Souvenirs

di UomoStagno
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Viaggi cromatici. ***
Capitolo 2: *** L'arresto ***
Capitolo 3: *** Lo scatolone ***
Capitolo 4: *** Pulizie di primavera ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Viaggi cromatici. ***


Si era fermato davanti alla vetrina di un negozio di souvenir, catturato dai colori. Il suo sguardo passò da una maschera veneziana ad uno sgorbio piumato che doveva essere la riproduzione di un pappagallo. Con gli occhi ormai assuefatti di colori e mostruosità fissò ogni schifezza esposta in quel maledetto negozietto. Li guardò tutti, avanti e indietro, uno dopo l’altro e i colori cominciarono a mescolarsi. “Ma quella piastrina non era viola?” pensò mentre fissava una piastrina con un monumento impresso sopra. Le ghigne si incattivirono e le statue cominciarono a muoversi. Se le vide arrivare addosso. La maschera cominciò a piangere sangue, il pappagallo cambiò le piume in artigli, le piastre diventarono lame rotanti, i passi delle statue fumavano mentre avanzavano, le fatine divennero Goblin, i teschi divennero più marci. Continuavano a ghermirlo, ma lui non si mosse. Come ogni paura che si rispetti, non gli diede tempo di rispondere. I mostri lo guardarono fisso e dissero tante parole confuse. Le ghigne si inasprivano e minacciavano di morderlo.

-:Signore, tutto bene?:-

Si girò e cacciò un urlo.

-: M-m-m-mi scusi, s-signore.. :-
 
Si allontanò velocemente e sparì dietro il negozietto.
“Bimbo di merda… “ pensò Roderick. Scosse la testa e si diresse verso il centro città. Fissò ogni vetrina, ogni porta, ogni edificio senza vedere una persona, anche se le vie erano piene di vita. La sua mente ancora a QUELLA vetrina. Vagava coi pensieri in fatti accaduti ormai secoli e secoli prima, quando ancora era un bambino. I semafori divennero fantasmi di natali passati, i cartelloni divennero vecchi sogni, gli strass illuminati dai fari negli outlet mutarono in ricordi di felicità. Ma tutti quei ricordi erano d’accordo con una cosa: quelle cineserie che vendevano nei negozi di souvenir come quello descritto in precedenza lo hanno sempre spaventato. “Tutta colpa di quel libro d’arte che ho visto ieri.. Guarda te che cosa vado a ripescare... “
 
All’improvviso i colori si spensero. 
Tutto tornò come prima. Le persone erano tornate con mille emozioni confuse, i palazzi tornarono a vivere e i luccichii tornarono a governare le regole della città. Eppure si sentiva estraneo. Non capiva se il ritorno alla normalità era bene o male. Quelle visioni cromatiche avevano riempito i suoi occhi e inquietato la sua mente, ma quando i colori si spensero si sentì tranquillo e privato di qualcosa.
Imboccò la via di casa, più grigia del solito.
Entrò nella sua dimora, chiuse la porta, posò il cappotto sulla prima poltrona che trovò libera e si buttò sul divano slacciandosi la cintura. Cacciò un grugnito, poi si sistemò mettendosi nella posizione più scomoda possibile, per evitare di pensare. Ma non riuscì a evitare di fissare il muro. Lo sguardo si posò sul bianco della parete e non si mosse di lì. “Almeno il muro era bianco anche prima”. Il resto della stanza era bicromatica. Pure il poster degli Ozric Tentacles era bianco e nero.
Scosse la testa e tornò in sé. Si avviò alla ricerca del padrone di casa: il telecomando.
“Dove cazzo l’ho messo? Brutto bastardo.. Ah, eccolo.” Lo trovò in un angolo non ben definito della casa, tornò sul divano e accese il televisore.
All’improvviso i colori tornarono, ma dentro lo schermo.

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Capitolo 2
*** L'arresto ***


Il tacco dell’anfibio riecheggiava nel corridoio mentre lo trascinavano nell'aula per il processo. Era troppo silenzioso quel corridoio, pensando al rumore che proveniva dalla sua destinazione. Ed era anche troppo buio, guardando le grandi luci e le pareti bianche. La porta si spalancò e vide la folla che si accaniva verso di lui. Fischi, urla, diti medi, occhiate, denti marci e scarponi volavano verso di lui. La sua espressione non mutò, ma uno sconforto crebbe nel suo stomaco. "Ma come?" pensò "perché ce l'avete con me? L'ho fatto  per voi …". Entrò guardando pensante il pavimento a mosaico che raffigurava la giustizia con un sorriso beffardo e uno striscione che porta la scritta "La legge è uguale per tutti".
Si, certo.
Lo misero a sedere violentemente davanti alla cattedra del giudice. Aveva sempre sentito dire che dalla cattedra il giudice sembrava il maschio di un castello. Enorme, torreggiante e indistruttibile. Eppure da lì vedeva un vecchio lardoso stanco della vita truccato come un nobile settecentesco. Mentre lo guardava se lo immaginava in mutande davanti alla tv a vedere un varietà. Gli faceva più simpatia.
Ancora meglio quando cominciò a parlare.
-: Allora, signor James, pare che lei sia qua per un omicidio plurimo.- disse mentre i suoi menti ballonzolavano - E' stato visto da tutti in piazza durante una campagna elettorale con un fucile Winchester. Pare che abbia sparato contro il candidato, il candidato del partito opposto, qualche rappresentante e anche a dei pubblici ufficiali.:-
Si fermò un attimo e guardò la sala. Lo sguardo passò da una tribuna all'altra, alla ricerca di qualcosa. Ma lo sguardo era vuoto: sapeva già che dire, ma voleva rendere tutto più teatrale. L'unica cosa che colpì l'accusato erano i famosi doppi menti che si muovevano in modo ipnotico.
-:Pare che lei non abbia la difesa.:-
-:No, vostro onore.:-
-:Qualche dichiarazione?:-
La sua mente cominciò a viaggiare, e tornò indietro di qualche giorno.

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Capitolo 3
*** Lo scatolone ***


Lo schermo della televisione divenne un caleidoscopio di forme e colori, il volume lo investì con tutta la sua forza.
Sgranò gli occhi.
Roderick aveva sempre visto la tv tranquillamente, senza darci troppo peso. Lo trovava un mezzo da usare a fine giornata dopo il lavoro per staccare il cervello e non pensare troppo.  Infatti aveva sempre odiato trasmissioni politiche, cronache nere e programmi culturali.
Ma quello scatolone era diventato il suo peggior nemico, in quel momento.
I jingle, i suoni, le risate registrate, le facce gommate si mescolavano con i sorrisi di quei mostri simili a bambini davanti a merendine di calcina, coi profumi e le auto tedesche.  Le immagini scorrevano come un fiume in piena: velocissime, impetuose e inarrestabili. E sempre come un fiume in piena  distruggeva tutto quello che incontrava, anche gli oggetti più resistenti. 
Quella vista lo inorridiva e lo disgustava, ma non riusciva a staccare lo sguardo: a costo di guardare si sarebbe forato le cornee. Quel frullatone continuava a vorticargli nel cervello, unendo le immagini  relativamente gioiose in scene macabre e grottesche come una famigliola felice che pasteggia sopra un cadavere ancora caldo, un bambino che si rotola nella merda, una ragazza che si mangia le labbra del suo fidanzatino, facce sciolte, pieni di bugni e ribollenti di sangue che si leccano e pozze di catrame che mangiano animali interi facendo schioccare gli ossicini.
Come al negozietto, non riuscì a muovere un muscolo.
E, sempre come prima, tutto si bloccò. Ma questa volta era per peggiorare il tutto.
Tutte le maschere che aveva visto al negozio se le ritrovava nello schermo e lo fissavano. Continuarono a fissarlo per un lunghissimo secondo, più lungo di un secolo. Poi cominciarono a farfugliare qualcosa. Ma quello che sentì non era una lingua sconosciuta o inventata dal suo inconscio: era la sua lingua, ma non capiva una sola parola. Capì solo SOTTOMETTETEVI. Finalmente il campo si allargò e vide che sullo sfondo campeggiava una bandiera con un simbolo.

“Ma dove l’ho già visto? L’ho presente, eppure.. ”

La sua mente ebbe un flash. Era il logo di un partito politico.
E così capì tutti.
Finalmente si staccò dallo schermo e pensò all’accaduto. Venne catturato da una voce di donna che annunciò la presenza del capo del partito e dei partiti opposti nel centro della sua città.
Sulla sua faccia si dipinse un ghigno.

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Capitolo 4
*** Pulizie di primavera ***


Si alzò di scatto dal divano e si precipitò  nel soggiorno, alla ricerca del vecchio fucile di suo nonno. Lo trovò in un mobiletto e, appena recuperato, accostò la canna all’occhio sinistro per controllarne lo stato. Non poteva permettere che il colpo fallisse. Scoprì imprecando che la canna era decisamente sporca e si mise subito alla ricerca dello scovolino scavando nello stesso mobiletto. Lo trovò nell’angolo più remoto del mobiletto e subito si gettò sul fucile per smontarlo. Prese la canna del fucile, mise tutto il resto da parte e cominciò a pulirlo alla bell’è meglio. Appena finito rimontò il tutto e lo caricò con due proiettili 9 mm che trovò nel cassetto. Si ricordava di quei due proiettili. In un flash multicolore rivide suo padre che gli mostrava quei proiettili raccontandogli che li aveva ereditati da suo papà. Pensò che era il modo migliore per usare quelle supposte di morte. Prese anche una scatola di munizioni dal mobile, mise il fucile in un borsone da palestra e uscì di casa. Salì in macchina e si diresse verso la sua destinazione.
Superò il semaforo e prese a sinistra per entrare in un parcheggio. Si fermò non molto lontano dalla piazza e scaricò il borsone, per poi dirigersi verso la suddetta piazza. Appena sentì le voce del capo-partito alle casse ebbe una ricaduta colorata. Vide quei giocattoli inquietanti ormai familiari che lo assediavano da tutte le strade.
-: .. E quindi provvederò a fornire più posti di lavoro e riportare il bilancio in positivo.. :-
Sentì ogni stronzata di quei mostri mentre cercava di avanzare.
-: .. Punterò ogni mio sforzo sulla rinascita economica, e non sui diritti degli immigrati e dei gay come la concorrenza. :-
Arrancava con difficoltà verso il palco mentre le maschere lo aggredivano.
-: .. Distruggeremo finalmente questo razzismo dilagante e daremo diritti anche agli “scarti sociali”. :-
Questo era un altro. Invece che una campagna politica sembrava un incontro verbale di boxe. Nel frattempo era riuscito a mescolarsi con il pubblico.
Più si avvicinava al palco più le maschere divennero aggressive e le parole divennero più pesanti e insopportabili. Arrivò a fianco del palco, davanti alla scaletta, e puntò il suo sguardo verso le facce dei politici ormai deformate e più somiglianti a cadaveri multicolore.
Aprì il borsone e estrasse il winchester. Sentì urli e grida dal pubblico, ma se ne fregò e salì le scalette. Prese tutto il suo coraggio non curandosi dei giocattoli che lo ghermivano e puntò il fucile verso quei mostri.
-: E basta dire puttanate!:-
Esplose il suo primo colpo verso quell’essere davanti al microfono facendogli saltare la testa. Quello schizzo rosso lo fece rinsavire momentaneamente; le maschere sparirono e il mondo tornò simile alla precedente realtà. Quando i colori tornarono sparò il secondo colpo allo stomaco del secondo mostro e gli fece lo stesse effetto. Quindi il mondo sarebbe tornato normale senza quelle “persone”. Bene. Continuò a caricare e scaricare il fucile verso i mostri e ne sparò qualcuno anche ai poliziotti, sentendo finalmente che la sua esistenza stava tornando alla normalità.
Quando si accorse di aver finito le munizioni si guardò intorno e scoprì di essere circondato da guardie che gli puntavano le pistole contro.
-: Ti dichiaro in arresto. Metti le mani dietro la nuca e non opporre resistenza, ogni tua parola può essere usata contro di te. :-
Appena finita la recita, Roderick gettò il fucile in terra e si portò le mani dietro la testa.Si alzò di scatto dal divano e si precipitò  nel soggiorno, alla ricerca del vecchio fucile di suo nonno. Lo trovò in un mobiletto e, appena recuperato, accostò la canna all’occhio sinistro per controllarne lo stato. Non poteva permettere che il colpo fallisse. Scoprì imprecando che la canna era decisamente sporca e si mise subito alla ricerca dello scovolino scavando nello stesso mobiletto. Lo trovò nell’angolo più remoto del mobiletto e subito si gettò sul fucile per smontarlo. Prese la canna del fucile, mise tutto il resto da parte e cominciò a pulirlo alla bell’è meglio. Appena finito rimontò il tutto e lo caricò con due proiettili 9 mm che trovò nel cassetto. Si ricordava di quei due proiettili. In un flash multicolore rivide suo padre che gli mostrava quei proiettili raccontandogli che li aveva ereditati da suo papà. Pensò che era il modo migliore per usare quelle supposte di morte. Prese anche una scatola di munizioni dal mobile, mise il fucile in un borsone da palestra e uscì di casa. Salì in macchina e si diresse verso la sua destinazione.
Superò il semaforo e prese a sinistra per entrare in un parcheggio. Si fermò non molto lontano dalla piazza e scaricò il borsone, per poi dirigersi verso la suddetta piazza. Appena sentì le voce del capo-partito alle casse ebbe una ricaduta colorata. Vide quei giocattoli inquietanti ormai familiari che lo assediavano da tutte le strade.
-: .. E quindi provvederò a fornire più posti di lavoro e riportare il bilancio in positivo.. :-
Sentì ogni stronzata di quei mostri mentre cercava di avanzare.
-: .. Punterò ogni mio sforzo sulla rinascita economica, e non sui diritti degli immigrati e dei gay come la concorrenza. :-
Arrancava con difficoltà verso il palco mentre le maschere lo aggredivano.
-: .. Distruggeremo finalmente questo razzismo dilagante e daremo diritti anche agli “scarti sociali”. :-
Questo era un altro. Invece che una campagna politica sembrava un incontro verbale di boxe. Nel frattempo era riuscito a mescolarsi con il pubblico.
Più si avvicinava al palco più le maschere divennero aggressive e le parole divennero più pesanti e insopportabili. Arrivò a fianco del palco, davanti alla scaletta, e puntò il suo sguardo verso le facce dei politici ormai deformate e più somiglianti a cadaveri multicolore.
Aprì il borsone e estrasse il winchester. Sentì urli e grida dal pubblico, ma se ne fregò e salì le scalette. Prese tutto il suo coraggio non curandosi dei giocattoli che lo ghermivano e puntò il fucile verso quei mostri.
-: E basta dire puttanate!:-
Esplose il suo primo colpo verso quell’essere davanti al microfono facendogli saltare la testa. Quello schizzo rosso lo fece rinsavire momentaneamente; le maschere sparirono e il mondo tornò simile alla precedente realtà. Quando i colori tornarono sparò il secondo colpo allo stomaco del secondo mostro e gli fece lo stesse effetto. Quindi il mondo sarebbe tornato normale senza quelle “persone”. Bene. Continuò a caricare e scaricare il fucile verso i mostri e ne sparò qualcuno anche ai poliziotti, sentendo finalmente che la sua esistenza stava tornando alla normalità.
Quando si accorse di aver finito le munizioni si guardò intorno e scoprì di essere circondato da guardie che gli puntavano le pistole contro.
-: Ti dichiaro in arresto. Metti le mani dietro la nuca e non opporre resistenza, ogni tua parola può essere usata contro di te. :-
Appena finita la recita, Roderick gettò il fucile in terra e si portò le mani dietro la testa.

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Capitolo 5
*** Epilogo ***


Finito il flashback, tornò con la mente nell’aula e rivide il suo amato giudice che aspettava una risposta. Si guardò intorno e osservò nuovamente tutte le persone che componevano la stanza. Rivide i poliziotti in divisa immobili accanto alla porta d’ingresso, rivide la signora con un diamante nella scollatura con il vecchio consorte, rivide molte donne vestite a lutto, molti bambini annoiati, uomini capitati lì per caso con la palpebra calante, altri uomini vestiti eleganti  tutti impettiti e vecchi con la dentiera marcia.
 “Davvero ho fatto tutto questo putiferio per queste persone?”  pensò. “Prima li aiuto e poi sono qui a prendersela con me. Sono davvero ridicoli.. ”
-: Niente da dichiarare, allora? :- disse nuovamente il giudice portandolo alla realtà
-: Beh, ho sempre odiato i souvenirs. :-
-: Portatelo dentro. L’udienza è tolta. :-
Le guardie si avvicinarono e lo intimarono ad alzarsi. Si alzò con molto piacere e si fece trasportare fuori dall’aula. Ma, prima di varcare quella porta, rivolse al suo pubblico un ghigno, lo stesso ghigno che fece al suo televisore quattro giorni fa.

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