Il ritratto di Arianne Bellin

di Fiamma Erin Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

 

Italia, 1655.

 

 

 

Arianne era rannicchiata al fianco di sua madre, sforzandosi di ignorare la puzza che la circondava. Non sapeva cosa fosse, ma di una cosa era certa: non era nulla di buono.

- Mamma, ti prego, mamma. – mormorò, scuotendola leggermente.

- Mamma, svegliati, per favore. –

La scosse ancora, osservando preoccupata lo strano modo in cui ciondolava il capo della sua mamma. Sembrava una di quelle bambole di pezza con cui giocavano lei e le sue sorelle. Era profondamente sbagliato che un essere umano potesse essere tanto inerte.

- Cintia, Rossella, Daniel … - sussurrò, rivolgendosi all’angolo buio in cui sapeva per certo esserci il resto della sua famiglia.

Nessuna risposta. Perché non le rispondevano, l’avevano forse lasciata da sola?

Arianne aveva paura del buio, ne aveva sempre avuta, allora perché l’avevano abbandonata in quella vecchia casa piena di spifferi e impregnata di quell’odore stagnante? Perché non la aiutavano a svegliare la loro mamma?

Venne assalita da un’intensa sensazione di bruciore. Si grattò le braccia, sussultando per il dolore quando una delle gigantesche bolle scoppiò. La mamma aveva detto che sarebbero andate via, che presto sarebbe stata bene, però aveva anche detto che non l’avrebbe mai lasciata sola. Aveva mentito, la mamma era una bugiarda. E lei aveva così freddo e tanta, tanta fame.

Il rumore cigolante della porta che si apriva la fece sussultare. Chi poteva essere? Si rannicchiò ancora di più contro il corpo della madre, sperando che gli intrusi non la notassero.

- Niklaus, è inutile cercare qui, non senti il tanfo della putrefazione? –

A parlare era stata la voce più piacevole che Arianne avesse mai sentito nell’arco della sua breve esistenza.

- Ti ho già detto, mio scettico fratello, che ho sentito distintamente il battito di un cuore. Un cuoricino malandato, certo, ma pur sempre vivo. –

- Un bambino? –

Improvvisamente ad Elijah fu tutto chiaro. Niklaus non era a caccia, sperava di essere capace di salvare la vita di quella piccola creatura. Suo fratello aveva sempre avuto uno strano istinto protettivo nei confronti dei bambini.

- Ecco, è lì. – annunciò, dirigendosi a passo sicuro verso il cadavere di una donna.

Stretta a lei, tremante per la paura o semplicemente per il freddo, stava uno scricciolo di bambina. Era coperta dalle pustole della peste, la pelle era talmente sudicia che la carnagione avrebbe benissimo potuto essere alabastrina o mulatta, gli occhioni grigi lo fissavano sbarrati dalla paura.

- Come ti chiami, tesoro? – le chiese con voce suadente, chinandosi su di lei.

Arianne si tirò istintivamente indietro. C’era qualcosa in quel giovane uomo che sembrava gridare a gran voce pericolo.

- A- Arianne, signore. –

- È la tua mamma, quella? –

La voce incantevole che aveva sentito prima la spinse a rivolgere lo sguardo sull’altro uomo. Anche lui le sorrideva, ma per qualche strano motivo sentiva di poter fare affidamento su di lui.

- Sì, io credo … credo che sia morta. – mormorò, dando voce a quel terribile pensiero che si era fatto lentamente strada in lei.

- È così, piccina, ma fortunatamente per te, posso guarirti. –

- Signore, non può essere lei a farlo? – pigolò, lanciando uno sguardo supplichevole a quello dai capelli scuri.

- Certo. Me ne occupo io, Niklaus. –

Se le parole della piccola lo ferirono non lo diede a vedere.

- Sbrigati, Elijah, non credo che al nostro pulcino rimanga ancora molto da vivere. –

Arianne osservò timorosamente mentre quello che sembrava essere il più grande dei due si mordeva il polso e glielo porgeva con grande garbo. Osservò il liquido scuro scorrere sulla pelle candida  dell’uomo.

- Cosa devo farci? –

- Devi berlo, bambina. –

Non dubitò neanche per un istante delle parole dello sconosciuto, qualcosa in lei le gridava di fare come le diceva. Posò le labbra sulla ferita e bevve avidamente.

 

 

*********

 

 

- È un bel quadro, chi è la ragazza con voi? – domandò Camille, esaminando il grande dipinto sul camino di casa Mikaelson.

Gli occhi di Klaus sembrarono incupirsi e la ragazza capì di aver fatto la domanda sbagliata.

- Una persona a cui tenevamo molto. –

A rispondere era stato Elijah, con tono compassato. Si leggeva una profonda sofferenza in entrambi i fratelli.

- Doveva essere una persona speciale. – considerò.

Sì, doveva esserlo sicuramente se aveva segnato così profondamente quei due uomini.

- Lo era. – assicurarono  all’unisono.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

La mia prima fic sui mitici Originals, spero che vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 2
*** Cap 1 ***


Cap 1

 

 

 

 

Le parole di Camille gli risuonavano nelle orecchie, “Doveva essere una persona speciale”, mentre fissava il quadro come se fosse maledetto. Quando Rebekah glielo aveva portato, la mattina prima, aveva dato per scontato che sarebbe stato contento di rivederlo, di sapere che si era salvato. Nulla di più sbagliato.

Era stato dipinto durante l’ultimo Natale che avevano passato insieme, un mese prima dell’incendio, prima che la bellissima e dolce Arianne andasse in fumo.

Con la coda dell’occhio, vide che anche Elijah lo stava fissando. Sapeva che stavano pensando alla stessa cosa. Faceva male guardarlo, quattro facce sorridenti e ammiccanti impresse su una tela da più di trecentocinquant’anni. A pensarci bene, da allora nessuno di loro era mai più stato veramente felice, ma a quel tempo non potevano certo immaginare cosa sarebbe accaduto. Faceva male soprattutto il sorriso di lei, congelato per sempre su quella tela.

 

 

 

**********

 

 

 

 

Italia, 1655.

 

- Niklaus, Elijah, finalmente siete tornati. Stavo cominciando a … –

Rebekah si zittì non appena vide ciò che il maggiore dei suoi fratelli teneva tra le braccia. Inizialmente le era sembrato solo un fagotto sporco, ma ora che guardava meglio riusciva distintamente a distinguere il volto e il corpicino di una creaturina denutrita e malata.

- Cosa c’è, adesso gestiamo un orfanatrofio? – commentò, mettendoci volutamente tutto il sarcasmo che riusciva.

I suoi fratelli sapevano che ciò che più la faceva soffrire era il fatto di non poter dare la vita. Avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa pur di avere ciò che tutte le ragazze di quel tempo sognavano: un amore puro, una bella famiglia, e qualche marmocchio urlante in giro per casa. Lo sapevano, eppure le portavano in casa quella ragazzina.

- Le ho dato un po’ del mio sangue, sta guarendo e ha bisogno di un posto in cui stare. – cominciò Elijah, ma Klaus intervenne prontamente, - Perciò, mia volubile e sentimentale sorellina, credo che non sarà un problema per te aiutare … -

Lanciò un’occhiata desolata alla ragazzina, - Perdonami, tesoro, ma non so il tuo nome. –

- Arianne … Arianne Bellin, signore. – rispose. Ora, stretta tra le braccia forti di Elijah, sentiva di cominciare a fidarsi un po’ di più anche di Niklaus.

- Bene. Non sarà un problema per te aiutare la nostra piccola Arianne a darsi una ripulita, vero Rebekah? –

La ragazza storse il naso, - Non sono una governante, Nik. –, tuttavia annuì con un sospiro.

Arianne venne messa delicatamente a terra, alzò gli occhioni grigi a incontrare quelli castani di Elijah.

- Starai bene con Rebekah, puoi fidarti. –

E se lo diceva lui era la verità, lo sapeva. Lo sentiva con ogni fibra del suo essere.

Si allontanò lentamente dall’uomo e mosse i primi passi incerti verso quella ragazza dall’aspetto angelico che la fissava con una strana espressione dipinta sul viso. La seguì fino al piano superiore, si lasciò spogliare e aiutare a entrare nella vasca.

Rimase in silenzio finchè non avvertì una lieve melodia, che veniva mormorata dalla ragazza mentre le lavava i capelli. Per qualche ragione si decise a chiedere ciò che le stava a cuore.

- Perché avete accettato di aiutarmi, anche se non vi piaccio? – domandò con voce tremante.

Sua madre le aveva sempre ripetuto che non stava bene fare troppe domande, specie quando erano rivolte a qualcuno che si stava dimostrando gentile e altruista, ma la curiosità era troppa. In undici anni nessuno, tranne sua madre e i fratelli più grandi, si era mai dimostrato gentile e misericordioso con lei.

Rebekah smise di canticchiare, fissandola stupita. Quella bambina era straordinariamente intuitiva, aveva capito all’istante che c’era qualcosa che non andava.

- Non è vero che non mi piaci. E comunque, quando Nik fa qualcosa di buono è difficile trovare una spiegazione, lui stesso non sa darla. –

Arianne annuì, non aveva capito molto, ma la cosa importante per lei era che quella ragazza così bella e delicata non ce l’avesse con lei.

- Allora, se vi piaccio, perché avevate quello sguardo quando mi avete vista? –

Rebekah sospirò, cercando le parole giuste.

- Io non posso avere figli, anche se li desidero molto, ero solo sorpresa di avere una bambina in casa. –

Arianne riuscì a percepire chiaramente la tristezza nella sua voce. Una volta, aveva sentito sua madre parlare con una delle sue amiche; dicevano che la figlia del fornaio non poteva avere bambini, da come parlavano sembrava che fosse una maledizione. Rebekah però non sembrava così, infelice sì, ma maledetta proprio no.

- È per quella storia di bere sangue … Non siete come me, vero? –

Sì, era decisamente maledettamente intuitiva.

- Fai troppe domande. Vieni, devi asciugarti i capelli o ti ammalerai. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

******

 

 

 

 

Italia, 1661

 

 

 

 

Elijah distolse lo sguardo dal libro che stava leggendo e lo rivolse verso la ragazza seduta davanti al pianoforte. In quegli anni Arianne era cresciuta, non era più una bambina, ma una splendida giovane donna. I capelli le arrivavano a metà schiena e sembravano una cascata di morbide onde corvine, gli occhi grigi scintillavano di una luce particolare, un guizzo di malizia mista a intelligenza che per certi versi gli ricordava Niklaus.

- Come stavo andando? – domandò la ragazza, abbagliandolo con uno di quei sorrisi smaglianti che riservava solo a lui, o raramente a Rebekah. Quando gli sorrideva in quel modo, Elijah aveva l’impressione che ogni cosa diventasse più luminosa.

- Bene, come sempre. –

- Hai avuto un’incertezza nell’ultimo passaggio. Elijah forse era troppo preso dai suoi libri per notarlo, ma a me non è sfuggito. – intervenne una voce maschile.

Arianne sbuffò, voltandosi a rivolgergli un buffo broncio.

- Non riesci proprio mai a dire semplicemente che sono stata brava? –

- Voleva solo essere una constatazione sincera. –

- Tu non sei mai sincero, Nik. –

L’Originale le rivolse un’occhiata penetrante, mentre gli occhi azzurri si incupivano come accadeva sempre quando era contrariato da qualcosa.

- Ne sei proprio sicura? –

- Assolutamente, e lo sai. – ribattè, per nulla intimorita dall’aria minacciosa di Klaus. Poi abbandonò lo sgabello e si diresse a passo risoluto fuori dal salone.

Elijah la seguì con lo sguardo, per poi guardare il fratello con lo stesso sguardo che questo aveva usato con Arianne, - A cosa si stava riferendo, Niklaus? –

- Non sei tu quello che è sempre in perfetta sintonia con lei, che l’aiuta in ogni cosa? Credevo lo sapessi, o forse il vostro legame non è tanto forte come credevi. –

Scrollò le spalle, sforzandosi di ignorare l’insinuazione del fratello.

- Non è più una bambina, Niklaus, parla con me solo di ciò che vuole. Perciò te lo chiedo nuovamente, a cosa si stava riferendo? –

- Nemmeno io sono un bambino, Elijah, quindi non sono tenuto a dirti tutto ciò che accade nella mia vita. Soprattutto quando non ti riguarda. – aggiunse freddamente, abbandonando a sua volta il salotto.

 

 

 

 

 

 

 

 










Spazio autrice:

 

Eccomi con il nuovo capitolo. Come avrete notato, all’interno dei vari capitoli ci sono vari salti temporali. Questo perché ho voluto costruire la fic come nel telefilm, ossia con sporadici flash back in cui i personaggi rivivono eventi per loro importanti. Credo che questo metodo almeno per il momento sarà di aiuto per spiegare bene il rapporto tra Arianne e i Mikaelson, in seguito la narrazione sarà completamente ambientata a New Orleans all’epoca del telefilm. Spero che vi sia piaciuto e che vorrete farmi sapere che ne  pensate. Al prossimo capitolo.

Baci baci,

               Fiamma Erin Gaunt


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Capitolo 3
*** Cap 2 ***


Cap 2

 

Arianne uscì in giardino. Se aveva ereditato la passione per i libri da Elijah e quella per la musica da Niklaus, era certamente vero che il piacere dello stare all’aria aperta era una caratteristica tutta sua. Si diresse verso le scuderie, certa che lì avrebbe trovato la serenità che cercava.

- Ssssh, va tutto bene, Robin. – sussurrò, accarezzando gentilmente il muso di un sauro dalla costituzione imponente. Il cavallo nitrì leggermente, per poi leccarle la mano con gentili movimenti. Era l’animale più affettuoso che avesse mai incontrato, il regalo migliore che avesse mai ricevuto in diciassette anni di vita.

- Sapevo che ti avrei trovata qui. –

Niklaus. Possibile che dovesse sempre fare le cose di testa sua, che non la lasciasse mai da sola quando era arrabbiata con lui?

- Se avessi saputo che mi avresti trovata non ci sarei venuta. – ribattè freddamente.

- Sei ancora infuriata con me, sweetheart? –

- Sì, e non chiamarmi così. –

La fissò accigliato, - Una volta ti piaceva questo vezzeggiativo. –

Già, una volta, prima che diventasse il marchio comune con cui si appellava a tutte le giovani e affascinanti donne, umane e non, che passavano per il suo letto durante gli anni. Aveva sempre creduto di essere speciale, qualcuna a cui tenesse sul serio, ma a quanto pareva non era altro che una delle tante. Una sacca di sangue da vuotare e poi gettare via come se fosse spazzatura.

Che sciocca che era stata.

 

 

 

Una settimana prima …

 

 

Era il giorno del suo compleanno, il sesto anniversario che passava in quella casa, e si stava mettendo a letto dopo aver festeggiato per tutto il giorno. Era stanca, i piedi le dolevano per le ore di ballo e i primi sbadigli le sfuggivano dalle labbra morbide e voluttuose. Stava per infilarsi sotto le ampie coperte del suo letto a baldacchino quando la porta in noce si aprì con un lieve cigolio.

- Sei ancora sveglia. –

Non c’era rimprovero nelle sue parole, ma quasi un senso di sollievo.

- Nik, cosa c’è? –

Di solito non la veniva mai a trovare, era Elijah quello che quando era più piccola le leggeva uno dei suoi racconti e le dava la buonanotte.

- Non ti ho ancora dato il tuo regalo di compleanno, sweetheart. – replicò, avvicinandolesi con un sorriso sghembo stampato sul viso.

Lo fissò perplessa, eppure aveva già ricevuto un dono da lui.

- Mi hai regalato il pianoforte nuovo. – gli fece notare.

- Diciassette anni sono importanti, sweetheart, non penserai che uno strumento musicale basti. – replicò, con appena una punta della sua solita ironia.

Le si avvicinò ancora, accarezzandole distrattamente una guancia e invitandola poi ad alzare il mento, guardandolo negli occhi.

- Buon compleanno, piccolo tesoro. – le sussurrò a fior di labbra, per poi baciarla gentilmente.

Era la prima volta che Arianne veniva baciata e la sensazione delle sue labbra la lasciò leggermente sotto shock.

Fece per dire  qualcosa, ma Niklaus se ne era già andato.

 

 

 

- Perché mi hai seguita, Niklaus? – domandò, senza preoccuparsi di nascondere la collera nella sua voce.

- Perché sei arrabbiata con me? – chiese per tutta risposta.

- Perché giochi con me come se fossi una stupida bambola. Non sono una delle tante che usi a tuo piacimento eppure ti comporti come se lo fossi. E lo detesto, anzi, ti detesto quando fai così. – si corresse prontamente.

L’Originale sgranò gli occhi, sorprendentemente preso in contropiede.

- Questo non è affatto vero, non ti tratto come loro. – protestò, per poi aggiungere, - Del resto non mi sembri nella posizione di criticare, pulcino, dal momento che tu fai lo stesso con me. È sempre Elijah quello che viene al primo posto, no? –

- Elijah non c’entra nulla. –

- Passiamo alla difensiva, sweetheart? – replicò beffardo, certo di aver toccato un tasto dolente.

- Stai rigirando la situazione a tuo favore, fai sempre così. – lo accusò, incrociando le braccia al petto con aria risoluta.

- Non sto rigirando nulla, è solo che anche tu non sei innocente come credi. –

Sospirò, esasperata, e alzò gli occhi al cielo. Vincere una discussione con lui era praticamente impossibile.

- Sei insopportabile. – esclamò.

- E tu non sei da meno, pulcino. –

Nell’impeto della discussione i loro volti si erano avvicinati in un modo che poteva sembrare molto ambiguo. Sapeva che avrebbe fatto meglio a tirarsi indietro ora che era ancora in tempo, il suo istinto glielo gridava a pieni polmoni, ma non lo fece.

- Se non vuoi che ti baci, pulcino, dovrai proprio fermarmi. – le sussurrò, annullando lentamente la distanza che separava le loro labbra, come a volerle dare tutto il tempo di tirarsi indietro se lo avesse voluto.

Ancora una volta non lo fece. Attese paziente che le labbra del ragazzo si posassero sulle sue, chiuse gli occhi e si godette appieno le sensazioni che Nik scatenava in lei.

 

 

 

 

******

 

A quei baci ne erano seguiti tanti altri, intervallati da discussioni, litigi e sì, doveva ammetterlo, dalle sue scenate di gelosia nei confronti di Elijah. Sapeva che tra loro due c’era qualcosa che lui e Arianne non avrebbero mai condiviso e questo lo feriva.

Per certi versi quella ragazza gli ricordava Tatia, per altri non avrebbe potuto essere più diversa. Due fratelli innamorati della stessa donna, per di più per la seconda volta, a quanto sembrava i Mikaelson condividevano l’ironico destino dei fratelli Salvatore.

Accarezzò distrattamente il bordo dorato della cornice. O meglio, avevano condiviso lo stesso fato.

 

Spazio autrice:

Eccomi con il nuovo capitolo, scritto a tempo di record. Spero che vi piaccia e che come sempre vogliate farmi sapere che ne pensate. Al prossimo.

Baci baci,

                  Fiamma Erin Gaunt

 

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Capitolo 4
*** Cap 3 ***


Cap 3

 

Elijah osservava con la coda dell’occhio i movimenti del più imprevedibile dei suoi fratelli. Per un certo periodo aveva creduto che Arianne sarebbe stata come un balsamo per le profonde ferite affettive di Niklaus, lo rincuorava il vederlo tanto preoccupato per qualcuno che non fosse se stesso, per di più per una piccola umana. Già, per un certo periodo.

Poi lei era cresciuta e aveva scoperto di avvertire una sensazione di benessere ogni volta in cui lo abbracciava e gli si stringeva contro. Pensieri diversi, sconvenienti, e aveva dovuto ripetersi più volte che quella giovane donna non era altro che una sorella acquisita per loro.

Sospirò, tutto quello che era stato non aveva più importanza ormai.

 

 

 

************

 

Italia, 1662

 

 

Elijah stava leggendo quando udì le urla di Arianne. Fuori dalla finestra imperversava un temporale con i fiocchi e la ragazza doveva essersi svegliata a causa dei tuoni. Era successo molte volte durante quegli anni, Arianne non dormiva bene da quella volta in cui l’avevano trovata tra i cadaveri dei suoi famigliari, e sembrava che la pioggia la inquietasse ancora di più.

Mise via il libro, alzandosi dalla poltrona in pelle in cui era sprofondato, e si diresse verso la sua stanza. Socchiuse la porta, sbirciando all’interno con discrezione.

Arianne era seduta sul bordo del letto a baldacchino, le morbide onde corvine arruffate e qualche goccia di sudore che le imperlava leggermente la fronte.

- Elijah, sei tu? – domandò con voce tremante, spostando lo sguardo verso la soglia.

Si fece avanti, chiudendosi dietro il battente in mogano.

- Ti ho sentita urlare. –

La ragazza abbassò lo sguardo, le gote alabastrine coloratesi improvvisamente di un rosa acceso.

- Non era nulla, solo un incubo, scusa se ti ho fatto preoccupare. –

Mosse un paio di passi, incerto. – Non preoccuparti. –

La candida camicia da notte, semitrasparente sotto i raggi lunari, le aderiva al petto e le lasciava scoperta una buona porzione di gambe. Distolse lo sguardo, rimproverandosi mentalmente per come i suoi occhi avevano notato l’aumento delle sue morbide forme femminili.

- Invece mi preoccupo eccome, sono stufa di allarmarvi con questi stupidi incubi. – borbottò.

- Lo sai che per noi non è un problema, è una cosa normale. –

- Normale per una ragazzina, forse, ma io non sono più una bambina, Elijah. – replicò, allargando le braccia come a voler dare dimostrazione di ciò.

- Lo vedo. – mormorò, così piano che per un attimo Arianne si chiese se l’avesse davvero detto o se lo fosse solo immaginato.

- Bene, se è tutto a posto, torno al mio libro. – aggiunse, voltandosi verso la porta.

Aveva la mano sulla maniglia quando la voce di Arianne lo fermò.

- Elijah, aspetta. –

Tornò a guardarla negli occhi.

- Sì? –

- Resteresti con me, per favore? –

Annuì, sdraiandosi accanto a lei e attendendo pazientemente che gli si accoccolasse con la testa sul petto.

- Sempre e per sempre. – assicurò, accarezzandole distrattamente le onde corvine.

Arianne chiuse gli occhi, aspirando il profumo di muschio e pino selvatico dell’uomo: odore di casa. Gli si strinse ancora di più, saggiando la dura consistenza dei muscoli al di sotto della camicia. Elijah … il suo Elijah.

- Elijah, posso farti una domanda? – chiese, rompendo il silenzio che era sceso tra loro.

- Tutto quello che vuoi. –

- Tu mi ami? –

L’Originale s’irrigidì leggermente e, ne era certo, se avesse avuto un cuore pulsante probabilmente avrebbe saltato un battito.

- Certo, come amo Niklaus e Rebekah, siete la mia famiglia. –

Arianne scosse la testa, guardandolo con aria severa negli occhi grigi.

- No, non volevo dire in quel senso. Intendevo questo. – chiarì, alzando la testa quel tanto che bastava per arrivare a catturare quelle labbra perfette che sembravano essere state modellate nel marmo.

Baciare Elijah era diverso rispetto al baciare Niklaus, questa fu la prima cosa che notò. Le sue labbra erano inaspettatamente calde e morbide, accarezzavano le sue con una delicatezza e un’incertezza che Niklaus non aveva mai avuto.

- Arianne, non possiamo. –

L’allontanò con gentilezza, mettendosi a sedere e mettendo una buona distanza tra loro due.

- Bacio così male? – domandò con una punta d’ironia. Non si era aspettata una reazione diversa, l’aveva agognata certo, ma lo conosceva troppo bene. Il cavalleresco Elijah non si sarebbe mai permesso di prendersi libertà come quelle con lei.

- Non dire sciocchezze, sai che non è questo il motivo. –

La fissava con un’aria strana negli occhi castani. Sembrava che interrompere quel contatto gli fosse costato più che a lei.

- E allora qual è? – replicò, fissandolo con uno sguardo arrabbiato che gli ricordava tremendamente quello di Niklaus.

- Sei mia sorella, nostra sorella. – si corresse prontamente.

Arianne alzò gli occhi al cielo, sbuffando.

- Non sono vostra sorella, sono solo la marmocchia che avete salvato da morte certa. Non sono nulla per voi, Elijah, solo la vostra umana da compagnia. – concluse amaramente.

- Questo non è vero … - iniziò a protestare, ma le dita affusolate della ragazza si posarono sulle sue labbra, zittendolo.

- Sai che è così, non sono nulla per voi, non sono vostra sorella. E ora fa una cosa per me, te ne prego. –

Lo fissò con sguardo implorante, quel genere di espressione che sapeva bene essere la sua arma vincente. Non c’era nulla che Elijah fosse in grado di negargli quando lo guardava in quel modo.

- Cosa? –

Tornò ad avvicinarglisi lentamente, finchè le loro labbra non furono talmente vicine da sfiorarsi mentre parlavano.

- Baciami. Non chiedo altro che un casto bacio. – sussurrò a fior di labbra.

Elijah si maledisse per la propria debolezza, ma fissando quella bocca tentatrice non poteva fare altrimenti. Annullò l’esigua distanza che li separava e la trasse a sé, baciandola con gentile fermezza. La vide chiudere gli occhi, cingergli il collo con le braccia e abbandonarsi a lui con cieca fiducia.

 

 

 

*********

 

 

Arianne si fidava di lui più di chiunque altro. Confidava nella sua forza e nella sua protezione e lui l’aveva delusa. Non l’aveva salvata, non c’era riuscito.

Sempre e per sempre nel loro caso era stata nulla meno che una bugia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccomi con il nuovo capitolo. Mi scuso per l’attesa, ma ho voluto controllarlo e ricontrollarlo prima di pubblicarlo, perché quando scrivo di Elijah voglio essere certa di rimanere il più IC possibile (e spero vivamente di esserci riuscita). Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogluate farmi sapere che ne pensate. Al prossimo.
Baci baci,

                Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 5
*** Cap 4 ***


Cap 4

 

 

Italia, 1663

 

 

 

 

 

Arianne osservava la folla danzante sotto di lei. Si sporse leggermente dal parapetto, ammirando come le luci della sala colpissero gli abiti sfavillanti delle dame rendendole simili a spiriti aggraziati e luccicanti.

Quella particolare festa a casa Mikaelson era stata celebrata in suo onore; ufficialmente per il suo diciannovesimo compleanno, in realtà perché aveva finalmente raggiunto l’età fissata per la sua trasformazione.

Tuttavia, guardando Niklaus profondersi in un lungo inchino e un lento baciamano davanti alla figura snella e sfacciata della contessa d’Ambrose, l’entusiasmo per i festeggiamenti svanì rapidamente.

Ne avrebbe parlato con Rebekah, se l’amica fosse stata a portata d’orecchio, ma in quel momento era impegnata in un ballo con uno dei piacenti figli minori del duca e non le sembrava proprio il caso di disturbarla per una sciocchezza come quella.

- Non vi divertite, signorina Mikaelson? Eppure ero abbastanza certo che i festeggiamenti fossero in vostro onore. –

La voce carezzevole, dalla cui intonazione priva di accento si capiva che il suo interlocutore fosse un madrelingua, la spinse a voltarsi. Davanti a lei c’era un giovane dalla carnagione tipicamente mediterranea, gli zigomi alti e la mascella volitiva, ma la cosa che più la colpì furono gli occhi. Erano scuri come tizzoni ardenti e sembravano bruciare come solo l’oscurità dell’inferno avrebbe potuto fare.

- Non credo di conoscervi. –

- Le mie scuse. Lorenzo di Riva, ma voi potete semplicemente chiamarmi Renz. –

Accompagnò quelle parole con un inchino e un baciamano che nulla avevano a che invidiare con quelli che Niklaus stava elargendo al piano di sotto.

- Fareste danzare una signorina sola e molto annoiata, Renz? –

Un sorriso sghembo si dipinse sui tratti dell’italiano.

- Le belle signorine e i balli sono la mia specialità. –

Le porse il braccio con fare cavalleresco, scortandola lungo le scale e poi fino al centro della pista. La fece volteggiare brevemente, attirandola a sé e cingendole la vita in modo poco più plateale di quanto l’etichetta considerasse appropriato, ma in quel momento non le importava.

Non quando Niklaus si atteggiava a Dongiovanni con qualsiasi signorina disponibile gli capitasse a tiro ed Elijah si manteneva impassibile e distaccato mentre discuteva di affari con alcuni importanti invitati.

Renz era un abile ballerino e la conduceva con la sicurezza e la fermezza di chi aveva compiuto quelle stesse mosse tante di quelle volte da averle mandate a memoria. Era anche un conversatore brillante, come ebbe modo di scoprire quando dopo il quarto giro di danza si offrì di andarle a prendere una coppa di vino e presero a parlare d’attualità. E, cosa ancora più importante, pareva aver compreso alla perfezione la situazione in cui si trovava.

- Immagino sappiate di essere l’oggetto delle occhiate sempre più insistenti dei vostri fratelli adottivi … di entrambi – precisò, ammiccando con l’aria di chi la sapeva lunga.

Bevve un lungo sorso di vino, lasciando che il fresco nettare le scorresse lungo la gola e le desse il tempo di ideare una replica adatta.

- Sono molto protettivi, devo ammetterlo. –

Renz rise, scuotendo la testa. – Protettivi? È una scelta curiosa per intendere che entrambi desiderano un posto nel vostro cuore. E, credetemi, quello non ha nulla a che vedere con il tipico amore fraterno. So capire al volo quando un uomo desidera una donna … o quando due fratelli desiderano la stessa. –

Si stavano addentrando in un terreno insidioso e ciò le imponeva di essere altrettanto diretta e sfrontata.

- E come suggerireste di procedere a una signorina che si venisse a trovare in una situazione di questo tipo? –

Il sorriso sghembo tornò a fare capolino e Arianne ebbe modo di appurare che quella doveva essere la sua espressione da impenitente seduttore.

- Suggerirei alla signorina di baciare l’aitante sconosciuto con cui sta ballando e di non fare altro che rimanere ferma e attendere le reazioni dei due contendenti. –

Questa volta venne il suo turno di ridere.

- Siete un cattivo ragazzo, dunque, Renz? –

- Oh, mia cara Arianne, credetemi quando vi dico che faccio tutto il possibile per esserlo. –

E sì, guardando quelle iridi torbide non c’era alcun dubbio che quanto detto rispondesse alla verità. Così decise di dargli ascolto e semplicemente lo fece … si alzò in punta di piedi quanto bastava per posare le labbra sulle sue e lasciò che fosse il giovane uomo a condurre il gioco.

Renz rispose al bacio con moderato trasporto, come se non fosse poi così deciso ad approfittare di una signorina indifesa ed evidentemente divisa tra due uomini.

Durò poco comunque perché l’arrivo di Nik fu come una tempesta di fuoco che si abbattè su di loro. Arianne non poteva vederlo dal momento che gli volgeva le spalle, ma le sembrava di riuscire a percepire perfettamente le iridi cerule che li fissavano lampeggianti d’ira.

- Temo che per la mia sorellina sia giunto il momento di prendersi un po’ di pausa da tutta questa attività danzante – soffiò l’Originale, utilizzando il tono pacato e privo d’inflessioni che preannunciava la collera più pura.  

- Oh, ma io volevo danzare ancora un po’ – provò a ribattere, sforzandosi di celare il sorrisetto compiaciuto.

- Magari più tardi. –

Arianne annuì, rivolgendosi al suo accompagnatore con un sorriso civettuolo: - Non sparirete, vero, Renz? –

- E privarmi di un simile piacere? Mi ritroverete qui ad attendervi, Arianne. –

Le depositò un bacio sul dorso della mano e, con un ultimo sguardo ammiccante, si diresse nuovamente verso il bancone su cui era stato allestito il rinfresco.

Klaus la prese per mano, trascinandola con sé lungo la rampa di scale e fino alla biblioteca. Poi, giunti a destinazione, la lasciò andare e permise a tutta la sua furia di farsi strada attraverso l’azzurro cielo dei suoi occhi. Probabilmente l’avrebbe incenerita con il solo ausilio dello sguardo, se solo ne fosse stato in grado.

- Cos’era quello? –

- Quello cosa? – replicò, fingendosi del tutto innocente.

- Il bacio con quell’italiano che, tra parentesi, ha una pessima reputazione. –

 - Ah, quello – disse, fingendo di aver capito solo in quel momento a cosa si stesse riferendo, - Bè, ho semplicemente deciso di divertirmi un po’. Non sei l’unico a cui è concesso farlo, sai? –

Niklaus la prese per i polsi, spingendola a ridosso della biblioteca e facendola scontrare con l’angolo di un tomo particolarmente consistente di letteratura inglese. Trattenne il gemito che le era salito alle labbra, consapevole che in quel momento l’Originale non era in sé.

- Non prenderti gioco di me, mai – sibilò, a un soffio dalle sue labbra, - Ci siamo capiti, sweetheart? –

Annuì, non fidandosi della sua stessa voce.

Apparentemente soddisfatto, la lasciò andare e mise una maggiore distanza tra di loro.

- E tu farai altrettanto con me – disse, ritrovando finalmente la voce e il coraggio.

- Temo che dovrai essere un po’ più specifica di così, piccolo tesoro. –

- Lo sai. Non sono una bambola, non puoi semplicemente venire e andartene come se nulla fosse e aspettarti che io resti qui ad attendere il tuo ritorno. –

- Tu sei mia – fu la replica, mentre l’Originale le si avvicinava nuovamente, - Non di Elijah né di nessun altro e, sicuro come l’inferno, non di quel damerino discinto di Lorenzo di Riva. –

- Non sono un oggetto, Nik. Io non appartengo proprio a nessuno – replicò, pronta a dimenarsi in preda alla collera come una gatta selvatica.

Niklaus si limitò ad annullare la distanza che li separava e a reclamare le sue labbra con decisione, come se volesse cancellare ogni minima traccia del passaggio di Renz su di lei. Poi, quando la sentì fremere nella sua stretta e ricambiare il bacio, sorrise soddisfatto a fior di labbra: - Tu sei mia, sweetheart, non illuderti del contrario. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Okay, sono a dir poco scandalosa. Non aggiorno questa storia da tipo i tempi della preistoria e se volete mandarmi al diavolo ci sta tutto, non ho proprio nulla da obiettare. Oggi stavo scorrendo tra l’enorme elenco di mie long non terminate e mi è capitata questa. Devo dire che quando l’ho iniziata ero conquistata dall’idea e l’ispirazione rileggendo i capitoli pubblicati è tornata a folgorarmi, quindi ho deciso di riprendere con i nuovi capitoli. Spero che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di leggerla e di seguirla, io da parte mia mi impegnerò a continuarla e ad aggiornare in modo molto più celere. Fatemi sapere che ne pensate. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

 

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