3 ragazzi per un'impresa

di Tonksie
(/viewuser.php?uid=258163)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. 50 anni dopo ***
Capitolo 3: *** Jace ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
3 RAGAZZI PER UN'IMPRESA 



PROLOGO
I regni di Imnes, Rassern e Isgrad vivevano da sempre in pace e in armonia, le genti si erano spostate in altri regni e c’erano molte famiglie miste. Insomma, tutto era perfetto.
Ma come si sa, la pace a la tranquillità non durano a lungo. Il regno di Isgrad custodiva un segreto irrivelabile, di cui era molto geloso: possedeva infatti un campo preziosissimo, che era la fonte di cibo principale per tutti i cittadini; solo se eri Isgradiano di nascita potevi accedervi e chiedere al custode quello che volevi, che ti veniva immediatamente dato. Un giorno però, il re di Imnes in viaggio diplomatico dal re di Isgrad, decise di seguire due ancelle della regina che si dirigevano furtive fuori da palazzo. Le due donne stavano andando al campo, e senza volerlo, ci portarono anche il re straniero, che scoprì tutto.
Diventò furente di rabbia, e corse via, verso il palazzo. Chiese immediatamente udienza al re e lo obbligò a cedergli quel terreno o avrebbe dichiarato guerra. Dopo il categorico rifiuto, il monarca di Imnes partì dal regno di Imnes e tornò nella sua terra. Pochi giorni dopo tornò con un esercito, e Isgrad, non abituato alle battaglie, dovette chiedere aiuto al regno di Rassern, che immediatamente si schierò al suo fianco. Così scoppiò la Grande Guerra, che è ricordata come una guerra sanguinosa, con molte battaglie e perdite da entrambe le parti, poiché l’esercito di Rassern era il più forte fra i tre.
La guerra durò 4 anni, durante i quali la popolazione era in condizioni difficili, pativa la fame e la povertà dilagava in tutti e tre i regni. Fortunatamente, il regno di Imnes si ritirò, e questo scempio ebbe fine. Il campo fu lasciato al regno di Isgrad, che però diede al re di Rassern la possibilità di usufruirne in qualsiasi momento. I Rasserniani non ne fecero mai uso, in segno di rispetto.
I rapporti con Imnes furono definitivamente rotti e ognuno dovette tornare nella propria terra d’origine; ciò significò che molte famiglie vennero divise e diede inizio a una grande migrazione in tutti i regni. Da quel momento la vita li fu un vero e proprio incubo. Ogni tanto, qualche imnesino tentava di accedere al campo magico, e allora si scatenavano delle piccole guerre, risolte sempre con la violenza. Ogni due mesi l’esercito di ogni regno controllava che nessun umano di un altro regno fosse entrato illegalmente e la fiducia fra i tre re era scomparsa. Anche Isgrad e Rassern, infatti, si erano allontanati dopo alcuni anni.
Le nuove generazioni non sapevano neanche della Grande Guerra, e di conseguenza non conoscevano l’esistenza di altri regni oltre al proprio. Ad esempio, un bambino del regno di Rassern non conosceva l’esistenza dei regni di Imnes e Isgrad.
Ma ciò era destinato a cambiare…



Spazio autrice
Heilà! é il primo capitolo capitolo della prima storia che pubblico, Quindi non ho idea di come sia hahaha :)
Un grazie a tutti coloro che leggeranno la storia, che decidano di lasciare un segno del loro pasaggio oppure no! 
Un bacio
Tonksie 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1. 50 anni dopo ***


-50 ANNI DOPO
 Un campo pieno di fiori viola… villaggi costruiti su alberi… grotte tutte dipinte….. uno spiazzo con tre pietre, e abbinate ad ogni immagine delle parole sconosciute: Imnes, Rassern e Isgrad.
“Sei stato scelto per fare grandi cose, hai dimostrato coraggio e intraprendenza, ma anche lealtà e amicizia. Non dire a nessuno di questo sogno, non chiedere cosa siano Rassern, Isgrad, e Imnes, non raccontare a nessuno le immagini che hai visto, e ne sarai ricompensato.”
E tre ragazzi di tre regni diversi si svegliarono di botto tutti nello stesso momento, con ancora in testa quelle parole misteriose e negli occhi quelle immagini fantastiche.
Era il 10 agosto e questi tre ragazzi si chiamavano Annabeth di Rassern, Katniss di Isgrad e Jace del regno di Imnes.
All’inizio, nessuno dei tre diede peso a ciò che avevano visto, anche se, durante il giorno, continuarono a ripensare a quelle misteriose parole ma soprattutto a quelle immagini bellissime che non uscivano dalla loro testa.  Il povero Jace si prese anche una bella sgridata dalla sua prof quando dovette chiamarlo interrogato 6 volte prima che uscisse alla lavagna.
La notte successiva, fecero ancora quel sogno, e poi ancora, per diverse notti. Fino a che, Katniss, sempre disobbediente ed impulsiva, stufa di questo sogno che ormai la tartassava ogni notte, chiese a sua madre cosa fossero Rassern e Imnes. La donna, al sentire quei nomi, quasi svenne. Bianca cadaverica disse in un sussurro alla figlia: “Quei nomi sono tabù qui. Non provare a nominarli mai più, se non vuoi finire in prigione!” Katniss, però, insisteva:
“si mamma, ma perché?”
“Questo non è affar tuo, ora fila in camera tua, e che io non ti sorprenda mai più neanche a pensare a questi nomi.”
 Katniss, imbronciata, tornò in camera sua rassegnata mentre sua madre la guardava ancora stravolta, e si perse nuovamente in quelle immagini bellissime.
Quella notte, il sogno cambiò: tre maghi consegnavano loro una lettera, che dovevano aprire dopo esattamente 24 ore, non un minuto prima, non un minuto dopo. E ancora, i tre ragazzi si svegliarono di botto, e trovarono una lettera che mandava bagliori sul comodino. Katniss fu tentata di aprirla, ma quando tentò di sollevare l’aletta, quella spruzzò un liquido nero che la sporcò tutta. Ridendo, la mise giù e torno a sedersi sul letto, guardandola adorante.
Più volte quel giorno i tre ragazzi si ritrovarono a pensare alla lettera che ognuno aveva nascosto in posti diversi per non farla trovare: Jace l’aveva messa nella cuccia di un ignaro cane, Annabeth fra una pila di vestiti e Katniss sotto il suo letto.
Finalmente, 24 ore dopo, i tre ragazzi aprirono la lettera. Le mani tremavano, a Katniss per l’agitazione, a Jace per la tensione e ad Annabeth per la paura. Quando l’aprirono, furono investiti da un profumo buonissimo, che assomigliava molto al profumo che si sente quando si passa in un prato appena tagliato. La calligrafia era stretta e molto ordinata.
 
Cari ragazzi,
siamo lieti di annunciarti che sei stato finalmente scelto per intraprendere questa missione. Sappiamo che qualcuno ha disobbedito gli ordini, ha chiesto cosa fossero Rassern, Isgrad e Imnes e per questo ci siamo decisi a mandarti la lettera. Esattamente fra tre giorni, passeremo a prenderti. Tu prepara uno zaino con dentro qualche vivere e un paio di vestiti,e tieniti sempre pronta a partire, che al resto ci pensiamo noi.starai via per molto tempo, oppure per pochi mesi, ma ciò dipende solo da te.
Non devi preoccuparti dei tuoi genitori, non ne saranno informati. Non dire niente di quello che stai per fare, se deciderai di farlo, perché un clone prenderà il tuo posto per tutta la durata della missione.
Ti prego, fai in modo di esserci, o tutto il tuo regno ne rimetterà. Tutto il mondo dipende dalla tua scelta.
Per favore, rispondi con la tua decisione sotto questa lettera, e appoggiala sul tuo comodino, domani mattina non ci sarà più.
Sperando di vederti presto
A. Goldesty

 
 
Allegato c’era un foglio con le istruzioni.
I tre ragazzi adesso erano più confusi di prima, infatti avevano capito pochissimo di quella lettera; solo che la vita del Mondo dipendeva da loro e che entro tre giorni avrebbero salutato la loro casa per chissà quanto tempo. Molto incoraggiante, effettivamente.
Erano tutti molto indecisi, da una parte c’era la voglia di partire, di andare via e di diventare importanti e di fare qualcosa per gli altri, dall’altra la paura di non tornare più e di allontanarsi da un nido sicuro come è la casa.
La prima a decidersi fu Katniss che, dopo aver fissato a vuoto per un’ora il muro, scrisse un “si” netto e mise via la busta, prima di avere dei ripensamenti. Jace, invece ci mise due ore per decidere se era uno scherzo o se doveva prendere la cosa sul serio. Alla fine decise che non aveva niente da perderci e che avrebbe provato, e scrisse un si. Katniss ci mise quasi tre ore per decidere cosa fare; aveva più paura degli altri perché era molto timida e insicura di se, ma alla fine, ancora un po’ titubante tracciò un “si” tutto storto e tremolante. Poi, appoggiò la lettera sul comodino e tornò a dormire. Al mattino, la lettera non c’era più.
Durante i tre giorni che li separavano dalla partenza, i tre ragazzi si comportarono in maniera completamente diversa. Katniss era emozionatissima, e fece sorgere non pochi dubbi ai suoi genitori, visto che era sempre attiva, parlava di grandi progetti, di mostri da sconfiggere e di misteri. Jace era il più superficiale, non ci credeva fino in fondo perché pensava fosse uno scherzo, ma in fondo, sperava davvero che qualcuno venisse a prenderlo. Moriva dalla voglia di allontanarsi dalla sua cittadina e di scoprire nuovi posti.
Annabeth, invece, era quella messa peggio dei tre. Era sempre tesa, ad ogni rumore si spaventava e sembrava che stesse per svenire, visto che era pallida più del solito. Passava ore ed ore sdraiata sul suo letto, cercando di concentrarsi.
Quei tre giorni passarono lentissimi per tutti e tre ragazzi…




Angolo Autrice
CIaaaao! Allora, comincia ad intrigarvi? Ammetto di non essere un mostro nella scrittura, ma spero che almeno un po vi prenda!
Grazie mille a chi ha letto il primo capitolo! E su, fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio <3

Tonksie

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Jace ***


JACE
 
 Quest’ avventura, però, inizia nel regno di Imnes, quando Jace si svegliò con un nodo allo stomaco. Era un bel giovane, con i capelli biondi piuttosto lunghi e indomati. Gli occhi erano azzurri, color delghiaccio e la carnagione abbronzata. Alto e magro, aveva un’aria ribelle.
Appena fu leggermente cosciente, corse all’armadio, prese uno zaino e lo riempì con 4 mele e un panino che aveva fatto apparire con il pensiero. Richiamò poi due magliette e un paio di pantaloncini che arrivarono a lui volando e li mise nello zaino. Aveva un sorriso stampato in faccia; adorava l’avventura. Quando fu pronto, mise in spalla lo zaino e salutò in modo stranamente affettuoso i genitori che rimasero stupiti. Quando uscì da casa, notò che era una bella giornata, e si rallegrò ancora di più. Improvvisamente una macchina argentata con i vetri oscurati spuntò da dietro l’angolo e quasi lo investì. Jace si lanciò sul marciapiede, imprecando. Dall’auto scese un signore che, dopo essersi guardato intorno, gridò:
-“Hei tu!”- Jace si alzò e si guardò intorno, poi, vedendo che non c’era nessun altro, si girò. “Si, parlo proprio con te. Tu sei Jace, giusto?”
-“Si sono io, perché? E chi è lei? Come fa a sapere il mio nome?”
“Con calma, ragazzo! Una domanda per volta! Sono Antony, ma ora sali in macchina, prima che qualcuno ci senta, e non è il caso di sbandierare ai quattro venti quello che stiamo facendo.”
Ma vedendo che Jace non lo seguiva, anzi, restava impalato sul marciapiede con una faccia arrabbiatissima e con uno sguardo che lanciava fiamme, Antony decise di andarci cauto. Tirò fuori una matita a cuoricini e un foglio e cominciò a scrivere. Jace lo guardava allibito, dato che scriveva poche parole e subito dopo le cancellava.  Dopo 5 minuti Antony porse il foglietto al ragazzo, che rimase stupito nel vedere che c’erano scritte solo poche parole.
 
Ti ricordi della missione? Ecco, bene, quindi datti una mossa, sali in macchina e piantala di fissarmi così, che stiamo solo perdendo tempo.
 
Jace aveva appena finito di leggere che un lampo rosso sbriciolò il foglietto. Il ragazzo alzò lo sguardo sull’uomo, che aveva il dito puntato verso le sue mani.
“E’…. E’ stato lei?”
“Tu che dici? Non vedo nessun altro in questa via, e in cielo non ci sono nuvole. Quindi direi di si.”
E , detto questo, Antony aprì la portiera della macchina, facendo cenno a Jace di entrare. Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte: diventare un mucchietto di cenere non era nei suoi programmi.
Appena arrivò alla portiera si lanciò nella macchina aspettandosi di atterrare su un sedile. Fece invece un volo ad angelo verso un pavimento di legno, e si fece un gran male. All’interno l’auto era spaziosa ed era come una casa. C’erano delle cuccette per dormire, un tavolo con delle panche intorno, e, dietro una libreria, c’era il bagno.
Jace si rialzò da terra come se non fosse successo niente e si buttò sul divano, questa volta atterrandoci veramente sopra. Attirò a se quel bicchiere di succo che sembrava tanto buono, appoggiato sulla mensola della piccola cucina e lo bevve in un solo sorso. Quando si girò verso Antony con l’intenzione di chiedergli di che cosa fosse, lo trovò con la bocca aperta e un’aria stupefatta. Jace non era tipo da preoccuparsi per gli altri, così fece finta di niente. Fu Antony a dover parlare.
“Tu… tu.. hai attirato quel bicchiere solo…pensando?”
“Si, perché? Cosa c’è che non va?”
“no, no, niente. È solo che mi sono appena ricordato di una cosa. Ah, fai pure come se fossi a casa tua qui dentro!” e detto questo, si mise al posto di guida, pronto a partire.
Jace cominciò a chiedersi chi fosse Antony. Così, preso dalla curiosità, chiese “scusi, potrebbe dirmi qualcosa di lei, dato che a parte il fatto che si chiama Antony e che è in grado di incenerire alla velocità della luce non so niente? ”
L’uomo, sorrise e si presentò:
-”come ti ho già detto, io sono Antony e ti guiderò fino alla Terra di Mezzo. Scusa se prima ti ho quasi investito, ma ero leggermente in ritardo e avevo paura che tu mi sfuggissi. Ah, ho un libro che ti potrebbe piacere. Il viaggio è lungo, magari così ti distrai!” E prese un libro con una copertina rilegata che sembrava molto bello.
Jace, che si aspettava una risposta più lunga, aprì la bocca per parlare, ma l’autista con un gesto della mano lo zittì e gli mise il libro in mano. Jace non osò ribattere, e si rimise giù a dormire. Ma era troppo emozionato, e non si addormentò, così si mise a guardare fuori dal finestrino. Mentre osservava il paesaggio cambiare, passando da colate laviche a campi interminabili pieni di splendidi fiori viola, cercava di focalizzare quello strano signore lanciandogli occhiate curiose. Era molto alto, più di 2 metri, e sembrava un uomo molto forte. Aveva gli occhi neri come la pece e molto cupi, effetto dato probabilmente dalle sopracciglia folte e che guardano in giù. Il naso era molto affilato con un grosso neo sul lato destro. Le mani erano lunghe e affusolate. Emanava un senso di tranquillità e fiducia.
Dopo aver deciso che di quell’uomo si poteva fidare, Jace intraprese una battaglia contro il sonno. Voleva vedere tutto, e dormire gli sembrava uno spreco. Ma per sua sfortuna, le palpebre lentamente si fecero pesanti, e il sonno vinse.
Poi, un rumore improvviso ruppe il silenzio e tutto diventò buio, mentre Jace si svegliava di colpo. Antony aveva un’aria molto preoccupata, ed era molto teso. Un secondo dopo, un urlo di una ragazza si levò dal buio, e l’uomo si scaraventò fuori dall’auto, lasciando Jace da solo.
Nel buio qualcosa si mosse, e il ragazzo urlò. Una figura incappucciata stava venendo verso di lui, che si rintanò senza pensarci sotto il sedile.
Si avvicinava… allungava una mano minacciosa… apriva la portiera, e un caldo disumano entrò nella macchina. Il mantello nero sventolava intorno a lui, e sembrava fatto di fumo nero. Il cuore di Jace andava a mille dalla paura.
Poi quella figura parlò, con una voce glaciale che bloccava il sangue nelle vene: “ Jace, io ti conosco. Sono l’incubo che riempie le tue notti, che ti ruba l’energia di giorno e i tuoi sogni di notte, so cosa vuoi e conosco ogni tua singola debolezza. E ti consiglio: lascia perdere questa missione, non fa per te. Proverai troppa paura e non saprai reggerla. Torna a casa, i tuoi compagni riusciranno a fare bene anche senza di te, anzi, anche meglio! Quindi ora obbediscimi, prendi la mia mano e torniamo indietro.” E allungo il braccio verso il ragazzo, che stava per afferrarla, quando una voce maschile parlò nella sua testa: “sei forte, Jace, ce la puoi fare. Non ascoltare questo essere, è maledetto. Fatti coraggio, sono con te!” era una voce femminile e squillante e nella sua mente si formò anche un’immagine di una ragazza bellissima, con i capelli rossi, ricci e lunghi e gli occhi verdi, con le orecchie a punta. Questa ragazza gli diceva: “vieni, Jace, ti sto aspettando. Non andare con lui.” L’improvvisa consapevolezza che l’avrebbe incontrata se fosse andato avanti lo trattenne dal dare la mano al mostro.
Così si fece forza, uscì da sotto il sedile e gridò: “no, io non ti seguirò mai. Tu non mi conosci, vuoi solo continuare a vivere a scapito degli altri! Hai paura che io muoia, e tu dovrai trovare una nuova vittima debole come me, non è vero? Non mentirmi, perché io non smetterò questa missione, mai e poi mai, anche a costo di non dormire la notte per non incontrarti mai più! E ora vattene, lasciami continuare.” L’ombra si chinò verso Jace, e stava per ribattere, quando una lingua di fuoco lo avvolse e lo scagliò via in preda alle fiamme.  Dopo pochi secondi ritornò la luce, e la temperatura ridivenne normale. Jace era tutto sudato, sia dal caldo sia dalla paura e vide Antony ritornare di corsa, furioso, con la lingua di fuoco ancora in mano che si ritirava. Saltò in macchina e accese il motore. Sfrecciarono fino alla fine della strada, e lì la macchina si fermò. Antony si girò e Jace, vista la faccia scura, decise di allontanarsi dalla portata della sua mano.
 “stai bene?”
“Si sto bene, ma…”
“niente ma! Sai cos’era quello?”
“No, ma…”
“Te lo dico io che cos’è! Sono le peggiori creature che tu potessi mai incontrare. Si nutrono dei sogni di una persona che scelgono, e la seguiranno fino alla fine della loro vita! Cominceranno a decidere per te, a influenzare la tua vita, se non riesci a dimostrargli che non possono averla vinta.”.
“Ma io come faccio a dimostrarlo?”
“L’hai appena fatto. Gli hai dimostrato che non sei debole, che non hai paura di lui. Ma ci vorrà un po’ per liberarsi di lui. Guarda te che razza di sfiga che hai!” disse, con un sorriso.  Poi, dopo una breve pausa, aggiunse: “Se te la senti, possiamo ripartire e proseguire il viaggio. Sai, è ancora piuttosto lungo. Ma se non te la senti, non preoccuparti, possiamo riposarci un po’ e partire domani”
-“ no, no, partiamo ora. Non voglio rimanere fermo un attimo di più!” disse con un tono deciso. Così ripartirono, facendo su e giù da colli e colline, passando nel centro di paesi pieni di fiori e tutti colorati. Il ragazzo era estasiato, ma sussultava ancora ad ogni rumore. Dopo alcune ore di viaggio (durante le quali Jace aveva letto il libro, poi aveva suonato un pianoforte che era apparso solo pensandolo e giocato con una consolle) il paesaggio cambiò: erano in mezzo ad un deserto, ma aguzzando la vista, si potevano intravedere dei cespugli verdi. Arrivati alla fine della strada, che si trovava nel mezzo del deserto, Jace si accorse con orrore che la strada dietro di loro stava scomparendo molto velocemente. Antony scese dall’auto e si fermò su una piattaforma che era camuffata perfettamente insieme alla sabbia, ma la vista infallibile di Jace riusciva a vederla. Il ragazzo infatti, non solo aveva la capacità di attirare oggetti a se e farli comparire con il pensiero, ma aveva anche una vista ed un udito acutissimi. L’olfatto, invece, era piuttosto scadente. Scese dall’auto, e si accorse che sembrava tutto abbandonato da almeno 50 anni. La piattaforma era diventata il regno dei muschi, infatti i bellissimi disegni che c’erano era appena visibili sotto uno strato verde. Si avvicinò ad Antony, che stava borbottando in una lingua strana, e si fermò a fissarlo.
A Jace quasi venne un colpo quando diventò tutto buio. Sembrava quasi di essere tra le nuvole ma nuvole nere, dense e minacciose. L’unica luce erano i fari della macchina, inquietanti come due occhi gialli nel buio. Antony prese per un braccio Jace e lo riportò in macchina sorridente, e schiacciò un pulsante che il ragazzo non aveva notato. Subito la macchina si librò in aria e fece un balzo avanti. Jace aveva una faccia così terrorizzata che Antony scoppiò in una sonora risata.
La luce ritornò improvvisamente e lo spettacolo che gli si parò di fronte lo lasciò senza parole. Era nel bel mezzo di una foresta e del deserto non c’era più traccia. Aveva alberi a 365°.  Più avanti, sugli alberi, si intravedevano casette di legno.
Dovettero scendere dalla macchina, perché le strade erano molto piccole e solo i pedoni e le biciclette potevano muoversi. Più si avvicinavano, più Jace sgranava gli occhi.
Con voce solenne e un sorrisone, Antony esclamò: “ Benvenuto a Rassern!”
Le casette sugli alberi erano molto graziose, colorate e vivaci. C’erano molte vie che si diramavano dalla via principale. Per terra c’era un ciottolato grigio, con terra chiara intorno. I fiori erano rigogliosi nei vasi, che avevano tutti colori sgargianti. C’erano anche dei negozi tutti a vetri costruiti intorno alle base degli alberi che per ricavare spazio, avevano intagliato le piante. Le insegne erano appese con catene di ferro, e il cigolio delle targhe era molto rilassante.Tutt’intorno a lui elfi indaffarati sbrigavano le loro faccende velocemente. Quel posto era pieno di bambini che correvano in giro felici, gridando e saltando. Un bambino quasi fece cadere un vassoio ad un povero panettiere che era appena uscito dal suo negozio ma poi lo aiutò a sistemare il guaio. Jace si accorse di adorare quel posto, perché emanava energia.
Mentre camminavano, tanti elfi si giravano a guardare il ragazzo con un’aria spaventata così, curioso, chiese:
“Antony, perché mi guardano tutti?” e si guardò intorno sorridendo agli sguardi degli elfi.
Poi tutti si dileguarono nelle loro case, sparendo alla vista.
Allora Antony esclamò:
“Oh no! Mi sono dimenticato che tu non sei un elfo! Devi trasformarti assolutamente…” e detto questo allungò le mani verso il ragazzo, che sparì. Jace si sentiva strano, era come immobilizzato e aveva tutta la pelle che tirava, le orecchie che si allungavano. Si sentiva uno straccio che è conteso da due persone. Quando l’uomo ruppe il contatto Jace ricomparve sotto forma di elfo, e subito la pelle smise di tirare. Così si sentiva finalmente bene. I capelli erano diventati neri e corti e le orecchie a punta. Ma Antony non aveva ancora finito. Si girò e una luce potente e verdognola illuminò la strada per poi entrare nelle case e molti elfi uscirono dalle abitazioni, come se non fosse successo niente. Il ragazzo era allibito. Stava per dire qualcosa, ma Antony lo fermò:
“Non qui, Jace. Dopo in macchina ti spiego. Ora andiamo a prendere questa ragazza.” Camminare sotto forma di elfo era strano, perché le gambe erano smisuratamente lunghe, almeno nel suo caso, ma almeno adesso nessuno si curava più di lui. Camminavano a passo spedito e si diressero verso la periferia del villaggio, attraversando stradine laterali e piene di ciottoli. I fiori qui erano meno curati e non c’erano bambini che giocavano per strada. Antony si fermò davanti ad una piccola casa costruita su una quercia. Da dentro venivano grida di un bambino piccolo e una voce melodiosa che cantava una ninnananna molto bella. C’erano anche altre voci dentro la casa.
Dovevano essere in tanti.



Angolo autrice
Buooooonasera!
Scusate se non ho aggiornato prima, ma fra scuola e alleamenti non sono riuscita. Da adesso sarò più precisa, giuro! :D
Vorrei ringraziare Scarl (<3) per la recensione, ma anche tutti coloro che hanno letto senza dire niente! 
Un bacione :)
Tonksie

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2275780