Harry Potter e la rivolta dei Sanguesporco

di skeight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno a Hogwarts ***
Capitolo 2: *** Ritrovo fra amici ***
Capitolo 3: *** Una convocazione inaspettata ***
Capitolo 4: *** Di fronte agli studenti ***
Capitolo 5: *** Il discorso di Harry ***
Capitolo 6: *** Una nomina sgradita ***



Capitolo 1
*** Ritorno a Hogwarts ***


1 settembre 2030

L’Hogwarts express era affollato di studenti che, dopo la pausa estiva, tornavano alla scuola. Per gli studenti più grandi quella era ormai la loro seconda casa, se non addirittura la prima; ma per i ragazzini del primo anno Hogwarts era ancora o un luogo mitico, una terra promessa di feste, partite di quidditch e banchetti, o un luogo misterioso e, chissà, pericoloso, colmo com’era di fantasmi, incantesimi letali e professori più letali ancora.

Uno degli scompartimenti del treno ospitava tre amici che erano partiti insieme per il loro primo anno scolastico. I tre avevano aperto le loro confezioni di cioccorane e ora si mostravano a vicenda i personaggi che avevano trovato.

“Guarda qua, mi è uscito Rubeus Hagrid!”

“E capirai, io ne ho cinque… e adesso ho tre Priscilla Corvonero, che palle!”

“Se mangi troppe cioccorane poi per forza ti capitano tanti doppioni.”

“Ma stai zitto, a te cosa è uscito piuttosto?”

“Aspetta che la sto… che figata, Albus Dumbledore!”

Dài! È rarissima!”

“Che culo!”

“Fammela vedere, passala!”

“Piano, eh, non me la…

La discussione fu interrotta dal rumore della porta dello scompartimento che si apriva. Uno studente e una studentessa più grandi entrarono. I tre ragazzini ammutolirono di colpo: le facce dei due nuovi venuti erano poco raccomandabili.

“Ciao, ragazzi” disse la studentessa “Vi possiamo interrompere un minuto?”

C-certo” disse il ragazzo che aveva trovato Dumbledore.

“Grazie; io mi chiamo Meredith Brennan e lui” indicò il suo compagno “è Rod Byrne. È un giorno importante per voi: state per iniziare la vostra carriera scolastica a Hogwarts, il primo passo nel mondo della magia in cui passerete tutta la vita. E proprio per questo dovete essere consapevoli sin da subito di chi sono le persone di cui vi potete fidare, e di chi invece rappresenta un pericolo per voi.”

La Brennan tacque per qualche istante, mentre il suo compagno sfilava da una cartelletta dei fogli ciclostilati, porgendone tre ai ragazzini. Su ogni foglio campeggiava a caratteri cubitali la scritta The Mudblood Voice.

Il ragazzo che aveva trovato Dumbledore impallidì: si trovava di fronte due delle persone che i suoi genitori gli avevano raccomandato di evitare il più possibile. Di istinto ritrasse la mano che aveva allungato verso il foglio. Fu un grave errore: Rod Byrne gli lanciò un’occhiata ostile.

“Cos’hai, perché non lo prendi? Ti fa schifo?”

N-no, è solo che… i miei non vogliono che io…

“Non vogliono cosa? Che ti mescoli con noi sanguesporco?”

“No! Non hanno mai detto…

“Come ti chiami, bimbo?”

Ce-Cedric Macmillan.”

“Oh, sei per caso figlio di Ernie Macmillan?”

Cedric annuì, conscio di essersi cacciato in un guaio tremendo.

“Bene, bene, bene… sai cosa sei tu? Uno schifoso purosangue, al pari di tuo padre, ecco cosa sei!”

La Brennan approvò annuendo vigorosamente le parole del suo compagno.

“Sono proprio quelli come te la minaccia principale per la pace e la tranquillità del mondo magico, lo sai? Ha ragione chi dice che dovremmo sistemarvi quando siete ancora troppo piccoli per…

Exulcero!”

Un sibilo, un guizzo, e nel giro di pochi istanti Byrne non era più con le mani protese verso Cedric, ma a terra, rotolandosi per il dolore, tante piccole chiazze sulla faccia. Un piede gli schiacciò il petto, immobilizzandolo.

Cedric alzò lo sguardo e il suo terrore si tramutò in gioia: di fronte a lui c’era sua sorella maggiore, Minerva Macmillan, studentessa del settimo anno.

Minerva guardò i due studenti con espressione disgustata.

“Fate proprio schifo, sapete? Non vi basta attaccare la vostra robaccia in tutta la scuola, ora ve la prendete anche con i bambini.”

“Maledetta purosangue!” gridò la Brennan, china sul suo compagno nel tentativo di curare le ustioni che gli avevano punteggiato il volto. Minerva le puntò contro la sua bacchetta.

“Per tua norma e regola, signorina Nessuno, mio padre è un veterano della battaglia di Hogwarts del 1998. La mia famiglia non ha mai fatto differenza tra purosangue e mezzosangue, e certo non ascolterò voi che ci provate. Hogwarts è la scuola di tutti i maghi, fatevene una ragione.”

Byrne si rialzò, imprecando sottovoce.

“Non ti sento, parla più forte” motteggiò Minerva.

“Non puoi lanciare un incantesimo così, le leggi del Ministero vietano di ferire apposta gli studenti!”

“Oh, vedo che quando vi fanno comodo le leggi le rispettate, eh? Be’, se vuoi lamentarti di me puoi farlo, proprio in fondo a questa carrozza è seduto un auror.”

La notizia sconvolse i due quasi più dell’incantesimo. D’istinto guardarono contemporaneamente nel corridoio, intimoriti.

“Stai bluffando” disse la Brennan a Minerva.

“Se la pensi così, vai a controllare. Sono certa che è ansioso di scambiare due parole con voi della – com’è che vi fate chiamare? – Mudblood Alliance.”

I due esitarono, ma alla fine decisero di non rischiare: si allontanarono lungo il corridoio, nella direzione da dove erano venuti, dopo aver lanciato sguardi ostili a Minerva. Rod Byrne guardò di sbieco Cedric e si passò l’indice sulla gola, ma il ragazzino non se ne accorse: lui e i suoi due amici applaudirono entusiasticamente Minerva appena furono rimasti soli.

“Stavolta vi è andata bene” disse lei “Ma fate molta attenzione. Purtroppo questa gente dentro Hogwarts è sempre di più, e quando sono in tanti possono fare danni seri.”

“Ma stavi davvero bluffando prima?” le chiese Cedric.

Minerva scoppiò a ridere. “Io non bluffo mai. Vuoi vedere anche tu? Qui sul treno c’è il capo dell’ufficio auror, Harry Potter!”

 

Harry non faceva caso agli sguardi curiosi che di tanto in tanto lo raggiungevano dal corridoio. Dopo tanti decenni, ormai, vi era abituato. Semmai, notava con piacere che quelle occhiate si facevano sempre più rare: il tempo passava e il suo volto diventava sempre meno quello del ragazzo che era sopravvissuto e dell’eroe della battaglia di Hogwarts e sempre più quello di un tranquillo burocrate del Ministero, poco interessante per i nuovi studenti. Era giusto così: ormai anche i suoi figli erano diventati adulti, James era diventato un auror come lui, nuove generazioni avevano nuovi volti noti da scrutare incuriositi. Certo, non c’era più quel tipo di notorietà di cui aveva goduto lui, ma meno male che non c’erano stati nuovi Voldemort a renderla possibile!

Di fronte a lui, Ginny osservava il panorama oltre il finestrino, lo sguardo perso. Era quasi mezzora che era in quella posizione.

Ginny?”

“Sì?”

“Ti sei addormentata?”

“No, pensavo.”

“Devo preoccuparmi?”

“Scemo.”

Si stiracchiò.

“Pensavo che è la prima volta che prendiamo questo treno da quando abbiamo finito la scuola.”

“Vero. È per questo che ho proposto di venire a Hogwarts così.”

“Non dire bugie” lo rimbeccò Ginny “La verità è che a soli cinquant’anni hai deciso di essere troppo pigro per viaggiare con le scope, e preferisci farti scorrazzare!”

“Come se a te non piacesse un po’ di comodità, vero?”

“Mi piace tenermi in forma.”

“Ma se sei ancora come quando giocavi a quidditch!” esclamò Harry, poggiandole una mano sulla gamba.

“Attento con quelle mani che qui è pieno di bambini.” disse Ginny, maliziosa.

“Allora ci rifaremo una  volta alla locanda.”

Risero entrambi. Poi fu il turno di Harry di stiracchiarsi.

“Chissà cosa ci vuole dire Neville” disse Ginny.

“Il suo messaggio è stato abbastanza vago; sai com’è fatto lui, se vuole parlare a voce di qualcosa, non gli tiri fuori niente…  Ma alla fine sarà sempre per la solita faccenda…

“Povera Hermione” sospirò Ginny “Non se la meritava proprio una figlia così.”

“Attenta a non dirlo di fronte a lei e Ron, eh” disse Harry, serio.

“Guarda che lo so, mica sono scema. Però il fatto resta.”

“E lo so pure io. Speriamo che si sia ancora in tempo a risolvere. Comunque, se non altro rivedremo un bel po’ di persone.”

“Già. Anche Neville, finalmente non lo incontriamo in occasioni tristi…

In effetti, l’ultima occasione lieta in cui avevano incontrato Neville era stato il torneo Tremaghi vinto da Roxanne, la figlia di George e Angelina. Dopo, si erano visti solo a dei funerali: a quello di Arthur Weasley, precocemente deceduto mentre armeggiava con oggetti babbani; purtroppo, aveva iniziato a montare degli apparecchi elettrici prima di informarsi sui sistemi salvavita.

“Almeno è morto mentre faceva qualcosa che gli piaceva” aveva sussurrato George al funerale, ma gli altri Weasley non lo trovarono di grande consolazione.

Meno triste – anche perché previsto – ma comunque spiacevole era stato il funerale di Augusta Longbottom, la nonna di Neville, che dopo aver avuto la soddisfazione di vedere il proprio nipote diventare preside di Hogwarts aveva deciso che era tempo di scoprire cosa c’era dopo la vita terrena.

Adesso, finalmente, né funerali né tornei, ma solo un incontro tra vecchi amici, pensava Harry. O almeno, così sperava…

 

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Capitolo 2
*** Ritrovo fra amici ***


Harry e Ginny aspettarono che la massa degli studenti scendesse prima di lasciare il treno. Si erano accordati con Ron e Hermione per incontrarsi all’ingresso della stazione e entrare insieme a Hogwarts, e così fu: quando lasciarono la pensilina videro i Weasley venir loro incontro.

Ginny, quanto tempo!” esclamò Hermione, baciandola su entrambe le guance. Era vero, pensava Harry mentre abbracciava Ron: lui vedeva entrambi quasi ogni giorno al Ministero, mentre Ginny, che in qualità di giornalista sportiva del Daily Prophet frequentava più i campi di quidditch che i palazzi della politica, li incontrava soprattutto nelle uscite a quattro, uscite che si erano fatte sempre più rade con il passare degli anni. Harry provò una punta di tristezza nel vedere Ginny e Hermione una di fianco all’altra: sua moglie sembrava ancora una trentenne, i capelli rosso fuoco e i lineamenti distesi; Hermione, al contrario, era invecchiata rapidamente, e ora si vedevano molto bene le lunghe strisce di capelli grigi e le rughe sotto gli occhi. Forse anche Ron se n’era accorto, perché dopo i saluti era caduto in una sorta di mutismo, atipico.

“Che ne dite, si va?” chiese Ginny, e tutti e quattro si incamminarono verso l’entrata di Hogwarts. Una volta varcati i cancelli vennero accolti da Rufus, il guardiano che da una decina di anni aveva preso il posto di Gazza – e che, per inciso, era il suo opposto in quanto a affabilità e affetto per gli studenti. Rufus si prese carico delle valige di Harry e Ginny, e dopo averle affidate a un elfo domestico accompagnò i quattro all’ufficio del preside. Lì trovarono Neville.

Un nuovo giro di abbracci. Da quando era diventato il preside Longbottom, Neville era di nuovo ingrassato, pur senza tornare ai livelli dell’infanzia, e anche lui mostrava qualche segno dell’età. Ma il suo sguardo non dimostrava stanchezza come quello di Hermione, anzi: era pieno di determinazione.

“Benvenuti, benvenuti” disse a Harry e Ginny, con calore. Alle sue spalle, i presidi del passato fecero segni di saluto, che Harry ricambiò con un cenno della mano e un occhiolino verso il ritratto di Dumbledore.

Dopo i convenevoli, si sedettero tutti.

“Allora” disse Neville “che effetto ti fa tornare a Hogwarts, Harry?”

“Sembra strano… non è cambiato quasi niente.”

“La stessa cosa che ha detto Hermione. In effetti è vero, le persone cambiano, ma la scuola resta sempre la stessa, un bastione di civiltà… e ce n’è bisogno, di questi tempi.”

La voce di Neville era velata di preoccupazione. Ron sembrava a disagio, Hermione aveva chinato la testa.

“Questa faccenda dell’alleanza sanguesporco peggiora ogni giorno che passa” disse Neville, arrivando al sodo.

“Come fai a dirlo?” chiese Ginny “L’anno scolastico deve ancora iniziare, no?”

“Certo, ma non è che durante le vacanze non succeda niente. Ci sono tanti brutti episodi, e molti il Ministero non li conosce perché i genitori scrivono a me o ai professori piuttosto che ai funzionari.”

“Di che episodi si tratta?” chiese Harry.

“Non lo immagini? Aggressioni ai danni di purosangue. Sono studenti sia gli aggressori che le vittime. Quasi mai si tratta di incantesimi, ovviamente, per non farsi scoprire, ma molti scontri fisici e alcuni casi di avvelenamento tramite erbe e pozioni. Nessun episodio letale, per fortuna, ma la situazione è pessima. E ora che gli studenti sono tutti insieme i rischi aumentano: già l’anno scorso abbiamo avuto qualche agguato magico nei corridoi, e le sale comuni delle Case sono il luogo ideale per la diffusione di questi foglietti deliranti.”

Neville sbatté sulla sua scrivania un giornale, dal titolo The Mudblood Voice. Hermione divenne ancora più pallida.

“Ascoltami, Neville” sbottò Ron “Te lo prometto, parleremo a Rose, le metteremo un po’ di sale in zucca, faremo finire questa storia…

“Non è questo il punto, Ron” disse Neville “Ormai questo clima è diffuso, anche senza Rose probabilmente andrebbe avanti. E comunque ve l’ho già detto, tu e Hermione non dovete farvene una colpa se c’è vostra figlia a capo di questo giornale e del movimento contro i purosangue. È adulta e responsabile delle sue scelte, nessuno biasima voi per quello che fa lei.”

Parole che volevano essere consolatorie, ma che non sembrarono sortire alcun effetto. Harry cercò di cambiare argomento.

“Ma quindi perché ci hai voluto vedere dal vivo, e proprio oggi che riapre la scuola?”

“Giusto. Questo movimento è pieno di ignoranza e percezioni distorte. Già il fatto di richiamarsi a una sorta di ‘orgoglio sanguesporco’ quando la stragrande maggioranza degli studenti che ci crede sono mezzosangue, per dirne una. Ma poi molti di questi ragazzi cercano di darsi un tono – e il giornale di Rose Weasley li aiuta – atteggiandosi a eredi di quelli che combatterono la battaglia di Hogwarts.”

“Ma è assurdo!” esclamò Ginny “Tantissimi purosangue combatterono contro i mangiamorte, ai tempi, e lo stesso Voldemort era un mezzosangue.”

“Te l’ho detto, sono ignoranti” sospirò Neville “Forse è anche tempo di cambiare il modo in cui insegniamo storia, in questa scuola. Loro vedono solo che con Voldemort c’erano sostenitori della purezza di sangue, e tanto basta. Per questo vorrei che voi, che siete stati i principali protagonisti della battaglia contro Voldemort, stasera parlaste agli studenti riuniti. Forse sarà utile a farli ragionare.”

Harry e Ginny si guardarono, stupiti. Ron e Hermione erano già a conoscenza della proposta, ma non sembravano molto convinti.

“È un favore che vi chiedo” insisté Neville “Io da solo non sono in grado di arginare questo fenomeno.”

“Ma perché dovrebbero ascoltare noi, se non ascoltano te?” chiese Harry “Anche tu sei un eroe di quella battaglia, hai ucciso Nagini, eri…

“Ero, ma adesso sono il preside” il sorriso di Neville era amaro “E non ho certo il carisma di Dumbledore o il pugno di ferro della McGonagall. Gli studenti, quando mi vedono, non pensano certo alle battaglie, semmai alla scuola. E poi sono un purosangue di antico lignaggio, e solo per questo non ispiro fiducia o rispetto ai contestatori. Voi invece siete ancora ricordati per quelle imprese, e poi, Harry… non dimenticare che sei Harry Potter.”

Harry storse la bocca “Speravo di essermi lasciato alle spalle questa storia.”

“Risuscitarla per una sera non ti farà male. Ma se può aiutare a far ragionare questi ragazzi, sarà un gran bene per tutti.”

Harry sospirò.

“Se la situazione è questa, lo farò. Ma non sono sicuro che un discorso cambierà molto le cose.”

“Certo, ma è un inizio. Il lavoro per stroncare queste idee malsane proseguirà tutto l’anno e fino a quando sarà necessario, anche per evitare derive peggiori.”

“Di che tipo?” chiese Ginny.

“Gli studenti purosangue sono spaventati da questa campagna contro di loro, com’è naturale, e alcuni, soprattutto tra i Serpeverde, per reazione ricominciano a fare discorsi contro i nati babbani, a dire a mezza voce che i mangiamorte non avevano tutti i torti, cose così. Sono pochi, per il momento, ma i genitori, che sono ancora legati ai vecchi pregiudizi e sono preoccupati per queste aggressioni, rischiano di diffondere queste tensioni dalla scuola al resto della comunità magica, per questo ho paura che se le cose peggiorano le tensioni potrebbero aumentare, a scuola come fuori. Vi immaginate le conseguenze? Tutto ciò per cui abbiamo lavorato in questi decenni potrebbe andare in fumo.”

“Mi sembra eccessivo…” iniziò a dire Harry, ma Hermione lo interruppe.

“No, Neville ha ragione. Sono trent’anni che al Ministero lavoriamo per la coesistenza pacifica di tutti nel mondo magico, e Merlino solo sa quanto sia facile far crollare gli equilibri. Al momento questo movimento dei sanguesporco è diffuso quasi solo tra gli studenti, ma alcuni di loro già dal prossimo anno lasceranno le scuole e inizieranno a vivere nella società, e cosa succederà se cercheranno di applicarvi le loro teorie? Dobbiamo agire subito, senza esitare, o potrebbe esserci una nuova guerra magica.”

“Grazie, Hermione” disse Neville “Non voglio sembrare allarmista, ma bisogna prepararsi al peggio per impedirlo.” Si alzò: “Forse è il caso che Harry e Ginny si riposino un po’ prima di stasera. E anche voi, che avete una brutta cera. Non vi trattengo oltre.”

Tutti si alzarono. Neville tenne la porta dell’ufficio aperta mentre gli amici uscivano, ma Hermione, l’ultima del gruppo, si fermò di botto.

“Mi stavo per dimenticare” esclamò, rivolta a Neville “Io e te dobbiamo parlare a quattr’occhi di un’altra faccenda.”

Neville arrossì visibilmente.

“Di che si tratta?” chiese Ron.

“Lui lo sa” replicò Hermione con voce severa “Voi andate alla locanda, io vi raggiungo dopo.”

Ma…

“Oh, Ronald, non essere impiccione!”

Hermione sbatté la porta. Harry, Ron e Ginny si guardarono interdetti.

“Tu hai idea di cosa si tratti?” chiese Ron alla sorella.

“Neanche una…

“Be’, almeno all’improvviso ha ritrovato un po’ di vivacità. Sono mesi che è così depressa che non mi rimprovera nemmeno più…

Quell’osservazione tolse a tutti la voglia di discutere della faccenda misteriosa di Hermione e Neville. Silenziosamente, si incamminarono verso i cancelli.

 

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Capitolo 3
*** Una convocazione inaspettata ***


Quando Harry uscì dalla doccia vide che Ginny si era addormentata.

Nuda, il lenzuolo che le copriva appena i fianchi, sul letto dove poco prima avevano fatto l’amore. Sorridendo, Harry le accarezzò il seno, piano, per non svegliarla. Cinquant’anni e ancora così bella.

C’era un modo di dire babbano, “la vita comincia a quarant’anni”, e anche se da giovane aveva vissuto più di molti altri maghi messi insieme, Harry pensava che ci fosse del vero in quella frase. Ginny probabilmente non lo avrebbe mai ammesso, ma da quando anche la più giovane dei loro figli, Lily, aveva lasciato casa, prima per andare a Hogwarts e poi per lavorare come medico al San Mungo, la vita dei Potter era diventata più leggera, forse addirittura più piacevole. Non che si trovassero male con i figli in casa, questo no, ma passate alcune settimane di malinconia per l’improvvisa solitudine Harry e Ginny avevano iniziato a riprendere una vita sociale che avevano abbandonato facendo i genitori: uscire con amici, andare a teatro, invitare persone a casa, tutto senza doversi preoccupare del comportamento dei ragazzi. Anche la loro intimità era tornata quasi quella degli anni del loro fidanzamento: avevano persino ripreso a passare certe serate estivi nudi sulla veranda di casa, una pratica abbandonata da quando James Sirius aveva compiuto quattro anni. Insomma, avevano imboccato la strada della vecchiaia (ma quale vecchiaia, poi, che sembrava ancora così lontana) con serenità, anzi, proprio con felicità… e ora tornavano dei guai a turbare quella vita.

Infilatosi un accappatoio, Harry si sedette al tavolino della stanza, e iniziò a leggere la copia de The Mudblood Voice che aveva preso a Hogwarts. In prima pagina faceva bella mostra di sé un editoriale firmato da Rose Weasley, la primogenita di Ron e Hermione.

 

Ci temono. Ci perseguitano. Ma è proprio questo che ci rende più forti. Sì, perché paura e persecuzione sono i migliori argomenti a sostegno delle nostre tesi, e non passa giorno senza che altri mezzosangue e sanguesporco si uniscano al nostro movimento.

I purosangue lo sanno, e hanno paura. Dopo aver tentato di eliminare gli odiati “impuri” con la violenza di Voldemort e dei mangia morte, hanno cambiato strategia. Riconciliazione, convivenza sono le loro parole d’ordine. Ma dietro questi termini così attraenti si nasconde uno scopo evidente a chiunque non abbia i paraocchi: dividere i sanguesporco, minare la loro coscienza di gruppo, e sfruttare queste divisioni per mantenere intatto il proprio potere. Non è strano che, nonostante tutta la prosopopea sull’uguaglianza, i presidi di tutte le principali scuole di magia del mondo siano purosangue? Così come sono purosangue i principali leader politici, primo fra tutto il ministro Shacklebolt, ma anche Estezar, il presidente del consiglio magico del Mediterraneo, o il presidente dell’Unione magica africana, Odjumba.

Dovrebbe essere strano; ma non lo è. Non lo è perché i purosangue sono oggi quelli che erano trent’anni fa, che sono sempre stati e che sempre saranno. E allora come ci si può stupire se sempre più sanguesporco si chiedono con quale titolo quelli che, a tutti gli effetti, costituiscono una minoranza del mondo magico devono concentrare nelle proprie mani tanto potere?

Il tempo di reagire è arrivato. Oggi è compito di ogni sanguesporco e mezzosangue agire con tutti i mezzi per spezzare il dominio dei purosangue…

 

Harry smise di leggere. Quell’articolo era un’accozzaglia di fandonie, raccontate con efficacia – a Rose non mancava il talento giornalistico, nulla da dire su questo – ma senza alcun fondamento. Avrebbe dovuto parlare con altrettanta bravura, quella sera, per avere qualche effetto. Peccato non fosse mai stato un grande oratore…

Un tonfo secco lo fece sussultare. Quel rumore, seguito da mugolii incomprensibili, proveniva dal bagno.

Harry scattò in piedi, e afferrò la sua bacchetta. Lanciò uno sguardo a Ginny, ancora addormentata, e con cautela si avvicinò alla porta del bagno. Avvicinò l’orecchio, per cercare di cogliere i movimenti di quel che c’era lì dentro, ma continuavano a provenire solo suoni inarticolati. Così decise di prendere l’iniziativa, e aprì di botto la porta.

“Chiunque tu sia, non ti muov… Chico!?”

C’era un giovane in bagno, sdraiato scompostamente con una gamba sul water, l’altra nel lavello, e il torace nel vano doccia. Quando vide Harry provò ad alzare una mano in segno di saluto, ma la posizione in cui si trovava glie lo impedì.

“Ciao, capo!”

“Ma che ci fai qui?”

“In questo momento non faccio nulla perché sono un po’ incastrato. Mi aiuteresti a decastrarmi?”

Harry lo rimise in piedi. Il nuovo arrivato si scrocchiò la schiena e si sistemò sulla testa un cappello triangolare.

“Ah, ora va meglio!” esclamò.

“Ora potresti cortesemente dirmi perché sei qua?” chiese Harry.

“Be’, il ministro mi ha detto che avresti soggiornato al Drago Antico, e siccome sapevo che hanno una sola stanza matrimoniale mi sono smaterializzato a colpo sicuro, ma devo aver sbagliato di un soffio le coordinate perché sono finito in bagno invece che in camera…

“E meno male! Ma ti sembra normale smaterializzarsi nelle stanze d’albergo? Di là c’è Ginny che dorme!”

“Eh, capo, non puoi pretendere che sappia se la gente dorme o è sveglia quando mi smaterializzo, se no non si parte più.”

Harry si passò una mano sulla fronte: “Non ci arrivi proprio, eh, Chico?”

“Come no? Sono arrivato proprio adesso.”

“Smaterializzarsi negli edifici privati è vietato, porca Morgana!”

“Ok, ma se leggi il depliant pubblicitario del Drago Antico c’è scritto che le camere hanno tutti i comfort.”

“... e quindi?”

“E quindi se hanno tutto non sono private di nulla. Quindi non sono entrato in una casa privata.”

Harry ci rinunciò. Da due anni gli avevano affibbiato Chico come segretario personale, e ormai si era abituato alle sue stramberie. Chico era un mago italiano, uno dei molti che, dopo aver completato gli studi al Polimagico di Noasca, si era trasferito in Inghilterra a cercare un’occupazione soddisfacente. Il Ministero della Magia aveva aperto le proprie porte a stagisti stranieri, ma dato l’alto numero di aspiranti solo i migliori venivano presi. Chico era stato preso, e dopo lo stage era rimasto, ma ciò, più che dimostrare il suo talento, faceva pensare a Harry che i criteri di selezione del Ministero avessero bisogno di una discreta revisione.

“Lasciamo perdere” disse “Come mai sei qui?”

“Ho un messaggio da parte del ministro. Il signor Shacklebolt vuole che, appena ritorni a lavoro da Hogwarts, vada da lui per un colloquio privato.”

Un colloquio privato con Kingsley? Cosa poteva essere di così importante?

“Perché ha mandato te invece di un gufo?”

“Boh, forse gli hanno detto che sono molto bravo a gufare.”

Chico…

“Ok, ok, in realtà stavo per mandarti un gufo, ma siccome oggi volevo venire comunque qui a Hogsmeade mi sono offerto di portarti il messaggio di persona.”

“Non ti dovevi disturbare” disse Harry a denti stretti “Comunque, ora che hai riferito, puoi anche andartene.”

“Ok, capo” disse Chico, e si mosse verso la porta del bagno. Harry lo bloccò con una mano sulla spalla.”

“Non dalla porta. Smaterializzati.”

“Ma da qui ci metto meno a piedi che con la magia.”

“Ti ho già detto che di là c’è…

“Ma insomma, Harry, cos’è tutto questo rumore?!” esclamò Ginny aprendo di botto la porta. E restando paralizzata – e nuda – alla vista di Chico. Poi con un grido si coprì seno e pube e corse via.

Harry inspirò profondamente.

“Naso chiuso, capo?”

Chico. Sparisci. Ora.”

 

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Capitolo 4
*** Di fronte agli studenti ***


Quella sera, Harry e Ginny sedettero insieme a Ron e Hermione, al tavolo dei professori. Neville fece sistemare le due coppie rispettivamente alla propria destra e alla propria sinistra. Fu da lì, e non senza un certa emozione, che Harry assistette alla cerimonia dello smistamento nella varie Case dei ragazzi del primo anno. Tutto sembrava uguale ai tempi di quando era uno studente, al di là dei volti che lo circondavano. Pure, gli sembrò che non ci fosse più quel clima di cameratismo e tifo che caratterizzava un tempo l’assegnazione degli studenti. Certo, applausi, urla e fischi c’erano ancora, ma sembravano meno forti, circoscritti, come se in ogni Casa gli studenti fossero divisi tra chi manteneva in vita le vecchie tradizioni e chi invece aveva altre priorità a cui pensare. Insomma, dietro il clima di festa da primo giorno di scuola si avvertiva una tensione preoccupante.

Quando lo smistamento fu terminato, Neville si alzò.

“Cari studenti e care studentesse” esordì “Benvenuti a Hogwarts se è il vostro primo anno, e bentornati se non lo è. Il percorso che vi accingete a iniziare o a riprendere è un percorso di formazione: l’obbiettivo della nostra scuola, come quello di ogni altra, non è solo di sfornare maghi in grado di lanciare incantesimi o preparare pozioni; il nostro scopo è che voi, entrati bambini tra queste mura, ne usciate come degni cittadini del mondo magico, in grado di usare le competenze che avrete imparato non solo per guadagnarvi da vivere o per soddisfare le vostre ambizioni personali, ma anche per dare un contributo alla comunità in cui vivrete, affinché continui a crescere e prosperare in maniera pacifica e solidale.

“Purtroppo, questo ideale a cui si ispirano i metodi e gli insegnanti di Hogwarts sono da tempo messi in discussione da certi movimenti che predicano piuttosto il conflitto e la sopraffazione…

Un brusio accolse queste parole, ma Neville non ci fece caso.

“… movimenti che prendono piede anche qui a Hogwarts, e che non possiamo accettare. Per questo ho invitato qui stasera alcune persone che in passato hanno dato un forte contributo alla causa della convivenza pacifica nel mondo magico, combattendo contro Voldemort e gli altri sostenitori delle persecuzioni contro i nati babbani. Li potete vedere qui con me: coloro che fondarono e guidarono la resistenza degli studenti di Hogwarts durante il dominio di Voldemort, la qui presente Ginevra Weasley e, anche se non la vedo…

“Scusate il ritardo!” esclamò una voce dal fondo della sala. Tutti si voltarono e videro una signora bionda avvicinarsi senza fretta al tavolo degli insegnanti. Neville sorrise.

“Ecco, ora la vedo. Luna Lovegood, l’altra leader dell’Esercito di Dumbledore.”

Mentre gli studenti applaudivano, Luna si sedette vicino a Ginny, che la abbracciò.

“Luna! Non ci avevi detto che ci saresti stata anche tu.”

“In teoria non ci dovevo essere, ma poi oggi mi sono ritrovata per caso qui vicino e allora mi sono detta ‘perché no?’”

Come sarebbe a dire per caso? avrebbe voluto chiederle Harry, ma Neville nel frattempo aveva ripreso a parlare.

“Oltre a loro, ci sono i tre che più di ogni altro hanno contribuito alla caduta di Voldemort, coloro che hanno abbandonato tutto per raggiungere questo obbiettivo. Sto parlando di Ronald Weasley, Hermione Granger e  Harry Potter.”

Quel nome fu accolto da un applauso ben più forte dei precedenti. A quanto pareva, la leggenda di Harry Potter non era ancora scomparsa, per quanto il suo protagonista lo desiderasse.

Quando il clamore fu cessato, Neville concluse il suo discorso.

“Spero che ora ascolterete con rispetto e interesse ciò che i nostri ospiti hanno da dirvi.”

La prima ad alzarsi per parlare fu Hermione. Appena fu in piedi, si levò un mormorio sordo carico di ostilità. Quell’accoglienza sembrò avere un brutto effetto sulla donna, che prima di iniziare a parlare si schiarì la voce e resto qualche secondo in silenzio, esitante, come se non riuscisse a scegliere le parole con cui iniziare. Harry ne fu sconcertato: quando mai Hermione si era fatta intimidire così? In trent’anni di lavoro al Ministero si era scontrata senza paura con pezzi grossi e maghi potentissimi, e ora una platea di ragazzini la mandava in crisi? Ma un’altra domanda si sovrappose con forza nella sua mente: se i rumori di disapprovazione venivano, come era lecito attendersi, dai sostenitori della Mudblood Alliance, perché erano così maldisposti verso quella che era la madre della loro leader? Non ci trovava un senso, e nel cercare di raccapezzarsi si pentiva di non aver prestato molta attenzione alla vicenda sino a quel momento, forse avrebbe capito meglio la situazione.

Finalmente, Hermione iniziò a parlare; ma non fu un bel discorso.

“Ragazzi, vi parlo in qualità di Primo Funzionario del Ministero della Magia. Da sempre il mio ufficio è in prima fila nell’impegno per riformare la legislazione nella direzione di una maggiore apertura a tutte le categorie che lavorano nel mondo magico, per contrastare le discriminazioni che frenavano la civile convivenza, per promuovere l’accesso di tutti al processo decisionale. Per questo considero del tutto infondate le contestazioni che vengono mosse in alcune sedi…

Il linguaggio burocratico e il tono a metà tra autocelebrativo e difensivo andavano bene per i dibattiti assembleari del Ministero, ma non per parlare a una platea di studenti. Durante il discorso di Hermione il rumore di fondo proveniente dalla sala non accennò a diminuire, e anzi, quando iniziò a elencare i motivi per cui non avevano senso le accuse si sentì addirittura un fischio, che lasciò tutti di sasso, compresa, purtroppo, Hermione stessa, il cui tono di voce divenne sempre più esitante: perse il filo una, due volte, nel citare una direttiva che aveva approvato balbettò nel pronunciarne il codice legale (e delle risatine commentarono la difficoltà, mentre i professori al tavolo o si scambiavano sguardi imbarazzati o sembravano assorti nel contemplare i propri piatti o la volta del soffitto), infine chiuse il suo intervento in maniera affrettata e con un “Grazie dell’attenzione” quasi impercettibile; tornò a sedersi con gli occhi rossi.

Si alzò Ginny, con uno sguardo truce che Harry le aveva visto solo in pochi momenti.

“Una piccola nota prima di iniziare” esordì “Questa non è una partita di quidditch e voi non siete sugli spalti, quindi se sento ancora un altro fischio vi farò piangere come feci piangere la Bulgaria nella finale del 2010, intesi?”

Quelle parole suscitarono un po’ di risate e un applauso abbastanza convinto, in particolare dal tavolo dei Grifondoro: Ginny era popolare più come giocatrice di quidditch che come eroina della battaglia di Hogwarts, e questo la rendeva più simpatica alla platea studentesca.

“Bene. Ora che ripenso a quella coppa del mondo, qualcuno si ricorda chi giocava?”

Molti levarono il braccio, si sentirono gridare diversi nomi. Ginny li mise a tacere con un gesto della mano.

“Non intendevo questo, i nomi se li ricordano in tanti, e per chi non se li ricorda ci sono gli almanacchi biennali sul quidditch a riportarli. Quello che forse non molti ricordano è che in quella squadra che vinse la coppa del mondo c’erano due purosangue, due nati babbani e tre mezzosangue; e sapete chi era il nostro preparatore atletico? Un magonò! Quindi, se siete abbastanza intelligenti per leggere le idiozie che circolano su certi giornaletti, allora lo siete anche per capire il succo del discorso: e cioè che se noi avessimo iniziato a discutere e a guardarci in cagnesco sulla base del nostro pedigree addio gioco di squadra e addio coppa del mondo. E se qualcuno mi viene a dire che il gioco di squadra conta nello sport ma non nelle altre attività allora vuol dire che quando studiava pozioni deve aver ingurgitato qualcosa che gli ha fatto male al cervello. Però il preside Longbottom mi ha invitato a parlare perché ero nell’Esercito di Silente e non nella nazionale di quidditch, quindi concludo dicendovi questo: noi decidemmo di fondare un gruppo clandestino a nostro rischio e pericolo, chi ciancia di cupole purosangue lo fa a suo rischio e ridicolo. Grazie.”

Ginny si sedette tra applausi che coprivano le proteste di alcuni. Harry ne approfittò per cercare di capire la distribuzione delle opinioni: notò che gli applausi più entusiasti venivano dai tavoli di Grifondoro e, in parte, di Corvonero, mentre i Serpeverde erano la tavolata più quieta, che non mostrava né ostilità né consenso verso il discorso di Ginny; era invece il tavolo dei Tassorosso quello dove maggiore era il numero di facce scure e proteste, e chi applaudiva si trovava praticamente ai margini del gruppo centrale degli studenti.

Era il turno di Ron di parlare. Se il discorso di Hermione era stato incerto e inefficace, il suo fu un autentico disastro: nessuno lo contestò o rumoreggiò prima che iniziasse a parlare – l’avvertimento di Ginny aveva avuto effetto – ma ciò nonostante era ancora più confuso ed esitante della moglie.

“Be’, buonasera a tutti e a tutte, io sono Ron, Ronald Weasley, sono un auror… sono un reduce della battaglia di Hogwarts, forse non un eroe come dice Neville… cioè il preside Longbottom… però, insomma, ho dato il mio contributo, non che voglia togliere nulla agli altri, ma… vabbe’, il concetto è chiaro, quello che intendo dire è che contro voi sapete chi, cioè, contro Voldemort, eravamo in tanti, sia purosangue che mezzosangue e quindi non è possibile generalizzare… naturalmente, oggi non è che il punto sia solo discutere della battaglia di Hogwarts, so benissimo che il problema è un altro, anche se quale sia di preciso non l’ho capito… ma non nel senso che sono io che non lo capisco, anche se forse voi lo pensate, e quando dico voi dico quelli che sono d’accordo con questi che scrivono questo giornale che semina odio, e l’odio non è mai una buona cosa, ma poi appunto dicevo che non capisco il problema perché alla fine quali sono i problemi che avete con i purosangue, perché si parla tanto ma poi alla fin fine mica è chiaro cosa hanno fatto di male, no? Cioè, in passato sì, ma le cose sono cambiate e, insomma, continuare con antipatie superate non porta da nessuna parte, altrimenti saremmo ancora tutti a combattere, e poi come ha detto Ginny, cioè, Ginevra Potter… anzi no, lei usa il suo cognome ma non è importante che siamo fratelli, cioè, io sarei d’accordo comunque con quello che ha detto che la coppa non l’avremmo vinta se avessimo, cioè, se i giocatori avessero fatto come voi… sempre voi che la pensate così, non tutti voi, sia chiaro… però, insomma, pensate se non vi sembra uno spreco, litigare invece di lavorare insieme… pensate a quello che potreste fare…

“Ron ha ragione!” esclamò Luna, alzandosi in piedi. Gli altri commensali del tavolo la guardarono stupiti, ma anche un po’ sollevati che qualcuno intervenisse per aiutare Ron a uscire dal discorso in cui si era impelagato.

“Complimenti, hai detto esattamente quello che penso io” continuò Luna, e poi si volse verso gli studenti “Pensate a quello che potreste fare! Voi siete maghi, ma la magia non cresce e non migliora se non siete voi stessi a coltivarla anche finita la scuola. Pensate che i grandi maghi che hanno fatto la storia siano giunti alle loro scoperte stando dietro a una scrivania ministeriale, o contando banconote alla Gringott’s? No! Prima di tutto hanno viaggiato, e hanno scoperto tante cose, hanno ampliato i loro orizzonti. E là fuori c’è ancora tanto da scoprire, e io lo so, perché viaggiare è il mio mestiere, e cercando nuovi animali e nuove piante ho trovato anche ciò che non cercavo. Pensate a quante meraviglie ci sono nel mondo: sapevate che in Perù esistono api viola dal cui pungiglione si può estrarre un siero che rende incorporei? Io non lo sapevo, ma le ho scoperte mentre studiavo le tigri antropomorfe! Sapevate che nei laghi finlandesi vivono draghi anfibi? Pochi lo sapevano perché quando vanno in letargo si nascondono sotto i fondali e dormono per mille, millecento anni, ma per caso mi sono trovata lì quando una famiglia di loro si è svegliata; ma non cercavo i draghi, nossignore, stavo inseguendo un caribù d’acqua, e invece è finita che sono stati i draghi a inseguire me e i miei assistenti; quindi vedete, se sono stata così fortunata a trovarmi lì è stato perché continuavo ad andare da una parte all’altra, altrimenti non avrei mai potuto studiare le abitudini di caccia di questi simpatici animali. E mica solo animali sono le meraviglie di questo mondo! Conoscete le piante parlanti delle oasi del Sahara? Lo sapete che sui Pirenei c’è una tribù di maghi che praticano la castità, e per riprodursi i maghi usano un incantesimo con cui materializzano il loro seme nelle ovaie femminili? Il mio gruppo di ricerca li ha scoperti solo l’anno scorso!”

Quest’ultimo esempio suscitò l’ilarità degli studenti e gli sguardi scandalizzati di alcuni professori, ma Neville rideva di gusto, e anche Harry trovò difficile trattenere un sorriso.

“Potrei andare avanti per ore a raccontare delle cose che ho scoperto durante i miei viaggi. Ho scoperto anche un marito, tra l’altro, e ora abbiamo due figli… non abbiamo seguito il metodo dei maghi pireneici, ma questi non sono fatti vostri… e allora vi dico che per vivere così ci vuole energia e voglia di sapere, e se le vostre energie le usate per cercare dei nemici e per farvi la guerra tra di voi, invece che per scoprire il mondo e le sue meraviglie, be’, è un gran spreco, non vi pare?”

Luna tornò a sedersi tra applausi quasi più forti di quelli riservati a Ginny, potenziati anche dalle risate di sottofondo e dal fatto che chi aveva brontolato prima ora taceva, e si limitava a guardare gli oratori in silenzio.

Era il suo turno: Harry respirò a fondo, e si alzò. Fissò la sala, e poco alla volta il clamore si attenuò fino a che non ci fu perfetto silenzio. Sapeva che gli studenti lo guardavano come una specie di eroe di guerra e di leggenda vivente, e se la cosa non gli piaceva poteva comunque essere utile da sfruttare per cercare di ottenere l’effetto più forte. Aveva pensato ad un discorso da fare, ma dopo le alterne fortune di chi lo aveva preceduto sentiva che ciò che si era preparato non era sufficiente, non era adeguato. Chiuse gli occhi, per ordinare i pensieri, li riaprì e tornò a guardare verso gli studenti. Iniziò a parlare.

 

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Capitolo 5
*** Il discorso di Harry ***


“Avverto una grande rabbia, in questa sala” esordì Harry “e non ne conosco i motivi. Forse, anche conoscendoli, non riuscirei a capirli a fondo: troppi anni, troppe esperienze ci separano. Ma la rabbia, quella sì, la conosco: conosco quella sensazione di vuoto, di ingiustizia, di risentimento, di rivalsa, di desiderio d’azione, tutto insieme, tutto in una volta, che non ti permette di pensare ad altro, che non ti fa dormire, che ti brucia. Questa rabbia l’ho sperimentata quando avevo l’età di molti di voi, è stata una esperienza che non rimpiango, ma in fondo è stata utile: avendo vissuto quel sentimento, mi era possibile vederlo anche negli altri, nelle persone con cui vivevo e anche in quelle che avevo conosciuto e non c’erano più, e così mi diventava più facile capirle, giudicarle meglio, essere più giusto nelle mie opinioni.

“Un furore simile a quello che ho provato io doveva animare, molti anni prima che nascessero i vostri nonni, un giovane mago che arrivò a Hogwarts da un orfanotrofio. Il suo nome era Tom Marvolo Riddle, ed era un mago dalle capacità prodigiose. Purtroppo, non riuscì mai a liberarsi di quel demone che lo consumava dall’interno, e sin da giovanissimo si ostinò a usare il suo talento nella magia per infliggere sofferenze agli altri, finché non arrivò a creare una visione del mondo basata sull’oppressione di una elite superiore su tutti gli altri: se conoscevate questo nome sapete di chi parlo, ma anche chi non lo conosceva a questo punto avrà ormai capito che si trattava di Lord Voldemort.”

Il silenzio che aveva accompagnato tutto il discorso di Harry non poteva essere più assoluto, eppure alla menzione di quel nome sembrò accentuarsi ulteriormente.

Voldemort ha ucciso i miei genitori. Quando riapparve dopo il suo lungo esilio spettrale, a lungo fui combattuto tra il desiderio di vendetta e la speranza che sparisse dalla mia vita, che non mi costringesse a fronteggiare un pericolo che non avevo creato né cercato. Per Voldemort provavo solo odio; ma più tardi, dopo la battaglia di Hogwarts, quando tutto fu finito, iniziai a riflettere, e a pormi delle domande. Odiare Voldemort era giusto, perché era un concentrato di nequizia e malvagità come raramente se ne sono visti nel mondo magico; ma era sempre stato così? Era nato malvagio o c’erano responsabilità nella famiglia che lo aveva abbandonato, o nelle persone che lo avevano ospitato in orfanotrofio? O forse non c’erano colpevoli, c’era solo un bambino che sapeva di avere grandi poteri senza che nessuno gli insegnasse i limiti della magia, e così Tom Riddle aveva sviluppato un desiderio inesauribile di potere e conoscenza, che ha cercato di soddisfare con i metodi più veloci, e cioè ignorando le conseguenze negative dei propri gesti: questo fu l’inizio del percorso che portò alla nascita di Voldemort. Mi sono chiesto se sarebbe stato possibile evitarlo: se Tom avesse trovato qualcuno in grado di mettere un freno alla sua sete smodata, se avesse potuto calmare la sua rabbia, se avesse avuto degli affetti che lo distogliessero dalla sua ossessione… magari mi direte che non ha senso perdere tempo a fare congetture impossibili sul passato; eppure è così che possiamo trarre insegnamenti da esso, ed evitare che le tragedie si ripetano.

“Certo, se oggi posso parlare in questi termini di Voldemort è perché è morto, perché lo abbiamo sconfitto. Non voglio esagerare i miei meriti in questo risultato, perché è stata un’impresa collettiva: senza Hermione e Ron non sarei andato da nessuna parte, così come è stato determinante l’apporto dell’Ordine della Fenice, e l’Esercito di Dumbledore è stato un nucleo di resistenza fondamentale nella battaglia di Hogwarts, e non solo. Tante persone che hanno lavorato insieme per un obbiettivo comune, nonostante tra noi ci fossero diversità, perché credevamo tutti in un principio: che quelle diversità potevano convivere. I mangiamorte facevano gerarchie tra maghi e babbani, e tra i maghi di origine diversa, e si erano posti al vertice di quel loro sistema; noi li combattevamo perché non accettavamo simili divisioni, ed è per questo che tra noi c’erano mezzosangue e purosangue, maghinò e nati babbani. Questo era lo spirito, per cui chi oggi cerca di porsi come l’erede di quella lotta, e vede nei purosangue un nemico, sta commettendo un grosso errore. E questo vi è stato già detto. Ma anche in questo caso, devo essere io stesso ad evitare di sbagliare e lasciarmi andare a giudizi frettolosi. L’importante è capire, ma per capire bisogna essere in grado di mettere in dubbio le proprie convinzioni, di farsi delle domande; e, per cercare risposte, parlare con gli altri, confrontarsi, discutere, se necessario litigare; ma con le parole, non con bacchette o armi.  Questo vale per me, vale per professori e studenti, vale per maghi e per babbani. Quindi mi auguro che anche voi ci pensiate: saper combattere è importante, ma sapere come si può evitare di dover combattere lo è ancora di più. Quindi quella rabbia che circola qui dentro… interrogatela: cercatene le cause, chiedetevi se ne vale la pena, se i metodi e le idee che avete scelto per sfogarla sono quelli giusti, se non potete ottenere di meglio cercando altre strade. Luna, prima, vi ha suggerito un modo, ma ce ne sono tanti altri, e sta a voi trovarli. I professori di Hogwarts possono aiutarvi in questo, ma non abbiate paura di fare e farvi domande anche su di loro: nessuno è intoccabile, ma tutti meritano rispetto.

“Questo può sembrare il discorso noioso di un signore di mezza età che non vuole vedere ragazzini litigare fra di loro. In effetti lo è. Ma tutti i reduci della battaglia di Hogwarts sanno che la cosa più importante è che nulla di simile si ripeta nella comunità magica. Questo è l’impegno a cui ci siamo votati quando abbiamo iniziato a costruire la pace, per donarla ad una nuova generazione. Quella generazione siete voi, e potete mostrarci se questo dono vi piace, se cercherete di mantenerlo come lo avete trovato, o se invece pensate che non è poi così importante e tanto vale disfarsene. Grazie.”

Harry si sedette. Per un istante ci fu silenzio, e l’intera sala parve congelata. Poi si sentirono due mani battere, poi altre, e altre ancora, finché un applauso fortissimo, come nessuno di quelli che lo avevano preceduto, si alzò dalle tavolate degli studenti.

 

“Non li hai convinti tutti, ma parecchi sì” disse Neville quando gli studenti si furono ritirati nei propri dormitori “o almeno, hai seminato un po’ di dubbio tra chi va dietro ai fanatici. Sono soddisfatto.”

“Dici?”

“Dico. Mentre parlava ciascuno di voi tenevo d’occhio i gruppi di studenti che so essere simpatizzanti del movimento, e il tuo discorso è stato quello che è riuscito ad ottenere, anche tra loro, le reazioni migliori. Chi non ha applaudito guardava sconcertato i compagni che lo facevano.”

“Allora farai meglio a far tenere d’occhio i dormitori, stanotte” avvertì Ginny “Gli studenti che oggi sono divisi potrebbero litigare, una volta da soli.”

“Hai ragione, vado subito ad avvertire i prefetti” approvò Neville, alzandosi. “Aspettatemi, dopo farò portare un po’ di vino.”

“Grazie, Neville, ma si è fatto tardi, forse è il caso di tornare alla locanda” disse Harry. Ginny si mostrò d’accordo.

“Davvero? Peccato. Hermione, Ron?”

I due erano rimasti in silenzio dalla fine degli interventi, e ancora più cupi di prima. Ron disse solo: “Anche noi preferiamo ritirarci.”

“Va bene, allora, vi farò accompagnare ai cancelli esterni, lì potrete smaterializzarvi senza problemi.”

“Io resto” dichiarò Luna “Giacché sono qui, andrò a consultare dei tomi in biblioteca.”

“Di notte?” chiese  Hermione, acida.

“Sì, ci sono dei libri nottambuli che non si fanno leggere se non dopo il tramonto.”

“Mai sentiti” disse Harry.

“Questo perché nemmeno tu viaggi abbastanza, Harry. Guarda, stai anche mettendo su pancia.”

“Vero?” disse Ginny “Glie lo dico sempre anche io che si è impigrito, ma lui niente…

“Ok, basta così!” sbuffò Harry. Neville sorrise, e li salutò uno per uno con abbracci e strette di mano.

 

Rufus li guidò sino ai cancelli, sebbene tutti e quattro ricordassero a memoria la strada. Fu una passeggiata silenziosa e opprimente, Hermione e Ron erano visibilmente prostrati e desiderosi di stare da soli, e né Ginny né Harry sapevano cosa dire per tirarli su di morale.

Una volta usciti dai cancelli si scambiarono dei saluti imbarazzati.

“Ci vediamo a cena da mamma per l’anniversario, sì?” chiese Ginny.

“Certo” mugugnò Ron.

“Mi raccomando, statemi bene…

“Tranquillo, Harry. Complimenti per il tuo discorso di stasera.”

“Ma dai, basta parlare di…

“No, no. È stato uno splendido discorso, signor Potter.”

A quella voce tutti si voltarono di scatto. A parlare era stata una giovane donna, apparsa silenziosamente a pochi passi da loro. Aveva lunghi capelli rossi.

“Rose!” esclamò Hermione con voce strozzata.

“Ciao, mamma” disse la nuova arrivata con tono indifferente.

Harry la guardò con stupore e curiosità: non la vedeva da quando era poco più di una bambini, e non l’avrebbe riconosciuta. Colore dei capelli a parte, non sembrava avere nulla né dei Weasley né di Hermione, i lineamenti del volto erano magri e duri, le labbra sottili, e in quel momento piegate in un sorriso ambiguo.

“Devo farle i complimenti, signor Potter” disse Rose “Con il suo intervento di oggi ha vanificato parecchi risultati raggiunti sinora dal movimento. Dovremo lavorare parecchio per recuperare.”

“Come fai a sapere del mio discorso?”

“Diciamo che i miei sostenitori più fidati mi aggiornano in tempo reale su ciò che avviene dentro Hogwarts.”

“Ma pensa. E sei venuta qui solo per riconoscere la sconfitta?” chiese Ginny, sarcastica.

“Nessuna sconfitta, zia carissima. Solo un rallentamento, ma qui non sono io che sto facendo una battaglia contro i purosangue, siete voi che state combattendo contro l’inevitabile.”

“Che intendi dire?”

“Intendo che la fine dei purosangue è scritta nella storia. Noi acceleriamo il processo, ma quello andrebbe avanti a prescindere. Voi invece volete fermarlo, ma ci sono cose che nemmeno i maghi più potenti possono fare.”

“Sì, e far diventare intelligenti gli stupidi è la prima della lista.”

“Le battute non cambieranno la realtà, zia.”

“E allora perché sei venuta qui, Rose?” chiese Harry, spazientito.

“Bravo, signor Potter, arriviamo al punto.”

“E basta con questo signor Potter, sono tuo zio!”

“Non sono degna di cotanta parentela. Lei può essere un simbolo per la lotta sangue sporco, signor  Potter. Perché vuole stare dalla parte sbagliata della storia? Il suo passato merita di meglio.”

“Mi chiedo se tu abbia davvero ascoltato il mio discorso…

“E io mi chiede se davvero lei crede che basti la rabbia adolescenziale a spiegare tutto. La rabbia adolescenziale, ah! Un concetto babbano, vede? Anche lei sa che quella è la nostra cultura, non quella dei purosangue. Ma non mi illudo di convincerla stasera. Mi basta che si chieda ‘e se avessi torto?’ Non può non farlo. Lo ha detto lei stesso che è bene porsi dubbi, farsi domande, no? Nel suo splendido discorso.”

Pronunciate quelle parole, Rose si smaterializzò.

“No, aspetta!” gridò Hermione correndo verso di lei. Scivolò sull’erba umida e cadde in ginocchio di fronte al punte dove sino a un attimo prima c’era la figlia, e ora più nulla. Iniziò a piangere.

Senza dire nulla, Ron si chinò vicino a Hermione, e la abbracciò, accarezzandole le spalle scosse dai singhiozzi con mani anch’esse tremanti. Ginny strinse forte il braccio di Harry. Rimasero così per un po’, nel silenzio della notte rotto solo dalle lacrime.

 

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Capitolo 6
*** Una nomina sgradita ***


2 settembre 2030

 

Il giorno seguente, Harry tornò al lavoro al Ministero. La visita a  Hogwarts lo aveva lasciato cupo e preoccupato, e non solo per le pessime condizioni in cui aveva visto Hermione e Ron: Rose aveva detto di essere stata informata in tempo reale dei discorsi che avvenivano all’interno, e lo aveva dimostrato citando anche un passaggio di quanto egli stesso aveva detto. Come si tenevano in contatto? Tramite la magia, ovvio, ma era credibile che uno studente riuscisse a tenere un simile contatto con l’esterno di Hogwarts dalla Sala  Grande senza che nessuno, nemmeno tra i professori, se ne accorgesse? O non era più realistico pensare che non si trattasse di uno studente? Ma allora voleva dire che quel movimento contro i purosangue aveva una diffusione ben più preoccupante di quanto pensasse…

“Buongiorno, capo” lo salutò Chico quando entrò in ufficio “Tutto bene a Hogwarts?”

“Incredibilmente, Chico, la tua visita non è stato il momento peggiore del weekend.”

“Lo so, il momento peggiore del weekend è il lunedì, lo diceva sempre mio padre. Il che è strano perché mio padre non sapeva nemmeno una parola in inglese, vattelapesca cosa voleva dire.”

“Ok, ok. È già arrivato Shacklebolt?”

“Il ministro? Sì, è di là che amministra.”

“Benissimo, allora vado a parlargli. Tu resta qui e pensa alle pratiche.”

“D’accordo, meno male che sono un tipo pratico. Hai qualche altro incarico in carica per me, che so, recapitare un messaggio a qualcuno?”

“No, tranquillo.”

“Un massaggio a qualcuna?”

A dopo, Chico.”

 

Shacklebolt era ormai anziano, ma aveva ancora la figura imponente di sempre: le spalle larghe, la schiena dritta, la pelle solo leggermente schiarita dall’età. Si alzò quando Harry entrò nel suo ufficio, e gli andò incontro, il che era inconsueto; gli strinse la mano e gli poggiò la sinistra sulla spalle; anche le mani, sebbene increspate da una fitta rete di rughe, avevano ancora una presa salda e sicura.

Si sedettero.

“Allora, sir, come mai mi ha convocato?”

“Diamoci del tu, Harry; quanti decenni sono che lavori al Ministero? Non c’è bisogno di formalità.”

“Va bene, se preferisce… se preferisci. Mi stupisce un po’, si è sempre dato molto peso a questi protocolli.”

“Vero. Non ho cambiato idea, ma per quanto mi riguarda sono arrivato al punto della mia carriera in cui posso rilassarmi un po’.”

Harry colse il significato di quelle parole: da mesi si sussurrava che Shacklebolt era intenzionato a lasciare l’incarico di ministro. Le voci erano nate nell’entourage di Hermione, che era l’erede designata alla carica, ma si erano velocemente dimostrate fondate.

“Intendi dire che stai per dimetterti?”

“Con calma. La transizione richiederà almeno un anno. Ti anticipo il fatto, ma la notizia non sarà resa pubblica che tra tre mesi, dopo che avremo iniziato le procedure; poi potremo procedere gradualmente e senza scosse.”

“Così tante precauzioni? È stata Hermione a chiederle?”

Shacklebolt parve imbarazzato.

“No, è una mia idea, Hermione non sa ancora niente, la informerò domani di tutte le decisioni.”

“Ma come? Vengo avvertito prima io del futuro ministro?”

L’imbarazzo era ora evidente, e Shacklebolt distolse lo sguardo. Harry iniziò a sentirsi a disagio.

“Harry, Hermione non sarà il prossimo ministro della magia.”

“Cosa?!”

“È così, ormai è deciso.”

“Ma sir… Kingsley! Hermione da anni sogna quell’incarico!”

“In tanti lo sognano, ma non è un requisito sufficiente.”

“E chi ha più requisiti di lei? E poi Hermione non ha mai avuto sete di potere, se vuole diventare ministro è perché più di dieci anni fa è stato deciso che sarebbe stata lei il tuo successore! E ha una competenza magica e amministrativa che pochi nel Ministero hanno, è la responsabile di tutte le riforme di questi anni, la nomina a ministro sarebbe il riconoscimento del lavoro di una vita!”

Nella foga del discorso Harry si era alzato a metà dalla sedia, e ora era proteso verso Shacklebolt, le mani poggiate sulla scrivania, ma il ministro non si curò di quel gesto irrispettoso.

“Siediti, Harry, e cerca di calmarti. Conosco la tua amicizia verso Hermione, e anche a me dispiace che si sia arrivati a questo punto. Ma le cose sono cambiate, e lo sai anche tu: hai visto Hermione, è diventata l’ombra di se stessa per colpa della figlia; non ha più forza d’animo, non si concentra sul lavoro, non reagisce con l’energia di un tempo alle difficoltà. Mi è stato raccontato della sua figuraccia di ieri a Hogwarts, e non è che l’ultimo episodio. Non ha la tempra per reggere il Ministero in tempi difficili.”

“Vero, sta passando un periodo difficile, ma passerà, del resto ha l’appoggio e la stima di tutta la comunità magica…

“È qui che ti sbagli. Non ricordi le resistenze delle famiglie purosangue Serpeverde quando  Hermione promosse le riforme per l’uguaglianza tra le creature magiche? Dopo anni di lotte si sono adeguati, ma non glie l’hanno mai perdonata. Hermione ha lavorato tanto per dimostrare di essere contro discriminazioni di ogni tipo, e di non essere contro i purosangue, ma questo dannato movimento sanguesporco l’ha rovinata.”

“Un momento: è colpa di quel movimento di ragazzini?”

“Non solo ragazzini, Harry. Le idee della Mudblood Alliance si stanno diffondendo più rapidamente di quanto temessimo, anche al di fuori di Hogwarts. Non ce ne rendiamo conto a sufficienza perché sinora abbiamo guardato solo ai casi di aggressioni, risse e scontri, e in quei casi sono quasi sempre gli studenti a esporsi, ma il giornale di Rose Weasley sta iniziando ad avere una certa diffusione un po’ ovunque. Mi dicono che circolano molto tra le bancarelle di Diagon Alley, per fare un esempio. Temo che ci siano maghi adulti che lavorano insieme alla Weasley per organizzare azioni contro i propri avversari.”

Harry avrebbe voluto obbiettare e dire che erano paure esagerate; ma gli tornarono in mente i dubbi sugli informatori di Rose all’interno di Hogwarts, e tacque.

“La gente se ne accorge” continuò Shacklebolt “e se ne parla. Alcune famiglie purosangue hanno paura che ci siano aggressioni nei loro confronti, o che nasca qualche gruppo di mangiamorte al contrario. Ho ricevuto delle lamentele a proposito. Un informatore ci dice che in alcuni circoli di Serpeverde si parla di organizzare gruppi proprio per difendersi da eventuali attacchi, se il Ministero dovesse continuare a non agire. Ce l’hanno tutti con Hermione, la accusano di aver creato le condizioni per questi fanatici, e naturalmente il fatto che la leader del movimento sia sua figlia accresce i sospetti e la diffidenza nei suoi confronti.”

“Ma anche i sostenitori di Rose non hanno la minima stima per Hermione, ti avranno raccontato di come l’hanno accolta ieri...”

“Sì, e non fa che peggiorare la situazione: i sanguesporco – ma vedi se mi tocca usare questa parola insultante – la considerano una venduta e una traditrice. Idiozie, ma la questione non cambia: c’è un conflitto emergente tra due gruppi, e se Hermione non ha il rispetto e la fiducia di nessuno dei due allora non sarà in grado di mediare o di trovare soluzioni. Nominarla ministro non farebbe che aggravare la sfiducia dei purosangue nei confronti del Ministero, senza che ciò scoraggi minimamente l’operato del gruppo di Rose Weasley. Capisci? Mi dispiace, ma non può essere lei il prossimo ministro.”

“Ma, Kingsley, pensa a cosa vorrebbe dire” obbiettò ancora Harry, in un ultimo disperato tentativo di aiutare l’amica “Con la nomina di Hermione sarebbe la prima volta da decenni che un ministro della magia viene scelto non tra gli auror ma tra il personale civile. Non era quello che volevamo? Pacificare la comunità magica? Superare il periodo di controllo poliziesco e avviare una transizione verso un governo più liberale?”

Shacklebolt scosse la testa.

“Dobbiamo guardare i fatti. La convivenza pacifica è di nuovo a rischio. Non possiamo diminuire i poteri del Ministero adesso, e non possiamo dare impressione di debolezza. Speravamo di poter passare oltre questi problemi, ma non è così, e quindi Hermione non è più la persona adatta a fare il ministro. Tu, invece, sì.”

 

Lo sapeva. Dalla prima esitazione di Shacklebolt aveva capito che sarebbe uscito da quell’ufficio come ministro della magia in pectore. E mentre tornava a casa, Harry si era chiesto se nelle sue obiezioni c’era più il desiderio di difendere Hermione o di evitare a se stesso un incarico che mai avrebbe voluto.

Aveva cercato di opporsi, ma Shacklebolt era stato irremovibile: “Tu solo hai la stima di tutti. I purosangue si fidano di te, e i nati babbani ti venerano come un eroe. Sei il capo dell’ufficio auror da anni, nessuno può mettere in dubbio la tua capacità nel ruolo. Hai combattuto contro Voldemort e hai vinto, pochi avrebbero il coraggio di misurarsi contro di te. Sei l’unico a cui posso lasciare la mia poltrona senza paura di commettere un grave errore.”

Harry Potter l’eroe, Harry Potter venerato, Harry Potter temuto. Ma che dire di Harry Potter l’amico di  Hermione e Ron? Quello era il titolo a cui veramente teneva, ma per il mondo valeva meno di tutti gli altri. Il mondo voleva che si prendesse un ruolo di governo per i meriti che aveva ottenuto trent’anni prima: come dire che in trent’anni di lavoro dal Ministero non era uscito nessuno in grado di assumersi quel genere di responsabilità, proprio un risultato di cui vantarsi!

Quelli erano gli amari pensieri di Harry mentre stava sdraiato sul divano di casa sua, la testa nel grembo di Ginny che gli massaggiava delicatamente le spalle.

“Cosa devo fare, Ginny?”

“Cosa puoi fare? Shacklebolt non ti ha lasciato molta scelta, mi pare.”

“Lo so anche io. Ma è così ingiusto!”

“Lo so, amore. Ma qualcosa puoi fare per ridurre i danni.”

“Che intendi dire?”

“Il succo del discorso è che Hermione ha perso credibilità come possibile ministro per colpa dell’attività di Rose, no? E mi hai detto che c’è la possibilità che Rose stia organizzando qualcosa di illecito con degli informatori interni a Hogwarts

“Sì, e dunque?”

“E dunque se indaghi su Rose e i suoi forse hai la possibilità di scoprirne i piani e bloccarli in tempo; e così facendo si potrebbe smantellare la sua organizzazione e eliminare il problema di Hermione.”

“Magari fosse così semplice… a parte che su Rose non abbiamo che sospetti, ma se anche facessimo come hai detto tu non penso che Shacklebolt cambierebbe idea su  Hermione.”

“Lui no, ma il giorno in cui sarai tu ministro spetterà a te decidere: se nel frattempo riuscissimo a sistemare questi imbecilli, chi ti potrebbe impedire di mantenere il ruolo per poco tempo e poi passarlo a Hermione?”

Harry si sollevò a sedere e guardò Ginny con una punta di ammirazione.

“Sai che non ci avevo pensato? Non è facile, ma è una possibilità per risolvere questo problema… Domani stesso inizierò a indagare su questa Alleanza.”

“Ecco, così mi piaci! Combattivo, con o senza pancia.”

Risero entrambi, e si baciarono.

Harry si staccò da lei e sospirò carezzandole i capelli.

“Certo, per Hermione non sarà comunque una passeggiata, se per riavere il suo ruolo occorre passare per la punizione di sua figlia.”

“Non c’è nulla di bello in questa storia, Harry: di certo, finché questi sangue sporco continueranno a fare danni Ron e Hermione continueranno a soffrire per il senso di colpa, quindi bisogna fermali; Rose è adulta e vaccinata e ha scelto questa strada, vai a sapere il perché, la cosa giusta da fare è che si prenda le sue responsabilità.”

“E io vorrei tanto capire perché ha scelto questa strada” disse Harry, guardando nel vuoto.

 

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