Unfinished Memories

di LadyMintLeaf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 1 NELLA NEBBIA ***
Capitolo 3: *** 2 LA DONNA SCONOSCIUTA ***
Capitolo 4: *** 3 ELIAN ***
Capitolo 5: *** 4 UNA CASA ACCOGLIENTE ***
Capitolo 6: *** 5 L’ANELLO MAGICO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


<< Ottimo lavoro, Frodo! Anche lei sarebbe fiera di te! >>, esclamò Bilbo, posando una mano sulla spalla del giovane nipote, tuttora indaffarato nel giardino di casa Baggins.

<< Lei, zio? A chi ti stai riferendo? >> domandò Frodo stupefatto dall’affermazione del vecchio parente, sollevando lo sguardo dal vaso pieno di margherite che stava riponendo al suolo: << Parlavi di mia madre, forse? >>.

<< No. Non stavo parlando di Primula. >> scosse il capo Bilbo: << Io intendevo dire…. >>, esitò solo un istante, mentre improvvisamente il suo sguardo si faceva lontano, quasi distante e la sua voce si riduceva ad un sussurro: << Intendevo…. >>.

<< Che cosa? >> lo incalzò il nipote, sollevandosi di nuovo ritto accanto a lui.

Sembrava che quella fosse una delle cose che Bilbo non aveva ancora raccontato e lui era curioso come non mai di conoscere ciò che quella semplice frase poteva nascondere.

Sovente parecchie delle storie dei tempi andati narrate dallo zio avevano avuto inizio con semplici osservazioni simili a quelle ed erano sfociate in racconti avventurosi, pieni di maghi, draghi e terre selvagge.

Tuttavia quella volta, Bilbo sembrava davvero non avere nulla da raccontare e, mentre la sua espressione di solito allegra si tramutava in un leggero cipiglio, esso tornò a scuotere il capo, borbottando: << Nulla. Lascia perdere, mio caro Frodo. Non so neppure più di che cosa stavo parlando. Mi è completamente passato di mente….>>, ridacchiò alquanto impacciatamene, grattandosi la nuca: << Ma guarda un po’…bé, poco importa. D’altronde le mie sono solo le farneticazioni di un vecchio Hobbit con la testa fra le nuvole. >>.

Frodo non era affatto d’accordo con lui riguardo quel ultima affermazione, tuttavia non fece neppure in tempo ad aprire la bocca per replicare, quando Bilbo tornò a parlare, facendogli ingoiare di nuovo ciò che aveva sulla punta della lingua.

<< Piuttosto, fa il bravo ragazzo e và a comprare un po’ di mele al mercato. >>.

<< Mele?! >>, quella insolita richiesta da parte dello zio non lo faceva certo sentire meno sbalordito di poco prima. << Ma….. Sono certo di averne vista una buona scorta in dispensa. >>, replicò.

<< Ed io sono quasi certo che tu ti stia sbagliano. Forse hai guardato con poca attenzione. >>, ebbe da ridire Bilbo, parlando con convinzione e posandosi le mani sui fianchi con aria decisa.

<< Ma no. Le ho contate l’altro ieri con tutta calma, quando ne ho presa una per me. Ne ho viste ancora otto sugli scaffali più alti. >> asserì Frodo, giocherellando distrattamente con una delle bretelle legate ai calzoni blu che indossava.

<< Otto? >>, questa volta fu Bilbo ad apparire alquanto spiazzato dalla risposta del nipote, tuttavia parve riprendersi immediatamente per replicare: << Ah, già, che sbadato. Temo di averle mangiate io l’altro giorno. >>.

<< Tutte e otto, zio? >>, mentre poneva questa domanda sul volto di Frodo apparve un sorriso divertito.

<< Avevo molto appetito. Dopo aver fatto la prima colazione, non mi sentivo sazio, così ho deciso di fare anche la seconda e la terza colazione…. Eh, già, è successo proprio così, e le mele, sono finite tutte quante qui. >>, si posò una mano sul panciotto di seta rossa con i bottoni d’oro.

Per un breve attimo i due Hobbit restarono a fissarsi senza dire una parola, Bilbo sperando segretamente che il nipote abboccasse a quella sua piccola e innocua bugia e Frodo continuando a sorridere poco convinto di ciò che lo zio gli aveva appena raccontato.

Era risaputo che gli Hobbit erano dei buongustai, ma di rado Bilbo consumava tutte e tre le colazioni, e se lo faceva, preferiva le torte alle semplici mele.

<< Bé; che c’è? >>, sbottò tanto repentinamente da far sobbalzare Frodo, che per poco non perse l’equilibrio dal gradino più alto che portava alla loro abitazione.

<< Smettila di guardarmi in quel modo. Ed ora su, su, và a comprare le mele. >> continuò Bilbo, agitando la mano destra come se così facendo avesse aiutato il nipote a sbrigarsi ad obbedire.

<< Io ti aspetto qui. >>, concluse poi con maggior calma.

<< D’accordo zio, come vuoi. Mi sbrigherò presto. >>, annuì Frodo di rimando, pur continuando a sospettare che il parente gli stesse nascondendo qualcosa e pensando che forse, quando sarebbe tornato dal mercato con le mele, Bilbo sarebbe stato un po’ più accondiscendente nei suoi confronti ed in vena di qualche racconto dei suoi.

Così, con questi ottimi auspici per la mente, il giovane Hobbit trotterellò giù per la collina, diretto ai piedi di questa, dove in un vasto spiazzo erboso, ogni sabato si svolgeva il piccolo ma variopinto e animato mercato di Hobbiville, con le sue bancarelle multicolori e gli ombrelloni, dove ogni abitante della pacifica cittadina ai confini della terra di mezzo, poteva trovare tutto quello di cui aveva bisogno, dalle ceste piene di frutta, di verdura o di dolciumi fatti in casa dalle donne, ai barili di birra e agli animali come galline, mucche e maiali. 

Per un breve attimo, Bilbo rimase a guardare il nipote che saltellava giù per la via sterrata, salutandolo con un lieve cenno della mano quando questo si voltò verso casa Baggins ancora una volta, prima di riprendere in fretta il cammino.

Quindi, quando Frodo si fu allontanato abbastanza, Bilbo si affrettò a rientrare in casa, spingendo la grande porta tondeggiante verso l’interno per poi richiuderla veloce alle proprie spalle, senza scordarsi di far ruotare la chiave nella serratura in modo che nessuno potesse entrare, se non fosse stato lui a decidere il contrario.

Aveva imparato a stare molto attento a chi bussava alla sua porta, da quando i dodici nani della compagnia di Thorin Scudodiquercia erano praticamente piombati dal nulla in casa sua, mangiandosi a sbafo la sua cena e svuotandogli totalmente la dispensa.

Ora, prima di aprire a chicchessia, si premurava bene di guardare dalla finestra, onde evitare altri incontri tali, anche se era sempre disponibile ad accogliere dei vecchi amici e non capitava di rado che alcuni nani andassero ancora a trovarlo per parlare con lui di vecchi ricordi o di novità che giungevano dall’esterno della Contea.

Accertandosi un’ultima volta che la porta d’entrata fosse ben chiusa, Bilbo sospirò e si volse ad osservare l’interno tanto familiare di casa sua, in via Saccoforino, Sottocolle.

Aveva trascorso un sacco di tempo lì dentro, dapprima da solo e poi, assieme a Frodo, da quando lo aveva preso con sé dopo la morte di Drogo e di sua moglie Primula.

In quelle stanze aveva raccontato al nipote ed al suo amico Sam, giardiniere di casa Baggins, un sacco di storie prese dalle sue avventure nelle terre selvagge al di là della riparata e solare Contea.

Aveva parlato loro degli elfi di Gran Burrone e di quelli di Bosco Atro, di Beorn e del drago Smaug, ma non aveva mai parlato loro di un pezzo della storia di quel suo viaggio. Un pezzo di storia che parlava di quella “lei” che, per errore e sbadataggine, aveva menzionato poco prima in compagnia di Frodo.

Allora si era giustificato dicendo al nipote che le sue erano solo farneticazioni di un vecchio Hobbit con troppi anni sulle spalle e la testa fra le nuvole, ma in realtà non era così.

Bilbo sapeva benissimo di quale “lei” stesse parlando, così come sapeva altrettanto bene che, come giustamente aveva detto Frodo, nella dispensa c’erano ancora otto mele, ben riposte sullo scaffale più alto, nel loro cesto intrecciato.

Non le aveva mangiate tutte quante ed in qualche modo avrebbe dovuto riuscire a sbarazzarsi di loro prima del ritorno di Frodo dalla sua piccola escursione al mercato.

In quel momento però aveva ben altro per la testa.

La semplice frase che aveva pronunciato quasi soprappensiero osservando il buon lavoro svolto dal giovane nipote in giardino, gli aveva fatto tornare alla mente lontani ricordi che spesso, forse persino anche troppo, durante la sua lunga vita nella Contea, aveva tentato di soffocare e allontanare da sé, ma che mai era veramente riuscito a scordare.

Molte volte aveva pensato che, se avesse evitato di parlare di quel breve tratto del suo viaggio per le terre selvagge, esso avrebbe potuto alfine affievolire e sbiadire dalla sua mente come un dipinto troppo antico e logoro per poter essere ammirato come dovuto, ma questo non era mai accaduto, forse anche perché quei ricordi erano per lui continua fonte di dolore e contemporaneamente di felicità allo stato più puro, che andavano a mescolarsi nella sua anima in un vortice tortuoso e inestricabile.

Mentre rifletteva su questo, Bilbo si avviò nei corridoi della casa in cima alla collina, oltrepassando il salotto, per recarsi in cucina e poi nella sua stanza da letto.

Qui, si affrettò a raggiungere lo scrittoio e osservò con aria distante il libro rosso che era poggiato con cura sul piano di legno.

Quelle erano le sue memorie; il racconto del viaggio che tanti anni prima aveva affrontato e condiviso con Gandalf lo Stregone Grigio e i nani guidati da Thorin Scudodiquercia, alla ricerca del tesoro accumulato da suo nonno; l’antico Re Sotto la Montagna.

Con il trascorrere dei mesi Bilbo stava narrando sin nei minimi particolari le gesta che lui e gli altri compagni d’avventura avevano svolto durante quel lungo anno trascorso lontano dalla sua adorata e familiare Contea.
Nei minimi particolari, tranne uno.
Ancora una volta aveva deciso di omettere un tratto di quella storia.

Giustificava questa sua azione, ripetendo più volte a sé stesso che quel pezzo del viaggio poteva non essere raccontato perché, in termini di eventi importanti, non ne conteneva, ma forse mentiva semplicemente a sé stesso per fare a meno ancora una volta di dover svelare agli altri di quella “lei” che teneva tanto misteriosamente celata nel profondo del suo cuore.

Quella “lei” di cui non aveva saputo svelare il ricordo neppure al suo caro nipote Frodo.
Quella “lei” per cui non aveva mai amato e sposato nessun altra donna.
Già la pacifica ma un po’ troppo ficcanaso gente della Contea lo considerava un tipo strano, da quando era tornato sano e salvo e con una piccola cesta piena di oggetti preziosi dal suo viaggio con Gandalf.

La sua reputazione di Hobbit dabbene era andata perduta, e se ora avesse improvvisamente deciso di raccontare a tutti quella parte, breve ma intensa della sua vita, avrebbe solo finito con il peggiorare la sua situazione, diventando agli occhi di tutti ancora più insolito di quanto già non fosse.
Aveva sempre ignorato le critiche degli abitanti della Contea, ma questa volta preferiva tenere quei ricordi solo per sé.

Non poteva semplicemente uscirsene sulla soglia di casa e mettersi a blaterare delle ragioni per cui lui era uno dei pochi Hobbit a non aver mai preso moglie.

Sapeva benissimo che se l’avesse fatto i cari Hobbit della Contea sarebbero rimasti scandalizzati da quella notizia e nessun banchetto per quanto abbondante e gratis potesse essere, avrebbe mai potuto fari dimenticare loro quella nuova notizia, che di certo avrebbe conferito definitivamente a Bilbo la notorietà di matto per eccellenza.

Soprattutto non poteva parlare di “lei” perché ella non era mai stata effettivamente la solita gioviale, allegra e paffutella Hobbit.

Non era mai stata il tipo di donna che un rispettato Baggins o persino un Tuc; la cui parte più spericolata ed avventurosa viveva in Bilbo grazie alla madre Belladonna, avrebbe mai desiderato prendere in moglie o avrebbe mai lontanamente pensato di poter amare.

In effetti “lei” non era del Decumano Nord, del Decumano Sud, Est o Ovest.
Non proveniva da Hobbiville, da Tucboro, o da Pietraforata, né aveva mai vissuto in un abitazione Hobbit scavata nella terra.
Non faceva di cognome Bolgeri, Soffiatromba, Boffin o Serracinta, e non portava il nome di un fiore come quasi tutte le donne della Contea.

Se avesse dovuto dire tutta la verità, “lei” non era esattamente una Hobbit.
Apparteneva alla gente alta……Era un umana.
L’umana più bella che Bilbo avesse mai visto ed ai suoi occhi era sempre apparsa più splendida persino di un elfo; e questo era tutto dire, perché Bilbo adorava gli elfi e tutto quello che li riguardava.

Il suo nome era Elian; o almeno lei aveva detto di chiamarsi così.
Bilbo rimembrava ancora quando l’aveva incontrata per la prima volta.
Lo ricordava come se fosse accaduto solo il giorno prima……

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Capitolo 2
*** 1 NELLA NEBBIA ***


                          NELLA NEBBIA

 
 
<< Dobbiamo fermarci, non possiamo continuare ad avanzare alla cieca. La tempesta è troppo
intensa. >>, urlò Bofur, sollevando lo sguardo al di sotto della falda del grosso cappello di pelo che portava perennemente calato sul capo.
Lo indossava più che altro per abitudine, anche se normalmente serviva per riparare il proprietario dal freddo e dalle intemperie, cosa che tuttavia non sembrava riuscirgli molto bene nelle ultime due ore di viaggio, da quando la fine pioggerella estiva che aveva accompagnato la compagnia fin dal
mattino, aveva improvvisamente deciso di trasformarsi in una vera e propria tempesta.
 
Adesso il cappello che Bofur indossava pareva più un procione morto stecchito e intriso d’acqua, che un comune copricapo e, zuppo com’era, pesava sulla testa del nano come un macigno.
 
Intirizzito e con l’umidità che pareva entrargli fin nel midollo, con il suo solito buonumore che l’aveva abbandonato ormai da tempo, Bofur avrebbe volentieri gettato via il suo cappello preferito pur di sentirsi un po’ meno bagnato; o per riuscire ad attirare su di sé, almeno per un istante l’attenzione di Thorin Scudodiquercia, che nell’uggiosa oscurità di quella giornata senza sole, pareva essersi fatto ancor più pensiero e silente del solito.
 
Non era solo l’umore di Bofur comunque ad essere altalenante, quel dì.
Anche il resto della compagnia non trovava affatto piacevole la assurda marcia forzata che il loro comandante li stava costringendo a svolgere in quella foresta alluvionata.
 
L’ideale sarebbe stata poter trovare un riparo da qualche parte, almeno fino a quando la pioggia si fosse attenuata un poco, ma dove Thorin li stava guidando non c’era praticamente alcun riparo.
L’erba era troppo bassa persino per uno scoiattolo e di massi dietro ai quali accucciarsi per trovare quel poco di asciutto che i nani bramavano ce n’erano pochi, per non parlare del fatto che la ormai scarsissima visibilità, rendeva quasi impossibile vedere qualcosa a parte pioggia a non finire.
 
Anche Fili e Kili che erano i nani più giovani a far parte della compagnia, non riuscivano a scorgere null’altro che umida nebbia grigiastra.
Eppure, nonostante tutto questo, Thorin seguitava cocciutamente a farli camminare; ad andare
avanti, verso dove, nessuno ne aveva idea.
 
<< Thorin! >>, lo apostrofò dopo poco Nori, stanco proprio come Bofur di non ricevere alcuna attenzione da parte del loro capo: << Bofur ha ragione! Dobbiamo fermarci almeno per un attimo; se non per ripararci dalla pioggia, cosa che mi pare assai impossibile; almeno per tentare di organizzare le nostre azioni un po’ meglio. >>.
 
<< Portiamo un mago con noi. >>, si unì alla protesta Oin, che stranamente, per una volta era riuscito a sentire tutto ciò che gli altri stavano dicendo, anche nel frastuono della tempesta e con il corno che teneva  ficcato nell’orecchio pieno di acqua fino all’orlo: << Che dice Gandalf a proposito? >>.
 
<< Si, Gandalf, dicci ciò che pensi. >>, continuò Bofur accelerando un poco il passo, nel
tentativo, alquanto goffo di raggiungere il mago in questione, che al pari di Thorin, se ne era quasi sempre rimasto in silenzio.
 
<< Io penso che questo stregone non sia poi così potente come dice di essere. >>, sbottò Dori incrociando le braccia sul petto e cercando di ripararsi alla bell’e meglio al di sotto dell’ampio cappuccio che indossava: << Già una volta gli avevo chiesto di usare la sua proverbiale magia per far cessare la pioggia, ed ora lo incito a farlo di nuovo. Sono stanco di essere bagnato dalla testa ai piedi. Se questo maltempo non passa, prima di domani mi sarò tramutato in un fungo. >>.
 
Nell’udire queste parole Bombur drizzò le orecchie e trotterellò immediatamente accanto a
Dori, guardandolo con occhi interessati, come se questo si fosse veramente trasformato in un fungo gigante: << Un fungo grande quanto un nano…..Uhhhh….. Lo si potrebbe far arrostire a fuoco lento e poi….. >>.
 
Dori gli scoccò un’occhiataccia in tralice, come se provasse la spiacevole sensazione che il grasso nano al suo fianco avesse potuto iniziare a prenderlo a morsi da un momento all’altro, e si affrettò a controbattere: << Sono molto nervoso, quindi mi tramuterei in un fungo velenoso. >>.
 
<< Io non riesco a vedere ad un palmo dal naso. >>, si lamentò Gloin a voce abbastanza alta da poter essere udito dai nani più vicini a lui: <<  Anzi, non riesco neppure a vederlo, il mio naso. >>.
 
<< E non è che il tuo naso sia piccolo. >>, ridacchiò Fili camminando al suo fianco, subito spalleggiato dal fratello Kili; che rincarò la dose: << Già, sembra una patata troppo cresciuta! >>. Loro due sembravano essere gli unici nani della compagnia di Thorin Scudodiquercia che a quanto pareva non avevano ancora perso completamente il senso dell’umorismo.
 
<< Parla per te, Fili. >> brontolò il diretto interessato di rimando, osservando il nano dai lunghi capelli biondi con aria indignata: << E poi, avere il naso grande per un nano è un pregio, voi due giovani dovreste tenerlo bene a mente, soprattutto tu Kili. >>, spostò i suoi occhi verso l’altro
giovane, commentando con ben poco sarcasmo: << Il tuo naso non ha proprio nulla di nanico. >>.
 
<< È vero. Sai che non ci avevo mai fatto caso, fratellino? >>, continuò a ridacchiare Fili, dando una amichevole gomitata nel fianco dell’altro che, di rimando gli lanciò uno sguardo poco gentile, scostandosi una ciocca di capelli scuri dalla fronte inumidita dalla pioggia.
 
<< Eh, mio caro Hobbit, temo che, se continuiamo di questo passo, ci sarà un’altra tempesta pronta a scoppiare; e non mi riferisco a quella del tempo, se mi capisci. >>, borbottò Balin, rivolgendosi a voce bassa a Bilbo che gli trotterellava di fianco, cercando di mantenere il passo con quello rapido dei nani che lo attorniavano.
 
Questo, irrigidito dal freddo, teneva le braccia ripiegate sul petto e la testa quasi incassata nelle
spalle e, se avesse avuto la possibilità, si sarebbe letteralmente raggomitolato su se stesso pur di sfuggire al gelo che sembrava essere calato su tutte le terre circostanti.
Anchilosato com’era, con i vestiti appiccicati al corpo ed i capelli ricciuti incollati alla fronte, riuscì appena a fare un cenno del capo rivolto al nano più anziano dalla folta barba grigia accanto a lui, prima di tornare a dedicare le proprie attenzioni all’indirizzo di Gandalf.
 
Era da un bel po’ che si stava chiedendo che cosa il mago avesse in mente, perchè era ovvio che lo stregone grigio sapeva bene dove lui e gli altri stessero dirigendo i loro passi, anche se all’apparenza non aveva alcuna intenzione di riferire quale fosse la loro esatta meta.
Accanto a Thorin, non parlava quasi mai, ma il suo sguardo era fisso e concentrato in un punto ben preciso della via che nessuno, a parte forse proprio lui, riusciva a scorgere.
 
<< Sei sicuro, Gandalf, che la tua vista magica non ti stia tradendo? >>, domandò il capo
dei nani, lanciando un’occhiata veloce al mago che camminava lesto accanto a lui con il cappello a punta ben calato sul volto per meglio ripararsi dalla pioggia e dall’umidità.
 
<< Non temere, Thorin, amico mio, voi nani e persino lo Hobbit, non potete vedere nulla, lo so bene, e neppure io vedo in questa pioggia, ma ho i miei metodi per orientarmi. >>, le labbra di Gandalf si tesero in un lieve sorriso al di sotto della folta barba grigia: << Devi solo fidarti di me, e fra poco arriveremo giusto dinnanzi a qualcosa che farà tornare a tutti il buonumore perduto. >>.
 
<< Lo spero bene. I miei uomini sono sfiniti e Erebor è ancora lontana. Avrei sperato in un giorno
di sole, ma il clima ci è avverso a quanto pare. >>, continuò a borbottare Thorin, ancor più di pessimo umore di quanto già non fosse stato in passato.
 
<< Non essere così tenebroso, Thorin. >>, lo schermì il mago, evidentemente molto sicuro di
sé stesso: << Il tempo lugubre che ci accompagna lo è già abbastanza anche senza il tuo aiuto. 
E poi, non tutto il male vien per nuocere. >>. Sorrise di nuovo, poi tornò a sprofondare nel silenzio.
 
Concentrato com’era nell’osservare di sottecchi il mago, nel tentativo poco riuscito di leggere le sue labbra e di comprendere perciò quello che esso stesse borbottando a Thorin, Bilbo non si accorse di dove stesse mettendo i piedi, fino a quando questi non sprofondarono violentemente in una pozzanghera alta e scivolosa.
 
Sarebbe finito letteralmente a faccia in giù nella melma, se dietro di lui non ci fosse stato Bofur
che, pronto, lo afferrò per le spalle, sorreggendolo e aiutandolo ad uscire dalla viscida pozza sdrucciolevole che l’aveva quasi inghiottito.
 
<< Stai più attento a dove metti i piedi, la prossima volta. Potrei non esserci io ad aiutarti. >>, esclamò sorridendo appena.
Poi, facendosi di botto più serio, gli chiese: << Sei riuscito a capire di che cosa Gandalf e Thorin stanno discutendo? Che dice il mago? Sa dove siamo diretti? >>.
 
<< Non ne sono sicuro. >>, replicò Bilbo grattandosi il capo e socchiudendo gli occhi, mentre tornava a fissare la figura alta di Gandalf, avvolta nel lungo manto del colore del ferro.
 
<< Non importa, tu dimmi cosa hai capito. >>, fece l’altro con aria da cospiratore.
 
<< Sembra che Gandalf non voglia rivelare neppure a Thorin dove siamo diretti. >>.
 
<< Che ci stia portando di nuovo dagli elfi? >>, indagò Bofur storcendole labbra, come se il solo pronunciare la parola “elfo” gli avesse lasciato un amaro sapore in bocca.
Come tutti i nani, anche lui non vedeva di buon occhio gli elfi, e se poteva, stava volentieri lontano da loro.
 
<< Non so….. >>, stava dicendo Bilbo, mentre dopo l’avvenimento della pozza di poco prima, continuava a lanciarsi attorno occhiate irrequiete.
Non ci teneva a rischiare una volta ancora di finire letteralmente inghiottito da uno di quei
buchi, all’apparenza molto profondi e colmi di acqua fangosa.
 
<< …Non credo, ma…..>>, Bilbo tacque di botto, smettendo di camminare al fianco del nano, che vedendolo esitare, si volse verso di lui con aria interrogativa, domandandogli in fretta: << Che c’è? Ti è venuto in mente qualcosa? Hai capito dove ci porta il mago? >>.
 
<< No…. Non è nulla…. >>, replicò con poca convinzione l’Hobbit, seguitando in compenso a scrutare la foschia colma di umidità che li attorniava. 
Aveva avuto l’impressione di scorgere un’ombra che si muoveva lentamente nella loro direzione, fra le fronde degli alberi alla loro sinistra.
 
<< La compagnia non ci aspetta, Bilbo. >>, tornò ad apostrofarlo Bofur, approfittando della momentanea sosta per togliersi dal capo il cappello e strizzarlo, in modo da togliere almeno un poco d’acqua di cui era ormai totalmente intriso: << È meglio se ci sbrighiamo. Altrimenti con questa nebbia rischiamo di perdere gli altri di vista e….. Dubito che Thorin tornerà a cercarci, visto il suo umore nero. >>.
 
<< Tu va avanti. >>, rispose Bilbo sempre con aria distratta, senza mai distogliere lo sguardo dal punto in cui aveva creduto di vedere del movimento: << Vi raggiungo fra un istante. >>.
 
<< Fa come vuoi. Però sbrigati. Forse non te ne sei accorto, ma qui sta diluviando e fermarsi nel bel mezzo di questa foresta melmosa non mi sembra l’ideale. >>, mugugnò di rimando il nano, tornando ad infilarsi il cappello di pelo.
Fissò ancora per un attimo l’Hobbit immobile, quindi stringendosi nelle spalle tornò ad incamminarsi al seguito degli altri, accodandosi all’ultimo nano che li stava giusto in quel momento oltrepassando.
 
Completamente assorto nello scrutare la zona circostante con i suoi occhi acuti, Bilbo non fece quasi caso alle ultime parole che il compagno di viaggio gli aveva rivolto.
Ancora una volta gli era parso di notare un breve, fuggevole movimento fra la compatta formazione degli alberi che lo circondavano. Qualcosa che si spostava; un ombra poco chiara ma decisamente reale.
 
All’improvviso Bilbo percepì un brivido freddo corrergli lungo la schiena, mentre si rendeva subitaneamente conto che, nessun altro a parte lui aveva avvertito quella nuova e sconosciuta presenza, ancora impossibile da identificare.
 
Di colpo messo in agitazione da quel pensiero, l’Hobbit volse il suo sguardo verso la via che il resto della compagnia al seguito di Thorin e Gandalf stava percorrendo e, si accorse con sgomento che, oltre la cortina di pioggia non riusciva a scorgere i compagni.
Sembravano essere stati inghiottiti dalla tempesta.
 
Boccheggiando incapace di parlare per via del terrore folle che di colpo si stava facendo strada in lui al pensiero di poter essere dimenticato in quella parte sperduta e potenzialmente molto pericolosa delle terre selvagge, Bilbo smise di pensare all’ombra in movimento che fino a poco tempo prima gli aveva fatto dimenticare qualsiasi altra cosa, compreso il buonsenso, ed in un batter d’occhio fece per mettersi a correre nella direzione dove erano svaniti i nani.
 
Non fece comunque neppure in tempo a muovere pochi passi affrettati, quando attraverso la cortina fumosa creata dall’intensa pioggia che imperversava su quelle terre, si materializzò di botto
una figura, reale e tangibile che si muoveva barcollando verso il povero Hobbit infreddolito e allarmato.
 
Spalancando gli occhi per la sorpresa e lo sbigottimento, Bilbo tornò ad immobilizzarsi, fissando impotente quel essere ancora indefinito che pareva vagare a caso nella foresta.
Era più alto del piccolo abitante della Contea; più alto persino di Dwalin che, fra tutti i nani era quello di statura maggiore; tuttavia non era tanto imponente quanto Gandalf e la sua figura, mano a mano che i secondi trascorrevano ed essa si faceva più distinguibile, non era né deforme né grottesca, come Bilbo aveva immaginato in un attimo di panico, ma esile e in un qual modo aggraziata, nonostante la sua andatura ciondolante e malferma.
 
Deglutendo a forza, tutto irrigidito per il freddo e per la tensione, l’Hobbit non smise più per un solo istante di osservare il nuovo venuto, ormai conscio che non fosse né un orco né nessun altro genere di mostruosa creatura.
 
Ed all’improvviso, mentre la nebulosa foschia che annebbiava e confondeva i sensi, si dissipava per un attimo, Bilbo finalmente la vide….. Un’apparizione logora, esausta, che caracollava senza meta per la foresta; con i lunghi capelli bruni che le scendevano sulle spalle in cascate ondulate.
Non un mostro, ma una donna. Una donna umana…..
 
Bilbo stava ancora cercando di assimilare ciò che stava scorgendo, quando l’estranea sollevò i suoi occhi su di lui, accorgendosi forse per la prima volta della sua silenziosa presenza; ed in quel preciso momento i loro sguardi s’incrociarono.
 
Quel attimo fu breve ma intenso e quasi devastante per l’Hobbit, che si sentì completamente spiazzato da quel contatto visivo; dalle emozioni che trasparivano dallo sguardo della donna, sperduto
e confuso, almeno quanto doveva esserlo il suo.
Tuttavia c’era dell’altro in quegli occhi verdi.
C’era dolore.
 
Ed allora, in un attimo la mente di Bilbo parve schiarirsi ed esso si accorse che l’estranea giunta dalla bruma in quella foresta solitaria non si era solamente smarrita a causa della stessa pioggia torrenziale che stava facendo perdere l’orientamento anche a lui e al resto della compagnia di Thorin; ma era anche ferita.
 
E proprio mentre l’Hobbit giungeva a questa poco allegra conclusione, lo sguardo della donna umana si fece più spento, quindi si distaccò completamente dal suo, mentre, ormai totalmente incapace di muovere un’altro passo o semplicemente di avere la forza di reggersi in piedi sulle gambe
malferme, s’inginocchiava a terra con un gemito e lì restava, con il capo ciondolante e i lineamenti del viso esausto completamente nascosti dalla lunga cascata di capelli scuri.
 
Non aveva proferito una sola parola, neppure quando aveva visto Bilbo, ma il suo sguardo in compenso aveva parlato per lei e l’Hobbit era certo che essa gli avesse supplichevolmente chiesto una sola e forte invocazione.
Una richiesta impossibile da udire con le orecchie, indirizzata direttamente all’animo buono del piccolo abitante della Contea.
 
Ciò che Bilbo era sicuro d’aver letto nello sguardo della donna era una forte, incessante richiesta di aiuto.
E aiutarla era esattamente quello che Bilbo doveva fare!
 
Ma lui cosa poteva fare? Non sapeva curare le ferite, ma forse….. Gandalf! Doveva chiamare Gandalf! Lui l’avrebbe salvata!
 
Per un attimo ancora, il piccolo Hobbit se ne rimase immobile a guardarla, quasi per assicurarsi ancora una volta che ella fosse reale; quindi, senza attendere oltre, le volse le spalle e si mise a correre come un matto nella direzione dove poco tempo prima si erano dileguati i nani.

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Capitolo 3
*** 2 LA DONNA SCONOSCIUTA ***


                                 
 
                                                     LA DONNA SCONOSCIUTA
 
 
<< Gandalf! Gandalf! >> la voce dell’Hobbit, fattasi acuta dalla confusione e dalla fretta della corsa, raggiunse l’udito del mago e del resto della compagnia all’incirca due minuti prima che il suo legittimo proprietario sbucasse dalla foschia, saltellando e correndo con la stessa rapidità di un coniglio inseguito da un lupo affamato.
 
Lui che di solito era sempre stato il più silenzioso dell’intero gruppo, viste le sue ridotte dimensioni e la sua capacità di muoversi leggero e si vantava davanti agli altri d’essere capace di sgattaiolare dinnanzi al naso di un branco di orchetti senza essere visto, si trovava adesso a correre all’impazzata per quella foresta oscura, urlando a squarciagola il nome dello stregone grigio, con la medesima leggiadria di un Troll con le emorroidi.
Ma aveva un buon motivo per comportarsi così e certo quello non era il momento più opportuno per badare alle buone maniere.
 
<< Gandalf! >>, continuò a urlare Bilbo, senza neppure accorgersi che colui che cercava si trovava ormai solamente a pochi passi da lui.
 
Nell’impeto di quella corsa folle, andò a sbattere violentemente contro l’ultimo nano della fila, proiettandolo in avanti con tale forza che questo finì contro a quello che lo precedeva che, inevitabilmente fece lo stesso urtando il compagno successivo; ed in un batter d’occhio, senza che nessuno avesse il tempo di capire che cosa stesse accadendo, i nani volarono l’uno addosso all’altro in una sequenza all’apparenza interminabile.
 
Come le tessere di un domino, undici nani, tranne Thorin che, ancora accanto al mago stava un po’ più in disparte rispetto al resto della combriccola e Oin che gironzolava nei dintorni con il corno ben piantato nell’orecchio destro, si ritrovarono in men che non si dica a terra, in un groviglio di braccia, gambe e corpi tozzi sdraiati l’uno addosso all’altro.
E sopra tutti quanti, come la ciliegina su una torta non proprio venuta bene, stava
Bilbo, boccheggiante e ancora inconscio del caos che quel suo burrascoso ritorno in scena aveva creato.
 
Per un istante, tutto ciò che si riuscì ad udire in quella foresta buia e inospitale, furono i borbottii e le colorite imprecazioni dei nani che, lentamente, comprendendo chi fosse stato a piombare addosso a tutti loro come una sorta di uragano in miniatura, avevano preso ad inveire contro l’Hobbit, tuttora sdraiato sulla pancia di Bombur che in precedenza era stato l’ultimo della fila.
 
<< Ed ecco di ritorno il nostro caro scassinatore! >>, tuonò il vocione di Gandalf, tanto improvvisamente da far trasalire l’intera compagnia di nani ancora pressati l’uno contro l’altro, tranne Oin che, incolume, pareva però essere tornato come suo solito sordo come una campana e non sembrava essersi neppure accorto del trambusto provocato dal ritorno del piccolo abitante della Contea.
 
<< Forse non è proprio uno scassinatore degno di questo nome. Probabilmente non saprà mai rubare nulla in tutta la sua vita, ma di certo a me qualcosa ha scassato. >>, si lamentò improvvisamente Gloin, spingendo via da sé il pesante Bombur con un grugnito di protesta.
 
<< Non solo a te, purtroppo. >> asserì Oin massaggiandosi la schiena dolorante: << Se continueremo di questo passo, entro la fine del nostro viaggio mi ritroverò senza qualche pezzo di barba, o peggio. >>.
 
Alzandosi a sua volta da terra con un balzo, Bifur iniziò a mugugnare frasi intelligibili e a gesticolare come un pazzo in direzione di Bilbo, che con aria contrita si era messo in disparte, limitandosi per un istante ad ascoltare le proteste dei suoi chiassosi compagni di viaggio.
 
<< Bifur ha ragione. >>, concordò con lui Bofur che, inspiegabilmente pareva riuscire a capire ciò che diceva il cugino, interpretando alla perfezione i suoi gesti esagitati.
 
<< Oh, suvvia, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e tutti gli altri; lasciate in pace per un istante il povero Bilbo. Sembra aver fatto una grande corsa per raggiungerci, e non credo fosse sua intenzione farvi caracollare a terra come sacchi di patate. >>, spiegò Gandalf pacatamente.
 
<< Sacchi di patate a chi? L’unico sacco di patate che vedo qui è questo Hobbit con gli occhi foderati di prosciutto! >> berciò Gloin per tutta risposta, scoccando un’occhiataccia poco cortese verso Bilbo: << La prossima volta stai più attento a dove dirigi i tuoi piedoni fuori misura! >>.
 
<< Ora che ci siamo chiariti >>, annunciò Gandalf tossicchiando per attirare l’attenzione di tutti i presenti su di sé; ignorando all’apparenza le ultime parole del nano: << Possiamo trarre un sospiro di sollievo per la sorte del nostro Hobbit. >>.
 
Volse il suo sguardo verso Bilbo, sorridendogli con complicità: << Si stava giusto parlando di te, sai? Ci stavamo chiedendo dove fossi finito. Temevamo potessi essere cascato in una di quelle infide pozze nascoste dalle ombre e piene zeppe di fango, ma a quanto pare sei sano e salvo. L’ultimo ad averti visto era Bofur >>, fece una pausa, indirizzando i suoi occhi verso il nano appena nominato: << Tuttavia disgraziatamente il nostro amico non ricordava più dove ti fossi fermato. >>.
 
<< Non puoi certo incolparmi se non riesco a distinguere una via dall’altra in questa foresta
oscura. >> ribatté seccato questo, buttandosi la piccozza sulla spalla destra in un gesto nervoso: << Il mio senso dell’orientamento funziona molto meglio nel sottosuolo, dove dovrebbero stare i
nani. >>.
Tacque un attimo, per poi aggiungere in un soffio: << Le foreste sono fatte per gli
Elfi. >>.
 
<< In ogni modo, Bilbo, l’importante è che tu sia riuscito a ritrovarci. >>, proseguì Gandalf avvicinandosi all’Hobbit per posargli una mano sulla spalla con fare incoraggiante.
 
<< Forza allora, continuiamo il cammino. >>, tagliò corto Thorin, stanco di quella sosta fuori programma e per nulla soddisfatto dal malumore collettivo che, grazie al tempestivo e burrascoso ritorno dell’abitante della Contea, si era fatto ancora più evidente nel resto della compagnia.
 
<< No. Non possiamo! >>, esclamò ad un tratto Bilbo, ricordandosi all’improvviso del motivo che lo aveva spinto a correre come un folle per quella foresta umida come una palude e buia come una caverna.
 
<< Come sarebbe a dire? >>, Thorin lo fulminò con lo sguardo e, suo malgrado Bilbo si trovò ad indietreggiare leggermente dal capo dei nani, andando ad urtare con la schiena il tronco di un albero lì vicino.
 
Aveva salvato Thorin dalle grinfie dell’Orco Pallido e il discendente del Re Sotto la Montagna glie ne era grato, ma questo non cambiava il fatto che esso non avrebbe mai ammesso di prendere ordini da un piccolo Hobbit ancora poco capace con la spada.
 
Chinando leggermente il capo, Bilbo prese atto della protesta di Thorin e, evitando di fissare a sua volta il capo dei nani negli occhi, decise di rivolgere le sue parole al mago che sapeva, sarebbe stato uno dei pochi che forse avrebbe creduto a quel che esso stava per dire loro: << Ho visto qualcuno nel tratto di foresta alle nostre spalle, Gandalf. >>.
 
Gandalf lo scrutò a lungo.
In quel momento Bilbo pareva aveva addosso un’agitazione non sua.
Non era da lui lasciarsi cogliere dal panico solamente per aver perso i compagni di vista per poco più di cinque minuti.
 
Anche se era sempre vissuto oltre i confini protetti della Contea, Gandalf sapeva che in cuor suo quell’Hobbit era molto più determinato e coraggioso di quanto anche lui stesso non immaginasse. Questa nuova irrequietudine che sembrava scuotere il suo piccolo corpo dall’interno non era normale e, fatto ancora più rilevante, Bilbo non sembrava essere preoccupato per sé stesso, ma per qualcos’altro o, forse, più propriamente per qualcun altro.
 
<< Qualcuno? Intendi dire dei nemici? Degli orchetti? >>, volle sapere prontamente Thorin, portando istintivamente la mano verso l’elsa di Orcrist, la spada elfica trovata nel rifugio dei Troll, che portava legata al fianco.
Sarebbe stato pronto a sguainarla e brandirla anche in quel preciso momento se si fosse rivelato necessario e avrebbe combattuto nella nebbia più fitta e nella tempesta più violenta pur di abbattere quei fastidiosi mostriciattoli.
Pur di sconfiggere quel maledetto Azog.
 
<< No. All’inizio anch’io ho temuto fosse una pattuglia di orchi al nostro inseguimento, ma non è così. Non ho visto nemici da queste parti, ma solo…. >>, Bilbo esitò un istante, pensando a come avesse potuto esporre quella notizia senza apparire fuori di testa visto che era quasi impossibile che un umano si aggirasse da quelle parti.
 
Si fissò le dita dei piedi per un istante, muovendole nervosamente nell’erba fradicia, quindi decise di smettere di tentennare e di dire semplicemente le cose come stavano.
 
Così, tornando a sollevare il suo sguardo verso il mago che, come tutti gli altri stava attendendo che lui riprendesse parola, esclamò: << C’è una donna, Gandalf. Una donna umana. >>.
 
Per un attimo nella foresta risuonò solamente il rumore scrosciante della pioggia e l’ululato del vento fra le cime degli alberi più alti, poi fu di nuovo Thorin a rompere quell’immobilità, borbottando a denti stretti: << A quanto pare il tuo adorato scassinatore non è poi resistente come ci aveva voluto far intendere. Questo tempo piovoso gli ha fatto spuntare le rane nel cervello. Ha di certo le traveggole. >>.
 
<< Forse è solo stanco. >>, prese le sue difese Balin, che fra tutti i nani era il più vecchio, ma anche colui che in un qual modo sembrava essersi affezionato maggiormente a Bilbo: << Come d’altronde lo siamo tutti quanti. >>.
 
Pur essendo grato al compagno dalla lunga barba bianca, Bilbo si vide costretto a scuotere il capo con forza, ribadendo tutto d’un fiato: << No, no. Non ho le traveggole e non sono stanco…. O meglio, sono stanco ma so cosa ho visto e so che non è stata la mia immaginazione a tirarmi un brutto scherzo. In quanto alle rane che spuntano nel cervello, dubito vivamente possa accadere una cosa simile. >>.
Aggrottò la fronte quasi stesse riflettendo su questa eventualità; o più precisamente si stesse domandando se davvero Thorin avesse creduto che ciò potesse accadere veramente o se stesse solamente facendo una sorta di battuta in un qual modo offensiva.
 
Tuttavia, Bilbo non restò a pensare a questo più di tanto e tornando a scuotere il capo e a fissare i compagni uno ad uno, continuò: << In ogni modo, c’è veramente una donna umana ed è ferita…. Ferita, Gandalf e…. Se non l’aiutiamo, lei potrebbe anche….. >>.
 
La voce gli si spense di colpo in gola e l’Hobbit tacque, abbassando lo sguardo a terra.
Improvvisamente gli era tornato alla memoria il viso e gli occhi di quella donna smarrita ed esso non riuscì più a parlare.
Non poteva neppure lontanamente immaginare che cosa sarebbe successo a quella donna se lui non l’avesse vista o se i suoi compagni avessero deciso di non credere a ciò che esso stava dicendo loro.
 
Era strano.
Non conosceva neppure vagamente quella donna; eppure provava l’irrefrenabile desiderio di aiutarla.
Forse perché aveva visto che era ferita.
Forse perché aveva letto nei suoi occhi la paura e perché lui era troppo buono per ignorare la richiesta di aiuto di una persona, che fosse stato un Hobbit come lui, un nano, un elfo o, come in questo caso, uno della gente alta.
 
<< D’accordo. >>, fu Gandalf a parlare, attirando nuovamente l’attenzione dell’Hobbit su di sé.
 
Quando questi guardò verso il mago, con una luce di speranza negli occhi vispi, Gandalf annuì lievemente, scandendo ogni minima parola che stava pronunciando, come se così facendo potesse rendere il tutto più solenne e autoritario: << Orsù conducici da questa donna, Bilbo
Baggins. >>.
 
<< Non possiamo tornare indietro, Gandalf. Perderemmo tempo inutilmente! >>, controbatté Thorin con la sua solita caparbietà.
 
<< O perderemmo ancora di più, compreso il nostro senso dell’orientamento che, francamente lascia già molto a desiderare in queste terre. >>, concordò con lui Dwalin.
 
<< Nessuno riesce ad orientarsi in questa foresta nebbiosa. Ed il piccolo Hobbit non fa eccezione. Se lo seguiamo, ci farà sicuramente smarrire la via. >>, rincarò la dose Nori che fino a quel momento se ne era stato zitto, giocherellando con una delle punte della sua barba fortemente intrecciata.
 
<< I miei uomini sono con me. È deciso. L’Hobbit non ha visto niente e noi andremo avanti, non indietro! >>, concluse soddisfatto Thorin, sporgendo il mento, quasi sfidando Bilbo o il mago a controbattere; cosa che nessuno dei due fece.
 
Tuttavia, Gandalf non si arrese.
Credeva all’Hobbit e non voleva lasciar perdere la questione.
Se davvero c’era una donna indifesa e ferita nel bosco, non l’avrebbe lasciata al suo fato senza tentare almeno di recarle qualche aiuto.
 
<< Per una volta, Thorin Scudodiquercia, abbandona quella spropositata cocciutaggine propria dei nani e seguimi senza protestare. >>, lo supplicò Gandalf, alzando la sua voce di qualche tono, senza però che le sue parole apparissero simili ad un ordine.
Tacque un istante, poi con maggior gentilezza, soggiunse: << Credimi se ti dico che te ne sarei infinitamente grato. >>.
 
<< Si! Ed anch’io! >> si unì a lui Bilbo, con un tale fervore da sorprendere persino sé stesso.
 
Per un attimo, Gandalf, Bilbo e Thorin si osservarono l’un l’altro senza parlare, mentre il resto della compagnia se ne restava adesso in disparte, preferendo non impicciarsi in un confronto fra quei tre.
 
Quindi, finalmente, Thorin chinò leggermente il capo, acconsentendo quasi con un infinito sforzo di volontà: << E sia. Torniamo indietro, ma se l’Hobbit ha avuto una visione per via della stanchezza o se ha mentito, non credo lo perdonerò tanto facilmente. >>.
 
<< Non ho mentito e lo vedrete tutti quanti con i vostri occhi, nani diffidenti! >>, rispose Bilbo, di colpo tornato scattante e deciso come poche altre volte lo era stato nella sua solitaria vita nella Contea.
Ed in un batter d’occhio fece cenno a Gandalf di seguirlo e ricominciò a correre nella stessa direzione dalla quale poco prima era sopraggiunto.
 
 
………………….
 
 
 
La donna sconosciuta, giaceva a terra, in ginocchio fra l’erba bagnata, senza avere la forza di muovere un solo muscolo del proprio corpo.
 
Dopo essere stata ferita al fianco, aveva vagato in quel bosco per ore, confusa, smarrita e in preda al dolore.
 
Forse aveva persino la febbre; ella non lo poteva sapere e non le interessava neppure.
 
In un momento come quello, l’unica cosa che contava per lei era fuggire; allontanarsi il più possibile dal luogo dell’incidente, per cercare un posto dove riposare e curarsi.
Solo dopo molto girovagare, la donna aveva compreso di non avere abbastanza forze per pensare coerentemente.
 
Quella pioggia intensa che aveva iniziato a scendere dal cielo, come una sorta di maledizione aggiuntiva, non le lasciva inoltre vedere bene ciò che la circondava, confondendo ancor più la sua vista già di per sé annebbiata dal dolore.
 
Curarsi sarebbe stato impossibile fin quando ella non fosse riuscita ad orientarsi o per lo meno a individuare fra la vegetazione un’erba medicamentosa che l’avrebbe comunque fatta stare meglio, anche se non l’avrebbe guarita completamente.
 
Con questi cupi pensieri che le vorticavano nella testa, senza riuscire a pensare ad altro che a uscire da quel tratto boscoso, la donna dai lunghi capelli scuri aveva vagato quasi senza meta per un tempo che ad ella era parso interminabile, finché improvvisamente, quando ormai le forze le stavano venendo meno, si era imbattuta in quel piccolo individuo simile ad un umano ma molto più basso di statura.
 
Allora si era immobilizzata, ciondolando sulle gambe malferme e fissando attraverso la patina che gli offuscava la vista quell’ometto sconosciuto dall’aria allarmata e confusa quanto la sua.
 
All’inizio aveva creduto che questo bizzarro personaggio fosse frutto della sua mente ormai in preda al delirio e mentre lo osservava con le labbra socchiuse, senza sapere se parlare o meno, aveva cercato di dirigere i suoi pensieri agitati su di esso, sforzandosi di individuare la sua razza d’appartenenza.
 
Era sicura di non aver mai visto prima di allora un uomo come quello.
Non era né un orrendo orco, né tanto meno un alto e magnifico elfo e nemmeno un nano tozzo e tarchiato; ma cosa ancor più sicura, non era un umano, anche se la somiglianza fra lui e questi ultimi era molto evidente.
 
Aveva le orecchie a punta, nascoste al di sotto di una massa ricciuta di capelli color nocciola che gli si erano incollati alla testa per via della pioggia e dell’umidità, era piccolo come un ragazzino ed aveva i piedi grandi e ricoperti da una insolita peluria marrone, ma per il resto poteva essere benissimo paragonato ad un umano.
 
La cosa più importante comunque, era che esso non sembrava avesse intenzioni ostili nei suoi confronti.
 
E quando questo pensiero confortate era penetrato come un lampo nella mente della donna, stranamente essa si era sentita un po’ più sicura.
 
Forse aveva trovato qualcuno che, anche in un luogo tanto inospitale e in un momento così difficile della sua esistenza, l’avrebbe potuta aiutare.
 
Lentamente, con questa lieve speranza ella aveva deciso allora di parlare, ma si era accorta con sgomento e terrore di non riuscirci.
 
Allora, ormai totalmente priva di forze, aveva fatto per muovere un altro passo verso l’ometto immobile dinnanzi a lei, ma anche questa azione all’apparenza semplice non le era riuscita ed essa era scivolata lentamente a terra, inginocchiandosi penosamente fra le foglie e l’erba umida, senza più riuscire a fare altro che restarsene lì inerme a tremare.
 
Per un attimo ancora nella boscaglia che attorniava i due non era accaduto nulla.
 
Poi, l’ometto fermo a pochi passi da lei, si era messo improvvisamente a correre via, lontano dal luogo dove ella giaceva; urlando un nome che la donna aveva già avuto l’impressione di ascoltare in precedenza.
 
Allora, mentre un moto di orrore si era fatto largo in lei, la donna dai capelli neri, aveva pensato che il piccoletto fosse stato tremendamente spaventato da lei e fosse fuggito lontano per non fare mai più ritorno in quella cupa e poco ospitale foresta.
 
D’altronde, probabilmente ella avrebbe fatto lo stesso se si fosse trovata al suo posto, dispersa in un luogo piovoso con dinnanzi agli occhi una donna molto più alta di lui, lacera e pallida come un fantasma.
 
Adesso, mentre se ne restava ancora in ginocchio al suolo, convinta quasi definitivamente che non avrebbe ricevuto aiuto da alcuno, la donna strinse una manciata d’erba fra le mani, con rabbia e frustrazione e, in un lampo, facendo appello alle ultime energie che le restavano, tornò ad alzarsi in piedi, decisa se non altro a tentare un ultima volta di salvarsi la vita da sola.
 
Non riuscì comunque a muovere che pochi passi, quando le gambe le cedettero di nuovo e questa volta, ella si sentì venire meno.
 
Senza forze, senza speranza, ella cadde di nuovo al suolo, lasciandosi andare all’oscurità dilagante. Chiuse gli occhi e lì giacque senza più muoversi.
 
 
…………………
 
 
<< Eccoci arrivati. Lei era qui. >>, annunciò Bilbo, avanzando in fretta verso il punto in cui era sicuro d’aver lasciato la donna misteriosa.
 
<>, lo interpellò poco gentilmente Thorin, scuotendo il capo: << Io non vedo proprio nessuno. >>.
 
<< No, amico mio, tu non vedi un bel niente e basta, così come non vede nulla il resto della compagnia >>, replicò Gandalf incitando il capo dei nani a restare tranquillo: << Ma basta un po’ di luce e tutto si rivelerà ai tuoi e ai nostri occhi ormai stanchi di scrutare fra le ombre. >>.
 
E così dicendo, il mago batté la punta inferiore del proprio bastone a terra, facendo scaturire una scintilla sulla cima; che improvvisamente iniziò a brillare di luce propria, dapprima fiocamente per poi farsi sempre più intensa, dissipando le tenebre che li attorniavano.
 
Ed allora, grazie a quella luce fatta di magia, tutti i presenti riuscirono a vedere che Bilbo non aveva mentito affatto, e neppure era stato ingannato dal terrore e dalla spossatezza.
C’era veramente una donna umana distesa supina nell’erba.
 
L’Hobbit non aveva neppure ingannato sé stesso quando aveva pensato che quella umana sconosciuta fosse stata ferita; ed a conferma di ciò, quando Gandalf e gli altri si avvicinarono ancora di qualche passo a lei, poterono vedere che la donna, prima di cedere completamente alla spossatezza, si era premuta una mano sul fianco destro, dove un grosso squarcio lacerava la stoffa blu della veste che indossava. 
 
Attimi di tempo trascorsero veloci ed avvolti totalmente nel silenzio, mentre il mago, i tredici nani e l’abitante della Contea osservavano sospettosi e intimoriti quella donna di razza umana che giaceva immobile a terra, con i capelli neri come la notte allargati attorno al viso cereo e sparsi in riccioli sottili sul manto erboso.
 
Sembrava stesse dormendo, ma Bilbo temeva non fosse affatto così.
Lui l’aveva vista sofferente e barcollante, mentre vagava a caso nello stesso bosco che anche lui e gli altri stavano percorrendo quasi con la medesima insicurezza.
 
Anche lei doveva essere stata alla ricerca di un uscita da quel luogo buio e caliginoso, ma era stata troppo debole per trovarla e per salvarsi la vita.
 
Improvvisamente, vedendola così pallida nella sua totale immobilità, l’Hobbit temette che le fosse accaduto il peggio.
Non aveva corso abbastanza rapido verso Gandalf e gli altri per avvertirli della sua presenza?
Non era forse riuscito a tornare da lei con i rinforzi in tempo per aiutarla?
 
Un nodo di inquietudine strinse di botto la gola di Bilbo che, quasi senza riuscire a parlare, si accostò a Gandalf, mormorando con un filo di voce strozzata il nome del vecchio amico dal cappello a punta, come se questa invocazione potesse servire a far comprendere ad esso quel che l’Hobbit provava.
 
Il mago restò a fissare ancora un secondo la donna sdraiata al suolo, prima di rivolgere le proprie attenzioni al piccolo compagno d’avventure che se ne restava immobile al suo fianco, con un espressione triste in viso e le spalle piegate leggermente come al di sotto di un greve peso.
 
<< Lei è….. >>, iniziò a farfugliare Bilbo, senza tuttavia riuscire a concludere quella lugubre frase.
 
<< No, Bilbo. Grazie al cielo non è ancora morta. >>, questa volta Gandalf rispose prontamente alla domanda incompleta che l’Hobbit gli aveva appena posto, aggiungendo come ulteriore conferma un tenue sorriso tuttavia alquanto teso: << Hai fatto bene a venire ad avvertirci e le tue gambe hanno corso ben più rapide di quanto non abbiano mai fatto in tutta la tua pacifica vita nella Contea, a quanto pare. >>.
 
Bilbo sollevò lo sguardo verso di lui, adesso fattosi più speranzoso, mentre domandava: << Puoi aiutarla? >>.
 
<< Posso tentare, ma neanche io posso dirti con esattezza se la mia magia funzionerà. >>, rivelò il mago smettendo di sorridere di colpo per assumere un’aria greve.
 
<< Che cosa vuoi dire? Sei riuscito a salvare anche Thorin. Perché con lei dovrebbe essere
diverso? >>, tornò ad interrogarlo l’Hobbit esasperato.
 
Gandalf esitò solo un istante prima di rispondere, quindi sospirando rivelò: << Thorin aveva ancora molta forza nel suo corpo; ma non posso sapere se questa donna ne possegga di eguale. La mia magia da sola non basta. Deve essere anche lei che mi concede il permesso d’aiutarla e soprattutto che a sua volta aiuti me. >>.
 
Bilbo non parlò, ma continuò a scrutare il volto del mago con un’espressione interrogativa stampata in viso.
 
Alle loro spalle, anche i nani e persino Thorin Scudodiquercia si erano fatti silenziosi e attenti; ed il capo della compagnia, comprendendo la gravità della situazione e l’errore che avrebbe compiuto se avesse deciso di non ascoltare l’Hobbit, aveva chinato il capo e fissava sconfortato un punto della foresta non meglio identificato.
 
<< Se è troppo debole, neppure la magia potrà salvarla….. Capisci, Bilbo? >> Gandalf aveva assunto un tono di voce tetro e fioco, che non aiutava certo l’Hobbit a restare più calmo: <<  Neppure io ho il potere di decidere chi merita di vivere e chi di morire. Se la morte è veramente ciò che attende questa donna, nessun sortilegio potrà riportarla fra i vivi. >>.
 
Tacque un istante, poi tornò ad aggiungere con maggior enfasi: << Ciò non cambia il fatto, mio caro amico, che tenterò di salvarla con ogni mezzo a mia disposizione! Abbi fiducia e forse tutto si sistemerà per il meglio. >>.
 
E senza attendere oltre, s’inginocchiò di fianco alla donna in fin di vita, allungando la mano sinistra verso il suo volto, quasi avesse tutta l’intenzione di carezzarle una guancia.
Non fece però nulla di tutto ciò.
Invece, proprio come era successo con Thorin sulla rupe dove le Grandi Aquile li avevano condotti dopo lo scontro con Azog, le punte delle dita del mago non andarono a sfiorare la pelle del viso cinereo della sconosciuta, ma si accesero di una luce dorata e, in un istante, il corpo della donna parve riprendere colorito ed il suo respiro tornò a farsi percettibile, lento ma regolare.
 
Anche i lineamenti del suo volto sembrarono distendersi un poco, come se improvvisamente il dolore che la perseguitava fosse cessato; dopo di ché, fremendo leggermente ella aprì gli occhi, fissando il suo sguardo trasognato sul mago dalla lunga barba grigia che le stava inginocchiato di fianco.
 
Le ciglia della donna palpitarono al di spora dei suoi occhi, mentre ella batteva le palpebre confusa e continuava a fissare Gandalf senza proferire una sola parola.
 
Poi, lentamente ella parve rendersi conto che il mago non era l’unico ad esserle vicino ed allora la donna spostò la sua attenzione verso i tredici nani assiepati in un angolo più distante, accanto ad un albero enorme.
 
Infine, i suoi occhi, dopo aver spaziato in lungo ed in largo si posarono su Bilbo che, ancora impalato accanto a Gandalf, da quando l’aveva vista riprendersi, aveva tratto un enorme sospiro di sollievo, rilassando le spalle ed il corpo che, quasi senza rendersene conto aveva tenuto totalmente teso fino al preciso momento in cui lei aveva ripreso conoscenza.
 
Ed ancora una volta, proprio come era accaduto durante quel loro fortuito incontro, lo sguardo della donna misteriosa s’incontrò con quello dell’Hobbit, restandovi legato per qualche secondo, mentre né lei né l’abitante della Contea si decidevano a spezzare per primi quel contatto visivo.
 
Bastò quel momento e Bilbo fu totalmente certo che ella avesse riconosciuto in lui l’Hobbit che l’aveva vista muoversi nel bosco alla ricerca di aiuto.
 
Poi, rapidamente come aveva guardato verso di lui, lei gli rivolse un sorriso: aperto, sincero, colmo di gratitudine.
Un sorriso dolce e leggero, come quello di una persona che aveva riposto la propria fiducia in qualcuno e non era stata delusa; di una persona che aveva veduto una promessa mantenuta e ne era completamente lieta, ma anche piacevolmente sorpresa.
 
Tornando a sospirare lentamente, Bilbo ricambiò quel sorriso, quasi automaticamente; tuttavia distolse lo sguardo leggermente imbarazzato e si mise a osservare il suolo sotto ai suoi piedi, quasi fra le foglie giallastre e l’erba impregnata d’acqua, avesse scorto qualcosa di più bello del sorriso della donna che si trovava a pochi passi da lui. 
 
In realtà, in quel momento Bilbo non riusciva a pensare ad altro che ad ella; ma decise di non far comprendere agli altri e soprattutto ai nani, quelle sue considerazioni.
 
Per un breve attimo, la donna continuò ad indugiare con lo sguardo sul volto dell’Hobbit, come se ne fosse quasi incantata; poi lentamente, ricadde di nuovo al suolo, posando la testa fra l’erba e la terra intrisa di umidità e chiudendo gli occhi con un sospiro.
 
Nel notare ciò che era appena accaduto, Bilbo tornò a sobbalzare, rivelando a tutti gli astanti che, seppur si volesse mostrare loro indifferente alla presenza della donna, non era affatto così e, sollevando in fretta il suo sguardo verso lo stregone, andò a cercare qualche risposta all’accaduto pur senza pronunciare una sola domanda.
 
Il mago, come molte altre volte, parve leggere nella mente dell’Hobbit e, senza farlo aspettare più di tanto, mormorò rispondendo alle domande non dette che mulinavano nella mente del piccolo compagno: << Non temere, mio buon amico. Questa donna è forte e coraggiosa. Ho guardato nei suoi occhi ed ora so che ella vivrà. Ma ha bisogno di riposo, per rimettersi completamente dalla brutta ferita che la tormentava, in modo che possa recuperare tutte le forze perdute. >>.
 
Per un istante, il mago continuò a guardare Bilbo con l’ombra di un sorriso rassicurante fra la folta barba grigia, quindi, in fretta, si rivolse ai nani che fino ad allora erano rimasti quasi in disparte, avvolti dal silenzio più totale.
 
Lo stregone fece scorrere il proprio sguardo su ciascuno di essi, quasi invitandoli a rivelare ciò che pensavano, ma nessuno pareva avere nulla da dire, anche perché tutti quanti, chi più chi meno, erano rimasti totalmente spiazzati nello scoprire che la donna vista da Bilbo esisteva veramente e non era stata solamente una sorta di indesiderata allucinazione visiva del piccolo Hobbit.
 
Così, dopo averli fissati uno ad uno, Gandalf esclamò: << Con il vostro permesso miei cari nani, ci accamperemo qui, per questa notte. >>.
 
Nell’udire quelle parole, Bilbo, che fino a quel momento non aveva allontanato per un solo attimo lo sguardo dal corpo all’apparenza profondamente addormentato dell’umana, si volse rapidamente verso il mago, con un’espressione di puro stupore sul viso.
 
Si era aspettato che Gandalf lo aiutasse a rendere salva la vita di quella donna grazie ai suoi poteri di guarigione, ma l’Hobbit aveva immaginato che dopo aver fatto ciò, lo stregone grigio non avrebbe fatto altro per quella donna ancora totalmente sconosciuta.
 
<< Accamparci qui? >>, la voce tonante di Dwalin  ruppe di botto il lieve silenzio che era calato per un breve attimo sulla foresta ammantata di pioggia e bruma, evidentemente rivelando ad alta voce lo scontento che anche tutto il resto della compagnia di nani provava nei confronti della decisione che il mago stava prendendo: << Non se ne parla nemmeno! >>.
 
<< Sarebbe come chiedere ad un elfo di andare a vivere nelle profondità delle miniere di Moria. >>, si trovò infatti prontamente d’accordo con lui Gloin.
 
<< Abbiamo trovato la donna e tu, Gandalf l’hai curata. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per essa , ora il suo destino non è più affar nostro. >>, Thorin fece un passo in avanti mentre pronunciava queste semplici parole, dettate però con lo stesso tono di voce che si sarebbe potuto attribuire ad un vero e proprio ordine: << Da adesso in avanti può badare a sé stessa da sola. >>.
 
<< Come può badare a sé stessa se è addormentata? >>, esclamò di botto Bilbo, quasi senza riflettere a quello che stava dicendo e a chi lo stava dicendo.
Stranamente in quel momento non riusciva a pensare a null’altro se non alla salute della donna incontrata nella foresta.
Non sapeva esattamente il motivo di queste sue reazioni, ma era convinto di dover continuare ad aiutarla.
 
<< Questi non sono affari che mi riguardano. Salvare fanciulle in difficoltà non faceva parte del contratto. La nostra spedizione, mastro Hobbit è stata creata per ben altri motivi. >>, gli rammentò prontamente il capo dei nani, sollevando il mento con fare bellicoso e fissando Bilbo dritto negli occhi.
 
<< Thorin ha ragione, Bilbo. >>, mormorò Balin passandosi una mano sulla lunga barba
grigia: << Il contratto sul quale hai apposto la tua firma prima di lasciare la Contea ne è la
prova. >>.
 
Per un attimo, l’Hobbit abbassò lo sguardo verso terra, messo a disagio dalle occhiate ferree che il legittimo re di Erebor stava scoccando verso di lui.
Sapeva benissimo che avendo firmato il contratto dei nani, ora faceva parte della compagnia di Thorin e avrebbe di conseguenza dovuto obbedire a ciò che esso comandava, tuttavia non voleva lasciare la donna da sola.
Non gli sembrava giusto.
 
<< Tu sei interessato soltanto a tornartene a casa, vero Thorin? >>, riuscì a mormorare dopo poco in un soffio, trovando ancora una volta dentro di sé il coraggio di opporsi al nano dalla barba scura che gli stava dinnanzi, sfidandolo in silenzio.
 
<< Per questo è stata creata la compagnia. >>, ribadì Thorin fermamente: << Per tornare ad Erebor, e scacciare una volta per tutte il drago che si è impadronito con la forza della dimora appartenuta a mio padre Thràin, e a mio nonno Thròr, il Re Sotto la Montagna, prima di lui. >>.
 
<< Bilbo, anche tu hai nostalgia di casa e vorresti tornare! >>, s’intromise Bofur: << L’hai ammesso poco prima che Azog ci attaccasse. Hai detto che ti mancano i tuoi libri e le cenette prelibate davanti al fuoco. Dovresti comprendere il desiderio di tutti noi. >>.
 
<< Ed è così, infatti. È proprio per questo che ho accettato di far parte della compagnia, per aiutare te e tutti gli altri nani a tornare a casa. >>, replicò Bilbo alzando un poco la voce e parlando velocemente, senza più timori: << Tuttavia…. Se tu, o qualunque di voi nani, mi chiedeste se in questo momento il mio desiderio più grande sia quello di tornare a casa, vi risponderei di no.
Perché ho intenzione di continuare ad aiutare questa donna e lo farò, che voi siate d’accordo o meno! >>.
 
Solo dopo aver concluso di parlare, l’Hobbit si rese conto pienamente di ciò che aveva appena fatto. Praticamente aveva appena detto a Thorin e a tutti gli altri che se non volevano restare con lui al fianco della umana in quella foresta poco ospitale, avrebbero potuto andarsene.
 
Trattenendo quasi il fiato, Bilbo fissò i suoi occhi, adesso spalancati al solo pensiero di dover restare tutto solo in quel luogo buio e potenzialmente frequentato da creature poco raccomandabili, su Thorin, in attesa di una sua risposta.
 
Questa non si fece aspettare troppo a lungo, ma dalle labbra del capo dei nani non uscirono esattamente le parole che Bilbo si sarebbe aspettato di udire.
 
<< Perché? >>, chiese infatti semplicemente Thorin.
Non c’era collera nella voce del nano, ma solo una lieve, soffusa curiosità.
Sembrava non comprendere le motivazioni che spingevano l’Hobbit a prendere quella decisione all’apparenza sconsiderata, ma pareva anche voler capire.
 
<< Perché anche lei ora non è a casa sua ed è….. >> Bilbo esitò un istante, prima di concludere la frase.
Si voltò un attimo a guardare di nuovo il viso della donna addormentata, come se il solo vederla potesse aiutarlo a concludere la frase, quindi mormorò: << Lei è…..Sola. >>.
 
Per un istante, nel tratto di foresta dove l’Hobbit, i tredici nani ed il mago stavano sostando, cadde il silenzio.
Thorin aveva abbassato lo sguardo a sua volta e pareva stesse riflettendo sulle ultime parole che Bilbo aveva pronunciato.
Anche il resto dei nani sembravano essere stati colpiti da quell’ultima affermazione.
 
Solo Gandalf, fermo accanto all’abitante della Contea, aveva ripreso a sorridere apertamente e, improvvisamente poggiando una mano sulla spalla di quest’ultimo, esclamò rivolto a tutti i membri della compagnia: << Ancora una volta il nostro caro scassinatore sta mettendo in mostra una delle caratteristiche da me più apprezzate negli Hobbit: la bontà disinteressata e genuina. Dovremmo tutti prendere esempio da Bilbo ogni tanto. >>.
 
<< La bontà non aiuta a sopravvivere nelle terre selvagge, Gandalf. >>, mugugnò Thorin sbuffando.
 
<< Forse è vero, tuttavia ancora una volta mi sento di stare dalla parte del nostro Hobbit. >>, ripeté il mago, sistemandosi il cappello a punta sulla testa, per ripararsi meglio dalla pioggia che, incessante continuava ad abbattersi sulla infradiciata compagnia: << È meglio se restiamo, per questa notte. >>.
 
<< Meglio?! Mi domando per chi? >>, non si arrese Thorin, pur sapendo anche lui che Bilbo aveva avuto ragione fin dall’inizio, e aveva ragione anche adesso.
 
<< Ragiona, mio buon amico. So che a nessuno di voi nani piace restare in questa foresta, e credo che la zona non sia di gradimento neppure per Bilbo. >>, il mago lanciò uno sguardo veloce all’Hobbit che, ancora al suo fianco, muoveva adesso le gambe e le braccia per cercare di mantenere il piccolo corpo caldo nonostante l’umidità e l’aria tutt’altro che tiepida che si abbatteva su di loro, sibilando fra la barriera di alti alberi che li circondavano.
 
 << Però, proseguire il cammino adesso non è consigliabile. Questa foresta è ampia e con tutta questa foschia, se continuiamo a camminare anche di notte, potremmo finire con il perderci e girare in tondo senza trovare mai la via d’uscita, sprecando veramente una notte intera senza motivo. Ma se restiamo, questa donna ci sarà certo riconoscente quando riacquisterà i sensi, e non è da escludere che lei possa conoscere strade a noi sconosciute. Forse una volta sveglia acconsentirà di ricambiare il favore che le abbiamo prestato, per aiutarci ad uscire da questa intricata foresta paludosa. >>.
 
Thorin sospirò lentamente, all’apparenza assorto in quesiti per lui tutt’altro di facile risoluzione, mentre i nani alle sue spalle, avevano iniziato a borbottare fra loro un miscuglio di assensi e dinieghi impossibile da decifrare.
Questa scenetta si protrasse solamente per pochi attimi, anche se questi furono necessari a far venire un gran mal di testa alla maggior parte dei nani che, dopo aver alzato sempre di più la voce, non erano neppure riusciti a capire chi di essi era propenso a restare e chi meno.
 
Poi, Thorin sentenziò: << Così sia, Gandalf il Grigio. Ma solo per questa notte. Alle prime luci dell’alba, se la sconosciuta non si è ancora ripresa, ci rimettiamo in marcia e cerchiamo una volta per tutte di uscire da questo bosco pieno di insidie. Sono stato chiaro? >>.
 
<< Come la luce del sole che si riflette su uno stagno in piena estate, mio buon amico. >> annunciò Gandalf annuendo vigorosamente.
Quindi strizzò l’occhio all’indirizzo di Bilbo che, di colpo, pareva aver ritrovato tutto il buonumore che fino a poco tempo prima sembrava aver desolatamente perduto.

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Capitolo 4
*** 3 ELIAN ***


                        
 
                                                                  ELIAN
 
Era notte fonda, ormai.
Dopo ore di intensa tempesta, la pioggia pareva aver finalmente cessato di abbattersi con tutta la sua furiosa violenza sulla foresta a est delle Montagne Nebbiose; ed i membri della variegata combriccola comandata da Thorin Scudodiquercia avevano alla fine potuto concedersi qualche vero attimo di riposo, al di sotto degli alberi più alti e fronzuti della zona.
 
Bombur dormiva della grossa già da parecchie ore, sdraiato in un anfratto di un ceppo cavo che sembrava essere stato modellato appositamente per la sua mole tondeggiante.
Bofur fumava la sua pipa a poca distanza dal grasso fratello, in compagnia di Fili e Kili ai quali sarebbe dovuto spettare il primo turno di guardia.
 
Il resto dei nani sonnecchiavano sparpagliati qua e là; e persino Thorin, nonostante tutto, aveva ceduto alla stanchezza e riposava con la schiena poggiata contro al tronco di un albero e le braccia incrociate sul petto.
Prima di mettersi a dormire, aveva tuttavia voluto precisare che, pur avendo accettato di restare, né lui, né nessun altro nano, avrebbe vegliato sul sonno di guarigione della donna umana.
Bilbo aveva chiesto di restare e sembrava essere effettivamente l’unico a desiderarlo veramente,  perciò solo a lui sarebbe toccato questo compito.
 
Gandalf, che fortunatamente non la pensava alla stessa maniera del capo della compagnia, si era generosamente offerto per fare il primo turno di guardia al capezzale della giovane dai capelli bruni, insistendo perché Bilbo riposasse un poco, dopo tutto il daffare che si era dato quel giorno, così quando sarebbe toccato a lui fare la guardia, sarebbe stato di nuovo pronto e vigile.
 
Tuttavia quella notte l’Hobbit non riusciva a prendere sonno.
Gli era capitato già parecchie volte durante quel viaggio di restarsene per notti intere a guardare le stelle che facevano capolino dalle nubi in cielo, senza riuscire a chiudere occhio, reso irrequieto dal timore di essere attaccato dai nemici o, semplicemente per il fatto che i suoi compagni nani, quando dormivano russavano all’unisono, creando attorno a loro una cacofonia insopportabile per le orecchie del povero abitante della Contea, di norma abituato al più totale e tranquillo silenzio.
 
Quella notte però, non erano né le preoccupazioni di eventuali attacchi da parte di troll, orchetti o lupi selvaggi, né il frastuono dei nani in letargo a tenerlo sveglio.
 
La verità, seppur totalmente incomprensibile anche allo stesso Hobbit, era che non riusciva a smettere di pensare alla donna senza nome, quietamente addormentata a pochi passi da lui e immaginava che questa tensione emotiva che continuava a provare, non si sarebbe affievolita fin quando ella avesse aperto di nuovo gli occhi.
Bilbo doveva sapere che stava bene.
Voleva sentirla parlare.
 
Sbuffando sonoramente, l’Hobbit si rigirò forse per l’ennesima volta sulla terra fradicia di pioggia che gli facevano da giaciglio, ottenendo soltanto di riuscire a farsi appiccicare una miriade di foglie umidicce fra i capelli ricciuti e di sporcarsi una volta di più la giacca che indossava.
 
Comprendendo che, continuare a voltarsi e rivoltarsi come un pesce nella padella non sarebbe servito a nulla, Bilbo decise alla fine di alzarsi in piedi e, dopo essersi stirato le braccia per sgranchirsi come meglio poteva le articolazioni anchilosate, si diresse a grandi passi verso Gandalf.
 
Il mago, che sedeva su un moncone di un antico tronco caduto, con la pipa fra le mani e l’aria pensierosa impressa sul viso seminascosto dalla folta barba e dal cappello color fumo, si volse verso di lui non appena percepì i suoi passi lievi in avvicinamento e, quasi a mo di saluto, gli sorrise lievemente.
 
<< Dorme ancora? >>, domandò immediatamente Bilbo, una volta che si fu avvicinato abbastanza al mago, indicando la donna con un cenno del capo.
 
<< Meglio di te, a quanto pare. >>, replicò Gandalf tirando una boccata dalla pipa che reggeva fra le mani.
 
Bilbo annuì lievemente, tirando su con il naso, senza avere la ben che minima intenzione di rivelare al mago il motivo per cui ancora non era riuscito a prendere sonno.
 
Rimase in piedi accanto a Gandalf senza proferire parola per più di tre minuti, quindi, indicando approssimativamente la direzione in cui i nani erano addormentati, borbottò: << Credo che a Thorin non sia piaciuta particolarmente l’idea di accamparci qui. >>.
 
<< Davvero? >>, Gandalf parve sorpreso da quella affermazione, per l’Hobbit tanto
evidente: << Che cosa te lo fa pensare, mio buon amico? >>.
 
<< Basta solo guardare l’espressione del suo volto. >> rispose in fretta l’altro, togliendosi una foglia bagnata dai capelli e osservandola penzolare mollemente dalla punta delle dita con una smorfia quasi disgustata sul volto, prima di gettarla a terra e proseguire: << Anche mentre dorme riesce ad apparire tutt’altro che allegro. >>.
 
<< Thorin sembra un tipo fin troppo burbero alle volte. >>, concordò con lui il vecchio stregone, sollevando un poco la falda dell’enorme cappello per guardare l’Hobbit in faccia: << Ma non devi commettere l’errore di credere che esso sia insensibile, Bilbo. Si mostra a tutti impassibile e severo perché vuole mantenere il comando sulla compagnia. >>.
 
Tacque un breve istante, fissando questa volta il suo sguardo verso il capo della compagnia diretta a Erebor: << Thorin è un nano, Bilbo, ed essi sono persone coriacee, tuttavia, sono certo che, anche se tu non ti fossi dato tanto da fare per ribadire la tua buona volontà nel desiderare di aiutare questa donna, avrebbe comunque accettato di restarle vicino. Non lo dirà mai apertamente, ma sono più che sicuro che neppure lui avrebbe avuto l’ardire di abbandonarla qui tutta sola. >>.
 
Ancora una volta l’Hobbit assentì in silenzio.
Poi, sospirando domandò: << Visto che non riesco a dormire, vuoi che ti dia il cambio? Da adesso posso fare io la guardia alla donna. >>.
 
<< Sei molto gentile, Bilbo, ma … No. Neppure io riesco a dormire e preferisco stare di guardia personalmente. Tu, perché invece non vai a fare quattro passi. Può darsi che ti concilieranno il sonno. >>.
 
<< D’accordo, Gandalf. Farò come dici. >>, replicò Bilbo chinando il capo con accondiscendenza. Poi si volse pronto ad aggirarsi per quel bosco fangoso ancora una volta, mormorando tuttavia, prima di congedarsi definitivamente dal mago: << Anche se dubito servirà a qualcosa. >>.
 
 
……………………………
 
 
<< ….. Do…Dove mi trovo? >>.
Non erano trascorsi che pochi attimi da quando Bilbo se ne era andato, quando la voce di donna giunse lieve e ancora confusa all’udito del mago.
 
Gandalf si prese il tempo di trarre un ultima boccata fragrante di erba pipa, prima di voltarsi con tutta calma ad osservare colei che aveva parlato, rispondendole quietamente: << Sei ancora nella foresta dove io ed i miei compagni ti abbiamo trovata. Per la precisione nello stesso punto in cui sei caduta addormentata. >>.
 
<< Addormentata? >> , la donna umana dal nome ancora sconosciuto sbatté le palpebre più volte, cercando forse di schiarirsi la vista ancora appannata, quindi rivolgendo il suo sguardo adesso fattosi molto più vitale verso Gandalf, sussurrò: << Credevo di essere ….. Ferita…..>>.
 
<< Lo eri. >>, concordò con lei il mago, riservandole un sorriso gentile: << Ma ora come potrai constatare tu stessa, non lo sei più. >>.
Scrutò il viso fattosi di nuovo colorito della donna tuttora sdraiata a terra, poi le domandò: << Come ti senti? >>.
 
<< Bene…. >>, rivelò ella, tastandosi istintivamente il punto sul fianco dove era stata ferita ed accorgendosi immediatamente di non provare più alcun dolore.
Questo fatto parve sconcertarla non poco e, mentre sul suo giovane volto si disegnava un espressione confusa, aggiunse con un filo di voce: << Almeno credo. >>.
 
Esitò un istante, mettendosi a sedere con cautela, riponendo la massima attenzione in ogni suo movimento, come se temesse che se si fosse mossa normalmente, avrebbe potuto tornare a provare dolore.
 
Quindi, come se si fosse resa conto solo allora di star parlando con un perfetto sconosciuto che, tuttavia sembrava averla aiutata a guarire, domandò rivolta all’alto uomo totalmente vestito di grigio che le stava seduto accanto:  << Voi chi siete? >>.
 
<< Sono un membro della compagnia di viaggiatori che ti ha trovato. >> spiegò allegramente lo stregone, avvolgendosi più strettamente attorno al corpo il manto plumbeo, come per proteggersi da una inattesa ondata di freddo.
<< Il mio nome è Gandalf. >>. Mentre pronunciava il proprio nome, esso alzò la voce di qualche tono, rendendola più stentorea e voltò leggermente la testa di lato, acuendo il proprio sguardo, come se volesse scorgere meglio la reazione della donna.
 
Lei, non distolse lo sguardo dal mago, ma invece ripeté: << Gandalf?! Quel Gandalf? Lo stesso di cui mio padre mi parlava spesso nelle sue storie dei vecchi tempi? Lui diceva che siete uno stregone vagabondo. >>.
 
<< Esattamente. >>, confermò il mago annuendo, all’apparenza molto soddisfatto da ciò che aveva appena udito.
Infatti, non passò molto che soggiunse: << È incoraggiante e assai lusingante sapere che anche una giovane donna come te conosce chi io sia, anche se l’ha appreso grazie alle storie del padre. >>.
 
<< Mio padre mi ha insegnato che dalle storie si può imparare molto. >>, spiegò la donna umana, scostandosi una ciocca di capelli bruni che le era finita sul viso.
 
<< Tuo padre ha ragione. >>, concordò con lei Gandalf, afferrando il proprio bastone nella mano sinistra e sollevandosi in piedi, come per sgranchirsi le gambe dopo tutte quelle ore in cui era rimasto seduto a fare la guardia alla giovane.
 
<< Come sono guarita? >>, domandò improvvisamente ella, seguendo con i suoi occhi verdi e scintillanti ogni movimento dello stregone: << Pensavo che la mia ferita fosse troppo profonda per rimarginarsi…. In una sola notte. >>.
 
Gandalf le sorrise di nuovo: << Sono uno stregone, l’hai detto tu stessa.  Sei guarita grazie ad una mia magia. >>.
 
<< Allora devo porvi i miei ringraziamenti. >>, mormorò la donna, facendosi di colpo seria e chinando leggermente il capo come avrebbe potuto fare dinnanzi ad una persona estremamente importante.
 
<< Risparmia i ringraziamenti per chi davvero li merita, mia cara. >>, la invitò il mago fissando un punto indistinto nella boscaglia, dove esso sapeva che Bilbo si era diretto solo pochi attimi prima.
<< Ed ora, che ne diresti di dirmi anche il tuo di nome? >>.
 
<< Mi chiamo Elian. >>, rispose semplicemente la donna, alzandosi a sua volta dal mucchio di foglie e terriccio infangato dove era stata distesa fino ad allora e sorprendendosi ancora una volta nel constatare quanto questo le risultasse semplice e indolore.
Oltre ad essere guarita nel corpo si sentiva anche in piena forma fisica.
 
<< Di dove sei, Elian? Il tuo accento non sembra né quello di Gondor, né tanto meno quello di Rohan. >>, indagò di nuovo Gandalf, osservandola dall’alto al basso.
 
Elian non era una delle donne umane più alte che lo stregone avesse avuto modo di conoscere durante tutti i suoi lunghi viaggi per la Terra di Mezzo.
Anzi, doveva ammettere che era alquanto bassa; non più alta di Dwalin che, fra tutti i nani era quello di statura maggiore.
Aveva però una corporatura alquanto aggraziata e i suoi movimenti erano fluidi e leggeri.
I suoi capelli erano scuri come la notte, e perciò il mago era molto propenso a credere che ella non fosse una donna di Rohan, solitamente più alte e bionde, ma piuttosto potesse provenire dal sud, dalle parti di Gondor; o forse fosse la figlia di qualche Ramingo.
 
<< La mia famiglia era di Dale. >>, svelò ella, distogliendo il mago dalle proprie riflessioni e cancellando così ogni suo dubbio riguardo la provenienza della giovane donna.
 
<< Dale; capisco. >>, sussurrò, sfregandosi la barba con aria ancora assorta: << Quello che ancora non mi è chiaro è che cosa stesse facendo una fanciulla umana la cui famiglia proviene da Dale in questo squallido bosco più adatto ad orchetti e vagabondi. Le terre che dalle Montagne Nebbiose si estendono fino a Bosco Atro, non sono luoghi sicuri ormai da tempo. >>.
 
<< Potrei porvi la medesima domanda. >>, gli fece notare ella, rivelando che, oltre ad aver ripreso pienamente ogni sua facoltà fisica e mentale, possedeva anche una certa arguzia.
 
<< Concordo pienamente con te, ma il primo a porla sono stato io, quindi, se non ti dispiace, gradirei ricevere una risposta prima da te. >>.
 
<< Io…… >>, a quella richiesta Elian parve farsi di botto più chiusa e restia.
Distolse rapidamente lo sguardo dal volto dello stregone, per fissarlo al suolo quasi con imbarazzo, quindi mormorò, come se fosse indecisa se parlare o meno: << Vivo in queste terre. >>.
 
<< Tu abiti qui? >>, questa volta Gandalf era veramente sorpreso e non tentò neppure di dissimulare ciò che pensava.
 
<< Casa mia non dista molto da questo tratto di foresta alle pendici della montagna. >>, continuò la donna, spiegando con la scioltezza di chi è abituato a viaggiare e calcolare distanze e tempo necessario per percorrerle: << Direi all’incirca un giorno di viaggio a piedi, se si procede a passo spedito. >>.
 
<< …. Capisco. >> assentì Gandalf, senza preoccuparsi minimamente del fatto che quei loro botta e risposta stessero assomigliando sempre di più ad una sorta di interrogatorio: << E vivi da sola nella casa di cui parli? >>.
 
<< Si. È stato mio nonno a costruirla, dopo essersi trasferito sin qui tanti anni fa. Accadde quando io non ero ancora nata. Dopo l’attacco del drago a Dale, ha deciso di trasferirsi qui; in un luogo a sua detta molto più sicuro. >>.
 
<< Smaug. >>, sibilò Gandalf, stringendo il bastone nodoso che impugnava con tanta forza che le sue nocche vennero sbiancate.
 
Nell’udire quel nome Elian tornò a guardare altrove, senza poter evitare di rabbrividire leggermente, come se il suo corpo fosse stato attraversato all’improvviso da un freddo intenso e glaciale.
 
Al mago non sfuggì questa sua reazione, anche se poteva benissimo comprendere il timore della donna nei confronti di quella creatura solitaria, crudele e leggendaria.
 
<< Smaug, lo stesso drago che ha spinto tuo nonno a lasciare la sua vecchia dimora, è il perno principale su cui è sorta la nostra compagnia. >>, annunciò Gandalf, passando in rassegna con lo sguardo ogni singolo nano addormentato nelle vicinanze: << I nani con cui viaggio hanno tutti un conto in sospeso con quella creatura dall’alito di fuoco, perciò se ancora te lo stessi chiedendo, è ad Erebor, alla Montagna Solitaria che ci stiamo dirigendo. >>.
 
Nell’udire quelle parole, la giovane sollevò una volta ancora i suoi occhi verdi come smeraldi sul mago, mormorando, come se fosse una sorta di cupo avvertimento: << È un viaggio pericoloso. >>.
 
<< Ne siamo tutti al corrente, mia cara. >>, replicò lo stregone grigio con convinzione assoluta.
 
Per un istante fra i due cadde il più totale silenzio, mentre né Gandalf, né la donna umana parlavano più.
 
Quindi, dopo un ultimo istante di esitazione, Elian domandò, indicando con un cenno del capo il numeroso gruppo di nani che russavano sparpagliati al suolo: << I nani con cui viaggiate, sono davvero così testardi come si dice? >>.
Forse non era una delle domande più adatte da porre in un momento come quello, ma era l’unica che era venuta in mente alla giovane.
L’unico modo per spezzare la lieve tensione che si era creata fra lei ed il mago al solo parlare del drago Smaug e della Montagna Solitaria.
 
<< Oh, non immagini quanto, soprattutto Thorin Scudodiquercia; il capo della compagnia. >>, ridacchiò Gandalf di rimando, scoccandole un’occhiata di segreto divertimento.
Quindi tornando a farsi più serio, soggiunse, con aria quasi grave: << Lui è il legittimo Re della Montagna Solitaria. Perciò a suo modo si può definire un individuo molto…. Ricco. >>.
 
<< State cercando di mettermi alla prova, signor Gandalf? >>, domandò Elian, che aveva avuto l’impressione di udire una nota indagatrice nella voce del vecchio stregone: << Se è così, sappiate che non sono i soldi che m’interessano. Sono una semplice donna umana, non una ladra; e anche se lo fossi, non mi salterebbe mai per la testa di mettermi a rubare qualcosa ad un mago e a una dozzina di nani la cui bellicosità è risaputa in tutta la Terra di Mezzo. Inoltre…. >>. Abbassò un poco il tono di voce, facendola diventare meno decisa e un po’ più dolce: << Voi mi avete salvato la vita. Vi sono debitrice, per questo.>>.
 
<< Questa tua risposta è molto confortante e molto saggia, anche se immaginavo di conoscerla
già. >>, rivelò Gandalf piegando le labbra in un nuovo, garbato sorriso.
Un sorriso molto simile a quello di uno zio bonario nei confronti della nipote.
 
Fu proprio allora, che Bilbo, ancora ignaro del fatto che la donna incontrata nella foresta si fosse svegliata, fece la sua comparsa fra le fronde degli alberi più bassi della zona, sbucando all’improvviso da essi.
 
Non teneva lo sguardo alto, ma camminava lentamente, e sembrava stesse fissando qualcosa che reggeva nella mano destra.
Non si accorse della presenza di Elian accanto a Gandalf, invece, tutto assorto com’era, si sedette in un angolino lontano dal resto dei membri della compagnia, dando a tutti le spalle e continuando imperterrito a fissarsi il palmo della mano, come se non lo vedesse da una miriade di tempo.
 
Stupita da quel nuovo personaggio appena sopragiunto, ma conscia di averlo già visto in precedenza, anche se non riusciva stranamente a rammentare dove, Elian tornò a rivolgersi al mago, domandando in fretta: << Invece lui chi è? >>.
 
<< Oh, mia cara, lui è la persona che devi veramente ringraziare per averti reso salva la vita. >>, rispose prontamente Gandalf, indicando la schiena di Bilbo con la punta attorcigliata del bastone: << È stato lui a vederti nella foschia. Senza la sua vista acuta, nessun membro della compagnia di Thorin Scudodiquercia si sarebbe mai accorto di te. >>.
 
<< Viaggia con un mago e con tredici nani, ma non sembra uno di loro. >>, commentò Elian, rivolgendo totalmente le sue attenzioni al piccolo Hobbit seduto lontano da loro, in disparte.
 
<< Infatti non è un nano. Lui….. Bé, lui è Bilbo, figlio di Bungo Baggins e Belladonna Tuc. È un Hobbit della Contea. >>.
 
<< Un Hobbit?! Che stano nome. >>, mormorò la donna con fare pensoso, scostando con il piede un rametto che si trovava sul terreno di fronte a lei: << Non ho mai visto gente come lui. >>.
 
<< Questo perché non sei mai stata a Brea. Là uomini e Hobbit convivono pacificamente da intere generazioni. La vostra razza chiama gli Hobbit mezzuomini; forse li conosci con questo nome. >>.
 
Elian non rispose all’ultima domanda del mago, invece proseguì constatando: << È alto come un bambino, ma è ben evidente che non lo è. >>.
 
<< Stai dando al nostro Hobbit del vecchio? >>, le chiese divertito Gandalf.
 
<< No… Io…>>, Elian parve imbarazzata e confusa. Evidentemente non si era aspettata una domanda del genere da quell’uomo a tratti serio e austero che si diceva essere un vero e proprio stregone capace di ogni sorta di sortilegio.
 
<< Quanti anni ha? >>, riuscì comunque a domandare.
 
<< La statura degli Hobbit è questa, mia cara ragazza. E, se vuoi sapere quanti anni ha, perché non vai a chiederglielo di persona, anche se ti avverto di non sorprenderti se ti risponde con più anni di quello che pensi. Gli Hobbit sono molto più longevi degli umani, ma non vedo come queste informazioni possano interessarti. >>.
 
<< Possono interessarmi, invece. >>, replicò la donna, con un po’ troppa foga per i gusti dello stregone che, incuriosito da questa sua reazione, domandò immediatamente: << Davvero? Credevo che una donna umana che vive sola ai piedi delle Montagne Nebbiose non avesse di questi interessi. Come ti ho già detto, Bilbo è solo un altro membro della compagnia di Thorin Scudodiquercia. Nulla più. >>.
 
<< Giusto….. >>, convenne con lui la giovane umana.
 
<< Ma? >>, tornò a interrogarla Gandalf, sicuro che ci fosse molto di più nascosto dietro alla curiosità all’apparenza innocua della donna, che si affrettò a domandare a sua volta: << Ma , che cosa? >>.
 
<< C’è qualcos’altro che ti frulla per la testa Elian ed io, se non ti dispiace, vorrei sapere di che cosa si tratta. >>, Gandalf si volse verso di lei, battendo il bastone a terra e sovrastandola con la sua figura alta, accentuata ancora di più grazie al lungo cappello a punta: << Io ti ho rivelato il nome di Bilbo, ora tocca a te rispondere ad una mia domanda. >>. Socchiuse gli occhi, scrutando il volto di lei con attenzione: << A cosa stai pensando, giovane umana? >>.
 
<< Sto pensando che, se davvero è stato lui a salvarmi la vita, non l’ho ancora ringraziato come dovuto. >>, si sbrigò a rispondere ella, ad occhi bassi.
 
<< Un ultima domanda, Elian. >>, la bloccò il mago, afferrandole il braccio destro per impedirle di andarsene: << Chi ti ha procurato quella brutta ferita? >>.
 
La giovane sembrò esitare per un istante, quindi mormorò senza troppa convinzione: << So che può sembrare impossibile da credere, ma ho fatto tutto da sola. Stavo vagando nella foresta alla ricerca di funghi e sono caduta andando a sbattere contro ad un masso. >>.
 
<< Quella ferita mi sembrava un po’ troppo profonda per essere stata causata da una semplice pietra. >>, osservò Gandalf continuando a fissare Elian in viso con insistenza.
 
Ella parve non sapere più che cosa fare né che cosa dire. Poi, riuscì a mormorare: << Ora sarà meglio che vada….. >>.
 
Detto ciò, sciolse il proprio braccio dalla stretta del mago e oltrepassandolo, come per sottrarsi a quegli occhi scrutatori e ad altre sue domande, s’incamminò a grandi passi verso Bilbo.
 
 
 
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Dopo che Gandalf gli aveva suggerito di fare un giro per la foresta, ovviamente senza allontanarsi troppo per evitare di perdersi, Bilbo aveva camminato solo per poco, prima di venire colto da un indicibile desiderio di osservare il piccolo anello dorato che teneva celato agli sguardi di tutti all’interno della tasca destra del suo panciotto.
 
Da allora, l’aveva tolto e infilato in tasca per ben dieci volte, tentato da una forza sconosciuta che lo spingeva a desiderare di metterselo al dito e adesso, rannicchiato in un angolo della foresta dove la compagnia si era accampata, si stava facendo rigirare quel prezioso oggettino lucente fra le dita quasi giocherellando con lui come se fosse un amico e lo osservava senza riuscire a distoglierne lo sguardo.
 
Quando era caduto nelle profondità della città degli orchi, non aveva immaginato di poter trovare nulla la sotto fuorché umidità, oscurità, pesci viscidi, solitudine e quel mostriciattolo che era Gollum.
 
Invece si era imbattuto in quell’anello, tanto lucido e ben tenuto da essere quasi impossibile da identificare come proprietà dell’essere calvo e bianchiccio, con soli nove denti in bocca, con cui aveva contrattato la propria vita, in cambio della libertà, giocandosela ad una gara di indovinelli.
 
Da quando aveva trovato l’anello, Bilbo aveva iniziato a ripetere sempre più costantemente a sé stesso che esso non l’aveva rubato a Gollum.
L’aveva semplicemente raccolto da terra, dove era stato abbandonato incustodito ed ora apparteneva a lui.
 
Era indubbiamente un anello magico, che a quanto pareva consentiva a chi lo indossava di diventare totalmente invisibile agli occhi di chiunque.
Non sembrava un oggetto malefico, ma molto utile, bello e prezioso.
 
Mentre rifletteva su ciò, Bilbo continuava a farsi ruzzolare l’anello sul palmo della mano destra, osservandolo con occhi sempre più incantati e forse, avrebbe persino osato metterlo al dito, incurante della presenza di tutti i nani che riposavano a poca distanza da lui, se repentinamente il contatto di una mano calda e leggera sulla sua spalla, non lo avesse fatto sobbalzare, riconducendolo bruscamente alla realtà e al presente.
 
Goffamente, Bilbo si volse verso l’individuo che l’aveva disturbato, pensando di trovarsi faccia a faccia con uno dei nani al seguito di Thorin.
Invece, davanti a lui vide una donna; e non una umana qualsiasi, ma la stessa che esso aveva intravisto ferita e barcollante tante ore prima, nella tempesta.
 
<< Ciao. >>, lo salutò ella, sorridendo lievemente.
 
L’Hobbit rimase ad osservarla in silenzio, con in viso un’espressione che di certo non lo avrebbe fatto sembrare il più intelligente della Contea; poi, quasi senza pensare a ciò che faceva, si ritrovò automaticamente a bofonchiare: << Ci…Ciao. >>.
 
Aveva tanto sperato che ella si svegliasse per poterle parlare e sentire come stava, ma adesso che se la trovava accanto, non sapeva praticamente più che cosa fare.
 
<< Che cos’hai in mano? >>, domandò allora la donna, inclinando il capo con fare curioso.
 
<< In ….mano? >>, Bilbo esitò ancora un breve istante, poi qualcosa si sbloccò dentro di lui e, rendendosi conto di non aver ancora nascosto l’anello magico, si affrettò a unire le mani dietro la schiena, facendo scivolare il prezioso oggetto nella tasca della giacca, prima di replicare titubante: << Nulla…. Assolutamente nulla. >>.
 
Detto ciò, ridacchiò nervosamente, mostrando i palmi delle mani aperte alla donna, che evidentemente comprendendo il suo imbarazzo, distolse lo sguardo e lasciò cadere l’argomento.
 
<< Non riesci a dormire? >>, chiese invece.
 
<< E come potrei? La terra che dovrebbe farmi da letto è umida come un acquitrino. Sono un Hobbit, non un grosso rospo. >>, esclamò Bilbo, ritrovando seppur solo per un momento l’uso della parola. 
 
<< Questo lo vedo. >>, rise lei, guardandolo da capo a piedi in un modo che fece avvampare il piccolo abitante della Contea.
 
L’Hobbit tossicchiò impacciato, guardandosi attorno nel tentativo di evitare di incrociare lo sguardo con quello della donna dinnanzi a lui che, adesso più che mai appariva ai suoi occhi come la creatura più bella che avesse mai visto.
 
Tuttavia, questo suo tentativo non funzionò a lungo, poiché quando ella parlò nuovamente, lui si ritrovò ancora una volta a guardarla in volto, quasi incantato.
 
<< Tu sei Bolbo, vero? >> tornò a domandargli Elian.
 
<< Ah…. In verità il mio nome sarebbe Bilbo. >>, rispose l’Hobbit dondolandosi distrattamente sulle gambe, senza riuscire a stare fermo e senza sapere dove mettere le mani: <<  Ma….. non importa. >>.
 
<< Il mio nome è Elian. >>, si presentò lei di rimando.
 
<< Mo…. Molto lieto. >>, balbettò Bilbo con un filo di voce, sentendosi all’improvviso un perfetto idiota.
Quella non era esattamente la risposta più giusta da dare, ma stranamente in quel momento il suo cervello, di solito sempre molto attivo, sembrava non voler collaborare con lui e tutto ciò che l’Hobbit riusciva a pensare era il nome che la giovane donna aveva appena rivelato: Elian.
 
Come se questa volta non si fosse minimamente accorta del goffo comportamento dell’ometto a pochi passi da lei, ella riprese quasi immediatamente la parola, spiegando: << Ho parlato con lo stregone, poco fa. Mi ha detto che sei stato tu a salvarmi la vita. >>.
 
Bilbo la osservò sorpreso, poi battendo le palpebre, replicò: << Allora credo proprio che Gandalf abbia mentito. >>.
 
<< Mentito? >>, ripeté lei, evidentemente senza sapere che altro dire.
 
<< Io non ho fatto davvero nulla. >>, continuò Bilbo rispondendo con modestia alla domanda esterrefatta della giovane umana dai capelli bruni: << Ti ho vista nella foresta e sono andato a chiamare aiuto. Il merito della tua improvvisa guarigione, spetta tutto allo stregone grigio. È lui che devi ringraziare……Non me. >>.
 
<< Vorrà dire che ringrazierò entrambi. >>, sorrise Elian di nuovo. << Per il momento, so che non è molto, ma….. >>, si avvicinò a lui e lentamente gli posò un lieve bacio sulla guancia: << Se vuoi puoi portare lo stesso messaggio anche allo stregone. >>.
 
Per un attimo, Bilbo rimase immobile come una statua, con gli occhi spalancati per la sorpresa e le labbra socchiuse, quasi non sapesse più che cosa fare e neppure che cosa dire.
Non si era aspettato nulla da lei in cambio del suo aiuto; meno che meno un bacio come quello; soffice e delicato.
 
Deglutendo a vuoto, tornò a rivolgere il suo sguardo ancora inebetito verso la donna e solo allora si accorse che ella stava aspettando da lui una risposta; così riscuotendosi, pronunciò le prime parole che gli balzarono alla mente: << Non credo che Gandalf apprezzerebbe egualmente se fossi io a portarglielo. >>.
 
Elian rise di nuovo, spontaneamente, sinceramente, e Bilbo si ritrovò a ricambiare automaticamente quel gesto, pensando una volta ancora che, durante quel impervio viaggio al fianco dei nani, imbattersi in quella donna fosse stata la cosa più bella che gli sarebbe mai potuta capitare.
Persino più bella dell’anello di Gollum che, da quando Bilbo aveva scorto Elian al suo fianco, aveva totalmente dimenticato.
 
Stava ancora contemplando il viso gentile della donna accanto a lui, quando un lungo e roco ululato si alzò da un punto indistinto, ma all’apparenza molto vicino, della foresta che li circondava, e l’Hobbit si ritrovò a sobbalzare di colpo.
 
Anche Elian aveva smesso di sorridere e si guardava attorno con aria visibilmente preoccupata.
 
<< Avete sentito? >>, domandò Gloin balzando in piedi come una molla dal punto in cui, fino a una frazione di secondo prima sembrava totalmente addormentato.
 
<< Mannari. >>, fu la voce roca di Thorin  a rispondere alla domanda del compagno, mentre anch’esso si sollevava in piedi, mettendo immediatamente mano sull’elsa della spada elfica che portava legata al fianco. 
 
<< Di nuovo? >>, questa volta fu Bilbo a porre quella ansiosa domanda, avvicinandosi ai nani, seguito a grandi passi da Elian: << Non ce ne libereremo mai?! >>.
 
<< Non fino a quando Thorin sarà al comando della compagnia, temo. >>, replicò Gandalf, unendosi al resto del gruppo.
Ormai erano tutti ben svegli e vigili.
 
<< Forse se il mago riuscisse a creare una barriera di fuoco fra noi e quelle bestie, potremmo riuscire a scoraggiare il loro attacco. >>, suggerì Kili, guardando il fratello che a sua volta annuì vigorosamente.
 
<< Ho bisogno di un luogo aperto per poter creare il fuoco magico, non posso certo mettermi ad incendiare un’intera foresta. >> borbottò il mago scuotendo il capo: << E poi ho bisogno di qualcosa di concreto su cui lavorare. >>.
 
<< Perché non usi le pigne, come la volta scorsa. >>, non si arrese Kili, iniziando a guardarsi attorno alla ricerca di qualcosa che potesse prendere fuoco in fretta.
 
<< Pigne? Non vedo alcun tipo di pigne in questa foresta, giovane guerriero. Solo funghi, foglie, terriccio umido di pioggia, quasi certamente impossibile da bruciare con la magia; e un mucchio di nani dalla testa dura come la pietra stessa. >>, tagliò corto Gandalf che, teso almeno quanto gli altri membri della compagnia non aveva certo la pazienza di stare ad ascoltare tutte le proposte che saltavano alla mente dei nani. 
 
<< Dunque non ci resta alternativa, se non quella di combattere! >>, esclamò di botto Thorin, sollevando in un gesto teatrale la lama di Orcrist verso l’alto, strappandole un luccichio grazie alla poca luce della luna che si era affacciata per un istante fra le nubi: << Sguainiamo le asce, miei uomini! Quei mannari troveranno che la loro preda questa volta sia diventata cacciatore! >>.
 
<< Ecco appunto la testa dura di cui parlavo poco fa. >>, sbuffò Gandalf a voce bassa, alzando gli occhi al cielo.
 
Poi, assumendo un tono di voce molto più deciso, tornò a ribadire, rivolto al capo stesso della compagnia: << Tieni a freno i tuoi bollenti spiriti ancora per un po’, Thorin Scudodiquercia. Arriverà il giorno in cui otterrai la tua vendetta, ma questo non è il luogo né il tempo adatto. Non sempre incrociare le lame in battaglia è la cosa migliore da fare. >>.
 
<< Non puoi aiutarci con la magia e m’impedisci di combattere. Che cosa suggerisci di fare allora, Gandalf? Vuoi forse arrenderti agli orchi e alle loro fameliche bestie da somma, senza opporre la minima resistenza? >>, lo interrogò l’altro, con impressa sul volto oscurato dalla barba l’espressione rovente e decisa di chi già sta immaginando la battaglia imminente.
Negli occhi di Thorin brillava la determinazione più pura, mentre scrutava il viso del mago dal basso all’alto.
 
<< Siamo tutti esausti per il lungo viaggio, rallentato e ostacolato dal maltempo. Se decidessimo di combattere contro i mannari, questa volta non posso garantire che ne usciremmo vivi. >>, dovette ammettere ancora una volta l’altro, rispondendo allo sguardo furente del nano con uno altrettanto deciso e inamovibile: << Anzi; sono convinto che accadrebbe il contrario. >>.
 
A quelle parole, Bilbo si fece avanti sollevando l’indice verso l’alto come per farsi notare meglio dai nani che lo circondavano, mentre esclamava: << Se mi è permesso rivelare la mia opinione, concordo pienamente con Gandalf. >>.
 
<< Ma certo. >>, un amaro sorriso tese le labbra di Thorin, mentre questo rivolgeva ai suoi uomini un’occhiata eloquente: << Che altro avrebbe potuto dire un Hobbit. Se potessero loro fuggirebbero sempre di fronte a qualsiasi minaccia, nascondendosi in uno di quei buchi nel terreno che chiamano casa. >>.
 
Bilbo non replicò a quella sorta di non troppo velato insulto, ma chinò il capo e arrischiò una veloce occhiata a Elian, per vedere se ella aveva notato la nota di derisione nella voce del nano.
 
Lei però non pareva aver fatto caso a nessuna delle parole di Thorin.
Se ne restava semplicemente in silenzio, un po’ in disparte rispetto al resto del gruppo, come se si sentisse fuori luogo.
Non facendo parte della compagnia, ella teneva evidentemente ogni suo pensiero celato dentro di sé.
 
<< Non siamo costretti a combattere, ma non ti sto chiedendo nemmeno di arrenderti, Scudodiquercia. >>, gli fece notare Gandalf sospirando sonoramente.
 
<< E allora che facciamo? Sono un tantino confuso. >>, intervenne Ori con il suo solito tono gentile e garbato, parlando con un filo di voce.
 
<< Lo siamo tutti e lo resteremo, fin quando il nostro stregone continua a parlare per enigmi. >>, concordò con lui Dwalin, che stava iniziando a perdere la pazienza.
 
< Non ci vorrai condurre di nuovo dagli elfi, vero, stregone? >>, lo interrogò di nuovo Thorin, parandosi dinnanzi al compagno più alto e nerboruto, come se così facendo avesse potuto sedare, almeno per il momento il suo spirito bellicoso.
 
<< Non abbiamo bisogno dell’aiuto di elfi questa volta, ma….. >>, Gandalf s’interruppe, volgendosi a guardare la giovane Elian, immobile come una statua alle sue spalle: << Solo di un umana di nostra recente conoscenza. Lei forse può aiutarci. >>.
 
Tutti gli sguardi dei presenti corsero istintivamente verso Elian ed essa, sentendosi quasi sotto processo, abbassò istintivamente il proprio, mentre Bilbo, comprendendone lo stato d’animo come se le potesse leggere nella mente, le si faceva un po’ più vicino, quasi con l’intento di farle coraggio.
 
<< La donna? E come? >>, borbottò Thorin, senza staccare il suo sguardo penetrante di dosso alla diretta interessata, ma iniziando al contrario a camminarle attorno, scrutandola dalla testa ai piedi con ancor più attenzione: << Se non sbaglio è per colpa sua se ci troviamo in questa situazione. Se non ci fossimo fermati ad aspettare che ella riprendesse conoscenza, a quest’ora saremmo già stati ben lontani da qui. >>.
 
<< Thorin ha ragione. >>, si trovarono d’accordo con lui il resto dei nani, parlando quasi all’unisono: << Si. È colpa della donna.! È colpa sua! >>.
 
<< Non è colpa di Elian, ma mia. >>, sbottò Bilbo allargando le braccia e muovendo un passo veloce verso Thorin, sperando in questo modo di farlo smettere di osservare Elian a quel modo.
Era stato anche lui sottoposto a quello stesso trattamento, la prima volta che il capo dei nani lo aveva conosciuto a Hobbiville, nella sua casetta calda e accogliente, e non gli era piaciuto affatto.
Si era sentito come un animaletto indifeso, scrutato da un orso più grande e più forte di lui.
<< Ho chiesto io di restare, quindi prendetevela con me, se davvero volete. >>, concluse, annuendo con enfasi.
 
<< Nessuno se la prenderà con nessuno, perché non è colpa né di Elian né del nostro signor Baggins. >>, questa volta fu la voce possente e stentorea di Gandalf a far tacere tutti gli astanti, mentre esso, con uno dei suoi soliti trucchetti, faceva scurire il paesaggio tutt’attorno a sé, facendo apparire la sua figura ancora più alta e possente di quanto già fosse: << Ed ora smettetela di urlare tutti quanti o quei mannari ci troveranno ancor prima del necessario. >>.
 
<< Allora sentiamo. >>, lo incitò Thorin cupamente, dopo un istante: << Come può aiutarci l’umana? Non credo proprio  che ella tenga nascosto al di sotto delle sue vesti un arma più potente dell’ascia di un nano. >>.
 
<< Elian non ha armi, è vero. >> , convenne con lui lo stregone grigio: << Ma ha qualcosa di meglio da offrirci. Una casa accogliente. Un riparo. Un luogo sicuro dove nasconderci dagli sguardi dei mannari e dei loro padroni. >>.
 
Al solo sentir nominare la parola casa, tutti i nani iniziarono ancora una volta a borbottare e mugugnare fra di loro.
<< Una casa? Davvero? >>.
<< Non avrei mai pensato… >>.
 
<< Siamo tredici nani, un mago e un mezzuomo; in tutto facciamo quindici persone. E tu davvero saresti disposta ad offrirci rifugio in casa tua? >>, domandò Thorin, tornando a posare i suoi occhi sul viso di Elian, senza quasi far caso al putiferio che i suoi uomini stavano creando.
 
Per un breve attimo, la donna umana tenne ancora lo sguardo basso; poi incrociandolo lentamente in quello fiero e deciso del capo della compagnia, annunciò con estrema convinzione: << Sarebbe il minimo che io possa fare per sdebitarmi di tutto ciò che avete fatto per me. >>.
 
Ella pronunciò quelle semplici parole con una tale solennità, che per un attimo nessuno dei presenti trovò l’ardire di ribattere.
 
Alla fine, l’unico a parlare fu Bombur con una luce speranzosa nei piccoli occhietti che facevano capolino all’interno della sua faccia grassoccia: << C’è anche del cibo a casa tua? >>.
 
<< Bombur, è mai possibile che tu abbia sempre fame? >>, lo rimbrottò il fratello Bofur, assestandogli una manata sulla spalla.
 
<< Il mio appetito è assolutamente normale. È da quando abbiamo lasciato….. >>
 
Un nuovo ululato interruppe le spiegazioni di Bombur sul nascere ed esso, come tutti gli altri nani si affrettò a stringere le armi con maggior saldezza.
Questa volta l’ululato era molto più acuto del precedente; e anche molto più vicino.

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Capitolo 5
*** 4 UNA CASA ACCOGLIENTE ***


 
 
                                                 UNA CASA ACCOGLIENTE
 
 
<< Dannazione, sono già qui. >>. Thorin non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che un enorme bestia simile ad un lupo balzò fuori dagli alberi, correndo nella sua direzione con le fauci spalancate, pronte ad azzannare il primo nano, umano, Hobbit o mago che si fosse trovato a tiro.
 
Thorin fu però pronto a difendersi e con due fendenti ben assestati, fece crollare al suolo la bestia.
Contemporaneamente però, altri mannari avevano fatto la loro comparsa nella foresta, tentando di circondare i compagni.
 
Kili aveva immediatamente preso a scoccare frecce con il suo arco, abbattendo tre lupi prima che questi avessero anche solo il tempo di avvicinarsi a uno di loro.
Fili, al suo fianco mulinava le due grosse spadone come se fossero state bastoncini di legno privi di peso.
Bofur impugnava il piccone con entrambe le mani, pronto ad abbatterlo sul cranio di qualsiasi orco o lupo mannaro avesse solamente osato accennare ad avvicinarsi a lui e così facevano tutti gli altri nani.
 
Anche Bilbo, seppur allarmato, indietreggiando di qualche passo, senza mai staccare gli occhi di dosso a quelle creature enormi e pelose, estrasse a sua volta pungolo, tenendola alta di fronte a se, e al contempo si parò dinnanzi a Elian, seguendo un irrefrenabile istinto che lo spingeva a proteggerla ad ogni costo, con il suo piccolo corpo, in quel momento mosso da una determinazione impensabile per qualsiasi altro abitante della Contea.
 
Gandalf, seguendo l’esempio dell’Hobbit, stretto in una mano il bastone e nell’altra la lama elfica trovata nella grotta dei Troll, si era erto dinnanzi alla donna umana, facendole a sua volta da scudo umano.
 
Per ben due volte lo stregone evitò gli attacchi dei lupi, deviandone i colpi con facilità, mentre Bilbo, al suo fianco, con il corpo teso, si era limitato a agitare Pungolo nell’aria, tirando brevi stoccate quasi a casaccio, mentre l’umana, alle sue spalle, all’apparenza tremendamente spaventata, tentava di ripararsi in qualche modo dietro al suo piccolo corpo.
 
All’improvviso il millenario grido di battaglia dei nani si alzò dalla gola di Thorin echeggiando in tutta la foresta, mentre questi si gettava, con una fiamma lucente nello sguardo, contro ad un altro mannaro a portata di lama.
 
Nello stesso momento anche Gandalf si lanciò contro una bestia, brandendo la lucente lama di Glamdring.
Con una rapidità tale che Bilbo non riuscì quasi a seguirlo, recise di netto la testa del mostruoso lupo, per poi dedicare le proprie attenzioni alla belva successiva che, ringhiando, aveva preso a giragli intorno indecisa se attaccare apertamente o aspettare rinforzi.
 
Quando uno di quegli spaventosi animali simili ai lupi si scagliò in corsa nella direzione di Elian e Bilbo, quest’ultimo riuscì, forse più per un colpo di fortuna che per vera e propria abilità, a infliggere una ferita nella zampa destra della bestia che, ancora in corsa, ruzzolò a terra lontano da loro, guaendo per quell’attacco inatteso.
 
Kili continuava incessantemente a scoccare frecce in ogni direzione, colpendo una bestia dopo l’altra.
Anche gli altri nani mulinando le rispettive armi con le tozze gambe ben piantate al suolo, avevano provveduto a sfoltire le fila dei mannari, ma questi non parevano volersi arrendere e ogni volta che ne veniva eliminato uno, altri due prendevano il posto del precedente.
Sembrava una battaglia senza fine.
 
Descrivendo un arco, la spada di Thorin affondò nel petto del mannaro a lui più vicino.
Quindi, con il volto arrossato dall’impeto della battaglia, il nano si rivolse alla donna umana che, ancora immobile alle spalle di Bilbo, osservava la rissa ad occhi spalancati.
 
<< Allora donna, vuoi deciderti a condurci alla tua abitazione? >>, le urlò senza troppi giri di parole: << O forse dobbiamo batterci contro tutti i mannari della zona, prima di ottenere le tue attenzioni? >>.
 
Nell’udire quelle parole, sul volto di Gandalf comparve un tenue sorriso.
Al contempo, Bilbo si volse a fissare il capo dei nani con un espressione allibita sul volto tirato. Non aveva mai creduto che alla fine Thorin avrebbe preso quella decisione.
Da quando era iniziata la battaglia aveva piuttosto pensato che il nano, irremovibile com’era , avrebbe preferito farsi sopraffare da un esercito di lupi, piuttosto che abbassarsi a chiedere aiuto ad una donna umana.
Evidentemente e anche fortunatamente, quella volta Bilbo si era sbagliato.
 
Annuendo vigorosamente, Elian tornò a ritrovare un poco del coraggio che fino a qualche attimo prima pareva aver totalmente perduto; e facendo cenno a tutti i presenti di seguirla, afferrò Bilbo per il polso, un attimo prima che uno dei mannari compisse il gesto di scagliarsi come una furia contro di loro.
 
Trascinandosi letteralmente dietro l’abitante della contea, prese quindi a correre in una direzione ben precisa, addentrandosi in breve nel folto della foresta.
Continuò a correre per circa dieci minuti, con alle spalle Gandalf, Thorin e tutti gli altri nani che, di tanto in tanto si voltavano ad affrontare uno o due mannari che ancora si ostinavano a dare loro la caccia, ringhiando e ululando come forsennati.
 
Poi, improvvisamente, rallentò un poco, lasciando andare il polso dell’Hobbit, frastornato da quella fuga tremendamente movimentata, ed iniziando a camminare con maggior cautela.
 
Con l’impressione di avere due tizzoni ardenti al posto dei piedi, e i capelli arruffati sul capo per la corsa troppo veloce e dissestata a cui era stato sottoposto, Bilbo lanciò un’occhiata al mago che gli era vicino che, per tutta risposta alzò le spalle in un gesto vago, limitandosi a continuare a seguire i passi della donna umana più silenziosamente possibile.
 
La compagnia, assieme alla loro nuova momentanea guida, procedette verso sud per un tempo indefinito, muovendosi veloce, per evitare di venire seguiti ancora una volta dai mannari costantemente sulle loro tracce.
 
Per tutto quel tempo, nessuno parlò, ma tutti si limitarono a concentrare le rispettive attenzioni sulla via che l’umana stava facendo seguire loro.
Una via che, ad essere sinceri poteva venire chiamata a questo modo solo con l’utilizzo di molta fantasia, visto che agli occhi dei nani, quel tratto di fitta foresta non sembrava affatto dissimile da quella da essi attraversata la notte prima durante la tempesta.
 
Bilbo camminava adesso in testa, al fianco dello stregone e di Elian che, con l’andatura sempre più sicura di chi conosceva quei sentieri nascosti fra la vegetazione e pareva averli percorsi un’infinità di volte, guidava l’intera compagnia per quelle terre a loro totalmente sconosciute.
 
Subito dietro di loro venivano Thorin, Kili, Fili, Bofur, Bombur, Ori, Nori, Dori, e poi ancora Gloin e Oin, seguiti da Balin e Dwalin che chiudeva con la sua mole poderosa la fila di nani in marcia.
 
La mattina passò veloce e così anche il pomeriggio, senza che i membri della compagnia di Thorin smettessero solo un istante di avanzare.
 
Poi, verso sera, quando ormai Bilbo, esausto stava iniziando a perdere la speranza di poter giungere veramente ad un luogo più riparato e confortevole, il passaggio invisibile seguito da Elian si aprì improvvisamente davanti ai loro occhi, mentre i fitti alberi che li avevano circondati sino ad allora, si diradavano in una piccola radura.
 
Le ombre della foresta si fecero meno dense, rischiarate da una nuova luce fioca ma molto rassicurante.
E lì, nel centro esatto della radura, sorgeva una piccola costruzione di legno e pietra, la cui semplice vista andò a scaldare immediatamente i cuori dei quindici viaggiatori esausti.
 
<< Finalmente…. Casa mia. >>, mormorò Elian con voce stanca.
Ella esitò immobile al margine della radura ancora per un istante, mentre gli angoli della sua bocca si sollevavano lievemente verso l’alto, come se in quel sorriso fosse celato un silenzioso saluto alla propria abitazione.
 
Poi avanzò rapidamente verso di essa, immediatamente seguita dallo stregone grigio e da Bilbo, i cui occhi si erano fatti lucidi come quelli di un bambino davanti ad un regalo a lungo atteso.
Ad uno ad uno anche i nani li imitarono, tranne Thorin che, pareva restio a proseguire verso quella dimora sconosciuta; forse per orgoglio o per timore di dover, una volta entrato in casa, ringraziare la padrona per l’ospitalità ricevuta.
 
Non sembrava fidarsi dell’umana, anche se, almeno fino ad allora, aveva tenuto il proprio scontento per sé stesso.
Tuttavia, anche esso, dopo poco si decise a raggiungere il resto della compagnia, senza comunque mutare la smorfia poco convinta che, da quando aveva iniziato a seguire Elian per la foresta, non aveva abbandonato un solo istante il suo volto.
 
Quando alfine tutti i quindici uomini furono entrati nella piccola casetta di legno al centro della spiazzo erboso, Elian si affrettò a chiudere la porta alle loro spalle, sprangandola contro l’oscurità imminente della notte e contro ai loro famelici inseguitori.
 
 
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<< Sicuro che Elian non se la stia prendendo per tutto il cibo che ci stiamo sbafando?>>, domandò Kili, passando dinnanzi a Gandalf con un piatto colmo di carne, patate e pane in una mano e un boccale nell’altra.
 
<< E la birra che ci stiamo scolando? >>, soggiunse Fili, sbucando dalla dispensa e agitando altri due boccali verso l’alto, come per enfatizzare le proprie parole.
 
<< Oh, non credo che questo conti molto, Kili. >>, lo rassicurò lo stregone sorridendo.
Anche lui aveva approfittato della gentilezza della padrona di casa e stava pranzando allegramente con il resto della combriccola di nani: << Quando ci siamo parlati questa mattina ha detto che il denaro non le interessa. >>.
 
<< Sul serio? >> domandò Fili, ingollando una lunga sorsata di birra da uno dei boccali: << Allora posso mettermi il cuore in pace e andare a prendermi un altro ancora di questi! >>.
 
<< Ti seguo, fratello! >>, lo imitò Kili ridendo.
 
In quel momento, Thorin fece la sua comparsa accanto al mago.
Anche lui impugnava un grosso boccale pieno di birra, ma sembrava controllarsi meglio del resto dei nani, quando si trattava di bere e lo sorseggiava con tutta calma, con la sua solita espressione accigliata in volto.
 
<< Davvero alla donna non interessa se i miei uomini mangiano e bevono tutto ciò che vogliono, Gandalf? >>, domandò a voce bassa rivolto al compagno di viaggio dal manto del colore della cenere.
 
<< Se la cosa è di qualche interesse, Bombur le sta letteralmente svuotando la dispensa. >>, esclamò Bofur ridendo a squarciagola e ficcandosi in bocca un enorme pezzo di carne ben cotta.
 
<< In verità, non ha detto testualmente così. >>, rivelò Gandalf aggrottando la fronte, come alla ricerca di un pensiero offuscato: << Tuttavia le sue parole si possono interpretare anche in questa maniera, Thorin Scudodiquercia. >>.
 
<< Non mi fido di questa umana. >>, sbottò improvvisamente l’altro lanciando un’occhiata poco gentile nella direzione in cui, poco prima aveva visto scomparire Elian: << È troppo gentile. Troppo calma. Sembra non le importi molto se i miei uomini fanno tutto questo baccano…. Come se fosse abituata a questo genere di cose. E poi ha una dispensa piena fino all’orlo di cibo e birra. >>. Tacque un istante, prima di soggiungere, scoccando uno sguardo assai eloquente allo stregone: << Hai mai visto una donna bere birra? >>.
 
<< Le vostre donne lo fanno di continuo. >>, gli rammentò lo stregone con aria divertita.
 
<< Sono nane, Gandalf. >>, replicò seccamente Thorin; l’unico a quanto pareva non in vena di festeggiamenti: << Io intendo un umana. Elian ne ha la dispensa piena, ma stasera non ne ha toccato neppure una goccia e poi, ha l’aria di una che beve solo acqua. >>.
 
<< Non sei l’unico che nutre dei dubbi sulla troppa e sospetta bontà d’animo di Elian, Thorin. >>, tentò di rassicurarlo l’altro, chinandosi verso di lui e posandogli una mano sulla spalla robusta: << Stai certo che terrò gli occhi ben aperti, insieme a te. >>.
 
I due rimasero in silenzio per un attimo, poi Gandalf soggiunse meditabondo: << C’è qualcuno tuttavia che non sembra pensarla affatto alla nostra stessa maniera. >>.
 
<< Ti stai riferendo al mezzuomo. >>, quella di Thorin non era una domanda ma un’affermazione.
 
<< Per caso tu sai dov’è finito? >>, gli chiese Gandalf annuendo: <<. È  da quando Elian ha parlato di cena che non lo vedo. >>.
 
<< Hai provato a controllare in cucina? >>.
 
 
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Bilbo era seduto al tavolo della cucina di Elian, con davanti a sé un piatto ormai desolatamente vuoto.
 
Esattamente come tutti i nani della compagnia, non aveva saputo resistere alla fame improvvisa che lo aveva colto non appena aveva visto quante buone cose la dispensa di quella piccola casupola fra i boschi aveva da offrire e si era letteralmente gettato nella mischia, senza badare, per una volta alle buone maniere.
 
Adesso, finita la abbondante cena, con la pancia piena e lo sguardo insonnolito, Bilbo avvertiva un senso di quiete ed appagamento che da tempo non provava.
 
Il suo sguardo trasognato era perso tra le sottili gocce di pioggia che avevano ricominciato a cadere dal cielo ormai buio, fuori dalla finestra, ma i suoi occhi non le vedevano.
Stava pensando ancora una volta ad altri tempi, ad altri luoghi che adesso gli apparivano molto lontani e remoti.
 
Ripensava ai tanti anni trascorsi in pace nelle terre ridenti della Contea da cui proveniva, con tutti i suoi valori.
Ripensava alla panchina fuori casa sua e a come gli era sempre piaciuto restarsene seduto su di essa a tirare grandi boccate del vecchio Tobia, dalla sua pipa preferita, attorniato dal profumo dei fiori, mentre ascoltava ad occhi chiusi il canto degli uccelli in primavera.
 
Quelli erano i suoi ricordi più lieti, che spesso, forse anche troppe volte durante quel viaggio, erano tornati ad affacciarsi alla sua mente, facendogli rimpiangere la cara, vecchia, quieta Hobbiville.
Facendogli desiderare di non aver mai varcato la soglia per gettarsi nel mondo esterno.
 
Questa volta però, i suoi pensieri erano diversi.
Stava ripensando a casa, ma non con lo stesso senso di nostalgia.
Non come se avesse perduto tutto quanto, ma come se avesse appena trovato qualcosa di altrettanto bello e prezioso.
In quel momento non ricordava Hobbiville con rimpianto, ma la rammentava perché la casetta piccola ma confortevole di Elian gli richiamava alla mente la sua.
Si trovava bene lì.
Bene e al sicuro come non si era sentito da tanto tempo.
 
Stava ancora riflettendo sull’insolito ma gradevole stato d’animo che lo pervadeva, quando qualcuno posò davanti a lui un grosso boccale di legno, colmo di birra schiumosa, spezzando il sonnolento contatto visivo con la pioggia al di fuori della finestra e il tenue filo invisibile dei ricordi a cui si era legato per un istante.
 
Sorpreso, Bilbo si affrettò a sollevare lo sguardo assonnato sul nuovo venuto, scoprendosi una volta ancora a fissare il volto di Elian; ed in un batter di ciglia si ritrovò completamente sveglio.
 
<< Ho pensato che avresti gradito un boccale di birra, dopo cena. Ho dovuto letteralmente lottare contro undici nani assetati per potermene impadronire. >>.
 
<< Io.. Si… Gra….Grazie.. >> farfugliò Bilbo, scoccando occhiate nervose tutt’intorno a sé.
 
Poi, senza sapere che altro fare, messo in agitazione dal pensiero che Elian avesse trovato il tempo, fra tutto il baccano che i nani stavano creando in casa sua, di pensare proprio a lui, afferrò il boccale fra le mani e ne trangugiò gran parte del contenuto, prima di annuire e mormorare: << Ci voleva proprio. >>.
 
Elian sorrise, divertita da qualcosa che a Bilbo al primo momento sfuggì completamente.
Il volto dell’Hobbit si fece serio, mentre esso aggrottava le sopraciglia continuando a non capire; almeno fino a quando la donna si avvicinò a lui e gli sfiorò le labbra con la punta delle dita, ripulendogliele dalla schiuma che vi era rimasta sopra.
 
Avvampando in volto come un peperone, Bilbo tossicchiò e voltò il capo di nuovo verso la finestra, per evitare come meglio poteva di fissare la donna stupenda a pochi passi da lui.
 
Anche così però questo gli era impossibile, poiché il riflesso di Elian si rispecchiava attraverso il vetro della finestra e, ancora una volta Bilbo si ritrovò a pensare di non aver mai incontrato in vita sua una creatura tanto bella.
 
<< Sei stato coraggioso, la notte scorsa nella foresta, quando mi hai protetto dai mannari. >> tornò a
mormorare lei, facendosi seria, ed attirando di nuovo le attenzioni dell’abitante della Contea.
 
<< Thorin Scudodiquercia ti dipinge come un piccoletto che ha passato la sua esistenza a vivere come un coniglio in buchi scavati nella terra; poco abile nell’uso delle armi e bravo solo ad un gioco a me sconosciuto detto tira castagna. >>, proseguì ella, senza far troppo caso allo sguardo desolato assunto dall’Hobbit a mano a mano che lei continuava a parlare.
 
<< Thorin ti ha detto questo? >>, sussurrò alla fine Bilbo, fissando il piano del tavolo dinnanzi a sé.
 
<< Non sembra provare una grande ammirazione nei tuoi confronti. >>, convenne Elian, scuotendo il capo e facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli scuri sulle spalle.
 
<< Già. >>, sospirò l’Hobbit, bevendo un'altra piccola sorsata di birra dal boccale: << Avrei dovuto immaginarlo….. >>.
La sua voce si smorzò di colpo ed esso tacque, quasi ferito dal fatto che Thorin avesse parlato di lui in una maniera che non poteva certo definirsi lusinghiera, proprio con Elian.
 
<< Però ho anche sentito dire da altri nani che una volta hai salvato lo stesso Thorin da un branco di orchi. >>, continuò la donna, assumendo un  tono di voce quasi ammirato.
 
<< Fu solo un colpo di fortuna. >> borbottò Bilbo, stringendosi nelle spalle: << La verità è che Thorin ha ragione. Ho deciso di seguire la compagnia per via del mio spirito Tuc, ma a volte mi sento solo un peso per loro. >>.
 
<< Se tu non ti fossi unito alla compagnia di Thorin, adesso io non sarei qui a parlarti. Non sarei…. >>, Elian smise di botto di parlare, chinando il capo in un gesto che le fece scivolare gran parte dei capelli accanto al viso, adombrandoglielo e facendo apparire la sua espressione ancora più sconsolata del dovuto.
 
Bilbo scosse il capo: << Qualcun altro ti avrebbe trovato e salvato. >>.
 
<< Forse. >>, ammise Elian tornando a fissare Bilbo in viso con improvviso trasporto: << Ma non sarebbe stata la stessa cosa. >>.
 
Meravigliato da quest’ultima impensata affermazione, l’Hobbit sollevò gli occhi dal boccale di birra, guardando Elian senza premurarsi di nascondere la propria incredulità.
 
Rimase un attimo assorto, senza sapere che cosa rispondere, poi mormorò: <<….. Come ti ho già detto, sono un Hobbit molto fortunato. >>.
 
<< Fortunato….>>, ripeté Elian con aria meditabonda, quasi stesse parlando più a sé stessa che al Hobbit seduto al tavolo dinnanzi a lei: << Ma è davvero solo la fortuna ad averti accompagnato nelle tue avventure sin qui? >>.
Il suo tono di voce pareva essere improvvisamente cambiato e quando ella pronunciò queste ultime parole, Bilbo ebbe l’impressione di captare una nota più dura e indagatrice in quella voce fino a poco prima gentile.
 
Quando Bilbo tornò a sollevare i suoi occhi su di lei, la sorprese con lo sguardo fisso sulla giacca rossa che esso indossava.
 
<< Non capisco a cosa tu ti stia riferendo. >>, si affrettò a esclamare, coprendo con una mano la tasca semiaperta della giacca.
 
Per un attimo ancora ella parve restia ad allontanare lo sguardo da lui e dall’indumento che portava.
Poi, tuttavia, si costringersi a guardare altrove.
Forse avrebbe parlato di nuovo, ma non lo fece.
Gandalf si stava avvicinando a grandi falcate al tavolo dove Bilbo era seduto e, quando Elian lo vide, parve farsi più agitata.
 
<<….. Non importa. >>, borbottò infatti con fare evasivo: << Ora sarà meglio che vada a dare uno sguardo agli altri ospiti. Non vorrei che mettessero troppo a soqquadro la mia povera casetta. >>.
E così dicendo fece per allontanarsi in tutta fretta dal tavolo in cucina.
 
Prima di oltrepassare la porta che conduceva in salotto, tuttavia, ebbe un nuovo attimo di esitazione, come se avesse deciso di andarsene, ma non ne avesse la reale intenzione.
Si fermò sulla soglia, poggiando la mano sull’intelaiatura della porta, quindi si volse di nuovo verso l’Hobbit, esclamando allegramente: << Comunque sono contenta che sia stato tu a vedermi nella foresta. >>.
 
Il sorriso si affacciò sul volto di Elian in maniera così inaspettata e smagliante che Bilbo ne venne totalmente spiazzato e si ritrovò a ricambiare quel gesto come un idiota, continuando a sorridere anche quando ella fu ormai lontana e Gandalf ebbe preso il suo posto.
 
Per un istante, lo stregone che era subentrato alla giovane padrona di casa, restò a osservare il piccolo abitante della contea senza proferire parola; con in volto un’espressione divertita.
Poi, all’improvviso si mise a parlare, annunciando a gran voce: << Sembri felice, mio caro
amico. >>.
 
<< Eh? >>, Bilbo rimase interdetto ancora per una frazione di secondo, poi battendo le palpebre come se avesse appena fissato la sfera incandescente del sole, parve riuscire a mettere a fuoco la figura ammantata di grigio del vecchio mago pellegrino.
 
<< Oh, Gandalf. Non ti avevo visto. >>, bofonchiò.
 
<< Lo avevo notato. Eri così preso a guardare Elian che nemmeno l’attacco di un mannaro ti avrebbe potuto smuovere da lì. >>.
 
<< Io non stavo…… >> fece per schermirsi Bilbo, senza ottenere comunque grandi risultati.
 
Lo stregone lo interruppe infatti a metà frase, riprendendo in mano le redini del discorso con la
sua solita parlantina sciolta e decisa: << È da quando abbiamo lasciato la Contea che non vedevo sul tuo volto un’espressione così tranquilla e sorridente. >>.
 
<< Sono semplicemente lieto di poter essere stato utile. >>, replicò questa volta con maggior prontezza l’altro, iniziando a farsi rigirare il boccale adesso semivuoto fra le mani.
 
<< O sei naturalmente soddisfatto per l’ottima cenetta che Elian ha preparato con le sue mani? >>, indagò Gandalf sorridendo: << Vedo che tu più di tutti hai gradito particolarmente. >>.
Gli occhi acuti del mago si mossero nell’ombra del cappello grigio, indirizzandosi sul panciotto verde che l’amico indossava, con l’unico bottone reduce dal viaggio nella caverna di Gollum che pareva stentare a restare chiuso.
 
Lo sguardo che Bilbo indirizzò sul vecchio amico e compagno di viaggio, brillava adesso di una luce giocosa, mentre posandosi una mano sullo stomaco, dichiarava: << Era da tanto che non mangiavo delle leccornie simili. Non ho resistito, Gandalf e, come si dice fra noi Hobbit, ho mangiato fino a saziare ogni angolo. Dovrei inoltre porgere i miei complimenti alla cuoca. Era tutto estremamente squisito. >>.
 
<< Allora non ci sarà spazio per una fetta di torta finale. >>, esclamò Balin, facendo la sua comparsa nella cucina con in mano a sua volta un grosso boccale pieno di birra fino all’orlo: << Ho sentito dire dalla stessa Elian che è il piatto forte della serata. Io non me la perdo di certo. >>.
 
<< Basta che voi nani ne lasciate una fetta anche per me. >>, rise Gandalf, lanciando un’occhiata divertita al vecchio guerriero. 
 
<< E una anche per me! >>, intervenne Bilbo prontamente: << Credo che un posticino lo troverò ancora, qui da qualche parte, per assaggiarne una fetta…. O magari due. >>.
 
<< Naturale. >>, lo incalzò Gandalf, incrociando le braccia sul petto.
Aveva lasciato il bastone e Glamdring davanti alla porta d’entrata della casetta, insieme al resto delle armi dei nani; al bastone di Bilbo e a Pungolo: << Mai pronunciare la parola torta se nei paraggi c’è un Hobbit affamato da mesi. >>.
 
<< La prossima volta starò ben attento e tenerlo a mente. >>, garantì Balin, strizzando l’occhio all’indirizzo del mago.
 
<< Elian è stata molto gentile ad ospitarci in casa sua e a preparare tutte queste buone cose da mangiare. >>, rifletté Bilbo all’improvviso.
 
<< Hai ragione. >>, convenne prontamente con lui Gandalf, battendogli una mano sulla
spalla: << Ma credo che questo sia il suo modo per sdebitarsi con noi….. E con te soprattutto, mio caro Bilbo. Tu più di tutti meriti le sue attenzioni. Se la notte scorsa non l’avessi vista aggirarsi ferita per i boschi, a quest’ora non saremmo qui al calduccio in questa casa accogliente a discuterne allegramente. >>.
 
Bilbo assentì quasi distrattamente, spostando di nuovo il proprio sguardo verso la finestra.
La pioggia aveva adesso cessato di scendere dal cielo e qualche timido raggio di luna aveva iniziato a fare capolino fra le nubi, rischiarando un poco la radura all’esterno.
 
<< C’è una cosa però Gandalf che mi sono chiesto sin da quando sono corso ad avvertirti della presenza di Elian nel bosco. >>, rivelò all’improvviso, senza voltarsi a guardare in faccia il mago, mentre gli parlava, ma continuando a osservare la sua immagine nel vetro leggermente appannato della finestra: << Davvero tu non l’avevi notata? Davvero pur con la tua vista magica non eri riuscito a percepire la sua presenza? >>.
 
<< Oh, Bilbo. Temo di essere stato troppo concentrato nell’osservare ciò che si trovava dinnanzi a noi, per riuscire a scorgere quello che era rimasto indietro. >>.
Il mago tacque; quindi si allontanò da Bilbo, lasciandolo di nuovo solo al tavolo dove era stata servita la cena.
 
L’Hobbit seguì per un istante le mosse dello stregone grigio, osservandolo di sottecchi mentre si andava a sedere in un angolino del salotto, accanto al camino acceso, poi distolse in fretta lo sguardo, tornando a dedicarsi al boccale di birra posato sul tavolo dinnanzi a lui.
 
Anche mentre sorseggiava quella birra aspra e alquanto forte, però, Bilbo non riuscì a scacciare da sé l’impressione che Gandalf sapesse molto di più di quello che desse a vedere e, seppur fosse suo compagno di viaggio e suo amico, non gli volesse rivelare tutta la verità.

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Capitolo 6
*** 5 L’ANELLO MAGICO ***


 
                                           
                                        L’ANELLO MAGICO
 
A Bilbo pareva di aver dormito solo pochi istanti quando, in piena notte si destò di soprassalto.
 
Aveva mangiato a sazietà quella sera e perciò avrebbe dovuto riposare beatamente in quella sorta di letto che Elian aveva approntato per lui in salotto, dove tutti i dodici nani e lo stregone si erano sistemati per trascorrere la nottata.
 
La donna aveva offerto loro coperte e cuscini e ognuno si era sistemato in un angolo diverso della stanza non molto grande ma, fortunatamente abbastanza spaziosa da permettere ad ogni membro della compagnia di riposare tranquillamente, senza ritrovarsi con i piedi del compagno più vicino ficcati in bocca.
 
A svegliare l’Hobbit era stato un suono raspante e fastidioso anche se assai ritmico.
Al primo momento Bilbo non era stato in grado di attribuire un’origine precisa a questo rumore molesto, e si era ritrovato a fissare con gli occhi spalancati il soffitto di travi della casetta nella foresta, aspettando con pazienza che quel suono cessasse.
 
Trascorsero all’incirca quattro minuti, mentre l’abitante della Contea, senza più riuscire a prendere sonno, contava tutte le volte che percepiva quel suono ancora imprecisato.
Era arrivato a contare fino a trenta, quando decise di smettere di restarsene lì sdraiato a terra e di andare a darsi uno sguardo intorno.
 
Adagio, Bilbo si sollevò sui gomiti, guardando i compagni che riposavano ancora profondamente addormentati tutti attorno a lui.
Il più vicino era Bombur che russava con le mani posate sulla pancia enorme ed un espressione beata stampata sul volto.
Alle sue spalle c’erano Bofur e Bifur e vicino a loro Kili e Fili che reggeva fra le mani ancora un grosso boccale di birra vuoto.
Dall’altro lato dormivano invece Oin, Gloin, Ori, Nori, Dori, Balin e Dwalin un po’ più schiacciati gli uni contro agli altri, anche se nessuno fra essi pareva far caso alla troppa vicinanza dei compagni.
 
Bilbo era quasi totalmente sicuro che questi sarebbero riusciti a schiacciare un pisolino anche con delle rocce acuminate conficcate sotto la  schiena e per un momento si trovò quasi ad invidiarli.
 
In quegli ultimi periodi lui dormiva sempre male e, non c’era più stata una notte in cui fosse riuscito a riposare come avrebbe dovuto.
 
Scuotendo il capo, l’Hobbit tornò a scrutare la stanza dove lui e gli altri dormivano, fissando il proprio sguardo su Thorin che riposava con la schiena poggiata alla parete accanto al camino, insieme allo stregone che si era calato il cappello a punta sul volto, nascondendolo completamente alla vista.
 
Nessuno di loro sembrava essersi accorto dei fastidiosi rumori persistenti che avevano destato l’Hobbit nel sonno e non erano neppure loro a produrli; quindi questi provenivano necessariamente da un altro punto dentro o fuori dalla casa di Elian.
 
Bilbo era propenso a credere che fossero suoni esterni, forse provocati da piccoli animaletti della foresta, così sollevandosi agilmente da terra, s’incamminò verso la finestra più vicina, stando ben attento a dove metteva i piedi per evitare di pestare addosso ad uno dei suoi compagni profondamente addormentati.
 
Il salotto nella piccola casetta di Elian era invaso dalle ombre della notte ed i pallidi raggi della luna, sorta in un cielo adesso totalmente sgombro dalle nubi che avevano continuato a riversare pioggia su quelle terre fino alla sera prima, parevano quasi dissolversi, inghiottite dal buio della stanza che lo circondava, quindi per l’abitante della Contea non fu proprio un impresa semplice attraversare la stanza in lungo ed in largo, evitando i corpi robusti dei nani sparpagliati qua e la quasi alla rinfusa.
 
Quando finalmente ebbe scavalcato con un balzo anche il corpo di Dwalin, il più difficile da evitare vista la sua mole, Bilbo si affrettò ad avvicinarsi alla finestra, e si mise immediatamente a guardare fuori, verso l’oscurità della notte, ancora con la mente lievemente alleggerita dalla sonnolenza, senza pensare a nulla in particolare.
 
I suoi occhi acuti si mossero lungo tutto il perimetro della radura, senza che Bilbo riuscisse a scorgere nulla che non andasse.
 
Persino il suono misterioso aveva adesso smesso di farsi sentire e l’Hobbit stava quasi per voltare le spalle alla finestra per tornare al proprio poso in salotto, augurandosi di riuscire presto a riprendere sonno, quando qualcosa si mosse nelle ombre più scure ai margini dello spiazzo erboso, seguito dallo stesso suono raspante udito da Bilbo fino a poco tempo prima e l’abitante della Contea si sentì raggelare.
 
Aveva creduto che a provocare i suoni che lo avevano destato fossero stati degli animali che vivevano nella foresta che circondava la piccola abitazione di Elian, perciò rimase totalmente spiazzato quando vide chi veramente era l’artefice di quel suono fastidioso ed ora persino un po’ inquietante.
 
Un orco con il suo mannaro al seguito si stava aggirando con fare circospetto ai bordi della piccola radura fuori dall’abitazione di Elian.
 
Il suono udito dall’Hobbit era provocato dai suoi passi strascicati e dal respiro rantolante della bestia irsuta che il mostro si portava appresso, trascinandosela dietro con una robusta fune la cui estremità era stata legata strettamente attorno al grosso collo dell’animale.
 
Colto da un indicibile senso di smarrimento, Bilbo rimase per un istante come allibito, a fissare ad occhi sbarrati quella creatura delle ombre che, al contrario di tutti gli altri suoi simili, pareva essere riuscita a seguire le sue tracce o più probabilmente quelle dei parecchio più pesanti nani, fino a lì, a quella casetta che Elian aveva chiamato un rifugio sicuro.
 
Neppure la pioggia intensa del giorno e della notte precedente avevano scoraggiato quel piccolo e tarchiato mostriciattolo dagli occhi di fuoco che ora Bilbo, suo malgrado, si ritrovava a fissare senza sapere che cosa fare.
 
Tutti i nani dormivano ancora quietamente nel salotto; e persino Gandalf, molto probabilmente esausto per la precedente notte insonne che aveva trascorso al fianco di Elian, sembrava non essersi accorto di nulla e continuava a riposare con la schiena poggiata contro la parete accanto al caminetto.
 
L’unico ad aver colto il suono provocato dai passi dell’orco era stato l’Hobbit, che pareva possedere l’udito molto più fine ed il sonno parecchio più leggero rispetto ai suoi compagni di avventure, ed ora sarebbe quindi toccato a lui trovare una soluzione al problema.
 
Ma lui, che cosa avrebbe potuto fare?
Certo era che non poteva fare chiasso in un momento come quello.
Chiamando Gandalf e gli altri, indubbiamente avrebbe attirato l’attenzione dell’indesiderato perlustratore; e farsi scoprire non era certo intenzione del piccolo abitante della Contea.
E se quell’orco non fosse stato da solo?
O se fosse stato un ricognitore mandato in avanscoperta dai suoi simili per scovare il nascondiglio di coloro che stavano inseguendo da giorni?
Allora, in breve tempo la radura si sarebbe riempita di decine se non centinaia di quegli esseri orribili e crudeli.
 
Deglutendo a vuoto, Bilbo continuò a tenere lo sguardo inchiodato sulle ombre fuori dalla finestra, afferrando contemporaneamente con una mano il davanzale dinnanzi a sé e infilando l’altra in tasca, quasi cercando ansiosamente il contatto con il magico e prezioso anello da lui raccolto nella città degli orchi.
 
Ebbe l’inusuale sensazione di rimanere immobile a fissare l’essere delle ombre al di fuori della finestra per un’infinità di tempo.
 
Tuttavia, nonostante il timore che rallentava i propri movimenti, l’Hobbit fu estremamente rapido ad infilare l’anello al dito , proprio nel medesimo istante in cui gli occhi iniettati di sangue dell’orco si spostarono nella direzione della finestra dalla quale lui stava guardando.
E in un battito di ciglia, l’uomo della Contea scomparve.
 
Successivamente, ripensando a quell’avvenimento, Bilbo non avrebbe mai saputo dire se fosse stato lui stesso a prendere la decisione fulminea di infilarsi l’anello, oppure se fosse stato l’oggetto stesso sgusciargli fra le dita, come se fosse stato guidato da una volontà propria, calzandosi alla perfezione al suo anulare.
 
Fatto stava che anche quella volta l’anello di Gollum pareva averlo protetto, in qualche oscuro e misterioso modo, celandolo agli occhi malefici della creatura ingobbita che strisciava fuori dalla finestra, e salvandogli di conseguenza la vita.
 
Rimasto interdetto da ciò che aveva appena fatto; realizzando a poco a poco di non essere ancora stato individuato dal suo nemico, Bilbo si mosse quasi al rallentatore sotto lo sguardo dell’orco ancora fisso nella sua direzione.
 
Questo continuava a scrutare con insistenza le ombre che avvolgevano l’interno dell’abitazione, senza tuttavia vedere l’abitante della Contea che, approfittando della sua buona stella, volse le spalle alla finestra e, con cautela si lasciò scivolare a terra, iniziando a procedere carponi lungo la stanza, sicuro che, pur essendo protetto dalla magia del cerchio dorato che portava al dito, nessuna precauzione era mai troppa, in presenza di orchi irritati e mannari affamati.
 
Lentamente, l’Hobbit si mosse verso il salotto, dirigendosi quasi automaticamente verso i propri compagni, deciso ad andare a svegliare il mago per avvertirlo dell’imminente pericolo.
 
Quando mancavano però solamente pochi passi che lo separavano dal camino, Bilbo s’immobilizzò, riconsiderando la questione.
Forse sarebbe stato davvero saggio da parte sua se avesse avvertito Gandalf per primo riguardo la minacciosa presenza dell’orco che seguitava a stazionare circospetto al di fuori delle mura della piccola casetta di Elian.
 
Lo stregone avrebbe certo avuto qualche buona idea per allontanare l’intruso da lì, magari facendo ricorso ad uno dei suoi trucchi magici, tuttavia, seppur Bilbo riponesse la massima fiducia nelle capacità dello stregone ammantato di grigio, scartò quasi subito l’idea di andarlo a svegliare.
 
Di disturbare il sonno di Thorin Scudodiquercia poi, non se ne parlava.
Quasi certamente esso avrebbe reagito alla notizia mettendosi ad urlare ordini a squarciagola al resto dei nani della compagnia, attirando sulla piccola abitazione l’attenzione di tutti i mannari e gli orchi vicini o lontani che fossero.
 
Continuando a strisciare carponi a terra, cercando di produrre il minor rumore possibile mentre si muoveva, Bilbo volse quindi le spalle al salotto dal quale poco prima era venuto, e si mosse invece verso le scale accanto alla porta della cucina, che conducevano al piano superiore.
 
Era lì che Elian dormiva e Bilbo sentiva che andare ad avvertire lei per prima, fosse la cosa più giusta da fare in un momento come quello, anche se molto probabilmente non era la più sensata.
 
 
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Bilbo salì le scale quasi a due a due nella fretta di raggiungere il piano superiore, dove sapeva, Elian stesse riposando.
 
Quando arrivò davanti alla camera da letto occupata dalla giovane padrona di casa, l’Hobbit esitò solo per un breve attimo, prima di sospingere la porta lasciata socchiusa, verso l’interno, aprendola definitivamente.
 
Cautamente, leggermente agitato al pensiero di rivedere ancora una volta Elian,  e questa volta andando a cercarla di sua spontanea volontà, Bilbo ficcò la testa oltre lo stipite della porta, arrischiando una veloce occhiata furtiva, prima di decidersi ad entrare definitivamente.
 
La camera era piccola e confortevole, avvolta dalla penombra.
In un angolo era sistemato un piccolo comodino, sul cui piano di legno era poggiata una candela spenta ed un libro rilegato.
Sulla parete di fronte una grande libreria ospitava parecchi volumi e una decina di centrini fatti a mano che ricordarono immediatamente a Bilbo quelli di sua madre, facendolo tornare a pensare una volta ancora alla Contea, a casa propria, e a quanto quell’abitazione solitaria nei boschi fosse tanto simile alla sua; a quanto quella donna umana sembrasse amare le stesse cose che anche lui apprezzava da tutta la vita.
 
Il letto dove la donna riposava era sistemato sul fondo della stanza, accanto ad una grande finestra dalla quale penetravano lievi strisce di raggi lunari.
 
Lentamente, camminando quasi sulla punta dei piedi, l’Hobbit si accostò a quest’ultimo, trattenendo il fiato mentre tendeva il collo per cercare di scorgere la sagoma di Elian distesa tra le coltri, ed allungando una mano verso di lei, con tutta l’intenzione di svegliarla e di informarla il prima possibile dell’indesiderata e quantomeno ostile presenza dell’orco fuori da casa sua.
 
Quando però lo sguardo dell’Hobbit corse sul corpo della donna addormentata , esso si scordò per un istante il pressante motivo che lo aveva  spinto a dirigersi alla sua stanza.
 
Così quietamente immersa nel sonno, con il corpo disteso su un fianco, la chioma di capelli morbidi che si allargava alle sue spalle come un ventaglio scuro sul cuscino candido, il bel viso appoggiato sul palmo della mano, ed i lineamenti illuminati dalla luna, Elian appariva adesso allo sguardo ammaliato di Bilbo assai simile ad una fata.
Una fata dei boschi leggiadra e galante, che lo aveva in qualche oscuro modo incantato con l’uso di una magia impossibile da definire e tremendamente difficile da sciogliere.
 
Per un attimo ancora, l’abitante della Contea rimase a guardarla con fare trasognato, ascoltando il ritmo del proprio cuore accelerato.
 
Istintivamente, quasi senza riflettere, Bilbo fece per allungare la mano e scostare una ciocca di capelli dal viso candido di Elian; ma proprio in quel momento, andò a colpire distrattamente il comodino situato accanto al letto dove ella giaceva immobile, facendo cadere a terra il pesante candelabro di ferro che, urtando il pavimento produsse un frastuono tremendo.
 
Incurvando le spalle e stringendo i denti con fare desolato, Bilbo mosse un passo a ritroso, mentre impotente se ne restava a fissare il brusco risveglio di Elian che, messa in allarme dal rumore prodotto dal candelabro di metallo, si sollevò di colpo sul letto, fissando lo sguardo sulle ombre che invadevano la propria camera da letto.
 
In un istante gli occhi della donna fino ad un attimo prima chiusi nel sonno, si erano fatti adesso grandi, totalmente aperti, luminosi, attenti e al contempo spaventati, nella semioscurità.
 
<< Chi… Chi c’è? >>, domandò quasi urlando, mentre il suo sguardo danzava atterrito lungo tutta la stanza.
 
Aveva afferrato le lenzuola con le mani con tanta forza da farsele sbiancare e sembrava sinceramente allarmata.
 
Aveva scorto immediatamente il candelabro caduto e perciò doveva essersi da subito convinta che qualcuno aveva fatto irruzione in camera sua, senza permesso; cosa che non era tanto lontana dalla verità.
 
Assumendo l’aria più contrita di cui fosse capace, Bilbo sollevò le mani aperte dinnanzi a sé, pronto a fornire alla giovane donna qualsiasi spiegazione potesse farla stare più tranquilla, e stava quasi per aprire la bocca ed iniziare a parlare, quando abbassando leggermente lo sguardo sulla propria mano destra si avvide d’aver ancora indosso l’anello.
 
Automaticamente tornò a richiudere la bocca di scatto, abbassando nello stesso momento le mani lungo i fianchi, mentre realizzava in un attimo di essersi scordato, nella furia della fretta, di sfilarsi l’anello dal dito e perciò di essere ancora totalmente invisibile agli occhi di tutti coloro che lo guardavano; persino a quelli dell’ora smarrita Elian.
 
Indietreggiando di un passo da lei, l’Hobbit prese a pensare freneticamente ad un modo per evitare che ella scoprisse il suo segreto, adesso che lui stesso si stava tradendo con quelle  sciocche azioni frettolose.
 
Stava quasi pensando di fare retromarcia e uscire dalla camera di Elian, quando improvvisamente si accorse che l’espressione sul volto della donna dai lunghi capelli neri era totalmente mutata.
Adesso non sembrava più spaventata, bensì leggermente incuriosita.
 
I suoi occhi erano fissi nella direzione esatta in cui Bilbo si era immobilizzato; e per un breve attimo il piccolo abitante della Contea ebbe quasi l’impressione che la donna potesse riuscire in qualche modo a penetrare la cortina che lo ammantava, rendendo in quel momento la sua solida presenza molto più simile a quella eterea di un fantasma.
 
Era un pensiero inconcepibile e bizzarro, ma sembrava quasi che con la sola intensità con cui osservava nella sua direzione, la donna stesse riuscendo a trapassare la potente magia dell’anello di Gollum, individuando oltre l’illusione la forma reale dell’Hobbit.
 
In altre circostanze, la mente acuta e scaltra di Bilbo gli avrebbe fatto immediatamente scartare quell’ipotesi all’apparenza totalmente assurda; tuttavia in quel frangente non vi riusciva.
 
Non ora che gli occhi di Elian stavano guardando lui, e lo stavano osservando con una intensità inimmaginabile.
 
Bilbo sapeva benissimo che la donna non poteva vederlo, eppure quegli occhi e l’espressione sul viso di Elian sembravano dire esattamente il contrario.
 
E lui era sicuro di non aver mai visto degli occhi simili in nessun altra donna umana o Hobbit che avesse incontrato fino ad allora.
 
Nessuno lo aveva mai guardato così e soprattutto, nessuno lo aveva mai fatto sentire allo stesso modo in cui si sentiva ora: confuso, spiazzato ma tremendamente e inspiegabilmente felice.
 
Lo sguardo che ella teneva sempre rivolto verso di lui si era fatto adesso calmo, quasi gentile, e quando ella parlò, la sua voce non conservava più alcun ombra di timore: << Chi sei? So che c’è qualcuno….. Anche se non riesco a vederti. >>.
 
Bilbo deglutì a vuoto, trattenendo il fiato, senza più sapere cosa fare, ma di nuovo conscio che non aveva troppo tempo da perdere per prendere una decisione.
 
Di colpo gli era tornato alla mente il motivo per cui era corso non proprio galantemente nella camera da letto della sua ospite: l’orco ed il mannaro fuori dall’abitazione nei boschi non avrebbero aspettato certo che lui si decidesse a rendersi visibile  per attaccare, se era questa la loro intenzione.
 
Poi Elian fece un’altra cosa che lasciò senza parole l’abitante della Contea.
Allungò una mano verso di lui con il palmo ben aperto, ripetendo con maggior enfasi: << Fatti sentire….. Ti prego. >>.
 
Ed allora l’Hobbit non riuscì più a resistere e, lentamente, imitò il gesto della donna, allungando a sua volta la propria mano verso quella più grande di lei, unendo il suo palmo a quello dell’umana in un contatto leggero e volatile quasi quanto la sua forma nascosta alla perfezione dalla misteriosa magia proveniente dall’anello dorato infilato al dito.
 
Nel percepire il tocco di quella mano calda, piccola e per lei totalmente invisibile, il copro di Elian parve tendersi leggermente e le sue labbra fremettero, dischiudendosi, come se ella volesse parlare di nuovo, ma non riuscisse a decidere cosa fosse meglio dire.
 
Ed ancora una volta, Bilbo si stupì nel leggere non timore sul viso di quella donna coraggiosa, ma sorpresa e gentilezza.
Una gentilezza infinita, sconosciuta, rivolta a qualcuno che neppure poteva vedere ma che pareva conoscere già da molto tempo.
Qualcuno di cui sembrava non avere paura, come se sapesse che non fosse affatto una presenza maligna, ma buona.
Qualcuno di cui ella si poteva fidare.
 
In quel tenue contatto fra le loro mani c’era poi una dolcezza ed un intimità impossibile da definire e bastò una frazione di secondo perché Bilbo si sentisse immediatamente al sicuro, convinto tutto d’un tratto che Elian fosse l’unica persona di cui potesse fidarsi senza alcun timore.
Non voleva avere segreti per lei.
Non per quella donna così bella e gentile.
 
Così, con questi pensieri nella mente l’Hobbit allontanò rapidamente la sua mano da quella di lei, con l’intento di togliersi l’anello e di palesarsi infine davanti ai suoi occhi.
 
Non appena però esso si scostò da lei, Elian rabbrividì, come se quell’improvviso distacco la facesse sentire sola e confusa.
 
Lo sguardo della donna umana si fece immediatamente più triste, sconsolato e soffuso, come se fosse stata delusa ed essa riprese immediatamente a guardarsi attorno alla ricerca di colui che l’aveva appena sfiorata ma che ancora non riusciva a vedere.
 
Per un attimo Bilbo colse un lampo di quello che passava negli occhi grandi e luminosi della donna, e per la prima volta ebbe l’impressione che ella non fosse solamente la donna forte e decisa che stava cercando di mostrare a tutti, ma che si sentisse molto sola, triste e fosse molto più fragile di quello che volesse far intendere.
 
Bilbo tuttavia non le lasciò neppure il tempo per tentare di parlare di nuovo, e in fretta si sfilò l’anello magico dal dito, rivelando di colpo la sua silenziosa presenza alla donna.
 
Nel preciso istante in cui la sagoma dell’Hobbit apparve a pochi passi dal letto dove Elian stava seduta, ella sussultò violentemente incredula e frastornata dalla subitaneità con cui il piccolo ometto dai capelli ondulati e le orecchie a punta si era materializzato là dove, fino ad un attimo prima, c’era solamente il comò di camera sua.
 
<< Bi… Bilbo… Baggins…?! >>, la voce che fuoriuscì dalle labbra socchiuse di Elian fu al primo momento percepibile solamente come un vago sussurro, persino alle orecchie acute dell’abitante della Contea.
 
La donna lo fissava come se esso fosse veramente una sorta di fantasma evanescente comparso dal nulla nella sua camera per disturbarne la tranquillità del sonno, e non gli toglieva gli occhi di dosso neppure per un istante.
 
Adesso non era per nulla meno preoccupata di prima, anzi, sembrava ancora più atterrita, ma d’altronde, Bilbo s’immaginava che, se esso si fosse trovato quietamente sdraiato nella poltrona di casa sua a Hobbiville e un altro Hobbit gli fosse spuntato davanti comparendo dove fino a poco tempo prima c’era solo aria pura, anche lui avrebbe trovato qualche difficoltà nell’accettare la situazione.
 
<< Tu…. >>, ricominciò a mormorare Elian, scuotendo il capo come per scacciare un pensiero impossibile.
<< Ma come hai….. Fatto? >>, riuscì a concludere alla fine, sentendosi confusa come mai lo era stata in tutta la sua vita, ed il suo volto lasciava certo intendere ciò che provava, poiché all’improvviso Bilbo sorrise leggermente, stringendosi nelle spalle con aria imbarazzata e facendo un vago cenno di saluto nella sua direzione.
 
<< Pensavo che il compito del mago nella compagnia di Thorin Scudodiquercia spettasse a Gandalf. Credevo fosse lui l’unico stregone, ma…. Forse mi sbagliavo. >>, commentò Elian, anticipando l’Hobbit.
 
<< No. Non ti sbagliavi affatto, invece. >>, la corresse Bilbo, ben pronto questa volta a fornirle una risposta: << L’unico vero stregone è Gandalf. Io non sono…. >>; esitò un istante, allargando le braccia per enfatizzare ciò che stava per dire: << Sono solo un umile, rustico Hobbit della Contea, a cui non piacciono affatto le avventure e men che meno le cose inaspettate. Quindi, ti capisco se sei sconvolta e mi dispiace….. >>, tossicchiò, abbassando di un poco la voce per farsi tutt’a un tratto completamente serio: << Non volevo farti spaventare. >>.
 
<< Non sono spaventata. >>, replicò Elian, forse un po’ troppo velocemente, quasi stesse tentando di proteggersi da un attacco, o più precisamente come se non volesse mostrarsi debole agli occhi dell’Hobbit.
 
<< Anche se non posso dire lo stesso sul fatto d’essere molto confusa. >>, ammise tuttavia subito dopo.
<< Insomma, tu….>>, sollevò lo sguardo sul viso di Bilbo: << Un attimo fa non c’eri e poi, sei apparso dal nulla, così, all’improvviso. >>.
Tacque un breve istante, prima di domandare quasi a bruciapelo: << Come hai fatto? >>.
 
<< Oh, bè, io….. >> Bilbo tornò a tossicchiare innervosito, evitando con astuzia di fornire una risposta troppo esaustiva alla donna umana, ancora seduta sul letto a pochi passi da lui: << Ho solamente usato uno sciocco trucchetto da prestigiatore. >>.
Si zittì, ma non riuscì comunque a tornare a sollevare lo sguardo su Elian.
 
<< Un…. trucchetto? >>, ripeté lei, dal canto suo continuando ad osservarlo, adesso con aria assai interessata.
 
<< Già. Proprio così. >>, confermò Bilbo, non sapendo bene perché stesse tentando in tutti i modi di aggirare il discorso, per evitare di dover parlare alla donna dell’anello magico trovato nella caverna di Gollum.
 
Fino a poco tempo prima aveva pensato che dopo essere apparso dinnanzi a lei di botto, le avrebbe rivelato tutta la verità, ma adesso che era giunto il momento di parlarle, stranamente non vi riusciva. C’era come una vocina interiore che gli suggeriva di non parlare dell’anello, né a lei né a nessun’altro.
 
<< Ammesso che io creda alle tue parole, Bilbo, c’è una cosa che ancora non mi è molto chiara. >>, borbottò improvvisamente Elian, scostandosi una ciocca di capelli scuri dal volto: << Perché hai mostrato a me questo trucchetto? E soprattutto,  perché sei venuto nella mia camera nel cuore della notte? >>.
 
A quest’ultima domanda, l’Hobbit sentì un intenso calore salirgli alle guance e, senza sapere più che cosa rispondere, si fissò istintivamente la punta dei piedi.
 
Non poteva indovinare ciò che Elian stesse pensando in quel momento sul suo conto, ma da come aveva iniziato a guardarlo, sembrava pensare tutt’altro fuorché le reali motivazioni che avevano spino Bilbo ad andare a svegliarla in piena notte.
 
Certo, ella non poteva immaginare minimamente che un viscido orco stesse strisciando nella radura di fronte a casa sua.
 
Però poteva benissimo essere libera di pensare a lui come ad un ometto piccolo e di certo non molto attraente, dai piedi grandi e pelosi, decisamente fuori misura per un umano, che si era intrufolato di nascosto in camera sua per…….
 
Bilbo scosse in fretta il capo, allontanando quei pensieri poco piacevoli dalla propria mente e augurandosi al contempo che ella non credesse davvero di lui ciò che esso si era immaginato.
 
Ancora senza sapere bene come giustificarsi, Bilbo sospirò lentamente, incurvando la schiena con aria sconsolata, mormorando: << Mi dispiace, ma non sapevo che cosa fare. Ero preoccupato per te e….. >>.
 
<< Preoccupato per me? >>, Elian rise sommessamente.
La sua risata fu leggera e gentile come al solito, ma c’era anche una nota diversa questa volta nella sua voce, quando ella parlò di nuovo. Sembrava non credere alle parole dell’Hobbit: << Perché mai avresti dovuto. Io….. >>.
 
L’ululato di un mannaro si fece udire all’improvviso acuto e vibrante al di fuori delle mura dell’abitazione di Elian, costringendo la donna ad ammutolire di botto.
 
Per alcuni secondi, né Bilbo che si era irrigidito completamente sul posto fino ad assumere la solidità di una statua di marmo, né la donna umana parlarono più, restando semplicemente in ascolto con il fiato sospeso.
 
Quindi, ritrovando come per magia la mobilità, Bilbo le si avvicinò di qualche passo e le intimò il silenzio, poggiandosi frettolosamente un dito sulle labbra.
 
<< È per questo che ero venuto a cercarti. Ora capisci? >>, le domandò in un sussurro appena percettibile, iniziando a lanciare attorno a sé occhiate furtive, come se temesse che altri potessero ascoltare ciò che le stava dicendo: << C’è un orco che si aggira furtivo davanti all’uscio di casa tua. Volevo venire ad avvertirti prima che fosse troppo tardi. >>.
 
Elian non parve preoccupata dalle parole che l’ometto dalle orecchie a punta ed i capelli ricciuti e scompigliati le aveva appena rivelato con la stessa aria furtiva di chi stesse complottando qualcosa.
Invece, quasi incredula ma assai calma, tornò a ripetere a sua volta:  << Un orco? Ne sei sicuro? >>.
 
<< Si. Non posso essermi sbagliato. >>, insistette Bilbo, ben sapendo ciò che aveva visto al suo risveglio dalla finestra vicino al salotto: << Era un orco, ti dico e…… Ei, aspetta. >>.
 
Lo sguardo dell’Hobbit si fece di colpo esterrefatto quando si accorse che Elian, quasi senza ascoltarlo, si era adesso alzata dal letto e si stava accostando alla finestra della stanza che si affacciava sulla radura. 
 
<< Aspetta, dove vai? >>, tornò a chiederle Bilbo, cercando invano di fermarla.
 
<< Vado a controllare. >>, replicò lei con una freddezza tale da lasciare l’abitante della Contea completamente inerme.
 
<< Non mi pare una buona idea. >>, continuò a lamentarsi questo, sempre più agitato, senza ottenere alcun risultato: << Almeno…..Non muoverti così in fretta. Ti farai scoprire. >>.
 
Ma già Elian era davanti alla finestra e fissava la radura con l’aria più tranquilla del mondo.
 
Per un attimo, Bilbo non seppe più che cosa fare, ormai convinto che la donna umana si sarebbe fatta scorgere e avrebbe attirato su di sé e sulla sua abitazione orde intere di quegli esseri ripugnati e corrotti.
 
Invece, come se l’orco che si aggirava fuori dalla casetta nella foresta, non fosse mai veramente esistito, Elian si volse quietamente verso l’Hobbit, tornando a domandargli: << Quindi, per che cosa esattamente eri venuto ad avvertirmi? >>.
 
<< Un orrendo orco con il suo cucciolo di mannaro, non proprio affettuoso si sta aggirando nella radura esattamente lì sotto. >>, le parole esplosero dalle labbra di Bilbo come un fiume in piena, mentre esso iniziava a gesticolare furiosamente a destra e a manca.
Poi parve calmarsi un poco, notando la calma compostezza che aveva assunto la donna: <>.
 
<< Forse perché nella radura non c’è davvero nessuno. >>, puntualizzò Elian aggrottando leggermente la fronte e continuando a guardare l’Hobbit come se questo fosse stato un bambino che, destatosi in piena notte da un brutto sogno fosse andato nella camera della madre per essere confortato.
 
<< No. No. Un attimo fa l’orco c’era, eccome. >>, esclamò Bilbo, deciso a non lasciare cadere la questione e avvicinandosi a sua volta alla finestra: << Anche tu hai sentito l’ululato del mannaro pochi attimi fa. >>.
 
<< Non è una prova. Ci sono un sacco di mannari che si aggirano per questa foresta. >>, replicò Elian stringendosi nelle spalle.
 
<< No. >>, tornò a ripetere Bilbo mentre la sua voce assumeva un tono greve, profondamente serio e preoccupato: << L’ho visto con i miei occhi e ho evitato che lui mi scorgesse a sua volta solo grazie a …..>>.
Smise di colpo di parlare, accorgendosi troppo tardi d’aver detto troppo.
 
<< Grazie al trucchetto a cui alludevi poco fa?! >>, gli occhi verdi e perspicaci di Elian si appuntarono improvvisamente sull’abitante della Contea che, sentendosi improvvisamente messo alle strette, iniziò a lanciarsi attorno sguardi inquieti.
 
<< Ho ragione, vero. >>, più che una domanda, quella di Elian sembrava una constatazione.
 
Abbassando per un istante lo sguardo al suolo, Bilbo restò in silenzio ancora per un attimo, ma poi decise di smettere di esitare.
Con lei non voleva avere davvero alcun tipo di segreto.
Voleva fidarsi di Elian.
 
<< Ricordi ieri notte, nella foresta? >>, iniziò, senza abbandonare il tono serio e convinto di poco prima: << Dopo che ti sei ripresa, sei venuta a cercarmi per ringraziarmi d’averti salvato la vita e mi hai chiesto se stessi nascondendo qualcosa. Allora non ti dissi nulla perché ancora non ti conoscevo abbastanza da sentirmi sicuro di potermi fidare di te. >>.
 
<< Ed ora, ti fidi di me, Bilbo Baggins? >>, lo interrogò lei, quasi divertita da quella affermazione.
 
Bilbo annuì lievemente: << Quella notte, avevi ragione. Io tengo nascosto….. Qualcosa. Lo tengo nascosto da un bel po’ persino agli altri membri della compagnia e nemmeno Gandalf è al corrente della sua esistenza. >>.
 
<< Questo …. Qualcosa… deve essere molto importante per te. >>, commentò Elian, scrutando con interesse il viso dell’Hobbit a pochi passi da lei.
 
Bilbo tornò ad assentire vagamente, quindi, con più riluttanza del previsto, dischiuse le dita della mano sinistra, nella quale fino ad allora aveva tenuto stretto l’anello, mostrandolo infine allo sguardo attento della donna umana.
 
<< Questo è…. Il mio piccolo segreto. >>, rivelò, cominciando quasi automaticamente e alquanto nervosamente a giocherellare con il cerchio dorato, facendoselo ruzzolare fra le dita.
 
<< È un anello! >>, constatò Elian, facendosi più vicina a Bilbo, che rispose a sua
volta: << Diciamo che è una sorta di porta fortuna mi ha salvato la vita in più di una occasione.
Lui è….. >>.
 
<< Magico. >>, concluse per lui Elian ed i suoi occhi verdi che fino ad un istante prima erano stati brillanti e vitali, parvero offuscarsi, come se la luce che li animava stesse venendo assorbita dall’anello stesso che lei fissava ora con un intensità quasi allarmante.
 
Come se fosse caduta sotto una sorta di ipnosi, la donna iniziò a raccontare: << Una volta mi è capitato fra le mani un antico volume rilegato che parlava dei tempi passati e delle razze che popolano la Terra di Mezzo. Fra quelle pagine, ricordo che scorsi anche degli scritti riguardanti alcuni anelli molto simili a questo. Anelli magici che valevano più di una caverna colma di ricchezze. >>.
 
Concluso di parlare, Elian tornò a sollevare gli occhi sull’abitante della Contea e Bilbo si sentì trafitto da quell’occhiata insistente che non aveva davvero nulla da spartire con gli sguardi buoni e gentili che ella aveva riservato lui solo fino a pochi attimi prima.
 
<< È grazie a lui che sei riuscito a renderti invisibile, non è così? >>, tornò a domandare Elian, parlando tuttavia come se già conoscesse la risposta. << Un oggetto così piccolo da poter essere celato in una tasca, ma tanto potente e colmo di magia. >>.
 
Bilbo continuò a fissare Elian senza parlare.
Iniziava però a provare uno strano senso di inquietudine e di allarme.
C’era qualcosa che non andava nel modo di fare della giovane umana.
Sembrava tremendamente diversa dalla Elian che Bilbo aveva conosciuto, più fredda e distaccata, ed ora i suoi occhi non si staccavano un solo attimo dall’anello che esso le stava mostrando.
 
<< Se posso chiedere….Mi piacerebbe molto poterlo indossare per una volta. Almeno per un piccolo istante. >>, e così dicendo, Elian fece per allungare una mano verso l’Hobbit, esattamente come aveva fatto solo pochi istanti prima quando lui ancora non era tornato visibile.
 
Ella non si mosse velocemente, né con impazienza, ciò nonostante Bilbo ebbe l’impressione che la mano esile e levigata della donna avesse iniziato a tremare leggermente, come se stesse tentando di reprimere senza grandi risultati un’intensa emozione.
 
Sembrava eccitata all’idea di indossare l’anello e questo, unito allo sguardo che ella rivolse all’Hobbit, spinsero quest’ultimo a ritrarsi di colpo più lontano da lei, sollevando l’indice dinnanzi al volto e scuotendolo più volte, dichiarando al contempo con veemenza quasi eccessiva: << No. Non puoi indossarlo! >>.
 
Elian batté le palpebre quasi fosse stupefatta da quella risposta negativa , poi abbassò la mano, scuotendo a sua volta il capo e sorridendo leggermente, parve tornare un poco in sé stessa: << Che cosa ci sarebbe di male? È solo un piccolo anello. >>.
 
Continuando a guardare la giovane e bellissima donna dinnanzi a lui con un certo sospetto, l’abitante della Contea si affrettò a richiudere le dita sull’anello, ribadendo questa volta con maggior calma: << Non voglio essere brusco con te, ma …. Mi dispiace. Non posso lasciarti provare l’anello. >>.
 
Adesso che lei glie lo stava chiedendo spontaneamente, Bilbo si accorgeva di essere stato sin troppo impulsivo quando aveva deciso di mostrarglielo, poco prima.
 
Un mucchio di pensieri avevano iniziato a turbinargli nella mente; e tutti gli suggerivano egualmente di non cedere l’anello ad Elian neppure per un istante.
 
Non sapeva se questa sorta di campanello d’allarme scattato dentro di lui fosse dovuto ad una sorta di premonizione oppure fosse stato scatenato più che altro dal proprio egoismo, ma sapeva che non voleva più lasciare che Elian indossasse l’anello.
In realtà non poteva neppure immaginare di lasciarglielo solamente sfiorare.
 
Era stato lui d’altronde a trovarlo nella caverna di Gollum, nelle profondità della città degli orchi, e quindi il diritto di indossarlo poteva spettare solo ed esclusivamente a lui.
 
Nel tentativo di trarsi d’impaccio, senza deludere troppo le aspettative della donna, Bilbo tornò quindi a farfugliare: << Non posso lasciarti indossare l’anello perché….. >>, inclinò leggermente il capo assumendo un’espressione buffa mentre rifletteva, quindi esclamò con convinzione: << È molto pericoloso! Proprio così! >>.
 
Ovviamente in quel momento, l’Hobbit non  sapeva che le parole da lui appena pronunciate nel tentativo di scoraggiare Elian, si sarebbero rivelate in futuro molto più veritiere di quanto esso potesse immaginare.
 
Adesso Elian lo stava guardando con un espressione che vacillava dallo sconcerto al disappunto e Bilbo, ora più che mai, aveva iniziato a provare il frenetico desiderio di infilarsi di nuovo l’anello magico al dito, per svanire una volta ancora alla vista dell’umana e sottrarsi così senza altre difficoltà a quella scomoda situazione.
 
Non riusciva a sopportare lo sguardo di profonda delusione che lei gli stava rivolgendo.
Perché ella doveva essere così bella?
E perché lui, quando stava al suo fianco non riusciva a comportarsi come suo solito?
 
Scacciando quei pensieri dalla mente e resistendo alla tentazione di mettersi l’anello al dito, con un intenso sforzo di volontà, Bilbo riuscì invece a infilarlo una volta ancora nella tasca della giacca, ficcandolo più in profondità possibile nella stoffa soffice.
 
Stranamente, non appena l’anello fu tornato al suo posto, custodito e nascosto dalla stoffa scarlatta della sua giacca, esso si sentì immediatamente più sollevato e un sospiro gli sfuggì dalle labbra.
 
Per un attimo ancora, Elian rimase a scrutare l’Hobbit senza muovere un muscolo, poi inaspettatamente, gli volse le spalle e in tutta fretta se ne andò dalla propria camera da letto, quasi fuggendo via di corsa, chiudendo la porta dietro di sé.

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