Io e te, semplicemente noi... Lo vuoi?

di pazzamenteViola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***
Capitolo 35: *** 35 ***
Capitolo 36: *** 36 ***
Capitolo 37: *** 37 ***
Capitolo 38: *** 38 ***
Capitolo 39: *** 39 ***
Capitolo 40: *** 40 ***
Capitolo 41: *** 41 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Nota dell’autore: Ho pensato di continuare la storia precedente e di raccontarla dando voce non solo a Giada, ma anche ad altri protagonisti. Penso che così la storia renda meglio, spero apprezziate!
Buona lettura!

 
 
[Alex]
 
Quando quella mattina Michele chiamó per annunciarmi che la piccola Mia era nata, pensai che non ci potesse essere un modo migliore di cominciare la giornata. Ero davvero felice... Sì, ero egoisticamente felice, perché sapevo che l'avrei vista di nuovo. Si era persa il rientro in campo di suo fratello, la cena per il fidanzamento di Giorgio e Margherita, ma non si sarebbe mai persa i primi giorni di vita della sua nipotina. Non vedevo Giada da quella notte, da quel litigio in quel parcheggio affollato, quando arrivai da lei la mattina dopo, se ne era già andata, era scappata… a Londra, dove, lo sapeva benissimo,non avrei potuto raggiungerla, non potevo lasciare la squadra, gli allenamenti: ero bloccato a Pescara. L’avevo chiamata ogni giorno per più di un mese, ma non avevo mai ricevuto alcuna risposta, non un sms, non una mail, niente: il silenzio assoluto… Alla fine, arrivai a pensare che non mi amasse abbastanza,  altrimenti mi avrebbe dato la possibilità di spiegare, il beneficio del dubbio e smisi di cercarla. Ma, quando il giorno di San Valentino, Andrea si lasciò sfuggire che Giada sarebbe tornata a Milano per la ripresa delle lezioni, decisi di provare un'altra volta a ricucire il nostro rapporto, perché la mia vita, senza di lei, faceva abbastanza schifo. Le spedii il nuovo album della sua band preferita, nella maggior parte di quelle canzoni avevo ritrovato qualcosa di noi, ma una su tutte descriveva, perfettamente, come mi sentivo, gliela indicai, non poteva ignorarmi. Non questa volta. Passai tutta la sera e la notte con il cellulare in mano, in attesa di un suo segnale, ma ancora una volta, ottenni solo silenzio. La mattina dopo, mentre uscivo per andare in palestra, inciampai in uno scatolone che era stato abbandonato sulla soglia, dopo una miriade d’imprecazioni di vario genere lo spinsi in casa e lo aprii; sopra un mucchio di oggetti familiari, c’era lo stesso cd che le avevo mandato il giorno prima e un post-it, indicando un'altra canzone, diceva: “Sai anche tu che non parla di noi!”. Non avevo bisogno di ascoltare quella canzone, la conoscevo già ed era una stronzata quello che mi aveva scritto, corsi fuori di casa e mi precipitai nel posto in cui ero sicuro di trovarla: questa volta mi avrebbe dovuto ascoltare.

Andrea mi aprì la porta stupito di vedermi: “Che ci fai qui?Dovevamo incontrarci?”
“Dov’è? Devo parlare con lei!” dissi spostandolo dalla soglia ed entrando.
“Prego, entra pure!” commentò Andrea: “si può sapere cosa ti è successo?"
“Devo parlare con Giada, lo so che è qui!”
“Giada??” sembrava sorpreso: “Alex, mia sorella è a Milano!”
“Mi ha lasciato uno scatolone sulla soglia di casa, quindi evita… Dimmi dov’è?” richiesi per la milionesima volta, mentre cercandola per casa, cominciavo a realizzare che probabilmente non era lì.
“Giada è a Pescara ?” mi chiese Andrea sorpreso e… ferito?
Mi limitai ad alzare le spalle, lo vidi prendere il cellulare e lo osservai mentre parlava: “Ciao, Miche!… Scusa, ma stavi ancora dormendo?...Ah, capito!... Per caso Giada è da te?...Sì, hai capito bene. Giada, mia sorella!” ripetè alzando gli occhi al cielo: “Alex dice che gli ha lasciato sulla porta di casa uno scatolone … Lo so, grazie comunque. Ci vediamo più tardi in palestra!” riattaccò: “Neanche lui sa niente” mi informò e mi fece segno di seguirlo in cucina, dove Mara stava preparando il caffè.
 “Ciao,Alex!” mi salutò  sorpresa, la sua pancia era crescita parecchio nell’ultimo mese, ma lei, se possibile, era ancora più bella: “Fai colazione con noi?”
“No, grazie” dissi: “Non mi fermo a lungo”
Andrea si rivolse alla moglie: “ Amore, non è che tu per caso sai dov’è mia sorella?”
Mara lo  guardò come se fosse pazzo: “ Lo sai anche tu dov’è! A Milano, e dove se no?”
“Stamattina mi ha lasciato uno scatolone sulla porta di casa…” le spiegai
“Ah … “ commentò ,poi sorrise come se fosse divertita dalla situazione, anche Andrea lo notò e chiese: “ Sai per caso qualcosa che io non so?”
“Non so nulla, ma ti posso dire con assoluta certezza che in questo momento Giada è a Milano!” rispose convinta e poi vedendo i nostri sguardi sbalorditi aggiunse: “Immagino si sia trattato di una toccata e fuga…”
“Come…?” tentai di chiederle ma lei mi interruppe: “Sapeva benissimo che questo era il primo posto in cui l’avresti cercata e non poteva certo andare da Michele … quindi, fatto ciò che doveva,  se ne sarà tornata dritta dritta a Milano”
“Non ci avevo pensato” ammise Andrea
“Era tutto così logico, tutto così da Giada!” pensai: “ ma non mi meritavo di essere scaricato di persona? Perché non mi voleva neanche incontrare un’ultima volta?”. “Scusate l’intrusione, ragazzi!” dissi: “ci vediamo in palestra… scusate ancora” e feci per andarmene.
“Alex…” mi fermò Mara:  “Forse è meglio che lasci perdere, se lei ha deciso così… insomma non farti ancora del male, non ne vale la pena…”
Le sorrisi: “Sai hai ragione. Evidentemente non mi ama abbastanza, forse non mi ha mai amato…” Era la prima volta  che esprimevo quel pensiero a voce alta, ma ormai era l’unica spiegazione possibile.
“Già…” commentò Mara, ma non mi sembrò molto convinta.
Tornato a casa, presi lo scatolone e lo buttai nel ripostiglio, non avevo alcuna intenzione di rivivere quei momenti, di stare ancora male per una che non mi amava. Quella sera uscii con Michele: due amici single in cerca di divertimento. Fu proprio quella sera, che conobbi Alyssa.
 
Michele mi portò in un locale molto carino, poco fuori Pescara. Come al solito il mio amico non impiegò più di due minuti per individuare la sua preda, io invece avevo perso la mano. Mi guardai intorno per un po’, c’erano molto ragazze attraenti, ma nessuna di loro mi colpì, in fondo … nessuna di loro era Giada. Decisi di andare al bancone, magari l’alcool avrebbe abbassato le mie pretese. Fu allora che la vidi, per un attimo pensai che fosse proprio lei, la ragazza dietro il bancone non era Giada ma le somigliava moltissimo, gli stessi colori: occhi azzurri, capelli castano chiaro, pelle color latte. Avevo trovato la ragazza che faceva per me e il modo migliore per ferire Giada, era riprodurre esattamente il modo in cui l’avevo conosciuta, così mi sedetti al bancone e attirai la sua attenzione, le chiesi una birra e poi il suo nome: Alyssa. Non ci fu bisogno che mi presentassi, a differenza di Giada sapeva benissimo chi fossi: Alex Walsh, campione olimpico. Riuscii ad attaccare bottone  senza problema, le offrii una birra che accettò volentieri senza nessuna frase buffa tipo: “Non bevo in servizio!”. Non era Giada, non aveva quella sfumatura di dolore negli occhi, quel calore nella voce,quel  sorriso che mi toglieva il respiro, aveva il viso troppo truccato, i capelli sciolti che ricadevano sulle spalle e non raccolti in una sorta di chignon come faceva sempre la mia principessa quando lavorava o studiava o cucinava per me. Non era Giada, ma potevo sempre fingere che lo fosse ed è quello che feci quando, a fine serata, la portai a casa mia …
La mattina dopo me la svignai, senza svegliarla, le lasciai un bigliettino con il mio numero di telefono, lo facevo sempre, prima, lasciavo il numero e poi se mi contattavano, lo facevano quasi sempre, le liquidavo con un banale: “Non sei tuo il problema, sono io. In questo momento, non mi sento pronto per una relazione. Non voglio farti soffrire”.  Però quello era prima, passai la giornata a riflettere su cosa fare se Alyssa mi avesse chiamato, non avevo voglia di ricominciare a entrare in un letto diverso ogni sera, non avevo voglia di inventarmi complimenti stupidi per riuscire a portamele a letto, cominciare una relazione stabile con lei, poteva avere i suoi vantaggi, non mi dovevo impegnare per avere qualcuno con cui fare sesso e non correvo il rischio di innamorarmi, lo ero già e poi… l’ho già detto che somigliava a Giada? Quando, più tardi, Alyssa mi chiamò, la invitai a cena e da lì cominciò tutto. Niente drammi, niente pretese, due persone che si divertivano insieme sotto le lenzuola, una ragazza che finalmente veniva alle partite, che c’era se avevo bisogno di lei; avevo fatto la scelta giusta: se non potevo avere la donna che amavo, Alyssa era la persona che faceva per me, così simile a lei esteticamente, così diversa nei modi di fare, di pensare, di parlare, così lontana da tutto quello che amavo di Giada, ma che ci aveva separato.
Dopo poche settimane decisi di farla conoscere ai miei amici, portandola a una delle nostre cene al “Dragone Rosso”, appena la videro scossero il capo, sapevano che mi frequentavo con qualcuno e pensavano tutti che fosse una grandiosa idea, ma … “Non è con una controfigura che la dimenticherai, amico mio!” mi sussurrò Michele all’orecchio, mentre prendevamo posto al nostro tavolo.
Aveva ragione. Quella mattina erano passati quattro mesi dal nostro litigio, due dei quali  passati con Alyssa al mio fianco, eppure sapendo che l'avrei rivista, sentii una fitta allo stomaco, una sensazione… non saprei darle un nome, mi sentii come un bambino la mattina di Natale.
 
Purtroppo quella mattina, Alyssa dormiva al mio fianco, cercai di convincerla a non venire in ospedale, ma non volle sentire ragioni, non era poi così stupida,anche se nessuno le aveva mai detto nulla, sapeva che Giada, la Giada di cui aveva tanto sentito parlare, non era solo la sorella di Andrea o almeno non lo era per me. Arrivammo in ospedale verso l’ora di pranzo, come mi aveva suggerito Michele, lo incrociai nel parcheggio: “Ciao, Miche!” urlai per catturare la sua attenzione.
Michele si voltò immediatamente e sorridendo si avvicinò alla mia auto: “Ciao, bello! Spacchi il minuto ho appena …” s’interruppe notando Alyssa seduta accanto a me: “Ciao, Alyssa!” la salutò rivolgendomi uno sguardo di rimprovero che conoscevo molto bene.
“Michele …” rispose al suo saluto Alyssa, quei due non si erano mai piaciuti molto. “Stavi dicendo?”chiese.
“Certo … Stavo dicendo che sono appena andato a prendere Giada in stazione, è già su da Mara … Anzi mi conviene raggiungerla, mi starà dando per disperso … Ci vediamo di sopra!”
“Perfetto, non vedo l’ora di conoscerla” ribatté Alyssa.
“Immagino!” sussurrò sarcastico Michele, ma per fortuna lei non lo sentì.
 
Appena scesi dall’ascensore, Alyssa mi prese per mano, mi voltai verso di lei accennando un sorriso, ma si vedeva che ero nervoso. Finalmente l’avrei rivista, però, non era così che me lo ero immaginato, non volevo che mi vedesse mano nella mano con un'altra, che pensasse che l’avessi dimenticata, ma tutto questo non potevo certo dirlo ad Alyssa... Feci un respiro profondo e cominciai a camminare per il corridoio, appena svoltato l’angolo, la vidi. Michele le stava parlando, probabilmente stava tentando di avvisarla del mio... O meglio, del nostro arrivo. In un attimo, i suoi occhi incontrarono i miei e tutto il resto sparì, finalmente dopo mesi, mi sentii nuovamente a casa.

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Capitolo 2
*** 2 ***


I miei occhi sempre fissi nei suoi, continuai a camminare cercando di tenere a freno l'istinto di correrle incontro e baciarla …  Come faceva ad essere così dannatamente bella? Anche dopo un lungo viaggio,  senza un filo di trucco, i capelli raccolti frettolosamente in una coda di cavallo era  sempre e comunque bellissima. Giada distolse lo sguardo per un attimo e vidi i suoi occhi spostarsi su qualcosa accanto a me, fu solo in quel momento che mi ricordai di Alyssa e delle nostre mani intrecciate. Ormai l'avevamo raggiunta, mi salutò con un distacco che mi colpì come un pugno in pieno stomaco, le risposi con un tono altrettanto freddo e poi feci la domanda più stupida del mondo: “Fatto buon viaggio?" Che razza di idiota!Dopo quattro mesi era quello il meglio che sapevo dirle?
Un silenzio imbarazzante cadde tra di noi, così Michele decise di intervenire: "Ehm... Voi due non vi conoscete... Giada, lei è Alyssa. Alyssa, lei è Giada, la sorella di Andrea."
Le tese la mano come se non le importasse. “Davvero non ti importa, principessa?” pensai tra me e me.
"Piacere mio" rispose Alyssa stringendole la mano, mentre con l'altro braccio cinse il mio fianco, stava marcando il territorio. Quel gesto mi infastidì parecchio, ma fortunatamente anche Giada non rimase indifferente, puntò i suoi splendidi occhi azzurri nei miei e con tono di sfida disse: "Andrea non mi ha detto che ti eri fidanzato” mise molta enfasi su quell’ultima parola, poi si rivolse ad Alyssa: “State insieme da molto?"
"Quasi due mesi." Le rispose orgogliosa.
 "Wow! Due mesi, è quasi un record per te. Giusto Alex?"
Perchè faceva così? Sapeva benissimo che non era vero, era lei era sempre stata lei. Ero a disagio, non sapevo cosa dire, non potevo negare, non potevo confermare: "Sai com'è?” le risposi: “Quando si trova la persona giusta, il tempo perde valore" Era dannatamente vero, io l’avevo trovata la persona giusta, era proprio lì, davanti a me. La conversazione stava prendendo una brutta piega e Michele tentò di inserirsi: "Andiamo a trovare Mara?".
Giada lo zittì: “Dimmi Alyssa…”marcò di proposito l’ultima vocale, sapevo che avrebbe odiato il suo nome: “…come vi siete conosciuti?"
 Ecco la grande domanda, quella che avrebbe scoperto le carte, Alyssa cercò prima il mio sguardo e poi disse: “In un modo molto carino a dire il vero... Era entrato nel bar dove lavoro per una birra ed eccoci qua."
"In un bar? Davvero!" Giada sorrise, ma era uno dei suoi sorrisi più falsi. Allora  le importava? Avevo ancora qualche possibilità? Volevo dire qualcosa, sminuire tutta quella storia, farle capire che per me c'era sempre e solo lei, stavo per dire qualcosa quando …
“ Giadaaa... Sei arrivata!” Mi voltai, Andrea le stava correndo incontro; in un attimo l’aveva raggiunta e stretta in un grande abbraccio. Continuai ad osservare i suoi occhi, era commossa: per il fratello o c’era dell’altro? Avevo qualche speranza?
Andrea la portò via subito per farle vedere la bambina, lei gli sorrise, era un  sorriso dei suoi, di quelli che partivano dagli occhi e illuminavano la stanza: “Andiamo.” Disse e poi aggiunse rivolgendosi a Michele:”A dopo!”  
Mi aveva completamente ignorato, dovevo fare qualcosa, non potevo lasciarla andare via così, aveva frainteso tutto. Misi la mano libera in tasca e feci partire la suoneria del cellulare, finsi di guardare il mittente: “Scusate" dissi : “devo rispondere” mi allontanai da Alyssa, mentre Michele mi lanciò un'occhiata, tipica di chi aveva capito tutto. Finsi di  essere impegnato in una conversazione fino quando non fui abbastanza lontano, poi mi diressi alla nursery.
 
Giada era di spalle, intenta a guardare suo fratello che prendeva in braccio la piccola Mia,  il suo riflesso nel vetro sorrideva divertito, mi avvicinai silenziosamente e le cinsi la vita con il braccio. Il suo corpo ebbe un lieve sussulto quando la mia mano toccò il suo fianco. Giada non si voltò nemmeno: “ Cosa vuoi?” chiese scocciata .
“Mi sei mancata” le sussurrai all’orecchio. 
“Ne sarà contenta, Alyssa”
Il suo commento, mi strappò un sorriso compiaciuto… le importava.
Decisi di provocarla: “Se non ti conoscessi direi che sei gelosa” dissi mentre la attiravo ancora più vicino a me, il suo fianco ormai incollato al mio. Sapevo che quel gesto l'avrebbe innervosita, appoggiò una mano sulla mia nel tentativo di liberarsi dalla mia stretta, ne approfittai per attirarla ancora più vicina a me. Il mio petto contro il suo, i nostri visi vicini, Giada teneva lo sguardo basso, come se avesse paura di incrociare i miei occhi : “Perché non mi guardi” chiesi divertito, mentre le alzavo con delicatezza il mento.
“ Ti sto guardando, contento” rispose ancora indispettita, ma il battito accelerato del suo cuore la tradì.
Annuii mentre lentamente avvicinavo le mie labbra alla sue. Avevo desiderato quel momento da troppo tempo, avevo desiderato di stringerla tra le mie braccia,  di sentire ancora il suo profumo, il suo sapore e finalmente… “Sorellina, ti presen…” Andrea si bloccò stupito dalla scena che aveva appena interrotto.
Giada ne approfittò per liberarsi dalla mie braccia e avvicinarsi alla sua nipotina: ”Andre, guarda: mi sta sorridendo” richiamò l’attenzione del fratello mentre afferrava la manina che Mia stava allungando verso di lei.
Andrea, come risvegliato da un sogno, le sorrise: “Sorellina, questa è Mia. Mia questa è zia Giada” le presentò e  una piccola lacrime bagnò il volto di Giada.
"Vuoi tenerla in braccio”
“ Io? Ma…”
Andrea le sorrise e le passò la piccola, non riuscii a staccare gli occhi da lei. Era così felice, così naturale, così a suo agio con quella piccola creatura tra le braccia: “Andrea… è bellissima!” le sentii dire.
“Già, davvero bellissima” Commentai ad alta voce.
Giada alzò lo sguardo verso di me, le sorrisi; sapevamo entrambi che non mi riferivo alla bambina. Alzò gli occhi al cielo e mi sorrise, come faceva sempre quando, al termine di una discussione, dicevo qualcosa che le faceva dimenticare il motivo per cui era arrabbiata con me.  In quell’istante capii molte cose: mi amava, mi aveva sempre amato e sapeva che se mi avesse rivisto, mi avrebbe perdonato. Per un istante pensai che non era cambiato nulla, che quei mesi lontani erano solo un brutto incubo, che quella volta sarebbe stato diverso, sarebbe stato per sempre, ma mi sbagliavo. Un attimo dopo, la sua espressione cambiò, un muro si interpose ancora tra di noi, più alto e resistente del precedente.
"Andiamo dalla mamma, piccolina?" disse mentre s’incamminava.
“Ottima idea” commentò Andrea e mi diede una pacca sulla spalla, incoraggiandomi a seguirli.
 
Fuori dalla stanza di Mara, il gruppo era aumentato: Margherita, Giorgio e Stefano si erano uniti a Michele e Alyssa.
“Cosa ci fate qui?” chiese Andrea, probabilmente perchè la smettessero di spostare lo sguardo da me a Giada, increduli nel vederci così vicini… o forse così lontani!
“Volevamo rivedere questo spettacolo della natura” disse Margherita avvicinandosi a Giada e sorridendo alla piccolina.
“Amico… mi sa proprio,che ti sei cacciato in un brutto guaio” commentò Michele rivolgendosi a Giorgio.
“Non ti preoccupare…” lo zittì Margherita: “Non c'è alcun rischio... Per ora mi bastano i bambini che mi affollano casa il primo lunedì di ogni mese!” aggiunse riferendosi alle nostre serate a base di birra e sfide alla play station.
Giada e Margherita si scambiarono un sorriso complice, mentre Michele aprì la bocca per ribattere, ma non riuscì a trovare le parole.
“Te la sei cercato cognatino!” lo sbeffeggiò Andrea. “Mara è sveglia?”
“Non lo so” ammise Michele: “qualcuno mi ha vietato di entrare” aggiunse lanciando un'occhiataccia a Giada, che rispose con una smorfia.
“Allora andiamo prima noi” disse prendendo la piccola dalle braccia di Giada ed entrando nella stanza della moglie.
Appena Giada fu libera, Margherita la abbracciò: “è bello averti qui! Ci sei mancata.”
“Assolutamente...” disse Giorgio avvicinandosi per abbracciarla a sua volta: “Ho finito gli aneddoti con cui prendere in giro Stefano, tu sei la mia miglior fonte di informazioni …” scherzò
“Ah ah… Molto simpatico, ti brucia perché ti batto sempre!” commentò Stefano e rivolgendosi a Giada: “Io non mi merito un abbraccio?” chiese allargando le braccia, mentre lei sorridendo gli andava incontro.
“Mi sei mancato” disse.
Quelle parole mi diedero un gran fastidio: “ed io non ti  sono mancato?” pensai.
“Anche tu” ammise Stefano stringendola più forte a sé e…  stava respirando il suo profumo? La scintilla che vidi nei suoi occhi era forse… “No” mi risposi.... Stavo diventando paranoico, si conoscevano da una vita, erano amici da una vita.
Andrea, uscendo dalla stanza, interruppe i miei pensieri: “le signore sono pronte a ricevervi” scherzò invitandoci ad entrare.

Fui l’ultimo ad entrare, poco prima di varcare la soglia Alyssa mi bloccò, trattenendomi per un braccio.
“Chi era al telefono?” chiese
“Il fisio della squadra” mentii
“Cosa ci facevi con loro?”
La guardai scocciato: “Li ho incontrati in corridoio mentre tornavo qui! D'accordo?”Notai che il mio tono l'aveva ferita così aggiunsi sorridendo: “adesso entriamo?”
 Lei annuì, sollevata ed entrammo in quella stanza, vedendomi Mara sorrise, quando si accorse che Alyssa era con me, mi lanciò la stessa occhiata di disappunto che il fratello mi aveva riservato nel parcheggio. Giada  seduta al suo fianco, si voltò a guardarmi, nei suoi occhi non trovai alcun appiglio che mi lasciasse sperare … Era così dannatamente testarda.

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Capitolo 3
*** 3 ***


[Giada]
 
Alex entrò per ultimo seguito da Alyssa. Lei si avvicinò a Mara e le allungò un pacchettino che, probabilmente, aveva tenuto nella borsa fino a quel momento: “Congratulazioni” le disse: “Mia è una bambina fortunata”
“Come darle torto” pensai, sarebbero stati dei genitori fantastici … con me lo erano stati.
“Grazie mille” le sorrise Mara: “Non dovevi disturbarti” disse mentre scartava il pacchettino. “E’ delizioso” commentò tirando fuori un cappellino rosa con una piccola coccinella ricamata a mano.
“Il buongusto non le manca di certo” commentai tra me e me.
“E’ solo un pensiero” replicò Alyssa: “Può sembrare fuori stagione, ma fidati, ti sarà utile contro l’aria condizionata!”.
Si allontanò dal letto lasciando spazio ad Alex che dopo essersi avvicinato, le stampò un bacio sulla guancia: “Complimenti hai fatto un altro capolavoro!” le disse.
“Un altro? Ma è fuori testa? È la loro prima figlia!” pensai.
“Sei sempre il solito” lo redarguì Mara: “Mi consola il fatto che, almeno lei, sia decisamente fuori dalla tua portata!”
Alex le sorrise: “Assolutamente!” la rassicurò e per un attimo i suoi occhi scivolarono su di me.
“Bastardo… perché non la smetti di mettermi in mezzo e ti occupi di quella” pensai, mentre accavallavo le gambe, a disagio per la piega che quella conversazione stava prendendo.
Come sempre Andrea se ne accorse: “Ehi, guardate che anch’io ho contribuito alla creazione di questo splendore” disse spostando l’attenzione sulla piccola Mia.
“Speriamo per lei che il tuo contributo rimanga  invisibile!” lo canzonò Michele, provocando le nostre risate.
“Idiota” commentò mio fratello.
“Allora Andrea, come ci sente ora che le tue donne sono qui con te?” domandò Stefano
“Le sue donne?” chiesi, non avevo mai sentito mio fratello usare quell’espressione.
“Certo” disse Giorgio: “Da un mese a questa parte, continuava a ripetere che non vedeva l’ora che Mia venisse al mondo, così finalmente le sue donne sarebbe state di nuovo tutte insieme!”
 “Giada, Mara e Mia: le sue donne” concluse Stefano.
Guardai mio fratello con dolcezza, le lacrime minacciavano di scendere, gli ero mancata davvero tanto, ero stata una vera egoista. Lui si strinse nelle spalle e scosse la testa per rassicurarmi: “ Felice … Sono felice perché sono un uomo fortunato” disse regalandomi un sorriso sincero.
“Fortunato … Eh” commentò Michele: “Fossi in te non mi sbilancerei, cognato … Io piuttosto ti definirei un uomo accerchiato!” esclamò, provocando le nostre risate.
“In effetti, fratellone. Scordati di avere ragione, non l’avevi prima figurati ora che siamo tre contro uno!”
“Assolutamente” mi seguì a ruota Mara: “Vero piccolina?” chiese rivolgendosi a Mia che emise un suono, come se volesse partecipare anche lei alla conversazione. Scoppiammo di nuovo tutti a ridere e Andrea commentò sarcastico: “Perfetto … e io che pensavo di aver qualche anno di autonomia!” poi rivolgendosi a me aggiunse: “E’ proprio tua nipote!”.  
Continuammo a ridere e scherzare per un po’, parlando del più e del meno; riuscivo a sentire gli occhi di Alex costantemente puntati su di me. Mi erano mancati davvero tanto, avevo una famiglia fantastica, non mi sarei mai dovuta allontanare così. Decisi che mi sarei fermata qualche giorno per dedicarmi a loro, ignorare Alex senza avere molti chilometri a separarci, sarebbe stato complicato, avevo già rischiato di cadere e compromettere tutto, ma non sarebbe più successo. Ero pronta, tra noi era finita, dovevo continuare ad ascoltare la testa, ignorando quello che continuava ad urlarmi il cuore.

“Non vorrei fare il guastafeste …” disse all’improvviso Michele: “… ma vorrei ricordarvi che abbiamo allenamento tra mezz’ora”. Andrea gli rispose con una smorfia e lui aggiunse: “Lo so, paparino, ma devi pur sempre guadagnarti la pagnotta!” riuscendo così a strappargli un sorriso.
“E’ meglio andare” disse Alex rivolgendosi, per la prima volta?, ad Alyssa, che annuì: “Ci vediamo presto, neomamma!” continuò lui e dopo un saluto generale se ne andarono.
“Amore, tu che fai?” chiese Giorgio alla fidanzata.
“Io rimango qui ancora un po’” disse: “però lasciami la macchina, non si sa mai!”
“Ed io e Stefano come ci arriviamo al palazzetto, volando?” chiese.
“Potete andare con Michele” dissi: “Tanto mi fermo, anch’io!”
“No problem” confermò Michele.
“Perfetto” esclamò Margherita allungando la mano in modo che Giorgio le consegnasse le chiavi.
Riluttante Giorgio tirò fuori dalla tasca le chiavi e avvicinandole al palmo teso disse: “ Mi raccomando, Marghe, non…”
Ma lei lo interruppe afferrando le chiavi e dicendo: “Ti amo anch’io, tesoro!”
Giorgio le sorrise e scosse il capo, poi uscì  seguito da Stefano e Michele.
“Hai bisogno che ti porti qualcosa da casa?” chiese premuroso Andrea alla moglie.
“No, siamo a posto così. Grazie Amore” gli sorrise Mara.
“Allora torno più tardi” disse baciando teneramente prima la fronte di Mia, poi le labbra della moglie. “Scricciolo” aggiunse rivolgendosi a me: “ti trovo quando torno, vero?”
“Si, fratellone, non vado da nessuna parte!” lo rassicurai.
“Perfetto” commentò e si avviò alla porta. Aveva già una mano sulla maniglia quando si bloccò e disse: “Ah Amore, chiedi a Giada cosa ho interrotto prima!”
Mi voltai di scatto verso di lui: “Andrea!” esclamai con tono di rimprovero, ma lui era già uscito dalla stanza. Quando mi voltai, gli occhi di Mara e Margherita erano puntati su di me: “Allora?” chiese Mara.

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Capitolo 4
*** 4 ***


“Allora?” ripetei
“A cosa si riferiva Andrea?” chiese Mara.
“A niente!” esclamai nel tentativo di farla desistere.
“Questo niente ha qualcosa a che vedere con il fatto che Alex non ti ha staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo?” intervenne Margherita.
“Merda!” pensai: “l’avevano notato anche loro.” “Davvero? Non mi è sembrato” mentii
“Giadaaa!” mi riprese Mara
“D’accordo! Forse, e dico forse …  Sì, ecco … Ci siamo quasi baciati” confessai.
“Cosa? Quando?” chiesero all’unisono.
“Prima … fuori dalla nursery … mi ha preso alla sprovvista!” mi giustificai.
“Racconta tutto dall’inizio, che forse è meglio!” disse Mara con decisione.
Cominciai a spiegare ad entrambe come erano andate le cose e conclusi dicendo: “Comunque non significa nulla, tra noi è finita!” il mio tono era risoluto.
“Certo” commentò sarcastica Mara.
“Ovvio …” rincarò la dose Margherita: “perché è assolutamente normale riconoscere una persona dal tocco!”
“Ma dai … Tu avresti fatto lo stesso con Giorgio!”  dissi incredula.
“Non credo proprio” rispose lei.
“Non in un ospedale affollato!” aggiunse Mara.
“Non vi credo” commentai: “Comunque non ha alcuna importanza, perché io non lo amo più!” mentii. Scoppiarono a ridere entrambe: “Smettetela subito” le riproverai: “Con Alex ho chiuso. La nostra relazione non poteva portare nulla di buono, devo pensare allo studio e a laurearmi e poi …” esitai: “mi sembra che si sia consolato in fretta!”
“Alyssa …” commentò Margherita.
“Esattamente! È una bella ragazza …  e stanno molto bene insieme!”
“Ma per favore! …” esclamò Mara alzando gli occhi al cielo: “Alyssa non ti ricorda proprio nessuno?”. Non capivo.“Barista, lunghi capelli castani, occhi azzurri, carnagione molto chiara … è come se ti guardassi allo specchio!”
Mi voltai incredula verso Margherita, che annuì alle parole dell’amica. “Giada …” continuò Mara: “Sono la prima a sostenere la tua scelta, nonostante non la condivida. Sono stata io a incoraggiare Alex a voltare pagina, a mordermi la lingua quando è arrivato a pensare che tu non l’abbia mai amato! Sono stata la prima ad essere felice quando ci ha confessato che aveva conosciuto una ragazza. Ma …”
“Ma quando l’abbiamo conosciuta …” proseguì Margherita: “Abbiamo pensato tutti la stessa cosa: ha scelto una controfigura! Non ti ha dimenticata, si sta accontentando di una persona che, così simile a te, è, allo stesso tempo, priva di tutto quello che ti ha allontanato da lui: università, ambizioni e …” si bloccò timorosa.
“… paure!” concluse Mara per lei. “Perché, diciamocelo, l’unico motivo per cui lo hai lasciato è che hai paura di quello che provi per lui! Hai colto la prima occasione buona per mandare tutto all’aria!”
“Non è andata così! Quel bacio, quelle parole … mi hanno davvero ferito!” risposi indignata.
“Allora perché sei scappata?” mi provocò Mara: “Perché non l’hai affrontato? Ti conosco fin troppo bene, signorina, perché non sei andata da lui per urlagli contro tutta la tua rabbia? Perché non hai citofonato, invece di abbandonare uno scatolone sulla soglia di casa sua?”
“Io …” tentai di intervenire
“Tu…" riprese la parola Mara : "tu, hai capito che prima o poi avresti dovuto scegliere e sapevi benissimo che la tua scelta sarebbe andata contro tutto quello che, fin da piccola, ti eri ripromessa di non fare... Ancora una volta hai scelto di seguire la tua razionalità, ma eri consapevole che se lo avessi rivisto, avresti cambiato idea... Ancora una volta, come a..."
"A Londra" conclusi.
"o come oggi!” disse Mara.
Sospirai. “Cosa vuoi che ti dica?” le chiese. “Che lo amo ancora? Che per un attimo, ho pensato che potevamo essere di nuovo una coppia? Che rivederlo mi ha tolto il respiro? Che sapere come si sono conosciuti mi ha ferito?"
“La verità” rispose con molta tranquillità Mara.
“La verità …” sorrisi amara: “la verità è che non possiamo tornare insieme!”
“Perché?” chiese Margherita
“Perché non sarebbe giusto!”
“Non capisco … Cosa c'è di sbagliato se vi amate?” continuò Margherita
“Non sarebbe giusto per lui … Ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto, che lo supporti giorno dopo giorno, che sia al suo fianco sempre e comunque.”
“Non è andando a tutte le partite che ottieni questo!” commentò Margherita
La ignorai e proseguii: “Non sarebbe giusto per me! Andiamo devi ammettere” dissi rivolta a Mara: “ che da quando lo conosco sono cambiata!”
“Non è detto che sia un male!” mi rispose.
“Non parlare con Andrea  per più di un mese? Pensare di mollare l'università?” le chiesi
“Tutte cose passeggere, che hai superato … E non hai detto la più importante”
“Cioè?”
“Non eri mai stata così felice!”
“E poi non sarebbe giusto per Alyssa …” continuai decidendo di ignorare anche quella replica.
“Oh … per lei sarebbe giustissimo!” commentò Margherita: “Considerato che lui non la ama affatto!” “Qual è il vero problema?”
“Ve l’ho detto … Sarebbe sbagliato”
“Sono tutte scuse” intervenne con durezza Mara: “Andiamo a noi puoi dirlo, Giada … Qual è il vero motivo?”
“Probabilmente che lo amo troppo” ammisi esasperata.
“Amare tanto una persona, non può essere un problema!” disse Margherita
“Ho detto troppo, non tanto.”
“Quando si ama troppo?” mi chiese Mara, voleva capire, una volta per tutte, quello che mi passava veramente per la testa.
Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi: “Quando a 21 anni e una relazione di pochi mesi, ti ritrovi seduta in un bagno ad aspettare l'esito di un test di gravidanza …” riaprii gli occhi e vidi che i loro erano sbarrati, continuai: “… e invece di essere terrorizzata, di pensare che non stava succedendo davvero, non  a te, ti ritrovi a immaginarti mentre stringi tra le braccia un bambino con i suoi stessi occhi e a volere che quel bambino esista davvero... Ami troppo, quando vedendo il test negativo,  invece di essere sollevata, sei dispiaciuta perchè per lui rinunceresti a qualsiasi cosa, perchè in confronto a lui, tutti i tuoi sogni sono un ricordo sbiadito.” Sentii una lacrime bagnarmi lo zigomo, la cacciai via con la mano.
“Perchè non me lo hai detto prima?” chiese Mara. Alzai le spalle. “Lui lo sa?” Scossi il capo. “Quando …?” “Metà novembre” risposi
“È per questo che non sei scesa per così tanto tempo?”
“Non solo … Da quando si è trasferito a Pescara andarsene era diventato sempre più difficile... Lasciare lui, lasciare tutti voi... Non so, faceva sempre più male... i problemi all'università hanno fatto il resto …”
“Non so che dire” ammise Margherita. Le sorrisi, la capivo.
 “E poi? C’è dell’altro?” chiese Mara.
“Quando sono tornata … il suo rapporto con Andrea, le chiavi di casa sua … ero sempre più confusa ….Poi quel bacio, quelle parole: qualcuno mi stava mettendo al centro del suo mondo ma non eri tu” dissi ricordando le sue parole durante il nostro litigio. “Come poteva dire una cosa del genere? Cosa stavo facendo? Ero andata troppo oltre, avevo perso completamente la lucidità!”
“Avresti potuto parlarne con lui” tentò Mara.
“A che pro?” le chiesi: “Per sentirmi dire che complico sempre le cose? O peggio, che non voleva le stesse cose che volevo io?”
“Questo non lo puoi sapere” mi disse, ma non sembrava molto convinta neanche lei, sapevamo benissimo entrambe chi era Alex prima di conoscermi. “Adesso cosa hai intenzione di fare?”
“Mi fermo qualche giorno per assicurarmi che la mia nipotastra stia bene …”
“E con Alex?”
“Ignorarlo, fingere che non m'importi, che sono andata avanti.”
“Non sarà facile, non dopo oggi” ammise Margherita
“Devo solo tenere duro un altro po', ma avrò bisogno del vostro aiuto” confidai.
“Sei proprio sicura che è quello che vuoi?” chiese Mara.
Annuii: “In questi mesi da sola, mi sono resa conto che Alex nella mia vita è sempre stato un capitolo a parte. L’unico che non riuscissi a conciliare con tutto il resto: sogni, ambizioni, prospettive.”
“Poi stare con lui, anche senza annullarti completamente. Guarda me e tuo fratello!”
“Lo so. Ma non so come spiegarti … prima di Alex, avevo un equilibrio: la mia famiglia, i miei amici, lo studio, i miei progetti, ma sentivo che mi mancava qualcosa per sentirmi completa …”
“L’amore” commentò Margherita.
Annuii: “Poi è arrivato  Alex e mi bastava lui per sentirmi completa, non era il tassello mancante del puzzle, era il pezzo unico di un puzzle diverso … Non so se sono riuscita a spiegarmi!” ammisi.
Annuirono entrambe. “Puoi contare sul nostro appoggio … Sempre e comunque” mi rassicurò Margherita.
Sorrisi, sapevo che era vero: “Allora, ditemi un po’ …  Cosa mi sono persa in questi quattro mesi?” 

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Capitolo 5
*** 5 ***


Michele e le sue avventure amorose, Andrea e i disastri combinati nell’arredare la camera della bambina, Stefano e la sua relazione, già conclusa, con una ragazza che aveva conosciuto in discoteca, i preparativi per il matrimonio ormai prossimo, avevamo e stavamo parlando di tutto questo, quando i ragazzi tornarono in ospedale.
“Ancora qui?” chiese scherzando Mara vedendo, insieme al marito, Michele, Stefano e Giorgio.
"Io …” disse Michele: “… sono venuto a trovare l'unica donna capace di stregarmi il cuore!”
“Povera piccola Mia” commentai sconsolata, provocando le risate di Mara.
“Tutta invidia, cara c.s.a. Tutta invidia!”
“Continua a crederci...”
“Io …” si giustificò Giorgio: “sono venuto a controllare che la mia auto non abbia lasciato il parcheggio” poi coprendosi la mano con la bocca mi disse: "sai la macchina è nuova e … non so sei hai mai visto Marghe guidare!”
“Io, per la cronaca guido benissimo!” ribatté Marghe
“Io non ho detto nulla” esclamò Giorgio alzando le mani in segno di innocenza.
“E tu Ste?” chiese Mara: “che scusa hai?”
“Io, in realtà, sono venuto per salutare Giada. Michele dice che domani riparti”
“Davvero?” chiese Andrea.
“No” lo rassicurai. “Grazie Ste, ma dovrete sopportarmi ancora per qualche giorno!”
“Davvero?” questa volta fu Michele a parlare.
“Davvero! Mia deve capire fin da subito qual è lo zio migliore! Qualche problema?” chiesi.
“No, no …” mi sorrise: “Anzi… allora domani vieni a cena con noi, così tuo fratello non può più tirarci un bidone!”
“Non penso che Giada abbia voglia di partecipare a quella cena” s’intromise Andrea.
“Infatti, lasciala un po’ tranquilla, fratellino” intervenne Mara: “si ferma solo per pochi giorni!”
“Quale cena?” chiesi.
“La cena organizzata dalla società.” Mi spiegò Michele: “Andrea vuole saltarla con la scusa della bambina. Dai ci siamo sempre divertiti insieme, senza di voi sarà una noia mortale!”
“Società, Alex, pericolo” furono le tre parole che mi saltarono in mente. “Frena un attimo” gli dissi: “Non ho il vestito adatto! Questa mattina ho preso quattro cose al volo, mi sono persino dimenticata lo spazzolino” esclamai indicando l’unica borsa che avevo con me.
“Va beh …. Mara ha un sacco di vestiti, poi prenderne uno dei suoi” insistette Michele.
“Non abbiamo la stessa taglia.” gli ricordai.
“Puoi sempre comprarne uno domani mattina!” intervenne Giorgio: “La puoi accompagnare tu Amore? Non dici mai di no ad un po’ di shopping!”
“Si … beh, volendo …” tentennò Margherita in imbarazzo.
“Magari a Giada non va, ragazzi” ritentò Andrea, gli sorrisi, come sempre aveva capito tutto. “Magari, vuole passare una serata tranquilla …”
“Ma dai, ci divertiamo. Almeno passiamo una serata tutti in …” si bloccò all’improvviso: “oh … non sarà mica per Alex?” mi chiese. Mara lo fulminò con lo sguardo.
“La delicatezza di un elefante” pensai. “Alex?” chiesi, tentando di controllare il tono di voce: “Figurati, non mi interessa proprio, anzi sai cosa ti dico … domani io e il mio fratellone verremo a quella cena!” esclamai rivolgendo ad Andrea un sorriso rassicurante. “Marghe, domattina ti va un po’ di shopping?”
“Certamente …” mi sorrise.
“Perfetto! Ci divertiremo un sacco!” affermò Michele, io non ne ero affatto convinta.
“Eh voi, cosa ci fate ancora qui?” chiese l’infermiera entrando nella stanza. “E’ ora di andarsene! La signora deve riposare”
“Ha ragione, ci scusi” disse Ste: “Andiamo, ragazzi!”
“Giada, tu torni con Andrea?” mi chiese Michele. Annuii. “Allora noi ce ne andiamo! Ci vediamo domani” disse e uscirono tutti insieme.
“Dieci minuti e voglio fuori anche voi!” ci avvertì l’infermiera.
“Andate!” disse Mara. “Me la cavo benissimo da sola!”
“D’accordo” sorrise Andrea baciandola.
Mi avvicinai per darle un bacio, lei mi abbracciò: “Andrà tutto bene” mi sussurrò all’orecchio.
Le sorrisi e insieme a mio fratello uscii dalla stanza. Non appena si fu richiuso la porta alle spalle, mi circondò le spalle con il braccio: “Stai bene?” chiese
“Portami a casa” risposi. Era stata una lunga giornata.
Mi diede un bacio sulla fronte e ci avviammo alla macchina.

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Capitolo 6
*** 6 ***


[Alex]
 
“Tutto bene?” chiese Giorgio, appena usciti dalle docce.
“Sì,  perché?” risposi fingendo di non capire.
“Niente … In campo, non sembravi tu!” commentò
“Ho qualche pensiero per la testa.” risposi vago
“C’entra per caso …” ma non fece in tempo a concludere la frase perché Michele, uscendo dalla doccia urlò: “Andre, torni subito in ospedale?”
“Mmh” rispose
“Allora, vengo con te! Per voi ragazzi è un problema?” chiese rivolto a Giorgio e Stefano.
“No, anzi…” ribattè Giorgio: “Meglio che vada a recuperare la macchina!”
“Sei pessimo!” lo riprese Stefano e poi aggiunse: “Per me, non ci sono problemi!”
“Tu Alex…” chiese Michele: “Vieni con noi?”
Notai l’occhiataccia che Andrea lanciò al cognato e chiudendo il borsone risposi: “No … Non credo sia il caso …. Salutami Mara” aggiunsi rivolto a Andrea e uscii dallo spogliatoio.
Riuscii a sentire Michele chiedere al cognato: “cosa ho detto di male?” e la sua risposta: “A volte sei proprio tonto!”, poi me ne tornai a casa.
 
Non riuscivo a smettere di pensare a Giada: quel bacio negato dal pessimo tempismo di Andrea, quell’istante che mi aveva fatto sperare che ci potesse essere ancora un noi; appena entrato in casa, buttai il borsone in un angolo e andai dritto nel ripostiglio, lo scatolone di Giada era lì, dove l’avevo lasciato due mesi prima, lo appoggiai sul letto e lo aprii. La prima cosa che vidi fu il cd che le avevo regalato, il post-it che indicava l’ultima traccia era ancora lì, lo accartocciai e lo gettai nel cestino, andai allo stereo e feci partire la musica, poi, tornato sul letto cominciai a tirare fuori un oggetto per volta e fui sopraffatto dai ricordi.
Il braccialetto di cuoio, lo avevo acquistato su una bancarella durate la nostra prima settimana in Grecia,ma avevo aspettato solo l’ultima sera per darglielo, la stessa in cui le dissi “ti amo” per la prima volta, non l’avevo mai detto a nessun altra donna.
Il pupazzo che avevo vinto per lei al Luna Park in uno dei primi sabato pomeriggio passati insieme a Modena, lo spiazzo che l’ospitava, non era distante da casa quindi decidemmo di andare a piedi. Quella sera,mentre tornavamo indietro, un acquazzone pazzesco ci colpì, invece di metterci al riparo, continuammo a camminare sotto la pioggia, mano nella mano; mi ricordo ancora il suo sorriso divertito da quella piccola follia e le urla del coach quando il giorno dopo mi presentai in palestra con un tremendo raffreddore.
Alcune magliette misteriosamente scomparse dal mio armadio che, nonostante lo negasse, sapevo aveva preso lei. Amavo guardarla mentre indossandole, girava per casa, lo faceva spesso, soprattutto dopo che avevamo fatto l’amore, sorrisi riconoscendo la prima che mi aveva “rubato”. Eravamo appena tornati dalla nostra vacanza in Grecia, si era fermata un notte da me prima di andare a Pescara  per chiarire tutto con Andrea. Ricordo, con assoluta chiarezza, la felicità che provai quando svegliandomi, la trovai in cucina, intenta a preparare la colazione con indosso solo quella semplice maglietta e di come passammo il resto della giornata a fare l’amore per allontanare il pensiero che per la prima volta dopo quasi due mesi era arrivato il momento di separarsi.
La camicia che avevo indossato per il nostro secondo appuntamento, che a lei stava così dannatamente bene, la stessa che, bagnata fradicia, le sfilai quando facemmo l’amore per la prima volta, la stessa che indossava, il giorno dopo, quando venne a vedermi giocare per la prima volta.
Infine, sparpagliate sul fondo dello scatolone, le foto della nostra vacanza in Grecia, quanto ero stato vicino a dover partire senza di lei …. Le guardai ad una ad una,  anche se le conoscevo bene, le conservavo, identiche, nel secondo cassetto del comodino. La maggior parte le avevo scattate io, a tradimento: lei che sorrideva,prendeva il sole o dormiva, noi che ci baciavamo … Scorrendole rivissi la vacanza più bella della mia vita, quella che aveva cambiato irrimediabilmente la mia vita.
Poggiai sul letto anche quelle foto, passai in rassegna tutti quegli oggetti che rappresentano, in modo diverso, i nostri sei mesi insieme. Rimasi lì seduto sul letto ad osservali per un po’, la musica in sottofondo riempiva il silenzio della casa; all’improvviso mi accorsi che tra quegli oggetti mancava qualcosa, presi lo scatolone e lo rovesciai: era vuoto, frugai nelle tasche della camicia, ma niente … Afferrai le chiavi della macchina e mi precipitai fuori, proprio in quel momento lo stereo cantava: “Bussare alla sua porta e non pensare se ti dirà sei pazzo e non ti farà entrare”
 
Dieci minuti dopo ero fuori da casa sua, come sempre il cancelletto d’ingresso era aperto, entrai e suonai il campanello. Dopo pochi  istanti, Andrea mi aprì la porta: “Alex” disse, non sembrava poi così sorpreso di vedermi lì.
“Le devo parlare” dissi semplicemente.
“Non so se è il caso”
“Per favore” lo supplicai.
Ci pensò un attimo poi si scostò per farmi entrare: “E’ nel cortile sul retro” disse.
Annuii, ringraziandolo con gli occhi. Andrea sembrava ancora combattuto, andai da lei prima che potesse cambiare idea.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Era seduta sul vecchio dondolo, le gambe raggruppate al petto, persa in chissà quali pensieri, le cuffiette dell’Ipod nell’orecchie, non si accorse subito della mia presenza; mi avvicinai e mi sedetti accanto ai suoi piedi, come al solito, nudi. Mi guardò sorpresa e si sfilò le cuffiette.
“Cosa ascolti?” le chiesi. Non volevo litigare, volevo parlare, volevo capire … volevo lei.
“Cosa ci fa qui? Come sei entrato?”
“Andrea.… ho bisogno di parlarti”
Mi aspettavo che si arrabbiasse,  invece disse semplicemente:  “Non ho voglia di parlare. È stata una lunga giornata e sono stanca …”
Non stava mentendo, aveva davvero l’aria stanca: “Nottata in biblioteca?” le chiesi. “Questa volta per Jenny sarà quella buona?”
Sgranò gli occhi per un istante, sorpresa  quando citai la sua coinquilina, ma non disse nulla. Allora continuai: “puoi sempre ascoltare … Non ci vorrà molto”. Fece un cenno col capo e proseguii: “Andrea non era l’unico ad aspettare con ansia la nascita di Mia. Sapevo che finalmente ti avrei rivista. Volevo, dovevo rivederti …”
“Alex …” tentò di intervenire ma la bloccai.
“Avevo bisogno di capire il perché. Oggi l'ho capito: ho sbagliato ….” Giada mi fissava, ora era lei a non capire. “… Quando ho trovato lo scatolone fuori di casa, sono corso qui a cercarti, ma tu non c’eri;  mi sono chiesto perché fa così? Perché non mi vuole parlare? Come può permettere che quel litigio sia la fine di tutto? Volevo delle spiegazioni, me le meritavo, ma tu mi evitavi … Allora ne ho trovata una da solo: Giada non ti ama Alex, mi sono detto,non ti ha mai amato.”
“Ottima conclusione” commentò lei.
Il suo tono piatto mi colpì, ma sorrisi: “Mi sbagliavo … mi sbagliavo di grosso, sarei dovuto venire a Milano,  mi è bastato vederti per capire che non è affatto vero”
“Ti sbagli se pensi che sia cambiato qualcosa ….” la sua voce era controllata
Scossi il capo: “E in ospedale? Se Andrea non fosse …”
Non mi lasciò terminare. “Mi hai preso alla sprovvista” il tono deciso.
“Vero, ma so cosa hai sentito!”
“E sentiamo cosa avrei sentito?” stava cominciando a tirare fuori il suo sarcasmo.
“Che mi ami ancora, che vuoi stare insieme a me almeno quanto lo voglio io!”
“Stronzate”
“Davvero? Sai cosa qual è stata la prima cosa che ho fatto appena rientrato a casa?”
“Illuminami!” ancora sarcasmo.
“Ho aperto per la prima volta quello scatolone…”
“E allora…?” non capiva dove volessi arrivare.
“Sei stata brava … sei mesi della mia, della nostra vita rinchiusi in una scatola …  ma poi mi sono accorto che mancava qualcosa …”
“Ah, sì? Sicuro di non confonderti con qualcun’altra?” si stava innervosendo e cercava di ferirmi per sviare il discorso.
“Assolutamente!”
“Eh sentiamo cos’è che mancherebbe?”
“un mazzo di chiavi … il tuo mazzo di chiavi”
“Tutto qui?” sapeva che avevo ragione e cercò di minimizzare.
“Tutto qui? Non mi sembra un dettaglio da poco”
“Non mi ricordavo neanche di averle, non ho mai avuto modo di usarle”
“Davvero … non ti ricordavi? Allora se non ti dispiace le vorrei riavere!”
“Nessun problema” disse lei sostenendo il mio sguardo: “Appena torno a casa, le cerco e te le spedisco. Contento? Ora puoi anche andartene!”
“No” alzò gli occhi al cielo. “Le rivoglio adesso”
Mi guardò come se fossi un povero idiota: “Non sapevo avessero inventato il teletrasporto! Io sono qui, le tue chiavi a Milano … Dovrai aspettare."
“Io credo che le tue chiavi siano qui!”
“E questo cosa vorrebbe dire?”
“Che le chiavi sono nella tua borsa, ne sono sicuro!”
“Ah, sì?”
Annuii: “Il tuo incoscio” rise sentendo quella parola: “mi da ragione: Tu mi ami!”
“Ancora con questa storia? Scusami tanto, ma tu non hai proprio niente di meglio da fare che stare qui a tentare di psicanalizzarmi? Mi sembra che tu abbia già una ragazza, perché non te ne torni da lei e mi lasci in pace!” aveva alzato il tono di voce
“Senza chiavi non me ne vado!”
“Fai come ti pare” disse e cercò di rimettersi le cuffiette, ma fui più veloce di lei e presi il suo Ipod.
“Modà, Tiziano Ferro, Emma …” lessi scorrendo gli artisti che aveva appena ascoltato: “Siamo di buon umore!” commentai
“Ridammelo !” esclamò minacciosa.
“Solo quando riavrò le mie chiavi …” continuai e scorrere i nomi:  “Adele, Coldplay, Vasco… Nesli… Da quando ascolti Nesli?” le chiesi incuriosito, glielo avevo fatto conoscere io. Non rispose.“Se continuo trovo anche J ax?” Uno dei miei artisti preferiti, le sorrisi in modo provocatorio e cominciai a cercare.
“Vuoi le tue dannatissime chiavi?” sbottò all’improvviso. Annuii, si stava tradendo da sola. “Perfetto!” disse alzandosi e rientrando in casa a passo spedito.
La seguii. Andrea seduto sul divano, ci guardò ancora più confuso, indeciso sul da farsi: doveva forse intervenire?
Entrai in camera sua, stava frugando nella borsa che aveva con sé in ospedale. Dopo alcuni secondi tirò fuori un mazzo di chiavi, le riconobbi subito.
“Ecco le tue chiavi” disse allungando il braccio per darmele: “ora te ne puoi anche andare”
“Perché le avevi con te?”
“Pura casualità!” era davvero testarda, negava persino l’evidenza.
“Ah sì? Cambi borsa praticamente ogni giorno e non ti sei mai accorta di avere ancora le chiavi di casa mia!”
“Sono solo delle stupide chiavi! Prendile e vattene via” alzò la voce esasperata.
“Delle stupide chiavi?” ripetei. “Ti ho praticamente aperto la mia casa, il mio cuore …  anche questo è stupido?” avevo alzato la voce anch’io.
“Non ha più alcuna importanza!”
“E invece, ne ha eccome!”
“Prendi queste cazzo di chiavi e vattene”
“Non me ne vado di qui fin quando non mi dici la verità!” ormai stavamo urlando.
“La verità è che non ti amo più!”
“Non ti credo!”
“È un problema tuo, non mio!” mi lanciò le chiavi e mi superò per lasciare la stanza.
Riuscii a bloccarla per un braccio e a voltarla verso di me, i nostri nasi quasi si sfioravano: “Dimmelo adesso che non mi ami. Dimmelo guardandomi negli occhi” la provocai.
Mi allontanò con uno spintone, ma non poteva andarsene perché tra la porta e lei c’ero di nuovo io, “Avanti” continuai:  “non è poi così difficile. Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami, che non ti sono mancato, che non ha voglia di baciarmi, di fare l’amore con me, che non ti ha dato fastidio vedermi con un’altra! Avanti, dimmelo!”
“No, non ho provato niente di tutto questo. D’accordo?” urlò esasperata e poi con un filo di voce aggiunse: “Vattene via, per favore”  sembrava esausta, ma non potevo cedere, era quasi fatta: “Avanti principessa, dillo!” ripetei addolcendo il tono di voce e avvicinandomi lentamente a lei.
“Alex …” Mi sentii chiamare, Andrea era comparso sulla porta: “è meglio che tu vada”
“Ma …” tentai di ribattere.
“Per favore” chiese “non costringermi a buttarti fuori”
Sapevo che lo avrebbe fatto, guardai  Giada, mi aveva voltato le spalle. Abbassai il capo e mi diressi verso Andrea, prima di uscire le lanciai un’ultima occhiata  e lasciai cadere le chiavi sulla scrivania vicina alla porta. Andrea mi scortò all’ingresso, stavo per chiedere scusa, ma lui mi bloccò scuotendo il capo: non era necessario.  La mattina dopo, trovai le chiavi nella cassetta della posta... nessun biglietto … Avevo sbagliato tutto ? Un'altra volta?

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Capitolo 8
*** 8 ***


[Giada]
 
Ero davanti allo specchio a finire di prepararmi per la cena di quella sera, quella mattina Margherita si era lasciata prendere la mano e mi aveva fatto provare una quindicina di abiti prima di decretare il vincitore: un monospalla verde smeraldo appena sopra il ginocchio, che a suo dire mi stava d’incanto. Quando le feci notare che era una semplice cena societaria e, sopratutto, che ci sarei andata con mio fratello, lei mi sorrise comprensiva e disse: “Giada, sappiamo entrambe che non è così!” Probabilmente la guardai con un’aria stupita perché mi spiegò: “È un modo per dimostrare ad Alex che sei andata avanti!”
“Ah sì?” chiesi titubante
“Assolutamente. Se ti presenti al massimo, gli dimostrerai che ti dedichi a te stessa, che sei pronta per una nuova relazione e che non passi i tuoi sabati sera a fare la maglia e a pensare a lui!”
“Io non ho mai fatto la maglia!” la ripresi seccata.
Alzò le spalle: era un dettaglio da poco, poi corse a cercare scarpe e accessori. In fondo pensai, il suo ragionamento non era poi così assurdo.
Stavo facendo gli ultimi ritocchi al trucco, seguendo i suoi consigli, quando Andrea bussò alla porta della mia stanza: “Si può?” chiese.
“Vieni, fratellone” lo invitai a entrare: “Sono quasi pronta!”
“Sei bellissima!” commentò appena entrato.
“E non hai visto ancora niente …” risposi lanciando un’occhiata alle scarpe tacco dodici che, abbandonate ai piedi del letto, mi guardavo minacciose: sapevo che prima della fine della serata sarei finita con la faccia sul pavimento! “Anche tu non sei male” aggiunsi notando il suo completo.
Sentii Andrea sorridere, poi a un tratto si fece serio: “Giada … Non sei costretta a farlo, siamo ancora in tempo per mandare tutto all’aria … insomma dopo i …”.
“Dopo ieri sera...” finii la frase al suo posto: “Andre ti voglio bene, ma non c’è bisogno che ti preoccupi, andrà tutto bene … starò bene!” gli sorrisi: “Davvero , passerò una piacevole serata con i miei amici e sarà l’occasione perfetta per rivedere tutti!”
“D’accordo … ma …”
“Non ce ne sarà bisogno,ma sì … lo so … basterà dirlo e ce ne andremo in un baleno!” dissi mentre m’infilavo le scarpe. “Pronta!” esclamai: “Andiamo?”
“Un attimo” rispose mentre tirava fuori dalla tasca interna della giacca il cellulare, lo guardai stranita: “Ho promesso a Mara una tua foto” confessò.
Scoppiai a ridere e mi misi in posa imitando, male lo ammetto, Marilyn nella famosa scena del film “Quando la moglie è in vacanza”. Poi ne facemmo una insieme e le inviammo a Mara divertiti, pensando a quanto si sarebbe divertita lei vedendole.
 
Arrivati nel parcheggio, Andrea mi vietò di scendere dalla macchina, lo guardai prima incredula, poi scoppiai a ridere quando capii le sue intenzioni. Mi aprì la portiera e porgendomi il braccio disse: “Prego, signorina”.
 Afferrai il suo braccio e scesi dalla macchina: “La ringrazio” risposi divertita e ci avviammo all’entrata.
“Pronta?” chiese
Feci un respiro profondo: “Pronta!” ero decisa e tirai fuori uno dei miei sorrisi migliori.
La sala era già abbastanza affollata, vidi Margherita e Giorgio che parlavano con un gruppetto d’invitati, feci cenno ad Andrea e ci avvicinammo verso di loro. Mentre attraversavamo la sala, sentii gli sguardi di molti su di noi: “Sono paranoica o ci stanno fissando tutti?” Sussurrai all’orecchio di mio fratello.
Lui mi sorrise: “Di certo non fissano me, sorellina!”
“Oddio … ho il trucco sbavato?” chiesi preoccupata
Scosse il capo divertito: “Sei semplicemente bellissima!”
“Se va beh …” risposi scettica, non avevo mai amato i complimenti.
Appena mi vide, il volto di Marghe s’illuminò, si avvicinò per darmi un bacio sulla guancia e mi sussurrò: ”Spacchi … Così lo stendi di sicuro”
Ricambiai il sorriso imbarazzata, non volevo stendere nessuno, volevo essere lasciata in pace.
Giorgio mi salutò con un bacio: “Sei molto carina stasera, Giada.”
 Gli sorrisi ma Marghe gli tirò una manata sul petto: “Carina?” chiese: “Solo carina?”
“Non sapevo se potevo dirlo!” ribatté lui, rivolgendole un gran sorriso. “Sei un incanto, se ne sono accorti tutti!”
“Tutto merito dei consigli di Marghe” tentai di sminuire
“Oh, no cara non riuscirai a cavartela così! Non è certo merito del vestito!”
“Ma aiuta …”
“Quello sempre!” scoppiammo a ridere. Io ragazzi ci guardarono straniti, ma noi due c’eravamo capite.
 
L’orario previsto per l’inizio della cena era passato già da dieci minuti e all’appello mancavano solo tre persone: Alex, Stefano e Michele, ma nel suo caso nessuno se ne stupì.
Andrea si offrì di andare a prendermi un drink, qualcosa mi diceva che era una scusa per telefonare a Mara e acconsentii. Si era appena allontanato quando la porta si aprì e Michele e Stefano entrarono insieme.   Appena ci raggiunsero, dopo aver rivolto le proprie scuse al presidente, Giorgio li riprese: “Siete in ritardo!”
“Da che pulpito … Se non fosse per Marghe, saresti ancora a casa a tentare di allacciarti le scarpe” rispose Michele.
“Touché” Ammise Giorgio.
“Scusate” disse Ste rivolgendosi a noi ragazze: “Ma il mio accompagnatore è passato a prendermi con venti minuti di ritardo”.
Scoppiammo a ridere divertite dal tono di voce effeminato che usò.
“Sono felice che finalmente abbiate deciso di uscire allo scoperto!” scherzai fingendomi commossa.
“Non perdi occasioni tu, eh?” si finse offeso Michele, mentre Stefano salutandomi con un bacio sulla guancia, mi sussurrò all’orecchio un semplice: “Wow!”. Arrossii leggermente e gli tirai una manata sul braccio, i complimenti mi avevano sempre imbarazzato, ma i suoi mi avevano sempre fatto un effetto particolare. Andrea, ritornò con i nostri drink ed io ne approfittai per cambiare argomento: “Come sta Mara?”
“Tutto a posto!” rispose prima di rendersi conto di essersi tradito.
Gli sorrisi divertita, mentre gli altri scoppiarono a ridere vedendo la sua espressione da bambino colto con le mani nella marmellata.
“Grazie. Davvero molte grazie, sorellina” cercò di fingersi offeso, ma riusciva a stento a trattenere le risate.
In quel momento una cameriera si avvicinò e ci accompagnò al tavolo. Cominciavo a sperare che, per una volta, la fortuna fosse dalla mia parte e Alex non sarebbe arrivato.

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Capitolo 9
*** 9 ***


Ci accomodammo a un tavolo apparecchiato per otto. Il mio segnaposto era tra quello di mio fratello e Michele, al suo fianco Stefano, Giorgio e Margherita che era seduta proprio davanti a me. Rimanevano due posti vuoti, sospettavo a chi fossero destinati e ne ebbi la conferma quando Marghe, lanciando un’occhiata al cartoncino accanto al suo, fece una smorfia; le feci un cenno con il capo per chiedere spiegazioni, lei mimò con le labbra per non farsi sentire dagli altri: Alex … e Alyssa aggiunsi mentalmente. Il presidente prese subito la parola e cominciò il suo discorso di benvenuto, mi sforzai di fingermi interessata e sorrisi ai commenti scaramantici che i ragazzi facevano dopo alcune affermazioni un po’ troppo ottimistiche, ma non ero tranquilla. Eravamo già a metà discorso quando sentii Andrea stringermi il braccio per richiamare la mia attenzione, mi voltai e seguii il suo sguardo: Alex era sulla porta.  Non riuscii a fare a meno di notare quanto fosse affascinante vestito di tutto punto, ci misi un attimo a realizzare che era da solo. Si diresse verso il nostro tavolo: “Buonasera” bisbigliò, appena si sedette al fianco di Marghe. Lo salutammo con un cenno del capo e mi concentrai sul resto del discorso, un elogio della squadra e del gruppo e un augurio che i risultati sperati potessero essere raggiunti.
Un lungo applauso concluse il momento dei discorsi e sancì l’inizio della cena. Michele prese subito la parola: “Come mai solo?” chiese ad Alex.
“Certo che i fatti suoi, proprio non riusciva a farseli” mi ritrovai a pensare.
“Alyssa doveva lavorare” rispose cercando i miei occhi.
“È un vero peccato” commentò Marghe: “Si sarebbe divertita molto!”
“Sicuramente!” le sorrise Alex. “Mi sono perso qualcosa?” chiese.
“Niente … “ rispose mio fratello: “I soliti discorsi, Michele in ritardo … insomma sempre le solite cose!”
Scoppiammo a ridere e la cena passò tra chiacchiere, battute tra un tavolo e l’altro e tra una portata e l’altra, quella sedia vuota attirò al nostro tavolo un po’ d’invitati che ci fornirono nuovi spunti di conversazione. La tensione tra me e Alex era palpabile, non la smetteva di fissarmi, perché diamine faceva così, sembrava ci godesse a mettermi in imbarazzo, non capiva che non avrebbe risolto nulla perché non c’era nulla da risolvere.
 
Andrea passò tutta la cena attaccato al cellulare, dopo il dolce, rimasti soli al tavolo gli sussurrai: “Vai a casa!”
Mi guardò sorpreso: “Vuoi andartene? Andiamo via subito!” nella sua voce notai una certa d’urgenza.
Gli sorrisi: “Non io … Tu!”
Mi guardò senza capire: “ Non c’è la possiamo svignare entrambi così presto! ... Tu vai, però … Vai a casa o da Mara!”
“E tu?” chiese perplesso
“Io me la caverò.”
“Perché non vieni con me?”
“Se resto qui, penseranno che ci sia anche tu. Nessuno se ne accorgerà!”
“Sicura?”
“Sicurissima. Ora vai! E sii discreto”
Non sembrava per niente convinto: “E tu come torni?”
“Un passaggio lo rimedio di sicuro!”
“Su questo non ci sono dubbi!” rispose alludendo ad Alex.
Gli lanciai un'occhiata omicida. “Mi riferivo a Michele” tentò di rimediare
In quel momento Stefano si sedette accanto a me: “Digli anche tu che se ne può andare!” esclamai cercando il suo supporto.
“Ah certo. Non se per niente di compagnia questa sera Andre.”
“Ma … “ tentò di ribattere mio fratello.
“ A lei ci penso io, non ti preoccupare.” Lo anticipò Stefano che aveva intuito le sue riserve: “Michele non è un gran che come dama, Giada mi farà fare un figurone!”
Gli tirai un’altra manata sul braccio, ma con la bocca mimai un grazie.
Andrea mi guardava ancora indeciso, lo incoraggiai con un sorriso. Si alzò, mi diede un rapido bacio sulla fronte: “Ti voglio bene” sussurrò e se la svignò.
 
“Perché non sei andata con lui?” chiese Stefano una volta rimasti soli.
“Ha bisogno di stare un po’ da solo.” Risposi: “ Sono stati due giorni intensi e poi qui non è male, mi era mancato tutto questo!”
“Già” rispose perso in chissà quali pensieri.
 “Allora … Mi hanno detto che c’era una ragazza?” domandai incuriosita
Sorrise: “Vanessa”
“Mara mi ha mostrato una foto. È molto carina.”
“Già … ci siamo conosciuti in discoteca, lavora come segretaria in uno studio legale” mi spiegò: “È molto bella, ma è anche intelligente, sveglia, spiritosa …”
“Ma?” c’era sempre un ma, dopo una serie di complimenti del genere.
“Ma … non ha funzionato!”
“Come mai?”
“Non era quella giusta”
“Wow … sei già a quel punto?”
“Quale punto?”
“Quello in cui pensi di essere troppo cresciuto per perdere tempo in relazioni che hanno bisogno di tempo … Hai solo ventisette anni! ”
“Tuo fratello alla mia età era già sposato!”
“Andre era sposato già dopo il primo appuntamento. Lui e Mara non fanno testo!”
“Vero …” ammise: “Sono una bellissima coppia,sono contento per loro. Si vede che si amano, che sono fatti l’uno per l’altra, non c’è nulla che non possano affrontare insieme.”
“Già.” Io sapevo quanto tutto quello fosse vero.
“In fondo sto solo cercando la persona giusta, quella per cui valga la pena!”
“Magari lo era, magari ci vuole tempo per capirlo”
“Credo che si capisca al primo sguardo, al primo incontro, non c’è bisogno di stare insieme da una vita … si capisce dalle piccole cose.”
“E come dovrebbe essere quella giusta, lo sia già?”
“Ho le idee abbastanza chiare!”
“Sembra quasi che tu abbia in mente una determinata persona.” Stefano abbassò lo sguardo per un istante: “ Non volevo imbarazzarti … Mi faccio i fatti miei.”
“Tranquilla, solo che … è complicato!”
“Lei lo sa?”
“No, non proprio.”
“Non capisce i messaggi?”
“Non ne ho lanciati molti e non credo che lei ne abbia il minimo sospetto. Ho sempre cercato di non fargliene venire!”
“Ma la conosco?” chiesi incuriosita. Sorrise, ma non rispose. “Capito! Non mi vuoi dare nessun indizio?”
“Meglio di no! … Tu come stai?”
“Io? … Bene … Perché?”
“In ospedale sembravi in imbarazzo, prima sembravi in imbarazzo” Ste era così si riferiva ad Alex, senza farlo apertamente per non essere invadente!
“È complicato …”
Gli strappai un sorriso, Michele ci raggiunse prima che potesse ribattere: “Che fate? Andrea?”
“Ma … sarà da qualche parte, l’ho perso di vista!”
“Se l’è svignata”
“No …" Tentai: “È andato da quella parte!”
“Se l’è svignata!”
“Si ok, ma capiscilo …. L’hai praticamente costretto”
“Non potevate perdervela”
“Effettivamente la cena era squisita!” commentai
“Non mi riferivo a quello … il meglio deve ancora venire!” sembrava entusiasta.
“Ah sì?” ero abbastanza dubbiosa, conoscevo quelle cene, non riservavano mai niente di eccitante.
“Sì,sì … Aspetta, adesso si aprono le danze!”
“Cosa?” Fece un cenno del capo e vidi entrare un dj. “Da quando avete un dj?”
“Abbiamo deciso di modernizzare un po’” Partì una musica da discoteca. “Mi buttò nella mischia” annunciò Michele.
“Non fare il cretino, mi devi riaccompagnare a casa!”
“Sono libero come l’aria, c.s.a., come l’aria!”
“Si va beh! Le signore hanno tutte un cavaliere, però!”
“Mi rovini sempre tutto!”
“Va cammina …” “Idiota” commentai quando si fu allontanato.
Stefano al mio fianco sorrise: “È per questo che gli vogliamo bene …”
“Già … se non ci fosse dovrebbero inventarlo!”
“Ma anche no …” esclamò e scoppiammo a ridere.
Tra noi era così, non ci vedevamo per mesi, ma ogni volta che ci rincontravamo, era come se non ci fossimo mai separati. Ridevamo, scherzavamo … Eravamo amici, di quelli che lo saranno sempre, nonostante le distanze, nonostante lo scorrere del tempo, nonostante la vita … Sapevo che su Ste avrei sempre potuto contare, speravo sapesse che anch’io, per lui, ci sarei sempre stata!
A un tratto partì un lento. Stefano mi tese la mano e m’invitò: ”Mi concede questo ballo, signorina?”
“Stai scherzando?” sorrisi divertita
“Assolutamente no.”  Si stava sforzando per rimanere serio
“D’accordo” scoppiai a ridere, presi la sua mano tesa e lo segui al centro di quella pista improvvisata.

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Capitolo 10
*** 10 ***


[Alex]
 
Ero al bancone del bar, continuavo ad osservarla; era più forte di me, non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Giada era ancora seduta al tavolo con Stefano, parlava, sorrideva a volte rideva di gusto … Si stava divertendo, chissà che cavolo le stava dicendo! ... A un certo punto la musica cambiò: era un lento, vidi Stefano che le tendeva la mano, lei gli sorrise, l’afferrò e lo seguì in pista. Ballavano vicini, troppo vicini, le braccia di lei attorno al suo collo, mentre lui le circondava la vita con le sue braccia… Erano decisamente troppo vicini.
Ero così concentrato che non mi accorsi che Michele era comparso accanto a me: “Che fai? Non balli?”
“Non ho  voglia” risposi con sincerità
“Sicuro di star bene?” chiese leggermente preoccupato, se c’è da divertirsi, non sono certo il tipo che si tira indietro. “Hai litigato con Alyssa? Strano che non sia venuta non parlava d’altro …”
Non gli prestai molta attenzione, in quel momento Alyssa era l'ultimo dei miei problemi: Stefano le stava sussurrando qualcosa all’orecchio e con la mano percorse la sua schiena accarezzandola. Strinsi i pugni, stava davvero esagerando! “Michele!” richiamai la sua attenzione, Dovevo condividere con qualcuno i miei sospetti: “Ma tra Ste e Giada …?”
“Cosa?” mi chiese sorpreso. Gli feci un cenno nella loro direzione e lui scoppiò a ridere: “Amico, te lo devo dire, stai diventando paranoico … Sono amici, si conosco da un sacco di tempo, sono solo ottimi amici!”
“Sarà!” commentai poco convinto.
“Non è che hai lasciato Alyssa?” mi chiese all’improvviso, scossi il capo con decisione. “Ok, ma … sì, insomma … “
“Michele chiedimi quello che devi!” esclamai, non c’era bisogno di tanti giri di parole.
“Sei ancora innamorato di lei?”
“Chiedimi qualcosa che non sai già!"
Sospirò. “Cosa hai intenzione di fare?”
“Non lo so! Qualsiasi cosa faccio, sbaglio! … Ti ha raccontato di ieri?”
“Giada non mi dice più niente” notai del dispiacere nella sua voce. “Andrea mi ha detto che sei passato e …”
“E che mi ha sbattuto fuori!” finii la frase al suo posto. Annuì. “Io non ci credo che tra noi è finita!” avevo bisogno di dirlo ad alta voce.
“Forse … ma se lei vuole così …”
“Non è quello che vuole!” ribattei deciso
“Come fai a dirlo?”
“Lo sento … come ci guardiamo, come litighiamo, nei suoi occhi … non è cambiato nulla! ...Tu pensi davvero che sia finita?” avevo bisogno di sapere il parere di qualcuno.
“Non lo penso!” ammise, io sorrisi trionfante e lui continuò: “Penso che lei ti ami ancora e poi…”
“Cosa?” lo incoraggiai, volevo sapere, dovevo sapere!
“Il modo in cui ti ha lasciato, non è da lei! Giada non sparisce, non evita gli scontri, lei deve sbatterci la faccia …  Pensavo che ti avrebbe vomitato addosso tutta la sua rabbia, il suo rancore, che ti avrebbe detto che sei uno stronzo ... quel bacio l’ha ferita ma non è il motivo, c’è dell’altro….” Lo guardai speranzoso, Michele se ne accorse e mi tarpò le ali: “È solo la mia idea, ma probabilmente è giusto così … se lei vuole questo…”
“Secondo te dovrei lasciar perdere?”
“Lo puoi sapere solo tu … Giada non è semplice da capire …  A volte il cuore le dice una cosa e la testa un’altra e lei non sa cosa fare, ma alla fine sceglie sempre la testa. Io le ho sempre detto che non si può sempre seguire la testa, lei che così si soffre prima, ma meno”
In quel momento notai che smisero di ballare, Stefano stava venendo verso di noi,mentre Giada tornava al tavolo: “Scusami un attimo” liquidai Michele per precipitarmi da lei
”Cosa fai?”
“La prossima mossa!”
“Alex non…” non sentii il resto, ero già in mezzo alla pista.
 
Giada era di spalle le presi la mano, si girò e mi guardò sorpresa: “Cosa vuoi? Lasciami stare!”
“Un ballo” le chiesi. Cercò di liberarsi dalla mia stretta.
“Non vorrai dare spettacolo!” le dissi. Si guardò intorno, notò che molti sguardi erano rivolti verso di noi e acconsentì. Misi una mano sul suo fianco, nell’altra le nostre dite intrecciate, Giada misi una mano sulla mia spalle, cercava di mantenere le distanze, l'avvicinai al mio corpo con un leggero strattone, lei mi guardò scocciata.
“Non ti ho ancora detto quanto sei bella stasera” Scosse il capo infastidita
“Adesso non posso neanche farti dei complimenti?”
“La devi smettere!”
“Di farti i complimenti?” chiesi ingenuamente
“Di pensare che ci sia ancora un noi!” il tono era deciso
“Infatti non lo penso … lo so”
“Il solito presuntuoso …” commentò
Lasciai correre e andai dritto al punto:“Mi dispiace per ieri sera, ho esagerato”
“Non importa” era convincente.
“Non è vero.”
“Alex, per favore, basta! È finita …” il tono seccato, stufo.
“Io ti amo, Giada.” Non glielo avevo ancora detto, non glielo dicevo da troppo tempo, speravo bastasse ….
“No, no, no … TU sei andato avanti, IO sono andata avanti … ”
“Io non sono andato da nessuna parte, lo capisci che ti amo?” non sapevo che altro dire, non c'era altro da dire.
“E Alyssa …”
“Non significa niente!” avrei voluto urlarlo al mondo intero
“Tipico di Alex!” Commentò sarcastica: “Comunque mi dispiace per te, ma io sono andata avanti!”
“E questo cosa vorrebbe dire?”
“Quello che ho detto”
“Hai un altro?” questo avrebbe spiegato molte cose
“Non sono affari tuoi!”
“È Stefano vero?”  non riuscii a trattenermi.
“Cosa?”
“Te la fai con lui? Da quanto?”
Mi guardó stupita, in quel momento la canzone finì e lei si allontanò da me : “Come al solito, non hai capito niente!” disse prima di andarsene e lasciarmi lì come un idiota.
 
Ci misi alcuni istanti per reagire, poi la seguii facendomi largo tra gli invitati che ballavano; la vidi uscire dalla sala, stavo per imboccare la via dell’uscita quando il presidente mi si parò davanti e mi bloccò.
Dopo dieci minuti che mi parsero interminabili riuscii a liberarmi di lui, uscii fuori e la cercai; avevo quasi perso le speranze quando la vidi era seduta su una panchina che dava sul parcheggio, ma non era sola: Stefano era al suo fianco, le circondava le spalle con il braccio, mentre Giada aveva la testa abbandonata sulla sua spalla. Rientrai senza dire, senza fare niente, nello stomaco un peso che non avevo mai sentito, nel cuore una ferita profonda, lacerante, per la prima volta pensai di averla persa ...

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Capitolo 11
*** 11 ***


[Stefano]
 
Era bello poterla stringere tra le mie braccia anche solo per un ballo, sentire il suo respiro caldo sul mio collo, il suo profumo ancora più inebriante da quella distanza ravvicinata ....

.... Io e Michele arrivammo a Pescara lo stesso anno e legammo subito, eravamo due giovani promesse che avevano ancora tutto da dimostrare. Andrea, che era lì da un anno, ci aiutò a inserirci al meglio nel gruppo e Mara, sorella di Michele e fidanzata di Andrea,  era fantastica e sempre disponibile anche con me, visto che io e Michele eravamo diventati non solo grandi amici ma anche coinquilini … Avevo intravisto Giada sugli spalti al termine di un paio di partite e mi aveva incuriosito, negli occhi aveva una luce particolare, ma non sapevo nulla di lei. Scoprii chi fosse solo mesi dopo, ad un cena, proprio come quella di questa sera, in occasione del Natale, il primo a Pescara. Quando la vidi entrare al fianco di Andrea e Mara, non riuscivo a credere ai miei occhi, sapevo che Andrea viveva con sua sorella, ma non poteva essere lei, non dimostrava di certo sedici anni e invece …. Quella sera ci fu uno scambio di regali e Andrea, che sapeva che ero un patito di macchinine, suggerì di regalarmene una coppia; tutti rimasero colpiti e organizzammo un mini torneo a cui parteciparono numerosi invitai, li sfidai tutti e vinsi, poi Andrea mise in mano la macchinina a sua sorella che mi sconfisse di fronte a tutti, regalando a Michele un aneddoto con cui ancora oggi mi tortura. Sono permaloso, odio perdere, ma quella volta, contro di lei, non mi importò perché mi ero divertito, perché lei era divertente. Cominciai a frequentare sempre più spesso la casa di Andrea, io, Michele e Giada diventammo un trio inseparabile, i cinque anni che ci separavano da lei, non riuscivamo proprio a percepirli perché Giada era speciale: intelligente, ironica, simpatica, divertente, ingenuamente bella, razionale ma anche lunatica, orgogliosa, permalosa, cinica come alla sua età non si dovrebbe essere mai, profonda come i suoi occhi azzurri in cui si leggeva un dolore grande, di quelli che non si scordano, nonostante la sua forza e l’amore incondizionato di Andrea, a cui era legata visceralmente, ma da cui era allo stesso tempo indipendente, sapeva esattamente chi voleva diventare … Molti dicono che le madri sono un grande esempio, la sua lo era stato: le aveva fatto capire che tipo di donna non sarebbe mai stata … Mi sono innamorato di lei senza neanche accorgermene: mi mancava se non c’era, era la prima persona a cui pensavo quando mi succedeva qualcosa di bello, l’unica capace di rallegrarmi quando qualcosa andava storto, ma eravamo solo amici … Lei era felicemente fidanzata con quello stronzo di Marco, io avevo una ragazza in Liguria, la mia terra, quando finì, per la distanza o forse perché lei si accorse che ero innamorato di un’altra, non era comunque il momento adatto: lei era minorenne, io rispettavo Andrea e la nostra amicizia, poi scoperto il tradimento di Marco, lei era a pezzi, aveva deciso di trasferirsi a Milano per frequentare l’università e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era perdere un altro punto fermo della sua vita, la nostra amicizia, infine … Alex. Quando lo scoprii, ci rimasi male, anche Andrea non la prese bene, per lei voleva stabilità e uno come noi non gliela poteva dare, ma alla fine si convinse. Alex non era un cattivo ragazzo, un po’ farfallone, ma non cattivo e soprattutto si vedeva che l’amava … Sono rimasto in un angolo per sei anni, amandola in silenzio; ho avuto le mie storie, ma alla fine dovevo scontrarmi con la verità e con il mio sentimento per lei. Finalmente sentivo che era arrivato il momento giusto, che stavamo andando nella stessa direzione, dovevo provarci: l’età non era più un problema, Andrea, dopo Alex, avrebbe accettato anche me e soprattutto  dovevo dirle quello che provavo per andare avanti, con o senza di lei …
 
Pensando a tutto questo, sorrisi. Giada se ne accorse: “Che fai? Sono così impedita nel ballare?”
“No, no … anzi. Ripensavo a come ci siamo conosciuti …  era una cena come questa … Ricordi?”
“E come potrei dimenticare, ti ho umiliato davanti a tutti!!” Scoppiai a ridere. “Pensavo mi avresti odiato e invece guardaci … Siamo ancora qua, insieme …”
“Già, lo rifarei altre mille volte!” sussurrai accarezzandole la schiena, poi continuammo a ballare in silenzio, ridendo.
 
“Non ce la faccio più! Questi tacchi mi stanno uccidendo!” esclamò Giada.
Scoppiai a ridere: “Vado a prendere qualcosa da bere, ti va?”
Annuì e mi diressi verso il bancone, quando mi voltai, i bicchieri in mano, notai che era ancora in mezzo alla pista e stava ballando … con Alex. Onestamente non riuscivo a capirlo, era innamorato di lei e non potevo certo biasimarlo, ma avevano chiuso, Giada non tornava indietro facilmente; non ero così ingenuo da credere che lei non lo amasse più, non ero cieco, ma avrà avuto i suoi buoni motivi per rompere con lui. Probabilmente aveva capito che lui non era adatto a lei, era troppo facile tornare alla carica ora, ma negli ultimi quattro mesi cosa aveva fatto? Quanto aveva lottato? Non abbastanza, non come lei si meritava, al suo posto avrei … Giada non sembrava a suo agio, finita la canzone si allontanò bruscamente e si diresse verso l’uscita. Alex esitò poi tentò di seguirla, ma fu intercettato dal presidente, ne approfittai e uscii a cercarla. La trovai seduta su una panchina, proprio di fronte al parcheggio, mi avvicinai: “Ehi …” alzò lo sguardo e si asciugò una lacrima con il dorso della mano. “Posso?” chiesi il permesso di sedermi accanto a lei.
“Certo!” mi sorrise.
“Tutto bene?”
”Sì … Sono solo stanca! Non ho dormito gran che negli ultimi due giorni!”
La assecondai, non aveva voglia di parlarne: “Come mai?”
“Avrò dormito si e no cinque ore … Ho fatto nottata in biblioteca, perché Jenny aveva bisogno della casa libera, poi è arrivata la telefonata di Andrea e sono salita sul primo treno …  stanotte non ho chiuso occhio, ieri sera non è stata semplice, sai per …”
Non finì la frase: “Posso chiederti una cosa? Non voglio sembrarti indiscreto …” mi incoraggiò con un cenno del capo, sapeva dove sarei andato a parere: “Sei ancora innamorata di lui?” avevo bisogno di sapere.
“Non lo so più” rispose e sembrava sinceramente confusa, mi sentii sollevato, forse avevo davvero qualche speranza.
La vidi rabbrividire e le circondai le spalle con il braccio per scaldarla: “Vuoi che chieda a Michele di accompagnarti a casa?”
“No, non voglio rovinargli la serata” rispose decisa le nostre bocche erano davvero vicinissime, lottai con tutte le mie forze per impedirmi di baciarla, non potevo rovinare tutto. “E poi non è necessario!... Ma come mai non hai la macchina?”
“È dal meccanico da una settimana, ogni giorno esce fuori un problema nuovo. Fortunatamente il tutto è nato da un difetto di fabbrica quindi non sgancerò nemmeno un centesimo … con tutto quello che mi è costata.”
La sentii sorridere: “E così  dipendi da Michele, povero te!”
“Michele, Giorgio … Scrocco passaggi qua e là … Sicura che vuoi restare?” Annuì. “Lo sai che andrà tutto bene?” continuai: “per qualunque cosa ci sono qui io!”
“Lo so.” Sussurrò. “Grazie!” aggiunse appoggiando la testa sulla mia spalla. Rimanemmo in silenzio ad osservare la luna, vicini come non lo eravamo mai stati prima.
“Si, sta bene qui.”commentò tutto a un tratto. 
”Già.” Non sarei voluto essere in nessun altro posto al mondo, con nessun altra al mondo.

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Capitolo 12
*** 12 ***


Non so per quanto tempo rimanemmo lì, poteva essere passato un minuto come un secolo, non mi importava. Cominciava a fare freddo, la sentii rabbrividire di nuovo e anche se sarei voluto rimanere così per sempre, mi sforzai di dire: “Forse è meglio rientrare …”
“Hai ragione … prima che Michele mi dia per dispersa!” scherzò e la seguii dentro.
L’atmosfera era cambiata: nessuno ballava più, la musica ridotta a un flebile sottofondo, Michele al centro della sala con un microfono in mano …  questo non era mai un buon segno!
“Il momento che voi tutti aspettavate …” stava annunciando: “dopo il successo della prima edizione abbiamo deciso di riproporre solo per voi ….” S’interruppe vedendoci arrivare: “Eccolo qua!” commentò  indicandomi e facendomi segno di raggiungerlo. “Dicevo …”
“Scusami” sussurrai a Giada che mi lanciò un’occhiata interrogativa. “Lo capirai” risposi e raggiunsi Michele mentre lei prendeva posto accanto a Margherita.
“… Che lo spettacolo abbia inizio!” esclamò Michele, mentre il nostro pubblico, sulla fiducia, già rideva. Le note di “Il meglio deve ancora venire” del Liga riempirono la sala e noi cominciammo a stonarle, aprendo ufficialmente il secondo karaoke della squadra. Ogni tanto mi cadeva l’occhio su Giada che se la stava ridendo con Margherita al tal punto da avere le lacrime agli occhi, comunque il termine dell’esibizione fu accolto da un caloroso applauso e dopo qualche inchino al nostro generoso pubblico, cedemmo il microfono agli altri. Ci stavamo scompisciando tutti dalle risate, Michele aveva avuto l’idea del karaoke durante la cena precedente ed era stato un vero successo; l’ultimo ad esibirsi fu Paki  che, avendo perso una scommessa,  doveva cantare “I Will Always Love You” di Whitney Houston e solo per miracolo i bicchieri non andarono in frantumi.
Michele riprese il microfono: “Bene, bene … La nostra sfida è quasi giunta al termine, manca solo un'ultima esibizione … signore e signori il campione uscente” sorrise divertito indicando Alex. Era stato in disparte tutta la sera, appoggiato al bancone del bar osservava tutto quello che accadeva. Non era un atteggiamento da lui, di solito era l’anima della festa, ma non faticavo a comprendere le sue ragioni: le cose con Giada non stavano andando proprio come si aspettava ... Quando Michele lo invitò al centro della sala rispose con secco no della mano, ma Michele, supportato dagli altri ragazzi, insistette e alla fine riuscirono a convincerlo. Ci raggiunse scuotendo il capo, ma sorridente: “Questa me la paghi” lo sentii sussurrare rivolto a Michele che gli rispose con un gran sorriso e poi spiegò: “Per mettere in difficoltà il nostro campione, la canzone verrà scelta dal sottoscritto in questo esatto momento!” si stava proprio divertendo .... Dopo qualche minuto di ricerca, consegnò il microfono ad Alex e fece partire la base ...
 
Ti sento  nell'aria che è cambiata
 
Cominciò a cantare facendo un po’ il cretino
 
Io ti sento... passarmi nella schiena
 
Leggendo quel verso sul display la sua espressione cambiò,  il tono a un tratto serio.
 
Ti sento... nel mezzo di una strofa
 
Continuava a fissare un punto preciso, seguii il suo sguardo: Giada.
Io ti sento... lo stomaco si chiude
il resto se la ride
appena ridi tu

Le stava facendo una vera e proprio serenata.
Qui con la vita non si può mai dire
arrivi quando sembri andata via
Ti sento dentro tutte le canzoni
in un posto dentro... che so io 
Maledii Michele non poteva scegliere canzone peggiore.
Ti sento... e parlo di profumo
t'infili in un pensiero
e non lo molli mai
 
Nessuno rideva più, ormai era ovvio a tutti quello che stava accadendo. Gli sguardi si spostavano da Alex a Giada, come se stessero seguendo un’invisibile pallina di un’immaginaria partita a tennis.
Io ti sento... al punto che disturbi
al punto che è già tardi
rimani quanto vuoi

Notai che Marghe le aveva stretto la mano; Giada era impassibile, immobile su quella sedia non lasciava trasparire niente, probabilmente si stava torturando per non spostarsi i capelli di lato come faceva quando era nervosa o imbarazzata. Sorrideva come prima, come se quello che stava succedendo, non la riguardasse.
Finalmente la canzone terminò e un silenzio imbarazzato e imbarazzante cadde nella sala. Giorgio fece partire un tiepido applauso, mentre Alex continuava a fissarla in attesa di un segnale che non arrivò. Scuotendo il capo alzò le mani in segno di resa, poi mollò il microfono a Michele e imboccò l'uscita. Mi guardai intorno, tutti gli occhi, alcuni lucidi, erano puntati su Giada, ma lei rimase immobile, la mano ancora stretta in quella di Margherita.
Michele prese la parola per catturare l'attenzione,si era reso conto di aver combinato un gran  casino,ma  non badai a ciò che disse, ero troppo impegnato ad osservare Giada. Avrei pagato oro per sapere cosa le stesse passando per la testa; a un tratto la vidi regalare a Margherita un sorriso rassicurante e tirai  un sospiro di sollievo .... In fondo, non l’aveva seguito.
 
Il resto della serata corse via liscio, noi tre fummo tra gli ultimi ad andarsene, eravamo quasi arrivati alla macchina  quando Giada disse: ”Vado a piedi”
”Sei fuori?... Non se ne parla neanche!” esclamò Michele deciso
”Sono solo quattro passi!”
”Di notte, da sola, vestita così... Non se ne parla proprio!” ribadì Michele
”La posso accompagnare io” mi offrii
”Tu?” ci pensò su Michele. Annuii. “D'accordo! Ma  mi raccomando, tienimela d’occhio!”
“Sarà fatto” Lo rassicurai.
“A volte sei proprio strana” le sussurrò Michele “Buonanotte Giadina!” le augurò stampandole un bacio sulla fronte. “A domani!” mi salutò.
 
Cominciammo a camminare, la notte era fredda mi sfilai la giacca e la aiutai ad indossarla, mi sorrise ringraziandomi con gli occhi. Poco dopo aver svoltato l'angolo mi accorsi che si era fermata un paio di passi indietro, mi voltai ad osservala con aria confusa, quando capii cosa stava facendo scoppiai a ridere.
“Che c’è?” chiese ingenuamente, mentre mi affiancava di nuovo, i tacchi in mano.
“Solo tu potevi fare una cosa del genere!” commentai tra una risata e l’altra.
“Prova a passare quattro ore su questi tacchi infernali e poi ne riparliamo … Margherita me la paga!”
Risi di nuovo e riprendemmo a camminare fianco a fianco, le nostre braccia quasi si sfioravano, ogni tanto mi voltavo a guardarla bellissima e divertita mentre camminava scalza sull’asfalto.
“Mi è mancata questa città!” disse all'improvviso.
“Rinneghi così la metropoli!” scherzai, in fondo, Milano era la città in cui era nata.
“Pescara è casa” mi spiegò: “È il primo posto in cui mi sono sentita veramente a casa … Nonostante tutto è sempre bello tornare qui!”
“Ti capisco … Ho girato il mondo giocando, ma in nessun posto mi sento me stesso come sotto la grande quercia nel cortile di nonno Giuseppe” sorrisi ripensando a quel posto dove avevo passato la mia adolescenza.
“Il vecchio dondolo …” la sentii sussurrare.
“Come?” chiesi
Mi sorrise: “Il vecchio dondolo nel cortile sul retro .... L’avevano lasciato i vecchi inquilini, Andrea promise di disfarsene una volta rientrato dal ritiro con la nazionale.” Mi spiegò: “Io e Mara, passammo l’estate qui a sistemare casa; i momenti liberi, non conoscendo nessuno, li passai su quel dondolo leggendo, ascoltando musica e presto mi accorsi che la paura … La paura che finalmente si accorgessero dell’enorme peso che ero per loro e per la loro relazione svaniva quando ero seduta lì … Era diventata una sorta di isola felice, di rifugio dal mondo … Lo è ancora oggi, ogni volta che ho bisogno di riflettere o di calmarmi immagino di essere su quel dondolo … Assurdo, vero?” mi chiese
“No, per niente!” la rassicurai sapevo esattamente come si sentiva.
 
“Arrivati a destinazione” annunciai con poco entusiasmo.
Si sfilò la giacca e me la porse: “Grazie … Ho passato una bella serata ed è tutto merito tuo!”
“A sua completa disposizione!” scherzai.
Scosse il capo divertita: “Buona notte Ste” disse dandomi un delicato bacio sulla guancia.
“’Notte Giada”. Rimasi ad osservarla entrare, mi fece un ultimo cenno di saluto con la mano prima di chiudersi la porta alle spalle.  M’incamminai verso casa, leggero come non mi sentivo da tempo.  
 
Il mattino dopo mi svegliai presto, avevo dormito davvero bene quella notte, mi sentivo riposato e pieno di energia così decisi di andare a correre, finii davanti all’officina del mio meccanico che vedendomi passare mi chiamò: “Stefano, Steeee!”
“Buongiorno Mimmo! Altre cattive notizie?” domandai ormai rassegnato 
”In realtà, ti stavo per chiamare … Tra mezz’ora puoi venire a riprendere la tua bambolina!”
“Sul serio?” non potevo credere alle mie orecchie!
“Dammi mezz’ora e te la può riportare a casa!”
“Perfetto, finisco la corsa e arrivo!”
 
Quaranta minuti dopo ero al volante della mia aiuto, invece di tornare a casa decisi di fermarmi al palazzetto per fare qualche esercizio in solitaria prima dell’allenamento delle 11. Avevo appena finito di cambiarmi quando sentii la porta degli spogliatoi aprirsi, mi voltai: Alex era sulla soglia.
“Anche tu qui?” chiesi amichevolmente.
“Che cazzo ti sei messo in testa?” fu la sua risposta.
“Prego?” lo guardai sbalordito.
“Può smetterla di fingere … Ti ho visto ieri sera, che razza di amico è uno che ti pugnala alle spalle provandoci con la tua ragazza?”
“Alyssa?” chiesi ingenuamente: “Perché è lei la tua ragazza ora? … Non mi è parso di averla vista ieri sera!” risposi leggermente infastidito!
Scosse il capo deciso. “Oh … Stiamo parlando di Giada!” esclamai fingendo di cadere giù dal pero.
“Da quanto va avanti tra voi?” mi chiese
Scoppiai a ridere, non riuscii ad evitarlo, quanto poco la conosceva se pensava che potesse tradirlo: “Sei anni …” confessai: “Siamo amici da sei anni!” era la pura e semplice verità. Si lasciò cadere sulla panca. “Alex” continuai: “Non so, perché vi siete lasciati e non voglio neanche saperlo … Ma ti posso assicurare che non sono uno dei motivi. Io e lei siamo solo amici …” “E lo saremo fin quando lei lo vorrà!” aggiunsi mentalmente.
“Scusami è che …” bofonchiò imbarazzato. 
“Non importa” risposi dandogli una pacca sulla spalla, prima di uscire dallo spogliatoio.
Mi dispiaceva vederlo così, era un mio amico, ma non mi sentivo in colpa per quello che provavo e volevo, ero stato in disparte per troppo tempo … e poi sentivo che quella era la mia giornata fortunata!
 
 
[Giada]
 
Quella notte dormii profondamente come non facevo più da mesi. La mattina dopo mi svegliai riposata e piena di energie, la serata era passata e io non avevo fatto altri danni, nonostante i tentavi di Alex … Sentii dei rumori provenire dalla cucina pensai che fosse Andrea intento a preparare la colazione, oggi era il grande giorno: Mara e Mia sarebbero tornate a casa. Scesi dal letto e corsi in cucina, ma ad aspettarmi non trovai mio fratello.
“E tu che ci fai qui?” chiesi stupita.
 

 NOTA DELL’AUTORE: Se siete arrivati a leggere fino a qui, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate! Commenti, suggerimenti ma soprattutto critiche sono ben accetti!  

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Capitolo 13
*** 13 ***


“E tu che ci fai qui?” chiesi stupita
“Preparo il pranzo” rispose con semplicità
“Ma come … Aspetta … Il pranzo!?”
“Dai un'occhiata all’ora” disse indicando con un cenno del capo l’orologio appeso al muro.
“Mezzogiorno …” sussurrai: “Mezzogiorno?” Ripetei mentre mi sedevo  al tavolo ricoperto di fogli pieni di strani disegni. “Perché nessuno mi ha svegliato!” esclamai infastidita.
“Andre ha detto che dormivi così bene che non se l’è sentita e poi quando siamo tornate dormivi così profondamente da non sentire né il campanello né il pianto di Mia! Si vede che ne avevi bisogno, bella addormentata!” spiegò Mara con estrema dolcezza.
“Effettivamente!” commentai sorridendole: “E queste cosa sono?” chiesi prendendo un paio di fogli e tentando di decifrare quei geroglifici.
“Ah … Margherita voleva ricontrollare la disposizione dei tavoli … per l’ennesima volta.” Fece un smorfia buffa e aggiunse: “Sai è un tantino agitata riguardo l’argomento!”
“Avrei voluto vedere te quando dovevi organizzare il tuo di matrimonio!” le rispose Margherita che era appena comparsa con Mia in braccio. “Questo splendore reclama la sua mamma!” e restituì la piccola alle braccia di Mara.
“Ciao piccolina!” le sussurrò dolcemente Mara. Erano uno vero spettacolo insieme.“Allora come è andata ieri sera?” chiese prendendomi alla sprovvista.
“Niente, tutto nella norma!” risposi
“Mmm” si schiarì la voce Mara, mentre si sedeva vicino a Margherita.
“Cosa?” le chiesi e poi rivolgendomi scocciata a Margherita: “Cosa le hai raccontato?”
“Io? Niente!” si difese “Quando sono arrivata sapeva già tutto.”
“Michele” bofonchiai “ecco perché Andrea mi doveva svegliare!” Esclamai  irritata.“Comunque non so cosa ti abbia detto, ma non è successo niente di così eclatante!”
Margherita fece una faccia strana, ma non osò dire nulla.
“Quindi Alex non ti ha fatto una serenata” buttò lì Mara.
Trasalii sentendo quella definizione. “Serenata?” non riuscii a trattenere una risatina isterica. “Non esageriamo! I pochi che se ne sono accorti, se lo saranno già dimenticato!” o almeno era quello che avevo bisogno di credere.
“Certo, come no …” fece cadere le mie speranze Mara: “questo spiegherebbe i dieci sms che ho ricevuto al riguardo!”
“A cui dovresti aggiungerne altri dodici che sono arrivati a me”mise il carico da novanta Margherita.
“Co … Cosa?” balbettai: “Comunque non è cambiato nulla!”
“Se lo dici tu … “ commentò Mara ricevendo in cambio un’occhiata omicida.
“Ragazze non ne voglio più discutere!” dissi decisa.
“Ma almeno gli hai parlato?” chiese Mara
“No! Certo che no … E non ho alcuna intenzione di farlo! Di certo non dopo …” mi bloccai, avevo già detto troppo. Mi guardarono entrambe stupite, forse era meglio raccontargli del ballo, prima che pensassero chissà cosa: “Ha insinuato che ho una tresca con Stefano … Assurdo, non trovate?”
La loro reazione non fu esattamente quella che mi aspettavo, si scambiarono un’occhiata che non riuscii subito a decifrare, poi Margherita parlò: “Beh … Lo si può anche capire” la guardai con gli occhi fuori dalle orbite, non potevo credere alle mie orecchie: “Avete ballato, scherzato e riso insieme tutta la sera, ti ha persino riaccompagnato a casa!”
Dovevo ricordarmi di uccidere Michele.”Siamo amici!” esclamai indignata dalla sua insinuazione. “E gli amici certe cose le fanno! Mara … ” la coinvolsi in cerca di sostegno, ma sembrava perplessa e non disse nulla.
“Cosa?” continuai alterata dall’espressione dei lori volti. “Voi siete completamente uscite fuori di testa. Io e lui siamo amici, A-MI –CI.” ribadii e mi alzai.
“Dove vai?” chiese Mara.
“A studiare! Tra tre giorni ho un esame!” ero incavolata nera.
“Non mangi?” chiese premurosa
“Non ho appetito!” le risposi secca e andai a chiudermi in camera mia. Va bene farmi la morale su Alex ma arrivare a pensare che tra me e Ste ci fosse qualcosa era davvero troppo!
 
Persi quattro ore sui libri, senza capirci niente, la testa completamente da un’altra parte: Alex, l’ospedale, la nostra litigata, quella stupida canzone, le insinuazioni su Stefano … Avevo bisogno di una boccata d’aria. Uscii dalla mia stanza e trovai Mara in salotto, la piccola dormiva al suo fianco: “Vado a fare un giro, volete venire anche voi?” chiesi, era il mio modo per chiedere scusa per la piazzata di poco prima.
“Meglio di no …” rispose sorridendo: “Si è appena addormentata e poi Andrea sarà qui a momenti … Stai bene?”
Alzai le spalle sconsolata. “A dopo” la salutai.
Cominciai a camminare senza una meta precisa, mettevo solo un piede dietro l’altro, nella testa un sacco di pensieri contrastanti.  
“Guarda dove sei finita!” esclamò all’improvviso una simpatica vocina nella mia testa.
Casa di Alex. La sua auto era parcheggiata al solito posto quindi era già rientrato dagli allenamenti, rimasi ferma lì fuori, indecisa su cosa fare, cosa dire: “Giada se suoni quel campanello sai bene come andrà a finire ed è sbagliato!” disse un’altra vocina nella mia testa, quella antipatica.
“Però si amiamo e ieri è stato così dolce! Una serenata, capisci?” ribatte la vocina simpatica.
“Aveva sicuramente bevuto troppo! Non era lucido! E poi deve essere coerente per una buona volta!”
“Al diavolo” pensai sarei entrata!
Stavo per attraversare la strada quando vidi Alyssa svoltare l’angolo, non so perché ma mi nascosi dietro una macchina parcheggiata, suonò il citofono e sentii il cancelletto aprirsi, Alex comparve sulla porta a torso nudo e sorridente.  Appena lo raggiunse l’attirò a sé,la baciò con una certa urgenza e la trascinò dentro casa con irruenza. Osservai la porta chiusa per un istante, non era difficile immaginare cosa stesse accadendo all'interno, sentii una lacrima bagnarmi il mio viso, la cacciai via con il dito.
“Ti stupisci?” riprese la vocina antipatica nella mia testa “Ti dice che ti ama, lo dice davanti a tutti e dopo neanche ventiquattro ore si sbatte un’altra …”
“Magari non è come sembra!” tentò la vocina simpatica ormai sempre più flebile.
“Questo è Alex! E tu vorresti perdere ancora altro tempo … è solo uno stronzo!”la zittì del tutto l’altra.
“No” pensai con forza: “Stronza io ad essere ancora innamorata di lui.”
Ripresi a camminare, non potevo tornare a casa, non avevo voglia di rispondere ad altre domande e sapevo ci sarebbero state … eccome se ci sarebbero state. C’era solo un posto dove potevo andare, dove volevo andare. Per la prima volta in quella giornata avevo una meta

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Capitolo 14
*** 14 ***


[Stefano]

Ero sotto la doccia quando sentii il campanello suonare. “Tempismo perfetto” pensai prendendo un asciugamano. Mi avviai all’ingresso sgocciolando per tutto il salotto.
“Chi è?” chiesi prima di aprire, non volevo certo presentarmi in quelle condizioni alla nuova vicina che ogni giorno suonava alla porta alla ricerca di zucchero.
“Io” risposero dall’altra parte, il cuore si fermò per un istante e aprii la porta immediatamente. Giada era lì davanti a me e sembrava sconvolta: “Tutto a posto?” le chiesi preoccupato.
“Passavo di qua …” disse ma percepii un tremolio nella sua voce, gli occhi erano lucidi: aveva, forse, pianto?
Fraintese il mio silenzio perché aggiunse velocemente: “ma se sei impegnato vado via …”
“Ero sotto la doccia, ho appena finito di lavare la macchina.” Mi affrettai a spiegare, di solito la facevamo in palestra, non volevo pensasse non fossi solo …
“Sicuro? Posso andare se vuoi?”
“No, davvero …” le sorrisi rassicurante “… entra!” Mi scansai per farla passare, richiudendo la porta notai che la vicina era affacciata sul pianerottolo, come al solito mi squadrò da capo a piedi, poi mi lanciò uno sguardo di rimprovero.
“Carina …” commentò Giada “Non ci ero mai stata ...”
“Davvero?!” chiesi più che altro a me stesso.
Annuì imbarazzata e in quel momento mi ricordai di essere nudo con un semplice asciugamano intorno alla vita e i capelli ancora insaponati: “Forse è meglio che vada” dissi indicando in direzione del bagno. “Fai come se fossi a casa tua!” aggiunsi.
Fu la doccia più rapida della mia vita. Giada era in salotto e mi aspettava, non era preparato ad una cosa del genere, mi aveva preso del tutto alla sprovvista, dovevo rimanere calmo e non affrettare le cose …  quella era davvero la mia giornata fortunata!
 
Dopo tre minuti, con indosso i pantaloni della tuta e una t-shirt, ero di nuovo in salotto. Giada era in piedi davanti alla libreria aveva un libro tra le mani e sorrideva, sembrava più tranquilla … Dio mio quanto era bella … Si accorse della mia presenza e mi sorrise: “Non sapevo amassi così tanto i libri!” disse lanciando un’occhiata alla libreria stracolma che occupava tutta la parete.
Mi strinsi nelle spalle: “Quando vivevo con Michele non c’era abbastanza spazio …  alcuni erano ancora dai miei” mi giustificai avvicinandomi a lei.
“Gli hai letti tutti?” chiese incuriosita.
“Me ne mancano una decina” ammisi. Lei sorrise divertita. Era un numero davvero irrisorio rispetto a quelli che avevo.
“E questo?” mi chiese mostrandomi la copertina del libro che aveva in mano “Lo hai letto?”
La solitudine dei numeri  primi …” lessi “Certo che l’ho letto! È uno dei miei preferiti … Una delle più belle storie d’amore che abbia mai letto” aggiunsi senza pensarci.
Mi guardò in modo strano, nei suoi occhi intravidi uno strano luccichio “Che c’è?” le chiesi  preoccupato di aver detto qualcosa di sbagliato.
Scosse il capo come a risvegliarsi da un sogno e mi sorrise: “Niente … Lo penso anch’io!” esclamò “Ma  ogni volta che lo dico a qualcuno, questo mi prende per matta …” poi cominciò a leggere: “Mattia pensava che  lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non … “
 “ … Ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.” Continuai a memoria, Giada alzò gli occhi colpita e sorrise “A lei non l’aveva mai detto.” Conclusi.
Abbassò gli occhi per un istante poi tornò a guardarmi e fu come se mi vedesse per la prima volta, ripose il libro al suo posto, poi ammise: “Non ho capito come li ha ordinati! Non sono in ordine alfabetico!”
Notai un certo disappunto nella sua voce e scoppiai a ridere: “Lì” spiegai indicando davanti a lei “ci sono i contemporanei, qui invece …” indicando alla sua sinistra “… i classici.”
Si avvicinò all’altra parte e cominciò a scorrere i titoli.
“Vuoi una birra?” chiesi divertito dalla sua espressione concentrata, probabilmente stava confrontando le sue letture con le mie.
“Sì, grazie” rispose senza staccare gli occhi dai libri.
Ero ancora in cucina quando la sentii urlare: “Non ci credo!” 
Sapevo già che titolo aveva letto e la raggiunsi con le nostre birre.
Orgoglio e pregiudizio … Davvero?” chiese trattenendosi a stento dal ridermi in faccia.
“Ammetto …” confessai allungandole la sua birra: “… che l’ho letto per far colpo su una ragazza!”
“E ci sei riuscito?”
“Ovviamente … Darcy per voi donne è una sorta di supereroe!” la presi In giro, sapevo bene quanto amava quel libro, ma non era lei la ragazza a cui mi riferivo, ai tempi non la conoscevo ancora.
“Farò finta di non aver sentito …”. “A Darcy”  aggiunse alzando la birra e scoppiando a ridere.
“A Darcy” ripetei incrociando la mia con la sua. “Cosa stai leggendo adesso?” le chiesi.
Scosse il capo “Ora sono immersa in Elementi di Scienze della Finanza” fece una smorfia buffa “… Tu?”
Guerra e pace” annunciai piuttosto orgoglioso
“Non ci credo!” esclamò “A che punto sei?”
“Quasi finito,  mi mancano un centinaio di pagine!”
“NON-CI-CREDO!” ripetè
“Se vuoi è sul comodino, puoi controllare …” buttai lì, l’avevo appena invitata in camera mia?
“Ho provato a leggerlo per ben tre volte, ma l’ho sempre abbandonato a metà!”
“Lo so bene … Hai tentato per tutta l’estate dopo la maturità …” lo dissi senza pensarci.
“Come fai a ricordartelo?” Sembrava colpita, ma non infastidita o sospettosa.
“Non sembra ma ho buona memoria …”  scherzai e mi rifugiai in un sorso di birra.
“Aspetta … chi mi dice che è vero?” chiese sospettosa “Se non vedo, non credo!”
“Andiamo …” le dissi divertito “… ti mostro il resto della casa” senza accorgermene le avevo teso la mano, lei l’afferrò e la trascinai con me.
 
“Ed ora la stanza migliore della casa …” Annunciai. L’avevo lasciata per ultima di proposito, mi spostai per lasciarla entrare.
“Wow” commentò mentre i suoi occhi si posavano prima sulle centinaia di macchinine e poi sulla pista che occupava gran parte del pavimento. “Sei proprio malato!” scherzò ma i suoi occhi erano rapiti, affascinati. “Tenevi nascoste anche queste?” Mi chiese riferendosi ai due anni in cui ho vissuto con Michele.
“No, la maggior parte le conosci già! Diciamo che le tenevo fuori dalla portata di Michele!”
“In pratica seguivi le istruzioni per l’uso!” scherzò mentre si avvicinava ad una fotografia sulla mensola. “Sei tu?” chiese. Annuii. “Oddio com’eri bello!” commentò.
“Grazie per l’uso del passato” mi finsi offeso
Mi lanciò uno sguardo di rimprovero: “Quanti anni avevi?”
“Sei. Lui è mio nonno Giuseppe … il padre di mio padre” le spiegai. “L’abbiamo scattata quando mi ha regalato la prima macchinina … è lui che mi ha trasmesso questa passione. Mi ha insegnato a prendermi cura di loro: conservarle,ripararle,lucidarle … Ne abbiano persino costruita una insieme, proprio sotto quella quercia" dissi indicandole prima la fotografia e poi la vetrinetta dove conservavo la nostra costruzione.
“La famosa quercia …” commentò. “Siete molto legati, tu e tuo nonno?”
“Già … Mi ha praticamente cresciuto, i miei lavoravano e noi passavamo un sacco di tempo insieme ... solo io e lui. Nonna è morta quando ero molto piccolo, lui mi ha insegnato tutto, soprattutto a credere in me stesso e lottare per quello che voglio.” “Sapessi quante volte gli ho parlato di te” avrei voluto dire ma non osai. “È stato il mio primo sostenitore, ha persino litigato con mio padre per permettermi di iniziare a giocare come professionista.”
“Davvero?” Non le avevo mai raccontato molto della mia famiglia, in generale non amo pensare al passato.
“Mio padre ha una mentalità un po’ retrò. Secondo lui erano solo illusioni." Evocai la serietà che usava parlandone: "Lavoro è sacrificio, impegno, non lanciare una palla in un cesto! ... Me lo ripeteva in continuazione. Nonno non la pensava così e hanno litigato, se sono qui lo devo a lui ... Purtroppo mio padre non l’ha mai perdonato, non si parlano da dieci anni” conclusi amareggiato, anche se avevo imparato a convivere con quel senso di colpa.
“Perché? Voglio dire …” indicò quello che avevamo intorno.
“Orgoglio presumo. Papà alla fine ha condiviso la mia scelta, ora è uno mio grandissimo sostenitore, dovevi sentire la sua voce dopo la vittoria di Londra …”
“Non capisco, allora perché non si parlano?”
“Credo che non perdoni suo padre, perché non riesce a perdonare se stesso per non aver creduto in me …” Ero convinto di aver detto qualcosa senza senso ma Giada mi smentì.
“Ha senso …” commentò, non c’era traccia di ironia nella sua voce.
Le sorrisi: “Comunque torno sempre da nonno ogni volta che posso e nonostante i suoi ottant’anni riesce ancora a battermi!”
“Beh sei piuttosto scarso in fondo … Lo devi ammettere!”
“Ah sì?”
“Direi … Ti sei fatto battere da una principiante!” Esclamò distratta. “Trovate!” disse allungando la mano e afferrando le macchinine della nostra prima sfida. “Ti concedo la rivincita!” disse con serietà.
“Te ne pentirai …” l’avvisai prendendole dalla sua mano e posizionandole sulla linea di partenza.

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Capitolo 15
*** 15 ***


[Giada]
 
“Vittoria!” urlai cominciando a saltellare per la stanza.
“Al terzo tentativo …” mi ricordò Ste, che si stava impegnando a mantenere un contegno e non scoppiare a ridermi  in faccia.
Risposi con una linguaccia e continua a saltellare per la stanza, mi sentivo così … così leggera. Il senso d’inadeguatezza, di incompletezza, quel peso sullo stomaco che mi accompagnava da mesi erano semplicemente spariti. Da quanto tempo non ridevo così? Troppo, decisamente troppo. Stefano mi guardava divertito, probabilmente avrà pensato che fossi una povera pazza, ma non importava. Mi sentivo libera di essere semplicemente me stessa, di mostrarmi per quella che ero senza censure, senza dover razionalizzare ogni gesto, ogni parola, mi sentivo bene ed era tutto merito …
Gli occhi mi caddero su un orologio d’epoca appeso alla parete: “Quello funziona?” chiesi indicandolo. Segnava le otto. Ste annuì. “Si è fatto tardi” commentai perdendo di colpo tutto l’entusiasmo, di nuovo affossata dai miei pensieri, non avevo voglia di tornare di casa, di dare spiegazioni ma: “Forse è meglio che vada …” dissi.
Cos’altro potevo fare? Ero piombata a casa sua senza alcun preavviso, sicuramente, di venerdì sera, aveva di meglio da fare che migliorare sensibilmente la mia giornata, ma probabilmente era troppo cortese per cacciarmi via!
 “Fermati a cena” esclamò prendendomi alla sprovvista.
Sorrisi, ma ero titubante, lo voleva davvero? “Sicuro? Non vorrei …” chiesi.
“Non vorrai mica lasciarmi cenare tutto solo!” m’interruppe e poi aggiunse: “Potrei concederti un’altra occasione per battermi …” Mi aveva convinta e lo sapeva: “Cinese?” propose sfoderando un gran sorriso. E che sorriso …
“Dieta del campione, eh?”. Scherzai ricordandomi che la sera seguente avrebbero dovuto affrontare una trasferta di campionato.
“Vorrà dire che domani mattina correrò dieci minuti in più!” mi fece l’occhiolino.
“Tu ordini, io vado ad aprire altre due birre!”
“Perfetto!” concordò.
Mentre Stefano andava in salotto a telefonare, entrai in cucina. Non fu per niente strano non dover indicare i miei piatti preferiti; quando vivevo ancora con mio fratello, cenavo da Michele, con cui  Ste all’epoca condivideva casa, quasi tutti i lunedì; per me, era un modo per lasciare un po’ di privacy ad Andrea e per i ragazzi, l’occasione di mangiare schifezze senza sentirsi in colpa! E poi, insieme, eravamo un trio formidabile. Ci divertivamo con poco, se uno di noi aveva avuto una giornata storta, gli altri riuscivano a fargli tornare il sorriso in un attimo, sempre e comunque, nonostante i cinque anni che mi separavano da loro, eravamo sulla stessa lunghezza d’onda … Certo, non avevo mai passato così tanto tempo da sola con Ste come negli ultimi due giorni, in cui ho scoperto che è proprio vero che non si smette mai di conoscere una persona: sapevo quanto fosse gentile, simpatico, leale, permaloso, maniaco dell’ordine, a volte assurdo, ma solo in quelle ultime ore passate insieme intravidi in lui una profonda sensibilità, sembrava riuscisse a comprendere perfettamente come mi sentissi …  forse avevamo in comune più di quanto pensassi.
Scrissi un sms a Mara per avvisarla che non sarei tornata per cena, non che fosse necessario, ma mi sembrava il minimo; poi spensi il cellulare non volevo dover rispondere ad un interrogatorio di Andrea, in qualsiasi forma si fosse presentato. Aprii il frigo in cerca di due birre, sorrisi notandone la desolazione: Stefano era decisamente single … Scacciai quella stupida annotazione e cominciai a cercare l’apribottiglie. Nel cassetto sopra la lavastoviglie non c’era, stavo aprendo un altro armadietto quando Stefano mi raggiunse in cucina: “La cena è in arrivo!” annunciò “Giusto un quarto d’ora!”
“Davvero?” chiesi distratta. Dove cavolo lo teneva?
“Ho i miei contatti …” rispose avvicinandosi a me.
Percepii una leggera fitta alla bocca dello stomaco quando aprendo un contenitore accanto al frigo, il suo braccio sfiorò inavvertitamente il mio; come avevo fatto a non notarlo prima? Sorrisi per la mia sbadataggine e mi voltai, andando a sbattere contro il suo petto, era più vicino di quanto pensassi, teneva in mano l’apribottiglie come fosse un trofeo e mi sorrideva divertito. Aveva davvero un sorriso bellissimo e poi i suoi occhi … Ero sempre stata convinta fossero verdi, ma era riduttivo, avevano una profonda sfumatura grigia che gli conferiva un certo magnetismo, mi avvicinai inconsapevolmente al suo viso. La pelle già leggermente abbronzata era perfetta, combattei contro l’istinto di accarezzargli la guancia per controllare che fosse morbida come sembrava; notai per la prima volta la consistenza delle sue labbra, che erano pericolosamente vicine alle mie, percepii ancora più intensamente il suo profumo, lo avevo sempre apprezzato, sapeva di …
Suonarono alla porta, risvegliandomi da quei pensieri, Stefano si allontanò di scatto, sul viso un’espressione che non riuscivo a decifrare, lasciò l’apribottiglie sul piano dietro di me sfiorandomi involontariamente il fianco e facendomi sussultare, poi si avviò all’ingresso senza dire nulla.
Wow! Cosa mi stavo succedendo, stavo per … Scossi il capo risoluta, che sciocchezza! Io e lui eravamo buoni amici, doveva essere sicuramente colpa della birra; certo, una non mi aveva mai fatto alcun effetto strano, ma magari sommata alla stanchezza … Si era decisamente colpa degli ultimi giorni a dir poco movimentati. Sorrisi rincuorata dalla mia analisi, mentre aprivo le nostre due birre mi cadde l’occhio sull’orologio che portavo al polso: “Che strano” pensai: “Non può essere già passato un quarto d’ora!” e poi Stefano ci stava mettendo un po’ troppo, mi affacciai in salotto e ne ebbi la conferma: non era la cena. Una biondina con inguinali short rosa e una canotta bianca che lasciava scoperto l’ombelico e sotto la quale, si capiva persino da quella distanza, si era dimenticata di indossare il reggiseno, era spalmata sullo stipite della porta d’ingresso e gli lanciava languidi sguardi. Dalla mia posizione non riuscivo a capire cosa stesse dicendo, ma fu sufficiente sentire la malizia con cui pronunciò: “ …. Zucchero?” a farmi saltare i nervi.
“E poi?” pensai “Vuoi anche che se ne cosparga così da poterlo leccare o preferisci il contrario?”
“Giada ma cosa te ne frega?” la vocina irritante di quel pomeriggio era tornata a farmi compagnia e ancora una volta, aveva ragione.
“E no però …” mi ritrovai a sussurrare “Gli occhioni da gatta in calore, no!”
“Amore, com’è che ci metti tanto?” urlai uscendo dal mio nascondiglio, prima di realizzare che forse non era il caso.
La gatta morta si tirò subito su e mi lanciò un’occhiata omicida, che ricambiai con molto piacere. Stefano si girò con una strana impressione in viso: “C’è qualche problema?” gli chiesi con il tono più civettuolo che conoscevo, mentre gli appoggiavo una mano sulla schiena. In quel momento capii: si stava sforzando per non scoppiare a riderle in faccia.
“Lei è Chantal, la nuova vicina” me la presentò, ridendo sotto i baffi. Ma in quella città i nomi normali non piacevano più?
“Ah, piacere!” dissi tentando di incenerirla con lo sguardo.
“Forse è meglio che vada” disse lei titubante dopo avermi squadrato da capo a piedi.
“Forse …” commentai con una punta di acidità, non riuscivo proprio a tenere a freno la  lingua, poi aggiunsi: “È stato un piacere conoscerti” che tradotto voleva dire vedi di cambiare aria e alla svelta. Evidentemente conosceva bene quei codici femminili  perché se ne tornò verso casa sua con la coda tra le gambe.
Appena richiusa la porta, Ste scoppiò a ridere: “Hai visto che faccia ha fatto? … Sei stata fantastica!”
Più rideva e più mi sentivo un’idiota che cavolo avevo appena combinato? Quella era …? Non riuscivo neanche a pensare a quella parola, non poteva essere …  L’unica verità plausibile era che non riuscivo a digerire le ragazze come Chantal. Tutto lì: no more, no less!
“Scusa” mi sentii dire.
“E adesso perché chiedi scusa?” era di nuovo quella saccente vocina nella mia testa.
Ste mi guardò perplesso ed io continuai: “E che mi sembravi in imbarazzo … ma forse non avrei dovuto!”
“Ma se mi hai salvato!” esclamò facendomi tirare un sorriso di sollievo, notai solo in quel momento che avevo irrigidito le spalle.
“Non vorrei averti rovinato il campo!” presi in prestito un’espressione tanto cara a Michele.
“Non è il mio tipo” disse deciso e qualcosa nel mio stomaco si mosse. “Da quando si è trasferita un mese fa, mi dà l’assillo” spiegò: “Ogni santo giorno suona alla ricerca di zucchero con abbigliamenti sempre meno probabili … E comunque rientrerebbe nella categoria dei “Mai con …”
“I “Mai con”…  Davvero?” chiesi scettica, quella mi giungeva nuova.
“Mai con una vicina di casa.” Lo guardai perplessa. “Mai con una donna già impegnata e soprattutto mai con una donna sposata”  Conoscendolo, non faticavo a crederci … Era davvero l’uomo che ogni madre vorrebbe per …  “Mai con una bionda!” aggiunse interrompendo i miei pensieri.
Alzai un sopracciglio dubbiosa: “Questa te la sei inventata!”
“Ok, mi ha beccato …” Sorrise e si  fermò a pensare un attimo. “Ah, ovviamente, mai con una minorenne.” Scoppiai a ridere. “E infine, mai con …”
“… La ex di un amico” Buttai lì tra una risata e l’altra. Era un’ovvia conclusione … o no?
“Dipende”.
Riuscii a malapena a sentirlo, perché mi rivolse uno sguardo che mi attraversò, confondendomi o forse sconvolgendomi. Cosa stava succedendo? Aprii la bocca per dire qualcosa, ma mi accorsi di avere qualche problema di salivazione e rimasi lì, zitta, probabilmente con una faccia da ebete e in fiamme. Stefano continuava a sorridermi come se fosse tutto normale e io cominciavo a mettere seriamente in dubbio la mia sanità mentale; dovevo dire qualcosa, ma cosa? Riprovai ad aprire bocca e … per la seconda volta, quella sera, fui salvata dal campanello.
“Questa deve essere la cena” esclamò Ste.
“Vado a prendere da bere!” dissi accennando un timido sorriso e scomparii in cucina.
Feci un respiro profondo per tranquillizzarmi, cosa mi stava succedendo? Mi stavo forse facendo suggestionare? Perché avevo quelle strane idee in testa, eravamo semplicemente noi, io e Ste …  Due amici. Punto e basta. Presi le due birre che avevo lasciato sul tavolo e feci per tornare in salotto, ma qualcosa mi bloccò …  Forse per me era meglio ripiegare sulla lattina di Coca Cola che avevo intravisto, solitaria, in frigorifero, ero già abbastanza confusa da sola, meglio evitare di complicare ulteriormente le cose, mettendolo in imbarazzo, più di quanto non avessi già fatto …

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Capitolo 16
*** 16 ***


 [Stefano]
 
Per tutta la cena Giada fu molto silenziosa, troppo impegnata a litigare con le bacchette che, evidentemente, non aveva ancora imparato ad usare. Di tanto in tanto mi lanciava dell’occhiate di sottecchi, sembrava pensierosa e in me cominciava a crescere la paura di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato senza essermene accorto. C’erano stati dei momenti in quella serata in cui ho dovuto fare ricorso a tutto il mio autocontrollo per non baciarla, ero sicuro che la sua reazione sarebbe stata un sonoro schiaffo e non potevo rischiare di rovinare tutto quello che avevamo, non ero ancora pronto a rinunciare a lei … Dovevo ammettere che la sua reazione con Chantal mi aveva colpito al punto che, come un idiota, mi ero lasciato sfuggire che la sua relazione con Alex non rappresentava un problema. Da quando era tornata a Pescara, nascondere quello che provavo per lei era diventato sempre più difficile, probabilmente perché non  avevamo mai trascorso così tanto tempo insieme come in quegli ultimi due giorni; quando ancora viveva con il fratello ci vedevamo quasi tutti i giorni, passava un sacco di tempo da me e Michele, ma non eravamo rimasti io e lei, da soli, se non per pochi minuti.
Stava tentando di infilzare l’ultimo raviolo con la bacchetta quando esclamò seria: “È strano!”
“Cosa?” domandai preoccupato
“Noi” lo disse con una semplicità tale da sconvolgermi, per poco non mi strangolai con uno spaghetto di soia, non immaginava neanche lontanamente cosa suscitassero in me quella tre lettere pronunciate da lei. Cominciai a tossicchiare nel tentativo di non morire soffocato e ovviamente lei fraintese tutto.
“Cioè, io e te e …. Michele, ovviamente!” si giustificò imbarazzata “Sembra tutto come ai vecchi tempi, come se in questi due anni e mezzo non fosse cambiato nulla. È buffo!”
“È tutto! … Non riesci neanche a immaginare quanto mi sia mancato vederti tutti i giorni, anche solo per un minuto … Ci ho provato, te lo giuro Giada, ci ho provato, ma ti amo e non posso più fingere che non sia così!” Questo avrei dovuto dirle ma non lo feci, dissi semplicemente: “È carino” e cominciai a sparecchiare.
“Ti va un film?” propose mentre mi aiutava con i piatti, tutto a un tratto sembrava aver ritrovato la spensieratezza.
“A te la scelta!” dissi indicandole con un cenno del capo il cassettone sotto il televisore dove tenevo i dvd.
“Hai ancora i soliti dieci film risalenti all’anteguerra?” mi canzonò mentre si spostava verso la tv.
Alzai gli occhi al cielo: “Potresti rimanerne stupita!” La stuzzicai, sapevo che era curiosa come pochi.
Si voltò per sorridermi, rimasi ad osservala mentre, come una bambina, si sedeva a terra a gambe incrociate e cominciava a curiosare tra i titoli, poi andai in cucina.
 
“No va beh!”  esclamò voltandosi verso di me che, nel frattempo, mi ero seduto sul divano e osservavo ogni suo movimento “e questo da dove esce?” chiese mostrandomi la custodia di un dvd.
“Lunga storia!” provai a liquidare la faccenda ma sapevo che non sarei riuscito a cavarmela così facilmente.
Alzò un sopracciglio con fare interrogativo. “Hai presente Margherita?” Mi guardò come fossi uno sciocco, invitandomi a continuare. “Beh qualche settimana fa ho dovuto fare da baby sitter a sua sorella.”
“Tu? Baby sitter? … Aspetta cosa ci faceva qui la sorellastra di Maghe?” Chiese perplessa.
“I suoi genitori dovevano partire per l’anniversario e l’hanno lasciata da Marghe prendendola un po’ alla sprovvista …”
“Quindi, ricapitolando … Quella simpaticona della madre,che non vuole che lei sposi Giorgio, non solo è partita per festeggiare l’anniversario con il suo secondo marito, che Marghe tollera a malapena, ma le ha mollato la sorellina straviziata senza neanche avvisarla?” chiese conferma
“E io cosa ho detto?” mi finsi contrariato
Scosse il capo divertita: “E questo sarebbe la tua idea di baby sitting?” chiese riferendosi al dvd.
“Perché no?”
“Mulan?”
“È pur sempre una bambina di otto anni! E devo dire che ha molto apprezzato, non l’aveva mai visto!”
“Non ci credo, come si fa a non aver mai visto Mulan!” Il tono drammaticamente serio.
 “Esagerata!  Anch’io non l’ho mai visto!”
“Cosa?” chiese come se avessi appena confessato un crimine “Ma è …”
“Qualcosa mi dice che rimedierò in questo preciso momento!” l’anticipai alzandomi dal divano e prendendo il dvd dalle sue mani. Giada mi sorrise vittoriosa e si spostò a sedere sul divano, si era accomodata esattamente dal lato opposto al mio. Inserito il dvd nel lettore tornai a sedere al posto di prima, non era quello a cui avevo pensato quando mi aveva proposto un film e poi eravamo troppo distanti per i miei gusti, ma era palese che l’avesse fatto apposta anche se non capivo il perché.
“Pronta?” chiesi, poi schiacciai play.
 
 
Dimmi dimmi chi è
l’ombra che riflette me
non è come la vorrei perché
non so
chi sono e chi sarò
lo so io e solo io
e il riflesso che vedrò mi assomiglierà
quando il mio riflesso avrò
sarà uguale a me.
 
Giada canticchiava sottovoce, sentii un rumore soffocato come se stesse tirando su con il naso.  
“Che fai ti commuovi?” la canzonai con dolcezza, prima di voltarmi verso di lei e notare che effettivamente delle piccole lacrime le solcavano il viso.
Si voltò verso di me e mi lanciò un’occhiata assassina: “Se ti azzardi a dirlo a qualcuno, io …” minacciò puntandomi contro il dito.
“Vieni qua tenerona!” la invitai vicino a me,alzando il braccio per farle spazio.
Scivolò al mio fianco senza aggiungere nulla, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano, si raggruppò al mio fianco e le circondai le spalle con il braccio. Il suo corpo aderiva perfettamente al mio, come se avesse trovato la sua giusta collocazione.
“Adesso arriva la parte divertente” mi sussurrò prima di abbandonare la testa sulla mia spalla.
Rimanemmo in quella posizione senza muoverci di un millimetro, cominciai ad accarezzarle il braccio con le dita, non riuscii ad evitarlo ma sembrava non le desse fastidio. Mi ero quasi dimenticato cosa volesse dire guardare un film insieme a Giada: canticchiava, faceva buffi commenti, cercava di indovinare le battute o il finale. Dopo un silenzio un po’ troppo lungo per i suoi standard, girai il viso verso di lei e mi accorsi  che si era addormentata, sorrideva e sembrava così indifesa …  Attento a non svegliarla, allungai il braccio libero dietro il divano per recuperare un pile che tenevo da quelle parti, la coprii non volevo che prendesse freddo, poi le diedi un bacio tra i capelli: sapeva di albicocca. Al tocco delle mie labbra, si mosse, mi maledissi per averla svegliata, ma Giada si stava semplicemente rannicchiando ulteriormente, facendo aderire il suo corpo maggiormente al mio. Continuai a cullare il suo sonno accarezzandole la pelle delicata, non so bene dopo quanto tempo,  mi addormentai anch’io.
 
“Merda!”
Fui svegliato da uno strano rimbombo come se qualcuno fosse andato a sbattere contro qualcosa; aprii gli occhi ancora mezzo addormentato: la stanza era buia, illuminata semplicemente dallo schermo blu del televisore ancora acceso, in quella penombra vidi Giada di fronte a me che saltellava su un piede tenendosi l’altro tra le mani.
“Che succede?” le chiesi preoccupato
“Scusa non volevo svegliarti!” era mortificata.
“Ma che ore sono?” avevo notato che una lieve luce filtrava dalle finestre.
“Le sei … Ci siamo addormentati”
“Che fai?” domandai perplesso
“È meglio se torno a casa prima che si sveglino!”  una smorfia buffa era comparsa sul suo viso.
“Ti accompagno!” Feci per alzarmi ma mi bloccò.
“Non c’è né bisogno!  Torna a dormire” sussurrò avvicinandosi e rimboccandomi il pile.
“Ma …” tentai debolmente.
“Shh …” ribattè posandomi l’indice sulle labbra. “Fuori è chiaro. Dormi!” Mi ordinò  avvicinandosi ancora un po’ per darmi un bacio che finì sull’angolo della mia bocca, lasciandomi lì con un’espressione da idiota.
La vidi uscire da casa mia con estrema delicatezza, subito dopo mi riaddormentai cullato dal pensiero che avevamo passato la notte insieme e dalla convinzione che venerdì 5 Aprile era stato senza dubbio il giorno più fortunato della mia vita perché, riuscivo a sentirlo, qualcosa stava cambiando.
 
[Giada]
 
Mi ritrovai, di nuovo, a camminare per le strade di una città deserta ma sembrava tutto cambiato; non era la città,né l’aria più tiepida che mi accarezzava il corpo, ero io a essere diversa:tre giorni prima mi sentivo completamente svuotata dall’ennesima giornata inconcludente, quella mattina, invece, sarei potuta arrivare a Milano a piedi per come mi sentivo …  
Le mani in tasca, ripensai alla serata con Ste: ero stata davvero bene, anche se non riuscivo a comprendere come mi fossi potuta addormentare; insomma, io che non abbassavo mai la guardia, io che negli ultimi mesi fissavo il soffitto per ore prima di prendere sonno, incapace di metter a tacere i miei pensieri, come potevo essermi rilassata a tal punto in una sola sera?
Non riuscii a darmi una risposta perché ero già arrivata davanti casa;  girai la chiave nella toppa cercando di non far rumore, tirai un sospiro di sollievo: tutto era buio e silenzioso, mi richiusi la porta alle spalle con delicatezza e mi tolsi le scarpe per sicurezza, non volevo certo svegliarli proprio in quel momento.  Cominciai a camminare in punta di piedi attenta a non inciampare, sollevata di essermela cavata così agevolmente; ero arrivata all’ingresso del salotto quando si accese la luce: Andrea era appoggiato allo stipite e a giudicare dalle condizioni dei suoi vestiti e del divano aveva dormito lì.
 “Andre mi hai spaventato!” sussurrai non volevo svegliare anche Mara e tanto meno la bambina.
“Dove sei stata?” disse con tono risoluto a quanto pareva a lui non importava di svegliare il resto della casa.
“Ero con degli amici” risposi illudendomi che bastasse.
“Ti sembra questa l’ora di rientrare!”
“Ci siamo addormentati” spiegai anche se mi innervosiva dover dare delle spiegazioni, insomma …
“Con chi eri?”
“Te l’ho detto con degli amici!” Ridicolo, mi stava davvero facendo una scenata?
“Eri con Alex?”
“A … Alex?” ripetei, ricordandomi solo in quel momento di lui e di quello che era successo il pomeriggio precedente. “No” risposi indignata “Certo che no. Ti ho detto che …”
“Marghe e Michele non avevano la più pallida idea di dove fossi!” lo guardai sbalordita, li aveva chiamati? “E da che mi risulta non hai mantenuto altri contatti!” Non sapevo che dire.
“Ci sei andata a letto?” mi incalzò dimenticandosi di quel poco di tatto che aveva conservato.
Non potevo credere alle mie orecchie, me l’aveva chiesto davvero. Avrei dovuto dirgli che ero da Stefano, sapevo che si sarebbe calmato perché di lui si fidava, ma non lo feci, volevo che rimanesse una cosa mia. “Sai che c’è?  Tutto questo è ridicolo!” mi ritrovai a dire.
“Ridicolo?” ripeté meravigliato
“Sì, ridicolo! Se non te ne fossi accorto non sono più una bambina! Vivo da sola da più di due anni, non credo di doverti dare alcuna spiegazione!”
“Me ne frego! In questa casa ci sono delle regole e tu, signorina, sei tenuta a rispettarle!”
Ero allibita. “Ma ti senti?” Sbottai “Non sei mica mio padre!” Mi morsi il labbro quando mi accorsi di quello che avevo appena detto. “Andrea, io …” tentai di rimediare ma lo avevo ferito glielo potevo leggere in faccia.
“Sai che c’è? …” chiese
“Sai che c’è?” Lo interruppi, non mi sarei fatta cacciare un’altra volta. “Te lo dico io: Tolgo il disturbo!” questa volta ero io ad andarmene.
“Brava!! Tornatene a Milano!” Urlò andandosene in camera e sbattendosi la porta alle spalle.
“Bene!” gli urlai dietro mentre Mia scoppiava a piangere, non potevo permettere che ancora una volta l’ultima parola fosse la sua!
 
Avevo appena finito di buttare le ultime cose in borsa  quando sentii bussare leggermente alla porta, Mara era sulla soglia con Mia in braccio, era riuscita a calmarla in tempo record.
“Posso entrare” sussurrò. Le feci un cenno d’assenso con il capo. “Non andare. Gli passerà, ha solo bisogno di dormirci  su!”
“Questa volta ha esagerato!”
“Siete due testardi!” mi rimproverò. “Quando perdete le staffe non vi rendete conto di quello che dite!” Sospirai era decisamente un rifermento velato a quello che avevo detto.
Le sorrisi. “Martedì ho l’esame sarei comunque dovuta rientrare … torno presto!” la tranquillizzai
“Promesso?”
“Promesso! Niente e nessuno riuscirà a tenermi lontana dalla mia nipotastra” promisi scoccando un bacino sulla manina di Mia che mi sorrise, almeno lei non mi odiava.
Annuì e rimase lì a fissarmi mentre prendevo la borsa.
“È colpa mia!” disse all’improvviso. La guardai storto. “Quando sei uscita pensavo stessi andando da Alex e…”
Non la lasciai finire: “Oh … avevi ragione!” la rassicurai. “Ma era troppo impegnato a sbattersi la sua ragazza.” Dirlo ad alta voce stranamente non mi fece alcun male, anzi …
“Giada, mi …”
La interruppi con un gesto della mano: “Non importa!” per la prima volta lo pensavo veramente.
“Allora, dove … ?”
Ancora una volta la anticipai “Stefano” a lei potevo dirlo. “Siamo amici,” ribadii, vedendola perplessa “solo amici. Ora vado, se no perdo il treno.”  
Ero appena uscita sul vialetto d’ingresso quando mi sentii chiamare: “Giada … A scherzare con il fuoco va a finire che ci si brucia” mi disse Mara.
“Siamo solo amici.” Dissi di nuovo, questa volta più a me che a lei.
 
Il treno viaggiava veloce verso Milano già da qualche ora, quando mi ricordai di avere il cellulare ancora spento. Appena lo riaccesi cominciò a lampeggiare come una sirena: dieci chiamate di Andrea risalenti alla sera precedente e tre sms; Michele e Marghe volevano sapere dove fossi finita e avvisarmi che Andrea mi stava cercando, controllai l’ora e decisi di non rispondere, ero sicura che erano già stati messi al corrente. Il terzo sms era di un numero che non conoscevo, lo aprii incuriosita:
 
Non so cosa ti sei messa in testa, ma Alex sta con me ora. STAI ALLA LARGA. Aly.
 
Scoppiai a ridere, l’uomo seduto accanto a me mi rivolse un’occhiataccia. Che se lo tenesse pure, io ne avevo abbastanza! Cancellai il messaggio e ne approfittai per scriverne uno all’unica persona a cui dovevo una spiegazione … 

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Capitolo 17
*** 17 ***


[Alex]
 
Avevo davvero toccato il fondo. Mi ero umiliato davanti a tutti dedicandole quella stupida canzone e lei non aveva fatto un solo passo verso di me; l’avevo aspettata invano tutta la notte ricevendo in cambio solo silenzio. Quando quel silenzio stava cominciando  a uccidermi, chiamai Alyssa, ma neanche fare sesso con lei mi fece stare meglio anzi, se possibile, peggiorò le cose, continuava a fare domande a cui non volevo rispondere, a cui non potevo rispondere. Come se non bastasse, quel giorno avevamo una trasferta e in base a una tradizione scaramantica, che mai come quel giorno mi sembrò assurda, dovevamo incontrarci da Andrea per poi andare al ritrovo tutti insieme. Sentii il clacson suonare, Michele era stranamente in anticipo, presi il borsone e uscii di casa senza preoccuparmi di Alyssa che dormiva ancora.
Non avevo ancora chiuso la portiera che Michele mi chiese: “Giada è da te?”
Lo guardai strabiliato: “Cosa?” che razza di domanda era.
“Alex per favore se …”
“Michele!” lo interruppi: ”Se avessi passato la notte con lei lo capiresti!” non avevo certo quella che lui stesso,a  Londra, aveva battezzato come “faccia da Giada” anzi, come non si preoccupò di farmi notare, avevo davvero una brutta cera.
 
L’idea di tornare in quella casa dopo la nostra litigata, mi fece uno strano effetto: una parte di me sperava di non incontrarla, l’altra voleva poterla insultare e poi baciare fino a perdere il fiato. Michele decise di entrare con la sua copia di chiavi perché non voleva rischiare di svegliare la bambina da cui si precipitò subito, mollandomi come un idiota in mezzo al salotto. Giorgio e Ste non erano ancora arrivati, rimasi un po’ a guardarmi intorno, non era cambiato molto da quando passavo lì, praticamente tutti i giorni. Mi ritrovai a vagare nel corridoio e senza pensarci arrivai di fronte alla stanza di Giada: la porta era aperta, guardai dentro ma lei non c’era e il letto era intatto. Che non avesse neanche dormito lì? Feci un passo ed entrai, sembrava non ci fosse alcuna traccia del suo passaggio.
“È inutile che la cerchi, se ne è andata stamattina presto” disse una voce alle mie spalle. Mi voltai di scatto,Mara era sulla porta e mi osservava.
“Non so a cosa …” tentai di negare, ma cosa? Non ero forse in camera sua?
“Giada è tornata a Milano con il primo treno” mi comunicò entrando nella stanza e cominciando a disfare il letto.
“Non fa altro che scappare” commentai ad alta voce, non l’avessi mai fatto …
“Sai una cosa Alex?”  Sembrava piuttosto irrequieta. “Dovresti crescere una buona volta!”
La guardai sbalordito “Come scusa?” Dovevo aver capito sicuramente male.
“Dovresti deciderti a crescere. Cazzo hai ventiquattro anni, non sei più un bambino!” probabilmente mi ero immaginato tutto, non poteva averlo detto veramente!
Non potevo sapere che, invece, aveva appena iniziato. “Sai io ho sempre fatto il tifo per voi, per te, pensavo fossi perfetto per lei, ma evidentemente mi sbagliavo!” sbottò lasciando perdere le lenzuola che stava cambiando e guardandomi dritto negli occhi.
“Davvero? Tua cognata è un insicura cronica ed è colpa mia!” era ridicolo, tutta la faccenda lo era.
“Certo! Perché tutta questa situazione è solo colpa sua, vero?” sorrideva nervosa.
“Quel bacio …” cercai di giustificarmi, anche se ero stanco di ripetere sempre le stesse cose.
“Al diavolo quel bacio!” il suo tono mi spaventò. “Tu dici di amarla ma i fatti dicono altro!”
“Cosa?” che diavolo stava dicendo? “L’ho cercata per mesi, le ho fatto una dannatissima serenata davanti a mezza città e non si è mossa di un millimetro!”
“Oh scusami, la serenata!” disse appoggiando teatralmente una mano sul cuore, mi stava prendendo in giro? “Vuoi parlare della serenata? Parliamone!” mi stavo davvero cominciando a preoccupare per Mara, evidentemente non dormire le faceva strani effetti. “Le dici che la ami, glielo dici, come ha detto tu,davanti a mezza città e poi che fai? Dopo neanche ventiquattro ore ti scopi un’altra!Complimenti!” mi fece un applauso ironico. “Chi è l’insicuro, adesso?”
La guardai incredulo, mi ero perso qualcosa come faceva a … “Ti ha visto!” rispose alla mia domanda silenziosa, spalancai gli occhi, non poteva dire sul serio.
Continuò senza lasciarmi il tempo di pensare, tantomeno di parlare: “Pensavo la conoscessi! Credevi davvero che ti sarebbe corsa dietro? Sapevi quanto le sarebbe costato rinnegare tutto quello che aveva fatto e detto negli ultimi mesi! Ma guarda un po’, alla fine  l’aveva fatto, per l’ennesima volta, per te … ma tu … !” il suo tono era particolarmente duro.
Ero senza parole, mi sentivo un coglione e in quel momento,ero convinto di averne anche l’espressione.
“Adesso mi devi fare un favore Alex …  La devi smettere!”
“Cosa?” Possibile che non riuscissi a dire altro!
“Basta! Non cercarla più, non tampinarla più. È finita! Sono stufa di vedere mio marito litigare con lei per colpa tua! Stufa di vedere Giada piangere per te! Voglio che si senta libera di tornare a casa sua ogni volta che vuole, senza sentirsi a disagio a causa tua e dei tuoi tentativi di riconquistarla. Hai una nuova ragazza ora, beh fattela bastare!” la sua espressione aggressiva mi fece pensare a una tigre.
“Non puoi chiedermi questo!”
“Vuoi Giada? Bene, vai a Milano e riprenditela! Ma oggi, Alex, non domani, né la prossima settimana o il prossimo mese o il prossimo anno. Ora, adesso … altrimenti lasciala in pace.”
“Ma io … i ragazzi … la partita” balbettai confuso.
“Come immaginavo” commentò scuotendo il capo: “Questa storia finisce qui, sono stata chiara? Non farmelo ripetere un’altra volta Alex, perché non sarò così gentile!”
Alla faccia della gentilezza! Mi sentivo come un bambino che era appena stato rimproverato dalla madre, ero completamente inerme, incapace di formulare un solo pensiero, sapevo che dovevo ribattere ma ero talmente scioccato da non riuscire a parlare.
“Alex!” mi sentii chiamare, era la voce di Stefano. “Eccoti qua!” commentò raggiungendoci in camera. “Mara” la salutò guardandoci leggermente perplesso. “Ci siamo tutti, possiamo andare … Tutto a posto?” chiese preoccupato di aver interrotto qualcosa.
“Sì” rispose Mara con il tono di sempre. “Io e Alex stavamo scambiando due semplici chiacchiere, ma abbiamo finito. Vero?”mi  chiese conferma.
Annuii, la vidi sorridere soddisfatta e uscii dalla stanza a testa bassa, seguito da Ste. Forse aveva ragione, dovevo lasciar perdere, dimenticare e ripartire da Alyssa. Non si poteva più continuare così.
 
 
[Stefano]
 
Quella mattina fui ben felice di dover andare da Andrea, volevo rivedere Giada, il suo atteggiamento, dopo la sera precedente, sarebbe stato importante per capire quale poteva essere la mia prossima mossa. Arrivato a destinazione incontrai Giorgio sulla porta.
“Buongiorno!” lo salutai allegramente.
“Ciao!” contraccambiò guardandomi di sottecchi “Siamo di buon umore, oggi?”
“Decisamente!” ammisi e allungai la mano per suonare il campanello ma Giorgio mi bloccò.
“Meglio bussare, sai per via della bambina …” mi spiegò. Non ci avevo pensato.
Andrea ci aprì la porta: “Siete arrivati!” esclamò nervoso, guardai l’orologio erano le nove in punto. Io e Giorgio ci scambiammo un’occhiata perplessa e lo seguimmo in salotto dove Michele, seduto sul divano, si spupazzava la piccola Mia.
“Michele smettila, che se no ricomincia a piangere!” lo rimproverò facendolo sbuffare.
“Tutto a posto?” chiesi stupidamente.
“Lunga storia, prendo il borsone e andiamo!”
Non appena fu uscito dalla stanza, Michele ci aggiornò sulla situazione: “Ha litigato con Giada e lei se ne è tornata a Milano. Devono essere volate parole grosse!” commentò con una smorfia.
Non poteva essere partita sul serio, insomma dopo … Perché non mi aveva chiamato?
“Alex dov’è?” chiese Giorgio interrompendo i miei pensieri.
“Vado a cercarlo” dissi. Andrea mi sembrava già abbastanza alterato, meglio non provocarlo ancora.
 
Istintivamente andai verso la camera di Giada, sentii la voce di Mara dire: “… perché non sarò così gentile!”
Affrettai il passo e chiamai Alex, lo trovai in camera insieme a Mara: “Eccoti qua!” commentai, sembrava avessi interrotto qualcosa perché l’aria tra i due sembrava abbastanza pesante: “Tutto a posto?” chiesi per la seconda volta da quando avevo messo piede in quella casa.
“Sì” rispose Mara, sembrava tranquilla.“Io e Alex stavamo scambiando due semplici chiacchiere, ma abbiamo finito. Vero?” si rivolse a lui che annuì.
Lo stavo seguendo fuori dalla stanza quando mi sentii chiamare: “Ste!”
Alex sembrava non essersene accorto e proseguì verso il salotto, io mi voltai: Mara mi osservava, il sorriso cordiale di poco prima era svanito.
“Cosa ti sei messo in testa?” mi chiese a bruciapelo.
“Credo di non riuscire a seguirti” le risposi con sincerità.
“Giada.” spiegò. La guardai sbalordito, cosa c’entrava lei? “Non guardarmi con quella faccia! Oggi non è proprio giornata, credi davvero che non lo sappia?”
A cosa si riferiva? Perché avevo un paio di opzioni e non sapevo quale fosse la più conveniente per me: “Io non …”
“Andiamo, Ste! So benissimo che sei innamorato di lei!”
Avrei almeno dovuto provare a negarlo, ma onestamente mi ero stufato di farlo, in fondo non avevo nulla di cui vergognarmi: “Da quanto lo sai?” dissi ammettendo, per la prima volta ad alta voce, i miei sentimenti.
“Da sempre, forse l’ho capito prima io di te … Non ci vuole certo un genio! Basta aver due occhi e non esser un uomo o … Giada!” Quell’ultima affermazione mi strappò un sorriso. “Per cui te lo richiedo: cosa ti sei messo in testa?”
“Niente!”
“Senti so che ha passato la notte da te, ma devi capire che in questo momento …”
“Mara” la interruppi: “è stata lei a venire da me. Aveva bisogno di un amico e io ero lì!”
“Lo so, ma è ovvio che è confusa. Forse dovresti …”
“No, non mi metterò da parte, non questa volta!”
“Ma …”
“Senti io voglio solo che lei sia felice. SE e quando me ne darà la possibilità, farò di tutto per permetterle di esserlo! … Ora se non ti dispiace, devo andare!” le voltai le spalle.
“Potresti almeno evitare di dire ad Andrea che era da te? Giada non gliel’ha detto”
“Questo posso farlo …” le dissi e raggiunsi gli altri in salotto.
“Perfetto!” disse Andrea “Sbrighiamoci! Non voglio fare tardi!”
Sospirai, sarebbe stata una lunga giornata, quando litigava con la sorella diventava intrattabile.
 
Eravamo appena saliti in macchina quando mi arrivò un sms:
 
Buongiorno! Spero tu sia riuscito a dormire dopo la mia “fuga”!
 Sono sul treno per Milano, mi disp nn averti salutato ma ho litigato con Andre …
 Cmq in bocca al lupo per stase, sarò in pole sul divano a tifare per te!
Ci vediamo presto. Un bacio.
 
 
Il mio stomaco fece tre salti mortali per la gioia, quello era il segnale di cui avevo bisogno. Forse era colpa del t9 ma aveva usato il singolare e per la prima volta sapevo di avere una chance.
 
Mi dispiace per Andre. Scrivi quando sei a casa sana e salva!
Crepi il lupo! Un  bacio.
 
Inviai la risposta e sorrisi a trentadue denti. Giorgio, seduto al mio fianco,mi lanciò un’occhiata curiosa, mi ricomposi senza dire nulla. Tutto stava andando per il verso giusto.

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Capitolo 18
*** 18 ***


[Giada]
 
Finalmente varcai la soglia del mio appartamento, era stato uno dei viaggi più lunghi ed estenuanti della mia vita: dieci lunghissime ore, il doppio di quelle previste. Prima siamo rimasti bloccati in mezzo al nulla per ben due ore, perché un gregge di pecore aveva invaso i binari, poi per un guasto al treno siamo rimasti fermi per altre due ore a Bologna prima che ci facessero salire su un altro treno, che ha fermato in ogni santissima stazione. Evidentemente, il karma aveva deciso di punirmi per essere stata una vera stronza con mio fratello.
“Sono tornata!” urlai a Jenny appena entrata.
“Giada!” comparve all’ingresso, sembrava spiazzata.“Non dovevi tornare domani sera?”
“C’è stato un piccolo cambio di programma!” le dissi sorridente, mentre lei continuava a osservami in imbarazzo.
“Jenny che …” in quel momento mi accorsi che il getto della doccia era acceso. “Chi c’è sotto la doccia, Je?”
“Ehm … io pensavo che … Insomma …”
“Oddio!” scoppiai a ridere “mi dispiace. Io vado in camera e non vi darò alcun fastidio. Scusa” ripetei cercando di trattenere le risate. Mi avviai verso la mia stanza cercando di riprendere il controllo: “Fate come se non ci fossi, tanto adesso inizia la partita!” la rassicurai prima di chiudermi in camera, possibile che non ne combinavo una giusta!
“Quale partita?” mi urlò da dietro la porta chiusa.
 
Accesi il pc e mi collegai giusto in tempo per l’annuncio delle formazioni. Andrea non aveva un bella faccia, sembrava stanco, mannaggia a me e alla mia lingua lunga! Ste,invece, sembrava in gran forma, la divisa bianca faceva risaltare la sua leggere abbronzatura … Dovevo ricordarmi di chiedergli come faceva ad essere già abbronzato ad Aprile, sperando che la sua risposta non fosse … A proposito, dovevo scrivergli non appena fossi arrivata a casa.
Stavo finendo di scrivergli quando Jenny entrò in camera mia, alzai la testa con fare interrogativo.
“Ovviamente l’ho mandato via!” mi spiegò
“Mi dispiace non volevo rovinarti la serata!” dicevo sul serio.
“Non importa, per oggi ne ha avuto abbastanza!” mi tranquillizzò ridendosela maliziosamente sotto i baffi. “Piuttosto … Cosa è successo? Non ti sei fatta più viva!”
“Ho litigato con Andrea” le spiegai in poco parole, mentre tornavo  a scrivere con il cellulare.
“Perché?”
“Solite incomprensioni!” liquidai la faccenda in fretta, senza alzare gli occhi dal telefono.
“Giada …” richiamò la mia attenzione. Le feci segno con il dito di aspettare un attimo e inviai il messaggio soddisfatta.
“Allora?” chiesi
“Come allora? Non mi dici nulla? Alex?”
“Ha una nuova ragazza.”
“Cosa?” Mi raggiunse sul letto indignata. “Non ci credo!”
“Va tutto bene” la rassicurai.
“No, che non va bene! Cosa ti ha detto?”
“Tante cose:  che gli sono mancata, che lo amo, che mi ama, che me la faccio con un altro!” Aveva gli occhi fuori dalle orbite. “Ah … mi ha dedicato una canzone … ”
 “E poi?” m’incalzò
“Poi ha ben pensato di scoparsi l’altra!”
Mi guardò scioccata: “Giuro che se lo incontro, io … io … “ il modo in cui contorceva le mani, mi suggeriva che volesse strangolarlo.
“È tutto ok, Jenny. Davvero! Non importa.”
Mi guardò attentamente, la testa leggermente inclinata verso destra: “Perché, questa volta, sembri convincente?”
Le sorrisi: “Perché questa volta lo penso davvero! Ora fammi guardare la partita!”
 
“Perché la stiamo guardando?” mi chiese alla fine del secondo quarto.
“Per Ste, ovviamente!”
“Ovviamente” ripeté, ma sembrava perplessa.
 
 
[Stefano]
 
Sul pullman che ci riportò a casa, l’atmosfera era davvero lugubre: avevamo perso ma soprattutto non eravamo riusciti a giocare come sapevamo. Come sempre dopo una sconfitta, mi andai a sedere, da solo, in ultima fila e riaccesi il cellulare. Prima della partita, Giada non si era ancora fatta viva ed era strano perché sarebbe dovuta arrivare a casa per pranzo, tirai un sospirò di sollievo non appena vidi la notifica di un suo sms, lo aprii con il cuore che batteva a mille:
 
Sono arrivata solo ora, giusto in tempo per il fischio d’inizio!
Sapessi che giornata … Ulisse me fa ‘n baffo!
Chiama quando vuoi, così ti racconto del gregge di pecore con cui ho stretto amicizia!
Sempre se la mia coinqui non mi uccide prima per averla colta sul fatto!
A proposito di omicidio … Non ti fai la lampada vero?
 
“Certo che non mi faccio la lampada!” pensai sorridendo, come le venivano in mente certe cose!
Ero troppo impegnato a leggere le sue parole per accorgermi che Giorgio si era seduto al mio fianco: “Di solito, dopo aver perso, non si sorride.”
Alzai lo sguardo dallo schermo e nascosi il cellulare in tasca cercando di riprendere il controllo, in fondo aveva ragione.
“Come si chiama?” mi chiese. “… La ragazza intendo” mi lanciò un sorrisino complice.
“Si vede così tanto?”
“È tutto il giorno che cammini a un metro dal suolo e in campo volavi!”
“Non è bastato” commentai amaro.
“Siamo una squadra, ricordi? … Allora la conosco?”
“Secondo me, passi troppo tempo con Marghe!” lo presi in giro.
“Forse … chi è?” era troppo curioso e non riusciva a nasconderlo.
“È presto per dirlo, non c’è ancora niente di sicuro”
“Vuoi fare il misterioso eh?”
“Questa potrebbe essere la volta buona.” Confidai “Non so se capisci cosa intendo”
“Amico, ti ricordo che a giugno mi sposo!” mi diede una pacca sulla spalla e se ne tornò al suo posto. Appoggiai la testa contro il finestrino, arrivato a Pescara l’avrei chiamata, mi mancava il suono della sua voce.
 
Quando arrivammo nel piazzale della palestra verso le undici, c’erano un po’ di macchine ad aspettarci. Appena sceso vidi Margherita, che mi salutò con la mano, e vicino a lei,  notai Alyssa. Andai a recuperare il borsone nel bagagliaio e riemersi giusto in tempo per vedere il bacio mozzafiato che le diede Alex. Era un fatto singolare per uno che, solo due giorni prima, dedicava una canzone a un’altra donna; ovviamente non fui l’unico a pensarlo: Michele e Andrea erano perplessi almeno quanto me.
“Vuoi un passaggio?” chiese Michele quando passai di fianco alla sua macchina; Andrea, all’interno, ero troppo impegnato a lanciare occhiatacce ad Alex e signora.
“No,grazie. Vado a piedi.”
Mi guardò come se fossi pazzo. “Ci metterai più di mezz’ora!”
“Ho bisogno di scaricare la tensione” in parte era la verità. “Ci vediamo domani!” li salutai e mi avviai verso casa.
Quando fui sicuro di non poter essere sentito, presi il cellulare e chiamai Giada.
“Ciao” rispose la sua voce dall’altro capo del telefono, sembrava assonnata.
“Ti ho svegliato?” chiesi preoccupato di non aver fatto la cosa giusta.
“No anzi, stavo aspettando la tua telefonata!” a quelle parole il mio stomaco fece un tuffo carpiato con doppio avvitamento. “Mi dispiace per la partita!” aggiunse.
“Capita” commentai.
“Però tu hai fatto una gran partita!”
“Quando perdi, non se ne accorge nessuno! A nessuno interessa il miglior dei perdente!”
“Beh a me interessa!” dissi con decisione e dolcezza.
Sorrisi. “Allora Ulisse …” scoppiò a ridere. “… un gregge di pecore? Inventatene una migliore!”
 
90 minuti. Questo indicava il mio cellulare quando, ormai al calduccio tra le mura di casa, chiusi la telefonata augurandole la buonanotte.
 
[Giada]

Inizialmente pensavo di tornare a Pescara martedì, subito dopo aver sostenuto  l’esame avrei preso il primo treno e sarei tornata dalla mia nipotina, che già mi mancava e a dirla tutta non era l’unica … Ma alla fine decisi di rimandare la partenza a sabato e di sfruttare quei giorni, che mi separavano dalla ripresa delle lezioni fissata per il martedì successivo,per accumulare il maggior numero di ore al lavoro, così che Eva e i miei colleghi non avrebbe più potuto storcere il naso e io sarei stata libera di tornare dalla mia famiglia più spesso, forse anche tutti i week-end. Rimanere a Milano mi servì anche per fare chiarezza dentro di me, la visita precedente mi aveva lasciato molte domande e non volevo tornare a casa senza essere sicura di avervi trovato risposta. Andrea, Stefano e Alex: erano questi i grandi nodi da sciogliere.
Non parlavo con Andrea dalla nostra litigata, sapevo che avevo davvero esagerato a dirgli quelle cose, non che lui fosse esente da colpe, ma dovevo chiedere scusa e dovevo farlo guardandolo negli occhi.
Stefano lo sentivo tutti i giorni, ogni sera passavamo ore al telefono: lui mi raccontava la sua giornata e io gli raccontavo la mia. Ridevamo un sacco insieme, parlare con lui mi ricordò che, a volte, per rallegrarti la giornata basta un dettaglio; ricominciai, così, ad apprezzare le piccole cose a cui da mesi non facevo più caso e le annotavo mentalmente solo per poterle condividere con lui. Non vedevo l’ora di rivederlo e passare ancora un po’ di tempo insieme.
Alex, invece, non si fece sentire, non che la cosa mi sorprendesse, il suo amore sembrava essere assolutamente in linea con il detto: lontano dagli occhi, lontano dal cuore; cercai di analizzare quello che provavo per lui, non fu semplice scavare a fondo dentro di me e non posso negare che fece abbastanza male, ma alla fine capii esattamente il ruolo che volevo occupasse nella mia vita. Dovevo solo comunicarglielo …

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Capitolo 19
*** 19 ***


Arrivato il momento di partire, ero perfettamente conscia di quello che dovevo fare e in testa avevo un piano preciso: tre fasi indipendenti che si basavano principalmente sull’effetto sorpresa. Ben presto, mi resi conto d’aver bisogno di un complice. E chi potevo chiamare,se non il mio caro fratello acquisito?
La sera prima della partenza, gli telefonai per avvisarlo del mio arrivo; il giorno seguente avrei preso il treno nel primo pomeriggio e a meno di sfighe varie, pensavo di averne fatto il pieno con il viaggio precedente, sarei arrivata a destinazione per l’ora di cena. Gli spiegai la prima fase del mio piano e lo supplicai di non dire niente a nessuno: “Deve essere un segreto Michele. Non lo devi dire a nessuno che sto tornando, soprattutto ai ragazzi. D’accordo?”
“A una condizione” mi spiazzò.
“Spara!” lo incoraggiai leggermente preoccupata.
“Che mi dedichi almeno una sera. Solo tu ed io, come ai vecchi tempi. È troppo che non parliamo … seriamente intendo!”
“Hai qualcosa da confessare?”
“Forse!” stuzzicò la mia curiosità.
“Promesso! Ma tu non dirlo a nessuno!” mi raccomandai per la centesima volta.
“Ho capito, nemmeno un fiato sulla questione. Te l’ho mai detto che a volte sei proprio strana, c.s.a?”
“Sempre!” risposi ridendo, la verità era che volevo fosse una sorpresa soprattutto per Ste.
 
Arrivai a Pescara puntuale, Michele era fuori dalla stazione ad aspettarmi e come prestabilito si era autoinvitato a cena dalla sorella avvisandola che avrebbe portato con sè una persona speciale. Lo “speciale” non era nei piani, ma Miche si divertiva troppo a tormentare  Mara, che gli ripeteva in continuazione di mettere la testa a posto e di trovarsi una fidanzata. Parcheggiammo fuori da casa mia, prima di scendere feci un respiro profondo e tirai fuori dalla borsa il regalo per Mia che, nell’agitazione della settimana precedente, avevo dimenticato a Milano, poi insieme a Michele attraversai il vialetto d’ingresso. Mentre lui suonava il campanello, mi nascosi a lato della porta, nel caso avesse aperto Andrea …
“Buonasera!” salutò entusiasta.
“Ciao” rispose la sorella che dopo un attimo di esitazione aggiunse: “Non sarai mica da solo? Ho cucinato per quattro persone, giuro che …”
“Calmati sorellona,  stai diventando acida! Ti presento la mia persona speciale”
E così uscii allo scoperto. “Santo cielo, Giada!” mi sorrise e mi abbracciò. “Stavo cominciando a preoccuparmi che non tornassi! …. Venite dentro! Ma perchè non me l’hai detto!” rimproverò il fratello. “E quello che cos’è?” mi chiese accorgendosi del pacchettino che tenevo in mano. Io e Michele ci scambiammo uno sguardo divertito: stava facendo tutto lei.
“È colpa mia.” le spiegai: “Volevo farvi una sorpresa! E questo …” agitai leggermente il pacchettino “… è per la mia nipotastra, la settimana scorsa me lo sono dimenticata!”
Sorrise dolcemente “Questo lo prendo io.” disse “Lo apriamo dopo cena … Perché non vai a trovare la piccolina, mentre Michele mi aiuta a preparare?”
“Sfruttatrice” sibilò lui andando in cucina. Mara mi sorrise incoraggiante ed io andai da Andrea.
 
Appoggiata alla porta, rimasi per un po’ ad osservarlo mentre cullava la piccolina tra le sue enormi braccia. “Mia è una bimba fortunata.” dissi alla fine. “Ha un papà speciale.”
Andrea si voltò verso di me: “Cosa ci fai qui?” chiese troppo sorpreso per ricordarsi che era arrabbiato:per il momento il piano stava funzionando.
“Sorpresa!” esclamai accompagnando la parola con una piccola esplosione delle mani ed entrai nella stanza.
Mia emise un suono, so che può sembrare assurdo, ma sembrava divertita. “Almeno a lei sto ancora simpatica!” commentai.
“Giada” mi rimproverò bonariamente. “Io …”
“No.” lo interruppi. “Mi sono preparata un discorso …” Feci un bel respiro e cominciai: “Negli ultimi mesi, sono stata egoista con te e non è giusto. Tu ci sei sempre stato per me e io mi persa dei momenti importanti solo perché non sono stata in grado di gestire le mie stesse scelte.” Aprì la bocca per ribattere ma lo bloccai con un gesto della mano. “Ci sarei dovuta essere il giorno in cui sei tornato a giocare dopo l’infortunio come tu ci sei sempre per  me, ogni  primo giorno di scuola. Ci sarei dovuta essere quando l’hai presa in braccio per la prima volta, dovevo essere in quel corridoio a camminare su e giù con Michele, aspettando che ci dicessi: “è nata!” … Ma soprattutto non avrei mai dovuto dirti quelle cose, sono stata una grandissima stronza!! … Ops.” aggiunsi mettendomi una mano sulla bocca quando mi ricordai della bambina.
“In fondo hai detto la verità.” mi sorrise.
“Beh sai cosa ti dico? La verità fa schifo!” esclamai.
“La verità è che l’altra mattina ho sbagliato ad aggredirti in quel modo. A volte mi dimentico che ormai sei una donna … È che tu sarei sempre il mio scricciolo! Io non voglio vederti soffrire,  ma mi rendo conto che a volte esagero … ”
“Mi perdoni per essere una sciocca?” chiesi timidamente.
“Solo se tu perdoni me.” disse lasciando Mia nella culla. “Vieni qua, scricciolo!” m’invitò allargando le braccia. Lo raggiunsi e mentre mi lasciavo stritolare gli chiesi scusa un’altra volta, solo dopo avermi stampato un bacio sulla fronte sciolse l’abbraccio.
“Adesso andiamo a mangiare! Dopo però dobbiamo fare un discorsetto!” Lo guardai leggermente preoccupata. “Non puoi certo dire le parolacce davanti a Mia, che madrina saresti!”
“Madrina?” ripetei buttandogli le braccia al collo.
“Calma, calma. Posso sempre cambiare idea!” scoppiammo a ridere entrambi, in quel momento non immaginavamo neanche quanto ci saremmo andati vicino …
La “fase uno” era stata portata avanti con successo: passammo una piacevole serata in famiglia come non facevamo da tempo. Mara insistette perché mi fermassi da loro e non da Michele, come avevo pianificato e a lui non sembro dispiacere molto.  La “fase due” prevedeva che andassi al palazzetto per fare una sorpresa a Stefano, la sera prima avevo evitato la nostra telefonata quotidiana con un sms di scuse in cui m’inventai che all’ultimo ero stata incastrata con un turno serale al bar.
 
Era l’ultima partita di campionato, due settimane dopo sarebbero iniziati i play-off scudetto, a cui i ragazzi sapevano  già di essere qualificati in virtù del matematico secondo posto in classifica. I play-off prevedevano partite ogni due giorni e per me si traducevano in una scarsa possibilità di andarli a vedere, nonostante avessi intenzione di scendere tutti i week end, la data e il luogo della partita non gli sceglievo mica io! Mara l’avrebbe vista a casa in tv, per la piccola era troppo presto per entrare in un palazzetto affollato, io invece ci andai con un po’ di anticipo, sapevo che avrei  trovato Marghe al solito posto.
“Gran bella giornata!” esclamai mentre mi sedevo accanto lei, facendola sussultare.
“Giada mannaggia a te, mi hai fatto prendere un colpo!” disse portandosi una mano sul petto. “Quando sei tornata?”
“Ieri … Volevo farvi una sorpresa!” mi giustificai
“Direi che ci sei riuscita!” mi rimproverò  con il sorriso stampato in viso.
 
 
[Alex]
 
Non potevo farci niente, le parole di Mara continuavano a frullarmi in testa ovunque fossi, qualsiasi cosa stessi facendo; anche in quel momento, nel tunnel che portava al campo, prima dell’ultima partita di campionato la  sua voce occupava la mia mente. La stagione stava entrando nel clou e io non mi ero mai allenato così male come nell’ultima settimana, per non parlare del mio stato di forma che, come la partita precedente aveva ampiamente dimostrato, era pessimo. Uscii per ultimo per iniziare il riscaldamento, accolto come sempre dal boato dei nostri tifosi, il mio sguardo andò, come ogni maledetta domenica giocata in casa, nella zona in cui Mara e Marghe si sedevano abitualmente, nutrivo sempre l’assurda speranza che Giada fosse insieme a loro. All’iniziò pensai  di essermela sognata: non poteva essere davvero lì! Era dal 26 dicembre che non metteva piede in quel palazzetto. Strizzai gli occhi un paio di volte, ma lei era sempre lì, al fianco di Margherita, solo quando notai che i ragazzi la stavamo salutando mi convinsi che era tutto vero. La vidi fare l’occhiolino a qualcuno, seguì il suo sguardo fino ad arrivare ad Andrea che stava facendo un po’ di stretching accanto a Stefano, fortunatamente era riuscita a chiarire con il fratello, anche se non avevo mai avuto grandi dubbi,insieme ne avevano passate davvero di tutti i colori …  Continuai ad osservarla, incapace di staccare gli occhi da lei, parlava con Margherita e sorrideva, continuò a farlo anche quando i suoi occhi incrociarono i miei: fu un attimo, ma il solo fatto che non si fosse incupita come le ultime volte, mi diede una gran carica. Al diavolo Mara, quella volta non avrei commesso alcun errore!
 
Vittoria e MVP: questo decretò il campo al termine dei quaranta minuti di gioco. Non giocavo così da mesi, ma a differenza dei miei compagni e del coach che non riuscivano a capacitarsi di come fossi riuscito a tirare fuori una prestazione del genere, io sapevo benissimo qual era il motivo: era seduto in tribuna e sorrideva. Dopo essere stato sballottato da una parte all’altra per le interviste di rito, posai di nuovo il mio sguardo su Giada. Era in piedi e stava abbracciando Andrea, poi fece l’occhiolino, ma questa volta, lo vidi chiaramente, era rivolto a Stefano che si stava avvicinando a loro. Gli disse qualcosa, probabilmente lo prese in giro, perché scoppiarono tutti a ridere, Ste l’abbracciò sollevandola da terra quel poco che gli permetteva la balaustra, Giada scoppiò a ridere e quando lui sciolse l’abbraccio, gli tirò una manata sul braccio. La sua espressione divertita e spensierata, la loro complicità, per un attimo, mi fecero gelare il sangue nelle vene, ma le parole dette da Michele alla cena vennero in mio aiuto: “Sei paranoico! Sono amici, sono solo ottimi amici”. Ancora un po’ confuso imboccai la via degli spogliatoi, dimenticandomi un piccolo particolare: Alyssa era lì e io non l’avevo degnata nemmeno di uno sguardo.
 

[Giada]

Anche la “fase due” era riuscita perfettamente, Stefano era rimasto sorpreso e felice di vedermi lì, il sorriso che mi rivolse durante il riscaldamento e l’abbraccio a fine partita, valevano più di mille parole. Dopo la vittoria, io e Marghe, c’eravamo spostate nel parcheggio per aspettare i ragazzi, intorno a noi un gruppo nutrito di tifosi, soprattutto di tifose, attendeva che uscissero per una foto o un autografo. Margherita continuava a ripetermi che Alex non giocava così bene da una vita e che,secondo lei, questo dipendeva da me ma non ci badai molto quella era la “fase tre” e me ne sarei occupata più tardi.
Stavamo ancora commentando la partita, quando sentii una fastidiosa vocina alle mie spalle: “Che cazzo ci fai tu qui?”Mi voltai, Alyssa ci aveva raggiunte e sembrava abbastanza inferocita.
“È un piacere anche per me rivederti” le risposi con assoluta tranquillità ma lei sembrò non apprezzare molto.
“Pensavo di essere stata chiara: devi stare alla larga da lui!” aveva cominciato ad urlare.
“Non so di cosa tu stai parlando. Sono venuta a vedere i miei amici” risposi senza scompormi, in fondo era la verità, non ero lì per Alex.
“Oh, non fare l’innocentina con me. Sai benissimo di cosa sto parlando: Alex ti ha guardata per tutto il tempo!”   continuava ad urlare e in molti si erano girati a guardarci.
“Aly … ” intervenne Margherita “potresti abbassare la voce. Ci stanno guardando tutti!”
“Che guardino pure!” le rispose poi rivolgendosi in maniera plateale alla folla spiegò: “A questa troietta …” mi indicò “… piace rubare il fidanzato alle altre!”
“Andiamo” sussurrò Marghe prendendomi per un braccio.
Almeno poteva dire di averci provato. Alzai l’indice per farle segno di aspettare un minutino, avevo un paio di cosette da dire: “Io, qui, di troia ne vedo una sola e purtroppo mi sta davanti” cominciai con tono assolutamente pacato, non avevo certo bisogno di urlare. “Se il tuo “fidanzato”” continuai mimando con le dita le virgolette “non ti si fila di pezza, non è certo colpa mia, tesoro. Fidati io sono l’ultimo dei tuoi problemi: è tutto tuo … Ma se permetti un consiglio,  dovresti comprare un guinzaglio più corto, sai … per essere sicura di passare ancora dalle porte.”
Margherita trattenne a stento un sorrisino quando soddisfatta, mi voltai verso di lei  e sempre con molta calma dissi: “Ora possiamo anche andarcene.”
Alyssa rimase pietrificata, sembrava leggermente interdetta, probabilmente stava ancora cercando di decifrare il mio riferimento alle sue corna. Le voltai le spalle senza aggiungere altro, avevo fatto giusto un paio di passi quando mi sentii tirare per i capelli.
 

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Capitolo 20
*** 20 ***


[Alex]
 
Nello spogliatoio il clima era molto rilassato, quella vittoria era quello di cui avevamo bisogno per affrontare i play-off con la giusta carica, sapevamo tutti che la parte più dura cominciava proprio in quel momento, ma avremmo cominciato a pensarci il giorno dopo. Ce l'eravamo presa con calma, alcuni erano già andati via, altri, come Andrea erano appena andati sotto la doccia. Borsone in spalla, ero pronto per andarmene di lì, quando la porta dello spogliatoio venne aperta dall’esterno.
 “Che ti sei dimenticato questa volta Paki?” chiesero visto che era uscito da quella porta solo due minuti prima.
“Ehm … in realtà, io rientrato perché …” mentre la porta si chiudeva sentii che c’era molta confusione là fuori “Non so come chiamare …” tutto lo guardavamo leggermente confusi “Direi ex ragazza e ragazza di Alex stanno facendo rissa in parcheggio” il borsone mi scivolò a terra, ero interdetto. Il primo a reagire fu Michele:”Che cazzo … ?” chiese infilandosi velocemente la maglietta e precipitandosi verso l’uscita, prima di sparire rivolgendosi a Giorgio disse: “Non fare uscire Andrea da qui!” quella supplica risvegliò anche me che corsi fuori insieme a lui.
Cominciai a farmi spazio tra la folla riuscendo con difficoltà ad arrivare al centro dove Alyssa e Giada stavano litigando. Tra spintoni e capelli tirati, riconobbi la voce di Margherita: “Ragazze smettetela” cercò anche di dividerle, ma Alyssa l’allontanò con una spinta che la fece ruzzolare a terra. Vidi con la coda dell’occhio Michele avvicinarsi a lei e aiutarla ad alzarsi,mentre io mi precipitai dalla mia donna e sollevandola di peso l’allontanai da quella specie di ring.
“Calmati!” le sussurrai dolcemente all’orecchio ma lei continuava a dimenarsi “Calmati.” le ripetei, lentamente riprese il controllo. “Così brava … Calma” la incoraggiai e lasciai che i suoi piedi poggiassero di nuovo a terra. In quel momento notai che davanti a me, Michele con qualche difficoltà stava cercando di trattenere Alyssa. 
“Mollami!” disse con durezza Giada, mentre con una mano allontanava il braccio, con cui  le cingevo la vita, e con l’altra spostava i capelli, che aveva davanti al viso, scoprendo un brutto graffio sullo zigomo destro.
Stupito dalla sua reazione, mi venne naturale chiederle una spiegazione: “Princi …” mi venne spontaneo chiamarla in quel modo, ma la parola mi morì in gola.
“Non ti azzardare” minacciò puntandomi l’indice contro, era così vicina che il suo dito quasi sfiorava la punta del mio naso, con l’altra mano mi diede una spinta sulla spalla destra con così tanta forza e prendendomi talmente alla sprovvista da riuscire a spostarmi di un paio di centimetri, arretrò di un paio di passi e poi …  Giada mi tirò uno schiaffo così potente da voltarmi la faccia dall’altra parte: “Questo te l’avrei dovuto dare mesi fa” commentò. Completamente spiazzato, la guancia destra in fiamma, non mi accorsi che il suo braccio stava tornando indietro fino a quando non sentii il dorso della sua mano impattare  sull’altra guancia. “E questo per essere un grandissimo stronzo che si riempie la bocca di parole di cui non conosce neanche lontanamente il significato!”  Massaggiandomi la guancia sinistra, tornai a guardarla, non aspettava altro: era una maschera di rabbia. “Apri bene le orecchie: stai lontano da me, IO non ti voglio più! È finita, merito qualcosa di meglio …”
Intorno a noi era calato un silenzio irreale persino Alyssa aveva smesso di agitarsi, tutti gli occhi erano puntati su di noi, avrei dovuto dire qualcosa, ma ogni singolo muscolo del mio corpo era bloccato.  “Appunto” così, con un sorriso sprezzante, commentò il mio silenzio, prima di voltarmi le spalle. Rimasi lì ad osservarla mentre ,dopo aver raccolto da terra la borsa, si rivolse ad Alyssa: “Come vedi, non sono io il tuo problema” poi se ne andò.
 
 
[Giada]
 
La piccola folla che si era radunata attorno a noi si aprì per lasciarmi passare. Continuai a camminare con passo deciso, non sentii l’esigenza di voltarmi indietro neanche una volta. Sorrisi realizzando che anche la “fase tre” era stata portata a termine. La mia idea iniziale non prevedeva né schiaffi, né un pubblico ma il risultato non cambiava: avevo finalmente messo un punto a tutta quella storia. Non potevo negare di provare ancora qualcosa per Alex, ma non mi bastava più. Volevo amore, ma anche fiducia, rispetto, comprensione e volevo che fossero reciproci. Non potevo più essere la sola a fare sacrifici e compromessi, gli ero andata in contro troppe volte in nome del nostro amore e cosa avevo ricevuto in cambio? Amore certamente, quello non lo potevo negare, ma anche dubbi, pretese e contraddizioni che non facevano altro che ferirmi. Era giunto il momento di voltare pagina, il capitolo Alex era concluso, il successivo sarebbe stato migliore, Equilibrio, questo era il titolo perfetto, perché non ci sarebbe stato un protagonista assoluto, ma ci sarei stata io con la mia famiglia, la mia vita a Milano, i miei amici e … Stefano, che ormai era diventato una categoria a parte!
Mi sentivo completamente svuotata, ma viva come poche altre volte in vita mia. Ero già abbastanza lontana dal “luogo del delitto” quando la vista si annebbiò e le ginocchia divennero molli, molli. Ero preparata ad un duro atterraggio sull’asfalto, quando sentii due braccia  afferrarmi al volo interrompendo così la mia rovinosa caduta.
 
 
[Alex]
 
Immobile, le braccia lungo i fianchi, non riuscivo più a sentire nulla,non i sussurri delle gente intorno, non le urla di Alyssa: niente. Era finito, tutto finito. Il suo silenzio, che per mesi pur facendomi incazzare mi  aveva permesso di continuare a sperare, era finito. Giada mi aveva appena vomitato addosso quattro mesi di rabbia, non gli schiaffi, non le sue parole mi ferirono, le aveva già usate, ma il modo,la distanza che aveva messo tra di noi, la facilità con cui mi aveva voltato le spalle, non un’esitazione, non un tentennamento e poi la sua espressione: aveva deciso e io avevo commesso l’ennesimo errore ...
“Alex, ALEX!” la voce di Michele mi riportò alla realtà. Lo guardai continuava a tenere Alyssa che non voleva saperne di tranquillizzarsi. “Portala via da qui … ORA!” mi ordinò. Mi mossi come un automa, mi avvicinai a loro, la presi dalle braccia di Michele e la trascinai verso l’auto senza incontrare alcun tipo di resistenza da parte sua. Mentre ci allontanavano, riuscivo a sentire Michele che, nel tentativo di sparpagliare la folla,  con voce stentorea diceva: “Signori, lo spettacolo è finito!”
 
 
[Giada]
 
Quando aprii gli occhi, ero seduta sul sedile di uno spazioso SUV. La prima cosa che vidi fu un sorriso che conoscevo bene, ma in cui vidi qualcosa di nuovo: preoccupazione e …
 “Cos’è successo?” chiesi, la gola secca.
“Sei svenuta” mi spiegò spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Senza aggiungere altro, chiuse la mia portiera e si avviò al posto di guida.
“Dove stiamo andando?” chiesi quando mise in moto.
“Da Mara” rispose senza distogliere gli occhi dalla strada.
“Non voglio tornare a casa” ribattei, ma lui non  disse nulla.
Sorrisi solo quando capii che aveva acconsentito alla mia richiesta.
 
 
[Alex]
 
“Cristo Santo, Aly! Che cazzo hai in testa?” le urlai contro dopo aver chiuso con violenza la portiera della macchina. “Ti rendi conto del casino che hai combinato? Io lì ci lavoro!” dissi indicando con rabbia il palazzetto dietro di noi.
“Io … lei … l’avevo avvertita …” balbettò
“Tu cosa?” le chiesi incredulo.
“Sabato mattina …” confessò “… mentre dormivi, ho preso il numero dal tuo cellulare e l’ho avvisata di starti alla larga!” Mi passai la mano tra i capelli esausto, lei continuò: “Da quando è tornata, non sei più tu! Sei distante …” cominciò a singhiozzare “… sei scostante e poi … in città girano delle voci.” Aggiunse con un filo di voce.
“Che voci?”
“Che sei innamorato di lei, che le hai persino fatto una serenata. È per questo che non hai voluto che venissi alla cena con te, per lei?”
Non risposi e Alyssa scoppiò in un pianto a dirotto. Cosa potevo dirle, non capivo più niente, non sapevo più niente.
“Adesso mi lascerai?”chiese in un sussurro, sembrava  che l’idea la spaventasse a morte.
“No.” la rassicurai dopo un attimo di silenzio. “No,che non ti lascio” ripetei appoggiandole una mano sul ginocchio e accennando un timido sorriso. “Andiamo, ti porto a casa” aggiunsi mettendo in moto. Le parole di Mara marchiate a fuoco nel mio cervello:  “Hai una ragazza ora …. Beh fattela bastare!”
Aveva ragione e io avevo perso la parte migliore di me, la sola che significasse realmente qualcosa, l’unica che avesse mai dato un senso alla mia vita.
 
 
[Stefano]
 
Continuavo a guidare in silenzio, scuotendo il capo; idiota, idiota, idiota e ancora IDIOTA. Non riuscivo a pensare a nient’altro se non alla mia infinita stupidità! Mi ero davvero illuso che lo avesse dimenticato? Che quelle telefonate avessero significato qualcosa anche per lei? Come avevo potuto anche solo lontanamente credere che ci potesse essere un futuro per noi? … Lo sapevo, cazzo lo sapevo che lei era innamorata di Alex e lo sapeva anche lui, ecco perché aveva tirato fuori una grande prestazione, perché era tornato l’Alex di prima, quello che aveva Giada al suo fianco e io che credevo fosse tornata al palazzetto per me …
Non riuscivo ancora a credere che avesse fatto a botte per lui, quando Paki disse quelle parole mi era semplicemente caduto il mondo addosso. Rimasi seduto, immobile come una statua, mentre Michele e Alex correvano fuori, a malapena riuscii a sentire gli assurdi tentativi di Giorgio per impedire ad Andrea di uscire da lì. Aspettai un bel po’, non avevo la forza di assistere a quella scena, avrebbe fatto troppo male, quando sentii la voce di Michele che invitava la gente ad andarsene, mi alzai e senza dire nulla uscii e andai verso la macchina, volevo solo tornarmene a casa … Fu allora che la vidi, camminava da sola a passo spedito, mi accorsi che qualcosa non andava e le corsi dietro, la raggiunsi giusto in tempo per evitare che cadesse a terra. La portai in braccio fino alla macchina, aspettai che riprendesse conoscenza poi misi in moto, l’avrei riportata da Mara, lei sicuramente avrebbe saputo gestire la situazione ma bastò una sua parola a farmi cambiare idea … CHE RAZZA D’IDIOTA!
 
“Si può sapere che ti prende?” chiese rompendo il silenzio.
“Niente” mentii
“Che cazzo hai?” si stava innervosendo
“E me lo chiedi anche?” risposi guardandola per la prima da quando eravamo in marcia, sembrava sorpresa ma mi costrinsi a posare gli occhi di nuovo sulla strada.
“Quella pazza mi aggredisce e tu te la prendi con me? Assurdo!” esclamò indignata.
“Davvero assurdo ….”commentai ironico “… e io che pensavo che non t’importasse, che …” non finii la frase avevo già detto troppo.
“Infatti non mi importa. Con lui ho chiuso!” lo disse con un tono così deciso da colpirmi.
“Hai fatto a botte per lui!” le ricordai, voleva forse negare l’evidenza?.
“È stata lei ad aggredirmi, come te lo devo dire?” chiese esasperata. Non risposi. “Sai una cosa? Pensa un po’ quello che ti pare! Ma di certo, IO NON sono tornata in quel fottutissimo palazzetto per LUI!”
“E questo cosa vorrebbe dire?” le chiesi. Questa volta fu lei a non parlare, mi voltai a guardarla, lo sguardo fisso davanti a sé, le braccia incrociate al petto: aveva messo il broncio.
Nessuno dei due parlò per il resto del viaggio. Arrivato sotto casa, spensi il motore e scesi dall’auto, Giada non si mosse e sapevo che non aveva alcuna intenzione di farlo. Feci il giro della macchina e aprii la portiera del passeggero: “Scendi” le ordinai, continuava a fissare un punto dritto davanti a sé, le braccia conserte. “Scendi” ripetei prendendola per un braccio e obbligandola ad alzarsi.  
La presi per mano e la portai in casa; una volta entrati,  la trascinai in bagno: “Siediti” le ordinai battendo con la mano sul piano vicino al lavandino, lei obbedì senza fiatare.
La lasciai lì e andai ad aprire l’armadietto dei medicinali, con la coda dell’occhio notai che si stava specchiando e che,con un rapido gesto, raccolse i capelli in uno chignon.  Tornai da lei con il disinfettante e del cotone: “Ti brucerà un po’ …” l’avvisai  prima di tamponare il graffio che aveva sullo zigomo destro.
“Ahia!” si lamentò, arretrando come una bambina.
“È un brutto graffio”
“Unghie finte!” commentò “Ma avresti dovuto vedere la sua di faccia.” aggiunse con una  disinvoltura tale che riuscì a strapparmi un sorriso.
“Ti ci vuole un cerotto” le dissi, allontanandomi da lei  per tornare verso l’armadietto che avevo lasciato aperto, poi successe tutto in attimo …

Stavo passando il dito sul cerotto per assicurarmi che aderisse bene, quando mi bloccò la mano con la sua, i nostri visi vicinissimi, Giada, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi bassi, li puntò nei miei inchiodandomi a lei.
“Grazie” sussurrò sottovoce con una sensualità che mi fece dimenticare tutto quanto.
La baciai, quella volta non potei farne a meno. Fu un bacio casto, breve,timido, allontanate le mie labbra dalle sue rimasi in attesa, pronto a ricevere un sonoro schiaffo che però non arrivò. Catturò il mio viso tra le sue mani e le sue labbra si posarono di nuovo sulle mie, la mia lingua cominciò a farsi spazio per dare vita a un bacio famelico, pieno di desiderio, di attesa … pieno di lei.Dopo aver avvicinato il suo corpo al mio con delicato strattone, le mie mani cominciarono a percorre la sua schiena, con un rapido gesto della mano sciolsi i suoi lunghi capelli e vi affondai la mano. Le nostre bocche non riuscivano a stare lontane, anche i pochi secondi per riprendere fiato erano un’agonia. Quando la sentii stringere la gambe intorno al mio bacino, persi quel poco di controllo che mi era rimasto, la presi in braccio, senza smettere di baciare le sue dolci labbra,che si erano aperte in un sorriso malizioso, la portai in camera da letto e con estrema delicatezza, come se temessi di poterla rompere, l’adagiai sul letto. I capelli scompigliati, i suoi occhi azzurri che mi guardavano senza una minima traccia d’indecisione, le  mani che delicate risalivano la mia schiena nuda, le guancia arrossate,le labbra rosse e gonfie di baci,dei nostri baci: era bellissima ed era mia.
 
Mi svegliai presto, Giada dormiva serenamente al mio fianco. Non era stato un sogno,era successo veramente: avevamo fatto l’amore ed era stato più di quanto avessi mai potuto immaginare. Rimasi lì ad osservarla per non so quanto tempo, ricordando il sapore delle sue labbra che ospitavano un sorriso beato, il profumo della sua pelle bianchissima che non mi sarei mai stancato di toccare, la perfezione e il calore del suo corpo nudo …  
Alla fine le diedi un delicato bacio sulla spalla e andai in cucina: perché non c’è cosa più bella che preparare la colazione per la donna che ami. 

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Capitolo 21
*** 21 ***


[Giada]

Stiracchiai le braccia sotto il cuscino e,aprendo svogliatamente un occhio, notai che quella non era la mia stanza, ma non gli diedi peso perché, mi ricordai, ero a Pescara e non nella mia casa milanese. Mi girai su un fianco, volevo continuare a dormire ancora per un po’, tentai di riprendere sonno, ma c’era qualcosa che non andava: nella mia vecchia stanza non entrava tutta quella luce di prima mattina e poi … Avete presente quella sensazione, che si ha appena svegli, di aver sognato qualcosa senza riuscire a ricordare cosa? Ecco io mi sentivo esattamente così, come se mi sfuggisse un particolare. Rinunciando all’idea di continuare a dormire, spalancai gli occhi: quella non era decisamente la mia stanza. La prima cosa che vidi furono i miei vestiti abbandonati sul pavimento …. No, no, no, no … alzai il lenzuolo giusto per avere la conferma e sì, ero completamente nuda … All’improvviso mi ricordai tutto, non era un sogno, era successo veramente: io e Ste avevamo …
“Oh, cazzo adesso che faccio?” pensai. Mi tirai a sedere coprendomi il corpo con il lenzuolo, il letto era vuoto. “Fantastico! Se l’è svignata …” una persona normale ne sarebbe stata felice, ma non io … perché?
Mi stavo domandando quale fosse la cosa più opportuna da fare,quando Stefano comparve sulla soglia con un vassoio in mano, era proprio bello … Sentii una fitta alla bocca dello stomaco, sicuramente dovuta alla fame, in fondo non avevamo cenato …
“Buongiorno” mi sorrise sedendosi sul letto davanti a me e dandomi un bacio delicato sulle labbra … aveva un buon sapore anche di prima mattina
“Giada che cazzo vai pensando!” mi rimproverai.
“Dormito bene?” mi chiese appoggiando il vassoio tra di noi.
“Divinamente” risposi, perché di tutti gli avverbi presenti nel dizionario avevo scelto proprio quello? Non lo riuscivo proprio a capire!
“Non dovevi” dissi riferendomi alla colazione ma il mio stomaco mi tradì alla vista di tutto quel ben di dio e si sentì chiaramente il suo brontolio … “Che figura di merda!” pensai.
Stefano sorrise:”Abbiamo: caffè, succo d’arancia rossa e brioche alla nutella, appena sfornate” mi spiegò.
Ricambiai il sorriso e allungando la mano presi una brioche, mentre lui faceva lo stesso. Era  la cosa più buona che avessi mai mangiato,lo giuro: “Divina” farfugliai la bocca ancora piena, evidentemente quella mattina mi ero svegliata goffa e con ispirazioni ultraterrene … perché mi stavo comportando in quel modo, perché?
Scoppiò a ridere di gusto: “Sapevo avresti apprezzato …. Devo ammettere che la signora Francesca, la proprietaria della panetteria qui di fronte, mi vizia parecchio …”
“Dovrei essere gelosa? “ chiesi, stavo davvero flirtando con lui? Ho capito che eravamo già andati abbastanza oltre ma … io e lui eravamo sempre due amici … o no?
Considerando quello che vidi nei suoi occhi in quel momento, la risposta era negativa, dovevo decisamente affrontare l’argomento; insomma il giorno prima eravamo buoni amici e quello dopo mi portava la colazione a letto … Dovevamo assolutamente  parlarne ma … cosa avrei potuto dire? Non avevo la minima idea di cosa avesse significato quella notte per me, provavo sentimenti un po’ contrastanti al riguardo. Abbassai gli occhi in cerca di un appiglio: “Manca lo zucchero” dissi. Era una cosa abbastanza stupida considerato tutto, ma io il caffè amaro proprio non riuscivo a berlo.
“È già zuccherato! Due cucchiaini e mezzo giusto?” chiese conferma.
Annuii, si era ricordato anche come prendevo il caffè, era così dolce....“Giada resta concentrata!” mi rimproverai di nuovo, mentre sorseggiavo il mio caffè.
Posata la tazzina, feci un respiro e aprii bocca per parlare, ma lui mi anticipò: “Devo scappare!” disse “Abbiamo una riunione tecnica tra … dieci minuti” aggiunse guardando l’orologio e fece una smorfia buffa che mi strappò l’ennesimo sorriso.
“Vai” lo incoraggiai.
“Dovrei liberarmi per pranzo … ti trovo quando torno?” chiese titubante.
Avrei potuto rispondere in mille modi, inventarmi una balla qualsiasi, in fondo ero diventata piuttosto brava a mentire, soprattutto a me stessa e invece dissi solamente: “Sì!” ma perché? ….
Quella risposta l’aveva spiazzato, evidentemente mi conosceva fin troppo bene. Mi si avvicinò e mi diede un altro bacio, molto meno casto del precedente, poi uscì, ma prima si voltò per sorridermi un’ultima volta.
Quando sentii la porta di casa chiudersi mi sdrai di nuovo sul letto. “Ora io non dico di scansarlo …” cominciò l’ormai famosa vocina che dominava il mio cervello “ … ma neanche di baciarlo in quel modo! Insomma Giada che cavolo ti passa per la testa? Quello che è successo stanotte è stato ….”
“Bellissimo …” sussurrai, non bastavano le voci, avevo anche cominciato a parlare da sola.
“Ok” mi concesse la voce: “Ma pur sempre un errore … tu e Ste non potete … cioè io e lui non …. O sì?” ero abbastanza confusa . “In fondo siamo maggiorenni entrambi e liberi … Io sono una donna libera giusto?”
La suoneria del mio cellulare riempì il silenzio della casa e mi riportò alla realtà. Mi alzai dal letto avvolgendomi completamente nel lenzuolo blu notte, era impregnato del suo profumo: muschio bianco e agrumi … oh quanto mi piaceva quel …
“Tu hai bisogno di uno psicologo e anche di uno bravo!” quella era chiaramente l’antipatia fatta voce che soggiornava nella mia testa. “Il telefono sta ancora squillando!” mi richiamò all’ordine.
Frugai tra i vestiti alla ricerca della mia borsa, poi mi ricordai che l’avevo appoggiata nel bagno principale e fu lì che mi diressi. Cercai il telefono che continuava a squillare, evidentemente era importante, controllai il mittente con un po’ di timore: Michele … per fortuna.
“Ohi!” risposi
“Ohi?” ripeté, forse non era stato un gran inizio “Si può sapere dove cazzo sei finita?”
“Io …” cominciai ma non sapevo che dire, non potevo certo dire: a fare sesso con uno dei tuoi migliori amici e poi …. quella definizione non mi piaceva affatto.
“Tu?” Mi incoraggiò riportandomi alla nostra conservazione.
“Sono andata in spiaggia” mentii
“In spiaggia?” chiese sorpreso
“Sì! Avevo bisogno di riflettere e sai quanto mi piace il mare, poi si è fatto tardi e …”
“Non avrai mica dormito lì? Insomma è pericoloso!” mi rimproverò
“No, no … ho preso una stanza Da Carlo. Sai la pensione è sempre aperta ...” ero davvero brava a mentire, quando mi impegnavo …
“Perché non sei  venuta da me?”
“Immagino che avessi bisogno di stare sola …” sarebbe stata decisamente la cosa più logica da fare.
“Capisco …” Tirai un sospiro di sollievo, ci aveva creduto. “Comunque ti ho chiamato per dirti che per Andrea hai dormito da me …”
“Andrea …” ripetei ad alta voce, il terrore s’impadronì della mia voce: avevamo appena chiarito …
“È tutto a posto …” mi rassicurò
“Cosa sa?” chiesi timorosa.
“Cosa sa?” ripetè “Tutto! Non potevo certo rischiare che lo scoprisse da altri. Gli ho evitato la scena ma più di quello …”
“Sii più preciso …”
“Gli ho detto che ti sei accapigliata con Alyssa, che hai urlato contro Alex e che te ne sei andata via. Pensavo di trovarti con Mara ma lei non sapeva nulla, allora ho pensato che fossi da me, ma tornato a casa … per non farli preoccupare ancora di più ho detto che eri da me, che eri così stanca e sconvolta da esserti addormentata appena dopo cena …”
“Grazie” sussurrai
“Ti copro le spalle,no?”Sorrisi. “ Certo che mi dai più problemi adesso di quando avevi diciott'anni!”
Aveva perfettamente ragione: “Scusa …”
“Vorrà dire che ti farai perdonare questa sera”
“Stasera?” chiesi
“Mi devi una serata, ricordi? E ne abbiamo di cose di cui parlare …”
“Touché!”
Sentii delle voci, ma non riuscii a distinguerle: “Adesso devo chiudere, torna a casa il prima possibile, ok?” ma riattaccò senza darmi il tempo di rispondere.
 
Tornai in camera e mi vestii in fretta; su una cosa il mio c.f.a. aveva ragione: non poteva restare lì! Lasciai in cucina un bigliettino di scuse e uscii dall’appartamento di Stefano costringendomi a non voltarmi indietro.

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Capitolo 22
*** 22 ***


[Alex]
 
Dopo aver riaccompagnato Alyssa a casa ed essermi assicurato che si fosse calmata, me ne tornai a casa. La situazione mi era decisamente sfuggita di mano e per la prima volta mi accorsi di quanto fosse vero il detto: mai tenere un piede in due scarpe; io l’avevo fatto per mesi  e cosa avevo ottenuto? La gelosia di Alyssa e il benservito da Giada, cioè tutto quello che non avrei mai voluto ... Avevo anche pensato di andare da lei, per tentare un’ultima volta di appianare la situazione, ma lasciai perdere; in fondo anch’io avevo fatto una scelta non lasciando Alyssa e Giada probabilmente aveva ragione: meritava di meglio. Mi dovevo solo mettere d’impegno e smettere di amarla: non poteva essere poi così difficile …
 
La mattina dopo avevamo una riunione tecnica per analizzare la nostra prima avversaria dei play-off, non avevo molta voglia di tornare in palestra, era una situazione imbarazzante e sapevo che Andrea non sarebbe stato molto amichevole nei miei confronti. Scelsi di arrivare in palestra con un po’ di anticipo, non per masochismo ma perché volevo evitare di coinvolgere, ancora una volta, la squadra nei miei casini, Andrea,da buon capitano, era sempre tra i primi ad arrivare in palestra così, forse, sarei riuscito a parlargli in privato. Stavo aprendo la porta dello spogliatoio quando mi sentii chiamare: “Walsh!” mi voltai: il Ciso, il nostro direttore sportivo, era in fondo al corridoi “Hai due minuti? Ti devo parlare …”
Lo raggiunsi, con un cenno mi invitò a seguirlo nel suo ufficio, mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo, a quando venivo convocato nell’ufficio del preside per una delle mie tante ragazzate.
“Accomodati” disse indicando la sedia di fronte alla sua scrivania, il suo tono non mi piacque per nulla. “Alex, voglio essere sincero con te: quello che è accaduto ieri è un fatto molto grave e spero che tu lo comprenda” Annuii, ma prima che potessi dire qualcosa riprese: “come società abbiamo investito molto sul rapporto con i tifosi e non è accettabile che assistano a scene come quella di ieri. È indispensabile  che il vostro comportamento dentro e fuori …” sottolineò molto quell’ultima parola “ … questo palazzetto dia un immagine positiva della squadra.”
Fece una pausa, probabilmente si aspettava dicessi qualcosa. “Ne sono consapevole” risposi “e posso assicurare che non si ripeterà più”
“Oh puoi starne certo …” la sua sicurezza mi spiazzò. C’era forse dell’altro?
“Credo di non capire” ammisi
“Sto parlando del tuo prestito, Alex …” sentii la terra tremarmi sotto i piedi.“La società ha deciso di non esercitare l’opzione di riscatto … la prossima stagione non giocherai più con noi.”
Non stava succedendo davvero,  mi avevano assicurato che …. “Cosa?” chiesi “Avevate detto che …”
“Lo so bene e capisco come tu ti possa sentire in questo momento” stoppò la mia protesta “ma devi ammettere che le tue prestazioni ….” Lasciò la frase in sospeso, non riuscivo a crederci mi stavano scaricando “Forse questa non è la squadra giusta per te … Il tuo rendimento ….”
“Ammetto di aver avuto dei passaggi a vuoto in qualche partita, ma …” questa volta fu lui ad interrompermi.
“Qualche partita?” ripetè “Alex, siamo sinceri … eccetto ieri,non ne hai imbroccata una dalla finale di Coppa Italia …. Sono passati più di quattro mesi …”
“Perché ora?” aveva ragione, ma perché parlarmene in quel momento, con i play off alle porte.
“Ci sembrava giusto comunicartelo in tempo, in modo che tu possa valutare tutte le possibilità e trovare la soluzione migliore per te  …”
“Dovrei anche ringraziarvi?” chiesi ironico.
Sorrise. “No di certo.” Ci fu un attimo di silenzio poi il Ciso riprese la parola: “Nel nostro sport, pochi italiani  possono vantare una medaglia olimpica e ancora meno sono quelli che, a soli ventiquattro anni, possono dire di essersela conquistata sul campo! Tu hai talento Alex, un talento enorme e cristallino, ma devi imparare a lasciare la tua vita fuori dal campo di gioco, i tuoi sentimenti, nel bene o nel male, non possono, non devono condizionare il tuo lavoro … Sai bene quanto mi sia esposto per portarti qui e credimi: mi dispiace … ”
“Dispiace anche a me” confessai, sapevo quanto il Ciso avesse investito su di me … Un’altra persona da aggiungere alla lista di quelle che avevo deluso.
“Comunque sei a tutti gli effetti un membro del team e i nostri obiettivi non cambiano: vogliamo lo scudetto e abbiamo ancora bisogno di te!” Annuii. “Ora vai a cambiarti, ci vediamo alla tecnica”
“A dopo” lo salutai con poco entusiasmo.
Appena uscito da lì sentii montarmi dentro una rabbia tale, volevo spaccare tutto, prendere a pugni qualcosa, non importava che intorno a me ci fossero solo muri … Avevo il pugno a mezz’aria quando il borsone, scivolandomi dalla spalla  finì sul pavimento, non ci vidi più e cominciai a prenderlo a calci, forte, sempre più forte … Pian piano la rabbia scemò, lasciando spazio all’enorme inquietudine che mi schiacciava da mesi e delle calde lacrime cominciarono a bagnarmi il viso.
 
Quando mi fui calmato a sufficienza, entrai nello spogliatoio, dove i miei compagni, al gran completo, si stavano già cambiando. Mi salutarono come se nulla fosse successo, solo Michele mi lanciò un’occhiata stranita, tentai di comportarmi normalmente ma non fui molto convincente. Come ogni giorno cominciammo a uscire alla spicciolata, finchè non rimanemmo solo noi: i magnifici cinque, così ci chiamavano i tifosi … Giorgio e Stefano stavano confabulando sottovoce, notai che Ste aveva un’aria stranamente felice, ma non gli diedi peso, onestamente in quel momento non mi interessava, avevo una faccenda più urgente da risolvere.
“Andre” cominciai catturando l’attenzione di tutti “Io …”
“No.” m’interruppe, contro ogni logica, non sembrava arrabbiato. “Me ne tiro fuori!” disse alzando le mani “Non voglio saperne più niente, non mi devi spiegazioni, non mi devi nulla Alex”  lo guardai sbalordito non era la reazione che mi aspettavo e anche gli altri sembravano pensarla come me. “Tra di noi non è  cambiato nulla, ok?” aggiunse dandomi una pacca sulla spalla e uscendo, seguito da Giorgio che si trascinò dietro Stefano che quella mattina sembrava davvero vivere in un mondo tutto suo.
Finii di prepararmi, gli occhi di Michele puntati contro, era preoccupato glielo avevo letto negli occhi appena entrato, almeno,mi consolai, tutta quella situazione qualcosa di buono, l’aveva portato: la nostra  amicizia.
“Ti è andata bene!” commentò “Ma fossi in te starai alla larga da mia sorella, almeno per un po’!” scherzò cercando di strapparmi un sorriso e in altre circostanze ci sarebbe riuscito. “Cos’hai?” chiese, mi conosceva davvero bene.
“Sono appena stato scaricato, la seconda volta in due giorni: niente male,eh? …” risposi e gli raccontai  del mio colloquio con il Ciso.
“A due settimane dai play off?” chiese indignato “Perché?”
Alzai le spalle. “Per motivarmi” azzardai come ipotesi.
“E ci sono riusciti?” chiese perplesso
Evitai di rispondere: “Andiamo, ci manca solo che ci perdiamo l’inizio” gli dissi avviandomi verso la porta.
Lo sentii sospirare, sapeva che era un no, in fondo, io e lui eravamo simili, entrambi figli d’arte, sapevamo cosa significasse convivere con le aspettative. Il Ciso aveva ragione, ma per quelli come noi, il basket non è lavoro, è vita, passione … non giocavamo per i soldi o per il successo, ma per noi stessi, perché avevamo bisogno di dimostrarci ogni santo giorno che quello che avevamo raggiunto, c’è l’eravamo conquistato con il sudore del campo e non grazie al cognome che portavamo sulla maglia … Ed io sapevo che quel rifiuto, me lo ero meritato.
 
 
Ciao a tutti/e!
Innanzitutto volevo ringraziare chi hai aggiunto la mia storia tra le seguite, ricordate o preferite, ma  anche chi continua semplicemente a leggere questa storia, quindi: GRAZIE.
Volevo, anche, confessarvi di essere un po’ indecisa su quale piega dare a questo triangolo: voi,al posto di Giada, cosa fareste?
Mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, sempre se vi va ….

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Capitolo 23
*** 23 ***


[Giada]
 
Erano solo le 9.30 del mattino quando mi ritrovai davanti alla porta dell’unica persona che credevo potesse aiutarmi a capirci qualcosa.
“Giada?” il tono sorpreso di chi non si aspettava di trovarmi lì.
“Posso entrare?” domandai con un filo di voce
“Certo!” mi condusse in cucina: “Scusa per il macello, ma stavo tentando di cucinare il pollo al cognac … Mara mi ha dato la ricetta ….” mi spiegò mentre liberava il bancone “ma la cucina non è proprio il mio forte. Posso offrirti qualco …?” Si bloccò non appena incrociò il mio sguardo. “Giada ti senti bene?”era preoccupata.
Scossi il capo con decisione “Marghe, ho fatto un casino!” riuscii a balbettare prima di scoppiare in lacrime, senza volerlo.
“Ohi” disse avvicinandosi e abbracciandomi “Cosa è successo?”
Mi rifugiai nel suo abbraccio ma l’unica risposta che riuscii a darle fu un pianto più forte che bagnò completamente la felpa che indossava.
“Va tutto bene” disse cercando di calmarmi, lasciai la presa e mi allontanai cercando di controllare le lacrime. Marghe mi fece sedere, poi mi chiese :”Hai litigato ancora con Andrea?”
“No” sibilai
“Alex?”era incerta se pronunciare quel nome. “Per colpa di quello che è successo ieri?” feci segno di no con la testa, ma le lacrime ricominciarono a scendere copiose.
“Vuoi che chiami Mara?” chiese in evidente difficoltà. La violenza con cui scossi il capo a quella sua richiesta, la spaventò abbastanza. “Giada però così non capisco … Hai litigato con lei?”
“Non torno a casa da ieri mattina” riuscii a dire tra i singhiozzi.
“Ti prendo un bicchier d’acqua, vedrai che andrà meglio …” l’avevo confusa, mentre andò verso il lavello chiese: “ma … dove sei andata dopo la partita?”
“Ho passato la notte con Stefano” parlai con chiarezza, per la prima volta da quando avevo messo piede in quella casa, forse perché in quel momento mi dava le spalle.
“Meno male!”sembrava sollevata: “Temevo avessi commesso qualche sciocchez..” all’improvviso capì, si voltò e guardandomi molto attentamente chiese: “cosa intendi per … Giada,cosa vuol dire che hai passato la notte CON lui”
“Abbiamo fatto l’amore” confessai tutto d’un fiato e poi ricominciai a piangere.
“O-k.” Registrò l’informazione con qualche difficoltà “Qui ci vuole qualcosa di più forte” commentò prendendo due bicchieri e la bottiglia di cognac accanto ai pezzi di pollo che aspettavano solo di essere cucinati.
 
Marghe mi lasciò sfogare. Quando, dopo mezz’ora e due bicchierini di cognac, mi fui tranquillizzata chiese: “Te la senti di raccontarmi come è andata?”
“Io non lo so!” ammisi “un attimo prima mi stava medicando”  sfiorai con il dito il graffio che avevo ancora sullo zigomo “quello dopo ci stavamo baciando e quello dopo ancora …” lasciai in sospeso la frase “non ci capisco più niente: doveva essere una sorpresa, ma poi Alyssa e … dovevamo parlarne come persone civili  … perché diavolo sto piangendo? … Mi ha portato la colazione a letto”
Margherita mi stava guardando a dir poco confusa: “Tesoro, non riesco a seguirti …” sorrise prendendo la mia mano tra la sua. “Partiamo dall’inizio, d’accordo?” Annuii “Che sorpresa?”
Feci un respiro profondo: “Sono venuta al palazzetto per Ste, ci siamo sentiti tutta la settimana e volevo  che fosse una sorpresa …”
“Specifica sentiti”
“al telefono. Per ore, ogni sera da quando sono fuggita sabato scorso …”
Marghe non commentò e proseguì nella sua ricostruzione: “Alyssa ha fatto quella scenata e siete venute alle mani …”
“Che figura di merda” commentai le lacrime minacciavano ancora di scendere.
“Non è stata esattamente colpa tua!” mi consolò “Poi è arrivato Alex e …” fece una pausa dovevo essere io a continuare.
“Ero tornata anche per parlare con lui, per mettere un punto definitivo alla faccenda, non potevo più andare avanti in quel modo, non ho alcuna intenzione di tornare con lui … Ma non volevo prenderlo a schiaffi, tantomeno davanti a un pubblico.”
“Sei ancora innamorata di lui?”
“Onestamente? Da una settimana a questa parte, non lo so più … Però so per certo che vogliamo cose diverse, ho sbagliato a credere che potesse cambiare …”
“Non poi negare che è cambiato …” mi ricordò “Certo ha qualche problema a gestire una relazione, però lui è davvero innamorato di te”
“E se non fosse abbastanza?”
Marghe annuì.“Dopo che te ne sei andata cos’è successo?”
“Volevo solo andarmene da lì, ero completamente svuotata, ma serena … Poi sono svenuta e, non so come, Ste era lì! Mi sono svegliata nella sua macchina, mi voleva portare da Mara ma gli ho chiesto di non farlo.” Marghe annuì di nuovo, mi stava capendo davvero. “Era arrabbiato, continuava a scrollare la testa senza dire nulla, gli ho chiesto spiegazioni ma lui niente,non parlava. Pensava fossi tornata per Alex, ma non era così e abbiamo discusso, più o meno …”
“Era geloso” mi spiegò Marghe, io non ci avevo mai pensato.
“Siamo arrivati a casa sua, lui mi ha portato in bagno per disinfettare il graffio” lo indicai “eravamo più tranquilli entrambi, sono quasi riuscita a strappargli un sorriso …” mi persi in quel ricordo per un istante. Marghe non osò dire nulla. “I nostri occhi si sono incontrati e lui mi ha baciata, non me l’aspettavo …” mi fermai, andare avanti non era così semplice.
“e poi cosa hai fatto Giada?”
“sono quasi sicura si aspettasse uno schiaffo” Marghe sorrise “ ma non mi è neanche lontanamente passato per la testa, in quel momento volevo solo …”
“Solo … ?” m’incoraggiò.
“… solo lui” ammisi imbarazzata “e poi beh …” lasciai la frase in sospeso.
Marghe annuì. “Ne avete parlato? Questa mattina intendo …”
“Non proprio. Quando ho realizzato dove mi trovassi all’inizio sono andata nel panico; lui non c’era, pensavo mi avesse piantato lì e l’idea non mi piaceva affatto, ma poi è arrivato con la colazione e …” mi si stampò in faccia un sorrisino idiota.
“Non l’avrete fatto di nuovo?” mi chiese
“No, no” la rassicurai, anche se … non fosse dovuto andare in palestra, ma questo a lei non lo dissi.
Margherita tirò un sospiro di sollievo: “Quindi non avete affrontato l’argomento, ma …. Come siete rimasti?”
“Che sarei stata lì al suo ritorno …” dissi leggermente impaurita dalla reazione che avrebbe avuto, e infatti…
“Giada!” mi rimproverò.
“Lo so, lo so ma dopo la telefonata di Michele mi ha preso il panico e sono venuta qui … Comunque ho lasciato un biglietto …” quel commento riuscì a strapparle un sorriso.
“Perché non sei andata da Mara?” chiese a un tratto.
“Lei non capirebbe e poi … non volevo sentirmi dire: te l’avevo detto” ammisi.
“Già …” immaginavo che Mara le avesse raccontato tutto ma non mi dispiaceva sapesse. “Puoi stare tranquilla che da me non saprà nulla …”
“Grazie” non era così scontato, in fondo lei era più amica sua che mia.
“Aspetta a ringraziarmi … Non abbiamo ancora finito!”
“Lo speravo” risposi, parlarne mi aveva fatto sentire meglio ma ero ancora lontana dal capire quale fosse il significato di quella notte.
“La cosa positiva” mi disse “è che non penso che Alex c’entri qualcosa.”
La guardai attentamente e ci pensai su: no ad Alex non avevo minimamente pensato.
“La cosa negativa è che non è una ripicca!”
Scoppiai a ridere: “Ma è la stessa cosa!”
“Lo so, ma è questo che rende tutto abbastanza complicato”
Tornai seria: “Spiegati …”
“La ragazza s’innamora del ragazzo e va avanti per la sua strada contro tutto e tutti” ovviamente la ragazza in questione ero io. “Quando lei lo lascia, lui, orgoglioso e un po’ egocentrico, stufo di essere ignorato trova conforto tra le braccia di un’altra di cui in realtà non gliene frega nulla. Quando lei ritorna, per la nascita di una bellissima bambina, lui tenta di riconquistarla e c’è quasi riuscito se non fosse che, ancora una volta impaziente, s’infila nel letto di un’altra … Lei chiude definitivamente con lui e, mentalmente libera, finisce tra le braccia di un altro uomo. Fin qui mi segui?”Annuii, era andata esattamente così. “Una notte di passione non ha mai ucciso nessuno ma …” Avevo paura di quel ma. “Hai detto: abbiamo fatto l’amore. Perché? Potevi definirlo in vari modi: sesso, scopata, sveltina, ginnastica, diverti…”
“Ho afferrato il concetto” la stoppai: “Mi sembrava la definizione più adatta.”
“Ora capisci perché è complicato?” Annuii. “Quindi la vera domanda è: cosa provi per Stefano?”
“Dritta al punto eh?” lo dissi scherzando, sapevo di poterne parlare senza essere giudicata “Non lo so, siamo stati amici per così tanto tempo …”
“Hai usato il passato” mi fece notare
“Tu con i tuoi amici fai l’amore?”
Alzò il sopracciglio per darmi ragione: “Avevi mai pensato a voi come … coppia?”
Ci pensai su, era una bella domanda: “Forse” azzardai. “La prima volta che l’ho visto, l’ho notato subito, ma avevo sedici anni! Figurati se uno come lui avrebbe mai filato una ragazzina come me e poi … Andrea avrebbe tirato giù un casino che ne  bastava la metà, così tramite Michele siamo diventati amici”
“La volta scorsa è cambiato qualcosa?” aveva capito che il nocciolo della questione era tutto lì.
“In un certo senso, ma non pensavo di arrivare a questo!”
“Cos’è cambiato?”
“Ci conosciamo da anni ma siamo sempre usciti in gruppo. Stare da sola con lui è stato … diverso.”
“Diverso come?”
Non sapevo bene come spiegarmi: “Come se, per la prima volta, lo vedessi realmente. Lo conosco da una vita, ci conosciamo bene, pregi e difetti, ma quella sera …”
“A casa sua?” mi chiese
Annuii. “Era come se lui riuscisse a toccare la mia anima, a tirar fuori una parte di me che io stessa avevo dimenticato di possedere e … sì, c’è stato un momento in cui l’avrei voluto baciare”
“Perché non l’hai fatto?”
Scelsi di dire la verità: “Hanno suonato alla porta!” Margherita scosse il capo sorridendo. “In mia difesa deve dire che ero estremamente convinta che un mio bacio l’avrebbe messo in imbarazzo!”
“Giada, Giada” sembrava divertita
“Cosa?”
“Niente, lascia perdere... Allora come ti senti ora al riguardo?”
“Non ne sono ancora del tutto sicura …” ammisi. “Tu cosa pensi?”
“Devi parlare con lui, non poi lasciare questa storia in sospeso. Purtroppo mi dispiace ricordatelo ma ci sono di mezzo troppe persone, tanti rapporti …”
“Lo so. Nient’altro?” le chiesi implorante
“Sicura di volerlo sapere?” Annuii. “Credo che voi due non siate mai stati veramente amici.” Quell’affermazione mi colpì. “Non fraintendermi le tue, le vostre intenzioni erano buone, ma penso che vi siate accontentati del rapporto più semplice che potevate avere, quando vi siete conosciuti la situazione era un tantino complicata, non che adesso non lo sia, ma …”
“Andrea ha dato di matto quando ha scoperto di Alex, figurarsi se fosse successo quando ero ancora minorenne...” l’anticipai.
 “Secondo me dovresti pensarci bene, il vostro rapporto è già cambiato totalmente, ora devi solo capire se vuoi portare avanti questa cosa con Stefano o archiviare il tutto come un momento di debolezza”
“Sembra quasi che la decisione spetti solo a me, non hai detto che dovevo parlargli?”
Sorrise. “Credo che,a differenza tua, quando ti ha baciato lui sapesse esattamente quello che stava facendo …”La guardai un po’ perplessa. “Non so se te ne sei accorta ma Stefano è completamente diverso da Alex!”
“Ma dai?!” le feci il verso, come se non lo sapessi ma lei continuò a spiegarsi.
“È più maturo e non solo perché ha tre anni più di lui. Lo conosco da poco, ma sono assolutamente certa che non metterebbe mai a rischio un’amicizia per la scopata di una notte!”
“Qualcosa mi dice che non ti riferisci alla nostra …” dissi sconsolata.
“Michele” cominciò ad elencare “Alex e soprattutto … Andrea!” girò il coltello nella piaga. “Devi pensarci bene!”
“Un aiutino no?” le sorrisi, sapevo che era una scelta mia, ma non sapevo ancora da che parte cominciare.
“Giusto perché sei tu …” mi concesse. “Se in questo preciso momento potessi tornare indietro lo rifaresti? Al tuo posto io partirei da qui …”
La risposta a quella domanda risultò più semplice di quanto sospettassi, stavo per dirglielo ma mi bloccò: “Alt! Non lo voglio sapere … ora” aggiunse. “Ma esigo un rapporto dettagliato della tua prossima conversazione con Ste!”La ringraziai di cuore “E di cosa?” fu la sua risposta.
L’occhio mi cadde sull’ora, ero lì da quasi due ore: “Forse dovrei andare …”
“Sicura di sentirtela?” Mara e Andrea, il solo pensiero mi angosciava. “Senti un po’ come te la cavi in cucina?” mi chiese.
“Ti dico solo che quella ricetta, in realtà, Mara l’ha presa da me!”
“Allora cosa aspetti? Fai andare quelle mani!” mi ordinò e scoppiammo a ridere.

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Capitolo 24
*** 24 ***


Ero ancora da Marghe quando, verso l’ora di pranzo, Giorgio rientrò a casa.
“Amoreee” lo sentimmo chiamare ancora prima di essersi chiuso la porta alle spalle “Cos’è questo buon profumino?”
“Siamo in cucina!” urlò Marghe di rimando.
“Siamo? L’idraulico ha deciso di fermarsi a pranzo?” chiese
“Che ci vuoi fare?” mi sussurrò “È un idiota, ma è il mio idiota”. Le sorrisi.
“Giada!” esclamò sorpreso non appena ebbe messo piede in cucina. “Non pensavo di trovarti qui!”
“L’ho chiamata io!” mi anticipò Marghe. “Sai per la disposizione dei tavoli …”
Evidentemente, stava facendo impazzire anche lui con i preparativi per il matrimonio, perché Giorgio cambiò immediatamente argomento e avvicinandosi ai fornelli diede una sbirciatina alla nostra opera: “Sicura che non fosse questa l’emergenza?” chiese alla fidanzata, effettivamente lei e la cucina era due mondi lontani anni luce.
“Ah, ah, ah!” si finse offesa. “Attento a quel che dici uomo di poca fede, Giada ti può confermare che è tutto frutto di queste manine” gli rispose a tono
“Assolutamente!” mentii con assoluta serietà. Alla fine avevamo convenuto entrambe che era meglio si limitasse ad osservare.
Giorgio ci guardò perplesso, poi scherzando, mi disse: “Se lo dici tu sono costretto a crederci. Non vorrei fare un brutta fine!” aggiunse alzando la guardia come un pugile sul ring.
“Ti conviene” risposi stando al gioco; sapevo che non me l’avrebbe fatta passare liscia, ma il fatto che ci scherzasse su così presto, poteva dire una sola cosa: Andrea non doveva averla presa poi così male …
“Piantala!” lo rimproverò bonariamente Marghe tirandogli un coppino. “Vai ad apparecchiare che è meglio … Tra cinque minuti è pronto!”
“Agli ordini!” rispose e si spostò in sala da pranzo, non prima di averla salutata con un rapido bacio. “Ti  fermi con noi, Giada?” chiese dall’altra stanza.
“Ovvio” mi disse Marghe.
La ringraziai con gli occhi ma rifiutai: “Mi piacerebbe, ma devo proprio andare” risposi.
“Sicura?” sussurrò la mia amica.
Annuii “Ho già rimandato troppo …. ti chiamo più tardi!” la rassicurai.
“Ti conviene” mi minacciò.
“Lo volete uno scoop fresco,fresco di giornata?” chiese Giorgio rientrando in cucina.
“Chi è l’ultima vittima di Michele?” scherzò Marghe, probabilmente anche lei non riusciva a stare dietro al mio adorato c.f.a.,  non potevamo immaginare neanche lontanamente che …
“Ti ricordi che ti ho accennato alla ragazza misteriosa di Ste?” per fortuna era tornato in sala e non poteva vederci: eravamo sbiancante entrambe.
“Non mi pare” cercò di sviare Marghe ma Giorgio continuò.
“Dovevi vederlo stamattina era su un altro pianeta!” quell’informazione fece accelerare il battito del mio cuore: “Alla fine, sono riuscito a farlo confessare” sembrava piuttosto soddisfatto di sé “Beh …” aggiunse “… Non che ce ne fosse bisogno, il graffio che ha sulla schiena parla da solo, la ragazza del mistero deve essere una vera pantera!” avevo il voltò in fiamme, Marghe mi lanciò uno sguardo inquisitore, le stavo rispondendo con uno sguardo colpevole quando Giorgio rientrò in cucina.
“Allora, non dite nulla?” Silenzio, che cosa potevamo dire? “Si può sapere che avete voi due?”
“Niente” gli sorrise Marghe. “Saranno anche affari suoi, no?” Annuii per dirle sostegno.
“E da quando?” chiese divertito, in effetti siamo sempre state un po’ pettegole, ma non potevamo certo dargli corda! “Non è che voi sapete qualcosa che io non so?” divenne sospettoso.
“Sei fuori strada!” volevo troncare la discussione, ma un’altra vampata di rossore mi tradì.
“Voi sapete chi è!” esclamò deciso.
“Ma come ti viene in mente!” intervenne Marghe, ma eravamo palesemente in imbarazzo.
“Aspettate un momento “ disse, Marghe mi lanciò un’occhiata rassicurante, non avrebbe mai potuto capire. “No, non può essere …” le sue elucubrazioni mentali mi tenevano con il fiato sospeso “A meno che …. NO … anche se …” mi fissò con intensità  per qualche istante e poi lo fece: “Non è che tu e Ste …?” me lo aveva chiesto davvero, come c’era arrivato? Guardai Marghe in cerca di sostegno ma lei era allibita almeno quanto me. “Non ci posso credere sei tu la ragazza del mistero!” e poi aggiunse un alquanto criptico “Sei sempre stata tu!”
 “Amore, non è esattamente …” cercò di intervenire Marghe, ma lui non l’ascoltò.
“Oh cazzo! … Avete la minima idea di cosa succede se si viene a sapere?”
 
 
Quando entrai in cucina,  Mara e Andrea stavano ancora pranzando. Appena mi vide, le labbra di mio fratello si aprirono in un sorriso sollevato. “Hai già mangiato?” chiese.
O nel giro di ventiquattro ore aveva imparato a fingere o non era per nulla arrabbiato. “Non ancora” risposi.
Mara fece per alzarsi, ma la bloccai: “Non ti preoccupare, faccio io” le sorrisi e riempito il piatto mi sedetti a tavola insieme a loro.
“Dove sei stata tutta la mattina?” chiese Mara che a differenza di Andrea non riuscì a fare finta di niente.
“Da Marghe, per un consiglio …” era la verità in fondo “ …. sulla disposizione dei tavoli” aggiunsi.
Lei si limitò ad annuire.
“Tu stai bene?” chiese mio fratello.
Gli sorrisi. “Sì, è tutto a posto. Tutto risolto.” Anche questo era vero, lo era in tutti i sensi.
Mio fratello non è mai stato uno che gira intorno alle cose: “Oggi ho parlato con Alex” annuii, non potevamo non parlarne. “Ti dico quello che ho detto a lui: mi tiro fuori … Tu sei mia sorella, ma lui è diventato un amico … Siete grandi abbastanza” mi spiegò.
Annuii di nuovo. “Questa volta è finita davvero” lo informai. “Niente più drammi, lo prometto!”
“Mi fa piacere sentirlo” sorrise mio fratello, poi continuammo a mangiare e a parlare come se nulla fosse successo. Mi aspettavo una lavata di capo per essere arrivata alle mani con Alyssa e aver passato la notte fuori, invece il mio fratellone era riuscito a sorprendermi ancora una volta.
 
Avevamo appena finito di sparecchiare quando Mia scoppiò a piangere. “Vado io” dissi, volevo passare del tempo con lei, in fondo il mio ritorno era merito suo. La presi in braccio e cominciai a cullarla, non ci mise molto a calmarsi, evidentemente avevamo sviluppato un buon feeling. Mi sedetti sulla poltrona tenendola stretta tra le mie braccia: era la copia sputata di mio fratello, ma gli occhi … quelli li aveva presi da Mara, anche se Michele millantava fossero i suoi. Mentre ricambiavo i suoi sorrisi assonnati, sperai che Margherita fosse riuscita a convincere Giorgio a tenere la bocca chiusa, quando me ne ero andata, aveva ancora dei dubbi, io invece ero, finalmente, assolutamente certa di quale fosse la cosa migliore per me.
La piccolina si era appena addormentata quando Mara si affacciò sulla porta. “Sei brava” mi disse sorridendo.
“La fortuna del principiante” sussurrai “In realtà è lei ad essere fantastica, mi va venire voglia di riempirla di baci ...” Non rispose, ma a volte le parole sono superflue, basta guardare una persona negli occhi per capire tante cose.
“Mi sembri diversa” disse tutto a un tratto. “Hai fatto qualcosa ai capelli?”
“No” risposi sorpresa dal quel commento “Diverso bello o diverso brutto?” le chiesi.
“Stranamente, bello …” Sorrisi. “Dove hai passato la notte?” chiese a bruciapelo, ma sempre con il sorriso sulle labbra.
Non mi aspettavo una domanda del genere o almeno non da lei. Le avevo sempre confidato tutto: la prima cotta, il primo bacio, le paure riguardo la mia prima volta, le avevo parlato persino di Alex, quando non sapevo neanche se lo avrei rivisto ... Non mi ero mai sentita giudicata da lei, aveva sempre cercato di capirmi e, seppur a volte non le condivideva, aveva sempre rispettato le mie scelte, soprattutto negli ultimi quattro mesi. Sapevo benissimo che su di lei avrei sempre potuto contare  perché nel bene e nel male Mara era sempre stata dalla mia parte ma quel pomeriggio scelsi di mentirle: “Da Michele” risposi.
“D’accordo” la sua espressione non mutò, ma lo lessi nei suoi occhi: lei sapeva … Sapeva che era una bugia ma fece finta di niente perché, per l’ennesima volta, avrebbe rispettato una mia decisione.
 
 
[Stefano]
 
Ero in macchina e stavo tornando a casa da Giada, il solo pensiero mi provocava una euforica sbronza, devo ammettere che per tutta la mattina ero stato su un altro pianeta soprattutto dopo le notizie che avevo ricevuto. Giorgio mi aveva messo al corrente di quello che era successo tra Alex e Giada, lo aveva scaricato, un’altra volta e, almeno secondo Margherita, tutto faceva pensare che non avrebbe cambiato idea. Devo ammettere che mi dispiaceva per Alex, era un ragazzo a posto, contro di lui non avevo nulla, anzi … l’espressione triste che aveva dipinta in viso quando era entrato nello spogliatoio non mi aveva  lasciato indifferente, ma cosa potevo farci? Non era certo colpa mia se tra lui e Giada era finita. Inoltre, sempre Giorgio, mi aveva raccontato che Giada non era tornata a casa quella notte, all’inizio mi prese il panico, non volevo che litigasse con suo fratello per colpa mia, ma poi sapendo che Michele, senza saperlo, ci aveva coperti e vedendo la reazione del tutto inaspettata di Andrea, non solo mi sentii sollevato ma cominciai a credere realmente che la nostra relazione non sarebbe stata accolta come una catastrofe…
Man mano che mi avvicinavo a casa, però, cominciai ad avere una strana sensazione, un dubbio si insinuò nel mio cervello: a colazione avremmo dovuto parlarne? Insomma, per me era la cosa più bella che potesse succedere, l’aspettavo da anni, ma Giada? Se fosse confusa? Non mi era sembrata a disagio, però … Era troppo tardi ormai, ero arrivato sotto casa; feci le rampe di scale due gradini alla volta, la chiamai ancora prima di essermi chiuso la porta alle spalle: “Giada?” sorridevo come un idiota. Intorno a me silenzio. “Giada?” chiamai di nuovo con meno entusiasmo. Silenzio. Il sorriso mi si gelò sulle labbra, andai in camera: non c’era, nella sala divertimento,non era neanche lì. Mi precipitai in cucina ma lei non c’era, al suo posto ad aspettarmi, sul tavolo, un bigliettino. Mi avvicinai e lo presi con mani tremanti diceva:
 
Mi dispiace ma Marghe ha un emergenza.
Giada.
 
Avevo ragione: avrei dovuto parlarle quella mattina. Che idiota!
 
 
Più tardi nel pomeriggio, dovetti tornare in palestra per una seduta in sala pesi. Avevo l’umore sotto i piedi, avevo passato le ultime ore a leggere e rileggere quella misera riga che Giada mi aveva lasciata scritta: non un ti chiamo o un a più tardi, niente! E se fosse tornata a Milano? Quella domanda continuava a frullarmi per la testa, appena misi piede nello spogliatoio ebbi la risposta …
“Stai tranquillo, Giada era da me. È tornata a casa da Andrea poco dopo ….” Giorgio stava rassicurando Michele e io tirai un sospiro di sollievo, almeno era ancora a Pescara.
“Chi si rivede!” li salutai.
Michele ricambiò il mio saluto, mentre Giorgio mi lanciò un 'occhiata torva: che se la fosse presa perché non gli avevo rilevato l’identità della “donna misteriosa”?  O come cavolo si divertiva a chiamarla …
 
Stavo per entrare in sala pesi, quando mi sentii afferrare per un braccio. “Ti è dato di volta il cervello?” mi bisbigliò all’orecchio una voce piuttosto incazzata.
Mi voltai era Giorgio. “Lo chiedo io a te!” ultimamente in quella città le persone si comportavano in modo strano.
“È la sorella di uno dei tuoi migliori amici … A che cazzo stavi pensando?” Lo guardai sorpreso, come faceva a saperlo? Forse … “Non è stata Giada a dirmelo” mi spiegò “stranamente ci sono arrivato da solo! Ma con tutte le ragazze che puoi avere, potevi scegliere chiunque, perché proprio lei?”
“Non sempre si può scegliere!”
“Non ci credo,Marghe aveva ragione, sei sempre stato innamorato di lei!” esclamò come se fosse la cosa più sbagliata del mondo. Come avevano fatto quelle due, Mara e Margherita, a capirlo? Era davvero così evidente? Non sapevo cosa dire: Giada era sparita e io non avevo la più pallida idea di cosa significasse quella notte per lei. “È solo una ragazzina …”
“Non provare a ripeterlo” saltai su, l’aveva detto per provocarmi e io c’ero cascato in pieno.
“Fai sul serio?” era incredulo.
“SÌ!” non ero mai stato così sicuro in tutta la mia vita.
“Mi hanno chiesto di stare zitto e lo farò …” Lo ringraziai con un cenno del capo, la situazione era già abbastanza complicata senza il suo intervento. “Ma sia ben chiaro: lo faccio solo perchè i play off sono alle porte e voglio vincere …” Mi lasciò andare il braccio, ma prima di entrare in sala pesi aggiunse: “Stai facendo una stronzata, spero tu lo capisca prima di peggiorare la situazione …”
Era lui a non capire.


[Alex]
 
Terminata la seduta pomeridiana passai da Alyssa, fortunatamente si era tranquillizzata ma non riuscii a convincerla a venire con me, per questo mi ritrovai solo, fuori da casa di Andrea, a suonare il campanello.
“Alex!” la sorpresa nella voce di Mara si tramutò ben presto in fastidio: “Cosa vuoi?” chiese in modo piuttosto scortese.
“Vorrei parlare con Giada …”
Scuotendo vistosamente il capo urlò: “Giadaaa … È per te!”
“Arrivo!” riuscii a sentirla rispondere.
“Non mi fai neanche entrare?” chiesi a Mara.
“Pensavo di essere stata chiara” disse con durezza.
“Non so cosa ti abbiano detto ma io non ho …” non riuscii a finire la frase perché Giada ci raggiunse.
“Chi è?” chiese a Mara, ma la sua risposta non fu necessaria. “Ciao …” mi salutò alquanto dubbiosa.
“Io vado dalla bambina, se hai bisogno …” disse alla cognata e, dopo avermi fulminato con lo sguardo, ci lasciò soli.
“Non mi aspettavo di trovarti qui …” commentò Giada, non era arrabbiata, perché non era arrabbiata?
“Sono venuto per chiederti scusa”
“Scusa?” ripetè confusa, aveva qualcosa di diverso …
“Per quello che è successo ieri, Alyssa non avrebbe dovuto …” non mi permise di terminare la frase.
“Non sei tu a doverti scusare …” doveva aver fatto qualcosa ai capelli. “Sono io che dovrei chiederti scusa, la mia reazione nei tuoi confronti è stata …”
“Ti prego di sbagliata” pensai intensamente
“… inappropriata. Avrei voluto parlartene in altre circostanze, ma è andata così …” in altre parole mi stava scaricando, un’altra volta.
“Giada” Mara la stava chiamando “Non vorrai fare tardi!” le ricordò.
“Sei in partenza?” chiesi
“Già, domani riprendono le lezioni …”
“Pensi di tornare presto?” perché? Perché non tieni quella bocca chiusa Alex, perché?
“Lo spero, in realtà vorrei tornare più spesso … sai per Mia”
“Giusto …” “Preferirei un pugno in pieno stomaco al doverti vedere sorridere a tutti tranne che a me.” mi ritrovai a pensare.
“Per questo spero che riusciremo ad avere un rapporto cordiale …” era in imbarazzo, ma almeno non mi aveva chiesto di rimanere amici.
Annuii. “Allora … Ci si vede in giro!”
Sorrise e le voltai le spalle, feci due passi e mi voltai di nuovo. Giada stava già chiudendo la porta: “Hai fatto qualcosa ai capelli?” le chiesi, non riuscii a trattenermi.
“Veramente no” rispose spiazzata.
“Sembrava …” commentai e poi me ne andai, convinto  che quella fosse davvero l’ultima volta che percorrevo quel vialetto.
 
[Stefano]
 
Dopo l’allenamento tornai a casa ancora più sconsolato di quanto non fossi quando ero uscito: di Giada nessuna traccia. Avevo intuito dai discorsi di Andrea che era ancora da lui, avevo avuto l'istinto di andare da lei ma rinunciai, non era il luogo adatto in cui parlare, piuttosto sarei andato a Milano da lei ...
Continuavo a controllare il cellulare, alla fine decisi di mettermi a fare qualcosa altrimenti sarei impazzito: accesi la tv, ma niente, provai a finire di aggiustare una macchinina ma fu ancora peggio. Alla fine era quasi ora di cena e decisi di andare in cucina per prepararmi uno di quei piatti salutari che il doc continuava a consigliarci. Affettare le verdure si rivelò un antistress efficace, in realtà, considerata la mia scarsa dimestichezza con i fornelli, ero troppo impegnato ad evitare di tagliarmi un dito per poter pensare ad altro. Stavo per attaccare una carota quando sentii suonare alla porta, avrei scommesso che si trattava di Chantal e quella sera era la volta buona: le avrei sbattuto la porta in faccia. Aprii la porta pronto per dirgliene quattro, ma davanti a me non c’era la mia vicina.
“Dobbiamo parlare” disse Giada.
Mi scansai per farla entrare mentre panico e rassegnazione si impossessavano di me, ero stato un idiota a credere che potesse esserci un noi.
 
 

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Capitolo 25
*** 25 ***


“Vuoi qualcosa da bere?” chiesi e senza aspettare la sua risposta andai in cucina. Giada mi seguì. Aprii il frigorifero: “Acqua, coca, succo d’arancia?”
Non so perché lo facevo, probabilmente volevo solo rimandare il momento in cui mi sarei sentito dire che si era trattato di un errore.
“No, grazie” rispose,sembrava assolutamente tranquilla. Richiusi il frigorifero senza tirarne fuori niente,non avevo sete. Andai al tavolo e ricominciai a tagliare le verdure, nel mentre le lanciai un’occhiata veloce: si era seduta sul piano tra i fornelli e il frigorifero, così sarei stato costretto a passarle accanto qualsiasi cosa avessi bisogno. Rimase in silenzio per un po’, riuscivo a sentire il suo sguardo fisso su di me che continuavo a tagliare qualsiasi cosa mi capitasse a tiro.
Alla fine parlò: “Alex è passato da me dopo l’allenamento” Perché cazzo me lo stava dicendo? “Mi sembrava giusto lo sapessi da me, non voglio che tra noi ci siano fraintendimenti.”
“Adesso lo so” risposi senza neanche guardarla,era ovvio che ci avesse ripensato, adesso mi avrebbe detto che era tornata da lui, non sarebbe stata  neanche la prima volta.
“Gli ho ribadito che tra noi è finita …” mi prese alla sprovvista ma non dissi nulla. Si aspettava forse un “mi dispiace” o dei complimenti?
“Hai intenzione di polverizzarle?” chiese riferendosi alle verdure ormai ridotte in pezzettini indivisibili, lasciai giù il coltello ma avevo bisogno di una padella … Maledizione! Le passai davanti e dondolando le gambe sfiorò le mie, non posso dire che quel contatto mi lasciò indifferente, ma feci finta di nulla e tornai alle mie verdure che versai in padella, mancava solo l’olio che tenevo nell’armadietto davanti a cui era seduta.
“Avrei bisogno l’olio” le dissi indicando dietro di lei, gli occhi puntati sul mio dito.
“Fai pure” commentò ma non si mosse di un millimetro.
Mi avvicinai a lei e alzai il braccio per aprire lo sportello, Giada lo bloccò con una mano mentre con l’altra voltò delicatamente il mio viso verso il suo “Ti vuoi fermare un attimo e starmi a sentire!”
Annui leggermente senza neanche accorgermene, i suoi occhi mi facevano sempre uno strano effetto, tolse le mani ma unì i piedi dietro le mie ginocchia legandomi così a lei.
“Mi dispiace …” cominciò “… di essermene andata e di averti lasciato quello stupido biglietto” Non poteva semplicemente arrivare al dunque,sapevamo entrambi come sarebbe andata a finire “ma sono andata completamente fuori testa, non ci ho capito più nulla. Non avevo mai pensato a … è stato del tutto inaspettato e …” i miei occhi avevano cominciato a vagare per la stanza “Guardami!” mi ordinò prendendomi il viso tra le mani. “Ero confusa, almeno questo me lo concedi?” chiese. Non risposi, aveva usato il passato, perché aveva usato il passato?
Liberò il mio voltò dalle sue mani, sapeva che ormai i miei occhi erano incatenati ai suoi: “Ma non è stato poi così difficile capire, mi è bastata una sola domanda: è stato un errore?”  Eccola lì, la parola che stavo aspettando da quando aveva messo piede in quella casa: che idiota che sono stato, era ovvio che non ci sarebbe mai stato un futuro per noi.
“No”  rispose interrompendo il flusso dei miei pensieri.
“No?” avevo di sicuro capito male.
“No” sorrise “Ci ho provato, mi sono anche impegnata, ma non me ne sono pentita neanche per un secondo.”
Mi avventai sulle sue labbra intrappolandole tra le mie, gli angoli della sua bocca si alzarono in un sorriso che feci mio, incoraggiato dalle sue mani che scorrevano tra i miei capelli. Se era un sogno non volevo svegliarmi.
“Dovremmo …” cercò di parlare “… prenderla …” ma la zittii con un altro bacio “… con più calma” finì la frase tra le mie labbra.
Mi allontanai e la guardai confuso “Per Alex?” dissi il suo nome con più disprezzo di quanto meritasse.
“Per non rovinare tutto … lasciamo che sia una cosa nostra, almeno per un po’ …”
“Non ho alcuna intenzione di nascondermi!” ne avevo abbastanza, l’avrei voluto urlare al mondo intero.
“Non sto dicendo questo” mi rassicurò. Dopo aver appoggiato la fronte alla mia, le braccia intorno al mio collo, aggiunse: “Dico solo di aspettare di vedere come va prima di coinvolgere altre persone …”
“Oltre a Giorgio?” chiesi
“Te l’ha detto!” sembrava risentita
“E se non l’ha presa bene lui …” lasciai in sospeso la frase, sapevo a cosa stava pensando: non solo Alex, Mara, Andrea, Michele come l’avrebbero presa? Non era difficile immaginarselo. “Piccoli passi ricevuto” le dissi.
“Piccoli passi” ripetè sfiorando le mie labbra, poi mi persi di nuovo nel suo sapore.
 
“Ti fermi per cena?” chiesi speranzoso.
“Cena!” ripetè dandosi una manata sulla fronte “Michele mi sta aspettando!”
“Dagli buca” suggerii, non volevo lasciarla andare, non l’avrei rivista per almeno una settimana.
“L’ho già fatto ieri sera” sorrise maliziosa giocando con il labbro che aveva intrappolato tra i suoi denti.
“Sei perfida” sussurrai tra le sue labbra.
Mi prese per mano e si diresse verso l’ingresso.
“Venerdì torno” mi disse ”Prometto che mi farò perdonare …”
Come potevo oppormi a una simile prospettiva: “D’accordo” le sorrisi e l’accompagnai fino alla porta, dove le diedi un ultimo delicato bacio.
“Devo andare” sussurrò controvoglia.
La guardai fare due passi sul pianerottolo per poi tornare indietro e darmi un bacio che mi fece tremare le ginocchia.
 “Ti chiamo domani” disse guardandomi intensamente negli occhi. Poi sparì giù per le scale.
 
[Giada]
 
“Devo andare” sussurrai controvoglia.
Feci due passi sul pianerottolo, poi tornai indietro e gli diedi un bacio che mi fece girare la testa, mi mancava già il suo profumo.
“Ti chiamo domani” dissi fissando con intensità i suoi occhi, poi corsi giù per le scale: al diavolo tutto, per una volta avevo agitato di pancia!
 
Arrivai da Michele con venti minuti di ritardo: “Lo so, sono in ritardo!” mi scusai appena comparve sulla porta.
“Sei fortunata che la pizza non è ancora arrivata” rispose lasciandomi entrare.
Notai che mi guardava in modo strano: “Hai fatto qualcosa ai …”
“Ti prego, anche tu no! Non ho fatto niente ai capelli!” Ma era mai possibile, si erano messi d’accordo?
“Stai calmina! Allora …” cominciò
“Allora” lo anticipai “raccontami un po’ le tue novità.”
“Prima dimmi una cosa tu …” lo guardai confusa “… Alex.”
“Cosa?” chiesi ne era rimasto fuori per mesi e ora che era tutto finito si intrometteva? “È finita!” ribadii per l’ennesima volta.
“Secondo me stai facendo una stronzata!”  
Ero allibita.“Ma tu da che parte stai?” gli chiesi.
“La sua” ammise candidamente, ma in un certo senso lo avevo sempre sospettato. “Ma tu mi piaci ancora!”
“Che fortuna!” scherzai, chissà cosa direbbe se sapesse …
“Con le patatine va bene?” chiese. Avevo perso il filo “La pizza, con le patatine?”
“Sì” gli sorrisi.
Michele era questo, nessuno sarebbe mai riuscito a cambiarlo.
 
Passammo una piacevole serata come ai vecchi tempi e aveva ragione: una serata senza complicazioni era quello di cui avevamo bisogno entrambi. Mi accennò a una proposta per giocare in Spagna la stagione seguente, con mia grande sorpresa ammise di averla presa seriamente in considerazione. Poco dopo mezzanotte  mi portò in stazione: avrei preso l’ultimo o il primo, dipende dai punti di vista, treno della giornata, sarei arrivata a Milano verso le sei del mattino, il tempo di una doccia e poi di corsa in università. In treno prima di chiudere gli occhi mandai un sms a Ste:
                               
Buonanotte.
 
Niente di che, volevo solo sapesse che stavo pensando a lui.

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Capitolo 26
*** 26 ***


Era sabato sera, il primo da quando io e Ste stavamo insieme? Non ero così sicura che fosse il modo giusto per definirci: ci sentivamo spessissimo, mi mancava il suo viso, le sue labbra, per non parlare del suo profumo … Ma cominciavo ad avere paura che per lui non fosse la stessa cosa, che ci avesse ripensato. Quando il giorno prima gli dissi che non sarei potuta andare a Pescara, la sua reazione non fu esattamente quella che mi sarei aspettata: “Non importa, vorrà dire che ci vedremo la settimana prossima!” Che razza di risposta era? Non dico che doveva arrabbiarsi, ma almeno dispiacersi un minimo e poi … Quella sera non mi aveva ancora chiamato, aveva detto che l’avrebbe fatto dopo gli allenamenti, ma quelli erano finiti già da un pezzo e da lui neanche un sms, ok che avevamo detto piccoli passi però … E se avesse cambiato idea, se avesse incontrato un’altra? Stavo cominciando a dare di matto, fosse stato per me sarei stata a Pescara già dalla sera precedente, ma Mara me lo aveva impedito.
Quel lunedì Marghe sarebbe salita a Milano per la prova dell’abito da sposa, quando me lo ha detto, le ho proposto di appoggiarsi da me per un paio di giorni. Sarei scesa a Pescara venerdì sera, ufficialmente sabato mattina, poi lunedì in mattinata saremmo ripartite in macchina alla volta di Milano: questo era il piano ma Mara la pensava diversamente. Scoperto il  viaggio dell’amica, si è proposta di accompagnarla: sua madre, che da un paio d’anni viveva in Slovenia dove il padre allenava una squadra,sarebbe rientrata a Verona per un paio di giorni, siccome non aveva ancora visto Mia, Mara pensò bene che quella fosse l’occasione perfetta, lei non se la sentiva di fare un viaggio così impegnativo da sola con la piccola, la madre non poteva andare a Pescara quindi concluse che Milano era il giusto punto di incontro e mi vietò di tornare a casa: “Non ne vale la pena” mi disse “in fondo,scendi solo per vedere la piccola ma se siamo noi a venire da te, ti puoi risparmiare un viaggio. Andrea, sopravviverà anche se non ti vede per una settimana!”
Cercai di dissuaderla, Marghe cercò di dissuaderla, non che le dispiacesse l’idea di passare un paio di giorni tra ragazze ma … era l’unica a sapere. Nonostante i nostri tentativi Mara fu irremovibile: “Perché regalare altri soldi alle ferrovie delle Stato?” mi chiese ponendo fine alla questione.
“Lei lo sa” mi ritrovai a dire al telefono con Marghe.
“Non può saperlo” mi rassicurò. “La conosci, non farebbe finta di niente!”
Aveva ragione, ma Mara sapeva che avevo mentito riguardo la notte passata fuori casa, che sospettasse qualcosa? Perché,onestamente, quello mi sembrava a tutti gli effetti un tentativo di tenermi lontana da Stefano.
 
“La smetti con quel telefono!” mi riportò al presente Jenny. Ero seduta sul suo letto, mi aveva chiesto un parere sul vestito da indossare  per la cena con Gianluca, il ragazzo della doccia, per intenderci.
“Aspetto una telefonata” le risposi piccata.
“E da chi, sentiamo? È tutta settimana che non ti stacchi da quell’aggeggio!”
Non risposi, d'altronde non avevo detto niente neppure a lei.
“Come ti pare!” lasciò perdere “Questo …” indicò l’abito nero che indossava “ … o quest’altro?” chiese mostrandomi l’abito verde che aveva provato due minuti prima.
“Ti stanno bene entrambi” ma perché non chiamava ….
“Giadaaa!” mi rimproverò “Potresti concentrarti un attimo!”
“Jennyyy!” le feci il verso “È solo una cena!”
“Quante volte te lo devo ripetere? Ci sarà anche suo fratello!!!”
“Oh! Sai quanto potrà interessare il tuo abbigliamento a un ragazzetto di tredici anni!”
Alzò gli occhi al cielo: “Vedo che mi hai ascoltato molto, l’altro fratello! L’avvocato, il più giovane associato di uno dei più importanti studi di Roma … Voglio fare una buona impressione!”
La guardai, aveva ragione: non le avevo rivolto molte attenzioni nell’ultimo periodo. Mi alzai e andai al suo armadio che conoscevo bene, mi fermai un attimo a riflettere: “Abito verde …” dissi mettendoglielo in mano “… Pochette nera …”  mi piegai per prenderla dall’ultimo ripiano poi uscii dalla stanza, Jenny mi seguì.  “… Scarpe …”  tirai fuori dalla scarpiera un paio nere, aperte sul davanti, che sapevo essere le sue preferite “ … Trucco leggero e i pendenti che ti ha regalato tua madre per l’ultimo Natale.” 
Si fermò un attimo per fare mente locale, poi mi scoccò un bacio sulla guancia “Sei la migliore!” sussurrò. Forse i tentativi, falliti, di Mara di insegnarmi a vestire come una signorina non erano andati del tutto sprecati. Tornammo in camera, mentre Jenny si preparava controllai il telefono, di nuovo. Forse avrei potuto mandargli un sms, ma con scritto cosa?
In quel momento suonarono alla porta “È Gian!” si agitò Jenny “Non sono ancora pronta!”
“Ci penso io” le sorrisi e mi alzai per andare ad aprire.
 
“E tu che ci fai qui?” non potevo credere ai miei occhi.
“Ho portato il gelato” disse agitando la busta di plastica che teneva in mano: “Non mi fai entrare?”
Mi feci da parte per farlo passare.Non sapevo cosa dire, continuavo a guardarlo come se fosse un alieno, era davvero lì? Perché, era lì davanti a me?
Non ero ancora riuscita a dire una parola, quando Jenny si affacciò dalla sua stanza “Cinque minuti e …” disse convinta che ci fosse Gianluca “… sono pron …” lasciò la frase a metà quando si accorse che, quello accanto a me,  non era il suo ragazzo. Il suo sguardo rimbalzò da me a lui per un paio di volte poi si fermò su di me con aria interrogativa. Come glielo spiegavo?
“Tu devi essere Jenny” parlò al posto mio “ho sentito molto parlare di te! Io sono …”
“… Stefano!” concluse lei. Il tono che usò non mi piacque per nulla. “Giada ti dispiace venire un attimo di qua? Avrei bisogno di un parere sui capelli …”
Le lanciai un’occhiataccia, ma Ste mi incoraggiò con un sorriso.  Jenny si scostò dalla soglia per lasciarmi entrare e si richiuse la porta alle spalle con poca delicatezza.
“Non è carino da parte … “
Non mi lasciò finire. “Che cazzo ci fa LUI qui?”
“Ha portato il gelato” risposi con ingenuità.
“Si è fatto 500 km per portarti un po’ di gelato?”
“Ovviamente no, l’avrà comprato qui all’angolo!” Risposta errata, Jenny mi guardava scioccata: “Che c’è?” chiesi.
“Lo stai facendo di nuovo” rispose.
“Ma di cosa stai parlando?”
Mi indicò la bocca: “Ti stai mordicchiando il labbro inferiore come se… Non ci sarai mica andata a letto!” esclamò indignata.
“Abbassa la voce!” la rimproverai
“Non ci credo!” Scosse il capo “E Alex?”
“Cosa c’entra adesso Alex!” le risposi a tono, il suo atteggiamento mi stava innervosendo, parlava proprio lei che in neanche tre anni si era portata a letto mezza università!
“Come cosa c’entra?”
“Mi stai facendo la morale? Proprio tu!” sorrisi ironica.
“Sì! Perché sei ancora innamorata di lui!”
“Ti sbagli” e poi non era lei a chiamarlo lo Stronzo e a volerlo strozzare?
“Davvero? E sentiamo …” In quel momento il campanello suonò di nuovo. “Questo deve essere Gian” commentò.
“Che aspetti? Vai!” le dissi in malo modo.
“Ciao” salutò il suo ragazzo con tono arrabbiato. “Andiamo?”
“Non mi fai neanche salutare Giada?” chiese perplesso.
“NO” rispose secca.
“Ciao Gian!” urlai per indispettirla: “Divertitevi!”.
Jenny prese il soprabito e senza dargli il tempo di rispondermi uscì di casa, ma prima di chiudersi la porta alle spalle aggiunse: “Stai facendo una cazzata!”
“Che stronza!” pensai questa volta non l'avrebbe passata liscia. “Scusala non fa sempre così!” dissi raggiungendo  Stefano. Ero imbarazzata e mortificata per il comportamento di quella che supponevo fosse una delle mie migliori amiche. “Oggi è particolarmente nervosa,  ha questa cena con il fratello di …” perché continuavo a blaterare in quel modo?
“Non importa,” mi bloccò lui. “c’era da aspettarselo… avrei dovuto chiamare! Il mister ci ha lasciato il pomeriggio libero e ho pensato … ti avrei dovuta avvisare, magari avevi altri progetti, è sabato se…” adesso era lui a blaterare.
Lo zittii con un bacio, Dio solo sapeva quanto mi era mancato.
 
Preparai una cenetta al volo, fortunatamente Jenny non era riuscita a rovinare tutto … Non so come ci riuscisse ma insieme a lui, non potevo non essere di buon umore.  Dopo cena ci spostammo davanti alla tv con due cucchiai e la vaschetta di gelato: fragola e fior di latte,i miei preferiti. Quella sera a differenza di due settimane prima mi accoccolai al suo fianco senza chiedere il permesso e il mio divano non mi era mai sembrato così comodo. Nonostante sapessi che ingurgitare mezzo chilo di gelato davanti al ragazzo che hai  appena cominciato a frequentare era fortemente sconsigliato da … beh da chiunque! Me ne infischiai totalmente: non volevo giochetti, io ero così e lui lo sapeva, dovevo  veramente fingere di essere una figa di legno, quando mi aveva visto mangiare con le mani un bidone di alette piccanti, imprecare e bere birra, come un camionista, giocando alla play-station? No, non dovevo, non volevo e poi … anche lui l’aveva mangiato, poco, ma aveva contribuito…
Mi alzai controvoglia dal divano, tra le sue braccia mi sentivo protetta ed era una sensazione nuova per me, strana, considerato che non volevo fare mai affidamento su qualcuno all’infuori di me. Tornando dalla cucina lo beccai mentre si passava una mano dietro il collo, doveva essere stata una giornata pesante, ma sapevo che se glielo avessi chiesto avrebbe negato; fu così che mi venne un'idea: "Vieni" dissi tendendogli la mano,mi guardò leggermente confuso, ma la prese e lo portai in camera: " Togliti la camicia e sdraiati a pancia in giù” ordinai
“Mi devo preoccupare?” scherzò ma era perplesso.
“Solo se non lo fai” gli risposi e comiciai a cercare nei cassetti ma con la coda dell'occhio vidi che stava seguendo le mie indicazioni. So che può sembrare stupido, ma arrossii leggermente sapendolo mezzo nudo a pochi passi da me. Trovato il barattolo, lo raggiunsi sul letto, mi misi a cavalcioni sulla sua schiena e gli spalmai un po’ di unguento.
“Cos'è?” chiese, non si fidava troppo.
“Veleno d'api!” Risposi con assoluta tranquillità, non commentò ma la smorfia che fece parlò per lui. Cominciai a fargli un massaggio: effettivamente aveva tutte le spalle contratte, feci un pò di pressione, capii di avergli fatto male e ordinai: “Chiudi gli occhi e rilassati!”
Eseguì e continuai nella mia opera, pian piano sentivo i suoi muscoli sciogliersi sotto le mie dite.
"Ignoravo queste tue doti …” commentò a un tratto.
“Ah mio caro, sono tante le cose che ancora non sai di me!” risposi. C'era della malizia nella mia voce e ne ero pienamente consapevole.
Sorrise. “Dove hai imparato?”
“Ho una doppia vita” scherzai avvicinando la mia bocca al suo orecchio.
“Interessante … ma dicevo sul serio!”
 Non riuscii a trattenere una risatina: “Quando stavamo a Verona” cominciai a raccontare “Andrea ha fatto un periodo in cui soffriva di torcicollo, puntualmente il giorno dopo la partita tornava in palestra con il collo bloccato. Conclusione: era il suo modo di somatizzare la tensione. Il fisio gli propose di fermarsi a fine partita per un trattamento preventivo, ma non ne voleva sapere: c'ero io ad aspettarlo o al palazzetto o casa e lui non amava approfittare dell’aiuto che gli dava la società e soprattutto le famiglie dei suoi compagni …”
“Tipico di Andrea” commentò con un sorriso.
“Me lo ricordo ancora come fosse ieri …” sorrisi rievocando quella scena nella mia mente, mentre le mie mani continuavano il massaggio. “Ero rimasta a casa con Mara perchè il giorno dopo avevo una verifica di matematica …”
“La solita secchiona” mi prese in giro. Gli risposi con un pizzicotto. “Ahi!” si lamentò con il sorriso sulle labbra.
“Comunque …” lo ignorai "… dopo l'ennesimo rifiuto Dino, così si chiamava il fisio, perse le staffe e costrinse Andrea a portarlo a casa con sé, se non poteva essere lui a prendersi cura del suo collo, allora sarei stata io. Mio fratello era perplesso ma non gli lasciò molte alternative, io, invece, ne fui entusiasta era divertente vedere le sue smorfie di dolore ….”
“Perfida …” mi disse scherzando.
“In realtà” tornai seria “lo vedevo come un modo per ricambiare, anche se in minima parte, tutto quello che lui faceva per me ogni giorno …  Alla fine però  sono diventata abbastanza brava ..." conclusi con leggerezza.
“Lo puoi dire forte” sussurrò  “e...”
“Shh!! Pensa solo a rilassarti, ho quasi finito!”
Giusto per la cronaca, mio fratello non lo massaggiavo mica in quel modo! Il perché mi pare evidente …
 
Dopo un pò mi accorsi che si era addormentato, doveva essere distrutto si era fatto, come minimo, cinque ore di macchina dopo un allenamento che doveva essere stato massacrante altrimenti il coach non avrebbe mai annullato la seduta pomeridiana. Sapere che l’aveva fatto solo per vedere me, mi fece sentire importante. Scivolai al suo fianco e  rimasi ad osservarlo: le labbra aperte in un sorriso, il suo profilo perfettamente imperfetto, la sua pelle abbronzata, il sollevarsi delle sue spalle scandito dal ritmo regolare del suo respiro. Non so quanto tempo rimasi lì ad ammirarlo, poi uscii dalla stanza per sistemare la cucina, non volevo dare a  Jenny un appiglio per cominciare un'altra discussione, ma il giorno dopo gliene avrei dette quattro: poteva starne certa. Arrivato il momento di prepararmi per la notte, accarezzai l'idea di indossare un completino sexy che era sepolto tra la biancheria ormai da anni, alla fine, preferii lasciar perdere, non mi rappresentava, e optai per una delle tante magliette oversize che da anni usavo come pigiama. Quando tornai in camera Ste dormiva sereno, si era girato su un lato e ne approfittai per sdraiarmi accanto a lui, attenta a non svegliarlo, mi circondai la vita con il suo braccio e intrecciando le mie dite alle sue posai la sua mano sul mio ventre, poi chiusi gli occhi. In quel momento, Stefano, probabilmente nel dormiveglia, posò un delicato bacio sulla mia spalla nuda, poi mi addormentai, al sicuro tra le sue braccia.

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Capitolo 27
*** 27 ***


“Volete darvi una mossa!” urlai suonando il clacson.
Erano le 20.15, la partita sarebbe cominciata di lì a poco ed io ero ancora imbottigliata nel traffico. Era piuttosto insolito per me scendere a Pescara a metà settimana soprattutto con le lezioni ancora in corso, ma quell’occasione lo meritava: la partita della vita, così l’aveva definita Michele. Se volevano ancora sperare di approdare alla finale scudetto dovevano vincere e portare la serie a gara 7, altrimenti avrebbero dovuto dire addio alla finale contro Milano e il lavoro di una stagione sarebbe andato completamente in pezzi. Non potevo mancare, dovevo esserci … per Stefano, lui non me l’avrebbe mai chiesto, capiva che l’università era importante per me e che non potevo semplicemente prendere e mollare tutto, ma quella sera volevo essere al suo fianco nel bene o nel male. Stavamo insieme da poco più di un mese ormai e le cose non potevano andare meglio, finalmente avevo raggiunto l’equilibrio che avevo sempre desiderato ed ero serena: fiducia e complicità su questo si basava il nostro rapporto, nonostante lo scetticismo delle persone che ci stavano accanto. La nostra storia non era ancora ufficiale ma non ci stavamo nascondendo; quando scendevo a Pescara, praticamente ogni settimana, passavo più tempo con lui che con chiunque altro: uscivamo, andavamo al cinema o a mangiarci una pizza, certo non ci scambiavamo effusioni in pubblico ma questo non aveva mai fatto parte del mio carattere …
Non posso negare, però, che la reazione di mio fratello un po’ mi spaventava, d’altronde su tre persone che conoscevano tutta la verità solo una mi appoggiava; Giorgio non perdeva occasione per lanciarmi occhiate di rimprovero, Jenny ed io, nonostante avesse fatto lo sforzo di prestarmi l’auto, continuavamo a litigare ogni volta che si toccava l’argomento, solo Marghe sembrava comprendere i miei perché e come mi sentissi da quando mi ero lasciata andare con Ste. Una delle conseguenze positive della mia storia con lui era proprio il mio rapporto con Marghe: un’amicizia vera, diventata profonda in poco tempo; frequentarci senza Mara, a cui entrambe restavamo comunque legatissime, aveva permesso di riscoprirci più simili di quanto pensassimo. Entrambe sapevamo cosa significasse crescere senza un padre: il mio, evaporato nel nulla prima che nascessi, il suo, un militare, morto in missione poco dopo la sua nascita. Entrambe sapevamo cosa volesse dire crescere con una donna, che diventata madre troppo giovane, cominciava a vedere la figlia come un ostacolo: non saprei dire se sono stata più fortunata io, che con mia madre non ho mai avuto un rapporto o lei; in base a quello che mi ha raccontato, erano sempre state molto unite fino a quando, lei aveva sedici anni, la madre s’innamorò del suo secondo marito,  un ricco imprenditore, egocentrico e irrispettoso che la tradiva in continuazione.  Entrambe siamo cresciute pensando che l’amore eterno fosse soltanto un’illusione, lei si era ricreduta grazie a Giorgio, io … beh, io nutrivo ancora dei forti dubbi …
Parcheggiai e corsi verso l’entrata, Marghe mi stava aspettando fuori: “Finalmente!” esclamò vedendomi arrivare.
“Scusami … Mara?” chiesi con il fiatone
“È già dentro con la bimba” mi spiegò mentre entravamo. Quella era anche la prima volta di Mia in un palazzetto e quello, di per sé, era un buon motivo per esserci …
Ci sedemmo giusto un attimo prima del fischio di inizio, in quel momento gli occhi di Ste incrociarono i miei, sorridendo gli feci l’occhiolino, sorrise: poteva giurarci, ero lì per lui.
 

[Alex]
 
Giada era lì, la vidi entrare insieme a Marghe come ogni maledettissima partita dei play-off giocata nel week end, ma quella sera era un mercoledì ... Cos’è che mi ero ripromesso? Smettere di amarla, giusto. Ma come potevo? Come potevo se me la ritrovavo davanti ogni settimana sempre più bella e sorridente, come potevo se avevo cominciato a seguire la partita attraverso i suoi occhi grazie al posto privilegiato in panchina che mi ero sudato … sì, perché il mister ci aveva provato: ero partito titolare nella prima partita dei quarti ma ero riuscito a farmi buttare fuori prima dell’inizio del terzo quarto, ci aveva riprovato in quella dopo, ma non mi era entrata una tripla neanche quando mi ero ritrovato completamente smarcato … e di una guardia con 0 a referto cosa te ne fai? Semplice, la lasci seduta in panchina … Il Ciso ci aveva provato ad incoraggiarmi con un discorso dei suoi, Michele ce la metteva tutta per aiutarmi, cercava di distrarmi portandomi fuori, aveva persino cominciato a tollerare Alyssa ma la situazione non cambiava anzi … ogni sorriso di Giada, ogni maledetto sorriso rivolto al mondo, a quel mondo di cui, per lei, io non facevo più parte, era un pugno sempre più duro nello stomaco …
 
Boing! Boing! Boing!
Rimasi ad osservare quel pallone rimbalzare in mezzo al campo dopo il suono della sirena: era finita, era tutto finito. Nessun altra occasione, nessuna finale scudetto: avevamo perso. Seguii i miei compagni nello spogliatoio la testa bassa come tutti, più di tutti. Il silenzio assordante di un palazzetto gremito e incredulo mi rimbombava nelle orecchie, avevo deluso tutti: i miei compagni, la società, i tifosi, lo sport a cui dovevo tutto; avevo fallito come giocatore, come fidanzato, come uomo: Mara aveva ragione, avevo ventiquattro anni, era arrivato il momento per me di crescere, ma come?
 
Lo spogliatoio si svuotò lentamente quella sera, nessuno aveva fretta, ognuno nel suo silenzio ripensava a quel passaggio, quel tiro, quel fallo che aveva compromesso tutto. Nessuno, tranne Michele, sapeva che quella era stata la mia ultima partita con quella maglia, eppure ricevetti molte pacche sulle spalle, io, che meno di tutti meritavo di essere consolato, non ero io ad aver sudato e lottato fino all’ultimo su ogni pallone, io ero quello seduto in panchina incapace di esser utile ai suoi compagni.
“Ci andiamo a fare una birra?” chiese Michele una volta rimasti soli.
“C’è Alyssa che mi aspetta” quella volta non riuscii neanche a fingere un po’ di entusiasmo.
“E allora?” domandò “Ormai io e lei andiamo quasi d’accordo!”
“Meglio di no” rifiutai
“Alex dai! Hai bisogno di distrarti un po’, non puoi …”
“Michele” lo stoppai “sei un amico … Ma, davvero, non ne ho voglia …”
Capì che non era il caso di insistere: “Se hai bisogno …” lasciò la frase in sospeso.
Tutto quel casino almeno una cosa buona l’aveva portata: la nostra amicizia; nonostante ci conoscessimo da un solo anno Michele era diventato il fratello maggiore che non avevo mai avuto e non capivo ancora il perché, dopo tutto quello che avevo combinato alla sua Giadina, come la chiamava lui, non mi avesse ancora mandato a quel paese.
Uscii per ultimo, ad aspettarci non c’era nessuno, a parte Alyssa e poco più in là il gruppetto formato da Giorgio, Marghe, Giada e Stefano.
“Sicuro?” tentò un'ultima volta il mio amico.
“Vai ti stanno aspettando” lo incoraggiai, non erano di certo rimasti lì  per me.
Si allontanò e passando vicino ad Alyssa la salutò, alla fine erano davvero riusciti a trovare un punto d’incontro … Osservai Giada che, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, lo abbracciò sussurrandogli qualcosa all’orecchio, sicuramente una delle tante battutine che erano soliti scambiarsi …
“Sei pronto?” Alyssa si era avvicinata.
Annuii. Sorridendo mi prese per mano, dopo aver lanciato un’ultima occhiata al gruppetto che si stava allontanando, mi lasciai trascinare fino alla macchina.
 
Il viaggio verso casa mia fu silenzioso, continuavo a chiedermi cosa sarebbe successo dopo? Nessun allenamento,nessuna partita, nessuna distrazione per le prossime due settimane quando sarebbe iniziato il ritiro estivo con la nazionale, onestamente ero ancora sorpreso che Mauro avesse scelto di convocarmi … Cominciai a pensare a tutto quello che avrei dovuto fare: tornare in palestra per prendere tutte le mie cose, salutare tutte le persone con cui avevo condiviso gli ultimi sette mesi, preparare il trasloco e impacchettare tutto, non sapevo dove sarei andato ma ero certo di dove non sarei stato: Pescara. Più mi organizzavo in quel senso e più mi sembrava di commettere l’ennesimo errore, avevo la sensazione che la mia prossima mossa avrebbe indirizzato tutto quanto ma non riuscivo a …
“Vuoi che ti prepari qualcosa?” Non mi ero neanche reso conto di essere già nel mio appartamento, Alyssa era lì davanti a me e sorrideva con dolcezza.
In quel momento mi fu tutto chiaro: “Alyssa …” dissi “C'è una cosa che devo dirti …”
 

[Stefano]
 
La sconfitta della sera precedente bruciava ancora e l’avrebbe fatto ancora per un bel po’, ma devo ammettere che svegliarmi con Giada al mio fianco rendeva tutto più dolce. Mi sembrava ancora di vivere un sogno, la cosa che più mi stupiva era che lei era esattamente come pensavo, a volte capita di innamorarsi dell’idea di una persona più che della persona stessa, beh … quello non era il mio caso, io ero totalmente e perdutamente innamorato di Giada con i suoi pregi e i suoi difetti. Ero consapevole che lei non provava ancora lo stesso per me, ma ero fiducioso, le cose tra noi andavano bene e io non volevo metterle fretta, sapevo che una parte di lei era ancora legata ad Alex, ma non mi preoccupava più di tanto perché sentivo che lei era dentro quella storia almeno quanto me.
“Buongiorno” sussurrò aprendo i suoi bellissimi occhi azzurri. Ormai era diventata per me un’abitudine contemplarla mentre dormiva. Mi diede un bacio veloce e poi si fermò a guardarmi con aria sospettosa: “Che c’è?” chiese
“Niente” le dissi, ero semplicemente felice “Mi piace svegliarmi con te”
“Come darti torto!” scherzò e mi baciò di nuovo. “Programmi per la giornata?” chiese, sapevamo entrambi che in serata sarebbe dovuta rientrare a Milano.
“In realtà, questa sconfitta ha portato qualcosa di positivo” Mi guardò dubbiosa. “Due settimane di vacanza prima del ritiro con la nazionale!” le spiegai.
“La nazionale … me ne ero dimenticata!” commentò poco entusiasta.
“Due settimane di vacanza!” ripetei con più entusiasmo “Nessun impegno, possiamo fare come ci pare” le dissi.
Sorrise “Quindi, per esempio … Possiamo rimanere tutto il giorno a letto?” chiese maliziosamente.
“Non so, forse …”  risposi vago.
Mi baciò di nuovo e non ci fu bisogno di altre parole.
 
Eravamo ancora a letto abbracciati, mentre continuavo ad accarezzare la sua pelle vellutata mi venne un’idea. “Che idiota! Come ho fatto a non pensarci prima!” mi dissi senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Perché ridi?” chiese ancora ad occhi chiusi.
“Stavo pensando a una cosa …”
Sollevò la testa dal mio petto e si girò a guardarmi “Tu pensi …?” chiese ironica
“Mi fai questo effetto …” le dissi
Arrossì leggermente; ecco un’altra cosa che amavo di lei: qualsiasi complimento, anche vago, le facessi le sue guancie si coloravano di un leggero rossore.
“Allora?” mi esortò a parlare.
“Conosco un agriturismo in Toscana molto carino” mi guardò confusa. “Potremmo andarci! Da domenica a sabato …” Era perplessa e ne conoscevo anche il motivo, la prossima era l’ultima settimana di lezioni. “Lo so” l’anticipai “ma per quella dopo, hai promesso a Marghe di aiutarla con gli ultimissimi preparativi per il matrimonio!”
Si fermò un attimo a riflettere poi disse “Sì!”
“Sì?” le chiesi non pensavo sarebbe stato così semplice.
“Sì! Partiamo” disse con entusiasmo e mi stampò un rapido bacio sulla bocca, poi si alzò dal letto.
“E adesso dove vai?” le chiesi
“Sto morendo di fame! … Non avrai intenzione di passare tutto il giorno a letto, pigrone!” mi rimproverò
“Fai sul serio?” le chiesi perplesso, ma quando non ricevetti risposta, capii e mi alzai per raggiungerla.
 
Mi stavo divertendo a darle fastidio mentre cucinava, quando sentimmo il campanello suonare.
“Aspettavi qualcuno?” chiese con fare indagatore.
“L’amante!” ammisi.
Alzò le spalle. “Se è Chantal dille che la saluto!” esclamò, la sua gelosia verso la mia vicina mi strappava sempre un sorriso.
Andai ad aprire e … “Tu?” esclamai sorpreso
“Giada è qui?” chiese. Sembrava abbastanza sconvolto.
Notai che il suo sguardo mi superò e mi voltai: Giada era dietro di me, doveva aver riconosciuto la sua voce.
“Abbiamo un problema” annunciò Giorgio fissandola con estrema serietà.

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Capitolo 28
*** 28 ***


[Alex]
 
Non avrei mai pensato di ritrovarmi a percorre quel vialetto soprattutto non con quelle intenzioni, ma se è vero che la notte porta consiglio, beh, quella precedente mi aveva portato fin lì. Suonai il campanello e, seppur lo conoscessi molto bene, mi sentii, come mai prima di allora, un completo estraneo.
Mara mi aprì la porta : “Giada non è qui” rispose infastidita di trovarmi di nuovo di lì.
“Veramente vorrei parlare con te” le dissi.
Era palesemente sorpresa. Non so se fu la mia voce piatta o le occhiaie che, solcando il mio viso, rivelavano una notte insonne, ma la sua espressione si addolcì. “Entra” mi invitò.
Tirai un sospiro di sollievo. “Andrea è uscito con la piccola” mi spiegò mentre mi faceva accomodare.“Ti va un po’ di caffè?” mi scrutò con attenzione tentando di intuire quello che mi passava per la testa. Annuii.
Rimasto solo mi ritrovai a gironzolare nel salotto, rispetto all’ultima volta, erano comparse nuove foto, il soggetto principale era la piccola Mia: aveva gli occhi della mamma e il sorriso della zia,mi ritrovai a pensare. In un angolo della stanza, notai un vecchio scatolone impolverato e non potei resistere alla tentazione di avvicinarmi per scoprire che conteneva degli album fotografici; incuriosito ne estrassi uno con la copertina rossa e lo aprii: nella prima pagina, una foto ritraeva una giovane coppia che, abbracciata, sorrideva all’obiettivo, l’amore che lessi nei lori occhi fu l’ennesimo pugno nello stomaco.
“Ecco il caffè!” esclamò una voce alle mie spalle. Mi voltai con aria colpevole, l’album ancora in mano. Mara sorrise: “Stavo cercando alcune foto di Andrea da piccolo” mi spiegò.
Annuii. “Chi è il ragazzo con Giada?” chiesi, in quella foto avrà avuto appena sedici anni.
Si avvicinò e prese l’album dalle mie mani: “Oh …” commentò “Quella non è Giada” la guardai incredulo mentre, tirando fuori la foto dall’album, me la porgeva: “Girala!” mi ordinò.
“Lago di Como: Io ed Ivan” lessi la scritta ad alta voce. “Sua madre?” chiesi conferma. Mara fece cenno di sì con la testa. “Wow” commentai.
“Lo so.” confermò, mentre rimetteva la foto e l’album al loro posto. “È impressionante!”
Giada e sua madre erano due gocce d’acqua, chi l’avrebbe mai detto? Chissà come si sentiva lei, che con quella donna non voleva avere niente in comune, chissà cosa …
“Non ne ha la minima idea” disse Mara interpretando il mio silenzio. “Lei queste foto non le ha mai viste, Andrea le ha prese e chiuse in soffitta, anzi … se scopre che le ho tirate fuori …” lasciò la frase in sospeso.
 
“Cosa posso fare per te?” mi chiese mentre ci sedevamo.
“Speravo mi potessi dare un consiglio …”
“Io?” chiese incredula “Perché non parli con Michele? Sono sicura che …”
Scossi il capo: “Sei l’unica che non cercherà d’indorarmi la pillola …” le spiegai riferendomi a quella volta in cui mi aveva rivoltato come un calzino.
Sorrise:“Se posso, volentieri! Qual è il problema?” m’incoraggiò a parlare.
“Semplice: ho fallito!”
“Dopo la sconfitta di ieri, è normale che tu ti senta così, ma vedrai che vi rifarete l’anno prossimo!”
“Non credo” mi guardò confusa “Non giocherò qui il prossimo anno”
“Hai accettato un’altra offerta? Sono contenta che …”
“Mi hanno scaricato” le comunicai “Le tue prestazioni sono state al di sotto delle nostre aspettative …” le dissi con voce impostata.
“Io … Non lo sapevo, Andrea non …”
“Non lo sa nessuno …” le spiegai
“Dove giocherai?” chiese.
“Bella domanda, speravo mi aiutassi a capirlo …” Mi guardò sorpresa. “Non ho molte opzioni in realtà: Modena, Roma, ma non è ancora sicuro o Boston”
“Boston” ripetè. “NBA?”Annuii. “Wow, direi che  le congratulazioni sono d’obbligo!” Scossi il capo con decisione. “Non capisco” ammise.
“C’è sicuramente dietro lo zampino di mio padre” le spiegai. “Mia madre avrà fatto pressione perché mi trovasse un posto in una delle sue ex squadre. Secondo lei non sono più lo stesso da …”
“Da quando Giada ti ha lasciato?”
“Più o meno.” le risposi. “Mia madre sostiene che l’Italia mi sta opprimendo e che merito …”
“Frena un attimo! Mi stai dicendo che tua madre non sa nulla di quello che è successo tra te e Giada?”
“No.” Sembrava allibita. “Voglio dire non ho mai parlato a mia madre delle mie storie” Mara non riuscì a trattenere una risatina. “Che c’è?” chiesi.
“Mi stai dicendo che i tuoi non sanno neanche della sua esistenza?” Sembrava particolarmente divertita.
“Beh” mi fermai a riflettere “potrei aver accennato qualcosa la scorsa estate, ma …”
“Alex!” mi rimproverò ma c’era dolcezza nella sua voce. “Ci credo che tua madre non ha riconosciuto i sintomi di un cuore spezzato …” Allora era quella la diagnosi. “Scusa” aggiunse subito dopo, ma non era necessario, in fondo aveva semplicemente detto la verità.
“Alyssa che dice?” la guardai perplesso, avevo perso il filo del discorso. “È la tua ragazza! L’America non è propriamente dietro l’angolo …” mi spiegò
“Non stiamo più insieme” la informai. Alzò il sopracciglio con fare interrogativo. “L’ho lasciata ieri sera …”
“So che dovrei dirti che mi dispiace ma …” L’avevo davvero presa alla sprovvista. “Come l’ha presa?”
“Mi ha insultato … Come darle torto? L’ho presa in giro fin dall’inizio …”
“E tu? Tu come ti senti?”
“Arrabbiato e confuso,molto. Questa notte non sono riuscito a chiudere occhio: mi sono reso di aver commesso un mucchio di stronzate!”
“E ora, cosa vorresti fare?”
“Rimediare, ma come?”
“Riprendendo in mano la tua vita,Alex.”
“Dici poco …” commentai sarcastico.
“Lo sta già facendo” mi sorrise “Lasciare Alyssa è stato il primo passo. Hai fatto la cosa giusta, per entrambi”
“E adesso? Cosa dovrei fare?”
“Dovresti ricominciare da quello che ami di più.” La guardai dubbioso, mi stava davvero suggerendo di …. “Il basket” si affrettò ad aggiungere. “Intendevo che dovresti concentrarti sul basket.”
“Ah” risposi deluso.
“Prenditi tutto il tempo necessario per capire quale sia la scelta migliore per la tua carriera”
“La mia carriera?” le chiesi. “Praticamente mi stai dicendo che dovrei accettare Boston …”
Si strinse nelle spalle. “Perché no? Tutti sognano l’NBA.”
“Perché non me la sono guadagnata, per esempio?”
“Non credo che tuo padre sia così influente da convincere una società ad ingaggiare un brocco. Te la guadagnerai partita dopo partita …”
“Forse hai ragione ma … Come hai detto tu, l’America non è proprio dietro l’angolo!”
“Magari è proprio per questo che dovresti andarci …”
Sorrisi, continuavamo a girarci intorno “Mara io sono ancora …”
“Lo so” mi interruppe  “Lo so bene … ma credo sia arrivato anche per te il momento di voltare pagina.”
“Mi stai dicendo che ha un altro?” le chiesi, quel pensiero mi tormentava già da un po’ e non mi piaceva per niente.
“Penso di sì”
“Pensi o lo sai?” mi scaldai leggermente.
Mi lanciò un’occhiata di rimprovero. “Giada non mi ha detto niente! Comunque credo di conoscerla abbastanza per capirlo da sola”
“Chi?”
“Non lo so, Alex …”
“E anche se lo sapessi non me lo diresti!”
“Qui ti sbagli.” Era decisa e le credetti.
“Grazie.”
“E per cosa?”
“Per la sincerità.”
“Promettimi che ci penserai bene prima di prendere una decisione”
“Ci penserò su” le promisi. “Boston e Modena non sono poi così diverse!” scherzai
“Alex …” mi richiamò mentre mi avviavo all’ingresso “… io facevo davvero il tifo per voi …”
“Lo so” la rassicurai.
Forse l’America era davvero la soluzione per tutto, forse l’oceano mi avrebbe aiutato a dimenticare, forse avrei finalmente smesso di amarla, forse sarei riuscito a … Forse: quella parola era l’unica cosa a cui potessi aggrapparmi per trascinarmi avanti.
 
 
 

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Capitolo 29
*** 29 ***


[Giada]
 
Proprio quando tutto sembrava andare per il verso giusto, ecco un'altra complicazione a sconvolgermi i piani; doveva essere colpa del karma, probabilmente la mia vita precedente era stata perfetta e questo era il giusto contrappasso: non vedevo altra spiegazione … Mi ritrovai a fare queste considerazioni in trepidante attesa dietro una porta chiusa. Quando finalmente si aprì, Margherita aveva il telefono all’orecchio: "Giada?” era sorpresa. “E tu cosa …?” ma si bloccò per rivolgersi al suo interlocutore telefonico: “Sì, Lorenzi" mi fece segno di accomodarmi. "Cento bomboniere esatto, vorrei an ..." Le strappai il telefono di mano. “Ehi!” protestò.
“Buongiorno” dissi alla commessa dall'altro capo che sembrava leggermente confusa “ci scusi tanto.... Volevamo solo aver la conferma,sa come sono le spose ... "
La lasciai parlare senza prestare troppa attenzione, Marghe mi guardava irritata “Perfetto! Grazie ancora" chiusi la telefonata.
“Che cavolo fai?” mi chiese.
“Lo chiedo io a te!” esclamai con tono di rimprovero.
“Scusami ma ho ancora un sacco di telefonate da fare, c’è così tanto da disdire” cercò di riprendere il telefono dalle mie mani.
“Tu non disdici proprio niente!” la contraddissi, nascondendolo dietro la schiena per toglierlo dalla sua portata.
Mi guardò contrariata “Il matrimonio è saltato.” mi comunicò con una tranquillità surreale.  
“Ah sì? E si può sapere il perché?”
“È tutto sbagliato!” mi disse
“Davvero?”  Giorgio aveva ragione, era veramente uscita fuori di testa.
“La location è inadeguata, gli invitati troppo pochi, il menù insignificante, le bomboniere pacchiane, la disposizione dei tavoli inopportuna e …” ciliegina sulla torta “Per non parlare del vestito: volgare!”
Fu proprio quell’ultimo commento a  lasciarmi perplessa: il suo abito da sposa era semplice e raffinato e lei lo indossava con una classe rara; inoltre potevo affermare con assoluta certezza che lo amava. Le parole di Giorgio mi ritornarono in mente: “Oggi aveva l’ultima prova, pensavo lo avrebbe portato a casa e nascosto da qualche parte e invece …” Cosa era successo durante quella prova? Quello non era semplice panico!
“L’abito è perfetto” ribattei. “Le bomboniere sono deliziose, il menù semplice ma raffinato, la location romantica, gli invitati sono più di quanti avreste voluto e la disposizione dei tavoli la possiamo modificare per la milionesima volta!” Marghe sorrise, ma non sembrava del tutto convinta. “Ci hai lavorato per mesi perché fosse esattamente come l’hai sempre sognato, quindi …” la domanda sorse spontanea: “Chi ti ha riempito la testa con tutte queste stronzate?”
Sospirò.“Mamma dice …” 
“E chi se no?”  commentai a voce alta, rivolgendomi più a me stessa che alla mia amica. “Tu tra meno di venti giorni ti sposi!” le dissi con un tono che non ammetteva repliche.
“Guglielmo non potrà accompagnarmi all’altare …” lo disse con una tale solennità da impressionarmi.
“Meglio così! Non hai mai voluto che fosse lui a farlo!” Era stata sua madre a imporglielo, nonostante sapesse benissimo che Marghe tollerava a malapena il suo patrigno.
“Mamma dice che non è bene che una sposa arrivi da sola all’altare …”
“Al diavolo quello che dice tua madre!” esclamai inviperita. “CHISSENEFREGA se Guglielmo ha di meglio da fare, non sentiremo di certo la sua mancanza!”Non sembrava ancora convinta. “Marghe, tu vuoi sposare Giorgio, giusto?”
“Certo che lo voglio!”
“E allora di cosa stiamo parlando?” le chiesi.
Mi guardò un attimo, poi disse: “Forse hai ragione!” Hallelujah, finalmente era tornata in sé. “Io Guglielmo non lo reggo proprio, perché dovrei aspettare?”
“Non ne vedo alcun motivo!” le sorrisi. “Ora chiama quell’anima in pena del tuo fidanzato” le porsi il telefono. “Ma prima dammi tutti i numeri che hai chiamato in questi attimi di  pura follia!” Mi sorrise.
 
“Amore! Scusami …” la sentii dire al telefono prima di uscire dalla stanza e cominciare il mio giro di telefonate.
Giorgio non ci mise più di dieci minuti prima di ritornare a casa, aveva l’aria decisamente più sollevata. “Allora piccioncini!” dissi sapendo di essere di troppo “Mentre voi fate la pace, io vado a recuperare il tuo abito da sposa …” Gli occhi di Giorgio s’illuminarono “Non ti gasare troppo” lo smontai “lo porterò in un luogo segreto, lontano dal tuo naso lungo!”
“Non so di cosa tu stia parlando” tentò di negare la sua curiosità.
Sorrisi e me ne andai: avevo una questione urgente da risolvere.
 
 
Andai direttamente all’Hotel Savoia, ero quasi certa alloggiasse lì, ma solo arrivata alla reception ne ebbi la conferma.
“Stanza 303” mi disse un elegante concierge. “Vuole che l’annunci?”
“Non è necessario, mi stanno aspettando!” mentii spudoratamente.
Bussai alla porta della stanza 303 una prima volta, ma non ricevetti alcuna risposta, aspettai qualche secondo poi lo feci di nuovo, con più violenza. Una voce femminile all’interno rispose nervosamente: “Un attimo!” e poco dopo la porta si aprì. Davanti a me una donna sulla quarantina, un caschetto biondo e l’aria altezzosa di chi crede di sapere sempre quale sia la cosa più giusta: era esattamente come me l’ero sempre immaginata.
“E lei chi sarebbe?” chiese il sopracciglio alzato mentre mi scrutava da capo a piedi.
“La persona che le impedirà di commettere l’errore più grande della sua vita” sul suo viso spuntò un sorriso beffardo. “Non mi fa entrare?” chiesi con candore.
“Non penso proprio!” ribattè cercando di chiudermi la porta in faccia, ma glielo impedii bloccandola con il piede. “Chi è lei?Chi la manda?” chiese arretrando di qualche passo, sorpresa dalla mia reazione.
“Sono qui per sua figlia …” le spiegai entrando nella stanza e richiudendomi la porta alle spalle.
“Margherita?” chiese spaventata.
Annuii. “Sa, nonostante i suoi, lo devo ammettere, astuti tentativi, l’8 giugno si celebrerà un matrimonio fantastico!”
“Mi dispiace contraddirla ma il matrimonio è stato rinviato a data da destinarsi”
Mi scappò una risatina: “Le piacerebbe! E mi faccia indovinare: mai è l’unica data disponibile!”
“Ma lei chi si crede di essere? Con che diritto viene qui a parlarmi in questo modo!”
“E lei, lei con diritto vuole rovinare il giorno più bello della vita di sua figlia?”
“Io sono sua madre!” Alzò la voce “So benissimo cosa è meglio per mia figlia!”
“Davvero!”
“Esca immediatamente da qui o chiamo la sicurezza!” minacciò
“Faccia pure!” la provocai sedendomi al tavolino lì vicino.
“Lei è una grandissima maleducata! Ma non mi sorprende, le scelte di Margherita ultimamente sono state alquanto discutibili!”
“Non si disturbi, me ne hanno dette di peggio … Tornando a noi, sono venuta per assicurarmi che le sia ben chiara la situazione: Giorgio e Marghe tra due settimane si sposeranno con o senza di lei! E non c’è niente che possa dire o fare per cambiare la situazione.”
Probabilmente nessuno le aveva mai parlato in quel modo, amavo vedere la sua finta sicurezza sgretolarsi sotto i miei occhi, non le avrei permesso di usare il suo potere su Marghe per condizionarla più di quanto non avesse già fatto.
“Ragazzina ma chi ti credi di essere per venire qui e parlarmi in questo modo!”
 “Una che sa cosa significa biasimare la propria madre e si fidi non è un bel modo di vivere. Io capisco perfettamente i sacrifici che comporta crescere un figlio completamente sola e se Marghe è la persona stupenda che  è, gran parte del merito è suo. Nonostante lei sembri essersene completamente dimenticata, sua figlia le vuole bene; anche se non so per quale assurdo motivo lei non apprezzi né sua figlia né il suo futuro marito, so che se questa volta non farà un passo indietro, Marghe l’amerà un po’ meno e più passeranno gli anni e più smetterà di giustificarla per non aver creduto nel suo amore per Giorgio e presto o tardi lei la perderà. Si fidi di me: succederà!” Dalla sua espressione, capii di averla colpita nel segno. “Marghe si merita una giornata fantastica e si merita di condividerla con le persone che le vogliono bene. Lei deve scegliere signora, o sostiene sua figlia oppure può anche evitare di presentarsi.”
Mi alzai e mi avviai alla porta, con una mano già sulla maniglia mi voltai, la madre di Marghe si era seduta, in viso un’espressione sconvolta: “Su una cosa ha ragione, una sposa non dovrebbe mai percorrere la navata da sola, ma al suo fianco dovrebbe esserci chi le ha insegnato ad amare …” Nei suoi occhi inizialmente confusi vidi un bagliore di luce: “Sua figlia ne sarebbe entusiasta.” Aggiunsi prima di uscire da quella stanza d’albergo, non sapevo se l’avrei incontrata di nuovo e non ero neanche certa di aver fatto la cosa giusta, ma non potevo permettere che Marghe perdesse quel poco che di bello, ancora, la teneva legata alla madre.
 
Dopo aver ritirato l’abito da sposa,  feci una sosta a casa per depositare il pacco prima di tornare da Marghe e rassicurarla che tutto era tornato al suo posto. Quando Mara mi vide entrare con quell’enorme scatolone mi guardò perplessa: “Pensavo fossi già a Milano e … quello cos’è?”chiese incuriosita
“L’abito di Marghe, ho pensato che potevamo tenerlo nella mia stanza … Sai per quella vecchia faccenda che lo sposo non …”
“non deve vedere l’abito fino al giorno del matrimonio … Sì, lo so! Ma perché Marghe non è con te?”
“Lunga storia” dissi andando in camera mia con Mara al seguito. “Per un paio d’ore, abbiamo rischiato che non ci fosse nessun matrimonio ma …”
“Cosa?”
“Non ti preoccupare” la tranquillizzai “è tutto risolto!”
“Sicura? Perché non mi avete chiamato!”
“Sicura al 100%” ignorai volontariamente di toccare l’altra questione: una di quelle che la mia adorata cognata non sarebbe riuscita a capire, quando hai la fortuna di avere due genitori che ti sostengono in tutto e per tutto e un uomo fantastico che ti ama profondamente, certe cose non le potrai mai veramente comprendere.
“Questa mattina è passato Alex!” disse ad un tratto
“Ah sì?” mi finsi disinteressata, ma in realtà mi aveva incuriosita.
“Lui e Alyssa si sono lasciati o meglio … Alex l’ha lasciata”
“Mi dispiace” commentai ed era vero, per quanto Alyssa non fosse in cima alla mia lista di preferenze, si vedeva che a lui ci teneva.
“Davvero?” sembra poco convinta: “è tutto quello che hai da dire?”
“Stavano bene insieme, è un peccato!” aggiunsi. Mara mi guardò perplessa, ma non osò dire altro. Volevo solo che la smettessero di tirarlo in ballo ogni due per tre: lei, Jenny, Michele, quale parte di: è un capitolo chiuso, non riuscivano a comprendere? Alzai le spalle: “Torno da Marghe, noi ci rivediamo tra una decina di giorni!”
“Non scendi per il ponte del 2 giugno?” era sorpresa.
“Ho altri programmi …” Non rispose, ma sembrava pensierosa, chissà cosa le stava passando per la testa.
 
Marghe mi aprì la porta con un sorriso smagliante, le insicurezze di quella mattina erano completamente svanite.
“Tutto a posto!” la rassicurai. “L’abito è al sicuro, il ristorante confermato e ho richiamato anche per le bomboniere: non potrebbe filare più liscio di così!”
“Grazie. Grazie. Grazie!” mi abbracciò “Se non fosse stato per te, a quest’ora avrei …”
“Non ho fatto niente di che, Marghe!”
“E comunque sono stata io a mandartela, quindi …” esclamò Giorgio raggiungendoci. Ora poteva scherzarci su, ma se l’era vista davvero brutta. “Facciamo un brindisi?” proposi.
“Buona idea!” l’assecondò Marghe.
“Solo un goccio che stasera devo guidare …”
“Devi già tornare a Milano?” chiese la mia amica. Annuii. “Ecco lo sapevo! Stefano mi odierà, vi ho rovinato la giornata!”
“Non ti preoccupare!” la tranquillizzai “Abbiamo deciso di prenderci una piccola vacanza …”
“Ahahah” cominciò Giorgio tappandosi le orecchie “Io non voglio saperne niente!” e se ne andò in cucina.
“Una vacanza?” chiese Marghe prendendomi sotto braccio.
“Un agriturismo in Toscana …”
“Romantico” commentò Marghe. “Le cose tra voi vanno molto bene ….”
“Benissimo! Sono così … riesce a farmi sentire davvero bene”
“Sono felice per voi!” sapevo che era sincera.
“Purtroppo sei l’unica!”
“Vedrai che andrà tutto per il meglio …”
“Speriamo” mi ritrovai a pensare con forza.
 
“A Giada” propose Marghe con il calice alzato.
“Al vostro matrimonio!” ribattei io.
“Al nostro matrimonio!” risposero in coro scambiandosi un tenero bacio.
Avevamo appena finito di brindare quando il campanello suonò.
“Chi sarà mai?” si domandò stupita Marghe mentre andava ad aprire.
“Mamma?” la sentimmo dire dall’altra stanza.
“Giuro che questa volta io, io …” balbettò Giorgio
“Tu non farei assolutamente niente!” lo redarguii.
Mi lanciò uno sguardo inquisitore ma non ebbe tempo di ribattere perchè Marghe entrò in cucina, con la madre al seguito:“C’è mamma!” annunciò con un finto entusiasmo che lasciava trapelare un po’ di preoccupazione.
Giorgio si costrinse a sorridere: “Buona sera signora!” la salutò. “Le posso presentare Giada … una nostra cara amica!”
“Piacere Giada” disse tendendomi la mano
“Piacere mio” risposi accennando un sorriso dubbioso. “Si è fatto tardi!” esclamai lanciando uno sguardo all’ora “Forse è meglio che vada! Ti chiamo domani?” dissi rivolta a Marghe che annuì.
“Non se ne vada per colpa mia, signorina” notai Giorgio e Marghe scambiarsi un’occhiata dubbiosa. “Anzi mi farebbe piacere se ascoltasse anche lei …” Guardai Marghe che alzò le spalle spiazzata e mi limitai ad annuire. “Mi sono resa conto di aver esagerato questa mattina” si rivolse alla figlia “Ho riflettuto e non pensa valga la pena di annullare la cerimonia solo perché Guglielmo ha gestito con poca attenzione i suoi impegni lavorativi.” Tirai un silenzioso sospiro di sollievo. “Comunque credo che non dovresti arrivare all’altare da sola, se siete d’accordo …” e in quel momento spostò lo sguardo su Giorgio “mi piacerebbe molto poter essere io ad accompagnare la tua futura sposa all’altare …”
Sorrisi e devo ammettere che avevo gli occhi lucidi. “Sarebbe perfetto …” rispose Giorgio una volta  ripresosi dallo shock iniziale.
“Dici sul serio, mamma?” le chiese emozionata.
“Solo se ti fa piacere” le rispose.
“Grazie” l’abbracciò Marghe prendendola alla sprovvista, ma dopo l’imbarazzo iniziale si lasciò coinvolgere. Incrociai gli occhi di Giorgio e gli sorrisi,  era, a dir poco, incredulo. Dopo un po’ lo invitai con un cenno del capo a dire qualcosa.
“Si ferma a cena con noi?” chiese alla futura suocera.
“Solo se mi permettete di cucinare …” rispose
“Marghe dice che la sua amatriciana è la migliore!”
Gli regalò un sorriso lusingato, che gran paracarro! “Giada lei si ferma con noi?” mi chiese
“La ringrazio” le sorrisi ma è meglio che vada, il mio ragazzo mi sta aspettando …” era la prima volta che mi riferivo a Ste in quel modo e mi fece uno strano effetto. “Magari un’altra volta!”
“Mi farebbe piacere” rispose la madre di Marghe.
Annuii. “Ti accompagnò” disse Giorgio.
“Chiamami mi raccomando!” mi ricordò Marghe “E soprattutto goditi la vacanza!” mi fece l’occhiolino.
 
“Tu non c’entri niente?” chiese Giorgio quando fummo abbastanza lontani.
“Non so a cosa tu ti stia riferendo!” mentii.
“In cinque anni sua madre non è mai stata così gentile! Non trovi singolare che lo sia diventata proprio oggi, dopo che era quasi riuscita a boicottarmi?”
“Può essere che qualcuno le abbia fatto vedere il tutto sotto una diversa prospettiva …” risposi vaga.
“Grazie. Ultimamente non me lo sono proprio meritato …”
“Ma io non l’ho fatto per te! Ma per Marghe …”  Annuì. “Falle un altro paio di complimenti come cuoca e vedrai … La stendi sicuro!” lo presi in giro.
“Cammina va!” mi spintonò scherzosamente fuori dalla porta. “Salutami Ste!” disse. Quella volta fui io ad annuire.
Tre giorni, solo tre giorni e finalmente saremmo stati solo io e lui, lontani da tutto e da tutti: non stavo più nella pelle!
 
 
Ciao a tutte/i!
Forse vi starete chiedendo: cosa c’entra questo episodio con la storia?
Fidatevi: lo capirete più avanti!
Vi posso solo anticipare che vi piacerà “partecipare” a questo matrimonio …
Grazie per l’attenzione, la lettura e le recensioni … è sempre tutto molto gradito!!!

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Capitolo 30
*** 30 ***


[Stefano]
 
Giada era tornata a Milano la sera prima, non mi piaceva l’idea che guidasse da sola di notte, ma quando si metteva in testa qualcosa, nessuno riusciva a farle cambiare idea. Tre giorni e finalmente  avremmo avuto un po’ di tempo solo per noi, magari al termine di quella vacanza si sarebbe sentita pronta per  uscire definitivamente allo scoperto, non ce la facevo più ad aspettare, quei sotterfugi … ero prontissimo a rimediare un occhio nero o anche due, considerata la reazione che Andrea aveva avuto a Londra. Non mi importava ero convinto che il tempo avrebbe risolto tutto e io ero disposto a passare accanto a Giada ogni singolo giorno da lì in poi .…
Decisi di approfittare di quei giorni per fare visita ai miei e soprattutto al mio adorato nonno, sarebbe stato contento di scoprire che finalmente ero riuscito, in un certo senso, a confessare  i miei sentimenti alla ragazza di cui gli avevo parlato spesso e volentieri. 
Ero pronto per partire alla volta della Liguria quando il telefono vibrò: un sms del Ciso mi chiedeva di passare in palestra il prima possibile. Dopo cinque minuti mi ritrovai a bussare alla porta del nostro direttore sportivo. “Ste!” mi accolse con un gran sorriso “Non ti aspettavo così presto!”
“In realtà mi ha beccato per un pelo, sono in partenza …” sapevo che era una di quelle persone  a cui piaceva girare intorno alle cose.
“Perfetto!” Esclamò aprendo un cassetto e tirandone fuori una cartellina ocra. “Purtroppo la nostra stagione si è conclusa prima del previsto ma …” probabilmente notò la mia espressione “… Per farla breve, questa” disse allungandomi la cartelletta “contiene la nostra nuova proposta per te”
“Nuova proposta?” era un po’ presto, in fondo, avevo un contratto in scadenza al termine della stagione successiva. Con un gesto del capo mi invitò a visionare il contenuto. “Un quadriennale?” chiesi stupito.
“Questa, sarà un’estate di cambiamenti per la squadra, ma tutti vogliamo che tu sia uno dei cardini da cui ripartire”
“Grazie” ero lusingato.
“Ovviamente non mi aspetto che tu mi dia una risposta ora … Leggilo, riflettici e, per qualsiasi cosa, Ennio” l’avvocato della società “è a tua disposizione”
“Lo farò!” risposi anche se non avevo molto a cui pensare, amavo la città e la tifoseria e sapevo di essere ricambiato, me lo avevano dimostrato sempre, soprattutto nei momenti più duri.
 
Decisi di approfittare di quella deviazione per prendere un paio di cose dal mio armadietto che mi sarebbero servite per il ritiro con la nazionale. Avevo quasi finito quando la porta dello spogliatoio si aprì: Alex era davanti a me con un grosso scatolone in mano.
“Anche tu qui” commentò.
“Il Ciso voleva parlarmi e ne ho approfittato per prendere due cose al volo …”
“Michele mi ha detto che sei in partenza”
“Vado a trovare i miei” dissi e in parte era la verità. Annuì. “Tu come mai qui?” cambiai discorso.
“Svuoto l’armadietto” notai un filo di tristezza nella sua voce mentre poggiava sulla panca la scatola che aveva in mano.
“Comunque non c’è bisogno che lo svuoti del tutto” gli consigliai “D’estate non viene mai nessuno, almeno a settembre non devi riempirlo da capo”.
“Purtroppo dovrò farlo … questo non sarà più il mio armadietto …”
Lo guardai sorpreso: “Hai accettato un’altra offerta?”
“Non proprio … Diciamo che tra me e Pescara non ha funzionato!”
“Mi dispiace.” lo dissi sinceramente. Alex era un giocatore pieno di talento che chiunque avrebbe voluto nella propria squadra.
Rimanemmo un po’ un silenzio, pensai che fosse meglio lasciarlo solo e raccogliendo le mie cose lo salutai: “Ci vediamo tra qualche giorno!”
“Certo” sorrise ma non riuscì a nascondere un po’ di amarezza. Avevo già abbassato la maniglia della porta quando disse: “Ho notato che ultimamente tu e Giada passate molto tempo insieme” Mi voltai indietro, imbarazzato. “Mi fa piacere” aggiunse spiazzandomi del tutto “È bello sapere che può contare su un amico vero come te …”
Annuii e uscii da lì. E per la prima volta, non lo posso negare, tornando alla macchina, mi sentii una merda.
 
Finalmente domenica! Giada mi aspettava nel tardo pomeriggio ma mi mancava troppo, così poco prima di pranzo ero già sotto casa. Il portone era insolitamente aperto così entrai senza doverle citofonare, a maggior ragione, sarebbe stata una sorpresa. Dopo i consueti tre piani a piedi, mi ritrovai davanti alla porta dell’interno 3B, non feci neanche in tempo ad avvicinare il dito al campanello che questa si aprì.
“Sei già qui” commentò una poca entusiasta Jenny, sembrava andasse piuttosto di fretta. “Giadaaaaaa!” urlò verso l’interno.
Giada uscì dalla sua stanza sembrava un po’ irritata, incontrando il mio sguardo sorrise: “Sei in anticipo!” commentò divertita.
Stavo per risponderle ma Jenny mi interruppe: “Se va beh, io me ne vado! Divertitivi, anzi … No!” poi mi superò e sbattè la porta alle mie spalle.
“Vedo che le sono sempre molto simpatico …” commentai, mi dispiaceva molto perché sapevo che non erano solo semplici coinquiline.
“Lasciala stare! Prima o poi le passerà” rispose salutandomi con un bacio. “Cosa ci fai già qui! Pensavo dovessimo partire stasera?”
“Infatti, ma nonno non ne poteva più di me …” dissi tenendola stretta tra le braccia.
“Ma non mi dire …”  amavo come l’ironia colorava la sua espressione.
“Sono sicuro che troveremo un modo per occupare il tempo” la rassicurai baciandola di nuovo.
“Ne sono certa” commentò prendendomi per mano e trascinandomi nella sua stanza. Sembrava che li dentro fosse scoppiata una bomba. “Devo ancora finire di fare la valigia  e poi” si avvicinò alla scrivania “Lo vedi questo?” chiese mostrandomi un libro dal titolo poco rassicurante: Manuale di diritto commerciale. Annuii. “Il mio programma prevedeva che facessi due capitoli prima del tuo arrivo quindi …”
“Stai scherzando?” sapevo che era una domanda retorica.
“Mai stata così seria a meno che … Tu non voglia che questo …” agitò il libro “… parta con noi!”
“Te l’ho già detto che sei perfida?” domandai con il sorriso sulla labbra.
“Sempre” sussurrò avvicinando di nuovo le sue labbra alle mie.
“E sentiamo: io nel frattempo cosa dovrei fare?”
“Vediamo” si finse pensierosa “sono sicura che sul comodino, troverai un libro che ti piacerà tantissimo!”
Mi voltai: lei odiava Dan Brown. “Per caso mi stavi aspettando?” chiesi divertito.
“Effettivamente, secondo i miei calcoli, sei in ritardo di …” controllò l’orologio “tre quarti d’ora!”sorrise ma aggiunse :“Mi stavo iniziando a preoccupare …” sapevo che non stava scherzando, Giada aveva mille sfumature e molte erano determinate dalle sue insicurezze. La baciai con tenerezza: mai e per nessuna ragione al mondo le avrei dato modo di dubitare di me.
 
 
[Giada]
 
Fare una valigia non era mai stato così facile, praticamente aveva scelto tutto Stefano, anche se, mentre era distratto, avevo aggiunto una piccola sorpresa: un consiglio di Marghe, a dire il vero …
Pensavo che non sarei riuscita a studiare molto, quasi nulla ad essere sincera, invece dopo aver mangiato un panino al volo, mentre lui sdraiato a letto leggeva il suo libro, mi sono messa sui libri con ottimi risultati; la cosa mi stupì perché con A… perché prima non ero mai riuscita a concentrarmi sapendo di esser osservata, ma con Ste era tutto diverso. Jenny avrebbe giudicato quella scena come uno dei tanti motivi per cui stavo facendo una cazzata, per me invece era l’ennesima conferma: quando ero con lui, ero Giada. Punto. E Giada passava ore sui libri mordicchiando una indifesa matita, era forse innaturale mostrargli anche quella parte di me?
Mancavano tre misere righe al termine di quel pomeriggio di studio, quando sentii le labbra di Stefano sul mio collo, lasciato scoperto dai capelli raccolti in una disordinata crocchia. “Tempo …. Scaduto” sussurrò tra un bacio e l’altro. 
Sorrisi e affondando la mano tra suoi capelli lo lasciai fare, poi girai il volto verso il suo e tra le sue labbra sussurrai: “Ancora due minuti …” non per altro, mi divertivo a tenerlo sulle spine o forse mi piaceva sentirmi desiderata … Onestamente non saprei.
“Non ci penso neanche …” rispose tirando indietro la mia sedia, in modo da potermi baciare con più facilità.
Non opposi molta resistenza, il suo dannato profumo mi aveva convinto facilmente ma … il campanello suonò. Mi allontanai dalle sue labbra: “Probabilmente Jenny si è dimenticata le chiavi!” dissi non sarebbe stata la prima né l’ultima volta. “Se vai ad aprire, io finisco il capitolo e poi …” lo baciai “ti pentirai di avermi provocata …” proposi.
“Lo vedremo” rispose uscendo dalla stanza.
 
Avevo appena chiuso il libro, quando sentii  una voce, che avrei riconosciuto ovunque, dire: “E TU CHE CAZZO CI FAI QUI?”
Mi alzai incredula: non poteva essere vero, non questa volta. Uscii dalla stanza, le gambe pesanti e lui era lì sulla soglia di casa mia. Ancora una volta il suo sguardo rimbalzò confuso da Stefano a me, ma questa volta non era solo sorpreso, era anche incazzato nero: lo conoscevo troppo bene per non accorgermene.

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Capitolo 31
*** 31 ***


[Giada]
 
“Che sorpresa!” esclamai fingendomi entusiasta. “Come mai qui?”aggiunsi come se non ci fosse nulla di strano nel fatto che Ste fosse lì. Purtroppo anche lui mi conosceva bene …
“Dimmi che non è quello che penso!” scandì con attenzione ogni parola. Non risposi subito. “Perché a me sembra proprio un déjà vu!”  sapevo esattamente a cosa si stava riferendo. “Sto aspettando?” disse.
“Forse …” provò a parlare Stefano.
“Non sto parlando con te!” lo zittì malamente. “Anzi ti conviene allontanarti dalla mia vista, immediatamente!” non lo avevo mai sentito parlare in quel modo, soprattutto ad un amico. Stefano incrociò le braccia al petto, chiaramente non aveva alcuna intenzione di andarsene. “Allora mi vuoi dire che cazzo sta succedendo?” si rivolse a me con più durezza.
“Abbassa i toni” lo redarguì Stefano provocando uno dei suoi sorrisi sghembi, ma in questo caso non era un buon segno.
“Ti avevo avvertito” rispose prendendolo per la maglia e buttandolo letteralmente fuori di casa.
“Michele” gli urlai dietro, ma gli aveva già sbattuto la porta in faccia.
“Davvero?” domandò ironico voltandosi di nuovo verso di me, che lo guardavo sconvolta. “Tu e Stefano: davvero?”
“Sì davvero!” risposi nel mio tono non c’era un minimo di indecisione.
“Assurdo! Ti sei forse bevuta il cervello? Hai la minima idea di quello che succederà quando …” sapevo dove voleva andare a parare, ma ero piuttosto sicura che mio fratello avrebbe capito, prima o poi. “… Alex lo verrà a sapere?”
Lo guardai allibita:“E che cazzo c’entra adesso Alex?” chiesi alzando leggermente la voce.
“Stai scherzando?” Mi stava guardando come se fossi una completa pazza.
Scossi il capo. “Non è una cosa che lo riguarda!”
“Ma ti senti? Non lo riguarda! Ti sei forse dimenticata: non solo erano amici, ma soprattutto sono  compagni di squadra! Da quando sei diventata così egoista?”
“Egoista, io?” non potevo credere alle mie orecchie. Michele annuì. “Tu non puoi venire qui e sputare sentenze senza neanche conoscere come sono andate le cose!”
“È troppo vecchio per te!” esclamò all’improvviso spiazzandomi completamente.
 “Ha la tua stessa età!”
“Appunto!”
“Davvero? Non mi sembra che l’età fosse un problema quando eri tu a portarti a letto le mie amiche” gli ricordai, il tono avvelenato.
“Era diverso!” Sorrisi ironica, la solita storia sessista. “Tu non sei così Giada!”
“Ma così come?” Evitò di rispondere.
 Rimanemmo in silenzio per alcuni minuti, riacquistata un po’ di lucidità cominciai: “Miche, vorrei solo riuscire a farti capire che …”
Scosse il capo. “Questa volta non sarò dalla tua parte, Giada. Pensavo che non sarebbe mai successo, ma questa volta non riuscirai a convincermi. Alex non si merita questo, sta già uno schifo, questo lo, lo …” non riuscì a finire la frase.
“È la mia vita …” gli dissi.
“Hai ragione, è la tua vita e sei libera di fare quello che ti pare, ma non chiedermi di appoggiarti.”
Ci fu un altro lungo silenzio, poi ripresi la parola: “Che farai?” la domanda mi sembrava necessaria.
“Niente. Non voglio essere io quello che lo ferirà più di quanto non sia già!” Scossi il capo risentita, dov’era il mio cosiddetto fratello acquisito quando ero io a stare uno straccio?  “Fingerò di non essere mai stato qui, non voglio saperne niente di questa cosa con Ste!”
“Relazione” lo corressi “Abbiamo una relazione”
“Come ti pare …” Ancora un lungo silenzio. “Comunque ero venuto per darti un’esclusiva” sorrise cercando di alleggerire l’atmosfera
“Cosa …”
“Volevo fossi la prima a saperlo: sto andando in Spagna per firmare il contratto con il Barcellona!”
Boccheggiai come un pesce prima di riuscire a proferire parola: “Perché? Pensavo che ….”
“Quest’anno sono successe tante cose che non sai …” Lo guardai confusa. “Niente di cui tu ti debba preoccupare …” mi rassicurò.
“Sei sicuro che sia la scelta giusta?” chiesi
“Sì, mi farà bene! Chissà magari in Spagna incontrerò la donna della mia vita!” scherzò.
“Ne dubito”cercai di ironizzare ma quella notizia mi aveva intristito. La Spagna non era poi così lontana, ma in quel momento mi sembrava distante anni luce.
Michele se ne accorse e si avvicinò per abbracciarmi, non me l’aspettavo visto quello che ci eravamo appena detti. “Tra noi non cambierà niente, schiocchina!” mi rimproverò bonariamente.
“Non è vero.” lo contraddissi, entrambi sapevamo che non mi riferivo alla Spagna.
“Supereremo anche questa c.s.a, non condividere alcune tue scelte, non implica che ti voglia meno bene, capito?”Annuii. “Ciao Giadina” mi salutò con un bacio sulla fronte. Gli sorrisi.
Fece due passi, poi si voltò di nuovo verso di me: “Mi prometti una cosa?” chiese. Lo guardai confusa. “È tutto un gran casino, almeno promettimi che qualsiasi scelta tu faccia da qui in avanti, sarà dettata solo dal tuo cuore. Non m’importa se andrai avanti o tornerai indietro, ma giurami che non ti fermerai a pensare, che ascolterai solo quello che ti dice il cuore, solo così non potrai sbagliare …”
“Lo sto facendo” ed era la verità, con Stefano avevo sempre seguito l’istinto, se mi fossi fermata anche solo un attimo a pensarci tra noi non sarebbe mai cominciata e sarebbe stato un vero peccato perché lui era fantastico e mi faceva stare veramente bene.
Michele annuì poco convinto, poi uscì dall’appartamento. In fondo, poteva andare peggio: non era dalla mia parte, ma non mi aveva neanche voltato le spalle. Forse aveva ragione, avremmo superato anche quella.
 
 
[Stefano]
 
La reazione di Michele mi aveva del tutto spiazzato, non mi aspettavo certo una pacca sulla spalla, ma neanche che la prendesse così, insomma ci conoscevamo da un sacco ormai, eravamo stati persino coinquilini …. Diamine eravamo amici, potevo capire che fosse sorpreso ma arrivare a tanto? A sbattermi fuori in quel modo? No, quello non me lo ero neanche lontanamente immaginato.
Rimasi un po’ sul pianerottolo, tentai un paio di volte di aprire la porta, ma senza ottenere il risultato sperato. Non riuscendo a sentire o a capire cosa stesse succedendo all’interno, decisi di scendere a prendere un po’ d’aria e cominciai a fare avanti e indietro sul marciapiede, quando la gente iniziò a guardarmi male decisi di salire in macchina ad aspettare. Non potevo fare altro che aspettare.
 
Il tempo sembrava scorrere lentissimo, continuavo a guardare l’orologio senza intravedere nessuno all’orizzonte. All’improvviso sentii bussare sul finestrino: era Michele. Tirai giù il finestrino, non per altro, se avessi aperto la portiera l’avrei preso in pieno.
“Una bastardata del genere da te non me la sarei mai aspettata!”
“Se mi lasciassi spiegare …”
Scosse il capo e mi interruppe: “Io e te, abbiamo chiuso. Non ti spacco la faccia solo per non togliere ad Alex il piacere di farlo personalmente” sorrise, evidentemente il pensiero lo divertiva.
Non mi diede il tempo di rispondere, mi voltò le spalle e se ne andò. Scesi dalla macchina avrei ancora potuto raggiungerlo, ma onestamente in quel momento mi interessava solo sapere come stava Giada; feci le scale di corsa trovai la porta socchiusa ed entrai, era seduta in cucina le dita che tamburellavano sul tavolo, sentendo la porta chiudersi alzò lo sguardo e mi sorrise timidamente, arrestando il movimento delle dita.
“Come è andata?” le chiesi.
“Dice che ne vuole restare fuori, alla fine non mi sembrava troppo arrabbiato.”
La cosa non mi sorprese affatto, era tipico di Michele; aveva sviluppato nei suoi confronti la sindrome del fratello maggiore, ma a differenza di Andrea, che a volte la incolpava più del necessario, Michele non ce la faceva proprio a tenerle il muso, che se la prendesse pure con me, avevo le spalle larghe.
“Vi siete incrociati?” mi chiese.
“Come hai detto tu: ne vuole rimanere fuori!” mentii  me la sarei sbrigata io con lui, l’importante era che non se la fosse presa con lei.
“Mi dispiace” commentò gli occhi improvvisamente lucidi.
“Ohi” le presi il viso tra le mani “Non è successo niente di grave!”
“Non possiamo andare avanti così …”  Panico. “Tutto questo mistero, queste mezze verità: basta! So che è stata una idea mia, ma …” cosa stava cercando di dirmi? “Devo parlare con mio fratello …” Sorrisi decisamente più  rilassato. “Che c’è?” se ne accorse.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” mi guardò senza capire. “Quindi adesso è ufficiale?” le chiesi. “O devo mettermi in ginocchio o cose simili?”
Scoppiò a ridere: “Sei un idiota!” disse colpendomi sul braccio. Era bellissima quando sorrideva in quel modo. “Gli parlo non appena torniamo da …”
“No” la corressi “Lo faremo insieme”  poi la baciai. Stava succedendo davvero?
 
 
 

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Capitolo 32
*** 32 ***


[Giada]
 
Quando mi aveva parlato di un agriturismo, nella mia totale ignoranza, avevo pensato ad un rustico casolare immerso nel verde e qualche cavallo, non mi sarei mai immaginata un complesso del genere: la nostra stanza era un appartamento quasi più grande di quello dove vivevo a Milano, c’erano una piscina, un ristorante dove si mangiava divinamente, un maneggio enorme, campi da tennis e persino un centro benessere con tanto di sauna e idromassaggio! Il tutto immerso nel verde e nel silenzio, in poche parole: un sogno.  Era tutto perfetto, o forse lo eravamo noi due insieme: svegliarsi abbracciati, fare colazione con calma senza dover sgattaiolare via o correre da un’altra parte, passeggiare nel verde mano nella mano o in bicicletta, rilassarci nell’idromassaggio, cenare a lume di candela e addormentarci abbracciati per due notti di fila. Viversi senza doversi preoccupare di ogni sguardo, di ogni sorriso, di ogni singola parola, nessuno che mettesse bocca nella mia vita, nessuno a cui dover dare spiegazioni; Jenny e le sue frecciatine, Michele e la sua disapprovazione, mio fratello e lo spettro della sua reazione erano così distanti che mi sembrava di vivere la vita di un’altra. Almeno per qualche giorno c’eravamo solo noi, mi piaceva pensarci come un noi: non più Giada e Stefano, due pianeti separati che ruotano nella stessa direzione, ma noi, come se fossimo un nuovo piccolo universo però … Sbaglio o nella vita c’è sempre un però? Non ero sicura di quello che provavo per lui, ero più che convinta fosse amore, ma nella vita si possono amare tante persone in tanti modi diversi: la mia famiglia, alcuni dei miei amici più cari, quello che provavo per loro poteva essere definito amore, non a caso gli anglosassoni usano il verbo To love (amare) per esprimere i sentimenti che li legano alle persone veramente care. La vera domanda era: mi stavo innamorando di Ste? E in quel momento, io, la risposta non la capivo ancora.
 
Firenze non era molto distante da dove alloggiavamo, così il mercoledì decidemmo di farci un salto. Ci credete che non l’aveva mai visitata? Era stato in quella città un centinaio di volte e l’unica cosa che aveva visto era il palazzetto, io, invece, la conoscevo bene, con Andrea avevamo vissuto lì durante il mio secondo anno di liceo. Di quelle in cui avevamo abitato era la mia preferita: Verona ero troppo piccola per poterla apprezzare veramente; Roma era bellissima ma viverci era un gran casino e poi non avevo bei ricordi dell’anno passato lì; con Milano avevo un rapporto ambiguo, a quella città erano legati i ricordi più brutti della mia infanzia e negli ultimi anni era diventata una condanna, quando mi teneva lontana dalle persone che amavo, ma anche un alibi, quando volevo stare lontana dalle persone che amavo. Londra e Pescara, erano ovviamente fuori concorso, la prima perché, in fondo, chi è che non vorrebbe viverci? E la seconda era casa mia, ma oggettivamente non poteva reggere il confronto con il fascino di Firenze.
Il nostro tour, su richiesta di Ste, fu più che altro un giro turistico nel mio passato: il palazzo dove avevo vissuto con mio fratello, il liceo che avevo frequentato, gli indicai persino il punto esatto del cortile in cui, l’ultimo giorno di scuola, che io sapevo esserlo per davvero, mentre ci prendevamo a gavettoni scivolai su una pozza d’acqua finendo faccia a terra e culo all’aria davanti a tutto l’istituto, quante risate …  lo portai dove facevamo i panini più buoni al mondo, con cui ogni mercoledì, io e alcune mie compagne, pranzavamo sedute su una panchina e ci aggiornavamo sui nostri problemi di cuore. Firenze per me rappresentava soprattutto quello: le prime uscite con le amiche la sera, la prima sbronza, le litigate per il coprifuoco, il primo bacio, ma non potevo dimenticare la maestosità del Duomo con la cupola del Brunelleschi, il Battistero e Piazza della Signoria, attraversando Ponte Vecchio gli raccontai di come, ogni volta che passavo di lì con mio fratello, lo punzecchiassi affinché comprasse un anello di fidanzamento per Mara e di quanto lui si arrabbiasse: “Non devi pensare a queste cose!” mi rimproverava sempre, come se non sapessimo già come sarebbe andata a finire … Al tramonto lo portai a Piazzale Michelangelo da dove osservammo la città baciata dall’ultimo sole di giornata; quante volte, un panino in mano, io e le mie amiche, fantasticando sul nostro primo bacio, concordavamo su quanto sarebbe stato romantico un contesto del genere, alla fine dovemmo rassegnarci alla verità che certe cose accadono solo nei film, però non ci eravamo sbagliate… essere lì, mano nella mano con il mio ragazzo, baciarlo e sorridere, mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo a quando, seppur negandolo, credevo nel principe azzurro e nell’amore come una cosa semplice e bella. Purtroppo, nella vita reale le cose funzionano diversamente, sapevo che non potevo tornare ad essere come ero un tempo, perché il passato non si dimentica, lascia dei segni indelebili, al massimo si supera, accettando quello che di bello e brutto ci ha lasciato. Nonostante fossi consapevole di tutto quello che negli anni mi aveva portato ad essere molto diversa dalla ragazzina che sognava con le amiche, c’era un’altra domanda a cui dovevo rispondere: il mio passato era passato realmente? Quel giorno, tra le braccia di Stefano, Firenze ai nostri piedi, la mia testa urlava: sì.
 
La mattina dopo mi svegliai con una strana sensazione, una sorta di presentimento, come quando, organizzata con gli amici la prima grigliata dell’anno, la mattina ti svegli con la sensazione che pioverà e nonostante il sole brilli in cielo e qualsiasi previsione ti smentisca prontamente, non riesci proprio a levartela di dosso e alla fine, quando i tuoi amici ti hanno già  preso abbondantemente in giro e tu cominci a pensare di avere torto, ecco che la pioggia arriva.
Quella mattina non gli diedi peso anzi,  ben presto, me ne dimenticai; il programma della giornata prevedeva una scampagnata organizzata dall’agriturismo che si sarebbe conclusa con un tour della loro azienda agricola, quando abbiamo scoperto che gli uomini, solo loro, il perché mi sfugge, avrebbero anche potuto provare a mungere una mucca, non ho avuto alcun dubbio: potevo forse perdere un’occasione del genere, l’avrei preso in giro a vita! Ovviamente lui lo sapeva ma era stranamente sicuro che sarei dovuta essere io a pagare pegno, chissà poi perché …
A colazione incrociammo una giovane coppia, probabilmente arrivata la sera prima, occhio e croce gli diedi l’età di Stefano e, ma questo lo scoprii, solo il giorno dopo, non mi ero sbagliata. Lì per lì ci scambiammo un educato cenno di saluto e niente più, ma durante la passeggiata, a cui partecipavano anche loro, fu naturale scambiare quattro chiacchiere, anche perché ad Edoardo non era sfuggito chi fosse Stefano. Era insolito che venisse riconosciuto per strada, era un giocatore diciamo famoso ma in Italia se non giochi a calcio difficilmente viene considerato, anche con mio fratello mi era successo poche volte, non che gli dispiacesse, entrambi, fuori dal campo, non amavano stare al centro dell’attenzione, ma Edo era un appassionato di basket e un fedelissimo della squadra della sua città. Come inizio non prometteva niente di buono, considerato che era stato il Pescara ad eliminare Roma nei quarti, però quando  Edoardo confessò di aver seguito l’estate precedente la nazionale a Londra e di aver pianto come un bambino dopo la semifinale vinta contro gli USA, lui e Stefano trovarono un punto d’incontro e cominciarono a fare strani discorsi tecnici, che sia io che Isabella trovammo abbastanza noiosi. Proprio parlando con Isa scoprii che erano sposati da pochi mesi e non so bene come venne fuori, ma capimmo anche di aver frequentato lo stesso liceo, mi sorpresi di quanto fosse piccolo il mondo.  Arrivati a destinazione io e Isabella scoprimmo con disappunto che non ci sarebbe stata nessuna mucca da mungere, evidentemente anche lei come me non voleva perdersi la possibilità più unica che rara di vedere il marito alle prese con una mucca.
 Fu una giornata divertente, loro erano veramente simpaticissimi: Isa era una che la buttava molto sul ridere, era una alla mano che non si formalizzava troppo, un po’ come me. Per me era una novità conoscere una coppia in coppia, ma fu molto bello e poi Stefano si comportava in maniera fantastica: disponibile, simpatico e arguto, mi sentii fortunata ad aver a fianco un uomo così, probabilmente non me lo meritavo neanche …
Dopo aver passato una serata a ridere come matti tutti e quattro insieme, mi addormentai serenamente, il presentimento di quella mattina era solo un lontano ricordo.
 
Il venerdì mattina mi svegliai di buon umore, però mi dispiaceva che il giorno dopo saremmo già dovuti ripartire, più che altro perchè ci saremmo dovuto dividere di nuovo: non potevo scendere a Pescara prima di martedì, lunedì avevo un incontro con il professore per l’ok definitivo alla mia tesi, dovevo portarmi dietro tutte le cose per il matrimonio  e poi c’era quella tradizione con Jenny … Probabilmente visto come andava tra di noi ultimamente, non l’avremmo rispettata ma la prima domenica dopo la fine delle lezioni, passavamo tutta la sera sul divano con un vaschetta di gelato tirando le somme di quell’anno passato insieme e ridevamo, ridevamo tanto. Quello che più mi dispiaceva era che quella poteva essere davvero l’ultima volta, c’era la possibilità che l’anno dopo non saremmo più state coinquiline: io avrei proseguito i miei studi a Milano, lei stava già pensando di trasferirsi a Roma e il fatto che Gian avesse trovato lavoro lì, non giocava  a mio favore … forse e per la prima volta, si era innamorata davvero.
Comunque non volevo farmi rovinare l’ultimo giorno da quei tristi pensieri, ma risultò un po’ complicato decidere cosa fare: Stefano voleva provare ad andare a cavallo ma io non ero molto dell’idea, da piccola avevo avuto una brutta esperienza con un pony per cui non avevo alcuna intenzione di montare a cavallo e poi, considerata la mia goffaggine, non volevo rischiare di tornare a casa con un braccio rotto, perchè Marghe mi avrebbe spezzato l’altro con le sue mani, visto che le avevo promesso di aiutarla con i tavoli, le bomboniere, il vestito e soprattutto che avrei guidato io fino a Roma; infatti le nozze si sarebbero celebrate proprio nella Capitale dove Marghe e Giorgio si erano conosciuti e avevano vissuto fino all’inizio dell’ultima stagione quando si erano trasferiti a Pescara. Ma tornando a noi … io insistevo perché Ste andasse lo stesso, io sarei rimasta in piscina a prendere un po’ di sole, che di certo male non mi avrebbe fatto, ma a lui dispiaceva lasciarmi sola e a me dispiaceva che lui non andasse per colpa mia, insomma non riuscivamo a venirne a capo, per fortuna incontrammo Edo e Isa e scoprimmo che loro avevano il nostro stesso problema, così noi donne proponemmo un compromesso: avremmo passato la mattinata insieme e nel pomeriggio loro sarebbero andati a cavallo, mentre noi saremmo rimaste a bordo piscina a rilassarci.
Quel pomeriggio imparai una cosa: metti due donne, una piscina e una caraffa di thé freddo e loro finiranno sempre a parlare d’amore.
 
“State insieme da molto?” mi chiese ad un tratto Isa
“Sono due mesi la settimana prossima” le dissi
“Ma dai?” sembrava positivamente colpita. “Siete molto complici”
Quel commento mi strappò un sorriso: “In realtà ci conosciamo da un bel po’, ma all’inizio i cinque anni di differenza pesavano parecchio”
“Hai ventidue anni?” mi chiese sorpresa. La guardai confusa come faceva a saperlo. “Non sono una stalker tranquilla, è che Edo mi ha fatto una testa tanta con la nazionale di basket, che ho imparato a memoria le schede di quasi tutti i giocatori! E siccome abbiamo la stessa data di nascita mi è rimasto impresso …” le sorrisi rassicurante. “Pensavo avessi la nostra età, senza offesa eh?”
“Tranquilla, in realtà lo prendo come un complimento. Voi da quanto state insieme?”
“Dal 16 giugno” rispose persa nei ricordi.
“Di quale anno?” scherzai ci avevano detto di essersi sposati il primo gennaio allo scoccare della mezzanotte.
“Dell’anno scorso” rispose come se fosse ovvio, si erano sposati dopo solo sei mesi? Probabilmente si accorse della mia perplessità. “É una storia lunga, non ti vorrei annoiare …”
“Io adoro le storie d’amore …”
“Allora mettiti comoda!” esclamò con un sorriso. “Era il primo giorno di liceo, io e la mia migliore amica eravamo capitate in classe insieme e avevamo passato l’estate a programmare il piano perfetto per accaparrarci due banchi in ultima fila. Purtroppo o per fortuna, non so mai quale dei due usare, la vigilia del giorno tanto atteso la mia amica fu ricoverata d’urgenza per appendicite, ma io non mi lasciai abbattere e portai a termine il piano: avevamo l’ultima fila! Dieci minuti dopo il suono della campanella, la classe era silenziosa e un po’ intimorita dalla prof di lettere seduta alla cattedra: Morgana, era il suo soprannome  non so se ti dice qualcosa?” Annuii, era stata anche la mia professoressa, una vera strega. “Comunque, in quel momento Edo entrò in classe, era ripetente e abbastanza strafottente, non si scusò neppure con la prof., che poi scoprii essere la causa della sua bocciatura. C’erano solo due posti vuoti quello accanto a me e uno in prima fila, accanto a Balestri, che al primo sguardo si era già aggiudicato il titolo di secchione.  Ovviamente dopo si poteva sedere?” Annuii divertita “Anzi non gli sembrava vero di aver trovato un banco in ultima fila senza doverlo fregare a qualcuno,  io avrei voluto dirgli qualcosa ma un ragazzo così bello, così vicino, non l’avevo mai avuto.” Le sorrisi, la capivo gli occhi li avevo anch’io e Edoardo non era niente male. “Così diventammo compagni di banco, però lui non aveva capito con chi aveva a che fare, non avrebbe avuto vita facile con me solo perché ci sapeva fare, non gli avrei passato le risposte dei test o i compiti e così, piano piano siamo diventati migliori amici anche se …” si bloccò come se la cosa la imbarazzasse.
“Eri innamorata di lui”
Annuì. “Ma lui non mi vedeva proprio, era circondato da ragazze più grandi e molto più belle di me, ero diventata la sua confidente. Fummo compagni di banco per tutto il liceo, ci diplomammo insieme senza grossi patemi, Edo non era stupido aveva solo bisogno che qualcuno glielo ricordasse ed io ero lì, ogni volta che se lo dimenticava … Finito il liceo io continuai gli studi iscrivendomi a Lingue, lui ha trovato lavoro in un piccolo studio contabile, ha fatto la gavetta e adesso ha una buona posizione … Con l’università mi si è aperto un mondo e anche i ragazzi cominciavano a farsi avanti, al liceo nessuno osava avvicinarmi perché avevano tutti paura di Edo, anche se non ne capivo bene il motivo, comunque abbiamo continuato a frequentarci,non senza difficoltà, i nostri stili di vita erano logicamente diversi. Al terzo anno decisi di partire con l’Erasmus  e scelsi  Berlino, per mantenermi facevo la cassiera in un supermarket e lì conobbi  Peter; una volta laureata ho trovato lavoro come interprete, lì a Berlino e siamo andati a vivere insieme. Lui e Edo non si sono mai piaciuti,forse perchè nonostante la distanza Edoardo rimaneva  la prima persona che chiamavo ogni volta che avevo un problema, dopo tre anni Peter mi chiese di sposarlo ed io accettai,  pensavo davvero fosse l’uomo della mia vita.” si fermò per prendere fiato poi riprese:  “Quando l’ho detto a Edo l’ha presa malissimo, abbiamo litigato di brutto e pensare che volevo chiedergli di farmi da testimone, era il mio migliore amico e poi lui stava da cinque anni con un’ochetta bionda, perché veniva a farmi la predica? Non ci siamo rivolti la parola per mesi, comunque non so neanche il perché gli ho mandato la partecipazione, avevamo deciso di sposarci a Roma, mi sembrava un modo per cercare di riallacciare i rapporti, ma lui non si è degnato neanche di rispondermi.” Ero totalmente assorbita dal suo racconto. “Alla fine il 16 giugno arrivò ed io ero pronta per sposarmi con un uomo gentile, premuroso, che mi amava, mi rispettava e mi dava stabilità: cosa potevo chiedere di più?” la capivo fin troppo bene. “Hai presente nei film, la frase: se qualcuno ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre?” Annuii sorridendo credevo di aver capito dove sarebbe andata a parare. “Da ragazzina sognavo che la dicessero, così ho chiesto al prete di inserirla perché a quanto pare non si usa più molto, ma a me sembrava carino …” Cominciò a ridacchiare emozionata: “il prete pronuncia quella frase ed Edo entra in chiesa e dice: avrei qualcosa da ridire al riguardo!”
“Non ci credo!” le dissi
“Ti giuro non ci credevo neanche io … percorre la navata e s’inginocchia davanti  a me, poi tira fuori un anello e mi chiede di sposarlo!”
“E tu cosa hai fatto?”
“Gli ho detto testuali parole, giuro:  Cambia fornitore!”. Scoppiai a ridere. “Poi gli ho voltato le spalle e ho chiesto al prete, leggermente confuso, di proseguire,con la mia migliore amica che continuava a chiedermi: Isa cosa stai facendo, sei completamente impazzita? Il prete continuò e con la coda dell’occhio vidi Edo che si alzava e usciva a testa bassa dalla chiesa. La cerimonia andava avanti mai io non sentivo una parola, Anna, la mia testimone, aveva ragione, cosa stavo facendo? Nessuno riesce a farmi incazzare quanto lui, nessun riesce a farmi ridere o a migliorarmi la giornata con un sorriso come lui. Biascicai un mi dispiace mi sfilai l’anello e corsi fuori, ti giuro che mi sento ancora un merda per essere andata così avanti, sono consapevole che è crudele dopo quasi quattro anni mollare il tuo compagno sull’altare … non fu difficile trovare Edo, mi bastò entrare nel primo bar, scaricava sempre la tensione giocando a freccette, quando mi videro entrare vestita da sposa, gli altri clienti mi guardarono perplessi, ma non ci badai lui era di spalle, non stava lanciando gran che bene. Le prime parole che gli ho detto sono state: “Sei un cretino!” l’espressione sul suo volto quando si è girato, credo che non la dimenticherò mai: aveva dentro tante di quelle emozioni, continuai dicendogli: … Ma sei il mio cretino” Sorrisi sentendo quella frase, così simile a quella che usava spesso Marghe. “Da lì non abbiamo passato un giorno separati, sono tornata a Roma, siamo subito andati a vivere insieme e il primo dell’anno ci siamo sposati. È stata una cosa semplice, noi e due testimoni …”
“Wow! È …” non avevo parole.
“Assurdo?” mi chiese “Non saresti la prima a pensarlo”
“Sì, ma l’amore non lo è forse?” le chiesi. “Hai avuto coraggio, io non penso che ci sarei riuscita!”
“Non so se sono stata coraggiosa, so che mi sarei dovuta fermare prima per tutti i motivi per cui stavo sposando Peter, non si meritava che lo trattassi in quel modo e giustamente mi odia. So che può sembrare folle ma non credo che se l’avessi sposato sarei stata infelice perché in un certo senso lo amavo, però non sarei neanche stata felice. Con Edo è diverso, è …” non riusciva a trovare le parole.
“… frustrante ma indispensabile?” l’aiutai “Non sai mai se vuoi prenderlo a schiaffi o baciarlo?Con un sorriso riesce a farti dimenticare perché sei incazzata con lui?” le chiesi.
“Esatto!” s’illuminò.  “Anche per te e Ste è così?”
“No” ammisi “però conoscevo una coppia come voi …”
“E com’è finita?” mi chiese. Io a quella domanda, non sapevo proprio come rispondere ma dovevo avere una risposta. “Giada? Tutto bene? Sei diventata pallida …”
Mi riscossi  “scusa, dicevamo?”
“la coppia di amici …”
“Ah, giusto … lei l’ha lasciato, ma non chiedermi il perché. In questo momento non me lo ricordo …”
“Beh, mi dispiace … Ma tu sei fortunata …” la guardai senza capire. “Si vede lontano un miglio che Stefano è innamorato perso!”
Quel commento mi sorprese, avrei dovuto esserne contenta e allora cos’era quella stretta alla bocca dello stomaco?
 

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Capitolo 33
*** 33 ***


[Giada]
 
Era una bellissima giornata, camminavo tenendomi stretta al braccio di Andrea, terrorizzata dall’idea di inciampare nell’orlo del mio lungo abito bianco e di finire lunga distesa davanti a tutti gli invitati. Come il mio fratellone aveva promesso arrivai all’altare sana e salva, mi sollevò il velo e dopo avermi dato un bacio sulla fronte, posò la mia mano in quella di Stefano, bellissimo e sorridente nel suo abito nero. Sorrisi emozionata mentre lasciavo il bouquet nelle mani di Michele che lo prese con la buffa espressione su cui avevamo sempre scherzato ...
“Io, Stefano, accolgo te Giada, come mia sposa. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.” Con gli occhi lucidi l’osservai mentre la sua mano emozionata infilava la fede al mio anulare.
“Io, Giada, accolgo te Stefano, come mio sposo. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita” presi la fede dal cuscinetto e con mano tremante l’infilai a mia volta al suo dito. Il volto rigato da lacrime di felicità, alzai lo sguardo verso il mio sposo ma … Non erano gli occhi verdi di Ste quelli che mi guardavano pieni d’amore ...
Mi svegliai di soprassalto,con il respiro corto mi tirai su a sedere. La stanza era buia, dalle finestre non filtrava neppure un filo di luce, che cavolo mi stava succedendo? Quella strana sensazione alla bocca dello stomaco non  mi aveva ancora abbandonato nonostante fossero passate ore dalla mia chiacchierata con Isa, cosa mi stava succedendo?  Sentii la mano di Ste accarezzarmi la schiena, mi voltai verso di lui, gli occhi socchiusi, la voce impastata dal sonno chiese: “Tutto bene?”
“Solo un brutto sogno” sminuii accoccolandomi accanto a lui, la testa sul suo petto. Mi circondò le spalle con il braccio e stringendomi a sé mi diede un delicato bacio tra i capelli. Era solo suggestione, mi dissi, mentre  al sicuro tra le sue braccia richiudevo gli occhi, solo suggestione …
 
Più tardi mi svegliai nervosa: perché? Perché quella sensazione non se ne era ancora andata via?Perché quel sogno? Perché adesso che stava andando tutto per il verso giusto? Perché dovevo sempre rovinare tutto? Perché? … Mentre facevo le valigie tutti questi quesiti mi ronzavano per la testa, come poteva il racconto di Isa avermi turbato a tal punto, la loro era la storia di due amici che si erano sempre amati e avevano solo paura di dirlo ad alta voce, come  me e Ste? O forse erano la dimostrazione che in alcuni casi l’amore vero non è una lunga crociera in mare aperto ma un giro infinito sulle montagne russe? Isa aveva capito che nonostante tutte le difficoltà e i litigi, Edo era l’unico che poteva renderla veramente felice, così come Marghe e Mara lo erano a bordo della loro nave da crociera nonostante le giornate di mare grosso, ed io? Mi accorsi che in quei mesi passati ad analizzarmi e pormi mille domande non mi ero mai chiesta: cosa ti renderebbe davvero felice, Giada? La testa diceva che quegli ultimi giorni lo ero stata, il cuore che avevo sempre avuto paura delle montagne russe … sorrisi, la risposta non era forse la stessa? Era deciso: anch’io ero una ragazza da crociera!
“Tutto bene?” chiese Ste abbracciandomi da dietro. “È da ieri sera che sei strana, è successo qualcosa con Isa?” aggiunse tra un bacetto sul collo e l’altro.
Non gli sfuggiva niente, che idiota ero stata a pensare che non fosse giusto ... “Niente” sorrisi girando il collo per guardarlo negli occhi. "Sono un po' triste… come faccio a stare tre giorni senza di te?” chiesi candidamente.
Mi squadrò un attimo, non lo avevo convinto. “È per Andrea? Se hai cambiato idea …”
“No” l'idea di continuare a nasconderci non mi aveva sfiorato minimamente. "Voglio che lo sappiano tutti!" Ne ero fermamente convinta, le crociere non erano forse viaggi molto lunghi?
"Tutti ma proprio tutti?" chiese un po’ titubante. Era ovvio si riferisse ad Alex.
Mi girai del tutto verso di lui, circondai il suo collo con le braccia e guardandolo dritto negli occhi dissi: "Proprio tutti" Alex era il passato, poi lo baciai a lungo ... Il mio stomaco poteva dire quello che voleva, non l'avrei di certo ascoltato ...
 
Arrivammo a Milano in tarda serata, avevamo fatto un sacco di soste durante il viaggio, la verità era che entrambi non volevamo separarci e così avevamo rimediato un'altra notte insieme. Pensavo che i dubbi, probabilmente legittimi, del mattino fossero completamente alle spalle:io e Ste insieme eravamo una forza, questo non lo poteva negare nessuno; purtroppo mi sbagliavo perché il sogno si ripropose in tutti i suoi particolari. Spalancai gli occhi spaventata, ma anche quella volta, vedendo Stefano dormire al mio fianco, mi tranquillizzai, era solo suggestione, mi ripetei di nuovo, solo suggestione.
 
[Stefano]
 
Avevamo passato dei giorni bellissimi, ogni mattino svegliandomi con Giada al mio fianco faticavo a credere che stesse succedendo davvero, ma era così: era tutto vero! Avevamo una complicità che non pensavo fosse possibile ottenere ed era tutto così spontaneo e naturale, ero felice, eravamo felici lo sentivo, lo vedevo nei suoi occhi. L’incontro con Isa e Edo era stato una benedizione, rapportarci per la prima volta con un’altra coppia, mi aveva tolto ogni paura: poteva funzionare davvero; poi quando durante la  gita a cavallo senza le ragazze, scoprii che la loro storia era molto simile alla nostra capii che quell’incontro era  davvero un segno del destino: la dimostrazione che è frequente nascondere un amore dietro l’amicizia ma che alla fine il lieto fine arriva sempre … Però Giada mi sembrava strana, che avesse cambiato idea? Magari era spaventata dalla reazione di suo fratello, ma mi ribadì di voler uscire allo scoperto e fu molto convincente.
Dopo una settimana vissuta al suo fianco ventiquattro ore su ventiquattro l’idea di non vederci anche solo per pochi giorni non mi piaceva per niente, ma la domenica mattina dopo essermi fermato da lei a Milano per la notte, ripartii presto: non per altro, non volevo rischiare di incontrare Jenny e di farle discutere per l’ennesima volta, sapevo quanto ci tenesse Giada a quella loro serata.
Non senza difficoltà me ne andai: “Ci vediamo martedì” le dissi dopo un lungo e bellissimo bacio sulla porta di casa.
“Chiama quando arrivi!” mi urlò, quando ero già a metà scala,facendomi sorridere.
Ero pronto a litigare con il mondo intero, pronto a qualsiasi reazione di Andrea, pronto per il pugno di Alex,
qualsiasi cosa se il risultato sarebbe stato averla al mio fianco … Lo so, ero completamente andato, ma chi al mio posto non lo sarebbe stato, come si fa non essere innamorati di Giada?
 
[Giada]
 
Stefano se ne era andato presto quella domenica mattina, sapevo che lo aveva fatto per non rovinarmi la serata con Jenny, sapeva che saremmo tornati sabato ed era ovvio che aveva dormito fuori per evitare di incontrarci … Comunque fu tutto inutile, Jenny non si fece vedere, passai la giornata a preparare i documenti per l’incontro con il prof, a fare lavatrici, a rifare la valigia con le tutte le cose che mi sarebbero servite per il matrimonio e alle undici ero già a letto, abbastanza distrutta. Una volta toccato il letto, eccoci di nuovo: le ore passate a guardare il soffitto senza riuscire a prendere sonno, la testa piena di così tanti pensieri da non riuscire a isolarne neanche uno. Mi addormentai poco dopo l’una, ma sarebbe stato meglio non farlo perché per la terza notte di fila quell’incubo tornò a tormentarmi con una sola enorme differenza: Andrea e Michele non era più al mio fianco, ero completamente sola mentre percorrevo la navata, sola quando mi voltavo verso il mio testimone, eppure sembravo felice mentre pronunciavo a Stefano le mie promesse e allora perché quando alzavo lo sguardo c’erano sempre quegli occhi color nocciola ad aspettarmi …
Aprii gli occhi e mi girai dall’altra parte, il letto vuoto al mio fianco non mi aiutò, richiusi gli occhi e dopo un po’ riuscii a riaddormentarmi: mi ritrovai a Piazzale Michelangelo ad osservare me e Stefano abbracciati che osservavamo Firenze, la pace che provavo stretta tra le sue braccia mi invase … Mi ritrovai su una spiaggia, poco più distante un’altra me ed Alex erano seduti sulla sabbia, percepii il battito accelerato del mio cuore mentre lui mi legava al polso il nostro bracciale. Mi agitai nel letto … Mi vidi mentre sedevo al solito bar con Marghe, mi avvicinai per ascoltare le mie parole: “Sono così serena Marghe, finalmente ho trovato il mio equilibrio, quando sono con lui mi sento al sicuro, protetta ed è una sensazione nuova per me, strana, considerato che non ho mai voluto fare affidamento su qualcuno che non fossi io” Mi rilassai pensando a Stefano ma in quel momento Jenny comparve al tavolo al posto di Marghe “Sei ancora innamorata di lui!” urlò esasperata alla Giada seduta di fronte a lei, mentre io scuotevo il capo con violenza, poi la scena cambiò: no, quello no mi ritrovai a pensare ma non riuscii a svegliarmi … Mi guardai mentre facevo avanti indietro per il bagno, Jenny era seduta sul wc le gambe attaccate al petto e mi osservava: “E se fosse positivo?”chiese incerta
Mi sentii rispondere: “Non lo so” ma io sapevo bene a cosa stava pensando veramente in quel momento: “Sei una stupida” urlai all’altra me, ma lei non mi sentii. Uscii di corsa dal bagno e mi ritrovai a bordo piscina, Isa mi stava parlando: “Un uomo gentile, premuroso, che mi amava, mi rispettava e mi dava stabilità: cosa potevo chiedere di più? Non credo che se l’avessi sposato sarei stata infelice perché in un certo senso lo amavo, però non sarei neanche stata felice.” Non volevo ascoltarla un minuto di più, corsi via ma andai a sbattere contro qualcuno: Michele. “Non m’importa se andrai avanti o tornerai indietro, ma giurami che non ti fermerai a pensare, che ascolterai solo quello che ti dice il cuore, solo così non potrai sbagliare …” mi disse, mi liberai dalla sua stretta e corsi via, ritrovandomi su un vialetto che conoscevo bene: “Giada” mi sentii chiamare, Mara era sulla porta di casa: “A scherzare con il fuoco va a finire che ci si brucia” mi disse.
Su quelle parole mi svegliai di nuovo, le lacrime agli occhi, guardai l’ora: erano le quattro; mi alzai e andai direttamente al freezer da cui tirai fuori la vaschetta di gelato che avevo comprato nella speranza che Jenny si facesse viva, vi affondai il cucchiaio mentre mi sedevo al tavolo della cucina: ero completamente uscita fuori di testa, tra me e Stefano andava tutto bene, lui era tutto quello che avevo sempre sognato perché dovevo rovinare tutto! Perché?
“Non riesci a dormire?” Jenny era comparsa in cucina.
Alzai le spalle, mentre si sedeva di fronte a me: “Non me sono dimenticata” disse. Accennai un sorriso e le porsi un cucchiaio, senza rendermene conto ne avevo presi due. “Come è andata la vacanza?” chiese
“Come se t’interessasse!”  le risposi scocciata.
“M’interessa Giada, io non voglio che tu … Non me ne frega niente se stai con Alex, Stefano o Superman” Riuscì a strapparmi un sorriso: “Voglio solo assicurarmi che tu sia felice … ma l’ultima volta che ti ho trovato a mangiare gelato alle quattro di notte non lo eri … Che è successo?”
“Non lo so. Ho  un gran casino in testa“
“Tu pensi troppo amica mia … te lo dico da sempre” Annuii.
Restammo in silenzio a mangiare un po’ di gelato. “Ti ricordi i primi mesi di convivenza?” mi chiese ad un tratto.
“Quando pensavi che fossi un’insopportabile so tutto io?”
“E tu pensavi che io fossi una zoccola?” Sorrisi, non avevamo proprio cominciato con il piede giusto. “Poi tu mi hai aiutato ad uscire da una situazione poco piacevole e abbiamo capito che potevamo abbassare le corazze ed essere amiche …”  Annuii di nuovo … “Anche se tu a volte sei un’insopportabile su tutto io e io sono un po’ zoccola!”
Sorrisi. “Chi l’avrebbe detto!?” quella volta fu lei ad annuire.
“C’è una cosa che ti ho sempre invidiato, Giada...”
 La guardai sorpresa.“Mio fratello?” scherzai
“Quello è risaputo!” sorrise. “Nonostante  i tuoi sforzi per negarlo, tu hai sempre creduto nell’amore. Altrimenti non avresti ignorato tutti i ragazzi che ti ho presentato!” la guardai dubbiosa “Quello che voglio dire è che passare una notte di sesso senza pensieri non ti è mai interessato, tu volevi metterci il cuore e io non capivo il perché, visto che sapevi bene cosa volesse dire averlo spezzato … Sai quando l’ho capito?”
“No” ammisi.
“Ti ricordi quando ho  conosciuto Alex, per la prima volta?” ovviamente. “Mi avevi parlato di lui così tanto che praticamente sapevo tutto, ma ci fu una cosa che comunque mi sorprese.”
“Cosa?” non riuscivo a capirla.
“Il modo in cui ti guardava, nessuno mi aveva mai guardata in quel modo.”
“Come?” chiesi
Sorrise. “Come se fossi l’unica al mondo, come se non vedesse altro oltre a te.” Non sapevo cosa dirle e tutto questo non mi aiutava comunque. “Sai perché mi sono arrabbiata quando ho visto Stefano?” Scossi il capo. “Perché lui ti guarda nello stesso identico modo, Giada.” Decisamente non mi era d’aiuto. “Ormai credo di conoscerti e ho paura che ti sia buttata in una relazione senza aver ancora chiuso davvero quella precedente e se così fosse non vorrei che ne uscissi distrutta un’altra volta, perché sarebbe troppo tardi per rimediare …”
Non risposi. “Anche Gian ti guarda in quel modo” le dissi all’improvviso.
“Lo spero, mi sa questa volta è quella buona!” mi confidò.
“Chi l’avrebbe mai detto: la piccola Je innamorata!”
“Già!” scoppiammo a ridere riappropriandoci della leggerezza tipica dei momenti passati insieme. Parlammo per ore dimenticandoci che il sole stava per sorgere; in quelle ore capii che avrei perso una coinquilina, ma che l’amica, quella no,non l’avrei mai persa.
 
Martedì arrivò in fretta, Ste  venne a prendermi alla stazione, mi era mancata la sua presenza più di qualsiasi altra volta, lo strinsi forte a me, avevo bisogno di sentire che tutto sarebbe andato per il verso giusto: ero pronta a parlare con mio fratello, era la cosa più sensata da fare. Dalla stazione andammo direttamente a casa mia e Mara ci disse che Andrea non c’era e che sarebbe tornato solo il giorno dopo per la cena che Michele aveva organizzato al Dragone Rosso a cui come disse Mara: “Siete invitati tutti e due! Michele deve fare un qualche annuncio!” poi Mia si svegliò e lei uscì dalla stanza lasciandoci soli.
“Un giorno in più non cambia molto” disse Stefano in risposta alla mia faccia alquanto demoralizzata.
“Hai ragione! Glielo diciamo domani dopo la cena!” Mai che le cose andassero per il verso giusto, però!
“Giada” urlò Mara dall’altra stanza: “Marghe ha detto di chiamarla appena arrivavi!” Lanciai a Stefano un’occhiata curiosa mentre facevo partire la chiamata.
“Giada!” esclamò piena di entusiasmo “ C’è un piccolo cambio di programma: partiamo per Roma giovedì mattina!”
“Giovedì?” le chiesi stupita, Ste mi lanciò un’occhiata interrogativa.
“Mamma ha detto che io, te, Mara e la bambina possiamo stare da lei, i ragazzi vengono venerdì con calma! Ci credi sembra quasi che mamma sia felice per il matrimonio, mi ha dato un sacco di consigli!” era davvero felice ed io per lei.
“È fantasistico Marghe!” Appena chiusa la telefonata chiesi a Ste: “Perché mi sono offerta di aiutare Marghe con il matrimonio?”
“Perché è una tua amica?” mi rispose. “Cosa succede giovedì?”
“Partiamo per  Roma” dissi con poco entusiasmo “Quasi quasi era meglio che non parlassi con quella testa dura di sua madre!” Ste sapeva tutto quello che era successo nella  giornata di follia di Marghe.
“Hai fatto la cosa giusta e lo sai anche tu!” So che aveva ragione, ma come facevo a dire a mio fratello di noi e partire subito la mattina dopo, non era fattibile! Andrea avrebbe avuto bisogno di smaltire la notizia, non potevo mica gettare il sasso e poi nascondere la mano!
“Forse dovremmo sfruttare il matrimonio a nostro vantaggio” disse Ste, come se mi stesse leggendo nel pensiero, lo guardai senza capire. “Potremmo usarlo come la nostra prima uscita ufficiale”
“Così Marghe mi ammazza per averle rovinato il matrimonio?” non poteva parlare sul serio.
“Pensaci: Andrea non farebbe mai nulla per rovinare un giorno così importante, parlarne a mente fredda potrebbe essere un vantaggio” su questo poteva anche avere ragione ma si dimenticava un particolare, alto due metri … “Michele lo sa già quindi …” lasciò la frase in sospeso. Quindi avrebbe evitato che Alex lo prendesse a pugni davanti a tutti gli invitanti, anche su questo non c’erano dubbi.  “Che dici?” forse era la soluzione migliore, lasciar parlare i fatti.
“Mi hai convinto!” gli sorrisi e lo baciai.
“Mara è di là!” mi ricordò divertito tra le mie labbra.
“E allora?” continuai a baciarlo.
 
[Stefano]
 
Non vedevo Michele da quando ci eravamo scontrati a casa di Giada, speravo che non gli fosse venuta in mente qualche strana idea e che quell’annuncio di cui aveva parlato Mara riguardasse la sua decisione di giocare in Spagna, come mi aveva detto Giada. Arrivai al Dragone Rosso e incontrai Giorgio e Mara nel parcheggio, da quando Giada lo aveva aiutato con la questione del matrimonio Giorgio era decisamente più propenso a capire la nostra relazione, forse gli era chiaro che non stavo facendo tutto per una ragazzina come mi aveva accusato subito dopo aver scoperto di noi.
Raggiungemmo gli altri all’entrata del locale, Giada mi strizzò l’occhio: non ci eravamo visti per tutto il giorno, Marghe l’aveva trascinata da una parte all’altra per il matrimonio, non vedevo l’ora che arrivasse sabato. Dopo dieci minuti di chiacchiere, Michele arrivò: “Ci siete tutti!” esclamò “Allora possiamo entrare!”
“Alex non viene?” chiese Giorgio. A dire il vero anch’io pensavo che ci sarebbe stato, con la coda dell’occhio non potei fare a meno di spiare la reazione di Giada.
“È in America dai suoi genitori!” spiegò Michele. “Tornerà giusto in tempo per il matrimonio” disse lanciandomi un’occhiata di sfida.
La cena corse via liscia come al solito tra risate e aneddoti, nonostante Michele avesse cercato di metterci in imbarazzo facendo in modo che ci sedessimo vicino; mi faceva sorridere come riuscisse a mascherare la sua freddezza nei confronti di Giada e soprattutto nei miei dietro battute che agli altri sembravano innocue.
Il momento del dolce fu anche il momento dei discorsi: Michele battè il coltello sul bicchiere per richiamare l’attenzione di tutti, poi parlò: “Avrei un annuncio da farvi” ci zittimmo tutti. “Come ben sapete il mio contratto è in scadenza …” tirai un sospiro di sollievo, per il momento nessuna sorpresa. “La società mi ha proposto il rinnovo ma io ho deciso di cominciare un’altra avventura …” sentii la mano di Giada cercare la mia e stringerla, sapevo che l’idea che Michele andasse in Spagna non le piaceva affatto. “Per farla breve ho firmato un biennale con il Barcellona!”
“Cosa?” chiese Mara. “Quando?” Era abbastanza sorpresa.
“La scorsa settimana! Come sorellona non sei felice di liberarti di me?” le rispose con un sorriso. “E tu Giadina non fare quella faccia triste, per te non è una novità!”
“Tu lo sapevi?” chiese Mara. Giada annuì.
“Direi che ci vuole un brindisi” intervenne Andrea ma anche lui sembrava sorpreso.
Brindammo a Michele e alla sua nuova avventura, poi Andrea si schiarì la voce e disse: “In realtà anche noi dovremmo dirvi una cosa” Mara gli lanciò un’occhiata della serie:non mi sembra proprio il caso, ma lui continuò: “Come sapete anche il mio contratto è in scadenza …” non potevano essere questi i cambiamenti a cui si riferiva il Ciso e poi Giada non mi aveva parlato di … quando la sentii stringere la mia mano con più forza capii che lei non aveva la più pallida idea di quello che stava per dire suo fratello.
 
[Giada]
 
“… diciamo che mi sono preso un po’ di tempo per riflettere su alcune proposte, la società ha fatto le sue scelte e …” fece una piccola pausa, guardandomi disse: “L’anno prossimo non saremo più a Pescara!”
“Stai scherzando?” commentai senza neanche rendermene conto. Quella era la nostra casa, lui non poteva semplicemente prendere ed andarsene come aveva sempre fatto, non funzionava così.
“No” mi disse “E poi tu sei sempre a Milano!” non poteva parlare sul serio.
“Dove?” chiesi, notai che Mara gli fece segno di no con la testa. Non poteva aver già firmato un contratto senza averne parlato prima con me.
“In Slovenia” mi crollò il mondo addosso. Aprii bocca ma non ne uscì nulla.
“Non sarà mica la squadra di papà?” chiese Michele, sembrava divertito.
“Sì.” Sapevo che uno dei grandi sogni di Andrea, ancora prima di conoscere Mara, era quello di giocare per suo padre, ma …
“Fatemi ricapitolare” se ne uscì Giorgio: “Uno se va in Spagna, l’altro in Slovenia, mentre io resto qua con Stefano?” l’atmosfera si alleggerì, ma non per me, come aveva potuto ... “Mi spiegate come faccio a disintegrare Modena l’anno prossimo?” Non aveva scelto una città a caso, sapevo che Alex avrebbe giocato lì me lo aveva detto Ste.
“Non lo sai?” gli chiese Michele, Mara mi guardava con una faccia stranamente preoccupata.
“Sapere cosa?” rispose Giorgio.
“Alex ha ricevuto la chiamata!”
“Miseriaccia!” fu il commentò di Giorgio e anche Stefano sembrava sorpreso.
“Cosa vuol dire? Ha scoperto una vocazione religiosa?” chiese Marghe, che come me non ci aveva capito nulla.
“In un certo senso” le spiegò con dolcezza il fidanzato: “a quanto pare Alex giocherà in N.B.A!”
N.B.A=America. Questa semplice equazione occupò tutta la mia mente, mentre la morsa allo stomaco che non mi aveva più abbandonato  da quel pomeriggio passato con Isa si fece ancora più stringente.
Marghe disse qualcosa ma onestamente non la sentii, ma sentii mio fratello dire: “… non cambierà niente!”
Il peso di quello bugia divenne insostenibile, lasciai andare la mano di Stefano e mi alzai, sentivo le lacrime bruciarmi agli angoli degli occhi: come poteva dire una cosa del genere, Spagna, Slovenia, America … mi stavano lasciando sola.
“Giadaaaa! Non fare così” sentii mio fratello chiamarmi ma non mi voltai, avevo bisogno d’aria.
 
 
[Stefano]
 
Avrei dovuto seguirla ma rimasi seduto, non solo perché Andrea mi aveva preceduto, ma perché un grosso dubbio mi aveva immobilizzato su quella sedia: il problema era Andrea o …? Non potevo fingere che si fosse alzata solo dopo aver scoperto che Alex avrebbe giocato in America.
“Glielo avevo detto che non l’avrebbe presa bene!” esclamò Mara.
“Riguardo a cosa?” le chiese il fratello “Andrea o Alex?” mi rivolse un sorrisino pronunciando quel nome, in quel momento ebbi l’istinto di cancellarglielo dalla faccia a suon di pugni.
“Non credo che a Giada interessi più quello che fa o non fa Alex” lo zittì Marghe accompagnando la frase con un’occhiata eloquente, Giada doveva averle raccontato tutto. “Vorrei vedere te se scoprissi che tuo fratello ha deciso di trasferirsi senza dirti nulla!” poi si spiegò meglio: “Anche Mara c’è rimasta secca e il vostro rapporto non può essere minimamente paragonato al loro!” mi rivolse un sorriso rassicurante, speravo proprio avesse ragione lei …
 
Dopo una decina di minuti Giada rientrò con Andrea, aveva gli occhi lucidi ma sulle labbra era comparso un timido sorriso.
 “Come va?” chiese una titubante Mara.
“Come una che l’avrebbe voluto sapere prima!” disse ma c’era qualcosa di strano nella sua voce, notai che non ero l’unico ad essere perplesso, ma Mara sembrava stranamente sollevata, poi sentii la mano di Giada stringersi di nuovo attorno alla mia e ripresi semplicemente a respirare.
 
[Giada]
 
Come ogni notte ormai, mi svegliai nel cuore della notte tormentata dal solito incubo, che da domenica si ripeteva costantemente uguale. Mi alzai e attenta a non fare rumore andai in cucina a prendere un po’ d’acqua: Che serata! Non ero arrabbiata con mio fratello per aver deciso di affrontare una nuova esperienza e capivo anche quanto fosse importante per Mara poter contare sulla vicinanza di sua madre; insomma sapevo che per loro tre era la scelta migliore e poi Andrea mi aveva promesso che la casa non l’avrebbe venduta quindi … dovevo solo abituarmi all’idea, l’anno successivo mi sarei dovuta dividere tra Milano, Barcellona, Lubiana, Roma per Jenny, Londra dove Amy e Jay mi aspettavano e Pescara dove restavano Marghe e ovviamente Stefano, la mia reazione lo aveva lasciato un po’ perplesso, me ne ero accorta: ero una pessima fidanzata, davvero pessima …
Non avevo voglia di tornare a letto, sapevo che avrei osservato il soffitto ancora per qualche ora prima di riuscire a cadere in un sonno senza sogni, così decisi di uscire in cortile e mi sedetti sul mio amato dondolo; magari anche quella volta mi avrebbe aiutato a capire qualcosa di quello che mi stava succedendo …
Rimasi ad osservare la luna per un po’ e senza pensarci mi ritrovai a chiedermi che ore fossero in America, mi presi la testa tra le mani: ”Sei proprio una stupida” sussurrai a bassa voce.
“Tutto a posto?” era la voce di Mara.
Mi voltai a guardarla: “Ti ho svegliata?” chiesi mortificata.
“No, la bambina doveva mangiare … Vederti seduta qui non è mai un buon segno” commentò sedendosi accanto a me “Non riesci a dormire?”
“Non che sia una novità!” mi guardò sorpresa. “lascia perdere .. .Ho solo un po’ di pensieri per la testa”
“Ti posso fare compagnia?” chiese. Annuii.
 
Rimanemmo sedute nella notte in silenzio, poi mi decisi a fare una domanda che in realtà mi ronzava per la testa da alcuni minuti. “Posso chiederti una cosa?” Mara annuì come al solito “Come hai fatto a sapere che Andrea era quello giusto?”
“Credo di non saperlo neanche ora!”
“Sai cosa intendo …”
Ci pensò su un attimo: “Credo di averlo capito la settimana dopo averlo lasciato!” la guardai perplessa loro non si erano mai lasciati: “Il fatto che tu non lo sappia non significa che non sia successo” mi rispose.
“Quando?”
“L’anno in cui giocava a Roma, c’era un mio compagno di università che mi faceva il filo e noi ci vedevamo pochissimo perché … beh”
“per colpa mia” dissi, mi lanciò uno sguardo di rimprovero “è la verità, non poteva venire da te perché c’ero io!”
Rinunciò a farmi cambiare idea: “Comunque non l’avevo lasciato perché ci vedevamo poco … Avevo paura. Avevo visto mia madre crescere due figli praticamente da sola, perché papà giocava o allenava da qualche parte mentre noi eravamo stabili a Verona, non ero sicura che fosse quello che volevo … “
“E poi? Cos’è successo?”
“Andrea” rispose sorridendo. Poi mi spiegò meglio: “Ha saltato un allenamento e si è presentato sotto casa mia, dicendo che non se ne sarebbe andato fin quando non fossi ritornata con lui”
“ Mio fratello ha fatto una cosa del genere?” Annuì.  “E tu?”
“Non ho resistito neanche un’ora!”
“E la paura?” le chiesi
“Sparita. Mi aveva dimostrato che per lui sarei venuta prima di qualsiasi altra cosa al mondo ... eccetto tu ovviamente” quella volta fui io a guardarla con rimprovero “è la verità! Ma a me bastava sapere che amava me più di quanto amasse il basket, come era stato a suo tempo per mia madre”
Mi fermai a riflettere lei era riuscita a tenere mio fratello lontano per quanto? Qualche giorno, io per mesi.
“Non farlo” disse come se mi stesse leggendo nel pensiero “io e te abbiamo caratteri diversi e Alex non è Andrea. Io mi sono innamorata di un ragazzo che a 19 anni ha avuto le palle di assumersi la responsabilità di una ragazzina di undici anni, Alex non sapeva neanche cosa fossero amore e responsabilità prima di conoscere te, le situazioni di partenza erano un po’ diverse …”
“Lo so che pensi che mi sono comportata da bambina …” non so perché tirai fuori quel discorso un’altra volta.
“Sì, quando sei salita sul primo aereo per Londra invece di restare e affrontare le cose, ma il resto l‘ha fatto tutto lui” la guardai senza capire. “Tutta questa situazione non ci sarebbe se lui avesse fatto la cosa più logica di questo mondo ma che tu sapevi non avrebbe mai fatto”
“Venire a Londra” le dissi.
“Credo che questa sia l’unica cosa che tu non sei mai riuscita a perdonargli: il bacio prima, Alyssa poi … Sono cose già dimenticate … Stai frequentando qualcuno, non è vero?”  mi chiese a bruciapelo
“Come ….?”
“Ti conosco bene signorina. E credo ti sapere anche …” temetti dicesse: Stefano “qual è il problema … è tutto quello che avresti sempre voluto, riesci a fidarti, ti dà sicurezza e soprattutto tante sicurezze …”
“Hai parlato con Marghe?” Mi scappò.
Sorrise “No, semplicemente negli ultimi due mesi ti ho vista tranquilla e rilassata, ma soprattutto non hai dormito quasi mai a casa” e io che pensavo di aver escogitato un metodo perfetto! “Il fatto che tu riesca a fregare Andrea non significa che …” Non c’era niente da fare, Mara mi conosceva troppo bene. “La soluzione ai tuoi dubbi è il tuo dubbio stesso, Giada”
“Chiarissimo!” le risposi ironica.
“Non puoi fingere che Alex  non ti abbia cambiata! Perché è così: ti ha cambiato forse più di quanto tu abbia cambiato lui!” Non riuscivo a capire se era un bene o un male. “Se quello che vuoi oggi è quello che volevi la scorsa estate prima di conoscerlo, allora la persona che oggi è al tuo fianco è quella giusta!” come poteva dirlo se … “L’unica cosa che tu e Alex potrete mai raggiungere insieme è un equilibrio instabile”
“Non suona bene” le dissi.
“Non suona neanche sbagliato!”  Rimasi in silenzio. “Torno a letto,vieni?”
“Resto ancora un po’” l’osservai mentre rientrava a un tratto le chiesi. “Tu lo sai, vero? Tu sai chi è?” Si voltò, mi sorrise ma non rispose.
Avevo ragione, i miei sospetti erano fondati: lei l’aveva sempre saputo.
 
 
Mi sa che mi sono lasciata prendere un po’ la mano e ho scritto troppo!!! Se c’è qualche errore chiedo scusa…
Volevo rassicurarvi che Alex tornerà presto, ma soprattutto …
per il prossimo capitolo assicuratevi di indossare  l’abito adatto perché siete tutti invitati ad un matrimonio che si prospetta alquanto interessante … ;-)
Alla prossima

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Capitolo 34
*** 34 ***


[Giada]
 
La mattina dopo il mio volto riflesso nello specchio mostrava impietosamente i segni della  notte trascorsa insonne, rimasta sola, pensai a lungo alle parole di Mara; un equilibrio instabile, aveva detto, non era forse una contraddizione? Ma tutto mi sembrava un'unica enorme contraddizione … Com’era possibile? Dopo tutti i pensieri, i discorsi con me stessa, che non facevano  altre che confermare che Stefano era la risposta a tutte le mie domande, l’uomo accanto al quale molti dei miei sogni potevano avverarsi …  In quel momento non capivo che l’unica domanda davvero importante, l’unica che avrebbe rimesso tutto a posto, era quella che avevo smesso di farmi alcuni mesi prima … E purtroppo,giorni dopo, non fui io a pormela di nuovo …
Ero sola in cortile a finire di caricare la macchina, evidentemente non solo l’abito ma anche la scatola che lo conteneva era top secret, infatti Marghe mi vietò di tirarlo fuori dal suo nascondiglio fin a quando Giorgio e Andrea non furono abbastanza lontani e posti sotto accurata sorveglianza.   
“Tutto pronto per la partenza?” avevo proprio bisogno di sentire quella voce.
Mi voltai e sorrisi a Stefano, vederlo mi faceva sempre sentire meglio, la sua presenza mi rassicurava e ancora una volta ebbi la convinzione di fare la cosa giusta: ”Quasi …” risposi avvicinandomi a lui.
Mi accarezzò la guancia: “Stai bene? Mi sembri stanca …” evidentemente i chili di fondotinta non erano serviti a nascondere le occhiaie.
“Ho dormito poco” ammisi, sembrava che per lui fossi un libro aperto.
“Come mai?” chiese leggermente preoccupato.
“Niente, Mia non aveva voglia di dormire stanotte ….” mentii. Era edificante sapere di essere arrivata ad usare mia nipote per giustificare il casino che avevo in testa, davvero edificante!
“Se sei stanca lascia guidare Marghe” si raccomandò “Ma non dire a Giorgio che l’ho detto!” aggiunse strappandomi un sorriso. Alla fine il futuro sposo aveva acconsentito a concederci la sua auto, visto che su quella di Marghe tra bagagli e seggiolino non ci saremmo mai state, aveva posto una condizione, però, che Marghe non fosse al volante … la sua fiducia nelle capacità di guida della fidanzata non era aumentata in quegli ultimi mesi!
Controllai che non ci fosse nessuno in giro e lo baciai con dolcezza, ancora pochi giorni e non ci saremmo  più dovuti preoccupare di niente: avevo maturato la malsana idea che quando si fosse saputo di noi, tutti quegli assurdi pensieri sarebbero scomparsi definitivamente e non solo quando ero al suo fianco … In fondo, non mi sbagliavo …
 
“Abbiamo preso tutto?” chiese Marghe per l’ennesima volta.
“Sì!” le ripetemmo in coro io e Mara .
 “Andate, andate …” ci incoraggiò Giorgio.
“Non fare troppo il simpatico!” lo avvisai agitandogli sotto il naso le chiavi della sua amata auto.
“Prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno!” si affrettò a rispondere provocando le nostre risate, che furono però interrotte dalla suoneria di un cellulare.
“Scusate” disse Stefano e si allontanò per rispondere, lo seguii con lo sguardo, il modo in cui gesticolava non mi piacque per nulla.
“Ho dimenticato una cosa …” fu la prima scusa che mi venne in mente. Lo raggiunsi dentro casa, volevo capire cosa stesse succedendo. Quando gli fui accanto, aveva appena chiuso la telefonata, l’espressione che aveva in viso confermò i miei sospetti: “Che succede?” chiesi.
“Nonno non sta bene” mi disse “Era l’ospedale, non ho capito bene … io devo …” indicò la porta.
“Vengo con te!” dissi senza alcun indugio
Sorrise. “No, c’è bisogno”
“Ma …” provai a ribattere
“Di sicuro non è nulla di grave, non è la prima volta. Nonno è uno tosto non lo abbatte niente!”
“Ma …” provai di nuovo.
“Devi andare con Marghe, nessuno gestisce le sue crisi isteriche meglio di te … E ce ne saranno in questi giorni” Tentai di aprire bocca ma mi bloccò di nuovo. “Non cambia niente, ci vediamo sabato,ok?”
 Annuii lentamente: “Chiamami! E stai attento …” suonò come una supplica, più che come una raccomandazione.
 “Andrà tutto bene” mi disse dandomi un bacio sulla fronte, rimasi lì a guardarlo mentre parlava con gli altri e poi andarsene di corsa … avevo un brutto presentimento.
 
Eravamo in macchina da po’, Marghe seduta al mio fianco continuava a parlare, ma non le stavo prestando ascolto, ero preoccupata per Ste: era così legato a suo nonno, se …  
“…. Giada! Dovevi girare a destra!” mi rimproverò Marghe.
“Come?” le chiesi riemergendo dai miei pensieri.
“Il cartello diceva di girare a destra!” mi ripetè.
“Quale cartello?”
“Pronto? Terra chiama Giada!” mi disse.
“Non cambia niente” intervenne Mara “Possiamo entrare alla prossima ….”
“Sentito?” finsi di sapere quello che stavo facendo.
“Sei preoccupata?” chiese Marghe dopo un lungo silenzio. Annuii. “Vedrai che andrà tutto bene” tentò di rassicurarmi.
“Speriamo …” abbozzai un sorriso, mentre dallo specchietto intravidi l’espressione incerta di Mara, che però non disse nulla. 
 
[Alex]
 
Atterrai all’aeroporto di Fiumicino sabato mattina; cambiare aria mi aveva fatto bene, soprattutto confrontarmi, per la prima volta, con mia madre riguardo tutto quello che mi stava succedendo mi aveva aiutato a capire quale fosse la cosa giusta da fare. Mamma, come Mara, mi aveva suggerito di ripartire dalla cosa che sapevo fare meglio: giocare a basket. Se fossi riuscito ad aggiustare quello tutto il resto sarebbe venuto da sé, per questo ero pieno di entusiasmo e ottimismo, mentre raggiungevo l’hotel dove avremmo soggiornato per le prime settimane di ritiro con la nazionale. Non vedevo l’ora che arrivasse lunedì per ritornare in palestra e riscattarmi, dimostrando fin da subito quale errore avesse commesso la società a scaricarmi ma soprattutto che quel posto in N.B.A me lo ero meritato e non era solo frutto del mio cognome. Probabilmente Giorgio non la pensava come me, la sua luna di miele non sarebbe durata neanche ventiquattro ore, ma come diceva sempre Marghe: era tutto preventivato …
Dopo una bella dormita per smaltire un po’ il fuso orario, mi preparai per la cerimonia che si sarebbe svolta a Villa Borghese nel tardo pomeriggio; devo ammettere che avevo sempre apprezzato i ricevimenti di nozze, non avevo molto esperienza in merito ma i pochi a cui avevo partecipato erano bastati per confermarmi che si rimorchiava facilmente. Non che al momento la cosa mi interessasse, tutta la faccenda con Alyssa era stata un grande insegnamento: con le donne avevo chiuso, almeno fino a quando avessi continuato a cercare, in ognuna, un po’ di lei …
Cosa volete che vi dica, neanche dieci giorni oltreoceano erano riusciti a farmela dimenticare, ma Giada aveva fatto la sua scelta e io l’avrei rispettata; se quello che mi aveva detto Mara era vero (e non vedevo perchè non dovesse esserlo) avrei incontrato il ragazzo che era al suo fianco ed ero pronto: non avrei commesso l’ennesimo errore, non avrei fatto nulla che potesse rovinare la giornata di Marghe e Giorgio, mi sarei comportato da persona matura, gli avrei stretto la mano e più tardi, in privato, mi sarei leccato in silenzio le ferite.
Arrivai a Villa Borghese con il giusto anticipo che mi permise di scambiare quattro chiacchiere con gli altri invitati, con piacere rincontrai quasi tutti i ragazzi con cui avevo condiviso l’esperienza olimpica, fortunatamente con molti di loro avrei condiviso anche quell’estate azzurra; non la vidi subito, arrivò pochi minuti prima dell’inizio della cerimonia, quando tutti gli invitati si erano già accomodati. L’osservai, bellissima nel suo abito blu, mentre prendeva posto accanto a Mara; Michele, seduto dietro di lei, le sussurrò qualcosa all’orecchio e in quell’esatto momento realizzai che era lì da sola.
 
[Giada]
 
Sabato arrivò in fretta, rimasi con la sposa fino a dieci minuti prima dell’inizio, come Stefano aveva predetto Marghe era agitatissima, quella mattina aveva continuato a blaterare ininterrottamente riguardo al menù, gli invitati, il caldo … ma nel momento esatto in cui indossò l’abito da sposa tutto il nervosismo passò: era il giorno del suo matrimonio ed era tutto perfetto. Appena presi posto accanto a Mara sentii Michele sussurrarmi all’orecchio: “Il principe azzurro non è riuscito a parcheggiare il cavallo bianco?”
“Almeno per oggi potresti evitare di comportarti come un emerito stronzo” risposi abbastanza innervosita.
“Da quand’è che non si può più scherzare?” mi chiese con aria innocente.
“Da quando non sei divertente!” chiusi il discorso con un’occhiataccia.
Stefano non sarebbe arrivato, suo nonno non stava ancora bene, non mi aveva detto molto in realtà … Già giovedì sera, avrei voluto raggiungerlo, ma lui continuava a ripetere che non era niente di grave, però non si poteva allontanare. “Non ti devi preoccupare” continuava a ripetermi al telefono: “Tu devi pensare a Marghe e a goderti il matrimonio anche per me … Avete lavorato tanto perché fosse tutto perfetto, non puoi mancare proprio tu! Qui è tutto sotto controllo!” mi rassicurò e alla fine mi lasciai convincere.
Quando la marcia nuziale partì, Giorgio che, fino a quel momento aveva cercato di stemperare la tensione scherzando, come suo solito, divenne improvvisamente serio; non credo di esagerare dicendo che il suo volto si illuminò quando vide Marghe, bellissima nel suo abito bianco, avanzare verso l’altare accompagnata dalla madre. Le prime lacrime cominciarono a scendere e lo scambio delle promesse mi diede il colpo di grazia, mi consolai notando di non essere l’unica visibilmente commossa.
Solo dopo aver accolto gli sposi con una pioggia di riso, lo vidi: era con Michele e si stava avvicinando, rimasi sorpresa nel vedere che non era in dolce compagnia, sapevo che aveva mollato Alyssa, ma pensavo che si sarebbe divertito a sbattermi in faccia la sua nuova conquista; non che mi interessasse, sia chiaro, poteva fare quello che voleva …
“Alex ha bisogno di un passaggio al ricevimento” annunciò Michele. “Gli ho detto che può venire con noi!”
Mio fratello accolse la notizia con piacere, io, invece, riuscivo a pensare ad una sola parola:bastardo. Michele si stava comportando da vero bastardo.
 
I quindici minuti che passammo in auto per spostarci da Villa Borghese al luogo, dove si sarebbe tenuto il ricevimento e dove avremmo trascorso la notte, furono i più lunghi della mia vita, almeno Mara mi aveva lasciato sedere davanti.  Il silenzio iniziale fu interrotto da mia cognata, Michele, che solitamente non riusciva a tenere la bocca chiusa, era troppo impegnato a ridere sotto i baffi.“Com’è andata in America, Alex?” chiese.
“Molto bene, grazie.” Fu la sua risposta. “Avevo bisogno di passare un po’ di tempo con i miei …”
A quel punto, Michele s’inserì e lo aggiornò sulle novità, rigirando il dito nella piaga che le future partenze rappresentavano, ancora, per me.
Non aprii bocca per tutto il viaggio, ero troppo impegnata a vedere Roma scorrere fuori dal finestrino o forse a tenere a bada quella maledetta morsa alla bocca dello stomaco, questo non m’impedì di percepire  i suoi occhi sul mio collo. Appena scesa da quell’auto mi dileguai … Dovevo controllare che tutto fosse a posto per l’arrivo degli sposi.
 
Il ricevimento fu molto bello, tutti sembravano divertirsi ma soprattutto Marghe era radiosa e quella era l’unica cosa che mi importava. Alex non era al mio tavolo, Marghe aveva spostato lui e Michele in un altro dall’altra parte della sala, solo per quell’accortezza si meritava un monumento.
Quando arrivò il momento dei discorsi, cominciai ad innervosirmi, tutto quelle belle parole sulla bellezza e la semplicità dell’amore mi sembrarono un’enorme presa per il culo! Mi chiedevo se ci credessero veramente o se fossero le solite frasi di circostanza, la verità era che Marghe e Giorgio, Andrea e Mara e molti altri in quella sala erano stati semplicemente fortunati, perché l’amore è un fottutissimo casino!
Gli sposi aprirono le danze sulle note della loro canzone: More than anyone  di Gavin DeGraw. Michele prese Mara a ballare e così mio fratello mi invitò per il primo ballo, fu divertente danzare con lui, mi fece tornare indietro al suo di matrimonio … Quando la musica cambiò, Michele gli riconsegnò la moglie ed ebbe la faccia tosta di chiedermi di concedergli un ballo. Non gli rivolsi la parola per tutta la canzone, sulle labbra un sorriso falsissimo, non appena finì lo piantai in mezzo alla pista  e mi andai a sedere, mi sarei eclissata volentieri ma per ovvi motivi non potevo …
 
Avevo mandato a Ste una foto mia e degli sposi con una semplice didascalia: Manchi solo tu! Ma erano passate ore e non mi aveva ancora risposto, seduta al tavolo controllai il cellulare e finalmente eccolo:
Lo sposo sembra un pinguino, Marghe è proprio sicura di aver fatto la cosa giusta?
Pensa a divertirti! Ti chiamo domani, un bacio. Mi manchi anche tu …
 
Sospirai e riportando gli occhi sulla pista pensai che anche noi dovevamo essere lì, invece … Marghe e Giorgio ballavano stretti stretti, Michele non aveva perso tempo e aveva rimorchiato una cugina della sposa, Andrea e Mara si stavano godendo la prima serata libera da quando era nata la piccola, la madre di Marghe gli aveva proposto di affidare Mia alla baby sitter che si sarebbe occupata dell’altra figlia durante tutto il ricevimento, mia cognata dopo un attento esame, aveva decretato che si trattasse di una persona affidabile, l’aveva definita un incrocio alquanto rassicurante tra Mary Poppins e la signorina Rottermeier …  Io, invece, sentivo il bisogno di un drink, avevo appena puntato il bar quando una voce alle mie spalle parlò: “Non dovresti stare qui tutta sola …”
Mi voltai verso la madre di Marghe: “È stato un bel matrimonio” le dissi.
“Devo ammettere che avevi ragione” rispose spiazzandomi leggermente: “Mia figlia è molto felice … Grazie.” Le sorrisi. “Visto che potrei essere tua madre … Permettimi di ricambiare il favore dandoti un consiglio …” la guardai sorpresa “Non dovresti stare qui tutta sola quando un giovanotto come quello non ti ha staccato gli occhi di dosso per tutta la sera!” Seguii il sguardo: Alex e chi se no?
“Credo si stia sbagliando” commentai.
Sorrise scuotendo leggermente il capo. “Cara, fidati di una che ha un po’ più di esperienza di te, quell’Alex?” mi sorprese che conoscesse il suo nome. “Ti sta letteralmente spogliando con gli occhi … ma tu fai pure come credi!” concluse prima di allontanarsi.
A quel punto avevo decisamente bisogno di un drink. Mi avvicinai al bancone del bar: “Un Manhattan!” ordinai.
Il liquido contenuto nel bicchiere che mi portò il giovane barman non era esattamente invitante e bevendone un sorso ne ebbi la conferma: era la cosa più disgustosa che avessi mai assaggiato. Mi girai verso la pista da ballo, Alex mi stava guardando, buttai giù tutto in un colpo solo e dandogli le spalle ne ordinai un altro.
 
[Alex]
 
Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso e non ero l’unico, era semplicemente stupenda ma come al solito non se ne rendeva conto. In macchina non aveva aperto bocca, sembrava distratta e tra lei e Michele doveva essere successo qualcosa perché non si erano considerati per tutta la sera, mentre di solito non perdevano occasione per punzecchiarsi amorevolmente.  Michele aveva tentato di coinvolgermi nelle sue tattiche di rimorchio, ma declinai gentilmente la sua offerta, non avevo cambiato minimamente i miei propositi e poi quella sera nessuna avrebbe potuto reggere il confronto con Giada.
Seduta al bancone del bar aveva parlato, sorriso e scherzato con molti invitati, ma da un po’ era tutta sola ed io avevo perso il conto dei bicchieri che aveva bevuto; quando mi accorsi che stava flirtando con il barista non riuscii a trattenermi: quello non era decisamente il tipo per lei.
“Come va?” dissi sedendomi accanto a lei.
“Stavo meglio prima …” rispose, mi bastò guardarla per capire che aveva bevuto troppo, ma l’alcool non le aveva annebbiato le idee riguardo a noi.
“Non credi di aver esagerato” rivolsi un occhiata eloquente a quella sottospecie di Manhattan davanti a lei.
“Dici?” rispose e provocatoriamente se lo scolò tutto d’un sorso. “Tommy?” si rivolse al barista. “Me ne fai un altro?” chiese.
“Ecco a te, dolcezza!” esclamò quella sottospecie di barman e mentre le porgeva il bicchiere le sfiorò la mano.
“Vieni!” sussurrai prendendola per un braccio “La festa è finita”
“Io con te non vengo da nessuna parte!” ribatté. Era così dannatamente testarda, avrei dovuto lasciarla nel suo brodo ma … la strattonai con delicatezza.
“Amico!” se ne uscì Tommy. “Ha detto che non vuole venire”
“Amico, ti conviene starne fuori se ci tiene al tuo bel faccino” lo minacciai.
Mi squadrò per qualche secondo, quando appurò che ero molto più grosso di lui mi diede ascolto e si levò di torno.
“Andiamo” le ripetei per l’ennesima volta, ma scosse il capo con risoluzione. “O vieni con me” le sussurrai all’orecchio: “o vado a chiamare tuo fratello” lo avrei fatto pur di non lasciare che quel tipo si approfittasse di lei.
Giada buttò giù l’ultimo bicchiere, poi sbuffando si alzò: “Sei il solito guastafeste!” mi disse “Per una volta che mi stavo divertendo …” Ero sicuro che usare Andrea avrebbe funzionato.
 Mi assicurai che nessuno si accorgesse dello stato evidente in cui fosse, ma gli sposi e suo fratello stavano ancora ballando, mentre Michele era sparito, almeno lui si sarebbe divertito quella notte …
Eravamo quasi a metà strada, quando mi chiese: “Dove stiamo andando?”
“Ti porto in camera tua” le dissi.
“Ma io non voglio andare a dormire!” scosse il capo come una bambina capricciosa “Io voglio stare alla festa!”
“La festa è finita” le comunicai arrivato davanti alla porta della sua stanza, mi era casualmente caduto l’occhio sul registro mentre Giada consegnava le chiavi agli altri ospiti.
“Bugiardo!” disse ridendo “Sento ancora la musica”
Non le diedi corda. “Dove hai le chiavi?”
“Io non lo so” rispose alzando le spalle e  appoggiando la schiena alla porta in modo da coprire la serratura.
Esasperato le presi la pochette che teneva in mano. “Ehi!” si lamentò mettendo il broncio. Ma la ignorai e cominciai a cercare la chiave, so che non si dovrebbe mai frugare nella borsa di una signora, ma a mali estremi … La trovai quasi subito: “Spostati” la invitai con gentilezza.
“Spostami!” fu la sua risposta provocatoria.
Scossi il capo divertito, lo devo ammettere, poi prendendola alla sprovvista, le cinsi la vita e avvicinando il suo corpo al mio, aprii la porta; solo dopo averla richiusa alle nostre spalle e aver acceso la luce mollai la presa. In quel momento notai che Giada mi stava guardando in modo strano, non si allontanò di un millimetro, eravamo vicini come non lo eravamo da troppi mesi ormai, non potevo certo negare l’effetto che il suo corpo, il suo profumo avevano ancora su di me.
“Te l’hanno mai detto che i tuoi occhi dovrebbero essere illegali?” sussurrò accarezzandomi la guancia.
Ignorando il brivido provocato dalla sua pelle a contatto con la mia, le bloccai la mano e l’allontanai con delicatezza:“Te l’hanno mai detto che sia completamente ubriaca?” le sorrisi.
“Io non sono ubriaca!” ribatté offesa strappandomi la sua borsetta dalla mano e buttandola sul letto. “Altrimenti …” si tolse la scarpa destra “… non riuscirei a …” con non poca difficoltà rimase in equilibrio “… fare questo!” poi sfilò anche quella sinistra e la gettò a terra. La sua dimostrazione era quasi riuscita, quando perse l’equilibrio; la presi al volo prima che cadesse in avanti. “Forse un pochino” ammise tra le mie braccia.
A un tratto diventò verde, evidentemente il suo stomaco non aveva resisto a quell’ultimo sbilanciamento: “Il bagno è di là” glielo indicai. Una mano sulla bocca, l’altra sul ventre vi corse dentro.
 
Rimasi accanto a lei fino a quando non ebbe rimesso tutto quello che aveva nello stomaco, non fu lo spettacolo migliore al mondo, ma probabilmente non aveva mai bevuto così tanto in tutta la sua vita, la verità era che i drink era abituata a servirli, non a berli. Era sfinita, non l’avevo mai vista così vulnerabile, mai …
L’alzai dal pavimento del bagno e l’aiutai a infilarsi una delle tante maxi t-shirt che usava da pigiama, poi la misi a letto. “Alex …” mi afferrò la mano, tornai verso il letto.
“Dormi” la invitai con dolcezza. “Domani mattina andrà meglio!” aggiunsi dandole un bacio sulla fronte.
“Ti amo” sussurrò mentre chiudeva gli occhi.
Sapevo che era ubriaca, sapevo che se fosse stata lucida non l’avrebbe mai detto, ma sentirselo dire era bello … ancora una volta, era tutto.

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Capitolo 35
*** 35 ***


[Giada]
 
Aprii leggermente gli occhi, una tenue luce filtrava dalla finestra socchiusa, ci misi un po’ a ricordarmi dove fossi, mi sentivo sollevata,dopo una settimana, mi era finalmente liberata di quel maledetto peso sullo stomaco e quella era stata la prima notte senza sogni o meglio senza incubi! Però avevo la testa che scoppiava, mi tirai su a sedere e mi stropicciai gli occhi con le mani, non mi ricordavo come ero arrivata lì, in realtà l’ultima cosa che ricordavo era di essermi seduta al bancone del bar e di aver ordinato un paio di drink, che fossero stati più di un paio? Mi guardai intorno sperando che non fosse stato mio fratello ad avermi portata lì, in confronto alla sua ramanzina il mal di testa non sarebbe stato niente … fu  allora che mi accorsi di lui, era seduto su una poltroncina a lato del letto stava guardando qualcosa sul suo Iphone, mi sforzai di ricordare cosa ci facesse lì, ma non ci riuscii, avevo un martello pneumatico che mi penetrava il cervello. In quel momento alzò gli occhi verso di me e abbozzò un sorriso incerto. “Che ore sono?” chiesi la bocca impastata.
“Sono solo le cinque, dovresti dormire ancora un po’” rispose Alex.
La dolcezza che percepii nella sua voce m’infastidì: “Cosa ci fai tu qui?” chiesi con evidente acidità.
“Non ti ricordi niente, vero?”
Per un attimo mi prese il panico, mi concentrai per cercare di mettere insieme qualche pezzo: il barista, Alex che mi portava via, io che vomitavo e … nient’altro.  Oddio, ero stata davvero stata così idiota da abbassare la guardia, come potevo essere stata così stupida da ubriacarmi al matrimonio di Marghe, avevo detto o fatto qualcosa d’imbarazzante? Erano tutte domande senza risposta. “Ho la testa che scoppia …” mi giustificai. Avevo la gola che mi bruciava dalla sete così decisi di alzarmi per andare a bere un po’ d’acqua.
“Dove vai?”
Perché non mi lasciava in pace? “Ho sete” risposi seccata e mi alzai con troppa velocità, per un attimo la vista si annebbiò e tentennai.
“Hai bisogno di una mano?”
“No” risposi con decisione e ignorando la stanza che girava mi chiusi in bagno.
 
Ero un mostro. Il trucco era completamente sbavato, i capelli un vero disastro e avevo una pessima cera: i postumi della sbronza non mi donavano proprio. Mi sciacquai la faccia, il contatto con l’acqua fredda mi fece rabbrividire, osservai il mio viso nello specchio: “Che hai combinato?” chiesi sottovoce al mio riflesso. Presi un respiro profondo e cercai di riprendere il controllo della situazione: mi ero ubriacata  (gesto molto stupido da parte mia), Alex mi aveva riaccompagnata in camera prima che qualcuno se ne accorgesse …  avevo rimesso tutta la cena (che cosa imbarazzante!) e mi ero addormentata, il fatto che lui fosse sulla poltrona implicava che non era successo niente di compromettente. Tirai un sospiro di sollievo e mi sciacquai di nuovo il viso, dopo aver bevuto un sorso d’acqua del rubinetto, mi asciugai il volto, lasciando sulla salvietta evidenti tracce di trucco. Mi sedetti sul bordo della vasca, le pareti giravano intorno a me, qualcosa nella mia mente mi supplicava di non uscire di lì … Dopo un po’ sentii bussare alla porta …
 
 
[Alex]
 
Era chiusa in bagno e da più di dieci minuti, ormai, non dava segni di vita, temette si fosse sentita male di nuovo così bussai leggermente alla porta, non ottenendo alcuna risposta abbassai la maniglia: “Posso?” chiesi timoroso.
Mi guardò ma non disse nulla, era seduta sul bordo della vasca si era raccolta i capelli, per lei era una questione di comodità ma io, non saprei neanche spiegarne il motivo, ci avevo sempre letto molto sensualità in quel semplice gesto.
“Ti senti bene?” domandai di nuovo.
“Perché?” fu la sua risposta, sapevo a cosa si riferiva
“Non volevo facessi qualcosa di veramente stupido”
Sorrise ironica. “E a te cosa importa?” Non caddi in quella provocazione, non avrei litigato con lei, non in quelle condizioni. “Cosa ci fai  ancora qui?”
“Voglio solo assicurarmi che tu stia bene, volevo esserci in caso avessi avuto bisogno” la guardai negli occhi con intensità, non riuscendo a sostenere il mio sguardo spostò gli occhi altrove, verso un  punto indefinito sul muro.
Dopo un attimo di silenzio che mi parve interminabile, si alzò non senza qualche incertezza: “Torno a dormire” disse superandomi e rimettendosi sotto le coperte.
La guardai mentre camminava scalza verso il letto indeciso sul da farsi, poi tornai a sedermi al posto di prima; lo so che avevo detto che avrei rispettato la sua scelta ma non potevo fingere che non avesse pronunciato quelle due parole; sicuramente le erano sfuggite, sicuramente non era suo intenzione dirle, ma ero convinto che fosse la verità, che in fondo al suo cuore Giada sapeva che i nostri sentimenti non erano cambiati, dovevo solo fare in modo che per una volte ascoltasse il suo cuore, non potevo permettere scappasse di nuovo.
Mi seguì con lo sguardo: “Cosa stai facendo?” era infastidita.
“Continuo a guardarti dormire” la mia sincerità la colpì, vidi la risposta pungente che avrebbe voluto darmi attraversare i suoi occhi e lasciare spazio al silenzio.
“Dovresti dormire un po’ anche tu” disse guardando il soffitto. Era premura quella nella sua voce? Beh, non sarebbe riuscita a mandarmi via.
“Non è necessario, non ho ancora smaltito il fuso”
“Se non vuoi andartene, puoi sempre buttarti giù qui” disse “Il letto è grande …” detto questo si voltò su un fianco dandomi le spalle. Quelle parole mi avevano leggermente spiazzato, ci mise un attimo ma alla fine il mio corpo reagì, vestito ancora di tutto punto, mi sdraiai al suo fianco sopra le lenzuola, a pancia in su un braccio dietro la testa e il viso rivolto verso Giada, gli occhi puntati nel mezzo della sua schiena: non avrei comunque chiuso occhio.
 
Sarebbe stato più semplice addormentarsi sui carboni ardenti piuttosto che in quel letto, essere così vicino a lei senza poterla toccare, abbracciare o respirare, era una tortura. Poteva essere passato un istante o un secolo quando Giada sussurrò un timido: “Dormi?”
“No” risposi affrettandomi a spostare lo sguardo verso il soffitto attraversato dai primi raggi solari.
“Posso farti una domanda?” chiese incerta. La sentii rigirarsi nel letto, si misi sull’altro fianco e mi fissò. Annuii, non potevo guardarla. “Boston è una gran bella squadra.”
Quella non era una domanda e poi … come faceva a saperlo? “Già …” commentai vago.
“Direi che le congratulazioni sono d’obbligo ...  Giocare in N.B.A è un sogno che diventa realtà.” Aggiunse.
 “Lo è …” confermai “… Comunque ho rifiutato l’offerta” lo dissi come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
“Pe .. perché?” balbettò.
Mi misi anch’io sul fianco: “Davvero hai bisogno che te lo spieghi?” sussurrai ironico, eravamo vicinissimi.
 “Tuo padre?” tentò.
Sorrisi, mi conosceva bene in fondo.  “È uno dei modi in cui vederla ….” risposi vago.
“Allora perché?” I suoi occhi erano fissi nei miei e per la prima volta dal nostro incontro in ospedale vi ritrovai un po’ di speranza.
“Sei proprio sicura di volerlo sapere?” chiesi conferma. Annuì con un impercettibile movimento della testa.
Allungai la mano verso il suo viso, mi aspettavo che si ritraesse come al solito, ma non lo fece;  la poggiai sulla sua guancia e cominciai ad accarezzarle lo zigomo con lenti e circolari movimenti del pollice, chiuse gli occhi e sorrise. Le spostai dietro l’orecchio una ciocca  ribelle che le ricadeva sul viso, poi con un solo dito  percorsi il suo profilo dal collo fino al polso, riuscii a sentire un brivido correrle sotto la pelle; lasciai un attimo i suoi occhi per osservare le mie dite intrecciarsi alle sue: “Per questo …” dissi semplicemente appoggiando la mia fronte alla sua, le nostre labbra erano vicinissime ma non sarei stato io a percorre lo spazio che le separava.
“Perché?” sussurrò
“Perché?” ripetei. Annuì lentamente. “Due parole, cinque lettere …”
Sorrise. “Ho bisogno di sentirlo …”
“Ti amo” lo dissi piano, come la prima volta sulla spiaggia, per incidere a fondo quelle semplici lettere nella sua testa, perché non lo dimenticasse mai, non ne dubitasse mai. Annullò quei pochi centimetri che separavano le nostre labbra con un movimento rapido, non avrei dovuto? No, non avrei dovuto, ma era passato tanto, troppo tempo e mi era mancata a tal punto … Ogni millimetro del mio corpo e della mia anima la desiderava, ma quando le sue dita cominciarono a slacciare i bottoni della mia camicia, un angolino buio del mio cervello mi obbligò a parlare: “Non così” dissi posando le mie mani sulle sue.
Non mi diede retta e continuò: “Zitto e baciami” sussurrò tra le mie labbra.
Quella frase riaccese la luce nel mio cervello: non era quello il momento, il modo adatto, non potevo rischiare che si pentisse, non le avrei fornito un altro errore da rinfacciarmi e poi la mia Giada non avrebbe mai reagito così. Mi sforzai di allontanare le mie labbra dalle sue: “Non così” ripetei.
Si bloccò, i suoi occhi erano confusi, per la prima volta quella notte vidi la ragazza che amavo, vidi le sue insicurezze prendere  il sopravvento mentre si ritraeva imbarazzata e mi dava le spalle. Non desideravo altro che fare l’amore con lei: sentire il suo respiro sul mio collo, il suo corpo caldo sotto il mio, vedere il suo volto deformato dal piacere, la malizia nel suo sorriso … Ma non volevo allungare la mano e non trovarla al mio risveglio, perché avrebbe fatto troppo male. L’abbracciai e lei baciai il collo, la rilassava sempre, poi  avvicinandole la bocca all’orecchio, sussurrai: “Non voglio una notte, se non posso avere tutte le notti” misi le cose in chiaro. Gli angoli della sua bocca si alzarono in un sorriso mentre chiudeva gli occhi, le diedi un altro bacio e mi rilassai. Pensavo di essere pronto per ogni eventualità: al letto vuoto, alle  litigate, alle accuse, agli schiaffi e ai baci … Pensavo di essere pronto a tutto, ma mi sbagliavo.
 
 
 [Giada]
 
La luce del giorno illuminava la stanza aprii gli occhi sorridendo, mi sentivo riposata come se avessi dormito per una settimana intera e piena di ottimismo, purtroppo quella sensazione durò poco più di un attimo … Le immagini della notte precedente tornarono a riempirmi la testa: il barista, Alex, quel bacio e … Avevo quasi tradito Stefano, io che odiavo i tradimenti avevo fatto lo stesso, perché? Ero ubriaca! No,sapevo che si trattava di una bugia, ero pienamente consapevole di quello che stavo facendo quando … sapere che mi amava, che aveva detto no all’N.B.A perché, nonostante tutto, credeva ancora in noi. Mi voltai a guardarlo dormire, ero sbagliato, era tutto completamente sbagliato … Tra me e Alex, non poteva più esserci niente, io stavo con Stefano, ero felice con Ste, lui era la persona perfetta per me, su questo non c’erano dubbi.
Mi alzai e mi vestii in fretta cercando di non fare rumore, dovevo uscire da quella stanza, allontanarmi da Alex, avevo commesso un errore,era stata solo debolezza, mi mancava Ste, mi sentivo sola e mi ero lasciata trasportare dai ricordi; Alex non era giusto per me, per un attimo le parole che mi aveva sussurrato all’orecchio prima che mi addormentassi mi tornarono in mente ma … NO!  Il mio posto era accanto a Stefano, con lui potevo costruire qualcosa, raccolsi tutte le mie cose e uscii dalla stanza. Arrivata in cortile respirai a pieni polmoni un po’ di aria fresca, sperando mi aiutasse a capire cosa dovevo fare …
All’improvviso una voce alle mie spalle disse: “Che ci fai in giro a quest’ora?”
Mara. Mi voltai, la piccolina era con lei e dormiva beata nel seggiolino.
“Mi sono svegliata presto” le sorrisi, ma non la convinsi.
“Va tutto bene?” chiese preoccupata. Annuii anche se niente andava per il verso giusto. “Ieri sei sparita!” disse.
“Ero stanca, ma vi stavate divertendo …” Notai che teneva in mano delle chiavi. “Sono le chiavi della macchina?”
“Questa peste è entrata nella fase: dormo solo se faccio il giro dell’isolato!” confermò.
“Me la presti?”
“La macchina? E a cosa ti serve?” domandò.
“Ho voglia di farmi un giro …”
“Giadaaaa, cosa è successo?”
“Per favore” la implorai, volevo solo andarmene di lì.
Mi scrutò per un tempo infinito, poi cominciò a spostare lo sguardo da me alle chiavi che aveva in mano. Alla fine si decise e me le porse. “Tanto ad Andrea non serve” Quando allungai la mano per afferrarle, le trattenne un attimo. “È proprio dietro l’angolo … ” m’informò. “Giada, non puoi continuare a fuggire dal problema” cercò di dissuadermi.
Avrei dovuto risponderle qualcosa, ma Mia cominciò a piangere e ne approfittai per darmela gambe. Accesi il motore e partii, non sapevo ancora dove andare, ma sapevo da chi mi dovevo allontanare.

[Alex]
 
Ancora prima di aprire gli occhi, allungai la mano alla mia destra, convinto di trovare il suo corpo accanto al mio, invece sentii solo le lenzuola ancora tiepide; appena spalancai gli occhi capii che se ne era andata, il suo vestito e la borsa erano spariti. Scesi dal letto: sapevo che poteva succedere anzi, era molto probabile, ma non poteva essere andata lontana. Uscii fuori e cominciai a cercarla in cortile, mi raggiunse il suono di una voce non troppa lontana e cominciai a correre in quella direzione … Mara che con in braccio la piccola Mia tentava di calmarla.
“Buongiorno!” mi salutò. “Quanti mattinieri questa mattina!”
“Hai visto Giada?” chiesi a bruciapelo.
In quel momento notò la mia camicia disordinatamente fuori dai jeans e stropicciata. “Ci avrei giurato che c’entravi qualcosa …” commentò.
“L’hai vista?” ripetei la domanda.
“Se ne è andata …”
“Dove?”
“Non lo so, io le ho solo dato le chiavi …”
“Le ha dato la macchina? Perché?” mi misi una mano tra i capelli,  come cavolo facevo: ero senza auto! “Non è che ne hai una anche per me?” tentai conoscendo già la risposta negativa, ma che alternative avevo?
Mi scrutò con attenzione: “E a cosa ti servirebbe un auto?”
Stava scherzando: “La vado cercare, le devo parlare!” esclamai.
Frugò nella tasca dei jeans e tirò fuori un portachiavi, la guardai speranzoso: “Queste sarebbero della macchina di Giorgio … Capirà …”
“Perfetto!” senza chiedere come mai ce le avesse lei, allungai la mano per prenderle ma lei le allontanò.
“Devi essere in ritiro entro le 22:00, altrimenti …” sapevo dove voleva arrivare.
“E chi se ne frega!”  le dissi “Ci penserò quando sarà il momento!”
“E Boston?” chiese.
“Modena è più accogliente!” la informai.
Sorrise e mi lanciò le chiavi. “Sai già dove andare?”
Scossi il capo. “Qualche indizio?”
“Non lo so proprio”
Sapevo che era la verità. Corsi in macchina e partii, direzione: Milano. E dove se no?
 
 

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Capitolo 36
*** 36 ***


[Alex]
 
L'ultima volta che avevo percorso quei tre piani, era l’1 gennaio ed era convinto che quel litigio si sarebbe risolto come tutti gli altri: Giada avrebbe aperto la porta e avrebbe urlato ancora un po', poi io avrei detto qualcosa di così ovvio da farle perdere il filo del discorso, lei avrebbe alzato gli occhi e avremmo passato il resto della giornata a fare l'amore. Le cose però non erano andate esattamente in quel modo: Jenny mi aveva aperto e dopo avermi comunicato con poca gentilezza che Giada era partita per Londra, mi aveva sbattuto la porta in faccia senza lasciarmi dire neanche una parola. Dopo che Michele mi aveva confermato la sua partenza, ero tornato a Pescara con la squadra o meglio con quel poco che ne rimaneva, visto che il mister ci aveva concesso due giorni liberi: io, lo staff, Paki e pochi altri, il pullman non era mai stato così vuoto. Perché non l'avevo seguita? In quel momento pensavo che lei fosse quella dalla parte del torto ed  io quello che aveva il diritto di essere arrabbiato! Era lei che aveva preferito andare a lavorare piuttosto che venire a vedermi giocare la mia prima finale con una squadra di club, ero io quello che era stato trascurato e messo in secondo piano nel mese precedente! La sua reazione era stata spropositata, tutto quel casino per un bacio? Poteva anche andarsene al diavolo, ero stufo di tutta quella pressione, mi bastava schioccare le dita e avrei avuto ai miei piedi centinaia di ragazze … Che idiota! Beh, il resto è storia ....
Risalendo di nuovo quelle scale volevo solo chiudere tutta quella faccenda: le persone che si amano devono stare insieme. Punto. Ed io e lei ci amavamo ancora, ero pronto a tutto; suonai il campanello, non l’avrei persa un’altra volta, mi avrebbe dovuto ascoltare e non avrei accettato un no come risposta.
La maniglia si abbassò, spostai il piede in avanti pronto a bloccare la porta che, ero sicuro, avrebbe tentato di sbattermi in faccia: "E tu chi cazzo sei?" chiesi al ragazzo che mi ritrovai davanti.
"Veramente, chi sei tu?" rispose quel tipo.
Lo squadrai da capo a piedi, non poteva esser lui, Mara non poteva riferirsi a quel pinguino, strinsi i pugni con un gesto automatico.
Dal'interno una voce che non faticai a riconoscere chiese: "Chi è?"
Jenny, la faccia stupita quando mi vide oltre la spalla di quel bamboccio: “Alex?” disse avvicinandosi. Gli occhi le caddero sui miei pugni stretti e subito si affrettò a dire : “Ti posso presentare Gian, il mio ragazzo"
Tutti i muscoli del mio corpo si rilassarono in un istante : “Il suo ragazzo?” chiesi a quel tipo che annuì e mi tese la mano per presentarsi mentre con l'altro braccio circondava le spalle di Jenny.
“Devo parlare con Giada” mi rivolsi a lei .
“Pensavo lo sapessi …” rispose “È a Roma per il matrimonio di Margherita e  …”
“Se ne è andata questa mattina” la interruppi.“Pensavo di trovarla qui” aggiunsi.
“Oh ...” commentò sembrava davvero sorpresa. “Posso provare a chiamarla … se vuoi?”
“Ha il telefono staccato ….” la informai. Annuì, la conoscevamo bene entrambi. “Hai idea di dove possa essere?”
“Forse è con ...” s'intromise Gian, ma Jenny gli tirò una gomitata in pieno stomaco.
“Forse non è ancora arrivata” continuò Jenny. “Noi stavamo uscendo ma se vuoi poi aspettarla qui” propose invitandomi ad entrare. Ero indeciso. “Alla fine torna sempre qui!” mi incoraggiò prendendo la borsa.
“Grazie.”  Dissi entrando.
Mi sorrise. “Andiamo” disse al suo ragazzo. “È stato un piacere rivederti, Alex.”aggiunse.
 
Gironzolai un po’ per casa, non era cambiato nulla dall'ultima volta; la porta della sua stanza era aperta dopo un attimo di esitazione vi entrai, sorrisi vedendo il disordine della sua scrivania: libri, evidenziatori colorati, quaderni e appunti, tutti un po’ ammucchiati ma non azzardatevi a farglielo notare...
L'occhio mi cadde sul comodino, dove prima c'era la papera che avevo vinto per lei quel giorno al Lunapark,  c'era una foto; sedendomi sul letto, presi in mano la cornice e l'osservai. Il ragazzo accanto a lei lo riconobbi subito, l’avevo conosciuto alle quattro del mattino, lui stava rientrando a casa mentre la stavo baciando sulla porta di casa, la notte che avevamo fatto l’amore per la prima volta; la ragazza, ci misi un po’ a riconoscerla, i suoi capelli da verdi erano diventati rossi e i piercing erano vistosamente diminuiti, ma gli occhi gentili erano sempre gli stessi: Jay ed Amy abbracciavano una Giada sorridente dietro il bancone del pub dove l'avevo conosciuta. Dovevano averla scattata durante la sua ultima visita, che fosse tornata a Londra anche quella volta?
Provai a richiamarla ma al cellulare era ancora irraggiungibile, ero sicuro che l’avrei trovata lì ma a quell’ora doveva già essere arrivata … non sapevo cosa fare; da quel che ne sapevo poteva essere ovunque: Pescara, Londra …  
Guardai l'orologio, mancavano ancora otto ore prima della scoccare del ritiro con la nazionale, decisi di tornare a Roma, sperando che l’avesse fatto anche lei ...
 
[Giada] 
 
Continuai a guidare senza sosta verso Milano, dovevo schiarirmi le idee, ma quando allo svincolo lessi il cartello Genova, mi venne naturale cambiare la mia destinazione, quello che era, o meglio non era, successo con Alex non cambiava nulla; non appena avrei rivisto Stefano tutto quello che era accaduto la notte prima sarebbe stato solo un brutto incubo, ero convinta che, anche quella volta, il suo sorriso avrebbe allontanato quei pensieri così sbagliati.
Non fu difficile capire dove potevo trovarlo, era un paese così piccolo che fu sufficiente entrare nel primo negozio e chiedere notizie del signor Giuseppe; arrivai nella clinica dove era ricoverato senza nessuna difficoltà, le indicazione erano state molto precise, purtroppo non potevo dire altrettanto della signora all’accettazione.
"Mi potrebbe dire in che stanza si trova il signor Pasini?" chiesi con estrema gentilezza dopo aver aspettato che terminasse la sua telefonata evidentemente di carattere privato.
“Lei è?”
“Un’amica di famiglia” dissi.
Mi squadrò da capo a piedi :"Se non è una parente, non posso darle questa informazione.”
“Sta scherzando?” chiesi. Scosse il capo e si mise a comporre un altro numero. “Sono la nipote!” esclamai “Ora mi può dire dove posso trovare il signor Pasini”
“Prima ha detto di essere un'amica!”
“Deve aver capito male”
“Mi dispiace” disse quella donna e si rimise a parlare al telefono dei fatti suoi.
“Ridicolo” sibilai tra i denti.
"Tu devi essere Giada" disse una vocina alle mie spalle. Mi voltai: e quella come faceva a sapere il mio nome? “Sono l’infermiera, o meglio la studentessa” si corresse “…che si occupa del signor Giuseppe” disse con un sorriso. “Suo nipote gli ha parlato molto di te.” Quella frase mi fece sentire una merda."Vieni ti accompagno da loro" mi voltai verso l'altra donna. “Non ti preoccupare…” mi rassicurò “… non ha molta voglia di lavorare”
“Grazie” sussurrai seguendola.
"Ecco" m'indicò la stanza "Stefano lo trovi sicuramente dentro, non lo ha lasciato solo per un attimo ..." Le sorrisi.
La porta della stanza era aperta, mi avvicinai; Stefano era di spalle e stava parlando con il nonno, solo il suono della sua voce mi fece sentire meglio, quando bussai leggermente con le nocche si voltò: “Posso?” chiesi con timore. Sul suo viso comparve un gran sorriso, ma quella volta non riuscì a cancellare tutto.
"Che ci fai qui?" chiese avvicinandosi a me e prendendomi la mano la baciò.  
Quel contatto mi rassicurò, ma fece anche crescere il mio senso di colpa.
Sorrisi e gli accarezzai la guancia: “Volevo vedere da quanto non dormi. Come stai?”
“Adesso meglio!” sussurrò. Che razza di stupida! Mi ero comportata come un'enorme, gigantesca idiota. “Vieni …” disse trascinandomi dietro di sè. “ Ti presento nonno.”
Mi ritrovai davanti un ottantenne dallo sguardo vispo con gli stessi occhi di Stefano, appena mi vide sorrise. “Nonno , lei è Giada” ci presentò.
"È un piacere conoscerla signorina, mio nipote non fa altro che parlare di lei!”
“Piacere mio” Sorrisi. "Come si sente?" chiesi.
"Benissimo! Oh, questi medici sono dei gran rompiscatole! Per un innocua caduta mi stanno rivoltando come un calzino e lui …" indicò il nipote "l’incoraggia anche!"
Stefano scosse la testa: “Nonno stanno solo facendo il loro lavoro!"
Con la mano gli fece segno di lasciar perdere: “Anch'io ho una sacco di lavoro da fare!" ribattè " Le piacciono le fragole, signorina?”
"Molto" risposi.
“Bene, il mio orto ne è pieno, ma io non posso occuparmene perché sono costretto qui!”
“Te l’ho detto nonno, me ne occupo io dell’orto!” gli ricordò Stefano.
“Ah, cosa ne vuoi sapere tu! Le piante sono come le belle donne bisogna prendersene molta cura altrimenti ti abbandonano... ed è risaputo che voi giovani non sapete più corteggiare una donna come si deve, figurarsi occuparvi di una pianta … Le capisce qualcosa di piante, signorina Giada?”
"Non molto" ammisi " ma del genere femminile, di quello sì!”
Nonno Giuseppe sorrise. “Mi piace come ragiona!” disse al nipote. “Vuole diventare mia nipote?”  mi chiese.
Sorrisi. “Mi piacerebbe” risposi. Io non sapevo neanche i nomi dei miei nonni, ma mi erano bastati quei pochi minuti per capire che c’era molto di quell’uomo in Stefano.
“Mi fai piacere che andiate d'accordo!” commentò fingendosi scocciato Ste che nel frattempo si era riseduto.
“Cosa le dicevo?” mi disse “Figliolo, si fanno accomodare prima le signore” lo rimproverò “Lo devo scusare … Ah quando ero giovane, io sì che sapevo come corteggiare una bella ragazza come lei!”
“Cosa vuole che le dica signor Giuseppe, non ci sono più gli uomini di una volta!” scherzai.
“Ha ragione signorina … Sa come ho conquistato la mano della mia defunta moglie?”
Scossi il capo. “Con fatica e impegno!” Sospirò “Era la ragazza più bella del paese, ma aveva una gran testa dura …”
“Nonno non avrai intenzione di raccontare ancora tutta la storia?” chiese Ste con dolcezza.
“Io la voglio sentire!” lo rimproverai con lo sguardo, strappando un sorriso al nonno.
“Allora ti conviene metterti comoda” disse prendendomi la mano e facendomi sedere sulle sue gambe.
“Facciamo progressi” commentai rivolta al nonno che sorrise.
“Hai imparato dal migliore!” mi disse e poi cominciò a raccontare la sua storia d’amore, una storia d’altri tempi e proprio per questo bellissima.
 
[Stefano]
 
Sapevo che nonno l’avrebbe adorata e vedere come Giada si comportava con lui, la dolcezza con cui si rivolgeva a lui senza neanche conoscerlo mi riempiva il cuore. Avevo sentito la storia dei miei nonni miliardi di volta ma vederla attraverso gli occhi di Giada, la rendeva in un certo senso nuova anche per me. Mi era mancata moltissimo, mi era dispiaciuto non andare al matrimonio anche perché avevamo perso un’altra occasione per dire ad Andrea di noi, ma non potevo lasciare nonno tutto solo; era caduto mentre stava lavorando nell’orto, per fortuna i ragazzini del paese che, ogni giorno passavano a trovarlo per sentire le sue mille storie, lo avevano trovato e avevano chiamato l’ambulanza, altrimenti …
Nonostante l’età godeva di ottima salute, i medici volevano indagare quali fossero le cause di quell’improvviso malore, perché come nonno aveva raccontato non si era trattato di una caduta come le altre, ma aveva perso i sensi … Se me ne fossi andato sarebbe riuscito a farsi dimettere in due nano secondi e non mi sembrava il caso considerato che,a conseguenza delle caduta, doveva sostenere un’operazione all’anca che i medici avevano rimandato per aver un quadro clinico più preciso …
“Come andiamo signor Giuseppe?” chiese Laura, la tirocinante che si occupava di nonno, era davvero molto gentile e per fortuna nonno l’aveva presa subito in simpatia.
“Starei meglio a casa mia!” borbottò.
“Ma come! E come farei io senza di lei!” Aveva capito come farselo amico. Nonno si schiarì la voce compiaciuto.  “Ci viene a fare un giro come me?” chiese.
Scosse il capo deciso. “Altri esami? No!”
“Sono sicura che questa volta si divertirà!” La guardai perplesso. “È una sorta di visita oculistica” mi spiegò. “Nessun ago, promesso” si rivolse al nonno che roteando gli occhi al cielo si arrese.
Dopo averlo messo sulla carrozzina mi disse: “Ci vorrà qualche ora, puoi anche tornare a casa per una volta!”
“Da quant’è che non torna a casa?” le chiese Giada.
“È sempre qui, mi controlla a vista!” rispose nonno.
“Non è vero!” ribattei.
“Mezz’ora al giorno” mi tradì Laura, facendo l’occhiolino a Giada.
“Andiamo a casa” mi sussurrò nell’orecchio. “Devi dormire almeno un paio d’ore su un materasso!” Non ero proprio convinto, non ero poi così stanco … “Dai …” m’incoraggiò “… Voglio vedere la famosa quercia!” se me lo diceva con quegli occhi, non potevo dirle di no.
Appena entrati a casa di nonno la baciai. “E questo per che cos’è?” chiese sorpresa.
“Non ti avevo ancora salutato come si deve” le dissi.
Sorrise e mi baciò di nuovo. “Ora vai a sdraiarti, mentre io ti preparo qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti …”
“Ma …”
“Niente ma … Fila” disse dandomi una pacca sul sedere.
La baciai di nuovo e poi eseguii gli ordini, probabilmente aveva ragione: ero davvero stanco, perché mi sembrava che in lei ci fosse qualcosa di strano.
 
[Giada]
 
Lui aveva bisogno di mangiare qualcosa ed io avevo bisogno di mettere in ordine i pensieri e cucinare mi aveva sempre aiutato a farlo, in frigorifero non c’era molto, ma qualcosa mi sarei inventata …
Quella volta i suoi abbracci non era riusciti ad allontanare i cattivi pensieri, ma forse dipendeva dal fatto che, a differenza degli incubi, le azioni suscitano sensi colpa. Stefano non se lo meritava, se Alex si fosse comportato da Alex e non mi avesse fermato , come avrei potuto ancora guardarlo in faccia? Io volevo che funzionasse, avevo sempre sognato di avere una famiglia tutta mia e in un certo senso, lì, con lui, seduta accanto a suo nonno, per un attimo mi era sembrato di avercela … Dovevo dirgli di quel bacio? Non ero forse io quella che voleva fiducia e sincerità in un rapporto, ma forse, se non era stato niente d’importante, perché ferirlo e rischiare di rovinare quello che di bello avevamo insieme?  Ripensando alla notte precedente, mi sembrava mi sfuggisse qualcosa, un piccolo particolare che però si poteva rivelare fondamentale, ma quale? Non riuscivo proprio a ricordarmelo.
Immersa in quelle considerazioni, non mi resi conta di quanto le mani avessero lavorato e del profumino invitante proveniente dai fornelli, fino a quando non sentii la voce di Stefano alle mie spalle.
“Cos’è questo buon profumino?” chiese avvicinandosi per darmi un bacio sul collo.
“Ah, sorpresa!” esclamai “Si allontani dai fornelli immediatamente" lo minacciai con il cucchiaio di legno.
Alzò le mani con un sorriso e si sedette al tavolo. “Allora non mi racconti nulla del matrimonio?”
“Non c’è molto da raccontare” mi misi subito sulla difensiva. “È stato un bel matrimonio!”
“Tutto qui? Dopo che Marghe ti ha fatto impazzire per settimane! Non ci credo, deve essere successo qualcosa di imprevisto, ai matrimoni c’è sempre qualcuno che si ubriaca e fa cose imbarazzanti!”
Non potevo certo dirgli che quel qualcuno c’è l’aveva davanti! “Tutto nella norma, Michele si è rimorchiato una cugina della sposa, Giorgio ha fatto il cretino per quasi tutto il ricevimento …. Marghe ha avuto proprio il  matrimonio che desiderava, anche sua madre l’ha ammesso!”
“Sono felice per loro” commentò.
“E gli altri invitati?” chiese.
“C’erano molti ragazzi della squadra olimpica, è stato carino rivedere loro e le loro compagne, molti hanno chiesto dove fossi e mi sono sembrati dispiaciuti ... Piaci proprio a tutti!” mi voltai e gli sorrisi: aveva una strana espressione.
 
[Stefano]
 
C’era qualcosa che non mi tornava, era troppo vaga riguardo l’argomento matrimonio; era stata troppo coinvolta per liquidarlo in due parole.
“Nient’altro?” chiesi.
Alzò le spalle. “Non direi … Ah, la sorellina di Marghe è pazza di te! Mi sa che sarai eletto baby-sitter del secolo!” scherzò.
“E Alex?” mi uscì senza rendermene conto.
“Sì, c’era anche lui … Ma lo sapevamo già, no?” aveva irrigidito le spalle, si stava innervosendo.
“Avete parlato?” sembrava un vero e proprio interrogatorio.
“Parlato” disse agitando il mestolo “Che parolone! Abbiamo scambiato giusto due parole!”
Lo sapevo: era successo qualcosa, gesticolava in quel modo quando non sapeva come fare ad uscire da una situazione imbarazzante.
“Quindi non ha fatto niente per tentare di riconquistarti?” continuai. Alex non era uno che si arrendeva facilmente. Negò mentre apriva una bottiglia di vino bianco. “Quindi si è rassegnato al fatto che tra voi è finita?” chiesi conferma.
“Direi di sì” rispose svagata, la bottiglia le cadde e se ne rovesciò addosso mezza.
Non chiedetemi da dove mi uscì quella domanda, perché non lo so neppure io, ma la feci: “Sei ancora innamorata di lui?” A volte un silenzio dice più di mille parole.
 
[Giada]
 
Eccola: la domanda che avevo smesso di pormi per paura della risposta.
Eccolo: il piccolo particolare che avevo rimosso era proprio quella risposta. Avevo detto ad Alex di amarlo, non lo avevo fatto perchè ero ubriaca, ma perchè da ubriaca aavevo lasciato parlare il cuore.
Stefano sorrise scuotendo il capo: “Lo sapevo” disse “ in fondo l'ho sempre saputo”
“Io …” tentai di dirgli qualcosa ma …
“Ci sei andata a letto?”
“No … un bacio” a quel punto era meglio dire tutta la verità. "Avevo bevuto e .... c'è stato solo un bacio!”
“Perché sei venuta qui? Anzi no, non me lo dire, non lo voglio sapere …”
Non sembrava arrabbiato, perché non sembrava arrabbiato? “Ste, io …”
Mi bloccò. “Dovresti farti una doccia” disse indicando la maglietta inzuppata di vino. “Io pulisco qui”
Annuii e mi allontanai dai fornelli.
Ero un’emerita testa di cazzo, come potevo essere ancora innamorata di un presuntuoso egocentrico, quando Stefano era la persona più gentile e buona che avessi mai incontrato.
Andai in bagno e cominciai a spogliarmi, avevo rovinato tutto: l’amicizia, le prospettive insieme...  Solo perché non riuscivo a smettere di amare quel cretino, cosa c’era che non andava nel mio cervello?
Mi infilai sotto la doccia e aprii il getto d’acqua, non feci in tempo a bagnarmi il braccio che l’acqua smise di scendere; chiusi il rubinetto e ritentai, una, due volte, ma niente.
“Ci mancava solo questo!” sussurrai uscendo dalla doccia e avvolgendomi in un asciugamano bianco che trovai nel mobiletto sotto il lavandino.
“Ste” dissi “scusa ma non scende …” Mi bloccai non appena mi accorsi che non era solo.
“Che puttana!” Due parole, dieci lettere. Un solo nome ….
 
 
 
 
 

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Capitolo 37
*** 37 ***


[Alex]
 
Avevo appena messo in moto quando il cellulare squillò, mi illusi fosse Giada ma era di Michele il nome che lampeggiava sullo schermo.
“Che c’è?” risposi.
“Si può sapere dove sei finito?” chiese il mio amico.
“Dovevo sbrigare una questione” rimasi sul vago. Mi era sembrato abbastanza contrariato quando aveva realizzato che pensavo ancora a Giada e le sue ragioni, onestamente, mi sfuggivano …
“Questa questione c’entra forse con la sparizione di Giada?” non dissi nulla. “Sei con lei?” domandò.
“Sono a Milano, ma …  Sto tornando a Roma” poi ammisi “Speravo fosse lì”
“Qui non c’è!” esclamò. In realtà non ci avevo mai creduto molto che potesse essere tornata indietro, però cosa potevo fare? Poteva essere davvero ovunque … “Ci sei ancora?” mi riportò al presente Michele.
“Sì, sì …”
“Visto che sei in zona, mi faresti un favore?” chiese
“Di che si tratta?” avevo già abbastanza cose a cui pensare.
“Dovresti passare da Stefano” mi disse.
Che razza di favore era? “Perché?” domandai leggermente stupito.
“Mi servono gli schemi” disse facendo uscire il play maker che era in lui.
“E non puoi aspettare che te li dia stasera?” anche lui era convocato.
“Mauro gli ha concesso una proroga, sai per via di suo nonno …”
“Ah, non lo sapevo … Beh fatteli mandare per mail!” dissi. Non per altro ma non ero in vena di stare in compagnia.
“Lo sai che uso ancora quel vecchio quaderno” per un attimo me ne ero dimenticato. “È solo una piccola deviazione”
“D’accordo” cedetti, in fondo con Giada non potevo fare altro.
Dopo avermi dato tutte le indicazioni, mi fece un’ultima e alquanto strana raccomandazione, a cui però, lì per lì, non diedi molto peso: “Non fare il cretino …” mi disse “e presentati in albergo prima delle 22.”  
 
Arrivai nel paesino dove abitava il nonno di Ste senza alcuna difficoltà ed entrai nel primo negozio per chiedere indicazioni per raggiungere la loro abitazione. La proprietaria, una donna molto gentile mi avvisò che era più probabile che lo trovassi in clinica e mi fornì le informazioni necessarie  anche per quella, ma decisi comunque di provare prima a casa. E pensare che mi ritenni  fortunato quando vidi la macchina di Ste parcheggiata nel cortile, oltre il cancello lasciato aperto; arrivai davanti alla porta e provai a suonare il campanello ma mi accorsi che era rotto, così bussai.
Stefano non ci mise molto ad aprire, sembrava gli fosse appena passato sopra un camion ma ciò nonostante non riuscì a nascondere la sorpresa di vedermi lì.
“Ciao” mi salutò con evidente incertezza.
“Passavo di qua e volevo vedere come te la passi ” In fondo era vero, eravamo amici ed eravamo tutti preoccupati per lui.
“Tutto a posto!” Era evidentemente una bugia. “Non dovresti essere già in ritiro?” chiese, sembrava che non gli facesse piacere la mia presenza.
“Ci sto andando, ma passavo di qui e mi sono ricordato di tuo nonno ... poi Michele ha  bisogno del quaderno con …”
“… gli schemi.” Finì la frase. Mi fece entrare e cominciò a frugare frettolosamente tra un mucchio di libri mentre io, guardandomi intorno, notai delle pentole sui fornelli e una bottiglia di vino mezza vuota, che cosa bizzarra mi trovai a pensare.
“Trovato” disse.  “Grazie per la visita ma devo tornare in ospedale”
Mi stava cacciando, non era un comportamento da lui e poi … "Ho interrotto forse qualcosa?” chiesi, che non fosse solo?
“Ma no …” provò a smentire ma in quel momento sentii dell’acqua scorrere, probabilmente il getto della doccia, e ne ebbe la conferma: c’era qualcuno in casa con lui.
“Allora Giorgio aveva ragione! Esiste davvero una ragazza del mistero!” Sembrava imbarazzato, ma non ne vedevo il motivo.
“Oh non c’è niente di male, amico mio, anzi …” gli feci l’occhiolino “Tolgo il disturbo” ma era già troppo tardi.
“Ste …” disse una voce femminile. Sorrisi curioso di conoscerla, certo che ero proprio un caso disperato sentivo la voce di Giada ovunque. “scusa ma non scende …”
No, non poteva essere vero. Quella ragazza coperta solo da un semplice asciugamano, non poteva essere la mia … e infatti non lo era, non più: “Che puttana!” le parole uscirono da sole. La ragazza davanti a me reagì stringendo più forte l’asciugamano intorno al seno, aprì bocca ma non ne uscì nulla. “Non dici niente?” le chiesi non so esattamente se fossi arrabbiato o disgustato.
“Non …” Stefano si intromise.
“Stai zitto!” poi mi rivolse a lei: “Cos’è per una volta hai finito le parole?”
“Non …” riprovò Stefano.
“Non sto parlando con te!” lo zittii di nuovo “Allora che cazzo …” feci un passo verso di lei. Ma Stefano si frappose tra di noi. “Guarda come la difende” commentai con una risatina. “Non so se mi fa più schifo lei o te!” dissi guardandolo in faccia. “Mi hai guardato negli occhi e mi ha giurato che non c’entravi nulla che eravate solo amici!” come aveva potuto tirarmi un colpo così basso.
“Era così …” sostenne il mio sguardo senza alcuna esitazione. “Ed è così!” aggiunse. Quelle parole mi confusero. “È tutto un grande equivoco” disse “Giada era passata per sapere come stava nonno, proprio come te … Le è caduto addosso del vino.” Questo poteva spiegare la doccia, ma perché era scappata senza dire niente e perché era andata proprio da lui?
“Credo che dobbiate parlare” disse Stefano e si avviò verso la porta.
 
[Giada]
 
Lo seguii con lo sguardo mentre usciva da casa sua, si voltò e alzando le spalle mi sorrise incoraggiante; ero totalmente sconvolta, perché mi aveva dato l’opportunità di negare l’evidenza? Perché continuava a proteggermi? Perché? Se quella era la sua occasione di farmela pagare …
Alex era lì fermo e mi guardava, probabilmente non sapeva cosa pensare e io non sapevo cosa dire, volevo solo mettermi qualcosa addosso; senza dire nulla tornai in bagno e m’infilai  jeans e maglietta poi tornai da lui. Lo ritrovai dove l’avevo lasciato: “È vero?” chiese
“Cosa?” doveva essere più preciso.
“Siete solo amici?” riformulò la sua domanda
“È riduttivo” dissi, dopo quello che c’era stato tra di noi, non potevo più accettare quella definizione.
Vidi la sua espressione indurirsi: “Ci sei andata a letto?”
“No …” per un attimo si rilassò, ma aveva semplicemente posto la domanda sbagliata. “Stavamo insieme” non potevo fingere che non fosse successo, perché sarebbe stato come ammettere che non aveva avuto alcun importanza e dovevo smetterla di mentire, soprattutto a me stessa … Ma l’uso del passato era inevitabile,ovviamente Alex non l’aveva notato: “Da quanto?”
“Due mesi … ”
Dai suoi occhi capii che stava ricostruendo quell’ultimo periodo e che molti pezzi stavano andando al loro posto come la mia costante presenza a Pescara e soprattutto al palazzetto. Sulle labbra gli si disegnò un sorrisetto strafottente: ”Complimenti!” disse accompagnando quella parola con un leggero applauso. “Chissà quante risate vi siete fatti alle mie spalle”
Scossi il capo, ancora una volta per Alex esisteva solo Alex: “È questa l’unica cosa che ti importa vero?”
“E questo cosa vorrebbe dire?”
“Quello che ho detto: tutto si riduce sempre e solo a te, cosa vuole Alex, cosa pensa la gente di Alex …”
“Ci risiamo!” esclamò esasperato interrompendomi “È colpa mia! Tu ti scopi Stefano ed è colpa mia!”
“Lo vuoi capire che non sei il centro del mondo? IO sono libera di fare quello che voglio, con chi voglio e quando voglio! E non venirmi a fare la morale: Alyssa! E chissà quante prima e dopo!”
“Ancora con questa storia! Se vuoi vedere il tradimento, guardati allo specchio!”
“Questa poi …” commentai ironica.
“La verità è che tu non aspettavi altro che un mio passo falso, sei tu che hai tradito il nostro amore, non io!”
“Certo sono io ad essermi buttato sulla prima stronza che mi si è strusciata addosso in discoteca!”
“Te l’ho detto mille volte, non volevo baciarla! E poi sei tu che avevi di meglio da fare!”
“Oh, giusto!” ironizzai. “La verità è che non hai mai neanche tentato di capire perché non ero con te! Non te ne è mai fregato un cazzo, perché non si trattava di te!”
“La verità è che qualsiasi cosa faccia, per te non è mai abbastanza!”
“Sono esigente, lo ammetto! Ma non ho mai preteso la luna!”
“Hai il coraggio di dire che non ho fatto nulla per te, per noi?” Annuii. “Mi sono trasferito a Pescara per te, ho sputato su un contratto in N.B.A per te … e questo non ti basta?”
Scossi il capo. “Non hai mai fatto niente realmente per me, ti sei trasferito a Pescara perché era un’occasione per la tua carriera e hai rinunciato a quell’offerta perché sei troppo orgoglioso per accettare un aiuto da tuo padre! Non sono mai stata io a mettere me stessa prima di noi!”
“E sentiamo cosa avrei dovuto fare? Perché a me sembra di aver assecondato fin troppo le tue paranoie …”
“Paranoie …” sorrisi sarcastica. “Dovevi solo mettere il culo in macchina e venire da me!”
“Sai che non potevo …”
“Non potevi o non volevi? … Perché in quelle tre settimane non sei mai salito anche se avevi due giorni  liberi? Perché non me l’hai portato tu quel maledetto cd? Perché cazzo hai aspettato che nascesse Mia per ricordati che “mi amavi”?” virgolettai di proposito quel verbo. Lo avevo preso in contropiede e continuai:  “Te lo dico io: perché la tua carriera e il tuo orgoglio vengono sempre prima!”
“Orgoglio? Ma se mi sono umiliato davanti a mezza città e non ti sei mossa di un millimetro!”
“E il giorno dopo già ti scopavi un’altra!”
“Allora è questo, è una ripicca! Ti sei buttata tra le braccia di Stefano per vendicarti!”
“Stefano lascialo fuori!” mi scaldai.
“Lasciarlo fuori?”
“Lui non c’entra niente!” ribadii. “Il problema è che a parole sei il migliore, ma i fatti ti smentiscono sempre!”
“E Stefano?” chiese. Scossi il capo. “Avanti, dimmelo!”
“Mi ha sempre dimostrato tutto con i fatti, contento? E riesce a farmi stare bene!”
“E allora perché mi hai baciato? E non dire che eri ubriaca perché sarebbe una stronzata!”
“Perché sono una stupida! D’accordo? Perché nonostante tutti i miei sforzi non riesco a smettere di amarti”
“Dovevi pensarci prima!” Non poteva parlare seriamente. “Io ti guardo e l’unica cosa a cui penso è che vorrei non averti mai incontrata, mi hai solo incasinato la vita.”
“Nessuno ti trattiene” dissi indicandogli la porta, mi voltò le spalle e uscì, senza dire una parola.
L’aveva fatto di nuovo, sospirai: quella volta era finita davvero, ma io non avrei pianto.
 
[Stefano]
 
Ero seduto sotto la quercia, abbastanza lontano dalla casa da non vedere né sentire nulla. Era giusto così, Giada era innamorata di lui, che senso aveva dire tutto? Mi bastava che lo sapessimo noi, mi bastavano i ricordi dei momenti passati insieme. Era stato un bellissimo sogno, ma prima o poi tutti, anche i più belli... In fondo, avevo sempre saputo che era ancora legata lui, speravo, o meglio, mi ero illuso che il tempo avrebbe sciolto anche l’ultimo legame ma mi sbagliavo. Almeno   potevo dire di averci provato e probabilmente sembrerò uno sciocco, ma sentivo che non mi aveva preso in giro, sapevo che quello che c'era stato tra di noi era vero, ma purtroppo non era sufficiente...
Non sapevo bene quanto tempo fosse passato, quando sentii la macchina di Alex allontanarsi, sicuramente si erano chiariti; rimasi ancora un po' seduto lì e poi m'incamminai lentamente verso la casa vuota. All'inizio pensai ad un'allucinazione: Giada era ancora lì che sistemava e puliva la cucina, ma poi capii: “Glielo hai detto?” AnnuÌ.“Perché?” chiesi, non ne vedevo il motivo. Era ovvio che non l'avrebbe presa bene.
“Perchè era giusto così!” rispose guardandomi dritto negli occhi, senza un minimo di esitazione.
Mi avvicinai e cominciai ad aiutarla a sistemare; non sapevo cosa dire, forse me lo sarei dovuto aspettare un comportamento del genere da parte sua, però ….
“Ste ..."s'intromise nei miei pensieri "io non volevo che...."
“Giada non …” la interruppi.
“Lasciami finire, so che penserai che sono una persona orribile e ha tutto il diritto di odiarmi ma …”
Quella poi: “Tu non sei una persona orribile!” ribattei. “E non potrei mai odiarti, io ti amo." Almeno una volta glielo dovevo dire: “Mi sono innamorato di una sedicenne bellissima e testarda e ho continuato ad esserlo ogni anno, forse non era destino, forse ho aspettato troppo a lungo...."
"Non sarebbe stata la stessa cosa!" mi disse, lo pensavo anch'io c'eravamo incontrati nel punto esatto delle nostre vite, se solo Alex fosse arrivato dopo .... Abbassò gli occhi per alcuni istanti poi lo disse: “Io volevo davvero innamorarmi di te”
“Lo so” la rassicurai, mi guardò con gli occhi lucidi e aggiunsi: “Vieni qua” allargando le braccia.
Giada si rifugiò per l’ultima volta nel mio abbraccio, le diedi un delicato bacio tra i capelli, solo quando sentii che si era calmata le dissi: “Dovresti tornare a Roma” Si staccò da me e mi guardò confusa: “Devi parlare ancora con lui, non puoi fare i suoi stessi errori …” Annuì e accennò un timido sorriso.
Faceva male, faceva molto male, è inutile negarlo ma non era cambiato niente: io volevo solo che lei fosse felice …
 

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Capitolo 38
*** 38 ***


[Alex]
 
Erano le 21.55, quando mi presentai davanti a Mauro nella hall dell’hotel.
“Alla buon ora!” commentò con simpatica ironia mentre mi consegnava il programma degli allenamenti di quella prima settimana. Controvoglia sorrisi e rimasi a scambiare due chiacchiere fino a quando non  mi congedò e potei finalmente ritirarmi nella mia stanza. Michele era spaparanzato sul letto intento a guardare uno stupido programma in tv. Appena mi vide, abbassò il volume: “Cominciavo a temere avessi disertato” commentò.
“C’era traffico” mi giustificai buttandomi sul mio letto.
“Trovato quello che cercavi?” chiese.
“Sì” risposi con amarezza, ma lui non si riferiva a Giada,non poteva certo sapere che l’avrei trovata lì … Fu allora che mi ricordai del suo quaderno: “L’ho dimenticato in macchina!” dissi e alzandomi per uscire di nuovo aggiunsi: “Vado a prenderlo”
“Non è necessa…” stava dicendo Michele, ma io ero già in corridoio.
Camminai nella notte romana fino alla macchina di Giorgio, speravo che l’indomani non mi chiedesse spiegazioni , non avevo voglia di parlare dello squallore che avevo appena scoperto; al solo pensiero le mani ricominciarono a tremare dalla rabbia, avrei preso a pugni il mondo, se solo avessi potuto. Trovai quello che cercavo sul fondo dell’auto dove l’avevo lanciato poche ore prima, anche se in realtà mi sembrava fosse passata un’eternità da quando avevo lasciato la casa di Stefano. Come cazzo aveva potuto andare a letto con lui? Come? Avevo perso un sacco di tempo dietro a una che … altro che principessa, era come tutte le altre anzi era peggio: non avrei sprecato un secondo di più per una così …
“Perso qualcosa?” chiese una voce alle mie spalle.
“Cosa ci fai tu qui?” risposi
“Andrea aveva dimenticato il cellulare” mi spiegò Mara. Annuii con un cenno del capo senza dire una parola.”Sei riuscito a parlarle?” chiese titubante.
“Puoi anche smettere di fingere di non saperlo!” dissi sbattendo la portiera, lei sapeva sempre tutto …
Mara sgranò gli occhi sorpresa: “Sapere cosa?” Allora non ero l’unico che Quella aveva riempito di  bugie.
“Lascia perdere …. Michele mi sta aspettando” dissi agitando il quaderno sotto il suo naso. Tornato in camera lo lanciai al mio amico, poi mi misi a letto.
Michele mi guardava perplesso: “Sicuro che vada tutto bene?”
“Ho solo sonno!” risposi scocciato. Il giorno dopo mi sarei svegliato e Giada sarebbe stata solo un lontano e brutto ricordo!
 
 
 
[Giada]
 
Erano passati quattro giorni da quando io e Stefano non stavamo più insieme, quattro giorni da quando avevo litigato con Alex, quattro giorni pieni di lacrime ma purtroppo non erano state le mie … Dopo che Alex se ne era andato, Ste mi aveva accompagnato in clinica per recuperare la macchina di mio fratello, sarei tornata a Roma e avrei tentato di parlare con Alex: dopo il casino che avevo combinato, dovevo almeno provare a fargli capire che poteva ancora esserci un noi. Questo era il piano ma ... Arrivati in clinica, decisi di entrare a salutare nonno Giuseppe, era stato bello sentirlo un po’ mio, anche se solo per poche ore, mi bastò incrociare lo sguardo di Laura, l’infermiera, per capire che qualcosa non andava. Non ho mai capito molto di termini medici e non saprei spiegare se è successo per via dell’età, dell’anestesia, dell’operazione o per tutto quelle cose insieme, l’unica cosa che so è che l’uomo schietto e dolce che solo il giorno prima mi aveva trattato come una nipote e che aveva scherzato fino a pochi minuti prima di entrare in sala operatoria, alle 11:00 di lunedì 10 giugno se ne era andato e Stefano era distrutto. Non ero riuscita a lasciarlo solo, domenica sera, dopo che aveva scoperto dell’operazione per il problema cardiaco che avevano rilevato e non c’era riuscita dopo; c’era così tanto a cui pensare, così tanto da organizzare e lui era così sconvolto da non esserne in grado.
Erano passati quattro giorni e quello era il giorno del funerale. Nonostante fosse aperta, bussai alla porta della camera del nonno dove Ste si stava vestendo: era davanti allo specchio e stava litigando con la cravatta. “Non riesco neanche a fare un nodo” commentò sconsolato.
“Posso?” chiesi il permesso, spesso aveva aiutato mio fratello, quel gesto mi sembrò così intimo … Non ero convinta di aver fatto la cosa giusta, ero forse stato egoista da parte mia restare con lui? “Perfetto” dissi sistemandogli il colletto della camicia.
“Grazie” disse. Mi strinsi nelle spalle, era solo un nodo. “Non mi riferivo alla cravatta” aggiunse. Gli sorrisi, se solo fossi stata meno stupida, mi sarei innamorata di lui e non di uno Stronzo come Alex.
So cosa starete pensando ed è vero: avevo fatto una scelta, non ero andata a Roma, ma questo non gli dava il diritto di … Lo avevo chiamato, gli avevo scritto degli sms e lasciato dei messaggi in segretaria per tentare di spiegargli la situazione, non avevo scelto Stefano, ma …. Non mi aspettavo che mi rispondesse, almeno speravo tentasse di capire, magari Michele sarebbe riuscito a farlo ragionare, in fondo lui mi aveva sempre detto che stavo sbagliando; invece, ancora una volta, Alex era semplicemente Alex. Martedì mattina, al mio ennesimo tentativo il telefono non squillò a vuoto, dall’altra parte, però, non c’era la voce arrabbiata, infastidita, forse disgustata di Alex, ma la voce sensuale e assonnata della sua ultima conquista …
 
La chiesa era gremita, tutti volevano bene a nonno Giuseppe e soprattutto a Stefano, per entrambi non mi era difficile comprenderne il motivo; Marghe era presente, mio fratello e Giorgio, avevano chiesto un permesso per essere vicini al loro amico e, con mia grande sorpresa, anche Michele era con loro.
“Vengo in pace” mi disse abbracciandomi poco prima di entrare in chiesa.
Ero ancora prevenuta nei suoi confronti, per questo non riuscendo a tenere a freno la lingua dissi: “Ti sei divertito nello scoprire che avevi ragione?”
“Per tua informazione,  Alex non mi ha detto una sola parola!" Probabilmente si sentiva ferito nel suo orgoglio di latin lover. "Quindi è così: tu e Ste non state più insieme?”Gli diedi ragione.“Meglio così" fu il suo commento, poi mi precedette in chiesa. 
Durante la funzione rimasi in disparte, in fondo non ero nessuno lì … Dopo la sepoltura in molti si spostarono a casa del nonno, era abbastanza insolito, sembrava una di quelle scene da film americano; era stato tutto così improvviso, dai discorsi di molti, giovani e anziani, traspariva l'incredulità per quella perdita come se credessero che nonno Giuseppe fosse eterno, non esagero se dico che tre generazioni era lì a condividere una parola, un consiglio o un'avventura condivisa con quell'uomo dagli occhi gentili.
Ero in cucina a procurarmi un po' di cibo e bevande da portare agli ospiti, quando Marghe si staccò dal gruppo e mi si avvicinò: “So che non è il momento ma ....” Annuii. Mio fratello, che non sapeva nulla e che a quel punto non avrebbe mai saputo nulla, aveva detto  a Ste che il mister aveva rifiutato il permesso ad Alex, ma entrambi sapevamo qual era il vero motivo.  "Tu e Ste state ancora insieme, vero?" chiese. Scossi il capo. “Per Alex?” Annuii.
Marghe annuì a sua volta, dopo un silenzio pensieroso diede voce ai suoi dubbi: “Ma .... Alex sa di voi?"
“Mmh.”
“Come l'ha scoperto?”
“Glielo ho detto io” dissi candidamente.
“Pe…Perchè?” balbettò Marghe, ancora una volta non le stavo facendo capire nulla.
Alzai gli occhi da quello che stavo facendo e le lanciai uno sguardo eloquente.
Marghe annuì. "E adesso? Cosa farai?"
“Niente” dissi. “Prima o poi mi passerà” mi affidavo alla fatalità.
“Forse dovresti …” tentò.
“No” sapevo dove voleva arrivare.
“Ma Ste …”
“No” Marghe era stata l’unica a fare il tifo per Stefano, fin da subito.
“Ma state così bene insieme …”
“Si merita qualcuno che lo ami, Marghe.” “Totalmente” aggiunsi prima che potesse replicare” Senza se e senza ma! E adesso so che non posso essere io quella persona!”
 
Gli ultimi se ne andarono via quando era già buio, alla fine, Stefano sembrava più sereno, quella giornata gli era servita per cominciare a  scendere a patti con la realtà.
"Non è necessario" disse vedendo che stavo pulendo la cucina. "Chiamerò qualcuno per farlo"
“Mi fa piacere, mi fa sentire utile ….” risposi guardandolo appoggiato allo stipite della porta, avrei voluto poter fare molto di più per lui.
“Ho parlato con il coach" disse dopo un attimo di silenzio. “Gli ho detto che tornerò sabato."
“Di già?” pensavo si sarebbe preso ancora qualche giorno.
“Il basket guarisce ogni cosa … È sempre stato così!” mi sorrisi. Annuii. “Potresti venire con me …” Lo guardai sorpresa. “Andrea ha detto che Mia sente la tua mancanza,  potresti fermarti per l'amichevole …" Ero perplessa. “… E poi ho bisogno di un passaggio!”
Mi strappò un sorriso. “D'accordo” dissi e poi Mara avrebbe voluto riavere la sua auto.
 
Arrivammo in hotel verso mezzogiorno, Stefano avrebbe raggiunto la squadra, io mi sarei appoggiata a casa della mamma di Marghe, in fondo avevo ancora alcune cose lì. Dopo quasi una settimana, era arrivato il momento dei saluti o meglio dell'addio.
“Allora …” cominciò Stefano guardando imbarazzato il terreno.
“Io vado” dissi. “Se hai bisogno ...” Cosa Giada? Chiama, scrivi? Che cazzo stavo dicendo! Lasciai in sospeso la frase.
Lui annuì: “Ci vediamo alla partita allora” concluse al mio posto e si diresse verso l’ingresso.
Non potevo lasciarlo andare via in quel modo, non potevo permettere quella freddezza. "Steeee" lo chiamai, gli andai incontro e lo abbracciai. "Andrà tutto bene …” gli sussurrai all'orecchio “Tutto bene"
Eravamo ancora abbracciati quando sentii un battito di mani alle mie spalle. Sciolsi l'abbraccio: Alex.
“Complimenti! Gran bella coppia” commentò ironico mentre ci superava.
Ste aprì bocca per rispondere, ma lo bloccai toccandogli il braccio. “Lascia perdere, non ne vale la pena … È solo un idiota!” gli sorrisi e dopo un bacio sulla guancia me ne andai da Marghe.
 
[Alex]
 
La rabbia mia era entrata sotto la pelle, scattavo per qualsiasi cosa, persino un coltello caduto accidentalmente a terra era un problema; per fortuna c'erano gli allenamenti, non mi allenavo così da mesi e per qualche ora la rabbia era incanalata in qualcosa di positivo, ma … Giada non se ne andava. Ogni volta che chiudevo gli occhi, l'immagine di lei e Stefano tornava a tormentarmi, il solo pensiero che potesse toccarla, baciarla, fare l'amore con lei mi faceva impazzire.
Come se non bastasse, martedì mattina tornando in camera dopo essermi accorto di aver dimenticato il cellulare, trovai una sorpresa che, in altri tempi, avrei definito piacevole. Non so quando e non so come, ma la cugina di Marghe, quella del matrimonio, era riuscita ad intrufolarsi nella nostra stanza ed era lì, mezza nuda sul mio letto. Mi scusai imbarazzato: “Michele è già in sala pesi...” la informai.
“Ma io non sono qui per lui” rispose avvicinandosi con fare sensuale. “Ti ho notato al matrimonio, in realtà speravo fossi tu ad invitarmi a ballare … Potremmo divertirci insieme...” aggiunse appoggiando il dito sulle mie labbra e avvicinando pericolosamente la sua bocca alla mia, mi baciò.
Con un scatto l'allontanai da me: “No, grazie!” dissi e uscii frettolosamente dalla stanza.
No grazie?, ripensai mentre raggiungevo gli altri in sala pesi, perché cazzo non avevo comprato una cartina invece di perdermi tra le strade di Londra ? Se lo avessi fatto, a quell'ora la lista delle mie conquiste sarebbe stata molto più lunga.
Ovviamente il cellulare era rimasto in camera ...
 
Sabato portò con sé non solo la prima amichevole contro la Francia, ma anche il ritorno di Ste. Non avevano proprio un minimo di decenza, potevano anche evitare di amoreggiare davanti a tutti, per fortuna quel giorno non avrei avuto a che fare con lui fino alla partita, ma,considerato che non si allenava da tre settimane, sarebbe rimasto a scaldare la panchina.
Stavo giocando divinamente, il giocatore dei play-off era già un lontano ricordo; all'intervallo eravamo in vantaggio di venti punti e Mauro decise di mischiare un pò le carte sostituendo Giorgio con Stefano, quella scelta mi sorprese, ma non c'era alcun problema, non gli avrei fatto vedere palla. Più Michele s'impegnava di far entrare Stefano nel gioco, più io lo escludevo ; alla seconda palla persa perchè con Stefano smarcato ero comunque andato al tiro, Mauro chiamò time out.
"Non mi interessa quanti cazzo di punti ha fatto Walsh, se non cominci a passare quella cazzo di palla, finisce con il culo in panchina! Ti è chiaro?"
Annuii e gli diedi subito retta; dopo il suo canestro mi avvicinai a Stefano e gli sussurrai un provocatorio: “Se ti accontenti  dei miei scarti …” Ma lui non reagì.
Dovevo passare la palla? E quello feci per la seconda volta, anche se da quella posizione era praticamente impossibile che facesse canestro e invece … Stefano mi lanciò un sorrisetto di sfida e non appena ne ebbe l’occasione ricambiò il favore. Non ebbi la sua fortuna e quella volta fu lui a sussurrarmi una frase provocatoria: “Le complicazioni non fanno proprio per te …”
Continuammo a prenderci di mira per il resto della partita, i nostri compagni non capivano esattamente quello che stava succedendo, ma poco importava, il vantaggio era rimasto invariato … Mancavano pochi secondi al suono della sirena quando un francese, con il quale avevo trascorsi poco piacevoli, per rubarmi palla mi spintonò facendomi ruzzolare sul parquet. Aveva scelto la giornata sbagliata perché la mia reazione non si fece attendere e dopo essermi rialzato gli andai sotto, poggiando minacciosamente la mia fronte sulla sua; Stefano che era lì vicino s’intromise e mi spintonò via, non l’avesse mai fatto ….
 
Giorgio e Michele ci avevano separato e spintonato a forza nello spogliatoio. Eravamo seduti uno a fianco all’altro sorvegliati a vista da loro quando Andrea entrò: il capitano era una vera furia.
“Si può sapere che cazzo vi è passato per la testa? Credevo di averle viste tutte … Una rissa tra compagni di squadra? Per di più di fronte a tutti quei tifosi!” Silenzio. “Allora?” insistette passando in rassegna prima il mio viso, poi il suo.
“Chiedilo a lui!” dissi riferendomi a Stefano che non aveva alcuna intenzione di parlare.
“Sto aspettando!” ribadii Andrea. “Vi conviene parlare con me, prima che con Mauro!”
“Poteva evitare di portarsi a letto la mia ragazza!” esclamai alla fine.
Andrea era sbalordito: “Tu e Alyssa?” si rivolse a Stefano che ancora una volta rimase in silenzio. Andrea continuava a guardarlo con fare interrogativo, non sarei mai stato io a dirglielo, volevo solo godermi la scena!
“Non credo si riferisca ad Alyssa” commentò Michele, spostai gli occhi verso di lui e lo vidi scambiare con Giorgio un’occhiata che non lasciava spazio ad alcun dubbio: “Tu lo sapevi?” gli chiesi. Allora non era un caso, l’aveva fatto apposta: lui sapeva che l’avrei trovata lì!
Andrea era sempre più confuso, all’improvviso vidi un lampo nei suoi occhi e sorrisi, mi volevo gustare dalla  prima fila il pugno con cui avrebbe marchiato Stefano: “Mia sorella?” chiese a Stefano.
Per la prima volta Stefano parlò, lo fece con voce chiara e decisa: “Mi sono innamorato di lei”
Andrea scosse il capo: “Gia… Giada?” balbettò ma invece di avanzare, indietreggiò e uscì sbattendo la porta. Non era la reazione che mi aspettavo.
“Era proprio necessario?” parlò Stefano.
“Cos’è vi vergognate del vostro “amore”?” chiesi sprezzante.
“Sei solo un idiota” rispose alzandosi e andando sotto le docce, Giorgio lo seguì.
Michele mi guardava: “Perché cazzo non me l’hai detto?” sbottai.
Rispose con un’altra domanda: “Dovevi proprio coinvolgere Andrea?” Non capivo. “Speravi davvero che se la prendesse con Stefano?” Era ovvio. Gli scappò un sorrisetto beffardo: “No, allora non lo conosci proprio, darà tutta la colpa a lei”
Non era forse quello che volevo?
 
[Giada]
 
Il responsabile dell'ufficio stampa della nazionale aveva chiesto di spostarci in una saletta a fianco al campo, i giornalisti erano in agguato e tutti conoscevano Mara,Marghe e ormai anche me. Continuavo a camminare avanti indietro percorrendo il perimetro della stanza, la voce dello speaker rimbombava nella mia testa: “È scoppiata una rissa tra un giocatore dell’Italia e … un giocatore dell’Italia!” La sorpresa nella sua voce era pari al panico nei miei occhi; che casino avevo combinato!
“Ti vuoi sedere?” chiese Mara. “Ti comporti come se fosse colpa tua!” esclamò con un’ingenuità disarmante.
Non potei evitare di cercare lo sguardo di Margherita con aria colpevole. “No” scosse il capo Mara, intercettando i miei occhi “No, no, NO!” mi limitai ad annuire, pensavo lo avesse capito da tempo. “Io …” balbettò “Sospettavo ma … No, dopo il matrimonio pensavo che … Che casino!”
Nella stanza calò il silenzio. Dopo pochi, o forse molti, minuti la porta si spalancò: Andrea era ancora in divisa e dalla sua faccia capii che sapeva tutto. Sforzandosi di rimanere calmo disse: “Marghe puoi portare fuori Mia, per favore?”
Marghe annuì, prima di chiudersi la porta alle spalle mi fece un sorriso rassicurante ma servì a poco, a molto poco.
 
Ciao a tutti/e,
visto che mi è stato chiesto, vorrei solo annunciare che mancano tre capitoli alla fine di questa storia “infinita”!!
Alla prossima!
Grazie a tutti.

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Capitolo 39
*** 39 ***


[Giada]
 
“Tu lo sapevi?” le prime parole che pronunciò mio fratello una volta rimasti soli, non erano rivolte a me, bensì a sua moglie.
Mara era in evidente imbarazzo : "Veramente io ..." cominciò a rispondere.
“L'ha scoperto due minuti fa, proprio come te” l'anticipai, ci mancava solo che litigassero per colpa mia, lo vidi tirare un sospiro di sollievo. “So che sei arrabbiato ma …” mi rivolsi a mio fratello.
“Arrabbiato?” chiese  ironico “E perchè mai dovrei esserlo?”
“Se solo mi lasciassi spiegare ....” provai di nuovo.
 “NO” scossi il capo con convinzione. "Avevi detto niente più drammi, mi ha guardato negli occhi e me l'hai giurato …”
“Lo so, ma non è come sembra .... “
“Non è come sembra?” sorrise beffardo. “Ma tu ti rende minimamente conto di quello che è appena successo là fuori?” Non mi diede tempo di proferire parola. “Dimmi  con che faccia mi presento davanti alla stampa …” iniziò ad elencare sulla punta delle dita “… al mio allenatore, ai tifosi, ai miei compagni per spiegare che tutto questo casino dipende dal fatto che MIA sorella passa da un letto a un altro con una facilità disarmante!”
Ero scioccata, mi aveva appena dato della ragazza facile? “Non è affatto vero!” risposi a tono.
Andrea non mi ascoltò e continuò la sua invettiva: “Sei proprio come lei!” quelle parole mi gelarono il sangue nelle vene. “Sembra che lo scopo della vostra vita sia quello di incasinare la mia …” No, non poteva dire sul serio, non poteva paragonarmi a nostra …. “E io che vedendoti crescere mi ripetevo stai facendo un buon lavoro Andrea, il fatto che siano due gocce d’acqua …” ma di cosa stava parlando? Andrea lesse la confusione nei miei occhi “Vatti a vedere qualche vecchia foto …” mi disse. “Non pensavo potessi mai diventare così e invece sei solo un’egoista proprio come nostra madre!” cercai lo sguardo di Mara in cerca di aiuto, ma lei era immobile, la faccia sconvolta ma … nonostante tutto, quella volta non l’avrei avuta dalla mia parte. Deglutii incapace di dire una sola parola. “Che  idiota, sono stato!” continuò mio fratello “Pensavo di essere riuscito a crescerti come si deve, invece adesso mi rendo conto che è stato solo tempo sprecato, avrei potuto ....”
Andrea continuò ma il mio cervello si bloccò su quella parola: sprecato. Aveva ragione, aveva ragione su tutto, ero come lei: stavo diventando una persona orrenda proprio come lei.
“.... Hai capito?” la voce di mio fratello mi riscosse dai miei stessi pensieri “Non ti voglio trovare quando esco e non azzardarti a farti vedere fino a quando non sarei rinsavita!”
Annuii impercettibilmente. Ero completamente inerme: confusa e svuotata, incapace di ribattere o di piangere. Andrea se ne andò sbattendo la porta, se persino Mara non aveva tentato di difendermi …..  Avrei fatto quello che voleva mio fratello, mi sarei fatta da parte.
 
Ero a casa di sua madre, intenta a ritirare in valigia le ultime cose, quando Marghe bussò alla porta: “Posso?” chiese il permesso.
“È casa tua … ”
“Te ne vai?” domandò sedendosi sul letto.
“Non ho molte alternative” le dissi.
Rimase in silenzio per un po’, osservandomi mentre piegavo le ultime magliette. “Secondo me non le pensa davvero quelle cose ….” se ne uscì all’improvviso.
“Hai sentito tutto?” le chiesi, vergognandomene un po’.
“Era difficile non farlo ….” Replicò stringendosi nelle spalle. “Ha esagerato!”
“Ha ragione” la contraddissi.
Scosse il capo: “Non hai ammazzato nessuno, Giada” mi ricordò.
“Avrei dovuto ascoltarlo sin dall'inizio, quando Alex non gli piaceva, queste sono solo le conseguenze … Mi dispiace solo che tu abbia conosciuto la versione peggiore di me” confessai.
“Non dire stronzate! Io ho conosciuto una ragazza fantastica: un'amica sincera, leale e comprensiva, che lotta per quello in cui crede con le unghie e con i denti. Non posso certo dimenticare che è grazie a te se ho avuto il matrimonio che ho sempre sognato”
“Non ho fatto molto”
“Mamma dice tutt’altro” non mi aspettavo che le raccontasse della nostra chiacchierata in hotel. “Se non fossi andata da lei, probabilmente avrei smesso di rivolgerle la parola e invece ….” indicò le pareti che avevamo intorno.  “Tu sei una persona speciale, Giada. Questo non te lo devi dimenticare mai” Scossi il capo, non mi meritavo tutte quelle belle parole. “Andiamo … Hai ventidue anni e hai affrontato cose che molti non affrontano in una vita intera, ma non sei infallibile e sai cosa ti dico? Hai tutto il diritto di sbagliare … Stavi solo cercando di seguire il tuo cuore, forse questo era quello di cui avevi bisogno per capire cosa stai cercando veramente.” Annuii, capivo quello che stavo cercando di dirmi. “E poi, detto tra donne, ti sei scelta due bonazzi, mica pizza e fichi!”
Riuscì a farmi sorridere: “Grazie” sussurai
“Adesso che farai?”
Sospirai ." Torno a Milano” dissi chiudendo la valigia. “Ho ancora due esami da dare e poi... " Alzai le spalle: “E poi mi inventerò qualcosa!”
“Posso aiutarti in qualche modo?”
Lo aveva già fatto, più di quanto immaginasse.“Non direi …” mi guardò con occhi imploranti: “Potresti accompagnarmi alla stazione?” buttai lì la prima cosa che mi venne in mente. Annuì.
Il resto ce lo dicemmo sulla banchina del binario della stazione Termini con un lungo abbraccio.
 
[Alex]
 
Dopo una rapida doccia, presi un'uscita secondaria per evitare stampa e tifosi e me ne andai un po' in giro per le strade della capitale. Mauro poteva arrabbiarsi quanto gli pareva, poteva persino rispedirmi a casa, non mi interessava: un'estate senza nazionale non mi avrebbe ucciso, anzi sarebbero stati loro a perderci, quella partita l'aveva dimostrato ampiamente.
La cosa che più di tutte mi fece incazzare era che Michele non mi aveva detto nulla, pensavo fosse un amico e invece ...  Per questo non avevo voglia di tornare in albergo e sentire le sue spiegazioni, non avevo voglia di vedere la faccia di Ste, non avevo voglia di continuare a fare un casino dietro l'altro senza ottenere nulla. Da quando Andrea aveva scoperto tutto, la rabbia se ne era andata, semplicemente sparita, come per magia, ma era rimasto un vuoto: l'avrei potuto chiamare per nome e cognome ma non ne valeva la pena! Dovevo dimenticarmi quel nome, quegli occhi, dovevo rassegnarmi all'idea che amare non era proprio un gran che; avevo fatto bene ad evitarlo per 23 anni, l’amore in un anno mi aveva fatto stare peggio che qualsiasi altro problema passato. Chi me l’aveva fatto fare? Chi me lo faceva fare? E poi … Lei che si riempiva tanto la bocca chiedendo fatti, aveva smesso di cercarmi dopo soli due giorni, almeno io aveva provato per mesi, prima di arrendermi...
 
Rientrai in albergo dopo cena, mi aspettavo un comitato d'accoglienza inferocito, ma stranamente mi sbagliavo. Salii in camera e scoprii l’inganno: la mia valigia era pronta accanto alla porta; niente di sorprendente avevano deciso di farmi fuori come pensavo, ma mi sbagliai per la seconda volta. Alzando gli occhi vidi Giorgio buttato sul mio letto, impegnato in una sfida alla play, che nei nostri ritiri non mancava mai.
“Che significa?” chiesi, non mi era sfuggito che sull’armadio, dove prima c’era la mia, era appoggiata un’altra valigia.
“C'è stato un cambio di stanza” mi spiegò Giorgio, se era uno scherzo non era affatto divertente.
“Io non alcuna intenzione di ....”
“Non credo tu abbia molta scelta” rispose Michele “Mauro ha deciso così”
“Ma è assurdo!”
“Buffo” commentò Giorgio. “È la stessa cosa che ha detto Stefano!”
“Toglietemi una curiosità: voi l'avete sempre saputo?” chiesi.
“L’ho scoperto solo tre settimane fa e, per tua informazione, le ho detto che stava facendo una stronzata!” disse Michele, questo spiegava in parte il suo atteggiamento al matrimonio.
“Io, sì”ammise Giorgio. “L'ho scoperto per sbaglio, ma sì … Lo sapevo fin dall'inizio.”
Michele lo guardò sorpreso. “Perché non hai detto nulla?” chiese.
“Non è una cosa contro di te Alex” cercò di rassicurarmi
“Davvero?” sorrisi sarcastico.
“Lui è sempre stato innamorato di lei, da prima che tu sapessi della sua esistenza. Ne ha ingoiati di bocconi amari in questi anni ... Si meritava una possibilità.”
“Ma che cazzo stai dicendo?” se ne uscì Michele. “Se fosse così me ne sarei accorto!”
“Chiedi a tua sorella!” lo spiazzò totalmente Giorgio. “Marghe me l’aveva buttata lì già a Londra, vi ricordate la cena dopo la partita contro la Polonia?” E come potevo scordarmela, quella stessa sera Michele aveva scoperto la nostra storia. “Le ho dato della pazza quando mi ha detto che era evidente che Ste fosse innamorato di lei e invece ….”
“Comunque Giada ha fatto un bel casino” lo interruppe Michele, non capivo sembrava quasi fosse dalla mia parte …
“Chi le capisce le donne! Marghe ha elaborato una sua teoria su questa situazione che … Cioè è umanamente impossibile provare tutte quelle cose insieme, secondo la mia mogliettina ….”
L'ultima cosa di cui avevo bisogno era sentirlo analizzare la mia relazione "Dov’è la tua chiave?" domandai a Giorgio che indicò il comodino.
Le presi e ci appoggiai le mie, poi uscii da lì lasciandoli ai loro discorsi filosofici. Feci un respiro profondo, poi entrai nella mia nuova stanza, Stefano alzò gli occhi dal libro che stava leggendo … Non avrei potuto sognare un’estate migliore!
 
[Stefano]
 
Come suo solito, Alex aveva gettato il sasso e nascosto la mano; quando Mauro era entrato nello spogliatoio, comprensibilmente indiavolato, lui se ne era già andato via. Avevo dato al mister la mia versione dei fatti, che poi non era altro che la verità: avevamo delle questioni private irrisolte ed ero consapevole che questo non giustificava il nostro comportamento, a causa della sua insistenza dovetti ammettere che c’era di mezzo una donna, il nome di Giada non uscì mai dalla mia bocca, comunque se Mauro non c’era già arrivato da solo, Andrea gli tolse qualsiasi dubbio. Avevo sempre avuto il timore che se la prendesse molto di più con lei, ma non pensavo fino al punto di scagionarmi totalmente. “Nessun rancore, tra noi non cambia nulla” mi aveva detto, lasciandomi completamente basito.
Ero quasi sicuro che Mauro ci avrebbe sbattuti entrambi fuori a calci, ma la sapeva lunga ed era consapevole che in quel modo ci avrebbe solo fatto un favore, così decise che avremmo condiviso la stanza per tutto il ritiro. Non potevamo andarcene senza incappare in una sanzione, quindi dovevamo sottostare a quella assurdo decisione, non ci restava altro da fare se non fingere una civile convivenza.
 
Era già abbastanza tardi quando Alex entrò in stanza, alzai gli occhi verso di lui per pochi secondi poi tornai al mio libro; senza dire una parola, cominciò a sistemare le sue cose poi buttandosi suo letto, accese la tv su un canale di musica e alzò il volume al massimo; se pensava di innervosirmi con quei giochetti da bambino dell’asilo si sbagliava, lo ignorai completamente. Dopo dieci minuti, bussarono alla porta lamentandosi per la musica troppo alta ed Alex, dopo l’ennesima brutta figura, fu costretto ad abbassare il volume. Proprio in quel momento partì una vecchia  canzone del Liga e sbuffando spense stizzito il televisore, ci ricordavamo entrambi dell’ultima volta che l’aveva sentita …
Probabilmente sarei dovuto restare in silenzio, ma non ci riuscii: “È ancora innamorata di te”
“È questo che ti diceva mentre la scopavi?” chiese sprezzante.
Mi morsi la lingua per non rispondergli come si meritava e dissi: “E tu cosa dicevi ad Alyssa?”
“È totalmente diverso!” la parte migliore era che ne sembrava veramente convinto.
“Perché? Perchè tu sei Alex e puoi fare quello che ti pare? Non stavate più insieme da mesi” gli ricordai.
Non rispose, forse perché sapeva che avevo ragione. Io o un altro, pensava davvero che l’avrebbe aspettato in eterno?
“Ma che cazzo te ne frega?” domandò. “Poi perchè la difendi tanto? Da quello che so ha mollato pure te”
“È vero, ma sai una cosa se Giada venisse da me e mi dicesse che mi ama, beh non ci penserai due volte ....”
“Su questo non ci sono dubbi” commentò sarcastico. “Beh io non sono con te!”
“Hai ragione, sei un grandissimo idiota!”
“Almeno non pugnalo alle spalle gli amici”
“Pensala come ti pare, ma non potrai sempre incolpare gli altri per averla persa …” lo informai e  gli voltai le spalle.
Io avevo la coscienza a posto, potevo dire di averci provato e che non aveva funzionato; una parte di me sarebbe sempre stata innamorata di lei, ma con il tempo sarei riuscito ad andare avanti …. Alla fine di tutta quella storia ero stato il più fortunato, sapevo con certezza di non aver alcun rimpianto, né rimorso, purtroppo Alex e Giada non potevano dire la stessa cosa.
 
[Giada]
 
Arrivai a Milano in serata, pensavo di trovare la casa vuota, era sabato sera Jenny doveva essere uscita con Gian, invece era seduta sul divano a guardare la tv. Quando mi sentì entrare commentò: “Chi si rivede! Cosa devo fare perchè tu risponda alle mie chiamate?” chiese divertita.
Aveva ragione, nell'ultima settimana l'avevo evitata, ma dopo aver letto il messaggio con cui mi informava che Alex si era presentato a casa nostra, sapevo che avrei dovuto darle delle spiegazioni e non me la sentivo ancora di parlare e rivivere tutto quello che era successo. Il mio silenzio la insospettì, le bastò sollevare gli occhi e incrociare i miei per capire che qualcosa non andava: “Giada che succede?” domandò assumendo un’aria estremamente preoccupata.
Lasciai a terra la valigia e mi sforzai di sorriderle mentre, stringendomi nelle spalle, dissi: “Sei pronta per il più grande te l'avevo detto della tua vita?”
“Giada” sussurrò venendomi incontro e abbracciandomi.
E alla fine, dopo una settimana, le lacrime arrivarono.
 
 
Era il primo giorno di luglio, quella mattina avevo sostenuto e superato l'ultimo esame della triennale e la tesi era già stata consegnata da tempo: mancava l'ufficialità, ma ero laureata! Non fu esattamente come l'aspettavo: Jenny si era messa in auto per tornare dai suoi poco dopo che ero rientrata, gli addii non erano proprio il nostro forte … Non finiva il mondo, di certo non finiva la nostra amicizia ma non sarebbe stata la stessa cosa l’anno successivo senza di lei; mio fratello non si fece sentire neanche quel giorno, avevo smesso di chiamarlo perchè tanto non rispondeva ma avevo preso l'abitudine di scrivergli una mail al giorno, a  volte erano solo poche righe, ma volevo renderlo partecipe della mia giornata; solo due persone si ricordarono di quel giorno: Marghe, con cui praticamente ci sentivamo ogni giorno e Stefano che mi mandò un sms di congratulazioni, il primo da quando avevo lasciato Roma … Forse un giorno,saremmo potuti diventare amici, ma non riuscivo ancora a capire come facesse a non odiarmi, probabilmente bastava l’odio che provavo verso me stessa ….
Chiusi la valigia e mi chiusi la porta alle spalle, fu come dire addio a una parte della mia vita, anche se ci sarei tornata a settembre, sentivo che non sarebbe stata la stessa cosa senza Jenny e senza tutto quello che, nel bene e nel male, mi era accaduto in quell'anno.
 
Erano le sei ora locale, quando aprii la porta del pub di Bill, dove tutto era cominciato; ero sicura che li avrei trovati lì. Jay era seduto al bancone, quando mi vide, lanciò uno dei suoi urletti striduli che facevano sempre innervosire Amy che, con un vassoio pieno in mano, gli lanciò un’occhiata assassina ma vedendo la sua bocca ancora spalancata dallo stupore, seguì il suo sguardo fino ad incontrare il mio; lasciò la presa sul vassoio e scoppiò a ridere portandosi le mani sul volto: la sorpresa era pienamente riuscita. Le andai incontro e l'abbracciai, dopo due secondi Jay si unì a noi, riproponendo uno di quegli abbracci “sandwich” che mi erano mancati da morire. Bill uscì dal suo ufficio borbottando con il solito modo burbero per tutto quel fracasso, quando mi vide sul suo volto comparve un ghigno, ma chi lo conosceva sapeva che si trattava di un sorriso; prese un canovaccio e me lo lanciò: “Cosa aspetti? Al lavoro! E quelli ...” disse indicando i bicchieri ormai in frantumi sul pavimento “li tolgo dalla tua prima paga!”Sorrisi, sapevamo entrambi con l'avrebbe mai fatto ed era bello sapere che certe cose non cambiavano mai.
 
Rimanemmo insieme fino alla fine del turno di Amy,che si era offerta di ospitarmi come quell’inverno,  rifiutai la sua gentile offerta: non volevo essere un peso ma soprattutto dovevo cominciare ad affrontare i miei demoni. Jay chiamò il vecchio proprietario che mi affittò una delle stanze del "nostro" appartamento sarebbe stato bello tornare a vivere con lui, però quella volta non saremmo stati solo lui ed io, da un paio di settimane un ragazzo spagnolo si era trasferito in una delle stanze, la descrizione di Jay non lasciava presagire nulla di buono: “Spagnolo, antipatico come pochi …” mi raccontò. “Non parla, mugugna qualche parola ogni tanto …  È un artista lui!” lo schernì Jay. "Rodrigo, che razza di nome è?" mi chiese.
Tornammo a casa verso la mezzanotte, dopo essermi sistemata raggiunsi Jay in cucina, dove stava preparando uno spuntino, quanto mi erano mancati i suoi brownies! All’improvviso lo vidi roteare gli occhi, mi voltai e mi trovai davanti un bellissimo ragazzo dalla pelle olivastra, con folti ricci neri e un fisico asciutto, non era da Jay trascurare simili particolari!
"Questa è Giada e da oggi vive con noi” mi presentò e poi con aria scocciata aggiunse: “Lui, invece, è Rodrigo"
Gli tesi la mano, lui l’afferrò e dopo aver fatto un sofisticato baciamano sussurrò: "Encantado"
Sorrisi, una cosa era certa, mi sarei proprio divertita quell’estate!
 
 

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Capitolo 40
*** 40 ***


[Giada]
 
Era un pomeriggio di metà settembre e per me era quasi arrivato il momento di lasciare Londra e tornare a Milano. Sarebbe stato un nuovo inizio: mi sarei trovata una nuova coinquilina e mi sarei concentrata sui due anni di studio che mi attendevano, così, magari, mio fratello avrebbe ricominciato a parlarmi. Non era cambiato molto in quei mesi: Andrea continuava ad ignorarmi, non rispondeva alle mie telefonate né alle mie mail quotidiane, dubitavo che le leggesse ma non potevo smettere di tentare. Mara mi spediva spesso delle foto di Mia, sapevo che quello era il suo modo per rassicurarmi, non c’eravamo più parlate dal litigio ma la capivo, la sua era una posizione scomoda e in fondo avevo deluso anche lei con il mio comportamento. Ah, se solo le avessi dato retta ....
Le poche notizie che avevo, le ricavavo da Marghe e da Internet. La mia amica, nonostante la distanza, era diventata una presenza costante della mia vita, ci sentivamo tutti i giorni, a volte anche più di una volta; dopo la luna di miele tra Messico e Stati Uniti, che lei e Giorgio erano riusciti a ritagliarsi nei dieci giorni di vacanza tra un ritiro e l’altro, era persino venuta a Londra per qualche giorno, era felice e radiosa come si meritava. Sapevo che Stefano si era infortunato a un dito in uno scontro di gioco, su Youtube il video del suo pollice schiacciato dal piede enorme di un avversario era abbastanza impressionante, sapevo anche che per lui le cose non si erano complicate poi molto, in un altro video avevo potuto constatare con i miei occhi che ci voleva più di una ragazzina stupida come me per distruggere il legame che univa i “magnifici cinque”. Io e lui c’eravamo scambiati qualche sms durante l'estate, c'era ancora una speranza che il nostro rapporto non fosse andato perduto per sempre, non saremmo mai stati una coppia, lo sapevamo entrambi, ma questo non voleva dire che non potevamo ancora fare parte uno della vita dell'altro ....
Il silenzio che più mi pesava, l'unico che non riuscivo a giustificare, era quello di Michele; non una telefonata, non un sms, mi aveva voltato le spalle e lo aveva fatto nel momento in cui avevo più bisogno di lui, se me l’avessero detto prima, non ci avrei mai creduto. Ormai era evidente che aveva preso posizione contro di me e le foto della sua vacanza tra Ibiza e Formentera, che aveva condiviso su Facebook, avevano fugato ogni dubbio: lui e il suo compagno di viaggio erano proprio uguali ....
Sarei una bugiarda se dicessi che Alex non tornava nella mia mente, che ogni volta che entrava un cliente una  parte di me non sperasse di incrociare di nuovo i suoi occhi, una volta mi era persino sembrato di scorgerlo tra la folla a Trafalgar Square …  Ma la verità era che ci eravamo fatti troppo male ed era arrivato il momento di voltare  pagina, quella volta per davvero.
 
Era un pomeriggio di metà settembre e l'amore era nell'aria, la mia prima impressione su Rodrigo si era rivelata esatta, avevo riconosciuto subito quella scintilla nei suoi occhi ed era stato divertente calarmi, per una volta, nei panni di Cupido: lui e Jay erano una coppia fantastica quanto insolita, ma si erano innamorati per davvero, si notava da come si guardavano, da come si cercavano. All’inizio era stato difficile per Jay ammettere la forte attrazione che li legava, ma superato quell’ostacolo iniziale … Avevo cominciato a stare fuori il più possibile e quelle poche volte che ero in casa, avevo imparato a girare con la musica a palla nelle orecchie! Dopo tutte le delusioni che aveva ricevuto, il mio amico si meritava un sentimento sincero e puro come quello che Rodrigo provava per lui. Avevo trascorso una bella estate, ancora una volta Londra mi aveva aiutato a ricominciare a volermi bene ed Amy e Jay avevano giocato un ruolo chiave facendomi ridere, ridere e ancora ridere,  non avevo raccontato loro tutto quello che era successo da quando ero rientrata in Italia a febbraio, ma avevano intuito qualcosa e Marghe, totalmente in buona fede, aveva fatto il resto … Ero consapevole di aver sbagliato, ma comunque non avevo nulla di cui vergognarmi;  non era perfetta, non ero infallibile, ma soprattutto non ero mia madre, non lo ero e non lo sarei mai stata: ero solo Giada e da lì dovevo ripartire.
 
Era un pomeriggio di metà settembre, io ed Amy avevamo appena smontato il turno, Jay ci aveva raggiunte per andare a cena quando il cellulare squillò.
“Ciao!” risposi senza controllare il mittente, a quell’ora si poteva trattare solo di Marghe o Jenny, le uniche che mi avevano telefonato in quei mesi.
“Dovresti venire a prendere le tue cose, tra qualche giorno arrivano i nuovi inquilini …”
“Andrea?” chiesi la voce tremante mentre incrociavo gli occhi sbalorditi dei miei amici. “Co….come stai?”
“Puoi venire o no?” domandò sbrigativo.
“Credo di sì” mi ritrovai a biascicare prima di sentire la voce di Mara in sottofondo: “Non avevamo detto questo!”  sembrava lo stesse rimproverando.
“E allora parlaci tu!” le rispose chiaramente mio fratello. Dopo un attimo di silenzio dall’altro lato sentii la voce di mia cognata: “Ciao, scricciolo!” sentirmi chiamare in quel modo mi fece scendere una lacrime. “Come stai?”
“Bene” risposi in automatico, anche se non ne ero più molto convinta. “Voi?” l’indecisione nella voce era più che evidente.
“Siamo indaffarati con il trasloco ma ….” Giusto: la Slovenia, la nuova avventura di cui io non avevo mai fatto parte. “… Giada ci sei ancora?”
“Sì, sì”
“E non dici nulla?” Non avevo la minima idea di quello a cui si riferisse e lei lo sapeva. “Abbiamo deciso di battezzare Mia prima di partire e per fortuna sono riuscita ad organizzare tutto in tempo per questa domenica. Ci sarai vero?”
“Io non …” cioè non ero sicura che mio fratello mi volesse lì.
“La madrina non può mancare!”
“Ma…madrina?” balbettai totalmente sorpresa.
“Certo! Non è mica una novità!” esclamò Mara con una sicurezza disarmante. “Allora ti chiamo domani per  i dettagli?”
“Va bene” mi ritrovai a rispondere.
Non appena allontanai il cellulare dall’orecchio. Amy e Jay chiesero all’unisono: “Allora?”
“Si torna a casa” annunciai con un sorriso stupito.
 
Quella volta, lasciare Londra non fu poi così difficile, in fondo avevo anticipato la mia partenza solo di pochi giorni, ma soprattutto sapevo che avrei rivisto i miei amici molto presto: Amy e Jay avevano promesso di venire a Milano per la mia laurea. Arrivai all’aeroporto di Pescara nella serata di sabato, Marghe aveva insistito per venire a prendermi, non era necessario ma sapevo che quando decideva una cosa, era impossibile farle cambiare idea; inoltre sospettavo che volesse controllare come stavo e, infatti, durante il tragitto che separava l’aeroporto da casa mia, Marghe cercò di estorcermi più informazioni possibili riguardo il mio stato d’animo, avevo la sensazione che ci fosse qualcosa che la preoccupava e temevo riguardasse la persona, intorno a cui, seppur senza mai averla nominata, ruotava tutta quella nostra conversazione: Alex.
Arrivate a casa, Marghe si fermò giusto il tempo di un saluto; Mara mi accolse con uno dei suoi sorrisi e un lungo abbraccio, tra di noi non ci fu bisogno di parole: io capivo il suo silenzio,lei non era mai stata arrabbiata con me, almeno tra di noi, non era cambiato nulla. Mio fratello non era in casa, stava aiutando Michele, che come suo solito si era ridotto all’ultimo momento, a sistemare le ultime cose prima della sua partenza per Barcellona. Approfittai della sua assenza per spupazzarmi la mia nipotastra: quanto mi era mancata e quanto era bella! “Ma quanto sei cresciuta?” le dissi prendendola in braccio. “Ti è mancata la zia?” chiesi. “Certo che ti è mancata!” interpretai il suo sorriso e le sue manine sul mio volto.  Me la sbaciucchiai un bel po’ sotto gli occhi divertiti di Mara che mi raccontò della sua prima volta al mare, di cui mi aveva già spedito le foto. Più passavano i minuti, più mi sembrava che il peggio fosse alle spalle, ma, al suo arrivo, Andrea mi smentii immediatamente; mi strappò letteralmente la bimba dalla braccia: “È ora di metterla a letto, se no domani chi la tiene più!” disse alla moglie portando via Mia.
“Se mi deve trattare così perché mi ha fatto venire?” chiesi a mia cognata. Un sorriso dispiaciuto si dipinse sul suo volto mentre si stringeva nelle spalle. “Maraa?” la invitai a parlare.
“Potrei essere stata io a esigere che fossi ancora tu  la madrina!”
“Maraaaa” tentai di rimproverarla, ma lo apprezzavo molto.
“Tutta questa situazione è assurda!” mi disse “Tutto perché non vuole ammettere di aver esagerato! Lo sai, vero, che quelle cose non le pensa veramente …” Onestamente non ne ero poi così sicura. “Beh, te lo dico io!” affermò leggendo il dubbio nei miei occhi. “Se potesse tornare indietro Giada, sceglierebbe, sempre e comunque, di prendersi cura di te perché ne è valsa la pena. Chiaro?” Annuii. “Spero solo che Mia, abbia preso il mio carattere, perché due teste dure in famiglia bastano e avanzano!” riuscì a strapparmi un sorriso. “Ecco” commentò “questo è quello che voglio vedere! Si sistemerà tutto!” disse abbracciandomi di nuovo.
Andrea non si fece vedere per il resto della serata, Mara mi aiutò a impacchettare le poche cose che, da quando vivevo a Milano, erano rimaste a Pescara; mio fratello aveva mantenuto la parola e non aveva venduto la casa, però aveva deciso di affittarla, per me era praticamente la stessa cosa ma lui aveva pensato che non avevo più nessun motivo per tornare lì, avrebbe avuto ragione se non fosse stato per un piccolo ma significante particolare: quella era e sarebbe sempre stata casa mia. 
 
Il battesimo si sarebbe svolto nel primo pomeriggio, dopo la cerimonia in chiesa, ci sarebbe stato un piccolo rinfresco, più che altro era un’occasione per riunire tutti gli amici prima della partenza.
“Chissà quanto passerà prima che ci ritroveremo tutti insieme!” mi spiegò Mara e non aveva tutti i torti: saremmo stati sparsi per l’Italia e per l’Europa.  Mara m’informò che mi sarei dovuta recare in chiesa un po’ prima perché il sacerdote voleva parlare con il padrino e la madrina, mentre loro tre sarebbero arrivati poco dopo. Michele era già sul sagrato della chiesa, vedendomi arrivare sorrise, che faccia tosta!
“C.s.a!” esclamò non appena lo raggiunsi.
“Michele” ricambiai il suo saluto abbastanza freddamente, credeva davvero che gliela avrei fatta passare liscia?
“Siamo di buon umore” commentò ironico.
Non gli diede corda e lo precedetti all’interno, non avevo alcuna intenzione di rovinare quella giornata litigando con lui.
Il sacerdote ci congedò dopo aver cercato, per venti minuti, di farci prendere coscienza dell’immensa responsabilità che ci stavamo assumendo e bla, bla, bla … Era mia nipote, era ovvio che ci sarei sempre stata per lei! Non appena uscimmo dal suo ufficio scoppiamo a ridere entrambi. “No dico” se ne uscì Michele “ma hai visto la sua faccia! Ci ha preso per due miscredenti, speriamo non cambi idea ….”. Per un attimo ricambiai il suo sguardo complice, ma ben presto mi ricordai di essere arrabbiata con lui e tornai seria. “E dai Giadinaaaa” mi diede un’ amichevole spallata “non mi vorrai mica tenere il muso!”
Lo fulminai con gli occhi: “Fino a prova contraria sei tu che sei sparito! Non ti aspetterai che faccia finta di niente”
“D’accordo” alzò le mani in segno di resa “sono stato un idiota” Alzai il sopracciglio. “Un grandissimo idiota?” Annuii. Sorrise. “Allora sono perdonato?”
“Ci devo pensare … continuare a sentirti ripetere quanto sei idiota aiuterebbe!”
“Idiota, idiotissimo … che più idiota non si può!” esclamò con estrema serietà.
Non riuscii a trattenermi dallo scoppiare a ridergli in faccia. Michele esultò. “Non ti montare la testa” lo avvisai “posso sempre cambiare idea!”
“Agli ordini” rispose circondandomi le spalle con il braccio.
Raggiungemmo gli invitati che ormai avevano affollato il sagrato, Margherita e Giorgio stavano chiacchierando con degli amici di lunga data di Andrea, Mara stava parlando con i genitori, sorrise quando ci vide camminare verso di loro.
“Non avete fatto scappare il prete, vero?” chiese, sotto sotto la sua non era una battuta.
“Tranquilla” la rassicurò il fratello. “Nessun può resistere al mio fascino. Vero piccolina?” disse  prendendo Mia dalla carrozzina.
“Aspetta che cominci a parlare …” lo prese in giro la sorella, facendomi l’occhiolino.
“Andrea?”  le chiesi. Mara me lo indicò con un cenno del capo, le sorrisi e mi spostai verso di lui, dovevo almeno fare un tentativo.
“Come ci si sente, madrina?” domandò una voce alle mie spalle.
Mi voltai con un gran sorriso in viso. “Maledettamente vecchia!” risposi. “Il dito come va?” Stefano alzò la mano davanti al mio viso e cominciò a farlo roteare. Annuii ammirata: “Può sempre tornare utile!”
“È quello che penso anch’io!” sorrise, non pensavo di vederlo sorridere di nuovo in quel modo, almeno non con me ... Abbassai gli occhi leggermente imbarazzata. “Sono fuori luogo se ti dico che mi fa piacere vederti?” continuò Ste.
“Sono fuori luogo se ti abbraccio?” chiesi titubante.
“Solo se non lo fai!” fu la sua risposta.
I suoi abbracci erano una delle cose che mi erano veramente mancate.
 
[Alex]

Ero in ritardo, ero stato trattenuto a Modena più a lungo del previsto, non pensavo che per firmare un contratto ci volesse tutto quel tempo, soprattutto di domenica mattina … per fortuna che non avevo ancora svuotato gli scatoloni.
Arrivai poco prima dell’inizio della cerimonia, fortunatamente gli invitati affollavano ancora il sagrato della chiesa, individuai subito Marghe e Giorgio, poi Mara e Michele con i loro genitori, poco più là li vidi: Stefano e Giada si stavano abbracciando. Mi bloccai completamente, quella era l’ultima conferma di cui avevo bisogno.
 
 [Giada]
 
Nessuno era in grado di evitarmi come mio fratello, non mi aveva ancora rivolto la parola ed il bello era che lo faceva come se fosse la cosa più normale al mondo. Stavo parlando con un gruppetto di amiche di Mara, quando Michele cominciò a battere il coltello sul bicchiere, non ero sicura che fosse previsto un discorso, non era mica un matrimonio!
“Un attimo di attenzione “ si schiarì la voce “mi sembra giusto in qualità di padrino” l’orgoglio che provava per quel ruolo era più che evidente nella sua voce “Dire due parole alla mia nipotina per dimostrarle che sono io  lo zio migliore” mi lanciò un’occhiata di sfida.
“Idiota” mimai con le labbra.
“Non vale!” lo riprese Mara.
“Ottima osservazione sorellina e infatti ho assunto un regista” indicò Ste che lo stava già riprendendo con una videocamera ”Così che tra qualche anno la nostra piccola Mia saprà tutto!” Mara lo guardò tra il divertito e il sorpreso. “Ah … una piccola nota tecnica: il destro è il profilo migliore!” si rivolse al regista.
“Non credo tu abbia un profilo migliore!” gli urlò dietro Alex provocando una risata generale. Risentire la sua voce mi fece un certo effetto, non c’eravamo neanche salutati, come se fossimo due completi estranei; era quello che saremmo stati da lì in poi,due completi estranei? Lo cercai tra gli invitati e lo trovi accanto a Stefano, stavano scherzando insieme, anche quello mi fece uno strano effetto ….
“… Potrà sempre contare su di me” Mi accorsi solo in quel momento che Michele aveva cominciato il suo discorso. “Innanzitutto prometto di insegnarle a giocare a basket perché, resti tra noi …” si coprì la bocca con la mano e guardando in camera si rivolse direttamente a Mia “… tuo padre è un po’ scarso” Scoppiammo tutti a ridere e Andrea sorridendo lo fulminò con gli occhi. “Prometto di accompagnarla in discoteca, di darle saggi consigli sull’amore …”
“Siamo a posto!” commentò Mara provocando un’altra risata.
“Prometto di impedire che Andrea spezzi le gambe a tutti i suoi pretendenti e se mai dovesse innamorarsi di un cestista ….” Fece una lunga pausa poi si rivolse di nuovo, direttamente, a nostra nipote “Fossi in te eviterei ma se proprio devi … Beh, allora dovresti parlarne con zia Giada, è lei l’esperta in materia!” Non potevo credere che l’aveva detto veramente: che razza di idiota! “A proposito di zia …” continuò non crederle quando ti dirà che sono un idiota, la mia è sola una copertura!” strappò altri sorrisi. “Parlando seriamente …” disse “… nella classifica delle notizie più belle che abbia mai ricevuto in vita mia, quella che Mara sarebbe diventata mamma occupa i primi posti, seconda solo all’annuncio che aveva trovato un fidanzato:  non potete capire il sollievo che ho provato quando ho scoperto che non sarebbe rimasta zitella a vita!” Che macchietta! Non ce la faceva proprio a fare il serio. “Scherzi a parte” riprese quando le risate cessarono “Ho sempre pensato che non esistesse una donna sulla faccia della terra in grado di farmi perdere completamente la testa, ed era vero, almeno prima che conoscessi la mia nipotina …” Mara era commossa “… e sarà così per sempre!” partì un applauso e Michele tornò ad essere il solito buffone “Grazie, grazie” accennò degli inchini “e adesso lasciò la parola alla madrina ….” disse invitandomi a raggiungerlo. Cosa? Feci di no con la mano. “E dai non fare la timida!” mi prese in giro.
Mara mi incoraggiò con gli occhi, alzai gli occhi al cielo e mi avvicinai a Michele: “Questa me la paghi” gli sussurrai all’orecchio poi mi rivolsi agli invitanti: “Come molti di voi sapranno, i discorsi non sono proprio il mio forte!“ i loro sorrisi mi confermarono che si ricordavano ancora il mio discorso da testimone “A differenza del suo padrino …” guardai Michele con finta aria di sfida: “… non credo che Mia avrà molto bisogno di me. Ha due genitori fantastici, che saranno al suo fianco sempre e comunque, ci metto la mano sul fuoco … Nell’ultimo anno ho combinato un bel po’ di casini perciò so di non essere la persona migliore a cui chiedere consiglio, ma se per qualche assurdo motivo Mia vorrà confidarsi con me” guardai Mara “mi impegnerò ad essere per lei quello che sua madre è stata per me: una sorella maggiore pronta ad ascoltarti senza giudicarti mai.” Sentii alcune lacrime minacciare di scendere: ecco perché odiavo fare discorsi. Presi fiato e le parole uscirono da sole: “Un po’ di tempo fa una persona mi  ha detto che sarei sempre stata il suo scricciolo,  molti penseranno che è solo una parola come tante altre, ma non lo è per me. Scricciolo vuol dire biscotti bruciati insieme, canzoni stonate durante lunghi viaggi in auto, corse al pronto soccorso per una stupida caduta, un cono gelato per festeggiare qualsiasi cosa; scricciolo significa brutti voti, cuori spezzati, litigi, anche i più furiosi, risolti con un sorriso e un lungo abbraccio. Per farla breve, rappresenta l’amore nella sua forma più pura perché viene donato senza aspettarsi nulla in cambio e allora una delle poche cose di cui oggi sono certa è che Mia sarà sempre il mio scricciolo … così come Michele sarà sempre un idiota!” aggiunsi per sdrammatizzare e alleggerire la tensione, provocando una sana risata. Guardai mio fratello, ma neanche quello aveva funzionato: aveva la testa più dura della mia!
 
Stavo tagliando un pezzo di torta per il figlio di Paki, quando Marghe si avvicinò. “Ecco” dissi al piccolo Lucas scompigliandogli i capelli e sorrisi vedendolo correre via.
“Tieni” disse Marghe offrendomi un calice di spumante.
“No, grazie” rifiutai mostrandole il mio bicchiere d’aranciata. “L’ultima volta che ho bevuto, ho combinato un po’ troppi casini” mi riferii al suo matrimonio.
“Come va?” mi disse.
“Procede … anche se speravo in qualcosa di meglio” ammisi.
Marghe mi sorrise. “Non so se può esserti d’aiuto ma … con tutto quel discorso sullo scricciolo ti sei guadagnata ufficialmente la nomina a madrina!”
La guardai leggermente perplessa. “Cosa …?” Marghe mi guardava sorridente. “Aspetta un attimo non sarei mica …” Annuì con la testa “Oddio” esclamai mettendomi una bocca sulla bocca “Sei incinta!” l’abbracciai di slancio.
“Shh” mi rimproverò “Non lo sa ancora nessuno!”
 “Giorgio lo sa, vero?” la guardai leggermente preoccupata.
“Certo che lo sa!” tirai un evidente sospiro di sollievo. “È che è stato decisamente inaspettato e considerato tutto tra partenze e il resto, abbiamo pensato di aspettare ma …  sono settimane che muoio dalla voglia di dirtelo!”
“È fantastico!” dissi abbracciandola di nuovo.
 
[Alex]
 
Andrea era in disparte, stava osservando Giada e Marghe abbracciarsi, sembrava fossero sul punto di mettersi a saltellare dalla gioia, chissà poi il perché …
“Gran bel discorso” commentai sedendomi al suo fianco.
Si girò a guardarmi. “Tu dici? chiese.
Giusto il tempo di vedermi annuire, poi tornò a guardare la sorella. “È sempre la stessa, Andrea” gli ricordai.
“Forse” rispose ancora titubante.
“Dovresti andare a parlarle” gli suggerii.
“Perché?”
“Perché siete Giada e Andrea ….”
“Andrea e Giada” mi corresse con un timido sorriso.
“… niente e nessuno potrà mai cambiarlo” continuai.
Per un attimo mi guardò sorpreso, poi si alzò. Sorrisi quando lo vidi camminare verso la sorella: era giusto così.
 
[Giada]
 
Mi stavo divertendo a prendere in giro Giorgio, che ci aveva appena raggiunte, sulla sua futura paternità, quando mio fratello ci interruppe: “Posso?” chiese.
Marghe mi fece l’occhiolino e trascinò il marito via con sè. Rimanemmo in silenzio per alcuni secondi poi Andrea parlò: “Io non ho mai bruciato biscotti!”
Sorrisi: “Oh, sì che l’hai fatto! …”
“Ho sbagliato!” confessammo contemporaneamente.
“Prima tu” gli concessi.
“Ho detto un sacco di cattiverie …” ammise.
“Me le sono cercata …” lo pensavo davvero.
“Non ho mai pensato che …”
Lo interruppi di nuovo: “E io non ho pensato alle conseguenze. Mi dispiace”
Scosse il capo.“Dovrei essere io a chiedere scusa, non tu!” mi rimproverò con un sorriso. Mi strinsi nelle spalle. “Scusa” disse.  “Ho veramente superato il limite questa volta.”
“Ti voglio bene, fratellone”
“Ti voglio bene anch’io, scricciolo!”
Un sorriso e un abbraccio e tutto, finalmente,era tornato al posto giusto.
 
[Alex]
 
“Le mie congratulazioni” disse Mara occupando la sedia dove fino a pochi istanti prima sedeva il marito. “Toglimi una curiosità: cosa gli hai detto per riuscire a convincerlo? Io ci ho provato invano per mesi!”
“Hanno fatto tutto da soli” le risposi.
“Già” commentò guardandomi con una strana espressione. Dopo alcuni istanti di silenzio disse: “Mio fratello c’è rimasto male … L’hai mollato a Ibiza dopo appena un giorno!”
“Non credo abbia sentito la mia mancanza!” risposi restando sul vago.
Mauro ci aveva visto giusto, la convivenza forzata con Stefano mi aveva fatto capire che la sua unica colpa era quella di essersi innamorato di lei e io ero davvero l’ultima persona che potesse biasimarlo …  Michele mi aveva convinto a partire con lui per goderci quei pochi giorni di vacanza divertendoci tra Ibiza e Formentera: sole, mare, alcol e belle donne, la vacanza perfetta. Pensavo che così avrei risolto tutto, che quel vuoto,che sentivo dentro, si sarebbe riempito ma mi sbagliavo … La prima sera vedendo Michele che si divertiva mentre io non ci riuscivo, capii che non era quello che volevo, non lo era più; la mattina dopo presi il primo aereo per Londra. Sì, avete capito bene, mi mancava da morire! Sarebbe potuta essere ovunque, pensavo di cercarla al pub o al vecchio appartamento dove avrei trovato almeno Jay, invece, non so perché,  andai diretto a Trafalgar Square e lei era lì. Era seduta su un muretto, le cuffiette nelle orecchie, teneva gli occhi chiusi e il volto rivolto verso il sole: era persino più bella di quanto ricordassi. Stavo per avvicinarmi quando una vocina nella mia testa mi bloccò: non era giusto, suo fratello non le parlava, Michele non le parlava, non avrei fatto altro che incasinare ancora di più la situazione e ci saremmo fatti solo altro male …
“Cosa hai intenzione di fare?” chiese Mara riportandomi alla realtà, nella sua voce non c’era rimprovero anzi …
Non risposi e lessi un po’ di delusione nei suoi occhi. “Devo andare, me lo saluti tu Andrea?” le chiesi. Annuì.
Mi alzai e mi avviai all’uscita.
 
[Giada]
 
Quando Andrea sciolse l’abbraccio notai che Mara ci osservava sorridente, dietro di lei c’era Alex: era di spalle e se ne stava andando via. Sospirai e tornando a guardare mio fratello, sorrisi: ancora per un po’ sarebbe stato lui l’unico uomo della mia vita.
 
 
Ciao a tutti/e!
Anticipo qui i ringraziamenti per non “sporcare” l’ultimo capitolo!
Grazie di cuore per aver letto questa storia frutto della mia, a volte esagerata, fantasia!
Grazie a chi ha recensito e a chi, spero molti, lo farà ancora!
Mi auguro vi siate divertiti, leggendo questa storia scritta senza troppe pretese se non quella di giocare a fare la “scrittrice” dopo aver passato un bel po’  del mio tempo libero a divorare libri.
Non vi annoio oltre e ringraziando ognuno di voi, vi do appuntamento al prossimo e ultimo capitolo.

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Capitolo 41
*** 41 ***


[Giada]
 
Mio fratello e la sua famigliola erano già in Slovenia da un paio di giorni, Mara aveva un bel da fare con la casa nuova, ma si erano sistemati proprio bene; io, invece, avevo appena accompagnato Michele a Malpensa per prendere il volo che lo avrebbe portato a Barcellona, un risvolto positivo della sua partenza era che avevo guadagnato un’auto! Il mio c.f.a mi aveva lasciato in custodia la sua, sapevo già che mi avrebbe assillato tutti i giorni per controllare che fosse tutto in ordine, ma era un prezzo che potevo pagare confrontato alla maggior libertà di spostamento di cui avrei potuto godere. Marghe mi aveva fatto giurare che ci saremmo viste almeno una volta al mese, e  fino a quando non sarebbe diventata una balena (parole sue, non mie) avremmo fatto a turno; Jenny continuava a chiedermi di andare da lei a Roma, voleva che vedessi come aveva sistemato il piccolo appartamento che aveva preso in affitto con Gian.  Eh, già, alla fine avevano fatto il grande passo e avevano deciso di andare a vivere insieme, speravo solo non avessero affrettato troppo i tempi …. Per quanto mi riguardava, dovevo assolutamente trovarmi una coinquilina e un lavoro.  Al momento del rinnovo del contratto d’affitto avevo anticipato due mensilità, ma quello che avevo guadagnato quell’estate non sarebbe durato in eterno e di chiedere soldi a mio fratello non se parlava proprio! Purtroppo Eva, la proprietaria del bar dove avevo lavorato negli ultimi tre anni, era stata costretta a fare dei tagli al personale e, giustamente, la prima testa a saltare era stata la mia ...
Dopo aver fatto un salto in università per tappezzare le bacheche con annunci a supporto della mia ricerca di una coinquilina e uno al supermercato visto che il mio frigorifero piangeva dopo il passaggio di Michele, me ne tornai nel mio appartamento; come al solito l'ascensore era fuori uso e non senza qualche difficoltà salii le scale  fino all'interno 3B.
Aprii la porta: "Che cazzo ..." mi ritrovai a dire ad alta voce appoggiando le buste della spesa sul pavimento, dov'era finito il divano?
“Posso?” chiese una voce alle mie spalle facendomi sobbalzare.
“Signora Pina”  era la proprietaria dell’appartamento “mi ha spaventato”giustificai la mia reazione.
“Scusami cara, non era mia intenzione … Ma avrei bisogno di parlarti ...”
“Prego, si accomodi” la invitai ad entrare.
“Oh grazie cara, ma preferisco di no”
Che cosa strana “C'è qualche problema?” le chiesi.
“Non esattamente” mi disse ma sembrava, come dire,  imbarazzata?
“C’entra per caso con il fatto che il divano è sparito?” riprovai
Sorrise. “In un certo senso, cara.” La cosa non mi piaceva per niente, la guardai decisamente ansiosa, aspettando che si decidesse a parlare. “Non è semplice per me …” si giustificò la signora “ma .... Volevo comunicarti che ho venduto l'appartamento.”
“Come scusi?” dovevo aver sicuramente capito male.
“Ormai ho una certa età e l'offerta era davvero vantaggiosa io non....”
“Io e lei abbiamo firmato  un contratto!” le ricordai “Di punto in bianco, non mi può buttare in mezzo a una strada!” esclamai decisamente  inferocita.
“Oh ma di questo non ti devi preoccupare, cara” la guardai perplessa. “Il nuovo proprietario ha … com’è che si dice? … rilevato il tuo contratto”
“È subentrato?” le chiesi confusa, che senso aveva e dov'era finito il mio divano?  “Non capisco” ammisi. “Cosa c’entra questo con la sparizione del divano?”
“Beh al nuovo proprietario non piaceva l'arredamento”
“Te pensa questo” mi ritrovai a dire tra me e me. Certo il gusto della signorina Pina in fatto di arredamento era decisamente discutibile, ma io e Jenny c’eravamo impegnate a dare un tocco personale alla casa ed ormai mi piaceva così com’era. “Scusi ma mica ci deve vivere lui!”  dissi infastidita.
“Non proprio” mi smentì titubante la signora Pina, spalancai gli occhi e questo cosa voleva dire esattamente? “Si trasferirà qui anche lui … In fondo cara, lo stavi cercando un coinquilino …” aggiunse dopo aver visto la mia faccia.
“Coinquilina” la corressi. “Io non ...“ non sapevo neanche cosa dire! Ero basita.
“Vedrai che ti piacerà …” cercò di consolarmi “è un ragazzo giovane ed è anche molto carino” mi disse.
“Chi se ne frega se è carino!” sbottai “Questi non erano i patti!”
“Cara io ...” ma fu interrotta dallo squillo del suo cellulare. “Pronto?” rispose “…. Bene sono proprio qui con lei …..” Sorrise “A tra poco!” riattaccò. "Sta salendo proprio ora" mi informò.
“Fantastico” commentai ironica e raccogliendo le buste dal pavimento le portai in cucina.
“Ben arrivato” sentii dire alla signorina Pina che poi scoppiò in una risatina lusingata.
“Ci mancava solo questo” pensai mentre tornavo da loro “Il tipico cascamorto!”
Non poteva essere vero, qualcuno mi facesse un pizzicotto perché quello era un incubo. “Tu!” esclamai risentita “Che cazzo ti sei messo in testa?”
“Signorina Giada!” mi rimproverò la mia ormai ex proprietaria.
“Non si preoccupi, signora Pina” la rassicurò. “È stata molto gentile, ma ora me ne occupo io.”
La stava sbattendo fuori senza neanche troppi giri di parole e lei non se ne rendeva neanche conto! Chiuse la porta davanti alla faccia ancora sorridente della signora, poi mi guardò e sul suo viso comparve un sorriso divertito. Ah, quanto avrei voluto prenderlo a schiaffi!
 
 
[Alex]
 
Era inutile che ci provava, quando era arrabbiata era ancora più bella.
"Allora?” Aveva incrociato le braccia al petto e batteva impaziente il piede sul pavimento. “Cos'è il tuo modo di vendicarti?”
Perché doveva sempre pensare male. “Avevo bisogno di un posto dove stare!” le risposi con innocenza. “Non lo sai che ho firmato per due anni con Milano?” Era ovvio non lo sapesse, non era ancora stato ufficializzato ….  di proposito.
Quella notizia l’aveva presa alla sprovvista ma si affrettò a riprendere il controllo. “Di tutti gli appartamenti in città proprio questo dovevi comprarti?”  chiese infastidita.
“Era un vero affare e poi questo è perfetto” le spiegai “A pochi minuti dalla palestra e dall’università.”
“Non sapevo ti fossi scritto all'università!” ribattè con ingenuità, possibile che non ci fosse arrivata?
“Infatti non l'ho fatto”
“Oh ma certo!” commentò con ironia “Nessuna zona è migliore di quella universitaria per rimorchiare facilmente!”
“Sei fuori strada ….”
“Come no!”  Mi era mancato il suo sarcasmo.
“Volevi i fatti?” le chiesi “Eccoti un fatto!” le disse indicando le pareti intorno a noi “Vieni a vivere con me?”
Scoppiò a ridere, a ridere di gusto.  “Questa poi …” commentò “Vuoi parlare di fatti? Ibiza è un fatto!”
Ci avrei giurato che l'avrebbe tirato in ballo. “Mi dispiace deluderti ma le tue informazioni sono errate! Me ne sono andato dopo un giorno …” quello sì che non se lo aspettava. “Michele non te l'ha detto?” Sapevo che non l'aveva fatto, il mio, ormai a pieno titolo, migliore amico aveva pensato proprio a tutto: ci aveva visti al matrimonio e quando la sorella gli aveva detto che ero andato a cercarla, mi aveva mandato da Stefano di proposito, poi mi aveva proposto quella vacanza sapendo che mi sarebbe servita per aprire gli occhi, aveva persino calcolato, o meglio sperato, che quella volta non mi sarei fatto avanti subito. Per quel motivo aveva evitato Giada per tutta l'estate, qualora Andrea fosse rinsavito in fretta, voleva che, per una volta, facessi le cose nel modo giusto e aspettassi che lei avesse risolto con la sua famiglia. Tutto questo l’avevo scoperto solo dopo il battesimo quando gli avevo confidato sia di aver spinto per il trasferimento a Milano sia il mio progetto; era stato proprio Michele a fornirmi gli spostamenti di Giada, così che potessi chiudere il contratto con la signora  e far sparire il divano senza che lei si accorgesse di nulla!
“Indovina un po’ il perchè?” la provocai. Non rispose.  “E indovina dove sono andato?” Rimase in silenzio, ma era evidente stesse cercando di uccidermi con lo sguardo. “Neanche un tentativo? Mi deludi …” la presi in giro.
“In realtà, non mi interessa!” tentò ma era decisamente poco credibile.
“Ti do un indizio: Trafalgar Square. Per caso la conosci?” La sua reazione non fu esattamente quella che mi sarei aspettato, a quel punto si sarebbe dovuta arrabbiare ancora di più, invece sembrava così confusa.
“Allora eri davvero tu ....” lo disse così piano che riuscii a malapena a sentirla. Mi aveva visto? Approfittai di quel momento per avvicinarmi a lei.
“Non ti azzardare!” mi stoppò e fece un passo indietro per rimettere la giusta distanza tra di noi.
“Altrimenti?” le chiese facendo un altro passo verso di lei, che la fece indietreggiare di nuovo.
“Non mi interessa” cambiò discorso. “Ormai è passato!”
“Davvero?” le chiesi ironico.
“Assolutamente!” un sasso sarebbe stato più convincente di lei. “Ora se non ti dispiace avrei di meglio da fare che stare qui ad ascoltare le tue stronzate quindi …. Quella è la porta” me la indicò.
“Tecnicamente questa è casa mia quindi non mi puoi cacciare” le ricordai.
“Perfetto!” disse “Me ne vado io allora!” esclamò e puntò la porta.
“Non credo proprio” la contraddissi trattenendola per un braccio. “Questa storia deve finire!” non era proprio quello che volevo dire.
“Su questo siamo d’accordo” mi disse cercando di liberarsi dalla mia presa.
Sorrisi. “Mi sono spiegato male” le lasciai il braccio. “Basta scappare, basta scuse, basta! Io ti amo” scosse il capo “tu mi ami: è l’unica cosa che conta”
“No, no, NO!”
La ignorai: “Questa volta voglio fare le cose nel modo giusto, per questo non ti ho parlato prima, perché dovevamo risolvere entrambi un po’ di cose.” Almeno aveva smesso di scuotere la testa. “Tu dovevi sistemare la situazione con tuo fratello e io dovevo trovare un modo per dimostrarti che sono pronto” mi avvicinai a lei: “vieni a vivere con me?”
Mi guardò stupita: “Nooo!” esclamò “Non ci penso proprio! Tu sei completamento pazzo!” fece un passo indietro.
“Perché sei così dannatamente testarda?”  le chiesi esasperato.
“Detto da un presuntuoso come te!”
Feci un passo verso di lei: “Insicura!”
Indietreggiò ancora: “Egocentrico!”
Un altro passo in avanti: “Permalosa!”
“Vanitoso!” ormai aveva le spalle al muro.
“Prevenuta!”  appoggiai le mani alla parete, non poteva più fuggire.
“Orgoglioso!” disse mentre avvicinavo il mio viso al suo.
“Lunatica” le mie labbra a pochi centimetri dalle sue.
“Casanova” la voce ridotta a un flebile sussurro e le mie labbra erano di nuovo sulle sue.
 
Cercò di opporre resistenza ma alla fine cedette e si lasciò baciare. Con un braccio le circondai i fianchi e spinsi il suo corpo contro il mio, le mie labbra continuavano a muoversi con irruenza sulle sue,  volevo assaporare ogni centimetro  della sua bocca, accarezzare ogni angolo del suo corpo, volevo lei più di ogni altra cosa al mondo, tutto il resto era superfluo, persino respirare, avrei potuto continuare a baciarla per sempre ma … Giada si allontanò bruscamente da me, spiazzato allentai la presa e lei ne approfittò per sgusciare via: “No, no, no” disse.
Sconsolato abbassai il capo tra le spalle, sarebbe stato troppo facile, poi mi voltai verso di lei, continuava a scuotere la testa. “Perché?” chiesi semplicemente
“Perchè no!”
Sorrisi. “Deboluccio come motivo!”
“Perché è sbagliato! Perché sono successe troppo cose!”
“Sono tutte scuse e tu lo sai!” le dissi. “Dammi una sola valida ragione per cui non dovremmo stare insieme e giuro che ti lascerò in pace” Mi guardò attentamente cercando di capire se fosse la verità. “Vedi?” l’anticipai “Non esiste!”
“Dammi una sola valida ragione per cui dovremmo stare insieme?” mi fece il verso, ma a differenza sua io avevo tutti i motivi di questo mondo.
“Perchè ti amo …”
“Non è vero” ribattè
“Perché voglio vivere con te …”
“No, no, no” ripetè.
“È inutile che continui a dire no per farmi stare zitto … Perché voglio noi” continuava a scuotere il capo. “Perchè voglio tornare a casa sapendo di trovarti lì, voglio addormentarmi ogni notte stringendoti tra le mie braccia, voglio che i tuoi occhi siano la prima cosa che vedo ogni mattina, voglio litigare con te e poi voglio fare l’ amore con te …” aveva preso a camminare avanti e indietro, scuotendo il capo ma continuai: ”… voglio essere quello con cui te la prendi quando sei nervosa per un esame, voglio essere quello che chiami ogni volta che sei triste o felice o arrabbiata …” Feci un respiro profondo, adesso arrivava la parte che non le avevo mai detto: “ … voglio essere quello che sveglierai in piena notte perché avrai voglia di fragole a gennaio o di gelato alle tre del mattino.” Quella frase la bloccò completamente e tornò a incrociare i miei occhi. “Sì” risposi alle sua domanda silenziosa, aveva capito bene. “L’ho sempre voluto, dalla prima volta che ti ho visto e lo ammetto questo mi ha spaventato a morte perché solo qualche mese prima l’idea di costruire qualcosa di vero, di definitivo mi faceva venire l’orticarie  ma poi sei arrivata tu e con una stupida frase hai cambiato tutto” mi avvicinai lentamente a lei che questa volta non si mosse. “Voglio te, voglio noi, voglio cominciare ad essere una famiglia, io e te, per ora…” le presi il volto tra le mani e le asciugai una lacrima che stava scendendo veloce verso le sue labbra, poi appoggiai la mia fronte sulla sua: “Ci saranno complicazioni, difficoltà e porte sbattute, tante porte sbattute ma voglio anche quelle! Ti amo, testona, non ho smesso e non smetterò mai” la baciai di nuovo, quella volta gli angoli della sua bocca si alzarono in un sorriso: “Ti odio” sussurrò tra le mie labbra.
“Lo so” sorrisi senza smettere di baciarla.
 
 
[Giada]
 
Era una strana sensazione, sembrava fosse la prima volta, quello sfiorarsi senza fretta un po’ per l’attenzione e un po’ per il timore  di quando si scopre qualcosa di nuovo, eppure era come se non ci fossimo mai lasciati, i nostri corpi si conoscevano, forse si appartenevano da sempre: l’elettricità, i brividi lungo la schiena erano gli stessi se non più di prima, ritrovare nei suoi occhi quel lampo di desiderio, l’eccitazione nel sentire i suoi addominali scorrere sotto le mie dite, le sue mani sul mio corpo, lo stato di completo abbandono che le sue labbra sul mio collo provocano ancora, il piacere provato accogliendolo e sentendolo  muoversi dentro di me e mordicchiandogli l’orecchio sfidarlo perche’ andasse più a fondo. Mi ero quasi dimenticata come mi sentisse tra le sue braccia, quel senso di pace come se il mondo e i suoi problemi non esistessero, come se esistessimo solo noi …. E ci bastavamo.
 
Riuscivo a sentire i pensieri che affollavano la sua testa mentre osservavo le nostre mani intrecciate sul mio ventre: “A cosa stai pensando?” chiesi.
Percorse con le labbra il tratto che andava dal mio collo all’orecchio dove sussurrò: “Non voglio svegliarmi domani mattina e non trovarti”
Mi voltai per guadarlo negli occhi, quei bellissimi occhi color nocciola che, sin dal primo istante, avevano cambiato irrimediabilmente la mia vita, mi stupii di trovarci dentro preoccupazione e paura. Avevo sprecato un sacco di tempo cercando di scappare dalla cosa più vera e più bella che mi fosse mai capitata. “Non vado da nessuna  parte.” lo rassicurai.
Sorrise. “È una promessa?”
Scossi il capo avvicinando la mia bocca alla sua. “È una minaccia!” sussurrai, poi baciando il suo sorriso mi sdraiai sopra di lui.  
“Ah sì?” chiese divertito.  Annuii tenendo il suo labbro inferiore intrappolato tra i miei denti.
Con un unico semplice gesto ribaltò la situazione, risi divertita poi le sue labbra voraci sulle mie, le nostre mani , i nostri corpi intrecciati …
 
Il mattino dopo mi svegliai ed ero semplicemente felice! Felice come solo lui riusciva a farmi sentire, ancora prima di aprire gli occhi, allungai la mano alla ricerca del suo corpo accanto al mio, ma trovai solo il materasso vuoto. Spalancai gli occhi: panico totale, non mi ero sognata tutto, vero? Scesi dal letto e dopo aver indossato la prima maglietta che mi capitò a tiro, andai in cucina. Quando lo vidi lì, ripresi a respirare e rimasi ad ammirarlo appoggiata alla porta:  non mi sarei mai abituata a vederlo girare in boxer per casa, non mi sarei mai abituata all’idea che sarebbe stato sempre e solo mio. “È per caso scoppiata un bomba?” chiesi divertita dal casino che occupava la mia, anzi la nostra cucina: c’erano padelle e farina sparse ovunque.
“Ah, ah … Sto preparando la colazione ma ho incontrato qualche piccola difficoltà” Spiegò continuando a trafficare con i fornelli.
“Non si direbbe!” lo presi in giro.
Si voltò verso di me, sorrisi notando che aveva un po’ di farina sulla guancia. Mi squadrò da capo a piedi  facendomi arrossire. “Che c’è?” gli chiesi.
Si avvicinò e mi diede un bacio: “Le mie magliette ringraziano, gli eri proprio mancata” sussurrò.
Guardai quella che indossavo e solo in quel momento mi accorsi che era una delle sue: “Cretino!”lo rimproverai prima di baciarlo di nuovo.
“Torna a letto” mi disse “tra poco arrivo con la colazione”  
Non avevo alcuna intenzione di perdermi quello spettacolo, in punta di piedi lo raggiunsi ai fornelli e dopo averlo abbracciato gli diedi un bacio tra le scapole nude.
“Non mi ascolterai mai, vero?” commentò divertito.
Lo baciai nello stesso punto e sfiorandogli la schiena con la punta del naso chiesi: “Cosa stai preparando?”
“Pancakes! Quando ero piccolo mamma me li preparava sempre per il mio compleanno” mi spiegò.
Lasciai la presa sui suoi fianchi per andare a curiosare nella padella: “Ma oggi non è il giorno del tuo compleanno” gli ricordai.
“Lo so amore mio, ma oggi è un giorno speciale!”
Mi si azzerò completamente la saliva, ero leggermente confusa? Sorpresa? Emozionata? Non saprei! Non mi aveva mai chiamata in quel modo prima.
Alex si voltò a guardarmi “Stai bene?” domandò divertito. Non dissi nulla, ma lo baciai con abbastanza trasporto. “E questo a cosa lo devo?” chiese.
“Ti amo” sussurrai
“Ti amo anch’io …” rispose prima di baciarmi, poi aggiunse: “Amore mio”. Ecco un’altra cosa a cui non mi sarei mai abituata.

 
THE END
 
 

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