un Voyage vers le Bonheur...

di aris_no_nami
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo - Madrid! ***
Capitolo 2: *** Machine Fotografique ***
Capitolo 3: *** Good Night Madrid ***
Capitolo 4: *** succo d'arancia ***



Capitolo 1
*** prologo - Madrid! ***



-MADRID!
Urlai buttando a terra le valige e cominciando a girare come una bambina dentro un parco divertimenti. Tutte le persone che mi passavano accanto mi guardavano male e mi stavano alla larga.
Dopo aver passato ore di aereo circondata da un gruppo di ragazzi asiatici che parlavano in un dialetto che capivo ben poco e che per tutto il viaggio avevano ascoltato canzoni che andavano da “tunz tunz” a “cuoricini fiorellini” quella reazione era più che logica. Quei cinque con utte quelle loro canzoncine mi avevano fatto una testa tanto grande quanto una mongolfiera!
Dopo aver schizzato per bene, ripresi le mie valige e mi incamminai verso l’uscita, felice come una pasqua.
Finalmente… finalmente ero a Madrid! Io e mia madre vivevamo in un paesino, ai confini con la francia, tanto piccolo da non essere segnato neppure sulla cartine della zona. Invece mio padre viveva con la sua nuova compagna porprio li a Madrid. I miei genitori si erano separati quando avevo sette anni. All’epoca fu un grosso peso da portarmi sulle spalle, ma ormai erano passati svariati anni quindi non mi dava più tnato fastidio come cose. Io e mia madre avevamo ri iniziato una nuova vita, così come mio padre.
Lui era un professore universitario ed insegnava lingue orientale, mentre mamma aveva una pasticceria, l’unica del paese. Io, da brava figlioletta, studiavo lingue orientali e aiutavo mamma al negozio. Entrambi erano soddisfatti di me, ma io non lo ero. Volevo sempre dare il massimo, e lo davo, ma per me non era mai abbastanza… Oltre a tutto ciò nutrivo anche una grande passione per la fotografia. Però puntavo molto di più sulle lingue e sulla cucina. E nonstante tutto non mi sentivo veramente felice, come se mi mancasse qualcosa per vivere felicemente… il problema era che non spaevo cosa fosse…
Avevo una vita bellissima che chiunque avrebbe desiderato, una madre presente, amici, studio… non riuscivo proprio a capire cosa mi mancasse… ed ero in una continua ricerca di questa “cosa” che finalmentecolmasse il vuoto che sentivo dentro di me… che mi facesse sorridere veramente ancora una volta… mi bastava anche una sola volta…
Per questo me ne ero andata. Per cominciare un viaggio che speravo mi aiutasse a trovare quella “cosa”. Sarei andata a capo al mondo pur di trovarla…
Mi misi in marcia lungo la prima strada che mi si presentò davanti. Non sapevo dove andare, non spaevo da chi andare e non sapevo che fare. Ero solo partita lasciando un port-it a mia madre. Si, li c’era mio padre, ma non avevo la minima idea di attaccarmi a lui. Volevo vivere il momento, cosa che non avevo mai potuto fare dove vivevo prima.
Camminavo, camminavo e camminavo e intanto canticchiavo quello che mi era rimasto in testa delle canzoni di quei ragazzi.
Il tempò passò velocemente perché, senza rendermene realmente conto, il sola stava già tramontando. Affrettai il passo, anche se mi era un po’ difficile con le valige. Fortunatamente non ero sperduta in una strada deserta, ma ero in periferia.
Ad un tratto svoltai a destra e mi ritrovai davanti al muso un cartellone rosa enorme, son stampati sopra, la foto di ciqnue ragazzi distesi. Sopra di loro c’erano delle grandi scritte in bianco che dicevano “NU’EST NU.ESTABLISH.STYLE.TEMPO”.
Lo guardai per qualche istante un po’ divertita da come erano conciati quei poveretti… avevano dei vestiti buffissimi. Passai oltre senza darci più di tanto peso.
Stavo camminando da troppo tempo, il sole ormai era andato,avevo male ai piedi e avevo fame. Per le strade c’era ancora meno gente. Fortunatamente trovai una santissima persona che camminava tranquilla tranquilla con le cuffie alle orecchie. Me ne fregai altamente delle buone maniere e la strattonai per la maglia. Quersta si girò e si rivelò un ragazzo da capelli biondi un po’ effeminato, però essendo un po’ scuro non riuscii a vederlo bene.
-Scusa, per caso sai dirmi dove posso trovare un bed and breakfast?
Chiesi in una specie di mugolio. Il ragazzo sembròà a disagio e mi rispose in inglese che non aveva capito così gli ripetei la domanda. A quel punto ci pensò su un attimo per poi dirmi, sempre in un inglese con un strano accento.
-Poco più avanti, proseguendo verso destra, c’è un hotel. Però è un po’ costoso… Mi dispiace ma non so altro.
Si scusò infine, tornando in un leggero imbarazzo.
-Oh, ok. Va più che bene. Da quanto sono stanca non mi importa nulla del prezzo. Grazie mille.
Risposi, ravvivandomi all’istante. Mi salutò gentilmente se ne andò.
Subito cominciai a correre nella direzione che mi aveva indicato e poco dopo lo trovai. Era un hotel a quattro stelle, con un sacco di piani…
E questo da dov’era sbucato?!
Senza pensarci mi ci fiondai dentro. Era bello e accogliente. Pareti di un delicato color panna, dal soffitto pendevano dei bellissimi lampadari di vetro bianco e le scale che davano ai piani superiori erano rivestite da una moquette rossa. Andai alla reception e suonai il campanellino. Come d’incanto, sbucò da sotto il bancone, un ragazzo mingherlino dai capelli castani. Aveva le tipiche divise da hotel e un sorriso dolce.
-Posso esserle d’aiuto?
Mi chiese gentilmente. Io annuii energicamente.
-Ho un bisogno assoluto di una camera per uno che abbia una vasca e un grande letto che però non sia troppissimo costosa.
Risposi tutto d’un fiato.
Il ragazzo mi guardò un po’ stordito per poi mettersi a scrivere qualcosa al computer. Dopo pochi atttimi ricominciò a parlare.
-Dunque… Prima di tutto spero che il prezzo non le dia fastidio, ma vede, essendo in centro i prezzi aumentano…
Io lo interruppi subito.
-Time time time! Siamo in centro?
Chiesi scioccata. Non me ne ero proprio accorta… Ero più che convinta che fossi ancora in periferia…
-Certo signorina – rispose cortesemente per poi rimettersi a parlare –Come le ho detto, il prezzo sarà un po’ elevato. Allora… ci sarebbe una stanza all’ultimo piano ed è l’ultima. C’è un grande letto, una vasca con idromassaggio, tv al plasma, impianto stereo ed una parete è di vetro così da avere tutto il paronama davanti a se. Può richiedere il servizio in camera. Le assicuro che è una camera fantastica.
Cavolo… non la smetteva più di parlare.
-Ok ok… Il prezzo?
Chiesi secca.
-Il prezzo è di 100 euro a notte.
Sentendo quelle parole per poco non mi strozzai.
-Tutto questo a soli 100 euro a notte?!
Non ci credevo… Quando aveva cominciato a parlare pensavo mi venisse ad un prezzo assurdo, invece non era poi così tanto…
-Certo che la prendo!
Pagai, mi feci dare le chiavi e presi l’ascensore diretta all’ultimo piano con in piano.
Prima di lasciarmi andare il ragazzo mi aveva detto che li alloggiavano molte volte star famose e che in questo periodo ce ne erano un po’ ma che per la privacy non me le poteva rivelare. Chissà… magari avrei potuto vedere Johnny Depp… o Orlando Bloom!
La mia eccitazione si fermò quando a terra vidi un volantino rosa. Lo raccolsi e quando vidi cosa c’era rappresentato mi misi a ridere. C’erano gli stessi ragazzi del cartellone sopra di loro le stesse scritte. Più in piccolo ne notai delle altre e mi misi a leggere:”15 settembre. Grande concerto! Telefonica Arena di Madrid! Evento grandioso!”
Mi rigirai più volte quel foglietto tra le mani per poi piegarlo e metterlo nella tasca dei jeans. Poco dopo le porte del grande ascensore si aprirono. Stavo uscendo quando un ragazzo mi urtò. Io lo guardai un po’ storto.
-Oddio… scusami…
Mi disse in inglese, ridendo e guardando dietro le mie spalle.
Mi girai verso quella direzione e vidi altri due ragazzi correre verso di lui. Uno era biondo e un altro era moro, entrambi abbastanza alti. Il tipo dietro di em si mise nuovamente a ridere e mi si nascose dietro la schiena. Io girai la testa per guardarlo. Anche lui era moro, con i capelli mossi. Indossava una capello della obey nero con la scritta rossa e una maglia e un paio di pantaloncini da basket larghi.
-Scusa… è che quelli mi voglionon morto…
Si giustificò ridacchiando.
-Ah ok, tranquillo.
Gli risposi sorridendo.
Certo che non era male…
I due tipi ci raggiunsero e mi guardarono perplessi.
-Hem… scusa… ma dobbiamo ucciderlo.
Mi disse in unglese il biondo.
-Noooo! – si lamentò quello dietro di me –Voglio vivere!
Disse in coreano.
-Ah no! Tu adesso vieni con noi mio caro Jong!
Glir ispose nella stessa lingua il moro che lo strascinò via da dietro la mia schiena.
Prima di andarsene da dove erano venuti il biondo si scusò nuovamente in inglese. Quando furono lontani mi misi a ridere e mi incamminai verso la mia camera. Che tipi strani…
Arrivai davanti alla mia porta. 147. Infilai la chiave ed entrai. La camera era semplicemente stupenda. Non era molto moderna con pareti bianche. Il salotto aveva un divano di pelle color panna e davanti ad esso un televisore al plasma. La camera da letto aveva le pareti panna ed un bellissimo letto a baldacchino. Il bagno era tutto in piastrelle celesti cielo. Ed infine la cucina, anche li con piastrelle color bianche. Davanti ai fornelli c’era un tavolo con dei sgabelli alti, tutto di un candido bianco.
Tornai in salotto e mi affacciai all’enorme finestra accanto al divano che dava su tutta la città. Le luci di Madrid… Pensai incantata da quello spettaccolo. Finalmente ero in quella meravigliosa città…
I miei bellissimi viaggi mentali furono interrotti da un brontolio di protesta da parte del mio stomaco vuoto.
-Oh, hai ragione!
Gli dissi, correndo verso il telefono che c’era accanto alla porta. Ordinai il menù asiatico, senza avere la minima idea di cosa mi avrebbero portato. Ma non mi importava! Stavo morendo di fame!
Intanto che aspettavo la mia cena mi buttai sul divano e accessi la tv. Girai un po’ di canali senza trovare nulla che mi interessasse, quando sentii una parola:”CONCERTO!” Mi bloccai all’istante su quel canale e saltai su dal divano ascoltando attenta.
-Ebbene, anche la Spagna si è finalmente aperta con i nuovi stili musicali! Quello che in questo periodo è il più conosicuto e il più desiderato è il K-Pop, ossia il pop coreano! Di questo genere conosciamo già un famoso cantante: PSY! Oltre a lui conosciamo anche i Big Bang, che hanno fatto un tour mondiale, e gli SHINee, che hanno fatto un concerto anche a Parigi. In questo periodo stanno emergendo tanti nuovi gruppi di ragazzi talentuosi. I più amati, tra i nuovi, sono decisamente i B.A.P che ha solo un anno e mezzo circa dal loro debutto hanno fatto un tour in America, esaurendo tutti i biglietti in poco tempo.
Guardai annoiata la giornalista. Ma chi se ne frega di quegli occhietti a mandorlina! Mi sono fatta un viaggio aereo con in sottofondo tutte quelle cavolo di canzoni e adesso le odiavo proprio!
-Il 15 settembre alla Telefonica Arena di Madrid si terranno tre grandi concerti di tre nuovi gruppi emergenti coreni! I primi sono i NU’EST!
Quando disse quel nome, sullo scherbo, comparve la stessa immagine del volantino che avevo ancora in tasca.
-I secondi sono i BTOB!
Questa volta, sullo schermo comparve l’immagine di sette ragazzi, anche questi vestiti in maniera assurda, in una posizione tipo da zombie.
-Ed infine i MYNAME!
Dei ragazzi, sempre vestiti strambi, seduti o in piedi su dei cubi bianchi.
Spensi la tv e buttai il telecomando sul divano. dei ragazzi coreani che venivano a fare un concerto a Madrid… e da quello che avevano detto dei nuovi gruppi emergenti…
Che strambo!
Quando suonarono al campanello per poco non mi venne un colpo al cuore dalla sorpresa. Mi avvicinai alla porta e quando la aprii mi ritrovai davanti una donna di colore un po’ rotonda con in mano un vassoio dorato.
-Ecco a lei la sua cena.
Mi disse gentilmente porgendomi il vassoio.
Ringraziai e mi fiondai in cucina. Sedutami alzai il coperchio e davanti ai miei occhi si materializzò un graziosissimo piattino bianco con sopra mocconcini di sushi. Accanto ad esso c’era una ciotolina con una strana salsa verdastra, un piattino con dell’altro pesce crudo ed infine una ciotolina con dei spaghetti strani.
-NOODLES!
Urlai entusiasta battendo le mani.
Ah, me ne sono completamente scordata! Io sono Felicity.

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Capitolo 2
*** Machine Fotografique ***



Fui svegliata dalla suoneria insistente del mio cellulare, ancora dentro una delle valigie. Mi alzai faticosamente dal divano, sul quale avevo preso sonno, e mi diressi verso l’insieme di bagagli accanto al letto. Dopo un bel po’ finalmente lo trovai. Premetti il pulsante verde e me lo poggiai all’orecchio.
-Pronto?
Chiesi con la voce assonnata.
-Hem… parlo con Felicity?
Chiese a sua volta una voce maschile.
-Si.
Risposi, sedendomi sul morbido e grande letto.
-Oh, grazie a Dio! È da ore che cerco il tuo numero!
Esultò il ragazzo.
-Oh… Hem… Mi fa piacere… Ma chi sei?
Chiesi un po’ titubante.
-Ma come?! Non mi riconosci?! Sono io, Philippe!
 
Ero seduta ad un caffè, ad aspettarlo. Era da secoli che non ci vedevamo… Dai tempi delle medie.
Da lontano vidi correre verso di me un ragazzo mulatto. Mi alzai dalla sedia nella quale ero comodamente seduta e mi sbracciai. Quando mi fu davanti esitò un attimo, prima di stritolarmi in un abbraccio killer.
-Ah… Ho passato un sacco di tempo alla ricerche del tuo dannatissimo numero di telefono!
Disse mollando l’abbraccio.
-Non è colpa mia se l’avevi perso.
Mi giustificai sedendomi nuovamente.
-Si si… certo…
Rispose scuotendo la testa, sedendosi pure lui davanti di me.
-Dunque… - cominciai io con fare serio –Come facevi a sapere che ero a Madrid?
Lui sbarrò gli occhi, quasi avesse visto un fantasma.
-Dimmi come.
Insistetti.
-Hem… ecco… - disse schiarendosi la gola –Non lo sapevo.
Rispose infine.
-Come non lo sapevi?
-E’ già… Non ne avevo la minima idea… E’ che, per caso, mi erano capitate per le mani le foto di quando eri alle medie e mi è venuta voglia di chiamarti. Tutto qui. Poi, quando mi hai detto di vederci qua non ho capito bene… Ma quindi ti sei trasferita definitivamente?
Disse tutto d’un fiato.
-Non hai perso il vizio di parlare velocemente vedo… - me la risi io –Comunque no. Sono venuta qui perché era da tanto che non ci venivo e perché… sono in viaggio.
Dissi semplicemente.
Philippe annuì lentamente, come per assimilare l’informazione.
Dopo, il silenzio si posò come un velo leggero su di noi…
Il primo a romperlo fu lui chiedendomi.
-Dopo dove andrai?
Io abassai lo sguardo.
-La verità è che non so neppure io che fare… - ammisi con un filo di voce –Non ho la più pallida idea di cosa fare e di dove andare…
-Adesso dove alloggi?
-In un hotel a quattro stelle in centro. Da quello che mi hanno detto li alloggiano pure star famose…
Lui mi interruppe.
-Allora è l’Hotel Santa Clara. L’hanno fatto pochi anni fa…
Lo osservai attentamente… Era serio… Quasi triste… Di sicuro si stava preoccupando per me e questo non andava bene.
-Ma stai tranquillo! Io sono forte!
Dissi cercando di sorridere meglio che potevo. Con quel finto sorriso sembrò rallegrarsi un po’ anche lui.
-Bene. Ora vieni con me.
Detto ciò mi prese per mano e comicniò a camminare in una direzione a me sconosciuta. Fortunatamente ero riuscita a prendere la borsa.
-Dove mi stai portando di questa cacciata?
Sul suo viso comparve un sorrisino che a me sembrava tanto sadico…
-Sai che lavoro, no?!
Annuii.
-Ecco, ti sto portando a lavoro con me.
Del lavoro di Philippe ne sapevo poco… Sapevo che, alle volte, lavorava con gente famosa, ma nient’altro.
Dopo una decina di minuti di camminata si fermò davanti ad un’imponente e moderno edificio. Io mi lasciai sfuggire un “Wow” di stupore. Il ragazzo mi tirò dentro con lui. Quando varcammo l’entrata un via vai di persone tutte indaffarate si presentò davanti ai miei occhi. Alzai lo sguardo ed in alto che pendevano dall’alto soffitto c’erano dei lunghissimi poster con delle persone rappresentate. Su uno c’era un’anziana signora di colore, su uno un bambino piccolo e sull’ultimo un paesaggio molto probabilmente olandese.
-Ti brillano gli occhi.
Mi disse sorridendomi Philippe.
-Non sono gli occhi che brillano… Ma è il riflesso del magliore di questo posto… I miei occhi sono solo uno specchio che riflette ciò che vedono…
-E il cuore tiene il tempo… E gli occhi donano luce… Canta, balla, guarda il mondo finche puoi… Non aspettare… Goditi la bellezza della vita… Perché prima o poi sparirà…
Ci scambiammo un’occhiata con la quale ci dicemmo tutto…
-Dai vieni.
Disse dopo poco.
Passammo in mezzo a quel mare di gente e quasi tutti lo salutavano e gli sorridevano… Era impossibile non voler bene a quel ragazzo.
Dopo un paio di minuti entrammo in una stanza dove dentro di essa era tutto allestito per un servizio fotografico. La stanza era divisa in cinque angoli. Uno era tutto nero con in centro una strana costruzione fatta di specchi scuri, un altro aveva il pavimento a scacchi e delle pedine enormi, un altro aveva sempre il pavimento a scacchi e una specie di trono nero al centro, il quarto, sempre con lo sfondo scuro, aveva un enorme giradischi ed infine l’ultimo uguale agli latri solo che aveva delle statue bianche con solo il busto.
Il tutto metteva un po’ d’inquietudine…
-Hei… Ma dove cavolo mi hai portata? Nel girone dell’inferno di Dante?
Gli chiesi sottovoce.
Lui non mi badò e si avvicinò ad un uomo sulla cinquantina con i capelli che sembravano leccati da una mucca tanto lucidi e tirato che erano, che stava mettendo apposto delle macchine fotografiche.
-Buongiorno signore.
Lo salutò gentilmente Philippe.
Il vecchio alzò la testa e gli si illuminarono gli occhi.
-Oh, mio caro Philippe! Finalmente eccoti qui! Il nostro coreografo e scenografo migliore! Dove sei stato tutto questo tempo?
Disse con una voce acuta.
-Mi dispiace di non essere potuto arrivare prima. Ma le ho portato una dea della fotografia.
E mi mise un braccio intorno alle spalle. Io lo guardai con un’espressione interrogativa.
-Oh. Sarebbe lei?
Chiese con voce schifata.
-Si signore, le assicuro che è fantastica. La metta alla prova. Che ne dice?
Il vecchio ci pensò su per un po’ per poi mettersi ad annuire lentamente.
-Va bene va bene… Fammi vedere che sai fare. Tra un po’ arriveranno i modelli. Sii pronta.
Disse infine porgendomi una macchina fotografica che più che altro sembrava un cannone.
Philippe mi portò davanti ad uno degli angoli già predisposti e mi sorrise maligno.
-Vuoi dire che queste le hai fatte tu?
Chiesi indicando la scena che avevo davanti. Lui annuì, sempre con quel sorriso.
-Il migliore è?!
Dissi guardandola e notando che era quella con la strana scultura fatta di specchi scuri.
-E mi spieghi che dovrei fare?
Chiesi seccata.
-Tra un po’ arriveranno dei modelli e tu li dovrai fotografare. Se a quel vecchio piaceranno le tue foto ti prenderà e comincerai a lavorare qui.
Mi spiegò.
All’udire quelle parole il mio cuore si fermò completamente. Avrei lavorato in un posto del genere? Così figo e così grande? Facendo la fotografa?
Guardai con uno sguardo killer il mio amico.
-Ci sto.
Dissi prendendogli la mano e stringendogliela a mo’ di patto. Avevamo entrambi uno sguardo da sfida. Era una lotta. E io l’avrei vinta.
-Ora preparati che dovrebbero essere arrivati.
Disse guardando verso loa porta dalla quale eravmo entrati.
Cominciai a spostarmi di qua e di la per vedere la scenografia da diverse angolazioni. Stavo arretrando quando andai addosso a qualcuno.
-Guarda dove cazzo metti i piedi, razza di ippopotamo!
Disse questo in coreano.
Io mi girai e mi ritrovai davanti un ragazzo orientale dai capelli neri e gli occhi a mandorla segnati pesantemente da eyeliner nero. Per mia grande stupidità abbassai lo sguardo sul suo sguardo e lo ritrovai a petto nudo con solo dei pantaloni neri di pelle stra attillati e una pelliccia anch’essa nera. L’unica cosa che gli copriva il petto erano le miriadi di collane oro e nere.
-Cazzo guardi!
Disse nuovamente in coreani spostandomi di lato con uno spintone e mettendosi al centro della scenografia. Io rimasi li impalata a guardarlo con uno sguardo sconvolto. Come si permetteva di trattarmi così?! Quel brutto bast…
I miei pensieri furono interroti da un urlo dietro le mie spalle. Mi girai di scatto e dietro di me vidi un ragazzo da i capelli di un biondo assolutamente innaturale e anche lui con gli ben segnati da eyeliner nero.
-Ya Tae! Fai vedere il tuo lato virile!
Gli urlò questo in coreano.
-Stai un po’ zitto Jonghyun!
Gli urlò di rimando il tipo dai capelli neri.
-Tz! Lee Taemin.. Sempre così stronzo…
Commentò il biondo ridacchiando.
Io lo guardai alzando un sopracciglio. Quando se ne accorse mi guardò con uno sguardo straffottente e mi chiese in inglese.
-Ci sono problemi?
Io scossi la testa e mi girai verso il moro che mi guardava con fare superiore.
-Sei tu la fotografa?
Mi chiese in inglese. Io annuii.
-E allora datti una svegliata!
Mi urlò dietro incazzato. Io mi girai verso tutto le persone che fino a prima si stavano muovendo freneticamente e che adesso se ne stavano li tranquille a guardarmi cercando lo sguardo di Philippe. Quando lo trovai alzai le spalle e mi rigirai verso lo stronzo.
-Ok, cominciamo.
Dissi sicura. Il tipo alzò gli occhi al cielo e cominciò a muoversi.
Mh… era un esperto…
Subito cominciai a scattare foto, ma si muoveva troppo velocemente perché potessero venire bene.
-Senti, ti muovi come una trottola. Riesci ad andare più lentamente?
Il ragazzo mi guardò con gli occhi sbarrati, come il suo amico mentre dietro di me sentii una risatina.
-Come scusa?!
Mi chiese.
-Trottola, velcoe, rallenta, modalità bradipo. Così ti è chiaro?!
Gli dissi scocciata.
Il ragazzo sembrò invelenarsi più di quello che lo era già. Mi si avvicinò di cacciata, ma prima che mi fosse addosso si mise in mezzo il suo amico, Jonghyun o qualcosa del genere, e lo bloccò.
-Prova a rivolgerti un’altra volta così a me e ti spacco quel visino che ti ritrovi!
Urlò imbestialito in coreano.
-Ya! Calmati.
Gli disse l’amico mollando leggermente la presa. Il moro sembrò calmarsi un po’ e prima di tornare al suo posto mi lanciò un’occhiataccia di fuoco.
-Ok. Ora che ti sei calmato puoi seguire ciò che ti ho detto?
Gli chiesi. Mi sembrò quasi che ritornasse alla carica, ma Jonghyun gli lanciò un’occhiata glaciale che lo fece stare fermo li e annuii forzato.
Dopo quella bella scenetta ridicola andò veramente più lentamente e veniva decisamente meglio. Dovevo ammettere che era proprio bello… Anche se quel visino da bimbo stonava parecchio con quell’abbigliamento, ma fortunatamente l’eyeliner faceva il suo che.
Nei movimenti che faceva ci metteva una forza pazzesca… Quasi a volere spaccare tutto. E in un certo senso faceva quasi paura…
Dopo una buona mezz’ora, finalmente, finimmo. Ma la mia gioia si dissolse quando mi dissero che, con quel tipo, mancavano ancora dei scatti in altri posti.
Che dio mi salvi!

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Capitolo 3
*** Good Night Madrid ***



-Ok, avvicinati lentamente…
Il ragazzo dai capelli corvini eseguì “l’ordine”.
-No no, non in maniera così hip hop… Più dolce, romantico…
Lo rimproverai.
Taemin sbuffò e tornò indietro per ripercorrere la passerella.
Ci eravamo spostati all’esterno e l’avevano vestito con degli abiti più normali, ossia dei semplici jeans e una camicia bianca. Dovevamo fare delle foto per la rivista Bazaar. Dalle loro indicazioni volevano far vedere al pubblico un nuovo volto giovane mai usato prima, un volto fresco che esprimesse amore e dolcezza.
Lee Taemin.
L’aspetto ce l’aveva ma mancavano le basi di qualcosa di delicato. Era rude e freddo, o almeno era quello che avevo visto io in quel ragazzo. In lui ci poteva essere di tutto ma non dolcezza.
Intanto il suo amico biondo era sempre in mezzo ai piedi e mi lanciava in continuazione occhiatine strane e, qualvolta, urlava frasi coreani del tipo “Sii più naturale!”, “Hai sentito cos’ha detto?!”, “E dai che non sei mica un bambolotto!” al suo amichetto stronzetto. Ovviamente, nell’udire quei “incoraggiamenti” non potevo evitare di ridacchiare… ma cercavo di non farmi vedere troppo.
-Ya Tae! È da ormai due ore che siamo qui fuori e tu non riesci ad esprimere i sentimenti che servono! A fare lo spaccone sei tanto bravo, ma quando si tratta di essere un po’ sensibili ti vergogni! Neanche fossi un moccio setto alle prime armi! Da quanti anni fai questo tipo di lavoro?! Che cazzo ti prende?! Devo fare io il lavoro al posto tuo per caso?!
Gli urlò in coreano Jonghyun, dopo la mia ennesima ripresa.
-Questa ragazza si sta trattenendo dal prenderti a sberle e tu fai il permaloso?! Sai che queste persone hanno anche altro lavoro, vero?! non è che possono venirti dietro fino a questa notte! Ci sono anche altre persone che devono lavorare oltre a te, signorino!!
Urlò nuovamente ancora più imbestialito, prendendo Taemin per il colletto della camicia.
Il moro sembrò veramente scioccato nel vedere l’altro così arrabbiato… Tutti gli altri stettero in un silenzio religioso, molto probabilmente non avendo capito un accidente di quello che aveva detto.
Poco dopo Jonghyun mi si avvicinò con ancora il volto corrugato dalla rabbia e, in  un inglese perfetto, si scusò per il comportamento del compagno e mi assicurò che ora avrebbe dato il meglio di sé stesso.
Io ripresi a fotografare con accanto il biondo.
-Ok Lee, ora proviamo di nuovo. Devi camminare in maniera calma, tranquilla, trasmettendo delicatezza e serenità. Casomai un bel sorriso non forzato e viso disteso.
Dissi a Taemin che continuava a tenere la testa bassa e ad annuire.
-Ehi, non è che hai esagerato?!
Chiesi a Jonghyun, cercando di intrappolare nella macchina ogni istante ed ogni minimo particolare nella camminata del ragazzo.
-No… Se lo meritava. Stava facendo perdere tempo a tutti voi…
Fece in tempo a finire la frase che gli suonò il cellulare. Si scusò e si allontanò rispondendo e parlando in un frettoloso coreano parecchio stretto… probabilmente un dialetto che non capivo molto bene. Dopo poco tornò con un sorriso che si estendeva su tutta la faccia.
-Taemin, gli altri sono arrivati e stanno già scattando foto! Datti una mossa così finiamo le foto che dobbiamo fare insieme!
Urlò in coreano. Poi si rivolse verso di me, sempre in inglese.
-Senti… sono arrivati degli altri modelli e stanno già scattando quindi qui finiamo in fretta, che ne dici?!
Alzai le sopracciglia, sorpresa da quel veloce cambio di carattere nei miei confronti. Perché si rivolgeva in una maniera del genere, quando fino a prima mi aveva portato rispetto?
-Certo…
Risposi con un evidente tono seccato.
Senza aggiungere altro continuai a fotografare il moro, che però non riusciva ancora ad esprimersi nel migliore dei modi. Ormai stanca del comportamento di quel ragazzino mi guardai intorno cercando qualcuno che mi aiutasse, ma mi avevano lasciata sola. Philippe era di sicuro dentro con gli altri modelli, il Grande Capo stava discutendo di qualcosa distante da dove mi trovavo e tutti gli altri si muovevano come delle formichine operaie di qua e di là. Sbuffai per l’ennesima volta in quel giorno.
-Ringrazio il Signore buono per avermi fatto incontrare nuovamente Philippe e per essere riuscito a farmi fare questa prova per questo posto di lavoro, lo ringrazio inoltre per aver fatto che fosse un posto come fotografa. Lo ringrazio con tutto il mio cuore. Chiedo venia per i miei peccati passati e futuri. Signore, fa in modo che questo giorno di merda finisca in fretta e fa in modo che questi due recchioni, senza offesa, vengano disintegrati da un gabinetto volante proveniente dallo spazio, o che dell’acido gli distrugga quel bel faccino che si ritrovano. Rendo grazie al mio Signore buono e ne renderò ancora di più se realizzasse ciò per cui ho pregato. Anche solo in piccola parte. Se tutto ciò il mio Signore buono non lo potrà fare faccia almeno in modo che non la mia coscienza entri in azione prima dei miei pugni. Grazie Signore.
Mugugnai in spagnolo.
Si, ero credente. Visto che abitavo in una cittadina molto piccola la mentalità era parecchio ristretta e quindi eravamo quasi tutti credenti, chi più chi meno.
-Che hai detto?
Mi chiese Taemin quando ebbi finito la mia preghiera alternativa.
-Niente niente…
Risposi strofinandomi gli occhi.
-Ehi! Non mollare la macchina! Datti una mossa!
Mi urlò dietro Jonghyun. Io lo guardai con uno sguardo killer per poi scoppiare a ridere e staccare la macchina fotografica dal cavalletto per controllare un attimo le foto scattate.
Un disastro.
In ogni santissima foto aveva sempre un’espressione accattivante e aggressiva, pur non facendo alcuna espressione del genere.
-E’ un fottuto disastro…
Sussurrai scuotendo la testa.
Dietro di me, intanto, i due ragazzi si stavano dicendo qualcosa in maniera frettolosa, Jonghyun con una certa vena di rabbia mescolata a nervosismo mentre Taemin, stranamente, con una voce tranquilla.
-Tae, io quella me la porterei pure a letto se non fosse che sono già fidanzato. Fino a adesso ho fatto il bravo ragazzo ma mi sono rotto. Se quella non sa prendere bene le persone mica è colpa tua. Giuro che se non si da una mossa la faccio licenziare in due secondi!
Disse un Jonghyun nervoso.
-Senti un po’ tu, vedi di calmarti, ok?! Io mi sto trattenendo dal non schizzare più di quello che ho già fatto, quindi anche tu non ti fai prendere dagli ormoni. Vedi di non trattarla troppo male che, da quello che ho visto, non gliene frega più di tanto di questo lavoro. Ora io torno la, faccio del meglio, ma anche tu cerchi di dare una buona impressione.
Rispose il moro alterandosi leggermente.
-Non me ne sbatte dell’impressione! Noi siamo noi quindi possiamo tutto!
Taemin sbuffò per poi mettersi al mio fianco.
-Senti, come sono venute le foto?
Avevo le mani che mi tremavano tanta era la rabbia che provavo in quel momento. Avevo ancora la testa bassa sulla macchina fotografica e mi stavo ripetutamente mordendo la lingua per non rispondere in modo particolarmente sgradevole.
-Disastro.
Risposi semplicemente.
-Allora, visto che dici tanto “disastro disastro” prova tu ad esprimerti in maniera giusta!
Urlò Jonghyun.
Sospirai profondamente per poi rispondere un semplice ok e posizionandomi sulla passerella di legno dove, fino a prima, c’era stato Taemin.
-Di voi due chi sa fotografare?
Chiesi loro.
In risposta il biondo rimise la macchina sul cavalletto e mi rivolse un sorriso di chi l’ha già vinta.
-Prego signorina, ci faccia vedere il suo talento segreto!
Mi stampai sul sorriso un stupendo sorrisino tra il dolce e il timido e cominciai a camminare sui miei favolosi tacchi alti in una maniera che più leggiadra e delicata non si poteva, guardando a volte i miei piedi con fare timido. Quando finì la passerella rivolsi un stupendo sorriso verso l’obbiettivo per poi guardare con fare superiore i due coreani che avevano uno sguardo a dir poco sconvolto.
-Ora hai capito come fare?
Chiesi al moretto, spostando il biondino dalla mia postazione e controllando le mie foto.
-Dico io… Non sono fantastica?!
Feci in tempo a finire la frase che mi sentii chiamare. Mi girai e vidi un Philippe tutto affannato poco distante da me che sventolava la mano.
-Che c’è?
Gli chiesi rimettendo giù la macchina.
-Il capo ti vuole dentro! Prendi tutto e raggiungici dove eravamo oggi!
Mi rispose tornando dentro di corsa.
Io feci come mi aveva detto. Presi macchina e cavalletto e tornai dentro, seguita dai due modelli. Dopo poco mi ritrovai nello stesso posto da dove era cominciato tutto quel pandemonio con quei modelli da strapazzo.
-Perché mi hai chiamata dentro?
Chiesi al Grande Capo che mi guardò con una faccia sconvolta.
-City! Qua!
Mi chiamò Philippe con quell’orrendo nomignolo che mi aveva affibbiato ormai da anni.
-Ma non mi voleva il Grande Capo?!
Gli chiesi avvicinandomi.
-Hem… No. Era una scusa per farti venire dentro subito.
Rispose mettendo apposto una delle scenografie.
-Mi servi per fare alcune foto extra. Tutti gli altri sono impegnati con gli amici di Kim e Lee.
-Altri modelli stronzi, schizzati e maleducati come loro?!
Chiesi aspettandomi già la risposta, cominciando a mettermi bene per fotografare.
-Ma no… Cosa dici?! Non sono delle persone fantastiche?! Così famose e pur sempre così educate e semplici?!
Disse ironicamente gesticolando come un matto e facendo una vocina da oca. A quella scenetta altamente stupida non potei fare a meno che scoppiare in una risata sgangherata, il che procurò occhiatacce da Lee, Kim e un altro Occhietti Mandorla, che mi sembrava parecchio effemminato.
-Hey, chi è quel damerino?
Chiesi al mio amico, riferendomi al ragazzo nuovo che continuava a guardarmi male.
A quella domanda per poco non si strozzò.
-D-damerino?!
Disse ridendo istericamente.
Lo guardai con uno sguardo indagatore… Che il mio caro e vecchiotto Philippe avesse un certo feeling con quel damerino?! Sapevo già da tempo dei suoi gusti… ma era sempre andato a scegliersi ragazzotti ben messi. Quello mi sembrava un po’ troppo… DIVA, PRIMA DONNA.
-I just a feeling…
Canticchiai al suo orecchio ricordando la canzone di un certo Tae-qualcosa che mi aveva fatto sentire tempo addietro.
-Cosa insinui?!
Sussurrò con sguardo malizioso ma attento mentre continuava a sistemare la scenografia.
Io alzai le mani a mo’ di difesa.
-Nothing Mister, nothing…
Dopo ciò continuai la mia minuzziosa perfezione nel posizionamento della macchina.
Dopo vari minuti sentii una strana presenza alla mia destra. Girai la testa e mi ritrovai davanti il viso di un altro ragazzo Occhietti dalle labbra carnose che mi osservava attentamente.
-Tutta questa attenzione per fotografarmi?!
Mi chiese allontanandosi un po’ e chinando leggermente la testa in segno di “rispetto”.
-Oh Minho! Sei arrivato! Grazie al cielo! Mancavi solo te e se non arrivavi entro un’ora il capo si incvazzava di brutto!
Disse Philippe tutto d’un fiato.
-Un’ora? Cristo Santo che sta in cielo! Non lo sa che per me un’ora è troppo poco?
Rispose sorpreso in un inglese a dir poco stretto.
-Altro modello sclerato…
Sussurrai in spagnolo.
-No. Quello sclerato è Jonghyun.
Mi rispose lui.
ONE MOMENT.
Girai lentamente la testa nella sua direzione con uno sguardo scioccato. Mi aveva risposto in spagnolo… spagnolo…
OH.
SHIT.
Vedendo il mio stato di shock più completo il mio caro amico fece la sua entrata in scena appogiandomi la sua mano sulla spalla.
-Minho non è un modello ma bensì un fotografo. Diciamo che è il più bravo di tutto l’edificio.
-M-m-m-ma p-p-prima mi ha chiesto se…
Balbettai indicandolo.
-Alle volte mi chiedono di posare. Però quetso accade molto raramente, e questa è una di quelle rare volte.
Spiegò mettendosi al centro della scenografia che inquadrai realmente solo in quel momento: le pareti erano di un azzurrino chiaro e al centro c’era una cornice sul pavimento di legno chiaro che doveva dare l’impressione di una spece di porticina visto che era proprio un buco.
Il ragazzo dai capelli corvini ci andò accanto e, accucciandosi, guardò all’interno di essa… Però c’era qualcosa che non mi tornava… Il tutto era molto elegante e lui invece era vestito in maniera molto casual … STONAVA DA MORIRE!
Non mi importò un gran che e colsi quell’attimo in cui era semplicemente perfetto. Lo fotografai ricevendo un’occhiataccia sorpresa da parte di Philippe.
-City… Guarda che stavamo scherzando… Minho è solo che fotografo…
Mi bloccai all’istante.
-Ah si?! Eppure è perfetto…
Constatai scattandone un’altra.
-Lo dicono tutti al capo ma lui si giustifica dicendo che è troppo bravo a fare il suo lavoro e che è troppo bello per qualsiasi rivista e che gliene servirebbe una tutta per se…
-Balle!
Disse lui alzandosi di scatto.
-La verità è che sono talmente pignolo e ritardatario che mi ucciderebbe se mi dovesse pure fotografare o vedermi sulle pagine di riviste famose.
Io annuii, cominciando a prendere seriamente in considerazione il fatto che fossi finita in un manicomio.
-Ma mi hai fotografato veramente?
Mi chiese avvicinandosi ad una delle tre pareti.
-Certo!
Risposi immortalandolo un’altra volta.
-Ya ragazzina! Invece di fotografare Choi pensa alla vera modella!
Mi rimproverò il Grande Capo indicandomi una ragazza dai capelli neri che indossava una vestitino rosa pieno di fiochetti e pizzi.
-Oh scusami. Vai pure.
Le disse indicando la scenografia nella quale era ancora presente Minho.
Quando la ragazza fu al centro incrociò le braccia la petto e guardò il moro mettendo su il broncio. Quando quetso si girò e la vide la guardò con una faccia sorpresa. Non mi feci fuggire quell’attimo buffissimo e li fotografai. Dopodiche Minho scoppiò a ridere e immortalai pure quell’attimo per poi incastonare nella storia pure il calcio sul sedere che gli fiondò la ragazza facendolo uscire dalla scena.
Quando mi fu accanto si appoggiò alla mia spalla e mi guardò con uno sguardo beffardo. Che tipo!
-Scusa, potresti dirmi per chi dobbiamo fare questo set?
Le chiesi aspettandomi una risposta sgarbata come mi era successo con gli altri due.
-Hem… Elle Magazine. Dovrebbe rappresentare una specie di Alice nel Paese delle Meraviglie… Io dovrei essere Alice che una spece di buco sul pavimento alternativo e ci finisce dentro.
Rispose indicando la cornice.
Io la guardai con una faccia che superava di gran lunga lo stupito.
-Non guardarla così. Krystal non è come gli altri. Viene da una famiglia ricca ed è sempre stata accudita da una baby sitter. Non è sgarbata o stronza. Fa il suo lavoro divinamente senza recare danni a nessuno. Arriva, si fa fotografare e va via senza fare scenate.
Mi spiegò sottovoce Minho, per poi allontanarsi e prendere una macchina fotografica per se stesso.
Cercai di elaborare per bene le informazioni che mi aveva appena riferito il ragazzo per poi cominciare a fotografarla mentre le davo alcune indicazioni.
-Direi di fare una cosa del tipo… arrivi da un angolo e ti avvicini sempre più incuriosita alla cornice fino ad inginocchiarti al suo fianco oppure vedi te come fermarti accanto ad essa…
La ragazza, Krystal, eseguì tutto alla perfezione in meno di mezz’ora. Aveva ragione lui… Era prorpio brava e non aveva fiatato se non per chiedere alcuni “Va bene così?” e basta…
Stavo per dirle che avevamo finito quando Minho la richiamò fermandola.
-Non è che potremmo provare ad inquadrare in altre posizioni?
Lei annuìaspettando indicazioni dal ragazzo, il quale ci pensò su per un po’ per poi esporlgliele.
-Ti metti dietro alla cornice a gambe inrociate e la guardi sempre con l’espressione che hai usato prima quando le eri accanto, solo che questa volta la voglio più infantile. Poi ti alzi e, sempre standole dietro, cerchi di guardare più in fondo nel buco. Ed ifnine voglio che ci metti un piede dentro con le mani dietro la schiena, spingendo un po’ il busto all’indietro.
Quando ebbe finito di parlare Krystal lo guardò concentrata per circa mezzo minuto per poi scoppiare in una risata. Io la guardai perplessa… Perchèm stava ridendo?!
Quando ebbe finito guardò Minho, che continuava a sorridere in una maniera di chi la sa lunga, e gli chiese.
-Così va bene?
Lui annuì e la ragazza cominciò a mettersi nelle posizioni che le aveva elencato, riucendo a rappresentare le idee del ragazzo in maniera diversa ma eccellente e mettendo più in evidenzia un aspetto bambinesco.
Passò un’altra mezz’oretta… Quando ebbero finito e lei si andò a cambiare per un altro set mi avvicinai velocemente verso Minho che stava osservando le foto attentamente.
-Senti un po’ tu… ma perché si è messa a ridere prima?
Gli chiesi tutta agitata.
-Perché le avevo detto di avere un aspetto più da bambina.
Mi rispose mugugnando in quel dannato inglese stretto, quando io gli avevo fatto la domanda in spagnolo. Annuii capendo che dovevo parlare in inglese in quel posto e notando la varietà di persone che ci lavoravano ma non capendo la sua risposta.
-E allora?!
Chiesi nuovamente, questa volta in inglese.
-Per poter esprimere al meglio il suo lato infantile a cercato di ragionare come una bambina, cosa che le riesce molto bene essendo parecchio sciocchina, e quindi si è messa a ridere per nulla come fanno i bambini e per far entrare un po’ di risatina dentro di se così da essere ancora più perfetta per la parte di Alice.
Mi spiegò tutto d’un fiato.
-Chi sarebbe sciocchina?!
Chiese una vocina dietro di noi.ci girammo entrambi e davanti ai nostri occhi vedemmo una Krystal in pigiama largo rosa con tra le braccia un coniglietto bianco.
-Ma che carino!
Dissi io in un strilletto accarezzando quel coniglietto che…
-OH CRISTO!!
Strillai saltando indietro accorgendomi che quel adorabile pelosino che pensavo un peluche era vero.
-E’ la mia stessa reazione quando me l’hanno dato in mano!
Disse lei mettendosi a ridere, causando pure la mia di risata e pure quella di Minho.
-Volete anche i biscottini e il the?!
Ci chiese un Taemin pure lui in pigiama solo che azzurro.
Quando lo vidi lo guardai come se fosse un alieno…
-P-perché mi guardi così…?!
Mi chiese stringendosi nelle spalle.
Io scossi la testa e feci spallucce avviandomi verso la scenografia dove c’era una lettone dalle coperte rosa chiaro e le pareti azzurrine.
I due ragazzi si sedettero sul lettone guardandoci con due occhi da panda.
-Rivista e copione.
Disse Minho mettendosi apposto con la macchina, stessa cosa che feci pure io.
-Allora… sempre per Elle e dovremo rappresentare due fratellini. Niente di particolare o di preciso.
Mi spiegò Krystal.
-Ok… Ma quelli di Elle sanno che Taemin fa anche dei set per Bazaar?
Chiesi  guardando perplessa Minho che fece spallucce.
-Si. Le due riviste hanno concordato che faranno uscire prima le foto di Taemin su Elle e poi su Bazaar.
Rispse sempre Krystal.
Annuii scattando una prima foto senza avvetrirli. La guardai sul display e non mi convinse per niente… Mi avvicinai ai due Occhietti Mandorla e li guardai per qualche attimo prima di prendermi la macchina fotografica ed appendermela al collo. Mi avvicinai nuovamente a Krystal e le spettinai i capelli stessa cosa che feci poco dopo anche a Lee, il quale mi guardò con sguardo assassino mescolato ad un’espressione cucciolosa che non potei non immortalare con la macchina, procurandogli ancora più fastidio.
-Senti Minho, è un problema se calpesto la scena?
Gli chiesi continuando a guardare i due che erano sempre più perplessi.
-No.
Rispose semplicemente.
-Ok, si comincia. Allora… Visto che non è niente di particolare o di preciso fate un po’ voi. Per esempio guardato il coniglietto e coccolatelo. Taemin, avevo pensato che tu potresti fare il fratellino broncione che se ne sta in un angolo. Krystal, tu invece sei la sorella che cerca di farlo interagire col coniglietto e di farlo ridere. Dopo, per esempio, poteve sedervi schiena contro schiena e Krystal sorridente col coniglietto in braccio mentre Taemin sempre col broncetto e con le braccia incrociate.
Dissi tutto d’un fiato.
-In verità sarei più grande di lei…
Cercò di contestare il moro ricevendo una gomitata da aprte della ragazza che mi sorrise annuendo e dicendomi di cominciare pure.
Non me lo feci ripetere due volte e mi misi al lavoro. Giravo intorno al letto e li prendevo da varie angolazioni, di lato, dal basso, dall’alto…
Mentre Minho si era vvicinato ma non era entrato nella scena.
Taemin e Krystal fecero un ottimo lavoro… Fecero ciò che gli avevo detto e aggiunsero delle scene veramente belle per esempio prendendosi a cuscinate, tirandosi i capelli o il pigiama ed altre cose carinissime che rappresentavano perfettamente l’immagine di due fratellini.
Dopo due buone ore avevamo finito e io ero sfinita.
Dopo averci ringraziato Krystal se ne andò velocemente lasciando tutti con un veloce saluto mentre Taemin disse di dover aspettare dei suoi amici che stavano ancora lavorando. Io e Minho ci mettemmo alla ricerca di Philippe che lo trovammo dopo non so quanto intento a parlare con una ragazza bellissima dai lunghi capelli biondi. Quando ebbe finito quella “emozionante” conversazione si avvicinò a noi con una faccia tra lo schifato e il distrutto.
-Quella tipa voleva denunciare una ragazza della sartoria perché affermava che il suo vestito fosse stato taroccato… e non si sa per quale motivo… Mi ha stressato in una maniera assurda!
Ci spiegò passandosi le mani sul viso.
-Sulli?
Chiese Minho. L’altro annuì con una faccia leggermente più preoccupata.
-Ok… Ne parleremo domani! Ora vai a casa tu che sei nuova! Domani devi essere al pieno delle tue forze quindi devi mangiare, farti una bella doccia rilassante e dormire profondamente che è tardi!
Mi disse il moro dandomi delle pecchette sulla schiena.
-Ok… Allora vado. Bye bye!
 
Mi fiondai sul divano togliendomi le scarpe con quei tacchi che mi avevano letteralmente distrutta. Il giorno dopo mi sarebbe venuto a prendere Philippe così da insegnarmi la strada… Da quello che avevo capito il capo voleva mettermi in prova anche il giorno dopo per “testarmi”.
Mi misi il braccio sugli occhi… Ero sfinita… avevo passato tutto il giorno fino alle nove e mezza di sera in quel manicomio…
Non avevo neanche la forza di ordinare da mangiare…
Stavo per addormentarmi quando sentti il cellulare vibrare. Lo estrassi dalla tasca dei jeans e lessi il messaggio che mi era appena arrivato…
Ehi City! Domani sveglia alle sette! Abbiamo un lavoro straordinario! Non staremo in sede ma andremo in giro e i modelli saranno i ragazzi di un gruppo… Non ti dico altro!! Buona notte!
Baci, Philippe
Lasciai cadere il cellulare sul pavimento tirando giù tutti i santi che conoscevo.
Perché avevo accettato di lavorare la?!
Perché?!
E che gruppo sarebbe stato?!
La mia mente mi fece subito vedere l’immagine del poster e del volantino di quei ragazzi vestiti in maniera buffa per poi farmi ricordare il ragazzo al quale avevo chiesto indicazioni ed infine quei tre ragazzi che avevo trovato fuori dall’ascensore…
-Che cavolo di cololegamenti faccio?!
Mi chiesi stroppicciandomi gli occhi.
Così mi addormentai.
Pensando ai collegamenti assurdi della mia testa e tremando al pensiero di dover passare un altro giorno in quel manicomio…
Good Night Madrid.

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Capitolo 4
*** succo d'arancia ***



Fui svegliata da un forte battito costante. Aprii un occhio e vidi la porta d’entrata tremare. Mi alzai subito in piedi pronta per un terremoto ma invece notai che qualcuno dall’altra parte la stava sbattendo. Lentamente, e meno allarmata di quanto ero appena svegliata, mi avvicinai ad essa e la aprii. Davanti a me si presentò un ragazzo con i capelli ramati e mossi con un’espressione tra lo sconvolto e il divertito. Addosso aveva solamente un paio di boxer, fortunatamente lunghi, e una canotta.
-Si?
Chiesi strofinandomi gli occhi.
-Mi dispiace disturbarla ma… ecco… è ridicola come cosa… ma mi servirebbe il bagno…
Disse in un inglese un po’ impacciato, strofinandosi le mani.
Io lo osservai attentamente… Aveva quell’aria un po’ disorientata e preoccupata mescolata ad un’espressione divertita che lo facevano sembrare un po’ fatto… e i capelli riccioluti gli conferivano un’aspetto da barboncino infreddolito. Probabilmente doveva avere sui sedici anni…
-E mi spieghi perché dovrei farti entrare senza conoscerti e senza sapere il motivo della tua richiesta?
Gli chiesi con sguardo indagatore.
Il Cucciolo si strinse nelle spalle e abbassò la testa per poi alzarla di scatto ed avere un’espressione ancora più convinta di prima.
-Perché dei ragazzi spietati mi hanno chiuso fuori dalla nostra stanza e ho dormito per metà notte per terra al freddo ed ora me la sto facendo addosso e se non vuole che il corridoio si riempa di color giallo dovrebbe aprirmi la porta e lasciarmi andare in bagno…- si guardò i piedi pr poi tornarmi a guardarmi –Inoltre perché è l’unica persona di questo piano… e perché se andassi giù potrebbero riconosciermi… e perché ho la netta sensazione che lei non sappia chi io sia…- mi appoggiò le mani sulle spalle e annuendo disse –E mettiamo pure che sono troppo cuccioloso per dirmi di no!
Detto ciò si fiondò dentro la mia stanza e si chiuse in bagno. Io rimasi allibita con la porta aperta. era successo tutto così velocemente che non avevo neppure avuto il tempo di bloccarlo. Eppure quel ragazzino… mi ricordava tanto qualcuno…
Chiusi la porta e mi misi davanti al bagno con le braccia incrociate. Quando riaprì la porta mi guardò con un sorrisetto nervoso.
-Adesso dammi un’ottima ragione per cui io non debba denunciarti o portarti dalla polizia.
Dissi seria.
-Be… perché non ci sarebbe niente da denunciare eperchè… se lo facesse…-disse abbassando la voce e guardandosi intorno -…sarebbero cazzi amari… ma tanto amari che non puoi neppure immaginare…
-Ya! Perché non mi parli più formalmente! Mocciosetto che non sei altro!
Sbottai in un perfetto coreano.
Era una cosa che mi succedeva spesso. Quando mi giravano i due minuti parlavo in coreano, pur non essendo la mia lingua madre.
Il ragazzino mi guardò con gli occhi spalancati e si drizzò facendo qualche passo indietro.
-Come hai detto?
Oddio! Fui pervasa da un flashback tremendo che mi oscurò la vista. Quello… ERA IL RAGAZZINO CHE MI AVEVA URTATA QUANDO ERO ARRIVATA NELL’HOTEL! E mi aveva beccata… di sicuro si sarebbe messo a chiedermi come facevo a sapere il coreano… mi avrebbe accusata di aver origliato le conversazioni sue e dei suoi amici… mi avrebbe portata in tribunale e…
-Mocciosetto a chi? Tappa!
Sbottò, anche lui in coreano.
Ok tutto… MA TAPPA NO!
-Ya! Non chiamarmi tappa! Poco ma sicuro hai quindici o quattordici anni!
Urlai, fregandomene altamente di tutte le pare mentali che mi ero fatta fin poco prima.
-Come?! Quindici? Quattordici? Ma tu sai a chi stai parlando?! E comunque, per l’appunto, ho diciotto anni!
Urlò a sua volta avvicinandosi.
-Cosa vuoi sentirti dire?! Bravo?! Ebbene! Bravo! Io ne ho quasi venti! E, sentiamo un po’, chi saresti?!
Lui stava per rispondermi ma poi sembrò ricordarsi improvvisamente di una cosa e aprì la bocca non emettendo alcun suono.
-Allora?!
Lo incitai.
Il ragazzino sembrò indiavolarsi ancora di più e poi brorbottare qualcosa di incomprensibile.
-Come?
-Ho detto che sono una persona di sicuro più incisiva nella società in confronto ad una ragazza come te!
Sbottò.
-Ah be! Grazie mille! Se non lo sapessi questo si chiama narcisismo!
Urlai al tipo che si avviò verso la porta.
Prima di uscire mi ringraziò in una specie di ricnghio e si chiuse la porta alle spalle.
-Che razza di…
Cercai di non badarci più di tanto e mi feci una doccia per svegliarmi. Mi vestii velocemente e presi la mia maccchina fotografica migliore. Misi i miei inseparabili tacchi allucinanti e mi preparai psicologicamente per un’altra giornata in quell’inferno. Ero in piena concentrazione mentale quando cominciarono abussare pesantemente alla porta. Sbuffando andai verso di essa e la aprii, ritrovandomi davanti due tipi biondi, uno coi capelli legati e l’altro con icapelli corti. Entrambi avevano un’aria molto familiare… Be, forse si è capito che ho una pessima memoria…
-Buongiorno. Ci scusi il disturbo ma ci sarebbe una certa persona che dovrebbe fare una certa cosa.
Disse in un iglese da ripetizioni micidiali quello con i capelli corti, guardando dietro la schiena dell’altro che mi fissava molto intesamente.
Improvvisamente mi ricordai dove li avevo già visti… Quello che aveva parlato era uno degli amici del Pisciatore Ambulante, mentre l’altro era il ragazzo al quale avevo chiesto informazioni.
-Già. E questa certa persona deve assolutamente venire fuori. – disse il ragazzo Delle Informazioni in inglese per poi aggiungere in coreno –Jong, se non vieni fuori giuro che ti faccio diventare una femmina in due secondi netti!
Da dietro la sua schiena si sentì un suono strozzato e da essa venne fuori il Pisciatore Ambulante con un’espressione alquanto affranta.
-Excuse me…
Mugugnò.
-Come? Non ho sentito.
Che stronza che ero!
Jong, o come cavolo si chiamava, alzò di poco la testa e potei notare che stava cercando di trattenere le risate, che però presero il sopravvento su di lui ed esplose come una bomba atomica, sotto lo sguardo divertito di Capelli Corti e quello sconsolato di Capelli Lunghi.
-Ma voi siete pazzi…
Dissi più che altro a me stessa chiudendomi la porta alle spalle e avviandomi verso l’ascensore.
-Ya! Aspetta un attimino!
Mi disse quello, bloccandomi per il polso e facendomi girare verso di lui.
-Senti… mi dispiace veramente per prima è che…- si guardò attorno e abbassò la voce -… era una scommessa… una scommessa particolarmente stupida…
Quando ebbe finito si mise a ridere come un’idiota, il che fece sorridere pure me…
-Ah! Ti ho vista!
Disse d’un tratto serio.
-Si! l’ho vista anche io!
Urlò quello con i capelli corti in coreano.
-Dongho! Stai zitto!
Gli urlò dietro lui, sempre in coreano, per poi rivolgersi nuovamente a me in inglese.
-Hai sorriso.
Io mi liberai dalla sua presa e continuai a camminare. Poco più avanti mi fermai e mi girai per salutarli con la manina.
-Comunque loro sono Dongho e Minki! Tu?
Mi urlò Jong.
-Felicity.
Risposi semplicemente. Stavo per entrare nell’ascensore quando urlò nuovamente.
-Io sono Jonghyun!
All’udire quel nome mi immobilizzai immediatamente. Lentamente mi girai verso i tre ma quando feci per tornare verso di loro se n’erano già andati. Velocemente entrai nell’ascensore con un atroce dubbio che mi martellava la testa…
 
-Il nome Jonghyun è molto diffuso in Corea?
Chiesi tutto d’un fiato a Philippe che si mise a ridere.
-Si direi di si. Comunque per oggi…
La sua voce fu sovrastata da vari urli. Mi allontanai il cellulare dall’orecchio per evitare che mi trapanasse i timpani.
-Come?!
-Ho detto che per oggi…
Di nuovo non riuscii a capire quel che cercò di dirmi.
-Cavolo Phill! Non sento niente!
-HO DETTO CHE PER OGGI DEVI VENIR…
La linea cadde miseramente lasciandomi imbambolata.
E che cazzo!
Cercai più e più volte di richiamarlo ma nulla. Non rispondeva. Così cercai di decifrare quel che stava cercando di dirmi. La mia mente bacata, dopo vari esperimenti di frasi assurde, ne partorì una abbastanza realistica: HO DETTO CHE PER OGGI DEVI VENIRE… DA SOLA?
Certa di quella versione mi avviai verso il bar in cui ci eravamo trovati.
Dopo una buona mezz’ora mi ero completamente persa. Non so come mi ritrovai in una zona completamente vuota e anche malconcia. Ad un tratto sentii vari rumori strani alle mie spalle. D’istinto mi girai e vidi poco più indietro dei tipi che mi guardavano con uno sguardo tutt’altro che casto. Cercando di mantenere la calma mi misi a camminare più velocemente. Dietro di me li sentivo sempre più vicini. Senza pensarci un attimo in più mi misi a correre. Quanto odiai in quel momento quei tacchi!
Senza accorgermi del come mi ritrovai a terra con la caviglia dolorante. Alzai lo sguardo e i tipi mi erano davanti che mi guardavano sogghignando. Si stavano avvicinando sempre di più… mi erano vicinissimi quando…
-Hey! Cazzo state facendo?
Chiese una voce dietro di loro.
Io cercai di sporgermi per vedere chi aveva parlato ma i tipi erano troppo e mi coprivano completamente la visuale.
-Oh… ecco che arriva il nostro Casanova… Vuoi divertirti anche te?
Chiese uno di loro.
-Mh… dipende dalla merce… e se lei vuole.
Disse senza alcuna alterazione nella voce.
-Prego…
Disse sempre il solito facendolo passare.
Davanti a me si presentò un ragazzo dagli a mandorla di una bellezza da mozzarti il fiato… Aveva una specie di giacca di pelliccia nera piena di gingilli sopra una candida camicia bianca ed un paio di pantaloni neri.
Il ragazzo mi si accucciò davanti con un sorriso strano.
-Buona merce…
Disse tra se e se.
Tutti gli altri si misero a ridere e a darsi gomitate amichevoli.
-E’ si sa! Il grande Jaehyo ha gusti raffinati!
Il ragazza davanti a me, Jaehyo, mi fece l’occiolino per poi sussurrarmi.
-Ora non metterti ad urlare e cerca di segurmi in ciò che farò…
Detto ciò mi aiutò ad alzarmi da terra e mi ginse la vita con un braccio. Io sentivo il cuore che andava a mille. Avevo una paura folle seguita da una curiosità pazzesca. Poi, lentamente, avvicinò il suo viso al mio e appoggiò le sue labbra alle mie. La sua delicatezza era qualcosa di unico e mai sentito prima… Si staccò leggermente e disse un semplice “ora”. Dopo di che sentii solo vari rumori per poi vedere metà dei strani tipi a terra. Lui si spostò il giusto per farmi vedere la scena, sempre tenendomi stretta: c’erano tre ragazzi, tra i quali uno con i capelli rossi, tutti con strane giacche nere che mi rivolgevano dei sorrisi un po’… inquietanti…
Io guardai Jaehyo con uno sguardo assolutamente sconvolto.
-Ti abbiamo appena salvata. Non chiedere nulla e annuisci e basta.
Io feci come mi disse ed annuii.
-Sorry baby, ma la ragazza è proprioetà dei sottoscritti!
Esclamò quello con i capelli rossi.
-Ah… quindi i Black Dragon si sono accalappiati la novellina… Mi dispiace ma non ci sta bene.
Disse uno di quelli che erano rimasti in piedi per grazzia di quei tre.
Jaehyo mi appoggiò delicamtamente a terra per poi avvicinarsi al tipo.
-Ah no?! Non vi va bene?!
Chiese con quel solito sorriso da gentil’uomo
Il tipo gli si avviccinò fin sotto il muso.
-No. Per niente. L’abbiamo vista prima noi, quindi non se ne fa nulla.
Jaehyo rivolse uno sguardo divertito verso i tre che ridacchiarono tra loro.
-Cazzi amari…
Cantilenò sempre quello coi capelli rossi.
-Bravo Ukwon. Cazzi amari.
Detto ciò il tipo finì a terra col viso devastato in due secondi netti.
-C’è qualcun altro che è contrario?
Chiese sorridendo, come se steszse chiedendo chi voleva un’altra fetta di torta.
Tutti quanti annuirono allontanandosi velocemente. Jaehyo tornò verso di me seguito dagli altri.
-Come ti chiami?
Mi chiese quello che avevo capito chiamarsi Ukwon, aiutandomi ad alzarmi.
-Felicity…
Risposi con voce tremante.
-Felicity… nome bellissimo.
Disse Jaehyo.
-Già! Fighissimo! Di sicuro è meglio del mio! P.O! Dai! Sembra il nome di un pulcino!
Urlò uno accanto a me coi capelli castani.
-Ma perché tu sei un pulcino! Pio pio!
Lo prese ingiro Ukwon provocando un’occhiataccia assassina da P.O.
-Ragazzi basta. Portiamola da noi.
S’intromise Jaehyo, che sembrava essere il capo.
-Come?!
Dicemmo all’unisolo io e il rosso.
-Si è fatta male, razza di idiota!
Lo rimproverò quello con i capelli neri che non aveva ancora aperto bocca.
Ukwon si agitò tanto che per poco non caddi a terra.
-Ok… vista la situazione e la scarsda stabilità del nostro caro diavoletto ti tengo io che è meglio.
Disse il leadere facendomi mettere il braccio intorno al suo collo e cingendomi la vita.
Camminammo per un po’ in silenzio… ma avevo così tante domande per la testa che mi stava per esplodere…
-Chi erano quelli?
Chiesi d’impulso.
-Dei tipi che si divertono a disturbare ragazze e che si credono dei delinquenti solo perché sono tanti e grossi.
Spiegò con tono sprezzante Jaehyo.
-Delle merdine saltellanti!
Disse Ukwon saltellando.
-Bomb, ti prego, bloccalo.
Disse il capo con un’espressione tra lo sconvolto e lo stanco.
Subito quello con i capelli neri bloccò con le braccia il grillo slaterino che si divincolò come una biscia, causando le risate di P.O.
-E voi? Chi siete?
Chiesi.
Tutti e quattro si femrarono lanciandosi occhiate. Jaehyo fece cennò col capo agli altri di andare avanti.
-Hai paura?
Sussurrò avvicinando le sue labbra al mio orecchio, procurandomi vari brividi lungo la schiena.
Io annuii lievemente e, pur non vedendolo in volto, lo sentii sorridere.
-Non ne devi avere, capito?!
Disse lasciandomi un tenerissimo bacio sulla guancia.
Riprendemmo a camminare e raggiungemmo gli altri.
 
Aprirono una porta di ferro verde e ci si presentò davanti un lungo corridoio di cemento armato con goccioline che venivano giù qua e la.
-Non è il massimo dell’aspetto… lo so.
Ammise Jaehyo.
In effetti… era particolarmente scura e solo poche lucette illuminavano il giusto spazio per non andare addosso ai muri.
Dopo poco ci trovammo davanti ad un’altra porta come la prima. Dopo di essa era tutto completamente diverso… Le pareti nere, poltrone rosse e varie sedie vecchie, un tavolo si trovava in mezzo alla vasta stanza, lampadari particolari di vetro nero penzolavano giù dal soffitto… Rimasi inebetita ad osservare la bellezza di quella stanza… sembrava quasi di essere finiti in un tempo lontano o in un castello di un macabro principe…
La mia fobica natura di fotografa venne fuori in due secondi netti. Con una sola mano presi la macchina fotografica dalla mia enorme borsa e cominciai a fotografare tutto ciò che mi ispirava. Quando ebbi finito sentii pesanti du si me gli occhi dei ragazzi.
-Non è che dopo vai dalla polizia e dichiari di aver scovato il nostro covo, vero?! Non dirmi che sei un’infiltrata…
Disse P.O un po’ preoccupato, buttandosi su una delle poltrone.
Io li guardai perplessa… Dalle loro espressioni non sembrava stessero scherzando…
-Io…
Non ebbi il tempo di finire la frase che i ragazzi, escluso Jaehyo, tirarono fuori, da dietro i pantaloni, delle pistole… DELLE PISTOLE!
Io rimasi completamente sconvolta, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Ognuno di loro avevo uno sguardo talmente serio che mi faceva quasi paura. Mi girai verso Jaehyo che mi stava ancora sorreggendo ed anche lui mi osservava con astio.
-No.- disse ad un tratto tornando col suo solito sorriso –Non farebbe nulla del genere e non è un’infiltrata.
-Già. Troppo ingenua. Un’esperta avrebbe già reagito.
Concluse Ukwon, riponendo la pistola.
Jaehyo mi fece sedere sulla poltrona accanto a quella di P.O lasciandomi una carezza sulla testa. Dire che ero scioccata sarebbe dire troppo poco. Non ci stavo capendo nulla… loro erano i buoni o i cattivi?
-Al volo maknae!
Urlò Jaehyo tirando una scatoletta a P.O, il quale la prese al volo.
… MAKNAE?!
Il mio sguardo si illuminò come le lucette dell’albero di natale.
-Siete coreani?!
Chiesi incredula.
-No. Siamo africani. Non vedi la carnagione?!
Disse il più piccolo in tono ironico, causando le risate di tutti gli altri.
-Hey, io mi vado a cambiare! Adios!
Disse Ukwon andandosene in una stanza, seguito da Bomb in un stanza.
-P.O, fai un buon lavoro.
Si raccomandò il leader, per poi sparire anche lui in quella stanza.
Il ragazzo mi guardò con uno sguardo serissimo per poi mettersi a ridere ad accucciarsi davanti a me. Mi tolse la scarpa del piede nel quale mi ero fatta male alla caviglia e ci passò una crema per poi infasciarlo.
-Sei bravo…
Constatai osservando attentamente il suo operato. Aveva una mano leggera e sembrava sapere perfettamente ciò che stava facendo.
-Certo che sono bravo!
Disse con un’espressione un po’ offesa, che lo fece sembrare particolarmente carino, procurando le mie risate più sguaiate.
-Che succede qua?
Chiese Jaehyo, facendo il suo ingresso con una seplice maglia nera ed un paio di jeans.
-Oddio. Sembri quasi normale.
Dissi seria.
-Te lo sei fatta sfuggire. Vero?
-No no, intenzionale.
A quelle parole spalancò gli occhi e mi si buttò addosso.
-Cosa mi hai detto?!
Mi chiese facendomi il sollettico.
Ma io rimasi impassibile come una statua a guardarlo con un sopracciglio alzato.
-Ma tu non sei normale se non soffri il solletico!
Esclamò ridendo.
-Ya! Stai un po’ fermo! Non riesco a lavorare!
Lo rimproverò il più piccolo.
-Ok ok.
Rispose alzandosi e dirigendosi verso un frighetto che non avevo notato.
-Qualcuno di voi ha sentito Zico?
Chiese Ukwon apparendo come prima, solo che szenza la giacca nera.
-E tu ti saresti cambiato?
Gli chiese il piccolo.
La risposta del diavoletto fu un bel dito medio.
-Calma bambini. No, non l’ho sentito… Non so dove si sia andato a ficcare quello la!
Rispose Jaehyo bevendo qualcosa di uno strano colore.
Quanto caotici erano quei tipi? Prima, con le loro belle divise da cattivoni di inqutevano timore, ma adesso che litigavano come dei bambini erano particolarmente buffi per non dire ridicoli.
Dopo una ventina di minuti, nei quali continuarono a lanciarsi frecciatine e battutine che non capivo, P.O aveva finalmente finito con la mia caviglia. Mi rimisi la scarpa e, con un po’ di fatica, mi alzai, pronta per andarmene. Ma quando feci per tornare idnietro fui fermata da Jaehyo, che si fiondò davanti alla porta.
-Scusa?!
Chiesi un po’ scocciata. Ecco, ero tornata quella di “sempre”.
-Dove credi di andare con quel piede?
Mi chiese scuotendo la testa.
-A lavoro. E sono pure in ritardo.
Risposi dando un’occhiata all’orologio che tenevo al polso. Erano già le nove!
-Ok. Però ti accompagnamo noi.
Detto ciò non mi lasciò neppure il tempo di ribattere chemi rimise com’ero fino a prima e in un attimo fummo fuori in strada.
-Posso camminare da sola.
Dissi lasciando il suo collo.
-Yo!
Urlò qualcuno dietro di noi.
Tutti e quattro ci girammo e ci ritrovammo davanti un Bomb col fiatone.
-Ragazzi, sono incazzati neri! Dobbiamo subito tornare alrtimenti sono cazzi amari!
Spiegò ridendo e procurando le risate anche degli altri ragazzi.
-Ok, portiamo Felicity e poi andiamo da loro.- disse Jaehyo cercando di non ridere troppo –Dov’è che lavori?
-Hem, il nome non lo so, ma è uno studio fotografico parecchio grande.
Cercai di farmi capire aumentando il passo per stare dietro a loro.
-Mh. Capito.
Rispose semplicemente prendendomi la mano e camminando ancora più velocemente.
 
-E’ qua?
Mi chiese fermandosi davanti all’entrata del’enorme edificio.
Io annuii sorridendogli.
-Bene. Allora ci si vede.
Mi disse lasciandomi un leggero bacio sulla guancia… Mai l’avesse fatto!
Dalla porta uscirono due ragazzi che si fiondarono tra noi due. Sentii uno strano verso, quasi come un ringhio, da parte di Jaehyo.
-Che cavolo le avete fatto?
Gli chiese, in un veloce coreano, una voce che conoscevo… Jonghyun… Kim Jonghyun…
-L’abbiamo salvata da un gruppo di merde e le abbiamo fasciato la caviglia. Qualcosa di sbagliato?
Si mise in mezzo Ukwon.
-Si. Voi. Dovete starle lontani. Chiaro?
Disse un’altra voce… quella di Minho.
-Certo. Come dite voi.
Disse Jaehyo alzando le mani a mo’ di scusa.
-Andiamocene. Ci si vede Felicity.
Concluse andandosene.
Quando furono lontani, i due ragazzi davanti a me, si girarono e mi fulminarono con lo sguardo.
-E adesso che c’è?
Chiesi sbuffando.
-C’è che quelli non sono persone alle quali stare vicini! Ecco cosa c’è!
Urlò Jonghyun.
-Ma che vuoi tu che non hai fatto altro che spararmi merda!
Urlai a mia volta.
Il ragazzo aprì la bocca senza emettere alcun suono. Senza pensarci un attimo in più entrai velocemente nell’edificio piena di rabbia.
-Ya! Felicity! Ferma!
Urlò Minho raggiungendomi e bloccandomi per il polso.
-Che vuoi tu adesso!
-Cavolo ragazza, calmati! Ti stava solo dando un consiglio!
Tutte le persone che ci passavano accanto non ci badavano più di tanto. Davano un’occhiata e poi continuavano il loro lavoro come se nulla fosse.
-Spiegami perché dovrei stare lontano da lo…
La mia frase fu interrotta da un urlo. Nella folla che camminava si creò un buco nel cui interno la solita bionda del giorno prima stava in piedi davanti ad una ragazza a terra.
-Allora?! Questo come me lo spieghi?! È?!
Urlò la bionda. L’altra ragazza abbassò la testa.
-Allora?!
Tutti quanti erano zitti a guardare quella pietosa sceneggiata. Sentivo, accanto a me, Minho che stava soffocando delle imprecazioni. Mi girai verso di lui e lo trovai con lo sguardo rivolto verso il basso con i pugni chiusi.
-Choi! È questo il tuo cognome, no?! Chi altro è così sfigato da avere un cognome del genere?!
Quella ragazza… mi stava facendo crescere il crimine…
-Minho, come fai di cognome?
Chiesi sottovoce, un po’ preoccupata.
Il ragazzo alzò la testa con uno sguardo di pura rabbia. Partì spedito verso quella bionda siliconata che aveva preso la povera ragazza per i capelli. Minho le tolse la mano e si mise davanti alla mora che si aggrappò alla sua schiena.
-Io.
Disse tranquillamente
-Oh guarda! È arrivato il principe! Quella non sa neppure arrangiarsi! Coreani di merda!
Minho scosse la testa e si mise a ridere.
-La tua volgarità è talmente tanta che mi fai venire conati di vomito al solo guardarti.
Disse una voce in inglese e dalla folla sbucò Taemin con un’espressione serissima.
-Ya! Taemin! Non si offendono le lavoratrici sotto i pali!
Se la rise Jonghyun facendo il suo ingresso, seguito dal damerino dell’altro giorno, il quale si avvicinò alla bionda e sorridendole le fece una carezza in testa.
-Ora vai. Hai fatto la tua scenata.
La ragazza sorrise e se ne andò, così come tutta la folla. I ragazzi si apparetarono sotto una rampa di scale e io mi dovetti spostare per poterli vedere bene.
-Ah! Ragazzi! Non sapete quanto mi sono dovuto trattenere per non strapparle quei capelli schifosi! E guardate! Mi ha unto le mani quell’oca!
Protestò in coreano il damerino, gesticolando solo come una diva sa fare.
-Lo sappiamo, lo sappiamo.
Lo consolò Jonghyun guardandolo con tenerezza.
Minho si spostò da loro e parlò con la ragazza. La guardava con uno sguardo talmente preoccupato che sembrava una madre con la propria figlia.
-Quanto dolci sono?!
Disse una voce dietro di me. Mi girai e un ragazzo dagli occhi a mandorla con i capelli tirati all’indietro e un completo nero mi stava rivolgendo un sorriso dolcissimo.
-Sembrano una coppia innamorata.
Disse guardando Minho e la ragazza che adesso si stavano abbracciando.
-E non lo sono?
Chiesi con un tono di voce piatto.
-Non possono esserlo.
-Perché?
-Caste.
Rispose semplicemente.
-Comunque io sono Jack Lee, piacere di conoscerla.
Si presentò porgendomi la mano che io strinsi.
-Felicity.
-Non ha un cognome?
Scossi la testa ridacchiando, per poi avvicinarmi ai ragazzi.
-Scusate, ma chi era quella?
Chiesi ai tre modelli che mi fulminarono con lo sguardo.
-Ulrike Khlay. Una modella tedesca. Pazza. Schizzata. Isterica. Oca!
Rispose il damerino dai capelli biondi, urlando per l’ultima parola.
-Kibum, calmati. Non dare spettaccolo pure tu.
Se la rise Jonghyun.
-Ok.- s’intromise Taemin –Voi la bloccate e io la ammazzo.
Disse con lo sguardo rivolto la porta dalla quale era uscita.
-Non è il caso.
Disse la ragazza mettendosi al mio fianco e porgendomi la mano.
-Piacere. Io sono Sulli.- si presentò educatamente –Tu devi essere Felicity, l’amica di Philippe, giusto?
Io annuii vedendo il damerino, Kibum, soffocare una frase che capì solo l’altro biondo, visto che si mise a ridere.
-Ho visto che hai fatto la conoscenza del nostro caro Onew.
Mi disse Kibum avvicinandosi.
-Onew?
Chiesi stranita.
-Oh… credo sia il caso tu sappia un po’ di cose…
 
Eravamo seduti tutti e sei su un bar poco distante dal “posto di lavoro”. Era un bel locale tutto in legno bianco e in stile un po’ vintage.
-Dunque – cominciò Kibum –il ragazzo che ti ha parlato era Onew.
Soddisfatto di ciò che aveva detto bevve tranquillamente la sua tazza di caffè nero, ammirando la bellezza del bar.
-Spiego io che è meglio.- s’intromise Jonghyun, lanciando un’occhiataccia all’altro, che non lo badò minimamente –Onew è il nome d’arte di quel tipo. Il suo vero nome è Lee Jinki. È un coregrafo e attore sud coreano poco conosciuto nel suo paese natale perché lavora principalemente all’estero e perché preferisce rimanere nell’anonimato. È da poco tornato da il tour del muscial Evita nel quale ha fatto una parte del corpo di ballo e come aiuto coreografo. Oltetutto sa anche cantare egregiamente.
Mi spiegò, interrompendosi alle volte per bere un sorso di caffè.
-Ma a me si è presentato come Jack Lee…
Dissi più a me stessa che altro.
-E’ il nome che usa all’estero.
Disse Taemin, che da quando ero arrivata non aveva aperto bocca e aveva continuato a fissarmi.
-Be, parliamo di altro… per esempio… Jaehyo… o che ne so io…
Disse Kbum con la tazza davanti alla bocca.
Io cominciai a guardare la mia tazza di cappuccino ancora intatta con un interesse innaturale… stranamente parlare di quel ragazzo e di quel che era successo mi faceva sentire a disagio in una maniera impressionante.
-Voglio essere diretto quindi ti dirò tutto.- sbottò Minho –Molto probabilmente vorrai delle spiegazioni… Ahn Jaehyo, figlio di un riccone cinese. Pyo JiHoon, figlio di una coppia di chirurghi stra ricchi coreani. Kim YooKwon, figlio di un tipo che ha migliaia di hotel in tutto il mondo. Lee MinHyuk o anche chiamato Bomb, figlio di un avvocato e di un banchiere.
Disse tutto d’un fiato.
-Visto che sono così pieni di soldi possono fare di tutto e risulteranno sempre puliti.
Concluse Kibum.
-Già miei cari. Solo che il qui presente Ukwon si è tolto il cognome Kim e suo padrenon lo considera più un figlio, Bomb per poco non veniva accusato dalla madre stessa, P.O se n’è andato di casa appena ha potuto e Jaehyo non vede suo padre da ormai otto anni. Quindi, in definitiva, solo Jaehyo ha i soldi e con quei pochi che ha cerca di far vivere anche noi.
Disse una voce al mio fianco. Mi girai e mi ritrovai davanti Ukwon con una camicia bianca, un grembiulino nero intorno alla vita e un vassoio in mano.
-Il cognome Kim ormai non mi appartiene più.
Disse guardandoci tutti uno ad uno.
-E chi sei allora?
Chiese Sulli sorridendgoli.
-Ahn Ukwon. Così come P.O e Bomb.
I ragazzi sgranarono così tanto gli occhi che per poco non gli caddero.
-Tutti volgiono far passare Jaehyo per una persona cattiva, ma in verità è l’unica che ci ha amati come una famiglia. È la nostra famiglia.
Detto ciò andò su un tavolo poco distante e appoggiò le cose che aveva sul vassoio, ricevendo insulti dalla persona seduta a quel tavolo. Nell’udire quella odiosa voce il mio crimine si alzò noteolmente, tanto che mi alzai e due attimi dopo mi ritrovai davanti alla solita bionda, solo che questa volta aveva la faccia completamente inzuppata di succo d’arancia.
Solo dopo realizzai che ero stata io.

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