Carl Henderson e il medaglione perduto

di Veritas oculorum
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una morte improvvisa ***
Capitolo 2: *** Un aiuto inatteso ***



Capitolo 1
*** Una morte improvvisa ***


CAPITOLO UNO
La morte di Mary


Tra i torrenti limpidi che scorrevano veloci, nascosta tra le maestose chiome degli alberi che quasi toccavano terra, protetta da un’altissima parete rocciosa, posta sul punto più dominante del paese, sorgeva una piccola abitazione all’apparenza ben mantenuta.
Sembrava sorgere in un mondo immaginario: le pareti ricoperte da una fitta edera verde scuro che in primavera si riempiva di splendidi fiorellini rosa dall’aspetto bizzarro, le tegole del tetto spaccate, con l’erba sbucata in ogni fenditura, l’intonaco delle mura sgretolato e le finestre di legno scricchiolanti, inchiodate alla belle meglio.
La dimora dei Rupet che da sempre era la più bella e mantenuta casa a raggi di chilometri, oggi non era altro che un ammasso di mattoni ed erbacce che dall’alto ornava il paese dandogli un aspetto lugubre e malandato. Da quando i Rupet l’avevano abbandonata la casa era entrata a far parte del comune del paese, ma nonostante ciò nessuno vi metteva piede da anni. Il paese intero aveva convenuto, in una riunione popolare che aveva coinvolto tutti, di mettere in vendita la casa a chiunque ne fosse stato interessato, anche a chi avesse offerto la somma più bassa di tutte. Ma quel tanto desiderato compratore mai si era fatto vivo durante gli anni, poiché i vecchi del villaggio cominciarono ad inventare storie, vicende, pettegolezzi di ogni tipo per mettere paura a chiunque decidesse di addentrarsi oltre il confine di quella proprietà.
Ma ora che son passati anni, a dir poco decenni, la casa rispecchia tutta la bellezza d’un tempo, grazie alla giovane famigliola degli Henderson che sin da quando si presentò in paese con la buona intenzione di acquistare quel vecchio casale, conquistò la simpatia degli abitanti.
E da quel 13 settembre di alcuni anni fa che comincia la nostra storia... Il vento tirava forte lungo le strette vie di Tech portando con se tutto quello che incontrava. Il fresco profumo dell’estate diminuiva ogni giorno di più e in paese sia grandi che piccini, comprendevano anche se di malavoglia che era ora di ritornare a lavoro. Come in ogni anno, anche in quello, le grigie nuvole padroneggiavano nel cielo e a Tech si respirava l‟aria frenetica dei primi giorni di lavoro... Non di certo però nella famiglia Henderson .
John, Mary e il loro piccolo, Carl, abitavano su per la collina, nella vecchia dimora dei Rupet, che grazie a loro aveva riacquisito tutto lo splendore che ne godeva un tempo, e forse ancor di più. L’erbaccia del giardino era stata estirpata e a sostituirla ora c’era un tappeto verde e soffice di erba che sembrava tagliata da Dio in persona per la sua precisione. Le tegole del tetto erano state cambiate, e le pareti rinfrescate di un bel giallo zafferano. A decorare il giardino erano stati piantati cespugli rigogliosi di diverse altezze e fiori variopinti, per non parlare dei meravigliosi alberi di arancio che anche se ancor piccoli in autunno riempivano il giardino di un intenso odore che ti faceva quasi sognare. Da là sopra la piccola Tech, messa a confronto con quel travolgente paesaggio che ti si presentava dinanzi, sembrava una macchia di inchiostro fatta cadere distrattamente su un folio di carta bianca.
Mary era una donna sicura di se, un po’ più alta del marito e bella come un angelo. Aveva un viso pallido dagli zigomi pronunciati che mettevano maggiormente in risalto il rossore che aveva sulle guance, causato dalle lentiggini; una colata di rame fuso gli scendeva e gli accarezzava il viso dai morbidi tratti e metteva in risalto i fantastici e scintillanti occhi azzurri.
John, il marito, che per colpa del viso tropo ovale teneva la barba sempre ben cresciuta, aveva dei capelli marroni, come anche gli occhi,tagliati in modo sbarazzino che gli toglievano qualche anno di età e da quando era nato Carl aveva perso qualche chilo.
Infine c’era Carl, il figlio che tutti vorrebbero avere... più basso di una pagnotta, grassottello, con qualche ciuffo di capelli ereditati dal padre come anche i colori degli occhi. Una bocca carnosa, due guance rosa e quegli occhietti sfavillanti, lo rendevano il cocco di mamma e papà. Diventava particolarmente buffo quando, per renderlo al meglio nelle importanti occasioni Mary e John tiravano dall’armadio un completivo blu imbottito con scarpette e cappello abbinate che lo ingrassavano di due taglie.
Quel giorno sembrava destinato a essere come tanti altri, a essere dimenticato nel quotidiano, nessuno mai avrebbe potuto prevedere quello che sarebbe successo.
Era l‟alba di quella fresca mattina d‟autunno e Mary era già sveglia. Il vento le sfiorava la testa, mentre distesa sull’amaca in giardino guardava verso l‟aurora e allo stesso tempo portava in grembo Carl che non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Per lei quello era uno dei momenti sacri che trascorreva col su piccolo durante l’intera giornata. Seppur brevi erano quei piccoli attimi passati insieme, attimi di intimità che solo una madre può avere con un figlio, che le facevano capire come lei per Carl sarebbe stata una persona unica al mondo, inimitabile e insostituibile. Ma ancor di più l’unicità e la profonda naturalezza di quell’atto eterno d’amore, faceva si che sentisse Carl tutto per se. Infondo erano pochi gli attimi in cui provava questa sensazione: dopo la nascita di Carl, John decise di seguire i corsi universitari più vicini al paese e per di più per riuscire a pagare le costose tasse, sia lui che Mary lavoravano, alternandosi, al Mc Donald giù in paese. Poco dopo Carl si addormentò col visino poggiato sul morbido seno materno e anche Mary, rassicurata dalla tranquillità del piccolo, riuscì in parte a chiudere occhio e così a recuperare ore e ore di sonno arretrato.                                                                                   Quando riaprì gli occhi, il sole era già alto nel cielo e Carl, fu un sollievo per Mary, dormiva ancora. Lo mise con cautela sull’amaca, lo copri con una coperta in patchwork, e poi si alzò cercando di fare meno rumore possibile. Si sgranchì le braccia e si girò verso la casa dove John aveva appena aperto la porta a vetri della cucina che si affacciava sul retro della casa ed era intento a raggiungere la moglie ancora in pigiama, con i capelli arruffati e con un grosso libro di economia aziendale che gli penzolava da sotto le braccia.                    “Giorno amore” gli gridò da lontano con le note stanche di uno che non ha chiuso occhio per tutta lo notte e ha preferito studiare per passare al meglio gli esami che ci sarebbero stati da li a qualche giorno.                                                                                                Mary si portò subito un dito sulle labbra carnose e rosse per indicar di fare silenzio. John capì al volo. Intanto lei, il seno pronunciato e gonfio di una mamma che ancora allatta, messo ancora di più in risalto dal vento che le appiattiva del tutto la veste che indossava, mettendo in risalto le sue sinuose curve di cui John andava matto, gli si era avvicinata e gli dava un ‘buon giorno’ tutto a modo suo.         Dopo aver staccato le labbra da quelle del marito, un piccolo lamento stridulo e acuto venne da dietro l’amaca che nascondeva il piccolo oggetto del trambusto.                                                                                                                                                                     Oh no, pensò Mary esausta, è la quarta volta che si sveglia nel giro di cinque ore. Corse dal figlio ma John la precedette.                        “Ci penso io” disse “tu va dentro a prepararti un caffè”.                                                                                                                         Mary sorrise. Era quello uno dei tanti motivi per cui aveva sposato John: riusciva a capirla senza che lei dicesse una parola; il suo stato d’animo e lei sue sensazioni  sembravano essere collegate da un filo invisibile a lui che cercava di fungere come meglio poteva da riparatore.                                                                                                                                                                                   Mary entrò in casa, rassicurata nel vedere John che nonostante fosse stanco per via della nottata trascorsa in bianco, fosse riuscito ancora una volta a far riaddormentare Carl in pochi minuti, cosa nella quale  lei a volte impiegava persino ore. E lo invidiava per questo.     In confronto a me lui riesce sempre a farlo addormentare, in qualsiasi situazione, sempre. Perché io non ci riesco?, si chiese.                È ovvio no? Tu perdi subito la calma a differenza di John, ribatté critica la sua vocina interiore. Guardalo, è stanco morto, ma non lo fa pesare ne a te ne a Carl. Guarda con che naturalezza lo tiene stretto a se; guarda com’è dolce nei tuoi confronti; pensa sempre prima a voi due, sempre. È davvero cambiato.                                                                                                                                               È davvero cambiato, ripeté Mary dopo aver sorseggiato un po’ di caffè preso dalla grossa riserva di John che teneva sempre pronto quand’era li lì per crollare e darla vinta alla stanchezza.                                                                                                                      Si sedette al vecchio tavolo di faggio che avevano acquistato a basso prezzo con l’intento che avrebbero dovuto restaurarlo da se, cosa che non ebbero mai fatto perché il giorno dopo averlo acquistato a Mary gli si ruppero le acque e Carl nacque. Da quel giorno non avevano più trovato il tempo per dargli una sistemata, ma a Mary piaceva così, ruvido e scheggiato, perché gli avrebbe per sempre ricordato il momento più bello della sua vita. Con lo sguardo fisso sugli uomini di casa, Mary poggiò il tazzone di caffè (se così si poteva ancora chiamare avendoci aggiunto molta acqua per renderlo più accettabile) troppo allungato e lo spinse via quasi disgustata. Non faceva affatto per lei il caffe, era come qualcosa di vietato all’uso che però quella mattina, avendo finito le bustine di the verde solubile, e non avendo nient’altro in dispensa che potesse sostituirlo, a eccezione del latte in polvere di Carl, era stata costretta a provare non con grandi risultati. Nel frattempo John si era sdraiato sull’amaca e con Carl tranquillo che dormiva, poggiato sulla sua spalla, anche lui sprofondò nel mondo dei sogni. Purtroppo, improvvisamente, delle fredde goccioline di pioggia gli sfiorarono la pelle e lui cercando di non far svegliare Carl, fu costretto ad rincasare. Appena furono dentro Mary si rese utile, prese Carl e lo mise tranquillo nella sua culla di vimini intrecciata azzurra. “Le prime piogge” disse John rammaricato, alzando un sopracciglio e osservando il cielo azzurro farsi sempre più grigio e tempestoso. Si diresse in salotto, verso il televisore anni ’60 che lei e Mary avevano tanto faticato per trovare, lo accese e sprofondò nel suo posticino preferito della casa, la sua tana, il suo unico rifugio: la sua poltrona in pelle che aveva comprato a un’asta a Brighton a soli 90£.               Cambiava continuamente canale finché non trovò il meteo e decise di lasciarlo. Anche se Mary era in cucina, riuscì benissimo a seguire il sevizio del metereologo...
“Buongiorno a tutti” disse un grasso uomo con la barba e i capelli bianchi e vestito con una giacca un po‟ antica “oggi si che è una di quelle giornate che definirei dire perfette. Il sole splende e splenderà per tutta la giornata. Quindi il mio consiglio e di approfittarne per trascorrere insieme ad amici e parenti le ultime esperienze all‟aria aperta prima che subentri l‟inverno. Nel corso della settimana venti freddi si sposteranno verso sud. Non ho altro da dire quindi l‟ultima cosa che sento in dovere di augurarvi è una buona giornata a tutti.”.
Il servizio finì così, Mary era un po‟ turbata, fece alcuni passi fino al salotto, guardo strano John e poi disse “Con questo tempaccio, non si saranno forse sbagliati...”.
Anche John era confuso “ tutto e possibile con i tempi che corrono” disse e cambiò canale.
Il tempo passava e così anche la pioggia che invece di attenuarsi aumentò ancor di più; Mary aveva approfittato del fatto che Carl dormisse, per stirare l‟immensa montagna di panni che conservava da giorni sulla lavatrice. Ci fu un improvviso rumore, ma sia John che Mary pensarono fosse il vento.
John chiuse la tv, andò in cucina e prese un po‟ di acqua calda dal bollitore, stava per immergere la bustina di the nell‟acqua quando quel rumore si ripeté, ma questa volta ancora più forte; all‟improvviso se ne andò la luce. Mary corse subito a cercare la torcia ma nell‟oscurità urtò contro il ferro caldo e si ustionò. Non ci fece molto caso, arrivò al ripostiglio in soggiorno e la trovò, la accese e andò a cercare Carl che nel frattempo si era svegliato per lo spavento. Quando lo ebbe trovato, andò verso il marito. Quello la vide e disse subito: “Prendi Carl dobbiamo andarcene e in fretta” stava guardando fuori dalla finestra.
Ci fu una un‟improvvisa luce che a differenza della torcia illuminò tutta la sala da pranzo. Fuori dalla finestra - ora anche Mary lo aveva capito poiché la finestra si spalancò all‟improvviso facendo entrare una forte corrente d‟aria - sette uomini coperti da lunghi mantelli neri a coprire il volto, giacevano di fronte a loro circondati da una forte luce. Il primo tirò la mano destra fuori dal mantello e la aprì quasi come se volesse qualcosa che gli appartenesse o che gli fosse stato rubata.
“No, no, mai...” disse Mary che sembrava aver capito “John corri prendi tu Carl mettetevi in salvo. Ti prego vai!”
“cosa sta succedendo?!” disse quello preoccupato.
“vai non c‟è tempo di spiegare” disse Mary, ora le lacrime gli rigavano il volto.
John prese Carl di fretta e uscì dalla porta principale, anche Mary poco dopo li raggiunse e insieme si diresse giù per la collina. Mary guardò il cielo e s‟impaurì ancor di più: un cerchio di nuvole nere era sulla loro casa e la pioggia, che proveniva da quelle, cadeva solo sulla loro proprietà, guardò verso Tech lì il sole splendeva, l‟uomo del meteo non si era per niente sbagliato.
Continuarono a correre; John, nonostante avesse Carl in braccio, era più veloce della moglie, poi all‟improvviso sbatte contro qualcosa d‟invisibile che lo fece separare da Carl facendogli perdere i sensi. Mary si fermò di colpo guadò dietro e vide i sette uomini avanzare verso di lei. Sembrano non aver paura, come se un guardiano invisibile non l‟avrebbe fatta  fuggire. Volevano solo lei, lo sapeva, doveva farsi coraggio.
Gettò qualcosa a terra, guardò Carl, poi John e cercò di scappare ma come il marito, anche lei fu scaraventata a terra da quella barriera invisibile ma a differenza di lui, lei non perse i sensi. Gli uomini alzarono una mano da cui uscì un getto di luce gialla contro Mary che rimbalzò contro il suo medaglione rimbalzandogli e prendendoli in pieno a tutti e otto. Mary e gli uomini sparirono, così come la barriera.
Qualcuno aprì gli occhi. Era un sogno? John si trovava in un‟immensa stanza bianca, dove come per magia da lontano vide comparire una figura che pian piano, facendosi avanti, riconobbe come sua moglie. Gli si avvicinò quasi a sfiorarlo, indossava un leggero abito bianco in lino che quasi s‟impastava col bianco della stanza. John non l‟aveva mai vista così bella, sembrava un angelo, era un angelo.
“John” la sua voce era calma e rilassata, poi guardò verso il basso.
“Ma... Mary cos‟è successo?” John era scioccato riuscì a dire solo queste poche parole ma tante altre domande gli frullavano nella testa: dove si trovavano?... Carl stava bene? Poi anche lui, proprio come la moglie, abbassò lo sguardo e vide Carl sveglio, piangeva, si rotolava nell‟erba bagnata cercando la mamma e il papà.
“Non avere pietà per me. Ormai io sono e sarò per sempre il passato. Cresci Carl, so che ne sei capace, sei un buon padre, ce la farai” continuò Mary ora un po‟ triste.
“Ma cos‟è succeso, dove ci troviamo? Non sarai frutto della mia immaginazione vero?
“Si e no, dipende tutto da te”
“Ci rivedremo mai?”
“Solo se tu lo vorrai... ora devi andare. Recupera il mio medaglione, dallo a Carl, quando sarà più grande e capirà”.
“Capirà cosa, che c‟è da Capire?” John era confuso.
“Se ti senti confuso c‟è un‟unica persona che saprà veramente spiegarti tutto. Se lo vorrai lei sarà disposta a dirti tutto” gli rispose Mary, una lacrima gli uscì da un occhio e gli colò giù per la guancia.
“Stiamo sognando, non è così?” chiese John alla moglie che sembrava saperne più di lui.
“Tu si, io no” questa fu l‟unica risposta che Mary riuscì a dargli, e poi sparì.
John si sentì improvvisamente catapultato in un‟ altra dimensione totalmente diversa da quella da cui era appena venuto. Sentì l‟odore dell‟erba, si alzò, aveva finito di piovere, le nuvole si stavano allontanando verso terre a loro lontane. Corse da Carl e raccolse il medaglione proprio come gli aveva chiesto la moglie. Lo prese in mano, lo aprì e lo guardò per qualche istante sul suo palmo e improvvisamente una strana idea gli balenò per la testa: ma certo si disse ecco cosa voleva dire Mary.


 

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Capitolo 2
*** Un aiuto inatteso ***


CAPITOLO DUE
Poi improvvisamente ritornò con la visione del mondo reale. Abbassò lo sguardo sul figlio che era addormentato nelle sue braccia, incredulo di quello che era appena accaduto, immerso nei meraviglioso mondo dei sogni che erge una barriera difensiva invisibile. Invece lui era consapevole, aveva vissuto il tutto così vividamente che ancora gli ritornavano alla mente le sfocate immagini di Mary, che con Carl stretto nelle braccia, spariva dietro la porta. Non capiva ancora, però, perché tutto ciò era accaduto, chi erano quegli uomini, e soprattutto cosa volevano dalla moglie? Pensò al futuro che lo attendeva. Non ci riuscì. Non riusciva a pensare a un futuro senza la moglie, tutti i loro progetti, tutti i loro sacrifici, gli erano stati strappati via in un attimo, sentiva un grande vuoto dentro. Cosa avrebbe dovuto fare? Non voleva che la voce si spargesse in giro, chi lo avrebbe creduto raccontando la verità dei fatti? Una lacrima gli rigò il viso. Era appena entrato in un tunnel buio in cui ora, in quello stato, non era certo se avrebbe mai più visto la luce. Si alzò piano da terra, imitando i movimenti calmi e docili della moglie per non far svegliare Carl, e lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto, salì su per la collina, guidato da grandi alberi di abete piantati per delimitare la proprietà. Quando fu a casa mise Carl nella culla. Entrò in cucina, e osservò svariate cose, ognuna lo fecero pensare alla moglie. Vide il ferro da stiro caduto per terra, il lenzuolo in patchwork, i vestiti accumulati nella bacinella, alcune stoviglie sporche e solo a loro si rese conto di quanto non fosse stato d‟aiuto alla moglie. La poltrona era l‟unico oggetto che facesse pensare a lui. Uscì fuori in giardino e si sedette sull‟amaca dove solo poche ore prima era sdraiata Mary, con Carl in grembo, il sorriso stampato in faccia. Un forte brivido lo scosse. Tolse fuori dalla tasca del pantalone il medaglione della moglie e lo strinse forte nelle mani, in un atto estremo di disperazione. Un‟altra lacrima, questa volta più grossa, cadde dal suo occhio destro, scivolò velocemente sulla liscia superficie dorata del medaglione e andò a cadere sul pantalone
lasciando una macchia ben visibile. Non poteva starsene con le mani in mano e aspettare che il tempo facesse da se. No sapeva però a chi rivolgersi. Per qualche istante pensò persino di abbandonare Carl, di donarlo a qualcuno che meglio di lui avrebbe saputo prendersene cura. No, no, no ... non posso ... non è giusto. Bastarono solo questi pochi pensieri per far distorcere quella brutta, orrenda ipotesi dalla sua testa. Non aveva nessuno, eppure aveva un disperato bisogno d‟aiuto. Ripensò agli sbagli fatti in passato, sia lui che la moglie erano stati troppo attaccati al benessere del figlio, tutti e due si erano chiusi in una campana di vetro che li rendeva invisibili al mondo. Pensò a quello che una volta aveva ascoltato di nascosto dire alla madre di Mary rivolta alla figlia: non è mai bene affezionarsi troppo a una persona. Secondo lui aveva terribilmente torto.
Non è possibile non amare o voler bene qualcuno, è impossibile non avere sentimenti, è questo che dopotutto ci distingue dagli anim ... Il suo flusso di pensieri era stato inavvertitamente interrotto da qualcosa di più importante. Sapeva a chi rivolgersi: alla madre di Mary, Elisabeth. Sarà difficile pensò sarà davvero parecchio difficile. Era vero sarebbe stato davvero difficile, non aveva sue notizie ormai da molto, troppo tempo. Ma non aveva altra scelta, doveva fare quello che era giusto per suo figlio. Dopo una pausa di silenzio e riflessione, passata ad ascoltare il cinguettio degli uccelli mattutini e il dolce frusciare delle foglie, John si decise ad alzarsi. Rientrò in casa, estrasse silenziosamente Carl dalla culla e lo mise in una in vimini. Guardò l‟orologio - avrebbe avuto abbastanza tempo per fare tutto, mancavano ancora quattro ore per la pappa mattutina di Carl – e si diresse in macchina. Mentre scendeva giù per il paese provò a farsi forza, anche se in quel momento sembrava la cosa più difficile da fare. Non sapeva dove trovare Elisabeth, si ricordava solo della casa dove parecchi anni prima era andata a prendere Mary per il loro primo appuntamento. Parcheggiò la macchina di fronte una grande casa bianca, ricoperta in legno, rialzata da terra da quattro gradini e circondata da un grigio e spoglio giardino. Scese - pensò che sarebbe stato meglio continuare a far dormire Carl – e dopo essersi
accertato che lo sportello fosse ben chiuso, salì i gradini ed entrò all‟ombra del piccolo porticato d‟ingresso. Suonò una sola volta il campanello, aveva l‟aria di uno che solo dopo aver agito capisce di aver sbagliato. Stava per girarsi e andare via quando la porta della casa si aprì. Una donna di mezz‟età, con una lunga veste a fiori e dei capelli marroni raccolti in uno stretto scimion lo guardò dritto negli occhi, meravigliata.
“J-John?!” sembrava aver visto un presunto marito morto tornare dalla guerra.
John se ne stava zitto, spostando il peso del corpo da un piede all‟altro, aspettando o per lo meno sperando, che fosse la suocera a fare la prima mossa. Quella, senza aggiungere altro, si fece indietro o lo fece entrare.
“Ti chiederai il motivo della mia visita” John parlava senza calore, la bocca ridotta ad una fessura e rinsecchita.
“Ebbene?” chiese Elisabeth in tono altezzoso.
John si domandava come avrebbe fatto a dire la verità a quella strana donna. Come si può dire a una madre che la figlia è morta? Gli sembrava crudeli e inumano dirlo spudoratamente, ma prima che la ragione gli arrivasse alla mente, quell‟inconsapevolezza infantile lo pervase.
“Mary è morta” avrebbe voluto rimangiarsi tutto, avrebbe voluto schiacciare il tasto indietro del telecomanda, ma quella era la vita vera e niente avrebbe potuto farlo tornare indietro.
Elisabeth fu colta alla sprovvista. Le gambe non la sostennero più, si lasciò cadere a peso morto sulla poltrona alle spalle, improvvisamente sembrò che il suo fare da signora, fosse stato spazzato via dal più grande dei dolori. Guardò il genero, che come lei lasciò tranquillamente, senza aver paura che qualcuno l‟avesse visto, scivolare sulla guancia un calda lacrima. La donna sembrava presa dal panico, dalla paura, dal rimorso. La mascella gli tremava, così come ogni altra parte del corpo.
“Non è possibile” ansimò Elisabeth, lo sguardo del tutto assente.
John continuava a tacere, non sapeva cosa dire, sperò solo che la sua presenza bastasse; intanto la donna continuava a disperarsi, le mani portate sulla fronte a coprire le ormai evidenti lacrime.
“Non è giusto” John parlava col cuore “la amavo e ora invece ...”
In quel momento Elisabeth non lo ascoltava, perdere una figlia era un colpo troppo basso persino per una donna come lei, l‟aveva spiazzata completamente. Nella stanza regnò il più luttuoso dei silenzi, poi qualcuno parlò ...
“Com‟è successo?” domando Elisabeth secca.                                                                              “Non ne ho idea” rispose sinceramente John.                                                                               “Come non ne hai ide ...”
“Non lo so” la interruppe John fuori di se.
“Lo sapevo che sarebbe finita così. Non ho mai approvato la vostra relazione e questa è la conferma di quanto avevo ragione. Raccomandavo sempre mia figlia di intraprendere buone amicizie, buone scelte, ma sembra che abbia fatto tutto l’opposto. Ti conobbe e fu subito ammagliata da te, se ne andava per casa ripetendo il tuo nome come un cane che ha perso il suo padrone. Cosa avrei potuto fare io? Gli impedii così di frequentarti, ma lei come sempre non mi dette retta. Ha preferito te a me e ha deciso di sposarti, inconsapevole di cosa significasse un matrimonio, inconsapevole di quello che stava facendo.” Elisabeth sembrava essere ritornata in se, parlava con amarezza e asprezza, gli occhi evidenziati dalle lacrime. “E poi è successo quello di cui avevo maggiormente paura: che mi chiedesse di sposarti. Ma lei non lo fece, no; forse aveva paura, o forse mi riteneva semplicemente un ostacolo per la vostra relazione. Così decise di farmi fuori con un’arma facile ma allo stesso tempo efficace: mi tagliò fuori dalla sua, dalla ormai vostra vita, dalle sue scelte e da tutte quelle decisioni che una volta avrebbe preso solo con la mia approvazione . Diventò una spostata, ci vedevamo ormai poco, la nostra relazione divenne sempre più̀ complicata e tesa. Fin quando non ce la fece più e mi disse addio per sempre. Me lo ricordo come fosse ieri. È venuta qui dicendomi che se non avessi accettato te non avrei potuto avere lei. E così fu. Stetti male, davvero male. Pensavo però che sarebbe tornata una volta passata la fase di inizio matrimonio, in cui tutto sembra perfetto, tutto sembra andare per i verso giusto. Pensavo che una volta capito chi era veramente sarebbe tornata da me a gambe levate. Ma non accadde e mai accadrà”.                                                                           “Elisabeth” disse John quando la donna terminò di parlare “sono qui perché mi sembra doveroso dirti come stanno le cose. Mary era tua figlia, ma era anche mia moglie e l’amavo come non amo nessun’altro al mondo. Avevi ragione sul mio conto, anch’io ora che mi guardo alle spalle, con il senno di poi, mi rendo conto come sia stato all’inizio un cattivo esempio per tua figlia e capisco in pieno quanto tu possa essere stata contraria al nostro matrimonio. Ma sono cambiato, credimi…”                                                                                                   “Ah si” disse disprezzante Elisabeth “è come?”                                                                                                                                                                             “Grazie alla cosa più importante che ho in questo mondo”.                                                                                                                       “Che sarebbe Mary”.                                                                                                                                           “No” rispose sinceramente John, e alla sua affermazione Elisabeth rimase allibita “ma grazie a mio figlio”.                                                                                                                                                                      Improvvisamente il viso tirato di Elisabeth si sciolse alle parole del  genero. Presa alla sprovvista la vecchia non trovò altre parole da dire che: “Avete avuto un figlio? Tu e… e Mary siete diventati genitori... Io sono diventata nonna”.                                                                                                               “Si” affermò John “sei diventata una nonna. Mary da qualche mese aveva preso in considerazione la possibilità di venirti a trovare per farti conoscere Carl e penso proprio che l’avrebbe fatto se non fosse successo tutto questo. Mary desiderava tornare ad essere la famiglia unita che eravate una volta, le mancavi davvero molto e ogni volta per far addormentare Carl cantava una ninna nanna che diceva le cantavi sempre tu da piccola. Lei non ti ha mai dimenticato… e sono qui per chiederti di darci, anzi di darmi visto le cose come stanno, una seconda possibilità”.                                                                                            Elisabeth aveva ricominciato a piangere e improvvisamente, per la prima volta nella sua vita, guardò John come fosse suo figlio.                                                                                                                  “Ti prego Elisabeth” aggiunse John emozionato “buttiamoci il passato alle spalle”.                                                    Elisabeth si alzò e corse ad abbracciare piangendo John che non poté fare a meno di essere felice, nonostante tutto quello che era successo.                                                                                                  Dopo il caldo abbraccio di approvazione di Elisabeth che iniziò a far vedere un piccolo spiraglio di luce infondo al tunnel buio che fino a qualche istante prima lo tormentava, John uscì fuori casa e prese Carl dalla macchina. Lo portò dentro e Elisabeth non poté fare altro che continuare a piangere e portarsi le mani davanti il viso per l’emozione rendendosi finalmente conto di quanto aveva sbagliato con la figlia e con John negli ultimi anni.                                                                                                                    Prese Carl in braccio, un brivido caldo e pieno d’amore la percosse, quello aprì gli occhi sbadigliano e con una piccola manina se li strofinò. Vedendo Elisabeth non si mise a piangere, ma sorrise come se conoscesse il volto della nonna da sempre, come se quel volto gli ricordasse quello familiare di Mary.                                                                                                                                                 John vide davanti a se, per la prima volta dopo quella brutta sera, un futuro prosperoso per Carl che ne era totalmente sicuro, sarebbe cresciuto in una famiglia quasi del tutto normale, come tutti gli altri bambini della sua età, che non gli avrebbe mai fatto avvertire il vuoto lasciato dalla madre.                                             
 

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