shelter

di Itsamess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Undergrounds ***
Capitolo 2: *** Falling (in love) ***
Capitolo 3: *** Arise, fair sun, and kill the envious moon ***
Capitolo 4: *** Hiddentity ***
Capitolo 5: *** Wide aw(ache) ***
Capitolo 6: *** Of cornflakes and scars ***
Capitolo 7: *** In my place I felt out of place ***
Capitolo 8: *** Charcoal ***
Capitolo 9: *** A letter, but does it really matter? ***
Capitolo 10: *** O holy night/Mermaids ***
Capitolo 11: *** Will you surrender? ***
Capitolo 12: *** That's why you wanted a love song ***
Capitolo 13: *** Is it a goodbye or a sadbye? ***
Capitolo 14: *** Moth ***
Capitolo 15: *** Roots before taking chances ***



Capitolo 1
*** The Undergrounds ***


Il pennarello correva veloce sulla parete di cartongesso, tracciando ora morbide volute, ora taglienti linee spezzate.
SHELTER
«Non vi chiederò cosa significa questa parola»
Brittany abbassò, delusa, la mano.
«credo che lo sappiate tutti, ora più che mai. Rifugio è dove puoi sentirti al sicuro, rifugio è dove sai che non ti capiterà nulla di male»
Kurt strinse più forte la mano di un ragazzo alto accanto a lui, che sorrise un po' imbarazzato.
Non può accadere nulla di male, only death can part us.
«Questo è un rifugio»
La stanza intorno a lui rimbombò della sua voce.
«So che non siamo più a scuola, ma vorrei che comunque svolgeste il compito della settimana e trovaste canzoni che diano la forza di andare avanti, che ci facciano sentire salvi»
Nessuno dei presenti gioì, sbuffò, o diede altri segni di vita.
Will ne studiò i volti: alcuni stralunati, come quelli di Puck e Brittany, altri gravi, altri semplicemente stanchi.
Erano gli sguardi di chi aveva vissuto l'orrore e lo straniamento, di chi era entrato in un dedalo di corridoi senza sapere il perchè.
Sguardi perduti.

Tutti tranne uno.
Quello di un ragazzo riccio, alto, fermo sulla porta, forse indeciso se entrare o no.
Aveva negli occhi di una strana consapevolezza.
Come se capisse ciò che stava succedendo, lui solo.

Nonostante fosse stato costruito in due settimane, il rifugio A si estendeva per più di trecento metri quadri, approssimativamente divisi da pareti di cartongesso.
Data la sua vastità, avrebbe potuto ospitare circa un centinaio di persone, ma era occupato da meno della metà di loro, forse a causa dei terroristici spot repubblicani che consigliavano di lasciare il Midwest, forse a causa dello scetticismo nei confronti della sicurezza dei rifugi.
Si diceva che fossero tanto grandi da perdercisi dentro, soffocanti, privi di fonti di luce e ancor più pericolosi di un edificio sulla superficie.
E probabilmente era così: lo pensavano i genitori di Santana, partiti per il Messico senza pensarci due volte, quelli di Mercedes e la signora Fabray, che aveva seguito sua figlia a New Haven.
I rifugi sembravano troppo perfetti, troppo solidi, troppo sicuri per esserlo veramente.
Nel solo distretto di Lima ne erano stati creati 4, articolati in dormitori, dispense e una specie di sala comune proprio di fronte all'ingresso.
Quella che era stata definita "mensa" era solo una sala leggermente più grande, piena di tavoli e sedie tutte diverse le une dalle altre.
«Lenticchie, ancora!»
Tina fissò sconsolata il triste piatto davanti a lei, cercando di ignorare il borbottio di Kurt, che le ripeteva che facevano bene alla pelle, al cuore e a chissà cos'altro.
Ma certamente non fanno bene al mio umore.
«Posso sedermi?»
La voce di Jesse St James sapeva essere molto persuasiva, a volte.
«Certo! Piacere, Tina Cohen-Chang, quello che continua a brontolare è Kurt Hummel, quella che guarda in modo sospettoso il budino è Brittany Pierce e tu sei...»
«Bello sconosciuto, piacere»
La ragazza rise: non poteva dargli torto.
«D'accordo, Bello Sconosciuto, qual buon vento ti porta qui?»
Si pentì della domanda solo un attimo dopo averla formulata.
Tutti loro erano lì per lo stesso, terrificante motivo, molto lontano dall'essere un buon vento.
Il tornado
Il ragazzo finse di non notare l'infelice riferimento metereologico e rispose «Le buonissime lenticchie che fanno in questo posto, in realtà»
Si sedette con eleganza accanto a lei, stando a attento a non toglierle gli occhi di dosso.
«Aspetta... ma io ti ho già visto in aula canto, stamattina! Eri quello fermo sulla porta, che ci fissava in modo inquietante»
Non sei più tanto sconosciuto, ora.
«Siete... interessanti»
«In che senso, scusa?» chiese Tina, che, sedotta dalla calda voce di Jesse, desiderava che parlasse il più possibile.
«Sembravate spaventati»
«Tu non lo sei?»
«Ho passato di peggio. In fondo è solo un gigantesco, pericoloso, freddo sotterraneo di cemento e cartone da cui non usciremo mai più, no?»
«Sta scherzando, naturalmente! Vero, Bello Sconosciuto?»
Gli occhi di Kurt erano di ghiaccio.
«Certamente»
Idem quelli di Jesse.

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Capitolo 2
*** Falling (in love) ***


Se, in superficie, le macerie di Lima erano irradiate di una fredda luce rosata, l'alba nel rifugio era esattamente uguale alle altre ore del giorno, eccezion fatta per i corridoi, deserti.
O quasi.
«Hey, ora mi ricordo! Eri il solista dei Vocal Adrenaline, Jesse St Jane, giusto?»
Quest'uomo è comparso dal nulla. Inquietante.
«Quasi, signore. St James»
«Will Shuester»
Gli porse la mano, ma il ragazzo non la strinse.
L'altro non si scompose: abituato alle melodrammatiche reazioni di Rachel, a quelle violente di Santana e a quelle inopportune di Puck, la freddezza di Jesse gli appariva perfettamente normale.
«Beh, St James, a quanto mi ricordo eri un cantante incredibile!»
«In effetti ero favoloso» ammise Jesse con un sorriso, pur non degnandolo di uno sguardo.
Il malvagio piano di Will Shuester per ricreare il proprio club a quattro metri al di sotto del livello del mare iniziò a funzionare.
Esso infatti prevedeva un'abile captatio benevolentiae con cui si acquistava la simpatia della vittima, qualche complimento su suo talento inespresso bla bla, e infine la fatidica richiesta, solitamente espressa in tono patetico o paternalistico.
Grazie ad una straordinaria capacità persuasiva e un fascino innato in tre anni aveva reclutato cheerleader, atleti, emarginati, nerd, irlandesi: non poteva fallire.
«"Eri"? Un talento come il tuo non può essere scomparso nel nulla!»
IO sono scomparso nel nulla
«Dovresti unirti al Glee, sono sicuro che-»
«Il suo coro non esiste più. Siamo sottoterra, se lo ricorda?»
«Questo non significa che non possiamo più cantare. Anzi, più normalità riusciavo a portare qui, meglio è»
«E "normalità" per lei significa Uniposca neri e canzoncine allegre?»
Will Shuester in effetti aveva una leggera ossessione per i pennarelli e la discografia anni '80, ma non gli era mai parso un problema.
«Non capisco, voi Vocal Adrenaline amavate la musica...»
«Amavamo la vittoria» replicò, tagliente.
Will lo ignorò.
«Cosa ti è successo, Jesse?»
Jesse avrebbe davvero voluto raccontargli come la sua vita, una fredda sera di aprile si fosse improvvisamente spezzata, sì, è proprio questa la parola che pensò, ma non lo fece.
Il ricordo era ancora vivido: l'auditorium debolmente illuminato, il pianoforte a cui Shelby era seduta, i suoi lunghi capelli scuri che quasi sfioravano l'ebano del pianoforte.
Avevano provato insieme il suo assolo per le Nazionali, naturalmente attingendo dal repertorio dei Queen.
«I want to break free, dalla prima strofa»
Jesse aveva sfoderato il suo miglior sorriso e si era posizionato al centro del palco, mentre lei lo accompagnava con il pianoforte.

I want to break free
I want to break free
I want to break free from your lies
You're so self satisfied I don't need you
I've got to break free


Jesse saltò giù dal palco e continuò a fissare la platea, deserta.

God knows, God knows I want to break free

«Andava bene, signorina Corcoran?»
«Prova ad abbassare la voce di mezzo tono»
Jesse aveva annuito piano, senza mostrare segni di stanchezza o irritazione, e aveva fatto un secondo tentativo, se possibile migliore del precedente: la mania di perfezionismo di Shelby era solo uno dei tanti motivi per cui l'amava.
Insieme, nell'ordine, alla sua voce di velluto, gli occhi tristi e neri come la notte e la dolcezza con cui accarezzava i tasti d'avorio, bianchi quasi quanto le sue dita.
Nonostante fosse sera, nonostante fosse aprile, nonostante fosse stanco, nonostante il palco scricchiolasse sotto il suo peso ogni volta che ne saltava giù, nonostante Jesse soffrisse di vertigini e detestasse la momentanea perdita d'equilibrio, nonostante quella canzone l'avessero provata decine di volte, nonostante la sua esecuzione fosse sempre perfetta, proprio perchè Shelby era sempre perfetta, lui era rimasto.
Solo per lei.
Shelby aveva sorriso, per la prima volta in 72 ore, ed esclamato «Meraviglioso, semplicemente meraviglioso».
Quella parola, la semplice successione di dodici lettere, era stata fatale.
Jesse era velocemente risalito sul palco, si era seduto accanto a lei al piano e, con dolcezza, l'aveva baciata, a lungo.
«Andava bene, signorina Corcoran?» aveva sussurrato.
Avrebbe voluto descrivere a Will l'espressione di paura negli occhi di Shelby quando si ritraeva da lui, tentava di spiegargli che era ben poco professionale, oltre che moralmente sbagliato.
Avrebbe desiderato potergli spiegare come avesse vagato nella notte senza meta, alla ricerca di un rifugio, e non l'avesse trovato.
Ma non lo fece.
E così, semplicemente, iniziò a correre.

Si rifugiò nel primo nascondiglio che trovò.
Un ripostiglio, oscuro e pieno di cibo in scatola, riso e legumi.
Come se creare degli anfratti in questo labirinto di cemento ci facesse sentire più a casa.
Richiuse piano la porta, per non farsi sentire da Shuester.
«Ti prego non farmi del male»
Lo sapevo che nascondersi qui non era una buona idea, se si ha paura del buio.
Jesse tentò di capire da dove provenisse la voce, ma era impossibile, nella più completa oscurità.
«Non voglio fartene... chi sei?»
Buio, terrore, Rachel dì la prima cosa che ti viene in mente.
«Una creatura della notte»
Il ragazzo aggrottò la fronte, confuso.
«Credevo che esistessero solo nel Rocky Horror»
Ecco cosa succede quando dici la prima cosa che ti salta in testa. Un musical, davvero Rachel?
«Come vedi, ci sono anche nel mondo reale»
«Per dir la verità, non vedo nulla. Ma non c'è un interruttore, in questo posto?»
Tastò la parete intorno a lui.
Cartongesso
Scaffale di metallo, gelato
Scatole
Latte d'alluminio
Niente interruttore.
Non poteva aprire la porta, e se poi Will l'avesse visto?
«Da chi ti nascondi, creature of the night?» intonò Jesse
Canta. Bene, perfetto.
«Dai seguaci di High school musical, come te»
«Io mi nascondo da un uomo biondino, alto e riccio. Credo voglia farmi entrare nel suo coro, ad ogni costo»
Rachel sorrise nell'oscurità e per un'attimo smise di tremare.
Sta scappando dalla musica.
Quel pensiero la rassicurò: avevano qualcosa in comune, a parte l'abitudine di nascondersi degli sgabuzzini, naturalmente.
Lo sentirono entrambi: DO DO SI/ SI SI RE/ RE SOL. Qualcuno stava provando il pianoforte, forse nella vana speranza di accordarlo.
Ma non fu che un'eco lontano.
«Non riescono a capirlo, vero?» sussurrò la ragazza.
«Che cosa?»
«Che qualcuno potrebbe non voler cantare. Non ora, non qui. Mai più forse»
Un passo nell'oscurità.
«Non vuoi più cantare, creatura della notte?»
Non chiamarmi così
«Non più. E' cambiato...tutto. Quello che eravamo, quello a cui potevamo aspirare. C'è solo silenzio, ora»
Un altro passo nell'oscurità.
«Non necessariamente»
Era vicinissima, poteva sentirne il battito del cuore, accelerato e irregolare.
E' troppo buio qui
La ragazza inciespicò in una latta di fagioli in scatola, cadendo addosso a Jesse.
«Chi sei tu che, avvolto nella notte, inciampi così nei miei pensieri?»
E lei non riconobbe la citazione di Shakespeare e sussurrò un timido «Rachel»
«Non devi avere paura, Rachel. Non ti farò niente»
Jesse le prese quello che suppose fosse il viso e la baciò.
Era decisamente troppo buio.


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Precisazione numero 1: la st. corcoran per me è veramente esistita, anche solo per un attimo.
2:shelter è prevalentemente st.berry, per chi ancora nutrisse dei dubbi.
Vi voglio bene, baci.



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Capitolo 3
*** Arise, fair sun, and kill the envious moon ***


Un bacio nella notte.
O meglio, all'alba, ma era come se fosse notte, data l'oscurità che li inghiottiva, il torpore in cui era immersa Rachel e il tipo di bacio che le stava dando Jesse, decisamente notturno.
Avrebbe davvero voluto staccarsi da lui, ma non era facile quando le braccia di uno sconosciuto sono tutto ciò che la separava da terra. Valutò rapidamente le alternative, mentre le labbra del ragazzo continuavano ad indugiare con violenza sulle sue: da una parte c'era una rovinosa e umiliante caduta nel buio, dall'altra un maniaco canterino.
Quest'ultimo è chiaramente più pericoloso.
Avrebbe potuto divincolarsi dalla sua forte presa, urlare, tentare di morderlo, se solo fosse stata più coraggiosa. Invece era Rachel, così sussurrò direttamente alle sue labbra «Ti prego lasciami andare».
 Le mani di Jesse la sorressero per un breve istante, mentre lei ritrovava l'equilibrio e i suoi piedi toccavano finalmente, terra.
«Grazie. Soffro di vertigini»
«Anche io, insieme all'asma e agli amori impossibili»
«Impossibili perchè ne non conosci l'oggetto? Ovvero, perchè ti innamori di sconosciuti?»
«A volte» disse piano lui, facendo scorrere le dita sulle sua guancia.
Rachel pensò che fossero gelate, come quelle di un vampiro o di un eschimese, e che questo non preannunciasse nulla di buono.
Mani fredde ovvero pochi abbracci. Pochi abbracci ovvero solitudine mista a misantropia. Misantropia ovvero odio per il genere umano. E sebbene lei stessa si fosse rinchiusa in un ripostiglio pur di non vedere - e sentire - anima viva, pensò Odio verso il genere umano ovvero pessimo soggetto.
«Non so niente di te»
«Rimediamo subito: Jesse St James. Non sono un vampiro»
Eppure leggi nella mente
le sue dita scivolarono lungo le sue labbra e scomparvero nell'oscurità «Ti sto porgendo la mano»
Lei tese la sua per strigergliela, ma questa annaspò nel buio.
«Sto scherzando» rise Jesse.
«Molto divertente...dove sei?»
«Sempre di fronte a te»                                                       «Forse»
«Lasciami andare»
«La porta è dietro di te»
Rachel sorrise: la stanza intorno a lei era un buco nero, trovare maniglie o interruttori impossibile.
«Ma nessuno di noi due riesce a vederla»
«E nessuno di noi due vorrebbe veramente andarsene»
«Ti sbagli...» disse con voce ferma, pur continuando a tastare la parete dietro di lei.
Metallo.
Cartone.
Legno.
Maniglia.
La fortuna non aiuta gli audaci, ma i disperati.
«Promettimi di non seguirmi»
«Non posso»
«Solo per adesso, non seguirmi. Ci vediamo domani, fuori di qui»
«Come farò a riconoscerti?»
«Ti lascio una scarpetta di cristallo?»
«Ti prego»
«Va bene...ho-»
Menti. Sei Quinn Fabray, al secondo anno, perfetta e irreale.
«Lunghi capelli biondi, occhi acquamarina, incarnato di porcellana e mani da pianista» disse con voce monocorde «Ma non so suonare il piano» aggiunse in fretta.
«Devi essere bellissima»
Rachel arrossì, per poi ricordare che il complimento era assolutamente immeritato.
Tuttavia il ragazzo aveva ragione: Quinn era bellissima e ora se n'era andata.
 «Addio Jesse»
 

Estrasse dalla tasca un foglietto azzurro liso e strappato in più punti e, dopo averlo spiegato con estrema attenzione perchè non si danneggiasse ulteriormente, studiò la pianta del rifugio.
Percorse con l'indice lo spazio sulla carta che separava la choir room (contrassegnata con un teschio) dal punto più lontano da essa:
Dispensa 4b.
Da lì non sentirò neanche una nota, nessun vampiro potrà baciarmi a tradimento e avrò scorte di cibo per sempre pensò mentre percorreva velocemente i corridoi.
Era buffo che, anche all'interno di un rifugio, non si sentisse al riparo da ciò che temeva di più.
Che poi ciò che temeva di più fosse la musica e non un tornado, era un'altra questione.

 


«Bene Glee Club, qualcuno ha preparato un numero a tema "rifugio"?»
Sam si alzò in piedi tutto sorridente.
Forse un po' troppo sorridente, considerata la situazione in cui si trovavano.
«Credo di aver trovato la canzone perfetta per il compito»
La chitarra a sole 4 corde appoggiata alla parete sembrava presagire il contrario.

Lovers keep on the road your on
Runners until the race is run
Soldiers you've got to soldier on
Sometimes even right is wrong

Brittany lasciò la propria sedia e iniziò a volteggiare con grazia intorno a lui.

They are turning my head out
To see what I'm all about
Keeping my head down
To see what it feels like now
But I have no doubt
One day, were gonna get out

Tonight, maybe we're gonna run
Dreamin' of the Osaka sun

 
Osaka? Ma non siamo in Ohio? si chiese la ragazza, pur continando a ballare


Ohh, ohh, ohhh Dreamin' of when the morning comes

They are turning my head out
To see what I'm all about
Keeping my head down
To see what it feels like now
But I have no doubt
One day, the sun will come out


«Bravi!» esclamò Will dopo che Sam ebbe suonato l'ultimo accordo «Come vi è venuta l'idea per questa canzone?»
Il ragazzo sorrise, stringendosi nelle spalle «Ho pensato alla cosa che mi mancava di più»
Mercedes
«La luce del sole»

 

 

«Hey Puck»
«Sì?»
«Non trovi che Jesse sia... strano?»
«Nel senso che sembra uscito da Riccioli d'oro?»
«No. Nel senso che i suoi occhi...»
«Finn, no»
«...sembrano privi di ogni paura. Non è strano?»
«Vi guardate spesso negli occhi?» domandò Puck, acido.
Non quanto vorrei





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Capitolo terzo, in ritardo purtroppo.

La canzone di Sam è Lovers in Japan, dei Coldplay (è chi ha letto WRLIAPJAGOS mi perdoni se sono sempre loro).
Tutti coloro che hanno letto/recensito, tanto love.
mess

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Capitolo 4
*** Hiddentity ***


Ra-chel
Lunghi capelli biondi, occhi acquamarina, incarnato di porcellana e mani di pianista (ma non sa suonare il piano)
Scotofobica
Soffre di aritmia
Pessimo senso dell'equilibrio


Scarabocchiò quest'ultimo appunto sul primo pezzo di carta trovato in tasca, nel timore potesse sfuggirgli di mente.
Come se potessi dimenticare anche solo un particolare del nostro surreale incontro: il tuo lieve passo nell'oscurità, quasi temessi di rompere qualcosa, le tue labbra, bollenti e screpolate, sotto le mie dita, e - quant'è peggio - la tua totale ignoranza della poesia elisabettiana.
Oh Rachel.
La poesia elisabettiana.
Come fai a non conoscerla?

Solo due inverni prima, Jesse St James avrebbe giurato che Shakespeare fosse una specialità di Starbucks.
«Cosa stai leggendo di bello?»
«Ostello, o una roba del genere»
Allergico alla polvere, al silenzio e ai libri noiosi, era la prima volta che metteva piede nella biblioteca de Carmel High.
«Otello» sospirò Shelby «la tragedia della gelosia»
L'anello che portava al dito scintillò, crudele, e Jesse richiuse il libro con un tonfo.
 

Si dice che il modo migliore per nascondersi sia dimenticare ed essere dimenticati.
Non voglio che succeda anche a noi, Rachel.

Non puoi sfuggirmi, Rachel: tra noi due, tu sei la creatura (della notte), io il cacciatore, e sono sempre stato piuttosto bravo a nascondino.
Tre sono le dispense del rifugio A
Tre i modi in cui può andare l'amore (bene, male o così così)
Tre gli accordi che abbiamo sentito nel rispostiglio
Tre le volte che ho già ripetuto il tuo nome (hai fatto male a rivelarmelo, ora non faccio altro che ripeterlo)
Tre i libri in mano alla donna davanti a me
Tre i passi che fa nella mia direzione prima che ci scontriamo







«Oddio scusa, ti sei fatto male?»
Lunghi capelli biondi, mani pallide e affusolate.
Pessimo senso dell'equilibrio.

«Rachel»
«Strano nome per un ragazzo!» commentò, lievemente stupita.
«Ah ah, no... » rise lui, chinandosi per raccoglierle i libri «Rachel non è il mio nome, doveva essere il tuo»
«Invece sono Cassandra»
Nonostante avessero raccomandato più volte di non avventurarsi negli edifici crollati, e in ogni caso di portare con sè solo lo stretto indispensabile, il rifugio era pieno di quaderni di schizzi, ammaccati strumenti musicali, diari segreti, vecchi vinili, abiti fin troppo eleganti e lettere d'amore ripescate da un cassetto.
Il gioco "Cosa porteresti via in caso di incendio" lo conoscevano tutti, ma mai prima d'ora aveva avuto un'applicazione pratica. Cassandra, dal canto suo, non aveva estratto altro dalle macerie che un paio di libri.
«Poesia Vittoriana, analisi comparata?»
«Lo so... non è esattamente "indispensabile"»
«No, ti capisco. Anche io amo la letteratura inglese»
In realtà Cassandra, il giorno del disastro, aveva afferrato il primo libro a portata di mano, senza curarsi molto del titolo, tuttavia sorrise e disse «Stevenson, Carrol...puri geni»
«Davvero»
«Beh, è stato un piacere conoscerti» disse allontanandosi
Si trovava già a metà del corridoio quando Jesse urlò «Hey Cassie! Hai da fare stasera?»
Molto lentamente, lei si voltò e domandò, con un sorrisetto compiaciuto «E' un appuntamento?»
«Lo definirei più un invito a caccia»

Dopo aver mappato tutta la superficie del rifugio, disegnarono un'accurata tabella che classificava i soggetti per altezza, colore dei capelli e degli occhi, carnagione, malattie cardiache e, infine, nome:
Katherine Wilde possedeva le caratteristiche 1, 2 e 3 (ma aveva una voce troppo acuta e fastidiosa per essere Rachel), Brittany S. Pierce solo le caratteristiche 2 e 3, Rachel West la 1, la 3 e la 5, Amanda Stood la 2 e la 4.
Non solo nessuna di loro corrispondeva alla descrizione fornita dalla ragazza misteriosa - come la chiamava Cassie - ma nessuna di loro evitava di avvicinarsi alla choir room durante le prove del Glee, nessuna di loro fuggiva dalla musica con la stessa testarda disperazione di Rachel, nessuna di loro aveva la sua voce spezzata.
«Le cucine. Non abbiamo cercato nelle cucine»
«Jesse»
«Jesse, se ti ha mentito non vuole essere trovata»
«No»
«Jesse. Arrenditi»
«E il motto "Crederci sempre, arrendersi mai"?»
«Va bene per i talent show, o la Guerra delle torte, non per la vita vera. Lasciala in pace»
«Ma io l'amo»
«Andiamo, non l'hai nemmeno mai vista!»
«Non ne ho avuto bisogno»
«D'accordo» urlò lei, esasperata «fai quello che vuoi, va a cercare la tua ragazza misteriosa e sposatela, ma non chiedere il mio aiuto»
Jesse rimase un attimo stupito di fronte alla reazione di Cassandra, poi mormorò «Dovevo immaginare non avresti capito: passi il tempo a leggere poesie romantiche ma non sai nulla dell'amore»
Era la verità, ma Cassie non volle ascoltarla, e uscì dalla mensa sbattendo la forza tanto violentemente quanto avrebbe voluto farlo con la faccia di Jesse.



«Devo rivelarti un segreto» sussurrò Jesse quella sera, sporgendosi dal letto a castello per osservare la faccia del suo compagno di camera.
Stava mangiando qualcosa, patatine forse.
«Uh-uh. Un segreto del misterioso St James! Posso sentirmi lusingato?»
«Mi trovi misterioso?»
«I tuoi occhi sono... impenetrabili. Non riesco mai a capire cosa stai pensando. Hai presente le stanze degli interrogatori, da cui puoi essere visto ma non puoi vedere a tua volta? Ecco, mi sento così quando sto con te»
Vulnerabile, come se tu avessi avessi il coltello dalla parte del manico, e io non potessi nemmeno vederti.
Jesse rise «Forse hai guardato un po' troppo Law and Order»
«O forse sei misterioso»
«Ho conosciuto una ragazza» disse infine Jesse.
Finn quasi non soffocò col cibo «Mpm chi?»
«In realtà non lo so, eravamo al buio... mi ha detto di chiamarsi "Creatura della notte"»
«Ah, allora è Rachel! Era ossessionata da quel musical» ci pensò un attimo su ed aggiunse «Da tutti i musical, in realtà»
Ecco un punto fermo: Rachel è veramente il suo nome. Ma se amava così tanto i musical, perchè ora non riesce nemmeno a pronunciare la parola pianoforte senza tremare?
«Cosa le è successo? Sembra... perduta, ecco»
Finn scosse la testa
«Nessuno lo sa. Semplicemente è... cambiata, da quando siamo nel rifugio. Non sta più con i suoi amici, non viene più al Glee, non parla quasi con nessuno. E per Rachel è strano, lei parlava sempre»
«L'amavi, vero?»
«Si vede così tanto?»
Jesse non rispose.
Sapeva che l'amore era un visibile come i sintomi di una malattia grave - occhi pesti, sguardo assorto, inappetenza -, impossibile da nascondere, difficie da guarire.
«L'amavo moltissimo. Più di qualunque altra cosa» il suo sguardo si spense.
«E quindi perchè vi siete lasciati?»
«Avevamo ambizioni diverse. Sai, si dice che amore non sia guardarsi ma guardare nella stessa direzione. I suoi occhi erano accecati dalle luci di Broadway, i miei dall'esplosione di una granata»
Jesse avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma fu distratto da ciò che vide profilarsi sotto alla porta del loro dormitorio: un triangolo color carta da pacchi che si allargò fino a diventare un rettangolo.
Saltò giù dal letto a castello, e solo quando raccolse la cartelletta notò il post-it sopra di essa.
Forse non so nulla dell'amore, ma so come scassinare uno schedario.
Erano nomi, indirizzi, generalità di tutte le persone che si trovavano nel rifugio, corredati da fototessere.



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Sabato notte, due domande per voi: Cosa ne pensate della St July?
E' abbastanza IC, o come al solito mi sono lasciata trasportare?
E seconda-Cosa portereste con voi in caso di incendio?
Ho troppo sonno, non riesco a scrivere nemmeno delle note finali decenti: baci a tutti.
mess

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Capitolo 5
*** Wide aw(ache) ***



Jesse
Blaine
Both
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«Come si chiama Rachel di cognome?» domandò Jesse, facendo scivolare l'indice sull'inchiostro un po' sbiadito.
«Cosa?»
«Il cognome di Rachel»
«Berry... sì con la b»

Nome: Rachel Barbra Berry
Anni all'ingresso nel rifugio A: 18
Giorno di ingresso nel rifugio A: 13 novembre 2012
Residente a: Lima, Wallis street 24 (edificio crollato)

Segni particolari: nessuno
Malattie infettive: nessuna
Affidata a: William Shuester

Sebbene avesse appena scoperto la reale identità della creatura della notte, Jesse non sorrrise.
Quel nome - Shuester - poteva voler dire due cose: o Rachel si era sposata con tale Mr Berry (e questo avrebbe infranto il loro sogno d'amore), o aveva perso i genitori ed era sotto la custodia di un pazzo ossessionato dai glee club.
Entrambe le alternative non promettevano nulla di buono.

Estrasse dalla tasca la fototessera: mora, occhi scuri, carnagione olivastra.
Proprio come la ragazza seduta al tavolo davanti al loro, se non fosse per i capelli, nascosti da un cappello blu di lana.
«Chi è quella ragazza seduta da sola?»
«Quella? Un tempo era Rachel Berry, ego immenso, ma proporzionato al suo talento» ammise Tina
«Veramente credo che si chiami ancora Rachel...» puntualizzò Brittany
«Pessimo gusto nel vestire» le fece eco Kurt
«Pessimo senso dell'orientamento» aggiunse Tina
«Pessimo senso dell'equilibrio»
Brittany tentò di far rimanere in bilico sull'orlo del bicchiere due stuzzicadenti, senza riuscirci.
«Pessimo senso dell'umorismo» commentò Kurt
«Mediocre senso del ritmo»
«E il senso di colpa?» chiese Jesse, sarcastico
«Oh, sì. Melodrammatica, una vera Drama Queen. Non dimentica tanto facilmente i suoi errori, anzi, fa in modo di rimproverarseli giorno per giorno»
«Perfetto» disse «Vado a parlarle»
Così Jesse St James scelse la ragazza più sbagliata del rifugio A - quella che avrebbe potuto ferirlo più in profondità - e decise di salvarla.

«Hey, creature of the night, posso sedermi?»
Rachel annuì.
Basta che non canti.
«Non posso fare a meno di notare che sei sempre lontana dalla choir room, se così possiamo definire quella stanza dalle pareti di cartongesso...Non hanno abbastanza talento» indicò con un cenno un tavolo poco distante dal loro « O non apprezzi l'acustica di questo posto?»
«Non mi piace la musica» tagliò corto lei, fulminandolo con lo sguardo
«No. Non è vero»
Come puoi saperlo?
«Lo sguardo nei tuoi occhi, quando da lontano ti arriva l'eco di un'armonia a quattro voci o il timido accordo di un pianoforte dimenticato non è di fastidio, o ribrezzo. E' terrore. Ti nascondi dalla musica, come se non potesse raggiungerti, trovarti, sedurti»
Non può, infatti.
«Sembri il depliant di un conservatorio a luci rosse. Cosa ti dice il mio sguardo, ora?»
«Che sei spaventata. Te l'ho detto, riconosco la paura quando la vedo, la trovavo sempre negli occhi degli avversari quando ero nei Vocal Adrenaline»
Il passato, ancora una volta.
«Eri uno dei Vocal Adrenaline?» chiese in un sussurro
«Ti ricordi di me?»
«No»
Dovrei?
«Semplicemente ho sempre pensato che Vocal Adrenaline fosse un nome orribile. Non esiste l'adrenalina vocale»
«Se è per questo, le Nuove Direzioni sembrano un po' spaesate, qui nel rifugio»
Due tavoli più in là, Brittany chiese confusa perchè il riso non le mettesse allegria.
«Siamo sottoterra, è difficile orientarci»
«Mai sentito parlare delle talpe?»
«Sarebbe sarcasmo, questo?»
«In teoria...»
Lei sbuffò, spazientita «Lo vedi il corridoio oltre quella porta, St James? E' la mia prossima, nuova direzione»
E quella che era stata Rachel Berry fece una delle sue melodrammatiche, inopportune uscite di scena.

«E così sei rimasto solo soletto»
Jesse non ebbe bisogno di alzare lo sguardo: avrebbe riconosciuto fra mille quella sua vocina acuta e fastidiosa.
«Kurt, giusto?» gli fece segno di sedersi accanto a lui «Sai, i rifugi sono fuori dalla giurisdizione del distretto in cui si trovano: quindi, se teoricamente io ti uccidessi, non sarei perseguibile legalmente»
A parte per la velata minaccia, aveva ragione: sebbene il Piano di Costruzione del Sottomidwest fosse stato approvato e realizzato dal Pentagono, il governo statunitense se ne era rapidamente disinteressato. Nessun presidente desiderava una catastrofe naturale in campagna elettorale. Così i rifugi erano diventati dei non-luoghi, posti privi delle caratteristiche del mondo reale. Senza luce solare, senza nome, senza contatti con l'esterno, senza leggi, senza pace.
Kurt fu sul punto di dire qualcosa, ma Tina, temendo che il suo amato St James venisse coinvolto in una rissa che ne avrebbe certamente alterata la bellezza, lo trascinò via.

Will entrò nella stanza radioso, accompagnato da un ragazzo riccio e leggermente spaventato.
Kurt diede una gomitata alla ragazza accanto a sè, bisbigliando: «Moccassini senza calze e papillon giallo canarino? Gay gay gay sono gay!»
Tina soffocò una risata e rivolse lo sguardo al nuovo arrivato.
In effetti era vestito in modo abbastanza appariscente e non aveva un espressione molto sveglia, ma sembrava a posto.
Se non si consideravano i moccassini, ovvio.
«Ok, Glee Club! Un bell'applauso per un nuovo membro, Blaine Anderson, che ha spontaneamente deciso di unirsi a noi!»
«Veramente...» Blaine tentò di dire che Shuester l'aveva letteralmente pedinato e supplicato di partecipare al loro coro, ma poi ci ripensò.
Il gruppo esplose in un boato di gioia.
Ecco, ora ho veramente paura pensò il ragazzo
«Allora, Blaine, mi sembrava di aver capito che volevi presentarti agli altri con una canzone»
«Sì, av-»
«Signor Shuester, posso unirmi anch'io?»
La testa di St James fece capolino dalla porta.
«Ma certo Jesse, ne saremmo felici! Potreste cantare in duetto, se per te non è un problema»
Blaine scosse la testa e sorrise.
«Conosci Wide Awake?»

 


 I'm wide awake 

 

                                                     Yeah, I was in the dark
                                                      I was falling hard
                                                     With an open heart

 
I'm wide awake

                                                     How did I read the stars so wrong

                                                    I'm wide awake
And now it's clear to me
That everything you see
Ain't always what it seems

                                                    I'm wide awake
Yeah, I was dreaming for so long


I wish I knew then
What I know now
Wouldn't dive in
Wouldn't bow down
Gravity hurts
You made it so sweet
Till I woke up on
On the concrete

 

Falling from cloud nine
Crashing from the high
I'm letting go tonight
Falling from-

Fu un attimo.
Jesse che si scagliava sull'altro baciandolo con violenza, Blaine che non faceva nulla per fermarlo e lo avvicinava di più a sè.
Mentre la maggior parte del Glee manifestò il prorpio apprezzamento con gridolini e applausi, tutto quello che Kurt Hummel pensò fu Prendetevi una camera. O anche due, separate.
«Ok, ok, ragazzi, sembra che abbiate fatto amicizia!» mormorò Will, dividendoli.
I due si sedettero abbastanza distanti, pur continuando a divorarsi con gli occhi.
«Bello il vostro duetto» considerò il ragazzo seduto accanto a Blaine «Soprattutto il finale»
Il moro sorrise, radioso «Adoro Katy Perry. L'altra scelta sarebbe stata Blow me, di Pink»
«Perchè?»
Il moro si strinse nelle spalle «Per il titolo, credo. Mi sembrava adatto, in tempi di tornado»
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Ahahahah ma quanto mi piace ogni ship con jesse   la St Anderson!!
Scherzo, dubito che voi la apprezzerete quanto me, ma...
oggi mi dovete volere bene per forza, è il mio bortdei, anche detto (volgarmente) compleanno.
Adios cari.
mess

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Capitolo 6
*** Of cornflakes and scars ***


«Dì la verità, lo hai baciato solo perchè hai visto che ero interessato a lui?!» sbottò Kurt prendendolo per un braccio.
«Hey tesoro, non è che dato che sei gay tutti i ragazzi qui dentro sono di tua proprietà»
«Tu sei etero, Jesse»
«Probabilmente»
Poi sussurrò al suo orecchio, piano «Ma non mi precludo nulla»
Kurt si bloccò in mezzo al corridoio, ostacolando il flusso di ragazzi che uscivano dalla choir room.
«E' una minaccia?» gli domandò senza degnarlo di uno sguardo.
«E' una promessa» giurò Jesse.
I suoi occhi zaffiro seguirono Kurt allontanarsi rapidamente, rosso come un idrante, e dirigersi verso il dormitorio 2.
Per un attimo fu tentato di seguirlo nella sua camera, di chiudere a chiave la porta dietro di loro, di scorgere sul suo viso un'espressione di terrore e febbrile desiderio e di mantenere la parola data, ma scelse di non farlo.
Era solo questione di tempo e sarebbe stato Kurt a venire (da lui).
Non che Jesse ne fosse attratto, davvero: semplicemente amava essere amato.
Desiderato, cercato, sospirato.
In ogni modo possibile, lecito e meno lecito.


«Sapevo che ti avrei trovata qui»
Rachel era rannicchiata sul pavimento, intenta a comporre parole con i cornflakes.
«La tua capacità di nasconderti è pari solo a quella dell'insetto stecco» le disse, chidendo la porta dietro di sè.
«Devo prenderlo come un complimento?»
«Sì. Ti sai nascondere bene»
«Grazie. Mesi e mesi di pratica»
Jesse pensò che in realtà i rifugi erano stati aperti solo tre settimane prima, e che quindi Rachel non potesse essere lì da così tanti giorni: forse stava mentendo, più o meno consapevolmente, o forse la sua percezione del tempo era distorta dalla mancanza di luce solare, così che ogni mattina sembrava uguale alle precedenti. 
«Perchè mi stavi cercando?» domandò Rachel, allineando tutte le vocali rosa
Mi mancavano i tuoi occhi spaventati
«Mi mancava la tua completa mancanza di ironia»   
«Sappi che so essere molto divertente, quando voglio»
«Ma non vuoi»
«No. Non con chi insulta il nome del mio ex-Glee Club»
«Sono venuto per fare pace. Ho pensato che "Nuove Direzioni" è un nome forte, anche se sembra un cartello stradale»
«Anche "Vocal Adrenaline" non è male» ammise lei «nonostante assomigli al nome di uno sciroppo per la tosse, o ad una battuta di Scrubs»
«"INIETTATE AL PAZIENTE ALTRA ADRENALINA VOCALE, PRESTO!"» gridò Jesse, accigliato
«Sì, qualcosa del genere» rise Rachel


ROME
«Aspetta, aggiungi questa»
MORSE

REMORSE
«Da bambino confondevo sempre "Rimorso" e "Rimpianto", mi sembravano troppo simili. Mia madre mi spiegò che il "rimorso" è per aver ferito gli altri e il "rimpianto" è per non averlo fatto. Si sbagliava»
«E' una definizione riduttiv-»
«E' una definizione inesatta: si può anche far del male a se stessi, così come si può rimpiangere di non aver mai visto l'oceano o baciato una creatura della notte»
Rachel sorrise «Beh, questo lo puoi spuntare dall'elenco. Mi hai baciata, e a tradimento»
«I baci a tradimento sono più romantici»
«Io li considero... violazioni»
«Addirittura! Ti ho fatto così paura, Rachel, bacio così male?»
No, anzi
«Così così, cosiderato che eravamo al buio»
«Potrei riprovare»
«Pensi che i ripostigli siano abbastanza romantici?»
«Sì, sono misteriosi,» avvicinò la mano al suo viso «appartati» accarezzò quel buffo berretto di lana blu, pensando che ora quello sarebbe diventato il suo colore preferito «eccitanti»
«Cosa ci trovi di eccitante in latte di fagioli in scatola?»
«Il fatto che le belle ragazze possano inciampiarci, al buio»
«Ma allora il mistero sta nell'oscurità, non in ciò che nasconde»
Jesse scosse la testa «La luce è accesa, e io trovo questo posto sempre più affascinante: almeno posso vederti»
Iniziò a baciarla con dolcezza, per paura che quel gesto la spaventasse, come la spaventava il buio, la musica e i seguaci di High School Musical. Sospirò sfilandole il cappello «Rachel...»
Studiò con disappunto e rimorso i suoi capelli, ora cortissimi «non volevi davvero essere trovata»


Non lo voleva nemmeno Kurt, ma a differenza di Rachel non possedeva straordinarie capacità mimetiche, nè desiderava veramente studiare storia.
«Piacere, Blaine Anderson»
Sarebbe stato difficile dimenticare i suoi dolci occhi scuri «Lo so. Blaine-wide-awake»
«Cosa stai leggendo?»
«Un libro»
«Questo lo vedo»
«La biografia non autorizzata di Carlo Magno» rispose sbuffando
«Non è quel tipo che si fece incoronare la notte di Natale dell'800?»
«Appassionato di storia?»
«No...mi piace il Natale, e i numeri pari»
Anche Kurt amava il natale, i numeri pari e qualunque altra cosa Blaine avrebbe detto di amare, a parte le Crocs, forse.
Quindi sorrise e chiuse rapidamente il libro, facendogli posto accanto a sè.
Passarono la serata a discutere sull'esatta perfezione grafica di un otto, ottovolante in verticale, e sulla spigolosa scrittura del quattro: Blaine sosteneva assomigliasse ad una cicatrice, Kurt ad un fulmine.
«Forse possiamo trovare un compromesso»
Stava sussurrando, perchè stava sussurrando?
«Quale?»
«Potrebbe essere una cicatrice a forma di saetta»
Kurt annuì e prese l'evidenziatore rosso, con un sorrisetto malvagio.
«Posso?»
Gli scostò i ricci neri* dalla fronte e disegnò il taglio.
«Ecco, ora sei Il Prescelto, Il Ragazzo che è sopravvissuto»
Blaine sorrise e domandò «E tu, a cosa sei sopravvissuto?» 
L'altro ci pensò su, elencando mentalmente tutto il dolore che aveva subito
«Alla morte di mia madre, ad una caduta dalle Armadillo Shoes, ad un bullo omofobo e ad un tornado. E' sufficiente per definirmi "Salvato"?»
«Ho detto "sopravvissuto", non "salvato"» precisò Blaine
«C'è differenza?»
«Non sempre chi si salva sopravvive» spiegò «voglio dire... sei su un isola deserta, ti salvano, ma tornato a casa scopri che la tua alimentazione a sole noci di cocco ti ha danneggiato...non so, la trachea, in modo irreparabile. Sei stato salvato, ma non sopravviverai»
«Umh, un crossover fra Harry Potter, Lost e Grey's Anatomy. Harry Lost's Anatomy?»
«Mi piace come titolo»
«A me no» decretò Jesse St James alle loro spalle «Sembra una nuova, stupida versione dell'allegro chirurgo»
«Adoravo l'allegro chirurgo» borbottò Blaine, piano, ripensando a tutti i pomeriggi passati a giocarci con Cooper. Inutile dire che aveva sempre vinto suo fratello.
Jesse, senza che nessuno l'avesse invitato a farlo, si sedette davanti al moro, continuando ad ignorare Kurt.
«Cos'è successo alla tua fronte, B?» domandò Jesse, con quella voce bassa e sensuale che usava sempre, con lui «Un attacco di Voldemort?»
I suoi occhi. Guarda Blaine come se fosse una bistecca. E come se lui non fosse esattamente vegetariano.
«Ok, vi lascio soli» sbottò Kurt allontanandosi stizzito.
Possibile che quel St James si mettesse sempre in mezzo?



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Se vi fossi mancata sappiate che la scuola è l'ottavo segno che preannuncia l'apocalisse, brittany si è dimenticata di elencarlo, quindi causa compiti non ho potuto aggiornare.
Ma ora le belle notizie!
Lo sapevate che Jonathan cantava Burning Up nell'episodio Come Madonna? Non vorrei aver capito male, ma gira un video su youtube con la sua voce e immagini della st berry. Con questa lieta novella, auguri di palle di neve a tutti quanti, datoc he qui a milano nevica. baci

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Capitolo 7
*** In my place I felt out of place ***



Brittany, aiutata dai fratellini di Sam, aveva dipinto con dei pastelli a cera paesaggi lacustri, vallate e arcobaleni e li aveva attaccati alle pareti di cartongesso del rifugio per ricordare a tutti com'era il mondo, là fuori.
Ma sarebbe stato davvero così quando sarebbero usciti?

Tempere.
E matite, tubetti di maionese, bottigliette di tintura di iodio e gessetti colorati.
«Brit»
«Ciao Sammy. Mi piace il tuo nome, mi ricorda un film sulle tartarughe»
«Ehm, grazie»
Il ragazzo le si avvicinò cercando di evitare le latte di vernice sparse sul pavimento.
Ardua impresa.
«Cosa stai facendo?»
«Altri disegni. I tuoi fratellini mi hanno abbandonata»
«Traditori» sorrise dolcemente «Posso aiutarti io, se vuoi»
Brittany annuì e gli fece posto, porgendogli degli acquarelli piuttosto consumati.
«Cosa devo dipingere?»
«Quello che vuoi» poi ci ripensò e si corresse «Quello che vorresti e che non puoi avere. Non più»
Sam osservò i disegni di Brittany: soli, alberi, ragazze dai lunghi capelli neri e occhi di notte.
Santana
«Ti manca, vero?»
Lei non rispose e tornò al suo ritratto.
Poi disse a mezza voce «Non immagini quanto»
Forse invece poteva: quarantadue giorni prima, un grosso aereo bianco era decollato con il volo delle 11,35 da Port Columbus, Ohio, per atterrare nella assolata, e sicura, California.
Poco prima dell'imbarco, Mercedes gli aveva dato un fugace bacio e gli aveva sussurrato «Non sarà per sempre».
Ma si riferiva alla loro separazione, o alla loro storia?
Sam aveva quasi creduto di essere in una scena di Guardia del corpo, con la differenza che, nel film, Whitney scendeva dal velivolo.
Perchè l'amore trionfa sempre, o almeno in teoria.


«Jesse?»
«Sì Rachel?»
Ancora una volta, non riusciva a vederla - sembra quasi che lei e l'oscurità siano una cosa sola - ma era quasi sicuro che fosse seduta sul bordo del suo letto a castello, le gambe che ondeggiavano nel vuoto.
In effetti era surreale che, quasi ogni sera, Rachel si arrampicasse fin sul suo letto e dormisse abbracciata a lui, considerato il suo amore per la solitudine e la presenza del suo ex a pochi centimetri da loro.
«Ti ricordi ancora com'era prima?»
Capì subito a cosa si riferiva: il tempo, nel rifugio, non si divideva in ore o mesi, ma secondo la data spartiacque della Sepoltura, come la definivano i Sotterranei, o Chiusura delle porte del bunker, come la chiamavano tutti gli altri.
Così il compleanno di Tina, sebbene non se ne ricordasse nessuno, era stato cinque giorni D.S.(Dopo la Sepoltura), mentre il solstizio d'estate sette settimane A.S., secondo questo inusuale calendario.
Quindi "Prima" non poteva significare altro che "Prima di essere sepolti vivi".
«Sono passati solo ventotto giorni»
«Sembrano molti di più. Non mi ricordo più il colore degli armadietti, il numero di gradini davanti a casa, lo scricchiolio del palcoscenico dell'auditorium... Forse Brittany dipinge il mondo esterno per non dimenticarlo»
«Rachel»
«Raccontami di un posto che amavi, ti prego»
E Jesse le mentì, dicendole che amava trascorrere i pomeriggi in giardino, quando era sempre stato allergico al polline.
Le raccontò di tutte quelle volte che lui e sua sorella si erano arrampicati sul melo dei vicini e ne avevano mangiati decine di frutti, quando lui soffriva di vertigini e sua sorella non mangiava che insalata.
Le spiegò che ad agosto raccoglievano spighe e margherite per farne ghirlande e se ne adornavano i capelli, ma Rachel era troppo stanca per accorgersi che l'estate non era stagione per grano e fiori primaverili.
La voce del ragazzo l'accarezzava, come avrebbero fatto le sue mani, se solo ne avesse avuto il coraggio.
Per la prima volta da tempo innumerevole, ebbe la certezza che quella notte, grazie a Jesse St James, i suo sogni sarebbero stati a colori.

In my place, in my place
were lines lies that I couldn't change
I was lost, oh yeah


Jesse St James mentiva per abitudine.
Fin da piccolo, si era abituato a distorcere la realtà in base a chi si trovava di fronte, in modo da rispondere esattamente ciò che l'interlocutore si aspettava da lui.
Il suo colore preferito era cambiato tante volte quante gli avevano domandato quale fosse.
Giallo Argento Rosso carminio Verde Viola Azzurro Grigio antracite (nonostante ignorasse cosa fosse l'antracite).
Come riarrangiava le canzoni troppo monotone, o strappava le pagine dei libri di fiabe perchè La Sirenetta non si trasformasse in spuma - perchè non c'è niente di definitivo o irrimediabile - le sue parole erano un amalgama di lyrics, spot pubblicitari, poesie, titoli di libri... qualcunque cosa gli venisse in mente.
 
I was lost, I was lost
crossed lines i shouldn't have crossed
I was lost, oh yeah


Il confine che separava la fantasia dalla pura invenzione era troppo labile perchè Jesse si accorgesse di averlo da tempo oltrepassato.
Poteva raccontare a Rachel che tutti gli armadietti del Mc Kinley erano verdi a San Patrizio e azzurri il resto dell'anno, che sette erano i gradini davanti all'ingresso e che il palcoscenico era stato rinforzato grazie ad una sovvenzione governativa.
Poteva descriverle posti che non aveva mai visto e cantarle canzoni appena inventate, non avrebbe fatto del male a nessuno.
Ma quale sarebbe stato il prezzo da pagare?

yeah, how long must you wait for it?
yeah, how long must you pay for it?
yeah, how long must you wait for it?


Non riesco a dormire.
Rachel si è intrufolata nel nostro dormitorio anche stanotte, e ora posso sentirla sospirare e ridere nel letto sopra il mio.
E la cosa peggiore non è che lei stia baciando qualcun altro, ma che quel qualcuno sia Jesse.
Jesse occhi blu, Jesse l'acqua calda non basta per tutti e due se vuoi facciamo la doccia insieme, quel Jesse che ora sta sussurrando una canzone - In my place, credo - nonostante sia notte fonda.


I was scared, I was scared
tired and underprepared
but i'll wait for it


Sì,"impreparato" è la parola esatta.
Non si è mai preparati a tornado, invasioni aliene e compagni di stanza fin troppo perfetti.


Singin' please, please, please
come back and sing to me
to me, me
come on and sing it out, now, now
come on and sing it out,
to me, me
come back and sing


"Vieni e canta per me" la pregò Jesse, ma lei, addormentata, non poteva sentirlo.




........................................................................................................................................
Note a margine: la canzone, tanto per cambiare, è dei Colplay (in my place).

L' antracite credo sia una pietra, ho filmato di nascosto uno sconosciuto che assomigliava a Jonathan e temo sia illegale. pazienza.
baci a tutti quanti. (per il capitolo si ringraziano grofflicious per aver sempre usato il font lucida nel riportare le canzoni e avermi fatto capire che in effetti è il migliore, i lepricauni e nello specifico i loro cilindri verdi, tutte le dolcissime persone che hanno commentato).

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Capitolo 8
*** Charcoal ***



Non è molto bella.
La linea del carboncino la tratteggia appena, sfuma sulle sue labbra semi-aperte, si inclina nel disegnare un naso abbastanza importante, si spezza sulle sue ciglia nere.
E' un tratto un po' incerto, si vede che non è quello di un professionista; anzi, sembra che l'autore del ritratto abbia disegnato di fretta e senza molta luce.
Sono sbagliate le proporzioni delle mani, strette a pugno, e la testa, leggermente troppo grande, è inclinata in una posizione innaturale.
Nel complesso non è nulla di che, un disegno mediocre.
Ma non è il solo.
Decine di volti, tutti della stessa ragazza, ritratta sempre e solo addormentata.
O la modella soffre di narcolessia, o l'artista disegna di nascosto.
Conoscendo Jesse St James, probabilmente è la seconda delle opzioni.
Quel ragazzo bacia a tradimento, ritrae a tradimento, mente, inganna, minaccia e semina terrore, eppure tutti sembrano innamorati di lui, incredibilmente.
E questa Sbronza da St James deve finire, ora.

Con un respiro, Kurt richiude il quaderno, lo nasconde di nuovo sotto al cuscino e dà un'occhiata all'orologio.
17:28
Se tutti e tre i protagonisti del suo folle piano saranno puntuali e se l'improbabile chimica fra due di loro funzionerà, quel St James avrà ciò che si merita.


(Otto ore prima, cucine del rifugio)

«Scusa amore» esclamò non appena lo vide «E' da tanto che aspetti?»
Will scosse la testa «Mattinata impegnativa?»
«Non immagini quanto...» si lamentò Emma, sfilandosi la retina per capeli «abbiamo dovuto fare l'inventario delle provviste e sembra che un roditore abbia saccheggiato le scorte di cereali...Mi aiuti a toglierlo?»
Lui le disfece il fiocco del grembiule, ma prima che lei potesse allontanarsi le cinse la vita e la baciò.
Emma sorrise, stanca. Il suo sguardo, un tempo luminoso e allegro, era velato di un'impalpabile malinconia, come se la polvere sollevatasi nel crollo del loro appartamento le fosse rimasta nell'iride.
«Allora, come stanno i ragazzi?»
«Non so come aiutarli. Sembrano persi, cantano canzoni a caso, suonano strumenti malconci e-»
Ma lei non stava ascoltando, persa a cercare un modo, un modo qualsiasi, per rendere più felice la vita in quel seminterrato gigante.
«Il musical, ne fate uno tutti gli anni, no?»
«E quale?»
Aveva già la risposta «Il mago di Oz. Inizia con un tornado»

Così Will entrò nella choir room con aria trionfale, pronto a sventolare in faccia ai ragazzi gli spartiti del Mago di Oz, recuperati in un vecchio scatolone, ma trovò la stanza deserta.
Il sorriso gli morì sulle labbra, accompagnato dalla consapevolezza che si stava esaltando per dei pezzi di carta che probabilmente non avrebbero cambiato nulla.
«E' sempre qui, professore, sembra che ci viva, nell'aula canto!» commentò Puck alle sue spalle.
«Cercavo voi...ho avuto un'idea per il musical dell'anno!»
«Camp Rock?» domandò il ragazzo, speranzoso
«N-no, volevi fare quello?»
«Avrei avuto una scusa per non partecipare: non assomiglio a nessuno dei Jonas Brothers. E nemmeno a Demi Lovato»
Mi sembra chiaro
«Chi osa nominare Demi Lovato invano?!» sbottò Kurt.
Questo era il problema della choir room: tutti entravano senza bussare ed esclamavano qualcosa.
Come Finn, che arrivò qualche minuto domandando dove fosse il suo compagno di stanza*.
O Blaine, che fece una piroetta canticchiando Part of me.
O Tina, che come al solito mormorò un rapido saluto e corse al proprio sgabello.
O Jesse.
Lui però non parlava molto, limitandosi a fissare Blaine in modo ben poco innocente.


«A che gioco stai giocando?» gli domandò Kurt fingendo indifferenza.
«Non mi sembra di averti detto che questo posto era libero...» considerò Jesse, visibilmente infastidito «Ma se proprio non riesci a star lontano da me, guarda»
Gli porse un quadernetto dalla copertina rigida, di colore scuro, forse la sua agenda.
O la sua lista nera, conoscendolo.
Invece la pagina era coperta di trattini, lettere e personaggi con delle strane X al posto degli occhi.
L'impiccato. Quel ragazzo stava giocando all'impiccato da solo.
Kurt non riusciva a decidere se fosse più inquietante il fatto che non indovinasse le parole al primo colpo, o che l'omino magro sulla forca gli assomigliasse terribilmente.
«Sai a cosa mi riferisco» sibilò mentre gli restituiva bruscamente il quaderno.
Gli avrebbe volentieri spiegato che detestava i suoi morbidi ricci scuri che dolcemente gli ricadevano sulla fronte, quel suo modo di fare arrogante e spocchioso, lo sguardo esplicito che riservava a Blaine e quello supponente con cui squadrava tutti gli altri, ma Will li interruppe.
«Allora, assegnazione delle parti: Brittany, per te avevo pensato a Dorothy, siete entrambe belle, bionde e brave; l'uomo di latta, Blaine, lo spaventapasseri...Ok, Sam, lo fai tu! E il leone codardo? Va bene, Finn?»
Il ragazzo annuì, mentre Kurt alzò la mano con fare teatrale.
«E noi, professore?» indicò Tina, Jesse, Puck e, naturalmente, se stesso.
Will Shuester annotò mentalmente: 
cercare musical con molti ruoli da protagonista, tipo Chorus Line. Peccato che qui qualcuno non sappia ballare.
«Ehm, c'è ancora la parte del Mago» suggerì debolmente.
«Potrei farlo io»
Come Kurt aveva imparato, la voce di Jesse St James sapeva essere molto persuasiva.
Così, quando propose di dirigersi tutti in mensa intonando "Over the rainbow", tutti acconsentirono con entusiasmo, nonostante fosse un'idea del tutto idiota.

Hey, ma io quel berretto blu lo conosco
«Rach, amore, mangi con noi oggi?» le sussurrò Jesse dolcemente
«Non mi avevi mai chiamata "amore", prima»
«Non me ne ero mai reso conto» le rispose lui, prendendola per mano, ben attento a non farsi vedere dagli altri «Ma ora, in piena luce» ne studiò gli occhi scuri, la fronte alta «posso confermare: sei proprio un amore»
Rachel, sbuffando appena, cambiò discorso domandando «"Mangi con noi" significa con voi Wildcats canterini?»
Jesse provò a scuotere la testa, ma un intero Glee Club che intonava disordinatamente "and wake up where the clouds are far behind" non era facile da nascondere.
«Ragazzi, gioco del silenzio» intimò «Tre due uno»
Nell'istante in cui il gruppo di canto corale ammutolì, lui fu certo di vedere una parvenza di insorgenza di riconoscenza negli occhi di Rachel. E si rammentò improvvisamente di dover restituire il Rimario Vittoriano Tascabile a Cassandra.

Troppo occupato a ricordare dove aveva messo il libro, a tenere la mano a Rachel sotto il tavolo, a lanciare occhiate a Blaine e a sorridere dolcemente a Finn, Jesse non si rese conto che, poco distante da lui, qualcuno (nello specifico il suo nemico mortale) stava tramando nell'ombra.

Ha baciato Blaine solo perchè ha visto che ero interessato a lui.
Ha ottenuto la parte del Mago solo perchè la volevo io.
La sua strategia è piuttosto semplice, dopotutto: individua ciò a cui tengo di più e fa in modo di portarmelo via.

Kurt lanciò un'occhiata di sbieco al tavolo accanto al suo, nella speranza di vedere Jesse strozzarsi col cibo, proprio in quell'istante, per un fortuito caso della sorte.
Non assistette ad alcun decesso, con suo grande rammarico, ma notò l'equivoca vicinanza fra il seduttore St James e l'asociale Rachel, le loro mani non visibili, i loro eloquenti sorrisi.
Si avvicinò loro con nonchalance, fece qualche commento sul berretto blu di lei e un certo Mc Queen, che si sarebbe "rivoltato nella tomba, se solo lo avesse visto", e si sedette accanto a loro.
«Sempre indesiderato e difficile da debellare: sei come un herpes, Kurt» commentò Jesse, senza nemmeno guardarlo in faccia
«Buongiorno anche a te Jes-Ma quella è Barbra Streisand!» urlò indicando un punto imprecisato dietro di loro
Non appena i due ragazzi, che insieme facevano giusto un paio di neuroni, di voltarono domandando "Dove?! dove?", Kurt infilò la mano nel borsone di Jesse e ne estrasse il taccuino nero; per poi mormorare, mellifluo, «Mi sono sbagliato. Era Puck»
«Non si scherza con Barbra!» lo rimproverarono loro all'unisono, scoppiando a ridere.
«Mi viene da vomitare, sembrate usciti da una rom-com» si lamentò mentre riprendeva al vassoio e tornava al suo vecchio tavolo.
Bene, St James. Vediamo cosa nascondi: poesie d'amore, un diario segreto, lista delle cose da fare prima di morire, un death note.
No. Ritratti di Rachel.
Il suo punto debole.
«Ah, Blaine» eclamò vedendolo avvicinarsi «Proprio te cercavo. Jesse sarà in aula canto alle cinque e mezza. Io non me lo farei sfuggire.



Aula canto. 5:30 pm. Tuo Jesse
Rachel stringeva tanto forte quel pezzo di carta da averlo ormai sgualcito.
Corri Rachel, non arrivare in ritardo anche stavolta, come oggi a pranzo.
Dev'essere stato in quel momento che Jesse ti ha nascosto il bigliettino nella tasca della felpa.



Aula canto 5:25 pm.
Jesse St James trovò il biglietto per caso, rovistando nelle tasche del giubbotto alla ricerca del Rimario di Cassandra, che tra parentesi continuava a non farsi trovare, e capì immediatamente che proveniva da Rachel.
Aula canto, che strano pensò Jesse lei odia quel posto, fa sempre in modo di starne il più lontano possibile!
Ma forse... forse ha cambiato idea e vuole cantare un duetto romantico!


«Blaine» mormorò Jesse, senza nemmeno tentare di mascherare la sua delusione, non appena raggiunse la choir room.
Si rese conto di aver dato per scontato che il biglietto fosse di Rachel, forse perchè lei era il suo unico pensiero ultimamente, se si escludevano l'odio per Kurt e le rime obsolete.
L'altro aveva passato l'ultima mezzora misurando la stanza a lunghi passi, "lunghi" sempre considerando il suo formato tascabile, nella logorante attesa tipica degli innamorati. Finse di essere capitato lì per caso, mormorò qualcosa riguardo al pranzo, infine domandò velocemente «Cosa succede fra noi?»
«In che senso?»
«La settimana scorsa mi hai baciato durante il duetto, ma poi non mi hai più rivolto la parola... mi fissavi e basta»
E' innamorato di me. Kurt ne sarà felice.
«Devo ammettere che non è stato facile fingere di ascoltare Shuester ed evitare di riprendere dov'eravamo rimasti...»
«E dov'è che eravamo rimasti, di preciso?»
«Non è facile da spiegare» Jesse si avvicinò piano alla sgabello su cui era seduto, si inginocchiò davanti a lui, ormai poteva percepire il respiro dell'altro sulla sua pelle «preferisco fartelo vedere»
Blaine Anderson chiudeva sempre gli occhi, durante i baci: gli sembrava più romantico, come se per un'istante il mondo scomparisse e rimanessero solo lui e l'altro. Forse fu per questo che non si accorse di un'attonita Rachel dietro di loro, o forse fu perchè non gliene importava, o ancora perchè gli mancavano un paio di diottrie.




*il compagno di stanza di finn è jesse, nel caso lo abbiate dimenticato. E il titolo Charcoal significa carboncino.
Questo capitolo è un completo mess, anche definito disastro,ma meglio di così non riesco a riscriverlo.
Buon anno nuovo, tesori (tutti quanti, ma in particolare una certa Tatiana, così, a caso).

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Capitolo 9
*** A letter, but does it really matter? ***



«"JESSE ST JAMES": la prima cosa che vi viene in mente»
«Occhi azzurro cielo» sussurrò in fretta Finn
«Voce calda e musicale» sospirò Tina
«Ricci sospetti?» propose Puck
Kurt scosse la testa, spazientito «No, no e...no! La risposta esatta è ETERO, E-TE-RO!» urlò disegnando alla lavagna un arcobaleno e tracciandovi sopra una gigantesca X.
«Ok... dov'è il problema?»
«Il problema, caro Sam, è che solo poche settimane fa è saltato addosso a Blaine!»
«Ah, ecco. Allora è Blaine il problema»

«Problema Blaine!»
«Cosa scusa?»
«Volevo dire... Caro Blaine!»
«Finn»
«Perchè non sei venuto al glee, oggi?»
Perchè ho una vita sociale e interessi che vanno ben oltre il canto coreografato.
«Avevo da fare»
«Con Jesse?»
«Non sono affari tuoi»
Tutto che ciò che riguarda Jesse è decisamente affar mio.



                                                                                8-0-8-0-8-0-8-0-8


Cara Rachel,
se stai leggendo queste parole significa che hai aperto la lettera, e per questo ti ringrazio e ti amo, anche se ti amerei comun
non c'è una vera ragione per cui ti sto scrivendo una lettera, inginocchiato davanti alla dispensa 4b, la tua preferita, invece di forzare la porta (l'hai chiusa a chiave, vero? Ma dove hai trovato le chiavi, Rach? Una dispensa si può chiudere dal di dentro?) e parlare con te. Suppongo sia perchè è più facile  confessare i propri errori ad un pezzo di carta, che mormorarli alla persona che ami, con l'elevato rischio di incespicarsi e balbettare perchè ci si è persi nei suoi grandi occhi neri.
E' tutta colpa di Cassa
ndra, ovviamente, e della poesia vittoriana, che ormai è una costante nella nostra storia.
In realtà la citazione di Shakespeare è teatro elisabettiano ma dubito che tu noti la differenza.
Oscar Wilde una volta ha detto: «Scelgo gli amici per la bellezza, i conoscenti per il buon carattere e i nemici per l'intelligenza».
E' una frase molto arguta, la classica citazione che amo sfoderare nelle cene con gli amici, o quando voglio fare colpo su una ragazza, ma non l'ho mai trovata veritiera: i conoscenti vanno scelti per le doti canore, non per le qualità etiche! Non uscivo con Giselle perchè era intelligente o estroversa o sapeva preparare i pancake, ma perchè la sua interpretazione di Show must go on mi aveva lasciato senza fiato.
Per quanto riguarda i nemici... diciamo che non ne ho mai avuti, ho sempre preferito assecondarli e allontanarmene.
Questa mattina, tuttavia, ho capito che almeno la prima parte dell'affermazione di Wilde potrebbe essere vera non appena ho scorto Cassandra: era seduta sul letto, stava accarezzando il suo gatto. E' tutto nero, dovresti vederlo, sembra appena uscito da un comignolo... Era bellissima. Indossava una maglia nera, piuttosto larga, tanto da lasciarle la spalla destra scoperta. Proprio sopra il cuore (aspetta, forse il cuore è a sinistra. Allora era la spalla sinistra) era tatuata una farfallina, nera anch'essa.
Ma questo non ti interessa, immagino.
Mi sono seduto accanto a lei, e ho sussurrato
«L'ho persa».
«Adoro che tu dia  sempre per scontato il mio interesse...Inoltre non riesco neanche ad immaginare a chi ti riferisca»

Ero un po' spiazzato, nel sentire quella domanda, e devo averle risposto qualcosa come «A Rachel! L'unica a cui i miei pensieri sono rivolti»
Lei mi ha rivolto uno sguardo di dolore - sì, Rachel, proprio dolore - e io ho aggiunto «insieme a te, naturalmente»
Non volevo ferirla, davvero. Di solito tutte le miei risposte sono ponderate e ragionate, in modo tale da corrispondere esattamente a quello che l'interlocutore vorrebbe sentire (no, non è mentire, Rachel, non lo definirei così) ma l'amore mi rende disattento e imbranato, e le ho detto la prima cosa che mi passava per la testa. Ovvero, tanto per cambiare, il tuo nome.
Rach-el. Forse non si scandisce così, forse la pausa è prima della c, ma non mi importa: in questo modo non solo ti ho trovato un nuovo soprannome (dato che Creature of the night non ti piaceva poi tanto) ma ti ho fatto anche discendere dall'illustre casata degli El. Kal-el; Jor-el. Come in Smallville.
Cassandra mi ha detto di sapere cosa mi avrebbe fatto sentire meglio, così io le ho domandato «Un sonetto?» lei ha riso e ha esclamato «N-no! Ma perchè parliamo sempre e solo di poesie, io e te?!». Una ragione non c'è in effetti.
«Una tabella: quando dovevamo trovare Rachel ci è servita, magari riusciamo a farla tornare da te»
Sono stanco, Rach, te la lascio scivolare dentro la busta perchè mi sembra stupido ricopiarla.

Operazione St Berry (*«Cassie, ma è un nome orribile, sembra una marca di alcolici... la St Berry Beer» «Mia la tabella, mio il titolo»)
-Ritrovare Rachel
-Portare con sè fiori o cioccolatini
-Scusarsi in rima
(*«Sul serio, Jesse? Cancella. Cancella!»)
-Lasciare Blaine

Ma questo è quello che farebbe Hugh Grant in una commedia romantica - non che io guardi commedie romantiche.
Jesse St James sarebbe sincero, almeno per una volta.
Vorrei poterti spiegare il motivo per cui ho dovuto baciare Blaine, ma temo che se le lo facessi perderei ogni chance di ottenere il tuo perdono. Tuttavia Cassie dice che dovrei dirti la verità (*even if it hurts ha canticchiato. Ha una voce splendida, dovresti sentirla) quindi... Blaine non ha più valore, per me, di un coltellino svizzero, che condivide con lui la stessa funzione: ferire gli altri. Ho baciato quel ragazzo solo per fare del male a Kurt, non mi importa di lui, nè di nessun altro.
Solo di te, Rach.
Se non potrai perdonarmi - come biasimarti? - almeno ti prego di dimenticarmi.
Forget, but not forgive dicono i Coldplay. Ascoltali (rientrano nella categoria "musica", per te?), ascoltami.
Dimenticami.

Per sempre tuo,
Jesse



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*Even i it hurts è una frase di Dark side
*Forget but not forgive (and you belong with me) è una frase di Swallowed in the sea
*La greca 8-0-8 è per "l'esatta perfezione grafica dei numeri", citando Blaine.
*Ogni riferimento alla casata degli -El è definibile "di nicchia", quindi non sentitevi in colpa se non l'avete capito.

Fine delle note, inizio della vita personale (se mai vi importasse): ieri, per la prima volta, ho detto al mio amore platonico qualcosa di diverso dal "ciao". "Mi sono persa" gli ho detto, ma in realtà per me significava "Mi sono persa, tu hai sempre lo sguardo perso, vorrà mai dire qualcosa?"
Baci, tesori.



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Capitolo 10
*** O holy night/Mermaids ***


Cosa si può preparare con quattro patate, cereali alla crusca e salsa di pomodoro, un aiuto-cuoco dagli occhi verdi e una notte di gennaio?
Il famoso pasticcio-alla-Anderson.
«Il nome è rassicurante» commentò Kurt annoiato, fissando la scatola di cornflakes con uno sguardo vitreo.
«Ti assicurò che sarà buonissimo, è una ricetta di famiglia, tramandata di generazioni in generazioni»
«Addirittura?»
«Secondo la leggenda, un giorno, il bisnonno Lord Stephen Anderson, nel marzo del 1647, si ritrovò nella dispensa solo patate, cereali e pomodorini. Era disperato, non aveva mai messo piede in cucina in vita sua, era sempre stato compito dei domestici, che avevano lasciato la casa dopo aver scoperto di un'invasione di coccinelle...Ma il punto è che non sapeva proprio come fare. Così unì a caso gli ingredienti e ne venne fuori il prelibato pasticcio-alla-Anderson»
Li ha uniti A CASO.
«Non ci credo»
«Cosa?!»
«I cereali, Blaine. Sono stati inventati alla fine dell'800»
L'altro rimase a fissarlo per un attimo, con un'espressione fra il dubbioso e il sospettoso dipinta sul volto. «Cooper mi aveva assicurato fosse vera...» brontolò, sedendosi di fronte a lui, restio ad abbandonare la ricetta e ad accontentarsi degli avanzi del pranzo.
Cooper.
Chi diavolo è questo Cooper?

Il suo cane, la sua auto sportiva, il suo ragazzo (sempre ammesso che fosse gay)?
«Non ti svelerò mai la mia ricetta segreta» continuò imperterrito Blaine, che sembrava non voler rinunciare al pasticcio-alla-Anderson senza lottare.
«Non so niente su di te» lo interruppe Kurt, con lo sguardo perso nel vuoto
«Andiamo! Come sei melodrammtico, ho detto solo che n-»
«Davvero. Parliamo sempre di questioni metafisiche o esistenziali, ma di te so solo che ami i numeri pari, la storia carolingia, le feste commerciali e le serie tv. Punto»
«Cos'altro vorresti conoscere?»
«Il tuo nome»
«Questa è facile: Blaine Anderson»
«Intendevo il tuo vero nome»
Come faceva a saperlo?
«Devon B. Anderson»
Kurt sorrise, vittorioso, ed iniziò a pelare, con un'innaturale lentezza, una delle patate.
«Età?»
«Diciassette anni»
«E da quanto tempo hai diciassette anni?» la voce di Kurt si fece stranamente più bassa.
«Un paio di mesi, perchè?»
nformazione-utile-per-sedurlo n.1
Non guarda teen-movies, non legge Stepheny Meyer.

«Colore preferito e motivo»
«Devo dare una spiegazione alle mie scelte cromatiche?»
Kurt squadrò le sue bretelle rosa confetto abbinate al papillon grigio topo e ai moccassini azzurri, e preferì non aggiungere altro.
Blaine, nonostante la scarsa luminosità dell'ambiente e l'incipiente miopia, dovette notare la sua espressione disgustata, perchè si affrettò ad aggiungere «OOOk, dico arancione, perchè mi ricorda Halloween»
Fra mille colori il più improbabile
«Piatto preferito?»
«Cibo spazzatura»
«Oh no»
«Oh sì»
«Fiammifero o caminetto?»
«La seconda»
«Caffè o cappuccino?»
«La seconda»
«Canarino o usignolo?»
«La seconda» sfoderò il suo miglior sorriso e declamò «"Usignolo una volta, usignolo per sempre"»
«Non voglio nemmeno sapere cosa significa. Pasta o pizza?»
«La seconda»
«Concerto o serenata?»
«La seconda»
«Si è rotto il disco, Blaine?»
«Sei tu che mi fai le domande»
«Se fossi un movivento saresti?»
«Una caduta»
«Se fossi un fiore?»
«Margherita credo, ma che domanda è?»
«Se fossi una canzone?»
«Una che abbia "amore" nel titolo»
«Sta cercando di sedurmi, signor Anderson?»
L'aveva detto davvero.
E ora Blaine lo guardava con aria interrogativa.
Meglio passare al prossimo quesito.
«A nascondino cerchi o fuggi?»
«A nascondino o in amore?»
Niente, doveva per forza mettere la parola "amore" nella maggior parte delle sue frasi.
«Ho detto "a nascondino", rispondi alla domanda»
«Allora... cerco. E trovo»
Questo è da vedere.
«Se avessi un superpotere sarebbe?»
«Vista a raggi x. O cuore a microonde, sono indeciso»
Kurt non riuscì a soffocare una risata.
«Usi sempre tutte queste parole zuccherose, "sole", "cuore", "amore"?»
Non voleva conoscere davvero la risposta, perchè se fosse stata affermativa si sarebbe innamorato di Blaine Anderson, se fosse stata negativa si sarebbe innamorato di Blaine Anderson.
Non era solo fisicamente attraente, nonostante il pessimo gusto nel vestire, ma anche dolce, divertente, romantico, e, soprattutto, perdutamente perso di un etero.
«"Gli opposti di attraggono" o "chi si assomiglia si piglia"?»
Quando Blaine, distogliendo lo sguardo, mormorò di aver imparato che gli opposti possono solo ferirsi e respingersi (non aveva mai giocato al Geomag, chiaramente), l'altro domandò «Esperienza personale?»
«No»
«Stai mentendo e non serve. Se non me ne vuoi parlare passo alla prossima domanda, non importa»
«No, va bene. Esperienza personale»
«Racconta sono gelos-, sono curioso! Come  finita tra voi?»
«Forse non è nemmeno mai cominciata» sospirò Blaine
Fece meno male di quanto si aspettasse.
La sua voce si incrinò appena quando gli descrisse Sebastian e i suoi occhi verdi, le loro uscite alle mostre d'arte e ai concerti di musica classica, lui che puntualmente si addormentava a metà e l'altro che lo svegliava con un bacio, i film d'autore che non riusciva a capire nemmeno leggendo in anticipo la trama su Wikipedia, le degustazioni in enoteca e il sapore dell'alcool sulle sue labbra.
Gli disse che in realtà non stavano propriamente insieme - non c'erano anelli, nè promesse. Era tutto molto "informale", mormorò, e Kurt non potè fare a meno di pensare alla moda maschile, in cui "informale" era un eufemismo per dire "sciatto".
Questa "Seblaine" era come una brutta collezione di Stella Mc Cartney.
«...a volte ho davvero creduto di essere innamorato di lui, ma mi sbagliavo. Eravamo troppo diversi: lui viveva la vita come veniva, io programmavo le nostre uscite del mese successivo, lui prendeva tutto come fosse uno scherzo, io fin troppo seriamente»
«E due come voi cosa avevano in comune?!»
La passione per il vino rosso e per gli effetti che ha sulle persone pensò Blaine
«L'amore per la musica» mentì
«Quindi Beatles o Rolling stones?»
«Katy Perry»
«Non è una risposta contemplata. Devo dedurre che preferisci il pop commerciale ai mostri sacri del rock?»
«Deduci quello che vuoi»
«Gli americani sono stati sulla luna»
«Vero»
«La lacca provoca il buco dell'ozono»
«Vero»
«Il gel provoca il riscaldamento globale»
«Davvero divertente»
«Nella storia originale, la Sirenetta muore»
«Dimmi che è falso, ti prego»
Scosse il capo.
«Il bacio con Jesse, era reale?»
Ma Blaine diede la risposta sbagliata «Più di quanto immagini» mormorò facendo scivolare l'indice sull'orlo del bicchiere.


 

Ormai me ne sono fatto una ragione: soffro d'insonnia, punto.
Posso anche passare ore a contare le pecore o le doghe del letto sopra il mio, ma non riuscirò ad addormentarmi fino a notte fonda.
Bene, così domani mattina avrò delle occhiaie terribili, Jesse non potrà che notarle e prendermi in giro con quel suo tono sprezzante e sincero, quel tono che riserva solo a me, perchè sa che gli perdonerei tutto.
Le sue continue allusioni, la sua abitudine di svegliarmi nel cuore della notte per chiedermi se sono felice, i baci che da platealmente a Blaine.
Quei pomeriggi in cui il suo unico interesse sono squadre, goniometri e una certa Cassandra, lo stato di assoluto disordine in cui tiene il nostro dormitorio, la sua innaturale bellezza.
Potrei perdonargli tutto, ma non queste lacrime.
Le soffoca nel cuscino, cerca di farle passare inosservate dicendo di avere qualcosa nell'occhio o di soffrire di allergia. Ma sta mentendo, come al solito.
Piange per Rachel, credo.
Non posso più vederlo in questo stato. Scosto il lenzuolo e faticosamente mi alzo, salgo la fredda scala a pioli e mi siedo ai piedi del suo letto.
«Chi sei?» mi chiede con una voce un po' stridula
«Io sciocchino! Chi altri poteva essere?»
Mi pento della domanda un attimo dopo averla formulata: Rachel, sperava fosse Rachel.
Lui scuote la testa e mi afferra per il pigiama, tirandomi a sè.
«Abbracciami» mi implora
Dalle canzoni ho imparato che si può rimanere chiusi fuori dal paradiso (oh yeah yeah yeah yeah) o intravederlo tra le luci del cruscotto. Ma il vero paradiso è lì, fra le sue braccia.
Allontanarmene sembra quasi impossibile, ma è notte fonda e non vorrei davvero addormentarmi abbracciato a lui.
O meglio, lo vorrei. E' questo il problema.




«Jesse?»
«Sì, Rachel?»
«Raccontami una storia, non riesco a dormire»
«Che tipo di storia?»
«Quella che vuoi, una sul mondo là fuori, su come era prima»
«C'era una volta l'ammiraglio St James»
«Bel nome»
«Lo so» iniziò ad accarezzarle dolcemente i capelli, piano, nel timore che quell'improvviso contatto la turbasse.
Non accadde: Rachel rimase immobile.
«L'ammiraglio St James aveva visto tutto il mondo allora conosciuto. Aveva solcato mari infiniti guidato solo da stelle cadenti e asteroidi smarriti, in mezzo a tempeste di sabbia aveva perso la via di casa e non l'aveva più ritrovata. Era stato in Paesi dove non sorgeva mai il sole e gli abitanti andavano in giro con grosse lanterne e inciampavano continuamente, in vallate ricoperte da funghi canterini e fiori bellissimi e mortali-»
«Come l'amore» lo interruppe Rachel in un sussurro, con lo sguardo perso nel vuoto.
Lui scosse la testa, sebbene lei al buio non potesse vederlo «L'amore salva, non uccide»
Silenzio.
Solo oscurità e silenzio, intorno a loro.
«Come puoi saperlo con certezza? Ti sembra di essere al sicuro, ti senti salvo, ora?»
«Mi stai chiedendo se è amore, questo?»
«Sì»
«Per me lo è. Non mi può accadere nulla di male, adesso»
Rimasero in silenzio per delle ore, forse. E quando Jesse credette che ormai si fosse addormentata, con o senza il suo racconto, una voce nel buio lo smentì.
«Come finisce la storia?»
«Con un naufragio. La nave dell'ammiraglio St James si inabissa nell'oceano»
«Amen»
Jesse sbuffò «Ma lui non muore. Una bellissima sirena lo salva, facendo un patto con la malvagia strega del mare, Ursula, che in cambio chiede la sua voce»
«E' una storia orribile, non le sai raccontare. Le sirene cantano, non possono essere mute»
«Mai vista La Sirenetta?»
Rachel sospirò e chiuse gli occhi «Sei un imbroglione, St James, lo sapevo che la tua storia era un plagio»











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Precisazioni necessarie:
1. La seblaine, per me, è reale solo se drunk. O almeno se blaine è drunk, punto.
2: Questo font io lo adoro, ma temo che non sia molto leggibile, quindi fatemi sapere se è proprio incomprensibile (e lo so che grofflicious urlerà Georgia, Georgia!)
3: Chiunque abbia piacere a rispondere a parte dell'interrogatorio di Kurt può farlo, naturalmente. Sarei felice di sapere che movimento sareste.
4: Vi amo, baci  a tutti <3


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Capitolo 11
*** Will you surrender? ***


«Sei tornata. Se fossi un essere meschino e senza cuore ti direi che questo mi è assolutamente indifferente, non amandoti, e che addirittura senza di te io abbia dormito molto meglio, perchè non avevo nessuno abbracciato a me. Tuttavia ti ho scritto una lettera terribilmente romantica che mi smaschererebbe all'istante, quindi è inutile fingere che non sia felice di vederti qui, Rach»
Lei brontolò qualcosa tipo "ma lo sai che ore sono?" e nascose la testa sotto al cuscino, comprendendo finalmente perchè Finn avesse sempre quell'aria stanca.
Non lo lascia dormire
Jesse scosse la testa e estrasse il quadernetto dalla borsa, che aveva legato come meglio poteva alla scaletta di metallo che congiungeva il suo letto a quello del compagno di stanza.
Con un sospiro lo aprì ad una delle poche pagine rimaste bianche e affilò la punta del carboncino, deciso a non desistere di fronte alla sua scarsa abilità artistica.
Per quanto mi ostini a ritrarla al meglio delle mie possibilità, dovrei arrendermi all'evidenza ed accettare il fatto che non so disegnare, nè mai imparerò.
Non possiedo la pazienza necessaria a fissare una persona per ore per poi abbozzarne appena l'ovale del viso, nè la precisione nel dipingerne realisticamente i lineamenti.
E anche qualora diventassi il miglior artista sulla faccia della Terra, non riuscirò mai a rappresentare il timido sorriso che si può scorgere sulle sue labbra senza congratularmi con me stesso per essere la causa di quel sorriso.
O Rach.
Stai sorridendo.

Dopo pochi minuti, con visibile soddisfazione, stava già mostrando il ritratto ad una Rachel ancora addormentata «Il mio ultimo capolavoro!»
Lei si stropicciò gli occhi e lo osservò meglio.
Niente da fare, era sempre uno dei disegni più brutti che avesse mai visto, peggio del maiale-clown attaccato al frigorifero di Shelby.
«E' carino» mentì «E poi ci sei anche tu»
Per una volta la ragazza ritratta non era addormentata.
Giaceva su un fianco, appena coperta da un lenzuolo evidentemente troppo corto, e i suoi capelli, disordinatamente sciolti sul cuscino, erano accarezzati dolcemente dal ragazzo disteso accanto a lei.
«E' il mio preferito» ammise Jesse «E non perchè l'innaturale bellezza del soggetto maschile - come certamente stai pensando - ma perchè credo che sia così che dovrebbe essere. Io e te. Insieme, nei ritratti, nelle mie tabelle, nella realtà»
Rachel non si fermò nemmeno a riflettere sul significato di quelle parole: erano state pronunciate con il tono più dolce che aveva sentito da quando era entrata nel rifugio, simile a quello che un tempo usava Finn, poco prima di baciarla, o Hiram, sussurrandole "buonanotte" mentre le porgeva la tisana alle erbe.
Era da così tanto tempo che non percepiva più amore intorno a sè - come se sottoterra non potesse sopravvivere - che rispose semplicemente «E' così che dovrebbe essere» poco prima di riaddormentarsi.


E' un gatto meraviglioso.
Bianchissimo, ha un occhio blu e uno viola, e mi viene subito in mente, senza una ragione precisa, una battuta di Fanny Girl che Rachel ripeteva sempre, alle cene di famiglia o quando usciva con un ragazzo nuovo, perchè era convinta che fosse divertentissima e che in ogni caso Barbra Streisand dovesse essere citata almeno un paio di volte al giorno.
Fanny si trova in una sala molto elegante, con tende di velluto alle finestre, fiori di mille colori e una tavola imbandita proprio al centro della stanza.
E' stato Nick Arnestein - il suo grande amore - ad invitarla lì, nella speranza di riconquistarla.
L'uomo entra nel salone, ammira soddisfatto l'arredamento e le fa i complimenti per lo splendido abito lilla che indossa «E' intonato al colore dei tuoi occhi»
E lei ribatte, gelida «Solo con uno di loro, con l'altro fa a pugni»
Sorrido.
Forse Rachel ha ragione, è una storia divertente.
«Si chiama Schwimmer»
Ci metto qualche istante a realizzare che sta parlando del gatto, in parte perchè mi ero completamente dimenticato dell'animale sulle mie ginocchia, in parte perchè Schwimmer non è proprio un nome adatto ad un animale domestico.
«Bel nome»
«Lo so» replica lei sorridendo e sedendosi sullo sgabello accanto al mio «ci ho messo settimane a trovarlo. E intanto che pensavo al nome da dargli lo chiamavo semplicemente "gatto", come...»
«...Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany» concludo io.
Cassandra - è questo il suo nome, forse ancora peggio che chiamarsi Schwimmer - ha una voce cristallina, un'ottima pronuncia del tedesco e uno sguardo penetrante e altero, forse persino arrogante.
Mi racconta di essere entrata qui da almeno un paio di mesi ma non aver fatto amicizia con quasi nessuno, ad eccezione di Jesse; mi descrive il tramonto a New York che "a Manhattan arriva almeno un'ora prima perchè il sole scompare subito dietro ai grattacieli"; mi parla di tabelle e ricerche e schedari; si lamenta della poesia vittoriana e di un certo Benjamin che l'ha abbandonata solo per fare la scimmia volante in Wicked.
«E tu invece? Aspirante meccanico?» domanda indicando la vecchia radio che sto tentando di riparare da ore.
«NO, no.E' mio fratello il vero esperto di motori, quindi...»
Lei mi rivolge uno sguardo interrogativo, così aggiungo «Finn, non so se lo conosci... alto, goffo»
«Ah, sì! Il ragazzo con gli occhi tristi»
Cassandra non pronuncia queste parole con cattiveria, ma con malinconia, dando per scontato io conosca le cause dell'infelicità di mio fratello, ma non posso risponderle nulla.
Finn non aveva quasi mai lo sguardo triste.
Inespressivo, il più delle volte, al massimo malinconico, ma non avevo mai scorto nei suoi occhi qualcosa di simile al dolore, nemmeno quando aveva scoperto che suo padre non era un eroe di guerra o una delle mille volte in cui aveva lasciato Rachel.
Era sempre stato un tipo taciturno, sicuramente poco incline ad aprirsi con me, quindi quando avevamo smesso di rivolgerci la parola, una volta entrati nel rifugio, non me ne ero nemmeno accorto.
Ci incontravamo di sfuggita al glee e ci salutavamo con un cenno della testa, perfettamente consapevoli che ormai le nostre vite erano tanto distanti - noi eravami tanto distanti - che qualsiasi tentativo di avvicinarle sarebbe stato inutile e doloroso.
«E' per questo che sto riparando la radio» le dico velocemente «E' il mio unico contatto con il mondo esterno, l'unica cosa che mi ricordi che c'è un mondo, là fuori. Tutti ormai sembrano aver dimenticato che ci troviamo sotto terra, a loro sembra perfettamente normale che i pasti siano razionati e la luce si spenga automaticamente alle dieci e mezza. Si sono arresi»
Cassandra inarca il sopracciglio sinistro e mi chiede cos'altro potremmo fare, se non rimanere qui ad aspettare che il Midwest sia dichiarato fuori pericolo.
«Ti sei arresa anche tu» mormoro, leggermente deluso
«Chi si è arreso?! Io no di certo!» esclama Blaine Anderson alle mie spalle.
Si vede che le sue frequentazioni con Jesse St James l'hanno irreparabilmente rovinato: non solo ha preso il suo brutto vizio di interrompere le conversazioni altrui, ma è anche convinto che tali conversazioni girino tutte intorno a lui.
«ArresA, Blaine, arresA! Sto parlando con CassandrA, non sei sempre al centro dei miei pensieri» sbotto «Ma tutto sommato questo discorso ti si addice perfettamente, quindi siediti... Le stavo giusto raccontando di come tutti quanti si siano arresi all'evidenza e abbiano smesso di lottare di fronte a qualcosa su cui chiaramente non hanno alcun potere. Ma, tu, Blaine, sei quella che si potrebbe definire "l'eccezione che conferma la regola": non vuoi accettare il fatto che Jesse sia etero e che non potrà mai amarti. E non importa se è innamorato di Rachel e dorme con lei tutte le notti, no. Tu sei convinto che tornerà da te. Questa, Cassandra, è pura ostinazione»
Mi accorgo troppo tardi di aver superato il limite, solo quando intravedo delle lacrime negli occhi color nocciola di Blaine, un attimo prima che lui corra via.
Perfetto.
Ho ferito l'unica persona qui dentro che non lo meritava.
Lo rincorro per tutto il corridoio - è veloce per avere le gambe così corte - fino al suo dormitorio, quello che condivide con Sam.
«Blaine, ti prego fermati» boccheggio
«Per forza, Kurt» esclama esasperato «E' un vicolo cieco»
E abbracciarlo - chidergli perdono senza nemmeno parlare - è tutto quello che mi viene in mente quel momento.


Fu solo quando si ritrovarono coperti di piume e bradelli di stoffa di bassa qualità che Jesse e Rachel si resero conto di aver esagerato.
La battaglia con i cuscini era stata faticosa e divertente, anche se impari, dato che lei aveva rubato un paio di cuscini in più da un dormitorio dimenticato aperto.
«Basta, mi arrendo» implorò Jesse dopo l'ennesimo colpo, agitando la fodera di un guanciale ormai inutilizzabile come se fosse una bandiera bianca.
«Guarda che disastro abbiamo fatto! Questa stanza sembra un pollaio!»
Jesse ci mise qualche secondo a comprendere il significato di quella frase, sorrise e aggiunse «E stanotte io e Finn ci dovremo accontentare di questo morbidissimo materasso...»
Lei scosse violentemente la testa, dicendogli che
lui avrebbe dormito sul duro materasso, ma Finn avrebbe usato il suo cuscino, perchè in fondo non era giusto che stesse scomodo tutta la notte per colpa loro. Così, senza accettare obiezioni, andò a prendere il suo guanciale nel suo dormitorio, mentre Jesse si diresse in mensa per dare la buonanotte a Cassandra, come tutte le sere.

«Grazie» mormorò Finn un po' sorpreso «Non ce n'era bisogno»
«Sì invece. Una volta mi hai detto che fai sempre dei sogni orribili quando dormi senza cuscino, hai accennato ad un postino, mi pare...»
«Te lo ricordi ancora?»
La voce di Finn tremava appena, mentre quella di Rachel era fredda e distaccata quando gli rispose che non aveva dimenticato nulla della loro storia, nè i bicchieri da aereoplano del loro primo appuntamento nè le vesti clericali che avevano indossato per il duetto di "With you I'm born again".
Lui provò a dire qualcosa, ma fu Rachel a precederlo «E' tutta colpa tua, lo sai? Non avresti mai dovuto lasciarmi partire. Sì, quel giorno in stazione, quando mi dicesti che dovevo arrendermi, che mi amavi e che lo facevi per me. Se non fossi partita per New York sarei tornata a Lima in tempo per dire addio ai miei genitori, non con l'ultimo treno che ancora percorreva la tratta NY-Columbus, prima che l'intera zona fosse dichiarata off limits a causa dei tornado. Ero sola, Finn. Sola nell'officina del padre di Kurt - casa mia era già crollata da giorni - senza sapere se i miei papà erano ancora vivi. Ma non ricordo nient'altro di quella notte, perchè un nuovo uragano giunse con più forza del precedente e abbattè sulla vecchia chiesa, il bowling sull'autostrada - sì, quello in cui ci siamo baciati per la seconda volta - e un paio di edifici. Mi cadde addosso lo scaffale dove il signor Hummel tiene gli attrezzi, credo, e mi risvegliai qui, nel rifugio. Sempre sola, sotto l'inspiegabile custodia del mio professore di spagnolo, senza molti motivi per cui essere felice e cantare canzoni. Tutto perchè ho seguito il tuo consiglio, mi sono arresa e sono salita su quel maledetto treno»
Finn rimase immobile mentre lei gli elancava i mille motivi per cui era sua la colpa se la sua vita si fosse irreparabilmente spezzata - sì, fu proprio questa la parola che usò, come settimane prima l'aveva usata Jesse - senza trovare la forza nè di reagire, nè di andarsene.
Così quando Kurt venne a domandargli una mano a riparare la vecchia radio, non si lasciò fuggire l'occasione di allontanarsi e uscì dalla camera, sollevato.





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La consapevolezza dei propri limiti è forse la più importante lezione che mi ha insegnato Elphaba, insieme alla nobilitazione del verde scuro sulla pelle. Quindi io sono consapevole di essere in ritardo (più del solito) e vi chiedo perdono.
Note casuali
*amo le scimmie volanti, amo benjamin e il listerine
*amo "with you I'm born again", nonostante tutto
*Questo è un mini spoiler: il prossimo capitolo sarà Klaine, credo, e St July.
Baci grandissimi

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Capitolo 12
*** That's why you wanted a love song ***


La prima cosa che Kurt e Blaine fecero quando Finn riuscì finalmente ad aggiustare la radio fu ballare.
Prima su una vecchia canzone degli Wham!, poi su un motivetto francese di cui solo Kurt capì le parole e infine su un pezzo degli U2 su cui, secondo la leggenda, gravava una maledizione orribile*.
Le loro serate erano programmate al millisecondo - 10:30 P.M. Le luci si spengono tutte contemporaneamente e nel buio brillano solo la torcia elettrica che Blaine tiene sotto al mento nel vano tentativo di spaventare l'altro.
«Esci con me» lo implorò il moro, mentre faceva compiere all'altro una giravolta tendendolo per una mano.
«Uscire dove?» domandò Kurt ridendo
«Sai cosa intendo»
Kurt smise di volteggiare «Non sarà così facile»
Blaine non riuscì a domandargli cosa intendesse, perchè il ragazzo si era allontanato di corsa.
Diretto al suo dormitorio.
Blaine sorrise.
Non pensava che Kurt sarebbe capitolato così in fretta.
Tuttavia il biondo tutti altri programmi: con fare teatrale, estrasse dal piccolo scaffale uno dei pochi libri che vi giacevano sopra.
Blaine gemette nel leggere il titolo.
I Love  Shopping
«Ahah, non leggerò Sophie Kinsella, Kurt. Non sono abbastanza gay per questo»
«A parte che il vero nome dell'autrice è Madeleine Wickham - non voglio che tu lo legga, ma che componga una canzone. Per me»
Chiuse gli occhi e lo aprì ad una pagina a caso, indicando una parola.
Bugia
«Ti è andata bene, Anderson. Le canzoni sono piene di bugie»
Riprovò, aprendo una delle ultime pagine del libro.
Guardaroba.
Blaine rabbrividì, ma l'altro lo ignorò e scelse altri termini.
Vestito di Prada
Amare

«Componi una canzone che includa queste parole e potrai uscire con me» poi aggiunse «Vediamo che sai fare»


Se Blaine fosse stato un po' meno distratto, si sarebbe accorto che, da quando gli aveva lanciato la sfida, Kurt lo evitava il più possibile.
Disertava le riunioni del Glee, non ballava più con lui, era perfino disposto a sedersi insieme a Jesse e Rachel, a colazione.
«Cassandra, mi aiuti? Una rima per Prada?»
Lei ci pensò un po' su, poi suggerì «Radar?»
«Non fa proprio rima»
Cassie sbuffò, esasperata «Jesse non mi ha ancora restituito il Rimario Vittoriano Tascabile, quindi per adesso è il meglio che posso offrirti... perchè volevi saperlo?»
Ma prima che Blaine proferisse parola, lei aggiunse «No, non mi interessa davvero. Era solo per dire qualcosa...Possiamo cambiare stazione? Questa canzone è pessima. Oh! Delle news. Grazie al cielo»
«...istro della Difesa ha dichiarato che saranno presto attivato un sistema di trasporto eccezionale per evacuare la zona del Midwest Occidentale. L'iniziativa, approvata poche ore fa dal Congresso, ha acceso le polemiche. "L'area non è ancora fuori pericolo" ha tuonato Robert Londice, docente ad Harvard e  studioso di metereologia, subito appoggiato dai col-»
Cassandra spense di colpo l'apparecchio e alzò lo sguardo verso Blaine, radiosa.
«Qui ci vuole un brindisi, assolutamente!» esclamò lei, mentre il ragazzo mormorava «Non dirlo a Kurt»



Soltanto due persone al mondo avrebbero potuto immaginare di rappresentare un sondaggio sul drink più amato di sempre in un grafico a diagramma circolare, e tali persone erano Cassandra e Jesse.
Lei aveva insistito perchè al Bailey spettasse una sezione color caramello, lui aveva acconsentito con un sospiro e aveva sfogliato nuovamente i risultati della loro indagine:
«Sembra che il Cosmopolitan sia nettamente in vantaggio... ahah, Kurt ha votato "Shirley Temple"! Certo, uno come lui non poteva che prediligere un analcolico con cilieg-»
«Chiedimi perchè sono venuta qui, Jesse» lo interruppe lei
«Perchè sei venuta qui, Cassie?»
Fece una breve pausa, probabilmente per esasperarlo, dato che era stata lei a voler affrontare l'argomento.
«Per ritrovare mio marito, Dustin»
Cassie fece molta attenzione a non abbassare lo sguardo mentre lo diceva, solo per osservare l'espressione negli occhi di lui.
Quale sentimento avrebbe provato?
Si sarebbe finto sorpreso, o avrebbe mostrato di essere geloso di lei?
Ma Jesse sollevò semplicemente il sopracciglio sinistro - solo quello, chissà perchè - annuì lentamente e sorrise, per poi domandarle se l'aveva trovato, alla fine.
«No, ma è solo colpa del navigatore satellitare.Sai, non abita proprio qui, ma a Columbus, non so se la conosci... il giorno del tornado mi ero persa in autostrada»
Non avrebbe mai voluto mentirgli, Jesse era forse l'unica persona nel rifugio che le piacesse veramente.
Tuttavia la storia del marito era solo un test per vedere come avrebbe reagito, e adesso era troppo tardi per rimangiarsela. Così gli raccontò della sera in cui si erano innamorati - la sua prima a Broadway - dei fiori azzurri che lui le comprava sempre nel giorno del suo compleanno e dei pomeriggi passati sulla statale 15 perchè "l'alba vista da New Orleans è stupenda". Gli disse che l'alba era poi sempre la stessa, ma che durante il tragitto in auto Dustin era così felice che non le importava di tutta quella benzina sprecata. Inventò di due figli, un gatto gemello di Schrimmer, tre pesci rossi. Infine aggiunse che la loro storia d'amore era tanto bella che ci avevano anche scritto una canzone, ma non l'avevano mai finita.
«Canta per me»
Lei scosse la testa vigorosamente, tuttavia lui la implorò nuovamente «Solo fino al ritornello»

Lui era un businessman con una idea
in testa, lei ballerina di jazz,
leggeva William Blake vicino a una
finestra, lui beveva caffè.
Guardando quelle gambe muoversi pensò:
“E’ una stella!”.
Pensava a Fred Astaire...
…E chi non ha mai visto nascere una
dea,
…e chi non ha mai visto nascere una
dea,
non lo sa, che cos’è la felicità…
Lui: garofano rosso e parole, una
vecchia cabriolet...
Lei...

«vestita come la Rogers?»
abbozzò Jesse

fulmini
e saette,
lassù, nel cielo blu..

«...e poi non ricordo»
Passarono il resto del pomeriggio e comporre la seconda parte del ritornello e le strofe successive e Cassandra pensò che non si era mai sentita tanto felice.




«Desperate, I searched in my wardrobe,
Am I  owl or am I a warbler?
I would say a big, big lie,
if I said "I hate bow-ties"
And finally I found it.
But my room is spinning round!


Blaine volteggiava per la stanza con grande naturalezza, pur continuando ad intonare il suo buffo motivetto

It's a mess (It's a meeess)
Where the hell is my Prada dress?
I will love you, more or less,
like my favorite Prada dress!»


Concluse con un piccolo, aggraziato, inchino.

Kurt esplose in una fragorosa, risata.
«Ahah, assurdamente gay, terribilmente perfetta! Come ha fatto a venirti in mente?»
«In realtà ho pensato a te» poi aggiunse «a te, ubriaco fradicio ancora prima di una festa alla Dalton, che cercavi disperatamente qualcosa da metterti»
Nella mente di Kurt si rincorsero tre pensieri
-E' un illuso, se crede che il mio guardaroba sia così disorganizzato
-Alla Dalton gli studenti hanno il permesso di bere alcolici? (non conosceva Sebastian Smythe, evidentemente)
-Mi ha immaginato nella sua scuola, che dolce
«Ehm, sei davvero un buon paroliere, e anche un ottimo ballerino, a quanto ho visto»
«E sono anche un gran baciatore, a quanto si dice»
Il ragazzo si avvicinò piano
«"Si dice"? Ti ricordo che stai per uscire con me, non vorrai farmi ingelos-»
«Posso baciarti ora, o devo aspettare l'appuntamento?»
«N-No, al diavolo l'appuntamento»


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Due cose: chi indovina qual è la canzone maledetta vince una cena dal Bel Grissino; lo so lo so lo so, che La nuova stella di Broadway è una canzone italiana, ma who cares? baci

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Capitolo 13
*** Is it a goodbye or a sadbye? ***


Cassie non aveva lasciato nemmeno un biglietto.
Non che non avesse provato a scriverlo, certo. Aveva un discorso bell'e pronto in testa, pieno di citazioni di Blake e Wordsworth, se l'era ripetuto tante di quelle sere che ormai lo sapeva a memoria. Aveva chiesto in prestito a Brittany una penna azzurra perchè Jesse le aveva detto che era il suo colore preferito, aveva scassinato di nuovo lo schedario del rifugio alla ricerca di una busta che non fosse stropicciata. Alla fine ne aveva trovata una intestata ad un'agenzia immobiliae di Westerville, Home 4 Us, ed era riuscita solo a pensare che Jesse l'avrebbe trovato il nome più cheap e insulso che avesse mai visto. Così aveva cancellato alla bene e meglio il logo, colorandoci sopra con così tanta fretta da bucare il foglio. Se si ignorava il suo disastroso bricolage, aveva le parole, l'inchiostro e il coraggio necessario a saltare nel vuoto.
Le mancava solo il foglio di carta.
Cassie lo cerca in mezzo ai libri di Kurt, inorridendo di fronte alla sua raccolta di romanzi Harmony; tra i vinili che Will non ha saputo lasciare nella sua casa semi-distrutta; sotto al letto a castello di Finn, dato che la sua camera è tanto disordinata che ci si potrebbe trovare di tutto.
Alla fine, scorge la borsa a tracolla di Jesse su una sedia, si ripete che "Non è un furto tanto poi il foglio torna a lui" ed estrae il suo quaderno nero.
Sono i mille ritratti di Rachel a farla scoppiare a piangere.
Lui la ama.
Tanto da cercarla tra mille bionde dopo averla baciata a tradimento in un ripostiglio, tanto da cantare "La nuova stella di Broadway" solo quando è sicuro che Rachel, la melofobica, non possa sentirlo.
Un amore così è bellissimo pensa Cassandra se lo trovassi in un sonetto di Shakespeare, copierei la poesia su uno scontrino (dovrei scrivere piccolissimo, in effetti) e lo nasconderei fra le pagine della gazzetta sportiva che Dustin legge tutte le domeniche.
Ma Dustin non esiste. Ne ho parlato tanto con Jesse che mi ero quasi convinta del contrario...
Ah, già, Rachel, stavo pensando a Rachel.
Rachel che mi fissi da questo quaderno - Rachel ancora più sproporzionata del solito - sappi che da questo momento io seguo il consiglio che mi ha dato una volta un amico e mi arrendo.

Jesse entrò nel dormitorio correndo e con la mezza idea di salutare la sua migliore amica con un "Lo sai che mi sono appena reso conto che il mio nome fa rima con il tuo?", pronto a tirarle una cuscinata se lei gli avesse risposto che era un idiota, ma lo trovò deserto.
La cercò dappertutto, con la stessa rabbiosa ostinazione con cui aveva cercato Rachel mesi prima, ma fu tutto inutile. Sembrava essersi volatilizzata. Lei e un'altra ventina di persone di cui Jesse non sapeva proprio il nome, ma aveva imparato a riconoscere i volti. Tutti spariti.
«Se n'è andata»
Rachel.
Sapeva leggergli nel persiero, quella ragazza.
Le domandava "dimmi a che colore sto pensando", lei chiudeva gli occhi, fingeva di concentrarsi e rispondeva, sempre, "azzurro".
Ed era sempre l'azzurro.
«Cassandra se n'è andata due ore fa» ripetè Rachel, convinta che non la stesse ascoltando.
Lui scosse la testa, sorridendo «Cassie? Non lo farebbe mai, non senza avermelo detto»
«Forse era in ritardo, se ne sono andati tutti talmente di corsa...»
«L'aereo avrebbe potuto aspettare»
«No, non è vero. Ci stanno facendo un favore, tirandoci fuori da questo posto. Non puoi pretendere che aspettino i nostri comodi»
«Volevo solo avere il tempo di dirle addio!» sbottò lui
Rachel era una pessima bugiarda. Arrossiva e balbettava ogni volta che c'era da inventare una scusa per saltare un compito in classe o un appuntamento con Jacob.
Ma quella volta era diverso.
Se Jesse avesse capito che gli stava mentendo, sarebbe stato se possibile ancora peggio di quanto stesse in quel momento.
Prese un profondo respiro e tentò rendere il tono di voce più naturale possibile.
«Anche a lei dispiaceva, avrebbe voluto salutart-»
«Eri a conoscenza del fatto che se ne stava andando non mi hai detto nulla?!»
Stava urlando, ormai «Sapendo quanto fossimo legati, sapendo quanto l'amassi!»
Amassi - questo Rachel lo sapeva - era voce del verbo amare.
Strana lingua, l'inglese.
L'appartenenza si indica con una piccola s preceduta dall'apostrofo, il congiuntivo non esiste, "to love" significa sia "volere bene" che "amare".
Rachel usa questo verbo sempre e solo per riferirsi a Jesse, e lo usa con la prima accezione.
Jesse usa questo verbo per riferirsi un po' a tutti - lo sussurra a Rachel mentre fa l'amore con lei; lo dice a Cassie perchè sa che quando lo fa, chissà perchè, i suoi occhi si illuminano; lo aveva rivelato a Shelby in un auditorium deserto e a Giselle in un camerino pieno di rose.
La confusione diventa comprensibile.
«Questo verbo è infelice»
«Sai cosa intendo...»
«No, non lo so Jesse. D'accordo, tenevi a lei, disegnavate splendide tabelle e conoscevate tanti sonetti a memoria...»
«Quindi è questo il problema, Rachel, sei gelosa di quello che c'era fra noi due» Jesse sceglie con cura le parole, cercando quelle più taglienti
«Assolutamente no, è ridicolo!»
«Perchè?! Credi che non fosse bella abbastanza da potermi innamorare di lei?»
«Questo devi dirmelo tu» sbotta lei, ormai in lacrime
«Lo era. Non è neanche da escludere che me ne sia effettivamente innamorato, qualche volta»


La palestra è quasi irriconoscibile.
Sulle loro teste pendono, ad altezze diverse, lunghi festoni di carta crespa azzurra e blu e si stendono da un capo all'altro del soffitto. Finn non può fare a meno di pensare che sembrino le onde di un mare capovolto.
Intravede Brittany abbandonare il soprabito su una delle spalliere addossate alle pareti e Kurt versare del ponce ad una ragazza con il collare ortopedico.
Non c'è musica.
Sente Rachel esclamare, visibilmente alterata «Il peggiore ballo della storia!» ma non può essere d'accordo, perchè Jesse St James gli ha appena chiesto di non-ballare.
«Non-ballare perchè non-c'è-musica?» gli domanda Finn, senza smettere di sorridere.
Il ragazzo annuisce «Meglio così, non è vero? Il senso del ritmo non è proprio il tuo forte»
Finn sa che quando nei film il protagonista si trova davanti ad un'affermazione del genere di solito risponde "Potrei sorprenderti" e trascina in pista la ragazza dei suoi sogni.
Ma lui è Finn Hudson, ha due piedi sinistri (com'è che dice la canzone? Ah, sì... He's got two left feet) e Jesse St James è campione nazionale di canto e ballo coreografato, quindi preferisce non dire nulla.
Che non sa ballare lo sa tutto l'Ohio, no?
«Finn? Finn, sveglia»
Non stanotte.
«Ma lo sai che ore sono?» gemette lui.
«Sei felice?»
Era solo questione di attimi.
Se Jesse lo chiamava nel cuore della notte era sempre per fargli questa domanda, alla quale Finn, puntualmente, rispondeva con uno sbadiglio.
«Sì, Jesse, sono felice, non preoccuparti per me» scandì ad alta voce, per essere sicuro che l'altro lo sentisse.
«Sono tuo amico»
«Solo un amico» sussurrò Finn per ricordarlo a se stesso.
«Cosa?»
«Niente»
Jesse si sporse leggermente dal letto «Hai mai fatto del male ad una persona? Male veramante, tanto da sentire il peso della colpa qui, proprio qui» Jesse premette forte su un punto alla base del suo sterno, pur essendo consapevole che il suo compagno di stanza non poteva vederlo.
Finn pensò di rispondere qualcosa come Tipo rompere il naso a Rachel?, ma poi capì che avrebbe dovuto fornigli delle spiegazioni e si sarebbe sicuramente perso a raccontare della settimana Born This Way e di Quinn e delle magliette e probabilmente non si sarebbe riaddormentato molto presto.
«Tipo investire un postino?»
«No, quello lo hai fatto senza volerlo, credo...»
«Certo che non volevo!»
«Stavo solo chiedendo» rise Jesse «Io intendevo... fare del male agli altri di proposito»
Finn non rispose nulla.
No, gli sembrava di no. In uno scatto d'ira aveva preso a pugni Puck, ma qualcosa dentro di lui gli suggeriva che non era ad un male fisico che si riferiva Jesse.
Infatti il suo compagno di stanza mormorò «Ho detto a Rachel delle cose orribili»
Rachel.
Ogni volta che Jesse stava male, era per colpa sua.
«Quindi è finita, fra di voi?»
Silenzio.
Chi tace acconsente pensò Finn, senza riuscire a trattenere un sorriso.

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Capitolo 14
*** Moth ***


E' Jesse a tirare il sipario.
Metaforicamente, certo, dato che un sipario vero è proprio non ce l'hanno.
Lo spettacolo è andato piuttosto bene, a giudicare dagli applausi dei pochi spettatori che Emma è riuscita a convincere.
Nella confusione del dietro le quinte, il ragazzo riesce solo a percepire confusamente le risate dei suoi compagni. Vede Blaine scomparire nell'abbraccio di Finn e Sam dare un bacio a Brittany.
Per un attimo pensa "non sapevo che stessero insieme" e poi si ricorda che solo perchè lui ha perso l'amore della sua vita non significa che gli altri smettano di innamorarsi.
Sono passati una decina di giorni da quando Rachel si è fatta inghiottire nuovamente dal buio.
Nel suo dormitorio è inutile cercarla, tanto non c'è mai.
In effetti, chi vorrebbe condividere la stanza con Kurt?
A mensa non si fa vedere, probabilmente ruba il cibo direttamente dalla dispensa.
I ripostigli sono chiusi a chiave, dall'interno. Impossibile entrarvi, chiedere il suo perdono, baciarla a tradimento.
Ma allora dove posso incontrarla?
In aula canto non metterebbe piede nemmeno se fosse l'ultimo rifugio - odio questa parola - sulla Terra...
O invece sì?



Nelle afose notti d'estate, quando Annie non riusciva ad addormentarsi neanche elencandole l'opera omnia di Stephen Sondheim, Jesse la trascinava fuori, sulla veranda.
Lei si lamentava di non aver nemmeno indossato le pantofole, diceva che le formiche rosse le avrebbero mangiato gli alluci, che il parquet era ruvido e le schegge le avrebbero mandato in cancrena i piedi, anche se non sapeva bene cosa volesse dire cancrena.
Davanti a tutti quei brontolii, Jesse sbuffava un po', le faceva segno di tacere perchè tutti stavano riposando a quell'ora e, con rapido gesto della mano, premeva l'interruttore.
La luce della veranda era piuttosto flebile - "giallo morto" la chiamava Annie - ma riusciva ancora ad attirare tutti gli insetti nel raggio di una decina di metri.
Falene, moscerini, zanzare.
Annie avrebbe forse dovuto temere che quegli animaletti l'aggredissero proprio come l'avrebbero fatto le formiche rosse, tuttavia rimaneva a fissare estasiata quel faro nel buio, quasi fosse anche lei una farfalla notturna.

Grazie alle sue innate doti persuasive e ad un paio di amichevoli minacce, Jesse è riuscito a convincere i Sotterranei a chiudersi a chiave nelle proprie stanze per tutta la giornata.
Il rifugio deve sembrare deserto.
Non sentendo alcun rumore, Rachel penserà di essere al sicuro da musica, canzoni o semplicemente esseri umani e uscirà dal suo ripostiglio.
E sarà allora che cadrà nella trappola accuratamente preparata per lei.

Jesse non deve attendere molto.
Sono le tre del pomeriggio quando la ragazza apre timidamente la porta, controlla che il corridoio sia libero e si dirige verso la mensa.
E'un attimo.
Jesse St James, con un gesto secco e deciso, strappa tutti i cavi del generatore di corrente, il quale si spegne con un breve sibilo.
Il rifugio sprofonda nel buio più assoluto.

E' come se avessi chiuso di colpo gli occhi, eppure le mie palpebre sono sollevate.
Non vedo  n i e n t e.
Se la disperazione avesse un colore, sarebbe il nero in cui sto camminando.
Il buio del ripostiglio è diverso, è sopportabile. Un po' di luce filtra da sotto la porta. Almeno le sagome degli oggetti si riescono a distinguere, se si guarda bene.
Un passo dopo l'altro, chissà se davanti a me c'è un muro, o peggio, una persona.
Magari c'è Jesse, ci scontriamo e lui mi bacia di nuovo.
Magari c'è un assassino nell'ombra e mi uccide.
Non so cosa sia peggio.
Ok, no. Non voglio morire.
Ti prego ti prego ti prego se c'è qualcuno, fa che sia Jesse e non l'assassino, ti prego.
Anzi, ti prego fa che questo blackout finisca.
Perchè continuo a camminare? Forse sarebbe meglio...
No.
Una luce!
Una luce in fondo al corridoio!
Potrei perfino correre incontro alla luce, i corri-doi sono fatti per questo, no?
Mi precipito nella stanza, senza chiedermi nemmeno il motivo per cui il rifugio sembri deserto.
Possono essere dove vogliono, come dicono le Icona Pop "I dont care!"
Perchè sto pensando ad una canzone? Io odio le canzoni! Sarà l'influsso malefico dell'aula canto...
L'aula canto.
Sono appena corsa in aula canto.
Questo pensiero mi dà i brividi.


La falena, attratta dalla lampadina, è ormai in trappola.
Non voglio farle del male - come potrei, io che la amo? - vorrei solo parlarle, scusarmi.
D'accordo, baciarla, ma questo lo desidero ogni volta che la vedo.
Premo l'interruttore.
La sento gemere.
Chiudo la porta dietro di me.
«La tua scotofobia è un problema a cui dovresti veramente porre rimedio»
Rachel sbuffa «Se la scotofobia è la paura di incontrarti allora credo di no. Vattene Jesse. Lasciami anche al buio, ma lasciami sola. Lasciami»
La scotofobia è la paura del buio, ma immagino che persino Rachel lo sappia quindi non la correggo.
Mi domanda se il blackout è un'idea mia, le rispondo di sì.
Mi chiede se il fatto di trovarsi in aula canto è un caso, le dico di no.
E, per la prima volta dall'attuazione del mio piano, mi sento in colpa. Rachel ha tutto il diritto di allontanarmi, di cancellarmi dalla sua vita. Me lo merito.
«Non vuoi vedermi mai più» mormoro piano, più a me stesso che a lei.
«E' una domanda o un'affermazione?»
«Se fosse una domanda, quale sarebbe la risposta?»
Pausa.
Forse sta cercando le parole giuste.
Forse sta cercando di ricordare tutti gli insulti in spagnolo che Santana -  è così che si chiamava la ragazza di Brittany? - le ha probabilmente insegnato.
«Mi hai spezzato il cuore»
La sua voce non è amareggiata o tagliente.
Non sembra nemmeno dispiaciuta.
Mi parla con il tono che avrebbe un medico nell'esporre la diagnosi. Anzi, quella che avrebbe un medico nel dichiarare l'ora del decesso.
«Tu mi hai trovata quando ero persa, mi hai riportata alla vita quando della vita io non volevo saperne. Mi hai salvata, e solo con un bacio»
"...e solo con un bacio posso perdonarti" mi aspetto che dica.
Invece prosegue «Spezzi il cuore a chi sai che ce l'ha già sbeccato?»
La metafora è orribile, ma ha reso l'idea.
Ho giocato al massacro, ferendola di proposito. Baciando Blaine, illudendo Finn, dicendole di Cassie...
Quanti errori può commettere una persona sola? A quanti può rimediare?
Rachel abbassa lo sguardo sulle sue ballerine lise in punta «Senza di te non avevo più la terra sotto i piedi, ero una Sotterranea anche dentro, proprio qui» mormora, premendosi forte la mano sul petto.



 

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Capitolo 15
*** Roots before taking chances ***


Nella sala d'aspetto di una stazione a chilometri e chilometri da lì, una ragazza dagli occhi neri come la notte sollevò la testa dal libro che stava leggendo.
Infilò fra le pagine il biglietto ferroviario e, cercando di non darlo a vedere, studiò l'aspetto della donna seduta di fronte a lei.
Boccoli biondi che le lambivano le spalle, volto regolare, forse un po' affilato, occhi verde acquamarina, piccolo crocifisso dorato, ballerine color crema.
«Quinn»
Nel sentire il proprio nome, la ragazza distolse lo sguardo dalla rivista patinata che aveva in grembo e cercò di usare il tono più gentile che conosceva nel domandare un po' confusa «Scusa, ci conosciamo?»
«Sono io, Santana»
«Oh, scusami!» esclamò Quinn, alzandosi subito per abbracciarla «Sai è passato così tanto tempo e poi... i capelli, sono molto più corti di prima, ti stanno bene»
«Grazie» rispose l'altra imbarazzata
«Sai, non mi aspettavo proprio di trovarti qui... Pensavo fossi rimasta. In Ohio, intendo»
«Potendo andare via, chi lo avrebbe fatto?» domandò Santana, stranita
«Qualcuno di coraggioso»
Era solo un sussurrò, quello di Quinn, come un pensiero tramutatosi d'un tratto in flebile voce, eppure l'altra non potè ignorarlo. «Qualcuno di coraggioso»
«Coraggioso e molto stupido! E poi non siamo fuggite, ci siamo messe al sicuro»
«Davvero non hai alcun ripensamento?» le domandò la bionda
Santana scosse la testa, e per un attimo pensò di tornare alla lettura.
Ma tra i libri dell'università che aveva portato con sè solo per non annoiarsi in stazione e un litigio con la sua migliore amica/nemica, non aveva dubbi.
«No. Nessun ripensamento» sentenziò
Quinn sorrise innocentemente «Quindi il tuo biglietto non è per Westerville, vero?»
«Il tuo lo è?»
La bionda annuì piano «Abbiamo fatto un errore e dobbiamo rimediare. E c'è solo un posto per farlo: dove tutto è iniziato». Quinn sfilò dalle pagine del volume il biglietto di Santana. «Oh bene, stesso scompartimento. Ti aspetto lì, Tana»
 


Ormai era capitata così tante volte in aula canto che non le faceva più così paura.
In fondo era una stanza come tutte le altre - stesse pareti di cartongesso, stesso pavimento grigio e freddo. La chitarra con solo quattro corde abbandonata nell'angolo più che spaventarla le faceva compassione, così come gli spartiti sparpagliati per terra. Sbuffando, Rachel si chinò per raccoglierli ed il suo sguardo si posò su un foglio in particolare.
Il titolo sopra i pentagrammi recitava "She Will Be Loved".
Lei sarà amata.
Era come una preghiera, o meglio una promessa.
Lei sarà amata.
Nonostante i Maroon 5 non fossero esattamente il suo genere, conosceva tanto bene quella canzone che avrebbe potuto cantarla dormendo.
Prese un profondo respiro - come sempre, prima di un'esibizione - e chiuse gli occhi

Beauty queen of only eighteen
She had some trouble with herself
He was always there to help her
She always belonged to someone else


Rachel si meravigliò nel sentire la propria voce priva di incertezze - come se non avesse mai smesso di cantare - ma ancora di più la stupì quello che sentì: un accordo, suonato alla chitarra.
E anche prima di riaprire gli occhi, si rese conto di sapere chi stava suonando.
L'unica persona del rifugio che fosse in grado di non fare il minimo rumore nell'entrare in una stanza.
L'unica persona del rifugio che sapesse suonare ad orecchio qualsiasi strumento gli capitasse in mano, fosse anche uno scolapasta.
Jesse.
La stessa persona che ora le stava rubando la seconda strofa.

I drove for miles and miles
And wound up at your door
I've had you so many times but somehow
I want more


Nonostante fosse un duetto improvvisato, le loro voci si armonizzavano senza il minimo sforzo. Continuando a sorridere, Jesse la invitò con un cenno del capo a cantare il ritornello insieme a lui.

I don't mind spending everyday
Out on your corner in the pouring rain
Look for the girl with the broken smile
Ask her if she wants to stay awhile
And she will be loved
She will be loved


Please don't try so hard to say goodbye
Please don't try so hard to say goodbye



«Non cercare così tanto di dire addio, per favore» ripetè Jesse mentre si sfilava la chitarra.
«E tu, per favore, non costringermi a farlo» mormorò Rachel «Non avrei mai voluto arrivare a questo punto, davvero. Ma non sembra che non riusciamo a stare insieme senza ferir-»
«Ti amo» la interruppe lui «Ti ho amata dal primo momento che ti ho vista, anzi che NON ti ho vista, ti amo ora e probabilmente ti amerò ancora per un bel po'. Io ne approfitterei»
Rachel non riuscì a trattenere un sorriso.
She Will Be Loved For A While
«Lo sai che ho una sorella?»
Rachel scosse la testa, divertita.
«Si chiama Ruth, ti piacerebbe... E' molto carina, esile, un po' troppo pallida per essere davvero bella. Ma carina lo è di certo»
«Perchè me lo stai dicendo, Jesse?»
«Perchè Ruth non è il suo vero nome, si chiama Annie in realtà»
«Ah, allora stai sicuro che le chiedo l'amicizia su Facebook appena esco di qui» commentò acidamente Rachel
Lui la ignorò «L'anno scorso ha chiesto come regalo del diploma una vacanza di un mese a New York. Puoi immaginare la reazione dei nostri genitori! Urla, minacce, divieti...Ma alla fine, dopo estenuanti trattative, hanno detto di sì. Io ho comprato per Annie un trolley viola e l'ho accompagnata all'aereoporto. Ricordo di averle urlato che le volevo bene un attimo dopo il check-in, lei si era voltata e mi aveva rivolto un sorriso radioso. A quanto ci raccontava nelle sue telefonate, aveva trovato un loft a Soho e tutti i giorni andava a mangiare sushi al ristorante giapponese poco distante. Probabilemente deve essere stato là che lo ha incontrato»
«Come fai a sapere che è stato proprio in un ristorante giapponese?» domandò Rachel, divertita.
«Perchè lui era il classico ragazzo che mangia pesce crudo, fa body-building almeno cinque volte la settimana ed è convinto di essere... com'è che diceva? Ah, "il meglio del meglio". Brian, mi sembra...No, Brody. Annie era perdutamente innamorata di lui»
Rachel domandò perchè fosse finita male, ma lui non sapeva darle una risposta.
«So solo che quandò tornò a casa non era più lei... vagava di stanza in stanza come uno spettro, aveva perso molto peso. Una mattina tornò a casa con i capelli tagliati cortissimi, una farfalla sulla spalla sinistra - come quella di Cassie, sì - e ci chiese di chiamarla Ruth»
«Perchè proprio Ruth? Era il suo secondo nome?»
La voce di Jesse si indurì «Perchè voleva un nome "che la tenesse ancorata alla terra, come una radice". Root, in inglese. Adorava i giochi di parole»
«E' una bella storia»
«Non lo è» la contraddisse lui «ma mi ha dato l'idea per questo»
Jesse estrasse dalla tasca una scotolina blu notte e la porse a Rachel.
Un anello.
Sottile, ben lavorato.
Rachel alzò brevemente lo sguardo per incontrare quello azzurro di Jesse e non potè fare a meno di pensare di Marilyn e Satine avevano torto: non sono i diamanti i migliori amici delle ragazze.
«E'...bellissimo»
«Lo so, non sono pietre prezios-»
«E' bellissimo» ripetè Rachel «Ma perchè è di legno?»
Decine di piccole e sottilissime radici ricoprivano la superficie del metallo, attorcigliandosi fra di loro e creando onde e spirali.
«Mi hai detto che da sola ti senti mancare la terra sotto i piedi. Ora non accadrà più, te lo giuro»


Se c'era una cosa che a Jesse St James riusciva bene, a parte sedurre gli sconosciuti e cantare, era compilare tabelle, nobile passatempo che aveva spesso condiviso con Cassie, ogni volta che trovavano un momento libero.
Entrambi infatti cercavano di contrastare l'assoluta casualità del cosmo incasellando la realtà, cercando di razionalizzarla e dominarla.
La prima tabella era stata quella compilata per trovare la Creatura della Notte, la seconda era stata un grafico a torta per decidere quale fosse il più grande poeta Vittoriano, la terza un tremolante diagramma che registrava la temperatura nei dormitori.
Così quando Rachel gli fece notare, naturalmente nel cuore della notte, come di suo solito, che Finn era tra i pochi a non aver trovato l'amore in quel Hopeless place (*lo disse cantando, e Jesse la baciò forte) che era il rifugio, lui estrasse subito un Uniposca rubato dalla choir room, accese un fiammifero e scrisse sulla parete accanto a lui tutti i nomi dei Sotterranei.
«Brittany e Sam sono già occupati» sussurrò tracciando una riga tra il nome di uno e quello dell'altra.
«Anche Blaine e Kurt» aggiunse Rachel
«Jesse e Rachel idem» le rivolse un sorriso complice, accendendo un altro fiammifero
«Will e Emma»
Riga nera.
Ormai la parete era una ragnatela d'inchiostro.
«Rimangono Puck e Tina. Het o Slash?»
Rachel gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Scusa, volevo dire... Etero o gay?»
«Etero, suppongo. Voglio dire, siamo stati insieme... Etero-etero!»
Lui cancellò Noah dall'elenco e con evidente soddisfazione esclamò «Ora dobbiamo solo farli mettere insieme. Ha inizio l'operazione Tinn!»
Forse Jesse St James conosceva bene la poesia Vittoriana e le basi di Windows Excel, ma ignorava che in quello stesso momento un controllore alto e con dei baffi molto curati stesse salendo sul diretto per Westerville.


Quando è troppo è troppo.
Finn gettò lo straccio per terra e gridò con quanta voce aveva in gola «JESSE! Si può sapere perchè diavolo ti sei messo a scarabocchiare sulla parete?!»
«Forse è un rappresentante di Colorandia in incognito»
La voce cristallina di Quinn era difficile da dimenticare. Così come qualsiasi cosa la riguardasse, in effetti.
«Sei tornata!» esclamò lui abbracciandola con trasporto, tanto felice da dimenticarsi che la stava tenendo un po' troppo stretta.
«Dovevo rivedert-» poi si corresse «rivedervi tutti. Mi mancavate troppo»
Lui si strinse nelle spalle «Com'è New Haven?»
«A dispetto del suo nome, non è un paradiso! Fredda, priva di una biblioteca che sia degna di questo nome e piena di persone che non sono te»
Finn sorrise «E'per questo che sei qui? Per tipo clonarmi e ripopolare New Haven?»
Aveva sempre avuto questo senso dell'umorismo... particolare, capace di sdrammatizzare qualsiasi situazione che divenisse improvvisamente troppo seria.
E questo era solo uno dei motivi per cui era innamorata di lui.
Ora avrebbe avuto tutta la vita per ricordare quali fossero gli altri.





 

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