Siamo solo amici

di Trick
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un bravo ragazzo ***
Capitolo 2: *** Fantasticissimo ***
Capitolo 3: *** È a questo che servono gli amici ***



Capitolo 1
*** Un bravo ragazzo ***


Note: Doveva essere solo una fan fiction scritta per il Norse Prompt Day (il prompt era birra) indetto su 24hours-of-fun (vi suggerisco davvero di partecipare), ma poi ammetto di essermi divertita un po' troppo, così ho pensato che sarebbe stato ancora più divertente trasformarla in una raccolta di one-shot simili.
Questa raccolta sarà ambientata unicamente duramente l'Ordine della Fenice: niente angst, insomma, perché questa volta voglio divertirmi a far flirtare Remus e Tonks, non a farli crepare male. (:
Grazie mille a tutti!



*
Un bravo ragazzo



Dolores Jane Umbridge è la nuova insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure”.
Remus fece una smorfia infastidita, richiuse la Gazzetta del Profeta e la lanciò malamente sul tavolo della cucina di Grimmauld Place. Non era possibile che il Ministero fosse arrivato a simili livelli di scelleratezza. “E invece sì” convenne con un'occhiata astiosa al giornale. “Sono già arrivati al peggio e lo hanno superato”.
Si passò una mano fra i capelli e si lasciò scivolare lungo lo schienale della sedia. “La Umbridge insegnante” pensò ancora. “È un insulto”.
Detestava quella strega più di qualunque altra strega in Gran Bretagna – sebbene ci fossero, in effetti, almeno un paio di donne fra le fila di Lord Voldemort che avrebbe spedito volentieri all'altro mondo. Odiava Dolores Umbridge con un vigore del tutto estraneo al suo temperato tanto controllato. La odiava con ogni fibra del proprio essere: odiava i suoi capelli, odiava i suoi cappellini rosa e buon Dio, quando odiava la sua voce stridula.
Sapere che i suoi poveri ex-studenti sarebbero stati costretti a sopportarla lo rendeva maledettamente nervoso. Sorseggiò un po' di tè, ma in breve si scoprì troppo infastidito perfino per quello. Iniziò a dondolarsi avanti e indietro sulle gambe posteriori della seggiola, fissando la Gazzetta con un cipiglio rabbioso che avrebbe potuto dar fuoco alle pagine.
Si riscosse appena nel sentire un quieto bussare. Chi poteva essere tanto intimidito da bussare per entrare in cucina?
«Ehm... prego?».
La testa di Tonks si infilò in uno spiraglio della porta. Quel giorno i suoi capelli erano corti e ricci, di un abbagliante sfumatura di azzurro.
«Ehilà, Remus» lo salutò con voce incerta. «Come ti va?».
Remus inarcò perplesso un sopracciglio.
«Bene?».
«Davvero? Sirius mi ha detto che hai appena dato di matto». Entrò nella cucina e appoggiò un sacchetto di carta sul tavolo – e si sarebbe certamente rovesciato se Remus non avesse avuto la prontezza di afferrarlo.
«Non ho dato di...» iniziò a protestare, ma richiuse subito la bocca e scosse rassegnato il capo. «Forse un po'».
«Hai svegliato mamma Black. È molto coraggioso da parte tua cercare di gareggiare con me a “botta e sveglia”, Remus, ma mi sa proprio che stavolta non hai possibilità». Afferrò la sedia accanto alla sua e si lasciò cadere sopra a peso morto. «Quanto ti diresti arrabbiato, ora? Puoi partire dal livello “per niente” fino ad arrivare a “drago con le mestruazioni”».
Remus si umettò le labbra e sorrise divertito.
«“Drago con le mestruazioni”?».
Lei annuì con solenne eloquenza.
«Se non capisci quanto può arrabbiarsi un drago con le mestruazioni, sei più uomo di quanto Sirius non dica».
«I draghi non hanno le mestruazioni».
«Io . E ora che ti ho confidato la mia furia, tocca a te. Mi ha detto della Umbridge... che schifo».
«Ti ha detto? Sirius?». Remus sollevò gli occhi al cielo con un sospiro. «Ah, Padfoot dice sempre troppo».
Tonks ridacchiò appena.
«E così quella vacca ti ha soffiato il posto. Che schifo. L'ho già detto? Lo ripeto: che schifo».
«Non c'era nessun posto da soffiare, Ninfa--».
«Ti suggerisco di non chiamarmi così» lo interruppe lei seccata. «Ho visto donne in determinati periodi del mese uccidere per molto meno».
Lui sollevò una mano in segno di resa.
«Non c'era nessun posto da soffiare, Tonks. Dopo ciò che è accaduto due anni fa, non potrei tornare a insegnare nemmeno se Silente assumesse un Vampiro per insegnare Astrologia».
«Il mio professore di Difesa Contro le Arti Oscure del secondo anno era parecchio pallido e aveva una strana dentiera» commentò lei. «Mi spiace darti questo dolore, ma secondo me era sul serio un Vampiro. Sei proprio sfortunato: non puoi nemmeno vantare il fatto di essere stata la prima Creatura Oscura a insegnare a Hogwarts. D'altronde, con Silente a capo del comitato di assunzioni non è che ci si possa aspettare professori ordinari, no? Quale Preside sano di mente assumerebbe Malocchio?» aggiunse con una risata sfrontata.
Remus soffiò divertito.
«Beh, non era esattamente Alastor...».
«Chissenefrega. Voleva assumerlo. È da pazzi. Tanto valeva radunare gli studenti e spedirli in gita nella Foresta Proibita. Ne sarebbero di certo usciti con meno traumi».
La fissò incuriosito.
«Ti ha traumatizzato durante il tuo addestramento?».
Tonks fece un sorriso malizioso che per qualche strano motivo gli fece tremare le ginocchia.
«Ci ha provato».
«E non c'è riuscito?».
«No» rispose lei allegramente. Si sporse per afferrare la sporta e ne estrasse due bottiglie di vetro verdi. «Non puoi traumatizzare una cretina che ha deciso di perdere la verginità in un ripostiglio per le scope».
Remus sgranò gli occhi e la fissò con atterrito stupore. Strinse le labbra, chiuse le palpebre e nascose un sorriso sconcertato fra le dita della mano sinistra. Tonks era probabilmente l'unica strega che avesse mai incontrato capace di parlare della propria verginità perduta come se chiacchierasse del tempo. La osservò estrarre la bacchetta e stappare le bottiglie con un movimento pigro del polso. Gliene tese una con un occhiolino.
«Sirius dice sempre che eri tu, il bravo ragazzo. Scommetto che tu sei stato il classico “bravo ragazzo” che ha aspettato “quella giusta”. E un letto comodo» aggiunse in fretta. «Guarda, Remus: per quanto riguarda il letto comodo hai tutta la mia comprensione. Se c'è qualcosa che ho imparato da quell'esperienza, è che devi sempre pensare a dove appoggerai le tue chiappe prima di farti slacciare il reggiseno».
Lui si rigirò distrattamente la bottiglia fra le mani. “Beck's” recitava l'etichetta.
«È Babbana?».
«No, l'ho rubata a un Troll che portava a spasso il suo barboncino a Trafalgar Square» ridacchiò Tonks. «Non hai mai bevuto una birra Babbana? Porca miseria, Remus: sei perfino più di un bravo ragazzo».
Remus ignorò la sua punzecchiata e sorseggiò cauto. Il sapore amarognolo gli ricordò quello del sidro annacquato di Aberforth Silente.
«Non ero esattamente un bravo ragazzo, sai?».
Tonks sollevò scettica un sopracciglio.
«Figurati. Eri Prefetto».
«Il peggior Prefetto che Hogwarts ricordi».
«Infilare Caccabombe nell'ufficio di Gazza non ti rende certo un cattivo ragazzo. Sirius mi ha detto che finivi in punizione perché cercavi di fermarlo e ti facevi beccare con lui». Si concesse un attimo per bere un goccio di birra a sua volta. «Più che “peggior Prefetto”, mi sembra una cosa da “stupido Prefetto”».
Remus sospirò.
«“Sirius dice” sta diventando il tuo nuovo mantra?».
«Sirius dice la verità?».
«A riguardo di cosa, esattamente?» chiese. «Del fatto che non sono un uomo – e non lo sono nel senso letterale del termine, ti ricordo – o del fatto che ero un bravo ragazzo?».
Lei scrollò le spalle.
«Ha ragione?».
Remus appoggiò la bottiglia al tavolo, incrociò le braccia e si finse pensieroso per qualche secondo. Sul suo viso comparve improvvisamente un'espressione piuttosto malandrina.
«Era il ripostiglio del terzo piano?».
Tonks aggrottò la fronte e parve pensarci un po' su.
«Sì» disse piano. «Sì, mi pare proprio che fosse quello».
«Beh, Tonks... avresti dovuto andare nel ripostiglio del quinto piano. È più largo».
Lei si immobilizzò con la bottiglia a pochi centimetri dalle labbra – delle labbra decisamente sensuali, realizzò di colpo Remus. Lo scrutò con palese stupore, come se non potesse davvero credere a quanto aveva appena sentito.
«Tu...? Tu hai...? No. Non ci credo».
Remus trattenne a stento una fragorosa risata.
«Dimmi, c'è ancora quella dannata mensola traballante?».
Lei era sconvolta.
«Se non capisci quanto possa far male sbattere la testa contro una mensola...» continuò lui. «Probabilmente hai trascorso in quel ripostiglio meno tempo di me». Alzò la propria bottiglia e aggiunse: «Un brindisi ai peggiori posti in cui perdere la verginità».
Tonks rimase in silenzio un altro paio di istante. Poi strinse le labbra e scoppiò in una risata fragorosa, si piegò in avanti e affondò il capo fra le braccia, senza più freni. Remus si unì e lei, scuotendo piano la testa.
«Okay» acconsentì lei, ancora incredula. Sollevò la bottiglia e la fece cozzare contro quella dell'uomo. «Ai ripostigli».
Sorseggiarono in silenzio.
«Sai, Remus...» propose lei con aria birichina. «Su al secondo piano ci sarebbe il ripostiglio in cui Molly ha messo via le scope...».
«Non pensarci nemmeno, Ninfadora».


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Capitolo 2
*** Fantasticissimo ***


Note: Anche questa one-shot ha partecipato all'iniziativa di 24-hours-of-fun (vi suggerisco ancora di darci un'occhiata: i Prompt Day sono molto divertenti). Il prompt che ho scelto era vischio.
Ambientata qualche settimana prima dell'aggressione del signor Weasley.



*
Fantasticissimo



Sapere che Harry e i ragazzi sarebbero tornati a Grimmauld Place per trascorrere le vacanze di Natale si era rivelato un balsamo per i nervi tesi e le smorfie arcigne di Sirius.
Dopo il fallimentare tentativo di Tonks di animare un po' le festività di Halloween, Sirius si era ostinatamente chiuso in un silenzio impenetrabile. Remus le aveva provate tutte – aveva provato a mostrarsi razionale, poi rassicurante e infine si era arrabbiato – ma non aveva ottenuto alcun risultato. Sirius tornò a ridere solo a dicembre iniziato, quando ormai le strade al di là delle finestre opache erano coperte di neve e il gelo invadeva ogni angolo dei loro mantelli.
«Moony! Moony!».
Remus sollevò lo sguardo da un vecchio libro di Rune Antiche che aveva trovato nella biblioteca di Orion Black e scrutò l'amico con sottile preoccupazione. Sirius sventolò con foga una pergamena azzurrina.
«Silente dice che Harry potrà passare qui il Natale!» esplose di gioia. «Non è fantastico? Sarà fantastico! Più che fantastico! Qual è il superlativo di “fantastico”?».
«Non esiste alcun superlativo per “fantastico”».
Sirius incrociò le braccia con aria critica.
«E fantasmagorico?».
«Usare “fantasmagorico” per indicare un'emozione non è esatto» spiegò con un sorriso appena canzonatorio. «La fantasmagoria era un trucco illusorio con il quale--».
«Bene, signor Lupin, cinque punti a Grifondoro a patto che la smetta di essere così... beh, così te».
«Me?».
«Te» scandì solenne Sirius. «E ora su, in piedi. Abbandona il tuo giaciglio di disperazione e vieni a darmi un mano con le decorazioni di Natale».
Remus borbottò qualcosa sul fatto che solitamente fosse Sirius, l'uomo disperato – e che lui, al massimo, avrebbe potuto candidarsi per il ruolo dell'uomo che lo sopportava – ma l'amico era già svanito di corsa oltre l'androne principale.
«Sirius?» lo chiamò. «Per l'amor di Merlino, dicembre è appena iniziato. C'è tempo per--».
Sirius si sporse dal corrimano delle scale del piano di sopra.
«Se tu fossi stato mia madre, dove avresti nascosto i festoni di Natale?».
Remus socchiuse stanco gli occhi e si massaggiò le tempie, tentando invano di nascondere un sorriso divertito. Il suo repentino entusiasmo si stava mostrando benefico anche per lui.
«Se fossi stato tua madre, li avrei quasi certamente usati per strozzarti».
«Una volta ci ha provato. Avevo otto anni e...».
Il suo racconto venne interrotto dall'inconfondibile voce della signora Black che strillava al piano terra.
«Si parla del diavolo e spuntano gli Auror!» rise Sirius. «Ci pensi tu a raccogliere Tonks dal tappeto?».
Remus annuì con un mezzo sorriso rassegnato e scese le scale. Trovò Tonks riversa sul pavimento, con il portaombrelli a forma di zampa di Troll addosso e una sciarpa colorata aggrovigliata attorno alla faccia.
«Feccia! Traditori! Sanguesporco e ibridi, come osate insudiciare la casa dei miei antenati!?».
Si aggrappò con decisione ai lembi della tenda e strattonò con tutte le forze. Tonks gli fu accanto qualche secondo più tardi e lo aiutò a rimettere a tacere l'indemoniato ritratto. Nonostante le luci del pianerottolo fossero bassissime, il rossore imbarazzato sulle sue gote era inconfondibile.
«Ehm... sono caduta» si scusò in fretta.
«Davvero?».
Lei fece una smorfia e gli colpì la spalla con un leggero pugno.
«Buon pomeriggio, Ninfa--».
«Tonks».
«Buon pomeriggio, Tonks».
«Ehilà, Remus». Si levò la sciarpa e la gettò su una cassapanca. «Arthur mi ha detto che i ragazzi passeranno qui le vacanze, così ho pensato di dare la buona notizia a Sirius e...». Si interruppe pensierosa e lo scrutò attentamente. «Ma tu lo sai già, vero?».
«Silente ha scritto un messaggio a Sirius».
«Oh, quel vecchio impiccione. Volevo vedere la sua faccia».
«Era una faccia molto felice» le disse con un sorriso, iniziando a risalire le scale. «Puoi ancora vederla: sta cercando gli addobbi di Natale».
Tonks inclinò perplessa il capo.
«Ma manca quasi un mese a Natale».
«Te l'ho detto. Era una faccia molto felice».
Lei ridacchiò e lo seguì fino al piano superiore. Le torce attaccate ai muri bruciavano con più intensità di quelle dell'ingresso, e Remus riuscì finalmente a guardarla in viso. Quel giorno aveva i capelli di un verde smeraldino. Li aveva legati senza troppa cura in una grossa treccia che scendeva dietro le spalle.
«Beh, giocare d'anticipo ha i suoi vantaggi» commentò lei vivace. «Vuoi che vada a comprare un paio di uova di Pasqua?».
«Non saprei» si finse pensieroso. «Mancano solo cinque mesi a Pasqua».
«Ehi, Tonks!» ruggì Sirius. «Hai un abete di Natale?».
«Certo che sì, me lo porto in giro da maggio» replicò lei. «Sto aspettando che mi fiorisca nella borsetta».
«Gli abeti fioriscono in maggio» commentò distratto Remus. «Giugno, al massimo».
Tonks gli rivolse un'occhiata incredula, arricciò le labbra nel tentativo di non ridere e si rivolse nuovamente verso Sirius, la cui testa continuava a comparire e scomparire dalle scale di sopra.
«Sirius! Il tuo amico sta di nuovo facendo il saccente!».
«Lo so! Chiedigli qual è il superlativo di “fantastico”!».
Lei assottigliò confusa le palpebre.
«“Fantastico” non ha il superlativo, Sirius» commentò.
Remus scoppiò a ridere. Sirius scrutò torvo prima lei, poi lui, e infine sollevò entrambi i palmi della mani e disse:
«Voi due dovreste uscire insieme, sapete? Sareste una fantasticissima coppia di rompiscatole».
«“Fantasticissima” non è una parola, Padfoot».
Sirius emise un chiaro gemito esasperato.
«Senti, professor So-Tutto-Io, tu e la tua assistente avete intenzione di aiutarmi o preferite restarvene lì a infastidirmi?».
«Stiamo qui a infastidirti» rispose prontamente lei.
Sirius sogghignò e svanì di nuovo. Remus inarcò un sopracciglio.
«Andiamo ad aiutarlo?».
«Sì. Non vorrei mai che il coniglietto pasquale arrivasse a metterci fretta».
Remus rise di nuovo. Il terzo piano era il posto più illuminato di tutta Grimmauld Place. Il gigantesco finestrone che si affacciava sulla strada principale era stato accuratamente ripulito dalla polvere e dalle ragnatele, e ora la luce irradiava le pareti in modo da rendere quasi sopportabile il cupo arredamento della casa. Trovarono Sirius in una delle stanze che non erano state trasformate in camere da letto, intento a rovesciare scatole e scatolini con indomabile veemenza. C'erano candelabri, piatti e ricchi abiti sparsi un po' dappertutto.
Tonks si chinò per raccogliere una forchetta a cui mancava un dente.
«Potremmo usarla al posto dei campanellini».
«Buon'idea» acconsentì Remus. «E in biblioteca ho visto un attaccapanni che potremmo trasformare in un albero di Natale».
«Potremmo chiedere a Kreacher di fare il puntale».
«Kreacher!» esclamò d'un tratto Sirius. Riemerse dagli scatoloni nei quali stava frugando e schioccò vittorioso le dita. «Ecco, chi è il piccolo bastardo che mi ha rubato il Natale. Scendo a vedere dove si è cacciata quell'inutile creatura». Si diresse a grandi passi verso la porta, ma si voltò sull'uscio per rivolgere a entrambi un'occhiata eloquente. «E voi due, per cortesia, rendetevi utili e fate qualcosa di natalizio. Non so... Tonks, trova dei festoni colorati e strozzalo».
Remus si umettò divertito le labbra.
«Quella storia di tua madre deve averti davvero spaventato».
Quando Sirius se ne fu andato, Tonks lo scrutò curiosa.
«Quale storia?».
«Lascia stare» le disse lui, mentre iniziava a spostare un paio di scatole senza troppa convinzione. «Non auguro a nessuno di ascoltare le storie della famiglia Black».
«Ne conosco un paio anche io» commentò lei, mentre si avvicinava alla finestra e la spalancava per fare entrare più luce.
Remus si sentì colpire da una folata gelida, ma non era certo si trattasse del vento. Provò la fastidiosa sensazione di aver detto una cosa tremendamente sbagliata.
«Scusami» si affrettò a dire. «Mi ero dimenticato che tua madre deve aver sopportato gli stessi incubi di Sirius. Non volevo offenderti».
Tonks si voltò per rivolgergli un sorriso affettuoso – e qualcosa nello stomaco di Remus gelò di nuovo.
«Hai detto la verità. Chi mai vorrebbe stare a sentire le storie di una famiglia che decapita elfi domestici e propone di restaurare la Caccia al Lupo Mannaro?».
Remus scrollò le spalle.
«Gli elfi domestici godono della mia solidarietà, ma dobbiamo ammettere che la Caccia al Lupo Mannaro offre notevoli divertimenti».
Tonks scoppiò in una risata argentina.
«Sei impegnato il prossimo plenilunio?» replicò ironica. «Ho sempre sognato di provare un fucile Babbano».
Rise anche lui. Continuarono a frugare per diversi minuti, facendo di tanto in tanto commenti sciocchi su questo o quell'altro artefatto magico che spuntava fuori dai bauli abbandonati. Tonks venne aggredita da un vecchio completo da mago che scattò fuori da un cassetto e tentò di strangolarla. Una volta calmata la situazione, si ritrovarono a ridacchiare all'idea di usare i calzoni del defunto Orion Black come festoni di Natale.
«Ehi, Remus» disse infine Tonks. «Credo di aver trovato qualcosa di vagamente festivo».
«Vagamente?».
Lei arricciò perplessa le labbra mentre gli mostrava una lunga coda di piume nere.
«I casi sono due: o la signora Black aveva un pessimo gusto nel scegliere i vestiti o la signora Black aveva un pessimo gusto nel scegliere l'arredamento».
«Sono piuttosto propenso per entrambe le cose».
La aiutò a rovesciare il contenuto del baule sul pavimento. C'erano un paio di palline blu intere e almeno una dozzina in frantumi, un puntale senza più punta, un paio di piccoli folletti impagliati che fecero raggelare entrambi e uno striminzito rametto senza più foglie. Tonks se lo rigirò fra le dita.
«Cos'è questo schifo?».
Remus assottigliò le palpebre e lo scrutò da vicino.
«Temo sia il cadavere di un rametto di vischio».
«Oh, povero piccolo...» si lamentò lei teatralmente, carezzandolo con aria addolorata. «Non siamo arrivati in tempo per salvarlo. Dannati Black, pagheranno anche questo affronto!».
Risero ancora e valutarono il contenuto generale del baule.
«Se addobbiamo la casa con questi orrori, Molly ci uccide» affermò decisa Tonks.
Remus fu costretto a darle ragione.
«Che ne facciamo, quindi?» chiese lei.
«Beh...» iniziò lui con un sorrisetto storto, «possiamo usarle per addobbare Sirius».
Lei ridacchiò e si appoggiò alla sua spalla. Quando si fu calmata, lo osservò di nuovo, e sul suo viso comparve un'espressione più seria.
«Aspetta. Stai dicendo davvero?».
«Sarebbe divertente».
«Sì, però...».
Abbassò gli occhi e guardò di nuovo il ramoscello sciupato di vischio. Poi si alzò in punta di piedi e lo infilò sopra all'orecchio sinistro di Remus. Lo osservò qualche secondo prima di scoppiare ancora in una risatina frizzante.
«Tu saresti un albero molto più composto».
«È il più bel complimento che mi abbiano mai fatto» mormorò lui.
Lei si mordicchiò il labbro inferiore e piegò appena il capo.
«Hai del vischio su un orecchio».
«Me ne sono accorto».
Tonks si mosse con incredibile velocità. Attorcigliò le dita attorno alla sua cravatta e si sollevò ancora sulle punte per scoccargli un bacio fulmineo sulla guancia. Remus rimase impietrito – e gelò ancora, ma questa volta era un gelo inspiegabilmente caldo, e lì dove si erano appena posate le sue labbra la pelle stava andando a fuoco.
«Buon Natale, Remus».
Gli ci volle qualche secondo per riprendersi. Lei gli sferrò un altro pugnetto divertito sulla spalla, gli fece un occhiolino di intesa e si affrettò a uscire dalla stanza. La sentì accusare Sirius di essere il proprietario della casa meno natalizia della storia della Gran Bretagna. Remus sollevò piano la mano e sfiorò distratto il punto in cui lei lo aveva baciato. Mancava un mese a Natale e quella era davvero la dimora meno festosa di tutto il paese. Ma mentre stava lì, con la neve che iniziava a posarsi sul davanzale della finestra che Tonks aveva dimenticato di richiudere, riuscì a pensare a una sola cosa.
Fantasticissimo”.


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Capitolo 3
*** È a questo che servono gli amici ***


*
È a questo che servono gli amici



Tonks era talmente concentrata nel tentativo di far Levitare il vassoio con il brodo di pollo che Molly aveva preparato per Remus – e di non inciampare, di non cadere, di non rovesciare niente – che finì per non accorgersi di avere un laccio dell'anfibio slacciato e caracollò sul pavimento a pochi passi dalla sua stanza.
Riuscì a tenere la bacchetta alzata per un soffio e il brodo rimase a mezz'aria, traballante ma tutto sommato integro.
«Porca vacca...» brontolò mentre si rialzava piano. «Ce l'avevo quasi fatta».
«Tonks?» la chiamò la voce preoccupata di Molly. «Hai lasciato cadere il mio brodo?».
La ragazza chiuse le palpebre e sospirò. “Tonks, stai bene?” era una domanda che la gente smetteva di porle dopo poco più di un'ora. All'incorreggibile spirito materno di Molly erano serviti tre giorni prima di capire che lei se la sarebbe sempre cavata – le vittime era sempre l'universo sventurato che la circondava.
«No, Molly» la rassicurò. «Il tuo brodo respira ancora».
Si avvicinò alla stanza di Remus e bussò cauta un paio di volte. Non ottenne alcuna risposta, così bussò più decisa. Ancora niente. Sirius l'aveva avvisata che Remus tendeva ad avere un sonno particolarmente pesante. La mattina successiva ai pleniluni, poi, avrebbe potuto dormire anche sotto un bombardamento dell'Aeronautica Babbana. Abbassò la maniglia e infilò la testa.
La luce che filtrava dalle imposte semiaperte era a malapena sufficiente a farle distinguere i profili del letto e della mobilia. Considerò attentamente le possibilità che aveva di servire il pranzo a Remus senza rischiare di uccidersi: poche. Nella migliore delle ipotesi, avrebbe ucciso lui.
«Ehm... Remus?».
L'uomo continuò a dormire.
«Oh, accidenti» si lamentò. «Tipico di voi uomini dormire quando una donna ha bisogno di supporto morale...».
Entrò con estrema lentezza nella stanza, muovendo un piede dopo l'altro come se temesse di sprofondare nelle assi del pavimento e stando molto attenta a far Levitare per bene il brodo. Fu questione di un secondo prima che sbattesse il ginocchio contro una pericolante pila di libri e cadesse al suolo. Questa volta non ci fu proprio niente da fare: la ciotola del brodo decollò dall'altra parte della stanza e si infranse a terra con uno schianto secco.
«Porca vacca!» imprecò a gran voce.
Dal letto di Remus si sollevò un mormorio infastidito. Tonks gemette sconsolata, si rialzò, agitò la bacchetta in direzione della finestra e fece entrare un po' più luce. Rivolse un'occhiata arrabbiata al brodo che si stava spandendo sul pavimento e ai cocci rotti, poi fulminò i libri su cui era inciampata. Ne sollevò uno con aria curiosa. “Evoluzione della Demonologia Difensiva, volume XV” pesava quanto un Gigante ed era largo almeno il doppio. Poi si azzardò a scrutare Remus e si accorse con grande stupore che era ancora addormentato.
Per qualche strana ragione, si accorse solo dopo diversi secondi che l'uomo era completamente nudo e che la coperta era scivolata molto in basso – pericolosamente in basso, dovette ammettere. Si sentì avvampare e serrò d'istinto le palpebre.
«Porca vacca. Ancora porca vacca, cento volte porca vacca...».
Riaprì lentamente un solo occhio, molto piano, molto cautamente. Poi aprì anche l'altro, arricciò le labbra e piegò il capo interessata. Remus era davvero magro (non quanto sosteneva Molly, certo, perché le costole non parevano in procinto di schizzargli via dal torace), ma non pareva deperito come si ostinava tanto a ribadire. Più che di muscoli, Remus sembrava fatto di nervi. Non era nemmeno lontanamente villoso come lei si era aspettata. Probabilmente si era lasciata influenzare un po' troppo da tutta quella nenia della licantropia che lui continuava a ripetere. Aveva una sottile linea di peli biondicci che scendeva dal petto e attraversava lo stomaco e Tonks si sforzò di distogliere lo sguardo dal punto in cui conducevano. Nel complesso, non era affatto la visione mostruosa che l'Ufficio per il Controllo e la Regolazione delle Creature Magiche sbandierava con tanto impegno. Notò solo in quell'istante il considerevole numero di cicatrici che gli ricoprivano il corpo – e si domandò come avesse potuto non vederle prima. Ne aveva davvero tante. Alcune sembravano piuttosto vecchie, tetre e ancora più pallide del suo colorito cereo, mentre altre erano vivide e intense, e gli deturpavano grandi zone di pelle. Quella sul suo fianco sinistro era indubbiamente la più raccapricciante: la carne si era rimarginata in piccole pieghe frastagliate, bianca come il lenzuolo che non riusciva a coprirla. “È strana” pensò Tonks. “È come se...”. Riconobbe l'evidente segno di un gigantesco morso e si diede della stupida. “Come se fosse cresciuta insieme a lui”.
Venne colta dall'irrefrenabile impulso di abbracciare quel moribondo disgraziato.
«M-Molly?» biascicò improvvisamente Remus. Aprì debole gli occhi e ruotò la testa sul cuscino.
«No, sono Tonks». Si avvicinò al letto e gli tirò la coperta fino al petto. «Sei sfortunato: Molly non avrebbe mai permesso al tuo brodo di schiantarsi sul pavimento. Adesso torno in cucina, ne prendo dell'altro e ci riprovo».
Remus sembrava confuso.
«N-Ninfadora? Che c-ci fai qui?».
«Ehi» protestò lei con tono vivace, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ho capito che preferisci Molly come crocerossina, ma potresti anche accontentarti».
Lo vide arrangiare un sorriso timido. Era talmente debole che Tonks non ebbe la forza di rimproverargli l'uso del suo nome di battesimo.
«Vado a prenderti dell'altro brodo. Indovina? Sono caduta».
«N-non importa. Non ho molta fame».
Tonks fece una smorfia severa.
«Scordatelo, devi mangiare. Sei così pallido che avrei potuto confonderti con il lenzuolo».
Lui si umettò le labbra secche e scosse spossato la testa.
«M-Molly?» ripeté di nuovo. Questa volta la sua voce aveva una punta di vaga ironia. «Hai f-fatto qualcosa ai capelli? Sono viola».
Tonks rimase in silenzio qualche secondo, poi roteò gli occhi al cielo con finta esasperazione.
«Sei a un passo dalla morte e trovi ancora il tempo di fare battute stupide» commentò divertita. «Voi audaci Grifondoro non smetterete mai di stupirmi».
«Cosa fate voi Tassorosso quando s-state male?».
Tonks sorrise.
«C'è sempre un audace Grifondoro che ci porta a letto il brodo di pollo e non inciampa nei suoi stessi piedi».
La risata di Remus si trasformò in fretta in un vago colpo di tosse.
«Forse dovresti riposare un altro po'» propose lei.
«No, sto bene».
«Come non crederti? Ti potrei raccogliere con il cucchiaio, se solo non fosse finito da qualche parte sotto il letto».
Lui esalò un soffio doloroso.
«Dico davvero. Sono a-abituato. Entro questo p-pomeriggio sarò di nuovo in piedi».
Tonks fece una smorfia incerta.
«Non credo».
«Non dubitarlo».
«Dubito, invece: è già pomeriggio. Hai dormito tredici ore» commentò divertita. «Il prossimo mese non bere Whisky Incendiario la sera prima della luna piena».
Remus parve un po' risentito.
«Sei stata tu a convincermi».
«Allora non lasciarti convincere più» replicò maliziosa. «Non devi sempre fare tutto quello che ti dico, sai?».
«Diventi insopportabile quando mi rifiuto».
Tonks spalancò oltraggiata la bocca e si portò una mano al petto, ma sul suo viso c'era una smorfia allegra.
«Che ingrato! E io che ero venuta qui con l'intenzione di farti stare un po' meglio».
Negli occhi di Remus comparve una luce di sincera riconoscenza.
«Grazie, Ninfadora».
Non c'era più alcun sarcasmo, non c'era più niente del tono affabile con cui di solito si divertiva a reagire alle sue canzonature. Tonks ne rimase profondamente colpita, e tutto d'un tratto non aveva più voglia di prenderlo in giro. C'erano un sacco di battute che avrebbe potuto fare. Avrebbe potuto dirgli che stava solo cercando di circuirlo perché aveva sentito eccitanti storielle su certe caratteristiche dei Lupi Mannari che avrebbero fatto rizzare i peli della nuca di Molly; avrebbe potuto accennare al fatto di essere stata pagata da Malocchio per non far morire di stenti l'unico membro dell'Ordine della Fenice con un po' di sale in zucca; o magari avrebbe potuto fingere che in realtà fosse davvero morto e che Grimmauld Place fosse l'inferno eterno che gli era toccato, pieno di adolescenti in crisi ormonale di cui Sirius era il capo indiscusso e di demoni e elfi domestici che cercavano di mordere i polpacci dei dannati a ogni passo.
Alla fine non disse niente del genere - non disse proprio nulla. Non si era nemmeno resa conto che lui l'aveva chiamata “Ninfadora” per l'ennesima volta, e se di solito reagiva alla provocazione colpendolo con qualsiasi oggetto potenzialmente contundente, quella volta sorrise appena e appoggiò la propria mano sulla sua. Era gelida, così iniziò ad accarezzargli la pelle nella speranza di scaldarlo.
«Stronzate» lo schernì con affetto. «A che altro servirebbero gli amici?».

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