Black Pilgrim's Uprising

di Monkey_Machine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -1- Black Snake ***
Capitolo 2: *** - 2 - The end of Pilgrimage ***
Capitolo 3: *** -3- R.E.E.L ***
Capitolo 4: *** -4- Request ***



Capitolo 1
*** -1- Black Snake ***


Black Pilgrim's Uprising
 
-1-
Black Snake  
" Veloce come un' ombra, rapido fu il suo sinuoso strisciare"
 
[Quanto può essere immenso l' universo? Dovrà pur avere una fine da qualche parte: un punto dove trovare un muro, o qualcosa che impedisce di andare avanti. Oppure solo il vuoto e la distruzione. Le ipotesi sono tra le più varie e di grande numero. Ci deve pur essere una fine no? Tutto ha una fine e tutto si può definire limitato. Tutto finisce e niente dura in eterno, così come niente si espande all' infinito. Forse allora è solo un continuo circolare dove tutto è assurdamente infinito. Forse l' Universo è proprio questo: un cerchio, o meglio, un insieme di sfere concentriche che si espandono, sempre più grandi, sempre più ampie, nelle quali il punto di inizio corrisponde a quello della fine. Ma la domanda ritorna come tale: quanto si possono espandere queste ipotetiche "sfere". 
Un cielo blu. No, non un cielo, un vero e proprio mare, l' abisso e l' oceano infinito blu e nero. Tanti lo avevano visto, tanti lo hanno sognato, lo hanno bramato ma in pochi sono riusciti a dominarlo davvero. Harlock, il Capitano dell' Arcadia era uno di questi. Era riuscito a dominare lo spazio e sullo spazio; sull' infinito oceano di stelle e misteri: segreti nascosti appena sussurrati in quel silenzio tombale quasi surreale, calmo piatto, immenso. Quel silenzio non poteva essere più immenso e Harlock lo conosceva ormai fin troppo bene tanto che quel silenzio stesso pareva essere sottomesso alla stessa presenza grandiosa e imponente del pirata; o forse, in tutti quegli anni, era stato proprio quel silenzio a contagiare Harlock, a entrare in lui divenendo parte integrante del pirata dello spazio. 
Harlock aveva viaggiato per tutta la sua vita sull' Arcadia e l' Universo lo aveva esplorato in lungo e largo. Era sicuramente l' uomo che più ne sapeva di quella distesa di stelle e astri; eppure non avrebbe mai avuto la superbia di considerarsi il "conquistatore dell' Universo", e i fatti presto lo avrebbero confermato. Harlock era solo un uomo, e cosa può un uomo davanti all' immensità dell' Universo? Può scappare, o affrontarlo come da una vita faceva quell' audace pirata. Eppure una vita non basta ed Harlock era consapevole di questo: non basterebbero un milione di vite per esplorare e conoscere completamente l' universo, immenso o meno che sia. Lo possiamo definire, come anche il Capitano dell' Arcadia faceva, solo troppo grande, per evitare di esprimersi in maniera errata. ]


Erano passati diversi anni  da quando si era giunti infine, e finalmente, al termine della lunga e stremante guerra contro la Regina Raflesia e le Mazoniane. Distruzioni e grandi perdite avevano causato questa battaglia, forse la più grande combattuta davanti alla cecità degli stupidi uomini, la quale razza, ancora per una volta, era stata salvata. Gli anni in seguito alla guerra e ai grandi e  disastrosi effetti che si erano infine riversati sulla Terra, scossero inevitabilmente l' umanità che alzò dunque e finalmente lo sguardo al cielo. 
Fu l' incipit e l' input per una nuova "rivoluzione", il preludio a una futura rinascita dell' umanità, a una nuova presa di coscienza. Ma ci sembra troppo presto anticipare il racconto degli eventi futuri, di anni ..anni più tardi. 
7 lunghi anni erano passati dal termine della guerra. 7 anni da quando il capitano non toccava il suolo terrestre, da quando l' Arcadia sembrava essere sparita nelle profondità dello spazio per non far più ritorno sul pianeta. 
Era stanco il pirata delle stelle, sempre più stanco, quasi affaticato dalle battaglie, dal peso degli anni addietro e dalla solitudine. In tanti se ne erano andati e in tanti lo avrebbero fatto. Gli anni passavano e ognuno di questi portava il suo peso; i suoi tormenti. 

"Harlock tutto bene?"
Un sospiro ruppe il silenzio dopo le parole di Miime accompagnate dal suono leggero dell' arpa, sempre lo stesso dopo tanti anni. 
"Sì Miime...tutto bene" rispose alzandosi dalla sua massiccia scrivania dove la "polvere" ormai dimorava nelle complicate intagliature circolari e raffinate. Nonostante i condotti di areazione essa riusciva comunque a sfuggire ai potenti filtri, comunque antichi dell' Astronave dell' amico.
La musica si interruppe soavemente sotto le leggere e affusolate dita della donna. 
"Ne sono contenta" disse con voce flebile prima che la dolce musica riprendesse a riempire la stanza del Capitano, il quale sapeva bene cosa realmente nascondessero le sue parole. Ormai conosceva bene Miime: non aveva bisogno di indovinare questi suoi pensieri sempre più frequenti
"Scusami"

[...]

"Tadashi, hai dato un' occhiata ai nuovi dati giunti dalla stazione 5532?" chiese Yuki senza staccare gli occhi dai grandi schermi della sala comandi. 
"Li sto controllando adesso" rispose il giovane uomo concentrato anche lui sul monitor, ma al contrario della donna, per qualche istante, con la coda dell' occhio, di tanto in tanto, lasciava scivolare lo sguardo dolcemente sulla ragazza, e quando questa notava lo sguardo di Tadashi arrossiva leggermente "risvegliando" l' uomo e facendolo arrossire a sua volta. 
La mano di Tadashi picchiettava nervosa sul monitor e prese un respiro. 
"Senti Yuki.."
"Aspetta! Guarda" lo interruppe bruscamente la bionda puntando l' indice nello schermo  con decisione. Un mugolio lamentoso dentro Tadashi, che prontamente riuscì a reprimere e a concentrarsi studiando con lo sguardo gli strani e nuovi dati ricevuti dal computer. 
"Guarda queste onde. I dati registrano in maniera anomala"
"Interferenze?"
Scosse la testa contrariata e sicuramente confusa. 
"Non lo so, ma non mi convince"
"Non c'è niente di tanto strano in fondo. Probabilmente stiamo passando in una zona magnetica, e da quanto dicono i dati..dovrebbe essere proprio questo no?"
Si allontanò di qualche passo prima di rivolgere un morbido sguardo alla bionda; quest' ultima invece scosse la testa nuovamente, non mostrandosi altrettanto sicura come Tadashi. 
"C'è qualcosa che non quadra. Osserva con attenzione. Non..non sembrano provenire da fuori, ma dall' Arcadia stessa".
I suoi occhi si puntarono fitti con insistenza su tutte le cifre, numeri e grafici. Due, tre più volte i suoi occhi i suoi occhi si persero nel monitor illuminato dalle scritte azzurrognole  la cui luce si rifletteva sulla sua pelle chiara e sulle ciocche bionde. 
"Da quanto tempo sei davanti agli schermi?" chiese Tadashi afferrandola dolcemente per i fianchi morbidi
"Il tempo necessario. Dovrei parlarne con il capitano. Mi sentirei più sicura e magari ne sa di più riguardo queste onde elettro magnetiche."
Le mani di Tadashi lasciano con la stessa leggerezza con la quale li aveva afferrati i suoi fianchi e indietreggiò prendendo un po’ di distanza annuendo infine. Lo sguardo apprensivo e consapevole di lei incontrò il suo prima di abbandonare, accompagnati da passi decisi, la grande sala. 
[...]

"Se hai bisogno di qualcosa..io sono qui. Riposati per adesso "  gli consigliò Miime prima di scivolar via  dalla camera lasciandosi richiudere la porta alle sue spalle accompagnata dal suo innaturale silenzio a cui ormai i membri dell' Arcadia avevano fatto l' abitudine imparando a conoscere la comunque misteriosa figura di Miime. Tutto questo solo dopo un taciuto ringraziamento del pirata. 
E adesso era solo. Finalmente solo? o ancora solo? Non sapeva neanche più lui la differenza. Cosa desiderava dunque? Che fine aveva fatto quell' ardore, quel desiderio di combattere, di non arrendersi? La luce nei suoi occhi si era spenta davvero? Una velatura marcata come di apatia segnava il suo volto, il quale nonostante avesse mantenuto l' aspetto di un uomo vigoroso e ancora affascinante, portava con se i segni di quella giovinezza che ormai stava perdendo sempre di più per lasciare spazio alla sua maturazione di uomo già cominciata anni addietro e ora nel suo pieno. Inoltre a rendere quello era il volto di un pirata spesso stanco. Stanco di combattere e lottare per chi lo aveva sempre considerato un criminale, un terrorista. Ne valeva la pena? Cosa ne aveva ricevuto in cambio? Niente, soltanto disprezzo..nient' altro che disprezzo e maledizioni. La rabbia più frequentemente lo invadeva e travolgeva. Aveva perso i suoi affetti, persino Mayu dopo la guerra, che aveva allontanato da se dolorosamente per tentare di tenerla il più fuori possibile da tutti quei guai. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato, e ormai aveva capito che uno dei tanti pericoli per la ragazzina poteva diventare proprio lui. Suo padre non avrebbe mai voluto una vita da pirata per lei e Harlock aveva sempre rispettato questa scelta, per questo aveva colto l' occasione per allontanarla da lui. Le avrebbe fatto male prima o poi e anche quella sua apatia avrebbe ferito il suo animo gioviale, anche se forse proprio quello sarebbe riuscito a risanare lo spirito del capitano dell' Arcadia. 
Sì era rimasto solo in fondo, o almeno così si sentiva. Solo nei suoi pensieri, nei suoi tormenti, nella sua astronave, nella sua stanza...ma forse dovremmo obbiettare. Quella sera non era proprio solo nella sua camera. 
Ti spiano. Due luci, due spie  nascoste nella penombra, osservano e studiano con attenzione la figura di Harlock. Baluginano nel buio lentamente, pacatamente, quasi fossero invisibili, poiché in fondo proprio questo erano. Provò a scendere, ad avvicinarsi, eppure ad Harlock sfuggì quel, quasi impercettibile, suono. Aprì il suo occhio e lo puntò contro la parete davanti a se. Non si mosse e finse di non aver udito niente. Attese qualche istante, ed ecco il solito suono, più simile a uno strisciare. La sua mano corse al fianco, dove, attaccata alla cintura teneva lo strumento giusto per freddare l' intruso nel caso si fosse rivelato ostile. La presenza scivolò giù per il muro nell' ombra, come una serpe sul sasso, prima di attaccare famelica la sua preda. Un serpe, proprio una serpe si sarebbe rivelata quella presenza. 
I piedi si posarono sul pavimento e un colpo di pistola fece esplodere l' aria nella stanza. Il fiato sospeso di Harlock fissava con insistenza e terribile freddezza la parete fino a pochi secondi dietro di se, mentre la sua pistola in mano era ancora calda e la mano ben stretta intorno al grilletto, rivolta verso la parete buia. 
Nessun movimento, nessun suono. Niente di tutto ciò. Era ricalato il silenzio nella stanza, intervallato solo dai respiri profondi, ma comunque calmi di Harlock. Un passo, poi un altro e lentamente si avvicinò alla parete contro la quale la pallottola si era conficcata. Fiato sospeso… per entrambi, fino a quando...
"Harlock! Perdonami ma.."
"YUKI!"
Troppo tardi, e il capitano lo aveva capito troppo tardi. 
La figura scattò via dal muro, quasi come fosse sempre stata al suo interno e avesse trovato ora il modo di uscirsene. Veloce come un' ombra, rapido fu il suo sinuoso strisciare. Si scagliò inizialmente contro Harlock per farsi spazio e successivamente il suo pugno finì sotto il mento della bionda, che a tale forza improvvisa, cadde indietro con un grido di dolore. 
La figura riuscì, avventandosi contro Yuki, ad uscire dalla stanza a gran velocità, mentre quest' ultima si rialzò con il fiato terribilmente corto e con le labbra sanguinanti e la gola stretta ancora in una morsa di stupore e terribile fiato mancato. Harlock, incredibilmente sorpreso a sua volta si lanciò nel corridoio per seguire la figura misteriosa, che era poco prima scivolata via dalla stanza con impressionante velocità. 
Qualche istante dopo anche Tadashi, nel tentare all' improvviso di bloccare quell' "intrusa" subì la sua violenta reazione, e il pugno stavolta finì dritto nello stomaco, tanto forte da riuscire a  piegare un giovane uomo in due e a farlo quasi crollare a terra. 
"Tadashi!"
E mentre l' ombra nera ancora si occupava dell' uomo, più forte di costituzione rispetto alla povera Yuki presa alla sprovvista come lui, Harlock riuscì a vedere finalmente, insieme al sangue sputato da Tadashi, il cui viso era improvvisamente divenuto viola- rossastro, la figura e il volto del serpente nero. 
E ricomparvero, come magicamente, i due occhietti luminosi da sotto una pesante maschera e casco di ferro. Quegli "occhi" gelarono il sangue dei due. 
Due spie di una figura tutta femminile, che adesso non abbandonava lo sguardo del pirata Harlock: il suo uomo. 

 

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Capitolo 2
*** - 2 - The end of Pilgrimage ***


- 2 -
The End of Pilgrimage
" Fu il suo sorriso misterioso a parlare, a giocare con quel segreto che teneva nascosto tra le labbra e che per molto tempo lì vi avrebbe dimorato." 
 
Yuki non sapeva e non riusciva a valutare quale delle due cose davanti ai suoi occhi fosse più terribile e agghiacciante. Il viso violaceo di Tadashi o i due "occhi-luci" che la fissavano in silenzio senza espressione: caratteristica ancor più terribile e spaventosa da attribuire ad uno sguardo del genere, incomprensibile, tanto che la bionda iniziò seriamente a dubitare che la figura stesse guardando proprio lei o  il Capitano al suo fianco. 
La sua mano era ancora attaccata al colletto strappato del povero Tadashi, che neanche riusciva a rialzarsi e ribellarsi a quella stretta d'acciaio. La "donna" si fermò improvvisamente, così come fecero Yuki e in seguito Harlock, tra cui la prima si mostrava inorridita davanti a tale mostruoso spettacolo, mentre il secondo restava stupito, ammutolito. Anche la sua espressione si rivelava, forse dopo tanto e tanto tempo, indecifrabile . Gli sguardi dei tre si incrociarono, o meglio, le attenzioni della donna erano rivolte unicamente ad Harlock e viceversa. Fitti, intensi (uno per via della luminosità di quelle piccole lanterne azzurrine ) si sostenevano a vicenda, senza crollare e senza sottomettersi l' uno all' altro. Al contrario quello di Yuki si muoveva e si spostava convulsamente dalla donna ad Harlock; da Harlock alla donna, attendendo ansiosamente una qualche reazione da parte del capitano o forse un possibile comando. 
Solo in quell' attimo quasi eterno, fisso nella sua frenetica immobilità, il capitano potè osservare la sua figura. 
Donna, decisamente donna. Il corpo era fasciato  fino al collo in una tuta ( o almeno così sembrava) nera e aderente. Difficile stabilirne il tipo di tessuto. Solo le braccia e le spalle in tutto ciò erano pericolosamente scoperte rivelando un incarnato chiaro, pallido, in netto contrasto con l' "abito". Se fino ai gomiti si rivelava la sua pelle candida, gli avambracci invece si trovavano rivestiti e protetti da un tessuto come più solido... no... non era tessuto questo, ma qualcosa più simile al metallo, a delle placche opache di ferro o acciaio, che giungevano fino ai polsi per poi sparire in dei pesanti, quasi deformi, paia di guanti, così grandi, e di per nulla raffinata fattura a differenza di quello che poteva sembrare il completo e la figura slanciata e sinuosa stessa che lo indossava, che non lasciavano neanche immaginare la forma di quelle mani, sempre che di mani si trattassero in fondo. Fu proprio lo sguardo di Yuki, di nuovo rivolto a Tadashi, che notò, con sorpresa, i piedi nudi della donna. Non troppo grandi, ma graziosi: uno di quei pochi tratti da cui si poteva ipotizzare con più certezza una possibile appartenenza alla razza umana. Cinque dita, un calcagno, pianta longilinea, caviglia: non c'era niente di anomalo. 
Ma di tutto ciò niente interessava il capitano, il cui sguardo era rimasto incollato a quelle due luci che brillavano intensamente sotto quella maschera-casco di ferro piatta e liscia, dalla quale usciva qualche lunga ciocca di un innaturale color rosso carota.
I due sguardi, l' uno più forte dell' altro, non si lasciarono neanche un attimo. Non un' esitazione davanti a tanta potenza. Uno freddo, imponente, quasi maestoso e di grande forza, l' altro inespressivo, piatto, caparbio e pericoloso: quelle due luci sembravano brillare con più vigore e la forza con la quale la donna aveva steso il povero Tadashi confermava che quelle piccole spie erano vive, e dietro vi era qualcuno di vivo..notevolmente vivo, tanto vivo da aver quasi spaccato il viso a un giovane uomo non più fragile e debole come un tempo. 
"Harlock!"  ruppe il silenzio proprio quell' uomo, cercando di farsi forza con un lamento. 
Si scatenò dunque l' inferno e quell' attimo eterno si ruppe e svanì nel caos delle pallottole. 
"BASTARDA!"  gridò Yuki premendo il grilletto puntando la pistola contro la sua figura. 
La mano lasciò il collo del ragazzo e la "serpe" si mosse per evitare il colpo. Quasi si chiesero come le ossa della sua colonna vertebrale non si fossero rotte in un sonoro "crack!" a tale movimento del tutto innaturale e quasi disumano. 
Umana? Iniziarono a dubitare, specialmente quando questa continuò a scappare nonostante la quantità di pallottole che Yuki le scaricava addosso, molte delle quali la colpirono in pieno, ma senza scalfirla, senza fermarla. La sua corsa continuò indisturbata, e fu seguita da quella successiva dello stesso Harlock. 
"Harlock!"  
"Resta con Tadashi! Occupati di lui!" le gridò poco prima di lanciarsi in quella corsa folle dietro la donna. Nonostante fosse passato ormai qualche anno il Capitano non aveva perso il suo vigore giovanile. 
Qualche grida risuonò nei corridoi: quelle di qualche povero malcapitato che, nella sua sfortuna, aveva incontrato la fuggitiva. Voltato l' anogolo, Harlock si ritrovò dinnanzi la povera figura impaurita di Masu, ancora tremolante. La cuoca aveva i suoi notevoli anni e ne aveva viste di cose, ma da quanto potè constatare il capitano, quella che era appena sfrecciata via di lì doveva essere particolarmente forte. 
"Dove è andata? Masu!"  chiese con foga avendo perso di vista la donna. 
"E' passata..veloce. Non..non lo so. Se ne è andata per di là"  rispose indicando un punto mezzo indefinito, mentre cercava di inghiottire la paura. Non le faceva più bene per la sua età. 
La corsa di Harlock riprese verso quel punto indefninito, il quale via via che si avvicinava, rendeva sempre più inquieto il Capitano. 

[...]
La sala motori era decisamente grande. Piazzata sotto l'ipotetica poppa dell' aereonave, essa si trovava ben protetta dagli attacchi frontali nemici, o dalle operazioni di abbordaggio della stessa Arcadia ai tempi d' oro: sfondare di prua il fianco della nave nemica e disarmarla. Metodo drastico ma efficace. 
Valvole, pistoni, macchinari e computer in moto, attivi e caldi. Tantissimi elementi a lavoro. Quasi una giungla ordinata fatta di antichi ma buoni e resistenti cavi. La donna già sapeva dove andare e già conosceva il suo obbiettivo, che, dopo qualche minuto di ricerca, trovo davanti a sè. L' unico rumore era quello delle macchine e dei motori in movimento, oltre alle mezze grida provenienti dai condotti di areazione dai quali riusciva a filtrare un pò di luce, permettendole di non girare a vuoto nel buio, ma di riuscire ad orientarsi in quell' atmosfera bluastra e grigia che nascondeva, custodiva e proteggeva il cuore pulsante dell' Arcadia. Già, era quello il cuore pulsante dell' astronave, dell' anima di Tochiro, dello spirito stesso di Harlock. Mettere le mani su quel cuore, fatto di monitor e cavi al posto di ventricoli e arterie, avrebbe significato mettere le mani sulle anime e sui cuori di chi abitava o chi aveva abitato l' Arcadia. Cosa sarebbe accaduto in tal caso a quel pulsante cuore collettivo?
Le era stato abbastanza difficile forzare le serrature della grande sala ma infine era riuscita ad accedervi, e non in maniera tanto tradizionale e ortodossa...
Curioso fu il suo correre ed agire senza esitazioni, senza troppi pensieri, e ancora più curioso fu la sua sicurezza con la quale adesso osservava, in gran parte anche compiaciuta, il grande cilindro di Ourouptanium contenuto in tale grande motore. 
Avvicinò la sua mano al volto, lasciando che la superfice piatta e liscia della maschera, rivelasse la sua vera struttura a lastre, alcune delle quali salirono dal mento fin sotto il naso dove si nascosero sotto il resto della maschera, lasciando scoprire delle labbra carnose e non troppo grandi. Esse afferrarono il guanto e lo tirarono via dalla mano, che si posò lentamente sulla superficie "vitrea" del motore dove il liquido si muoveva, si espandeva, bolliva sostanzioso nel suo colore e luminosità azzurrastra. 
Lo stesso azzurro dei monitor dell' Arcadia. 
Lo stesso azzurro degli occhi della donna.
Un mezzo sorrisetto compiaciuto si compose sulle sue labbra tirate mentre le dita della mano si distendevano sulla superficie fredda e calda allo stesso tempo. 
Click..
Un suono piuttosto familiare che riuscì a bloccare la donna. 
Qualcosa di freddo si era puntato sulla sua nuca, appena sotto il casco, tra qualche ciocca rossastra. 
"Chi sei?"  chiese con voce ferma e gelida il Capitano, mentre la mano stringeva con sicurezza la pistola. 
Di nuovo lo stesso sorrisetto si compose sulle labbra della donna, la quale, con naturalezza risistemò il guanto e si alzò lentamente, dalla posizione accovacciata che aveva assunto. 
Inclinò leggermente la testa sulla spalla per poteri intravedere la figura dell' imperturbabile Harlock. Le  due luci si riaccesero sotto il suo casco e stavolta il suo corpo ruotò quasi del tutto per ritrovarsi veramente faccia a faccia con il temibile pirata dello spazio. 
"Come sei arrivata qui?" chiese con maggiore durezza, putando nuovamente la pistola al suo collo, e stavolta senza limitarsi ad appoggiare leggermente la canna. 
"Dunque sei tu Harlock?." 
Non rispose il Capitano, dimostrandosi confuso a tali parole.
Una mezza risata soffocata riecheggiò nel silenzio della sala.
"Infine ti ho trovato"
Le parole gli si bloccarono in gola, mentre, quasi involontariamente, spinse la pistola ulteriormente contro il suo collo. In tanti lo avevano cercato in passato, e le taglie su di lui erano state tante, tantissime. 
"Chi ti manda? Rispondi!"
Ma non rispose, stavolta non lo fece e fu il suo sorriso misterioso a parlare, a giocare con quel segreto che teneva nascosto tra le labbra e che per molto tempo lì vi avrebbe dimorato. 
Strinse i denti Harlock e trattenendo un impeto di rabbia lasciò correre la pistola, dal suo collo alla sua tempia. Lì forse non avrebbe "evitato" il colpo come aveva fatto con Yuki. 
"Cammina"


[..to be continued]

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Capitolo 3
*** -3- R.E.E.L ***


-3-
R.E.E.L

"Il 'leviatano' gettò indietro il collo contorcendosi e perse l' equilibrio."

Non fece troppe discussioni la donna trovandosi l' arma fredda puntata alla tempia, mentre la mano di Harlock la spingeva senza troppa delicatezza "invitandola" a procedere avanti.
Che fosse divenuta così improvvisamente docile la serpe? Lo sapeva Harlock e sapeva di non dover in alcun modo abbassare la guardia. Cosa le avrebbe impedito di sferrare il suo colpo contro il pirata? Eppure ancora non si ribellava e continuava a camminare in silenzio con passo deciso ma silenzioso spinto da quello del capitano piuttosto sonoro. Dove la conduceva? Lontano da lì, sicuramente, lontana dal cuore pulsante dell' Arcadia; successivamente la meta sarebbe stata una delle celle del laboratorio. Non era una creatura pacifica, da quanto aveva potuto constatare, e andava controllata e tenuta sotto chiave. Non era solito tenere un comportamento simile con i suoi "ospiti" ma in quel caso non potè fare altrimenti, per il bene suo, dell' equipaggio e dell' Arcadia.
Qualche passo lungo il corridoio secondario, vuoto, o almeno fino a quando Yattaran, avvertito già da Yuki della ostile presenza a bordo, non fece la sua comparsa restando inizialmente per qualche attimo colpito (e non seppe nemmeno lui se piacevolmente e meno) della figura alta, slanciata e sinuosa della donna.
"Capitano. Ordini!"
"Laboratorio. " fu la sua lapidaria risposta. Aveva già capito tutto così come aveva compreso la donna, affatto stupida e disattenta.
La mano di Harlock era ancora poggiata contro la schiena di lei, e solo allora, scostando giusto le dita, notò quegli strappi nel tessuta della sua tuta nera: veri e propri buchi e la pelle sotto…semplicemente annerita intorno a quella che pareva essere la sagoma circolare della pallottola che l' aveva perforata precedentemente. Colpita, era stata colpita più volte come dimostravano i molteplici strappi. Non un gemito, non un lamento e le ferite? Inesistenti. Totalmente inesistenti. La carne pareva essersi rischiusa sopra le pallottole.
Cosa gli diceva che ad un ennesimo colpo essa sarebbe caduta?
Forse fu esitazione, forse ripensamento, ma bastò un attimo: la canna della pistola si staccò di qualche centimetro dalla sua tempia e il suo gesto fu repentino, proprio come lo era stato attimi prima. Una mano aveva spinto via Yattaran e l' altra, chiusa a pugno aveva fatto saltar via la pistola dalla mano di Harlock.
Questa, dopo un attimo di sorpresa presa dal gesto improvviso, corse veloce alla cintura dove un' ulteriore arma aspettava ormai da tempo di essere impugnata...come ai vecchi tempi.
Qualche passo indietro e la donna sparò contro il pirata. Il boato risuonò per il corridoio con forza ma il colpo non andò a segno contro il pirata, grazie anche ai riflessi pronti di quest' ultimo. Non credeva che dopo così tanto tempo potesse tornare all' azione in quel modo.
Il colpo però non era realmente destinato a lui. Gli bastò distrarlo per correre via e finalmente, stavolta davvero e senza perdere tempo, prendersi ciò che aveva finalmente trovato. L' adrenalina della corsa, dell' azione scorreva veloce nelle vene di Harlock che prontamente, senza lasciarsi sfuggire l' occasione, mirò a sua volta e stavolta per colpire davvero la fuggitiva.
Un respiro, breve, veloce, mozzato, la mira precisa come un tempo e la pallottola schizzò via dall' arma con potenza. Fu più veloce del serpente che rimase colpito proprio dove la "criniera rossa" scompariva sotto il caso di ferro e segreti. A tale colpo non potè far nulla e non resistette. Il leviatano gettò indietro il collo contorcendosi e perse l' equilibrio. Eccolo il momento favorevole, affinchè Yattaran e Yuki, accorsa anche lei al suono dello sparo lasciando Tadashi alle cure di Meeme. Afferrata con forza per le braccia, essa tentò di ribellarsi stringendo i denti, i pugni e spingendosi in avanti verso Harlock, mostrandogli quasi i denti  come una bestia feroce. Altri accorsero per aiutare i due a trascinarla via e metterla sotto chiave davvero.
"HARLOCK!" gridò dimenandosi ancora. Il pirata non si scompose e si allontanò in silenzio.
"Dottor Zero! Forza!" gridò Yuki rivolgendosi a questo, mentre estraeva dalla fodera la sua pistola per puntarla alla nuca dolorante della donna, dalla qualche però neanche una goccia di sangue uscì. La ferita era ancora aperta ma la pallottola doveva esserci sprofondata dentro.
"HARLOCK! SARAI TU A CERCARMI! TU HAI BISOGNO DEL MIO AIUTO!"
Delirava, si dicevano gli altri; aveva perso il senno accecato dalla rabbia che la stava accecando e che le faceva stringere violentemente i pugni e i denti.
Le labbra si spalancarono ancora ma il sedativo del Dottor Zero faceva finalmente effetto. Neanche aveva avvertito la puntura dell' ago della siringa che con insistenza aveva perforato la sua pelle. Tirò un mezzo grido di rabbia e crollò chinando il capo e perdendo il sostegno delle gambe che la fecero crollare al suolo, retta soltando per le braccia dal resto dei presenti. Pesava parecchio il suo corpo, che ora pareva senza vita, proprio come un cadavere. Il respiro: impercettibile, e la bocca impudente e scellerata ora era serrata in una smorfia addormentata.
[...]
Harlock nella sua cabina, poggiato contro la scrivania, buttava giù sorsi consistenti dal calice di vino. In fondo era ancora un signore, e non sarebbe stata la vecchiaia che avanzava a fargli dimenticare le buone maniere nei confronti di se stesso.
Erano passate un paio d' ore e ancora rifletteva sulle parole della sconosciuta. Non le aveva sottovalutate come avevano fatto gli altri, tanto che per ben due ore ci aveva ragionato. Non era umana e non poteva esserlo. Aliena, probabilmente. Mazoniana? Da escludere a priori. I colpi l' avrebbero fatta bruciare come carta, ricordò il capitano quando sette anni prima aveva combattuto la sua guerra contro Raflesia. La mente affollata dai pensieri lo confondevano e lo intrappolavano in un vero e proprio labirinto di ipotesi, teorie, opinioni. Il vino non lo aiutava. A distrarlo fu il bussare alla porta, dalla quale dopo un suo "Avanti" comparve lo stesso Dottor Zero.
"Capitano" iniziò.
"Abbiamo svolto le analisi sull' intrusa. Sarebbe il caso che lei venisse di persona a vedere"
Non chiedeva di meglio. Si alzò senza indugiare e seguì il dottore in laboratorio.
In diversi erano lì a studiare e ad analizzare vari campioni, sicuramente della donna, e più o meno tutti, all' arrivo del loro Capitano, abbandonarono la loro occupazione per rivolgergli un cenno o un saluto.
Ma il vero spettacolo era lì.
"Abbiamo dovuto isolarla. Emanava un' energia troppo potente tanto da essere un rischio stesso per l' Arcadia" spiegò il dottore indicando la sua figura rannicchiata su se stessa e immersa nella grande vasca isolante. Attaccata ai respiratori, girava, galleggiava e si lasciava trasportare dal movimento cullante e lento del liquido giallastro nel quale era immersa. Le vesti le erano state tagliate lasciando coperte solo le sue nudità e il casco le era stato tolto "scoprendole" così il viso. Esso era però in gran parte nascosto dalla decisamente lunga e liscia chioma arancio-rossastra.
Harlock non staccò gli occhi da quella figura, tanto bella e tanto maledetta allo stesso tempo. Pericolosa ma bellissima.
“Come sarebbe a dire “un rischio per l’ Arcadia”?” riprese Harlock.
“Non è uno scherzo. Venga a vedere” lo invitò mostrando i dati registrati sul computer.
“Questi sono i risultati ottenuti dai prelievi del suo sangue”
Il pirata quasi strabuzzò gli occhi leggendo tali valori.
“I valori di radioattività ed elettromagnetismo sono elevatissimi. Nemmeno un essere umano li possiede”
Lo sguardo del pirata tornò sulla donna.
“Cosa diavolo è allora?”
“Saperlo, Capitano. Non riusciamo a capirlo” Venga, le mostro un’altra cosa”
Poco più in là afferrò i vestiti stracciati della donna, posati su uno dei tanti banchi, e glieli mostrò.
“Stoffa. Unica e semplice stoffa, e non riusciamo a spiegarci come possa non essere rimasta ferita..”
“Alla nuca però ha vacillato”
ragionò il pirata aggrottando le sopracciglia e indurendo il suo sguardo.
“Altro mistero. Le pallottole poi non si trovano. Abbiamo fatto un’ accurata radiografia del suo corpo ma non abbiamo trovato niente. Inoltre poi ha una forza decisamente spropositata per essere una donna..”
“Tanto forte da avermi quasi spaccato il naso..” aggiunse Tadashi unendosi ai due. Il suo volto era arrossato e sulla guancia vi era una bella cucitura realizzata dalle abili mani del Dottor Zero.
“Te la sei cavata. Hai solo quel taglio, tutto il resto è graffi e lividi”
“Resta il fatto che ti sei fatto mettere sotto da una donna”
aggiunse ridendo Yattaran, anche lui giunto in sala.
“Oh stai zitto!” rispose con una smorfia Tadashi.
“Non è il caso di scherzare” li ammonì il Capitano avvicinandosi alla superficie vitrea della grande vasca. Restò per qualche istante a fissare in silenzio e con insistenza la figura della donna.
[…]
Passarono i giorni. Le ricerche andarono avanti ma senza dar frutto. Non riuscivano a classificarla in nessuna razza aliena ed i dubbi aumentavano. Sicuramente lei avrebbe saputo svelare e spiegare la situazione essendone completamente coinvolta a tutti gli effetti, eppure questa non dava segni evidenti e pareva essere profondamente addormentata: merito soprattutto del potente liquido isolante del Dottor Zero e dei sedativi alla quale pesantemente era sottoposta. Alle volte il capitano stesso tornava a consultarsi con il dottore senza lasciarsi mancare di osservare e studiare la sconosciuta e la sua figura.
Giovane. Sulla ventina più o meno, comunque più giovane di lui. La pelle chiara senza evidenti segni, solo quale curiosa e particolare cicatrice che le correva lungo la schiena pallida. Il volto costantemente nascosto dalla massa dei lunghi capelli. Più volte Harlock aveva aguzzato lo sguardo cercando di osservarlo meglio, ma esso veniva sempre nascosto, coperto, come se la stessa donna, addormentata, volesse impedirgli di vederlo.
Quella sera in molti pensarono che stesse delirando parlando in quel modo al capitano, ma dovettero presto ricredersi…dovettero farlo qualche giorno più tardi.
[…]
Un’apparente tranquillità pareva dominare l’ abisso blu solcato dalla solitaria e maestosa Arcadia. Quasi dominato da quel pezzetto di blu che catturava, dominava per poi prenderne un altro e lasciarsi l’altro dietro nuovamente libero. La donna era rimasta lì, senza dare segni e anche Harlock aveva allentato la tensione nei suoi confronti e il suo pensiero lentamente si stava affievolendo nella sua mente e nei suoi pensieri.
Nel buio, nella quiete essi si muovevano, silenziosi, trasparenti in tutto quel blu, quasi formiche rispetto all’ Arcadia, ma velenose...terribilmente velenose.
Qualcosa scosse l’ intera Arcadia quella sera. La scosse ed essa tremò e tutti avvertirono il suo tremore, forse di paura, forse delle trepidazione della battaglia.
“Che diavolo è stato?!” chiese Tadashi osservando i monitor davanti a se.
“Non lo so! I radar non segnalano niente. Yattaran!” gridò Yuki a gran voce prima di aggrapparsi con forza al banco quando improvvisamente un’ altra scossa rivoltò l’ Arcadia.
“Non saprei! Non è un problema dell’ aereonave! Maji sta controllando” gridò a sua volta cercando di avvicinarsi ai computer.
Anche il Capitano era accorso nella sala comandi, sentendo quelle scosse tanto forti quanto estranee sulla sua Arcadia.
“Vengono da fuori” disse cercando di mantenere saldo il tono della voce, eppure non poteva nascondere l’agitazione. In tutti quegli anni di attacchi ne aveva avuti tanti, eppure mai si era manifestato in tale modo uno come quello.
“Capitano, ci stanno attaccando?!” chiese Tadashi rivolgendosi ad Harlock pensoso.
“Ma non è segnato nulla sul monitor!” interruppe Yuki cercando una qualche soluzione senza staccare gli occhi dai vari schermi.
Ormai si stava creando il delirio anche nel resto della ciurma e rimanere con i nervi saldi fu un impresa.
“Se continuando così ci spaccano un fianco..” bisbigliò con timore lo stesso Tadashi
“Sparate! Sparate e raffica!” ordinò il Capitano
“Ma se neanche li vediamo. Probabilmente ci stanno attaccati alle fiancate!” ribadì Tadashi, ma lo sguardo del suo Capitano era piuttosto evidente, e immediatamente azionò i cannoni e prese a sparare a raffica, forse al vuoto...forse no. Intanto le scosse non diminuivano e non sembravano intenzionate a farlo.
“Capitano!”
Ma il Capitano pensava, e cercava una soluzione.
-Tochiro..cosa diavolo devo fare?..-
“Capitano ci sfondano i fianchi della nave!”
Harlock afferrò con determinazione il timore e virò con velocità per spostarsi di fianco. Qualcosa da fuori esplose. E finalmente, sia sul radar e sia davanti ai loro occhi qualcosa di simile ad un astronave esplose. Non ne riconobbe le insegne ma continuò a virare, sperando di beccare qualche altra astronave che gli stava attaccata sulle fiancate. Ma non fu certo la tattica migliore contro astronavi “invisibili”.
Mentre i macchinisti cercavano di sistemare i vari danni creati dalle spinte, dalle botte e forse dall’ arpionarsi di questi veicoli nemici, Harlock tentava disperatamente di allontanarsi dalla zona, di distruggere, con lo scontro, le astronavi a lui vicino. Sapeva che era andare a tentoni, a caso, senza un programma ne uno schema premeditato. Tante volte si era trovato ad improvvisare con i nemici, ma sempre conosceva chi gli veniva incontro con i suoi cannoni. Non era questo il caso.
“HARLOCK! CHE FACCIAMO?!”
E forse per la prima volta… non seppe rispondere il Capitano, e rimase con le labbra serrate a fissare il blu davanti a se, dietro i pesanti vetri della nave. Lo chiamavano, ma anche gli altri si ritrovarono davanti a un Capitano senza parole, senza un piano e ne rimasero sconvolti, stupiti.
Non riusciva a smettere di pensare alla donna addormentata, alle sue parole. Ci doveva essere un motivo se era arrivata fin lì, e ormai era sempre più convinto che quelle parole non fossero arrivate a caso.
“Yattaran! Al timone! Cerca di allontanarti e uscire dall’ area” disse deciso recuperando la parola ed allontanandosi proprio per uscire dalla sala. Rimasero tutti interdetti, stupiti, senza saper a cosa pensare.
Raggiunse veloce, tra una scossa e l’altra, il laboratorio, dove trovò il Dottor Zero aggrappato con terrore ad uno dei banchi.
“Capitano! Ma cosa sta accadendo. Se continua così rischia di spaccarsi la vasca!” disse indicandola.
L’ unica ad essere rimasta fuori dal mondo era proprio la straniera. Isolata, indifferente a tutto quello che stava accadendo. Surreale.
“E’ proprio quello che voglio. Tiratela fuori di lì” ordinò senza troppi giri di parole e con una notevole fretta e tensione nella sua voce.
“Ma Capitano..” lo guardò decisamente allibito il dottore.
“Ci vorrà almeno un’ ora o forse di più!”
“Non ho un’ora. Gli concedo dieci minuti per uscire di lì e riprendersi” lo lapidò senza troppa gentilezza.
Il dottore rimase senza parole.
“Capitano...correrà dei rischi se la tiriamo fuori tanto bruscamente. Potrebbe non riprendersi!”
Il Capitano, stufo di tanto parole, afferrò la pistola nella fodera della cintura e puntandola contro il vetro della vasca premette con insistenza il grilletto.
“Corriamo questo rischio allora”
E sparò contro la vasca. Il Dottor Zero non aveva parole, non sapeva cosa fare, come reagire e rimase con le parole inesistenti strozzate in gola a fissare ,con deciso stupore, Harlock che sparava ancora e ancora contro il vetro. Finalmente dopo qualche altro colpo, esso si incrinò e si spaccò definitivamente lasciando uscire tutto il liquido giallastro che invase il laboratorio senza ritegno. Harlock si avvicinò senza indugio alla donna, ora distesa a terra, e sempre addormentata, e presa in braccio, la lasciò distesa su un banco. Le tolse i respiratori e la prese per le spalle attendendo e sperando si riprendesse e piuttosto velocemente. Aveva detto ad Harlock che sarebbe stata lei il suo aiuto e che lo stesso pirata sarebbe andata a cercarla. Si stava avverando tutto in fondo, e lo aveva capito il capitano.
“Dannazione! Non ho tutto il tempo per te!” sibilò a denti stretti mentre cercava nel banco un presa per poter aggrapparsi. Portò le mani sulle sue spalle e la scosse in maniera più forte. Aveva bisogno che si riprendesse in quel momento...proprio in quel momento. Provò a portare una mano al suo viso per liberarlo dai capelli e aprirle gli occhi, ma lei fu più veloce di lui, e con un gesto improvvisamente repentino scansò la mano di Harlock e si voltò su un fianco tossendo insistentemente. Una mano alla gola e l’ altra stretta sul bordo del banco. Non respirava.
“..Non respiro!” disse in un lamento strozzato e soffocato dai colpi di tosse sempre più violenti.
Prontamente Harlock afferrò il suo casco e glielo porse. Gli fu strappato bruscamente dalle mani e la donna se lo infilò lasciando che tutte le lastre scorressero a coprire il viso mostrando nuovamente una superficie liscia.
Adesso le spalle si sollevavano vistosamente e il petto si allargava ad ogni respiro. Dopo qualche istante, quando il respiro e il battito si calmò, le lastre curve si ritirarono come avevano fatto ore prima tornando a scoprire le sue labbra carnose e socchiuse.
Un suo lamento sembrava parlare di un’ “aria viziata” ..sicuramente per il suoi standard.
“Non c’è tempo per lamentarsi. Vieni con me!” disse tirandola per un braccio per condurla fuori dal laboratorio. Il Dottor Zero era ancora lì, in piedi, sulla via dello svenimento davanti a quella scena.
“Voi siete impazziti! Cosa diavolo vuoi da me!” gli gridò contro la donna lasciandosi tirare fuori dal laboratorio.
“Dovresti dirmelo tu.” Le rispose secco il Capitano, ghiacciandola con il suo sguardo freddo e tagliente. Non rispose la donna e fu soltanto spinta nella stanza dello stesso Capitano. Per fortuna non c’era neanche Meeme. Harlock non voleva dar troppe spiegazioni. Voleva evitarlo...in tutti i modi per adesso.
Le scosse fecero tremare ancora l’ Arcadia e stavolta un mezzo sorriso si compose sulle labbra della donna.
“Ah...adesso è chiaro..” sibilò silenziosamente.
“Tu sai cosa sta succedendo?” chiese Harlock inchiodandola nuovamente con lo sguardo.
Scrollò le spalle.
“Perché dovrei saperlo?”
Harlock rimase in silenzio a guardarla, senza proferire parola, mentre il suo sguardo non indugiava sulla sia figura, che senza vergogna stava lì davanti a lui. Il suo occhio si posò sulla sua pelle chiara, pallida segnata da delle leggere cicatrici e adornata dei suoi bagnati capelli arancio. Indugiò sul suo petto. Strizzò l’ occhio e la guardò meglio, senza scandalizzarsi troppo del fatto che stesse fissando il suo seno.
“Ah bene..” quasi esclamò la donna notando il suo sguardo decisamente insistente, ma quando il pirata, avvicinandosi, posò le mani forti sulla stoffa che ancora le copriva il seno, per stracciarla in parte, allora sì che esclamò velenosa.
“Perspicace! Non mi chiedi neanche un appuntamento prima?”
Ma l’ intenzione di Harlock non era certo quella di godere delle sue grazie femminili. Non si era sbagliato: c’era scritto qualcosa poco sopra il suo seno.
“R.E.E.L …” sussurrò distrattamente leggendo la sigla tatuata sulla sua pelle.
“Si pronuncia “Riil” rispose allontanandosi e portando le mani sul seno, decisamente poco coperto. Il suo sorrisetto tirato non lasciò mai il suo volto. Il pirata non rispose neanche stavolta e togliendosi il mantello glielo porse per potersi coprire: era pur sempre un gentiluomo.
La donna ci si avvolse seguendo lo sguardo del pirata fuori dalla grande vetrata affacciata sul blu. Le scosse non terminavano.
Erano arrivati fin lì e sicuramente avevano seguito lei. Ancora si ostinavano a farlo, eppure le era sembrato di essere stata abbastanza chiara con loro.
“Stanno sotto la nave e sui fianchi. Sono schermati.” Disse rompendo quel silenzio freddo e gelido che si era creato nella stanza.
“Sparatevi addosso. Avrete poche probabilità di colpire la nave” concluse voltandosi nuovamente a osservare il blu.
Doveva fidarsi? Sì…doveva fidarsi , sentiva di doverlo fare ed era l’ unica scelta che aveva.
Il pirata uscì velocemente dalla stanza per dirigersi nella sala comando, lasciando sola la donna, o meglio Reel, a fissare l’ abisso blu. Il suo sorriso si curvò in una smorfia decisamente più seria, infastidita e la mano libera, quella che non reggeva il mantello, si posò sul grande perno che permetteva lo scorrimento delle lastre del suo casco, posto più o meno all’ altezza dell’ orecchio destro. Le dita lunghe e affusolate staccarono con forza uno degli innumerevoli cerchi metallici. Ne staccò uno...uno preciso...uno che non doveva più stare lì.
Lo gettò a terra e lo schiacciò con il piede, con notevole forza.
Uscì dunque dalla stanza con una smorfia soddisfatta. 

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Capitolo 4
*** -4- Request ***


-4-
Request

"Gli occhi rimasero sempre coperti e lo sarebbero rimasti ancora per tanto e tanto tempo, come se celassero un segreto, un mistero"

 
"Ho freddo"
"Primo: nessuno ti ha detto di uscire da quella cabina.
Secondo: non sono fatti miei, specie al momento"

"Questa è bella!" disse esultando la donna, o meglio Reel: era questo il "nome" che le era stato dato.
In molti si avventarono su di lei per trattenere e rimettere in gabbia la fuggitiva, ma un solo gesto di Harlock, repentino ma significativo, li fermò, ed essi, interdetti ma silenziosi, obbedirono.
"Incrociate i cannoni e puntate contro le fiancate dell' Arcadia".
Il silenzio calò nelle sala e l' unico rumore rimasto fu quello delle notevoli botte contro le nave e delle scosse che la facevano tremare. Tutti gli occhi erano puntati sul Capitano.
"Stai scherzando?" sussurrò Tadashi
"Contro le fiancate?"
"VUOI FORSE FARCI AMMAZZARE?! CHE SENSO HA SPARARCI ADDOSSO?! TI SEI BEVUTO IL CERVELLO HARLOCK?!" gli gridò contro Tadashi soffocando la fievole voce di Yuki.
"Fate come vi dico. Dovete fidarvi di me. Ci stanno attaccati i fianchi della nave" rispose con la solita calma innaturale, il Capitano.
"COME FACCIAMO AD ESSERNE SICURI? NEANCHE LO VEDIAMO?!"
"Tadashi..."
"RISCHIAMO DI APRIRCI UNA BRECCIA E ALLORA POSSIAMO DIRCI ADDIO!"
"TADASHI!"
tuonò stavolta Harlock. La sua voce fece sussultare il giovane uomo e lo fece acquietare, intimorito dalla potenza e dalla forza con la quale l' uomo aveva scosso e ammutolito sia lui che mezza ciurma lì presente.
"Quante storie per un paio di colpi"  ruppe dunque il silenzio Reel con la sua voce squillante ma bassa e seducente allo stesso tempo, accompagnata dal suo passo felpato e felino che la portò lentamente sino al computer.
“CHE DIAVOLO HAI INTENZIONE DI FARE?!”  le gridò Tadashi accorgendosi di lei.
“Obbedisco al vostro capitano” rispose con il solito sorrisetto.
Nessuno ebbe il coraggi odi far nulla. Stava facendo esattamente ciò che il Capitano aveva ordinato e questi non replicava ma osservava in silenzio Reel, la quale, posate semplicemente l emani sul computer, gli “ordinava” a sua volta di incrociare i famosi cannoni anteriori e stringere sui fianchi quelli posteriori. Nessun tasto, nessun pulsante fu toccato, eppure il suono dello scorrere dei cannoni era evidente nonostante il rumore delle scosse sempre più violento. Fu il passionale Tadashi a interrompere nuovamente quel silenzio di voci.
“Harlock…”
“Avete intenzione di restar qui a far nulla? Vi ricordo che ci stanno attaccando..”
lo interruppe sul nascere proprio il Capitano dell’ Arcadia, portandosi al timone.
Ed ecco che partirono i primi colpi e tutta la ciurma sobbalzò, Harlock compreso. Un colpo e poi un altro, ma a scoppiare e rompersi non erano i fianchi dell’ Arcadia ma quelle delle navi che le stavano strette sui fianchi.
“Capitano!” comparve su uno degli schermi Maji.
“Ci siamo colpiti?” chiese nuovamente Tadashi senza attendere e in preda all’ ansia.
“A quest’ ora ragazzo lo avresti sentito. Capitano ci stiamo alleggerendo di peso sulle fiancate”.  Significava che la tecnica di Reel non li stava ammazzando, ma bensì stava distruggendo via via tutte le navi. Il Capitano annuì e portò lo sguardo proprio sulla donna, ricurva su quel computer, con le mani ancora su di esso. Si avvicinò lentamente quasi, e dico quasi, intimorito da quella sua innaturale e statuaria immobilità. Neanche si sollevavano le spalle per il respiro, ma non era sicuro che stesse respirando davvero. Notò dunque con sorpresa una tenue luce azzurrastra illuminarle i polpastrelli delle dita. Non volle chiedersi se fossero proprio quelli a muovere i cannoni dell’ Arcadia, non voleva nemmeno immaginarlo, ma di certo era convinto che fosse una capacità decisamente pericolosa lì a bordo…morto pericolosa nelle mani di uno straniero.
Dio solo sa come Tochiro glielo permettesse.
“Quanti ce ne sono?” quasi le sussurrò.
“Non abbastanza” disse sollevando l’ angolo della bocca in un’espressione sghemba.
Le scosse diminuirono ed aumentarono le esplosioni.
Poi tutto si acquietò: il silenzio. Le scosse parevano essere finite definitivamente e anche secondo il radar, che comunque non aveva segnalato nessuna minaccia sin dall’inizio, adesso pareva  tutto piuttosto tranquillo. A darne la conferma fu il “riprendere vita” improvviso dopo tanto tempo di silenziosa immobilità di Reel. Si sollevò dal computer e prese un respiro.
“Sembra essere tutto finito” disse infine senza staccare però lo sguardo dal monitor, e forse semplicemente non guardava niente, solo il vuoto. Difficile stabilirlo con quella maschera.
“Sembra?”
Reel si voltò verso Harlock, il suo interlocutore.
“Sì sembra. Potrebbero essere nascosti sotto la nave o sopra… in silenzio”
Strabuzzò gli occhi Tadashi a quelle parole. Aveva fatto due più due…
“E’ STATA SUA L’ IDEA?!”
Rise Reel scuotendo il capo
“Non posso crederci! Abbiamo rischiato di farci ammazzare da questa….”
Non aveva neanche parole per definirla, e solo il dito aveva puntato contro di lei.
“Non sappiamo neanche chi sia! E gli hai dato in mano i comandi dell’ Arcadia!?”
Il respiro corto, il volto paonazzo e il cuore a martellare dalla rabbia .
Camo, impassibile a tale reazione rimase Harlock che ora lo fissava con il suo unico occhio.
Il suo silenzio ebbe il potere di ammutolire tutti quanti lì presenti. Il messaggio era più che chiaro: la discussione sarebbe terminata lì. Tadashi digrignò i denti e con un sospiro forzato uscì veloce e rumorosamente dalla sala
“Tadashi!” cercò di fermarlo Yuki, ma niente da fare e fu dunque costretta a seguirlo chiaramente con il consenso del Capitano espresso in una singola occhiata.
“Eseguite i controlli, e tu…” disse puntando poi lo sguardo su Reel. “Vieni con me”
Non discusse e lo seguì in silenzio fuori per dirigersi nuovamente verso le stanze del Capitano.
[…]
“Hai intenzione di riprenderti il mantello?”
“Ci terrei, grazie”
“Allora ti conviene darmi qualcosa dato che mi avete praticamente stracciato tutti i miei vestiti”
ripose con la sua nota maliziosa entrando nella stanza nuovamente.
“Non ti servirà. Tornerai in isolamento” disse Harlock sedendosi sulla solita scrivania, posando un gomito su essa e la mano sotto il mento. Una bassa risata si levò dal petto della donna che a lenti passi si avvicinava al grande armadio in mogano alle spalle del Capitano, il quale distolse lo sguardo solo quando essa, passando, gettò a terra il mantello senza vergogna e lasciando dunque scoperte le sue nudità.
“Io ho un’ idea migliore” iniziò spalancando le ante e prendendo a rovistare dentro.
“D’ altra parte se non fosse stato per me adesso sareste all’ aria e già crepati probabilmente”
“Sottovaluti enormemente l’ Arcadia”
“Quanto tempo è che non torni sulla Terra Harlock?”

Calò il silenzio che fu interrotto solo dal suo riprendere a cercare nell’ armadio. Si era fatto scuro in volto e non aveva proferito parola.
Finalmente dal suo continuo rovistare ne uscì fuori una bella tuta rossa bordeaux simile in tutto e per tutto a quella che era solita indossare Yuki. Non fece troppe storie e lo indossò.
“Il fatto che tu tenga abiti femminili nel tuo armadio la dice lunga…”
“Chi ci ha attaccato? Tu lo sai…non è così?”
le chiese finalmente ignorando il suo commento.
Di nuovo una paura, nuovamente poi interrotta dalla lampo della tuta dietro il collo tirata su dalle lunghe dita di Reel.
“Non ti piacerà saperlo”
Si liberò dai lunghi capelli e li lasciò sciolti lungo la schiena, lasciando che alcune lastre della sua maschera scorressero girando dal perno. Solo tre lastre ben distinti rimasero a coprire gli occhi. Ora finalmente aveva modo, Harlock, di osservare meglio il suo volto: naso dritto, piccolo, quasi grazioso, labbra piene e seducenti, fronte non troppo alta ma fiera e maestosa. Gli occhi rimasero sempre coperti e lo sarebbero rimasti ancora per tanto e tanto tempo, come se celassero un segreto, un mistero. Infilò infine dei grandi guanti scuotendo la testa insieme alla massa di capelli arancio e si voltò poi verso il Capitano che ancora attendeva la sua risposta.
“Terresti”
Il cuore balzò nel petto con irruenza. Non potevano essere terresti.
“Stai mentendo” rispose con voce forte, stringendo il pugno sul bracciolo della sua sedia.
“Puoi recuperare i pezzi e controllare tu stesso”
Reel si avvicinò alla scrivania e lo guardò intensamente. Le due luci erano sparite ma Harlock era convinto che lei lo stesse proprio fissando.
“Sono passati sette anni Harlock. Tante cose sono cambiate”
Non sapeva se crederci, il pirata, se era davvero così significava che aveva ucciso dei terresti pochi attimi prima. No, non aveva mai fatto questo e non lo avrebbe mai fatto..ma se era davvero così..
“Stai tranquillo, cuore puro. Sono navi guidate a distanza. Non si azzarderebbero ad addentrarsi in questo modo nello spazio aperto. Lo fanno seduti comodamente davanti a degli schermi e dei computer sempre più potenti”
Lo aveva letto nel pensiero, ma si rassicurò da una parte….solo da una parte.
“Sembri saperne tanto. Ti chiedo dunque chi sei e come hai fatto soprattutto a salire a bordo dell’ Arcadia” disse irremovibile inchiodandola con lo sguardo d’ acciaio solcato da quella profonda cicatrice che lo scuriva, quasi nascondeva e distorceva. Di nuovo comparve quella maliziosa curva sulle sue labbra. Si avvicinò felina e si sedette sensualmente sulla scrivania incrociando le lunghe gambe e allungando la mano verso il calice colmo di vino che Harlock si era servito.
“Ho ancora un’idea migliore” iniziò portando il calice alle labbra e bagnandole di scarlatto.
“Qui…sull’ Arcadia, sono una specie di prigioniera no? Eppure vi ho salvato io da questa situazione no? Da quanto ho capito non conosci nemmeno il nemico o meglio, non lo conosci più come un tempo”
“Si può considerare un vero nemico?”
“Per te sì Harlock…probabilmente sì, e proprio per questo, se vuoi che la tua nave non finisca allo sfracello, avrai bisogno di qualcuno che conosce il nemico”

Un attimo di silenzio e riflessione.
“Tu…”
“Reel”
lo corresse
Puntò lo sguardo in quello ferreo della donna e riprese a parlare.
“Reel. Sono stati i “nemici” a darti questo nome?”
Un suono sordo di qualcosa che si incrina e si sta per spaccare in una presa troppo salda. Reel poggiò con delicatezza il calice, ormai sul punto di rompersi e distese nuovamente le labbra.
“Dove intendi arrivare Harlock?”
“Sono io qui che faccio le domande!”
disse con impeto, alzandosi e portandosi davanti a lei, estrasse la pistola e gliela portò alla gola spingendola senza delicatezza.
“So dove vuoi arrivare” riprese “Perché dovrei fidarmi di una spia?”
“Non sono una spia…” ma la canna della pistola si spinse maggiormente contro il suo collo costringendola a voltare la testa e a deglutire.
“Sei arrivata tu, in un modo che ancora non capisco, e improvvisamente sono comparse le navi terresti. Come te lo spieghi?”
Stavolta fu Reel a stringere i denti e abbandonare il sorriso.
“Sì mi hanno seguito, ma non lo faranno più…”
Solo più tardi, sotto le indicazioni di Reel , Harlock avrebbe trovato sotto il letto i resti del suo localizzatore.
“Ho tutte le ragioni dunque per sbatterti in isolamento”
“No. Non conosci chi ti viene contro Harlock. Per questo hai bisogno di me. Li sottovaluti enormemente. Posso passarti tutte le informazioni di cui hai bisogno”
“E chi mi dice che invece non ci condurrai tutti nella bocca del lupo?”
“Vi avevano in pugno pochi minuti fa. Quale occasione migliore per annientarvi… e poi che senso avrebbe condurvi nelle fauci del divoratore se ci sono anche io qui con voi?”
“Per questo potresti essere una spia. Si dice che venga pagato bene il vostro lavoro”.

Nessuno dei due avrebbe ceduto. Due grandi personalità che non volevano arrendersi davanti alle proprie ragioni e convinzioni
“Non saranno molto contenti nel sapere che il loro cagnolino ha disobbedito agli ordini” concluse Reel con un mezzo e indecifrabile sorriso.
Ormai Harlock lo aveva capito bene: non gli avrebbe mai raccontato la verità, o almeno non tutta.
“Allora ci stai?”
Aveva capito tutto. Puntò il suo sguardo freddo su di lei e prendendola per un braccia la strattonò via e la condusse fuori dalla stanza.  


 

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