A Christmas Carol of Draco Malfoy

di Allyii
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Comportamenti Sospetti ***
Capitolo 2: *** Lo Spirito del Natale Passato. ***
Capitolo 3: *** Lo Spirito del Natale Presente. ***
Capitolo 4: *** Lo Spirito del Natale Futuro ***
Capitolo 5: *** Draco torna in sè ***



Capitolo 1
*** Comportamenti Sospetti ***


 Capitolo 1:
Comportamenti Sospetti


Dal libro, pag. 299:

Sera. 22 Dicembre 1996

[...] 

“Non sono i soli, ho altra gente dalla mia, gente migliore!”

“Allora perché non mi confidi tutto? Io posso…”

“Lo so che cos’ha in mente! Vuole rubarmi la gloria!”

Un’altra pausa, poi Piton rispose, gelido “Parli come un bambino. Capisco che la cattura e la prigionia di tuo padre ti abbiano sconvolto, ma…”

Draco Malfoy, però, non pareva intenzionato a continuare ad ascoltare Piton.

Non gli dette neanche il tempo di finire la frase:  spazientito, aprì la porta dell’aula vuota e uscì di tutta fretta, allontanandosi velocemente lungo il corridoio, senza mai girarsi.

Sorpassò la porta aperta dell’ufficio di Lumacorno, svoltò l’angolo e sparì.

 

**

Mattino presto. 23 Dicembre 1996

 

Più silenziosamente che poté, Draco aprì la porta del suo dormitorio, sicuro che i suoi compagni di Casa stessero dormendo della grossa, ma si sbagliava.

“Draco! Dove diavolo eri finito? Il coprifuoco è passato da un bel pezzo!” bisbigliò, infatti, una voce agitata.

“Blaise, sta’ zitto!” replicò Draco, seccato, cercando a tastoni il pigiama e iniziando a cambiarsi.

“Sta’ zitto??! Draco, è l’una del mattino, fa un freddo polare, tu sei uscito ieri sera e non sei più tornato. Cosa dovevo pensare? Ero preoccupato. Credevo che qualcuno ti avesse visto infrangere il coprifuoco! O che fossi in pericolo!” insisté Blaise, che cominciava ad arrabbiarsi.

“Bè, nessuno ti ha chiesto di preoccuparti tanto. Grazie.” Disse, acido, Draco, scostando le coperte per potersi finalmente infilare a letto.

“Draco, ma sei scemo!? Sei il mio migliore amico! Certo che mi preoccupo!”

“Ripeto. Nessuno te lo ha chiesto.”

“Ma…”

“Ehi, voi due! La finite di bisbigliare?” la voce seccata di Theodore Nott, proveniente da un punto imprecisato della stanza, interruppe la discussione sussurrata tra Draco e Blaise.

“Io starei cercando di dormire!”

Blaise rispose con un grugnito e tacque, così Theo, ancora mezzo addormentato, si rigirò nel letto e ricominciò a ronfare mentre Draco si metteva sotto le coperte, senza però riuscire a prendere sonno.

Come al solito.

Erano mesi che aveva difficoltà a dormire.
Spesso trascorreva intere notti a rimuginare su ciò che era accaduto quell’estate, al compito che l’Oscuro Signore gli aveva affidato e all’angoscia per la sua ipotetica non riuscita.

Ad Agosto, dopo l’arresto di suo padre, Lord Voldemort lo aveva costretto a Marchiarsi, contro la sua volontà.

Era stato a casa sua, a Villa Malfoy, con tutta la sua famiglia presente.

Il Signore Oscuro aveva sferzato l’aria con la bacchetta, gridando ‘Morsmordre!’,  e lui aveva provato un dolore lancinante al braccio sinistro.

Era stato molto doloroso, ma nulla era stato, se paragonato al puro terrore che lo aveva pervaso quando si era trovato al cospetto di Voldemort in persona.

Draco Malfoy.

Il sibilo inconfondibile di quella voce terribile e penetrante aveva fatto percorrere un brivido gelido lungo la schiena di Draco.

Lentamente si era girato e aveva incrociato per un attimo lo sguardo freddo e divertito di Lord Voldemort, prima di abbassare il volto e guardarsi i piedi, mentre il panico gli faceva rivoltare lo stomaco.

Draco Malfoy. Figlio di Narcissa Black e Lucius Malfoy.” aveva continuato Voldemort “Adesso sei a tutti gli effetti uno di noi. Sei un Mangiamorte.”

A quelle parole, Draco aveva serrato i pugni.
Sapeva perfettamente cosa era diventato.
Lo avevano trasformato in un mostro assetato di sangue, che doveva uccidere senza pietà.
Anzi, in un mostro che avrebbe dovuto provare piacere nell’uccidere.
Draco però non era di quella pasta.

Non era una brava persona, non aveva buone intenzioni, non aveva buoni e giusti principi morali, ma non era un assassino e non voleva diventarlo.

Lord Voldemort aveva fatto una pausa, per dar modo alle sue parole di fare ‘colpo’, ma poi aveva ripreso a parlare “Draco Malfoy. Sei diventato un Mangiamorte per prendere il posto di tuo padre. Dovrai rimediare ai suoi errori. Per cui ti affiderò un compito.”

Come se avesse già saputo cosa lo aspettava, il cuore di Draco aveva perso un battito.

Forse più di uno.

Tu avrai l’onore di uccidere Albus Silente

Quelle parole erano state accolte da un silenzio pesante da parte di tutti i presenti, tranne da Bellatrix, che era scoppiata in risolini infantili e isterici.

Lord Voldemort, a quel punto, aveva levato il mantello ed era sparito, con la sua serva più fedele appresso.

Da lì Draco non si ricordava più niente, quasi sicuramente era svenuto subito dopo che Il Signore oscuro se ne era andato.

Quello non era l’unico brutto ricordo che aveva, ma di sicuro era il peggiore.
Era il ricordo che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.

“Buonanotte, Draco” sussurrò Zabini dal suo letto.

Draco sorrise e provò un moto d’affetto per il compagno.

“Buonanotte, Blaise.”

 

**

Ora di pranzo

“Draco, mangia!”

“Non cominciare anche te, Pansy. Non ho fame.”

“Draco, smettila di fare storie. Non mangi e non dormi più da Settembre! Vedi che lo so che anche stanotte non hai dormito. Blaise mi ha detto che continuavi a rigirarti nel letto. E mi ha detto anche che sei tornato tardissimo. Ancora non capisco perché ti ostini a non dirci niente, ma per il momento non insisterò. Ma se non mangi questo pasticcio di rognone, giuro che ti affatturo!”

Il tono di Pansy Parkinson non ammetteva repliche, mentre era seduta in Sala Grande accanto a Draco, brandendogli davanti una forchetta, agitata.

Draco, però, continuava ad ignorarla.

“Draco, accidenti a te! Ma non ti vedi?! Non esci quasi mai, sei sempre di cattivo umore, mangi pochissimo, sei magro come un chiodo, hai delle occhiaie lunghe così e hai la pelle tutta ingrigita!” insistette lei, avvicinandoglisi sempre di più, con fare minaccioso.

Draco alzò gli occhi al cielo “Pansy, quando imparerai a farti gli affari tuoi?” le chiese, esasperato, prendendo la forchetta e cominciando a smangiucchiare il suo pasticcio con aria cupa e sconfitta.

Pansy lo guardò compiaciuta, mentre Blaise, seduto di fronte a loro, si stava lanciando uno sguardo di intesa con Nott.

Appena finito il pranzo, la McGranitt disse agli studenti che sarebbero andati a casa per le vacanze di Natale di seguirla.

Più di mezza scuola si accinse a raggiungerla, compresi, notò Draco, Potter e i suoi amici.

Il biondo Serpeverde seguì con gli occhi il moro Grifondoro, fino a quando quest’ultimo non sparì, chiacchierando allegramente con Weasley e la Granger, dietro la porta della Sala Grande.

Potter.

Harry Potter.

Chissà come sarebbe stato averlo come amico.

Draco ci pensava spesso.

Chissà se la sua vita sarebbe stata diversa.

Magari non avrebbe mai ricevuto il marchio Nero, magari suo padre non sarebbe mai stato sbattuto ad Azkaban.

O magari sarebbe successo tutto comunque, e Draco avrebbe dovuto tradire un amico e consegnarlo nelle mani di Voldemort.

Forse invece Harry avrebbe potuto sconfiggerlo prima, forse impedendogli proprio di risorgere, se fosse stato amico suo.

Perché Draco avrebbe potuto dargli informazioni importanti grazie a suo padre.

O forse sarebbe stata la rovina di entrambi.

Forse avrebbero litigato subito.

Forse la loro amicizia sarebbe durata negli anni, rimanendo solida e ferrea.

Se.

Forse.

Magari.

Draco poteva usare solo questi avverbi, perché di fatto, nella realtà, Potter non era amico suo.

La cosa, dopo sei anni, gli ribolliva ancora.

Draco ora attribuiva tutte le sue disgrazie a Potter. Se non avesse mandato suo padre in prigione, lui non sarebbe stato marchiato e non avrebbe avuto l’ingrato compito di uccidere Silente.

Se Harry avesse accettato la sua mano, Draco gli sarebbe stato fedele, amico, come suo padre, Lucius, lo era con Piton.

Dei Malfoy, infatti,  si potevano dire tante cose.
Si poteva dire che fossero snob.
Era vero.
Si poteva dire che navigassero nell’oro.
Era vero.
Si poteva dire che erano dei Mangiamorte.
Era vero. Fottutamente vero.

Ma non si poteva dire che i Malfoy fossero traditori.

Anzi, a dire la verità, i Malfoy erano sì, traditori.

Non si facevano scrupoli a pugnalare alle spalle gli altri pur di salvarsi.

Ma se un Malfoy sceglieva un amico, quello era l’amico. Quello era intoccabile.

Di fatto, se qualcuno avesse fatto del male a Tiger o Goyle, Draco se ne sarebbe fregato altamente.

Di fatto, se qualcuno avesse fatto del male a Blaise o a Pansy, l’avrebbe pagata cara.

Draco era sicuro che avrebbe provato per Potter lo stesso affetto che provava per Zabini, forse anche di più.

Ma ora non potevano tornare indietro. Ormai avevano preso strade troppo diverse.

Forse proprio a causa della loro mancata amicizia.

Lui luce, Io Buio – si ripeteva Draco.

Quando avrebbero potuto essere entrambi luce, o entrambi buio, insieme.
Ma non erano insieme e non  lo sarebbero mai stati.

Furente dopo quei tetri pensieri, Draco sbatté la forchetta sulla tavola e si alzò.

“Draco, tesoro, dove vai?” gli chiese Pansy.

Draco la guardò, pronta a risponderle di farsi gli affari suoi, ma, quando vide il suo sguardo puro e seriamente preoccupato, si addolcì.

“Pansy, scusa, ma devo fare una cosa. Ci vediamo a cena.”

Detto questo, si incamminò a passo spedito verso la porta e dopo pochi secondi era sparito.

“Draco! Dove vai?” gridò Pansy, ma era tardi. Stava per alzarsi e seguirlo, quando una mano si posò sulla sua spalla. Si voltò. Era Blaise.

“Lascialo andare.” le disse “Seguirlo non gioverebbe nessuno. Io e Theo però abbiamo un piano. Ascolta…”

Pansy si avvicinò ai due amici, che la informarono della loro idea.


**

“Come diavolo si fa a riparare questo dannatissimo armadio?!”

Draco guardò male l’Armadio Svanitore davanti a lui, che non voleva proprio saperne di funzionare.

“Cazzo!  Maledetto coso schifoso!” urlò Malfoy e, accecato dall’ira e dallo stress, tirò un calcio all’armadio, con l’unico risultato di essersi procurato un tremendo dolore all’alluce.

Prese a saltellare per la Stanza Delle Necessità, reggendosi il piede destro tra le mani e imprecando furiosamente.

Alla fine, esausto, crollò su un divano logoro, dove pianse tutte le sue lacrime.

**

“Blaise, sei sicuro che la tua idea funzionerà?”

“Sicuro? No, Pansy. Ormai non sono più sicuro di niente, a parte una cosa: che Draco non ce la racconta giusta. Con noi si è sempre confidato, per cui deve esserci una cosa grossa sotto. Se non ce lo dice, non possiamo obbligarlo, ma possiamo aiutarlo!”

“E tu credi davvero che così lo aiuteremo? Blaise, conti troppo su una leggenda!” si intromise Nott.

“Leggenda, ti ricordo, caro Theo, basata su fatti storici reali. Ne ha anche accennato il professor Ruf una volta, giusto qualche giorno fa.”

Pansy e Theo lo guardarono sorpresi, manifestando il loro stupore con un gran spettacolo di caduta libera della loro mascella.

“Tu ascolti le lezioni del professor Ruf!” esalò Pansy, dopo qualche secondo, puntandogli il dito contro “sei un alieno!”

“Ah. Ah. Ah.” Replicò Blaise, con una risata ironica e priva di ilarità.

“No, di solito non lo ascolto, dovresti saperlo. Questo piano però ce l’ho in mente da un po’, e quando ho sentito il Prof accennarlo ho ascoltato molto attentamente.”

“E che cosa ha detto?” chiese Theo, mentre si spostava per mettersi più comodo nella poltrona vicino al fuoco della loro Sala Comune.

“Non molto. Siccome siamo sotto Natale ha citato alcuni racconti Natalizi scritti da antichi maghi. Poi la Granger gli ha detto che ci sono anche autori Babbani che hanno scritto quei tipi di racconti. Il professore allora ha risposto che non gli importa nulla degli scrittori Babbani. L’unico racconto Babbano che gli va a genio si intitola A Christmas Carol ed è di un certo Charles Dickens. Dice che è l’unico che merita perché parla di fantasmi e perché pare che sia una testimonianza di un fatto realmente accaduto ad una sua amica, che effettivamente era una strega.”

Blaise fece una pausa e guardò gli amici, che cominciavano a capire.

Conoscevano tutti A Christmas Carol, anche se nel loro mondo il racconto era stato scritto da una donna di nome Joanne Kathleen Rowling, che era una strega.

“Quindi la Rowling… La Rowling era l’amica di questo Dickens?” chiese Pansy dopo un po’.

Blaise fece un sorriso. “Brava Pansy, è proprio lei. E ora noi faremo accadere a Draco ciò che è successo a lei.”

Anche Theo sorrise “Amico, allora, sei sicuro che ciò è accaduto realmente?”

“Sicurissimo!”

“Bene! Allora…” continuò Theo, guardando Pansy “Io ci sto! Tentare non nuoce, giusto?”

“Giusto!” replicò lei, entusiasta “ma come facciamo?”

A quelle parole, un luccichìo balenò negli occhi di Blaise.

“Speravo me lo chiedessi… venite con me!”

Theodore e Pansy, incuriositi, seguirono fiduciosi l’amico.

 

**

Sera.


Draco era finalmente uscito dalla Stanza Delle Necessità.
Stava morendo di fame.
Entrò nella Sala Grande per la cena, aspettandosi di trovare Blaise, Theodore e Pansy seduti a mangiare.
Si aspettava che gli avessero tenuto il posto, come facevano sempre.

Quella volta, però, suoi amici non c’erano. Le loro sedie erano vuote.

“Ma dove diavolo saranno?” si chiese Draco, sedendosi cupo di fianco a Tiger e Goyle e iniziando a mangiare, cupo.

**

 “Ooooooooh sono così eccitata!” sussurrò Pansy, saltellando sul posto.

Blaise le fece segno di tacere.

“Shh... zitta. Devo concentrarmi!”

Lui, Pansy e Theo si erano rifugiati nei sotterranei di Piton e stavano cercando di evocare il fantasma della Rowling.

Blaise chiuse gli occhi e sussurrò alla parete vuota di fronte a lui: “Expecto Patronum!”

Dalla sua bacchetta uscì una maestosa pantera argentea, che si fuse con la parete.

I tre amici aspettarono, poi la videro apparire.

Era una donna esile e bellissima.
Dal delicato bagliore che emanavano i suoi capelli si poteva dedurre che in vita fosse stata bionda.
I suoi occhi ancora recavano vaghe tracce del loro azzurro.
Aveva un bellissimo e dolcissimo sorriso, ma aveva una lunga catena dall’aria pesante legata alla caviglia.

I tre amici la fissarono con occhi spalancati.

“Miei cari” parlò la donna. Aveva una voce calma e gentile, di quelle che ti rapiscono.

“Come mai mi avete evocato? Avete qualche problema?”

“Si, signora” rispose Blaise, distratto da quella voce così soave e dal tintinnio della catena “mi scusi se l’abbiamo disturbata… ma un nostro amico si comporta in maniera troppo strana… per cui l’abbiamo chiamata per aiutarci.. sempre se per lei non è un problema…”

“Certo, cari, chiedetemi pure” rispose la Rowling, sorridendo ai tre ragazzi.

“Emh… ok. Si ricorda del suo romanzo, A Christmas Carol?”

“Certo! Quella è stata un’esperienza personale. Mi ha cambiato la vita.” Disse la donna, con un sorriso amaro, scuotendo appena il legaccio metallico.

“Ecco… noi vorremmo che al nostro amico capitasse la stessa esperienza, magari così capirà i suoi errori…  è fattibile la cosa?”

“Certo! Miei cari ragazzi, state davvero facendo una cosa molto bella! Vi aiuterò molto volentieri! Come si chiama il vostro amico?”

“Draco Malfoy.” 

**

Draco Malfoy cercava di dormire. Ma, come al solito, non ci riusciva.

Aveva rintracciato i suoi amici solo all’ora del coprifuoco, nella Sala Comune.

Aveva chiesto loro dove fossero andati, ma loro avevano risposto con una risatina e gli avevano augurato la buonanotte.

Chissà cosa tramavano quei tre.

Draco si rigirò nel letto e guardò l’orologio. Erano le 23.

Ancora un’ora e sarebbe stata la Vigilia Di Natale.

Chiuse gli occhi.

Si stava per appisolare, quando un’intensa luce gli fece spalancare le palpebre.

Davanti a lui stava il fantasma di una donna molto bella, che esibiva un dolce sorriso.

“Draco Malfoy. Ho poco tempo. Ascoltami attentamente. Conosco la tua situazione e voglio aiutarti. Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti. Ascoltali e seguili. Loro ti aiuteranno e ti faranno vedere delle cose. Rifletti su ciò che ti accadrà e su ciò che ti diranno.”

Draco balzò sul letto e sfoderò la bacchetta.

 “Chi è lei?” sibilò, sperando di non svegliare i compagni di stanza.

“Sono Joanne Kathleen Rowling.” Rispose la donna “Sono qui per cercare di condurti sulla buona strada. Ho visto cos’hai vissuto, so cosa sei costretto a fare e so che non vuoi compiere quel terribile gesto. Devi chiedere aiuto.”

“Non ci sto capendo niente!” disse Malfoy, senza abbassare la bacchetta, tremando visibilmente. “Chi è lei, e cosa vuole da me?”

“Te l’ho già detto, Draco.” Rispose, pazientemente, la donna “chiedi aiuto, non fare l’orgoglioso, non avere paura. Non vuoi viver in eterno con delle catene, vero?”

“Catene?” chiese Draco, senza capire. Poi si sporse leggermente dal bordo del letto e vide la sottile, ma pesante, catena legata alla gamba del fantasma.

“Si, Draco. Ho fatto azioni terribili in passato e questa è la mia punizione. A ogni cattiveria una maglia in più. Anche io ebbi la visita dei tre spiriti, grazie a una mia cara amica che morì prima di me e mi fece visita dall’aldilà. Cambiai del tutto, dopo, avevo capito che per anni mi ero comportata in modo spregevole. Cercai di redimermi, ma la morte mi accolse prima che potessi compensare tutte le brutte azioni che avevo commesso. Questo è quello che rimane della mia cattiva condotta.” Disse lei, alzando la catena “prima era molto più lunga e pensate, ma quello che feci non fu abbastanza per morire immacolata. Tu sei un ragazzo, Draco, la tua catena ha appena iniziato a formarsi. Tagliala, eliminala, prima che ti avvolga il cuore e ti trascini nei meandri oscuri della cattiveria.”

“Per cui ascolta” continuò lei “Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti. Potresti comprendere che la tua è una strada sbagliata, potresti tornare sulla via giusta. Fai tesoro di questa esperienza, Draco.”

Detto questo, la donna sparì.

Draco guardò, spaesato, il punto in cui la Rowling era appena sparita, credendo di essere impazzito.

“Bubbole!” sbiascicò, prima di tornare a dormire, con, però,  una piccola punta di speranza nel cuore.

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Capitolo 2
*** Lo Spirito del Natale Passato. ***


Dedico il capitolo a quella ragazza meravigliosa che è Silvy08 che oggi compie 18 ANNI! Auguri gioia mia Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 2:
Lo Spirito del Natale Passato.
 

 

Draco Malfoy dormiva placido nel suo letto. Ogni tanto si rigirava e si svegliava di soprassalto  ma, tutto sommato quella era, per lui, una notte particolarmente tranquilla.

A tranquillizzarlo così era stato un sogno.
Sembrava quasi stupido a dirsi, dato che i sogni sono solo frutto del nostro inconscio e rappresentano semplicemente un desiderio nascosto.

Draco desiderava intensamente che qualcuno sapesse cosa lo tormentava.

Desiderava che qualcuno capisse cosa nascondeva, cosa provava, che oltrepassasse il guscio che aveva avvolto attorno ai suoi occhi e al suo cuore.

Qualcuno che gli dicesse semplicemente: “Hey, sono qua. Tranquillo, ti aiuterò io.

Nessuno ancora aveva fatto ciò, e Draco non sperava in nulla di simile, ma non poteva fare a meno di desiderarlo.

Non poteva di certo dire ai suoi amici: “Hey, sapete? Sono un Mangiamorte! E devo uccidere Silente! Dai, lo faccio fuori e poi andiamo a Hogsmeade a farci un paio di Burrobirre!”

All’inizio dell’anno scolastico, sull’espresso per Hogwarts, Draco, aveva cercato di rivelare ai suoi compagni il suo compito e il suo stato d’animo, ma non ne era stato capace. Allora era esaltato dal compito che gli era stato affidato.

Ne era intimorito e spaventato, sapeva cosa avrebbe comportato il suo fallimento ma, allo stesso tempo, si sentiva orgoglioso e desideroso di fare bene il lavoro, per poter così soddisfare i suoi ideali.

Poi, però, si era accorto che Potter lo stava ascoltando: aveva intravisto sulla cesta dei bagagli il bianco delle sue scarpe.

Già arrabbiato e stressato per i fatti suoi, rancoroso dell’incarcerazione del padre, lo aveva immobilizzato, gli aveva rotto il naso e lo aveva nascosto sul treno, coprendolo col mantello dell’invisibilità.

Ovviamente, dopo se ne era pentito, ma era troppo tardi. E poi doveva fare lo stronzo, no? Sennò la sua reputazione sarebbe andata a puttane.

A volte, dopo quella volta, aveva la sensazione che Potter sospettasse di lui, vedeva come lo guardava sospettoso e lo seguiva ovunque.

Buffo, dopo cinque anni passati ad andargli dietro e di stuzzicarlo per farsi notare, ora era Harry ad andare dietro a Draco, anche se lui aveva solo bisogno di essere lasciato in pace. O di essere aiutato.

Potter lo avrebbe solo aiutato a finire ad Azkaban, per come erano al momento i loro rapporti, così Draco tentava di evitarlo, anche se la cosa gli risultava parecchio difficile e lo faceva stare anche peggio di come già stava.

Draco voleva davvero essere amico di Potter ma, ogni qualvolta lo incontrava, gli tornava in mente di quando aveva teso la mano ad Harry, sicuro che l’altro l’avrebbe presa.

Ma era rimasta vuota, fredda e sola.

Proprio come era lui in quel momento.

Per quel motivo Draco non riusciva ad aprirsi con lui, anche se spesso avrebbe voluto dirgli: “Ma cosa stiamo facendo? Prendi questa dannata mano che ti tendo e diventiamo amici!

Non lo aveva ancora fatto e di sicuro non lo avrebbe fatto mai.

Gli urlava contro, invece, insulti su insulti, toccando tasti delicatissimi come la  morte dei suoi genitori e il fatto di essere stato allevato dai Babbani.

Draco non faticava a comprendere l’odio del Grifondoro nei suoi confronti.

Ora però non ce la faceva più: voleva solo tornare ad essere un ragazzo normale, con i soliti problemi adolescenziali da sedicenne.

Non voleva più occuparsi di un assassinio.
Non voleva più dover guardare il Marchio Nero ogni volta che si cambiava.

Voleva solo che qualcuno accogliesse la sua silenziosa richiesta di aiuto e che lo portasse via da quell’inferno.

E quel qualcuno avrebbe voluto che fosse Potter, il San Potter, che aiuta tutti, tranne i Serpeverde, come se anche essi non avessero un cuore, e delle paure.

Dopo quel sogno, però, Draco si sentiva come più tranquillo e, anche se non ne capiva il motivo, un briciolo di speranza si era depositato sul suo cuore ormai vuoto.

“…Draco…”

Una voce lo chiamava. Una voce che era sicuro di conoscere, ma al momento non capiva a chi appartenesse.
Era la voce di un uomo adulto.

“Draco, svegliati!” ordinò la voce.

Draco si rigirò nel letto, tenendo gli occhi chiusi. Però, come era accaduto prima, una forte luce glieli fece spalancare.

E, come accaduto prima, davanti a lui si ergeva un fantasma. Non era una donna, questa volta.
Era il fantasma di un uomo anziano, sui settant’ anni, coi bianchi capelli corti e un po’ di barba.

Sembrava molto più solido e corporeo del fantasma della donna ma era, tuttavia, meno denso di una persona umana.
Era davanti a lui e gli sorrideva calorosamente. Era un sorriso carico d’affetto.

Il Serpeverde lo fissò con tanto d’occhi.
Non era possibile.
Non poteva essere lui.

Era morto giusto pochi mesi prima.

Si guardò intorno, spaventato, portandosi le coperte fino al mento.
Si rese conto, in quell’istante, di essere solo.

Non vedeva niente attorno a se. Solo il buio e il vuoto.

E il fantasma.

Draco continuò a fissarlo. Non era possibile.

Gli venivano in mente le parole della donna che aveva visto in sogno: “Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti.

Quella era forse uno spirito? Allora il suo non era stato un sogno.

O forse il suo desiderio era stato esaudito ed era morto nel sonno, così, senza un motivo?

“Draco! Non mi riconosci più? Dai, vieni! Devo portarti in un posto!” disse il fantasma, tendendo la mano a Draco.

Certo che Draco lo riconosceva. Come poteva essere altrimenti? Gli aveva voluto molto bene e la sua morte lo aveva devastato.
Si mise seduto sul letto, sempre osservando lo spirito levitare davanti a lui, che gli sorrideva benevolo e paziente.

“…Nonno...” sussurrò Draco.

Il sorriso di Abraxas Malfoy si allargò ancora di più.

“Si, Draco, figliolo. Sono io. Vieni” gli disse, sempre tendendo la mano al nipote. “Ho visto che mio figlio ti ha messo in una brutta situazione, benedetto ragazzo. Io gli voglio un bene dell’anima, ma questo non doveva farlo. Draco, tu devi reagire. Non macchiarti di assassinio. Ribellati a tuo padre, a mio figlio. Vieni. Ti devo fare vedere delle cose.” 
Il nonno di Draco continuava ad avere la mano protesa verso di lui.

Timoroso, Draco la afferrò. 

Immediatamente sentì il suo corpo galleggiare e si vide sollevato in aria. Abraxas sorrise e li smaterializzò.

Si trovavano in una sorta di mondo parallelo. Tutto intorno era un vortice color Rosso-Verde e loro viaggiavano al centro di questo vortice.

“Nonno, dove stiamo andando?” chiese Draco ma, a sorpresa, suo nonno, anzi che rispondergli, lo avvicinò a se e lo strinse in un caldo abbraccio.

“Quanto mi è mancato sentirti chiamarmi ‘nonno’” sussurrò Abraxas all’orecchio del nipote.

Draco, a quelle parole, strinse a se il corpo del nonno, affondando il viso nel suo petto.

Stava bene li, si sentiva a casa. Niente Voldemort, niente Nagini, niente Mangiamorte.
Solo loro due, come quando lui era piccolo.

Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai, avrebbe voluto restare abbracciato a suo nonno per sempre. Solo con lui, in quel mondo parallelo, senza dolore.

Purtroppo però, tutte le cose belle finiscono. Dopo qualche minuto Abraxas sciolse l’abbraccio e guardò dritto negli occhi il nipote.

Avevano lo stesso colore di occhi, lui e Draco.

 “Draco, ora noi faremo un viaggio attraverso il tempo. Io, ora, per te, sono lo Spirito del Natale Passato. Ti mostrerò alcuni dei tuoi Natali scorsi. Vieni.”

Riprese la mano di Draco e lo condusse verso la fine del vortice.

Una luce bianca accecò il Serpeverde, che dovette chiudere gli occhi.

Quando li riaprì, si ritrovò a casa sua. Era nel salotto, i mobili in legno antico erano sempre gli stessi.
Al centro della stanza si ergeva un magnifico albero di Natale elegantemente addobbato, il fuoco scoppiettava allegro nel camino ed era l’unica fonte di luce nella stanza.

Fuori era buio e nevicava.

Suo padre, seduto sul divano in pelle, sorseggiava un bicchiere di vino rosso.

Sembrava molto più giovane: i capelli biondissimi erano corti, il viso nitido, luminoso e senza imperfezioni.

Sua madre, Narcissa, era sdraiata, col capo posato sulle ginocchia del marito e coperta da una trapunta verde-argento. Anche lei sembrava molto più giovane.

Aveva una cascata di capelli biondi, leggermente mossi, che le ricadevano sul viso e inondavano le gambe di Lucius.
Le sue labbra erano rosse, carnose e piene.
Le ciglia chiare lunghissime, gli occhi chiusi, la pelle nivea.
Si lasciava accarezzare il viso da Lucius, che la guardava come se fosse la donna più bella del mondo.

 “Mamma… Papà…” mormorò Draco, commosso. Non aveva mai visto quella manifestazione d’affetto tra i suoi genitori, anche se si vedeva che si amavano moltissimo.

In quel momento sembravano due pezzi perfettamente combacianti di un bellissimo puzzle.

A un certo punto, però, Narcissa spalancò gli occhi turchini e guardò il marito con un’espressione di pura gioia sul volto.

“Lucius! Ha scalciato! L’ho sentito!” disse, eccitata.

Draco in un primo momento non capì cosa sua madre intendesse ma, quando la vide alzarsi a sedere, togliendosi la trapunta e mettendosi le mani sulla pancia leggermente ingrossata, comprese.

“Il bambino che porta in grembo sono io, vero?” chiese la bionda Serpe a suo nonno, che annuì.

“Si” rispose, guardando teneramente il quadretto familiare “questo è il Natale del 1979, il Natale prima della tua nascita.”

Draco, commosso, osservò i suoi genitori: entrambi avevano le mani posate delicatamente sul pancione ancora poco accentuato, ma ben visibile, di Narcissa e lo guardavano con tanto amore che il Draco adulto aveva una gran voglia di andare li e abbracciarli.

“Ti piace questa visione, Draco?” gli chiese suo nonno.

“Certo! Vorrei solo che fosse così sempre, accidenti!”

“Rifletti, Draco, perché non è più così? Cosa vi impedisce di essere una vera e unita famiglia, legata dall’amore anzi che dal terrore?” lo ammonì Abraxas.

Draco abbassò gli occhi e non fiatò, ma sapeva perfettamente la risposta.

Colui che impediva la loro felicità era Voldemort, quell’uomo vile e spregevole, portato in famiglia da Bellatrix e che aveva influenzato anche suo padre.

Abraxas, comprendendo lo stato d’animo del nipote, gli mise una mano sulla spalla e disse: “Draco, so perfettamente che non è colpa tua. Non hai voluto tu tutto ciò che sta succedendo. So che stai solo cercando di compiacere Lucius, come hai sempre fatto.”

Sorrise, e poi lo prese per mano: “Vieni, c’è ancora qualche tappa da visitare, prima della fine del nostro viaggio.”

Detto questo, si smaterializzarono, tornando nel mondo parallelo, all’interno del vortice Rosso-Verde.

Alla fine del vortice ci fu di nuovo una luce bianca che accecò il Serpeverde e che lo costrinse a coprirsi il volto con il braccio.

“…Draco! Attento, tesoro!” La voce di Narcissa giunse alle orecchie del Draco adulto prima ancora che la sua vista tornasse nitida.

Quando lo tornò, la prima cosa che il Serpeverde vide fu se stesso.
Doveva avere circa quattro o cinque anni e si stava arrampicando sul gigantesco albero di Natale posto al centro del salotto e aveva un puntale a forma di stella in mano.

Rideva.

“Questo è il Natale del 1985” lo informò il nonno, mentre Narcissa, ridendo, toglieva il bambino dal grosso albero.

“No, mamma” protestò allora il piccolo, mettendo su un’espressione imbronciata talmente comica che il Draco adulto non poté non fare a meno di scoppiare a ridere “Io voglio mettere il puntale!”

“Tesoro, certo che lo puoi mettere! Ma non arrampicarti sull’albero! Usa la bacchetta di papà!” gli rispose allora sua madre, accarezzando i biondi capelli del figlio, che rimaneva imbronciato.

“Ma papà non vuole!” esclamò lui.

Narcissa assunse allora un’espressione furbetta e si mise le mani dietro la schiena.

“Papà ora non c’è, giusto? È nel suo studio e chissà quando ne uscirà. E indovina un po’ cos’ha la mamma dietro la schiena!”

Draco prese a saltellare e a cercare di guardare dietro la schiena di sua madre “Cos’hai? Dai dimmelo, mamma!”

Narcissa tirò fuori da dietro la schiena una lunga e sottile bacchetta nera.

Il piccolo Draco la guardò estasiato.

“Oh, mamma! La bacchetta di papà! Che bella! Posso usarla?”

“Certo, tesoro. Fai vedere alla mamma cosa sai fare! Metti il puntale in cima all’albero.” Replicò Narcissa, porgendo la bacchetta al figlio, che la prese e la resse come se fosse stato un tesoro prezioso.

Poi chiese alla mamma: “Cosa devo dire per farlo volare?”

Wingardium Leviosa. Forza, campione!” lo incoraggiò lei.

Draco si voltò a guardare il maestoso albero, che era almeno tre volte la sua altezza, e mise su un cipiglio concentrato “Wingaddium Leviosa” borbottò. Non successe niente.

Riprovò altre due volte, ma il puntale restava fermo e immobile ai piedi dell’abete.

“Mamma! Non ci riesco!” piagnucolò il bambino, con gli occhi lucidi, rifugiandosi tra le braccia di sua madre.

“Dai tesoro, non piangere” lo consolò lei, accarezzandoli i capelli “questa è una magia molto difficile! La facciamo insieme?” gli chiese allora, restituendo la bacchetta al bambino, che annuì, ancora fra le lacrime.

Entrambi misero le mani sulla bacchetta e dissero “Wingardium Leviosa”.

Il puntale si alzò e levitò verso la cima dell’albero, con gran gioia di Draco.

Alla fine si posò sulla punta, proprio mentre Lucius Malfoy varcava la soglia della porta.

Quando vide sua moglie e suo figlio far levitare con la (sua) bacchetta il puntale, sorrise affabile e si avvicinò a loro, prendendo in braccio Draco e cingendo Narcissa in vita, stampandole un sonoro bacio sulle labbra.

Draco allora protestò.

“No. No! Anche io voglio baciare la mamma!” esclamò, sporgendosi dal grembo di suo padre e aggrappandosi al collo della mamma e ricoprendola di baci.

A Draco, quello adulto, scappò un lacrima lungo la guancia.

Rivoleva quella vita. Rivoleva i suoi genitori. Rivoleva il Natale in famiglia.

Draco sentiva dentro di se come un senso di abbandono.

Sentiva come un bisogno di piangere davvero, non solo qualche lacrima, come soleva fare di solito.

A lui serviva un bel pianto ristoratore, di quelli lunghi e a dirotto, ma sentiva come un groppo alla gola che gli impediva di sfogarsi  del tutto, neanche quando era da solo.

E poi gli serviva un amico. Di amici in verità ne aveva tre: Blaise, Theo e Pansy, e anche Daphne sapeva essere molto dolce e disponibile con lui, ma c’era un qualcosa che gli impediva di aprirsi totalmente.

Ma che altro poteva fare? Come si fa a rivelare agli amici che sei un Mangiamorte e che devi uccidere Silente?

I genitori della metà dei suoi compagni, compresi i padri di Theo, Tiger e Goyle, erano Mangiamorte, ma i suoi amici già da tempo avevano affermato di non voler seguire le orme dei genitori.

Cosa che aveva affermato pure lui, Draco, ma, a differenza degli altri, non era stato in grado di portare a termine la sua decisione e se ne vergognava da morire.

Era ancora immerso in quelle riflessioni, quando suo nonno gli strinse di nuovo la mano.

“Draco, dobbiamo andare. Mi dispiace, resterei qui anche io, ma dobbiamo ancora percorrere un’altra tappa e non abbiamo molto tempo. Lo capisci, vero?”

Draco annuì. Avrebbe voluto restare li per sempre e fondersi con quel bambino che ora si stava agitando sul tappeto perché sua madre gli stava facendo in solletico.

Tornarono per la terza volta nel vortice e si diressero di nuovo verso la luce che stava alla fine.

Draco chiuse gli occhi prima ancora che essa potesse ferirli.

Quando li riaprì si trovava nello studio di suo padre. Aveva undici anni e guardava sospettoso un bicchiere colmo di Whisky Incendiario.

Suo padre era i piedi di fronte a lui e lo guardava, sarcastico.

“Questo è il Natale del…” cominciò a dire Abraxas, ma Malfoy concluse la frase al suo posto.

“… 1991”

Malfoy si ricordava perfettamente quel giorno: aveva talmente strepitato che voleva bere il Whisky Incendiario di cui gli aveva parlato a scuola Blaise che alla fine, spazientito, suo padre lo aveva costretto a berne un bicchiere intero.

E, per un ragazzino di soli undici anni, non era cosa da poco.

“Forza, Draco, bevi.” lo esortò Lucius “Un bicchiere, avanti.”

Draco vide se stesso da ragazzino fissare terrorizzato il calice.

Avevano detto che il Whisky incendiario era molto forte e lui, ovviamente, non aveva mai bevuto alcolici, ma avrebbe fatto di tutto per compiacere suo padre.

Il Draco più piccolo chiuse gli occhi e bevve almeno mezzo bicchiere in un solo sorso.

Immediatamente aveva sentito la gola bruciare molto e la stanza aveva preso a girare.

Non aveva avuto il tempo di dire e fare niente che era svenuto, con gli occhi che lacrimavano.

Draco allora vide suo padre chinarsi su di lui e baciargli il viso, prima di andarsene e lasciarlo alle cure di Narcissa, che si era avvicinata con un panno bagnato e una tazza di caffè nero fumante.

“Nonno, perché mi hai fatto vedere proprio questo episodio?” chiese allora Malfoy ad Abraxas “Non è che sia il mio ricordo migliore…”

“Lo so, caro nipote, ma questo ricordo è importate. Segna come un inizio. Hai capito che inizio, Draco?”

Draco non ne era sicuro, ma provò a rispondere: “Questa è stata, mi sembra, la prima volta che mio padre mi costrinse a fare qualcosa…”

“Esatto!” confermò Abraxas “E tu lo hai assecondato. Piano piano ha cominciato a chiederti di fare cose sempre più grosse. Ti ha sempre amato, Draco, questo devi sempre tenerlo presente. Ti ha amato anche più di se stesso, solo che non si rendeva conto delle cose esagerate che ti chiedeva.”

Draco annuì. Erano tutte cose che sapeva perfettamente.

Nonostante i modi duri di suo padre negli ultimi tempi, sapeva che gli voleva un bene dell’anima.

“Dai Draco, andiamo. Il mio tempo è quasi scaduto. Prima però devo farti le cosiddette ‘raccomandazioni dell’ultimo minuto ’, per cui prendimi la mano che torniamo nel vortice.”

Draco fece come gli aveva ordinato e si smaterializzarono.

Tornarono di nuovo al centro del vortice e Abraxas abbracciò di nuovo il nipote.

“Draco, fai tesoro di ciò che ti ho fatto vedere.” Gli sussurrò all’orecchio, senza sciogliere l’abbraccio.

“I Malfoy posso essere tante cose brutte, superbi, altezzosi e con la puzza sotto il naso. È tutto vero. Ma non sono assassini. Lo stesso Lucius non ha mai ucciso. Torturato si, ma ucciso mai. Non diventare un assassino, Draco. Ribellati. Lucius ancora non sa cosa Voldemort ti ha costretto a fare, ma sono sicuro che sarebbe fiero di te se ti ribellassi.”

Draco strinse i pugni. Per suo nonno era facile parlare. Lui era già morto. Lui non viveva con la paura e l’angoscia di essere la causa della morte dei suoi genitori.

“Nonno, non è facile. Il Signore Oscuro ha detto che ucciderà tutta la mia famiglia se non lo servirò fedelmente e non ubbidirò ad ogni suo ordine.”

“Draco, scusa se te lo dico, ma sei un vero stupido. Voldemort fa così perché sa di poterlo fare! Perché voi glielo permettete! Andate da Silente! Ribellatevi! O anche tu diventerai un assassino. Vuoi questo, Draco?”

Il Serpeverde scosse la testa.

Certo che non voleva diventarlo. Uccidere era tra le cose più brutte che si potessero compiere, insieme al violentare e al torturare. E sapeva che, se avesse continuato su quella strada, avrebbe dovuto compiere tutti quegli abominevoli gesti.

Abraxas strinse un secondo il corpo di suo nipote ancora più forte, poi sciolse l’abbraccio e gli diede un bacio sulla fronte.

“Io ora devo andare, Draco. Il mio tempo è scaduto. Sei sempre stato un giovane in gamba, so che deciderai per il meglio. Ti voglio bene.”

“No! Non andare!” urlò Draco, tendendo la mano, ma suo nonno era scomparso.

Ci fu un’altra luce bianca e Draco chiuse gli occhi.

Quando li riaprì si accorse si essere tornato nel suo letto.

 

**

 

“Draco! Dai, almeno oggi facci un bel sorriso! È la Vigilia di Natale!”

Draco si sforzò di sorridere, per far contento l’amico.

Erano trascorse molte ore dalla sua ‘avventura notturna’ con lo spirito e Draco tutt’ora si chiedeva se fosse stato un sogno o se fosse successo tutto davvero.

Lui, Theo e Blaise erano seduti al tavolo dei Serpeverde nella Sala Grande semi vuota e stavano consumando il the delle cinque.

Il soffitto incantato mostrava un bel cielo bianco e grossi fiocchi di neve cadevano da esso.

La Sala Grande era tutta addobbata: c’erano i dodici alberi portati da Hagrid abbondantemente addobbati e numerose fate svolazzavano fra i tavoli cantando carole di Natale.

Last Christmas, I gave you my heart
But the very next day, You gave it away
This year, to save me from tears
I'll give it to someone special… 

I tre ragazzi sentirono cantare allegramente e si girarono: Pansy, volteggiando nel tentativo di imitare una delle fatine, si stava avvicinando a loro cantando a squarciagola con un luminoso sorriso sul viso.

“Buona Vigilia di Natale!” disse, quando si fu avvicinata ai suoi amici, baciando ognuno sulle guance, con particolare dolcezza Draco.

“Tesoro, come stai oggi?” chiese, premurosa, scansando Theo e sedendosi davanti al biondo.

“Sto bene, grazie, Pansy” rispose Draco, sempre sorridendo. E stava davvero meglio. Dopo essersi ritrovato nel letto, alle quattro del mattino, era riuscito a dormire placidamente e senza disturbi per dieci ore filate, cosa che ormai non accadeva da mesi.

I suoi amici sorrisero, e Draco credeva che lo facessero per pura gentilezza, ma non era così.

Era per felicità. Quel giorno Draco sembrava davvero molto più riposato del solito. Le occhiaie si vedevano molto meno, gli occhi non erano gonfi di sonno, e durante il the si era pure sbafato dieci biscotti!

Forse il loro piano stava funzionando.

 

**

 

“…10” cominciò  Tiger.

“…9” replicò Goyle

“..7” continuò, entusiasta Daphne.

“..6” aggiunse Theo.

“…5” esclamò Draco.

“…4” mormorò Millicent.

“…3” annunciò Blaise.

“…2” esalò Pansy, eccitata.

“…1” sussurrarono tutti i presenti, poi gridarono: “BUON NATALE!!

 

 

 

NdA:  Cari lettori, come promesso, ecco il secondo Capitolo! Spero vi sia piaciuto! Ci vediamo Domenica prossima con Lo Spirito Del Natale Presente!

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Capitolo 3
*** Lo Spirito del Natale Presente. ***


Ciao belli! Scusate se posto a quest’ora, ma stavo guardando “Che fine ha fatto Santa Clause?” e mi sono incollata alla tv. Ora non so se vedere Santa Clause è nei guai o Il Signore degli Anelli, farò testa o croce xD

Allora, prima che leggiate, secondo voi chi è lo spirito del Natale Presente? Ahaha spero che rimarrete sorpresi nello scoprire chi è, ci vediamo sotto!

 

 

Capitolo 3:
Lo Spirito del Natale Presente

 

 

Verde e rosso è l’agrifoglio
falalalala lala lala
Quanta gioia in un germoglio
falalalala lala lala
Questo giorno è speciale
falalalala lala lala

Su cantiamo è Natale
falalalala lala lalalaaaaaa!!!

I canti di Natale erano esplosi per tutta la Sala Comune e, se qualcuno avesse varcato la soglia di quella stanza, non avrebbe mai creduto che quelli erano proprio studenti Serpeverde.

I ragazzi si abbracciavano tra loro, gioendo e brindando con bicchieri colmi di Whisky Incendiario e Burrobirra, ridevano, si rotolavano sul tappeto e scartavano i regali ricevuti.

Draco, seduto sul tappeto verde vicino al fuoco, aveva già aperto, commosso, il regalo di Theo e Blaise: gli avevano preso una cornice per foto in Argento puro, decorata con serpentelli verdi che si muovevano per tutta  la superficie della cornice, e avevano messo una loro foto divisa a metà.
La parte sinistra mostrava loro tre al primo anno, che si abbracciavano felici nelle loro nuove divise fiammanti, mentre la parte destra rappresentava sempre loro tre e li ritraeva in una foto scattata giusto qualche settimana prima.

Il Serpeverde osservò attentamente l’immagine.

Tutti e tre, ovviamente, erano cambiati moltissimo.

Erano molto più alti, soprattutto Blaise, e i loro lineamenti si erano induriti, eliminando ogni traccia di fanciullezza dai loro volti.

Tutti e tre erano diventati uomini.

E tutti e tre nella prima foto erano sereni, felici, con l’espressione morbida e calda, senza preoccupazioni.

Sorridevano.

Nella seconda foto, invece, anche se sorridevano lo stesso, dandosi pacche amichevoli sulle spalle, si vedeva che qualcosa si stava spezzando nel loro animo.

Le loro espressioni erano più tirate, più finte, più fredde.

In compenso, però, la loro amicizia si era molto rafforzata, perché ora avevano qualcosa che li univa tutti.

Il Terrore.               

Draco guardò attentamente le due foto, confrontandole.

Lui era di certo quello che aveva subito più trasformazioni.

Era dimagrito molto, aveva profonde occhiaie scure attorno agli occhi, la sua pelle, un tempo bianca come il latte, ora aveva una delicata, ma malsana, sfumatura grigiastra.

Sospirò. Suo nonno aveva ragione.

La sua vita aveva cominciato a fare schifo da quando il Signore Oscuro aveva rifatto capolino nelle loro vite, scombussolandole e distruggendole.

Dopo che ebbe aperto anche i regali di Tiger e Goyle (tutte scatole di dolciumi), quello di Daphne (tre camice di un bel verde smeraldo) e quello di Pansy (un cappello peloso identico a quello che aveva al suo terzo anno e che aveva perso), Draco, con una scusa, andò a dormire, anche se tutti gli altri stavano ancora festeggiando.

Voleva andare a letto non tanto perché fosse stanco, ma perché, dopo quello che era successo la notte precedente, voleva essere sicuro che non fosse stato un sogno.

Voleva vedere se sarebbe arrivato l’altro fantasma.

Mentre si preparava per la notte, gettò un’occhiata all’orologio: erano le tre del mattino.

Si infilò sotto le coperte e attese… non dovette attendere molto, in realtà.

Alle tre e mezzo, o almeno così segnava l’orologio, Draco vide una luce che ormai aveva imparato ad associare agli spiriti.

“Draco! Finalmente! Temevo che non andassi più a letto!” echeggiò una voce di donna, molto dolce, prima ancora che lo spirito apparisse.

Draco ghignò. Allora non era stato un sogno.

Potresti comprendere che la tua è una strada sbagliata, potresti tornare sulla via giusta. Fai tesoro di questa esperienza, Draco.

Quelle erano le parole che aveva enunciato il fantasma della Rowling.

Quello era il suo regalo di Natale.

Lui desiderava che qualcuno lo aiutasse ad uscire da quella brutta situazione e forse quell’aiuto stava arrivando, anche se non capiva chi potesse averglielo mandato.

Mentre pensava a ciò, il fantasma della donna apparve del tutto, nitido e solido come quello di suo nonno.

Era una donna bellissima e molto giovane, sui venti/ventidue anni, e gli sorrideva molto dolcemente.

“Draco, sai chi sono?” chiese, con voce melodiosa, tendendo la mano verso Draco.

“Sei lo Spirito del Natale Presente?” domandò Draco, allungando il braccio per afferrare la mano della donna, che sorrise e annuì, prima di smaterializzarli nel solito vortice Rosso-Verde.

I due giovani volavano nel vortice ed entrambi stavano zitti.

Draco aspettava che lei parlasse, ma la donna si limitava a sorridere tra se e a tacere.

Il Serpeverde allora la guardò meglio, concentrandosi soprattutto sul suo aspetto e sul suo volto.

Aveva un’aria stranamente familiare, anche se Draco era sicuro di non averla mai incontrata prima.

Si chiese come mai una donna così giovane e bella fosse morta.

Mentre rifletteva su ciò, Draco osservava furtivamente la sua accompagnatrice.

Era minuta, coi fianchi sinuosi, la vita stretta e un seno piccolo e sodo.

Le labbra erano aperte in un dolcissimo sorriso, che metteva in bella mostra una fila di denti bianchi e perfetti.

Il naso piccolino guardava all’insù.

I suoi capelli, lunghi fino a metà schiena, erano mossi e di un bel rosso scuro, che le incorniciavano il viso in maniera graziosa.

Ciò che però aveva più colpito Draco erano gli occhi.

Grandi, a mandorla, profondi.

Erano verdi, verdi come l’erba dopo la pioggia, verdi come gli smeraldi che caratterizzavano la sua Casa.

Draco aveva già visto quegli occhi verdi, ecco perché la donna aveva un’aria familiare.

Ma dove poteva averli visti?

Non erano occhi comuni.

La maggior parte delle persone che ha gli occhi verdi di solito li ha slavati, di un verde chiaro, che si nota, certo, ma che non cattura, che da un senso di superficialità.

Quelli della donna erano invece intensi, forti, profondi e magnetici.

Draco non riusciva a staccarvi lo sguardo, mentre meditava su dove potesse aver visto quegli stessi occhi.

Poi un lampo di genio gli fece collegare il tutto.

La donna era troppo giovane per essere morta di morte naturale, ovviamente, per cui doveva essere stata uccisa.

Quegli occhi e quelle labbra sorridenti gli avevano fatto mettere in ordine i pezzi del puzzle.

“Lei… Lei è la madre di Potter?” le chiese Draco, in un sussurro.

La donna finalmente lo guardò, sempre sorridendogli.

“Esatto, Draco. Sono Lily Potter. La mamma di Harry.”

Sottolineò il nome di suo figlio con un amore e un orgoglio che ricordò a Draco sua madre mentre lo elogiava, quando era piccolo, davanti agli amici di famiglia.

Ricordava che in quei momenti si sentiva orgogliosissimo, anche se aveva appena dai quattro ai nove anni.

Lily riprese a parlare: “Da cosa hai capito chi sono?”

“Dagli occhi e dal sorriso” rispose istantaneamente Draco, rivedendo nella sua mente il viso di Potter, mentre sorrideva ai suoi amici o guardava con occhi luccicanti il boccino d’oro durante una partita di Quidditch.

“Lei sorride nella stessa maniera gentile di Potter. E ha il suo stesso colore di occhi. Un verde stupefacente, che non avevo mai visto.” Continuò, mesto, Malfoy.

Non capiva perché, ma si vergognava un po’ a dire quelle cose. Non erano per niente da lui.

Quella donna però gli ispirava profonda fiducia e Draco si stava mostrando a lei completamente senza indugi.

Lily gli prese la mano.

“Vieni” disse “È ora di andare. Ti mostrerò come  passano il Natale  i tuoi amici e… anche qualche tuo nemico.” aggiunse, con aria divertita.

Draco le strinse la mano.

Era piccola, calda e fragile, sotto la sua grande, fredda e sinuosa.

La consueta luce bianca gli fece chiudere gli occhi e, quando li riaprì, si ritrovò nella sua Sala Comune, dieci metri distante dal dormitorio che aveva appena lasciato.

I suoi amici erano ancora lì.

Tiger, Goyle, Daphne e Millicent erano ubriachi e  continuavano a ridacchiare da soli, mentre erano impegnati in un abbraccio comune.

Sembravano felici, senza pensieri.

Eppure anche i loro genitori erano Mangiamorte.

Pansy, Theodore e Nott invece erano impegnati, leggermente brilli anche loro, a ballare e cantare sul tavolo  una vivace canzone Natalizia.

Anche loro erano felici e spensierati, almeno quella notte, anche se durante il resto dell’anno erano preoccupati quasi quanto lui.

Ma non quella sera.

Jingle bells, jingle bells
Jingle all the way!
Oh, what fun it is to ride
In a one horse open sleigh
Eh!

Draco sorrise.

Pansy era in mezzo ai due amici, che si abbracciavano per le spalle, e tutti e tre muovevano convulsamente le gambe, saltellando su quel povero tavolo.

“Draco.” disse a sorpresa Lily, facendolo sobbalzare e destandolo dai suoi pensieri “Prova a rispondere a questa mia domanda: perché loro, nonostante siano nella tua stessa situazione, riescono, almeno in questo giorno speciale, ad essere felici e a non avere pensieri, mentre te sei sempre e costantemente sotto stress e non riesci a trovare pace?”

Il tono della donna, man mano che parlava, aveva assunto un tono leggermente accusatorio e ciò fece infuriare Draco, che rispose con una certa foga.

“Lei non capisce niente!” le urlò contro “Non siamo nella stessa situazione! È vero, anche i loro genitori sono Mangiamorte e sono anche in prigione, ma loro sono  liberi! Il Signore Oscuro non li ha costretti a prendere questo fottuto Marchio Nero!”

Malfoy si alzò la manica sinistra del pigiama smeraldino e mostrò a Lily il braccio.

Lì, sulla sua pelle un tempo bianca e ora grigiastra a causa del troppo stress, spiccava il nero tatuaggio.

Era immobile e in qualche modo sbiadito, ma c’era.

“… e non li ha costretti a uccidere il più grande e potente mago del mondo!” continuò Malfoy, dando sfogo alla sua rabbia, mentre lacrime di nervoso gli colavano lungo le guance e lui non faceva niente per nasconderle o per fermarle.

Con la vista appannata da esse, Draco non notò che Lily si era mossa, e un attimo dopo si ritrovò il capo posato dolcemente sul suo seno, stretto in un caldo abbraccio tra le braccia esili della madre del suo acerrimo nemico.

Gli ricordava moltissimo sua madre.

Un’improvvisa ondata di tristezza allora lo invase.

Ma, stranamente, non per se stesso, ma per Potter.

Lui lo prendeva sempre in giro per il fatto di avere i genitori morti.

Questo perché non si era mai messo nei panni del Grifondoro.

Draco non era mai stato una persona particolarmente empatica, ma ora gli dispiaceva da morire che Harry non avesse potuto godere di un abbraccio così carico d’affetto.

Un abbraccio materno. Come quelli che gli dava sua madre, Narcissa.

“Draco. Hai capito la differenza.” Sussurrò Lily, senza sciogliere l’abbraccio. “Loro hanno ancora la libertà di scelta. Tu no. È questa la differenza. Draco, dimmi, cosa provi adesso? Cosa ti trasmette il mio abbraccio?”

Draco non dovette riflettere per rispondere: “È bellissimo. È caldo. Trasmette amore e sicurezza.”

Lily sorrise e lo strinse più forte.

“Ecco, Draco. Ora dimmi, secondo te, se continuerai ad essere fedele a Voldemort, potrai ricevere altri abbracci o altre manifestazioni d’amore da parte dei tuoi genitori?” gli chiese.

Draco scosse la testa, senza spostarsi dal suo grembo, mentre osservava i suoi amici organizzare il gioco della bottiglia.

Poi Lily sciolse l’abbraccio.

“Draco. Ribellati, vai da Silente. Solo così avrai qualche speranza di avere un futuro sereno.”

Malfoy tacque. Era la  stessa cosa che gli aveva suggerito suo nonno.

“Vai Da Silente.”

Tutti gli suggerivano ciò e Draco cominciava a pensare che forse avevano davvero ragione.

“Vieni, andiamo. Devo portarti in un altro posto.” Disse Lily, poi aggiunse “Ah, dammi pure del tu.  Ho solo cinque anni più di te, non farmi sentire vecchia!”

Draco sorrise e afferrò la sua mano ancora prima che lei gliela tendesse.

Si smaterializzarono nel consueto vortice e, subito dopo, davanti a una catapecchia che aveva tutta l’aria di essere stata, un tempo, un porcile, ma che ora era stata ingrandita aggiungendo tre piani e cinque comignoli.

Era molto pendente e Malfoy era certo che non crollasse grazie alla magia.

“Perché mi hai portato in una simile topaia?” chiese Malfoy, senza collegare il cervello “Sembra la casa dei Weasley!”

Lily si rabbuiò un po’, ma rispose ugualmente con dolcezza: “Infatti questa è la casa dei Weasley”

Malfoy sgranò gli occhi per la sorpresa, ma si ricompose.

“E come mai mi hai portato proprio qui? Non è che vada molto d’accordo con loro.”

“Lo so.” rispose Lily “Ti ho portato qui apposta. Vieni.”

La mamma di Harry condusse Draco dentro la casa.

Il giardino, colmo di erbacce, pullulava di galline dall’aria ben pasciuta ed era disseminato di brutti gnomi tutti bitorzoluti e attrezzi da giardino.

Ovviamente, nessuno stava dormendo all’interno dell’appartamento.

Malfoy constatò che c’erano più persone di quanto la casa potesse effettivamente contenerne: c’erano i Signori Weasley con cinque dei loro sette figli, Lupin, Tonks, e Fleur Delacour.

Sembravano tutti felici e cantavano le carole di Natale intorno a un logoro, piccolo tavolo circolare, dove era posata una vecchia radio di legno e diversi bicchieri colmi di Whisky Incendiario e Burrobirra.

Draco li invidiava  un po’.

Certo, erano poveri. Erano vestiti male e tutti spettinati.

Però erano insieme, felici, liberi e uniti. E sapevano che stavano facendo la cosa giusta.

Che stavano combattendo sul lato buono.

E avevano scelto loro di fare ciò. Nessuna costrizione, nessun obbligo.

“Allora, il dolce?” chiese Ronald, dopo che ebbero finito di cantare attorno alla radiolina. “Cosa c’è per dessert, e, soprattutto, dov’è?”

Suo padre gli sorrise e si sporse dalla poltrona dove era seduto.

“Quest’anno” disse “assaggeremo un dolce Italiano, più precisamente di un posto chiamato Milano, che i Babbani mangiano tradizionalmente proprio a Natale. Si chiama Panettone. Panettone Gastronomico.”

“Ed è buono?” chiese Ginny.

“Buonissimo.” confermò il padre, proprio mentre la porta della cucina si spalancava e il dolce andava levitando verso di loro, comandato a bacchetta da Mamma Weasley e seguita dalla Granger e da Potter.

Draco lanciò un’occhiata di sbieco a Lily.

Non appena era apparso suo figlio, gli occhi le si erano inumiditi, e ora lo guardava con un’espressione che Draco non aveva mai visto prima.

C’erano gioia, felicità e sollievo, ma anche paura, disperazione e rimpianto.

Lily seguì con lo sguardo suo figlio, fino a quando questi si sedette vicino a Ginny Weasley e cominciò a tagliare il Panettone. Sembrava pan di spagna ripieno di una densa crema verde.

La donna tagliava ed Harry serviva a tutta la comitiva.

“Cos’è questa roba verde?” chiesero i gemelli, in coro “Sembra velenosa!”

“Oh, non lo è, credetemi.” Li assicurò il padre, mentre addentava una grossa fetta “È crema di Pistacchio! Assaggiate!”

I presenti si guardarono sospettosi, ma poi morsero il loro dolce. Sui volti di ognuno comparve un’espressione deliziata.

“Draco, ti sembra giusto?” sussurrò Lily, mentre gli altri esprimevano a gran voce l’apprezzamento per il dessert.

Malfoy la guardò. Non capiva cosa intendesse.

“Ehm... che cosa?” chiese, sentendosi uno stupido.

“Tutto questo, Draco.” Rispose lei, senza staccare gli occhi da Harry, che ora si stava gustando il suo panettone con aria soddisfatta.

“Che ci sia un uomo che voglia comandare su tutti, che decida della vita o della morte di una persona. Che la salvezza di  tutti sia riposta sulle spalle di un sedicenne. Che questo sedicenne non abbia mai conosciuto i propri genitori a causa di Voldemort. Che questi genitori si siano sacrificati per lui, senza poterlo vedere crescere, senza poter insegnargli a vivere, senza coccolarlo, viziarlo e sgridarlo. 
Draco, ti sembra giusto che a mio figlio, così come a molti altri, sia stato negato il diritto della cosa più bella e semplice che ci sia? La famiglia!?”

Draco non rispose subito. Era concentrato a guardare anche lui Harry Potter.

Stava finendo di mangiare ora la sua fetta di dolce, mentre Ronald se ne era già sbafate tre.

Era sorridente. Sembrava felice, ma si vedeva che gli mancava qualcosa.

Aveva notato il suo sguardo un po’ triste quando Molly Weasley si era sporta sui due cloni per abbracciarli, dopo che le avevano consegnato due pacchi regalo.

No, si disse, non era giusto. Non era giusto niente di ciò che Lily gli aveva detto.

“No” rispose Draco alla donna, ripetendole i suoi pensieri. “Certo che non è giusto. Tutti dovrebbero avere dei genitori che li amano e ognuno dovrebbe essere libero di fare ciò che vuole e di essere se stesso.”

Lily sorrise, tra le lacrime che le erano scese sulle guance.

“Esatto, Draco. Non è giusto…”

Lily non finì la frase, ma Draco intuì che l’argomento era rimandato a dopo.

Come biasimarla. Voleva stare un po’ a contemplare suo figlio.

Era giusto.

Si avvicinarono ancora di più al gruppo di persone riunite attorno al tavolo.

Si stavano scambiando i regali di Natale.

Potter e Weasley erano già ricoperti di pacchetti.

Lily si avvicinò ancora, mentre Draco rimase dov’era, accanto alla bellissima donna bionda che aveva partecipato al Torneo Tremaghi.

La mamma di Harry si mise dietro a suo figlio, che stava scartando il regalo della Granger, e lo abbracciò.

“Ti voglio bene, figliolo. Sii prudente e sii forte” gli sussurrò all’orecchio.

Potter si irrigidì e si girò di scatto, mentre a Draco saltava un battito del cuore.

Potter aveva sentito la presenza di sua madre?

Ovviamente si, dato che si era girato e ora stava guardando proprio dov’era Lily, ma era sicuro che non riuscisse a vederla.

“Harry, cosa c’è? Perché ti sei girato?” gli chiese Ronald.

Potter gettò un’ultima occhiata dietro di se, dove sua madre lo guardava con occhi pieni di amore, ma poi si girò.

“No, niente Ron.” rispose “Mi è parso di sentire qualcosa. Sarà stato un insetto.”

Poi si dedicò di nuovo all’apertura dei regali.

Povera Lily.

Draco  poteva solo lontanamente immaginare come doveva sentirsi.

Però era una donna forte.

Si era già asciugata le lacrime e stava tendendo la mano a Malfoy.

“Draco, andiamo. Il mio tempo è quasi scaduto. E devo finire il discorso di prima.”

Senza fiatare, Draco le strinse la mano e si smaterializzarono nel vortice.

“Bene, Draco.” disse subito lei, senza troppi preamboli “Come hai detto prima, non è giusto tutto ciò che sta accadendo. Lo so che non è colpa tua ma, se nessuno si ribella, niente cambierà. Tu hai questa possibilità, Draco.”

Lily guardò dritto negli occhi Malfoy, che non riuscì a sostenere il suo sguardo.

Dentro vi era troppo dolore.

“Draco , ti prego, non farti comandare da Voldemort. Non compiere l’incarico che ti ha affidato. Cerca aiuto in Silente, non ostilità. Non hai niente da perdere. Tuo padre è al sicuro ad Azkaban, mentre tua madre può essere protetta da Silente e dagli Auror.”

Lily aveva ragione.

Dio, se aveva ragione.

Ma Draco era troppo vigliacco e troppo codardo per disubbidire al Signore Oscuro.

“Draco, ti prego. Fallo per te stesso, per le milioni di vite che potresti salvare.” Continuò Lily, imperterrita.

Poi afferrò il mento del Serpeverde e glielo sollevò.

I loro occhi si incrociarono.

Entrambi erano colmi di lacrime che non erano destinate a cadere.

“Fallo…” sussurrò “…ti prego… Per amore di mio figlio.”

Draco non ebbe tempo di replicare alla supplichevole richiesta di Lily Potter che questa si volto e svanì, stretta tra le braccia di uno spirito apparso in quel momento.

Aveva i capelli neri disordinati e gli occhiali. Poteva solo essere il padre di Harry Potter.

In pochi secondi Malfoy si ritrovò sul suo letto, solo, con una strana voglia di piangere e di buttare tutto all’aria. 

**

 Quel giorno sia la Sala Grande che la Sala Comune erano parecchio silenziose.

Tutti i pochi studenti rimasti ad Hogwarts o erano ancora letto o avevano troppo il mal di testa tipico del post-sbornia per emettere un qualunque suono.

A Draco andava benissimo così.

Aveva troppe cose a cui pensare.

Una battaglia di era scatenata al suo interno.

Doveva fare come gli avevano detto suo nonno e la mamma di Harry?

Avrebbe dovuto chiedere aiuto a Silente?

Ma se Silente non fosse stato capace di proteggerli da Voldemort, come non era riuscito a proteggere i Potter?

Era quella la più grande paura di Draco, quella che lo costringeva a non disubbidire al suo Signore.

Perché sennò, figuriamoci, avrebbe già chiesto aiuto a Silente sin dal primo giorno.

Ma aveva troppa paura.

Alla fine della giornata, dopo che ebbe avuto il tempo di riflettere a lungo e da solo, dato che i suoi amici erano ancora mezzo intontiti, decise di aspettare la venuta del terzo  spirito per decidere il da farsi.

Con questa risolutezza nel cuore e nella mente, Draco, la sera del 25 Dicembre 1996 andò a letto presto, attendendo con ansia lo Spirito del Natale Futuro.

Nel suo cuore percepiva una sensazione, come di speranza e felicità, anche se in maniera molto ridotte.

Ma a Draco bastavano.

Se glielo avessero detto non ci avrebbe creduto: non pensava più, infatti, di essere ancora capace di provare quelle emozioni.

 

 

NdA: Allora? Sono riuscita a sorprendervi? Spero di si! E Spero di vedervi numerosi per il prossimo capitolo! Ormai l’aria di Natale si fa sempre più densa e, anche se i soldini mancano, adoro fare i regali e ho già trovato quelli perfetti per un sacco di mie amiche, e non vedo l’ora di fare la Babba Natale! Ahah

Detto questo, vi saluto e vi lascio con un quesito… chi sarà il terzo Spirito?

Indizio: Qualcuno che è morto, di inquietante e che riuscirà a dare una lezione definitiva a Draco in base alla sua esperienza.

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Capitolo 4
*** Lo Spirito del Natale Futuro ***


 

Capitolo 4:
Lo Spirito del Natale Futuro.

 

Draco si stava appisolando.

Era rimasto sveglio fino a mezzanotte passata, nella fremente attesa dello spirito, ma quello non si era fato vivo.

Si stava per addormentare, quando una mano si posò sulla sua spalla e lo fece sobbalzare.

Atterrito aprì gli occhi e cacciò un urlo.

Davanti a lui si ergeva il terzo spirito.

Non poteva vederlo in faccia perché era avvolto in una lunga e nera tunica, che lo copriva interamente.

Draco poteva solo vedere una mano pallida quasi come la sua che lo invitata ad andare con lui.

Assomigliava maledettamente a un Dissennatore.

“Sono in presenza dello Spirito del Natale Futuro?” chiese Draco, balbettando e tremando come una foglia.

Quello spirito gli metteva addosso una tremenda paura.

Il fantasma annuì, ma non parlò. Continuava a fargli cenno di seguirlo.

“Tu mi mostrerai le ombre delle cose non accadute, ma del tempo che verrà. Dico bene spirito?” domandò ancora Draco mentre, timoroso ma fiducioso, si alzava dal letto e si aggrappava alla tunica dello Spirito, che lo smaterializzò prima nel vortice e poi a casa sua, a Villa Malfoy.

Lui era li, insieme ai suoi genitori.

Draco non capiva quanti anni potesse avere in quel futuro, ma non troppi di più di quel momento, poiché era pressoché identico.

Solo le sue occhiaie sembravano essersi ingrossate, la pelle era passata da avere una lieve sfumatura grigia a essere proprio di un grigio forte e malsano.

La sua espressione di terrore era impossibile da descrivere.

Suo padre aveva i capelli lunghi e spettinati, il viso disordinato dalla barba non fatta da chissà quanto tempo.

Sua madre era una maschera di ghiaccio, il volto solcato da profonde rughe di preoccupazione.

Casa loro era infestata dai Mangiamorte.

Li stavano tenendo sotto tiro.

“Un uccellino ci ha detto che Potter e la Nata Babbana andranno a Godric’s Hollow.” stava sussurrando loro Bellatrix, con voce suadente.

“Abbiamo spedito lì il corpo della vecchia Bathilda Bath con dentro Nagini. Avrà il compito di tenerli impegnati fino al momento opportuno e poi… zac!” Bellatrix si mosse velocemente, fendendo la bacchetta,  e il Draco sedicenne vide una striscia di sangue colare dalla guancia del proprio alter ego.

Rabbrividì e si girò per non guardare.

Il suo sguardo cadde sul calendario magico che era posato sul davanzale: era il 24 Dicembre 1997.

Esattamente un anno dopo.

“Così il nostro Signore ucciderà Potter e finalmente regnerà su questo mondo!” concluse Bellatrix, con la voce salita di un’ottava.

Draco non resisteva più a guardare quella scena.

Voleva solo andare via.

Voleva solo che non accadesse.

Con la voce rotta, si diresse verso il suo silenzioso accompagnatore e lo afferrò per la tunica.

“Ti prego, portami via.” sussurrò “Non ce la faccio. Portami via da qui.”

Lo spirito, sempre senza dire una parola, levò il mantello ed esaudì il suo desiderio e li smaterializzò.

Draco chiuse gli occhi, con la speranza di vedere un futuro più sereno, quella volta.

Ma, avrebbe dovuto già saperlo, non era così.

Il rumore del mare gli fece spalancare le palpebre, sorpreso, e Draco si rese conto di essersi appena smaterializzato ai piedi della prigione di Azkaban.

Il mare era grigio, agitato, sembrava in tempesta, e grossi schizzi d’acqua ghiacciata colpivano Malfoy senza pietà, sferzandogli il viso e le mani.

Una densa e cupa nebbia preannunciava la presenza dei Dissennatori.

Fortunatamente, Draco notò, siccome era come un fantasma in un mondo parallelo, non sentiva i terribili effetti dei Dissennatori, ma la vista di quel luogo gli avevano  fatto comunque perdere diversi battiti del cuore.

“Oh, merda…” sussurrò, prima di accingersi a seguire lo spirito, che si era addentrato all’interno della fortezza.

Il suo respiro si faceva sempre più veloce e irregolare mano a mano che salivano per le svariate rampe di scale.

Si stavano dirigendo ai piani alti dove, Draco lo sapeva bene, alloggiavano i prigionieri condannati all’ergastolo.

Col cuore in tumulto, osservava le celle che si estendevano sia alla sua destra che alla sua sinistra.

I prigionieri si lamentavano tutti, in prega alle più logoranti e strazianti agonie, implorando al vuoto di ucciderli.

Man mano che saliva, Draco vedeva sempre più spesso prigionieri legati alla parete da spesse catene nere.

E mano a mano che saliva, avvertiva il desiderio sempre più impellente di andarsene da li.

Era quello, dunque, il suo futuro?

La sua esistenza sarebbe stata segnata per sempre dalla presenza dei Dissennatori, che gli avrebbero fatto ricordare i momenti più orribili e ripugnanti della sua vita?

No. Non poteva permetterlo.

Lanciò un’occhiata di sbieco al minaccioso fantasma incappucciato che lo precedeva, continuando a  salire rampe e rampe di scale polverose.

“Spirito…” sussurrò Draco.

Quello non diete segno di aver sentito e continuò a camminare.

“Spirito… ma… ma questo futuro può… può essere cambiato, vero?” balbettò Malfoy, desideroso di un assenso da parte del ‘compagno’.

Ma lo spirito lo ignorò completamente.

Alla fine si fermarono in un corridoio. Uno degli ultimi.

Il fantasma indicò con la mano pallida le stanzette dove alloggiavano i detenuti e Malfoy si fermò ad osservarle una ad una.

Nella prima, con sommo orrore di Draco, era legato il padre di Blaise.

Non urlava e non si contorceva.

Se ne stava semplicemente accasciato alla parete.

Quel piano, notò Draco, era uno dei più silenziosi.

I prigionieri non avevano probabilmente più la forza di lamentarsi e di contorcersi, tanto erano stremati.

Erano tutti legati alle pareti.

Draco stava compiangendo il padre di Tiger, quando un singhiozzo sommesso lo fece voltare.

In un angolino buio una donna piangeva.

E sarebbe stata anche una cosa normale e di poca importanza per Draco, se quest’ultimo non avesse riconosciuto il modo di piangere.

Era sua madre.

Col cuore in gola dalla disperazione, Draco si diresse verso la fonte del suono.

No, di diceva, non sarebbe dovuta finire così.

Sua madre non meritava ciò.

Lei, che lo aveva sempre protetto, che lo aveva sempre amato.

Lei non aveva mai avuto il Marchio Nero, non si meritava di essere rinchiusa ad Azkaban.

Quando fu abbastanza vicino, però, con una gioia che rasentava la gratitudine, Draco si rese conto che sua madre non era affatto stata rinchiuda nella prigione.

Lei era li, seduta su uno sgabello, davanti a due celle, che piangeva con il volto affondato in un fazzoletto ricamato.

Draco allora, sollevato che almeno a sua madre fosse stato risparmiato quel tipo di trattamento, guardò all’interno di una delle due stanzette.

E rimase di sasso.

Li, legato alla parete, coi vestiti logori, la testa che gli ricadeva sul petto e i lunghi capelli biondi, giaceva suo padre.

Era immobile, come gli altri detenuti, e sembrava morto.

Si poteva notale un lievissimo movimento del petto, giusto per confermare che fosse ancora vivo.

Ogni tanto si lamentava, ma era incosciente.

Con le lacrime agli occhi, Draco passò oltre e guardò nella seconda cella.

Già sapeva cosa vi avrebbe trovato, ma questo non gli impedì di sentire una profonda fitta al cuore e le lacrime presero a scendergli copiosamente sulle guance.

Sempre legato alla parete, coi vestiti logori, la testa che gli ricadeva sul petto e i lunghi capelli biondi, Draco vide in quel buio bugigattolo se stesso.

Sconcertato, si ritrasse.

No, non era giusto.

Lui non doveva essere li.

Lui non avrebbe mai voluto fare ciò che aveva fatto.

Lo avevano costretto.

Non era giusto.

“Spirito…” singhiozzò Malfoy, aggrappandosi di nuovo alla lunga tunica nera del fantasma.

“Spirito, dimmi, questo mio futuro non è certo, giusto? Posso ancora cambiarlo? Ti prego, spirito, dimmi che posso ancora cambiarlo!”

Il fantasma rimaneva immobile.

A un certo punto, però, indicò la porta e Draco vide entrare qualcuno, ma non lo riconobbe a causa della vista appannata dalle lacrime.

Riuscì solo a intravedere una figura maschile, più bassa ma più robusta di lui, con capelli scuri, che si dirigeva verso sua madre.

Svelto si asciugò gli occhi e, quando li riaprì, vide Narcissa e lo sconosciuto impegnati in un abbraccio.

Lei stava versando tutte le sue lacrime sulla spalla dell’uomo, che guardava verso la cella di Draco.

“Come sta vostro marito? E vostro figlio? E lei?” chiese l’uomo.

Quando Draco riconobbe la voce credette di essere impazzito, così si avvicinò meglio per osservare l’uomo.

Capelli neri disordinati, occhiali e occhi verdi.

Era lui.

“Ci sono novità?” chiese Narcissa, ignorando le domande che Harry Potter le aveva appena posto.

“Ti prego, dimmi che ci sono novità positive, anche piccole, ti prego…” lo supplicò.

Harry la strinse più forte a se. Narcissa gli arrivava a malapena al mento.

“Purtroppo no.” rispose, con un fil di voce “Sto provando di tutto, mi creda. Sto cercando di sfruttare anche la mia posizione, ma il Wizengamot non vuole saperne, soprattutto per suo marito, però…”

Harry si interruppe e guardò verso la cella di Draco.

Narcissa sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi.

Entrambi brillavano di speranza non ancora perduta, ma erano segnati da dolori e sofferenze.

“Però?” chiese lei.

“Però, forse… FORSE… possa fare qualcosa per Draco” disse Harry.

Malfoy vide sua madre accendersi di speranza.

“E come…? Come farai?” chiese, bramosa di saperne di più.

“Bè…” replicò l’ormai ex-Grifondoro “Abbiamo a disposizione diverse attenuanti. Intanto Draco non ha mai commesso omicidi in prima persona e, quando ha ricevuto il Marchio Nero, era ancora minorenne, per cui c’è una piccola, piccolissima possibilità di scagionarlo. Ma solo per lui, mi dispiace, Lucius non ha speranze.”

A Narcissa però quello bastava.

Almeno suo figlio sarebbe stato libero.

Era così giovane e così innocente.

Era pur sempre qualcosa.

Anche lei si volse a guardare Draco, quello nella cella, imitando Harry.

“Non lo abbandonerai, vero?” chiese.

Harry la guardò con affetto.

“Mai.” Rispose.

Draco, quello del passato, era commosso.

Non si sarebbe hai aspettato che lui, Harry Potter, il suo più grande nemico di sempre, stesse combattendo in prima persona per farlo uscire da quel terribile posto.

Non dopo tutto quello che gli aveva fatto.

Ma era così.

Draco sentì un moto di affetto verso il Grifondoro.

Era un misto di gratitudine e di qualcos’altro, ma ancora Draco non sapeva  dare una descrizione alle proprie emozioni, perché erano mesi che non provava altro che terrore e disperazione.

Draco si avvicinò a Harry

“Grazie, Harry” sussurrò, prima che lo spirito, a sorpresa, lo afferrasse per un braccio (il sinistro, dove avvertì una grossa fitta) e lo strascinasse all’interno del vortice.

“Spirito… è terribile ciò che ho visto. Ti prego, dimmi che ho la possibilità di cambiarlo. Non voglio finire ad Azkaban. Non voglio che mia madre soffra così. Ti prego, dimmi che posso cambiarlo. Prometto di andare da Silente e…”

Daco dovette fermarsi, perché gli era venuto un groppo alla gola che gli aveva bloccato le vie respiratorie.

 “Andrò da Silente e gli racconterò tutto. Mi farò aiutare da lui, chiederò protezione per mia madre. Mi ribellerò!” continuò, dopo qualche secondo.

Draco, l’ultima frase la urlò, straziato.

“Finalmente ti sei deciso!” Esclamò il fantasma, facendo spaventare il Serpeverde.

Lo spirito si tolse il cappuccio e scoprì un volto dai lineamenti un tempo belli, ma ora rovinati da una lunga sofferenza.

Il viso pallido, i capelli neri e gli occhi grigi, era un viso completamente sconosciuto, ma in qualche modo familiare, come lo era stato il fantasma della mamma di Potter.

“Chi sei?” chiese Draco.

“Tu non mi conosci” rispose l’uomo “ma noi due siamo parenti. Più precisamente siamo lontani cugini. Io sono Regulus Black, il fratello di Sirius Black.”

“Si, ho capito chi sei. Ho sentito parlare di te.” rispose Draco.

“Conosci la mia storia, Draco?” chiese allora Regulus.

Draco scosse la testa e Regulus cominciò a raccontare.

“Io ero proprio come te, Draco. Provenivo da una famiglia convinta che essere Purosangue ti rendesse superiore ad ogni altra cosa. Così mi unii al Signore Oscuro. All’inizio adoravo essere suo servo. Volevo purificare il mondo Magico da tutta quella marmaglia Babbana.
Però, quando mi resi conto dei mezzi che Voldemort usava per ottenere i suoi scopi cercai di ritirarmi.
Ovviamente, mi fece uccidere.”

Regulus terminò la frase con una nota di amarezza nella voce.

“Io ti ho fatto vedere il tuo destino meno orribile” continuò il fratello di Sirius “perché il futuro è troppo mutevole e variabile. Fra le tante opzioni che c’erano da farti vedere se tu non ti fossi ribellato, quella era la più soft. Altre erano troppo brutte, troppo orrende. Non le avresti rette.”

Draco era sempre più inorridito a ogni parola detta da sua cugino e non riusciva a spiccicare verbo.

“Prima, Draco, mi chiedevi se quel futuro si potesse cambiare” aggiunse Regulus “ e io ti rispondo: certo che si! Sono stato mandato apposta per fartelo cambiare! Non commettere i miei stessi errori, Draco. Il futuro ti riserverà solo cose brutte, come è successo a me. Fai come hai detto: vai da Silente!”

Finito il discorso, anche Regulus sparì, lasciando Draco nel suo letto, solo e inorridito.

 

NdA: Allora ragazzi, siamo quasi alla fine. Ringrazio sinceramente chi segue questa storia e chi la preferisce, e vi auguro, anche se in anticipo, Buon Natale! Ci vediamo Domenica prossima con l’ultimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Draco torna in sè ***


Ciao belli! Scusate il ritardo, colpa dei festeggiamenti che non mi hanno permesso di revisionare in tempo!

Questo è l’ultimo capitolo, ringrazio di cuore i 17 seguiti e i 2 preferiti, in particolar modo Bellatrix29 e Holly715 per aver recensito ogni capitolo!

Ciao, e buon anno!

Capitolo 5:
Draco torna in se.

 

 “Quindi siete stati voi!” urlò Draco, puntando il dito accusatore contro Pansy, Theodore e Blaise. “Tutto quello che è successo è… è opera vostra!”

“Esatto.” ghignò Blaise, compiaciuto. “E, dopo quello che ci hai raccontato, io penso che dovremmo riceve un Encomio speciale per ciò.”

Draco fumava dalla rabbia.

Quella notte non era riuscito a dormire a causa dell’ansia e, quando finalmente i suoi compagni si erano decisi a svegliarsi (beati loro che la notte dormivano pacifici!), Draco si era precipitato a raccontare tutto a Theo e Blaise, a cui si era unita anche Pansy.

Il Serpeverde aveva raccontato loro ogni cosa.

Aveva narrato loro della visita del fantasma della Rowling e della sua avventura coi tre spiriti, esattamente come accadeva nel romanzo della scrittrice a lui apparsa.

Aveva anche rivelato l’identità dei tre spiriti e le emozioni collegate ad essi: gioia nel rivedere suo nonno, senso di colpa nel conoscere la mamma di Potter e terrore puro sia per il fantasma che per il futuro presentatogli dal cugino Regulus.

Si era aspettato che i suoi amici lo avrebbero guardato con scetticismo e che lo avrebbero portato d’urgenza in infermeria a farsi vedere ancora  prima della fine del suo racconto, per cui si era preparato un paio di incantesimi da utilizzare per far ascoltare loro la storia fino in fondo.

Ma, con sua grande sorpresa, non aveva dovuto usarli.

Perché l’espressione dei compagni non era né turbata né preoccupata, ma eccitata e, in qualche modo, sollevata, soprattutto nell’udire l’ultima parte del racconto.

Draco aveva chiesto spiegazioni e i tre Serpeverde avevano ammesso che erano stati loro tre a contattare gli spiriti, preoccupati dal suo comportamento.

Draco allora era uscito fuori dai gangheri.

Come si erano permessi?

Però era passato oltre e aveva finalmente rivelato ai suoi amici il perché del suo comportamento.

E anche li la loro reazione lo aveva sorpreso.

Non si erano ritratti, non avevano assunto espressioni di orrore, non lo avevano schifato.

“Draco” disse Blaise, sotto lo sguardo sorpreso dell’amico “Draco, fattelo dire, sei stato davvero uno stupido. Noi siamo tuoi amici, sappiamo la tua situazione, che non è così diversa dalla nostra. Ti avremmo aiutato anche prima.”

Draco era commosso e allibito, ma poi si ricordò del motto della loro Casa:

“A Serpeverde voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori.”

Ed eccoli li, i suoi amici Serpeverde.

Astuti e affatto babbei, gli amici migliori.

Era proprio vero, lui aveva i migliori amici del mondo.

Amici discreti ma presenti, che lo capivano nel profondo, che lo sostenevano moralmente, a volte anche restando nell’ombra, che non lo giudicavano.

Che lo accettavano.

Con le lacrime agli occhi, anche se stavolta erano di gioia, Draco Malfoy si avvicinò a Blaise Zabini, Theodore Nott e Pansy Parkinson, avvolgendoli in un caldo, sincero e silenzioso abbraccio di gruppo.

I quattro amici rimasero così per dieci minuti buoni, assaporando quel momento di affetto reciproco che ormai troppo raramente si manifestava.

Alla fine avevano tutti e quattro gli occhi lucidi.

“Forza” disse Blaise dopo un po’, asciugandosi gli occhi e prendendo Draco per il braccio “andiamo da Silente!”

 

**

 

Draco aveva una fifa blu.

Il cuore gli martellava così forte contro le costole che il Serpeverde temeva che presto gliene avrebbe fratturata qualcuna.

Il suo respiro era affannoso ed era tentato di tornare indietro.

Era troppo spaventato.

Cosa avrebbe dovuto dire a Silente?

Salve vecchiaccio, come sta? Devo rivelarle un segreto: io sono un Mangiamorte! E la devo uccidere! Ma sono troppo codardo. Le dispiacerebbe accogliermi sotto le sue gonne?

A Draco scappò inspiegabilmente da ridere.

Pansy lo abbracciò. “Bravo, Draco, sorridi” gli disse lei, sorridendogli a sua volta “Andrà tutto bene. Noi ti siamo vicini!”

Anche Draco sorrise, col cuore improvvisamente più leggero.

Lui non era solo.

Non più.

I quattro Serpeverde camminarono fino all’ufficio del Preside e si fermarono davanti al gargoyle di pietra.

“Parola d’ordine?” chiese quello.

“Emh…”

Né Draco né i suoi amici sapevano la parola d’ordine del loro preside.

“E ora che facciamo?” chiese Pansy con aria abbattuta.

“Proviamo a indovinare!” esclamò Theo “So che di solito sono nomi di dolciumi! Pallini Acidi”

Non successe niente, ma il Serpeverde non demorse.

“Api Frizzole.”

Niente.

“Gelatine Tuttigusti+1.”

Idem come sopra.

“Gommebolle Bollenti.”

Nada.

Alla fine Theo si girò, spazientito, verso i suoi amici, che lo stavano guardando divertiti.

“Allora, volete darmi una mano o no?” Sbottò.

“Goccia di pera” urlò allora Pansy, entusiasta.

Nada de nada.

“Ora comincio ad arrabbiarmi” sibilò Blaise “Brutto vecchiaccio… Scarafaggi a Grappolo!”

Il gargoyle lo guardò storto e scosse di nuovo la testa.

“Cioccorane!” tentò, speranzoso, Draco.

Ma non era neanche quella.

“Caramelle Mou!”

“Piperille!”

“Filidimenta!”

“Lumache Gelatinose!”

I ragazzi continuarono quell’assurda Caccia Alla Parola per una mezz’ora buona, urlando i nomi dei dolci più strani e assurdi che potessero esistere e scoppiando a ridere a intervalli regolari.

Draco si sentiva bene ora, i suoi problemi sembravano appartenere a qualcun altro.

“Rospi alla menta!” tentò, alla fine, Pansy e, con sollievo di tutti, il gargoyle fece finalmente un cenno d’assenso e si mise di lato, facendo passare i ragazzi, che si arrampicarono per la stretta scala a chiocciola.

Si ritrovarono, anche troppo presto per i gusti di Draco, di fronte alla porta dell’ufficio del preside.

Era arrivato il momento della verità.

Il Biondo Serpeverde mise una mano sulla maniglia.

Stava per compiere il passo che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.

Di sicuro in meglio.

Forza, Draco!

Malfoy abbassò la maniglia della porta ed entrò.

“Professore…?” chiese.

“Ah, Draco, finalmente eccoti, vieni” lo accolse bonariamente Silente, con un cenno della mano.

Draco esitò sull’uscio della porta. Non  riusciva a capire.

Perché aveva detto ‘finalmente?’

“Vieni, Draco” lo esortò di nuovo il preside “Non stare li sulla porta, vieni. So che devi dirmi qualcosa”

Draco entrò nello studio, da solo, lanciando prima una sguardo preoccupato ai suoi amici che erano rimasti fuori.

Il vecchio sapeva? Se si, come? E ora cosa avrebbe fatto? Lo avrebbe espulso? Lo avrebbe fatto arrestare?

Draco era sempre più dell’idea di dover scappare via, ma ora sapeva di non avere scampo.

Si lasciò cadere sulla sedia che Silente gli indicava con aria afflitta.

“Draco” disse il preside, affabile “stai tranquillo. So già che mi vuoi dire, o almeno, spero di saperlo. So che deve essere difficile per te, per cui non ti chiederò di raccontarmi tutto. Sarebbe troppo gravoso per te. Rispondi semplicemente alle mie domande, va bene?”

Draco annuì, capendo che sarebbe stato stupido cercare di parlare: si sentiva la gola secca.

Silente continuò a sorridere, scrutandolo da dietro gli occhiali a mezza luna.

“Draco Malfoy” cominciò “Sei qui per conto tuo o per conto di qualcun altro?” chiese.

“Per conto mio.” Si sforzò di dire Draco.

A Silente brillarono gli occhi.

“Draco. Scusa, ma devo chiedertelo. Sei un Mangiamorte?” gli domandò, a bruciapelo.

Draco deglutì. Il cuore gli batteva furioso nel petto.

Aprì la bocca per rispondere, ma non emise alcun suono.

Sconfortato, decise di passare per le vie di fatto.

Lentamente, portò la mano destra sulla manica sinistra della divisa e cominciò ad alzarla lentamente, fino a ripiegarla al gomito.

Eccolo li.

Immobile e sbiadito.

Ma c’era.

Il Marchio Nero spiccava sulla sua pelle chiara proprio come il sangue rosso scuro spiccava sulla neve candida.

Silente fissò il Marchio per dieci secondi buoni, senza dire niente, e poi fece cenno a Draco di abbassare la manica.

“Voldemort ti ha incaricato di uccidermi, vero?” chiese di nuovo, gli occhi penetranti che sembravano volerlo perforare da parte a parte.

Draco sussultò nell’udire quel nome, ma si costrinse a rispondere: “Si, Signore” gracchiò.

E ora? Ora cosa sarebbe successo? Sarebbe stato sicuramente sbattuto ad Azkaban.

“E… Draco, un’ultima domanda: tu VUOI uccidermi? Vuoi davvero segnare così il tuo futuro?”

Draco scosse violentemente la testa e Silente annuì soddisfatto.

“Bene, Draco. Sono felice che tu abbia preso queste sagge decisioni. Non lo fare, Draco, la tua vita non è ancora rovinata del tutto. Ti nasconderò io.”

“Ma, signore” disse Draco, con voce roca nello sforzo di parlare “Mia madre… e mio padre…”

“Tua madre la faremo arrivare con la Metropolvere qui a Hogwarts, sarà al sicuro. Tuo padre per ora è ad Azkaban e non dovrebbe correre rischi. Poi sarà trasferito anche lui ad Hogwarts.”

Draco non sapeva cosa dire.

Aveva appena rivelato al vecchiaccio che era diventato un Mangiamorte e che aveva in programma di farlo fuori e lui cosa faceva? Gli offriva un riparo? Un posto sicuro?

Non sapeva che dire e aveva una strana voglia di ridere.

“Grazie, signore” disse, semplicemente, ma Silente parve apprezzare.

“Grazie a te, Draco. Grazie per essere venuto da me  a chiedere aiuto, anzi che cercare di uccidermi con dei tentativi che sarebbero stati vani e che avrebbero provocato danni a persone innocenti.”

Draco stava per ribattere qualcosa -non sapeva neanche lui che cosa- ma Silente lo congedò con un cenno della mano.

“Draco, scusami, ma ora devo chiederti di andartene. Devo mobilitarmi subito per trasferire tua madre qui. Ci sono molte cose che voglio sapere, molti dettagli, ma me li racconterai a tempo debito. Ora vai.”

Draco si alzò dalla sedia.

“Si, signore” disse, e si accinse a lasciare lo studio.

Quando aprì la porta, i suoi amici gli capitombolarono addosso: sicuramente si erano appiccicati dietro alla porta, tentando di origliare.

Malfoy soffocò una risata e si voltò a guardare di sbieco Silente, ma quello era girato a parlare con un ritratto.

I suoi amici si rialzarono e insieme uscirono dalla stanza.

 

**

 

3 Gennaio 1997

 

Draco mandò giù un altro boccone di bacon, agitato.

Guardava a intervalli regolari il tavolo di Grifondoro.

Quella mattina tutti i ragazzi erano tornati dalle vacanze di Natale, anche se le lezioni sarebbero cominciate solo l’indomani, e ora la Sala Grande era di nuovo gremita di persone.

In quei giorni la vita di Draco era cambiata drasticamente.

Sua madre era stata trasferita ad Hogwarts il 27 Dicembre e Draco aveva passato i due giorni successivi a raccontare a tutti per filo e per segno il compito affidatogli dal Signore Oscuro, cosa lo aveva spinto a confessare e come e perché aveva preso il Marchio Nero.

Già, il Marchio Nero.

Draco sorrise.

Quella era stata una delle cose più belle che Draco aveva riscontrato subito dopo aver rinnegato la lealtà verso Voldemort.

Il Marchio Nero era sparito.

Draco all’inizio non se ne era raccapezzato, perché anche Piton aveva rinnegato Voldemort, ma lui aveva ancora il Marchio visibile.

Silente allora aveva dedotto che, molto probabilmente, quello di Draco era sparito perché lui era ancora puro, non aveva, cioè, mai ucciso, a differenza di Severus.

E quello aveva comportato la piacevole conseguenza che, anche se era inizio Gennaio, Draco andava in giro in maniche di camicia, guadagnandosi parecchi sguardi scettici,  per il puro piacere di poter mostrare le braccia senza alcuna vergogna.

Ora però aveva un’ultima sfida da affrontare, prima di essere completamente in pace con se stesso.

E quella sfida consisteva in un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verdi.

Draco, quella mattina, lo stava tenendo d’occhio per poterlo bloccare alla prima occasione.

“Draco, smettila di guardarti intorno con tutta quell’ansia” lo ammonì  Pansy, dopo che il compagno si era girato per l’ennesima volta “Sembri uno Schiopodo Sparacoda!”

Quell’affermazione fece ridere Theo e Blaise, ma Draco non la sentì: Harry Potter si era appena alzato da tavola, assieme ai suoi amici.

“Io vado.” disse Draco, risoluto, ai suoi amici, e si alzò prima che gli altri potessero replicare qualcosa, rincorrendo il Grifondoro.

“Harry Potter!” gridò, attraverso il corridoio.

L’interpellato si girò con un sorriso, che però di spense quando vide chi lo aveva chiamato.

Draco gli si avvicinò.

“Malfoy.” rispose, gelido, quando il Draco gli fu vicino.

Draco aprì la bocca per parlare, ma Ron lo interruppe “Che vuoi Malfoy?” ringhiò, puntandogli la bacchetta contro.

Il Serpeverde lo guardò con aria di superiorità, ma non si mosse e questo fece infuriare ancora di più Ron, che lo fissò in cagnesco.

“Cosa c’è, Malfoy? Hai perso la lingua? Hai paura? O forse…” aggiunse, accennando alle maniche corte del ragazzo “Forse ti sei congelato?! Ti sembra l’abbigliamento adatto in questa stagione?”

Malfoy ringhiò. Già non ne poteva più di Weasley. Lui doveva parlare con Potter!

“Non mi sembra di averti interpellato.” rispose Draco, con calma glaciale “Io ho chiamato Potter, non te, per cui vedi di non ficcare il naso negli affari altrui. E, riguardo l’abbigliamento, stai tranquillo, sono sempre più elegante di te.”

Terminata la rispostaccia, non diede il tempo a Weasley di ribattere e afferrò Potter per un braccio, trascinandolo per il corridoio alla ricerca di un’aula vuota.

“Malfoy che ti prende? Sei forse impazzito?” protestò Harry, scioccato da quel contatto fisico con Draco. Harry non ricordava di averlo mai toccato, iniziando dalla stretta di mano rifiutata.

“Zitto e seguimi.” Ordinò Malfoy, senza mollare la presa. Ora che aveva in pugno Potter, non voleva lasciarlo andare. Aveva paura che scappasse, aveva paura che lo rifiutasse di nuovo. Se fosse successo ancora, Draco non lo avrebbe retto.

Finalmente raggiunsero l’aula di Incantesimi e Draco vi ci si fiondò dentro, sigillando la porta, poi si voltò verso l’altro.

“Potter.” Cominciò, una volta che furono soli. Non era facile esprimere ciò che voleva dire.

“Malfoy.” replicò Harry, in attesa.

“Io… ho delle cose da dirti.” Sibilò, lo sguardo fisso altrove. Doveva farcela!

“A me?!” chiede Harry, allibito “Perché proprio a me? Mi sono perso qualcosa…?”

Draco ghignò. “Oh, si” rispose “Un bel po’ di cose.” e gli raccontò tutto ciò che gli era capitato, dal compito di uccidere Silente e alla visita dei tre spiriti.

Harry era sempre più scettico a ogni parola.

“Per cui hai visto mia madre?” lo interruppe Draco, a metà racconto, col fiato corto.

Draco sorrise.

“Si, è una donna davvero molto dolce, e bella.” Disse “E ha i tuoi stessi occhi.”

Quella volta fu il turno di Harry di sorridere “Si, me l’hanno detto. E come sta? Come ti è sembrata?”

“Sta bene” rispose Draco “Ma è triste, ed è preoccupata per te. Ha paura per questa guerra. Ha paura di ciò che potrebbe accadere a ognuno di noi se Tu-Sai-Chi dovesse vincere.”

“Ma perché è apparsa a te, allora? È mia madre, perché non è venuta da me?” chiese Harry, con una punta di dolore.

Bella domanda. Draco non ne aveva la minima idea.

“Forse… forse è perché il nostro futuro è legato?” tentò di dire Malfoy, e Harry si fece ancora più confuso.

“…legato?” chiese Harry, con un fil di voce “In che senso legato?”

“Beh, ecco…” balbettò Draco. “Lo Spirito del Natale Futuro mi ha mostrato una delle tante vie future possibili e beh… io ero ad Azkaban e tu…” Draco si fermò, col viso basso. Perché Potter lo avrebbe aiutato così? Sarebbero diventati amici? O forse sarebbe stato in debito coi Malfoy per una qualsiasi cosa?

“…E io?” lo incalzò Harry, pieno di curiosità.

“E tu aiutami mia madre a farmi uscire di li. Facevi continue pressioni al Wizengamot per trovare delle attenuanti.” Concluse Draco, con voce seria.

Harry era sbalordito.

“Davvero? Cioè, scusa se sono incredulo adesso, ma, a essere sinceri, ora come ora non credo che lo farei.” Disse Harry, alla leggera, sbirciando per poter vedere la reazione di Draco.

Stranamente, Malfoy ghignava.

“Lo so.” Disse “In questi anni ti ho lanciato tanta merda addosso e ho anche preso il Marchio Nero, ma…”

 “Ma, io non vedo alcun Marchio Nero!” Lo interruppe Harry, indicando il braccio scoperto di Malfoy.

“Lo so, Potter. Questo è segno che sono veramente pentito.” Rispose Draco, con fare convincente.

“Ma…” cercò di continuare Potter, ma Malfoy lo sbloccò con un cenno della mano, tendendogliela.

“Potter, smettila di blaterare e ascoltami. Stavolta non accetto un no.” Disse, minaccioso, con la mano protesa verso Harry.

“Prendi la mia mano, Harry Potter, e diventa mio amico. Non ho desiderato altro per sei lunghi anni, anche se ti prendevo sempre in giro, era per attirare la tua attenzione” confessò “Ma ora mi sono stufato. Voglio essere tuo amico, Harry Potter. Ho anche girato il culo al Signore Oscuro, con rischio di morire e di far uccidere la mia famiglia.”

Draco fede una pausa.

“Accetta la mia amicizia, Harry.”

Harry.

Lo aveva chiamato Harry.

Non Potter, non Potty o Sfregiato.

Harry.

Fu forse questo più di qualunque altra cosa a spingere la mano del Grifondoro verso quella del Serpeverde e di stringerla forte, sorridendo.

Dopotutto, Malfoy aveva sempre fatto parte della sua vita, no? Sin da prima iniziare Hogwarts. Fu il primo bambino non Babbano con cui ebbe parlato e, anche se al primo impatto non gli era stato tanto simpatico, Malfoy poi lo avrebbe accompagnano per tutti i sei anni avvenire.

Era stato grazie a Malfoy che Harry aveva montato la sua scopa con tanta facilità, Malfoy lo aveva smosso a cercare di scoprire chi fosse l’erede di Serpeverde, Malfoy lo aveva ‘aiutato’ a produrre un Patronus, vestendosi egli stesso da Dissennatore solo per arrecargli fastidio.

Malfoy era stato letteralmente una spina nel fianco per Harry quindi, forse,  era giunto il momento di provare ad averlo accanto come amico, anzi che come nemico.

“Va bene, Malfoy. Accetto.” Disse, e il volto di Malfoy si illuminò

“ E ti chiedo scusa anche  io per esser stato così stupido, sei anni fa. A sapere che poi mi avresti tormentato così, forse avrei dovuto prenderla subito, questa dannata mano.”

Anche Draco sorrise, certo che quello era solo l’inizio di una splendida e duratura amicizia.

 

 

The End.

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