A Christmas Carol of Draco Malfoy di Allyii (/viewuser.php?uid=129010)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Comportamenti Sospetti ***
Capitolo 2: *** Lo Spirito del Natale Passato. ***
Capitolo 3: *** Lo Spirito del Natale Presente. ***
Capitolo 4: *** Lo Spirito del Natale Futuro ***
Capitolo 5: *** Draco torna in sè ***
Capitolo 1 *** Comportamenti Sospetti ***
Capitolo 1:
Comportamenti Sospetti
Dal libro, pag. 299:
Sera. 22 Dicembre 1996
[...]
“Non sono i soli, ho altra gente dalla mia, gente
migliore!”
“Allora
perché non mi confidi tutto? Io posso…”
“Lo
so che cos’ha in mente! Vuole rubarmi la gloria!”
Un’altra
pausa, poi Piton rispose, gelido “Parli come un bambino.
Capisco che la cattura
e la prigionia di tuo padre ti abbiano sconvolto,
ma…”
Draco
Malfoy, però, non pareva intenzionato a continuare ad
ascoltare Piton.
Non
gli dette neanche il tempo di finire la frase: spazientito,
aprì la porta dell’aula vuota e
uscì di tutta fretta, allontanandosi velocemente lungo il
corridoio, senza mai
girarsi.
Sorpassò
la porta aperta dell’ufficio di Lumacorno, svoltò
l’angolo e sparì.
**
Mattino presto. 23 Dicembre 1996
Più
silenziosamente che poté, Draco aprì la porta del
suo dormitorio, sicuro che i
suoi compagni di Casa stessero dormendo della grossa, ma si sbagliava.
“Draco! Dove
diavolo eri finito? Il coprifuoco è passato da un bel
pezzo!” bisbigliò,
infatti, una voce agitata.
“Blaise,
sta’ zitto!” replicò Draco, seccato,
cercando a tastoni il pigiama e iniziando
a cambiarsi.
“Sta’
zitto??! Draco, è l’una del mattino, fa un freddo
polare, tu sei uscito ieri
sera e non sei più tornato. Cosa dovevo pensare? Ero
preoccupato. Credevo che
qualcuno ti avesse visto infrangere il coprifuoco! O che fossi in
pericolo!”
insisté Blaise, che cominciava ad arrabbiarsi.
“Bè,
nessuno ti ha chiesto di preoccuparti tanto. Grazie.” Disse,
acido, Draco,
scostando le coperte per potersi finalmente infilare a letto.
“Draco,
ma sei scemo!? Sei il mio migliore amico! Certo che mi
preoccupo!”
“Ripeto.
Nessuno te lo ha chiesto.”
“Ma…”
“Ehi,
voi due! La finite di bisbigliare?” la voce seccata di
Theodore Nott,
proveniente da un punto imprecisato della stanza, interruppe la
discussione
sussurrata tra Draco e Blaise.
“Io
starei cercando di dormire!”
Blaise
rispose con un grugnito e tacque, così Theo, ancora mezzo
addormentato, si
rigirò nel letto e ricominciò a ronfare mentre
Draco si metteva sotto le
coperte, senza però riuscire a prendere sonno.
Come al solito.
Erano
mesi che aveva difficoltà a dormire.
Spesso trascorreva intere notti a rimuginare su ciò che era
accaduto
quell’estate, al compito che l’Oscuro Signore gli
aveva affidato e all’angoscia
per la sua ipotetica non riuscita.
Ad
Agosto, dopo l’arresto di suo padre, Lord Voldemort lo aveva
costretto a
Marchiarsi, contro la sua volontà.
Era
stato a casa sua, a Villa Malfoy, con tutta la sua famiglia presente.
Il
Signore Oscuro aveva sferzato l’aria con la bacchetta,
gridando ‘Morsmordre!’,
e lui aveva provato
un dolore lancinante al
braccio sinistro.
Era stato molto doloroso, ma nulla era stato, se paragonato al puro
terrore che
lo aveva pervaso quando si era trovato al cospetto di Voldemort in
persona.
“Draco
Malfoy.”
Il
sibilo inconfondibile di quella voce terribile e penetrante aveva fatto
percorrere un brivido gelido lungo la schiena di Draco.
Lentamente
si era girato e aveva incrociato per un attimo lo sguardo freddo e
divertito di
Lord Voldemort, prima di abbassare il volto e guardarsi i piedi, mentre
il
panico gli faceva rivoltare lo stomaco.
“Draco
Malfoy. Figlio di Narcissa Black e Lucius Malfoy.” aveva
continuato
Voldemort “Adesso sei a tutti gli effetti uno di
noi. Sei un Mangiamorte.”
A
quelle parole, Draco aveva serrato i pugni.
Sapeva perfettamente cosa era diventato.
Lo avevano trasformato in un mostro assetato di sangue, che doveva
uccidere
senza pietà.
Anzi, in un mostro che avrebbe dovuto provare piacere nell’uccidere.
Draco però non era di quella pasta.
Non
era una brava persona, non aveva buone intenzioni, non aveva buoni e
giusti
principi morali, ma non era un assassino e non voleva
diventarlo.
Lord
Voldemort aveva fatto una pausa, per dar modo alle sue parole di fare
‘colpo’,
ma poi aveva ripreso a parlare “Draco Malfoy. Sei
diventato un Mangiamorte
per prendere il posto di tuo padre. Dovrai rimediare ai suoi errori.
Per cui ti
affiderò un compito.”
Come
se avesse già saputo cosa lo aspettava, il cuore di Draco
aveva perso un
battito.
Forse
più di uno.
“Tu
avrai l’onore di uccidere Albus Silente”
Quelle
parole erano state accolte da un silenzio pesante da parte di tutti i
presenti,
tranne da Bellatrix, che era scoppiata in risolini infantili e isterici.
Lord
Voldemort, a quel punto, aveva levato il mantello ed era sparito, con
la sua
serva più fedele appresso.
Da
lì Draco non si ricordava più niente, quasi
sicuramente era svenuto subito dopo
che Il Signore oscuro se ne era andato.
Quello
non era l’unico brutto ricordo che aveva, ma di sicuro era il
peggiore.
Era il ricordo che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
“Buonanotte,
Draco” sussurrò Zabini dal suo letto.
Draco
sorrise e provò un moto d’affetto per il compagno.
“Buonanotte,
Blaise.”
**
Ora di pranzo
“Draco,
mangia!”
“Non
cominciare anche te, Pansy. Non ho fame.”
“Draco,
smettila di fare storie. Non mangi e non dormi più da
Settembre! Vedi che lo so
che anche stanotte non hai dormito. Blaise mi ha detto che continuavi a
rigirarti nel letto. E mi ha detto anche che sei tornato tardissimo.
Ancora non
capisco perché ti ostini a non dirci niente, ma per il
momento non insisterò.
Ma se non mangi questo pasticcio di rognone, giuro che ti
affatturo!”
Il
tono di Pansy Parkinson non ammetteva repliche, mentre era seduta in
Sala
Grande accanto a Draco, brandendogli davanti una forchetta, agitata.
Draco,
però, continuava ad ignorarla.
“Draco,
accidenti a te! Ma non ti vedi?! Non esci quasi mai, sei sempre di
cattivo
umore, mangi pochissimo, sei magro come un chiodo, hai delle occhiaie
lunghe
così e hai la pelle tutta ingrigita!” insistette
lei, avvicinandoglisi sempre
di più, con fare minaccioso.
Draco
alzò gli occhi al cielo “Pansy, quando imparerai a
farti gli affari tuoi?” le
chiese, esasperato, prendendo la forchetta e cominciando a
smangiucchiare il
suo pasticcio con aria cupa e sconfitta.
Pansy
lo guardò compiaciuta, mentre Blaise, seduto di fronte a
loro, si stava
lanciando uno sguardo di intesa con Nott.
Appena
finito il pranzo, la McGranitt disse agli studenti che sarebbero andati
a casa
per le vacanze di Natale di seguirla.
Più
di mezza scuola si accinse a raggiungerla, compresi, notò
Draco, Potter e i
suoi amici.
Il
biondo Serpeverde seguì con gli occhi il moro Grifondoro,
fino a quando
quest’ultimo non sparì, chiacchierando
allegramente con Weasley e la Granger,
dietro la porta della Sala Grande.
Potter.
Harry Potter.
Chissà
come sarebbe stato averlo come amico.
Draco
ci pensava spesso.
Chissà
se la sua vita sarebbe stata diversa.
Magari
non avrebbe mai ricevuto il marchio Nero, magari suo padre non sarebbe
mai
stato sbattuto ad Azkaban.
O
magari sarebbe successo tutto comunque, e Draco avrebbe dovuto tradire
un amico
e consegnarlo nelle mani di Voldemort.
Forse
invece Harry avrebbe potuto sconfiggerlo prima, forse impedendogli
proprio di
risorgere, se fosse stato amico suo.
Perché
Draco avrebbe potuto dargli informazioni importanti grazie a suo padre.
O
forse sarebbe stata la rovina di entrambi.
Forse
avrebbero litigato subito.
Forse
la loro amicizia sarebbe durata negli anni, rimanendo solida e ferrea.
Se.
Forse.
Magari.
Draco
poteva usare solo questi avverbi, perché di fatto, nella
realtà, Potter non era
amico suo.
La
cosa, dopo sei anni, gli ribolliva ancora.
Draco
ora attribuiva tutte le sue disgrazie a Potter. Se non avesse mandato
suo padre
in prigione, lui non sarebbe stato marchiato e non avrebbe avuto
l’ingrato
compito di uccidere Silente.
Se
Harry avesse accettato la sua mano, Draco gli sarebbe stato fedele,
amico, come
suo padre, Lucius, lo era con Piton.
Dei
Malfoy, infatti, si
potevano dire tante
cose.
Si poteva dire che fossero snob.
Era vero.
Si poteva dire che navigassero nell’oro.
Era vero.
Si poteva dire che erano dei Mangiamorte.
Era vero. Fottutamente vero.
Ma
non si poteva dire che i Malfoy fossero traditori.
Anzi,
a dire la verità, i Malfoy erano sì, traditori.
Non
si facevano scrupoli a pugnalare alle spalle gli altri pur di salvarsi.
Ma
se un Malfoy sceglieva un amico, quello era l’amico. Quello
era intoccabile.
Di
fatto, se qualcuno avesse fatto del male a Tiger o Goyle, Draco se ne
sarebbe
fregato altamente.
Di
fatto, se qualcuno avesse fatto del male a Blaise o a Pansy,
l’avrebbe pagata
cara.
Draco
era sicuro che avrebbe provato per Potter lo stesso affetto che provava
per
Zabini, forse anche di più.
Ma
ora non potevano tornare indietro. Ormai avevano preso strade troppo
diverse.
Forse
proprio a causa della loro mancata amicizia.
Lui luce, Io Buio –
si ripeteva Draco.
Quando
avrebbero potuto essere entrambi luce, o entrambi buio, insieme.
Ma non erano insieme e non lo sarebbero mai stati.
Furente
dopo quei tetri pensieri, Draco sbatté la forchetta sulla
tavola e si alzò.
“Draco,
tesoro, dove vai?” gli chiese Pansy.
Draco
la guardò, pronta a risponderle di farsi gli affari suoi,
ma, quando vide il
suo sguardo puro e seriamente preoccupato, si addolcì.
“Pansy,
scusa, ma devo fare una cosa. Ci vediamo a cena.”
Detto
questo, si incamminò a passo spedito verso la porta e dopo
pochi secondi era
sparito.
“Draco!
Dove vai?” gridò Pansy, ma era tardi. Stava per
alzarsi e seguirlo, quando una
mano si posò sulla sua spalla. Si voltò. Era
Blaise.
“Lascialo
andare.” le disse “Seguirlo non gioverebbe nessuno.
Io e Theo però abbiamo un
piano. Ascolta…”
Pansy
si avvicinò ai due amici, che la informarono della loro idea.
**
“Come
diavolo si fa a riparare questo dannatissimo armadio?!”
Draco
guardò male l’Armadio Svanitore davanti a lui, che
non voleva proprio saperne
di funzionare.
“Cazzo! Maledetto
coso schifoso!” urlò Malfoy e, accecato
dall’ira e dallo stress, tirò un calcio
all’armadio, con l’unico risultato di essersi
procurato un tremendo dolore
all’alluce.
Prese
a saltellare per la Stanza Delle Necessità, reggendosi il
piede destro tra le
mani e imprecando furiosamente.
Alla
fine, esausto, crollò su un divano logoro, dove pianse tutte
le sue lacrime.
**
“Blaise,
sei sicuro che la tua idea funzionerà?”
“Sicuro?
No, Pansy. Ormai non sono più sicuro di niente, a parte una
cosa: che Draco non
ce la racconta giusta. Con noi si è sempre confidato, per
cui deve esserci una
cosa grossa sotto. Se non ce lo dice, non possiamo obbligarlo, ma
possiamo
aiutarlo!”
“E
tu credi davvero che così lo aiuteremo? Blaise, conti troppo
su una leggenda!”
si intromise Nott.
“Leggenda,
ti ricordo, caro Theo, basata su fatti storici reali.
Ne ha anche
accennato il professor Ruf una volta, giusto qualche giorno
fa.”
Pansy
e Theo lo guardarono sorpresi, manifestando il loro stupore con un gran
spettacolo di caduta libera della loro mascella.
“Tu
ascolti le lezioni del professor Ruf!” esalò
Pansy, dopo qualche secondo,
puntandogli il dito contro “sei un alieno!”
“Ah.
Ah. Ah.” Replicò Blaise, con una risata ironica e
priva di ilarità.
“No,
di solito non lo ascolto, dovresti saperlo. Questo piano
però ce l’ho in mente
da un po’, e quando ho sentito il Prof accennarlo ho
ascoltato molto
attentamente.”
“E
che cosa ha detto?” chiese Theo, mentre si spostava per
mettersi più comodo
nella poltrona vicino al fuoco della loro Sala Comune.
“Non
molto. Siccome siamo sotto Natale ha citato alcuni racconti Natalizi
scritti da
antichi maghi. Poi la Granger gli ha detto che ci sono anche autori
Babbani che
hanno scritto quei tipi di racconti. Il professore allora ha risposto
che non
gli importa nulla degli scrittori Babbani. L’unico racconto
Babbano che gli va
a genio si intitola A Christmas Carol ed
è di un certo Charles
Dickens. Dice che è l’unico che
merita perché parla di fantasmi e
perché pare che sia una testimonianza di un fatto realmente
accaduto ad una sua
amica, che effettivamente era una strega.”
Blaise
fece una pausa e guardò gli amici, che cominciavano a capire.
Conoscevano
tutti A Christmas Carol, anche se nel loro
mondo il racconto era
stato scritto da una donna di nome Joanne Kathleen Rowling, che era una
strega.
“Quindi
la Rowling… La Rowling era l’amica di questo
Dickens?” chiese Pansy dopo un
po’.
Blaise
fece un sorriso. “Brava Pansy, è proprio lei. E
ora noi faremo accadere a Draco
ciò che è successo a lei.”
Anche
Theo sorrise “Amico, allora, sei sicuro che ciò
è accaduto realmente?”
“Sicurissimo!”
“Bene!
Allora…” continuò Theo, guardando Pansy
“Io ci sto! Tentare non nuoce, giusto?”
“Giusto!”
replicò lei, entusiasta “ma come
facciamo?”
A
quelle parole, un luccichìo balenò negli occhi di
Blaise.
“Speravo
me lo chiedessi… venite con me!”
Theodore
e Pansy, incuriositi, seguirono fiduciosi l’amico.
**
Sera.
Draco
era finalmente uscito dalla Stanza Delle Necessità.
Stava morendo di fame.
Entrò nella Sala Grande per la cena, aspettandosi di trovare
Blaise, Theodore e
Pansy seduti a mangiare.
Si aspettava che gli avessero tenuto il posto, come facevano sempre.
Quella
volta, però, suoi amici non c’erano. Le loro sedie
erano vuote.
“Ma
dove diavolo saranno?” si chiese Draco, sedendosi cupo di
fianco a Tiger e
Goyle e iniziando a mangiare, cupo.
**
“Ooooooooh
sono così eccitata!” sussurrò Pansy,
saltellando sul posto.
Blaise
le fece segno di tacere.
“Shh...
zitta. Devo concentrarmi!”
Lui,
Pansy e Theo si erano rifugiati nei sotterranei di Piton e stavano
cercando di
evocare il fantasma della Rowling.
Blaise
chiuse gli occhi e sussurrò alla parete vuota di fronte a
lui: “Expecto Patronum!”
Dalla
sua bacchetta uscì una maestosa pantera argentea, che si
fuse con la parete.
I
tre amici aspettarono, poi la videro apparire.
Era
una donna esile e bellissima.
Dal delicato bagliore che emanavano i suoi capelli si poteva dedurre
che in vita
fosse stata bionda.
I suoi occhi ancora recavano vaghe tracce del loro azzurro.
Aveva un bellissimo e dolcissimo sorriso, ma aveva una lunga catena
dall’aria
pesante legata alla caviglia.
I
tre amici la fissarono con occhi spalancati.
“Miei
cari” parlò la donna. Aveva una voce calma e
gentile, di quelle che ti
rapiscono.
“Come
mai mi avete evocato? Avete qualche problema?”
“Si,
signora” rispose Blaise, distratto da quella voce
così soave e dal tintinnio
della catena “mi scusi se l’abbiamo
disturbata… ma un nostro amico si comporta
in maniera troppo strana… per cui l’abbiamo
chiamata per aiutarci.. sempre se
per lei non è un problema…”
“Certo,
cari, chiedetemi pure” rispose la Rowling, sorridendo ai tre
ragazzi.
“Emh…
ok. Si ricorda del suo romanzo, A Christmas Carol?”
“Certo!
Quella è stata un’esperienza personale. Mi ha
cambiato la vita.” Disse la
donna, con un sorriso amaro, scuotendo appena il legaccio metallico.
“Ecco…
noi vorremmo che al nostro amico capitasse la stessa esperienza, magari
così
capirà i suoi
errori… è fattibile la
cosa?”
“Certo!
Miei cari ragazzi, state davvero facendo una cosa molto bella! Vi
aiuterò molto
volentieri! Come si chiama il vostro amico?”
“Draco
Malfoy.”
**
Draco
Malfoy cercava di dormire. Ma, come al solito, non ci riusciva.
Aveva
rintracciato i suoi amici solo all’ora del coprifuoco, nella
Sala Comune.
Aveva
chiesto loro dove fossero andati, ma loro avevano risposto con una
risatina e
gli avevano augurato la buonanotte.
Chissà
cosa tramavano quei tre.
Draco
si rigirò nel letto e guardò
l’orologio. Erano le 23.
Ancora un’ora e sarebbe
stata la Vigilia Di Natale.
Chiuse
gli occhi.
Si
stava per appisolare, quando un’intensa luce gli fece
spalancare le palpebre.
Davanti
a lui stava il fantasma di una donna molto bella, che esibiva un dolce
sorriso.
“Draco
Malfoy. Ho poco tempo. Ascoltami attentamente. Conosco la tua
situazione e
voglio aiutarti. Per tre notti, rispettivamente questa notte, domani
notte e
dopodomani notte, riceverai la visita di tre spiriti. Ascoltali e
seguili. Loro
ti aiuteranno e ti faranno vedere delle cose. Rifletti su
ciò che ti accadrà e
su ciò che ti diranno.”
Draco
balzò sul letto e sfoderò la bacchetta.
“Chi
è lei?” sibilò, sperando di non
svegliare
i compagni di stanza.
“Sono
Joanne Kathleen Rowling.” Rispose la donna “Sono
qui per cercare di condurti
sulla buona strada. Ho visto cos’hai vissuto, so cosa sei
costretto a fare e so
che non vuoi compiere quel terribile gesto. Devi chiedere
aiuto.”
“Non
ci sto capendo niente!” disse Malfoy, senza abbassare la
bacchetta, tremando
visibilmente. “Chi è lei, e cosa vuole da
me?”
“Te
l’ho già detto, Draco.” Rispose,
pazientemente, la donna “chiedi aiuto, non
fare l’orgoglioso, non avere paura. Non vuoi viver in eterno
con delle catene,
vero?”
“Catene?”
chiese Draco, senza capire. Poi si sporse leggermente dal bordo del
letto e
vide la sottile, ma pesante, catena legata alla gamba del fantasma.
“Si,
Draco. Ho fatto azioni terribili in passato e questa è la
mia punizione. A ogni
cattiveria una maglia in più. Anche io ebbi la visita dei
tre spiriti, grazie a
una mia cara amica che morì prima di me e mi fece visita
dall’aldilà. Cambiai
del tutto, dopo, avevo capito che per anni mi ero comportata in modo
spregevole. Cercai di redimermi, ma la morte mi accolse prima che
potessi
compensare tutte le brutte azioni che avevo commesso. Questo
è quello che
rimane della mia cattiva condotta.” Disse lei, alzando la
catena “prima era
molto più lunga e pensate, ma quello che feci non fu
abbastanza per morire
immacolata. Tu sei un ragazzo, Draco, la tua catena ha appena iniziato
a
formarsi. Tagliala, eliminala, prima che ti avvolga il cuore e ti
trascini nei
meandri oscuri della cattiveria.”
“Per
cui ascolta” continuò lei “Per tre
notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte,
riceverai
la visita di tre spiriti. Potresti comprendere che la tua è
una strada
sbagliata, potresti tornare sulla via giusta. Fai tesoro di questa
esperienza,
Draco.”
Detto
questo, la donna sparì.
Draco
guardò, spaesato, il punto in cui la Rowling era appena
sparita, credendo di
essere impazzito.
“Bubbole!”
sbiascicò, prima di tornare a dormire, con, però, una piccola punta di
speranza nel cuore.
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Capitolo 2 *** Lo Spirito del Natale Passato. ***
Dedico il capitolo a quella ragazza meravigliosa che è Silvy08 che oggi compie 18 ANNI! Auguri gioia mia
Capitolo 2:
Lo Spirito del Natale Passato.
Draco Malfoy
dormiva placido nel suo letto. Ogni tanto si rigirava e si svegliava di
soprassalto ma,
tutto sommato quella
era, per lui, una notte particolarmente tranquilla.
A
tranquillizzarlo così era stato un sogno.
Sembrava quasi stupido a dirsi, dato che i sogni sono solo frutto del
nostro
inconscio e rappresentano semplicemente un desiderio nascosto.
Draco
desiderava intensamente che qualcuno sapesse cosa lo tormentava.
Desiderava
che qualcuno capisse cosa nascondeva, cosa provava, che oltrepassasse
il guscio
che aveva avvolto attorno ai suoi occhi e al suo cuore.
Qualcuno
che gli dicesse semplicemente: “Hey, sono qua.
Tranquillo, ti aiuterò io.”
Nessuno
ancora aveva fatto ciò, e Draco non sperava in nulla di
simile, ma non poteva
fare a meno di desiderarlo.
Non
poteva di certo dire ai suoi amici: “Hey, sapete? Sono un
Mangiamorte! E devo
uccidere Silente! Dai, lo faccio fuori e poi andiamo a Hogsmeade a
farci un
paio di Burrobirre!”
All’inizio
dell’anno scolastico, sull’espresso per Hogwarts,
Draco, aveva cercato di
rivelare ai suoi compagni il suo compito e il suo stato
d’animo, ma non ne era
stato capace. Allora era esaltato dal compito che gli era stato
affidato.
Ne
era intimorito e spaventato, sapeva cosa avrebbe comportato il suo
fallimento ma,
allo stesso tempo, si sentiva orgoglioso e desideroso di fare bene il
lavoro,
per poter così soddisfare i suoi ideali.
Poi,
però, si era accorto che Potter lo stava ascoltando: aveva
intravisto sulla
cesta dei bagagli il bianco delle sue scarpe.
Già
arrabbiato e stressato per i fatti suoi, rancoroso
dell’incarcerazione del
padre, lo aveva immobilizzato, gli aveva rotto il naso e
lo aveva nascosto
sul treno, coprendolo col mantello
dell’invisibilità.
Ovviamente,
dopo se ne era pentito, ma era troppo tardi. E poi doveva fare lo
stronzo, no?
Sennò la sua reputazione sarebbe andata a puttane.
A
volte, dopo quella volta, aveva la sensazione che Potter sospettasse di
lui,
vedeva come lo guardava sospettoso e lo seguiva ovunque.
Buffo,
dopo cinque anni passati ad andargli dietro e di stuzzicarlo per farsi
notare,
ora era Harry ad andare dietro a Draco, anche se lui aveva solo bisogno
di
essere lasciato in pace. O di essere aiutato.
Potter
lo avrebbe solo aiutato a finire ad Azkaban, per come erano al momento
i loro
rapporti, così Draco tentava di evitarlo, anche se la cosa
gli risultava
parecchio difficile e lo faceva stare anche peggio di come
già stava.
Draco
voleva davvero essere amico di Potter ma, ogni qualvolta lo incontrava,
gli
tornava in mente di quando aveva teso la mano ad Harry, sicuro che
l’altro
l’avrebbe presa.
Ma
era rimasta vuota, fredda e sola.
Proprio come era lui in quel momento.
Per
quel motivo Draco non riusciva ad aprirsi con lui, anche se spesso
avrebbe
voluto dirgli: “Ma cosa stiamo facendo? Prendi
questa dannata mano che ti
tendo e diventiamo amici!”
Non
lo aveva ancora fatto e di sicuro non lo avrebbe fatto mai.
Gli
urlava contro, invece, insulti su insulti, toccando tasti delicatissimi
come
la morte dei suoi genitori e il fatto di essere
stato allevato dai
Babbani.
Draco
non faticava a comprendere l’odio del Grifondoro nei suoi
confronti.
Ora
però non ce la faceva più: voleva solo tornare ad
essere un ragazzo normale,
con i soliti problemi adolescenziali da sedicenne.
Non
voleva più occuparsi di un assassinio.
Non voleva più dover guardare il Marchio Nero ogni volta che
si cambiava.
Voleva
solo che qualcuno accogliesse la sua silenziosa richiesta di aiuto e
che lo
portasse via da quell’inferno.
E
quel qualcuno avrebbe voluto che fosse Potter, il San Potter, che aiuta
tutti,
tranne i Serpeverde, come se anche essi non avessero un cuore, e delle
paure.
Dopo
quel sogno, però, Draco si sentiva come più
tranquillo e, anche se non ne
capiva il motivo, un briciolo di speranza si era depositato sul suo
cuore ormai
vuoto.
“…Draco…”
Una
voce lo chiamava. Una voce che era sicuro di conoscere, ma al momento
non
capiva a chi appartenesse.
Era la voce di un uomo adulto.
“Draco,
svegliati!” ordinò la voce.
Draco
si rigirò nel letto, tenendo gli occhi chiusi.
Però, come era accaduto prima,
una forte luce glieli fece spalancare.
E,
come accaduto prima, davanti a lui si ergeva un fantasma. Non era una
donna, questa
volta.
Era il fantasma di un uomo anziano, sui settant’ anni, coi
bianchi capelli
corti e un po’ di barba.
Sembrava
molto più solido e corporeo del fantasma della donna ma era,
tuttavia, meno
denso di una persona umana.
Era davanti a lui e gli sorrideva calorosamente. Era un sorriso carico
d’affetto.
Il
Serpeverde lo fissò con tanto d’occhi.
Non era possibile.
Non poteva essere lui.
Era morto giusto pochi mesi prima.
Si
guardò intorno, spaventato, portandosi le coperte fino al
mento.
Si rese conto, in quell’istante, di essere solo.
Non
vedeva niente attorno a se. Solo il buio e il vuoto.
E il fantasma.
Draco
continuò a fissarlo. Non era possibile.
Gli
venivano in mente le parole della donna che aveva visto in sogno:
“Per tre
notti, rispettivamente questa notte, domani notte e dopodomani notte,
riceverai
la visita di tre spiriti.”
Quella
era forse uno spirito? Allora il suo non era stato un sogno.
O
forse il suo desiderio era stato esaudito ed era morto nel sonno,
così, senza
un motivo?
“Draco!
Non mi riconosci più? Dai, vieni! Devo portarti in un
posto!” disse il
fantasma, tendendo la mano a Draco.
Certo
che Draco lo riconosceva. Come poteva essere altrimenti? Gli aveva
voluto molto
bene e la sua morte lo aveva devastato.
Si mise seduto sul letto, sempre osservando lo spirito
levitare davanti a
lui, che gli sorrideva benevolo e paziente.
“…Nonno...”
sussurrò Draco.
Il
sorriso di Abraxas Malfoy si allargò ancora di
più.
“Si,
Draco, figliolo. Sono io. Vieni” gli disse, sempre tendendo
la mano al nipote. “Ho
visto che mio figlio ti ha messo in una brutta situazione, benedetto
ragazzo.
Io gli voglio un bene dell’anima, ma questo non doveva farlo.
Draco, tu devi
reagire. Non macchiarti di assassinio. Ribellati a tuo padre,
a mio
figlio. Vieni. Ti devo fare vedere delle cose.”
Il nonno di Draco continuava ad avere la mano protesa verso di lui.
Timoroso,
Draco la afferrò.
Immediatamente
sentì il suo corpo galleggiare e si vide sollevato in aria.
Abraxas sorrise e
li smaterializzò.
Si
trovavano in una sorta di mondo parallelo. Tutto intorno era un vortice
color
Rosso-Verde e loro viaggiavano al centro di questo vortice.
“Nonno,
dove stiamo andando?” chiese Draco ma, a sorpresa, suo nonno,
anzi che
rispondergli, lo avvicinò a se e lo strinse in un caldo
abbraccio.
“Quanto
mi è mancato sentirti chiamarmi
‘nonno’” sussurrò Abraxas
all’orecchio del
nipote.
Draco,
a quelle parole, strinse a se il corpo del nonno, affondando il viso
nel suo
petto.
Stava
bene li, si sentiva a casa. Niente Voldemort, niente Nagini, niente
Mangiamorte.
Solo loro due, come quando lui era piccolo.
Avrebbe
voluto che quel momento non finisse mai, avrebbe voluto restare
abbracciato a
suo nonno per sempre. Solo con lui, in quel mondo parallelo, senza
dolore.
Purtroppo
però, tutte le cose belle finiscono. Dopo qualche minuto
Abraxas sciolse
l’abbraccio e guardò dritto negli occhi il nipote.
Avevano
lo stesso colore di occhi, lui e Draco.
“Draco,
ora noi faremo un viaggio attraverso
il tempo. Io, ora, per te, sono lo Spirito del Natale Passato. Ti
mostrerò
alcuni dei tuoi Natali scorsi. Vieni.”
Riprese
la mano di Draco e lo condusse verso la fine del vortice.
Una
luce bianca accecò il Serpeverde, che dovette chiudere gli
occhi.
Quando
li riaprì, si ritrovò a casa sua. Era nel
salotto, i mobili in legno antico
erano sempre gli stessi.
Al centro della stanza si ergeva un magnifico albero di Natale
elegantemente
addobbato, il fuoco scoppiettava allegro nel camino ed era
l’unica fonte di
luce nella stanza.
Fuori
era buio e nevicava.
Suo padre, seduto sul divano in pelle, sorseggiava un bicchiere di vino
rosso.
Sembrava
molto più giovane: i capelli biondissimi erano corti, il
viso nitido, luminoso
e senza imperfezioni.
Sua
madre, Narcissa, era sdraiata, col capo posato sulle ginocchia del
marito e
coperta da una trapunta verde-argento. Anche lei sembrava molto
più giovane.
Aveva
una cascata di capelli biondi, leggermente mossi, che le ricadevano sul
viso e
inondavano le gambe di Lucius.
Le sue labbra erano rosse, carnose e piene.
Le ciglia chiare lunghissime, gli occhi chiusi, la pelle nivea.
Si lasciava accarezzare il viso da Lucius, che la guardava come se
fosse la
donna più bella del mondo.
“Mamma…
Papà…” mormorò Draco,
commosso. Non
aveva mai visto quella manifestazione d’affetto tra i suoi
genitori, anche se
si vedeva che si amavano moltissimo.
In
quel momento sembravano due pezzi perfettamente combacianti di un
bellissimo
puzzle.
A
un certo punto, però, Narcissa spalancò gli occhi
turchini e guardò il marito
con un’espressione di pura gioia sul volto.
“Lucius!
Ha scalciato! L’ho sentito!” disse, eccitata.
Draco
in un primo momento non capì cosa sua madre intendesse ma,
quando la vide
alzarsi a sedere, togliendosi la trapunta e mettendosi le mani sulla
pancia
leggermente ingrossata, comprese.
“Il
bambino che porta in grembo sono io, vero?” chiese la bionda
Serpe a suo nonno,
che annuì.
“Si”
rispose, guardando teneramente il quadretto familiare “questo
è il Natale del
1979, il Natale prima della tua nascita.”
Draco,
commosso, osservò i suoi genitori: entrambi avevano le mani
posate
delicatamente sul pancione ancora poco accentuato, ma ben visibile, di
Narcissa
e lo guardavano con tanto amore che il Draco adulto aveva una gran
voglia di
andare li e abbracciarli.
“Ti
piace questa visione, Draco?” gli chiese suo nonno.
“Certo!
Vorrei solo che fosse così sempre, accidenti!”
“Rifletti,
Draco, perché non è più
così? Cosa vi impedisce di essere una vera e unita
famiglia, legata dall’amore anzi che dal terrore?”
lo ammonì Abraxas.
Draco
abbassò gli occhi e non fiatò, ma sapeva
perfettamente la risposta.
Colui
che impediva la loro felicità era Voldemort,
quell’uomo vile e spregevole,
portato in famiglia da Bellatrix e che aveva influenzato anche suo
padre.
Abraxas,
comprendendo lo stato d’animo del nipote, gli mise una mano
sulla spalla e
disse: “Draco, so perfettamente che non è colpa
tua. Non hai voluto tu tutto
ciò che sta succedendo. So che stai solo cercando di
compiacere Lucius, come
hai sempre fatto.”
Sorrise,
e poi lo prese per mano: “Vieni, c’è
ancora qualche tappa da visitare, prima
della fine del nostro viaggio.”
Detto
questo, si smaterializzarono, tornando nel mondo parallelo,
all’interno del
vortice Rosso-Verde.
Alla
fine del vortice ci fu di nuovo una luce bianca che accecò
il Serpeverde e che
lo costrinse a coprirsi il volto con il braccio.
“…Draco!
Attento, tesoro!” La voce di Narcissa giunse alle orecchie
del Draco adulto
prima ancora che la sua vista tornasse nitida.
Quando
lo tornò, la prima cosa che il Serpeverde vide fu se stesso.
Doveva avere circa quattro o cinque anni e si stava arrampicando sul
gigantesco
albero di Natale posto al centro del salotto e aveva un puntale a forma
di
stella in mano.
Rideva.
“Questo
è il Natale del 1985” lo informò il
nonno, mentre Narcissa, ridendo, toglieva
il bambino dal grosso albero.
“No,
mamma” protestò allora il piccolo, mettendo su
un’espressione imbronciata
talmente comica che il Draco adulto non poté non fare a meno
di scoppiare a
ridere “Io voglio mettere il puntale!”
“Tesoro,
certo che lo puoi mettere! Ma non arrampicarti sull’albero!
Usa la bacchetta di
papà!” gli rispose allora sua madre, accarezzando
i biondi capelli del figlio,
che rimaneva imbronciato.
“Ma
papà non vuole!” esclamò lui.
Narcissa
assunse allora un’espressione furbetta e si mise le mani
dietro la schiena.
“Papà
ora non c’è, giusto? È nel suo studio e
chissà quando ne uscirà. E indovina un
po’ cos’ha la mamma dietro la schiena!”
Draco
prese a saltellare e a cercare di guardare dietro la schiena di sua
madre
“Cos’hai? Dai dimmelo, mamma!”
Narcissa
tirò fuori da dietro la schiena una lunga e sottile
bacchetta nera.
Il
piccolo Draco la guardò estasiato.
“Oh,
mamma! La bacchetta di papà! Che bella! Posso
usarla?”
“Certo,
tesoro. Fai vedere alla mamma cosa sai fare! Metti il puntale in cima
all’albero.” Replicò Narcissa, porgendo
la bacchetta al figlio, che la prese e
la resse come se fosse stato un tesoro prezioso.
Poi
chiese alla mamma: “Cosa devo dire per farlo
volare?”
“Wingardium
Leviosa. Forza, campione!” lo incoraggiò
lei.
Draco
si voltò a guardare il maestoso albero, che era almeno tre
volte la sua
altezza, e mise su un cipiglio concentrato “Wingaddium
Leviosa”
borbottò. Non successe niente.
Riprovò
altre due volte, ma il puntale restava fermo e immobile ai piedi
dell’abete.
“Mamma!
Non ci riesco!” piagnucolò il bambino, con gli
occhi lucidi, rifugiandosi tra
le braccia di sua madre.
“Dai
tesoro, non piangere” lo consolò lei,
accarezzandoli i capelli “questa è una
magia molto difficile! La facciamo insieme?” gli chiese
allora, restituendo la
bacchetta al bambino, che annuì, ancora fra le lacrime.
Entrambi
misero le mani sulla bacchetta e dissero “Wingardium
Leviosa”.
Il
puntale si alzò e levitò verso la cima
dell’albero, con gran gioia di Draco.
Alla
fine si posò sulla punta, proprio mentre Lucius Malfoy
varcava la soglia della
porta.
Quando
vide sua moglie e suo figlio far levitare con la (sua) bacchetta il
puntale,
sorrise affabile e si avvicinò a loro, prendendo in braccio
Draco e cingendo
Narcissa in vita, stampandole un sonoro bacio sulle labbra.
Draco
allora protestò.
“No.
No! Anche io voglio baciare la mamma!” esclamò,
sporgendosi dal grembo di suo
padre e aggrappandosi al collo della mamma e ricoprendola di baci.
A
Draco, quello adulto, scappò un lacrima lungo la guancia.
Rivoleva
quella vita. Rivoleva i suoi genitori. Rivoleva il Natale in famiglia.
Draco
sentiva dentro di se come un senso di abbandono.
Sentiva
come un bisogno di piangere davvero, non solo qualche lacrima, come
soleva fare
di solito.
A
lui serviva un bel pianto ristoratore, di quelli lunghi e a dirotto, ma
sentiva
come un groppo alla gola che gli impediva di
sfogarsi del tutto,
neanche quando era da solo.
E
poi gli serviva un amico. Di amici in verità ne aveva tre:
Blaise, Theo e
Pansy, e anche Daphne sapeva essere molto dolce e disponibile con lui,
ma c’era
un qualcosa che gli impediva di aprirsi totalmente.
Ma
che altro poteva fare? Come si fa a rivelare agli amici che sei un
Mangiamorte
e che devi uccidere Silente?
I
genitori della metà dei suoi compagni, compresi i padri di
Theo, Tiger e Goyle,
erano Mangiamorte, ma i suoi amici già da tempo avevano
affermato di non voler
seguire le orme dei genitori.
Cosa
che aveva affermato pure lui, Draco, ma, a differenza degli altri, non
era
stato in grado di portare a termine la sua decisione e se ne vergognava
da
morire.
Era
ancora immerso in quelle riflessioni, quando suo nonno gli strinse di
nuovo la
mano.
“Draco,
dobbiamo andare. Mi dispiace, resterei qui anche io, ma dobbiamo ancora
percorrere un’altra tappa e non abbiamo molto tempo. Lo
capisci, vero?”
Draco
annuì. Avrebbe voluto restare li per sempre e fondersi con
quel bambino che ora
si stava agitando sul tappeto perché sua madre gli stava
facendo in solletico.
Tornarono
per la terza volta nel vortice e si diressero di nuovo verso la luce
che stava
alla fine.
Draco
chiuse gli occhi prima ancora che essa potesse ferirli.
Quando
li riaprì si trovava nello studio di suo padre. Aveva undici
anni e guardava
sospettoso un bicchiere colmo di Whisky Incendiario.
Suo
padre era i piedi di fronte a lui e lo guardava, sarcastico.
“Questo
è il Natale del…” cominciò a
dire Abraxas, ma Malfoy concluse la frase al suo
posto.
“…
1991”
Malfoy
si ricordava perfettamente quel giorno: aveva talmente strepitato che
voleva
bere il Whisky Incendiario di cui gli aveva parlato a scuola Blaise che
alla
fine, spazientito, suo padre lo aveva costretto a berne un bicchiere
intero.
E,
per un ragazzino di soli undici anni, non era cosa da poco.
“Forza,
Draco, bevi.” lo esortò Lucius “Un
bicchiere, avanti.”
Draco
vide se stesso da ragazzino fissare terrorizzato il calice.
Avevano
detto che il Whisky incendiario era molto forte e lui, ovviamente, non
aveva
mai bevuto alcolici, ma avrebbe fatto di tutto per compiacere suo padre.
Il
Draco più piccolo chiuse gli occhi e bevve almeno mezzo
bicchiere in un solo
sorso.
Immediatamente
aveva sentito la gola bruciare molto e la stanza aveva preso a girare.
Non
aveva avuto il tempo di dire e fare niente che era svenuto, con gli
occhi che
lacrimavano.
Draco
allora vide suo padre chinarsi su di lui e baciargli il viso, prima di
andarsene e lasciarlo alle cure di Narcissa, che si era avvicinata con
un panno
bagnato e una tazza di caffè nero fumante.
“Nonno,
perché mi hai fatto vedere proprio questo
episodio?” chiese allora Malfoy ad
Abraxas “Non è che sia il mio ricordo
migliore…”
“Lo
so, caro nipote, ma questo ricordo è importate. Segna come
un inizio. Hai
capito che inizio, Draco?”
Draco
non ne era sicuro, ma provò a rispondere: “Questa
è stata, mi sembra, la prima
volta che mio padre mi costrinse a fare qualcosa…”
“Esatto!”
confermò Abraxas “E tu lo hai assecondato. Piano
piano ha cominciato a
chiederti di fare cose sempre più grosse. Ti ha sempre
amato, Draco, questo
devi sempre tenerlo presente. Ti ha amato anche più di se
stesso, solo che non
si rendeva conto delle cose esagerate che ti chiedeva.”
Draco
annuì. Erano tutte cose che sapeva perfettamente.
Nonostante
i modi duri di suo padre negli ultimi tempi, sapeva che gli voleva un
bene
dell’anima.
“Dai
Draco, andiamo. Il mio tempo è quasi scaduto. Prima
però devo farti le
cosiddette ‘raccomandazioni dell’ultimo minuto
’, per cui prendimi la mano che
torniamo nel vortice.”
Draco
fece come gli aveva ordinato e si smaterializzarono.
Tornarono
di nuovo al centro del vortice e Abraxas abbracciò di nuovo
il nipote.
“Draco,
fai tesoro di ciò che ti ho fatto vedere.” Gli
sussurrò all’orecchio, senza
sciogliere l’abbraccio.
“I
Malfoy posso essere tante cose brutte, superbi, altezzosi e con la
puzza sotto
il naso. È tutto vero. Ma non sono assassini. Lo stesso
Lucius non ha mai
ucciso. Torturato si, ma ucciso mai. Non diventare un assassino, Draco.
Ribellati.
Lucius ancora non sa cosa Voldemort ti ha costretto a fare, ma sono
sicuro che
sarebbe fiero di te se ti ribellassi.”
Draco
strinse i pugni. Per suo nonno era facile parlare. Lui era
già morto. Lui non
viveva con la paura e l’angoscia di essere la causa della
morte dei suoi
genitori.
“Nonno,
non è facile. Il Signore Oscuro ha detto che
ucciderà tutta la mia famiglia se
non lo servirò fedelmente e non ubbidirò ad ogni
suo ordine.”
“Draco,
scusa se te lo dico, ma sei un vero stupido. Voldemort fa
così perché sa di poterlo
fare! Perché voi glielo permettete! Andate da Silente!
Ribellatevi! O anche tu
diventerai un assassino. Vuoi questo, Draco?”
Il
Serpeverde scosse la testa.
Certo
che non voleva diventarlo. Uccidere era tra le cose più
brutte che si potessero
compiere, insieme al violentare e al torturare. E sapeva che, se avesse
continuato su quella strada, avrebbe dovuto compiere tutti quegli
abominevoli
gesti.
Abraxas
strinse un secondo il corpo di suo nipote ancora più forte,
poi sciolse
l’abbraccio e gli diede un bacio sulla fronte.
“Io
ora devo andare, Draco. Il mio tempo è scaduto. Sei sempre
stato un giovane in
gamba, so che deciderai per il meglio. Ti voglio bene.”
“No!
Non andare!” urlò Draco, tendendo la mano, ma suo
nonno era scomparso.
Ci
fu un’altra luce bianca e Draco chiuse gli occhi.
Quando
li riaprì si accorse si essere tornato nel suo letto.
**
“Draco!
Dai, almeno oggi facci un bel sorriso! È la Vigilia di
Natale!”
Draco
si sforzò di sorridere, per far contento l’amico.
Erano
trascorse molte ore dalla sua ‘avventura notturna’
con lo spirito e Draco
tutt’ora si chiedeva se fosse stato un sogno o se fosse
successo tutto davvero.
Lui,
Theo e Blaise erano seduti al tavolo dei Serpeverde nella Sala Grande
semi
vuota e stavano consumando il the delle cinque.
Il
soffitto incantato mostrava un bel cielo bianco e grossi fiocchi di
neve
cadevano da esso.
La
Sala Grande era tutta addobbata: c’erano i dodici alberi
portati da Hagrid
abbondantemente addobbati e numerose fate svolazzavano fra i tavoli
cantando
carole di Natale.
“Last
Christmas, I gave you my heart
But
the very next day, You gave it away
This
year, to save me from tears
I'll
give it to someone special… ”
I
tre ragazzi sentirono cantare allegramente e si girarono: Pansy,
volteggiando nel tentativo di imitare una delle fatine, si stava
avvicinando a
loro cantando a squarciagola con un luminoso sorriso sul viso.
“Buona
Vigilia di Natale!” disse, quando si fu avvicinata ai suoi
amici,
baciando ognuno sulle guance, con particolare dolcezza Draco.
“Tesoro,
come stai oggi?” chiese, premurosa, scansando Theo e
sedendosi
davanti al biondo.
“Sto
bene, grazie, Pansy” rispose Draco, sempre sorridendo. E
stava davvero
meglio. Dopo essersi ritrovato nel letto, alle quattro del mattino, era
riuscito a dormire placidamente e senza disturbi per dieci ore filate,
cosa che
ormai non accadeva da mesi.
I
suoi amici sorrisero, e Draco credeva che lo facessero per pura
gentilezza, ma non era così.
Era
per felicità. Quel giorno Draco sembrava davvero molto
più riposato del
solito. Le occhiaie si vedevano molto meno, gli occhi non erano gonfi
di sonno,
e durante il the si era pure sbafato dieci biscotti!
Forse
il loro piano stava
funzionando.
**
“…10”
cominciò Tiger.
“…9”
replicò Goyle
“..7”
continuò, entusiasta Daphne.
“..6”
aggiunse Theo.
“…5”
esclamò Draco.
“…4”
mormorò Millicent.
“…3”
annunciò Blaise.
“…2”
esalò Pansy, eccitata.
“…1”
sussurrarono tutti i presenti, poi gridarono: “BUON
NATALE!!”
NdA: Cari lettori, come
promesso, ecco il secondo
Capitolo! Spero vi sia piaciuto! Ci vediamo Domenica prossima con Lo
Spirito
Del Natale Presente!
|
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Capitolo 3 *** Lo Spirito del Natale Presente. ***
Ciao belli!
Scusate se posto a quest’ora, ma stavo
guardando “Che fine ha fatto Santa Clause?” e mi
sono incollata alla tv. Ora non
so se vedere Santa Clause è nei guai o Il Signore degli
Anelli, farò testa o
croce xD
Allora,
prima che leggiate, secondo voi chi è lo
spirito del Natale Presente? Ahaha spero che rimarrete sorpresi nello
scoprire
chi è, ci vediamo sotto!
Capitolo
3:
Lo Spirito del Natale Presente
“Verde e rosso è l’agrifoglio
falalalala
lala lala
Quanta
gioia in un germoglio
falalalala
lala lala
Questo
giorno è speciale
falalalala lala lala
Su
cantiamo è Natale
falalalala
lala lalalaaaaaa!!!”
I
canti di Natale erano esplosi per tutta la Sala Comune e, se qualcuno
avesse varcato la soglia di quella stanza, non avrebbe mai creduto che
quelli
erano proprio studenti Serpeverde.
I
ragazzi si abbracciavano tra loro, gioendo e brindando con bicchieri
colmi di Whisky Incendiario e Burrobirra, ridevano, si rotolavano sul
tappeto e
scartavano i regali ricevuti.
Draco,
seduto sul tappeto verde vicino al fuoco, aveva già aperto,
commosso,
il regalo di Theo e Blaise: gli avevano preso una cornice per foto in
Argento
puro, decorata con serpentelli verdi che si muovevano per
tutta la
superficie della cornice, e avevano messo una loro foto divisa a
metà.
La parte sinistra mostrava loro tre al primo anno, che si abbracciavano
felici
nelle loro nuove divise fiammanti, mentre la parte destra rappresentava
sempre
loro tre e li ritraeva in una foto scattata giusto qualche settimana
prima.
Il
Serpeverde osservò attentamente l’immagine.
Tutti
e tre, ovviamente, erano cambiati moltissimo.
Erano
molto più alti, soprattutto Blaise, e i loro lineamenti si
erano
induriti, eliminando ogni traccia di fanciullezza dai loro volti.
Tutti
e tre erano diventati uomini.
E
tutti e tre nella prima foto erano sereni, felici, con
l’espressione
morbida e calda, senza preoccupazioni.
Sorridevano.
Nella
seconda foto, invece, anche se sorridevano lo stesso, dandosi pacche
amichevoli sulle spalle, si vedeva che qualcosa si stava spezzando nel
loro
animo.
Le
loro espressioni erano più tirate, più finte,
più fredde.
In
compenso, però, la loro amicizia si era molto rafforzata,
perché ora
avevano qualcosa che li univa tutti.
Il
Terrore.
Draco
guardò attentamente le due foto, confrontandole.
Lui
era di certo quello che aveva subito più trasformazioni.
Era
dimagrito molto, aveva profonde occhiaie scure attorno agli occhi, la
sua pelle, un tempo bianca come il latte, ora aveva una delicata, ma
malsana,
sfumatura grigiastra.
Sospirò.
Suo nonno aveva ragione.
La
sua vita aveva cominciato a fare schifo da quando il Signore Oscuro
aveva rifatto capolino nelle loro vite, scombussolandole e
distruggendole.
Dopo
che ebbe aperto anche i regali di Tiger e Goyle (tutte scatole di
dolciumi), quello di Daphne (tre camice di un bel verde smeraldo) e
quello di
Pansy (un cappello peloso identico a quello che aveva al suo terzo anno
e che
aveva perso), Draco, con una scusa, andò a dormire, anche se
tutti gli altri
stavano ancora festeggiando.
Voleva
andare a letto non tanto perché fosse stanco, ma
perché, dopo quello
che era successo la notte precedente, voleva essere sicuro che non
fosse stato
un sogno.
Voleva
vedere se sarebbe arrivato l’altro fantasma.
Mentre
si preparava per la notte, gettò un’occhiata
all’orologio: erano le
tre del mattino.
Si
infilò sotto le coperte e attese… non dovette
attendere molto, in
realtà.
Alle
tre e mezzo, o almeno così segnava l’orologio,
Draco vide una luce che
ormai aveva imparato ad associare agli spiriti.
“Draco!
Finalmente! Temevo che non andassi più a letto!”
echeggiò una voce
di donna, molto dolce, prima ancora che lo spirito apparisse.
Draco
ghignò. Allora non era stato un sogno.
“Potresti
comprendere che la tua è una strada sbagliata, potresti
tornare sulla via
giusta. Fai tesoro di questa esperienza, Draco.”
Quelle
erano le parole che aveva enunciato il fantasma della Rowling.
Quello
era il suo regalo di Natale.
Lui
desiderava che qualcuno lo aiutasse ad uscire da quella brutta
situazione e
forse quell’aiuto stava arrivando, anche se non capiva chi
potesse averglielo
mandato.
Mentre
pensava a ciò, il fantasma della donna apparve del tutto,
nitido e solido come
quello di suo nonno.
Era
una donna bellissima e molto giovane, sui venti/ventidue anni, e gli
sorrideva
molto dolcemente.
“Draco,
sai chi sono?” chiese, con voce melodiosa, tendendo la mano
verso Draco.
“Sei
lo Spirito del Natale Presente?” domandò Draco,
allungando il braccio per
afferrare la mano della donna, che sorrise e annuì, prima di
smaterializzarli
nel solito vortice Rosso-Verde.
I
due giovani volavano nel vortice ed entrambi stavano zitti.
Draco
aspettava che lei parlasse, ma la donna si limitava a sorridere tra se
e a
tacere.
Il
Serpeverde allora la guardò meglio, concentrandosi
soprattutto sul suo aspetto
e sul suo volto.
Aveva
un’aria stranamente familiare, anche se Draco era sicuro di
non averla mai
incontrata prima.
Si
chiese come mai una donna così giovane e bella fosse morta.
Mentre
rifletteva su ciò, Draco osservava furtivamente la sua
accompagnatrice.
Era
minuta, coi fianchi sinuosi, la vita stretta e un seno piccolo e sodo.
Le
labbra erano aperte in un dolcissimo sorriso, che metteva in bella
mostra una
fila di denti bianchi e perfetti.
Il
naso piccolino guardava all’insù.
I
suoi capelli, lunghi fino a metà schiena, erano mossi e di
un bel rosso scuro,
che le incorniciavano il viso in maniera graziosa.
Ciò
che però aveva più colpito Draco erano gli occhi.
Grandi,
a mandorla, profondi.
Erano
verdi, verdi come l’erba dopo la pioggia, verdi come gli
smeraldi che
caratterizzavano la sua Casa.
Draco
aveva già visto quegli occhi verdi, ecco perché
la donna aveva un’aria
familiare.
Ma
dove poteva averli visti?
Non
erano occhi comuni.
La
maggior parte delle persone che ha gli occhi verdi di solito li ha
slavati, di
un verde chiaro, che si nota, certo, ma che non cattura, che da un
senso di
superficialità.
Quelli
della donna erano invece intensi, forti, profondi e magnetici.
Draco
non riusciva a staccarvi lo sguardo, mentre meditava su dove potesse
aver visto
quegli stessi occhi.
Poi
un lampo di genio gli fece collegare il tutto.
La
donna era troppo giovane per essere morta di morte naturale,
ovviamente, per
cui doveva essere stata uccisa.
Quegli
occhi e quelle labbra sorridenti gli avevano fatto mettere in ordine i
pezzi
del puzzle.
“Lei…
Lei è la madre di Potter?” le chiese Draco, in un
sussurro.
La
donna finalmente lo guardò, sempre sorridendogli.
“Esatto,
Draco. Sono Lily Potter. La mamma di Harry.”
Sottolineò
il nome di suo figlio con un amore e un orgoglio che ricordò
a Draco sua madre
mentre lo elogiava, quando era piccolo, davanti agli amici di famiglia.
Ricordava
che in quei momenti si sentiva orgogliosissimo, anche se aveva appena
dai
quattro ai nove anni.
Lily
riprese a parlare: “Da cosa hai capito chi sono?”
“Dagli
occhi e dal sorriso” rispose istantaneamente Draco, rivedendo
nella sua mente
il viso di Potter, mentre sorrideva ai suoi amici o guardava con occhi
luccicanti il boccino d’oro durante una partita di Quidditch.
“Lei
sorride nella stessa maniera gentile di Potter. E ha il suo stesso
colore di
occhi. Un verde stupefacente, che non avevo mai visto.”
Continuò, mesto,
Malfoy.
Non
capiva perché, ma si vergognava un po’ a dire
quelle cose. Non erano per niente
da lui.
Quella
donna però gli ispirava profonda fiducia e Draco si stava
mostrando a lei
completamente senza indugi.
Lily
gli prese la mano.
“Vieni”
disse “È ora di andare. Ti mostrerò
come passano il
Natale i tuoi amici e… anche qualche tuo
nemico.” aggiunse, con aria
divertita.
Draco
le strinse la mano.
Era
piccola, calda e fragile, sotto la sua grande, fredda e sinuosa.
La
consueta luce bianca gli fece chiudere gli occhi e, quando li
riaprì, si
ritrovò nella sua Sala Comune, dieci metri distante dal
dormitorio che aveva
appena lasciato.
I
suoi amici erano ancora lì.
Tiger,
Goyle, Daphne e Millicent erano ubriachi
e continuavano a
ridacchiare da soli, mentre erano impegnati in un abbraccio comune.
Sembravano
felici, senza pensieri.
Eppure
anche i loro genitori erano Mangiamorte.
Pansy,
Theodore e Nott invece erano impegnati, leggermente brilli anche loro,
a
ballare e cantare sul tavolo una vivace canzone
Natalizia.
Anche
loro erano felici e spensierati, almeno quella notte, anche se durante
il resto
dell’anno erano preoccupati quasi quanto lui.
Ma non quella sera.
“Jingle bells, jingle bells
Jingle
all the way!
Oh,
what fun it is to ride
In
a one horse open sleigh
Eh!”
Draco
sorrise.
Pansy
era in mezzo ai due amici, che si abbracciavano per le spalle, e
tutti e tre muovevano convulsamente le gambe, saltellando su quel
povero tavolo.
“Draco.”
disse a sorpresa Lily, facendolo sobbalzare e destandolo dai suoi
pensieri “Prova a rispondere a questa mia domanda:
perché loro, nonostante
siano nella tua stessa situazione, riescono, almeno in questo giorno
speciale,
ad essere felici e a non avere pensieri, mentre te sei sempre e
costantemente
sotto stress e non riesci a trovare pace?”
Il
tono della donna, man mano che parlava, aveva assunto un tono
leggermente accusatorio e ciò fece infuriare Draco, che
rispose con una certa
foga.
“Lei
non capisce niente!” le urlò contro “Non
siamo nella stessa
situazione! È vero, anche i loro genitori sono Mangiamorte e
sono anche in prigione,
ma loro sono liberi!
Il Signore Oscuro
non li ha costretti a prendere questo fottuto Marchio Nero!”
Malfoy
si alzò la manica sinistra del pigiama smeraldino e
mostrò a Lily il
braccio.
Lì,
sulla sua pelle un tempo bianca e ora grigiastra a causa del troppo
stress, spiccava il nero tatuaggio.
Era
immobile e in qualche modo sbiadito, ma c’era.
“…
e non li ha costretti a uccidere il più grande e potente
mago del
mondo!” continuò Malfoy, dando sfogo alla sua
rabbia, mentre lacrime di nervoso
gli colavano lungo le guance e lui non faceva niente per nasconderle o
per
fermarle.
Con
la vista appannata da esse, Draco non notò che Lily si era
mossa, e un
attimo dopo si ritrovò il capo posato dolcemente sul suo
seno, stretto in un
caldo abbraccio tra le braccia esili della madre del suo acerrimo
nemico.
Gli
ricordava moltissimo sua madre.
Un’improvvisa
ondata di tristezza allora lo invase.
Ma,
stranamente, non per se stesso, ma per Potter.
Lui
lo prendeva sempre in giro per il fatto di avere i genitori morti.
Questo
perché non si era mai messo nei panni del Grifondoro.
Draco
non era mai stato una persona particolarmente empatica, ma ora gli
dispiaceva da morire che Harry non avesse potuto godere di un abbraccio
così
carico d’affetto.
Un
abbraccio materno. Come quelli che gli dava sua madre, Narcissa.
“Draco.
Hai capito la differenza.” Sussurrò Lily, senza
sciogliere
l’abbraccio.
“Loro
hanno ancora la libertà di scelta. Tu no. È
questa la differenza. Draco, dimmi, cosa provi adesso? Cosa ti
trasmette il mio
abbraccio?”
Draco
non dovette riflettere per rispondere: “È
bellissimo. È caldo.
Trasmette amore e sicurezza.”
Lily
sorrise e lo strinse più forte.
“Ecco,
Draco. Ora dimmi, secondo te, se continuerai ad essere fedele a
Voldemort, potrai ricevere altri abbracci o altre manifestazioni
d’amore da
parte dei tuoi genitori?” gli chiese.
Draco
scosse la testa, senza spostarsi dal suo grembo, mentre osservava i
suoi amici organizzare il gioco della bottiglia.
Poi
Lily sciolse l’abbraccio.
“Draco.
Ribellati, vai da Silente. Solo così avrai qualche speranza
di
avere un futuro sereno.”
Malfoy
tacque. Era la stessa cosa che gli aveva suggerito
suo
nonno.
“Vai
Da Silente.”
Tutti
gli suggerivano ciò e Draco cominciava a pensare che forse
avevano
davvero ragione.
“Vieni,
andiamo. Devo portarti in un altro posto.” Disse Lily, poi
aggiunse
“Ah, dammi pure del tu.
Ho solo cinque
anni più di te, non farmi sentire vecchia!”
Draco
sorrise e afferrò la sua mano ancora prima che lei gliela
tendesse.
Si
smaterializzarono nel consueto vortice e, subito dopo, davanti a una
catapecchia che aveva tutta l’aria di essere stata, un tempo,
un porcile, ma
che ora era stata ingrandita aggiungendo tre piani e cinque comignoli.
Era
molto pendente e Malfoy era certo che non crollasse grazie alla magia.
“Perché
mi hai portato in una simile topaia?” chiese Malfoy, senza
collegare il cervello “Sembra la casa dei Weasley!”
Lily
si rabbuiò un po’, ma rispose ugualmente con
dolcezza: “Infatti
questa è la casa dei
Weasley”
Malfoy
sgranò gli occhi per la sorpresa, ma si ricompose.
“E
come mai mi hai portato proprio qui? Non è che vada molto
d’accordo con
loro.”
“Lo
so.” rispose Lily “Ti ho portato qui
apposta. Vieni.”
La
mamma di Harry condusse Draco dentro la casa.
Il
giardino, colmo di erbacce, pullulava di galline dall’aria
ben pasciuta
ed era disseminato di brutti gnomi tutti bitorzoluti e attrezzi da
giardino.
Ovviamente,
nessuno stava dormendo all’interno
dell’appartamento.
Malfoy
constatò che c’erano più persone di
quanto la casa potesse
effettivamente contenerne: c’erano i Signori Weasley con
cinque dei loro sette
figli, Lupin, Tonks, e Fleur Delacour.
Sembravano
tutti felici e cantavano le carole di Natale intorno a un
logoro, piccolo tavolo circolare, dove era posata una vecchia radio di
legno e
diversi bicchieri colmi di Whisky Incendiario e Burrobirra.
Draco
li invidiava un po’.
Certo,
erano poveri. Erano vestiti male e tutti spettinati.
Però
erano insieme, felici, liberi e uniti. E sapevano che stavano facendo
la cosa giusta.
Che
stavano combattendo sul lato buono.
E
avevano scelto loro di fare ciò. Nessuna costrizione, nessun
obbligo.
“Allora,
il dolce?” chiese Ronald, dopo che ebbero finito di cantare
attorno alla radiolina. “Cosa c’è per
dessert, e, soprattutto, dov’è?”
Suo
padre gli sorrise e si sporse dalla poltrona dove era seduto.
“Quest’anno”
disse “assaggeremo un dolce Italiano, più
precisamente di un
posto chiamato Milano, che i Babbani mangiano tradizionalmente proprio
a
Natale. Si chiama Panettone. Panettone Gastronomico.”
“Ed
è buono?” chiese Ginny.
“Buonissimo.”
confermò il padre, proprio mentre la porta della cucina si
spalancava e il dolce andava levitando verso di loro, comandato a
bacchetta da
Mamma Weasley e seguita dalla Granger e da Potter.
Draco
lanciò un’occhiata di sbieco a Lily.
Non
appena era apparso suo figlio, gli occhi le si erano inumiditi, e ora
lo guardava con un’espressione che Draco non aveva mai visto
prima.
C’erano
gioia, felicità e sollievo, ma anche paura, disperazione e
rimpianto.
Lily
seguì con lo sguardo suo figlio, fino a quando questi si
sedette
vicino a Ginny Weasley e cominciò a tagliare il Panettone. Sembrava pan di spagna ripieno di una
densa crema verde.
La
donna tagliava ed Harry serviva a tutta la
comitiva.
“Cos’è
questa roba verde?” chiesero i gemelli,
in coro “Sembra velenosa!”
“Oh,
non lo è, credetemi.” Li assicurò il
padre,
mentre addentava una grossa fetta “È
crema di Pistacchio! Assaggiate!”
I
presenti si guardarono sospettosi, ma poi
morsero il loro dolce. Sui volti di ognuno comparve
un’espressione deliziata.
“Draco,
ti sembra giusto?” sussurrò Lily, mentre gli altri
esprimevano a
gran voce l’apprezzamento per il dessert.
Malfoy
la guardò. Non capiva cosa intendesse.
“Ehm...
che cosa?” chiese, sentendosi uno stupido.
“Tutto
questo, Draco.” Rispose lei, senza staccare gli occhi da
Harry, che
ora si stava gustando il suo panettone con
aria soddisfatta.
“Che
ci sia un uomo che voglia comandare su tutti, che decida della vita o
della morte di una persona. Che la salvezza di tutti
sia riposta
sulle spalle di un sedicenne. Che questo sedicenne non abbia mai
conosciuto i
propri genitori a causa di Voldemort. Che questi genitori si siano
sacrificati
per lui, senza poterlo vedere crescere, senza poter insegnargli a
vivere, senza
coccolarlo, viziarlo e sgridarlo.
Draco, ti sembra giusto che a mio figlio, così come a molti
altri, sia stato
negato il diritto della cosa più bella e semplice che ci
sia? La famiglia!?”
Draco
non rispose subito. Era concentrato a guardare anche lui Harry
Potter.
Stava
finendo di mangiare ora la sua fetta di dolce, mentre Ronald se ne
era già sbafate tre.
Era
sorridente. Sembrava felice, ma si vedeva che gli mancava
qualcosa.
Aveva
notato il suo sguardo un po’ triste quando Molly Weasley si
era
sporta sui due cloni per abbracciarli, dopo che le avevano consegnato
due
pacchi regalo.
No,
si disse, non era giusto. Non era giusto niente di ciò che
Lily gli aveva
detto.
“No”
rispose Draco alla donna, ripetendole i suoi pensieri. “Certo
che
non è giusto. Tutti dovrebbero avere dei genitori che li
amano e ognuno
dovrebbe essere libero di fare ciò che vuole e di essere se
stesso.”
Lily
sorrise, tra le lacrime che le erano scese sulle guance.
“Esatto,
Draco. Non è giusto…”
Lily
non finì la frase, ma Draco intuì che
l’argomento era rimandato a
dopo.
Come
biasimarla. Voleva stare un po’ a contemplare suo figlio.
Era
giusto.
Si
avvicinarono ancora di più al gruppo di persone riunite
attorno al
tavolo.
Si
stavano scambiando i regali di Natale.
Potter
e Weasley erano già ricoperti di pacchetti.
Lily
si avvicinò ancora, mentre Draco rimase dov’era,
accanto alla
bellissima donna bionda che aveva partecipato al Torneo Tremaghi.
La
mamma di Harry si mise dietro a suo figlio, che stava scartando il
regalo della Granger, e lo abbracciò.
“Ti
voglio bene, figliolo. Sii prudente e sii forte” gli
sussurrò
all’orecchio.
Potter
si irrigidì e si girò di scatto, mentre a Draco
saltava un battito
del cuore.
Potter
aveva sentito la presenza di sua madre?
Ovviamente
si, dato che si era girato e ora stava guardando proprio
dov’era
Lily, ma era sicuro che non riuscisse a vederla.
“Harry,
cosa c’è? Perché ti sei
girato?” gli chiese Ronald.
Potter
gettò un’ultima occhiata dietro di se, dove sua
madre lo guardava
con occhi pieni di amore, ma poi si girò.
“No,
niente Ron.” rispose “Mi è parso di
sentire qualcosa. Sarà stato un
insetto.”
Poi
si dedicò di nuovo all’apertura dei regali.
Povera
Lily.
Draco poteva
solo lontanamente immaginare come doveva sentirsi.
Però
era una donna forte.
Si
era già asciugata le lacrime e stava tendendo la mano a
Malfoy.
“Draco,
andiamo. Il mio tempo è quasi scaduto. E devo finire il
discorso di
prima.”
Senza
fiatare, Draco le strinse la mano e si smaterializzarono nel vortice.
“Bene,
Draco.” disse subito lei, senza troppi preamboli
“Come hai detto
prima, non è giusto tutto ciò che sta accadendo.
Lo so che non è colpa tua ma,
se nessuno si ribella, niente cambierà. Tu hai questa
possibilità, Draco.”
Lily
guardò dritto negli occhi Malfoy, che non riuscì
a sostenere il suo
sguardo.
Dentro
vi era troppo dolore.
“Draco
, ti prego, non farti comandare da Voldemort. Non compiere
l’incarico
che ti ha affidato. Cerca aiuto in Silente, non ostilità.
Non hai niente da
perdere. Tuo padre è al sicuro ad Azkaban, mentre tua madre
può essere protetta
da Silente e dagli Auror.”
Lily
aveva ragione.
Dio,
se aveva ragione.
Ma
Draco era troppo vigliacco e troppo codardo per disubbidire al Signore
Oscuro.
“Draco,
ti prego. Fallo per te stesso, per le milioni di vite che potresti
salvare.” Continuò Lily, imperterrita.
Poi
afferrò il mento del Serpeverde e glielo sollevò.
I
loro occhi si incrociarono.
Entrambi
erano colmi di lacrime che non erano destinate a cadere.
“Fallo…”
sussurrò “…ti prego… Per
amore di mio figlio.”
Draco
non ebbe tempo di replicare alla supplichevole richiesta di Lily
Potter che questa si volto e svanì, stretta tra le braccia
di uno spirito
apparso in quel momento.
Aveva
i capelli neri disordinati e gli occhiali. Poteva solo essere il
padre di Harry Potter.
In
pochi secondi Malfoy si ritrovò sul suo letto, solo, con una
strana
voglia di piangere e di buttare tutto all’aria.
**
Quel
giorno sia la Sala Grande che la Sala Comune erano parecchio
silenziose.
Tutti
i pochi studenti rimasti ad Hogwarts o erano ancora letto o avevano
troppo il mal di testa tipico del post-sbornia per emettere un
qualunque suono.
A
Draco andava benissimo così.
Aveva
troppe cose a cui pensare.
Una
battaglia di era scatenata al suo interno.
Doveva
fare come gli avevano detto suo nonno e la mamma di Harry?
Avrebbe
dovuto chiedere aiuto a Silente?
Ma
se Silente non fosse stato capace di proteggerli da Voldemort, come non
era riuscito a proteggere i Potter?
Era
quella la più grande paura di Draco, quella che lo
costringeva a non
disubbidire al suo Signore.
Perché
sennò, figuriamoci, avrebbe già chiesto aiuto a
Silente sin dal
primo giorno.
Ma
aveva troppa paura.
Alla
fine della giornata, dopo che ebbe avuto il tempo di riflettere a
lungo e da solo, dato che i suoi amici erano ancora mezzo intontiti,
decise di
aspettare la venuta del terzo spirito per decidere
il da farsi.
Con
questa risolutezza nel cuore e nella mente, Draco, la sera del 25
Dicembre 1996 andò a letto presto, attendendo con ansia lo
Spirito del Natale
Futuro.
Nel
suo cuore percepiva una sensazione, come di speranza e
felicità, anche
se in maniera molto ridotte.
Ma
a Draco bastavano.
Se
glielo avessero detto non ci avrebbe creduto: non pensava
più, infatti,
di essere ancora capace di provare quelle emozioni.
NdA: Allora? Sono
riuscita a sorprendervi? Spero di si! E Spero di vedervi numerosi per
il
prossimo capitolo! Ormai l’aria di Natale si fa sempre
più densa e, anche se i
soldini mancano, adoro fare i regali e ho già trovato quelli
perfetti per un
sacco di mie amiche, e non vedo l’ora di fare la Babba
Natale! Ahah
Detto questo, vi saluto e
vi
lascio con un quesito… chi sarà il terzo Spirito?
Indizio: Qualcuno che
è morto,
di inquietante e che riuscirà a dare una lezione definitiva
a Draco in base
alla sua esperienza.
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Capitolo 4 *** Lo Spirito del Natale Futuro ***
Capitolo
4:
Lo Spirito del Natale Futuro.
Draco
si stava appisolando.
Era
rimasto sveglio fino a mezzanotte passata, nella fremente attesa dello
spirito, ma quello non si era fato vivo.
Si
stava per addormentare, quando una mano si posò sulla sua
spalla e lo
fece sobbalzare.
Atterrito
aprì gli occhi e cacciò un urlo.
Davanti
a lui si ergeva il terzo spirito.
Non
poteva vederlo in faccia perché era avvolto in una lunga e
nera tunica,
che lo copriva interamente.
Draco
poteva solo vedere una mano pallida quasi come la sua che lo invitata
ad andare con lui.
Assomigliava
maledettamente a un Dissennatore.
“Sono
in presenza dello Spirito del Natale Futuro?” chiese Draco,
balbettando e tremando come una foglia.
Quello
spirito gli metteva addosso una tremenda paura.
Il
fantasma annuì, ma non parlò. Continuava a fargli
cenno di seguirlo.
“Tu
mi mostrerai le ombre delle cose non accadute, ma del tempo che
verrà.
Dico bene spirito?” domandò ancora Draco mentre,
timoroso ma fiducioso, si
alzava dal letto e si aggrappava alla tunica dello Spirito, che lo
smaterializzò
prima nel vortice e poi a casa sua, a Villa Malfoy.
Lui
era li, insieme ai suoi genitori.
Draco
non capiva quanti anni potesse avere in quel futuro, ma non troppi di
più di quel momento, poiché era
pressoché identico.
Solo
le sue occhiaie sembravano essersi ingrossate, la pelle era passata da
avere una lieve sfumatura grigia a essere proprio di un grigio forte e
malsano.
La
sua espressione di terrore era impossibile da descrivere.
Suo
padre aveva i capelli lunghi e spettinati, il viso disordinato dalla
barba non fatta da chissà quanto tempo.
Sua
madre era una maschera di ghiaccio, il volto solcato da profonde rughe
di preoccupazione.
Casa
loro era infestata dai Mangiamorte.
Li
stavano tenendo sotto tiro.
“Un
uccellino ci ha detto che Potter e la Nata Babbana andranno a
Godric’s
Hollow.” stava sussurrando loro Bellatrix, con voce suadente.
“Abbiamo
spedito lì il corpo della vecchia Bathilda Bath con dentro
Nagini.
Avrà il compito di tenerli impegnati fino al momento
opportuno e poi… zac!”
Bellatrix si mosse velocemente, fendendo la
bacchetta, e il Draco
sedicenne vide una striscia di sangue colare dalla guancia del proprio
alter ego.
Rabbrividì
e si girò per non guardare.
Il
suo sguardo cadde sul calendario magico che era posato sul davanzale:
era il 24 Dicembre 1997.
Esattamente
un anno dopo.
“Così
il nostro Signore ucciderà Potter e finalmente
regnerà su questo
mondo!” concluse Bellatrix, con la voce salita di
un’ottava.
Draco
non resisteva più a guardare quella scena.
Voleva
solo andare via.
Voleva
solo che non accadesse.
Con
la voce rotta, si diresse verso il suo silenzioso accompagnatore e lo
afferrò per la tunica.
“Ti
prego, portami via.” sussurrò “Non ce la
faccio. Portami via da qui.”
Lo
spirito, sempre senza dire una parola, levò il mantello ed
esaudì il suo
desiderio e li smaterializzò.
Draco
chiuse gli occhi, con la speranza di vedere un futuro più
sereno,
quella volta.
Ma,
avrebbe dovuto già saperlo, non era così.
Il
rumore del mare gli fece spalancare le palpebre, sorpreso, e Draco si
rese conto di essersi appena smaterializzato ai piedi della prigione di
Azkaban.
Il
mare era grigio, agitato, sembrava in tempesta, e grossi schizzi
d’acqua
ghiacciata colpivano Malfoy senza pietà, sferzandogli il
viso e le mani.
Una
densa e cupa nebbia preannunciava la presenza dei Dissennatori.
Fortunatamente,
Draco notò, siccome era come un fantasma in un mondo
parallelo, non sentiva i terribili effetti dei Dissennatori, ma la
vista di
quel luogo gli avevano fatto comunque perdere
diversi battiti del
cuore.
“Oh,
merda…” sussurrò, prima di accingersi a
seguire lo spirito, che si era
addentrato all’interno della fortezza.
Il
suo respiro si faceva sempre più veloce e irregolare mano a
mano che
salivano per le svariate rampe di scale.
Si
stavano dirigendo ai piani alti dove, Draco lo sapeva bene,
alloggiavano
i prigionieri condannati all’ergastolo.
Col
cuore in tumulto, osservava le celle che si estendevano sia alla sua
destra che alla sua sinistra.
I
prigionieri si lamentavano tutti, in prega alle più
logoranti e
strazianti agonie, implorando al vuoto di ucciderli.
Man
mano che saliva, Draco vedeva sempre più spesso prigionieri
legati alla
parete da spesse catene nere.
E
mano a mano che saliva, avvertiva il desiderio sempre più
impellente di
andarsene da li.
Era
quello, dunque, il suo futuro?
La
sua esistenza sarebbe stata segnata per sempre dalla presenza dei
Dissennatori, che gli avrebbero fatto ricordare i momenti
più orribili e
ripugnanti della sua vita?
No.
Non poteva permetterlo.
Lanciò
un’occhiata di sbieco al minaccioso fantasma incappucciato
che lo
precedeva, continuando a salire rampe e rampe di
scale polverose.
“Spirito…”
sussurrò Draco.
Quello
non diete segno di aver sentito e continuò a camminare.
“Spirito…
ma… ma questo futuro può…
può essere cambiato, vero?” balbettò
Malfoy, desideroso di un assenso da parte del
‘compagno’.
Ma
lo spirito lo ignorò completamente.
Alla
fine si fermarono in un corridoio. Uno degli ultimi.
Il
fantasma indicò con la mano pallida le stanzette dove
alloggiavano i
detenuti e Malfoy si fermò ad osservarle una ad una.
Nella
prima, con sommo orrore di Draco, era legato il padre di Blaise.
Non
urlava e non si contorceva.
Se
ne stava semplicemente accasciato alla parete.
Quel
piano, notò Draco, era uno dei più silenziosi.
I
prigionieri non avevano probabilmente più la forza di
lamentarsi e di
contorcersi, tanto erano stremati.
Erano
tutti legati alle pareti.
Draco
stava compiangendo il padre di Tiger, quando un singhiozzo sommesso
lo fece voltare.
In
un angolino buio una donna piangeva.
E
sarebbe stata anche una cosa normale e di poca importanza per Draco, se
quest’ultimo non avesse riconosciuto il modo di piangere.
Era
sua madre.
Col
cuore in gola dalla disperazione, Draco si diresse verso la fonte del
suono.
No,
di diceva, non sarebbe dovuta finire così.
Sua
madre non meritava ciò.
Lei,
che lo aveva sempre protetto, che lo aveva sempre amato.
Lei
non aveva mai avuto il Marchio Nero, non si meritava di essere
rinchiusa ad Azkaban.
Quando
fu abbastanza vicino, però, con una gioia che rasentava la
gratitudine, Draco si rese conto che sua madre non era affatto stata
rinchiuda
nella prigione.
Lei
era li, seduta su uno sgabello, davanti a due celle, che piangeva con
il volto affondato in un fazzoletto ricamato.
Draco
allora, sollevato che almeno a sua madre fosse stato risparmiato quel
tipo di trattamento, guardò all’interno di una
delle due stanzette.
E
rimase di sasso.
Li,
legato alla parete, coi vestiti logori, la testa che gli ricadeva sul
petto e i lunghi capelli biondi, giaceva suo padre.
Era
immobile, come gli altri detenuti, e sembrava morto.
Si
poteva notale un lievissimo movimento del petto, giusto per confermare
che fosse ancora vivo.
Ogni
tanto si lamentava, ma era incosciente.
Con
le lacrime agli occhi, Draco passò oltre e guardò
nella seconda cella.
Già
sapeva cosa vi avrebbe trovato, ma questo non gli impedì di
sentire una
profonda fitta al cuore e le lacrime presero a scendergli copiosamente
sulle
guance.
Sempre
legato alla parete, coi vestiti logori, la testa che gli ricadeva
sul petto e i lunghi capelli biondi, Draco vide in quel
buio bugigattolo
se stesso.
Sconcertato,
si ritrasse.
No,
non era giusto.
Lui
non doveva essere li.
Lui
non avrebbe mai voluto fare ciò che aveva fatto.
Lo
avevano costretto.
Non
era giusto.
“Spirito…”
singhiozzò Malfoy, aggrappandosi di nuovo alla lunga tunica
nera
del fantasma.
“Spirito,
dimmi, questo mio futuro non è certo, giusto? Posso ancora
cambiarlo? Ti prego, spirito, dimmi che posso ancora
cambiarlo!”
Il
fantasma rimaneva immobile.
A
un certo punto, però, indicò la porta e Draco
vide entrare qualcuno, ma
non lo riconobbe a causa della vista appannata dalle lacrime.
Riuscì
solo a intravedere una figura maschile, più bassa ma
più robusta di
lui, con capelli scuri, che si dirigeva verso sua madre.
Svelto
si asciugò gli occhi e, quando li riaprì, vide
Narcissa e lo
sconosciuto impegnati in un abbraccio.
Lei
stava versando tutte le sue lacrime sulla spalla dell’uomo,
che
guardava verso la cella di Draco.
“Come
sta vostro marito? E vostro figlio? E lei?” chiese
l’uomo.
Quando
Draco riconobbe la voce credette di essere impazzito, così
si
avvicinò meglio per osservare l’uomo.
Capelli
neri disordinati, occhiali e occhi verdi.
Era
lui.
“Ci
sono novità?” chiese Narcissa, ignorando le
domande che Harry Potter le
aveva appena posto.
“Ti
prego, dimmi che ci sono novità positive, anche piccole, ti
prego…” lo
supplicò.
Harry
la strinse più forte a se. Narcissa gli arrivava a malapena
al mento.
“Purtroppo
no.” rispose, con un fil di voce “Sto provando di
tutto, mi
creda. Sto cercando di sfruttare anche la mia posizione, ma il
Wizengamot non
vuole saperne, soprattutto per suo marito,
però…”
Harry
si interruppe e guardò verso la cella di Draco.
Narcissa
sciolse l’abbraccio e lo guardò negli occhi.
Entrambi
brillavano di speranza non ancora perduta, ma erano segnati da
dolori e sofferenze.
“Però?”
chiese lei.
“Però,
forse… FORSE… possa fare qualcosa per
Draco” disse Harry.
Malfoy
vide sua madre accendersi di speranza.
“E
come…? Come farai?” chiese, bramosa di saperne di
più.
“Bè…”
replicò l’ormai ex-Grifondoro “Abbiamo a
disposizione diverse
attenuanti. Intanto Draco non ha mai commesso omicidi in prima persona
e,
quando ha ricevuto il Marchio Nero, era ancora minorenne, per cui
c’è una
piccola, piccolissima possibilità di scagionarlo. Ma solo
per lui, mi dispiace,
Lucius non ha speranze.”
A
Narcissa però quello bastava.
Almeno
suo figlio sarebbe stato libero.
Era
così giovane e così innocente.
Era
pur sempre qualcosa.
Anche
lei si volse a guardare Draco, quello nella cella, imitando Harry.
“Non
lo abbandonerai, vero?” chiese.
Harry
la guardò con affetto.
“Mai.”
Rispose.
Draco,
quello del passato, era commosso.
Non
si sarebbe hai aspettato che lui, Harry Potter, il suo più
grande
nemico di sempre, stesse combattendo in prima persona per farlo uscire
da quel
terribile posto.
Non
dopo tutto quello che gli aveva fatto.
Ma
era così.
Draco
sentì un moto di affetto verso il Grifondoro.
Era
un misto di gratitudine e di qualcos’altro, ma ancora Draco
non
sapeva dare una descrizione alle proprie emozioni,
perché erano mesi
che non provava altro che terrore e disperazione.
Draco
si avvicinò a Harry
“Grazie,
Harry” sussurrò, prima che lo spirito, a sorpresa,
lo afferrasse
per un braccio (il sinistro, dove avvertì una grossa fitta)
e lo strascinasse
all’interno del vortice.
“Spirito…
è terribile ciò che ho visto. Ti prego, dimmi che
ho la
possibilità di cambiarlo. Non voglio finire ad Azkaban. Non
voglio che mia
madre soffra così. Ti prego, dimmi che posso cambiarlo.
Prometto di andare da
Silente e…”
Daco
dovette fermarsi, perché gli era venuto un groppo alla gola
che gli
aveva bloccato le vie respiratorie.
“Andrò
da Silente e gli racconterò tutto. Mi farò
aiutare da lui,
chiederò protezione per mia madre. Mi
ribellerò!” continuò, dopo qualche
secondo.
Draco,
l’ultima frase la urlò, straziato.
“Finalmente
ti sei deciso!” Esclamò il fantasma, facendo
spaventare il
Serpeverde.
Lo
spirito si tolse il cappuccio e scoprì un
volto dai lineamenti
un tempo belli, ma ora rovinati da una lunga sofferenza.
Il
viso pallido, i capelli neri e gli occhi grigi, era un viso
completamente sconosciuto, ma in qualche modo familiare, come lo era
stato il
fantasma della mamma di Potter.
“Chi
sei?” chiese Draco.
“Tu
non mi conosci” rispose l’uomo “ma noi
due siamo parenti. Più
precisamente siamo lontani cugini. Io sono Regulus Black, il fratello
di Sirius
Black.”
“Si,
ho capito chi sei. Ho sentito parlare di te.” rispose Draco.
“Conosci
la mia storia, Draco?” chiese allora Regulus.
Draco
scosse la testa e Regulus cominciò a raccontare.
“Io
ero proprio come te, Draco. Provenivo da una famiglia convinta che
essere Purosangue ti rendesse superiore ad ogni altra cosa.
Così mi unii al
Signore Oscuro. All’inizio adoravo essere suo servo. Volevo
purificare il mondo
Magico da tutta quella marmaglia Babbana.
Però, quando mi resi conto dei mezzi che Voldemort usava per
ottenere i suoi
scopi cercai di ritirarmi.
Ovviamente, mi fece uccidere.”
Regulus
terminò la frase con una nota di amarezza nella voce.
“Io
ti ho fatto vedere il tuo destino meno orribile”
continuò il fratello di
Sirius “perché il futuro è troppo
mutevole e variabile. Fra le tante opzioni
che c’erano da farti vedere se tu non ti fossi ribellato,
quella era la più
soft. Altre erano troppo brutte, troppo orrende. Non le avresti
rette.”
Draco
era sempre più inorridito a ogni parola detta da sua cugino
e non
riusciva a spiccicare verbo.
“Prima,
Draco, mi chiedevi se quel futuro si potesse cambiare”
aggiunse
Regulus “ e io ti rispondo: certo che si! Sono stato mandato
apposta per
fartelo cambiare! Non commettere i miei stessi errori, Draco. Il futuro
ti
riserverà solo cose brutte, come è successo a me.
Fai come hai detto: vai da
Silente!”
Finito
il discorso, anche Regulus sparì, lasciando Draco nel suo
letto,
solo e inorridito.
NdA:
Allora ragazzi, siamo quasi alla fine. Ringrazio
sinceramente chi segue questa storia e chi la preferisce, e vi auguro,
anche se
in anticipo, Buon Natale! Ci vediamo Domenica prossima con
l’ultimo capitolo!
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Capitolo 5 *** Draco torna in sè ***
Ciao
belli!
Scusate il ritardo, colpa dei festeggiamenti che non mi hanno permesso
di
revisionare in tempo!
Questo
è l’ultimo
capitolo, ringrazio di cuore i 17 seguiti e i 2 preferiti, in
particolar modo
Bellatrix29 e Holly715 per aver recensito ogni capitolo!
Ciao,
e
buon anno!
Capitolo
5:
Draco torna in se.
“Quindi siete
stati voi!” urlò
Draco, puntando il dito accusatore contro Pansy, Theodore e Blaise.
“Tutto
quello che è successo è… è
opera vostra!”
“Esatto.”
ghignò Blaise, compiaciuto. “E, dopo quello che ci
hai
raccontato, io penso che dovremmo riceve un Encomio speciale per
ciò.”
Draco
fumava dalla rabbia.
Quella
notte non era riuscito a dormire a causa dell’ansia e, quando
finalmente i suoi compagni si erano decisi a svegliarsi (beati loro che
la
notte dormivano pacifici!), Draco si era precipitato a raccontare tutto
a Theo
e Blaise, a cui si era unita anche Pansy.
Il
Serpeverde aveva raccontato loro ogni cosa.
Aveva
narrato loro della visita del fantasma della Rowling e della sua
avventura coi tre spiriti, esattamente come accadeva nel romanzo della
scrittrice a lui apparsa.
Aveva
anche rivelato l’identità dei tre spiriti e le
emozioni collegate ad
essi: gioia nel rivedere suo nonno, senso di colpa nel conoscere la
mamma di
Potter e terrore puro sia per il fantasma che per il futuro
presentatogli dal
cugino Regulus.
Si
era aspettato che i suoi amici lo avrebbero guardato con scetticismo e
che lo avrebbero portato d’urgenza in infermeria a farsi
vedere ancora prima
della fine del suo racconto, per cui si
era preparato un paio di incantesimi da utilizzare per far ascoltare
loro la
storia fino in fondo.
Ma,
con sua grande sorpresa, non aveva dovuto usarli.
Perché
l’espressione dei compagni non era né turbata
né preoccupata, ma
eccitata e, in qualche modo, sollevata, soprattutto
nell’udire l’ultima parte
del racconto.
Draco
aveva chiesto spiegazioni e i tre Serpeverde avevano ammesso che
erano stati loro tre a contattare gli spiriti, preoccupati dal suo
comportamento.
Draco
allora era uscito fuori dai gangheri.
Come
si erano permessi?
Però
era passato oltre e aveva finalmente rivelato ai suoi amici il
perché
del suo comportamento.
E
anche li la loro reazione lo aveva sorpreso.
Non
si erano ritratti, non avevano assunto espressioni di orrore, non lo
avevano schifato.
“Draco”
disse Blaise, sotto lo sguardo sorpreso dell’amico
“Draco, fattelo
dire, sei stato davvero uno stupido. Noi siamo tuoi amici, sappiamo la
tua
situazione, che non è così diversa dalla nostra.
Ti avremmo aiutato anche
prima.”
Draco
era commosso e allibito, ma poi si ricordò del motto della
loro Casa:
“A
Serpeverde voi
troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori.”
Ed
eccoli li, i suoi amici Serpeverde.
Astuti
e affatto babbei, gli amici migliori.
Era
proprio vero, lui aveva i migliori amici del mondo.
Amici
discreti ma presenti, che lo capivano nel profondo, che lo
sostenevano moralmente, a volte anche restando nell’ombra,
che non lo
giudicavano.
Che
lo accettavano.
Con
le lacrime agli occhi, anche se stavolta erano di gioia, Draco Malfoy
si avvicinò a Blaise Zabini, Theodore Nott e Pansy
Parkinson, avvolgendoli in
un caldo, sincero e silenzioso abbraccio di gruppo.
I
quattro amici rimasero così per dieci minuti buoni,
assaporando quel
momento di affetto reciproco che ormai troppo raramente si manifestava.
Alla
fine avevano tutti e quattro gli occhi lucidi.
“Forza”
disse Blaise dopo un po’, asciugandosi gli occhi e prendendo
Draco
per il braccio “andiamo da Silente!”
**
Draco
aveva una fifa blu.
Il
cuore gli martellava così forte contro le costole che il
Serpeverde
temeva che presto gliene avrebbe fratturata qualcuna.
Il
suo respiro era affannoso ed era tentato di tornare indietro.
Era
troppo spaventato.
Cosa
avrebbe dovuto dire a Silente?
Salve
vecchiaccio, come sta? Devo
rivelarle un segreto: io sono un Mangiamorte! E la devo uccidere! Ma
sono
troppo codardo. Le dispiacerebbe accogliermi sotto le sue gonne?
A
Draco scappò inspiegabilmente da ridere.
Pansy
lo abbracciò. “Bravo, Draco, sorridi”
gli disse lei, sorridendogli a
sua volta “Andrà tutto bene. Noi ti siamo
vicini!”
Anche
Draco sorrise, col cuore improvvisamente più leggero.
Lui
non era solo.
Non
più.
I
quattro Serpeverde camminarono fino all’ufficio del Preside e
si
fermarono davanti al gargoyle di pietra.
“Parola
d’ordine?” chiese quello.
“Emh…”
Né
Draco né i suoi amici sapevano la parola d’ordine
del loro preside.
“E
ora che facciamo?” chiese Pansy con aria abbattuta.
“Proviamo
a indovinare!” esclamò Theo “So che di
solito sono nomi di
dolciumi! Pallini Acidi”
Non
successe niente, ma il Serpeverde non demorse.
“Api
Frizzole.”
Niente.
“Gelatine
Tuttigusti+1.”
Idem
come sopra.
“Gommebolle
Bollenti.”
Nada.
Alla
fine Theo si girò, spazientito, verso i suoi amici, che lo
stavano
guardando divertiti.
“Allora,
volete darmi una mano o no?” Sbottò.
“Goccia
di pera” urlò allora Pansy, entusiasta.
Nada
de nada.
“Ora
comincio ad arrabbiarmi” sibilò Blaise
“Brutto vecchiaccio… Scarafaggi
a Grappolo!”
Il
gargoyle lo guardò storto e scosse di nuovo la testa.
“Cioccorane!”
tentò, speranzoso, Draco.
Ma
non era neanche quella.
“Caramelle
Mou!”
“Piperille!”
“Filidimenta!”
“Lumache
Gelatinose!”
I
ragazzi continuarono quell’assurda Caccia Alla Parola per una
mezz’ora
buona, urlando i nomi dei dolci più strani e assurdi che
potessero esistere e
scoppiando a ridere a intervalli regolari.
Draco
si sentiva bene ora, i suoi problemi sembravano appartenere a qualcun
altro.
“Rospi
alla menta!” tentò, alla fine, Pansy e, con
sollievo di tutti, il gargoyle
fece finalmente un cenno d’assenso e si mise di lato, facendo
passare i
ragazzi, che si arrampicarono per la stretta scala a chiocciola.
Si
ritrovarono, anche troppo presto per i gusti di Draco, di fronte alla
porta dell’ufficio del preside.
Era
arrivato il momento della verità.
Il
Biondo Serpeverde mise una mano sulla maniglia.
Stava
per compiere il passo che gli avrebbe cambiato la vita per sempre.
Di
sicuro in meglio.
Forza,
Draco!
Malfoy
abbassò la maniglia della porta ed entrò.
“Professore…?”
chiese.
“Ah,
Draco, finalmente eccoti, vieni” lo accolse bonariamente
Silente, con
un cenno della mano.
Draco
esitò sull’uscio della porta.
Non riusciva a capire.
Perché
aveva detto ‘finalmente?’
“Vieni,
Draco” lo esortò di nuovo il preside
“Non stare li sulla porta,
vieni. So che devi dirmi qualcosa”
Draco
entrò nello studio, da solo, lanciando prima una sguardo
preoccupato
ai suoi amici che erano rimasti fuori.
Il
vecchio sapeva? Se si, come? E ora cosa avrebbe fatto? Lo avrebbe
espulso? Lo avrebbe fatto arrestare?
Draco
era sempre più dell’idea di dover scappare via, ma
ora sapeva di non
avere scampo.
Si
lasciò cadere sulla sedia che Silente gli indicava con aria
afflitta.
“Draco”
disse il preside, affabile “stai tranquillo. So
già che mi vuoi
dire, o almeno, spero di saperlo. So che deve essere difficile per te,
per cui
non ti chiederò di raccontarmi tutto. Sarebbe troppo gravoso
per te. Rispondi
semplicemente alle mie domande, va bene?”
Draco
annuì, capendo che sarebbe stato stupido cercare di parlare:
si
sentiva la gola secca.
Silente
continuò a sorridere, scrutandolo da dietro gli occhiali a
mezza
luna.
“Draco
Malfoy” cominciò “Sei qui per conto tuo
o per conto di qualcun
altro?” chiese.
“Per
conto mio.” Si sforzò di dire Draco.
A
Silente brillarono gli occhi.
“Draco.
Scusa, ma devo chiedertelo. Sei un Mangiamorte?” gli
domandò, a
bruciapelo.
Draco
deglutì. Il cuore gli batteva furioso nel petto.
Aprì
la bocca per rispondere, ma non emise alcun suono.
Sconfortato,
decise di passare per le vie di fatto.
Lentamente,
portò la mano destra sulla manica sinistra della divisa e
cominciò ad alzarla lentamente, fino a ripiegarla al gomito.
Eccolo
li.
Immobile
e sbiadito.
Ma
c’era.
Il
Marchio Nero spiccava sulla sua pelle chiara proprio come il sangue
rosso
scuro spiccava sulla neve candida.
Silente
fissò il Marchio per dieci secondi buoni, senza dire niente,
e poi
fece cenno a Draco di abbassare la manica.
“Voldemort
ti ha incaricato di uccidermi, vero?” chiese di nuovo, gli
occhi
penetranti che sembravano volerlo perforare da parte a parte.
Draco
sussultò nell’udire quel nome, ma si costrinse a
rispondere: “Si,
Signore” gracchiò.
E
ora? Ora cosa sarebbe successo? Sarebbe stato sicuramente sbattuto ad
Azkaban.
“E…
Draco, un’ultima domanda: tu VUOI uccidermi? Vuoi davvero
segnare così
il tuo futuro?”
Draco
scosse violentemente la testa e Silente annuì soddisfatto.
“Bene,
Draco. Sono felice che tu abbia preso queste sagge decisioni. Non lo
fare, Draco, la tua vita non è ancora rovinata del tutto. Ti
nasconderò io.”
“Ma,
signore” disse Draco, con voce roca nello sforzo di parlare
“Mia
madre… e mio padre…”
“Tua
madre la faremo arrivare con la Metropolvere qui a Hogwarts,
sarà al
sicuro. Tuo padre per ora è ad Azkaban e non dovrebbe
correre rischi. Poi sarà
trasferito anche lui ad Hogwarts.”
Draco
non sapeva cosa dire.
Aveva
appena rivelato al vecchiaccio che era diventato un Mangiamorte e che
aveva in programma di farlo fuori e lui cosa faceva? Gli offriva un
riparo? Un
posto sicuro?
Non
sapeva che dire e aveva una strana voglia di ridere.
“Grazie,
signore” disse, semplicemente, ma Silente parve apprezzare.
“Grazie
a te, Draco. Grazie per essere venuto da me a
chiedere
aiuto, anzi che cercare di uccidermi con dei tentativi che sarebbero
stati vani
e che avrebbero provocato danni a persone innocenti.”
Draco
stava per ribattere qualcosa -non sapeva neanche lui che cosa- ma
Silente lo congedò con un cenno della mano.
“Draco,
scusami, ma ora devo chiederti di andartene. Devo mobilitarmi
subito per trasferire tua madre qui. Ci sono molte cose che voglio
sapere,
molti dettagli, ma me li racconterai a tempo debito. Ora vai.”
Draco
si alzò dalla sedia.
“Si,
signore” disse, e si accinse a lasciare lo studio.
Quando
aprì la porta, i suoi amici gli capitombolarono addosso:
sicuramente
si erano appiccicati dietro alla porta, tentando di origliare.
Malfoy
soffocò una risata e si voltò a guardare di
sbieco Silente, ma
quello era girato a parlare con un ritratto.
I
suoi amici si rialzarono e insieme uscirono dalla stanza.
**
3
Gennaio 1997
Draco
mandò giù un altro boccone di bacon, agitato.
Guardava
a intervalli regolari il tavolo di Grifondoro.
Quella
mattina tutti i ragazzi erano tornati dalle vacanze di Natale, anche
se le lezioni sarebbero cominciate solo l’indomani, e ora la
Sala Grande era di
nuovo gremita di persone.
In
quei giorni la vita di Draco era cambiata drasticamente.
Sua
madre era stata trasferita ad Hogwarts il 27 Dicembre e Draco aveva
passato i due giorni successivi a raccontare a tutti per filo e per
segno il
compito affidatogli dal Signore Oscuro, cosa lo aveva spinto a
confessare e
come e perché aveva preso il Marchio Nero.
Già,
il Marchio Nero.
Draco
sorrise.
Quella
era stata una delle cose più belle che Draco aveva
riscontrato subito
dopo aver rinnegato la lealtà verso Voldemort.
Il
Marchio Nero era sparito.
Draco
all’inizio non se ne era raccapezzato, perché
anche Piton aveva
rinnegato Voldemort, ma lui aveva ancora il Marchio visibile.
Silente
allora aveva dedotto che, molto probabilmente, quello di Draco era
sparito perché lui era ancora puro, non aveva,
cioè, mai ucciso, a differenza
di Severus.
E
quello aveva comportato la piacevole conseguenza che, anche se era
inizio
Gennaio, Draco andava in giro in maniche di camicia, guadagnandosi
parecchi
sguardi scettici, per il puro piacere di poter
mostrare le braccia
senza alcuna vergogna.
Ora
però aveva un’ultima sfida da affrontare, prima di
essere completamente
in pace con se stesso.
E
quella sfida consisteva in un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi
verdi.
Draco,
quella mattina, lo stava tenendo d’occhio per poterlo
bloccare alla
prima occasione.
“Draco,
smettila di guardarti intorno con tutta
quell’ansia” lo
ammonì Pansy, dopo che il compagno si era
girato per l’ennesima
volta “Sembri uno Schiopodo Sparacoda!”
Quell’affermazione
fece ridere Theo e Blaise, ma Draco non la sentì: Harry
Potter si era appena alzato da tavola, assieme ai suoi amici.
“Io
vado.” disse Draco, risoluto, ai suoi amici, e si
alzò prima che gli
altri potessero replicare qualcosa, rincorrendo il Grifondoro.
“Harry
Potter!” gridò, attraverso il corridoio.
L’interpellato
si girò con un sorriso, che però di spense quando
vide chi
lo aveva chiamato.
Draco
gli si avvicinò.
“Malfoy.”
rispose, gelido, quando il Draco gli fu vicino.
Draco
aprì la bocca per parlare, ma Ron lo interruppe “Che
vuoi
Malfoy?” ringhiò, puntandogli la bacchetta contro.
Il
Serpeverde lo guardò con aria di superiorità, ma
non si mosse e questo
fece infuriare ancora di più Ron, che lo fissò in
cagnesco.
“Cosa
c’è, Malfoy? Hai perso la lingua? Hai paura? O
forse…” aggiunse, accennando
alle maniche corte del ragazzo “Forse ti sei congelato?! Ti
sembra
l’abbigliamento adatto in questa stagione?”
Malfoy
ringhiò. Già non ne poteva più di
Weasley. Lui doveva parlare con Potter!
“Non
mi sembra di averti interpellato.” rispose Draco, con calma
glaciale
“Io ho chiamato Potter, non te, per cui vedi di non ficcare
il naso negli
affari altrui. E, riguardo l’abbigliamento, stai tranquillo,
sono sempre più
elegante di te.”
Terminata
la rispostaccia, non diede il tempo a Weasley di ribattere e
afferrò Potter per un braccio, trascinandolo per il
corridoio alla ricerca di
un’aula vuota.
“Malfoy
che ti prende? Sei forse impazzito?” protestò
Harry, scioccato da
quel contatto fisico con Draco. Harry non ricordava di averlo mai
toccato,
iniziando dalla stretta di mano rifiutata.
“Zitto
e seguimi.” Ordinò Malfoy, senza mollare la presa.
Ora che aveva in
pugno Potter, non voleva lasciarlo andare. Aveva paura che scappasse,
aveva
paura che lo rifiutasse di nuovo. Se fosse successo ancora, Draco non
lo
avrebbe retto.
Finalmente
raggiunsero l’aula di Incantesimi e Draco vi ci si
fiondò
dentro, sigillando la porta, poi si voltò verso
l’altro.
“Potter.”
Cominciò, una volta che furono soli. Non era facile
esprimere ciò
che voleva dire.
“Malfoy.”
replicò Harry, in attesa.
“Io…
ho delle cose da dirti.” Sibilò, lo sguardo fisso
altrove. Doveva
farcela!
“A
me?!” chiede Harry, allibito “Perché
proprio a me? Mi sono perso
qualcosa…?”
Draco
ghignò. “Oh, si” rispose “Un
bel po’ di cose.” e gli raccontò tutto
ciò che gli era capitato, dal compito di uccidere Silente e
alla visita dei tre
spiriti.
Harry
era sempre più scettico a ogni parola.
“Per
cui hai visto mia madre?” lo interruppe Draco, a
metà racconto, col
fiato corto.
Draco
sorrise.
“Si,
è una donna davvero molto dolce, e bella.” Disse
“E ha i tuoi stessi
occhi.”
Quella
volta fu il turno di Harry di sorridere “Si, me
l’hanno detto. E
come sta? Come ti è sembrata?”
“Sta
bene” rispose Draco “Ma è triste, ed
è preoccupata per te. Ha paura
per questa guerra. Ha paura di ciò che potrebbe accadere a
ognuno di noi se
Tu-Sai-Chi dovesse vincere.”
“Ma
perché è apparsa a te, allora? È mia
madre, perché non è venuta da me?”
chiese Harry, con una punta di dolore.
Bella
domanda. Draco non ne aveva la minima idea.
“Forse…
forse è perché il nostro futuro è
legato?” tentò di dire Malfoy, e
Harry si fece ancora più confuso.
“…legato?”
chiese Harry, con un fil di voce “In che senso
legato?”
“Beh,
ecco…” balbettò Draco. “Lo
Spirito del Natale Futuro mi ha mostrato
una delle tante vie future possibili e beh… io ero ad
Azkaban e tu…” Draco si
fermò, col viso basso. Perché Potter lo avrebbe
aiutato così? Sarebbero
diventati amici? O forse sarebbe stato in debito coi Malfoy per una
qualsiasi
cosa?
“…E
io?” lo incalzò Harry, pieno di
curiosità.
“E
tu aiutami mia madre a farmi uscire di li. Facevi continue pressioni al
Wizengamot per trovare delle attenuanti.” Concluse Draco, con
voce seria.
Harry
era sbalordito.
“Davvero?
Cioè, scusa se sono incredulo adesso, ma, a essere sinceri,
ora
come ora non credo che lo farei.” Disse Harry, alla leggera,
sbirciando per
poter vedere la reazione di Draco.
Stranamente,
Malfoy ghignava.
“Lo
so.” Disse “In questi anni ti ho lanciato tanta
merda addosso e ho
anche preso il Marchio Nero, ma…”
“Ma, io non vedo
alcun Marchio
Nero!” Lo interruppe Harry, indicando il braccio scoperto di
Malfoy.
“Lo
so, Potter. Questo è segno che sono veramente
pentito.” Rispose Draco,
con fare convincente.
“Ma…”
cercò di continuare Potter, ma Malfoy lo sbloccò
con un cenno della
mano, tendendogliela.
“Potter,
smettila di blaterare e ascoltami. Stavolta non accetto un
no.”
Disse, minaccioso, con la mano protesa verso Harry.
“Prendi
la mia mano, Harry Potter, e diventa mio amico. Non ho desiderato
altro per sei lunghi anni, anche se ti prendevo sempre in giro, era per
attirare
la tua attenzione” confessò “Ma ora mi
sono stufato. Voglio essere tuo amico,
Harry Potter. Ho anche girato il culo al Signore Oscuro, con rischio di
morire
e di far uccidere la mia famiglia.”
Draco
fede una pausa.
“Accetta
la mia amicizia, Harry.”
Harry.
Lo
aveva chiamato Harry.
Non
Potter, non Potty o Sfregiato.
Harry.
Fu
forse questo più di qualunque altra cosa a spingere la mano
del
Grifondoro verso quella del Serpeverde e di stringerla forte,
sorridendo.
Dopotutto,
Malfoy aveva sempre fatto parte della sua vita, no? Sin da prima
iniziare Hogwarts. Fu il primo bambino non Babbano con cui ebbe parlato
e,
anche se al primo impatto non gli era stato tanto simpatico, Malfoy poi
lo
avrebbe accompagnano per tutti i sei anni avvenire.
Era
stato grazie a Malfoy che Harry aveva montato la sua scopa con tanta
facilità, Malfoy lo aveva smosso a cercare di scoprire chi
fosse l’erede di
Serpeverde, Malfoy lo aveva ‘aiutato’ a produrre un
Patronus, vestendosi egli
stesso da Dissennatore solo per arrecargli fastidio.
Malfoy
era stato letteralmente una spina nel fianco per Harry quindi,
forse, era giunto
il momento di provare
ad averlo accanto come amico, anzi che come nemico.
“Va
bene, Malfoy. Accetto.” Disse, e il volto di Malfoy si
illuminò
“
E ti chiedo scusa anche io
per
esser stato così stupido, sei anni fa. A sapere che poi mi
avresti tormentato
così, forse avrei dovuto prenderla subito, questa dannata
mano.”
Anche
Draco sorrise, certo che quello era solo l’inizio di una
splendida e
duratura amicizia.
The
End.
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