Shine Frost

di Moonshine Quinn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shine ***
Capitolo 2: *** Jack ***
Capitolo 3: *** Shine ***
Capitolo 4: *** Jack ***
Capitolo 5: *** Shine ***
Capitolo 6: *** Jack ***
Capitolo 7: *** Shine ***
Capitolo 8: *** Jack ***



Capitolo 1
*** Shine ***


Shine

«28 dicembre 2012, ore 20.38 . Fra poco la mamma mi chiamerà per dirmi che è pronta la cena, ma non mi importa, questa è la serata buona, è quella gusta! Sta sera lo vedrò!» dissi convinta al registratore. Non volevo che nulla di quell'incontro venisse sprecato o dimenticato, così avevo deciso di imprimere le poche parole di Jack (se mai l'avessi visto o sentito... o se mai fosse esistito) su una cassetta. Se non fosse successo nulla avrei cancellato dalla faccia della terra la registrazione e questa assurdissima idea di vedere Jack Frost.

Mi diressi verso la finestra e guardai fuori. Aveva continuato a nevicare ininterrottamente per tutto il giorno, solo adesso aveva cominciato a schiarirsi, così immaginai che lui fosse vicino a noi. Poggiai la fronte contro il vetro e sospirai, appannandolo appena. Cosa diavolo mi passava per la testa?! Credere che una cosa così potesse realmente esistere?! Ebbene si... ci credevo o, meglio, ci speravo.

Scossi appena il capo e mi sedetti sul letto, rimuginando su tutto ciò che mi era sempre parso fuori dal mondo, tutto ciò a cui non credevo da anni ormai, a tutto ciò che sarebbe potuto diventare di colpo reale.

Spostai lo sguardo sul mio pipistrello di pelouche, e lo presi in mano, osservandolo attentamente. Mi venne da ridere, pensando che in fin dei conti anche Batman sarebbe potuto essere reale, se non fosse stato creato dalla DC comics, se non fosse stato solo un personaggio di un fumetto. Ma alla fine anche Dio era frutto della Bibbia, eppure moltissimi credevano in lui, perciò il ragionamento di Batman che esisteva non faceva una piega.

Sbuffai e gettai il pupazzo ai piedi del letto, poggiando la testa contro la parete dietro di me. Pazza! Pazza! Pazza! Pazza!

Una vocina nell'angolo più lucido della mia mente continuava a ripetermelo, ma avevo deciso di ignorarla completamente. Volevo vedere se anche io, pur avendo 17 anni, potessi vedere Jack come mio fratellino Jeremy.

Presi a parlare ad alta voce, parlando con chissà quale muro.

«Perché ci credo non lo so. Per la verità non so nemmeno se crederci, ma Jeremy sembra così convinto di parlare a qualcuno quando si rivolge a te che ho quasi paura che tu esista davvero. Perciò ti domando solo una cosa... se davvero ci sei fatti vedere! Poi giuro su... su chi vuoi che non romperò più!»

«SHIIIIIINE!!! È pronto! Vai a chiamare tuo fratello!» mi urlò mia madre dal piano inferiore. Chiamare mio fratello, bah! Come se non fosse già corso giù dalle scale per raggiungere la cucina. Quando si trattava di cibo, quel piccolo pestifero non capiva più niente, ma dal suo aspetto non lo si poteva nemmeno lontanamente immaginare che fosse così goloso. Basso per la sua età, ma magro. Capelli castani tagliati a caschetto, occhi verdi e una marea di lentiggini. Completamente (o quasi) diverso da me. Alta e magra, capelli lunghissimi e biondi, con occhi blu, e qualche lentiggine solitaria sparsa qua e la.

Di malavoglia mi alzai dal letto e aprii la porta, per poi andare ad inciampare su mio fratellino. Lo guardai con aria di rimprovero e gli chiesi «Che diavolo ci fai davanti alla mia porta?!»

Con un ghigno stampato in faccia mi rispose «Ti ascoltavo parlare da sola» e scappò al piano inferiore.

Arrossii fino al midollo e chiusi la porta di camera mia. Cominciavo bene. Adesso mio fratellino mi crede una pazza!

Con la testa carica di pensieri, la vecchia Shine McCraig scese per l'ultima volta le scale di casa sua.

Ciao a tutti! Okay avviso che non pubblicherò regolarmente e... non scrivo praticamente mai ai lettori, sorry. Comunque... la storia non è davvero suddivisa per capitoli, semplicemente quando cambia punto di vista del personaggio, cambia il capitolo... Non volevo creare una storia tra Dentolina e Jack, ma bensî una fra Jack e un'umana... spero che vi sia piaciuta e se siete arrivati a leggere fino qui... beh, grazie! Mi raccomando, recensite in taaaanti, e vi darò un premio :P Cieeeeeooo

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Capitolo 2
*** Jack ***


Jack

Era stato solo un sogno, un frutto della mia immaginazione, o una ragazza mi aveva appena chiamato?!

Volai a velocità supersonica verso l'ultimo posto in cui l'eco della sua voce era ancora udibile e, una volta raggiunto il posto, rimasi sorpreso nello scoprire che la casa in cui ero arrivato era la stessa di Jeremy, il bambino che ogni sera passava ore ed ore a parlarmi, certo che lo sentissi, ed era così! Ma la voce che avevo sentito prima non era la sua. Era una voce femminile, ma non quella di una bambina, bensì quella di un'adolescente di circa 16-17 anni.

Entrai nella stanza di Jeremy, camminando con passo felpato, temendo che qualcuno potesse sentirmi o, meglio, che il piccolo potesse sentirmi. Ma la stanza era vuota, così uscì e mi diressi verso le scale, tendendo leggermente l'orecchio. Tutta la famiglia era riunita in cucina e parlavano allegramente. Si sentivano i vari rumori che invadevano la casa: una radio accesa su una stazione pop, le posate contro i piatti, le voci allegre di tre persone. Volai giù dal primo piano e mi nascosi dietro la porta della cucina, ascoltando i loro discorsi.

Il piccolo Jeremy stava parlando di qualche sua avventura avvenuta a scuola, il padre (intuivo dalla voce molto profonda) borbottava qualcosa riguardo al lavoro, la madre non diceva altro che “Davvero?”, “Non mi dire!”, “Perché?” e “Shine, tu non ci racconti nulla?”. Rimasi pietrificato dal suono di quella parola. Shine, ovvero, brillante. Mi sporsi leggermente per vedere come fosse questa Shine, ma il caso volle che in quel momento Jeremy mi vedesse. Aveva appena chiamato a gran voce il cane (un husky, penso), e quando mi ero sporto per vedere la sorella, lui aveva il viso voltato nella mia direzione. Il viso del bambino s'illuminò e, come un razzo, Jeremy scese dalla sedia e mi venne incontro, ignorando la madre che continuava a ripetergli di stare seduto a tavola finché non avesse finito il cibo. Non feci neanche a tempo a fargli segno di fermarsi, che mi stava già abbracciando con gioia immensa. Alzai lo sguardo e fu lì che la vidi. Lì vidi per la prima volta Shine McCraig! Il fiato mi vene a meno, le gambe sembrarono cedere e gli occhi mi si spalancarono di colpo. Il bambino, notando il mio strano comportamento, mi guardò preoccupato.

«Tutto bene Jack?»

Accennando un sorriso annuii e di getto gli chiesi «Chi è quella ragazza seduta al tavolo con mamma e papà? Un angelo?»

Lui scoppiò a ridere e si voltò verso la ragazza.

«Quella è mia sorella! E non è di certo un angelo!»

A quelle parole la ragazza alzò di scatto il viso e ci guardò... volevo dire, e guardò Jeremy. Aveva gli occhi illuminati da una strana luce, una luce che conoscevo bene, ma che vedevo solo nei bambini. Stava sperando. Sperando per cosa? La vidi agitarsi sulla sedia, per poi alzarsi e dire a sua madre «Arrivo subito, vado un attimo di sopra a... ehm... al bagno!»

Ci venne in contro, sussurrando lievemente, quasi in modo che solo io potessi capire

«Se davvero ci sei, Jack Frost, sali con me» poi poggiò una mano sulla spalla del fratellino e gli disse di andare a tavola che sennò la madre gli avrebbe fatto saltare il dolce.

Lentamente, Shine salì le scale e io, quasi ipnotizzato, la seguii volandole accanto. Aprì la porta di camera sua e la lasciò un'attimo aperta, ipotizzai che fosse per farmi entrare, per poi richiuderla. Si sedette sul letto e guardò uno strano apparecchio poggiato sul comodino, per poi spostare lo sguardo sui propri piedi. Si schiarii la voce e, senza alzare il viso, cominciò a dire «Io non so se devo... credere davvero a quello che sto per fare ma... senti, Jack, se davvero ci sei, se mio fratello non è pazzo, e se nemmeno io sto per diventare pazza, ti chiedo solo una cosa. Io voglio credere in te, e non so il perché perciò... dammi una dimostrazione della tua esistenza! Una qualsiasi! Non so cosa potresti fare ma... fa qualcosa! Perché io sto per diventare matta, davvero! Non so più se prendermi sul serio o no!»

Feci per risponderle, quando mi ricordai del fatto che lei non vedendomi, non poteva nemmeno sentirmi. Voleva che le dessi una dimostrazione? Bene. Non le avrei congelato il vetro, non le avrei fatto prendere un colpo di freddo improvviso, ma le avrei fatto vedere me attraverso il mio elemento. Feci apparire un blocco di ghiaccio in mezzo alla stanza e, con il bastone, cominciai lentamente a scolpirlo finché...

Ciao. Eccovi il secondo capitolo! Buon proseguimento ;) 

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Capitolo 3
*** Shine ***


Shine

...finché non comparve la forma di un ragazzo. Era una meravigliosa scultura di ghiaccio, fatta a regola d'arte, e si era praticamente... autocreata! Alzai appena lo sguardo e fu li, fu li che vidi per la prima volta Jack Frost. Era un ragazzo davvero bello e glaciale. Capelli bianchi, occhi azzurri e un sorriso da capogiro! Vestiva con un maglione blu scuro decorato da tanti piccoli fiocchi di neve argentati, mentre sotto portava un paio di pantaloni beige e... niente scarpe! Oh Dee, ma non aveva freddo?!

Titubante, mi alzai dal letto e mi avvicinai a lui, che mi sorrise nuovamente. Aprii la bocca per parlare, ma le mie parole furono interrotte dal suono melodioso e celestiale della sua voce «Adesso mi vedi?» chiese lui, dolcemente. Annuii, stupita da tutto ciò che stava accadendo, ma non riuscii comunque a spiaccicare parola. Jack si avvicinò a me e mi prese per mano, accompagnandomi sul letto e sedendosi accanto a me. La sua pelle era bianca, liscia e morbida come seta. Se solo avessi potuto sarei rimasta ad accarezzarlo per ore intere, ma temevo che farlo sarebbe stato abbastanza strano e invasivo. Una ciocca di capelli mi scivolò silenziosamente d'avanti al viso, e lui, gentilmente, me la scostò dietro ad un orecchio. Io avvampai, ma sentii che in quel gesto, lui mi aveva in qualche modo accarezzata.

Da quel momento nulla di ciò che mi sembrava essere la realtà poteva definirsi tale. Normalità... addio!

Mi morsi il labbro e lo guardai negli occhi «T-Tu... sei...» provai a dire.

«Freddo?» aggiunse lui, accennando una risata. Ma io scossi il capo e gli poggiai due dita sul labbro inferiore «...bellissimo»

Penso che se avesse potuto ora sarebbe stato lui ad arrossire ma, evidentemente, le sue attuali condizioni non glielo permettevano. Sul suo sguardo si dipinse una sorta di sollievo, ma anche di confusione e, prima che potessi anche solo pensare di potergli domandare il motivo di tutto ciò, la finestra si spalancò, lasciando entrare i soffici e candidi raggi di luna. Gli occhi di Jack si persero nel satellite naturale, ma le sue mani, una volta trovate le mie, non smettevano più di stringermi. Dopo un paio di minuti, lo vidi scuotere il capo e, sospirando, abbassare lo sguardo.

«Perché mi fai questo effetto, Shine? Perché?» disse lui, tristemente.

«Io... io non lo so. Non so nemmeno che effetto ti faccio, ma se è lo stesso che tu fai a me, allora...» risposi, quasi sussurrando.

Alzò lo sguardo e i nostri occhi si incontrarono.

«Io non dovrei innamorarmi, dovrei provare amore per ciò che faccio, per i bambini, per l'insieme di ciò che a me pare bellissimo in natura! Ai bimbi voglio un amore che è più simile ad un bene immenso, agli adolescenti non voglio ne bene ne male, semplicemente sono invisibili per me come io per loro ma tu... tu sei diversa»

Inarcai un sopracciglio. Alle ultime tre parole avevo notato uno scintillio nei suoi occhi, quasi stesse dicendo delle parole sacre, o su una cosa sacra, ma io? Io non ero altro che un'adolescente come mille altri, in più non avevo nessuna dote particolare se non combinare guai o essere il guaio stesso. Io non ero nulla, men che meno diversa.

«Io? No, io non lo sono!» ribattei.

«Allora dimmi tu, quanti adolescenti hanno provato e sperato di vedere una persona completamente (o quasi) immaginaria?» mi chiese lui

«Beh... io...»

«E dimmi, quanti ragazzi sono riusciti a vedermi?» instette lui.

«Ma...»

«E quanti sono riusciti a farmi... innamorare?»

A quelle parole rimasi di sasso, letteralmente! Il mio cuore prese a battere all'impazzata, mentre nel mio stomaco uno stormo di colibrì lottava per uscire, e le mie orecchie cominciarono improvvisamente a sentire dei minuscoli campanelli tintinnare gioiosamente. In quel momento tutto ciò che era conosciuto come tempo... si congelò.

Ci fissammo per un tempo che parve infinito, ma quel silenzio non era affatto sgradito, anzi, era perfetto. Guardandolo negli occhi riuscivo a capire, a sentire e percepire tutto ciò che gli passava per la mente, quasi stesse passando per la mia. Feci per aprir bocca quando la luce lunare ci inondò e accecò, talmente era forte. Voltai appena il viso e notai che Jack aveva lo sguardo sorpreso quanto il mio per quella strana luce. Chinai appena il capo, giusto un po' per vedere perfettamente il suo viso illuminato dalla luna e notai che sotto quella splendida luce naturale, appariva ancora più bianco e...

«Bello»

Le parole mi uscirono di bocca senza che io ne dessi loro il comando e, quando Jack voltò il viso verso di me, vidi che aveva inarcato un sopracciglio. Sorrisi timidamente e abbassai lo sguardo, ma lui mi alzò il viso e dopo essersi avvicinato a me...


E siamo a 3 "capitoli" dheheh

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Capitolo 4
*** Jack ***


...la baciai. Non avevo alcun ricordo riguardo ad un bacio, e non sapevo da che parte cominciare per farlo, ma con lei mi venne tutto naturale e molto più semplice di quanto avessi mai immaginato. La sentii ricambiare e rafforzare il legame che ci univa, circondandomi il collo con le braccia e tirandomi maggiormente a se. Lasciai cadere il bastone per terra e le posai le mani sui fianchi. Lentamente ci sdraiammo sul letto e, senza smettere di baciarci, ci intrecciammo l'uno con l'altra, solo la luna riuscì a separarci, solo il fatto che dovessi andare riuscì a farmi allontanare da... lei!

Quando mi alzai dal letto, Shine mi prese per una manica e mi tirò a se, stringendomi forte. Ricambiai l'abbraccio e la feci alzare assieme a me, affondando il viso nei suoi capelli dorati.

«Devo andare» sussurrai fra i suoi capelli. A quelle parole mi strinse di più a se, come una bambina che non vuole lasciare l'altalena al parco giochi, malgrado fosse tardi.

«Devi proprio?» chiese lei.

Sospirando, annuii, ma non la lasciai andare. Ero nuovo nel mondo dei sentimenti e penso che per tutti la prima volta sia una botta in pieno stomaco, ma una botta che vuoi prendere, e non ti lamenti quando ti arriva. Voltai lo sguardo verso la luna e le chiesi se poteva venire con me. Dopo 300 anni, mi rispose nuovamente. Poteva venire con me. Felice a più non posso la guardai e le sorrisi, facendola arrossire nuovamente.

«Shine...»

«Sì?» disse guardandomi negli occhi.

«Vuoi venire via con me?»

Sgranò i suoi fantastici occhi color ciano e si allontanò appena da me, abbassando lo sguardo.

«N-Non posso... almeno, non adesso. Cosa dico alla mia famiglia, e a scuola? Ai miei amici? Come posso lasciare tutto senza... preavviso da parte mia?» sembrava agitata e confusa, ma dentro di lei leggevo l'enorme desiderio di seguirmi.

Mi venne un'idea geniale!

«Domani, sì! Domani vieni con me al palazzetto del ghiaccio e porta dei pattini»

«Dei pattini?! Ma io non so pattinare! Già bello se so camminare decentemente, figuriamoci pattinare!» rispose quasi scandalizzata. Le posai un dito sulle labbra e le baciai la fronte.

«Domani alle 13.00 ci troviamo li davanti e ti insegnerò a pattinare, okay?»

«M-Ma...» cercò di dire lei, ma non la lasciai finire, dicendo «Vedrai che ci divertiremo. Te lo prometto»

In principio sembrava felice, ma un'espressione perplessa attraversò il suo bellissimo viso, guardò il calendario e scosse il capo «Ma domani il palazzetto è chiuso. Come faccio ad entrare?»

«Hey, in fondo sono sempre Jack Frost! Per me nulla è chiuso» e le feci l'occhiolino.

Raggiante, annuì e mi strinse forte a se, sorridendo. Le diedi un ultimo bacio sulle labbra e volai via, lasciandola così, felice e speranzosa.

 

Arrivai al Polo Nord in un quarto d'ora e quando entrai nella casa del mio “collega” Babbo Natale, un'amara sorpresa mi investì. Tutti e 4 i guardiani si erano riuniti e nessuno di loro sembrava felice di vedermi. Il primo a prendere parola fu proprio Nord.

«Cosa è passato in tua minuscola testa?! Sei matto?» sbraitò, puntandomi l'indice contro.

«Un' umana! Un adolescente che nemmeno crede in noi!» aggiunse il Cangu... Coniglio... Calmoniglio.

«Hey! Ti ricordo che sono anche io un adolescente!» ribattei.

«Sì, ma lo sei da 300 anni ormai» rispose calma Dentolina, la Fata dei Denti.

Sbuffai e guardai il soffitto, alla ricerca di qualche finestra. L'omino del sonno, Sandman, non aveva “detto” nulla, semplicemente mi guardava, scuotendo la testa. Presi la prima sedia che mi capitò in mano e mi sedetti, buttando il capo all'indietro e tendendo le gambe in avanti.

«L'ultima volta che eravamo tutti assieme era perché la Pitch aveva spento quasi tutte le luci» feci un cenno col capo verso il mondo «Mentre adesso siete tutti qui perché?»

«La luna ci ha detto di venire qui, che dovevamo parlare di qualcosa e, una volta arrivati, abbiamo saputo che tu e un'umana di nome Shine McCraig vi siete innamorati» disse il Coniglio.

«Ho chiesto alla Luna se andava bene ciò che stavo per fare, se stava succedendo qualcosa di strano, ma l'unica cosa che mi ha detto è stato “Fallo!”» risposi, scattando in piedi.

Allora Babbo Natale fece aprire la finestra sul soffitto, e guardò la luna. Tutti lo imitarono, tranne me che sbuffai sonoramente e mi sedetti nuovamente.

Chiusi un attimo gli occhi e ripensai a ciò che era successo un'ora prima. Mi leccai le labbra e sentii ancora il suo sapore. Presi la felpa fra le mani e la annusai. Il suo profumo era impresso ovunque su di me e al solo pensiero di rivederla, il cuore mi si fermava. Dovevo rivederla al più presto! Dovevo...

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Capitolo 5
*** Shine ***


...dovevo assolutamente fare qualcosa per distrarmi, o fino a domani non avrei resistito!

Presi un libro e cominciai a sfogliarlo, ma ad ogni parola su cui mi soffermavo, leggevo il suo nome così, arresa, chiusi il libro, poggiandolo sul comodino. Fissai la statua di ghiaccio di fronte a me e mi dissi che, se non l'avessi portata fuori al più presto, avrebbe finito con il bagnarmi l'intera moquette, che ci avrebbe messo secoli ad asciugare. Mi tirai indietro le maniche e aprii la finestra. Cercai di alzare la statua, ma era davvero troppo pesante per me, perciò avrei dovuto trovare un altro modo per portarla vicino alla finestra. Mi guardai in giro e vidi, dietro all'armadio, cinque o sei rotoli di cartone, di quelli che si trovano dentro la carta igienica, solo molto più lunghi e robusti. Li tirai fuori e sorrisi al solo pensiero di cosa volevo farne. Li avevo raccolti per farmi una casetta in cartone tutta mia, quando ero piccola adoravo il bricolage, solo che non avevo mai trovato sei pezzi di cartone abbastanza grandi, perciò avevo abbandonato l'idea, ma quelli erano rimasti li da allora.

Scossi appena il capo e misi tutti e sei i rotoli ai piedi della statua e adoperai tutta la mia forza e la mia buona volontà per metterla sopra di essi. Una volta messa la statua sui tubi, cominciai a farla rotolare fino alla finestra. Ci misi un po' ma, finalmente, ci riuscii. La statua, che nel frattempo aveva già cominciato a sciogliersi, era a pochi centimetri dalla finestra. La aprii e, siccome era posta abbastanza in basso, riuscii a spingere la statua giù senza troppa fatica. Appena il meraviglioso volto di Jack toccò terra si ruppe e, automaticamente, anche il resto della scultura andò in frantumi. Sospirai e chiusi la finestra sperando, in cuor mio, che ad andare in frantumi fosse stata solo la statua. Mi voltai e vidi che mia madre mi stava guardando con aria interrogativa. Da quanto era li?!

«Beh? Ci vuole così tanto per andare in bagno?!» chiese incazzata.

Sbuffai e guardai altrove «Mi monitori adesso? Non mi sento bene, così me ne sono andata»

«E allora non dire che vai in bagno! In più, se ti senti male, stare davanti alla finestra spalancata non ti aiuta» disse lei, per poi avvicinarsi e raggiungere i sei tubi, ormai bagnati, sul pavimento. Li raccolse e me li sventolò in faccia.

«E questi? Cosa sono? E come mai sono bagnati?»

«Siccome non sei cieca, vedi benissimo che sono dei tubi di cartone, e non so perché sono bagnati» mentii «Li ho trovati dietro all'armadio già bagnati... penso che ci sia una perdita sopra» indicai velocemente un punto imprecisato sul soffitto. Mia madre mi squadrò e scosse il capo, per poi avvicinarsi alla porta.

«Comunque sia, siccome stai così male, adesso fili a dormire, chiaro?» chiese lei, secca.

Sospirai e abbassai il capo, annuendo. Se fosse stato quello il prezzo da pagare pur di stare con Jack, l'avrei pagato tutto. Andai verso l'armadio e tirai fuori il pigiama pulito, prima che mia madre rientrasse di nuovo, dicendomi qualcosa come “Tu domani rimani chiusa in camera senza tecnologia. Buona notte”

Evidentemente il mio cervello non realizzò subito perché solo dopo essermi messa il pigiama che sclerai.

L'indomani sarei dovuta uscire ad ogni fottuto costo! Dovevo uscire, dovevo vederlo, volevo farlo, e non sarebbe stata di certo una stupidissima punizione ad evitare che ciò avvenisse.

Feci per uscire dalla stanza per andare a lavare i denti ma, appena abbassai la maniglia notai, con mia grande sorpresa e stupore, che mia madre mi aveva chiusa in camera. Ma che diavolo?! Mi voltai, per poi correre verso il letto e lanciarmici sopra, affondando il capo nel cuscino ed urlare. Per qualche motivo, sentii gli occhi inumidirsi e, poco dopo, le lacrime cominciarono a scivolarmi copiose sulle guance, bagnando il cuscino. E fu proprio così che mi addormentai, con le lacrime agli occhi e Jack nel cuore.

 

«In The End, as you fade into the night, whooooa, who will tell the story of your life? Whoo...*»

Click!

Spensi la sveglia e mi girai nel letto, per poi prendere il cellulare e guardare l'orario. Le 11.00. Fra due ore sarei dovuta andare all'appuntamento con Jack, ma con la porta chiusa mi pareva alquanto difficile uscire di casa, e saltare giù dalla finestra non mi sembrava esattamente una buona idea, siccome camera mia era a circa 7 metri da terra.

Sbuffai e m diressi verso la porta, cominciando a tempestarla di pugni e urlando «MAMMA LASCIAMI USCIRE! HO FAME E DEVO ANDARE IN BAGNO!»

Continuai così per circa una decina di minuti, prima di arrendermi e sedermi ai piedi della porta. D'un tratto avvertii dei passi, così scattai in piedi e mi misi di fronte all'entrata della mia camera. Qualcuno mise la chiave nella toppa e fece scattare il meccanismo che mi aprì la porta. Mia madre entrò in camera mia e mi lasciò un bicchiere colmo di latte e cinque biscotti sulla scrivania, per poi voltarsi verso di me e darmi una sberla in pieno volto. Mi misi entrambe le mani sul punto colpito e guardai la mamma, prima di scoppiare a piangere.

«E non fare la vittima con me! Ora fila in bagno e guai a te se ti sento ancora una volta urlare così di domenica, disgraziata!»

Corsi in bagno e, dopo aver fatto il necessario, compresa una bella doccia, tornai in camera, dove c'era ancora mia madre ad aspettarmi. Appena entrai nella stanza, lei sbatté la porta e la richiuse a chiave.

Mi accarezzai la guancia, che nel frattempo era diventata rossa, e mi sedetti davanti alla scrivania per mangiare quella misera colazione. Finito il pasto, mi cambiai, mi misi la matita e mi spazzolai, pronta per uscire... ma come facevo ad uscire? Non avevo nemmeno dei lenzuoli per fare una specie di corda, in modo che potessi calarmi giù dalla finestra, stile film da quattro soldi. Spostai lo sguardo sull'orologio e sospirai. Mancava ancora un'ora all'appuntamento e ci avrei messo mezz'ora per raggiungere il palazzetto. Mi sdraiai sul letto e poggiai il capo sul cuscino. Vidi il mio riflesso nello specchio e sorrisi appena. Avevo scelto un abbigliamento un po' troppo da motociclista e un po' troppo rosso, ma tutto ciò che bruciava e che fosse rosso mi piaceva tantissimo. Avevo dei jeans blu e larghi, con moltissime tasche e catenelle, mentre sopra portavo una maglia senza maniche rossa sangue e una giacca in pelle, anch'essa rosso sangue, con borchie, catene, spille id sicurezza e cerniere. Al collo avevo messo la mia collana preferita, una croce elaboratissima, tutta d'argento e nera. La matita mi contornava gli occhi, mettendo in risalto il loro colore ciano e intenso. Alle orecchie avevo quattordici orecchini (sette da una parte e sette dall'altra) e oggi li avevo messi tutti con il brillantino rosso. Chiusi per un attimo gli occhi, ripensando a Jack e... mi addormentai.

Toc! Toc! Toc!

Un leggero bussare mi scosse dal sonno. Guardai la sveglia e scattai in piedi. Le 13.30?! Merda, l'appuntamento! Mi voltai verso la porta, ma non c'era nessuno fuori, perché non c'erano ombre sulla moquette, così mi voltai verso la finestra, e lo vidi. Gli sorrisi e, dopo aver aperto la finestra, lo invitai ad entrare. Lui mi prese il viso tra le mani e...

 

*In The End – Black Veil Brides  © http://www.youtube.com/watch?v=f0EQlIzPowM

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Capitolo 6
*** Jack ***


Jack

 

...glielo voltai appena, notando così un leggero livido rosso.

«Che è successo?» le chiesi, ma lei voltò il viso dalla parte opposta e abbassò lo sguardo, sussurrando un flebile «Nulla»

La presi per le spalle e la scossi.

«Dimmi che è successo e come mai non sei venuta» le dissi in tono insistente. Shine sospirò e mi guardò.

«M-Mia madre...» cominciò.

«Tua madre cosa, Shine?» la incoraggiai.

«Mia madre mi ha chiusa in camera e sta mattina mi ha tirato uno schiaffo perché la chiamavo a squarciagola. Ma lei non rispondeva, così ho urlato per circa dieci minuti... solo dopo un quarto d'ora si è degnata di rispondermi» e, mentre parlava, si portò una mano sulla guancia, accarezzandosela.

«Ciò significa che non puoi uscire... dalla porta»

Inarcò un sopracciglio e mi guardò confusa, annuendo leggermente. Le sorrisi e, dopo averla presa in braccio, le sussurrai di tenersi forte, che si partiva. Si strinse forte a me e nascose il viso nell'incavo del mio collo. Le baciai il capo e presi la rincorsa, per poi buttarmi fuori dalla finestra e cominciare a fluttuare nell'aria. Le alzai il viso con una mano e le spostai lo sguardo sotto di noi. Appena vide la distanza tra noi e il terreno, si strinse ancora di più a me, ma non sembrava avere paura solo... voleva essere certa che non sarebbe caduta.

Volammo fino al palazzetto del ghiaccio e, una volta arrivati a destinazione, la feci scendere, per lasciarle un po' di tempo per riprendersi dopo la volata, ma non sembrava averne bisogno, così la presi per mano e ripresi a volare. Per fortuna che il palazzetto era a cielo aperto, solo una pista era coperta, mentre l'altra era semi esterna. Volammo fino all'interno della pista ma, quando vidi che tutti i pattini e gli spogliatoi erano all'interno e, giustamente, la porta d'entrata era chiusa a chiave. Ma non mi diedi per vinto e, dopo aver congelato la serratura, le tirai un pugno, mandandola in frantumi. Finalmente entrammo. Presi Shine per mano e le aprii uno spogliatoio, prendendole dei pattini e posandoglieli nelle mani. Le baciai il naso e mi diressi verso la pista. In mezzo al ghiaccio mi sentivo davvero bene, anche se non c'era da meravigliarsene. Non presi i pattini, perché non facevano affatto al caso mio, mi sentivo più a mio agio a piedi scalzi. Mi sedetti sulla balaustra e aspettai Shine. Feci dondolare i piedi, e lasciai vagare lo sguardo su tutta quella distesa di ghiaccio sintetico. Il ghiaccio era una perfezione silenziosa, candida e... boh, semplicemente perfetta. Appena Shine arrivò, la scena in cui la vidi mi fece di una tenerezza immensa. Lei, traballante su dei pattini non esattamente comodi, con passo malfermo che si avvicina a me e, un attimo prima di raggiungere la balaustra, cade goffamente. Non potei fare a meno di ridere, ma l'aiutai a rimettersi in piedi, per poi prenderla per mano e accompagnarla in mezzo alla pista. La cosa che mi sorprese fu che, malgrado io avessi riso per la sua gaffe, lei non se l'era presa, anzi, aveva riso un po' con me.

Le presi entrambe le mani e la guardai negli occhi blu, sussurrandole «Sei pronta piccolo fiocco di neve?»

La vidi arrossire e scuotere il capo, nascondendo il viso tra le sue ciocche dorate.

«Non so pattinare e, siccome fuori sono caduta, figuriamoci qui cosa sono in grado di fare» rispose timidamente.

«Ti ho detto che ti avrei insegnato, giusto? E allora ti insegno» le risposi con un sorriso.

Deglutì e si aggrappò a me con tutte le sue forze. Provai a pattinare con lei aggrappata al collo, ma fu tutto inutile, così le spiegai che se avesse fatto così per tutto il tempo, anche l'indomani saremmo dovuti tornare per perfezionare, e ci sarebbe stata più gente attorno a lei, e ciò significava più panico. Appena lo capì, si limitò a darmi la mano e a lasciarsi scivolare sul ghiaccio, spinta dal vento e aiutata da me.

Per essere alle prime armi non era poi così catastrofica. Cominciammo con i primi passi con i pattini, che si fanno proprio come i primi passi a piedi scalzi, solo che adesso aveva la pianta dei piedi un po'... tanto ridotta. Fece le prime cadute solo quando provò ad allungare il passo, ma non ne collezionò molte altre, e ciò mi fece piacere. Ce la stava davvero mettendo tutta.

Finimmo con l'ultima caduta di faccia, mentre Shine si ostinava di riuscire a fare l'angelo in maniera perfetta e, quando le risposi che era riuscita a fare... una caduta d'angelo perfetta, mi aveva tirato addosso una palla di neve fatta sul momento con dei rimasugli di ghiaccio.

Allora aveva proprio aperto una vera e propria battaglia, solo che non trovava giusto il fatto che io potessi avere tutte le palle di neve del mondo e lei no. Alla fine, però, tutto il casino con la neve e i graffi lasciati sul ghiaccio dovevo ripulirli io.

Prima che sparisse in spogliatoio, Shine mi chiamò veloce a se, così la raggiunsi, ma non feci nemmeno a tempo a svoltare l'angolo prima dello spogliatoio, che lei mi prese per la felpa e, dopo avermi avvicinato a se, mi baciò.

Sorrisi sulle sue labbra, al ricordo della sera precedente, e decisi che volevo il ricordo di un nuovo bacio, così poggiai le mani sui suoi fianchi e la tirai maggiormente a me, chiudendo gli occhi e ricambiando il gesto.

Io, che di solito non provavo mai ne caldo, ne freddo, a contatto con lei sentivo come se un fuoco stesse ardendo, proprio nel più profondo del mio cuore, ma un fuoco talmente forte, da essere capace di riscaldarmi in tutto il corpo, in tutta l'anima.

Mi allontanai appena da lei e, dopo averle spostato una ciocca di capelli dietro all'orecchio, le sussurrai «Dovresti andare a metterti le scarpe, che adesso ti porto fuori di qui»

Fece una smorfia e guardò la pista, sospirando.

«Non voglio tornare indietro da mia madre. Sicuramente avrà scoperto che non ci sono più in camera, e quando ritorno le sofferenze sono garantite»

«Non ti porto subito a casa, prima voglio fare un salto in un bellissimo posto che, scommetto, ti piacerà tanto» cercai di sollevarle un po' il morale. Avevo intenzione di portarla in un posto lontano, ma davvero lontano, giusto per farle dimenticare un po' dei suoi problemi a casa siccome, da come ne parlava, deducevo che ne avesse molti.

La vidi sparire dietro l'angolo, così me ne tornai sulla pista di ghiaccio a finire di pulire il nostro divertimento.

Inspirai a fondo e mi misi una mano sul cuore, alla ricerca di quel calore divino e celestiale che poco prima vi si era abbattuto come una tempesta di sabbia in un arido e caldo pomeriggio d'estate nel Sahara (okay, forse detto così non è il massimo, ma per me, che non provo una sensazione di calore da oltre 300 anni, la descrizione rende davvero l'idea al 100%), ma nulla... ora non rimaneva che il mio cuore, freddo e immobile.

Finito il lavoro, mi sedetti sul ghiaccio e guardai quella minuscola parte di cielo che si poteva intravvedere dalla mia posizione. Rimasi a guardare le nuvole cambiare forma e dimensione e, se non fosse stato per quel click alquanto sinistro, sarei rimasto ad osservare quello spettacolo per i secoli a venire.

Un fischio, un ticchettio e...

BOOOM!

Un esplosione! Ed era avvenuta proprio... ti prego, no!

Corsi verso lo spogliatoio, ma l'unica cosa che riuscii a vedere furono fiamme e scintille ovunque. La porta e tutto ciò che c'era dietro ad essa era ormai stato inghiottito dal fuoco. Impugnai saldamente il bastone con entrambe le mani e lo puntai verso l'incendio. Cercai di spegnerlo con il ghiaccio, ma il mio elemento non sembrava essere in grado di spegnere o acquietare le fiamme. Mi impegnai al massimo, mettendo tutta la mia forza di volontà per vincere quell'incendio, ma nulla. E quando sentì il suo urlo, straziato dal dolore e dalla sofferenza, non riuscii a fare altro che scappare da quel posto, andare in qualunque posto in cui avrei trovato una soluzione per salvarla, e in cui non avrei potuto sentirla urlare. Ma la realtà era ben diversa... stavo scappando. Il fuoco aveva questo effetto su di me... mi faceva... paura. E in questo caso, la mia più grande paura superò anche il mio più grande sentimento, l'amore.

Volai fino alla mia grotta segreta, che si trovava su una delle cime più alte di quel posto, e mi ci nascosi dentro, nell'angolo più scuro e interno, per poi rannicchiarmi su me stesso e chiudere gli occhi. Volevo solo dimenticare... svegliarmi e dirmi che tutto ciò era stato solo un sogno. Anche se questo significava lasciarla da sola a morire.

 

Lasciai passare l'intera giornata e, ormai, la notizia dell'incendio si era già divulgata in tutta la città. Erano circa le 23.00 quando decisi di uscire dal nascondiglio e vedere che fine avevano fatto i resti della mia Shine.

Volai fino al palazzetto del ghiaccio e mi nascosi su un albero, scrutando la zona. Sapevo benissimo che nessuno mi avrebbe mai potuto vedere, ma da quell'albero c'era una visuale perfetta e... se per caso Shine fosse riuscita a salvarsi, le fronde del pino mi avrebbero nascosto quanto bastava. La zona era stata circondata dal nastro giallo e nero della polizia ma, a quell'ora, non c'era più li nessuno al di fuori di me, Shine e qualche curioso, che aveva deciso di ficcanasare in affari che non erano suoi. Guardai il cielo, e vidi che la luna era già ben visibile, e piena.

Presi un lungo respiro e volai dritto verso gli spogliatoi. Una volta arrivato, rimasi scioccato dal cambiamento di quel posto da quando eravamo arrivati fino ad ad ora. Tutto era nero, bruciato e... triste. Era una scena triste e macabra, se pensavo alla mia Shine, dietro a quello che ne rimaneva della porta. Avevo quasi paura di varcarne la soglia. Non volevo vedere come era stato ridotto il mio... amore, ma mi feci coraggio ugualmente ed entrai. Lo spogliatoio non lo avevo visto perfettamente quando avevo accompagnato Shine, solo di sfuggita.

Tutto era ridotto ad un mucchio di cenere e detriti, non riuscivo più a riconoscere nulla in quel posto. Mi feci largo tra le macerie e sollevai un po' di detriti, prima di riuscire a trovare le lame dei pattini della mia Shine.





Tatataaaaa rieccomi quaaaa! Scusate l'enooorme ritardo c.c ma ho esaurito le idee c.c Ehm, questo è il prossimo capitolo :3 Enjoy e recensite in taanti!

P.S. Da ora posso finalmente dire, un bacio dalla vostra Moonshine Quinn

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Capitolo 7
*** Shine ***


Shine

 

La sensazione di bruciore, di agonia e di terrore di poco fa (non sono sicura che fosse poco... il dolore era persistito per così tanto tempo, che ero certa che non passasse più) era completamente svanito. Mi sentivo... bene? Ma l'unica cosa che mi preoccupava era il fatto che non riuscissi più a percepire il mio corpo, non nel senso che non c'era... ma lo sentivo quasi come se fosse, ehm, fatto di vapore? O meglio, cenere, che al minimo soffio di vento si spargeva in tutte le direzioni. Ma che diavolo era successo? Come ero ci ero finita ridotta in cenere? E dove diavolo mi trovavo adesso?

Feci appello a tutte le mie forze, tentando di ricordare, ma l'unica cosa che mi veniva in mente era un dolore lancinante, bruciante, la speranza di sparire ed essere accolta dalle braccia della morte il più in fretta possibile.

Tentai di aprire gli occhi, ma il problema era... in che punto esatto erano i miei occhi?

Cercai di concentrarmi, di mettere assieme più cose possibili ricordassi, ma a malapena sapevo il mio nome... era qualcosa tipo... Shine? Non ne ero sicura, ma sapevo che se fossi riuscita a rimettermi assieme, in qualche modo, come si fa con i lego, sarei riuscita a ricordare molte più cose. Feci un lungo respiro, e, in qualche modo, provai ad aprire gli occhi. Ce la feci! Era doloroso tenerli aperti, ma ce l'avevo fatta. Ora ci vedevo!

Felice di questo progresso chiamai a me tutte le forze, in modo da riuscire ad alzare almeno un braccio. Sentivo che potevo farcela, sentivo che poteva funzionare, lo sapevo!

Dopo svariati tentativi, percepii uno strano formicolio percorrermi quella che, in teoria, doveva essere la mia spina dorsale, e solo dopo un attimo capii che quelli erano i muscoli che stavano lavorando, per farmi alzare, per farmi almeno mettere seduta.

Abbassai lo sguardo sul mio corpo, e vidi che la cenere lo aveva formato, ricreato. I pochi punti color pelle stavo via via ingrandendosi facendo scivolare via lentamente la cenere. Dapprima mi guardai le mani e, in qualche angolo remoto del mio cervello, sapevo che da qualche parte doveva esserci una cicatrice lunga e fine causata da una bruciatura ma, malgrado avessi ricontrollato ogni singolo centimetro delle mie mani più volte, esse parevano essere ormai perfette, quasi di porcellana.

Feci correre lo sguardo sulle mie braccia, coperte da una giacca in pelle tipo chiodo, ma rossa sangue, e piena di catene, borchie, spille... tutte cose che solo una punk sfegatata indosserebbe! Magari io ero una punk, ma proprio non ricordavo.

Passai delicatamente una mano sulla pelle liscia della giacca, per poi soffermarmi a guardare le gambe, che erano mezze coperte da delle calze a rete nere e da una gonna ruota, con il disegno della stoffa che ricordava molto uno scozzese. Era lunga fino a poco prima dell'inizio del ginocchio, ed era rigonfiata da uno spesso strato di tulle nero, che decorava anche il bordo della stoffa.

Ai piedi calzavo degli anfibi neri, alti fino a sopra la caviglia, ed avevo una stringa nera ed una rossa.

Poggiai una mano per terra, facendo leva sul braccio e, leggermente traballante, mi misi in piedi. Avevo le gambe a X a causa della pessima postura che avevo in quel momento. Mi sembrava di aver disimparato a camminare, ma mi dissi che non doveva essere poi così difficile, no? In fondoogni persona su questa Terra lo sa fare benissimo, perciò riapprenderlo non sarebbe stata un'impresa poi così tanto ardua.

Alzai il capo e, con passo molto incerto e tremante, cominciai a spostarmi nella direzione da cui... splendeva la luna. Mi era venuto automatico avviarmi verso il satellite naturale, e non mi chiedevo nemmeno perché. Mossi altri due passi, prima di inciampare e cadere. Chiusi gli occhi, pronta per l'impatto al suolo, ma quando li riaprii, l'unica cosa che sfiorava il terreno, erano le mie lunghe ciocche ricce rosso fuoco.

Mi diedi una spinta all'indietro e mi presi i capelli fra le mani, rimirandoli con meraviglia. Wow! Fantastici! Li lasciai ricadere e seguii i loro movimenti fluidi e vellutati, che andarono ad accarezzarmi i fianchi esili, fino a toccare il bacino. Accidenti! Erano davvero lunghi!

Ma una cosa non era chiara... come diavolo avevo evitato la caduta?

Voltai di scatto il viso e presi un colpo, letteralmente!

Da dietro le mie spalle, si facevano strada due enormi ali d'angelo, piumate e perfette! Ma non erano di quel colore azzurro pallido o bianco, no, erano nere come la pece e la cosa affascinante stava nel loro riflesso argentato che prendevano sotto la luce lunare. Sorrisi e tentai di toccare un'ala, ma questa si scansò velocemente, nascondendosi dietro la mia schiena. Sembrava avere un cervello proprio, ma ciò non poteva essere minimamente possibile, siccome erano parte di me, perciò ipotizzai che fossi stata io a ritirarla in qualche modo, anche perché quando avevo provato a toccarla, avevo temuto che avrebbe potuto dolermi. Inspirai nuovamente e cercai di vedere me stessa dagli occhi di qualcun altro. Immaginai che questa persona vedesse le mie ali coprirmi, farmi da scudo e, quando riaprii gli occhi, ecco che l'unica visione che ebbi fu un nero muro composto da piume nere e perfette. Sorrisi e cercai di aprirle, alla massima apertura alare che mi era concessa, e quando anche quest'azione mi fu concessa, decisi che forse era il momento di sperimentare il volo... ma avevo paura. Se fossi caduta? Se non fossi riuscita a comandare le ali? E come facevo a pilotare il tutto e nemmeno sapevo come funzionava un ala? Come si faceva a volare?

Rilassai le ali e mi guardai per bene, ammirando ogni piccolo centimetro di me. Sotto la giacca non avevo notato la maglia rossa, come nemmeno la collana con la croce. Ero stata talmente presa dalle nuove novità, che dopo la gonna, non avevo più notato nulla del mio abbigliamento.

Malgrado ciò mi passasse direttamente sulla maglia, e mi stringesse appena la gabbia toracica, quella fu davvero l'ultima cosa che vidi.

Due cose mi separavano obliquamente la maglia. Una era una corda nera, di metallo rivestita con un filo strano, mentre l'altra era una fascia nera in pelle, e finivano entrambe dietro alla mia schiena.

Incuriosita, tirai il filo e lo sfilai, notando con sorpresa un elaboratissimo arco fatto in ebano, dipinto e intagliato con il nero e il rosso. Me lo rigirai più volte fra le mani, che con tutto quel nero facevano un contrasto assurdo, per poi dedurre cosa mai s celasse dietro la fascia in pelle.

Esattamente come pensavo. La fascia nera faceva parte del contenitore delle frecce, che era fatto interamente di pelle, con ricamato sopra un drago rosso. Presi fuori una freccia e la rimirai compiaciuta. Era davvero bella, e riprendeva, naturalmente, gli unici due colori che indossavo. Aveva l'asta in legno dipinta di nero, la punta in un materiale duro e luminoso, quasi come... un rubino! E le piume in fondo all'asta erano rosse fuoco.

Strinsi tra le mani l'arco e la freccia, per poi posizionarmi e chiudere un occhio. Quando avevo teso il braccio, la stoffa si era leggermente scostata, facendo intravvedere uno strano oggetto attaccato all'avambraccio. Abbassai entrambe le braccia e tirai del tutto indietro la manica. Era una semplice protezione per l'avambraccio fatta in un materiale simile all'osso, ma molto più lucido e resistente, molto simile al guscio di una tartaruga. Sorrisi e mi posizionai nuovamente (non sapevo come facessi a sapere la postura esatta per lanciare una freccia, fatto sta che ciò mi venne naturale), socchiudendo un occhio e preparandomi a scagliare la freccia lontano.

Mirai alla luna. Era un bersaglio lontano, ma comunque un bersaglio ben visibile così, dopo aver fatto un lungo respiro, tesi maggiormente la corda, posizionai l'asticella di legno sull'indice e... scoccai.

Abbassai entrambe le braccia e rimasi a guardare la freccia andare lontano, sino a raggiungere l'atmosfera, pensai e, ad un tratto, la vidi prendere fuoco, per poi spegnersi subito dopo.

Wow!

Mi misi a ridere e quando sentii la mia voce riecheggiare cristallina, non potei fare altro che continuare.

Mi sentivo bene, ero felice, stavo bene, e tutto il senso di panico di un paio di ore prima era finalmente svanito, eppure c'era una piccola falla in tutta la mia felicità... mi sentivo incompleta.

Appena focalizzai questa triste verità, smisi lentamente di ridere e, dopo essermi rimessa l'arco a tracolla, abbassai lo sguardo e presi a camminare lentamente, con movimenti più naturali e regolari, allontanandomi dal luogo della mia rinascita, ma poco prima che superasi il giardino che contornava la marea di cenere, sentii qualcuno schiarirsi la gola.

Mi voltai di scatto, con il cuore a mille e la mano già pronta sull'arco, ma appena il mio sguardo incrociò quello di un ragazzo bianco come la neve, vestito di fiocchi ghiacciati, e con i capelli innevati, che mi sorrideva dolcemente, improvvisamente mi rilassai, e un senso di estremo benessere mi invase. Ora mi sentivo completa. 





Ed ecco che finalmente, dopo secoli, la vostra Moonshine torna con un nuovo capitolo :D Scusate l'attesa, ma ho avuto il tipico blocco dello scrittore che dura parecchio tempo, e la mia mente si rifiutava di sfornare nuove idee...
Cmunque, come vi sembra? Non sono caduta troppo nelle descrizioni, vero? c.c 
Mi raccomando, recensite in tanti che le vostre opinioni sono auree per me! Ah, e grazie a tutti quelli che hanno recensito fino adesso! Questo capitolo è interamente dedicato a voi :*

Oky, ho finito

Un saluto

Moonshine Quinn

 

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Capitolo 8
*** Jack ***


 

Jack

 

Mi ero nascosto dietro ad un albero a guardare, ad ammirare quella magnifica creatura che sembrava essere appena venuta al mondo. Era nata dalle proprie ceneri, come la magnifica fenice, e fu proprio quello che mi fece capire chi fosse la meraviglia di fronte a me. Era la mia Shine.

Rimasi a fissarla per tutto il tempo e, inizialmente, pareva molto confusa, come se non ricordasse nulla, e ciò mi ricordò qualcuno... qualcuno che 300 anni prima si trovava nella stessa, identica situazione. Se la mia rinascita era avvenuta in un laghetto, completamente ricoperto di ghiaccio, la sua era avvenuta tra le ceneri della sua vecchia vita.

Mi venne il dubbio che forse il suo potere, il suo elemento, fosse il mio completo opposto e, quando la freccia da lei scoccata prese fuoco, i miei dubbi vennero cancellati. Eravamo degli opposti, ci annullavamo a vicenda, eravamo due pezzi di un puzzle che combaciavano perfettamente, come lo Yin e lo Yang.

Riflettei su questa scoperta per un po' e, quando arrivai alla conclusione di tutto, ogni cosa parve molto più chiara.

Tutte le domande che mi ero precedentemente posto ebbero finalmente risposta. Prima non riuscivo a capire come mai, appena l'avevo vista, mi ci ero innamorato perdutamente, come mai mi ero lasciato andare improvvisamente, senza pensare alle conseguenze di innamorarmi di una mortale, di un'umana.

Sorrisi a quella scoperta e alzai il viso, rivolto alla luna, pensando dentro di me “Non diventi leggenda, ma ci nasci”

spostai nuovamente lo sguardo su Shine e quando vidi che se ne stava andando, con il capo chino e un'aria delusa, mi mossi appena, poggiando la spalla contro il ruvido tronco dell'albero e incrocia le braccia al petto, stringendo il bastone saldo nella mano destra. Mi schiarii la voce e sorrisi, ma quando la vidi in viso, quando vidi i suoi occhi, mi pietrificai. Il sorriso rimaneva impresso nel mio volto, ma non era più così disinvolto e leggermente accattivante, ma bensì teso, freddo e forzato.

I miei occhi vennero rapiti dalle sue iridi, non più di quel colore ciano, forte, penetrante, ma di un rosso rubino, talmente puri che sembravano illuminare di luce propria.

Con uno sforzo immenso distolsi lo sguardo da quelle calamite iniettate di sangue, circondate da uno spesso strato di trucco nero, e passai a guardare il resto del viso. Rimasi incantato dalla perfezione della sua pelle ceramica e marmorea, per poi passare in rassegna i suoi lunghi capelli a boccoli e rossi, che le sfioravano delicatamente il bacino, come delle mani che le accarezzano dolcemente il corpo.

Titubante, Shine si avvicinò a me, sempre più vicina e mi sussurrò «J-Jack?»

Annuii appena e avvicinai maggiormente il mio viso al suo, socchiudendo gli occhi e guardandola dritta negli occhi. La osservai attentamente in ogni minimo dettaglio, e rimasi sorpreso nel notare che non aveva nemmeno una piccolissima imperfezione.

Non feci a tempo a rispondere, che lei mi si gettò fra le braccia e mi strinse forte a se. Sembrava veramente felice di vedermi, e la sua reazione fu proprio l'ultima che mi aspettavo!

Immaginavo che mi avrebbe odiato, che avrebbe fatto di tutto pur di farmi passare l'inferno che ha passato lei, perché io, da bravo codardo, me l'ero data a gambe, lasciandola li, da sola.

Invece mi si era appena gettata fra le braccia, quasi cercasse conforto, ma quando sussurrò quella frase, capii il motivo di tanta gioia.

«O-Ora ricordo... so chi sono... da dove vengo e..» ma non riuscì a terminare la frase, che si girò di scatto verso di me e mi fulminò con lo sguardo.

«E ricordo che mi hai lasciata... sola... tra le fiamme, a morire» concluse con un filo ci voce.

Ero senza parole, non sapevo come rispondere. Sapevo benissimo che l'avevo abbandonata nell'agonia della morte, ma io avevo provato a fermare le fiamme, purtroppo ero troppo debole a confronto di tutte quelle fiamme, talmente terrorizzato da tutto quel calore, da tutto quel rosso, che mi ero lasciato spaventare e, come un codardo, ero scappato.

Ero sicuro che non me l'avrebbe mai perdonato.

Deglutii e mi allontanai appena, tenendo lo sguardo perennemente rivolto verso il basso.

Shine sospirò e mi chiese «Mia madre non è venuta, vero?»

Rimasi leggermente spiazzato dalla domanda, ma scossi ugualmente il capo. Non ero stato da lei per molto, ma comunque sapevo che non era arrivata sua madre, come nessun membro della sua famiglia.

La sentii sospirare nuovamente e mormorare un “ovviamente”. Non capii come mai dicesse così, perciò inarcai un sopracciglio e, senza aggiungere una parola, Shine rispose alla mia silenziosa domanda.

«Con mia madre le cose non andavano per niente bene ormai già da tempo, da anni forse. Ieri, o ancora oggi, non so quanto sia passato da quando mi hai... dalla mia morte, lei mi ha messa in punizione per un non nulla, ma perché l'unica cosa che aspettava era... non lo so, un mio trasgredire, un qualcosa di sbagliato da parte mia per rinchiudermi in camera, rendermi prigioniera delle sue regole» mi spiegò con tono triste.

D'istinto mi avvicinai e l'abbracciai, poggiando il capo sulla sua spalla e coccolandola. Da quello che avevo visto tempo prima, io non avevo avuto troppi problemi con la mia famiglia, ma era anche vero che avevo vissuto in epoca completamente differente da questa.

Dopo un paio di secondi sentii le sue braccia cingermi il collo che mi stringevano forte. Rimanemmo così per un po' prima che lei, di punto in bianco, mi chiese «Perché mi hai abbandonata?»

Incominciai a sudare freddo e a respirare affannosamente, deglutendo in continuazione a vuoto. La domanda me l'ero aspettata, sapevo che me l'avrebbe posta, me lo sentivo da quando l'avevo vista rinascere, ma la mia mente si era sempre rifiutata di trovare una risposta, e adesso non avevo scappatoie. Dovevo dirle a verità.

«I-Io... avevo paura» cominciai, per poi aggiungere subito in seguito «Ma ti giuro che ho provato a spegnere le fiamme, ho tentato di salvarti! Ma ero spaventato! Io sono Jack Frost, il ragazzo del ghiaccio, e ho paura del fuoco, perché non riesco a contrattaccarlo!» conclusi tutto ad un fiato.

Avevo parlato a manetta, e non le avevo neanche lasciato il tempo per fare una piccola osservazione, ma vidi che non ne aveva avuto bisogno. Mi disse semplicemente «Sei così umano»

Sorrisi alle sue parole e le accarezzai il viso.

«La stessa cosa si può dire di te» dissi dolcemente.

Shine parve confusa e mi chiese «Cosa ci vedi di umano in me? Sembro perfetta, possiedo una perfezione inumana. Non so nemmeno cosa sono diventata. So solo che sono morta fra le fiamme... e rinata, completamente diversa da com'ero prima. E queste!» enfatizzò l'ultima parola e aprì le ali, quelle fantastiche ali angeliche nere.

«Queste non hanno nulla di umano»

«Umano non significa per forza aspetto esteriore, ma è anche ciò che possiedi qui dentro» ribattei dolcemente, posandole una mano sul cuore, ormai fermo.

«Qui sei ancora la persona che ho conosciuto, e se sei rinata... significa che hai l'anima pura. Io, per esempio, sono diventato così perché facevo divertire la gente, il mio centro è far divertire la gente, e sono morto nel ghiaccio, salvando mia sorella. Eravamo su un laghetto ghiacciato a pattinare, e avevo notato che il ghiaccio sotto di lei si stava sgretolando, così ho preso il primo bastone che mi è passato sotto gli occhi e l'ho tirata verso di me, prendendo il suo posto sul ghiaccio. Purtroppo io pesavo più di lei, e alla fine la lastra si è spezzata e sono caduto nell'acqua gelida. Ho perso i sensi e... sono morto, così. La mia rinascita... beh, è stata più o meno come la tua, ma io non ricordavo nulla, sapevo solo che mi chiamavo Jack Frost, ed è stata la luna a dirmelo. Diciamo che è stato l'Uomo Nella Luna, che me lo ha detto, ma è stato anche lui a farmi rinascere. Perché sono rinato non lo so... ma Nord mi ha detto che la Luna sceglie le persone che nascono già leggende. Perciò tu sei una leggenda, Shine. Ora bisogna solo capire qual'è il tuo centro» le spiegai.

Lei storse un attimo la bocca in una smorfia e si strinse nelle spalle.

«Non so quale sia il mio... aspetta, come l'hai chiamato?»

«Centro, ciò per cui sei nata. Ciò che ti rende te, ciò che nella tua, ormai, vita precedente eri brava a fare... ma forse...» rimuginai per poi esclamare «Sì! Ora posso! Vieni con me, ti porto da una persona che te lo sa spiegare decisamente molto meglio di quanto lo sappia fare io»

«Chi?» chiese lei, alquanto confusa, preoccupata e diffidente, ma non nei miei confronti.

«Andiamo al Polo Nord» conclusi e l'avvicinai a me, sussurrandole in un orecchio «Fidati di me»

Shine annuì e, dopo essersi avvicinata a me, mi guardò dritto negli occhi. Io trattenni appena il fiato, perso nei suoi occhi di rubini, ma alla fine chiusi i miei e mi sporsi appena, per andare ad appoggiare le mie labbra sulle sue. Ci baciammo con una passione che travolse entrambi, e ci stringemmo maggiormente.

Senza staccarci, richiamai a me i venti del nord con un semplice gesto della mano, e cominciammo a volteggiare in aria, lasciandoci trasportare verso la casa del mio “collega”.

Finalmente poteva entrare a far parte del mio mondo, finalmente Shine poteva essere mia.


Ta Ta Da!
Eccomi con l'ultimo capitolo! Scusate se ci ho messo molto ma ho avuto un saaaaaacco di problemi. Anyway... Devo essere sincera Shine e Jack mi mancheranno un po' ma alla fine tutte le storie giungono al termine, no?
Beh, un saluto a tutti voi e... alle prossime fanfiction!

Moonshine Quinn

 

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