Letters to Mika

di MartaFix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un'altra lettera ***
Capitolo 2: *** Perchè? ***
Capitolo 3: *** Un mazzo di rose rosse ***
Capitolo 4: *** Fantasma ***
Capitolo 5: *** Un abbraccio ***
Capitolo 6: *** Fratello ***



Capitolo 1
*** Un'altra lettera ***


CAPITOLO 1 – UN'ALTRA LETTERA

 

 

I want your love, don't try to stop me

can't get enough, still hanging on me

your guilty heart, don't let it break you

and if you pray, well no-one's gonna save you

 

 

"Caro Mika,

il mio nome è Irene.

Il nome Irene deriva dalla parola "pace", in greco "eirene".

Ma nel mio piccolo, inutile, stupido cuore di ragazzina, di pace non ce n'è.

Tranne per quelle note che mi scaldano dentro, quando ho così freddo, non ho niente a cui aggrapparmi.

Tranne per quelle parole, non ho niente che mi consoli.

Sei l'unico che mi sta salvando da questo oblio, Mika.

Continuo ad aggrapparmi alla tua mano, al tuo braccio forte, mentre scivolo nel baratro, giù, giù, sempre più giù.

Ho paura, Mika.

Ho tanta paura, che prima o poi sarò troppo stanca, non riuscirò più a stringere la tua stretta, e cadrò, per sempre.

Tienimi stretta, ti prego, ti prego.

Ti abbraccio forte.

 

Irene"

 

 

Poso la matita accanto al foglio stropicciato, su cui sono impresse le parole dell'ennesima lettera.

Mi stropiccio gli occhi.

Guardo la sveglia sul comodino.

Sono le 2.17.

E' notte, lo so, dovrei dormire.

Se i miei mi scoprissero sveglia a scrivere scemenze...

Eppure non ce la faccio.

Ho bisogno di vomitare queste parole su della carta, ho bisogno di liberarle, la gabbia del mio cuore è troppo stretta per contenerle tutte.

Ho già il mio bel da fare a contenere tutti i demoni che mi schiacciano, e mi feriscono, e mi fanno sanguinare dentro.

Devo liberare almeno le parole.

Sospiro, un sospiro malinconico.

Piego la lettera con cura, e la metto nella scatola rossa destinata a contenerle tutte.

Ne ho già scritte altre tre, solo questa settimana.

Dei del cielo, sto peggiorando.

Per fortuna domani e sabato, e andrò ad imbucarle.

Perchè è il sabato, il giorno delle lettere.

Il giorno in cui spendo parte della mia paghetta per comprare i francobolli diretti in Inghilterra.

A casa sua.

Mi infilo sotto le coperte, infreddolita.

Dovrei fare come dice mia madre, coprirmi un po', anzichè dormire in canottiera e mutandine anche a dicembre.

Ma a me piace così.

Spengo l'abat-jour.

E mi addormento in fretta.

E' sempre così, quando il pensiero del mio eroe mi scalda un po' il cuore.

 

 

 

La mattina dopo

 

Guardo con impazienza l'orologio appeso al muro della mia classe, mordendomi il labbro.

Sotto il banco, la mia gamba saltella in modo agitato.

Dai, suona, suona...

Ti prego...

Prima che la campanella trilli, devo arrancare per altri tre lunghissimi minuti di lezione di greco.

Appena lo fa, balzo in piedi, gettando alla rinfusa le cose nel mio zainetto sgualcito.

Controllo brevemente che la scatola rossa sia presente, e mi infilo la giacca.

- Ire, aspettami! - sento la voce di Adele.

- Non posso Ina, scusami! - rispondo trafelata mentre imbocco il corridoio.

- Ma non vieni al mercato con noi?

- Scusami, a domani! - urlo di rimando, senza più vederla.

Corro giù per le scalinate del mio liceo, schivando gente che si intrattiene in chiacchiere, mentre il berretto di lana continua fastidiosamente a scivolarmi sull'occhio sinistro.

Pff.

Cammino di buona lena attraverso le strade di san pietrini del centro città.

Quando arrivo all'ufficio postale, mi specchio brevemente nella vetrina.

I miei lunghi capelli mossi di un vago color rame, misto a castano, spuntano scomposti e disordinati dal berretto, intrecciandosi con lo sciarpone che mi copre il mento.

Si scorgono solo pochi tratti del mio viso in questa cornice di stoffa e capelli.

Poggio lo zaino a terra, di fronte alla buca delle lettere.

Tiro fuori con delicatezza la scatoletta di legno.

Aprendola, tiro fuori le lettere ad una ad una, e segnandole con un bacio lieve, le infilo nella fessura della buca.

Ogni volta mi carico di un turbinio di emozioni disparate.

Speranza nel futuro di quelle carte, paura di una possibile ennesima illusione, dolore nel ricordo di ciò che c'è scritto dentro, gioia nel pensare al mio Michael.

Infine, mi rimetto in spalla lo zaino.

Mp3, cuffie nelle orecchie.

E mi allontano verso la fermata del bus, canticchiando The Origin Of Love, con gli occhi un po' più scintillanti del solito.

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Capitolo 2
*** Perchè? ***


CAPITOLO 2 – PERCHE'?

 

 

Why pretend to be so jaded

it's so easy just to hate it

everyone can love you for a dollar

 

 

Sono coricata a pancia in su sul letto, gli occhi rivolti al soffitto, illuminato dai raggi di sole che passando attraverso alla tenda della mia finestra vi riflettono una fantasia a fiorellini.

Ho le gambe accavallate, e il mio piede batte in aria i tempi di Lola.

Non penso a niente.

Ho la mente totalmente vuota, piena soltanto della sua voce, delle sue note.

E sorrido, di un sorriso puro, sincero.

Capita così raramente, ormai, che dovrei festeggiarlo.

Mi riscuote da quel paradisiaco stato di trance l'odiosissimo trillo del telefono fisso.

Devo ricordarmi di dire a papà di cambiarlo.

E' insopportabilmente molesto.

Con malavoglia tolgo le cuffiette, e zampetto in salotto a piedi nudi.

Alzo il cordless.

- Pronto?

- Pronto, sto cercando Irene Marchetti – mi risponde dall'altro capo una voce maschile e palesemente svogliata e annoiata.

Già soltanto il tono mi irrita.

Potevi evitare di chiamare e interrompere i miei passatempi se ti importa così poco di parlarmi!

Diamine.

- Sì, sono io – rispondo freddamente.

Oggi proprio non è giornata.

Silenzio.

Sto quasi per riagganciare, quando sento ancora la voce.

- E' lei? Irene Marchetti?

Il tono adesso è alquanto stupito.

- Sì, sono io – ripeto.

- Lei frequenta il liceo classico, vero?

- Sì.

- Vive in Piemonte?

- Sì.

Idiota.

Il mio numero di telefono l'avrai pur trovato seguendo un elenco, no?

L'uomo fa un sonoro sospiro di sollievo.

Inizio ad irritarmi seriamente.

- Ha bisogno di qualcosa? - chiedo, acida.

- No, no! Grazie, è tutto a posto!

Entusiasmo.

Ok, non capisco.

Questo tipo si è fumato il cervello.

- Arrivederci!

E, prima che possa ribattere, chiude la chiamata.

Non ho parole.

 

 

 

La sera stessa

 

Vedo Gaia, la mia migliore amica, che mi aspetta di fronte all'ingresso del cinema.

Cammino in fretta verso di lei, nell'aria gelida che sembra graffiarmi le guance.

Potrebbe sembrare cattiva, quest'aria fredda, ma in realtà mi piace.

Mi piace perchè è dura, fuori, ma dolce all'interno.

Dolce, perchè dietro questo gelo si nascondono coperte morbide, cioccolate calde, salette di bar colme di amici, film romantici, dolci e fiocchi di neve.

Deve sentirsi solo, l'inverno.

Tutti lo odiano, tutti cercano di allontanarsi da lui il più velocemente possibile, tutti lo evitano e parlano male di lui alle sue spalle.

Ci sono io per te, inverno.

Non essere triste, io ti voglio bene.

I sabato sera invernali è ormai convenzionale per tutti noi trovarci in sala cinematografica.

Tutti i miei amici abitano nello stesso quartiere di Torino, dove c'è un grazioso cinema che si affaccia su un parco, e nonostante ciò neanche troppo distante dagli altri locali del centro.

Saluto la mia amica abbracciandola, ed entriamo.

In sala incontriamo un gruppo di vecchie conoscenze che non vedevo da un pezzo.

Decidiamo di sederci con loro.

Io sono proprio accanto a Enrico, un biondo dal fisico scolpito.

E si inizia a parlare, a scherzare, a ridere.

Lui mi lancia occhiate eloquenti di tanto in tanto.

Dopo un po' inizio a ricambiare gli sguardi, i sorrisi.

Durante il film la sua mano si posa sulla mia coscia.

Mi sento il viso accaldato, ma fortunatamente la sala è buia e nessuno lo nota.

Cosa devo fare?

Respingerlo?

Qual è la cosa giusta da fare?

Io non so mai qual è la cosa giusta da fare.

Decido di stare al gioco.

In fondo lui mi piace, no?

E ci conosciamo da tempo, è un tipo affidabile.

Dopo il film si esce a fare un giro.

Mentre passeggiamo allegramente per le vie pedonali di Torino, sento qualcosa toccarmi il sedere.

Mi volto di scatto, e trovo il biondo che mi guarda maliziosamente.

Distolgo lo sguardo, e la sua mano esita ancora parecchio prima di tornare al suo posto.

Diamine, Irene, ma che stai facendo?

O ci stai o non ci stai.

Perchè fai così?

Oh, dei del cielo, non capisco più niente.

Perchè mai farsi tanti problemi, poi?

Non ho niente da perdere.

Quando nessuno sembra badare molto a noi due, siccome si sta accendendo un'animata discussione tra un paio di amici, Enrico mi afferra per il polso e mi trascina in un vicolo adiacente alla via principale.

Senza che possa capire cosa sta succedendo, mi ritrovo spinta con le spalle al muro e il corpo di lui attaccato al mio.

E non ragiono più.

Lui si avvicina, spingendo con forza le labbra sulle mie, mentre le sue mani vagano in modo troppo confidenziale sul mio corpo.

Un campanello d'allarme suona da qualche parte, nel fondo della mia testolina.

Prima che si spinga troppo in là poggio le mani sul suo petto e lo spingo indietro.

- Che c'è? - mi chiede, freddo.

Quelle parole, dette così seccamente, come se gli avessi appena messo in pausa il suo videogioco preferito, mi impietriscono.

- Perchè? - sono le uniche parole che riesco a sussurrare.

- Cosa vuol dire perchè? - sbotta lui.

Sto in silenzio, incapace di dare un senso a tutto questo.

- Eddai, Ire... - dice, attirandomi a se con violenza e cercando di catturare la mia bocca.

- Smettila! - urlo io.

Lo spingo indietro e raggiungo gli altri correndo.

- Gaia, non mi sento bene, vado a casa – dico velocemente alla mia amica.

Mi volto, e cammino spedita verso casa, trattenendo le mie gambe dal scappare in una corsa impaurita.

Arrivata al mio palazzo, salgo i piani raggiungendo il mio appartamento, e farnetico con la serratura, cercando di contenere senza grandi risultati il tremito delle mie mani.

Non accendo le luci, per non svegliare i miei genitori.

Mi fiondo in camera mia, mi levo in fretta giacca e sciarpa e mi rannicchio sul mio letto.

Mi stringo le ginocchia al petto, mentre le lacrime mi invadono gli occhi.

Perchè non faccio mai la cosa giusta?

Perchè commetto sempre degli errori?

Perchè non c'è nessuno che mi voglia per il mio cuore, non per le mie labbra?

Perchè non c'è mai nessuno a difendermi?

PERCHE'?!?!?

Singhiozzo sommessamente, per non fare rumore.

Soffiandomi il naso, mi siedo alla scrivania.

Prendo la carta da lettere, e inizio a scrivere, implorando aiuto al mio eroe.






Ciaaaaaaao lettori :3
Sono stata davvero molto sorpresa di tutte le vostre recensioni!
Non mi aspettavo affatto di riscuotere il benchè minimo successo.
Questo capitolo è un po' discostato dal tema Mika, ma spero lo apprezziate comunque.
Spero di non deludervi nel corso della storia :)
Un bacio a tutti! 

Marta

 

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Capitolo 3
*** Un mazzo di rose rosse ***


CAPITOLO 3 – UN MAZZO DI ROSE ROSSE

 

 

You mean the world to me, but you'll never know

you could be cruel to me

while we're risking the way that I see you...

I'm standing across from you

I've dreamt alone, now the dreams won't do

 

 

Allungo annoiata una mano verso lo scaffale colmo di libri che sta di fianco al mio letto.

Scorro con l'indice le copertine, polverose, affettuose, belle.

E' domenica mattina, i miei non ci sono, e io non ho intenzione di studiare.

Ho solo voglia di stare qui, sul letto, inerme, con i capelli scomposti, in mutande, con i piedi nudi e gelati.

Il mio dito si ferma quando tocca la copertina di Dark Eden, e prendo il volume in mano.

Me lo porto al viso, affondando il naso nelle pagine, respirando il suo odore dolce: chiudo gli occhi.

Ecco, è così che mi proteggo.

Alzo una barriera protettiva fatta di parole e di carta, così che la mia mente respinga i brutti pensieri.

Apro la prima pagina, che so quasi a memoria, e che ogni volta m'incanta.

 

"Lugh è nato prima. Il giorno del solstizio d'inverno quando il sole è basso nel cielo.

Poi io. Due ore dopo.

E questo la dice lunga.

Lugh va avanti primo, sempre, e io lo seguo.

E va bene così.

E' giusto.

E' così che dev'essere."

 

I miei occhi corrono alla striscia di cielo che si intravede tra le tende della mia finestra.

Ci siamo quasi, al solstizio d'inverno.

Sospiro, perdendomi tra le nuvole, rincorrendo i personaggi delle storie che amo.

D'un tratto, il suono del citofono mi riporta bruscamente alla realtà.

Rotolando giù dal letto, mi precipito alla cornetta del ricevitore.

- Scendo subito! - esclamo frettolosamente.

Merda.

Mi sono dimenticata che papà sta aspettando un pacco.

Speriamo che al corriere basti la mia firma.

Mi infilo saltellando un paio di pantaloni della tuta, e mi trattengo un paio di secondi davanti allo specchio per spazzolarmi i capelli.

Poi, oh fanculo, penso, chissene frega se uno sconosciuto mi vede trasandata come sono.

Con ancora i piedi scalzi e in canottiera, senza una felpa, scendo fino al piano terra.

Apro la porta, e mi ritrovo davanti a un mazzo di rose rosse.

“Non avevo mai visto un mazzo di rose rosse davanti a me” è il primo pensiero che mi balza in testa.

“Come nei film”.

Alzo lo sguardo, e la mia mente impiega alcuni attimi a collegare ciò che vedo al mio sistema nervoso.

E'... lui.

Sono bloccata, paralizzata, e la consapevolezza di ciò mi raggiunge pure dopo un momento.

Credo che le mie labbra siano appena dischiuse, ma non ne sono sicura.

Poi, la sua voce calda mi riporta alla realtà.

Ed è un tuffo nel Mare del Nord.

- Ciao, sei Irene? - dice Mika.

E un sorriso si allarga piano piano sul mio volto.

- Sì – sussurro.

- Allora questi sono per te – dice il mio eroe, ridendo un poco e porgendomi i fiori.

Proprio come nei film.

Io sono solo capace a prenderli, sfiorando la sua mano.

Li annuso, chiudendo gli occhi.

Ne approfitto per mettere a fuoco la situazione.

E, no, non ci credo.

Li riapro, e lui è lì, davanti a me, luminoso, alto, vivace e pieno di calore.

- Io sono Mika – esclama, allungando la mano.

Quel sorriso così dolce, così vero che neanche in sogno avevo potuto immaginarlo.

Quel sorriso gaio, non è lo stesso dei concerti, no: quel sorriso è per me.

La mia manina fredda è stretta con vigore dalla sua, grande, morbida.

- Ciao, Mika.

Mi metto a ridere, e anche lui ride con me.

E' un sogno, tutto questo è un sogno.

- Allora, sono venuto perchè ho ricevuto le tue lettere. Le ho lette tutte, e voglio ringraziarti per queste bellissime parole – dice, con il suo adorabile accento inglese.

Lo sto a guardare, come una bambina guarda la sua principessa preferita in carne ed ossa, con gli occhi che brillano e un sorriso ebete e pieno di meraviglia sulla bocca.

Per non perdermi un solo attimo del mio sogno reale.

Mi mette le mani sulle spalle.

- Irene, tu sei una ragazza speciale.

Sorrido divertita, quando dice quella parola, storpiando la c in una s: spesiale.

- Sei veramente speciale e fantastica, e io sono qui per te; non devi mai dimenticare di sorridere.

Le mie mani tremano.

Se fossi in me piangerei, ma non ci riesco.

Scuoto la testa, ancora incredula.

- Grazie, Mika, grazie...

Lui ride, dolce.

Si avvicina, e mi abbraccia.

Ed io sono la ragazza più felice del mondo.

Affondo la testa nel suo petto, nascondendomi tra le sue braccia, e respiro il suo profumo, proprio come farei con un libro.

Avverto con le mani il tessuto ruvido della sua giacca, sulla schiena.

- Sei il mio eroe – mormoro.

Non so se lui mi senta, ma è come se avvertissi il suo sorriso alle mie spalle, così sincero, affettuoso.

Sospiro, chiudo gli occhi.

E, sì, sono felice.

Mika si stacca dall'abbraccio – oh, sì, io non l'avrei mai fatto.

- Ma tu hai freddo! - esclama, vedendomi senza una felpa a metà dicembre.

Rido.

- No, non ho freddo.

Ci guardiamo negli occhi ancora qualche istante.

- Ora devo andare. Ciao, Irene, my little friend. - dice, chinandosi a baciarmi sulle guance.

- Ma... di già?

- Sì.

- Oh.

Sta per salutarmi definitivamente, quando lo blocco.

- Resta ancora un po', per favore!

- Non posso. Ciao bellissima.

Mi da un ultimo breve abbraccio.

- Grazie di tutto, Mika. Ti voglio bene.

Mi regala ancora uno splendido sorriso, poi si allontana sul marciapiede verso la piazza.

Distolgo lo sguardo, per paura che tutto questo possa svanire.

Mi siedo sul gradino di casa, e incredibilmente inizio a piangere, singhiozzando.

Una strana tristezza mi prende, cogliendomi di sorpresa.

Perchè piango?

E' stato tutto così bello...

Mika è venuto a trovarmi, diamine!!!

Vorrei sorridere, ma non ci riesco.

Poi, lo sguardo cade sul mazzo di rose poggiate di fianco a me.

E una tremenda consapevolezza si fa strada dentro di me.

Lui se n'è andato. Non tornerà.

E fa male, fa tanto male.

Mi copro il viso con le mani, e piango, piango, piango, mentre il mio sogno corre via da me, per le strade di Torino.

 

 

 

 

 

 

Ciao gente!

Scusatemi per il ritardo nel pubblicare questo capitolo, ma sono carica di studio T_T

Sono entusiasta che molti di voi scrivano sempre delle recensioni meravigliose, mi fate davvero felice :D

Nelle vacanze di Natale andrò in vacanza 15 giorni, quindi purtroppo non aggiornerò molto presto...

Anyway, buon Natale a tutti e spero di non deludervi mai :)

Un bacio

 

Marta

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Fantasma ***


CAPITOLO 4 - FANTASMA

 

 

And maybe you can't hear me

But I feel like screaming when you're near me

Save me from your theories

At the very least just let me

cry on you... ♫

 

 

 

Mi sembra di non essere più reale.

Sono un sogno.

Sono eterea, fluttuante, un fantasma.

Anche dal colore del mio incarnato sembro più un non-vivo che un non-morto.

La gente mi guarda, osserva come io sono distante, disconnessa.

Ridono di me.

Che fai, Ire, dormi?

Le si è fuso il cervello, non ci sente più.

Non dicono che i fantasmi siano leggeri?

Eppure, io mi sento così pesante.

I passi mi costano uno sforzo immenso.

Fatico a respirare, con un masso che mi schiaccia lo sterno.

Tranne quando piango: quando piango posso gridare.

E' un paradosso, questo: poter fare ciò che ci è vietato, e che tanto desideriamo, soltanto quando cadiamo nella disperazione.

Mi sembra che la vita si stia prendendo gioco di me.

Vivo in questo stato di semi-incoscienza dall'incontro con Mika.

Che cosa mi aspettavo?

Che avrebbe visto in me una qualche luce speciale e che mi avrebbe portata a casa con se?

Che avremmo passato insieme il resto della nostra vita, forse?

Ma per favore.

Ho sempre cercato in lui, nelle foto, nelle lettere, nella musica, il fratello maggiore che non ho mai avuto.

Una persona che mi coccolasse, mi proteggesse, mi scaldasse un po'.

Ma lui non c'è, non potrà mai esserci!

Stupida, stupida che non sei altro.

Gaia pensa che sicuramente non mi ha dimenticata, che pensa a me e che gli mancheranno le mie lettere.

Dice che un giorno tornerà a cercarmi, che ne è sicura.

Ma io lo so.

Insomma, già altri artisti l'hanno fatto: si fanno trovare sotto casa di una fan fortunata, fanno due chiacchiere, magari li intervistano insieme nel talk show del pomeriggio, poi spariscono.

Pensano che sia giusto, ogni tanto, fare una buona azione.

Ma non capiscono che dopo di loro, il mondo ci crollerà addosso.

Come un bambino denutrito a cui fanno assaggiare un pezzetto di pollo arrosto, servito su un vassoio d'argento, con patate, salse, e chissà quanti altri contorni... e poi, di colpo, lo portano via.

Lasciandolo in lacrime a pregare che qualcuno lo sazi.

Anche in casa mi chiedono che cos'ho.

Ho raccontato loro che l'ho incontrato per caso.

Non voglio che sappiano delle lettere, una cosa così intima tra me e lui.

E quando dico che mi manca, mi sento così stupida ai loro occhi.

Non ho smesso di scrivergli, no.

E' passato un mese e mezzo, e sotto il mio letto sono accatastate pile di lettere.

Che non ho il coraggio di spedire.

So che lui si è preso un appartamento a Milano, insomma, sono già iniziati i live show di X Factor.

Mi spaventa saperlo così vicino a me.

Prego di non incontrarlo più, ma nello stesso tempo non posso fare a meno di sperare.

Perciò, quando annunciano che farà una signing session qui a Torino, sono presa dal panico.

 

 

Due settimane dopo

 

Ecco, l'ho fatto di nuovo.

Stupida, stupida, stupida!!!

Non ci sarei mai dovuta venire.

Eccomi qui, appena uscita dall'edificio dove Mika sta ancora firmando autografi.

Ho un sorriso ebete stampato in faccia, anche se sento che la tristezza sta tornando.

Ma, per lo meno, oggi ho avuto finalmente qualche attimo di respiro.

Queste poche ore non saranno certo bastate per disintossicarmi, ma mi accontento.

Mi avvio verso casa, lentamente, assaporando l'aria fresca.

Guardo l'ora: sono circa le 21.

Decido di andare al solito bar in Piazza Castello a prendermi una cioccolata calda.

Quando sbuco in piazza, resto qualche secondo a guardarla, ferma.

E' così bella, con i lampioni decorati, la fontana al centro, le statue, il pavimento di pietre levigate dai tanti passi, il castello illuminato sullo sfondo.

Amo la mia città.

Mi infilo nel locale, e resto quasi un'ora persa nei miei pensieri a guardare fuori dalla vetrina, scaldandomi le mani sulla tazza calda.

Mi ha riconosciuta, ne sono certa.

Mi ha sorriso, raggiante, e mi ha anche guardata negli occhi con un non so che di interrogativo, il cui significato non sono riuscita a cogliere.

Ma avevamo pochissimo tempo, perciò non gli ho detto nulla.

E va bene così.

Quando mi rendo conto che ormai si è fatto tardi, esco e mi incammino a passi veloci verso casa.

Attraverso tutta la piazza, passando proprio nel mezzo.

Non c'è quasi nessuno, anche perchè è mercoledì, e poca gente esce la sera.

Allora, come quando ero piccola, inizio a correre, e saltello qua e là tra i vari getti d'acqua che spuntano da terra.

Salto nelle pozzanghere, alzo le braccia al cielo, ballo.

E rido.

E' una risata pura, candida, come quella di una bambina.

Era tanto che non ridevo così.

Esco dalla fontana, e mi rendo conto che ho le gambe bagnate.

Non m'importa.

Mi stendo sul pavimento freddo, con braccia e gambe allargate.

Resto a guardare il cielo per qualche secondo, poi chiudo gli occhi.

Non m'importa, non m'importa e basta.

Sono invisibile.

Sono un fantasma.

Sorrido.

Poi, lo sento.

- Hey, mia piccola amica, cosa ci fai lì?

 

 

 

Saaaalve a tutti!

Chiedo venia in ginocchio a tutti voi per aver aggiornato così tardi.

Perdonatemi!

Prometto che non lo farò più.

Bene, in questo capitolo di nuovo una valanga di sentimenti di Irene, e pochissimi fatti.

Ma il nostro Michael arriverà, non temete!

Spero di non deludervi :)

 

Un bacio a tutti e grazie per le recensioni bellissime

 

Marta

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Capitolo 5
*** Un abbraccio ***


CAPITOLO 4 – UN ABBRACCIO

 

 

Step one, come a little closer

Step two, rest upon my shoulder

Step three, I'm calling you baby

Three steps away from me

 

...so come along and step with me ♫

 

 

 

Apro gli occhi.

Non può essere lui.

No.

Sento male.

Non sono sicura che sia un reale dolore fisico, ma lo sento, nel petto, alla base della gola.

Penso di aver appena compreso l'espressione "avere il cuore in gola".

Resto immobile, a fissare il cielo senza vederlo.

No.

- Irene.

E' il mio nome.

Ha detto il mio nome.

Mi volto di scatto, gli occhi sbarrati.

Si sta avvicinando a me.

Ed è lui.

Citando un grande, sogno o son desta?

Mi alzo in piedi di colpo.

Ho i capelli arruffati che mi cadono davanti agli occhi, ma non m'importa.

Lo osservo.

Cammina con le mani nelle tasche del lungo cappotto scuro, aperto sul davanti, che lascia intravedere una camicia candida e un semplice paio di jeans.

In testa il consueto cappello.

Si ferma di fronte a me, raggiante.

- Michael – sussurro.

Perchè è così che lo chiamo nei miei sogni.

- Cosa ci fai qui da sola? - esclama lui, sorridendomi.

Non rispondo.

Soltanto lo fisso, con le mani che iniziano a tremare.

Il suo sguardo giocoso si addolcisce.

Fa ancora un passo verso di me.

Con una mano mi sposta un ribelle ciuffo di capelli dal viso, soffermandosi a giocherellare con la ciocca, che sotto la luce dei lampioni ha assunto dei vividi riflessi rossastri.

- Non voglio più che piangi come quella volta – mi dice.

Io sono assolutamente esterrefatta.

- Mi hai vista?

Lui fa un risolino.

- Sì, e non voglio che tu sia triste. Voglio vedere il tuo bellissimo sorriso e i tuoi occhi che luccicano di gioia.

Oh sì, diamine, i miei occhi luccicano davvero adesso.

Non può essere vero.

Insomma, io sono la sfigata, il fantasma, la depressa, sono quella che deve starsene da una parte, sono quella che non ha dei sentimenti di cui valga la pena curarsi!

E... il mio eroe è qui.

Mi getto tra le sue braccia.

Letteralmente, senza curarmi di potergli far male.

Appoggio i pugni chiusi sul suo petto, ci appoggio la fronte, chiudo gli occhi stringendoli forte.

Dopo un attimo di esitazione dovuta alla sorpresa del gesto, sento le sue braccia avvolgermi.

- Mika.. tu... tu mi hai salvata – mormoro con voce strozzata, prima di scoppiare a piangere violentemente.

Mi lascio andare.

E sfogo tutte le ansie, le paure, avvolta dal calore di un ritrovato fratello maggiore.

Le sue braccia mi circondano affettuose, e più io mi schiaccio contro il suo petto, più lui mi stringe a sé.

Con una mano mi accarezza la nuca dolcemente, mentre con l'altra mi stringe una spalla.

Mentre le lacrime scorrono copiose sulle mie guance, bagnandogli la camicia, ed io gemo senza controllo, avvicina il suo viso alla mia testa, appoggiandovi le labbra.

E mi sussurra parole dolci, parole che non sento, che non comprendo, ma che hanno il potere di mille farmaci e mille cerotti e mille carezze.

Posso sentire il suo cuore battere.

Il suo calore.

Ho sempre avuto necessità di cercare del contatto fisico, del calore nelle altre persone.

Questo abbraccio sta riempiendo tutti i vuoti che le mie vane ricerche hanno lasciato.

La sua giacca quasi mi nasconde il viso.

Ed io, semplicemente, mi lascio cullare.

 

Non so quanto tempo passiamo così.

A distanza di qualche tempo, penserò a quanto strana sia sembrata la nostra immagine.

Noi due, il nostro abbraccio, fermi in mezzo all'immensa piazza piemontese.

Di notte.

Al freddo.

Con il sottofondo dell'acqua che salta dalle fontanelle, i taxi che passano in strada, qualche clacson in lontananza, la lievissima musica di discoteche e locali di Via Roma e di Via Garibaldi.

Infine, i miei lamenti, che poco a poco si affievoliscono in singulti silenziosi.

Ed i suoi sussurri.

Restiamo ancora uniti, in silenzio.

La gola mi fa male.

Anche le mani mi dolgono, siccome ho stretto i pugni così forte.

Li sto ancora stringendo.

Apro piano le dita, rilassando i muscoli.

Respiro profondamente.

E sono stanca di pensare.

Voglio soltanto ricevere questo amore, e godermelo appieno.

Senza farmi domande.

Sincronizzo il mio respiro al suo.

Poi, dei rintocchi di campane.

Dev'essere mezzanotte.

Sento le braccia di Mika discostarsi lentamente dal mio corpo.

Non lasciarmi...

Mi prende la testa tra le mani grandi, sollevando il mio viso verso il suo.

Incontro i suoi occhi.

Così profondi, così... colmi.

Asciuga le mie ultime lacrime con i pollici.

Poi, posa un bacio sulla mia fronte.

L'ho sognato così tante volte.

Anche questo deve averlo letto nelle mie lettere.

Ed io, finalmente, mi sento al sicuro.


 

Bene, miei cari lettori, sono tornata!

La mia assenza è stata abbastanza lunga, spero di farmi perdonare con questo capitolo :)

Sto iniziando a lasciarmi andare, grazie a tutte le recensioni positivissime che mi hanno incoraggiata, e a descrivere un po' di più i sentimenti di Irene (che sono anche i miei).

Vi prego di continuare a recensire, i consigli sono sempre ottimi benvenuti!

Un bacio a tutti

 

Marta

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Capitolo 6
*** Fratello ***


CAPITOLO 6 – FRATELLO

 

Hey you

what's a good girl like you

doing in this crazy world?

Where's the good gone girl?

Dance dance

through the life you wanted

when you were only seventeen

with you good girl dreams ♫

 

 

Percorriamo la strada verso casa tenendoci per mano.

O, per meglio dire, con la mia mano che è saldamente aggrappata alla sua come una cozza su uno scoglio.

Respiro l'aria fredda che sembra purificarmi.

Sorrido.

E non dico niente.

Sono incapace di parlare, la mia testa è completamente vuota.

Avverto solo la sua pelle liscia a contatto con la mia, ed è infinitamente bello.

Siamo quasi arrivati al mio palazzo.

- Mika... - la mia voce è flebile, piccola piccola, un po' roca, sembra quella di una bambina.

- Sì – risponde lui, semplicemente.

Gli sono grata per non aver aggiunto parole superflue che avrebbero rovinato la magia di questo momento.

Ha risposto .

Mai sillaba migliore, per me.

- Vorrei dire qualcosa, ma non ci riesco. Mi dispiace.

Continuiamo a camminare, mentre io guardo affascinata le ombre che i bassorilievi dei palazzi rinascimentali proiettano, e che non avevo mai notato prima.

- Non fa niente – dice lui, con la solita voce allegra.

Può essere davvero lo stesso ragazzo che poco fa è stato così profondo, stringendomi?

Che domande.

Lui è Mika.

Lui può mescolare melodie gioconde e testi struggenti.

Lui... è qui.

- Hai scritto tanto nelle tue lettere, non hai più bisogno di dire niente ormai – aggiunge, dolce.

Alzo gli occhi, e gli sorrido.

Arriviamo alla porta di casa mia.

- Allora... ciao – gli dico, con una punta di malinconia.

Lui si mette di fronte a me, tenendomi entrambe le mani.

Lo guardo incantata.

E' tutto come avevo sognato.

Anche meglio.

- Io voglio essere tuo amico – dice, arricciando il naso e mostrandomi quelle carinissime fossette, ridendo.

Sono solo in grado di sorridergli.

E mi odio per questo.

Quando scrivo e sono sola riesco a tirar fuori da dentro di me un universo intero.

Se devo parlare però... solo un silenzio idiota.

- Tu mi piaci. Voglio vederti ancora - aggiunge poi.

Silenzio.

- Se vuoi chiamarmi... - esita.

- Hai qualcosa per scrivere? - mi chiede poi, imbarazzato.

Tiro fuori velocemente il cellulare dalla tasca della giacca.

- Certo.

- Ecco, il mio numero è 0092809054.

Digito in fretta i numeri.

Al momento di scrivere il nome del contatto, mi fermo qualche secondo a pensare.

Decido per “fratello”.

Metto via il telefono.

- Grazie di tutto – dico, banalmente.

In fondo, cosa potrei dire che non gli ho ancora scritto?

Ormai conosce la mia anima.

L'involucro non è importante.

Lui mi sorride e basta.

- Goodnight, my little girl.

- Golden dreams, my hero – gli rispondo con un sorriso grande.

Michael Holbrook Penniman Junior mi regala ancora una volta una delle sue risate limpide.

Si china a baciarmi sulle guance, ed io faccio lo stesso.

Non appena lo vedo scomparire nel buio, mi accorgo di essere terribilmente stanca.

Apro la porta dopo varie imprecazioni dirette alla serratura, e salgo le scale.

In casa, mi spoglio velocemente lasciando gli abiti sul pavimento della mia stanza.

Non indosso neanche il pigiama.

Mi getto sul letto, con un sorriso vero in viso.

Dopo pochi secondi già dormo, con una sensazione nuova che mi scalda il cuore.

 

 

 

 

 

Ciao lettori!

Questo capitolo è un po' corto, vi prometto che i prossimi saranno più lunghi.

Nonostante le parole dolci, gli abbracci ed i gesti non vorrei dimenticaste che Irene vede Mika come un fratello maggiore, e lo stesso è il
sentimento che lui inizia poco a poco a provare per lei.

Sono contenta di quanto entusiasmo mi dimostriate in ogni recensione! :D

Continuate a darmi consigli

Un bacio

 

Marta

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