The girl on fire.

di MileyDestinyCyrus99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Madrid. Anno 2037. ***
Capitolo 2: *** Life is so hard. ***
Capitolo 3: *** I'm the Champion. ***



Capitolo 1
*** Madrid. Anno 2037. ***


 Madrid. Anno 2037.
Immaginate di svegliarvi di soprassalto e di trovarvi nel buio più completo e in un luogo sconosciuto. Io mi sentivo proprio così quando entravo nel “ring” per una nuova battaglia. Anche se avevo già combattuto, ogni volta era diversa. Mi passi sul petto una fascia elastica bianca e la legai il più stretto possibile. Mi misi la tuta di battaglia e mi legai i capelli in una crocchia bassa e il più possibile schiacciata. Poi mi misi la maschera nera. Non potevo permettermi di farmi riconoscere, non potevo permettermi che tutti notassero chi ero. Ero pronta. Spinsi il portone ed entrai nella sala buia illuminata da una sola luce sul soffitto. Mi feci largo tra la folla.
Un ragazzo, mi vide e alzò il pugno in aria e iniziò a urlare.
“Arena, Arena, Arena…” urlò.
Tutte le persone si girarono verso di me e anche loro imitarono il ragazzo, alzarono il pugno e urlarono. “Arena..” Le urla erano sempre più forti. Io mi diressi al centro del ring che era stato fatto all’ultimo minuto delimitato da delle sedie. Un uomo salì su una delle sedie e fece segno alle persone di smettere. Il silenzio che ci fu dopo, fu come un secchio d’acqua che ti rovesciano addosso.
Freddo e inaspettato.

“Ragazzi, buoni… Chi è il prossimo, in lista.??” disse l’uomo alzando la voce.
Dal silenzio si passò ad un lieve mormorio.
“Nessuno che si fa avanti??” ripeté l’uomo sulla sedia, mentre guardava verso il basso tutta la folla.
In un attimo, la gente si divise in due lasciando aperto un corridoio che portava al ring, proprio davanti a me.
Una ragazza con un coda bionda platino, più alta di me, con un top e dei pantaloni con le borchie si mise davanti a me.
“Una sfidante.. bene. Pubblico, lo chiedo a voi, chi vincerà questa volta??” chiese l’uomo urlando.
Il pubblico ci mise neanche tre secondi e senza dubbio gridò in coro.
“Arena.”
La ragazza continuava a guardarmi in faccia, stringendosi le mani in pugni  e scrocchiandosi le dita.
Mi guardò e fece una smorfia.
Io mantenei lo sguardo, ma non feci niente dovevo mantenere la concentrazione.
Dovevo capire dove erano i suoi punti deboli, per poterla battere.
“Che la sfida inizi!! Le regole sono chiare??” chiese l’uomo guardandoci.
Io annuì.
“Si, chiare.” disse la ragazza non togliendo neanche per un secondo lo sguardo da me.
Sentì un fischio e la ragazza mi tirò un pugno con la mano destra, io lo schivai spostandomi alla mia sinistra e il pugno della ragazza girò a vuoto, io ne approfittai per tirarle un calcio nella schiena, che la fece cadere in avanti sulle ginocchia e con la schiena inarcata.
Io mi fermai dietro di lei e aspettai che si rialzasse.
Lei lo fece e con dei saltelli,mi tirò un pugno che mi colpì nello stomaco.
Io mi piegai in due e la ragazza mi girò attorno e mi tirò un calcio nella parte dietro delle gambe facendomi finire coricata a pancia in giù.
Sentì il piede della ragazza sulla mia schiena, il suo peso che mi schiacciava al terreno, poi la ragazza mise entrambi i piedi sul di me all’altezza del fondoschiena e mi fece inarcare la schiena tirandomi su per la maglia, mentre con tutta la forza mi teneva attaccata al terreno.
Io con le mani libere le affermai le caviglie, lei tolse la mani dalla mia maglia appena sentì il mio tocco.
Io con tutta la forza che avevo nelle braccia, cercai di toglierla dalla mia schiena, ma solamente con le braccia non ce la feci, così unì i piedi e le tirai un calcio sul fianco.
Lei cadde e si tolse da me, io mi rialzai così velocemente che la trovai ancora stordita dal colpo.
Così la colpì con un pugno in pieno viso.
Sentì sulle mie nocche il suo sangue.
Lei cadde per terra e picchiò la testa.
Io mi guardai intorno, tutti si stavano sporgendo per vedere se la ragazza riuscisse ad alzarsi.
Erano tutti con il fiato in sospeso, sembrava che l’unica che respirava, cioè affannava, ero io in quella stanza ricca di persone.
La ragazza cercò di rialzarsi e io le tirai un calcio, lei rifinì a terra e alzò le mani per arrendersi.
Appena fece quel piccolo gesto, il fischio risuonò e io le persone iniziarono a urlare.
Alcune nella sala si stavano disperando mettendosi le mani nei capelli, altre invece esultavano.
Un gruppo di persone davanti a me, alzò il pugno e gridò.
“Arena!!”
Io mi fermai a guardarli.
Provavo disgusto, orrore verso di loro che mi acclamavano.
Perché io ero diventata, ero stata soprannominata Arena, per tutte le battaglie che avevo vinto.
Ma soprattutto provavo disprezzo verso di me che mi ero ridotta a essere un oggetto sul quale scommettere.




Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazze/i, questa è la mia prima storia che posto su questo sito.
Forse vi sembrerà una storia come le tante, ma io spero di no.
Mi è venuta in mente durante un'ora di Latino a scuola, hahaha.
Comunque non mi dilungo troppo, spero di avervi accattivato almeno un pochino e il prossimo capitolo sarà molto più lungo. 
Ultima cosa... RECENSITE. 
xoxo#me.
  





 

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Capitolo 2
*** Life is so hard. ***





Mi girai velocemente verso l’uomo che mi aveva presentato e allungai la mano.
Lui mi guardò e tirò fuori dalla tasca una mazzetta di soldi.
Io me la misi in una tasca e passai di nuovo tra la folla, mi chiusi dietro il pesante portone, mi tolsi la maschera e mi slegai i capelli.
Mi accovacciai per terra e piansi,ma subito dopo sentii bussare al portone, così mi rialzai e mi legai i capelli neri in una coda veloce e poi ci misi sopra la maschera.
Aprì il portone.
Non c’era nessuno,così richiusi la porta.
Ero stanca, il mio corpo era ormai abituato a prendersi delle botte,ma ogni volta sentivo che qualcosa, anche solo una piccola parte di me non sarebbe mai riuscita ad abituarsi.
Mi tolsi la tuta e mi misi dei jeans e una maglia nera.
Mi levai la maschera e la buttai di lato, ero disgustata da quella maschera.
Mi rifeci una coda di cavallo alta.
Presi una borsa di pelle nera con delle borchie e buttai tutto dentro, mi misi i miei stivali di cuoio e uscì dalla finestra.
Mi ritrovai nelle strade della periferia di Madrid.
Era l’anno 2037, e Madrid dopo una guerra civile interna si era divisa in due parti.
La parte più bella era la parte della città verso nord, il resto era considerato un obbrobrio, una cosa non voluta da Dio.
Il resto di Madrid, era inquinato, sporco, abitato per lo più da barboni e persone senza casa, senza più neanche un soldo dopo che la guerra civile aveva prosciugato tutti i fondi e i risparmi delle persone.
Dopo che lo Stato, aveva rubato soldi dalle tasche delle povere persone per tenerseli per sé.
Io vivevo nella periferia a Est di Madrid, vivevo lottando ed ero “schiava” di una padrona.
Questo era il futuro, tutti quanti speravano che qualcosa fosse cambiato dopo la crisi economica che aveva coinvolto il mondo nel primo e secondo decennio del 2000, ma non era così.
La crisi c’era e per sopravvivere la gente aveva avuto la necessità di arrangiarsi.
Tutti si sarebbero immaginati un futuro diverso, pieno di tecnologia, di cose nuove, di cose più funzionali e c’erano, ma c’erano solo per le persone di alto rango.
Per il resto della gente, sembrava di vivere nel medioevo o nel passato.
Arrivai davanti alla porta di legno con scritto “ Madame Dorothea”, spinsi la porta e abbassai la testa per entrare.
La stanza era sempre ricca di gingilli, tende colorate con appesi ciondoli che facevano rumore, carte da gioco, tarocchi.
Tutto quello che serviva a Madame Dorothea per farsi passare per un’indovina.
“Sei arrivata, porca miseria dove eri finita!!” mi urlò con tutta la rabbia che aveva in corpo entrando dalla cucina.
“Avevo da fare!” dissi io.
“Ti ricordo mocciosa che io ti ho adottato e che tu mi devi ubbidire, se non fosse stato per me tu saresti per strada chissà dove.” disse avvicinandosi a me e tirandomi uno schiaffo sulla guancia.
 Rigirai la testa verso di lei e mi toccai la guancia diventata rossa abbassando lo sguardo.
“Si, Madame Dorothea, mi dispiace.” dissi io.
“Brava ora vai in cucina a pulire.” disse lei.
Io mi diressi in cucina, mi misi il grembiule e posai la borsa sul tavolo.
Mi inginocchiai e presi la spugna e il secchio con l’acqua.
Iniziai a pulire per terra.
Se solo lei sapesse quanto io vorrei essere in un posto diverso, lontano da lei, lontano dalla periferia, lontano da questo mondo che non faceva altro che risucchiare ciò che c’era di buono in me.
I miei genitori erano morti in un incendio durante la guerra.
Noi vivevamo vicino a Madame Dorothea, quando sia noi che lei avevamo ancora l’appartamento nella zona residenziale della città.
Quando tutto andava ancora bene.
Quel giorno, il giorno dell’incendio fu Madame Dorothea a salvarmi mi ricordo solo questo.
Ero troppo piccola, Madame Dorothea mi aveva allevata per essere la sua schiava.
Picchiandomi, se non facevo la cosa giusta.
Chiudendomi in cantina al buio, se facevo la cattiva.
Dicendomi ripetutamente che ero un’imbecille e un’incapace.
E ora a diciassette anni, non avevo mai frequentato una scuola, non avevo mai avuto degli amici.
Avevo ancora un solo anno da passare con lei, fino ai diciotto anni.
Volevo andarmene da lei con tutta la mia forza.
“Esco, devo andare da un cliente. Tu continua a pulire quando ritorno voglio specchiarmi nel pavimento hai capito??” disse entrando in cucina e prendendomi per i capelli, facendomi alzare il viso verso di lei.
“Si..” dissi io.
Lei mi mollò e uscì sbattendo la porta di legno.
Io feci una smorfia e tirai la spugna contro il muro.
Mi alzai, sentivo che la mia pazienza si stava esaurendo.
Dovevo andarmene da lì, non dovevo mai più presentarmi a casa di Madame Dorothea.
Andai in camera con la mia borsa di cuoio, che fortunatamente era molto grande.
Ci misi dentro altri vestiti e un altro paio di pantaloni, mi misi una felpa e a grandi passi tornai di là in salotto.
Guardai ancora una volta quella casa.
Non avevo altro, se non una foto dei miei genitori che tenevo sempre in tasca, ma dentro quella casa dopo averci vissuto ben 13 anni non avevo niente che mi appartenesse, niente che facesse vedere che c’ero stata anche io.
C’era solo il mio dolore in quella casa e quello ero decisa a mollarlo lì.
Uscii di casa sbattendo la porta.
Mi diressi a destra uscendo dal vicolo in cui abitavamo.
Superai due barboni che mi chiesero dei soldi, ma io non mi fermai, i soldi che avevo guadagnato ero decisa a tenermeli per me.
In fondo alla via vidi una persone famigliare, una donna grassa piena di nastri colorati avvolti addosso.
Era Madame Dorothea, che tornava indietro.
Doveva aver sicuramente dimenticato qualche cosa a casa.
Mi guardò sgranando gli occhi e poi quando mi riconobbe.
“Mocciosa..!!! Dove credi di andare??!!” disse avvicinandosi  a me a grandi passi, non avevo mai visto Madame Dorothea correre.
In quel momento la mia mente si bloccò.
Fu la paura a bloccarmi.
Fu la paura di non sapere dove sarei andata, fu la paura di non sapere per quanto questi pochi soldi mi sarebbero durati.
Eppure una parte di me , mi diceva di girarmi dal lato opposto e correre via, il più lontano possibile.
E fu quello che feci.
Mi girai e per ultima cosa dissi.
“Non mi dispiace Dorothea!!” le urlai.
Poi cominciai a correre, non sapevo verso dove, io correvo e basta, attraversai la strada e rischiai anche di essere investita da una macchina.
Come ultima parola la voce di Dorothea chiamò il mio nome, che lei non usava mai.
“Arianne!!!” urlò.
Io continuai a correre all’impazzata, senza meta.




Note dell'autrice: 
Salve mondo, ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente,dandomi degli ottimi consigli.
Spero che abbiate capito che "Arena" o (il suo vero nome) "Arianne" è una ragazza che ha dovuto subire molto nella vita e ha deciso di scappare accompagnata lo stesso dalla paura e dal dubbio.
Riuscirà a trovare un posto dove dormire?
Chi incotrerà nel corso delle storia?
Boh, non dico altro.
RECENSITE.
Grazie mille.
xoxo#me

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Capitolo 3
*** I'm the Champion. ***


Dopo essere certa che non mi stesse seguendo e di essermi allontanata abbastanza, mi fermai e mi appoggia ad un muro, misi le mani sulle ginocchia e cercai di respirare normalmente.
La gente che avevo schivato correndo, era tutta anziana, a parte qualche bambino da solo che girava piangendo.
Le strade di Madrid, come i marciapiedi, erano sporche, le case rovinate.
Io scossi la testa.
Non so come, ma sarei riuscita a cambiare tutto questo.
Camminai ancora un po’ e mi fermai davanti a una finestra che era mezza aperta.
Ad attirarmi furono le urla delle persone dentro.
Io guardai dentro e vidi un ring.
Tutto mi sembrò famigliare.
Così ritornai indietro e aprì la porta per entrare.
Mi ritrovai davanti un uomo molto più alto di me , muscoloso, pelato e vestito di nero, che mi bloccò.
“Dove credi di andare ragazzina!! Tu non puoi entrare!! Questo è un pub per soli adulti!!” disse lui guardandomi in cagnesco.
“Ma io sono una donna, mi deve lasciar entrare!!” dissi io con la voce più decisa che avevo.
“No tu sei una bambina, e ora fuori di qui!!” disse lui indicandomi con la testa di uscire.
“No” !!” dissi io.
Lui si abbassò alla mia altezza, per guardarmi dritta negli occhi.
“Fuori di qui mocciosa!!” disse lui.
Mi lo guardai e poi con la mano libera gli tirai un pugno in pieno viso.
Lui si toccò con la mano la guancia distraendosi, in quel attimo io mi abbassai e passai sotto il suo braccio e corsi verso la folla, lui mi inseguì e io appena trovai una porta, la aprì e mi fiondai dentro la stanza buia.
Lo sentì passare fuori nella sala ricca di gente.
Io mi appoggiai alla porta e respirai.
Ce l’avevo fatta non mi avrebbe più ritrovata.
Io mi allontanai dalla porta e tastai contro il muro un interruttore per la luce.
Quando lo trovai, l’accesi e mi ritrovai in un magazzino pieno di barili con scritto sopra “birra”.
Posai la borsa, sopra un barile e mi tolsi gli stivali, mi cambiai mettendomi la tuta per combattere e la maschera.
Poi buttai i miei vestiti normali dentro la borsa e la lasciai lì.
Spensi la luce e uscì.
Mi ritrovai nella stanza.
“Ci sono dei volontari che si vogliono battere contro il nostro campione di oggi??” disse una voce maschile, in mezzo alla folla, amplificata da un microfono.
Io non riuscivo a vedere, così passai in mezzo alla folla per avvicinarmi al centro del ring.
In mezzo vidi un ragazzo di schiena, biondo con i capelli corti.
Lui si girò e sorrise alla folla.
Doveva essere lui il campione.
Io lo guardai, da dietro sembrava più grande di età, ma il suo viso rivelava che era giovane doveva avere più o meno la mia età se non qualche anno in più.
“Allora, nessuno per il nostro campione Christofer??” ridisse la voce.
Un uomo su una trentina di fece avanti.
“Bene.”
L’uomo si mise davanti al ragazzo, che nettamente di altezza inferiore all’uomo che gli si era presentato davanti.
“Allora, che il combattimento cominci” disse la voce.
E poi come era successo più volte anche nelle mie battaglie, partì un fischio.
E l’uomo pelato tirò un pugno in faccia al ragazzo che barcollò indietro.
Si toccò con la mano il labbro tagliato e guardò l’uomo in modo scontroso.
Si avvicinò e fece una finta a destra, facendo spostare l’uomo, il ragazzo fu così veloce da girargli intorno fino a ritrovarsi dietro di lui e tirargli un calcio con tutta la pianta del piede in mezzo alla schiena dell’uomo pelato, che finì per terra in ginocchio.
L’uomo si rialzò subito e si fiondò sul ragazzo, candendo insieme a lui.
Appena il ragazzo batté la schiena contro il pavimento di cemento, tutta la sala ricca di persone trattenne il fiato.
Io lo guardai, disteso per terra, con gli occhi chiusi e con sopra di lui l’uomo pelato che lo schiacciava.
Fu in un netto secondo che il ragazzo tirò vari calci e pugni all’uomo che crollò di fianco al ragazzo.
Il ragazzo si mise a cavalcioni sull’uomo, e gli tirò una serie infinita di pugni sul viso.
L’uomo al ventesimo, alzò le mani in segno di arresa, e in quel momento la folla esplose in un boato fragoroso applaudendo le mani.
“Il campione” ridisse la voce.
Il ragazzo si alzò e alzò le mani e sorrise al pubblico.
“Christofer, Christofer !!” il pubblico lo acclamava, proprio come succedeva a me.
Christofer si spostò al lato del ring e si fece le mani insanguinate da una ragazza bionda.
“Allora, campione riesci a batterti ancora una volta??” disse la voce, provocando nel pubblico degli urli impressionanti.
Il ragazzo annuì.
Io potevo farcela, me lo sentivo potevo batterlo.
Lui poteva anche essere molto veloce per essere un uomo, ma io ero ancora più veloce e forte.
Mi feci largo tra la folla ed entrai nel ring.
“Tu sei lo sfidante??” disse la voce guardandomi.
Io annuì.
Il ragazzo si girò verso di me e mi guardò sconcertato.
“Io non mi batto con te!” mi disse guardandomi.
“Eddai campione, la farai a pezzi e vincerai un mare di soldi!” disse la voce del presentatore.
La folla iniziò ad urlare il nome di Christofer.
Il ragazzo si guardò attorno, e poi annuì.
“Bene, che l’incontro abbia inizio!” disse il presentatore.
“Mi dispiace se ti farò male” mi disse Christofer.
Poi si sentì il fischio e per un attimo che sembrò infinito, nessuno dei due fece niente.
Solo un secondo dopo lui mi tirò un pugno nel fianco e io caddi per terra.
Sbattei il braccio destro sul cemento.
Mi rialzai lentamente e Christofer stette fermo a guardarmi.
Mi guardò ancora una volta e poi vidi il suo pugno destro stamparsi sulla mia guancia e io barcollai all’indietro.
Io finì contro il pubblico e una signora mi diede una spintarella per rientrare nel ring.
Dovevo colpirlo alle gambe, erano quelle il suo punto debole, sopra era troppo forte.
Così mi abbassai, piegandomi sulle ginocchia e poi li tirai un calcio nel linguine.
Lui si piegò toccandosi la gamba e poi mi guardò.
Si avvicinò e il mio pugno sinistro li finì sul naso.
Lui si toccò il naso sanguinante e io li girai attorno, gli diedi un calcio e lui finì per terra.
Tutta la folla era rimasta senza fiato.
Lui era per terra a pancia in giù, io ero in piedi che aspettavo che si rialzasse, ma non faceva niente.
Tolsi da lui lo sguardo per tre secondi, e la sua mano afferrò la mia caviglia spingendomi e io caddi per terra a pancia in su.
Lui si mise sopra di me sedendosi sulle mie gambe per tenerle ferme e bloccando le mie mani con le sue sopra la mia testa.
Avvicinò il viso al mio e disse.
“Sei brava per essere una ragazza!” ridendo.
Gli morsi un braccio e lui mi lasciò le mani, io catapultai la situazione, mettendolo sotto di me, ora io ero a cavalcioni su di lui.
“Si sono brava!!” gli dissi sorridendo.
Lui mi guardò sbigottito e io li tirai un pugno.
Rimase fermo per tre secondi con gli occhi chiusi  e poi alzò le braccia in segno di arresa.
Io mi alzai da lui.
L’avevo battuto.



Note dell'autrice:
Terzo capitolo yep!!
Allora la nostra Arianne è scappata  da Madame Dorothea e ora ha deciso di affrontare "il campione", peccato però che Arianne vince e si fa su i suoi soldi.
Ma chi è realmente Christofer?
Che cosa accadrà tra i due?
Arianna continuerà da sola la sua avventura o avrà un compagno?
Bah che dire vedrete.
Parlo troppo, ultima cosa... RECENSITE, fatemi sapere che ne pensate, su su!!
Grazie mille.
xoxo#me

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