiare!” Sibilai, sorpreso ed allo stesso tempo innervosito. Il capo aveva deciso che Rachel avrebbe dovuto sostenere gli esami e tenersi al passo, in modo da non destare sospetti. Non sapevamo quanto quella farsa sarebbe durata ed era meglio che noi ci immedesimassimo il più possibile nei nostri ruoli. A me aveva affibbiato un tomo di quasi seicento pagine intitolato -Finanza per negati- nel caso in cui qualcuno avesse fatto domande sul mio lavoro. Inutile dire che il libro in questione giaceva abbandonato in un cassetto della scrivania che si trovava nello studio.

“Non ti preoccupare, ho tutto sotto controllo. La biologia stranamente mi è piaciuta, non è stato difficile studiarla” Spiegò mentre mi tenendomi abbracciato in modo tale da poter sussurrare nel mio orecchio, mentre Karen aspettava impaziente.

“Ok, piccioncini. Ora dobbiamo andare o arriveremo in ritardo! Forza Kate, molla tuo marito e muovi il sedere!” Disse Karen, tirando via Rachel.

Avevo ancora l’impressione di stringerla tra le braccia quando entrambe mi chiusero la porta in faccia. Io e Rachel convivevamo ormai da due settimane. Passavamo le serate da soli o in compagnia dei Mendez. Con il nostro lavoro non eravamo riusciti ad andare molto avanti, ma avere lei accanto mi sembrava la cosa più naturale del mondo,  ogni giorno che passava diventava sempre più difficile resisterle. Di tanto in tanto mi perdevo fissando le sue labbra ed tentavo di ricordare che sapore avessero.

Quando avevo riferito tutto questo a Jason, appena due giorni prima, lui mi aveva dato una pacca sulla spalla e con sguardo compassionevole aveva semplicemente commentato: “Sei cotto, amico”.
Ci avevo riso su, ma da quel momento non avevo fatto altro che pensare come sarebbe stato avere davvero una relazione con Rachel, senza dover essere Josh Cooper.

Sospirando esasperato mi guardai intorno, poi afferrai le chiavi di casa, poggiate al tavolino dell’entrata ed uscii, dirigendomi verso l’ascensore.

Basta pensare  a Rachel, dovevo concentrarmi sul lavoro. Era la prima volta che un agente aveva l’onore di mettere piede in casa Mendez, non potevo permettermi il lusso di essere distratto. Suonai una volta il campanello e pochi attimi dopo Marcus aprì la porta facendomi entrare. L’appartamento in generale era simile al nostro, ma più grande. C’era un’ampia sala da pranzo e probabilmente anche una stanza da letto in più.

“Ehy, le ragazze sono andate a fare il test?” Domandò Marcus, facendomi strada verso il soggiorno.

“Si, Kate non mi aveva neanche detto di avere un esame. Forse voleva farmi una sorpresa” Dissi prendendo posto in una delle poltrone. “Mi ha detto Karen che mi cercavi” Continuai a guardarmi intorno, cercando dei punti strategici in cui avremmo potuto piazzare delle cimici se ne avessimo avuto modo.

“In realtà si” Rispose, sventolando qualcosa in aria, ma anziché continuare a parlare si bloccò e prese dalla tasca il suo cellulare, che a quanto pareva stava vibrando. “Scusami” Disse alzandosi e allontanandosi un po’.

“Non mi interessa! Porta la roba a Brad, poi se la vedrà lui” Il suo tono di voce era parecchio nervoso ed anche i suoi gesti trasparivano ira. Chiuse la chiamata e buttò il cellulare sul tavolino.

“Dicevo, ho i biglietti per i Giants” Disse, tornando a sorridere soddisfatto. “Devo incontrare un cliente alla partita e pensavo che ti avrebbe fatto piacere venire, visto che come me sei un patito di sport”

“Ma la partita è stasera” Era strano che avesse trovato quei biglietti a poche ore all’evento. Il mio cervello macinava informazioni: lo stadio era un luogo alquanto singolare per incontrare un cliente, senza contare la consegna per quel Brad.

“Si lo so, ma è stata una decisione dell’ultimo minuto. Sarebbe dovuto venire un mio... collega, ma mi ha dato buca e mi sembrava un peccato sprecare un biglietto”

Il suo cellulare riprese a vibrare e seccato lo afferrò e rispose spostandosi questa volta in un’altra stanza, impedendomi di poter sentire qualcosa.

Nell'attesa che tornasse ispezionai ogni angolo del soggiorno, ma non vi trovai nulla di interessante. Sperando di essere vicino ad un punto di svolta accettai il suo invito senza indugi e tornai in fretta a casa. Tirai fuori al cassetto della scrivania il mio cellulare di servizio e composi velocemente il numero di Jason.

“Hey! Come mai chiami con questo numero? Hai delle novità?”

“Si, stasera andrò alla partita dei Giants…”

“Ah, non ci posso credere!” Mi interruppe amareggiato “Dove diavolo hai trovato i biglietti? E soprattutto perché non mi hai pensato?!”

“Ci vado con Marcus, li ha lui i biglietti" Mi affrettai a spiegare "Ora ascoltami,  ha ricevuto alcune telefonate e non sembrava felice di parlare con chi stava dall’altra parte. Ha detto che c’è da fare una consegna ad un certo Brad e che stasera alla partita deve incontrare un cliente”

“Ok, pensi abbia intenzione di includerti nei suoi affari?” Domandò Jason, questa volta serio.

“Non lo so. Il biglietto in più sarebbe dovuto essere per un collega che gli ha dato buca. Non so cosa aspettarmi, ma tenete gli occhi aperti perché penso che ci sarà un po’ di movimento stanotte. Controllate il porto, di solito è da lì che fanno le consegne e cerca di capire chi può essere questo Brad” Dissi misurando a grandi passi la casa. Non poter andare in ufficio a spulciare personalmente i file ed i documenti non mi piaceva. Ero sul campo, ma allo stesso tempo ero solo un tramite.

“Qualcosa che non va c'è sicuramente: nessun uomo sano di mente rinuncerebbe ai Giants" Commentai facendo ridere Jason "Ci sentiamo dopo la partita, ti farò sapere chi è il cliente”

“Va bene, io riferisco al capo. Magari riusciamo a mettere qualche agente dei nostri tra la security dello stadio”

Avrei voluto informare Rachel, ma non era una scelta saggia visto che era con Karen e comunque non avrebbe potuto rispondere alle mie chiamate. Dopo essermi preparato per uscire andai in stanza da letto e presi uno scatolo da una delle mensole della cabina armadio. Lo poggiai sul letto e ne estrassi una pistola, la nascosi alla caviglia e riposai velocemente lo scatolo al suo posto. Non avrei mai passato i metal detector allo stadio con quella, ma avrei sempre potuto nasconderla nell’auto di Marcus. Afferrai uno dei miei cappellini dei Giants e lo indossai, mi sarebbe tornato utile magari.

 
__RACHEL__

Dovetti ammettere che l’idea di sostenere un esame mi aveva terrorizzata quindi avevo preferito non dire nulla a Liam per evitare che mi prendesse in giro. Ero sempre stata una ragazza maniaca della precisione e mi piaceva eccellere in qualsiasi cosa, quindi un eventuale fallimento mi avrebbe senz’altro depressa, anche se ero cosciente che quella era la vita di Kate Cooper e non la mia.

“Sei silenziosa” Constatai, alzando gli occhi dal libro che stavo leggendo e guardando Karen, che invece di studiare, motivo per cui eravamo andate al campus con ben due ore di anticipo, stava giocherellando con la sua matita.

“Ma va” Disse sorridendo appena, lasciando cadere la matita sul tavolino “Sono solo un po’ agitata per il test”

“Sicura non ci sia altro? Hai discusso con Marcus?”

“No, no. Anzi, penso proprio che oggi lui sarà di ottimo umore, come anche Josh. Andranno insieme alla partita dei Giants stasera”

“Davvero? Ed i biglietti?”

“Glieli ha procurati un suo amico, Brad. In realtà è solo lavoro, dovrà incontrare un suo cliente”

“Allo stadio?” Chiesi confusa, non era esattamente ciò che si poteva definire un incontro formale.

“Si, il cliente è il manager di uno dei giocatori che è appena entrato nella Lega, quindi...”

La spiegazione di Karen non faceva una piega, ma non ero del tutta sicura che fosse l’esame a preoccuparla. Mi persi a pensare a Liam e a cosa stesse facendo in quel momento. Vivevamo insieme da due settimane e mi sembrava un sogno, in un certo senso stavo vivendo una vita che non era mia, ma ciò che mi intimoriva di più era che mi piaceva. Mi piaceva essere tornata a scuola, mi piaceva vivere una vita fuori dall'ufficio e sorprendentemente mi piaceva anche la medicina, ma più di tutto mi piaceva avere Liam accanto: cenare con lui, tornare a casa e raccontargli cosa avevo fatto, sentire il suo corpo vicino al mio la notte.

Non appena finimmo il test Karen disse di dover andare ad un appuntamento con un professore e si dileguò. Io non potevo credere di aver passato l’esame a pieni voti. Magari aveva ragione Liam ed in me si nascondeva un talentuoso dottore.
Felice come una Pasqua entrai in casa, pronta a dargli la bella notizia, ma la trovai deserta e mi ricordai della partita.

I banconi scuri in granito della cucina brillavano, nell'aria permeava l'odore di detersivo ed il soggiorno era lindo, anche i videogiochi di Liam, che di solito erano sparsi sul tavolino, erano tutti riposti in ordine alfabetico. Tutto ciò era dovuto della mia agitazione pre-esame, a cui avevo dato sfogo la notte prima.

Approfittando del raro momento di solitudine, mollai la borsa sul divano, andai di sopra a far riempire l’idromassaggio e mentre aspettavo selezionai la mia playlist preferita sul cellulare e legai i capelli in un improvvisato chignon. Quando la vasca fu piena, mi immersi nell’acqua calda.

Ero assopita quando la musica venne sostituita dal trillo della mia suoneria. Aprii un occhio solo e sbirciai cercando di trovare il punto in cui avevo mollato il cellulare. Lo trovai sopra un mobiletto.

“Troppo distante” Sentenziai, tornando a sistemarmi comoda nell’acqua, oramai tiepida.

Chiunque fosse dall’altra parte del telefono non si arrendeva, quindi decisi che la mia sera di relax era già finita e mi alzai per andare a rispondere. Ebbi appena il tempo di avvolgere l’asciugamano intorno al mio corpo che il cellulare smise di squillare e qualcuno iniziò a suonare insistentemente il campanello.

“Che diamine...” borbottai scendendo le scale. Controllai dallo spioncino e, vedendo il viso di Karen, le aprii.

“Si può sapere che ti prende?” Sbottai facendomi da parte in modo che potesse entrare “Se è qualcosa che riguarda l’università sappi...” Mi bloccai notando la sua aria sconvolta.

“Marcus e Josh hanno avuto un incidente” I suoi occhi, già rossi, si riempirono di lacrime.

Il mio corpo si irrigidì ed il mio pugno si chiuse nuovamente sulla maniglia della porta.

“Che genere di incidente?” Domandai cercando di mantenere la calma, ma le mani cominciarono a tremarmi e la gambe mi formicolavano. Improvvisamente avevo freddo, era come se una voragine si fosse aperta nel mio torace. Sentivo solo l’urgenza di vedere Liam ed assicurarmi che fosse tutto apposto.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6                                                                     Next  to me

__RACHEL__

Stavo posando dei libri nel mio armadietto quando sentii qualcuno toccarmi una spalla e mi voltai di scatto. Era Jack, un mio compagno del corso di chimica. Non era solo, di fianco a lui c’è un ragazzo alto, con i capelli biondo scuro e gli occhi blu. Sapevo benissimo chi fosse, era Liam Davis, tutte le ragazze della scuola lo conoscevano, non passava certo inosservato. Non era il classico sciupa femmine, ma neanche un santo, era semplicemente come qualsiasi altro ragazzo della sua età, si divertiva.

“Ciao Rachel, mi daresti per caso i tuoi appunti?” Cantilenò Jack ruotando gli occhi, come se fosse seccato da qualcosa.

“Come?” Dissi spaesata ancora fissando Liam, che continuava a guardarmi dritta negli occhi. Mi stava mettendo leggermente in imbarazzo, così distolsi lo sguardo e mi rivolsi a Jack “Gli appunti, si certo. Come mai ti servono? Eri a lezione”  Mi voltai a prendere uno dei quaderni che avevo appena riposto nell’armadietto e glielo porsi.

“Si ma... Senti, voi due non vi conoscete giusto? Bene, Liam ti presento Rachel, Rachel questo è Liam. Io ora devo andare” Jack si volatilizzò, lasciandomi sola con Liam e con il mio quaderno ancora in mano.

“Cosa gli è preso?” Chiesi confusa, cercando in realtà solo un modo per alleviare la tensione che provavo. Liam era un bel ragazzo ed io non ero molto pratica con il sesso maschile. Avevo molti amici, ma raramente ero uscita con un ragazzo, non perché non mi corteggiassero, ma perché ero troppo impacciata e mi sentivo intimidita. Senza contare che mio padre mi aveva cresciuta cercando di convincermi che gli uomini erano tutti dei bastardi, in realtà semplicemente sperava di ritardare il momento in cui mi avrebbe vista con un uomo.

“Non lo so. Allora, hai già pranzato?” Il sorriso sghembo di Liam mi fece perdere un battito e sentii lo stomaco attorcigliarsi.

“Ehm, no” Risposi titubante, non sicura di dove sarebbe andato a parare con quel discorso, mentre le mani iniziavano a sudarmi dall’agitazione.

“Ti va se andiamo a prendere un boccone allora? Neanche io ho mangiato. Jack mi ha mollato qui e non mi va di pranzare solo” Lo guardai scettica, dubitavo che non avrebbe trovato qualcuno disposto a fargli compagnia, aveva molto amici e conosceva praticamente tutta la scuola.

“Veramente...” Stavo per dire che la mia amica Jess certamente mi stava aspettando, ma decisi che lei avrebbe senz’altro capito quando le avrei spiegato la situazione “Ok, andiamo” Dissi esaltata, chiudendo l’armadietto e portandomi la borsa sulla spalla.
 


“Signora Cooper, signora Cooper” Qualcuno mi svegliò scuotendomi la spalla ed io aprii lentamente gli occhi, mentre un fastidioso dolore mi prendeva il collo. Mi ero addormentata sulla sedia della sala d’aspetto dell’ospedale.

“Si? E’ successo qualcosa?” Scattai immediatamente in piedi, facendo fare un passo indietro intimorita all’infermiera.

“Volevo informarla che suo marito è sveglio ed il dottore ha finito con la visita, ma vorrebbe parlare un attimo con lei”

“Certo, si...Dove posso trovarlo?”

Seguii l’infermiera per i corridoi praticamente deserti, dalle finestre non filtrava alcuna luce perché era ormai notte fonda. L’ansia mi attanagliava lo stomaco ed avevo il terrore di vomitare da un momento all’altro. Mi sembrava di vivere in un modo parallelo, in un corpo che non era il mio.

Riconobbi il dottor Mason, che stava scrivendo qualcosa, appoggiato ad una barella abbandonata per il corridoio. Sentendo dei passi alzò lo sguardo e si mise dritto.

Io nella mente continuavo a ripetere sempre la stessa cosa “Fa che Liam stia bene, fa che Liam stia bene

Da quando ero arrivata mi avevano dato ben poche informazioni. Dopo che Karen mi aveva detto dell’incidente insieme avevamo preso un taxi e ci eravamo precipitate all’ospedale. Lei scomparve insieme ad una dottoressa di ortopedia mentre io fui portata da una tirocinante che mi spiegò per larghe linee che nell’incidente d’auto Liam aveva un leggero trauma cranico dovuto alla violenta botta. Mise in fila una marea di paroloni e termini che non avevo la più pallida idea di cosa volessero dire, alcuni li avevo anche sentiti a lezione, ma in quel momento non avrei potuto ricordare neanche il nome di mio nonno. A conclusione mi disse che se non ci sarebbero state complicazioni l’avrebbero tenuto sotto controllo ed avrebbero operato solo se fosse stato strettamente necessario. La tirocinante mi lasciò così nel bel mezzo del corridoio, senza permettermi di andare a vedere Liam.

“Signora Cooper” Mi salutò il dottore, porgendomi una mano. “Se non le dispiace” aggiunse poi rivolgendosi all’infermiera, che marciò via, scomparendo per il lungo corridoio, mentre il rumore delle sue ciabatte rimbombava.

“Il suo capo ha parlato con me ed il direttore dell’ospedale, sappiamo che lei e il signor...” Rilesse il nome sulla cartella che aveva in mano e poi riportò i suoi occhi su di me “...Davis, siete due agenti. Faremo in modo di mantenere la vostra copertura, mi occuperò io personalmente del suo problema e sono autorizzato a dare informazioni a lei, e a lei soltanto, riguardo alle condizioni di salute di William”

Mi fece strano sentirlo chiamare in quel modo ed un sorriso triste affiorò sulle mie labbra. Liam odiava essere chiamato con il suo nome intero, diceva che faceva troppo signorotto.

“Certo. Ora cosa mi può dire di Liam, come sta?” Era quella la mia priorità, l’idea che quell’incidente avrebbe potuto mandare a monte il nostro lavoro non mi era neanche passata per la testa ed al momento era solo un problema secondario.

“Il signor Davis ha subito un trauma cranico, che fortunatamente non ha portato a danni gravi e non ci ha costretti ad intervenire chirurgicamente. In ogni caso sembra che adesso sia molto confuso e presenta un caso di perdita di memoria. In generale...”

“Perdita di memoria?” Lo interruppi, guardandolo con occhi sbarrati. “Cosa intende con perdita di memoria?”

“Può capitare. Sono quasi certo che sia solo una cosa temporanea, nel giro di un paio di giorni dovrebbe essersi completamente ripreso”

“Quasi certo?” Non mi era sfuggita la titubanza nell’uomo, che sembrava non sentirsela di assicurarmi nulla.

“La TAC non mostra nessuna anomalia” Spiegò aprendo la porta che avevamo di fronte “Ora se vuole può entrare, ma mi raccomando, non faccia nulla che potrebbe confonderlo”

“Kate! Oh mio Dio, come sta Josh?” Karen mi corse incontro e ci misi qualche secondo a capire che si stesse rivolgendo a me. Tutta quella situazione stava creando una gran confusione in me, l’unica cosa che volevo fare era entrare in quella stanza e assicurarmi che Liam stesse bene.

“Stavo per entrare...”

“Possiamo vederlo?” Mi interruppe Karen rivolgendosi al dottor Mason, che guardò incerto me prima si risponderle.

“Si, ma in questo momento lo stress e la confusione non sono consigliabili, quindi fate con calma. Ho appena spiegato alla signora che suo marito ha perso momentaneamente la memoria, quindi sarebbe il caso che entrasse solo lei nella stanza”

“Certo, certo. Va’ ti aspetto qui” Disse Karen rivolgendosi a me. Notavo che i suoi occhi erano rossi ed ero certa che avesse pianto, ma se si trovava con me voleva dire che Marcus stava bene, ovunque lui fosse, quindi decisi di non preoccuparmene e senza dire niente entrai nella stanza di Liam.

Era sdraiato sul letto immobile e l’unica fonte di luce era una piccola lampada accesa sul comodino distante dal suo letto. Mi avvicinai con cautela, non sicura che fosse sveglio. Lui mi sentì ed alzò la testa, guardandomi confuso.

Aveva una ferita al sopracciglio sinistro ed il labbro rotto. Avvicinandomi notai anche dei graffi e delle piccole escoriazioni sulle braccia. Più lo guardavo più mi sentivo morire dentro. Sorrisi, mentre sentivo il mio volto bagnarsi. Delle lacrime, senza il mio volere, erano scese incontrollate lungo le mie guance, per poi ricongiungersi sotto il mio mento.  Non l’avevo mai visto neanche con un raffreddore e trovarlo all’improvviso su di un letto d’ospedale mi fece male, ma ringraziai silenziosamente qualsiasi Entità fosse a decidere del nostro destino perché era ancora vivo.

Fino al giorno prima cercavo di convincermi che di lui mi interessava nulla, che era solo un collega e che finita la missione tutto sarebbe tornato come prima. Ora mi ritrovavo a guardare dentro quei suoi occhi blu, confusi ed un po’ spenti, chiedendomi cosa avrei fatto se gli fosse successo qualcosa.

Era tutto un enorme controsenso, mi pentivo di averlo incontrato, maledicevo il giorno in cui Jack mi aveva chiesto quegli inutili appunti lasciandomi di fronte a lui come un ebete, ma quando Liam non c’era io non facevo che cercarlo. Quando mi aveva lasciata l’avevo cercato per settimane, quando mi ero convinta che non l’avrei più rivisto continuavo a cercarlo nei miei ricordi e da quando me lo ero ritrovata di fronte all’FBI, lo cercavo con lo sguardo entrando in ufficio, senza mai ammettere a me stessa quello che stessi facendo.

Fu lui ad interrompere il mio flusso di pensieri, parlando con voce roca e facendo una piccola smorfia di dolore mentre tentava di mettersi a sedere, poggiando meglio la schiena contro i cuscini che aveva alle spalle.

“Ti dovrei conoscere vero?” Mi domandò quasi mortificato. Altre due lacrime abbandonarono i miei occhi, ma le scacciai via furiosamente con il palmo della mano.

“Mi dispiace, non ricordo niente, non volevo farti piangere” La sua premura mi sconvolse ancora di più, ma feci un respiro profondo e presi posto nella sedia che era posizionata di fianco al letto.

“Non ti preoccupare, ha detto il dottore che è normale, in un paio di giorni passerà tutto” Risposi prendendogli una mano e portandomela alle labbra. Avevo bisogno di sentirlo il più vicino possibile, di toccarlo per essere certa che fosse davvero di fronte a me.

“Tu chi sei?”

Quella domanda mi spiazzò. Cosa avrei dovuto rispondergli? –Sono Rachel, lavoriamo insieme all’FBI- oppure –Sono tua moglie Kate, ma solo per finta perché in realtà io per te non sono nessuno-
 

__LIAM__

Avevo un terribile mal di testa e non ricordavo nulla. Nella mia mente c’era il nero assoluto. Nessun ricordo, nessun pensiero, nella mia testa regnava solo il dolore.

“Vedo con piacere che si è svegliato, come si sente?” Domandò un uomo corpulento, che indossava degli occhiali ed un camice bianco. “Io sono il dottor Mason, del dipartimento di neurochirurgia”

“Sono in ospedale” Constatai guardandomi intorno per la prima volta. La stanza non era molto grande, c’era solo il mio letto, con affianco un comodino ed un enorme macchinario, che non faceva altro che emettere un fastidioso rumore. “Mi fa male la testa, può spegnere la luce?”

“Certo” Rispose il medico, facendo ciò che gli avevo chiesto, ma accendendo una piccola lampadina su di una cassettiera che c’era in un angolo.

“Questo mal di testa, da 1 a 10 quanto le da fastidio?” Domandò il dottore, aprendo la cartella che aveva in mano e prendendo una penna.

“11” Risposi, seguendo ogni suo  gesto con scarsa attenzione perché il dolore mi stava martellando il cervello. Il dottore, di cui già avevo dimenticato il nome, prese quella che sembrava una penna dal taschino del suo camice e mi si avvicinò, puntandomela agli occhi e accendendo quella che in realtà era una lampadina.

“Le pupille sembrano apposto” Disse riprendo a scrivere nella sua cartelletta.

“Mi sa dire come si chiama e quanti anni ha?”

A quella domanda scossi la testa, mentre un moto di panico mi risaliva lo stomaco. Perché non ricordavo il mio nome? Era normale che non ricordassi neanche come mi chiamavo?

“Cos’è successo?” Chiesi incerto. Mi portai una mano alle labbra, sentendo qualcosa che mi tirava e toccai quella che doveva essere certamente una ferita. Anche le braccia ed il torace mi facevano male, ma erano nulla rispetto al mio mal di testa.

“Ha avuto un incidente mentre era in auto con un suo amico, ha riportato un lieve trauma cranico. La TAC non ha rilevato nulla di preoccupante, può capitare che vi siano delle momentanee perdite di memoria, è confuso. Ma non si preoccupi, presto ricorderà tutto”
Nonostante le parole del dottore non riuscii a tranquillizzarmi. Volevo sapere cosa mi stava succedendo, come mi chiamavo e cosa ci facevo su un letto di ospedale.

“Ha detto che ero con un amico. Lui come sta?”

“Non lo so ancora. Si riposi, io vado ad informarmi” Disse semplicemente uscendo dalla stanza e lasciandomi solo.

Non feci altro che sforzarmi di ricordare qualcosa, ma più ci provavo più il mio mal di testa peggiorava. Alla fine mi arresi all’evidenza e rimasi immobile a guardare il soffitto, sperando che qualcosa mi venisse in mente.

Sentii la porta aprirsi ed una striscia di luce entrare nella stanza. Rimasi fermo com’ero finché la porta non si richiuse e qualcuno si avvicinò al letto. A quel punto alzai la testa.

Avevo di fronte a me una ragazza alta, con i capelli scuri. Delle lacrime le rigavano il volto e rimase ferma a guardarmi mentre io non sapevo cosa dirle. Non ricordavo chi fosse. Mi sentii in colpa, lei piangeva per me ed io non conoscevo nemmeno il suo nome. Restammo a guardarci per diversi secondi, durante i quali cercai in tutti di collegare qualcosa con quel viso stupendo e triste che avevo davanti.

“Ti dovrei conoscere vero?” A quella domanda altre lacrime abbandonarono i suoi occhi e mi sentii ancora di peggio.

“Mi dispiace, non ricordo niente, non volevo farti piangere” I suoi occhi non mollarono per un attimo i miei, mi sembravano quasi magnetici. Sospirò e si sedette nella sedia di fianco al mio letto.

“Non ti preoccupare, ha detto il dottore che è normale, in un paio di giorni passerà tutto” Non appena mi afferrò la mano un fremito mi percorse il braccio.

“Tu chi sei?”



__KILLIGREW__
Ciao a tutti! Inanzitutto volevo ringraziarvi per aver letto la mia storia ed essere arrivati sino a questo punto. Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite e chi ha trovato un minuto di tempo per lasciare una piccola recensione. Rinrgazio UnknownDevice che, nonostante si professi scostante, non ha comunque mancato di recensire ogni capitolo!  ;)
Spero continuiate a seguire Liam e Rachel! Grazie, grazie, grazie! 
Ora vi lascio che il mio naso ha fiutato un certo profumino di ciambella *entra in modalità segugio*

Al prossimo capitolo ;)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7                                                                                 Next to me

__RACHEL__

“Tu chi sei?”

“Io... Io... Scusami un attimo” Mi alzai di scatto dalla sedia, facendo un po’ di rumore e sconvolta mi fiondai fuori dalla stanza. Notai con piacere che Karen se n’era andata.

Cosa dovevo fare? Come potevo uscire da quella situazione senza ferire o danneggiare Liam ulteriormente? Completamente nel pallone tirai fuori dalla tasca dei miei jeans e con mano tramante composi il numero del mio capo.

“Si? Chi è?” Rispose questo con voce assonnata. Probabilmente stava dormendo, ma la mia era un’emergenza e non sapevo come muovermi.

“Capo, sono Rachel Moore”

“Moore, è successo qualcosa? Liam sta bene?” Domandò, in attimo più sveglio ed attento.

“Si, però ha una specie di amnesia, non ricorda nulla. Non sa nemmeno chi è. Il dottor Mason dice che è momentanea, ma Liam vuole delle risposte, mi ha chiesto chi sono...Chi sono io?” Dire che ero sconvolta sarebbe stato un eufemismo, non riuscivo a distinguere cosa fosse giusto e cosa sbagliato, quale sarebbe stata la mossa migliore per Liam.

Sentii un sospiro venire dall’altro capo del telefono “Moore, fa finta di essere Kate. Di’ a Liam che il suo nome è Josh Cooper e che siete sposati”

“Ma non posso!” Esclamai allibita. Speravo in tutt’altra risposta, come avrei potuto mentire a Liam? E quanto avrebbe recuperato la memoria come avrebbe reagito? Avrebbe perso una moglie ed una famiglia senza neanche sapere come.

“Presto lui recupererà la memoria e capirà perché l’abbiamo fatto. Davis ci tiene molto al suo lavoro e sono certo che non vorrebbe vedere tutti questi mesi di indagini andare a puttane. Attieniti agli ordini Moore, mi dispiace per la situazione critica. Se ci sono novità chiamami”

Rimasi con il cellulare poggiato all’orecchio, anche se ormai il capo aveva riagganciato. Mi portai una mano tremante alla tempia, mentre con l’altra mi appoggiai al muro. Dovevo farcela, il capo aveva ragione, Liam avrebbe capito, sarebbe stato troppo difficile spiegargli tutto ora.

Facendo un respiro profondo e stampandomi un sorriso tirato sul volto rientrai nella sua stanza. Mi seguii con lo sguardo finché non mi sedetti nuovamente nella sedia di fianco a lui.

“Mi dispiace” Era già la seconda volta che si scusava senza che avesse alcuna colpa di quello che stava succedendo. I suoi occhi sembravano un po’ più vivi adesso ed io tornai ad afferrare la sua mano sinistra, dove all’anulare portava la fede.

-Ce la posso fare-

“Io sono Kate, tua moglie” Dissi sfiorando la fede che aveva al dito. Lui sembrò shockato e guardò prima me e poi l’oggetto che stavo toccando.

“Noi siamo sposati?”

“Da poco” Precisai, come se quello potesse in qualche modo cambiare la cosa “Ma ci conosciamo dai tempi del liceo”

“Ed io come mi chiamo?” Quella domanda suonava strana ed la fronte corrugata di Liam mi ricordò il volto di un bambino che cerca di ricordare la poesia.

“Josh Cooper” Risposi semplicemente, ignorando le coltellate che mi stavo auto infliggendo dicendo tutte quelle menzogne.

“Abbiamo figli?”

“No...no” Diventava sempre più difficile, ogni domanda si faceva sempre più pesante da sostenere e dovetti abbassare lo sguardo per evitare di lasciarmi sfuggire qualcosa di troppo.

“C’è qualcosa che non va?” Chiese, mentre i suoi occhi blu si muovevano, guardando prima i miei occhi, poi le mie labbra, poi i miei capelli.

“No, perché?”

“Mi è sembrato che la mia domanda ti abbia messo a disagio. Per caso tu volevi dei bambini ed io no?”

Mi concessi una leggera risata scuotendo la testa e, non riuscendo a resistere, gli passai una mano tra i capelli che gli ricadevano disordinati sulla fronte.

“Fallo ancora” Sussurrò seguendo il mio tocco e chiudendo gli occhi. Obbedii e lo vedi rilassarsi un po’ di più contro i cuscini. “Mi piace, mi fa sentire meno il mal di testa” Spiegò, ancora con gli occhi chiusi ed un’espressione beata sul volto. In quel momento avrei tanto voluto baciarlo, avrei tanto voluto che tutte le mie bugie si trasformassero in realtà.

“Lo faresti finché non mi addormento?” Domandò mentre già la sua voce si abbassava, indice che presto sarebbe entrato nel mondo dei sogni “Magari quando mi sveglierò mi ricorderò della mia bellissima moglie” Aggiunse sorridendo.

Ebbi un tuffo al cuore, il suo sorriso era sempre lo stesso. Probabilmente non sarebbe mai cambiato ed era una delle cose più belle di lui.

Senza rispondere continuai a passargli una mano tra i capelli, finché il suo respirò non si regolarizzò e compresi che si era addormentato. Nonostante stesse dormendo da ormai qualche minuto non smisi e rimasi a guardarlo, ad ammirarlo, chiedendomi come avrebbe reagito quando avrebbe scoperto tutto.

“Devo farlo Liam, spero tanto che tu mi possa perdonare” Sussurrai, lasciandogli un bacio sulla fronte.

Esausta uscii dalla stanza e percorsi il corridoio, ricordando di aver visto una macchinetta del caffè poco distante. Quando arrivai su una delle sedie trovai Karen, con lo sguardo perso nel vuoto, che continuava a girarsi fra le mani il bicchiere di carta.

“Ehy” Dissi facendola sussultare. Si voltò verso di me e mi fece un piccolo sorriso. “Come sta Marcus?” Mi sentivo un po’ in colpa per non averglielo chiesto prima, mentre lei si era premurata di venire a vedere Liam, ma in quel momento non potevo pensare ad altro che a lui.

“Bene. Hanno dovuto fargli una piccola operazione al braccio sinistro ed ha qualche costola incrinata, ma nel complesso direi che siamo stati fortunati, poteva finire molto peggio. Josh?”

Sospirai e presi il bicchiere pieno di caffè fumante, e sicuramente pessimo, che la macchinetta aveva appena fatto uscire. Presi posto accanto a lei ed iniziai a girare il cucchiaino di plastica all’interno del bicchiere.

“Trauma cranico e qualche livido. Non hanno dovuto operarlo, ma per ora ha perso la memoria”

“Oddio, davvero? Com’è possibile? Non possono fare niente?” Chiese Karen voltandosi di scatto verso di me in cerca di una risposta.

“Ha detto il medico che tra un paio di giorni passerà” Ero stanca di ripeterlo, ma allo stesso tempo convinta che dirlo mi avrebbe aiutata a crederci.

“Si sistemerà tutto. Tra un mese ci rideremo su, mangiando una pizza davanti ad un bel film” Disse Karen, sorprendendomi appoggiando la sua testa sopra la mia spalla.

“Signora Mendez, suo marito si è appena svegliato dall’anestesia. Vuole vederlo?” Disse un infermiera chinandosi davanti a Karen, che aveva di nuovo gli occhi lucidi.

“Si!” Si alzò e poi si voltò verso di me “Vieni con me?” La sua più che una domanda sembrava una supplica e non me la sentii di rifiutare. In fondo Liam avrebbe sicuramente dormito ancora per un bel po’.

Quando entrammo nella stanza Marcus ci guardò confuso, poi sorrise a Karen che gli si avvicinò lasciandogli un leggero bacio sulle labbra.

“Amore, come stai? Mi hai fatto terrorizzare!” Gli disse piangendo, mentre Marcus prese ad accarezzarle la testa. Era una scena tenerissima e mi ritrovai a sentire il bisogno di tornare da Liam.

I due si dissero qualcosa a bassa voce, poi Marcus alzò lo sguardo verso di me.

“Come sta Josh?” Chiese mortificato e, se gli occhi non mi ingannavano, anche abbastanza preoccupato.

“Trauma cranico, ma si riprenderà nel giro di pochi giorni. Il tuo braccio?”

“Non sento nulla per ora, ma sono certo che non appena svanirà completamente l’effetto degli antidolorifici non sarò più così sorridente. Comunque mi dispiace per quello che è successo...”

“Non ti preoccupare Marcus, pensa a riprenderti”

“No davvero, è stata colpa mia” Disse abbassando lo sguardo.

“E’ stata colpa di quel tipo che vi ha tamponati e poi è scappato!” Ribadì seria Karen, ma lo sguardo che Marcus le rivolse la fece vacillare. Si stavano parlando, stavano comunicando solo con gli occhi ed io non avevo la più pallida idea di cosa volessero dirsi.

 
__LIAM__

“Quando pensi che mi faranno uscire da qui?” Chiesi a Kate, mentre con la forchetta smuovevo gli spinaci nel piatto che avevo di fronte.

“Non lo so. Il dottor Mason ha detto che è meglio se resti ancora un paio di  giorni” Rispose lei, sistemando alcuni dei miei cambi che aveva portato da casa nel piccolo armadio. 

Era ormai quattro giorni che ero chiuso dentro quella stanza e non lo sopportavo più, mi sentivo incatenato.

“Mangiali” Aggiunse Kate in tono perentorio indicando il piatto. La sua voce era dura, ma i suoi occhi sorridevano, quindi sapevo benissimo che potevo ignorare ciò che aveva appena detto.

La prima notte che me l’ero trovata di fronte non avevo notato quanto fosse bella, ero confuso, la luce era poca e probabilmente lei era stravolta dagli eventi, ma quando era arrivata il giorno dopo, borbottando che una certa Karen l’aveva costretta ad andare a casa a fare una doccia e cambiarsi, ero rimasto a bocca aperta. Avevo una moglie bellissima, quindi avevo sicuramente buongusto.

“Come ci siamo conosciuti?” Le domandai, mettendo definitivamente da parte i piatto di spinaci. Lei lo guardò, ma non disse nulla. Posò gli ultimi vestiti e poi fece per sedersi sulla sedia, ma io la bloccai.

“Ti va di sederti con me?” Mi feci da parte, lasciandole in po’ di spazio sul letto e lei, un po’ rossa in viso e con lo sguardo basso, si sedette di fianco a me. “Allora?”

“Eravamo al quinto anno delle superiori ed avevamo un amico in comune. Da quello che hai detto tu sembrerebbe che tu lo abbia costretto a presentarci, così un giorno mi avvicinò chiedendomi degli appunti, che probabilmente erano solo una scusa, e con lui c’eri anche tu. Ci mollò da soli dopo pochi minuti e tu mi invitasti a farti compagnia a pranzo” Il sorriso che le si era formato sulle labbra mi fece sentire una strana sensazione nel petto e ringraziai Dio che il giorno prima mi avevano staccato quel dannato coso che contava i battiti cardiaci.

“Abbiamo assodato che tu mi piacevi, ma io? Avrò dovuto faticare tanto per far cadere ai miei piedi una bella ragazza come te” Constatai, come se fosse una cosa ovvia, facendola arrossire ancora di più.

“Ti sbagli, infatti abbiamo iniziato subito a frequentarci”

“Wow, allora anche io ho il mio fascino” Dissi, facendo riempire la stanza dal melodioso suono delle sue risate. Vederla felice mi rendeva orgoglioso.

Avevo altre mille domande che mi ronzavano in testa, ma qualcuno bussò alla porta, impedendomi di andare avanti.

“Possiamo?” Disse una ragazza mora entrando nella stanza, seguita da un uomo alto, con i capelli corti ed un braccio fasciato.

“Karen, Marcus” Kate fece per alzarsi dal letto, ma io la trattenni passandole un braccio sopra le spalle e lei si bloccò, guardandomi stupita.

“Come stai Josh?” Domandò il ragazzo avvicinandosi al letto, mentre la ragazza portava un’altra sedia accanto a quella già presente.

“Meglio, anche se la memoria non accenna a tornare, quindi non so chi tu sia, mi dispiace” Risposi sorridendo, mentre l’espressione del ragazzo si incupiva.

“Ero in macchina con te quando c’è stato l’incidente” Spiegò indicando il braccio fasciato “Mi dispiace per quello che è successo”

“Non ti preoccupare, Kate mi ha spiegato come sono andate le cose, non è stata colpa tua” Tentai di consolarlo, sperando che non si sentisse troppo in colpa.

“Anche a te danno da mangiare quella schifezza?” Rise indicando il piatto di spinaci che ancora era sopra il carrello.

“Già” Mi unii alle sue risate “Kate mi stava raccontando un po’ di roba, giusto per vedere se magari mi tornava qualcosa in mente”

“Funziona?” Chiese Karen speranzosa. Quei due mi sembravano dei bravi ragazzi e da come si scambiavano sguardi complici avrei giurato anche che stavano insieme.

“No. Voi due state insieme?” Domandai non riuscendo a trattenermi. Tutti e tre risero, facendomi sentire un po’ uno scemo, ma continuai ad attendere che qualcuno mi rispondesse.

“Karen e Marcus sono sposati” Spiegò Kate, ancora sorridente.

“Grazie amore, finalmente qualcuno mi ha risposto!” Mi finsi offeso, ma l’espressione di Kate mi fece tornare immediatamente serio. La guardai stranito e poi scambiai uno sguardo con Karen e Marcus per cercare di capire cosa le stesse prendendo.

“Mi hai chiamata amore” Sussurrò con le lacrime agli occhi. Mi sembrò tutto ancora più strano.

“Si, perché piangi? Di solito non lo faccio? Non ti chiamo amore?”

“No. Cioè si...” Disse riprendendosi ed asciugandosi le lacrime “E’ che da quando era successo l’incidente non l’avevi più fatto”

“Mi dispiace, non sapevo...” Ero mortificato, cosa avrei dovuto fare? Non sapevo come mi comportavo prima, non sapevo chi ero prima, come potevo tornare ad essere la stessa persona? Ogni giorno che  passava mi sentivo sempre più frustrato da quella situazione.

“Beh, ci fa piacere che tu stia meglio. Noi andiamo” Disse Karen alzandosi, seguita a ruota dal marito.

“No, restate” Insistette Kate, dal suo sguardo capii che si sentiva in colpa per aver rovinato l’atmosfera e mi stupii accorgendomi che nonostante tutto riuscissi a leggere nei suoi occhi quasi come fossero un libro.

“Andiamo, forse dimettono Marcus oggi, quindi meglio se si fa trovare in stanza a fare il bravo bambino” Disse Karen ridendo e dopo averci salutato entrambi uscirono dalla stanza lasciandoci di nuovo soli.

“Dormi con me?” Domandai a Kate facendo l’aria da angioletto, sperando di intenerirla, non che fosse necessario.

“Non si può, se entra qualche infermiera farà il finimondo, forse è il caso che io mi alzi da questo letto anche”

“No, dai” Mi guardò scuotendo la testa convinta e questa volta credetti davvero che non me l’avrebbe data vinta, quindi la strinsi a me. “Ti prego” Le sussurrai nell’orecchio. Rabbrividì sotto il mio tocco e si voltò a guardarmi. Mi persi nei suoi occhi e non riuscendo più trattenere quell’istinto, che da giorni ormai mi spingeva verso di lei, feci per avvicinarmi, ma lei tornò a darmi le spalle.

“Va bene” Disse semplicemente sospirando e dopo poco mi addormentai. Non mi accorsi delle lacrime che bagnavano il cuscino, ne’ dei suoi leggeri sussulti.
 
 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***



 
CAPITOLO 8                                                                                              Next to me


__LIAM__

Ci trovavamo in uno dei ristoranti più belli di Manhattan e non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Kate con quell’abito scuro era sexy e di una bellezza disarmante.

“E’ incredibile come io non riesca a ricordare il nome di mia madre, ma conosca ogni singola strada di questa città immensa” Dissi facendo ridere Kate.

“Neanche io conoscevo questo posto!”

“Allora la sorpresa è riuscita. Stasera festeggiamo”

“Cosa festeggiamo di preciso?”

“Prima di tutto il fatto che ho una moglie splendida” La vidi arrossire ed ebbi l’impulso di baciarla, quindi lo feci, facendole raggiungere una gradazione più intensa di rosso. “Poi posso finalmente mangiare di nuovo cibo commestibile” Aggiunsi.

“Oh be’, questo si che merita di essere festeggiato” Alzò il suo bicchiere di vino e lo fece tintinnare con il mio, per poi portarselo alle labbra.

“E pensa come festeggeremo quando il dottor Mason mi dirà che potrò di nuovo fare sesso” Ammiccai.
Kate sputò il vino che aveva in bocca, iniziando a tossire in modo incontrollato.

“Non pensavo di farti strozzare” Risi, dandole piccole pacche sulla schiena. Ogni volta che parlavo di qualcosa che includeva un contatto fisico ottenevo quelle reazioni spropositate. Evitai di toccare argomenti simili per il resto della serata, ma quando, dopo il dessert, l’elegante pista da ballo si riempì di coppie non potei resistere.

“Balliamo” Mi alzai e le porsi la mano, che lei afferrò titubante, permettendomi di condurla verso la pista, per poi stringerla a me. Era tesa come una corda di violino.

“Rilassati, è solo un ballo” Mi sentivo quasi offeso da quei suoi modi.

“Scusa è che non sono brava in queste cose. Non sono abituata ai posti eleganti” I suoi occhi erano lucidi, ma li nascose poggiando la testa sulla mia spalla, che raggiungeva grazie all’aiuto dei tacchi che indossava.

“Vorresti dire che non ti porto spesso a cena fuori. Sono un pessimo marito allora” Constatai deluso da me stesso.

“No, no. E’ che ci piace stare a casa, a me va bene, è più comodo” Si giustificò velocemente.

“Allora ti ha dato fastidio venire qui?”

“No!” Si staccò da me e guardandomi dolcemente, facendomi perdere nei suoi occhi, mi sorrise accarezzandomi una guancia “Va bene, ogni tanto è bello cambiare”

La strinsi nuovamente a me. Il mio corpo era attratto dal suo come una calamita. Starle vicino mi provocava una marea di emozioni che non sapevo distinguere. Era come il primo amore, forse. Possibile che mi stessi re-innamorando di mia moglie?

 
Quella sera mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte. La fronte era imperlata di sudore, Kate dormiva tranquilla al mio fianco. Feci per alzarmi, ma prima le lasciai un bacio sulla fronte.

Ero a casa da tre giorni e da quando avevo messo piede là dentro continuavo ad avere strani sogni. Sospettavo che potessero essere stralci di memoria che mi tormentavano la mente, ma non ne ero sicuro. Vedevo tutto dal punto di vista di un certo Liam, neanche sapevo chi fosse.

Ogni volta rivivevo sulla mia pelle ogni emozione, ogni sensazione, degli attimi che mi venivano alla mente. Mi scuotevano e mi lasciavano un gran mal di testa.

“Ehy, ti senti male?” La voce preoccupata ed assonnata di Kate mi raggiunse.

“Ehy... no, avevo solo sete” Le mostrai il bicchiere d’acqua ormai vuoto che reggevo. Non le avevo ancora detto di quegli episodi e forse sarebbe stato il caso di parlargliene. Mi avvicinai e l’avvolsi tra le mie braccia. Parve sorpresa da quel gesto, ma subito si rilassò poggiando la testa al mio petto e posandomi le mani sui fianchi.

“Ho l’impressione di star ricordando, ma non ne sono certo” Spiegai sottovoce. Kate si allontanò da me improvvisamente pallida.

“Da…davvero?” Il suo tono di voce aveva una strana inclinazione, ma non riuscii a coglierla.

“Si, ma nei miei sogni non sono io, ma un certo Liam”

“E cosa hai sognato di preciso?” Iniziò a torturasi le mani e capii che era nervosa.

“La mia famiglia” I suoi occhi scattarono verso i miei curiosi, così continuai “La mia infanzia sembra essere stata normale, ma poi mio padre ha avuto un grave infortunio che l’ha portato a cadere in depressione. Per farci uscire dai debiti mia madre aveva iniziato a fare l’”accompagnatrice”, come si definiva lei. Si era creata un discreto giro di clienti ricconi e presto la nostra situazione economica migliorò, ma non ne uscimmo indenni, mio fratello e mio padre non erano più con noi, si erano persi durante il tragitto”

“E poi?” Chiese subito Kate, palesemente interessata “Cos’è successo a tuo padre e a tuo fratello?”

“Poi mi sveglio sudato e nel cuore della notte, con un dolore allucinante che mi martella la testa” Conclusi. “Stai bene?” Le chiesi subito dopo accarezzando quel volto bellissimo, ma che non accennava a riprendere colore.

“Si...si” disse incerta “Torniamo a letto”

La seguii e quando ci sdraiammo le cinsi la vita e l’attirai a me. Le baciai il collo e mi persi nel profumo dei suoi capelli, mi diceva qualcosa.

“Non ricordo niente di te, ma sono certo di amarti” Sussurrai “Altrimenti non ti avrei sposata” Risi e lei, senza dire nulla, si aggiunse alla mia risata.

 
__RACHEL__

“Robyn, non so che fare!” Dissi al telefono, passeggiando nervosamente per la cucina. Liam era ancora di sopra a dormire, mentre io mi ero alzata presto dopo una notte passata insonne.

“Resisti, presto ricorderà”

“Lo sta già facendo! Ha detto che la notte fa sogni strani, ma non è certo sia il suo passato perché non ricorda nessun Liam”

“E’ una bella cosa”

“Ieri ha detto che anche se non si ricorda di me è certo di amarmi!” Ripensando a quelle parole il mio cuore perse un battito e mi si attorcigliò lo stomaco.

“Wow, magari ti ama davvero. Eppure non lo facevo un tipo così romantico”

“Lui ama Kate, non me!”

“Tu sei Kate”

“Robyn torniamo al punto principale! Se ricorda e poi se la prende con me perché ho mentito?” Quel pensiero non abbandonava la mia mente, continuava a tormentarmi.

“Tu ti sei limitata ad eseguire gli ordini. Mi dispiace Rachel, ma devo andare”

“Certo, ciao Robyn”

“Chi è Robyn?” La voce di Liam mi colse di sorpresa, facendomi sussultare.

“Josh, ti sei svegliato!” Constatai sorridendo “Stai meglio?”

“Si, ma non ha risposto alla mia domanda”

Mi persi nei suoi profondi occhi blu, mentre combattevo una guerra contro me stessa.

“Ho l’impressione che tu mi stia prendendo in giro Kate. O preferisci che ti chiami Rachel?”

Sentii il mondo cadermi addosso a quelle parole e al disprezzo con cui le aveva pronunciate. Allo stesso tempo ero felice che si ricordasse di me. Tutte quelle emozioni contrastanti mi stavano stremando.

“Cosa ricordi?” Gli chiesi un po’ timorosa. Feci un passo verso di lui, ma si allontanò indietreggiando.

“Credo di essere arrivato intorno ai miei 17 anni. Non negherò che sono molto confuso al momento” Si passò una mano tra i capelli, segno che era nervoso “ Ci siamo conosciuti esattamente come tu mi hai raccontato, con l’unica differenza che il mio nome è Liam ed il tuo Rachel! Siamo davvero sposati? Perché non c’è neanche una dannata foto in questa casa? Dove sono quelle del nostro matrimonio?”

Rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire. Il suo tono era duro ed i suoi occhi freddi, non cercava il contatto come aveva fatto negli ultimi giorni, anzi cercava di distaccarsi il più possibile. Mi inumidii le labbra e presi posto ad una delle sedie del tavolo, sospirando.

“Ti chiami Liam Davis”

“Lo sapevo!” Mi interruppe, dando un pugno ad uno dei mobili della cucina “Maledizione”

“Sei un agente dell’FBI”

A quelle parole la sua espressione divenne di incredulità. Lo choc era evidente sul suo volto.

“Io sono Rachel Moore, siamo colleghi e stiamo lavorando sotto copertura”

“Mi stai prendendo in giro” Proruppe in una risata fredda e priva di divertimento. Io mi alzai e da un vecchio barattolo, dove tenevamo nascosta un po’ di roba, tirai fuori i nostri distintivi e glieli porsi. Li studiò per un po’, poi li gettò sul tavolo. Mi guardò quasi spaventato ed io mi  sentii persa, non lo avevo mai visto in quel modo.

“Quindi Josh e Kate...”

“Sono le nostre false identità. Siamo qui per controllare Marcus e Karen, hanno un importante giro di droga in città”

“Marcus e Karen?” Urlò sconvolto, guardandomi come se fossi matta “Ma sono nostri amici!”

“No, non lo sono Liam” La sua testa scattò nella mia direzione quando lo chiamai con il suo vero nome. Sospirai, cosciente che nella sua testa il mondo doveva apparirgli sottosopra. “Mi dispiace, volevo dirtelo, ma il capo me lo ha impedito” Tentai di giustificarmi, ma in quel momento sembrava essere arrivato ad un’altra conclusione, mentre la sua fronte si corrugava.

“Noi non stiamo neanche insieme...” Più che una domanda la sua era una constatazione ed io non potei fare altro che scuotere la testa in risposta.

“Fino ad un’ora fa avevo una moglie ed ora non neanche chi sono!” Esclamò uscendo dalla stanza e lasciandomi sola.

Dopo mezz’ora, durante la quale non avevo fatto altro che rigirarmi il suo distintivo tra le mani, convinta gli servisse un po’ di tempo per metabolizzare tutto, andai in soggiorno. Era sdraiato sul divano e sembrava dormire. Rimasi a guardarlo. I suoi capelli di quel biondo scuro, era scombinati e disordinati, probabilmente per tutte le volte che li aveva torturati tra le sue dita, il torace si muoveva seguendo il ritmo lento e regolare del suo respiro, mentre teneva un braccio poggiato sugli occhi.

Mi sentii invadere dalla tristezza. Mi piacevano le attenzioni che mi dedicava, le parole che mi diceva, quei piccoli gesti, come i baci a fior di labbra prima di dormire oppure lo spostarmi una ciocca di capelli, che faceva con naturalezza. Avevo la vita che avevo sempre desiderato, con l'uomo che avevo sempre desiderato, solo che era tutta un'illusione. Mi piaceva credere che mi amasse davvero, di nuovo.

“Perché mi hai lasciato?”

Sussultai ed i miei occhi incrociarono i suoi, blu e lucidi, che mi fissavano in cerca di una risposta.

“Perché mi hai lasciato Rachel?”
 



__Killigrew__
Ciao! Nuovo capitolo e nuova svolta, Liam sembra aver riacquistato la memoria e per Rachel le cose si fanno difficili. Vi ricorda qualcosa la domanda finale di Liam? Rachel aveva posto la lui la stessa domanda in un precedente capitolo, chissà se anche lei riuscirà a defilarsi con qualche scusa o sarà costretta a chiarire le cose.
Ringrazio come sempre chi segue e chi recensisce!!! Vi aspetto al prossimo capitolo!!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***



 
CAPITOLO 9                                                                                        Next to me

__RACHEL__

Era in momento come questi che vivere senza una madre diventava più pesante di quanto già non fosse, quando avevo bisogno di un aiuto femminile e non avevo nessuno. La prima volta che mi venne il ciclo non sapevo cosa fosse e mio padre era più terrorizzato di me. Ora avevo bisogno di un abito per il ballo di fine anno e la sua risposta era stata "C'è la gonna che ti ha regalato zia Beth!" Peccato che quella gonna non mi venisse più da 7 anni!
Fortunatamente Trisha Bennet, una collega di mio padre, si era premurata di accompagnarmi a scegliere un vestito e gli accessori.

Dopo due ore estenuanti, durante le quali lottai per far stare i miei capelli acconciati e mi diedi una leggera mano di trucco, che faceva anche pena, ero pronta. Certe cose non facevano per me, non ero capace di farmi bella. Mi guarai allo specchio e l'abito verde che avevo acquistato era bellissimo ed il mio sorriso era smagliante.

Il cuore mi martellava nel petto ed ogni volta che sentivo il rombo di un auto correvo alla finestra a controllare che non fosse Liam. Non potevo ancora credere di stare con lui. Lo avevo notato non appena avevo messo piede in quella scuola e non avevo fatto altro che fantasticare su di lui per ben 4 anni. Era un bel ragazzo, forse un po' arrogante o magari semplicemente consapevole del suo fascino. Stavamo insieme da un po' di tempo ormai ed io camminavo ad un palmo da terra. Avrei fatto invidia a molte ragazze andando con lui al ballo. Soprattutto a Carly Howel, quell'oca andava dietro a Liam da un pezzo e non si era arresa neanche dopo che lui si era messo con me. 

Quando guarai l'orario notai che Liam era in ritardo di ben 15 minuti. L'ansia cominciò a crescere dopo altri 20 minuti passati ad attendere, smisi così di torturarmi le mani e afferrai il telefono che avevo nella mia stanza. Composi il suo numero di casa, ma non ottenni alcuna risposta, segno che lui era già uscito.
Mi sdraiai sul letto, facendo bene attenzione a non rovinare i capelli ne' il vestito. Passai forse un'ora a fissare il soffitto, mentre combattevo contro le lacrime, ma alla fine ad avere la meglio fu il sonno.

"Tesoro" La voce di mio padre mi svegliò quando ormai fuori il cielo cominciava a schiarirsi. "Come mai a letto vestita?"

Lo guardai notando che indossava la sua divisa, era appena tornato dal lavoro, quindi dovevano essere le 6 circa, poi abbassai lo sguardo e capii che il mio non era stato solo un brutto sogno: Liam mi aveva dato buca la notte del ballo senza neanche avvertirmi.

"Non sono andata al ballo, Liam non è venuto" Spiegai con le lacrime agli occhi. Le labbra di mio padre si assottigliarono in un'espressione severa, ma subito dopo i suoi occhi si addolcirono e mi avvolse tra le braccia.

"Oh tesoro, io... forse, penso che non dovresti più vedere Liam"

Quelle parole furono come un colpo in pieno petto, mi lasciarono di sasso. Sapevo che a mio padre non andava giù che uscissi con Liam, diceva che la sua famiglia era disastrata e suo fratello era finito fin troppe volte in commissariato. Ma Liam non aveva alcuna colpa di questo. 

"Perché dici così? Avevi detto che mi avresti lasciata fare le mie scelte!" Scattai in piedi e fissai mio padre con sguardo truce. Vidi l'indecisione fare copolinea nei suoi occhi, poi la sua espressione si fece titubante. Era indeciso se rispondermi o meno. Fece un sospiro ed anche lui si alzò.

"Ho visto Liam con una donna mentre facevo il giro di pattuglia. La stava abbracciando, sembravano abbastanza intimi"

Sentii una stretta dolorosa al cuore, dove si stava aprendo una voragine che inghiottiva tutte le mie emozioni. Le lacrime scorrevano libere e veloci sul mio viso. 

"Non è vero" Sussurrai con voce roca scuotendo la testa. Mio padre mi abbracciò per la seconda volta ed io mi aggrappai disperatamente a lui, temendo che le mie gambe avrebbero ceduto.


"Perché non mi hai chiesto spiegazioni? Avrei potuto spiegarti tutto!" Disse Liam, che ora era seduto sul divano e seguiva ciò che gli dicevo con crescente interesse.

"Ci ho provato!" Risposi incredula "Tu eri scomparso nel nulla, non sei neanche venuto durante l'ultima settimana di scuola"

"Non ero affatto scomparso, sono venuto a cercarti il giorno dopo il ballo ma non c'eri. Tuo padre ha sentito le mie ragioni e ha detto che ti avrebbe riferito tutto non appena fossi tornata, di andare tranquillo. Ma quando sono tornato tu non c'eri più e tuo padre mi ha detto che non volevi saperne di me, di lasciarti in pace"

Era impossibile, non poteva dire la verità, mio padre non mi avrebbe mai fatto questo. Non sapevo cosa dire, non riuscivo a muovere un muscolo, ero come congelata. Esattamente come tanti anni prima mi sentivo di nuovo vuota, tradita per l'ennesima volta dall'uomo più importante della mia vita: mio padre.



__LIAM__

Iniziai a misurare a grandi passi la stanza, passandomi una mano tra i capelli di tanto in tanto. Dovevo elaborare tutto. Avevo ricordato tutto, la mia vita mi era ripiombata addosso più pesante di prima, come un macigno. Niente di ciò che credevo vero lo era. Mi voltai verso Rachel, era immobile, i suoi occhi vuoti erano allagati di lacrime, che non facevano che far risplendere ancora di più quel verde. Persino quando era disperata restava la creatura più affascinante sulla Terra. 

Non potevo avercela con lei, aveva solo eseguito gli ordini e anche quel che era successo in passato non sembrava essere andato diversamente, aveva involontariamente seguito il volere di suo padre Alan. Sapevo che non nutriva simpatia verso la mia famiglia, ma non pensavo sarebbe arrivato a tanto.
Io ero rientrato da due settimane da incubo e l'unica cosa che volevo era sentirla vicina, avere lei era la mia unica certezza, la mia costante e lei invece era uscita dalla mia vita in punta di piedi, senza che me ne accorgessi. 


Avrei voluto ricordare cosa indossava l'ultima volta che ci eravamo visti o cosa fosse stata l'ultima cosa che mi aveva detto, ma non avevo fatto caso a quei dettagli, a quelle che mi sembravano piccolezze, perché non sapevo che avrei dovuto marchiare la sua immagine nella mia mente, non sapeo che quello sarebbe stato l'ultimo ricordo che avrei creato con lei.

"Raccontami cos'è successo" Disse Rachel sorprendendomi "Spiegami, spiegami ora com'è andata, perché non stiamo insieme, perché io non lo so più"
Era disperata ed io volevo solo stringerla a me e prometterle che non avrebbe più pianto, ma ancora non potevo.

"Ero pronto per venire da te quella sera, avevo programmato tutto, ma aprendo la porta di casa, sul portico, mi sono ritrovato Dana, in lacrime. Ricordi Dana? La ragazza di mio fratello..." Mi fece un cenno con la testa ed io continuai "Eri lì perché mio fratello aveva trovato un altro dei suoi lavoretti, ma quella volta non aveva voluto portarla con sè, dicendole che l'affare era troppo pericoloso. Lei ovviamente preoccupata è venuta a cercare aiuto da noi, ma appena arrivata non ha suonato, non voleva affrontare mio padre, così era rimasta fuori. Appena mi ha spiegato che mio fratello si era invischiato con gente troppo pericolosa ed il genere di lavoro che doveva fare, ho capito che dovevo andare a recuperarlo. Quella notte abbiamo battuto a tappeto tutta la città senza risultati, poi un suo amico mi ha detto che era andato in Messico. Volevo sentire ancora una volta la tua voce, il tuo sapore, prima di imbarcarmi in qualcosa più grande di me, ma tu non c'eri"

Sospirai quando i suoi occhi ancora una volta si riempirono di lacrime. "Ricordo di aver sentito qualcuno suonare quella sera" Disse asciugandosi il viso con la manica della felpa che indossava "Ma non ero scesa a controllare chi fosse, volevo solo stare nella mia stanza a piangere e sfogare il mio dolore"

"Alan mi era sembrato comprensivo, mi aveva anche raccomandato di fare attenzione. Per la prima volta mi aveva guardato con occhi diversi, ma evidentemente mi sbagliavo"


Vidi Rachel fare un passo incerto verso di me allora mi permisi di appogiarle una mano sul volto, o almeno quella era la mia intenzione. Non appena la mia pelle sfiorò la sua non riuscii a resistere e l'attirai a me. Strinse la mia felpa fra i pugni, mentre le sue lacrime la inzuppavano. Fu come abbracciarla per la prima volta. Fui sorpreso che non dubitò neanche per un attimo della mia storia, si fidava ancora di me ciecamente e quell'idea mi fece esplodere il cuore di gioia, mentre l'amarezza di quegli anni passati lontani mi lasciava uno strano retrogusto in bocca.

"E tuo fratello?" Mi chiese alzando il volto.

"Quello è stato il punto in cui ho perso tutto. Quando l'ho ritrovato abbiamo litigato furiosamente e su sua richiesta sono uscito dalla sua vita. Stavo tornando a casa, ma senza di lui. Ero quasi in città quando ho saputo che mio padre si era ucciso, disperato perché mia madre lo stava lasciano per un facoltoso avvocato"


"Oddio" Sussurrò Rachel sgranando gli occhi.

"Avevo lasciato mio padre solo per andare da mio fratello ed alla fine li avevo persi entrambi. Mia mamma se ne lavò le mani, a me restavi solo tu...era quello che credevo"

Sentii il nodo alla gola farsi più pesante e due lacrime sfuggirono contro la mia volontà.

"Mi dispiace" Mormorò Rachel, baciando quelle goccioline salate. "E' stata colpa di mio padre. Avrei dovuto esserti accanto, invece ero impegnata ad odiarti..."

"Mi odi?" La interruppi, con il fiato sospeso.


Seguii con gli occhi la sua lingua muoversi sulle sue labbra mentre le inumidiva, vidi il suo seno alzarsi per poi tornare giù mentre sospirava, incrociai il suo sguardo che sembrava chiamare il mio. Avevo voglia di sentirla mia di nuovo, di dimenticare il passato, di poter provare quella sensazione unica che mi invadeva quando credevo che fosse mia moglie.

"Non ti ho mai odiato"

Non resistendo più, l'attirai a me facendo aderire completamente i nostri corpi e posai le mie labbra sulle sue. Mi stupii quando fu lei a tentare immediatamente di approfondire quel bacio. Assaporarla di nuovo fu come liberare il mio cuore dalle catene che fino a quel momento gli avevano impedito di battere.

"Ti amo" 

Di tutte le cose che poteva dire o fare, quelle due parole soffiate sulle mie labbra furono ciò che mi fece perdere la testa, mi avventai su di lei senza porre più freni al mio istinto ed ai miei sentimenti.




 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***



 
CAPITOLO 10                                                                                         Next to me

__RACHEL__

Il suono incessante del campanello mi rovinò il sonno. Mi strinsi ancora di più a Liam, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo e, respirando a fondo il suo profumo dolce ed allo stesso tempo pungente,  tentai di tornare nel mondo dei sogni. Non che ne avessi bisogno, in quei giorni la realtà andava ben oltre i miei sogni più belli: da quando io e Liam avevamo chiarito tutto non ci eravamo staccati un attimo l’uno dall’altra e avevamo fatto ben poco al di fuori del letto.

“Rachel, ti prego va a vedere chi è” Mi implorò Liam assonnato. Sbuffando mi alzai dal letto e rabbrividii quando, sgusciando da sotto le coperte, il mio corpo entrò a contatto con l’aria fresca. Afferrai una maglia poco distante e mi diressi al piano di sotto.

“’Che suoni così?” Sbottai infastidita aprendo la porta.

“Buongiorno anche a te” Rispose sarcastica Karen “Hai intenzione di tornare a vivere o vuoi ancora festeggiare con il tuo maritino?”

“Co…Cosa?” Domandai, probabilmente diventando completamente rossa in volto.

“Non fare quella faccia! Sono passata ieri, ma vi si sentiva sin da fuori” Spiegò sventolando una mano ed entrando in casa “Non trovo Josh nudo da qualche parte vero?” Rise voltandosi a lanciarmi uno sguardo divertito. Scossi il capo ancora imbarazzata, ma in quel momento spuntò Liam con in dosso solo un paio di pantaloncini.

“Karen! Eri tu a suonare come un’ossessa? Dovevo immaginarlo”

“Ma ciao Josh, vedo che ti sei ripreso alla grande”

“Ovvio, non mi dire che tu non hai dimostrato al tuo Marcus quanto fossi contenta di riaverlo a casa” Rispose Liam, guardandola come se fosse scontato. Fu il turno di Karen d’arrossire, ma schiarendosi la gola velocemente riprese in mano la situazione.

“Non sono certo venuta a parlare di sesso! Vi  devo chiedere un favore immenso e voi, in quanto amici fidati, non siete autorizzati a rifiutare”

A quelle parole e di fronte all’espressione improvvisamente disperata di Karen, scambiai uno sguardo eloquente con Liam ed entrambi tornammo curiosi a sentire ciò che aveva da dirci.

“Stasera vengono a cena sia i miei genitori che mia sorella e vorrei che ci foste anche voi”

“Cosa centriamo noi?” Chiesi confusa, ma comunque allettata all’idea di entrare in casa Mendez.

“Mia madre e mia sorella nella stessa stanza…” Disse lei ridendo e scuotendo la testa “Senza contare che mio padre odia Marcus. Vi prego venite!” Sembra che fosse davvero sconvolta così decisi i accettate senza pensarci due volte.

“Va bene, mi farebbe piacere scambiare due chiacchiere con Marcus, è da un po’ che non ci vediamo” Rispose Liam, incamminandosi verso la cucina, quando mi passò alle spalle si fermò per lasciarmi un leggero bacio sul collo, poi ci lasciò sole.

“Non vedo l’ora che Marcus stia meglio, con un braccio fuori uso e due costole incrinate non c’è molto da fare” Sospirò Karen, dopo di che si avviò a passo svelto verso la porta.

“Ah” Si voltò appena prima di uscire “Rigorosamente eleganti, i miei ci tengono a queste cose” Disse roteando gli occhi seccata.

“Perfetto” Borbottai lasciandomi cadere sul divano e guardando il soffitto bianco.

Ripensai a tutto ciò che mi aveva raccontato Liam qualche giorno prima, spiegava le lacune presenti nelle scuse di mio padre e del motivo per cui mi aveva accuratamente evitata ogni volta che riaprivo l’argomento. Soprattutto ora sapevo perché, un padre geloso e rigido come il mio, mi avesse regalato un viaggio in Europa quell’anno. Volevo parlargli, avevo bisogno di sapere perché mi aveva fatto questo.

“A cosa pensi?” Chiese Liam, sollevandomi la testa per poi appoggiarsela sulle gambe una volta che avesse preso posto.

“Voglio andare da mio padre”

“Sta ancora a Boston?”

“No, Philadelphia” Dissi alzando lo sguardo ed incrociando i suoi occhi blu, che mi scrutavano curiosi e forse anche un po’ preoccupati.

“Quando vuoi che andiamo?” Mi sorpresi nel costatare che voleva accompagnarmi, ma ero certa che in sua presenza mio padre avrebbe alzato ancora di più il muro che aveva intorno a lui negandomi qualsiasi spiegazione.

“Vorrei andarci sola” La sua fronte si aggrottò e le sue labbra si socchiusero, ma non disse nulla “Non è perché non voglio che tu venga, è che conosci mio padre, sai come reagirebbe. Poi è da un po’ che non lo vedo, vorrei stare sola con lui” Mi affrettai a spiegare, scattando a sedere.

Il suo sguardo rimase incerto per qualche secondo, poi mi regalò uno splendido sorriso “Certo, ok”
Feci un sospiro di sollievo e mi sporsi verso di lui per lasciargli un bacio sulle labbra.

“Sei così buona che mi verrebbe voglia di mangiarti!” Esclamò saltandomi addosso e facendomi ricadere con la schiena sul divano. Le mie risate riempirono la casa mentre, facendomi il solletico, lasciava una scia di morsi lungo il mio collo. Finalmente ero di nuovo sua, finalmente mi sentivo di nuovo viva.

 
__LIAM__

Salii di sopra a controllare come mai Rachel ci stesse mettendo tanto. Marcus aveva già telefonato due volte, sottolineando il fatto che Karen fosse estremamente agitata. Non appena entrai nella stanza la trovai a passeggiare intorno al letto nervosa. Era stupenda: indossava una gonna a tubino bianca ed una maglia verde acqua, che in alcuni punti aveva delle trasparenze di pizzo. Era semplicemente da far perdere il fiato, qualsiasi uomo sarebbe caduto ai suoi piedi.

 “Sei la cosa più bella che io abbia mai visto” Mi avvicinai alle sue spalle e poggiai le mani sui suoi fianchi. Sussultò per poi rilassarsi poggiando la sua schiena al mio petto.

“Bugiardo” Rispose ridendo.

“Non è vero! L’ho pensato dal primo momento in cui ti ho vista, sapevo che dovevi essere mia”

Fece un giro su se stessa e poggiò le braccia sulle mie spalle, passandomi una mano tra i capelli. I capelli legati in uno chignon lasciavano libero accesso al suo collo, le labbra erano rosse ed invitanti ed il trucco le metteva in risalto gli occhi, che però avevano qualcosa che non andava.

“Cos’hai?” Le chiesi, piegando leggermente la testa di lato e cercando di interpretare la sua espressione.

“Ho paura”

Quella risposta mi spiazzò. “Di cosa?”

“Non lo so, fino ad ora siamo rimasti rintanati qui dentro ed è andato tutto bene, ma fuori è diverso, c’è un’altra realtà...”

“Rachel, questa è la realtà. Io e te lo siamo. Stiamo insieme sia dentro questa casa che fuori, sia durante la missione che dopo. Non ti lascerò scappare un’altra volta, puoi starne certa”

I suoi occhi si illuminarono e sul suo volto comparve un sorriso.

“Cosa?” Le chiesi sorridendo di rimando.

“Hai detto che stiamo insieme”

“Certo, perché è così”

“Ti amo” Rispose semplicemente, fiondandosi sulle mie labbra.

“Anche io piccola, ma se fai così non usciremo più da questa casa e Karen ci verrà a cercare con un Kalashnikov”

“Dici che ne ha uno?” Domandò ridendo mentre mi prendeva per mano e mi trascinava di sotto.

“Probabilmente” Risi “Tieni gli occhi aperti stasera”

La casa dei Mendez era esattamente come la ricordavo: nel soggiorno c’era l’enorme divano scuro, fronteggiato da un maxischermo e l’elegante sala da pranzo, dove c’era un tavolo che avrebbe sicuramente permesso a 12 persone di starci comodamente sedute intorno, era stata tirata a lucido.

Studiai attentamente la famiglia di Karen, cercando di capire al meglio i soggetti che avevo di fronte.
Richard Hover era un uomo alto, capelli brizzolati e viso curato. Aveva in volto un’espressione severa, che non aveva mai cambiato per tutta la serata, ed i suoi occhi erano duri e freddi come il ghiaccio. Aveva parlato poco durante la serata, mi aveva giusto fatto qualche domanda in merito al mio lavoro, mettendomi di tanto in tanto in difficoltà, mentre aveva quasi volutamente ignorato Marcus, facendo qualche eccezione solo per sminuirlo o smentire ciò che aveva da dire. Per un attimo mi ritrovai a pensare cosa avrei potuto fare se il padre di Rachel si fosse comportato allo stesso modo con me, ma scacciai quell’idea quasi immediatamente.

La signora Hover era una donna distinta ed elegante. Sembrava non provare la stessa avversione di suo marito verso Marcus, con cui interagiva tranquillamente. Non avevo parlato per nulla con lei, al contrario di Rachel, che l’aveva intrattenuta insieme a Karen parlando dell’università e dei corsi che entrambe frequentavano.
Tutt’altra storia fu invece Jessica, la sorella di Karen. Le due non si somigliavano per nulla, lei era bionda e con gli occhi chiari e soprattutto anche abbastanza appiccicosa e riusciva con i suoi comportamenti a suscitare l’ira di Rachel, che aveva passato la serata a lanciarle sguardi infuocati. Non mi aveva mollato un attimo, continuando a farmi domande su qualsiasi cosa ed invitandomi persino a cena, ero stato costretto a precisarle per ben due volte che ero un uomo impegnato, ma lei non sembrava volere recepire il messaggio. Insieme a Jessica c’era anche Timmy, suo figlio, che avrà avuto all’incirca 6-7 mesi e che era la causa della rottura del rapporto tra la ragazza e la signora Hover.

Per quel che ne sapevamo loro non erano invischiati negli affari illeciti che gestiva Karen, ma conoscere al meglio il nemico era una regola.

“Fai tanta palestra, Josh?” Domandò Jessica accarezzandomi un braccio. Eravamo seduti sul divano ed io ero circondato, da un lato avevo Rachel e dall’altro quella bionda pazza che non voleva lasciarmi in pace.

“Ne facciamo parecchia a letto!” Rispose acida Rachel facendomi andare di traverso il whisky che stavo bevendo. Fortunatamente gli altri si erano spostati per qualche strano motivo in cucina. Visto che erano via da parecchio tempo decisi di andare a controllare cosa stesse succedendo.

“Vado un attimo di là. Non la uccidere intanto” Sussurrai all’orecchio di Rachel, per poi lasciarle un bacio ed alzarmi.

“Signore, le garantisco che noi non centriamo nulla con gli affari di mio fratello” Stava dicendo Marcus infervorato.

“Lo spero bene, non voglio che tu metta mia figlia in pericolo!”

“Papà!” La voce di Karen era esasperata e sembrava sull’orlo delle lacrime.

“Sa che non lo farei mai, gliel’ho promesso quel giorno. Karen è tutto per me. Noi siamo puliti, è da mesi che lo siamo”

“Merda!” Sibilai allontanandomi dalla porta socchiusa. Se quello che Marcus stava dicendo era vero stavamo sbagliando tutto, mesi di indagini ed eravamo con il fiato sul collo della gente sbagliata. Mi passai una mano sul volto cercando di capire come fosse possibile che non ci fossimo accorti di nulla e mi chiusi nel bagno. Quando ne uscii erano di nuovo tutti in soggiorno ed io ripresi posto accanto a Rachel, notando l’assenza di Jessica, le lanciai uno sguardo interrogativo, ma lei semplicemente mi sorrise soddisfatta.

“Ti va una birra amico?” Mi domandò Marcus, facendo un cenno verso la cucina.

“Certo, vengo con te” Risposi cogliendo la palla al balzo.

“Strana cena vero?” Disse una volta in cucina.

“Succede la stessa cosa anche quando viene la tua famiglia?” Se fossi riuscito a giocarmela bene forse sarei riuscito ad arrivare dove volevo.

“No, mio Dio! No, i miei sono tipi alla mano, non hanno la puzza sotto al naso” Sbottò evidentemente infastidito, passandomi una bottiglia di birra e poggiandosi ad un banco della cucina.

“Mi pare che tu avessi detto di avere un fratello, giusto?”

“Si, ma non ci parlo molto con lui”

“Anche io ne ho uno e non lo sento da anni. Cos’è successo tra voi?”

“Prima lavoravamo insieme, poi diciamo che ho deciso di cambiare carriera e a lui non è andata molto a genio la cosa”

“Niente di grave allora”

“Ah no, è diventato molto grave quando ha messo in mezzo mia moglie!” Mandò giù un lungo sorso di birra, staccando la bottiglia dalle labbra quando ormai era quasi vuota.

“Cosa le ha fatto?”

Mi squadrò per un attimo e poi fece schioccare le labbra scuotendo la testa. “Storia lunga, ti basti sapere che vorrei vederlo affondare, colare a picco! Non è più mio fratello, per me è morto!”

Era tutto ciò che mi interessava sapere.

Non appena rientrammo a casa Rachel iniziò una filippica su quanto odiasse Jessica, ma si dimenticò presto di lei non appena le spiegai quanto avevo scoperto. Feci lo stesso con il capo, che ci ordinò di restare fedeli al piano iniziale, precisando che l’indomani mattina ci sarebbe stata una riunione di emergenza per discutere il tutto.
**Mattina Seguente**

__RACHEL__

Entrare negli uffici del FBI dopo così tanto tempo mi fece una strana sensazione ed ancora di più farlo mano nella mano con Liam.

“Ci guardano tutti” Bisbigliai imbarazzata notando gli sguardi curiosi ed anche alcuni poco felici di alcune colleghe.

“Bene, così Kevin capirà che sei mia” Rispose Liam soddisfatto.

“Kevin?”

“Quel cretino è da mesi che ti sbava dietro, ma non ha mai avuto le palle i dirtelo” Spiegò aprendo per me la porta della sala riunioni e mollandomi la mano. Entrando mi guardai intorno e presi posto vicino a Robyn, mentre Liam si allontanò andando verso Jason.

“Sono tutta orecchi” Disse Robyn incrociando le braccia al petto e guardandomi con occhi accusatori.

“Sappi solo che non è il grande stronzo che credevo”

“E che mi dici della storia...” Fu interrotta dall’ingresso del capo, che a grandi passi si diresse al centro della stanza, schiarendosi la gola per attirare l’attenzione dei presenti. Tesa, mi sistemai meglio sulla sedia. Il mio più grande timore era quello che avessero cancellato la missione, mi ero abituata all’idea di vivere con Liam ed il pensiero di dover tornare alla mia casa solitaria mi metteva tristezza.

“A quanto pare la missione degli agenti Davis e Moore ha dato i suoi frutti. Abbiamo notizie importanti, anche se non sono esattamente quelle che speravamo. Karen e Marcus Mendez sono fuori dai giri” A quelle parole un leggero brusio si levò tra i presenti che si scambiarono sguardi confusi ed allibiti e Rob mi guardò shockata. “Oltretutto non riusciamo a capire come stanno facendo entrare la merce” Questa volta ad essere sorpresi fummo io e Liam.

“Cosa intende dire?” Chiese quest’ultimo.

“Sospettiamo che il trasporto avvenga sempre via mare, ma non riusciamo ad intercettarli, non ci sono tracce”

“Quindi come procediamo?”

“Cerchiamo alleati” Rispose il capo, poggiando i palmi delle mani sul tavolo e rivolgendosi direttamente a Liam “Hai detto che Marcus nutre un profondo rancore per il fratello e vorrebbe distruggerlo, scopri fino a che punto è disposto a spingersi.

“Ci sta chiedendo di mandare a monte la copertura?” Domandai io confusa.

“Non ancora, per ora mantenete le vostre false identità e scoprite come diavolo abbiamo fatto a non accorgerci di tutto questo casino!”

Quando la riunione terminò scappai via con Liam, evitando così l’interrogatorio di Robyn.

“Come facciamo?” Gli domandai rassegnata una volta che fummo sulla sua auto.

“Dobbiamo prima scoprire cos’è successo di così grave a Karen da far andare Marcus su tutte le furie. Direi che questo è compito tuo” Disse voltandosi verso di me e facendomi un occhiolino prima di riportare lo sguardo sulla strada trafficata. Il resto del tragitto lo passammo proponendo vari piani d’azione, uno più penoso dell’altro, per poi alla fine arrenderci e rimandare la discussione al giorno dopo.

“Così Kevin mi veniva dietro” Risi divertita stuzzicando Liam, mentre le porte dell’ascensore si aprivano dandoci modo di scendere al nostro piano. “E lei che ci fa qui?” Sbottai indignata, indicando il fondo del corridoio dove, di fronte alla porta del nostro appartamento, c’era Jessica che reggeva in braccio Timmy. Aumentai il passo lasciando indietro Liam che stava rispondendo un semplice “Non lo so”

“Hai per caso bisogno di qualcosa?” Le chiesi acida, posizionandomi di fronte a lei con le mani poggiate sui fianchi. La sera prima quell’ora non aveva fatto altro che stare addosso a Liam, facendomi ribollire il sangue.

“In realtà si” Rispose, poi guardò alle mie spalle, dove presumibilmente c’era Liam “Possiamo entrare?”

Lui, guardando entrambe, acconsentì e si accinse ad aprire la porta. Non appena fummo dentro Jessica mi mollò in braccio Timmy ed io lo afferrai impacciata, non avevo mai tenuto un bambino prima.

“Dovevo vedermi con Karen e Marcus, ma non ci sono” Disse come se quello spiegasse tutto.

“Quindi?”Domandò Liam, distogliendo velocemente lo sguardo da me e Timmy.

“Ho un affare importante e Marcus avrebbe dovuto accompagnarmi, è una cosa che non me la sento di fare sola. Ci verresti tu al suo posto?” Si avvicinò poggiando una mano sul petto di Liam ed in quel momento avrei voluto afferrarla per quella bella coda bionda e sbatterla fuori. “Potrebbe succedermi qualcosa” Aggiunse ed io lessi chiaramente la curiosità negli occhi di Liam. Titubante lui mi guardò dispiaciuto ed io sapevo già quale sarebbe stata la sua risposta.

 


__Killigrew__
Ciao! Capitolo un po' più lungo questa volta, dove vediamo che Rachel vuole chiarire la situazione con suo padre e Jessica fa il suo ingresso in scena, portando con se una leggera brezza che si potrebbe trasformare in una ventata di guai. Staremo a vedere ;) Chissà dove trascinerà Liam?
Spero il capitolo non risulti troppo lungo e spero vi sia piaciuto!
Alla prossima! ^-^



 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***



 
CAPITOLO 11                                                                 Next to me

__RACHEL__

“Dai, non piangere” Disperata cullavo quel bambino, che però non sembrava intenzionato a dormire. Liam era scomparso ormai da un’ora con quella gatta morta di “Tu-Puoi-Chiamarmi-Jess” e mi aveva lasciata sola con quel bambino. Avevo provato più volte a contattare Karen e Marcus, che erano però irreperibili, scomparsi nel nulla e quella situazione iniziava sul serio ad insospettirmi.  Come se non bastasse tra pochi giorni avrei avuto un esame ed avremmo dovuto studiare, ma sembrava proprio che la mia compagna di corso se ne fosse scordata, presa com’era dalla sua situazione familiare.

“Vuoi mangiare?” Domandai senza ricevere ovviamente alcuna risposta. Spostando Tim sul fianco sinistro, con la mano destra presi a frugare nella grande borsa che Jessica aveva abbandonato sul divano, bofonchiando che dentro ci fosse la roba necessaria per il bambino, prima di scomparire con il mio ragazzo. Afferrai il biberon ed del latte in polvere, ma mi bloccai quando vidi con la coda dell’occhio i pannolini.

“Dimmi che non ti devo cambiare! Non so come si fa” In modo impacciato constatai che, fortunatamente, il pannolino che indossava era ancora immacolato. Velocemente e seguendo le istruzioni presenti sul retro della busta, preparai il latte e vi spezzai dentro qualche biscottino. Non appena avvicinai il biberon alle labbra di Timmy le urla cessarono ed iniziò a mangiare con foga.

“Avevi fame piccolo! Scusa se non l’ho capito subito, ma io sono sempre stata la piccola di casa, non so niente di bambini”

Lo guardai mentre svuotava in fretta il biberon e quegli occhioni azzurri assonati già gli si chiudevano. Non avevo una culla od un passeggino dove farlo riposare, quindi decisi di sdraiarmi sul letto con lui. Lo posizionai di traverso, in modo tale che da una parte ci fossi io e dall’altra la testiera imbottita del letto, così da essere certa che non sarebbe caduto. Non appena mi misi di fianco a lui, Timmy si avvinghiò a me, giocherellando con i miei capelli e succhiando rumorosamente il suo ciuccio. I suoi occhi si chiusero e dopo poco anche io seguii il suo esempio addormentandomi.

Fu la suoneria del mio cellulare, che rimbombava per tutta la stanza, a svegliarmi. Di fretta lo afferrai da sopra il comodino e risposi.

“Pronto?” Bisbigliai, lanciando un’occhiata a Timmy, che fortunatamente continuava a dormire indisturbato.

“Rachel, perché sussurri?” Era Jason, collega ed amico di Liam “Vabbe’, non importa. La polizia ha ricevuto la segnalazione di una rapina a mano armata in una gioielleria sulla Quinta Strada”

“E cosa centra l’FBI?”

“A quanto pare Liam è lì dentro”

“Nella gioielleria?” Domandai confusa “E cosa ci fa lì?” Di certo non pensavo che Jessica l’avrebbe trascinato a fare shopping.

“Speravo me lo dicessi tu”

“Non lo so, ma se è solo una rapina se la saprà cavare, in fondo è o no un agente?” Risposi prima di riagganciare. Una nota di gelosia mi risalì lo stomaco ripensando che fosse con la bionda. Sapevo che faceva l’accondiscendente solo per scoprire cosa volesse realmente la ragazza, ma non mi piaceva in ogni caso. Mi finsi calma, mi convinsi di esserlo, ma inevitabilmente un filo di preoccupazione si fece largo dentro di me. Corsi nella cabina armadio e controllai lo scatolo dove teneva dentro le sue pistole e notai che erano ancora tutte là. Era disarmato, il mio filo di preoccupazione improvvisamente si trasformò in una montagna. Aprii velocemente il cassetto del mio comodino e ne tirai fuori la mia pistola, indossai la fondina, ben nascosta sotto la giacca, e ce la infilai dentro.

Provai ancora una volta a chiamare Karen, senza ottenere alcun risultato, allora scomodai Timmy dal suo comodo giaciglio e lo presi in braccio. Continuando a dormire, avvolse le sue piccole braccia intorno al mio collo e poggiò la testa sulla mia spalla.

-Forse non sarei così male come mamma, o forse si visto che lo sto portando in un luogo tendenzialmente pericoloso-

Mi fiondai fuori di casa e presi un taxi. Arrivata al luogo indicato da Jason trovai due auto della polizia ed un’altra scura, che riconobbi come quella del capo. In lontananza avvistai Jason e Robyn, che parlavano con un agente. Guardandomi ancora intorno, poco distante, vidi il capo e feci per avvicinarmi, ma fui bloccata da un uomo in divisa.

“C’è una rapina in corso, la strada è bloccata, non può passare”

“Rachel Moore, FBI” Recuperai goffamente il distintivo e glielo mostrai. Dopo aver squadrato un’ultima volta me ed aver gettato un’occhiata scettica a Timmy, riluttante si fece da parte.

“Moore! Che ci fai qui? E chi è questo bambino?” Domandò il capo venendomi incontro.

“E’ il figlio di Jessica Hover, la sorella di Karen”

“E perché ce l’hai tu?”

“Perché ora lei è dentro quella gioielleria con Liam!” Sbottai a voce un po’ troppo alta. Timmy si stiracchiò un po’, ma continuò a dormire ed io tirai un sospiro di sollievo. “Lo tenga lei” Glielo porsi delicatamente, ignorando le sue proteste “E non lo svegli!” Aggiunsi minacciosa, prima di raggiungere Jason e Robyn.

“Com’è la situazione?” Chiesi perentoria. Volevo solo sapere se Liam fosse in reale pericolo o se la situazione fosse gestibile.

“Rachel...”

“Si, si... cosa ci faccio qui, ecc...” Interruppi Robyn, che parve stupita ed anche un po’ offesa dal mio tono. Prendermela con lei era un modo come un altro per sfogare il mio nervosismo. Ero preoccupata per Liam.
Nessuno mi diede spiegazione, quindi senza aggiungere altro presi la pistola e tenendola bassa davanti a me mi avvicinai a degli agenti che erano appostati dietro delle macchine proprio di fronte alla gioielleria.

“Sono del FBI” Specificai loro. Notai immediatamente che la vetrina era rotta e si sentivano delle voci provenire dall’interno, ma non si capiva cosa stessero dicendo. Impaziente provai ad avvicinarmi, ma Jessica si voltò proprio in quel momento nella mia direzione, costringendomi a fiondarmi dietro un auto. Sperai che non mi avesse vista, ma il mio gesto non era passato inosservato, in quanto in un secondo, dopo un boato, fui raggiunta da un colpo di pistola.

“Sparano! Sparano!” Sentii un poliziotto comunicare via radio “Agente atterra”
Un bruciore allucinante si diffuse lungo il fianco sinistro, dove la mia maglia si stava colorando di rosso.
 

__LIAM__

Sapevo che a Rachel non andava giù l’idea che avessi accettato di accompagnare Jessica, ma non avevo altra scelta, dovevo per forza scoprire cosa c’era dietro quella storia. Marcus aveva detto la sera prima di essere fuori dagli affari loschi ed il giorno dopo Jessica diceva praticamente l’opposto, forse.

Senza esitare l’avevo seguita fuori casa, lanciando un’ultima occhiata a Rachel, che teneva in braccio Timmy, prima di chiudermi la porta alle spalle. Per gran parte del tempo Jessica non aveva fatto altro che cercato di impressionarmi raccontando storie su quanto fosse brava nel fare una o l’altra cosa e più volte aveva tentato di afferrarmi il braccio mentre camminavamo per strada. Non volevo far ingelosire Rachel, anche se quel suo comportamento mi lusingava, mi faceva sentire importante. Stavo scoprendo un nuovo lato di lei che rendeva ancora più affascinante e perfetta.

“Siamo arrivati” Sentenziò Jessica indicando una piccola gioielleria, davanti alla quale eravamo fermi.

“Una gioielleria?” Tentai di nascondere la delusione, mi aspettavo qualcosa come un vecchio magazzino, un quartiere malfamato, di certo non una gioielleria sulla Quinta Strada.

“Si, devo comprare una collana ed ho intenzione di spenderci parecchi soldi e avevo paura che qualcuno avesse potuto derubarmi una volta uscita” Disse sfoderando la sua migliore faccia da angelo, che comunque non le dava per nulla l’aria da innocente. Mi trascinò all’interno del negozio, dove una signora anziana ci servì immediatamente, accogliendoci con un gran sorriso.

“Vuole comprare qualcosa alla sua fidanzata?” Domandò gentilmente la signora.

“No, lei non è la mia fidanzata!” Chiarii immediatamente “Sono solo un amico” Il sorriso della signora si affievolì per un secondo, per poi ritornare ancora più grande di prima, mentre Jessica si stava già guardando intorno. Passò almeno mezz’ora a fissare due collane, studiandole in ogni dettaglio, così scocciato io iniziai a guardarmi in giro,in fondo al negozio c’era un uomo di spalle che parlava con una commessa, mentre questa gli mostrava vari tipi di anelli. Avrei sempre potuto trovare qualcosa che mi sarebbe potuta tornare utile se avessi dovuto fare un regalo a Rachel. Mi cadde l’occhio sugli anelli, ma li scartai velocemente, spostandomi su dei piccoli ciondoli.

Quando sentii la porta aprirsi mi voltai e vidi un altro uomo entrare. Non appena questo fu all’interno estrasse una pistola da una delle tasche della giacca e la puntò contro la signora che stava servendo Jessica, che immediatamente si fiondò verso di me. Intanto alle mie spalle l’altro uomo fece lo stesso con la commessa, che lanciò un urlo prima di iniziare a piangere.

“Metti tutte le collane dentro questo sacco e non fiatare” Disse l’ultimo arrivato, poi si voltò verso di noi sventolando l’arma “Voi mettetevi contro il muro!”

-Giornata ideale per uscire senza pistola-

Facemmo quanto ci ordinò e con mio immenso stupore notai che Jessica era più calma di quanto mi sarei aspettato. La commessa alle mie spalle non faceva che piangere, di tanto in tanto gettavo un’occhiata, ma dalla mia posizione mi veniva scomodo. Passarono i minuti a svuotare ogni banco, rompendo le vetrine e trafugando anche quelle. Intanto notai movimento all’esterno e intuii che la polizia doveva essere arrivata, mi stavo solo chiedendo cosa aspettassero ad intervenire.

“Abbiamo abbastanza, andiamo!” Disse sempre il primo uomo. Il secondo, che si era calato un passamontagna sul volto, scelta poco furba visto che le telecamere di sicurezza l’avevano certamente ripreso, si avvicinò a noi ed allungò una mano verso Jessica.

“Andiamo piccola”

Quella voce mi riportò indietro nel tempo e riconobbi immediatamente di chi fosse. Rimasi qualche secondo a fissare l’uomo che avevo di fronte, che invece evitava accuratamente di incrociare il mio sguardo, poi fu proprio quest’ultimo a riportarmi con i piedi per terra.

“Sbirri dietro la macchina!” Urlò indicando un’auto appena fuori dal negozio. L’altro senza farselo ripetere due volte alzò la pistola prontamente e sparò un colpo.

“Scusa gioia, sei davvero un bel bocconcino, ma io vado con loro” Sorrise Jessica, facendomi l’occhiolino. Afferrò una delle borse e poi si avvicinò all’uomo con il passamontagna che le passò un braccio intorno al collo e la trascinò con sé fuori.

“Abbiamo un ostaggio, non vi muovete o la facciamo fuori!” Gridò, puntando una pistola alla tempia di Jessica che, come un’attrice professionista, iniziò a piangere disperata.
Non potevo credere che mi ero fatto mettere così facilmente nel sacco. Dopo essermi assicurato che la signora e la ragazza che lavorava nella gioielleria stessero bene, mi fiondai fuori e mi guardai intorno. C’erano alcuni agenti della polizia, mentre delle auto a sirene spiegate si dirigevano a Sud, probabilmente all’inseguimento dei tre. Immediatamente vidi Robyn e le corsi incontro.

“Jason! Che ci fate qui? Di alla polizia che quella non è un ostaggio! E’ con loro, è una complice!” Dissi preoccupato, tutto d’un fiato indicando la direzione verso cui erano sparite le volanti. Non sentii nulla però di ciò che Jason mi rispose in quanto in quel momento notai alle sue spalle il capo che teneva in braccio quello che sembrava proprio Timmy. Allora capii tutto.

“Dov’è Rachel?” Chiesi guardandomi intorno, alla ricerca dei suoi capelli scuri o dei suoi occhi verdi.

“Ecco, Liam...” Smisi di cercare e mi voltai di scatto a guardare il mio amico che abbassò per un attimo lo sguardo, poi alzò una mano ed indicò un punto poco distante, proprio di fronte alla gioielleria, dove c’era un piccolo campanello di paramedici ed un'ambulanza ferma. Senza aspettare altro, e pregando che non fossero lì per lei, corsi ed arrivato vidi Robyn che si accingeva a salire sull’ambulanza.

“Vado io con loro!” Dissi, con il cuore in gola, poggiando una mano sulla spalla di Robyn, che mi guardò sorpresa e dopo aver fatto un cenno ad uno dei paramedici fece qualche passo indietro.

“Robyn!” Le urlai facendola fermare “Di’ alla polizia che il rapinatore con il passamontagna è Bobby, mio fratello”


 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***




 
CAPITOLO 12                                                                       Next to me

 
__RACHEL__

Avevo più volte ripetuto di stare bene, ma mi avevano comunque costretta a sdraiarmi sulla barella. Robyn non faceva che chiedere ai medici come fosse la ferita e quanto fosse grave, mentre tutti continuavano beatamente ad ignorarmi. Il bruciore mi prendeva il fianco sinistro, ma non era così insopportabile, probabilmente avevo ancora in circolo parecchia adrenalina che mi impediva di sentirlo appieno. Io volevo sono andare ad acciuffare quello stronzo che mi aveva sparata.

“Vado io con lei” Mi sorpresi nel sentire la voce di Liam e provai ad alzare la testa, ma una dottoressa mi bloccò riappoggiandomela alla barella ed io sbuffai sonoramente.

“Liam” Lo chiamai, sperando di attirare la sua attenzione che era rivolta a Robyn.

“Rachel! Si può sapere che diavolo hai combinato?” Mi domandò con tono accusatorio, ma nei suoi occhi leggevo  solo preoccupazione, così abbozzai un sorriso, che però si trasformò in una smorfia quando uno dei medici toccò la mia ferita. “Come ti senti?”

“E’ da un’ora che ripeto a tutti che sto bene, ma non mi filano neanche di striscio” Mi lamentai, sperando che almeno lui avrebbe preso la mia parte. “Hanno voluto per forza farmi sdraiare su questo coso!”

“Ti hanno sparato!” Esclamò Liam sporgendosi a controllare la ferita, per poi tornare di fianco alla mia testa. Ci stavamo muovendo e mi resi conto di una cosa.

“Sai che è il mio primo viaggio in ambulanza da paziente?”

“E speriamo anche l’ultimo” Borbottò lui passandosi una mano tra i capelli.

“Sta tranquillo, sto bene” I suoi occhi blu si posarono sui miei e mi persi per qualche secondo a pensare quanto fosse bello. Poi mi ricordai di Jessica.

“Ma Jessica?”

“Quando saremo in ospedale ti spiegherò tutto”

Non appena arrivammo al pronto soccorso un ragazzo, che avrà avuto circa la mia età, mi medicò. Il caos che regnava in quel posto era incredibile: c’era gente in camice che correva avanti e indietro, infermiere con pile di cartelle cliniche in mano, pazienti che piangevano o che parlavano tranquillamente con qualche familiare.

“Sbrigati” Disse un uomo un po’ anziano avvicinandosi al ragazzo che avevo accanto “Abbiamo in arrivo due poliziotti coinvolti in un incidente d’auto”

“Cos’è successo?” Domandò curioso Liam, fermando l’uomo che stava per andare via.

“C’era un inseguimento” Rispose questo semplicemente allontanandosi, Liam mi mimò un –Torno subito- con le labbra e raggiunse il dottore, probabilmente per saperne di più.

“E’ fortunata, il proiettile l’ha colpita solo di striscio, la ferita non è molto profonda” Disse il ragazzo di fronte a me.

“Grazie! L’ho detto io che non era nulla!” Risi, felice che la diagnosi medica coincidesse con la mia.

“Le ho dovuto solo mettere 7 punti di sutura, ma guarirà in fretta”

Guardai dove stava poggiando la garza per coprire la ferita e sperai solo che non ne restasse una brutta cicatrice e si rimarginasse bene.

“Io comunque mi chiamo Nate” Sorrise alzando lo sguardo su di me per poi tornare a controllare ciò che stava facendo “Nel giro di 10 giorni dovrebbe essere apposto” Continuò il ragazzo levandosi i guanti in lattice e gettandoli in un bidone poco distante per poi tornare da me “Può passare per una piccola visita di controllo e poi potremmo andare a cena fuori” Ammiccò, ed io mi sentii arrossire dalla testa ai piedi. Non era niente male, ma io ero interessata solo ad un certo tipo con gli occhi blu ed il sorriso da far perdere il fiato, che era proprio a pochi passi a me.

“Ehm, lo vedi quel ragazzo?” Chiesi indicando Liam “Bene, quello è mio marito” Dissi mostrando la fede che portavo sempre la dito. Certo, quella non era esattamente la realtà, ma pensai che quella risposta sarebbe stata più efficace per assicurarmi che demordesse dal suo intento e di fatto fu così. Il ragazzo in camice balbettò qualcosa, poi sorridendo imbarazzato si dileguò.

Poco dopo Liam tornò da me, con un’espressione confusa sul volto “Sai dirmi perché quel tipo mi ha chiesto scusa?” Domandò indicando alle sue spalle, dove era scomparso poco prima Nate ed io scoppiai a ridere. Sarebbe stato un bel modo per vendicarmi del fatto che lui fosse andato con Jessica, non ci potevo fare niente, la gelosia andava di pari passo con l’amore.  “Non ti avrà mica fatto male?”

“No, voleva che uscissi con lui” Liam si irrigidì e tornò a guardarsi indietro, cercandolo con lo sguardo “Ma gli ho detto che ero impegnata con te”

“Non ti posso lasciare sola un attimo” Si lamentò Liam, avvicinandosi e lasciandomi un leggero bacio sulle labbra.

“Questo non è esattamente ciò che credevo avrei trovato, anche se immaginavo che sarebbe finita così” Disse il capo con il suo solito vocione, facendo staccare immediatamente me e Liam, che si schiarì la gola e si leccò il labbro inferiore, facendomi venire voglia di tirarlo di nuovo a me.  Quando il capo entrò nella mia visuale vidi che teneva in braccio Timmy e sussultai, mi ero completamente dimenticata di quel piccolino.

“Come sta agente Moore?”

“Bene capo, è solo una ferita superficiale. Mi dispiace di averle lasciato il bambino, io...Le ha dato problemi?” Chiesi impacciata, tentando disperatamente di non arrossire. Come avevo potuto dimenticarmi di un bambino? Mi vergognavo di me stessa.

“E’ stato un angelo. Adesso volete spiegarmi che diamine sta succedendo? Tu ti ritrovi in mezzo ad una rapina” Disse indicando Liam “E tu arrivi e mi molli un bambino e poi ti fai sparare” Si rivolse a me e aprii la bocca pronta a ribadire che certo non mi ero fatta sparare per hobby, ma uno sguardo di Liam mi bloccò “E come se tutto questo non bastasse, tuo fratello è uno dei rapinatori!” Concluse di nuovo gesticolando in direzione di Liam. Quell’ultima parte suscitò la mia curiosità: il fratello di Liam? Cosa centrava in tutto questo? Sembrava mi fossi persa qualcosa di importante.

 
__LIAM__

Non appena vidi che Rachel era cosciente e non faceva che ripetere di star bene, un po’ d’ansia mi abbandonò. Mi tranquillizzai definitivamente quando uno dei paramedici sull’ambulanza mi chiarii che era solo una ferita superficiale. Rachel non sembrava per nulla preoccupata, anzi continuava fare domande sul quanto era successo e voleva uscire da quel pronto soccorso il prima possibile.

Quando un dottore si avvicinò al tirocinante che stava medicano Rachel, dicendo che c’erano stati dei feriti della polizia lo seguii immediatamente per sapere cosa fosse successo. New York era una città immensa, quegli agenti potevano non essere collegati alla rapina, ma il mio sesto senso mi suggeriva diversamente e non si sbagliava. Ancora non potevo credere di essermi trovato di fronte mio fratello e soprattutto non potevo credere che Jessica fosse con lui.

“Scusi, gli agenti che stanno arrivando stavano inseguendo i ladri della rapina sulla Quinta Strada?” Domandai seguendo il dottore che si spostava velocemente da una parte all’altra.

“Noi non ci informiamo su queste cose, ci competono solo gli aspetti medici” Si fermò e mi squadrò un attimo, poi sospirò “Credo di si, l’incidente è avvenuto vicino a quella zona. Ora se non le dispiace torno a fare il mio lavoro” Scomparve dalla porta che portava all’ ingresso delle ambulanze ed io mi voltai, con mille pensieri in testa, per tornare da Rachel. In quel momento il ragazzo che la stava medicando si avvicinò a me guardandomi con aria mortificata.

“Mi dispiace signore, non sapevo...” Borbottò tenendo lo sguardo basso, poi si allontanò lasciandomi confuso. Più che un ospedale quel posto mi sembrava un manicomio. Capii presto, appena tornato da Rachel perché quel tipo avesse evitato di guardarmi in faccia. Non mi piaceva che dei ragazzi le facessero il filo, ma era inevitabile vista la sua bellezza, sarebbe stata capace di ipnotizzare chiunque con quegli occhi verdi.

“Questo non è esattamente ciò che credevo avrei trovato, anche se immaginavo che sarebbe finita così” La voce del capo arrivò alle mie spalle, costringendomi ad abbandonare quelle dolci labbra che tanto amavo.  In braccio aveva Timmy, che sembrava abbastanza tranquillo nonostante fosse con estraneo.

“Come sta agente Moore?” Chiese rivolgendosi a Rachel.

“Bene capo, è solo una ferita superficiale. Mi dispiace di averle lasciato il bambino, io...Le ha dato problemi?” Le guance di Rachel si colorarono leggermente di rosso ed i suoi occhi si posarono su Timmy, che al suono della sua voce si voltò a guardarla.

“E’ stato un angelo. Adesso volete spiegarmi che diamine sta succedendo? Tu ti ritrovi in mezzo ad una rapina” Disse il capo infervorato, indicandomi “E tu arrivi e mi molli un bambino e poi ti fai sparare” Si rivolse a Rachel, vidi che era pronta a rispondere a tono e le lanciai uno sguardo d’avvertimento che fortunatamente la fece tornare al suo posto “E come se tutto questo non bastasse, tuo fratello è uno dei rapinatori!” Concluse di nuovo gesticolando e guardandomi interrogativo. A quelle parole vidi la testa di Rachel scattare verso di me e sapevo che avevo l’attenzione di tutti puntata addosso.

“Anzitutto ci tengo a precisare che non avevo la più pallida idea che mio fratello fosse lì” Precisai alzando in aria le mani “Non lo vedo e non lo sento da anni” Lo sguardo di Rachel inquisitore era così forte da farmi bruciare la pelle, ma continuai a parlare “Jessica si è presentata a casa nostra dicendo che doveva fare una cosa importante e pericolosa con Marcus ma lui non c’era, così ha chiesto a me di accompagnarla, cosa che ho fatto”

“L’hai accompagnata a rapinare una gioielleria?” Chiese shockato il capo, con gli occhi che uscivano quasi dalle orbite.

“No! Non sapevo che ci sarebbe stata una rapina, ha detto di dover comprare una costosa collana ed aveva paura a portarla in giro per la città da sola. Poi mentre eravamo lì dentro è entrato un tipo con una pistola, mentre mio fratello era già là prima che arrivassimo noi, si era finto un cliente. Jessica è stata al gioco fingendo di non sapere nulla e di essere spaventata, una volta che tutto era stato svuotato mio fratello le si è avvicinato e lei se n’è andata con loro fingendosi un ostaggio”

“Aspetta, vuoi dire che Jessica è con loro?” Mi interruppe Rachel, spostando lo sguardo da me al capo.

“Non avevi detto che Marcus era fuori da questa roba?” Domandò contemporaneamente il capo.

“E’ quello che ha detto lui! Non lo so” Sbuffai e mi passai una mano sul volto, cercando di trovare un senso a tutto ciò.

“Marcus e Karen sono scomparsi. Ho provato a chiamarli per tutto il pomeriggio, sono anche salita al loro appartamento, ma non c’era nessuno” Spiegò Rachel, mentre Timmy si divincolava tra le braccia del capo tentando di sporgersi verso di lei. Rachel gli sorrise ed allungò le braccia, così il capo lo posizionò sul lato destro del letto, stando ben attento a non farle male ed il bambino immediatamente si avvicinò a lei, che prese ad accarezzargli i capelli. Quella scena mi lasciò senza parole per un attimo, poi il capo mi riportò con i piedi per terra.

“Perfetto! Davvero ottimo! Tu porta Rachel a casa e poi cerca di scoprire dove sono i Mendez, noi cercheremo di capire qual è il ruolo di Jessica. Il primo che ha novità contatta l’altro” Mi disse il capo, voltandosi su se stesso e facendo qualche passo in direzione dell’uscita, prima che Rachel lo fermasse.

“Capo! Ed il bambino?”  Lui la guardò con la fronte aggrottata per qualche secondo.

“Tenetelo voi per ora, magari Jessica lo cercherà, poi contatterò gli assistenti sociali” Rispose con un’alzata di spalle.

Rachel era stata sparata, i nostri indiziati erano scomparsi, mio fratello era ripiombato nella mia vita come un fulmine a ciel sereno ed in più dovevamo anche occuparci di un bambino. Cos’altro poteva andare storto?

Mi voltai e vidi Rachel che parlottava con Timmy lasciandogli piccoli baci sulla testa mentre lui giocherellava con un pezzo di coperta. Conoscevo lo sguardo che lei aveva negli occhi, si era già affezionata e sarebbe stato un inferno quando sarebbero arrivati gli assistenti sociali. Ecco cos’altro poteva andare storto.
 


__Killigrew__
Ciao! Ed ecco che Liam e Rachel si ritrovano alle prese con un bambino. Il piccolo Timmy sarà in ottime mani ;)
Mi scuso se magari non ho descritto, o comunque non sono stata precisa, nel descrivere e nel gestire l'argomento "Ferita da arma da fuoco" ma, nonostante abbia tentato di documentarmi, non ho trovato nulla di soddisfacente che mi potesse aiutare nella stesura del capitolo. 
Spero vi piaccia in ogni caso. Al prossimo capitolo ^-^


 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLOP 13                                                                      Next to me

__LIAM__

Entrai in casa e, con in braccio Timmy, tenni la porta aperta per Rachel. Eravamo stati via poche ore, ma mi sembrava di essere uscito da quell’appartamento una vita fa. Lasciai Timmy a terra, libero di gattonare per il soggiorno e mi affrettai ad aiutare Rachel a togliersi il giubbotto.

“Pensi di riuscire a dare un’occhiata a lui mentre vado a parlare con Abram?”

Abram era il portiere del condominio, aveva un cognome russo davvero troppo difficile da ricordare per me e Rachel, così avevamo deciso i chiamarlo come Lincoln visto che gli somigliava terribilmente.

“L’ho guardato per ore mentre tu eri a spasso con Jessica” Rispose lei, facendomi sorridere, mentre con una smorfia si sedeva sul divano.

“Ma non ti eri appena fatta sparare” Precisai, abbassando lo sguardo verso Timmy che mi stava tirando per i jeans.  “Non ha paura di nessuno questo bambino. Non dovrebbe piangere cercando sua mamma?” Commentai abbassandomi alla sua altezza per scompigliargli i capelli appiattiti dal cappellino che aveva indossato per tutto il pomeriggio.

“Dipende, magari per lui è normale non vedere mai sua madre” Disse Rachel con aria triste, per poi ritrovare il sorriso sentendo Timmy borbottare qualcosa in una lingua incomprensibile.

“Scendo da Abram allora. Faccio veloce”

“Mi passi il telefono prima?”

“A che ti serve?” Le chiedo porgendogli il cordless.

“Cinese od italiano?”

Le sorrisi e le lasciai un bacio sulle labbra “Per me lasagne!”

Uscii e mi diressi velocemente al pianterreno, dove dietro al bancone della reception trovai Abram.

“Ma lei non fa mai una pausa?” Gli chiesi curioso e sorridente.

“Che devo dire? Mi piace il mio lavoro” Rise facendo un’alzata di spalle “In cosa posso esserle utile? Ho visto che tornavate con un bambino e la sua signora mi è parso che arrancasse un po’”

Lo guardai stupito, a quel tipo non sfuggiva nulla, sarebbe stato un buon detective. “Non volevo sembrare impiccione” si affrettò ad aggiungere  fraintendendo il mio silenzio.

“Non si preoccupi. Sa per caso dove sono i Mendez? E’ tutto il giorno che li cerchiamo ed iniziamo a preoccuparci”

“Sono partiti per una vacanza. E’ già la terza volta nell’ultimo anno che lo fanno”

“Cosa scusi?” Domandai confuso.

“Partono per una vacanza romantica senza dire a nessuno quale sia la loro meta ed ogni volta mi assegnano il compito di riferire a chi chiede di loro che non ci sono e non vogliono essere rintracciati”

“Perché?”

“Oh, signor Cooper, questo non lo so. Ma le posso dire che staranno via ancora per  un paio giorni”

Dopo averlo ringraziato mi diressi all’ascensore ed una volta all’interno telefonai al capo per informarlo. Loro al contrario non avevano nessuna notizia di Bobby, Jessica e l’altro rapinatore.
Spiegai a Rachel quanto mi avevano detto sia Abram che il capo, mentre lei di tanto in tanto mi informava di quale sarebbe stato il passaggio successivo a quello che stavo compiendo per fare il latte a Timmy. Una volta che fu pronto Rachel si sistemò sul divano ed io le posizionai il bambino in braccio. Temevo le potesse fare male, ma lei aveva insistito. In quello stesso momento il fattorino con la nostra cena suonò al campanello. Appena svuotato il biberon Timmy prese a giocare con dei pupazzi che Rachel aveva trovato dentro la borsa lasciata da Jessica, permettendoci di cenare con calma.

“Quale madre pensi che lascerebbe così suo figlio?” Domandò di punto in bianco Rachel indicandolo con un cenno del capo.

“Non lo so, ma di certo io non ho avuto una madre esemplare con cui fare il confronto”

“A proposito, che mi dici di tuo fratello? Bobby, giusto?”

“Bobby...Non lo vedevo da quando è successa la storia del ballo. Continuava a mettersi nei casini, sai furtarelli, droga...Ho provato diverse volte a toglierlo dalla strada, ma non mi ha mai dato ascolto. Con il lui i ruoli erano invertiti, io sembravo il fratello maggiore responsabile e lui il piccolo scapestrato. In un certo senso penso che è grazie a lui se lavoro nel FBI”

“Lui ci ha divisi e lui ci ha uniti” Borbottò Rachel sarcastica.

“Non voglio avere nulla a che fare con lui. Per quel che mi riguarda oggi mi sono trovato di fronte un ladro come un altro. Lui per me non è niente di più ne’ niente di meno”

“Pensi che Jessica centri qualcosa anche con lo spaccio di droga?”

“Non lo so, ma ti posso dire che dove c’è Bobby c’è sempre droga” Dissi alzandomi e portando i piatti sporchi in cucina. Quando tornai in soggiorno, Rachel stava guardando disgustata Timmy.

“C’è da cambiargli il pannolino. E’ tutto tuo” disse andandosene.

“Ma non lo so fare!” Le urlai dietro mentre Timmy mi guardava con il broncio sulle labbra ed il mento tremolante.  “So smontare e rimontare una pistola in 5 secondi, saprò anche cambiare un pannolino” Appena presi Timmy in braccio una puzza impressionante mi arrivò dritta allo stomaco.

“Mio Dio, ma quanta ne potrà uscire da un esserino come te?”
 

__RACHEL__

Liam entrò nella stanza ben 15 minuti dopo, con l’aria soddisfatta ed un Timmy cambiato e quasi addormentato tra le braccia.

“Com’è andata?” Domandai sorridendo divertita.

“Adoro la tecnologia! Sai che c’è un tutorial anche su come cambiare il pannolino?”

Scoppiai a ridere mentre Liam lasciava Timmy sul letto per andare a cambiarsi.

“Ma quanto borotalco gli hai messo? Esce da tutte le parti!” Esclamai sempre più divertita.

“Ehy, perché non lo fai tu la prossima volta?” Chiese Liam quasi offeso della mia critica, uscendo dalla cabina armadio con indosso un paio di pantaloncini ed in mano una T-shirt che si accingeva a mettere, coprendo i suoi addominali perfetti e quella V che tanto mi faceva perdere la testa.

“Rachel! Ti pare il caso di pensare certe cose quando abbiamo un bambino nel letto?” Mi rimproverò per poi scoppiare a ridere di fronte alla mia espressione shockata. Possibile che fossi un libro aperto per lui? Rossa in volto e senza dire nulla mi sistemai meglio. Potevo dormire solo a pancia in su ed io odiavo quella posizione, la trovavo scomodissima.

“Non pensi che gli potremmo fare male?” Bisbigliai preoccupata una volta che Liam spense la luce.

“Non ti preoccupare, starà bene” Rispose lui con la voce già roca di sonno.

Quando riaprii gli occhi sentii qualcosa di caldo poggiato sulla mia pancia. Era il palmo della mano di Liam, mentre il suo braccio passava intorno a Timmy, che praticamente gli stava dormendo addosso. Eravamo in 3 su un letto, ma eravamo così vicini che ci sarebbe entrata comodamente una quarta persona. Quello probabilmente fu uno dei risvegli più dolci che avessi mai avuto.

Riaprii gli occhi qualche minuto dopo ed incrociai quelli azzurri di Timmy, che con una manina afferrò il ciuccio che aveva in bocca e lo gettò dall’altra parte del letto, per poi ridere soddisfatto.

“Andiamo sotto piccoletto” Sussurrai alzandomi, poi con attenzione lo presi in braccio e lo poggiai sul mio fianco destro, uscendo silenziosamente dalla stanza.

La ferita tirava, ma non era nulla di insopportabile. Ero sempre stata una ragazza con la soglia del dolore abbastanza alta. Per lo meno quando si trattava di dolore fisico.

“Mi sa che stavolta tocca a me il cambio del pannolino” Sdraiai Timmy sul divano e contro ogni mia aspettativa riuscii a fare tutto nel modo giusto, senza intoppi.

“E senza nessun tutorial!” Esclamò divertito Liam che, seduto sulle scale, a quanto pareva, si era seguito tutta la scena.

“Guarda ed impara!” Dissi facendogli la linguaccia.

Passammo la mattinata in casa attendendo la telefonata del capo che ci avrebbe informati sul futuro di Timmy. Non mi piaceva l’idea che andasse a stare in qualche orfanotrofio o posti simili, non era giusto. Non era sua la colpa se aveva una madre a cui non importava nulla di lui. Lo aveva praticamente abbandonato con noi, forse pensando che ci sarebbe stata Karen ad accudirlo. Nulla avrebbe potuto giustificarla.

Quando alle 3 del pomeriggio il telefono iniziò a squillare fu Liam a rispondere ed io mi appiccicai a lui nel tentativo di origliare cosa stessero dicendo dall’altro lato.

“Certo capo. Capisco...be’ non saprei” L’indecisione di Liam e l’attesa snervante mi fecero saltare i nervi, così afferrai il telefono dalle mani di Liam, che mi guardò stupito, per poi portarmelo all’orecchio.

“Capo, sono Rachel. Quindi? Cosa facciamo?”

Ah, agente Moore. Gli assistenti hanno detto che rintracceranno i nonni del bambino, ci vorranno un paio di giorni affinché, eventualmente, siano pronti i documenti e le pratiche per l’affidamento. Nel frattempo il bambino dovrebbe stare in un istituto...

“Non possiamo tenerlo noi?” Domandai subito, mentre Liam restava a bocca aperta e faceva ampi gesti con le braccia, che non volli interpretare. “In fondo si tratta solo di qualche giorno ed ora come ora i Mendez non ci sono quindi...”

Sentii il capo sospirare dall’altro lato del telefono ed attesi con ansia che mi rispondesse, mentre già con le lacrime agli occhi guardavo Timmy giocare. Era incredibile come avessi preso così a cuore quel bambino, in fondo fino a poche ore prima non sapevo neanche di che colore avesse gli occhi.

Moore, capisce che è un’enorme responsabilità quella che si sta prendendo? Stiamo parlando di un bambino

“Lo so. So cosa sto facendo!” Ribadii con forza.

Ok, ma non voglio casini!

Quando il capo riagganciò, lanciai un urlo felice. Sapevo cosa voleva dire crescere senza genitori. Non avevo avuto mia madre accanto e mio padre, nonostante avesse sempre tentato di fare del suo meglio, era sempre stato impegnato con il lavoro. In pratica era cresciuta sola e non volevo che accadesse lo stesso anche a lui. Avevo conosciuto i genitori di Karen e non ero certa che avrebbero deciso di occuparsi di Timmy, non sembravano per nulla interessati al bambino, non davano l’idea di essere dei nonni affettuosi.

“Rachel, che cosa hai combinato? Pensi che saremo in grado di gestire un bambino?” Domandò  esasperato Liam passandosi una mano tra i capelli.

“Liam, ti prego non fare il pessimista! Voglio solo che lui stia bene e sono certa che starà meglio qui che in qualche istituto”

“E se poi i signori Hover non lo vogliono?  Cosa facciamo, lo teniamo per sempre qui con noi?”

Una piccola parte di me, che stavo tentando disperatamente di ignorare, mi stava dicendo la stessa cosa. Non volevo pensarci.

“Sono certa che si sistemerà tutto. Ora perché non lo portiamo allo zoo?” Chiesi eccitata, avvicinandomi a Timmy e prendendolo in braccio. “Vuoi andare allo zoo?” Non ero certa avesse capito ciò che gli avevo detto, ma comunque mi sorrise e balbettò qualcosa di incomprensibile battendo le manine.

“Ha 7 mesi, cosa pensi che ricorderà? E poi tu non dovresti camminare troppo con i punti al fianco”

“Ti prego, Liam” Lo implorai.

“Dovremmo cercare Jessica, dovremmo capire dove sono Karen e Marcus...” Sbuffò Liam. In quel momento Timmy decise involontariamente di correre in mio soccorso ed allungò le braccia verso di lui chiedendo di andare in braccio. Vidi lo sguardo di Liam addolcirsi e, con un sonoro sospiro, lo prese e gli lasciò un bacio tra quei capelli corti e scuri, che avevano un profumo particolare. “D’accordo, ma non tardiamo!”

Non avendo un passeggino, Liam fu costretto a portare Timmy in braccio per tutto il tempo e passeggiavamo per quell’enorme posto a passo molto lento, perché effettivamente il mio fianco iniziava a dare segni di cedimento, anche se non lo avrei mai ammesso. Nonostante tutto la mia non era stata una brutta idea, forse Timmy un domani non avrebbe ricordato quel giorno, probabilmente non si sarebbe ricordato neanche di noi, ma per quel che valeva in quel momento si stava divertendo mentre guardava con stupore ed entusiasmo gli animali che aveva intorno.

“E’ la prima volta che vengo allo zoo” Dissi guardando con ammirazione una leonessa che curava il suo piccolo.

“Davvero? E dove ti portava tuo padre da piccola?” Domandò sconcertato Liam, guardandomi come se fossi un alieno.

“Beh? Non tutti i bambini vanno allo zoo” Tentai di giustificarmi “Mio padre era troppo impegnato per portarmi in certi posti, al massimo passavo i pomeriggi seduta alla sua scrivania alla stazione di polizia”

“Salve signori! Volete una foto da appendere nella stanzetta del vostro bellissimo bimbo” Chiese un uomo abbastanza grosso, sventolando sorridente una macchina fotografica.

“Oh, lui non è...” Iniziai a dire, ma Liam mi interruppe, facendo un passo avanti.

“Certo!” Mi passò un braccio intorno alle spalle, mi strinse a sé e Timmy subito si avvicinò a me. In un secondo la foto fu fatta. Liam mi lasciò un leggero bacio sulle labbra, mettendomi un po’ in imbarazzo, e poi tornò a rivolgersi all’omaccione. “Senta, si potrebbero fare due copie?”

“Si certo, proprio di fianco all’uscita troverà il nostro stand dove ritirare le foto! La ringrazio signore”

“Perché due copie?” Gli chiesi confusa quando tornò da me, che ero rimasta esattamente dove mi ero posizionata per la foto.

“Semplice, una per noi ed una per Timmy. Così si ricorderà si essere stato allo zoo” Rispose Liam, con un’alzata di spalle, poi prese a fare il solletico a Timmy, facendo diffondere quella risata irresistibile che solo i bambini erano in grado di fare. Fino al giorno prima non sapevo cosa volesse dire tenere in braccio un bambino ed ora mi ero innamorata di questo esserino, dovevo avere qualcosa che non andava in me.

Dopo mezz’ora di camminata mi arresi e mi lasciai cadere su di una panchina, mentre Liam aveva portato Timmy a giocare in alcune giostre poco distanti. Stava abbassato e lo teneva per le mani mentre il piccolino cercava di reggersi contento sulle gambe, senza però riuscirci. Sorrisi pensando a quanto Liam fosse dolce, anche se non voleva ammetterlo ero certa che anche lui fosse contento che Timmy restasse con noi per quei pochi giorni.

“Posso sedermi?” Domandò una donna accarezzandosi la pancia molto gonfia.

“Si, certo!” Risposi spostandomi un po’ lateralmente per assicurarmi che avesse abbastanza spazio.

“Suo marito e suo figlio?” Chiese indicando con un cenno Liam e Timmy, seguendo il mio sguardo.

“Oh, emm...” Non sapevo cosa risponderle, ma fu Liam a levarmi dall’imbarazzo del momento, venendomi incontro con Timmy in braccio.

“Chissà quando imparerà a camminare” Disse alzandolo in aria e facendolo ridere, per poi riportarlo con i piedi per terra.

“Quanto ha?” Domandò di nuovo la donna sorridendo a Timmy, che si fermò davanti a lei a fissarla con i suoi grandi occhi azzurri. “Forse sto facendo un po’ troppe domande. Io comunque mi chiamo Cheril”

“Rachel” Mi presentai, senza neanche pensare per un attimo di usare il mio nome finto “E loro sono Liam e Timmy”

“Ciao Timmy! Dovrebbe avere 7-8 mesi, o sbaglio?” La donna salutò con la mano Timmy che, dimostrandosi come sempre socievole, le si avvicinò, sempre sorretto da Liam, poggiando male i piedini e piegando un po’ troppo le gambe.

“Come pensavo” Pensai, ma a quanto pareva avevo dato voce al mio pensiero attirando l’attenzione di tutti su di me. “Si, si… ha 7 mesi!” Aggiunsi frettolosamente, sperando che Cheril non mi facesse nessuna domanda.

“Allora dovrete aspettare ancora un po’ per vederlo camminare” Rise, mentre Timmy iniziò a fare qualche smorfia, già stanco di stare sulle sue gambine. Cheril fu una piacevole compagnia e mi permise di capire qualcosa in più riguardo ai bambini.

Appena arrivati a casa corsi in bagno a medicarmi la ferita, sperando che Liam non la vedesse. Non aveva un bell’aspetto, forse non avrei dovuto camminare così tanto, ma ero comunque felice. Avevamo passato una bella giornata ed era stato piacevole essere scambiati più volte per una famiglia. Mi ritrovai a pensare come sarebbe stata la nostra vita se mio padre non si fosse intromesso tra di noi, magari avremmo avuto davvero una famiglia o magari ci saremmo comunque lasciati.

“RACHEL!” L’urlo di Liam mi riportò con i piedi per terra e preoccupata corsi verso il soggiorno, temendo che fosse successo qualcosa al bambino. Quando arrivai vidi Liam seduto a terra, che reggeva Timmy in piedi, mentre quest’ultimo molleggiava ridendo come un pazzo mentre la suoneria del cellulare di Liam risuonava per la stanza. Scoppiammo a ridere quando il telefono smise di suonare e Timmy si bloccò di colpo guardandosi intorno spaesato. Afferrai subito il telecomando dello stereo e lo accesi, in un attimo sul volto di Timmy ricomparve il sorriso e riprese a “ballare”.

Avevo sempre pensato di non essere adatta e di non voler far parte del quadretto che ritraeva la bella casa, il cane, i bambini, ma se quello che stavo vivendo in quel momento voleva dire avere una famiglia, allora avrei dovuto ricredermi.



__Killigrew__
Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo, tendenzialmente privo di particolari eventi, ma comunque dovuto per il semplice fatto che mi piaceva l'idea di vedere per una volta Liam e Rachel come una famiglia, nella mia testa è stato una specie di breve "What if". Giusto per concludere in bellezza metto una foto del piccolo Timmy, perché è troppo coccoloso XD 
A presto!

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***



 
CAPITOLO 14                                                                        Next to me

__LIAM__

Era notte fonda quando il mio cellulare iniziò a squillare svegliandoci tutti.  Timmy si strinse piagnucolando a Rachel mentre io, un po’ infastidito dalla luce del display, risposi, maledicendo mentalmente chiunque ci fosse dall’altra parte.

“Pronto?”

Ti ho svegliato, bocconcino?

La voce di Jessica arrivò come una doccia fredda e fui immediatamente sveglio.

“Jessica?” A quella parola Rachel scattò a sedere e tentò di avvicinarsi per sentire la telefonata. Nel buio non potevo vedere molto, ma mi resi conto che strinse di più a se’ Timmy.

E così tu sei il fratello di Bobby...” Disse quasi divertita “Volevo solo sapere come stava mio figlio, Karen e Marcus non rispondono al telefono e ho pensato che magari voi avreste potuto dirmi qualcosa

“Quello che ti posso dire è che non rivedrai tuo figlio tanto presto” Risposi minaccioso, non pensavo più alla copertura, non sapevo se mio fratello sapeva che lavoro facessi e non mi interessava, volevo solo proteggere Timmy e per farlo dovevo tenerlo lontano da lei. Allo stesso tempo però mi serviva sapere dove fosse Jessica, così feci qualche gesto a Rachel che intuì immediatamente cosa volevo e prese il suo cellulare in mano, spostandosi fuori dalla stanza.

E per quale motivo? Hai intenzione di rapirlo? Se ti piace così tanto possiamo sempre crescerlo insieme visto che suo padre non ne vuole sapere di lui

“Anche Marcus l’avresti abbandonato dentro la gioielleria o ti saresti finta una vittima?” Domandai sperando di prolungare il più possibile la telefonata, così di dare modo a Rachel di comunicare all’FBI che avevamo bisogno di localizzare da dove provenisse.

Dubito  che Marcus sarebbe venuto con me. Come posso dire? Tra di noi non corre buon sangue

“Mi chiedo come mai” Ribadii sarcastico, mentre Timmy, che si era di nuovo addormentato, mi strinse il dito con la sua manina.

Avevo solo bisogno di lasciare Timmy a qualcuno e mia sorella non c’era. Quando ti ho visto ho pensato di portarti con me, giusto per divertirmi un po’. Devo ammettere che hai parecchio sangue freddo Josh

Quel nome...Possibile che Bobby non gli avesse detto nulla di me? Per quale motivo doveva reggermi il gioco?

Rachel rientrò nella stanza e mi fece un cenno con la testa, poi accese l’abatjour sul suo comodino ed entrò nella cabina armadio.

“Cosa vuoi Jessica?” Domandai mentre tentavo di alzarmi senza scomodare Timmy.

Mio figlio. E’ con voi ancora?

“Abbiamo chiamato gli assistenti sociali, non sapevamo che fare. Non so dove sia” Mentii seguendo con lo sguardo Rachel, che si accingeva a cambiarsi. Non appena si tolse la maglia notai che la ferita era leggermente arrossata e le lanciai un’occhiata eloquente. Volevo sapere cosa diavolo stava facendo, dove stava andando. Poi la vidi tirare giù lo scatolo con le mie pistole e mi affrettai a chiudere la chiamata con Jessica. “Ora se non ti dispiace io torno a dormire, non so come tu possa fare per trovare Timmy”

Spensi il cellulare e lo lasciai cadere sul letto, poi seguii Rachel nella cabina armadio.

“Mi dici cosa stai facendo?”

“Hanno intercettato la chiamata. Viene da una villetta disabitata appena fuori città. Gli SWAT hanno in programma un’irruzione tra mezz’ora” Spiegò ritornando in stanza da letto “Il capo mi ha vietato di venire per via della ferita, ma ha detto che tu puoi partecipare”

“Quindi cosa stai facendo?” Chiesi nuovamente, non capendo per quale motivo si fosse cambiata se lei non poteva muoversi di casa.

“Ho preso tutta la tua roba, per fare più veloce” Rispose passandomi dei vestiti che indossai velocemente. “Avrei voluto prenderla io quella stronza” Borbottò spostando dei cuscini sul limitare del letto così’ da evitare che Timmy cadesse.

Mi seguì di sotto e una volta che fui pronto presi dallo studio il mio cellulare di servizio e contattai il capo, che mi spiegò che c’era un’auto sotto casa ad aspettarmi.

“Fa attenzione, mi raccomando” Disse Rachel poggiando le mani sul mio petto e lasciandomi un bacio sulle labbra. Ricambiai con passione il suo bacio e poi uscì di casa.

“Signor Cooper! Dove va a quest’ora?” Ignorai Abram correndo per la hall e non appena fuori, trovai immediatamente un grosso suv nero ad attendermi.  L’adrenalina aveva già preso il mio corpo, era una delle tante cose che mi piaceva del mio lavoro, quella carica che ti permetteva di fare gesti estremi ed allo stesso tempo di ragionare a mente fredda anche nelle situazioni più disparate. Mentre eravamo in movimento mi cambiai indossando la divisa ed tutto ciò che serviva per celare la mia identità ed il mio volto.

Non appena l’auto si fermò, saltai fuori ed il capo mi venne di fronte. Alle sue spalle c’era una lunga fila di villette bianche,  con enormi giardini, e sembravano tutte disabitate.

“Davis, sei pronto? Non sappiamo quanti sono là dentro, sembrerebbe che siano più di 3 e mi ci gioco le palle che sono armati fino ai denti. Tu vai con la squadra d’assalto, che è pronta ad irrompere nell’abitazione” Ordinò continuando a camminare mentre io lo seguivo, controllando che l’M4 che mi aveva appena passato fosse apposto. In parte ero contento che Rachel non fosse venuta, mi sarei preoccupato enormemente sapendola in una situazione del genere e questa mia mania di protezione andava risolta al più presto visto che questo era anche il suo di lavoro.

Indossai il casco sopra il passamontagna che mi copriva il volto, lasciandomi scoperti solo gli occhi, e mi appostai insieme ad altri uomini. Ci avvicinammo silenziosamente ad una delle villette. Era l’unica davanti alla quale c’erano parcheggiate delle auto e dalle finestre del secondo piano traspariva un po’ di luce fioca. L’uomo più avanti si piazzò di lato al portone con un ariete in mano, pronto a sfondarlo non appena avesse ricevuto il segnale. Noi ci piazzammo in punti strategici e non appena ci fu dato il segnale entrammo in azione. Il pesante ariete contro la porta avrebbe causato un gran boato, quindi avevamo pochi secondi di vantaggio prima che chiunque fosse dentro capisse quello che stava succedendo.

Il leader del gruppo con cui stavo operando fece segno di seguirlo, ed entrammo, dividendoci in due ali, prima ancora che la porta avesse avuto modo di toccare il suolo. Controllai l’area alla mia destra, con l’arma ben puntata davanti a me, non trovando nessuno. Da una stanza sulla sinistra invece spuntarono due uomini che iniziarono a sparaci contro. Trovammo subito riparo e mentre il conflitto continuava il coordinatore dell’operazione fece segno a me ed altri 4 ragazzi di controllare di sopra. Salimmo velocemente le scale trovandoci momentaneamente scoperti ed in balia dei proiettili, che fortunatamente non ci colpirono. Arrivati al piano superiore ci trovammo in un lungo corridoio sul quale davano 5 stanze. Non facemmo in tempo ad organizzarci su come muoverci che una delle porte si aprì e ne uscì Bobby, con un fucile in mano ed un ghigno sul volto.

 
__RACHEL__

Non riuscivo a stare ferma , mi sentivo in gabbia. Avrei voluto partecipare all’azione almeno per poter vedere come andavano le cose a Liam, ma allo stesso tempo volevo assicurarmi che Timmy stesse bene e per farlo dovevo restare esattamente dov’ero: al sicuro, a casa. Passeggiavo intorno al letto, scattando ogni volta che si muoveva nel sonno. Non resistendo più telefonai a Robyn, che magari sapeva qualcosa in più di me.

Rachel!” Esclamò mentre al di sotto della sua voce, che non suonava affatto assonata nonostante l’orario, sentivo un rumore di auto.

“Stai andando anche tu?”

Si” Capì subito a cosa mi riferivo, senza bisogno che aggiungessi altro “Ma non parteciperò all’azione, lo sai che non sono addestrata per queste cose. Vado a dare una mano con l’aspetto tattico. Ma non ti preoccupare, c’è Jason con Liam

“Maledizione! Inizio ad odiare questo lavoro, penso che farò il medico” Sbottai, posandomi una mano sulla bocca e lanciando un’occhiata verso il letto, temendo di aver parlato a voce troppo alta.

Stai scherzando vero?” Ponderai per un attimo ciò che avevo detto e mi resi conto che effettivamente non mi sarebbe dispiaciuto continuare con la medicina, ma non potevo abbandonare il mio lavoro. Magari non avevo intrapreso quella strada per il giusto motivo, ma in fondo mi piaceva.

“Si che sto scherzando”

Rachel sono appena arrivata. Stanno già entrando

“No! Aspetta, chiamami se succede...” Mi bloccai non appena sentii degli spari provenire dal telefono.

Devo andare” Disse semplicemente Robyn riagganciando. Rimasi con il telefono in mano, non sapendo come reagire. Sentivo un peso all’altezza dello stomaco ed ero certa che avrei vomitato di lì a poco. Era il caos di una sparatoria quello che avevo sentito e Liam era lì. Fare questo mestiere non ci garantiva l’immunità dalla paura, forse lo faceva quando eravamo noi ad agire, in quel caso nelle nostri menti si annullava il senso del pericolo, ma non di certo quando sapevamo esserci un amico o, come nel mio caso, il tuo fidanzato di fronte al pericolo.

Era come si ci fosse qualcosa ad appesantirmi l’anima, come se mi si stringesse il cuore ed i battiti rallentassero, nell’attesa che succedesse qualcosa. Sapevo come controllare gli attacchi di panico e gli attimi di paura, mi era stato insegnato affrontare tutto quello, ma allo stesso tempo era diverso da tutte le altre volte che avevo dovuto farlo.

Sussultai quando sentii qualcuno bussare alla porta di casa. Istintivamente afferrai la pistola che tenevo come sempre dentro il comodino, levai la chiave dalla toppa interna e richiusi a chiave alle mie spalle la porta della camera, assicurandomi così che Timmy non venisse toccato.

Scesi silenziosamente le scale, non avevo idea di chi potesse essere, ma certo le 4 del mattino non era orario di visite ed i miei sensi erano tutti all’erta. Mi bloccai appena dietro la porta e guardai dallo spioncino. Dall’altra parte c’era Abram, il portinaio.

“Signora Cooper è in casa?” Domandò bussando. La sua voce non suonava gioviale e rilassata come al solito e quello mi insospettì, spingendomi a non aprire la porta. Rimasi a guardare dallo spioncino e lo vidi voltarsi verso qualcuno che però era fuori dalla mia visuale.

“Mi dispiace, ma credo proprio non ci sia nessuno” Disse Abram facendo un passo indietro.

“Dove diavolo sono andati?” Quella era senz’altro la voce di Jessica, anche se arrivava molto flebile attraverso la grossa porta fui in grado di riconoscerla. “Hanno mio figlio!”

Avevo lasciato il cellulare di sopra, quindi mi allontanai ed afferrai il telefono di casa, componendo velocemente il numero del capo, sperando che mi potesse rispondere.

Moore, ti sembra questo il momento di telefonare! Siamo nel bel mezzo di un’operazione!” Sbraitò rispondendo alla mia chiamata. 

“Capo, Jessica Hover è qui!” Sibilai, sperando che chi fosse dall’altro lato non mi sentisse.

Dannazione! Se ne deve essere andata subito dopo la telefonata!” Sentii un fruscio e dei colpi d’arma da fuoco a ripetizione, poi di nuovo la sua voce che stavolta si rivolgeva a qualcun altro “La donna non è qui! Mandate qualcuno all’ Empire sulla 86esima!

“E’ fuori la porta di casa, insieme al custode del condominio” Spiegai sempre mormorando.

Probabilmente è armata. Fai in modo che non faccia del male a quell’uomo

“Credono non ci sia nessuno in casa”

No!” Esclamò il capo “Non farla andare via da lì!

“Capo non posso farla entrare! Gli ricordo che c’è un bambino qui”

Ma lei non lo sa! Trattienila Moore, stanno arrivando i rinforzi

Interruppi la chiamata e lanciai il telefono sul divano. Passandomi una mano tra i capelli, feci un respiro profondo e andai ad aprire la porta.

“Chi è?” Domandai sbadigliando, sperando che le mie capacità recitative non risentissero dello stress che provavo in quel momento. Non solo Liam era nel bel mezzo di una sparatoria, ora rischiavo di mettere anche Timmy in pericolo.

“Ah signora Cooper...” Abram fu interrotto da Jessica che lo spinse via ed entrò in casa sbattendo la porta.

“Allora c’è qualcuno” Disse misurando a grandi passi il soggiorno. Non mi sfuggì la pistola che aveva in mano ed io passai lentamente una mano dietro la schiena per raggiungere la mia, che invece era incastrata nell’elastico dei pantaloni che indossavo. “Sai ho parlato con il tuo maritino prima e mi ha detto che avete dato mio figlio agli assistenti sociali!” Esclamò fingendosi divertita, mentre i suoi occhi trasmettevano ira allo stato puro e gesticolava con l’arma in mano come se niente fosse. Notò i miei occhi seguire il movimento della pistola e si mise a ridere. “Ti piace? Ne vorresti una?” Ghignò puntandomela contro ed in un gesto fulmineo anche io mirai verso di lei.

“Ce l’ho già, grazie” Risposi facendole un sorriso tirato.

“Dovevo immaginare che non eravate così sprovveduti. Del resto Josh è il fratello di Bobby. Il vecchio mi ha detto che è uscito di casa di fretta nel cuore della notte. Dove stava andando?” Fece un passo avanti, ma io non mi mossi dalla mia posizione, mostrandole che non ero intimorita da lei. Se voleva suo figlio doveva prima vedersela con me, non avrei rimesso Timmy nelle mani di una donna del genere.

“Penso proprio che non siano affari tuoi”

“Ed io penso che voi abbiate ancora mio figlio. Giuro che se dietro tutto questo ci sono Karen e Marcus me la pagheranno” L’ultima parte mi incuriosì e non riuscii a tenere a freno la lingua.

“Perché Karen e Marcus dovrebbero volerti portare via Timmy?”

“Non lo so!” Urlò esasperata, scaraventando atterra le porcellane che c’erano su di un mobile al suo fianco ed insieme ad esse un portafoto che nel cadere aveva attirato la sua attenzione.

“Questo è Timmy!” Esclamò, scostandosi i capelli biondi e spettinati dal volto ed alzando da terra la foto che avevamo fatto allo zoo il giorno prima. “Giocate alla famigliola felice con...” Si interruppe perché, approfittando del suo momento di distrazione mi avvicinai e le poggiai la pistola alla testa.

“Vorresti farmi credere che sai usarla?” Rise, guardandomi scettica, ma il suo sorriso svanì non appena un pianto, proveniente dal piano di sopra, rimbombò per la casa.
 

__LIAM&RACHEL__

Fu un attimo. Sentii degli spari, il tonfo di un corpo che cadeva atterra. Poi fu solo istinto.
 



__Killigrew__
Ciao! Anche questo capitolo è andato. Nel finale ho voluto unire i due punti di vista: cosa sarà successo a chi? Boh XD
In aggiunta metto una bella immagine di Liam in versione SWAT =P
Spero di sentirvi presto!


 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***



 
CAPITOLO 15                                                                      Next to me

__RACHEL__

Il pianto di Timmy si faceva sempre più insistente, mentre l’appartamento veniva invaso da uomini con il volto coperto. Jessica si teneva la spalla, dove un rivolo di sangue le stava macchiando la maglia e mi guardava con puro odio negli occhi. Uno degli uomini si mise alle sue spalle e le bloccò le braccia, ignorando le sue proteste e gli insulti che fuoriuscivano dalla sua bocca come veleno. I suoi capelli biondi le ricadevano sul volto, appiccicandosi alla fronte sudata, i suoi occhi azzurri erano rossi ed il respiro irregolare. Solo in quel momento mi resi conto che probabilmente era fatta. Con che coraggio era venuta, imbottita di chissà quale droga, a prendere suo figlio?

“Tutto ok?” Mi domandò uno degli uomini. Senza aprire bocca, acconsentii con la testa e poi salii a due a due i gradini delle scale, ignorando le fitte al fianco, per andare a raggiungere Timmy che ormai piangeva a pieni polmoni. Frugai velocemente nella tasca dei pantaloni e ne tirai fuori la chiave, che mi permise di aprire la porta. Entrai nella stanza e lo trovai ancora disteso nel letto, non appena mi avvicinai allungò le braccia verso di me, chiedendomi palesemente di prenderlo in braccio e fu quello che feci, dopo essermi seduta sul bordo dell’enorme letto. Smise immediatamente di piangere ed io gli asciugai i lacrimoni che ancora bagnavano le sue lunghe ciglia nere e rendevano i suoi occhi ancora più azzurri.

“E’ tutto apposto tesoro” Gli sussurrai tentando di calmarlo, mentre gli accarezzavo i capelli morbidi, spostandoglieli un po’ di lato, e tentavo di tranquillizzare anche me stessa. L’arrivo di Jessica mi aveva scombussolata, ero terrorizzata all’idea che potesse portarlo in chissà quale bettola pericolosa.


“Agente” Una voce profonda mi fece sussultare, portando Timmy, che si stava riaddormentando ciucciando rumorosamente il cuccio, a riaprire gli occhi confuso. Uno degli uomini che erano di sotto era alla soglia della porta e sollevò leggermente il passamontagna rivelando il suo volto. “Stiamo portando via Jessica Hover, c’è altro o possiamo andare?”

“No, no. Potete andare” Risposi, prima di costringerlo a fermare la sua ritirata “Aspetti! Lei era insieme agli altri a casa di Jessica od ovunque fosse?” Chiesi alzandomi ed andandogli incontro. Quella stanza era davvero troppo grande.

“Si” La sua risposta era stata secca, mentre si riportava il passamontagna sul volto.

“Come stava andando?”

“C’era uno scontro a fuoco, quelli che erano dentro l’abitazione erano armati e hanno dato battaglia. Quando siamo andati via ancora andavano avanti”

“Sa qualcosa del mio collega?” Sussurrai temendo la sua risposta. Non vedevo l’ora che quella notte finisse, probabilmente fu la più lunga di tutta la mia vita. L’uomo di fronte a me scosse la testa e dopo avermi salutata, mi voltò le spalle se ne andò. Rimasi ancora qualche minuto a cullare Timmy, poi mi decisi a scendere al piano di sotto portandolo con me, non mi andava di lasciarlo.

Il tappeto del soggiorno era schizzato di sangue ed a terra c’erano ancora tutti i cocci di ciò che Jessica aveva rotto nel suo momento d’ira. La foto giaceva abbandonata sul tavolino, la presi in mano e notai con dispiacere che era leggermente rovinata. La poggiai con cura sulla scrivania dello studio e tornai in soggiorno, nonostante il fianco continuasse a farmi male non pesai neanche per un secondo di mettere giù Timmy. Liam aveva ragione, quando sarebbero venuti a prenderlo gli assistenti sociali cosa avrei fatto? Come potevo evitare che lo portassero via? Come potevo fare in modo di soffrire il meno possibile? Quel bambino era entrato nella mia vita da pochi giorni, ma mi sembrava ci fosse sempre stato e da come si comportava con me sembrava che anche per lui fosse la stessa cosa.

Fuori dalla finestra iniziava ad albeggiare ed io mi sdraiai sul divano, posizionando Timmy sopra di me. Non avevo avuto nessuna notizia ne’ da Robyn ne’ dal capo, così mi addormentai sperando che Liam riuscisse a tornare a casa senza un graffio.
 

__LIAM__

Vidi l’agente di fianco a me cadere a terra e subito entrammo in azione. Non potevo credere che mio fratello avesse sparato. Era un ladro, un drogato, ma non un assassino. Un attimo dopo sentii un proiettile sfiorarmi, ma mio fratello era esattamente immobile. Non era stato lui. Fui l’unico a capirlo però, perché l’agente alla mia sinistra, senza pensarci due volte, gli sparò, facendolo cadere contro il muro alle sue spalle.

“Bobby!” Lo chiamai, avvicinandomi a lui senza pensarci due volte, mentre qualcun altro alle mie spalle continuava a sparare, apparentemente da una stanza ancora in costruzione, che gli permetteva di vedere noi senza che noi potessimo vedere lui/lei.

Mio fratello mi stava guardando con gli occhi leggermente lucidi ed il ghigno sempre presente sul suo volto.

“Hai visto mio figlio?” Domandò sembrando quasi fiero. Io restai confuso dalle sue parole per qualche secondo prima di collegare che probabilmente si riferiva a Timmy.

“Timmy è tuo figlio?” Domandai con la voce strozzata. Aveva iniziato a tossire sangue ed il suo respiro era irregolare. Sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco, sapevo come sarebbe finita quella notte infernale. Non vedevo mio fratello da anni, per quel che ne sapevo poteva già essere morto da tempo, ed ero certo che ritrovarmelo davanti non mi avrebbe fatto alcun effetto, ma in fondo restava pur sempre mio fratello, era sempre il bambino con cui andavo a giocare nel giardino di casa dopo la pioggia solo per il gusto di sporcarci di fango, con cui avevo fatto innumerevoli castelli di sabbia e che mi aveva insegnato a fare a botte. Nonostante tutto era pur sempre mio fratello.

Fece a fatica un cenno con il capo e tossì rumorosamente.

“Il bambino che ho tenuto con me in questi giorni è mio nipote?” L’idea di poter avere un qualsiasi legame reale, di sangue, con quell’angioletto mi riempì il cuore di orgoglio. Quel bambino era mio nipote.

“Fa qualcosa per lui, non fargli vivere una vita di merda come la mia” Sussurrò a stento, prima di spirare, mentre i suoi occhi si fecero vuoti. Ingoiai il groppo che avevo in gola e gli abbassai le palpebre. Avevo perso un fratello ed avevo trovato un nipote. Un urlo alle mie spalle mi ricordò cosa stava succedendo intorno a me e mi rialzai notando che uno degli agenti stava scuotendo la testa, mentre toccava il compagno a terra, gli altri tenevano un uomo con l’aria da nerd ed il volto sporco di sangue che tutto sembrava tranne che un ladro, un contrabbandiere o qualsiasi cosa fossero quel covo di gentaglia.

Anche al piano di sotto il caos di poco prima si era spento. Guardai ancora una volta il corpo di mio fratello, poi mi costrinsi ad andarmene seguendo gli altri. Forse una parte di me aveva sempre sperato, immaginavo nei miei sogni più belli di ritrovarlo un giorno, scoprendolo con una famiglia e la testa apposto. Non era successo e non sarebbe mai successo.

“Davis!” Il capo mi venne incontro non appena mi tolsi il passamontagna e mi riconobbe in mezzo a quell’esercito di uomini corazzati. Mi poggiai stancamente ad un’auto di quelle parcheggiate fuori dall’abitazione e lasciai cadere a terra il casco che indossavo.

“Davis...” Ripeté nuovamente quando mi fu di fronte. I suoi baffi erano stranamente spettinati ed aveva delle occhiaie scure sotto gli occhi.

“C’era anche mio fratello Bobby. E’ morto” Dissi semplicemente, con un tono di voce piatto. Non capivo bene cosa stessi provando in quel momento. C’era amarezza più che dolore forse. In fondo mio fratello per me era già morto 5 anni prima.

“Mi dispiace Liam” Rispose il capo poggiandomi una mano sulla spalla. Scossi semplicemente la testa, poi poggiai l’M4 sul cofano dell’auto e mi tolsi anche il giubbotto antiproiettile. Poco distante sfilavano alcuni uomini tenuti ammanettati da altrettanti agenti che li conducevano verso delle auto scure, mentre le luci dei lampeggianti delle ambulanze coloravano di blu le mura delle case intorno a noi.

“Jessica? Non l’ho vista” Dissi riprendendo il controllo della mia mente. Vidi il capo esitare un attimo poi, portando le mani avanti rispose.

“Sta’ tranquillo, non ti agitare perché ti vado dicendo che è tutto ok. Jessica è andata da Rachel”

“Cosa?” Urlai, scattando sull’attenti, già pronto a saltare sulla prima auto e correre a casa.

“Ti avevo detto di stare tranquillo” Sbuffò il capo tenendomi fermo “Rachel ha chiamato dicendo che era fuori dalla porta del vostro appartamento, così ho mandato una squadra a prenderla. Mi hanno appena comunicato che è tutto ok. Hanno preso Jessica Hover e Rachel  ed il bambino stanno bene”

Mi tranquillizzai, ma il mio cuore continuava ancora a battere all’impazzata. Troppi avvenimenti per una notte sola, quando lavoro e vita privata si mescolavano diventava tutto psicologicamente insostenibile.

Meno di un’ora dopo mi ritrovai di fronte al grande condominio, pronto a tornare a casa. Quel pensiero mi fece sorridere: la sensazione di avere qualcuno da cui tornare, qualcuno a cui importava come stessi. Stavo tornando a casa da una donna ed un bambino a cui tenevo più della mia stessa vita. Quel calore che provavo dentro il corpo mi fece capire che forse Rachel non era l’unica ad essere stata ammaliata dagli occhioni azzurri di Timmy, di mio nipote.

“Signor Cooper” Abram, con la barba stranamente spettinata e lo sguardo shockato mi venne incontro quando misi piede nella hall. “Io non so cosa sia successo! E’ venuta una ragazza bionda, la sorella della signora Mendez, a chiedere di lei e sua moglie, puntandomi una pistola contro...”

“Aveva una pistola?” Lo interruppi, il capo aveva omesso qualche dettaglio nel suo racconto. Abram mosse velocemente la testa e poi riprese a parlare, camminando al mio fianco mentre io mi stavo avviando di fretta all’ascensore.

“Si! E poi sono arrivati gli S.W.A.T. e li ho dovuti guidare fino al vostro appartamento. Stavano per sfondare la porta, menomale che sono riuscito a fargli capire in tempo che era aperta!”

“Abram, si calmi! E’ tutto ok, questo però resterà il nostro piccolo segreto”

“Piccolo segreto? Ma si rende conto di quello che è successo qui questa notte?” Urlò paonazzo, per un attimo credetti che gli sarebbe preso un infarto proprio davanti ai miei occhi.

“Io e mia moglie siamo dell’FBI, c’è stato un piccolo imprevisto, ma ora è stato tutto sistemato. Non si preoccupi non succederà più. Ora se non le dispiace...” Indicai con lo sguardo le sue mani che tenevano le porte dell’ascensore aperto impedendomi di andare di sopra.

“Certo” Disse Abram, ritirando le braccia e facendo un passo indietro, riacquistando il suo solito contegno.

Entrai in casa facendo meno rumore possibile. Regnava il silenzio. Mi levai la giacca e lasciai cadere le chiavi sul mobiletto dell’entrata. Feci per andare di sopra quando con la coda dell’occhio notai che c’era qualcuno in soggiorno. Sul divano vidi Rachel che dormiva tenendo Timmy sopra di se’ e mi fermai a guardarli. A terra c’erano dei soprammobili fatti in mille pezzi ed il mobile su cui erano stati poggiati fino a qualche ora prima era completamente vuoto.  Mi guardai intorno, ma il resto della casa sembrava perfettamente come l’avevo lasciata. Lasciai un bacio sulla fronte a Rachel e, mentre facevo lo stesso con Timmy, sentii il suo sguardo sopra di me ed alzandomi incrociai i suoi occhi verdi.

“Buongiorno” Le sussurrai guadagnandomi un sorriso. Mi lasciai cadere sopra la poltrona di fronte e chiusi gli occhi, quando li riaprii avevo Rachel di fronte che mi porgeva Timmy. Mi alzai e lo presi in braccio, lasciando un bacio sulle labbra a Rachel.

“Andiamo a letto” Disse Rachel prendendomi per mano e facendo strada verso la stanza da letto.

“Non vuoi sapere cos’è successo?” Le chiesi sorpreso seguendola.

“Non ancora” Rispose sorridendo, mai come in quel momento avrei voluto avere una vera famiglia, perché nonostante tutto in un angolino della mia anima mi sentivo solo al mondo.
 
 
 

__Killigrew__
Ciao! Ecco la conclusione del capitolo precedente. Sembrerebbe che tutto si sia concluso per il meglio, ma ancora tanto deve succedere: dove sono Marcus e Karen? Ed il piccolo Timmy che fine farà? 
Vi aspetto al prossimo capitolo ;) A presto!!

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***



CAPITOLO 16                                                                    Next to me
    

__RACHEL__

I giorni seguenti all’arresto di Jessica ed alla morte di Bobby furono vissuti in apprensione, non sapendo quale sarebbe stato il futuro di Timmy. Non me la sentivo di abbandonare quell’angelo, ma non sapevo neanche come fare per tenerlo con me. Era vero che Liam avrebbe potuto chiedere l’affidamento, ma sarebbe stato difficile, avrebbe avuto bisogno di un buon avvocato e ci sarebbe potuto voler tempo, tempo durante il quale Timmy magari non sarebbe stato con noi.

Quando qualcuno bussò alla porta mi risvegliai dai miei pensieri ed andai ad aprire convinta che fosse Liam, che era uscito per andare a parlare con il capo. Dovevamo ancora concludere il nostro incarico e sembrava che Jessica avesse qualche collegamento con il fratello di Marcus, anche se lei non aveva la minima intenzione di collaborare con le autorità.

“Ciao!” Urlò un’allegra Karen saltandomi al collo ed abbracciandomi. Non mi ero dimenticata dei Mendez, ma quei giorni erano stati frenetici e non avevo avuto modo di pensare dove fossero finiti. Non mi sembrava più abbronzata del solito e, nonostante volesse farmi credere diversamente, non era poi così felice, i suoi occhi erano spenti.

“Karen! Ma si può sapere dove sei stata? Qui sono successe un sacco di cose e non ti trovavamo da nessuna parte”

“Lunga storia, siamo appena tornati e Abram ci ha detto che ci avevate cercati più volte, così eccomi qui! Ti sono mancata?”

“Karen, dobbiamo parlare. Possibile che tu non abbia saputo niente? Non hai sentito i tuoi genitori?” Domandai sorpresa, sembrava non sapere nulla di ciò che era successo. Come fai non sapere che tua sorella è stata arrestata?

“Kate, dovresti saperlo che io non sento MAI i miei genitori, ma cosa centrano loro? Sono venuti a cercami?” Sembrava quasi speranzosa, sapevo quanto ci tenesse a recuperare il rapporto con loro ed un po’ mi dispiaceva rovinarle quel momento d’attesa.

“No, si tratta di Jessica...” Fui interrotta da un pianto proveniente dal piano di sopra e Karen mi guardò interrogativa, confusa sia dalla mia risposta che dal piano del bambino. Le feci un cenno e lei mi seguì, quando arrivammo al piano superiore notò immediatamente la culla e si affrettò per vedere chi ci fosse al suo interno. Inutile dire che la sorpresa e la confusione fu tutto ciò che riuscii a leggere sul suo volto.

“Perché Timmy è qui?”

“Jessica è stata arrestata per rapina a mano armata ed aggressione” Spiegai abbassando lo sguardo su Timmy, che reclamava di essere preso in braccio e così feci. Karen ci guardò per un attimo, poi scosse la testa incredula.

“Mia sorella Jessica?” Si portò una mano alla bocca, poi si avvicinò ad accarezzare la testa di Timmy, che le sorrise riconoscendola. Provai una piccola fitta di gelosia e panico al pensiero che anche lei avrebbe potuto accampare gli stessi diritti di Liam per quel bambino.

“E’ venuta qui circa una settimana fa, ha lasciato Timmy ed ha trascinato Josh con se’ in una gioielleria, una volta là c’è stata la rapina e lei se n’è andata con uno dei rapinatori, che a quanto pare è il padre di Timmy...”

“Aveva sempre detto di non sapere chi fosse il padre!” Esclamò Karen sedendosi un letto, io mi avvicinai e feci lo stesso.

“Io non so. Karen, è tutto un gran casino!”

In quel momento sentii la porta al piano di sotto richiudersi e la voce di Liam risuonare per la casa.

“Kate! Vieni che abbiamo ospiti” Sperai vivamente che non fosse nessuno dei nostri colleghi, ma poi mi resi conto del nome con cui mi aveva chiamata e mi tranquillizzai un po’. Scendemmo entrambe di sotto, dove trovammo Liam e Marcus intenti a parlare. Marcus mi guardò interrogativo ed a bocca aperta quando vide il bambino che ancora tenevo in braccio e che non appena vide Liam si sporse verso di lui ridendo.

“Ma...Timmy? Che…” Balbettò Marcus facendo scattare il suo sguardo da me a Liam, per poi guardare la moglie, che gli rispose con una semplice alzata di spalle. Dedussi che Liam non doveva avergli detto nulla.

“Forse è meglio se ci sediamo” Disse Liam facendo strada verso il soggiorno, prendendo gentilmente Timmy dalle mie braccia, lanciandomi un sorriso sicuro.

“Quindi?” Chiese nervoso Marcus, passeggiando avanti ed indietro davanti a noi.

“Hanno arrestato quella stupida di mia sorella” Spiegò Karen sospirando “A quanto pare ha fatto una rapina con il padre di Timmy”

“Ma...” Karen interruppe il marito intuendo immediatamente cosa stesse per dire.

“Lo so, a quanto pare ci ha mentito, sapeva benissimo chi era il padre” Disse lei, sorridendo a Timmy che si era messo a giocare con il suo ciuccio.

“E’ mio fratello” Disse Liam abbassando lo sguardo mentre i suoi occhi si perdevano per un attimo nel vuoto “...Era” Si corresse.

“Come?” Urlarono contemporaneamente Marcus e Karen facendo sbarrare gli occhi al bambino che li guardò aprendo leggermente la bocca.

La situazione si faceva sempre più spinosa. Avremmo dovuto spiegare tutto a Karen e Marcus,
ma come potevamo farlo omettendo che Liam era un agente, che io ero un agente? Sarebbestato tutto più strano di quanto già non fosse. Nella mia mente c’era una confusione assurda e non trovavo un modo ideale per affrontare quella situazione.

Sentii nuovamente Liam sospirare ed incrociando il mio sguardo mi fece un segno d’assenso, che mi fu difficile interpretare. Di solito bastava un solo gesto, mi bastava guardare i suoi occhi per capire quali fossero le sue intenzioni e cosa stesse pensando, ma quella volta ero certa di aver interpretato male, perché mi sembrò proprio che stesse per vuotare il sacco ed io rimasi a bocca aperta, non pronta a ciò che stava per succedere.

 
__LIAM__

Vidi Rachel sbiancare leggermente e capii esattamente che aveva intuito ciò che stavo per fare. Ero andato a parlare con il capo quella mattina e lui mi aveva detto che i piani, dopo le rivelazioni di Jessica, erano cambiati. Ora toccava uscire allo scoperto e sperare che Marcus avesse abbastanza rancore verso il fratello da mettersi dalla nostra parte od almeno farlo per amor proprio e di Karen in modo da poter ricevere una riduzione di pena da parte del giudice quando ci sarebbe stato un probabile processo.

“Marcus, Karen...Penso che non vi piacerà quello che vi sto per dire e non so come reagirete, ma vi consiglio di pensare bene a ciò che direte o farete” A quelle parole vidi Marcus e Karen scambiarsi uno sguardo eloquente e pieno di timore per ciò che stavo per dire “Io non sono Josh Cooper e lei non si chiama Kate” Karen scattò in piedi e fece per andarsene, ma Rachel fulmineamente le bloccò la strada e la guardò quasi implorante.

“Ascoltaci Karen, è importante ed per il tuo bene” La sua non suonò come una minaccia, ma più che altro come una richiesta amichevole. Karen si morse un labbro e guardò Marcus, che invece era rimasto perfettamente immobile dov’era e mi fissava con sguardo indecifrabile. Mi ritrovai a sperare che non stesse meditando di prendermi a pugni.

“Liam Davis e Rachel Moore, agenti dell’FBI sotto copertura” Continuai mentre Marcus si passò preoccupato una mano sul volto e si buttò sulla poltrona. Non sembrava per nulla intenzionato a fuggire, per lo meno non al momento “Siamo stati mandati per controllarvi, sapevamo che gestivate un importante giro di droga e...”

“Non è più così” Mi interruppe Marcus “Non facciamo più quella vita da parecchio tempo”

“Lo so, lo sappiamo. Quindi abbiamo bisogno del vostro aiuto perché sembra proprio che tutte le nostre piste siano sbagliate”

“E noi cosa ci guadagniamo?” Domandò Karen avvinandosi alla poltrona dove era seduto Marcus, poggiandogli una mano sulla spalla, mentre Rachel le stava vicina, pronta a placcarla nel caso in cui avesse deciso di darsela a gambe.

“Il vostro passato non può essere cancellato, ma non abbiamo mai avuto prove sufficienti per incriminarvi, avete lavorato bene...” Marcus rise a quella mia frase ed io anche gli sorrisi. Per quanto fosse un criminale era stato inevitabile instaurare un rapporto d’amicizia con lui in quei mesi. “Quindi, a meno che non decidiate di confessare, non abbiamo niente contro di voi, altrimenti sareste già al fresco e noi non saremmo stati costretti a fare questa commedia” Vidi Karen rilassarsi a quelle parole e riprese posto sul divano. “Marcus, crediamo che dietro a tutto quanto ci sia tuo fratello e se è così ho bisogno del tuo aiuto per andare avanti, siamo ad un punto morto. So che è la tua famiglia e che...”

“Ci sto. Voglio vederlo dietro le sbarre, però mi garantisci che Karen sarà al sicuro da tutto” Rispose lui velocemente stupendomi. Mi aspettavo sarebbe stato più difficile convincerlo. Cosa aveva fatto per scatenare quell’odio puro che leggevo nei suoi occhi in quel momento. Mi voltai verso Karen e la vidi abbassare lo sguardo mordendosi un labbro, Rachel alzò semplicemente le spalle. Aveva lasciato tutto in mano a me, probabilmente non sapendo quale fosse di preciso il piano aveva preferito starne fuori.

“Io sinceramente non ci sto capendo più nulla!” Esclamò Karen, poi si rivolse a suo marito “Se sei sicuro di voler collaborare io sono con te, ma non trattarmi come una bambolina. Che vada bene o male lo affronteremo insieme” Sembravano una coppia davvero molto unita, chissà come sarebbe stata la loro vita se il loro passato non fosse stato ciò che in realtà era.

Karen mi risvegliò dai miei pensieri riprendendo a parlare con me e Rachel. “Siete agenti dell’FBI, eravate qui per arrestare noi ed adesso ci state chiedendo aiuto, poi c’è la storia di Jessica e Timmy. Per non parlare di tuo fratello!” Mi indicò restando a fissarmi in attesa di ulteriori spiegazioni. Mi rendevo conto che dal punto di vista loro era tutto un gran casino, lo era anche per noi. Certo non avevo immaginato che avremmo affrontato quella situazione con la calma innaturale che invece regnava in casa, mi aspettavo fughe ed inseguimenti per le strade di New York, invece ne parlavamo comodamente seduti in soggiorno, quasi come se stessimo commentando una partita degli Yankee.

“Non sapevo che Timmy fosse mio nipote fino a qualche sera fa e non vedevo mio fratello Bobby da 5 anni”

“Stiamo cercando di tenere Timmy con noi per evitare che finisca in qualche istituto” Continuò Rachel spostando su di lei l’attenzione di tutti “Jessica è stata arrestata, Bobby è morto ed i tuoi genitori non vogliono prendersi cura di lui”

“Lo immaginavo” Mormorò Karen “Sapevo che prima o poi sarebbe successo qualcosa del genere, da quando Jessica aveva conosciuto Jarod, il fratello di Marcus, aveva iniziato a comportarsi in modo ancora più strano. Sapevo che prima o poi si sarebbe cacciata nei guai andando dietro a quello stronzo!”

“Cosa succederà a Timmy?”

“Se devo essere sincera mi sono affezionata terribilmente a questo bambino e non vorrei lasciarlo” Ammise Rachel mentre Karen annuiva comprensiva. “Ho proposto a Liam di richiedere l’affidamento, ma non siamo ancora certi”

“Penso che...possa essere una buona idea. Anche se mi rendo conto di non conoscervi presumo che siate delle brave persone ed io e Marcus non possiamo prenderci un impegno così grande in questo momento, anche se voglio un bene dell’anima a Timmy” Disse Karen sorridendo tristemente. Di slancio Rachel si avvicinò ad abbracciarla, quasi a volerla ringraziare di quelle parole. Non avevamo certo bisogno del suo consenso per richiedere l’adozione, ma sarebbe stata una lotta in meno, ammesso che Karen e Marcus fossero usciti puliti da quella storia. Ed in ogni caso non era ancora detta l’ultima parola.

“Che genere di rapina c’è stata?” Domandò Marcus sporgendosi in avanti e poggiando i gomiti sulle sue ginocchia.

“Gioielli” Risposi semplicemente “Se deciderete di collaborare vi spiegherò tutto meglio, altrimenti...”

“Altrimenti?” Chiese Karen guardando preoccupata Rachel.

“Altrimenti le nostre strade si divideranno e se scopriremo qualcosa anche su di voi sarete incriminati così come tutti gli altri coinvolti”

“Collaboriamo!” Esclamò Marcus alzandosi in piedi ed avvicinandosi a Karen “E’ meglio così piccola, avevamo detto che avremmo chiuso con quella vita e questo è il modo più giusto per farlo” Sussurrò prendendole il volto tra le mani.

“Ma...Non abbiamo la certezza che ci lasceranno stare poi. Potremmo comunque finire in carcere, Marcus io non so...” Rispose questa titubante, abbandonando un po’ delle sua sicurezza, con le lacrime agli occhi. Il loro mondo stava andando a rotoli ed il loro passato tornava prepotente a farsi sentire ed a sconvolgerli.

“Dobbiamo pensare a qualcun altro ora e non voglio rischiare che Jarod ti faccia di nuovo del male” Poggiò la sua fronte contro quella della moglie ed io e Rachel ci scambiammo uno sguardo imbarazzato sentendoci un po’ degli intrusi in quel momento intimo. Mi si avvicinò ed accarezzò la testa di Timmy sorridendogli dolcemente. Ancora non ero certo dell’adozione, volevo il bene di Timmy, ma c’erano mille ragioni che mi frenavano, quello però non era il momento ideale per affrontare il discorso. Ora che Karen e Marcus erano dalla nostra parte forse saremmo riusciti a chiudere il caso. Ma dopo cosa sarebbe successo?


__Killigrew__
Ciao, terribilmente in ritardo sulla mia tabella di marcia, ma alla fine sono arrivata. Questo capitolo sinceramente aveva qualcosa che non mi convinceva a pieno, comunque alla fine ho deciso di pubblicarlo comunque e spero che vi piaccia almeno un pochino pochino. ;)
A presto!

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


 
CAPITOLO 17                                                                         Next to me

__LIAM__

“Sei pronta per stanotte?” Domandai a Rachel mentre lei chiudeva lentamente la porta della camera da letto, cercando di fare meno rumore possibile e di non svegliare Timmy. Quella sera era stato parecchio capriccioso e metterlo a dormire fu un’impresa, senza contare le difficoltà che avevo avuto a convincere Rachel a lasciarlo con una baby-sitter e poi successivamente a trovare una baby-sitter disponibile a lavorare di notte. Alla fine Karen si era proposta ed aveva deciso, con grande piacere da parte di Marcus, di non partecipare all’operazione e restare così lei a casa a guardare Timmy.

Quella sarebbe stata la nostra notte, o tutto o niente. Se tutto non fosse andato secondo i piani eravamo fregati, noi saremmo finiti allo scoperto e Marcus, lui avrebbe forse pagato una conseguenza ancora maggiore mettendosi apertamente contro suo fratello.

Fingendosi ancora in affari con suo fratello, Marcus era riuscito a convincere alcuni ragazzi che lavoravano per Jarod a dirgli del prossimo carico di droga, che sarebbe arrivato proprio quella notte al porto. Avevamo montato in fretta e furia un piano, decidendo di non perdere altro tempo ad aspettare la prossima occasione, se mai se ne fosse presentata una. Io mi sarei recato con Marcus al molo in cui avremmo dovuto trovare la nave con la merce, mentre Rachel sarebbe intervenuta successivamente, insieme al gruppo del Capo. Non potevo negare che saperla sul campo mi metteva in agitazione, ma sapevo che Jason l’avrebbe tenuta d’occhio per me.

“Credo di si. Pensi che ce la faremo? E se Jarod non si presentasse? Resteremmo con un pugno di mosche. Sai che se non lo becchiamo sul posto non abbiamo niente contro di lui”

“Lo so. Quel bastardo è stato bravo a nascondere ogni traccia, nonostante il passato di Marcus e riuscito a non far sospettare nessuno di lui. In ogni caso ci è stato assicurato che lui sarà lì e noi ora come ora possiamo solo fidarci della parola di Marcus e Karen” Sospirai, passandomi una mano sul volto e sentendomi già stanco anche se, alle 10 e mezza di sera, la mia giornata doveva ancora incominciare.

Sentimmo il campanello suonare e Rachel iniziò a maledire chiunque fosse d’altro lato, riaprendo la porta della stanza da letto nella speranza di trovarvi Timmy ancora addormentato. Io invece mi affrettai a scendere di sotto ad aprire, sapendo già che certamente erano i Mendez. Chi altri altrimenti si sarebbe presentato a quell’ora?

“Ehy” Fu il saluto di Marcus, mentre entrava in casa, seguito da Karen.

“Ehy” Risposi a mia volta.

“Ragazzi, ringraziate di non aver svegliato Timmy, altrimenti...” Li minacciò Rachel raggiungendoci. “Come mai siete venuti così presto? Ci saremmo dovuti vedere tra mezz’ora” Aggiunse controllando il suo orologio da polso.

“Si, ma siamo un po’ agitati” Ammise Karen, poggiando una mano sulla schiena del marito, anche lui parecchio teso. Entrambi si andarono a sedere sul divano ed io e Rachel ci scambiammo uno sguardo confuso, poi lei, con un’alzata di spalle li seguì.

“Pensi che potremmo avere problemi?” Domandai a Marcus, che scosse la testa e sul suo viso si dipinse un sorriso amaro.

“Con mio fratello si hanno sempre problemi” Fu la sua risposa ed io non potei fare a meno di pensare Bobby ed a tutte le volte che anche io mi ero ripetuto quella frase. “Jarod pensa solo a se stesso, non ha famiglia, non ha amici, nessuno conta per lui se non il suo benessere. Sparerebbe persino a me se fosse costretto”

A quelle parole la schiena di Karen si rizzò e lei tentò di nascondere un’espressione preoccupata dietro un breve sospiro.

“Perché lo odi così tanto?” Stavolta fu Rachel a parlare. A Karen le si fecero gli occhi lucidi, mentre Marcus si alzò di scatto ed iniziò a passeggiare dietro al divano, fermandosi di tanto in tanto pronto a parlare, per poi pentirsene all’ultimo minuto e riprendere la sua muta marcia. Io e Rachel attendemmo che si decidesse a spiegare, mentre Karen si limitò a scuotere la testa, per poi alzarsi anche lei.

“Io vado a controllare Timmy” Disse quest’ultima all’improvviso, lanciando un sorriso rassicurante a Marcus che subito si era voltato verso di lei con aria preoccupata. Una volta che lei scomparve su per le scale Marcus guardò prima Rachel e poi me.

“Un anno e mezzo fa io e Jarod avevamo un grosso affare per le mani, che ci avrebbe fruttato un sacco di soldi, più di quanti ne avevamo mai fatti in vita nostra spacciando nelle scuole ai figli di papà. Però questa cosa sembrava davvero più grande di noi e visto che io e Karen avevamo deciso di mettere su famiglia avevo avvisato mio fratello che quella sarebbe stata la mia ultima volta. Poi volevo togliermene fuori e restare pulito, fare una vita normale e vivere senza dovermi preoccupare che mia moglie finisse in qualche faida tra clan” Si fermò e prese da un tavolino un pupazzo di pezza di Timmy, ormai la casa era invasa dai giocattoli. “Ma prima che l’affare si concludesse le carte in tavola cambiarono. Chi ci aveva commissionato il lavoro voleva di più, voleva fare le cose ancora più in grande ed a me quella storia puzzava, non volevo finire nei guai, ero sempre riuscito a cavarmela ma avevo una brutta sensazione quella volta. Così dissi a Jarod che non se ne faceva niente, che i patti erano saltati, ma lui non la prese bene. Era convinto che non avessimo dovuto farci sfuggire quell’occasione d’oro, così per convincermi a restare usò l’unica leva che sapeva avrebbe funzionato...” Si fermò un’altra volta e trasse un profondo respiro, abbassando la testa. Dentro di me ero curioso di sapere di quale affare stesse parlando, perché in realtà noi non avevamo nulla di particolare che indicasse che nel periodo di cui Marcus si era ritirato fosse successo qualcosa di grosso.

“...Karen. Usò Karen per costringermi ad andare fino in fondo a quella storia. Mi assicurò che non le sarebbe successo niente, che una volta finito io e mia moglie saremmo anche potuti andare al diavolo, ma non fu così. Il giorno prima che quella storia finisse uno dei miei ragazzi, che mi era rimasto vicino nonostante la mia scelta di andarmene, mi disse dove si trovava Karen: sulla barca di mio fratello. Arrivai al porto giusto in tempo per vedere la barca affondare. Mio fratello la voleva fuori dai piedi, per lui era solo un ostacolo, qualcosa da eliminare così io e lui potessimo continuare indisturbati i nostri affari”

Per un attimo riuscii a leggere il dolore nei suoi occhi e non potei fare altro che provare un po’ di empatia verso di lui, immaginando quello che avrei fatto se avessi visto Rachel praticamente morire di fronte a me. Mi voltai verso di lei e la vidi ascoltare attenta e rapita, con lo sguardo triste, la storia di Markus. Sentii un peso attanagliarmi lo stomaco ed un fremito gelido passarmi il petto. No, non volevo immaginarlo.
 

__RACHEL__

La storia di Marcus mi stava gelando sempre più il sangue nelle vene. Non potevo credere che suo fratello potesse arrivare a tanto per il denaro. La ricchezza aveva annebbiato la sua mente oltre l’immaginabile, tanto di convincerlo che far morire la cognata sarebbe stata la giusta soluzione per tenersi Marcus vicino, non aveva capito che in quel modo l’avrebbe allontanato da lui per sempre. Sentii per un attimo lo sguardo di Liam posarsi su di me ed immaginai quali potessero essere i suoi pensieri. Quando mi voltai anche io verso di lui però si era già rivolto nuovamente a Marcus, così feci anche io.

“Ovviamente mi buttai subito in acqua” Continuò Marcus, il cui viso era il ritratto della disperazione. Era ovvio come ricordare tutto quello lo facesse ancora soffrire “Ci misi un po’, ma alla fine la trovai e la tirai fuori. Era incosciente, ma viva. A non essere più vivo però era il nostro bambino” A quelle parole il fiato mi si bloccò in gola e automaticamente la mia mano corse a coprire la bocca che si era aperta in una smorfia di incredulità e sgomento. Non potevo credere che Karen avesse passato tutto questo e nonostante tutto riuscisse ancora a sorridere, nonostante riuscisse ancora a vivere la sua vita.

“Mi dispiace” Disse Liam, con tono grave, scuotendo la testa. Io non riuscii a dire nulla invece, le parole mi morirono in gola ed iniziai a capire il perché di tanto odio verso Jarod. In un certo qual modo iniziai ad odialo io stessa, anche se personalmente non mi aveva fatto nulla.

“Già...” Rispose Marcus, schiarendosi la gola e lasciando andare il pupazzo di Timmy, che stava praticamente stritolando tra le sue mani “Così ora sapete tutto”

“Vado a salutare Karen e poi possiamo andare” Aggiunse con voce più decisa dopo qualche minuto di silenzio. Non appena fu andato mi alzai da dove ero seduta e andai alla poltrona dove c’era Liam, mettendomi in braccio a lui ed affondando il viso nell’incavo del suo collo. Respirai a fondo il suo profumo, ad occhi chiusi, e lo strinsi di più a me.

“Tutto ok?” Sussurrò lui con voce gentile. Sapevo che per tutto il tempo non aveva fatto altro che mettersi nei panni di Marcus, immaginarsi dentro quella storia, come se tutto quello stesse succedendo a lui, a noi. Volevo consolarlo in qualche modo, fargli capire che noi stavamo bene, che io stavo bene e niente mi sarebbe successo.

“Possiamo andare” Annunciò Marcus ricomparendo qualche istante dopo.

Marcus e Liam mi lasciarono in un fast-food appena prima del porto, dove un gruppo del FBI attendeva pazientemente, in incognito, che si arrivasse il momento di entrare in azione. Prima di scendere dall’auto mi sporsi verso Liam e gli lasciai un bacio dolce e passionale allo stesso tempo.

“Ricordati che devi  tornare da me” Gli dissi strappandogli un sorrisino.

Dentro al fast-food individuai subito Jason ed il capo, seduti con altri colleghi ad un tavolo appena vicino all’ingresso, così mi avvicinai a loro.

“Sono andati?” Domandò il capo, allungando il collo per guardare fuori dalla vetrina.

“Si” Sospirai io, prendendo posto vicino a Jason, che mi fece un sorriso rassicurante, per poi addentare l’hamburger che aveva di fronte.

Seduti lì dentro il tempo sembrava non passare mai e mi venne in mente cosa era accaduto solo qualche giorno prima, quando mi ero decisa ad andare da mio padre.

“Rachel, piccola...io capisco che tu sia agitata, ma non pensi che sarebbe meglio entrare?” Domandò Liam, rivolgendomi uno sguardo dolce e lasciandomi un bacio leggero a fior di labbra. Io annuii e mi voltai nuovamente verso la pesante porta verde scuro che avevo di fronte da ormai 10 minuti. Alzai il pugno e mi bloccai nuovamente, poi sentii la mano di Liam poggiarsi sulla mia schiena e quello mi diede la spinta di cui avevo bisogno per andare sin in fondo, così bussai.
Un uomo alto, con i capelli brizzolati, pettinati indietro e degli occhiali da lettura poggiati sul naso, aprì la porta. Restammo entrambi immobili a fissarci per qualche minuto. Non lo vedevo da un anno e mezzo circa, ma sembrava essere passato un secolo. Avevo smesso di andare a trovarlo perché ogni volta non faceva altro che criticare le mie scelte, partendo da quelle lavorative sino ad arrivare a quelle sentimentali. Mio padre aveva sempre cercato di immischiarsi nella mia vita anche quando non lo invitavo a farlo, era sempre perennemente lui a tenere le redini di tutto, ma New York e l’FBI era qualcosa che sfuggiva al suo controllo, quindi era qualcosa che per me non andava bene a suo parere.
Mi guardò per un secondo ancora, poi il suo sguardo si posò su Liam che, alle mie spalle, ancora teneva una mano poggiata sulla mia schiena, come se volesse infondermi quella sicurezza che, non appena eravamo arrivati davanti a quella casa, era venuta meno.
“Tu?” Disse mio padre assottigliando gli occhi e sbuffando una volta riconosciuto Liam.
“Grazie del saluto papà” Ero seccata, un anno e mezzo che non vedeva sua figlia e la prima cosa che faceva era pensare a Liam.
“Rachel, tesoro. Cosa ci fai qui? E’ successo qualcosa? E lui? Da quando ti vedi di nuovo con lui?”
“Possiamo entrare dentro a parlare?” Chiesi, notando con la coda dell’occhio l’espressione non più tanto amichevole sul volto di Liam.
“Certo” Rispose semplicemente mio padre facendosi da parte e permettendoci di passare. Era da tanto che non venivo, ma quella casa non era cambiata di una virgola.
“Penso che tu debba spiegarmi un po’ di cose Rachel” Esclamò mio padre pendendo posto in una poltrona, mentre io e Liam facevamo lo stesso sul divano.
“No, papà. Penso che TU debba spiegarmi un po’ di cose” Un lampo di comprensione balenò negli occhi di mio padre, che per un attimo abbassò la testa.
“Deduco che vuoi due abbiate parlato...” Sagace il mio paparino, pensai sbuffando “Rachel, tesoro. Tu eri una ragazzina ancora, lui aveva sulle spalle responsabilità che non potevo permettere influenzassero la tua vita e le tue scelte”
“Hai detto bene, le MIE scelte” Ribadii a voce leggermente più alta. Liam mi prese una mano e la strinse, così mi voltai verso di lui ed il suo bellissimo sorriso ebbe il potere di far rilassare all’istante ogni mio nervo. All’inizio pensavo di voler andare da sola da mio padre, ma poi mi ero detta che sarebbe stato inutile, non volevo nascondermi da lui ne’ dargli il contentino facendogli credere che non ci fosse nulla tra me e il ragazzo che lui si era impegnato così tanto ad allontanare dalla mia vita. Ero contenta di aver deciso di rendere Liam partecipe di tutto quello, perché se fossi stata sola probabilmente in quel momento sarebbe già scoppiata una tremenda lite che avrebbe potuto incidere per sempre sul rapporto con l’unico genitore che mi restava.
“La sua famiglia era disastrata! Sua madre aveva una relazione segreta, suo padre non faceva altro che bere e vogliamo parlare di suo fratello?” Sbottò mio padre. In un istante Liam scattò in piedi ed io feci lo stesso poggiandogli una mano sul braccio.
“Con tutto il rispetto Alan, ma tu non sai niente della mia famiglia” Il tono di voce freddo che Liam aveva utilizzato per pronunciare quelle parole mi venire i brividi. Lo sguardo di mio padre si fece più truce.
“Volevi portare anche lei nella tua famiglia? Rovinare anche lei?” Urlò mio padre, poi aggiunse con tono più calmo “Tu avevi deciso di aiutare tuo fratello, avevi deciso di tenere la tua famiglia unita, ma non potevo certo accettare che Rachel venisse coinvolta. Cosa avresti fatto? L’avresti portata con te in Messico?”
“Sa benissimo che non lo avrei mai permesso” Sbuffò Liam, i suoi occhi si erano fatti di un blu ancora più scuro mentre vedevo la rabbia ribollire nelle sue vene “Rachel è sempre stata la cosa più importante al mondo per me, l’avrei protetta ad ogni costo”
“Rachel è testarda più di un mulo e quando si mette in testa qualcosa non c’è modo di fermala”
La loro discussione andava avanti come se io non fossi nella stessa stanza ad ascoltarli, come se io non potessi dire la mia.
“Basta!” Gridai innervosita. Capivo che mio padre aveva fatto quello che credeva fosse meglio per me, ma aveva comunque sbagliato “Papà, restava comunque una mia scelta. Tu mi hai mentito, mi hai fatta soffrire e poi mi hai spedita in Europa per evitare che scoprissi la tua menzogna!” Esclamai indignata ed offesa dal suo comportamento nonostante fossero passati 5 anni. “E’ vero, forse se avessi saputo delle intenzioni di Liam avrei voluto seguirlo o forse avrei tentato di impedirgli di andarsene...” Mi fermai per cercare le parole giuste per continuare, ma il sussurro di Liam mi bloccò.
“Avrei tanto voluto che tu lo facessi. Forse mio padre sarebbe ancora vivo”
A quelle parole anche lo sguardo duro di mio padre si addolcì e sospirò, poggiandosi una mano sugli occhi.
“Mi dispiace per quello che ti è successo Liam”
“Ed io capisco che tu volevi solo il bene di tua figlia Alan”
Rimasi in attesa, aspettando che mio padre si scusasse con me, che mi dicesse che non voleva farmi soffrire, che era stato un errore. Ma quelle parole non arrivarono, passammo il resto della giornata a casa sua, gli raccontai del mio lavoro e della mia storia con Liam. Saputo che quest’ultimo anche era diventato un agente dell’’FBI la sua risposta era stata “Sapevo che avresti fatto grandi cose”. Un po’ fui gelosa, a me aveva sempre rimproverato la mia scelta, predicando di quanto fosse sbagliato che io andassi a dare la caccia ai criminali quando invece potevo fare altro, probabilmente il motivo principale per cui avevo scelto quel mestiere era proprio quello di andare contro mio padre, o forse perché anche io sapevo che Liam avrebbe fatto grandi cose e che probabilmente avrebbe scelto quella strada. Forse inconsciamente speravo solo che le nostre strade si incrociassero di nuovo.
“Alla fine non è andata così male, anche se mi aspettavo un po’ più di comprensione verso di te” Disse Liam una volta usciti da casa di mio padre. Mi passò una mano sopra le spalle e poi mi tirò a sé.
“Non importa. Sapevo che avrebbe fatto così” Sospirai, tentando di nascondere la mia delusione.
“Per me importa. Voglio solo che tu sia felice. In qualche modo siamo comunque finiti insieme, ci siamo incontrati di nuovo, ci siamo conosciuti di nuovo e ci siamo amati di nuovo” Mi lasciò un bacio tra i capelli, poi continuò a parlare “Te l’ho mai detto che adoro il tuo profumo”
“Forse” Risposi sorridendo maliziosamente “E cos’altro adori?”
“Te, anzi adoro noi, insieme”

 
C’era un agente che controllava il porto, avremmo dovuto aspettare un suo segnale prima di entrare in azione, non potevamo rischiare che ci vedessero lì e facessero saltare tutto. Dovevamo prendere Jarod, volevo sbattere quello stronzo in galera e farlo marcire lì dentro. Più volte mi ritrovai a chiedermi cosa stesse facendo Liam, se tutto stesse andando bene e se lui e Marcus sarebbe riusciti ad ingannare tutti e quando finalmente il capo ricevette la telefonata che tutti stavamo aspettando, scattai in piedi e corsi insieme agli altri fuori dal locale.

Il porto era silenzioso, sembrava quasi deserto. Ci avviamo verso una zona più in vista, da dove proveniva della musica e si sentiva vociare. Troppa gente, questo non andava per nulla bene. Mi sorpresi quando, arrivando al punto designato, mi accorsi di trovarmi di fronte ad uno yatch allestito per una festa, sopra al quale decine di persone, vestite in abiti eleganti e costosi, si accingevano a brindare e divertirsi. Era quello? Sarebbe successo tutto ad una festa su uno yatch? Dov’erano le navi merce? Ed il carico? Dov’erano Marcus e Liam? E soprattutto dov’era Jarod?

Stavo tartassando il mio cervello di domande alle quali non trovavo una risposta, mi sentivo totalmente spiazzata. Mi sarei aspettata una decina di ragazzi ben piazzati che spostavano casse piene di cocaina, cacciandole fuori da enormi container, non di certo un party di ricconi. Ecco perché non avevamo mai capito come facessero, cercavamo nel punto sbagliato, cercavamo tra le persone sbagliate. Mi vergognai ammettendo a me stessa che quel caso era stato un buco nell’acqua sin dall’inizio.

“Ecco Liam” Sussurrò Jason alle mie spalle. Io seguii il suo sguardo e trovai Liam e Marcus sullo yatch intenti a parlare con un uomo abbastanza anziano, vestito in modo molto elegante e con un aria snob. Non avevo idea di chi fosse e dalla faccia del capo capii che anche lui stava cercando di mettere insieme i pezzi, una cosa era certa: quello non era Jarod.


__Killigrew__
Immenso, immenso, immenso ritardo, lo so. Purtroppo ho avuto da fare in questo periodo e non ho trovato modo di scrivere, anche perché, pur volendo, avevo la testa altrove e proprio non ce l'avrei fatta. Ieri poi mi sono imputata e ho deciso che, visto che mancava poco al finale dovevo farcela! E così è stato. Ho scritto questo piccolo capitolo ed il prossimo, che sarà un po' più lungo oltre che essere l'ultimo. Mi scuso se posso aver un po' perso il filo della storia, ma dopo così tanto tempo di inattività era inevitabile. Perdonatemi se ho lasciato qualcosa indietro, se vi ho un po' deluse e se questo capitolo non è esattamente come magari l'avevate immaginato. In ogni caso ringrazio chi ancora è qui a leggere!! ^-^
La prossima settimana pubblicherò l'ultimo capitolo e spero di ritrovarvi tutti! 


 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***



 
CAPITOLO 18                                                                         Next to me

__LIAM__

“Ok, ora saremo solo io e te” Dissi scherzosamente, lanciando un’occhiata a Marcus mentre ci avvicinavamo al punto in cui ci saremmo dovuti incontrare con Jarod e i suoi uomini.

“Già, se non contiamo lo stuolo di sbirri alle nostre spalle. Liam, ricordati che mi hai promesso che io e Karen ne usciremo puliti da questa storia”

Sospirai e feci un cenno d’assenso con la testa. Avevo parlato con il capo ed avevo spiegato che per ottenere la collaborazione di Marcus avevo dovuto garantire, nonostante non fosse in mio potere, che lui e sua moglie dopo tutta quella storia avrebbero potuto vivere una vita tranquilla, ma lontani da New York.

“Avrete 48 ore di vantaggio. Lo sai che non potevo fare più di questo. Hai preparato le valigie?”

“Si, è tutto pronto. Ma non ti dico dove andremo” Fece un piccolo ghigno e mi diede uno scappellotto, poi cozzò contro di me quando io mi bloccai ammirando l’enorme yatch che avevamo di fronte.

“E’ questo il posto?” Chiesi titubante, convinto che avessimo sbagliato, ma Marcus annuì e mi fece strada verso la balaustra che conduceva sulla nave. Immediatamente ci venne incontro una ragazza, con affianco due energumeni vestiti in giacca e cravatta.

“Posso vedere il vostro invito?” Domandò gentilmente la ragazza, sbattendo insistentemente le ciglia e masticando, poco finemente, un chewing-gum .

“Sono Marcus Mendez” A quelle parole la ragazza aprì leggermente la bocca e sbarrò gli occhi, ma senza dire nulla si fece da parte, così come i due uomini che erano con lei, e ci lasciarono passare.

“Devo dire che il tuo nome fa un certo effetto” Ridacchiai, guardandomi intorno. Per quella sera mi sarei aspettato un vecchio magazzino, del lavoro sporco da fare, di tutto ma sicuramente non una festa chic su uno yatch. Studiai ogni volto, ogni sguardo che incrociavo, cercando di capire chi fosse a conoscenza di cosa stava accadendo su quella nave e chi no. C’erano un paio di uomini che si aggiravano senza meta, guardandosi intorno furtivamente ed una donna, che a differenza delle altre presenti non si era data pena di agghindarsi per l’evento, che era ferma davanti alla porta che portava alle stanze di sotto e sembrava non avere il minimo interesse per quella festa.

“E così, ecco come girano gli affari”

“Non te lo immaginavi, eh?” Ghignò Marcus, facendo strada verso la ragazza che stavo guardando poco prima. Eravamo quasi davanti a lei quando un uomo si piazzo sulla nostra strada. Era abbastanza anziano, con non più molti capelli sulla testa e dei baffoni da far concorrenza al Capo.

“Marcus!” Esclamò stupito, abbracciando bonariamente l’uomo affianco a me e lasciandogli qualche pesante pacca sulla schiena. “Che ci fai qui? Credevo che tu e tuo fratello non andaste molto d’accordo. Sono piacevolmente sorpreso di trovarti alla sua festa. E tua moglie dov’è?” Disse guardandosi intorno, probabilmente in cerca di Karen.

“Non è potuta venire, ma ho portato con me un amico. Lui è Josh Cooper” Disse indicandomi, così io porti educatamente la mano all’uomo che la strinse sorridendo “Josh, questo è mio zio Carlos, il fratello di mio padre”

Squadrai l’uomo cercando di capire se anche lui potesse essere in affari con Jarod, ma Marcus parve leggere il mio pensiero e scosse impercettibilmente la testa. Così mi rilassai e seguii con poco interesse il loro scambio di battute sulla famiglia ed il lavoro. Gettai uno sguardo veloce verso il molo cercando di capire dove fossero appostati gli altri agenti, ma non vidi nessuno. Ero certo che a quel punto sarebbero già dovuti essere lì, quindi avevano semplicemente trovato un buon punto dove appostarsi. Per l’ennesima volta mi ritrovai a sperare che andasse tutto bene e che soprattutto non succedesse niente a Rachel.

“Senti zio, io andrei a cercare Jarod, non l’ho ancora salutato” Disse ad un certo punto Marcus, attirando nuovamente la mia attenzione.

“Certo, certo! Andate pure, io resterò ancora qualche minuto, poi andrò a casa. Non ho più l’età per queste cose”

Ci congedammo velocemente dall’uomo e ripresi a camminare in silenzio verso la ragazza, che ora ci guardava con uno sguardo di sfida, come se ci stesse aspettando.

“Jarod è di sotto?” Domandò Marcus con voce dura, indicando la porta alle spalle della ragazza.

“Si, ma non credo tu sia il benvenuto Marcus” Rispose questa, spostando poi il suo sguardo su di me. Notai che aveva una brutta cicatrice sul volto e capii immediatamente di chi si trattasse: era Maya Rogers, la tenevamo d’occhio da un po’ di tempo, sospettando che lavorasse con i Mendez. Almeno su una cosa non c’eravamo sbagliati.

“Chiediamoglielo direttamente a lui” Marcus fece per allungare la mano verso la porta, ma la ragazza, con uno scatto fulmineo, lo bloccò.

“Ah-ah-ah...Marcus, non lavori con noi da tempo, ma lo sai che a me vengono dati ordini ben precisi e quello di stasera è di non fare entrare NESSUNO”

Non potevamo dare spettacolo in mezzo a tutta quella gente, ma allo stesso tempo avevamo bisogno di entrare lì sotto. Mentre le rotelle del mio cervello giravano alla ricerca di una soluzione, Marcus portò una mano dietro la schiena e notai immediatamente che Maya si era irrigidita, mentre i suoi occhi si dilatarono in un’espressione di stupore e paura. Quando però notò che tutto ciò che Marcus stava prendendo era il cellulare, si lasciò scappare una piccola risata nervosa. Anche lui aveva notato la reazione della ragazza e mi lanciò un’occhiata divertita e tesa, poi si portò il telefono all’orecchio.

“Jarod...Già, è da un bel po’ che non ci sentiamo. Senti sono sul tuo yatch con un amico e la tua amichetta Maya non mi vuole far scendere di sotto...”

Io e Maya seguimmo attentamente le sue parole, nel tentativo di capire cosa stesse dicendo la persona dall’altra parte.

“Certo, ma preferirei ne parlassimo di persona” Un sorrisino si fece largo sul suo volto e capii immediatamente che aveva ottenuto ciò che voleva. “Arriviamo”
Ripose il cellulare nuovamente in tasca e, questa volta senza che Maya dicesse nulla, entrammo da quella dannata porta. Sentivo l’adrenalina salire mentre mi chiedevo cosa vi avremmo trovato dietro, ma soprattutto chi vi avremmo trovato.

Jarod era tranquillamente seduto ad un tavolo insieme ad altri 2 uomini e quando ci vide entrare si alzò e con un grande sorriso andò incontro al fratello. Un uomo grande quanto un armadio ci si avvicinò ed iniziò a perquisirci per assicurarsi che non avessimo armi con noi.

“Sono puliti” Sentenziò con voce bassa per poi riprendere il suo posto vicino alla porta.

“Marcus! Lo sapevo che prima o poi avresti capito il tuo errore. E’ stato Brad a convincerti, vero? Dovrò dare a quel ragazzo un meritato premio per il suo lavoro” Esclamò soddisfatto abbracciando Marcus. A quanto pareva in quella famiglia erano molto portati per il contatto fisico, ma questa volta Marcus sembrò non gradire, in quanto il sorriso sul suo volto vacillò e le spalle si irrigidirono. “Questo è il tuo amico?” Domandò poi rivolgendosi a me, che mi limitai a fare un breve cenno d’assenso ed un sorriso falso. “So che li scegli sempre bene, ma ti dispiacerebbe se andassimo a fare solo io e te due chiacchiere in privato” Aggiunse poi tornando a rivolgersi al fratello.

Jaron e Marcus scomparvero in una stanza adiacente ed io restai dov’ero guardandomi intorno. I due uomini parlottavano animatamente tra di loro, per nulla interessati a quello che stesse succedendo dall’altro lato della stanza ed alle loro spalle tre bodyguard mi fissavano con sguardo truce. Mi guardai intorno cercando di capire dove potesse essere il carico di droga, senza quello non avevamo nulla. Quando notai che era tutto in ordine iniziai ad innervosirmi, volevo finire al più presto e chiudere quella storia.

“E tu chi saresti?” Domandò uno dei due uomini sorprendendo e facendo voltare verso di me anche quello che fino a quel momento mi aveva dato le spalle. Restai per un attimo a bocca aperta quando lo riconobbi: Mason Grey, il proprietario di uno dei ristoranti più in vista di New York, frequentato da gente altolocata e con prezzi da capogiro. Che diavolo ci faceva lui in quel posto?

L’uomo al suo fianco continuò a guardarmi interrogativo e quando non risposi uno dei suoi scagnozzi iniziò ad agitarsi.

“Josh Cooper, signore. Sono un amico di Marcus Mendez”

“Ah, lavori con i Mendez. Allora dimmi, sono sempre così testardi e poco affini alle trattive?”

“Generalmente si” Dissi la prima cosa che mi venne in mente “Ma sono molto precisi negli affari. Alla fine quello che conta è trovare un accordo, il tempo che ci si impiega è relativo”

In quel momento la porta dietro la quale Marcus era sparito si aprì e lui e suo fratello tornarono nella stanza.

“Mi piace il ragazzo Jarod. Lavora per te?” Domandò il signor Grey indicandomi.

“Da oggi si” Rispose questo dandomi una pacca sulla spalla e sorridendomi come se ci conoscessimo da anni. Lanciai uno sguardo a Marcus che sembrava un po’ più agitato, poi tornai a guardare Jarod. “Ora ho del lavoro da sbrigare, ma io e te ci vediamo domani. Marcus ti dirà chi contattare per trovarmi” Disse rivolto a me, per poi tornare a prendere posto dov’era prima che arrivassimo noi.

Marcus mi afferrò per un braccio e mi fece uscire di nuovo fuori, dove la festa continuava tranquillamente e nessuno si chiedeva dove fosse il padrone di casa. Liberai il mio braccio dalla presa di Marcus e mi fermai guardandolo shoccato.

“Che ti prende?” Quasi gli urlai contro per il malo modo in cui mi aveva trascinato via e per non avermi dato modo di temporeggiare e restare ancora di sotto a capire cosa stava succedendo.

“La roba è di sotto”

“Wow, tuo fratello di ha dato immediata fiducia”

“Non vedeva l’ora che la pecorella smarrita tornasse all’ovile ed ora che sono qui vuole ricominciare subito come se nulla fosse successo, come se non avesse ucciso mio figlio, come se non avesse tentato di uccidere Karen!” Sbottò gesticolando arrabbiato. Sospirai e mi guardai intorno, sperando che nessuno stesse origliando il nostro discorso.

“Stai per vendicarti Marcus e nel modo migliore possibile. Ora dimmi cosa ti ha detto Jarod”
Lo vidi passarsi stancamente una mano sul volto preoccupato “Non è solo droga Liam. Mio fratello mi ha comunicato, come se fosse la notizia più bella del mondo tra l’altro, che ha deciso di allargare il suo giro”

Lo guardai confuso, sperando che il mio intuito si sbagliasse e non si trattasse di...

“Armi...Ci sono anche armi. Di sotto ci sono 2 casse di cocaina pura e 3 casse di armi” Concluse, facendomi sprofondare il cuore. Questo rendeva tutto più complicato. Dovevamo capire quante armi avevano e di che genere e dovevamo trovare un modo per far sgombrare lo yatch e capire chi fosse un semplice invitato e chi invece eri lì per altro. Soprattutto dovevo avvertire il Capo e fare in modo che Rachel non salisse su quella nave, non potevo permettere che mettesse in pericolo la sua vita.

“Ok, ora guardati intorno e dimmi chi riconosci come possibile scagnozzo di tuo fratello” Dissi facendo io stesso quello che gli avevo detto. Dopo aver individuato 7 uomini di Jarod eravamo pronti a raggiungere gli altri al molo. Io avrei dovuto prepararmi e prendere le mie armi, mentre Marcus sarebbe rimasto ad attendere che fosse tutto finito. Lui restava pur sempre un civile e non poteva prendere parte all’azione, nonostante avesse più volte insistito per fare diversamente.

Non facemmo in tempo arrivare alla balaustra che fummo fermati da uno di quelli sarebbero dovuti essere i buttafuori.

“Eccovi qui” Disse ghignando “Gradirei che tu mi seguissi un attimo” Aggiunse rivolgendosi a me, scambiai uno sguardo confuso con Marcus che scosse la testa.

“C’è qualche problema?” Domandai guardando anche l’altro buttafuori, che ora ci aveva raggiunti.

“Direi di si” Rispose il primo, estraendo una pistola e puntandomela all’addome “Ora tu vieni con me”

Senza obiettare mi feci spingere verso una zona del ponte più buia dove non c’era nessuno, mentre Marcus era rimasto indietro, mi voltai verso di lui e mimai un “Vai” con le labbra . Eravamo ben d’accordo su cosa fare se uno dei due fosse stato trattenuto: l’altro sarebbe comunque sceso dallo yatch e avrebbe avvisato il gruppo.

“Non ti ricordi di me eh? Ci ho messo un po’ a riconoscerti, la tua faccia mi diceva qualcosa, mi dava una voglia matta di prenderti a pugni, ma non capivo perché”

“Perché?” Chiesi, cercando di guardare alle sue spalle.

“Ti ricordi cosa stavi facendo il 20 giugno del 2008?”

“Eh?” Quella domanda era senz’altro la più strana che mi avessero mai rivolto, ma cercai comunque di pensare, di capire se quella data per me avesse un senso particolare e poi mi ricordai. Ora anche io riuscivo a ricollegare il suo volto a qualcuno di ben preciso.

“Stavo arrestando Frank Reed” Risposi, sorridendo beffardo. “Tuo fratello giusto?” Senza dire nulla l’uomo mi assestò un pugno dritto allo stomaco, facendomi piegare dal dolore. Quando mi rialzai sorrisi un’altra volta, pronto a dare rissa, anche se quel tipo era 3 volte me. Ma alle mie spalle arrivò il suo fedele compare, che mi bloccò tenendomi le braccia dietro la schiena.

“Ma così che gusto c’è?” Domandai scherzosamente, tentando inutilmente di divincolarmi. Era davvero da troppo tempo che non facevo a pugni, ero fuori allenamento e quei due invece sembravano ben decisi a farmi a pezzi. Sperai solo che nessuno dei due avesse avuto la brillante idea di avvisare Jarod di questo spettacolino. Quando un secondo pugno si poggiò esattamente dove era andato a finire il primo sentii il respiro mozzarsi e capii che non sarebbe finita finché non sarei finito a terra moribondo. In quel momento l’unico pensiero nella mia mente erano Rachel e Timmy.

 
__RACHEL__

Stavamo aspettando ormai da un po’ e Marcus e Liam erano scomparsi dietro quella maledetta porta. Non potevo vedere cosa stesse succedendo, ma uno dei nostri appostato su una torre ci comunicava via radio tutto ciò che vedeva. Quando sentii dire che Marcus e Liam erano di nuovo sul ponte tirai un sospiro di sollievo. Jarod aveva ucciso suo nipote e non si era fatto scrupoli a tentare di fare lo stesso con sua cognata, figuriamoci cosa avrebbe potuto fare a Liam, che per lui non era niente, se qualcuno l’avesse riconosciuto.

“Marcus sta scendendo dallo yatch, ma è solo” A quelle parole in mio cuore prese a battere freneticamente ed un brutto presentimento si mise a pesarmi sull’anima. Dov’era Liam? Perché non era sceso anche lui?

Scattai fuori dal mio nascondiglio non appena Marcus si avvicinò e gli andai incontro nonostante le minacce del Capo che voleva che stessi al mio posto. Marcus anche pensava che sarebbe stato meglio non farsi vedere, quindi mi spinse nuovamente indietro ed entrambi scomparimmo alla vista di tutti dietro un muro, dove ci raggiunsero immediatamente Jason ed il Capo.

“Che succede? Dov’è Liam?” Domandai preoccupata, cercando di leggere qualcosa nello sguardo di Marcus.

“E’ stato trattenuto da uno dei buttafuori. Non so cosa volesse da lui”

“Dici che Jarod ha capito tutto? Ha capito chi è?”

“Non sembrava. Era abbastanza convinto dalla mia storia. Ma c’è altro: sulla nave c’è un carico d’armi”

“Cosa?” Urlò Jason, per poi mettersi una mano davanti alla bocca e ripetere a voce più bassa “Cosa?”

“Jarod sta importando droga ed armi. 2 casse di cocaina, 3 di armi”

“Maledizione!” Sbottò il capo “Dobbiamo intervenire”

“Dobbiamo trovare Liam!” Sottolineai io, ormai ai limiti di una crisi. Il Capo si allontanò e parlando alla radio iniziò a dettare ordini a tutti i gruppi che c’erano sparsi per il porto, modificando in qualche particolare la tattiche che avevamo messo su. Io intanto guardai Marcus che sospirando mi lanciò un sorriso rassicurante.

“Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Lo saprai certo meglio di me che Liam se la sa cavare”
Quando fu tutto stabilito ci fiondammo sullo yatch, ad esclusione di Marcus, che era andato sulla torre dove c’erano i cecchini e dove avrebbe potuto controllare al meglio come proseguivano le cose. Non appena mettemmo piede sul ponte fu lo scompiglio: c’era chi tentava di scappare e chi invece urlava sorpreso di ritrovarsi un agente dell’FBI alle spalle ed ancora chi tentava di scoprire cosa stesse succedendo. Il mio scopo però era uno: trovare Liam, fu per questo che il Capo, ben conoscendomi, affidò questo compito a me ed a Jason.

Girammo quasi tutto il ponte prima che io lo vedessi. Era in un angolo più buio, isolato da un piccolo cartello che invitava a non entrare in quell’area. Quando vidi un uomo dargli addosso, mentre l’altro lo teneva, non ci vidi più dalla rabbia e corsi verso di loro, seguita a ruota di Jason, che ancora non aveva capito dove stessi andando.

“Dave!”

L’uomo che teneva Liam e che mi aveva vista arrivare, provò ad avvertire l’amico, che però era troppo impegnato a sferrare pugni per dargli retta. Fu così che arrivandogli alle spalle gli puntai la pistola alla testa, mentre Jason partiva all’inseguimento dell’altro che, quando aveva capito che le cose si stavano mettendo male, aveva mollato Liam, facendolo cadere privo di sensi a terra e se l’era svignata.

“Non sai che voglia ho in questo momento di farti saltare le cervella” Dissi con una voce fredda che stentai a riconoscere come mia. Ero arrabbiata, agitata, terrorizzata, ma nonostante tutto in quel momento avevo ogni singolo senso allerta. Guardavo quel Dave, come l’aveva chiamato il suo amico, mentre con la coda dell’occhio speravo di vedere Liam muovere almeno una mano. L’uomo alzò le mani in aria, poi fece per voltarsi e prendermi in contropiede, ma glielo impedii dandogli un colpo secco alla testa con il calce della pistola. Una volta che l’uomo, con un tonfo, toccò terra mi buttai in ginocchio vicino a Liam.

“Liam” Lo chiamai, mentre inevitabilmente una lacrima mi sfuggiva notando com’era combinato. Il suo volto era gonfio e rosso, perdeva sangue da un sopracciglio e dal labbro superiore, ma non sembrava così grave. Provai a scuoterlo delicatamente temendo che potesse avere altre ferite e lui aprì gli occhi, mostrandomi quel blu profondo che mi faceva sempre mancare il respiro.

“Ehy” Sussurrai, tentando di tenere a bada le emozioni. “E’ tutto ok”

“Credo che mi abbia rotto qualche costola” Soffiò, spuntando un po’ di sangue a terra e tentando di alzarsi. Lo aiutai, lo spinsi ad appoggiarsi con la schiena contro il muro.

“Ora andiamo all’ospedale. Ci sono delle ambulanze che aspettano appena fuori il porto” Dissi tentando di rassicurare me stessa, visto che lui tutto sommato sembrava molto tranquillo.

“Non ti preoccupare è stata solo una scazzottata. Ero un po’ fuori allenamento” Sorrise e notai con piacere che almeno aveva ancora tutti i denti al loro posto.

“Jarod ti ha scoperto?”

“No, qualche anno fa ho arrestato il fratello di questo stronzo e ora ha  pensato bene di farmela pagare” Spiegò Liam, lanciando uno sguardo truce verso l’uomo che era ancora a terra svenuto. “Sei stata tu?” Chiese sorridendomi e accarezzandomi una guancia.

“Si, mi sono dovuta accontentare di una botta in testa, avrei voluto fargli di peggio” Ammisi dura, poi sentii il mio volto rilassarsi sotto il suo tocco delicato.

“La mia gattina ha tirato fuori le unghie” Rise, ma la sua espressione si tramutò subito in una di dolore, mentre si portava le mani al petto. “Credo che mi abbia davvero conciato”

“Vieni scendiamo da questo coso” Dissi passandogli un braccio attorno alla vita tentando di aiutarlo a camminare dritto.

“C’era un altro con lui”

“Lo so, non ti preoccupare, se ne sta occupando Jason”

“E Jarod?”

A quella domanda mi guardai intorno e mi resi conto solo allora del caos che regnava intorno a noi. La gente continuava a spingersi mentre tutti tentavano di lasciare lo yatch, qualcuno addirittura si gettava in mare, dal piano di sotto si sentivano tonfi e spari.

“Va ad aiutare. Verrei volentieri anche io, ma non credo che sarei di grande aiuto. Ti aspetterò qui” Disse Liam, tornando ad appoggiarsi contro la parete e chiudendo gli occhi. Per quanto tentasse di fare il forte si vedeva che stava male ed io non potevo che stare male a mia volta. Ero combattuta: andare ad arrestare quel bastardo di Jarod e lasciare Liam solo, con il rischio che qualcuno lo trovasse e completasse l’opera, oppure restare qui con lui, assicurarmi che stesse bene e rischiare una nota disciplinare?

Ovviamente la mia scelta fu scontata. Non avrei rischiato che Liam finisse di nuovo nelle mani di quei folli scagnozzi di Jarod. Così scossi la testa e mi appoggiai di fianco a lui. “Resto qui. Sai, non voglio più fare questo lavoro” Mormorai e per un secondo sperai che non mi avesse sentito. Non era piaciuto ammettere a me stessa quella realtà e avevo paura di quello che avrebbe potuto pensare lui.

“Sono contento” Fu la sua risposta, che mi lasciò sbalordita.

“Come?”

“Si, preferirei saperti a casa, o in un ufficio od ovunque tu abbia intenzione di lavorare, piuttosto che in mezzo a dei criminali”

“Anche io ti preferirei in un altro posto” Tentai, ma sapevo già che la mia era una battaglia persa in partenza e potevo solo immaginare le notti che da lì in avanti avrei passato insonne chiedendomi se fosse ancora vivo.

“Non ci pensare neanche. Io adoro il mio lavoro” Disse lui sorridendo.

“Lo so” Sorrisi a mia volta e mi avvicinai a lui, assaporando il suo profumo, che mi faceva perdere la testa.

Restammo in silenzio per qualche minuto ascoltando attentamente i vari rumori che ci circondavano, cercando di capire cosa stesse accadendo. Le sirene delle ambulanze si avvicinavano sempre di più e dalla mia radio arrivavano mille segnali in codice e sembrava che stessimo avendo la meglio, anche se Jarod ed i suoi avevano dato parecchio filo da torcere.

“Ho parlato con l’avvocato”

Quelle parole fecero scattare il mio volto verso quello di Liam. Aveva avuto notizie riguardo all’affidamento di Timmy, quel bambino mi era entrato nell’anima, ormai era una parte di me e non potevo accettare l’idea di dovermene separare.

“Ha detto che non ci dovrebbero essere problemi, ma sarebbe ancora più semplice ottenere l’affido se fossimo sposati”

Lo guardai per un attimo confusa, poi tutto iniziò ad avere un senso.

“Mi stai per caso chiedendo di sposarti?” Domandai shoccata e con voce tremante, mentre dentro di me un turbinio di emozioni esplose. Che fossimo una coppia abbastanza ben assestata, nonostante tutti i problemi che avevamo avuto, si era capito grazie a tutti quei mesi di convivenza forzata. L’idea che quando tutto sarebbe finito sarei dovuta tornare sola al mio appartamento mi spaventava, quindi avevo già deciso di affrontare l’argomento con Liam, ma certo non avrei mai potuto immaginare che lui mi avrebbe proposto di sposarlo.

“Solo se mi assicuri che accetterai” Disse sorridendo dolcemente. Come potevo dirgli di no? Amavo Liam con ogni fibra del mio essere ed era sempre stato così, anche quando credevo che fosse la fonte di tutti i miei dolori.

“Come potrei rifiutare una romantica proposta di matrimonio, fatta su uno yatch mentre intorno a noi c’è un inferno di proiettili?” Risi, mentre l’adrenalina che fino a quel momento era stata portata dalla situazione pericolosa in cui ci trovavamo, venne sostituita da quella ancora più forte dettata dai sentimenti.

“Tralascia la parte dell’inferno quando racconterai la storia ai nostri figli” Soffiò Liam sulle mie labbra prima di imprimere le sue labbra sulle mie, nel bacio più dolce che avessi mai assaporato. C’era tutto: dolcezza, amore, passione, euforia.

“Ouch” Liam si staccò da me portandosi una mano al labbro dolorante, dove il sangue si stava asciugando.

“Oddio, scusa!” Dissi frettolosamente, controllando di non avergli fatto troppo male.

“Non importa, potrei sopportare di peggio per un tuo bacio” Sussurrò prima di tornare a ricongiungere le nostre labbra.

Proprio in quel momento la voce del Capo risuonò dalla mia radio “Ce l’abbiamo fatta, siete stati bravissimi. E’ finita ragazzi!” 
 


__Killigrew__
Ecco l'ultimo capitolo, spero di avere presto tempo e modo di revisionare questa storia per sistemarla. Ho dovuto fare la difficile scelta di non inserire il piccolo, pacioccone e tenero Timmy proprio nel finale, ma per come era strutturato il capitolo non avevo alternative. Rigrazio tutti coloro che mi hanno seguita, che hanno recesito e che hanno letto la storia! Non sapevo cosa avrei scritto e dove sarei andata a finire quando ho pubblicato il prologo, ma tutto sommato (tranne qualche intoppo proprio sul finale) non è andata poi così male e di questo ringrazio voi che indirettamente mi avete spronata ad arrivare fino alla fine. Magari quando avrò il pc nuovo, che non mi si spegne dopo ore di lavoro cancellando tutto, scriverò qualcosa di nuovo e, chissà, forse un sequel o meglio un prequel per Liam e Rachel, non lo so XD 
GRAZIE DI CUORE A TUTTI!!!



 

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